+ All Categories
Home > Documents > Cosimo Quarta - Homo utopicus · • Questa parola nasce nella mente di Tommaso Moro con la sua...

Cosimo Quarta - Homo utopicus · • Questa parola nasce nella mente di Tommaso Moro con la sua...

Date post: 16-Feb-2019
Category:
Upload: nguyennhi
View: 213 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
33
1 Cosimo Quarta (vedi informazioni in fondo) Homo utopicus – Ed. Dedalo Sintesi di Marzio Bonferroni - 2016. INTRODUZIONE L’uomo non è solo sapiens ma anche utopicus. L’utopia alimenta la speranza progettuale ed è una potente forza di mutamento sociale. In forme diverse è sempre presente nella storia umana. E’ un carattere originario ed essenziale della specie umana. Si contrappone come valido antidoto alla paura e al nichilismo del nostro tempo. E’ un fenomeno antropologico e storico di primaria importanza. Questa parola nasce nella mente di Tommaso Moro con la sua opera Utopia del 1516. Non si deve confondere con il concetto di ideologia e neppure con paradigma, per la sua profondità semantica e per la sua profondità e complessità. Si presta meglio di qualunque altro concetto a essere da guida per la prassi realizzativa. L’utopia non avrà mai crisi come avviene in varie epoche per le ideologie. L’utopia permette la progettualità razionale, stimolata dall’immaginazione. Utopia e scienza non si contrappongono ma si alimentano reciprocamente nel percorso e spazio umano vitale ed essenziale della progettazione e della speranza senza il quale l’umanità si ammala e muore. L’utopia spiana la via alla trascendenza e questa la completa in cio’ che le manca. Le cause primarie delle crisi ambientali sono individuabili in: A) la falsa onnipotenza generata dalla scienza e dalla tecnologia in una condizione di fare senza vera conoscenza sui fini. B) l’illimite del profitto che ha trasformato il pianeta terra in un’unica grande miniera dove il valore economico e finanziario ha preso il sopravvento, rischiando l’autodistruzione. C) l’illimite del desiderio generato dall’astuzia del capitale, stimolante bisogni fittizi e puramente emulativi, senza considerare il valore primario dell’informazione sulla qualità e utilizzo dei prodotti, con gravi conseguenze antropologiche, sociale, politico e ambientale. La buona notizia evangelica basata sulla speranza al più alto livello di trascendenza, è alla base del progetto umano di più elevata concepibile qualità, dove l’utopia diventa sinonimo di salvezza stimolando in pratica progetti concreti che siano concepiti per il bene comune e non per lo sfruttamento autodistruttivo. Parte prima IL FONDAMENTO ANTROPOLOGICO E STORICO DELL’UTOPIA
Transcript

1

Cosimo Quarta (vedi informazioni in fondo) Homo utopicus – Ed. Dedalo Sintesi di Marzio Bonferroni - 2016. INTRODUZIONE • L’uomo non è solo sapiens ma anche utopicus. • L’utopia alimenta la speranza progettuale ed è una potente forza di mutamento

sociale. • In forme diverse è sempre presente nella storia umana. • E’ un carattere originario ed essenziale della specie umana. • Si contrappone come valido antidoto alla paura e al nichilismo del nostro tempo. • E’ un fenomeno antropologico e storico di primaria importanza. • Questa parola nasce nella mente di Tommaso Moro con la sua opera Utopia del 1516. • Non si deve confondere con il concetto di ideologia e neppure con paradigma, per la

sua profondità semantica e per la sua profondità e complessità. • Si presta meglio di qualunque altro concetto a essere da guida per la prassi

realizzativa. • L’utopia non avrà mai crisi come avviene in varie epoche per le ideologie. • L’utopia permette la progettualità razionale, stimolata dall’immaginazione. • Utopia e scienza non si contrappongono ma si alimentano reciprocamente nel

percorso e spazio umano vitale ed essenziale della progettazione e della speranza senza il quale l’umanità si ammala e muore.

• L’utopia spiana la via alla trascendenza e questa la completa in cio’ che le manca. • Le cause primarie delle crisi ambientali sono individuabili in: • A) la falsa onnipotenza generata dalla scienza e dalla tecnologia in una condizione di

fare senza vera conoscenza sui fini. • B) l’illimite del profitto che ha trasformato il pianeta terra in un’unica grande miniera

dove il valore economico e finanziario ha preso il sopravvento, rischiando l’autodistruzione.

• C) l’illimite del desiderio generato dall’astuzia del capitale, stimolante bisogni fittizi e puramente emulativi, senza considerare il valore primario dell’informazione sulla qualità e utilizzo dei prodotti, con gravi conseguenze antropologiche, sociale, politico e ambientale.

• La buona notizia evangelica basata sulla speranza al più alto livello di trascendenza, è alla base del progetto umano di più elevata concepibile qualità, dove l’utopia diventa sinonimo di salvezza stimolando in pratica progetti concreti che siano concepiti per il bene comune e non per lo sfruttamento autodistruttivo.

• • Parte prima • IL FONDAMENTO ANTROPOLOGICO E STORICO DELL’UTOPIA

2

• • Capitolo primo • L’UTOPIA, UNA STORIA DI FRAINTENDIMENTI. • • L’utopia non coincide con il fatto letterario • • L’ Utopia di Tommaso Moro è stato il capostipite di un genere letterario, che ha

creato una concezione riduttiva dell’utopia. • L’impegno umano nella realizzazione di ogni progetto nasce dall’immaginazione e da

un’utopia che progressivamente si incarna nella realtà realizzata. • L’utopia è dunque un atteggiamento fondamentale dello spirito umano. • Il significato della parola utopia oscilla tra ou-topia ( non luogo ) e eu-topia (buon

luogo). S riferisce quindi al luogo del bene che non c’è ancora desiderato dall’essere progettuale che è l’uomo che non è quindi soltanto homo sapiens ma anche homo utopicus.

• L’uomo è dunque un “animale in divenire”, capace di autoplasmarsi poiché solo a lui è consentito di desiderare e diventare ciò che vuole.

• E il desiderio nell’uomo utopicus si trasforma in un bisogno da cui nasce l’impegno per un progetto e per la sua realizzazione.

• Il fenomeno utopia attraversa l’intera storia dell’umanità e ne è uno dei principali “motori”.

• L’uomo secondo la definizione aristotelica è un “vivente politico”, progettando nella polis, che è il suo naturale ambiente, nel naturale coessere della sua esistenza con i suoi simili.

• L’utopia genera la tensione umana nella costante evoluzione della società verso nuovi progetti per nuovi bisogni.

• La progettualità utopica e la crescita della tensione realizzativa, si rivelano nei movimenti religiosi per la salvezza dell’anima, dove la misericordia divina viene in soccorso dell’umana imperfezione, nei movimenti storici di liberazione come le moderne rivoluzioni, nella contestazione giovanile, nel femminismo, ecologismo, ecc.

• Gli scritti utopici hanno una funzione importante per la progressiva presa di coscienza nelle varie generazioni che si succedono.

• Gli utopisti, come Tommaso Moro, Francis Bacon, lo stesso Platone che rischiò la propria vita nell’andare in Sicilia per realizzare il suo progetto politico, non sono stati e non sono dei visionari che hanno perso il contatto con la realtà, vivendola pienamente.

• A differenza dai così detti “realisti”, gli utopisti non si lasciano schiacciare dallo stato di cose presente, ma progettano il modo per superarlo ed evolverlo.

• Gli scritti come i progetti utopici sono animati da una forte coscienza etica e frutto di una volontà di bene.

3

• Il singolo uomo normalmente non riconosce un progetto utopico, essendo immerso nel proprio mondo particolare, mentre l’utopista indica finalità complessive e mete più elevate che ai contemporanei paiono assurde e impossibili.

• Ogni progetto utopico ha bisogno di tempo per affermarsi a livello storico e per essere compreso e fatto proprio da tutti.

• Spesso occorre un’intera generazione perché un progetto utopico venga apprezzato in tutta la sua portata innovativa, attraversando tenaci resistenze nel breve periodo.

• • Equivoci derivanti dall’assimilazione dell’utopia al fatto letterario • • La confusione tra utopia e distopia • • L’utopia, oltre che progetto di una società secondo giustizia, è al tempo stesso

tensione realizzativa, energia che dinamizza la storia. • L’opposto di tutto ciò è invece la distopia, luogo della schiavitù, dell’oppressione,

dell’ingiustizia, discriminazione, diseguaglianza, miseria, fame, guerra, vizio, infelicità.

• Al contrario dell’utopia, la distopia è sempre presente nella storia ed è una forza che ostacola la realizzazione del progetto utopico.

• La distopia spesso coincide con l’ideologia delle classi dominanti, che tendono a conservare i propri privilegi impedendo ideali di giustizia.

• La violenza come fatto distopico • • L’utopia nasce sempre da una coscienza etica, che è anche critico-progettuale. • L’uomo è per sua natura un essere utopico, in quanto va incessantemente

progettando la propria esistenza e la propria storia, nel portare nuovi bisogni. • La presa di coscienza dei nuovi bisogni costituisce un processo di crescita per l’uomo,

poiché grazie ad essa si trasformeranno in diritti. • La resistenza al mutamento sociale da parte dei potenti induce una reazione uguale e

contraria, creando la mentalità rivoluzionaria, ossia l’idea che non si possano operare evoluzioni positive senza ricorrere alla violenza.

• Non bisogna quindi confondere l’utopia con la distopia. Non è l’utopia a generare le rivoluzioni bensì la distopia, che genera violenza e terrore, mentre l’utopia ha fra le sue istanze la giustizia e la pace.

• Esiste la possibilità di una rivoluzione non violenta per raggiungere risultati utopici, come dimostrano ad esempio Gandhi e Martin Luther King.

