42 7 aprile 2016
Risarcimenti per un miliardo di euro. Chiesti ai
banchieri di Popolare Etruria e degli altri istituti
liquidati. Ma le cause si fermano prima ancora
di arrivare in tribunale. Come a Vicenza. Dove i
manager indagati incassano buonuscite milionarie
di Vittorio Malagutti
Qui nessuno paga il conto
Credito & scandali
VINCENZO CONSOLI si è mosso per tempo. Nell’aprile di due an-ni fa, l’allora ammini-stratore delegato di Veneto Banca ha ce-duto la sua casa di
Vicenza, una villa palladiana nel cuo-re della città, a un fondo patrimoniale intestato a se stesso e alla moglie. Una scelta che sembra anche diretta a pro-teggere il patrimonio di famiglia da possibili future azioni giudiziarie. Proprio in quei giorni, il pressing di Bankitalia aveva costretto il manager a fare un passo indietro, a lasciare la poltrona di amministratore delegato per quella di direttore generale.
Un anno dopo sono arrivate le dimis-sioni da tutti gli incarichi, l’addio alla banca e l’inchiesta della magistratura che ha messo sotto accusa, tra gli altri, anche Consoli, il banchiere che per 17 anni ha governato come un dominus assoluto l’istituto di credito trevigiano. E adesso, dopo le perdite miliardarie in bilancio e il crollo del valore delle azioni, il nuovo consiglio di ammini-strazione di Veneto Banca non esclude l’avvio di un’azione di responsabilità. Lo ha promesso il neoeletto presidente Pierluigi Bolla all’assemblea dei soci
del dicembre scorso. In altre parole, l’ex amministratore delegato potrebbe essere presto chiamato a pagare i dan-ni causati dalla sua gestione. E il fondo patrimoniale costituito nel 2014 sa-rebbe un primo scudo da opporre in Tribunale.
Consoli, potente banchiere caduto dal piedistallo tra indagini e accuse pesantissime, si trova in numerosa compagnia. La bufera finanziaria dell’ultimo anno ha innescato ribalto-ni a catena. E adesso si sprecano gli annunci di cause milionarie. In totale si arriva quasi a un miliardo. Proprio così, un miliardo di risarcimenti. Per-ché questa è la somma che è già stata richiesta a titolo di risarcimento dai liquidatori delle quattro banche in grave crisi e liquidate d’autorità con il decreto del governo del novembre scorso. Per la sola Banca Etruria siamo intorno ai 300 milioni. Poi vengono Banca Marche, con 280 milioni, Cari-chieti con 210 milioni e in�ne la ferra-rese Carife, che ha già avviato una causa da oltre 100 milioni.
Chi paga? La lista è lunghissima e comprende un centinaio di nomi tra consiglieri d’amministrazione, sindaci e revisori dei conti. Ci sono personaggi già saliti agli onori delle cronache come
Pier Luigi Boschi, già vicepresidente di Banca Etruria e padre del ministro Maria Elena. E poi un lungo elenco di notabili di provincia: avvocati, notai, imprenditori e anche multinazionali della revisione dei conti come Price Waterhouse, chiamata a risarcire 180 milioni per aver dato via libera ai bi-lanci disastrati, e forse falsi, di Banca Marche. E siamo solo all’inizio. Nei prossimi mesi l’elenco potrebbe allun-
7 aprile 2016 43
Foto
: Ansa
garsi ancora con la già citata Veneto Banca. Poi c’è la Popolare di Vicenza, l’altro grande istituto cooperativo del Nordest caduto nella polvere dei bilan-ci in rosso e delle indagini della magi-stratura, con decine di migliaia di soci che hanno visto svanire quasi per inte-ro il loro investimento. Sabato 26 mar-zo, l’assemblea della banca vicentina,
nel frattempo trasformata in società per azioni, ha però respinto la proposta di avviare una causa per risarcimento danni contro gli amministratori in ca-rica �no a metà del 2015, a cominciare dall’ex presidente Gianni Zonin.
Che cosa è successo? Semplice, i grandi azionisti, in passato legati a �lo doppio a Zonin e al suo gruppo diri-
gente, hanno evidentemente scelto di non aprire il capitolo imbarazzante delle complicità che hanno portato al tracollo. Da qui il voto contrario all’a-zione di responsabilità. E mentre con il vecchio statuto di banca popolare ogni socio valeva un voto, a prescinde-re dal numero di titoli posseduti, nella nuova spa vince chi controlla più
Una manifestazione a Roma contro le misure decise per la liquidazione delle banche commissariate dal governo
44 7 aprile 2016
Credito & scandali
azioni. E così, a Vicenza, la causa in tribunale si è incagliata ancora prima di partire. Peggio: gran parte degli amministratori in carica, quelli che in teoria dovrebbero gestire il rinnova-mento, sono stati nominati ai tempi di Zonin e hanno avallato e sostenuto la disastrosa gestione della banca negli anni scorsi.