• • Ulteriori fraintendimenti

4

• • L’equivoco dell’impossibilità • • L’equivoco è nel considerare il termine utopia come sinonimo di impossibilità. • Le coscienze storiche conservatrici, temendo il nuovo, tendono a screditarlo e a

considerarlo come inattuabile. • • L’utopia non è uno “stato ideale”. • • Coloro che assimilano l’utopia all’ideale, la considerano implicitamente irrealizzabile,

ma questo è un errore e un equivoco. • Primo errore: l’utopia è in cielo e pertanto visibile e stimolante per costruire le idee, e

non nel luogo sopracceleste dove hanno sede le idee. • Secondo errore: il fatto che un progetto utopico non esista ancora, non dimostra che

esso è irrealizzabile, ma che potrà realizzarsi non essendo ancora visibile. • Terzo errore: il non considerare che un progetto utopico è realizzabile ma soltanto a

patto di una realizzazione spesso molto difficile e impervia. • • L’utopia non è al di fuori dalla storia. • • La vera utopia considera un’idea e un progetto come migliore di quanto esiste nella

realtà, per quanto l’intelligenza umana può prevedere pur nella sua limitatezza. Ma non è fuori dalla storia anche se non ancora realizzata. Chi non considera questa prospettiva vede la società come immobile, statica e pietrificata, senza speranza di evoluzione.

• L’homo sapiens è anche utopicus, pertanto l’utopia dunque non tende alla stasi ma rappresenta un potente motore per produrre dinamismo e nuove situazioni migliorative delle precedenti.

• Anche se sconfitta nel breve periodo, l’utopia vince quasi sempre nel lungo periodo. Le sconfitte non sono una vergogna ma spronano decisamente con la loro esperienza a sempre nuove ricerche. Sono quindi provvisorie e dimostrano che nella lotta c’è realtà.

• Maturati i tempi, l’utopia si prende la rivincita. • L’utopia è una realtà che si confronta incessantemente con la storia, essendone

dentro e al centro, anche in caso di sconfitta. Non è una vuota figura mentale, non è un fantasma.

• • Capitolo secondo. • • Homo utopicus. L’utopia come carattere originario della specie umana.

5

• • Sulla presunta fine dell’utopia • • L’atteggiamento negativo nei confronti dell’utopia, deriva dal fatto che essa veniva

confusa con il concetto di ideologia pensando che entrambe possano mistificare la realtà.

• Si riteneva e si ritiene erroneamente che l’ideologia sia tipica delle classi dominanti mentre l’utopia sia propria delle classi subalterne, assimilandole.

• Considerando finita l’ideologia ad es. quella comunista, si considerava finita anche la stessa utopia, confondendola con il socialismo marxista.

• L’utopia in realtà è un fenomeno molto più antico e complesso del socialismo. • L’utopia come fenomeno umano originario • • Già in Platone emerge il carattere sia razionale che progettuale dell’utopia, scaturito

da una profonda esigenza etica oltre che dalla ragione. • Utopia significa essere in nessun luogo dato che è ancora nell’area dei progetti. • Socrate parla esplicitamente di paradigma, ovvero di modello a cui attingere per

fondare la realtà indicata nel modello stesso. • In Tommaso Moro nasce il concetto e il termine utopia come luogo che non c’è. • Di spirito utopico traboccano movimenti religiosi di salvezza e i movimenti di

liberazione, profetismo, ecologismo, ecc. • La speranza utopica risorge più imperiosa che mai dopo ogni sconfitta o tradimento. • L’umanità ha sempre manifestato una forte esigenza di utopia. • • Homo utopicus • • Il livello letterario, quello storico-politico e quello antropologico connotano l’homo

utopicus. Quest’ultimo permette di chiarire l’esigenza ineludibile di utopia per l’uomo.

• • Le basi antropologiche • • L’uomo si distingue dalle altre specie animali per la sua – coscienza riflessa – ovvero

per la capacità di elaborare pensieri e di tener conto dell’esperienza, elemento questo decisivo per lo sviluppo della razza umana.

• La flessibilità nell’affrontare le situazioni, l’indipendenza, l’iniziativa e la capacità creativa, hanno permesso all’uomo di evolversi costantemente. In questo il ruolo dell’utopia è stato e sarà sempre fondamentale per generare progetti che saranno poi concretizzati, anche se a volte con varianti rispetto all’immaginato iniziale.

6

• All’utopia si accompagna una situazione di inquietudine che è nei caratteri dell’uomo e che è stimolo per la ricerca di nuovi progetti.

• L’uomo è un animale in divenire, fin dai tempi primordiali in cui dovette scegliere se continuare a cibarsi di elementi facili da trovare come foglie, frutti selvaggi, ecc. o cercare di procurarsi cibi di qualità superiore.

• Gli esseri umani primordiali che esercitarono la flessibilità e la spinta ad adattarsi verso situazioni e soluzioni più qualitative, sopravvissero evolvendosi, mentre gli esseri che rimanevano nelle abitudini acquisite meno qualitative si estinsero.

• Un altro fattore decisivo per l’evoluzione umana fu la socialità, che con la flessibilità rappresenta la realtà del genere umano.

• La competizione e l’emulazione stimolò l’immaginazione, la creatività, l’ingegno anche se a volte si arrivò allo scontro e alla lotta, rischio sempre presente nella storia.

• Il patrimonio culturale collettivo tramandato da generazione in generazione è stato, come è tuttora, un valore determinante per l’evoluzione umana, fin dal primordiale passaggio dall’animalità alla ominizzazione.

• L’uomo si distingue dunque dalle altre specie viventi per tutte queste caratteristiche che trovano nella socialità e nell’emulazione un riflesso e una spinta evolutiva costante.

• Anche il nomadismo fu una caratteristica determinante per l’evoluzione, stimolando creatività e soluzioni sempre innovative e flessibili per affrontare nuovi problemi.

• • L’utopicus come anelito a “più conoscere” per “più essere”. • • L’utopicità è un carattere essenziale della specie umana, con i suoi elementi di

inquietudine e di costante ricerca di nuove possibilità e di gradi di libertà individuali e sociali sempre superiori.

• Per sua natura dunque l’uomo si proietta verso un nuovo “dover essere”, non accontendandosi della realtà in cui si trova calato.

• Senza il progetto che lo eleva costantemente per la realizzazione dell’umanità che è in lui, l’uomo decade a condizione di bestia, rinunciando alla condizione umana della dignità.

• L’uomo è soggetto all’errore, alla caduta e allo scacco, ma è anche capace di rialzarsi e procedere sulla via dell’autorealizzazione, lunga e faticosa ma entusiasmante.

• L’uomo è quindi un essere essenzialmente progettuale e quindi utopicus in modo indelebile.

• Anche l’homo sapiens deriva dall’homo utopicus, poiché non vi sarebbe sapienza, pagata a caro prezzo, se non vi fosse anelito alla progettualità, alla conoscenza, alla ricerca di nuove possibilità, esplorando situazioni ignote, con tutti i rischi che questo comporta.

• L’uomo dovrebbe dunque definirsi non solo sapiens ma anche utopicus.

7

• E’ determinante la presa di coscienza della propria ignoranza di fronte alla complessità del mondo che gli si presenta, vincendo l’angoscia con il coraggio e la speranza generata dallo spirito utopicus e dall’ottimismo, caratteristica originaria e fenomeno universale della specie umana, come hanno dimostrato ricerche mondiali compiute con persone di ogni età, sesso e condizione sociale.

• Secondo l’insegnamento socratico, il vero sapiente è colui che sa di non sapere, aspirando così a sapere di più, spronato dall’umiltà e non frenato dal dogmatismo e dalla presunzione di sapere.

• Quanto più si conosce quanto più si prende coscienza della nostra ignoranza di fronte alla infinita complessità dell’universo e di quanto è ancora ignoto.

• Dal racconto biblico della ribellione degli uomini a Dio per conoscere il bene e il male, ricaviamo che fin dalle sue origini l’uomo si presenta come un essere inquieto e ribelle, perché essere “finito”.

• L’anelito a sapere di più non sarà mai appagato proprio perché l’uomo è un essere finito.

• Nel continuo riprogettare il proprio futuro, l’uomo sperimenta la sua libertà. • Il cullarsi sugli allori in una forma di narcisistica autocontemplazione, significa

interrompere la tensione vitale utopica, senza la quale lo spirito umano si ammala e muore.

• • L’utopia non è astratta ma estremamente concreta come “motore della storia”, poiché

nasce in un determinato contesto storico e sociale, caratterizzandosi anche come bisogno della storia, nel desiderio di evolvere la realtà verso sempre nuovi orizzonti di libertà, socializzando e costruendo luoghi in cui vivere insieme ai propri simile, come naturale esigenza relazionale.

• Non può esservi storia senza progetti, senza speranza e immaginazione per un futuro migliore, e quindi senza utopia.

• Privare l’uomo dell’utopia significa privarlo della sua stessa umanità. • La moderna distopia si connota in perdita del senso della misura, ossia del limite,

dovuto all’incontro con la scienza-tecnologia, il capitale, il consumismo, tutti considerati senza limiti, in una carenza di etica che possa dirigere lo spirito umano e sociale, lasciando il posto alla tecnica, passando dal – devi, quindi puoi – al – puoi, quindi devi, che oggi domina il mondo, in un sogno faustiano di assenza dei limiti e delirio di onnipotenza che scaturisce dal mero calcolo per la ricerca dell’utile e non più per la ricerca della verità.

• La tecnica sta prevalendo sull’umanità, inglobando in essa l’uomo, come se fosse un evento naturale, trasformandosi in strumento di distruzione e morte.

• L’unica via di salvezza appare proprio l’utopia, come riserva inesauribile di senso e di progettazione che ogni uomo per sua natura possiede e che è da esercitare mossi dalla speranza per un futuro migliore riportando la tecnica al ruolo di mezzo e non di fine

8

ultimo per non essere asserviti a un sistema tecnologico e politico-economico profondamente ingiusto e disumano.

• Attraverso un rinnovato connubio tra utopia ed ecologia, tra uomo e natura, sarà possibile progettare nuovi orizzonti anche tecnologici ma al servizio dell’uomo e non viceversa.

• • Capitolo terzo • Utopia e storia • • Genesi e prime forme dell’utopia storica. • Il bisogno di cambiamento. • • Genesi e prime forme dell’utopia storica. • Il bisogno di cambiamento • • Il senso di disagio per situazioni esistenti porta all’esigenza di cambiamento, tipica

della natura utopica dell’essere umano, che tende non solo a sopravvivere ma a vivere meglio.

• La coscienza e la volontà di cambiamento è veramente utopica se tende a un cambiamento per il bene comune, con valori etici in evidenza, dettati dalla coscienza etica, che è anche coscienza del limite, per evitare arroganza e delirio di onnipotenza, e per evitare la distopia, che è volontà di male.

• Pace, libertà, uguaglianza, solidarietà, amore fraterno, sono fra i fondamentali elementi che si manifestano per frutto della coscienza etica e della spinta morale, per l’ansia del giusto.

• La coscienza morale è una dimensione essenziale per la progettazione utopica. • Quando l’uomo si è lasciato sedurre dall’idea di vincere il male con il male, il risultato

è stato una sequela interminabile di guerre, soprusi, distruzioni e violenze che ancora oggi affliggono pesantemente l’umanità.

• Lo spirito utopico autentico richiede impegno, dedizione, pazienza, sofferenza, sacrificio.

• L’utopia prima di essere un fatto letterario è un fatto umano, coinvolgente l’intero cammino della storia.

• L’utopia delle origini: la preistoria, il mito. • • L’essere umano è un essere che progetta, ovvero utopicus, come hanno dimostrato gli

studi di paleoantropologia. • Il mito, elemento presente in ogni epoca, compresa la nostra, è un altro elemento che

dimostra come l’utopia sia un fatto storico.

9

• Tra i miti più antichi c’è quello del ritorno alle origini, per il bisogno di spiegarsi perché la vita presente sia disordinata e infelice, rispetto alla vita primordiale e alla sua condizione beata. Questo mito dell’origine è presente in ogni cultura anche se con diverse modalità. Quindi risponde a un’esigenza primigenia e insopprimibile, una sorta di archetipo.

• I miti delle origini ci attestano che l’uomo è insoddisfatto della condizione in cui vive, e aspira a una vita migliore, sempre inquieto e proteso ad andare oltre la condizione presente.

• Se l’uomo non riconosce i propri limiti con desideri smodati, arroganza e violenza, cade nel male, ovvero nella distopia.

• L’utopia, sia pure sotto forma di progetto popolare implicito, è già presente nel mito, nella fase originaria e preistorica del cammino umano.

• • Utopia e storia nel mondo antico. • • Tanto nella cultura greco-romana quanto in quella giudaico cristiana, la storia

s’intreccia e si fonde con l’utopia fin dagli inizi. • • Nel mondo greco • • In Atene, fra il VI e il V secolo fu realizzata la prima forma di democrazia politica che

divenne un modello per i suoi principi di libertà, uguaglianza, tolleranza, ma anche come modello utopico per le moderne democrazie rappresentative.

• Il mondo greco era impregnato fortemente di spirito utopico, prima ancora che facessero la loro apparizione le utopie filosofico-letterarie.

• • Nel mondo latino • • A Roma, già nella prima fase della sua storia, quella monarchica, è presente una certa

tensione utopica. • Il contrasto con lo strapotere dispotico monarchico e la tensione utopica, portò al

passaggio alla fine del VI secolo ac dalla monarchia alla repubblica. • Dopo l’instaurazione della repubblica, il patriziato prese a discriminare i plebei che

insorsero in modo non violento spinti da un utopico anelito di giustizia e libertà, riunendosi in assemblee ed eleggendo i propri capi politici e religiosi.

• Tra il V e il VI secolo ac questa spinta utopica portò alla creazione di una società più giusta.

• Roma si dette una costituzione in cui veniva attuato un principio di sovranità popolare in cui era il popolo ad eleggere le diverse magistrature, generando un equilibrio tra i poteri.

10

• Tale assetto iniziò ad entrare in crisi quando Roma volle adottare una politica espansionistica che provocò radicali cambiamenti a livello sociale, economico, politico e militare. Vi furono continue guerre ed aumentò enormemente il numero degli schiavi, estendendosi il latifondo mentre i piccoli contadini andavano in rovina.

• Nel primo secolo ac Roma si trasformò definitivamente in monarchia imperiale. Gli elementi distopici presero il sopravvento, determinandone il definitivo crollo.

• I fermenti utopici furono dunque numerosi in economia, politica e sul piano sociale. • E’ da ricordare come Roma abbia dato al mondo intero la cultura del diritto, elemento

di fondamentale importanza per il pensiero utopico di tutti i tempi. • • Nel mondo ebraico • • Di spirito utopico è impregnata la storia d’Israele, da Davide in poi. Essa è

caratterizzata dall’attesa del regno messianico in cui trionferà la pace, la giustizia, il benessere.

• Radicali trasformazioni riguarderanno non solo la società ma anche la natura, e le profonde trasformazioni dell’animo umano, che costituiranno la base storico-culturale in cui nacque il cristianesimo.

• La tensione utopica già presente nel racconto della genesi, percorre tutta la storia di Israele fin da quando Abramo lascia la propria terra per andare verso un luogo sconosciuto che gli viene annunciato come la terra promessa.

• Dio stesso rivela Mosè la liberazione del suo popolo dalle sofferenze inflitte dagli egiziani.

• Un popolo intero si mette in cammino verso il luogo felice che ancora non c’è. • • L’utopia storica nel medioevo cristiano. • • Il legame tra fede e utopia nel cristianesimo. • • Cristo propone il più grande e originale progetto di liberazione che sia mai apparso

nella storia dell’umanità: l’annunzio del Regno di Dio, in cui concretamente regna la giustizia, la pace, la libertà, la verità, l’interiorità, la fratellanza, la solidarietà, la comunione dei beni e della vita, il perdono, la non violenza, l’amore per il prossimo fino al sacrificio.

• L’annuncio evangelico è fortemente utopico e immediatamente pratico perché implica la metanoia, ovvero la conversione del cuore e della mente che, se ben vissuti, portano a una radicale trasformazione della vita individuale e sociale.

• La svolta storica impressa dai cristiani fu epocale, dal momento che con il cristianesimo si fa coincidere una nuova epoca storica che perdura da duemila anni come l’era cristiana.

11

• La volontà dei primi cristiani di tradurre in pratica il messaggio evangelico, è attestata dalla nascita dei movimenti millenaristici e più tardi del monachesimo.

• • Il millenarismo cristiano delle origini. • L’Apocalisse giovannea e l’idea del millennio. • • I millenarismo, ovvero la speranza nel regno millenario, costituì un’idea-forza, dal

momento che era stato Gesù stesso a predicare con insistenza l’imminenza del Regno. • Cristo, il Verbo di Dio, con la sua incarnazione, passione, morte e resurrezione, è

venuto sulla terra per liberare l’umanità dalla schiavitù del peccato, promettendo che alla fine dei tempi sarebbe tornato sulla terra per giudicare il mondo, punire i malvagi e ricompensare i fedeli a Dio con il Regno di pace e giustizia che avrebbe instaurato con la parousia, ovvero con la sua seconda venuta.

• Proprio questa speranza induceva i cristiani alla vigilanza morale, come testimonia il nuovo testamento, e all’entusiasmo e alla fortezza di spirito di cui dettero prova i tanti martiri già dai primi secoli.

• Il millenarismo cristiano ha superato la clausura nazionalistica tipica dell’ebraismo, rivolgendosi a tutti i popoli e non solo al popolo eletto, e quindi rivolgendosi a tutti indicando di perseverare sino alla fine nella loro fede.

• L’idea messianica interpretata in senso nazionalistico dunque produce disastri, mentre se interpretata in senso cristiano, ovvero universale, produce entusiasmo spirituale, fervore e volontà di bene per tutti, diffondendosi presso altri popoli e nazioni per tutta la terra.

• Cio’ avvenne per contagio, alimentato dal sangue dei martiri. • • Il millenarismo nelle Chiese orientali: Papia di Gerapoli. • • Papia di Gerapoli vissuto tra il 70 e il 150 d.C. è il più antico rapresentante del

millenarismo cristiano. Scriveva che alla fine dei tempi con il ritorno di Cristo trionfante, vi saranno profondi sconvolgimenti sulla terra.

• Il millenarismo cristiano dunque assume una forte valenza utopica in quanto prevede l’avvento di un regno in cui trionfa la pace e la giustizia, ed anche abbondanza di frutti della stessa rinnovata natura.

• Sembra quasi un ritorno alla condizione del paradiso terrestre prima della caduta. • Tutto nasce da una profonda fede nel Cristo giudice e nel suo ritorno. • Il millenarismo è una delle forme più autentiche e durature di pensiero utopico,

attraversando i secoli nonostante i tanti ostacoli, fino ai nostri giorni. • • L’utopia monastica. •

12

• Dalla caduta dell’impero romano d’occidente fino a circa l’anno mille, vi furono profonde trasformazioni sociali, politiche ed economiche, in condizioni di forte precarietà esistenziale, tale da non facilitare la creatività.

• In quel periodo la progettualità utopica si rivelò soprattutto nell’ambito religioso, in una allora diffusa religiosità.

• Nel monachesimo, nell’alto medio evo, complesso fenomeno religioso ma anche sociale, economico e politico, si realizza un forte spirito utopico, mentre non era presente per le condizioni spesso al limite della sopravvivenza e disperate, nell’ambito letterario.

• Dalla forma anacoretica il monachesimo cristiano in qualche secolo si trasformò nelle definitiva forma cenobitica.

• La diffusione dei monasteri in tutta Europa costituisce uno dei fenomeni più significativi nella storia non solo del cristianesimo ma dell’intero occidente.

• Il cenobio nasce come luogo privilegiato in cui riacquistare la purezza della fede e l’entusiasmo dei primi cristiani di Gerusalemme, impegnati quotidianamente nell’ascolto della parola, nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera, avendo anche ogni cosa in comune.

• Pur amando il mondo ma per voler pervenire ad una forma più alta di spiritualità cristiana, il monaco si impegna a controllare la libido amandi, la libido possidendi e la libido dominandi, tre potenti energie psichiche che se non sono controllate possono facilmente trasformarsi in egoismo ed idolatria, rinnegamento di Dio e disprezzo del prossimo.

• Sesso, ricchezza e potere, se non dominati, diventano la causa di tutti i mali. • Il modello cristiano di vita, in quanto fondato sull’amore fraterno, costituisce il più

alto progetto utopico che sia mai stato concepito nella storia dell’umanità. • Il monachesimo femminile aveva lo stesso fine di quello maschile anche se il carattere

utopico era più forte, data la condizione in cui si trovava ad essere considerata la donna, che nel monastero trovava libertà, uguaglianza e cultura a lei precluse.

• Nell’estrema durezza del clima sociale dell’alto medioevo, trovare nei monasteri isole di utopia, rappresentava qualcosa di miracoloso.

• Purtroppo talvolta la distopia entrò anche nei monasteri, quando questi si trasformarono in centri privilegiati di ricchezza e di potere.

• La loro diffusione raggiunse il suo culmine nel VI e VII secolo e poi nei decenni dell’egemonia carolingia. Sotto il regno di Carlomagno, la fondazione e il possesso di un monastero divenne una prerogativa regale.