Nelle prossime settimane, entro "ne giugno, a Vicenza l’assemblea tornerà a riunirsi per rinnovare il consiglio e forse tornerà all’ordine del giorno an-che l’azione di responsabilità. Sarà la volta buona per rompere davvero con il passato? Può essere, ma non è detto. A Veneto Banca, per fare pulizia in consiglio, è dovuta intervenire addirit-tura la Vigilanza della Bce, che nei giorni scorsi ha chiesto un ricambio completo nelle "le degli amministrato-ri, con l’eccezione di quelli nominati di recente, come il presidente Bolla e il consigliere delegato Cristiano Carrus. Banchieri stretti all’angolo, quindi? Macché, tutt’altro. Mentre in Veneto i vecchi gruppi dirigenti, compromessi con le precedenti gestioni, ora fanno resistenza al cambiamento, altrove schiere di avvocati sono già pronti a
ogni sorta di manovra dilatoria con l’obiettivo di prolungare il più possibi-le nel tempo azioni risarcitorie già di per sé molto complesse.
Per tagliare il traguardo di una sen-tenza civile di primo grado sono neces-sari almeno quattro anni. Ed è un’ipo-tesi ottimistica. Strada facendo ci sono in"niti modi per tirare in lungo. E c’è sempre il rischio di scoprire, com’è già successo in passato, che gli ammini-stratori condannati sono titolari di patrimoni irrisori, del tutto insuf"cien-ti a risarcire i danni accertati in tribu-nale. Va detto che ormai è prassi per gli istituti di credito garantire a top mana-ger e amministratori una polizza ad hoc che li protegge da “responsabilità patrimoniali”. Signi"ca che sarà un’as-sicurazione a far fronte a eventuali condanne in sede civile. Insomma, le probabilità che i banchieri debbano metter mano al portafoglio sono mini-me. E intanto la macchina della giusti-zia, come sempre in Italia, si muove con estrema lentezza.
Ad Ancona per esempio, la Vigilanza di Bankitalia "schiò la "ne già nel giu-gno del 2013 e, dopo aver rimosso l’intero consiglio, mise due commissa-
ri al comando di Banca Marche. La causa civile contro gli amministratori decaduti e l’ex direttore generale Mas-simo Bianconi è però partita solo nel giugno dell’anno scorso. E la prossima udienza è stata "ssata tra più di sei mesi, in ottobre. Tre anni fa anche la procura della Repubblica aveva aper-to un fascicolo sulla gestione dell’isti-tuto marchigiano.
Al momento però si è concluso solo un primo "lone dell’inchiesta penale. Un filone marginale, che riguarda Bianconi, per molti anni uomo forte
UN QUOTIDIANO in�uente
come “Il Sole 24Ore”.
Un movimento che raccoglie
decine di accademici e addetti
ai lavori. Per!no l’Abi, la lobby
delle banche, che con una
lettera resa pubblica dal
presidente Antonio Patuelli ha
chiesto un nuovo modello di
«scheda informativa» in grado
di informare «senza equivoci»
i risparmiatori sui rischi
di un prodotto !nanziario.
Da quando il salvataggio
delle 4 banche commissariate
in autunno ha bruciato 800
milioni di risparmi investiti
in bond subordinati, il mondo
che ruota attorno ai mercati
ha avuto una scossa. E tutti,
pure le banche, minacciate
dalla crisi di !ducia, hanno
chiesto regole capaci
di scongiurare fregature. A
dispetto delle pressioni, però,
il presidente della Consob
Giuseppe Vegas si è mosso
con cautela. Al di là di qualche
incontro con i banchieri
e di una lettera di risposta
a Patuelli, i passi avanti
sono stati limitati. Perché?
Una spiegazione può risiedere
nel fatto che la Consob una
soluzione l’avrebbe già.
Basterebbe ripristinare
l’ormai molto noto metodo
degli “scenari probabilistici
di rendimento”, l’analisi
che permette di riassumere in
una tabella chiara e succinta
quanto rischioso può essere
un prodotto. Vari esperti
hanno mostrato che i bond
subordinati delle 4 banche
sarebbero stati dif!cili da
piazzare se i clienti avessero
avuto notizia degli scenari,
spesso catastro!ci.
E il “Movement for risk
transparency” - di cui fanno
parte personalità come
Alessandro Penati, Marco
Onado, Susanna Camusso,
Roberto Tasca, Filippo
Cavazzutti, Roberto Poli e altri
ancora - ha scritto un
documento per sostenerne
l’introduzione nella nuova
normativa europea, in via
d’elaborazione. Il problema
è che la Consob quel metodo
l’aveva adottato nel 2009
e poi abbandonato, dopo le
critiche arrivate dalle banche,
che come si è visto volevano
vendere i loro bond senza
disturbo. Pare ora che molti
abbiano mutato idea, anche
tra i banchieri, e che pure
al governo vedrebbero bene
il ritorno degli “scenari”.
Il punto, però, è capire chi
avrà il coraggio di fare il primo
passo e cancellare gli errori
del passato.