• Per i potenti un monastero assicurava con la preghiera di centinaia di monaci la protezione divina, e offriva una base culturale al proprio dominio, essendo centri di spiritualità e carità oltre che di cultura.

• Per ordine imperiale fu imposta a tutti i monasteri la regola di San Benedetto che unifico’ il monachesimo occidentale, pur nelle sue numerose espressioni.

13

• La profonda coscienza utopica esistente, promosse la costruzione di città “sante” intorno ai monasteri, con piani urbanistici ordinati e precise regole di autogoverno.

• Questa legislazione, nata sulle rovine dell’impero romano, permise il costituirsi e la sopravvivenza dell’Europa nell’alto medioevo.

• E’ evidente quindi in forme diverse anche se talvolta un po’ rozze, la presenza della coscienza utopica, come dimostra il sorgere e lo svilupparsi dei monasteri.

• Nel X secolo il marasma sociale giunse al culmine, anche per l’invasione dei normanni, degli ungari e dei saraceni, ma i monasteri ebbero la capacità di resistere alle più violente e distruttive bufere della storia, ed anche rappresentare il punto di partenza per una ripresa del monachesimo occidentale, trovando nell’opera dell’abate Brunone la più alta espressione della riforma cluniacense, che continuò nei secoli successivi.

• Oltre il X secolo, lo spirito utopico si fece più forte, stimolando la ripresa dei commerci, il rifiorire delle città, la fuga dalle campagne, le lotte di comuni per l’autonomia, e molti altri elementi che determinarono il mutamento sociale.

• I secoli dopo il mille costituiscono un periodo di grande effervescenza utopica in tutta la società ed anche nell’ambito religioso, desideroso di riformare le strutture e di ritornare alla purezza evangelica originaria.

• Inizia quel dinamismo storico che troverà il suo sbocco naturale nella modernità in cui la coscienza utopica si farà tutt’uno con la storia.

• • Parte seconda • • L’UTOPIA: IL TERMINE E IL CONCETTO • • Capitolo quarto • • Utopia. La genesi straordinaria e complessa di una parola-chiave. • • Pur essendo uno dei rari vocaboli che vengono utilizzati nelle varie lingue senza

essere tradotti, è stata oggetto di vari equivoci e significati non suoi. Per questo è necessario ritornare ai primordi della parola per coglierne il significato autentico.

• • La lunga gestazione: l’ipotesi di un elogio della saggezza. • • L’Utopia di Tommaso Moro sarebbe stata concepita come un elogio della sapienza, da

porre accanto e contrapporre all’elogio della pazzia, di Erasmo da Rotterdam. • L’”ottimo Stato” utopico descritto da Tommaso Moro, costituisce una

rappresentazione di come le cose di questo nostro mondo potrebbero andare se gli uomini seguissero la loro natura razionale, lasciandosi guidare dalla saggezza e dalla virtù, invece che dalla follia, ovvero dalle passioni, dai vizi, dall’irrazionalità.

14

• La saggezza secondo Tommaso Moro, a differenza dalla pazzia, ama l’umiltà, il silenzio, la riservatezza, rifuggendo dall’autoesaltazione e dalla frivola ostentazione.

• Gli abitanti di Utopia, gli utopiani, sono un popolo felice perché hanno istituzioni eccellenti, guidate dalla saggezza.

• Platone e poi Cristo, avevano ben visto che senza l’eliminazione dell’egoismo e della cupidigia, i mali della società non sarebbero mai stati superati.

• E’ necessario dunque che l’umanità ritrovi la saggezza smarrita, ricorrendo agli insegnamenti di Platone e soprattutto a quelli di Cristo.

• • Il problema del nome: da Abraxa a Nusquama. • • I nomi da Abraxa a Nusquama, precedono Utopia, e Tommaso Moro avrebbe

identificato in loro il mondo prima del cristianesimo. Abraxa è un mondo ancora incompleto e immaturo, privo della saggezza di Cristo, con una saggezza soltanto umana e quindi parziale.

• Nusquama avrebbe inoltre sostituito provvisoriamente Abraxa, derivando dall’avverbio latino nusquam (in nessun luogo).

• • Da Nusquama a Utopia. • • Tommaso Moro trasformando il nome del suo testo in Utopia, smentiva l’elogio della

pazzia e considerava che la saggezza potesse avere un luogo positivo, con un nome positivo da contrapporre a Nusquama.

• Moro mostrò che Utopia può abitare tra gli uomini, a condizione che questi si impegnino a cercarla con tutte le loro forze, liberandosi dalle catene del male in cui la pazzia avrebbe voluto inchiodarla per sempre.

• Utopia è uno “stato ottimo”, un’isola felice da immaginare e a cui tendere con tutte le forze umane possibili da indirizzare alla sua costruzione, già su questa terra.

• • Il nesso ou-topia / eu-topia • • Il nome Utopia origina dal proprio isolamento, ovvero dal fatto che gli uomini hanno

sempre creduto che un ottimo stato governato dalla saggezza si potesse trovare soltanto in nessun luogo.

• Il passo avanti che Moro ritiene di aver compiuto rispetto a Platone è quello di presentare lo stato ottimo come già realizzato e operante.

• Meriterebbe di chiamarsi non più Utopia ovvero il luogo inesistente, bensì Eutopia, ovvero il buon luogo, o meglio il luogo del bene.

• In Utopia Moro crea il nome, un termine, che riesce a raccogliere e a esprimere in maniera efficace i due aspetti fondamentali del pensiero utopico e cioè il momento critico tnegativo, e quello progettuale positivo.

15

• • L’Utopia come coscienza critico-progettuale e tensione storico-realizzativa. • • Utopia è la società buono cioè virtuosa e felice che non c’è ancora ma che si protende

ad essere e si protende per realizzarsi. • Con Utopia nasce la coscienza progettuale, alla quale si connette l’impegno e la

tensione realizzativa, con una valenza etica fondata sulla libertà, giustizia, uguaglianza, e sulla pace.

• Utopia quindi si basa sulla critica, sul progetto e sulla sua realizzazione. • L’impegno etico determina il dovere di realizzare il progetto, ed è parte integrante

della coscienza utopica. • Via via che la coscienza utopica, per definizione aperta, matura, e la società si

trasforma, cambiano le aspirazioni dell’uomo e quindi anche i suoi progetti. • Utopia è dunque sempre disponibile al cambiamento e all’evoluzione positiva. • La realizzazione storica dei principi contenuti nell’Utopia, costituisce la vittoria della

sapienza sulla stoltezza umana. • Pur avvenendo fra innumerevoli contraddizioni, l’Utopia indica la salvezza del mondo

riposta nel prevalere e nell’abbondanza della saggezza. • Il vero significato di Utopia è di guida dell’umanità nel suo plurimillenario sforzo di

costruire una società in cui regni la giustizia e l’amore fraterno. • Il suo fine è talmente grandioso, da meritare l’impegno e la totale dedizione di tutti gli

uomini di buona volontà, ognuno impegnato nella missione che è a lui destinata per contribuire al raggiungimento del bene comune nel regno di Utopia.

• • Capitolo Quinto • • Delucidazione concettuale I: • paradigma, ideale, utopia. • • Sul concetto di paradigma • • Significa ciò che serve a “far vedere”, “indicare”, “mostrare”. • Designa anche argomenti che si inseriscono in un discorso, al fine di renderne più

chiaro il senso e l’obiettivo che si vuol raggiungere. • Platone definisce la Repubblica come il paradigma dell’ottimo stato. • • Paradigma e realizzabilità in Platone •

16

• Platone ci fa dono di una delle più belle e interessanti lezioni di epistemologia sul rapporto teoria-prassi, per rispondere a coloro che si dimostrano insofferenti di fronte a una teoria, cercando un’immediata possibile realizzazione.

• Platone dice che l’elaborazione di un paradigma deve per sua natura prescindere dalle condizioni di fattibilità, nella ricerca dei principi del paradigma secondo ragione.

• Secondo Platone l’onere della prova è della prassi e non della teoria. • Non si può ad esempio giudicare la bellezza di un quadro per il fatto che ciò che

rappresenta non esiste nella realtà. • E’ legge di natura che la prassi si avvicini alla verità meno della teoria. • La difficoltà di realizzazione di un modello, non ne diminuisce il valore della verità

intrinseca, delineata e analizzata pr mezzo della filosofia e quindi della ragione. • Essere profeti del vero in un mondo in cui domina la menzogna e l’ingiustizia non è

agevole e a volte può essere persino pericoloso. • Ma la forza della ragione e della verità, finirà prima o poi con il prevalere, attraverso la

maturazione delle coscienze. • Chi riesce a vedere la verità da realizzare, non la considera più irrazionale e non

perseguibile, sentendone la sua intrinseca attrazione. • La luce della verità illumina i dormienti e i pessimisti. • Il paradigma no ancora realizzato, dunque è la guida per la prassi. Se fosse da qualche

parte realizzato, cesserebbe di essere paradigma. • Con il paradigma definito dalla ragione, il filosofo assolve alla sua funzione di

umanizzare il divino e nello stesso tempo divinizzare l’umano. • Come stimolo e guida all’azione, sono le idee non ancora realizzate a sostenere la

storia, e ci sarà sempre storia fintanto che vi saranno nuove idee, che la potenziano e la vivificano, anche se tra teoria e prassi vi sarà sempre uno scarto. Che l’uomo se vuole essere uomo tenderà a colmare.

• • Significato odierno di paradigma • • Per diventare paradigma, una teoria deve sottostare a due condizioni essenziali: • 1- risolvere problemi che le altre teorie concorrenti non riescono o riescono meno

bene a risolvere. • 2 – essere accettata, ossia condivisa e fatta propria, da una determinata comunità

scientifica. • E’ quindi uno schema o modello capace di interpretare coerentemente una serie di

fenomeni. • Nuovi paradigmi possono evolvere i vecchi ed ampliarli. • Si può dire che un paradigma è valido in quanto si dimostra utile e fintanto che non

viene superato. • In Platone il paradigma assume con un proprio valore il significato di progetto,

accostandosi così all’utopia.

17

• • Sul concetto di ideale, • • La formulazione kantiana • • Per Kant l’idea è un concetto necessario della ragione, al quale non è dato di trovare

un oggetto adeguato nei sensi. • L’ideale invece è diverso dall’idea in quanto rappresenta un modello da raggiungere,

costruzione razionale fondata su di un’idea. • Ad esempio la sapienza è un’idea e il sapiente è l’ideale. • L’ideale costituisce un elemento filosofico essenziale per l’umana tensione

realizzativa. • • L’eclissi dell’ideale • • Alcuni pensatori come Dewey, hanno criticato il concetto di ideale, considerandolo

una fuga dall’impegno realizzativo concreto. Li definisce “fantasticherie”, “castelli in aria”.

• • L’utopia • • Il termine utopia: un destino di ambiguità. • • Il termine utopia oscilla fin dall’inizio tra ou-topia (non luogo) ed eu-topia (luogo

felice), contenendoli entrambi. • Gli spiriti pigri confermano che l’utopia non è altro che un sogno. • • L’utopia come progetto razionale • • L’utopia assume il significato di progetto razionale volto alla costruzione di una

società razionale, una società guidata e sorretta da principi di ragione e non abbandonata alla casualità e turbolenza degli interessi e istinti individuali.

• L’utopia scaturisce dalla critica delle condizioni presenti, ed è coscienza razionale dell’intollerabilità e della necessità del superamento della realtà presente.

• La coscienza utopica prima ancora di divenire progettuale, si manifesta come coscienza critica dell’inadeguatezza e insufficienza della realtà effettuale rispetto ai principi di ragione.

• Il pensiero utopico non esclude il mutamento, purchè sia per il meglio.

18

• Mentre la distopia provoca nell’animo umano l’angoscia del futuro, l’utopia costituisce un potente stimolo all’azione, in quanto coscienza dell’autosufficienza del presente.

• Il presente non è altro che il futuro del passato e in quanto tale contiene quel “meglio” che gli uomini delle età precedenti hanno cercato di realizzare.

• L’utopia è generatrice di tensione pragmatica e quindi di una prassi “impaziente”, espressione dell’uomo che desidera andare verso il “meglio”, in un cammino senza fine che avrà termine solo quando l’uomo e la storia avranno fine.

• • L’utopia come valore storico-sociale. • • La coscienza utopica è la coscienza dei “forti”, cioé di coloro che non subiscono lo

scarto tra teoria e prassi. • E’ un antidoto efficace contro la delusione che induce l’uomo a disertare la battaglia

che l’umanità sta combattendo da sempre per la propria liberazione. • Con Kant si può affermare che ciò che é giusto in teoria, deve valere per la pratica. • L’utopia è un progetto e nello stesso tempo una categoria della storia e, come tale,

non può andare oltre la storia. • Per tutto ciò che è oltre la storia, l’utopia cede il passo all’escatologia. • L’uomo è libero in quanto è un essere progettuale. Un uomo senza progetti è senza

speranza, ed è come se fosse già morto, anche se vive apparentemente. • E’ assurdo pensare che l’essere umano, il cui programma di vita è stato progettuale, si

riduca alla fine a subire lo scacco supremo ossia il nulla nell’annientamento totale. • L’essere finito non può adempiersi che nell’essere infinito, che lo fonda e lo sostiene,

con la certezza nella trascendenza assoluta, nel passaggio all’eterno. • Una speranza senza fiducia, può essere paralizzante, bloccando la sua marcia in

avanti. • La trascendenza assoluta dà un’ulteriore spinta all’utopia storica, conferendole il

senso ultimo, senza il quale essa stessa non avrebbe un senso compiuto, terminando nella storia.

• Risulta coerente la lezione di Horkheimer, secondo il quale vi è un rapporto consequenziale tra l’esigenza terrena di giustizie e il riconoscimento del “totalmente Altro”.

• • Profondità e complessità del contenuto semantico di utopia. • • L’utopia è un concetto assai più ricco e complesso di quelli relativi a paradigma e

ideale. • L’ideale differisce dall’utopia per il suo carattere di irraggiungibilità. • Il paradigma si identifica con il concetto di modello, quale strumento, utile ma

subordinato nei riguardi del progetto, per l’idea di perfezione che lo essenzia.

19

• Il progetto utopico invece è per sua essenza proteso alla realizzazione, fondandosi sulla realizzabilità e non sulla perfezione.

• Dal confronto con i concetti di ideale e di paradigma, il concetto di utopia ne esce rafforzato.

• Soprattutto in un mondo ricco di incertezze e di rischi di annientamento come quello attuale, il concetto di utopia diventa fondamentale e prioritario, in quanto porta con sé l’esigenza etica di giustizia, pace, libertà, eguaglianza, razionalità, solidarietà, quale unica via di salvezza, come rilevava Bloch, per la stessa filosofia, quale scienza della speranza e coscienza del domani.

• Il filosofo ha un avvenire se non si comporta come “notaio della storia”, ma se sviluppando le potenzialità progettuali insite in ogni uomo, sa trasformarsi in “profeta dell’utopia”.

• • Capitolo sesto • • Delucidazione concettuale II: • ideologia e utopia • • Credere sinonimi i termini ideologia e utopia, contribuisce al perpetuarsi della falsa

coscienza che costituisce la radice prima della crisi attuale della progettualità politica. • • Il contributo (e la responsabilità) di Karl Mannheim • • Il pensiero ideologico conservatore costituisce la forma mentis delle classi dominanti,

che hanno tutto l’interesse a conservare lo status quo. • Di contro una mentalità si dice utopica quando è in contraddizione con la realtà

presente. • E’ tipica delle classi subalterne che aspirano a mutare in meglio la propria condizione. • Karl Mannheim nella sua opera crea confusione e non netta separazione tra i due

concetti. • Il concetto di utopia non può essere inglobato in quello di ideologia. • • Capitalismo e marxismo versus utopia • • Le grandi correnti ideologiche che da oltre un secolo si contendono sul piano

economico-politico il dominio del mondo, sono fondamentalmente due: il liberal capitalismo e il comunismo marxista.

• Si è potuto parlare di fine dell’utopia, come conseguenza dell’integrazione del proletariato nella società borghese.

20

• Pertanto l’ideologia borgese ha parlato di fine dell’utopia di liberazione del proletariato.

• Il marxismo era nell’errore considerando la classe operaia con un carattere universalmente liberatorio, ma non meno ingannevole è la posizione della borghesia che, sfruttando tale errore di valutazione, ritiene dimostrato una volta per tutte il fallimento storico di ogni prospettiva rivoluzionaria e progressista.

• Da qui nasce l’incauta proclamazione della fine dell’utopia, mentre al contrario esistendo sempre le classi subalterne, esistono ed esisteranno sempre gli elementi dell’utopia.

• Se non esistessero ingiustizie e oppressioni non esisterebbe la necessità dell’utopia, ma nel mondo con l’opulenza esistono e sono evidenti le pessime condizioni di tante popolazioni.

• L’utopia dunque è anche esigenza di giustizia da parte delle categorie sociali inferiori. • Anche all’interno del marxismo, pur da considerare movimento utopico di rilievo

storico, nacque la diffidenza per ogni istanza progettuale. • Il leninismo e lo stalinismo sancirono il passaggio dall’utopia all’ideologia, ovvero

dalla rivoluzione alla conservazione arrivando al totalitarismo come conseguenza della paura per l’utopia e della sua insita spinta alla progettualità migliorativa delle condizioni umane.

• Engels affermava orgogliosamente che il marxismo aveva fatto passare il socialismo dall’utopia alla scienza, ma il fallimento clamoroso dei socialismi realizzati dimostra che la scienza fallisce se non è accompagnata da una profonda coscienza morale, insita nell’utopia.

• Da questo fallimento nasce la dittatura oppressiva, come è avvenuto nello stalinismo.

• Per un risveglio della coscienza utopica • • La crisi ecologica a livello planetario è stata causata dall’assenza di un progetto

globale, a favore di interventi-tampone esclusivamente nei sottosistemi, giorno dopo giorno.

• Oggi il mondo ha bisogno come non mai di utopia, di progettualità, nata come progetto storico da una profonda coscienza etica.

• Lo spirito critico non sarebbe fecondo se non fosse sostenuto da una coscienza progettuale, che permetta di sostituire il “vecchio” con il “nuovo”, senza peraltro rinunciare a ciò che di buono esiste nel presente, considerandolo il futuro del passato.

21

• La critica del presente mira soltanto a rigettare ciò che di ingiusto si rivela nel presente.

• La coscienza utopica non è sognante ma vigile, inquieta e in lotta contro le ideologie che tendono a mascherare la realtà.

• La politica e la scienza-tecnologia ci hanno regalato “la società del rischio”, costretta a vivere sotto la minaccia dell’olocausto nucleare e del dissesto ambientale.

• Occorre con urgenza riappropriarsi del diritto a decidere autonomamente per il bene attuale e futuro, liberandosi dalle “tutele” false e ideologicamente interessate, come l’ideologia scientista, non meno pericolosa delle altre.

• La crisi delle ideologie e delle false coscienze costituisce un fatto positivo mentre la crisi dell’utopia sarebbe una grave sciagura per tutta l’umanità, in quanto significherebbe assenza di progettualità e smarrimento dei valori-guida, in un mondo dove i rapporti umani verrebbero regolati non dalla coscienza etica e dalla ragione, ma dalla forza.

• Sarebbe il trionfo definitivo della “ragione cinica”. • La storia insegna che il sonno dell’utopia ha generato i mostri. • E’ dunque tempo di risvegliarsi e combattere la distopia e l’ingiusto processo di

globalizzazione che è negativo se non è unito a un forte contenuto utopico per il bene comune, ottenuto con la pratica della giustizia reale indirizzata ad ogni essere umano e alla stessa salute del pianeta proteggendo l’ecosfera.

• L’utopia è in sintesi l’impegno costante per costruire un modo migliore. • • Parte terza • • Il ruolo dell’utopia in alcuni tra i più importanti fenomeni socio-storico-culturali. • • Capitolo settimo • • Utopia e rivoluzione • • I due concetti sono o non sono sovrapponibili ? • • La rivoluzione • Il termine e il concetto • • Il termine rivoluzione pare fu usato per la prima volta nell’antichità da Agostino con

riferimento alla trasmigrazione delle anime citata da Pitagora. • Riferito invece ai corpi celesti compare in Dante e nel linguaggio astronomico dal

XVI secolo in poi.

22

• Agli inizi del settecento lo si trova poi esteso alla sfera politica anche se lo si trova già in autori del XIV secolo.