La Consob e il dilemma della marcia indietro di Luca Piana
7 aprile 2016 45
dell’istituto, e due imprenditori (Vitto-rio Casale e Davide Degennaro), tutti indagati per corruzione tra privati. Nel frattempo, il 15 marzo, per Banca Mar-che è arrivata la dichiarazione d’insol-venza. Il provvedimento era in qualche modo scontato, dopo la liquidazione decisa a novembre con il decreto del governo. Adesso però, per effetto di quest’ultima pronuncia del Tribunale, le ipotesi di reato nei confronti dei vecchi amministratori si allargano anche alla bancarotta fraudolenta. Vale lo stesso discorso per Banca Etru-ria e Carife, entrambe insolventi da metà febbraio. Per Carichieti invece la pronuncia del tribunale fallimentare è attesa non prima di maggio.
Tempi lunghi, insomma, per non dire lunghissimi. Ad Arezzo, già alla �ne del 2013 una relazione degli ispet-tori di Bankitalia sollevava pesanti rilievi sulla gestione. La prima inchie-sta penale, quella che riguarda l’osta-colo alla Vigilanza, è però approdata solo il mese scorso all’udienza preli-minare. Nessun rinvio a giudizio, quindi, a due anni di distanza dall’ini-zio dell’indagine. A Vicenza, sei mesi dopo le perquisizioni della Guardia di Finanza e le dimissioni del presidente Zonin, la procura della Repubblica ha esteso il raggio delle indagini anche
all’associazione per delinquere.I pm ipotizzano l’esistenza di una
banca nella banca, un gruppo ristretto di dirigenti che avrebbe di fatto spol-pato la Popolare. Al momento, però, è stata aperta una sola inchiesta, con sei indagati tra amministratori e manager (tra cui Zonin e l’ex direttore generale Samuele Sorato) per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza.
Ben più rapida si è dimostrata la giustizia amministrativa, quella af�da-ta a Banca d’Italia e Consob. Le due Authority hanno già comminato multe milionarie agli amministratori delle quattro banche in liquidazione dal novembre scorso. Per la sola Banca Marche si arriva a 4,2 milioni a carico di 18 persone. L’intervento più recente riguarda Popolare Etruria, con 2,2 milioni di sanzioni per 27 tra ex consi-
glieri e sindaci dell’istituto aretino. Nell’elenco, oltre a Boschi senior, com-paiono anche gli ex presidenti Giusep-pe Fornasari e Lorenzo Rosi. Per loro, il conto da pagare ammonta a 130 mila euro ciascuno. E questa somma va ad aggiungersi alle multe recapitate ad Arezzo nel settembre 2014: 2,5 milioni di euro in totale. La stangata però è solo apparente. In prima battu-ta, infatti, sono le banche a pagare il conto. E solo in un secondo tempo gli istituti di credito chiedono il rimborso ai multati. Ad Ancona è successo che Banca Marche ha saldato i 420 mila euro delle sanzioni comminate dalla Consob ad agosto del 2015. Alla �ne, però, soltanto due degli amministrato-ri hanno aperto il portafoglio. E così l’istituto di credito è stato costretto ad avviare un’azione legale per recupera-re il dovuto. Insomma, i banchieri non pagano e le multe sono andate ad ag-gravare il passivo di un bilancio già prossimo al crac.
Del resto per�no manager usciti di scena tra sospetti e contestazioni varie sono �n qui riusciti a salvare stipendi e liquidazioni milionarie. È il caso di Samuele Sorato, l’ex direttore generale e amministratore delegato di Popolare Vicenza. Nel maggio scorso, la banca aveva bloccato la buonuscita del fede-lissimo di Zonin. Tempo qualche setti-mana e il provvedimento è stato annul-lato da un verdetto del Tribunale. So-rato ha così ricevuto 2 milioni di euro (al lordo delle tasse) e ne riceverà al-trettanti, a rate, nei prossimi tre anni. Come se niente fosse successo.
Solo il Fisco, almeno in un caso, è riuscito a chiudere la partita a gran velocità (si fa per dire). Ne sa qualcosa Giovanni Berneschi, per 25 anni domi-nus della genovese Carige, costretto alle dimissioni a settembre 2013. Il banchiere ora è sotto processo per re-ati che vanno dalla truffa al riciclaggio. Nel frattempo però ha già trovato un accordo con l’Erario sul denaro che aveva nascosto in Svizzera. Berneschi restituirà 7,4 milioni di tasse non pa-gate. Gli è andata bene. Il Fisco gli contestava quasi 30 milioni in nero.
Vincenzo Consoli, ex numero uno di Veneto Banca. A sinistra: Pier Luigi Boschi
Foto
: Ansa, Im
agoeconom
ica
LE MULTE COMMINATE
NEI MESI SCORSI
DA BANKITALIA AGLI
AMMINISTRATORI
SONO STATE IN REALTÀ
PAGATE DALLE BANCHE