• Fino alla rivoluzione francese si intendeva con questo termine un fenomeno di restaurazione, di ri-voluzione, ovvero ritorno ad un ordine più naturale, concetto dovuto al passaggio del vocabolo dalla sfera astronomica a quella politica.

• Era assente l’idea di un progetto rivoluzionario mirante a rovesciare anche con la violenza l’ordine costituito. Mancava la mentalità rivoluzionaria.

• • La nascita della mentalità rivoluzionaria • • La ribellione, come dice Camus, è una delle condizioni essenziali dell’uomo.

Presuppone sempre essere una lotta per il diritto, e quindi la permanenza di una categoria giuridica.

• E’ presente e si afferma decisamente nel corso della rivoluzione francese e si sviluppa con il marxismo e la rivoluzione russa.

• Il fatto rivoluzionario tende a sostituire la politica alla religione e la fede nell’epoca presente come forma laica e politica di millenarismo, psicologica e perciò riduttiva.

• Ma se si prende in considerazione la rivoluzione inglese del 1640-1660, si vede che le istanze di rinnovamento hanno un’origine essenzialmente religiosa con costanti riferimenti a Dio e alla Bibbia. I Puritani erano uomini e donne profondamente religiosi.

• Nemmeno negli eventi in america dal 1773 al 1783 culminati nel 1776 con la Dichiarazione di Indipendenza, si notano atteggiamenti antireligiosi. Basta pensare al ruolo dei Quaccheri della Pennsylvania. Gli americani che fecero la rivoluzione erano per lo più i discendenti dei rivoluzionari inglesi del XVII secolo, che emigrarono nel nuovo mondo perché in Inghilterra non potevano più vivere, unitamente a coloro (scozzesi, irlandesi, francesi, olandesi, tedeschi, svedesi, ecc.) che si erano rifugiati in America per sfuggire alle persecuzioni religiose e politiche nei loro paesi.

• Diverso fu nella rivoluzione francese, dove fu presente la polemica antireligiosa e la guerra alle chiese, per il fatto che queste occupavano allora i possedimenti da abbattere.

• Non fu dunque combattuta la religione ma la sua degenerazione e la sua adesione ai valori dell’antico regime, per una rivoluzione anticlericale, per i privilegi del clero, dei vescovi e dello stesso papato, e non antireligiosa.

• L’anticlericalismo non è antireligiosità. • All’ateismo si può controbattere che se tutto cadrà nel nulla, non avrebbe alcun senso

la vita, l’impegn o e la lotta per la giustizia e la stessa rivoluzione. L’esistenza rivelerebbe così la sua radicale assurdità.

• Il fatto religioso nasce dall’esigenza di trovare un fondamento incrollabile alla propria finitudine. L’errore di Marks fu di ridurre la religione a elemento alienante la libertà umana, mentre poi lui stesso ammise che l’autentica religiosità è portatrice di nuove

23

energie e cambiamenti sociali e perfino di rivoluzioni, come dimostra la rivoluzione puritana.

• E’ stato un errore identificare la rivoluzione con il marxismo. • Quando questo ha dimostrato il proprio fallimento in realtà lo spirito rivoluzionario

non è morto, ma resta insito nella natura umana, come forza che sospinge verso l’utopia, ovvero verso la gistizia e il bene comune.

• • Il problema della violenza rivoluzionaria • • La terribile sequenza rivoluzionaria violenza-terrore-reazione, appare come un

momento di un processo molto più vasto e complesso. • La rivoluzione non coincide con il suo momento esplosivo. Il momento diffusivo è

altrettanto importante se non superiore, producendo nel lungo periodo effetti liberatori.

• La violenza rivoluzionaria è da considerare come sia una risposta alla violenza diuturna degli oppressori, non meno brutale.

• La violenza dei poveri e degli oppressi è un male, ma lo è anche la violenza dei ricchi, la discriminazione razziale, la schiavitù, lo sfruttamento dei lavoratori.

• Se l’orrore per la violenza dei ricchi non è altrettanto evidente dell’orrore per quella dei poveri, è perché non si vogliono perdere i privilegi, non accettando la prospettiva di essere uguali agli altri.

• La violenza comunque costituisce sempre una lesione alla dignità umana, ed è da condannare. Cesserà quando sarà cessata l’oppressione e l’ingiustizia.

• • Utopia e rivoluzione • • Il problema cruciale per il pensiero utopico è quello di continuare a immettere il

“possobile” nel “reale”, senza essere da quest’ultimo fagogitato e trasformato in moti violenti fino al “terrore”.

• La rivoluzione è un momento dell’utopia, per la costruzione di una società secondo giustizia. Ne è quindi condizione necessaria.

• Per superare questa contraddizione, bisogna dimostrare che è possibile instaurare una società giusta e pacifica senza ricorrere a metodi rivoluzionari violenti.

• • L’istanza utopica della rivoluzione non violenta • • La non violenza ha più volte dimostrato di essere storicamente efficace se trova

“apostoli” coerenti fino in fondo. • Pensiamo all’opera di Tolstoj, Gandhi, Martin Luther King, Papa Wojtyla, che

dimostra come il binomio rivoluzione-violenza non sia affatto inscindibile.

24

• La scelta della non violenza del resto non significa affatto rinunciare a perseguire la giustizia in questo nostro mondo, presupponendo un impegno maggiore.

• Fuoriuscire dalla violenza, con un radicale mutamento antropologico, è la più radicale delle rivoluzioni evitando che la violenza generi altra violenza in una spirale malefica.

• Il metodo per vincere la violenza esiste già, ed è stato rivelato con chiarezza da circa duemila anni, pur essendo spesso disatteso: è il principio cristiano dell’amore, che deve essere preso finalmente sul serio, quale unica via di salvezza per l’umanità.

• Occorre impegnarsi per instaurare a livello universale l’etica della non-violenza, la quale produrrà una nuova e più alta coscienza, capace di costruire una nuova società.

• Occorre riconoscere l’altro come fratello e non come nemico, ossia come persona da amare come noi stessi, per stabilire rapporti fecondi tra gli uomini, che differiranno da quelli attuali spesso basati sull’egoismo, sull’invidia, sull’ostilità universale, che hanno generato effetti negativi e distruttivi.

• E’ dunque necessario costruire insieme e non distruggere, stabilendo il circolo virtuoso dell’amore e del dono della condivisione e della comunione.

• La realizzazione di questo grandioso disegno dipende da ognuno di noi. Porgendo l’altra guancia, nessuna guancia risulterebbe colpita.

• L’instaurazione dell’etica della non violenza potrà consentire all’umanità di progredire senza attraversare come è spesso avvenuto l’inferno della violenza generatrice di distruzione e morte, per al contrario costruire senza distruggere, diventando autenticamente non violenta e quindi essenzialmente e radicalmente umana.

• • • • • • Capitolo VIII • • Scienza e utopia • • 1. Scienza versus utopia? • • La scienza e l’utopia non sono tra di loro contrapposte, bensì legate dal fatto che sono

entrambe razionalità progettanti, in quanto entrambe fanno ricorso all’immaginazione, benché la scienza al progetto associ direttamente il calcolo matematico.

• La razionalità scientifica dunque oltre che progettante è anche calcolante, ed é tendente a trasformarsi in razionalità strumentale, cioè in tecnologia utile, in grado di produrre strumenti, merci, oggetti.

25

• L’utopia, se si trasforma in ideologia, può degenerare in distopia come nel caso delle rivoluzioni inglese, francese e russa, per fini di potere.

• Occorre quindi ben distinguere il concetto di utopia da quello di distopia, che invece di avere come l’utopia ideali progettuali di giustizia e di eguaglianza, porta in sé la rigida pianificazione, il totale controllo, l’incapacità di imparare dai propri errori, l’indifferenza verso i singoli, il livellamento sociale.

• Gli utopisti non assolutizzano le proprie convinzioni e istituzioni, ma adottano le misure che a quel momento sembrano le migliori, pronti a cambiarle se l’esperienza offre altre possibilità ancora migliori.

• Sotto questo aspetto il metodo utopico non è diverso dal metodo scientifico. • Utopia e scienza non sono in contrasto tra di loro, come ritenevano Marxs ed Engels

ed anche Popper, avendo in comune il carattere critico, razionale e progettuale, fondandosi entrambe sulla capacità umana di immaginare e intuire creativamente.

• L’utopia mira a costruire una società secondo giustizia, e la scienza si propone di venire incontro ai bisogni umani che sono anche poetici, creativi e mutevoli nello spazio e nel tempo, a differenza degli altri esseri viventi i cui bisogni restano fissati per milioni di anni.

• • La scienza nell’utopia letteraria • • Nell’isola di Utopia la curiosità e l’indagine scientifica sono viste alla stregua di un

atteggiamento religioso, poiché é Dio stesso che ha donato all’uomo la ragione per comprendere la bellezza e la grandezza del creato.

• Inoltre la scienza è considerata un potente strumento per la costruzione di una società virtuosa e felice.

• Scienza e utopia sono intimamente legate nella formulazione di proposte di cambiamento sociale, senza passare attraverso la tragedia della rivoluzione violenta.

• I nuovi potentati economici, asservendo la scienza al profitto e alle egemonie politico-militari, hanno provocato uno dei più grandi disastri della storia umana, causando il dissesto ambientale che sta mettendo in pericolo la sopravvivenza dell’umanità.

• E’ da superare l’eccesso di specializzazione, attraverso il dialogo interdisciplinare, anche per valutare preventivamente i rischi legati all’uso dei nuovi ritrovati tecnologici.

• Occorre una “superscienza”, intesa come il risultato di un dialogo intenso e proficuo tra i diversi saperi, indagando i rapporti possibili tra arte, letteratura, filosofia e scienza.

• Non vi é alcuna contrapposizione fra razionalità scientifica e razionalità utopica, bensì stretta relazione, poiché anche la scienza, se non facesse ricorso all’utopia come segno concreto di speranza, in contrasto spesso con la scienza accreditata, smetterebbe di progredire.

26

• Dobbiamo concludere che l’utopia ha dato, soprattutto nella modernità, un grande apporto per lo sviluppo della scienza, sollecitandolo, persino con la fantascienza.

• • Utopia e scienza in dialogo • • Il predominio della tecnica serializza non solo le cose ma anche le persone,

atomizzandole e privandole della propria identità, e quindi impoverendo le relazioni umane, minando alla radice la coesione e la solidarietà.

• Quindi la scienza-tecnologia non può essere invocata per risolvere i gravi problemi che assillano l’umanità, pur dovendo svolgere un ruolo importante per il superamento delle crisi.

• La razionalità scientifica deve riconoscere i propri limiti cessando di essere funzionale alla massimizzazione del profitto privato e al potenziamento delle egemonie politico-militari, ponendosi al servizio dell’intera umanità.

• Di fronte al cinismo che caratterizza la vita sociale degli adulti, e di conseguenza perdendo la fiducia nel futuro e nella stessa utopia, i giovani preferiscono il buio della notte illudendosi così di trasgredire.

• L’utopia è la sola via di uscita nella crisi dei valori e nel dominio del cinismo, essendo in grado di riaprire gli immensi spazi del futuro che la ragione strumentale protesa all’utile ha chiuso generando pessimismo e sfiducia.

• Se la razionalità scientifica si allea con la razionalità utopica, non ci saranno più ostacoli insormontabili per aprire le porte del futuro, ermeticamente blindate.

• Utopia e scienza si completano vicendevolmente e possono aiutare l’uomo a recuperare lo spazio della progettazione e della speranza, senza il quale l’umanità si ammala e muore.

• In conclusione possiamo considerare come l’unità della cultura è il prezioso patrimonio che consente all’umanità di progredire per tutta la sua travagliata ma entusiasmante storia.

• • Capitolo nono • • Utopia e trascendenza • • 1. Sul rapporto utopia-trascendenza • • Il Medio Evo è stato inteso come l’età dominata dal teocentrismo, e l’Evo Moderno

come l’età in cui ha avuto origine una diversa concezione dell’uomo e del mondo conosciuta come antropocentrismo, per la presenza di fenomeni culturali come l’Umanesimo, il Rinascimento, le grandi scoperte geografiche, il razionalismo, lo sviluppo della scienza sperimentale, l’illuminismo.

• Sono stati arbitrariamente contrapposti.

27

• L’Utopia non si sostituisce alla trascendenza, in quanto fenomeno collegato alla storia dell’uomo sulla terra. La trascendenza vede oltre, nello sviluppo dell’uomo oltre la vita, nel suo fine escatologico oltre la storia umana.

• L’utopia non può per sua natura e vocazione essere inglobata nella trascendenza. • • 2. Homo utopicus sive trascendens: la scoperta dell’oltre. • • Una vita é veramente umana solo se è caratterizzata dall’impegno e dallo sforzo per

migliorare se stessi, ossia per divenire quel che ancora non si é. • Dunque l’uomo utopicus è anche trascendens. • Coloro che sentendosi appagati dai risultati raggiunti non s’impegnano in uno sforzo

quotidiano migliorativo, é come se avessero rinunciato alla propria umanità e dignità. • Chi è prigioniero del carpe diem ha assai poco di umano, cadendo nell’animalità. • Chi vive senza progetti in realtà assomiglia più a un animale che a un uomo, anche se

ne conserva la forma. • L’uomo è sapiens prima di tutto perché “sa di non sapere”, con un intimo bisogno di

conoscere con una curiosità che lo spinge ad esplorare ambienti inesplorati, in una sfida che egli non può fare a meno di raccogliere.

• Ma l’uomo va anche oltre se stesso essendo sempre in relazione con l’altro nel suo co-essere costitutivo, fino alla morte ed oltre ad essa.

• Va e continuerà ad andare alla ricerca di nuovi spazi, di nuovi mondi, di nuovi universi.

• L’unica “nicchia” adatta all’uomo è l’ “altrove”, ossia quel buon luogo che non sta ancora in nessun luogo e che è l’utopia. Questo è l’oltre dello spazio.

• Vi é poi l’oltre del tempo, ovvero il futuro, dimensione per lui essenziale pur considerando il passato e il presente imprescindibili, in un continuum temporale in cui il presente costituisce una sintesi del passato e del futuro, anticipato e prefigurato nei nostri progetti.

• Il futuro costituisce l’orizzonte dinamico, in continua espansione, che alimenta la speranza e amplia gli spazi di libertà.

• Una vita priva di futuro e quindi di libertà, speranza e progetti, cessa di essere umana. • Il carattere trascendente dunque è connaturale nell’uomo non meno del sapiens e

dell’utopicus. Egli è utopicus in quanto trascendens e viceversa. • • 3. Dall’utopia alla trascendenza • • E’ possibile superare la conflittualità fra i termini, senza necessariamente

sopprimerne uno. • La trascendenza utopica è tutta interna alla storia, e avrà termine quando la storia

finirà.

28

• L’utopia è un fenomeno puramente umano e va analizzato secondo le categorie proprie delle scienze umane.

• Anche Bloch e Marks riconoscevano che l’uomo sente l’esigenza di un’istanza ultima, di un oggetto e un fine assoluto.

• Per evitare di cadere nell’abisso del non senso, la ragione stessa, prima ancora della Fede, induce a postulare la trascendenza assoluta ossia l’esistenza di una vita oltre la morte e soprattutto di un essere in sé sussistente, radice di ogni essere, il solo capace di salvare i mortali dall’abisso di nulla in cui cadrebbero se fossero abbandonati a se stessi.

• Ecco che il passaggio dall’utopia all’escatologia diventa un passaggio obbligato per la ragione, a meno che essa non voglia autonegarsi, giustificando anche il proprio non senso.

• Solo l’escatologia può garantire l’infinita apertura del progetto utopico e storico. • Per ritrovare la sua autenticità, la ragione deve riappropriarsi di quelle realtà che le

sono state sottratte, soprattutto considerando reale solo ciò che è sperimentabile, senza considerare reale anche l’invisibile e il non sperimentabile.

• I bisogni e le realtà spirituali esistono nell’uomo come quelli materiali e sono altrettanto importanti anche per non lasciare l’uomo in balia dello scetticismo e dell’agnosticismo o nell’assurda ipotesi di una trascendenza immanente, come nella New Age.

• E’ incoerente il pensare che dopo aver lottato nella vita per una società più giusta, contro l’ingiustizia e il male, si considerasse che dopo la morte esiste solo il nulla.

• Ciò che è, come l’uomo stesso, che è stato originato dal nulla, non può che appartenere al dominio dell’essere, e non può tornare nel nulla, superato e sconfitto con la sua origine.

• L’uomo può salvarsi tenendosi stretto durante la vita a quell’Essere infinito che lo ha fondato e lo sostiene, e che se non ci fosse l’uomo non sarebbe stato e il nulla avrebbe prevalso su tutto in ogni tempo.

• Chi considera di essere non può senza contraddirsi non credere al principio dell’essere, a Dio. L’utopia trova dunque il suo naturale compimento nell’escatologia.

• Il rapporto tra utopia e trascendenza non è pertanto conflittuale, bensì complementare. La prima prepara la seconda, che completa la prima in ciò che le manca.

• • Capitolo decimo • • Ecologia e utopia • • Ecologia e utopia sembrano non avere niente in comune se accettiamo la distinzione

baconiana tra historia naturalis e historia civilis, da considerare nettamente separati. •

29

• Crisi ambientale e modernità: dalla weltanschauung meccanicistica all’esplosione dei consumi.

• • Per millenni, attività come l’agricoltura, la pastorizia, la metallurgia, l’artigianato, non

hanno mai compromesso l’integrità della natura. Le fonti energetiche non intaccavano l’equilibrio degli ecosistemi.

• Oggi al contrario le attività umane interferiscono pesantemente con la natura, al punto da comprometterne gli equilibri con l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, del suolo, inquinamento chimico, radioattivo, elettromagnetico, acustico, luminoso, deforestazione selvaggia, distruzione delle biodiversità, accelerazione del riscaldamento globale e della desertificazione, avvelenamento della biosfera soprattutto attraverso l’uso indiscriminato di pesticidi, conservanti, coloranti e altri prodotti chimici.

• Il rapporto uomo natura è radicalmente cambiato. • • La scienza-tecnologia moderna, ovvero l’illimite del sapere. • • Per la scienza moderna, la natura si presenta come una “nemica” da vincere e

sottomettere al dominio dell’uomo, secondo il pensiero di Bacon e Descartes che, secondo la lezione di Galileo, considerò la matematica lo strumento più potente di conoscenza della natura.

• Le singole cose, sotto la spinta del – cogito ergo sum – che assolutizzava il potere della ragione umana, finirono con il perdere la loro autonoma consistenza, declassate a “oggetti” manipolabili a piacimento.

• La scienza doveva dunque avere uno scopo essenzialmente pratico, nel servire a migliorare la vita degli uomini.

• I contatti fra le varie discipline, a causa delle specializzazioni, sono andati via via rarefacendosi fino a scomparire quasi del tutto.

• Gli scienziati, concentrati sulle loro ricerche promosse per il profitto dei committenti politici e privati, si sono disinteressati delle conseguenze che l’applicazione delle loro ricerche avrebbe prodotto sugli equilibri ecologici e sulle relazioni sociali.

• I tragici eventi di Hiroshima e Nagasaki, l’uso in guerra dei diserbanti, il dissesto ecologico del pianeta, hanno indotto gli scienziati eticamente più sensibili a ripensare il loro ruolo, riprendendo i contatti con la natura e la società, prendendo anche coscienza dell’essere stati strumenti delle classi dominanti.

• Da qui l’esigenza della ricerca interdisciplinare, che non significa abolizione delle specializzazioni, ma collaborazione e coordinamento tra di esse con l’obiettivo di non perdere di vista l’obiettivo sociale della scienza.

• Il metodo interdisciplinare, permette non solo agli scienziati ma a tutti i cittadini, di valutare l’impatto sociale di ogni singolo risultato della ricerca, e quindi di decidere se e in che modo debba trovare applicazione nel tessuto sociale.

30

• • 1.2 Il capitalismo, ovvero l’illimite del profitto • • Il valore economico con l’obiettivo della massimizzazione del profitto e con la

tensione verso l’illimite del profitto stesso, ha preso il sopravvento oscurando ogni altro valore.

• Da qui il più grave dei paradossi: quello di una civiltà dominata dalla scienza-tecnologia che nel tentativo di vivere meglio, corre verso il baratro dell’autodistruzione.

• Questo comportamento è frutto del connubio malefico fra scienza moderna e capitale, risultato dell’incontro fra due illimiti: quello della scienza e del sapere e quello del profitto.

• Il delirio di onnipotenza porta a conseguenze catastrofiche. • Sono stati relegati in secondo piano il vero, il bello, il bene, il giusto, ossia quei valori

ai quali l’umanità ha fatto per secoli riferimento costruendo la civiltà. • La ragione umana, ridotta a ragione calcolante, ha prodotto un profondo mutamento

antropologico, producendo l’homo technologicus che, incontrandosi con l’homo oeconomicus sta portando l’umanità e l’intera ecosfera verso disastri senza limiti.

• La valorizzazione del mondo da parte dell’uomo, si è trasformata nel suo opposto, diventando rapina di risorse, inquinamento, distruzione planetaria.

• Le cause sono ben individuabili e sono eliminabili, purchè lo si voglia, bloccando il processo degenerativo in atto.

• L’illimite del profitto porta con se l’illimite dello sfruttamento e del consumo per alimentare lo sviluppo capitalistico senza fine.

• Il corpo principale del pensiero economico contemporaneo, appare intrinsecamente antiecologico.

• Il liberismo ha finito con il negare ai più la libertà che, almeno in teoria, sarebbe il suo principio ispiratore.

• Ora sembra che sia la stessa natura a rigettarlo, alla stregua di un corpo estraneo, essendosi rivelato incompatibile con le sue leggi.

• L’aggravarsi della crisi ambientale sta dimostrando l’inconciliabilità fra il capitalismo sfrenato e orientato alla massimizzazione del profitto e la natura.

• Se non si cambia sistema economico, la nostra civiltà è destinata a scomparire. • • Il consumismo, ovvero l’illimite del desiderio • • L’incontro tra economia ed ecologia, sebbene sia avvenuto con ritardo estremo, ha

una rilevanza assoluta ed epocale, di carattere storico. • Può contribuire a cambiare il corso della storia e contribuire alla gestione razionale

delle risorse planetarie.

31

• E’ necessario sia superato l’ostacolo rappresentato dal consumismo, fenomeno generato dal capitalismo, che ha creato il bisogno di beni economici, stimolandone l’acquisto indipendentemente dal bisogno reale, con tecniche di persuasione e di promozione capaci di modellare l’agire umano in particolare utilizzando la caratteristica primigenia della psiche umana conosciuta come “desiderio mimetico”, indotto dal possesso altrui di un oggetto, che viene così fortemente desiderato.

• L’illimite del desiderio genera dunque il consumismo sfrenato che a sua volta genera insoddisfazione e nuovi impulsi a consumare.

• L’incontro tra economia ed ecologia, richiede pertanto un nuovo progetto di società in cui la gestione non sia prerogativa di una classe dominante ma diventi diritto-dovere di tutta la popolazione, trasformandosi in autogestione consapevole.

• L’individualismo dovrà essere sostituito dalla cooperazione e dalla solidarietà, il disordine economico e lo spreco dalla gestione razionale dei beni, la tecnologia rovinosa e cinica del profitto massimo possibile dalla tecnologia volta a soddisfare i bisogni umani, senza provocare squilibri ambientali irreversibili, i privilegi dall’uguaglianza tra i cittadini e i popoli, bandendo ogni forma di sfruttamento e discriminazione.

• Progettualità ecologica e progettualità utopica tendono così a coincidere. • • Carattere utopico della progettualità ecologica • • L’utopia è il passaggio dall’essere al dover essere per diventare quello che ancora non

si é. • Progettando e costruendo se stesso l’uomo progetta e costruisce la società e quindi la

storia. • La realizzazione non si adempie mai del tutto, perché le forze umane sono pur sempre

finite. • La storia nel suo progredire può anche definirsi come il prodotto dell’utopia che si

incarna in fasi successive senza fine, salvo quello della stessa storia. • Se le fasi sono non positive ma negative e timorose del nuovo, siamo in presenza della

distopia, in cui si tende a difendere interessi egoistici di classi dominanti. • L’ecologia in questa nostra fase storica, può essere considerata come il più grande e

urgente progetto utopico, imponendo nelle coscienze un radicale mutamento culturale, oltre a un mutamento nelle strutture operative e gestionali.

• Occorre reimpostare il rapporto uomo-natura, superando la mentalità predatoria che ha ridotto la natura a puro terreno di conquista, con sfruttamenti e rapine.

• In tale progettualità un ruolo di primissimo ordine è riservato all’etica, che deve indicare il senso del limite e nuovi valori e nuovi princìpi, per un nuovo umanesimo a favore dell’essere umano integrale, considerando gli effetti cumulativi delle azioni umane nel tempo, dato l’enorme potere tecnologico oggi a disposizione, che in ere

32

passate non esisteva, non esistendo quindi il rischio di asservimento della natura a fini di profitto smodato e di autodistruzione.

• Si impone il recupero dell’umiltà, virtu’ da molti considerata “minore” e che diventa coscienza dei propri limiti, sapere predittivo e conseguenti obbligazioni morali.

• La natura non dovrà più essere considerata oggetto di sfruttamento, ma elemento e bellezza da tutelare adeguandosi alle sue leggi, e adeguando ad essa la tecnologia stessa.

• L’etica può e deve bloccare l’assurdo imperativo della scienza-tecnologia moderna, in base al quale tutto ciò che è possibile fare è da farsi, restituendo all’uomo il potere di guidare le tecniche piuttosto che lasciarsi guidare da esse.

• Occorre ritrovare la saggezza pratica che è stata occultata ed emarginata dal delirio di onnipotenza.

• Per evitare che l’espressione – sviluppo sostenibile – diventi un puro slogan, è necessario uscire dal vago e conferire al progetto dei contenuti precisi e misurabili.

• La redistribuzione dei redditi a livello internazionale può essere raggiunto attraverso la solidarietà tra i popoli, ossia mediante una gestione planetaria dell’economia messa in atto da un governo mondiale fondato su basi autenticamente democratiche.

• Cio’ implica la pace universale, la fine della corsa agli armamenti, la liberazione di ingenti risorse per la crescita dell’umanità, in un progetto utopico di giustizia, uguaglianza, libertà, solidarietà, pace, fraternità.

• La progettualità ecologica si fa dunque immediatamente progettualità utopica, animata da una forte tensione etica, che può salvare il mondo e la natura dalla catastrofe.

• Ma una democrazia autenticamente partecipativa, non può realizzarsi dove il popolo è ignorante. Ecco la urgente necessità di una crescita culturale per una crescita politica e sociale.

• Tra scienza e cittadini deve nascere una solidarietà fattiva e operosa che liberi lo scienziato dal suo isolamento e il cittadino dall’ignoranza.

• La responsabilità degli scienziati è enorme e il buon esito del progetto sociale al servizio di tutta l’umanità dipende da loro e dalla loro disponibilità, rivendicando la propria libertà e autonomia dalle oligarchie dominanti che hanno strumentalizzato il sapere a fini di potere e di profitto.

• Per evitare la catastrofe planetaria, è necessario e urgente superare il sistema economico che ne è all’origine, ossia il capitalismo nella sua applicazione egoistica e deteriore, non solo in occidente ma anche nei paesi cosiddetti socialisti dove la natura non è certo più tutelata, come dimostrano i gravi disastri atomici nell’ex unione Sovietica.

• Occorre una nuova saggezza capace di portare l’uomo a riconciliarsi con se stesso, con i propri simili, con la natura, con l’intero cosmo e, finalmente, con Dio, attraverso il connubio tra utopia ed ecologia, imparando a trattare la natura come spazio d’esistenza e non come riserva di risorse da sfruttare.

33

• La salvaguardia dell’ambiente si impone oggi come uno dei compiti più urgenti per l’intera umanità, considerando la trasformazione delle società umane in senso ecologico come il più grande progetto utopico del nostro tempo.

• E’ significativo che anche Papa Francesco sia intervenuto con l’enciclica – Laudato sì – a richiamare tutti all’urgenza di tale compito, esortando ogni persona che abita questo pianeta a impegnarsi responsabilmente in prima persona per instaurare uno sviluppo sostenibile e integrale, per curare i mali che stanno devastando la nostra “casa comune”, rinunciando agli inutili sprechi, con uno stile di vita più sobrio improntato all’umiltà, oggi fortemente utopica e solidale.

• Ognuno di noi ha il dovere di lasciare alle future generazioni un mondo migliore di quello che abbiamo trovato.

----------------------------------------------------------

[email protected]

• Dipartimento di Studi Umanistici • +39 0832-294713

https://www.unisalento.it/web/guest/444 0832-291111 080832 - 32 29 11 110832 29 11 • Prof. Cosimo Quarta • Palazzo Parlangeli - 2.piano, stanza 29/c • +39 0832 – 294752 portineria • +39 0832 - 294619 diretto Cosimo Quarta [email protected] https://www.unisalento.it/web/guest/444 CENTRO INTERDIPARTIMENTALE DI RICERCA SULL'UTOPIA Il Centro è nato nel 1982 come "Gruppo di ricerca sull'utopia", nell'ambito del Dipartimento di filosofia; nel 1991 è stato riconosciuto come "Centro interdipartimentale". Oltre che dal Dipartimento di filosofia, il Centro è stato promosso dai Dipartimenti di: Lingue e Letterature Straniere, Scienze storiche e sociali, Scienze dei sistemi sociali e della comunicazione. Il carattere interdipartimentale si confà all'ampiezza del tema che abbraccia molte discipline letterarie, filosofiche, storiche, politiche, sociologiche, economiche, urbanistiche, giuridiche, essendo l'utopia il progetto della società giusta e fraterna, con tutto ciò che questo comporta. Carattere fondamentale del Centro è quello di essere una "comunità di ricerca", ossia un sodalizio di studiosi che lavorano insieme attraverso incontri settimanali, in cui la ricerca di ognuno viene discussa da tutti in ogni sua fase. I membri si alternano via via come relatori. Il Centro ha avviato, fin dall'inizio, due iniziative: 1) La Collana, "L'Utopia - Testi e studi", collocata prima presso l'Editore Franco Angeli di Milano (i primi quattro volumi) e poi presso l'Editore Dedalo di Bari (in cui sono stati pubblicati 18 volumi, di cui si può avere un dépliant). 2) 2 Convegni internazionali sull'utopia" ogni due o tre anni. L'ultimo in ordine di tempo, l'ottavo, (Sulla globalizzazione) si è svolto a Lecce dal 3 al 5 dicembre 2001. Il Centro, inoltre, organizza Seminari e dibattiti ed è in rapporto con la comunità utopica internazionale


Recommended