Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia
«San Giovanni Evangelista»
Palermo
Cristianesimo e democrazia.
Spunti di riflessione a partire dal Vaticano II
Elaborato per il Corso speciale: «Persona e comunione: istanze personalistiche nei documenti
conciliari»
presentato dallo studente Rocco Gumina n. matr. LE 2011 01
al prof. Calogero Caltagirone
Anno Accademico 2012/13
Palermo
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- Introduzione
Il tema specifico del mio elaborato realizzato per il corso speciale condotto dal prof. Calogero
Caltagirone nell’anno accademico 2012/13 presso la Facoltà Teologica di Sicilia «San Giovanni Evangelista» dal
titolo Persona e comunione: istanze personalistiche nei documenti conciliari, è il seguente: «Cristianesimo e
democrazia. Spunti di riflessione a partire dal Vaticano II». La mia ricerca ha l’intenzione di presentare, con
tutti i limiti di un lavoro di natura seminariale, le linee emergenti circa il tema trattato dalle quali possono
essere mossi altri spunti e vie di indagine. Gli autori di riferimento, , sono. I punti delle mia riflessione sul tema
sono tre:
1) Cristianesimo e democrazia in J. Maritain: nella prima parte dell’elaborato s’intende presentare la
riflessione di J. Maritain sulla relazione tra Cristianesimo e democrazia così come emerge in due
suoi importanti scritti: Cristianesimo e democrazia del 1943 e L’uomo e lo Stato del 1951. Le
acquisizioni di questa sezione del lavoro saranno necessarie per rileggere il tema studiato alla
luce della Costituzione italiana del 1948 e di Gaudium et spes del 1965;
2) Cristianesimo e democrazia tra Costituzione italiana e Gaudium et spes: nella seconda sezione del
nostro elaborato, si desidera far emergere dai primi 54 articoli della Costituzione italiana del 1948
e dal IV capitolo della Costituzione pastorale Gauudium et spes del Vaticano II, le istanze e le
dinamiche presenti circa la relazione tra cristianesimo e democrazia. I due documenti
apparentemente distanti per vari motivi, presentano delle interconnessioni molto forti che
procedono verso il riconoscimento dell’impegno della Chiesa e dello Stato in vista del bene
comune pur restando su piani operativi e ideali diversi;
3) Spunti di riflessione conclusivi su Cristianesimo e democrazia in relazione al contesto socio–
politico attuale: nella parte conclusiva si propone di realizzare una sintesi sistematico –
complessiva di quanto affiorato nelle prime due parti dell’elaborato, in vista di mettere in
relazioni gli spunti salienti e tutt’ora validi circa il rapporto tra cristianesimo e democrazia con
l’attualità politico – sociale che vede i cattolici ancora impegnati in un contesto di grande
frammentazione e incertezza sul futuro.
3
- 1 Cristianesimo e democrazia in J. Maritain
Nella prima parte dell’elaborato s’intende presentare la riflessione di J. Maritain sulla relazione tra
Cristianesimo e democrazia così come emerge in due suoi importanti scritti: Cristianesimo e democrazia del
1943 e L’uomo e lo Stato del 1951. Le acquisizioni di questa sezione del lavoro saranno necessarie per rileggere
il tema studiato alla luce della Costituzione italiana del 1948 e di Gaudium et spes del 1965.
Per Maritain la creazione di un mondo nuovo non sarà operata dalla guerra, ma dalla volontà di
spendere energie morali e intellettuali verso la riforma, le quali devono svilupparsi nella coscienza collettiva e
fra i responsabili. In tale contesto la speranza non è solamente ottimismo a buon mercato, ma un’arma
spirituale e dinamica per la trasformazione. Lo spirito di rivendicazione dei singoli popoli deve lasciare lo
spazio a una nuova forma di libertà e democrazia, ispirata cristianamente, che possa far giungere ad una
totale pacificazione della comunità sovranazionale. Nella metà degli anni ’40, per Maritain si assiste alla
liquefazione della modernità, ma bisogna saper cogliere quello che essa porterà. La risposta dipende non
dalla guerra, bensì dalle trasformazioni sociali e politiche necessarie affinché una civiltà possa sopravvivere.
La tragedia delle democrazie moderne, per il filosofo francese, consiste nel fatto che esse non sono ancora
riuscite a realizzare quello per cui sono state fondate, in quanto non hanno superato la possibilità dello
sfruttamento dell’uomo da parte di un altro uomo. Per Maritain, la causa principale risulta essere il fatto che
le moderni democrazie hanno rinnegato il Vangelo e il cristianesimo, in nome della libertà umana. Infatti, la
calamità vera del XX secolo, preparata già nei decenni precedenti, fu la scissione tra principio democratico e
principio cristiano. Bisogna adesso passare da una democrazia borghese ed elitaria, ad una integralmente
umana che abbia una forte linfa evangelica. Il problema dell’Europa è quello di ritrovare la forza vivificante
dell’evangelo nell’esistenza temporale. L’amore fraterno e la dignità spirituale di ogni persona è l’anima della
democrazia, la quale oggi viene definita in molti modi spesso privi di sostanza. Bisogna precisare che il
cristianesimo e la fede cristiana non potrebbero mai essere vassalli di nessun sistema politico neppure della
democrazia. Ciò deriva dalla distinzione fondamentale tra le cose che sono di Dio e quelle che sono di Cesare.
La fede cristiana, infatti, non obbliga i propri fedeli ad essere democratici, ma la democrazia deriva dal
cristianesimo come manifestazione temporale dell’ispirazione evangelica. Il cristianesimo, così, vivifica anche
oscuramente la storia umana la quale deve in Europa prepararsi ad un rinnovamento nello spirito per
giungere ad una democrazia integrale1.
Per Maritain è necessario che le energie del Vangelo passino alla vita terrena per insegnare l’unità del
genere umano, l’uguaglianza naturale di tutti gli uomini, la dignità inalienabile della persona, del lavoro, dei
poveri. Questi, dunque, devono essere i pensieri che il messaggio cristiano è chiamato ad alimentare per la
moderna democrazia. Così grazie all’ispirazione evangelica la coscienza profana può riconoscere la dignità
della persona umana. Da qui deriva che l’idea di una casta, di una classe, di una razza dominatrice per la
1 Cfr. J. Maritain, Cristianesimo e democrazia, Vita e Pensiero, Milano 1977, pp. 3 – 34.
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comunità degli uomini, deve fare spazio a una comunità di uomini liberi uguali nei diritti e nella fatica. Per il
filosofo francese, l’ispirazione evangelica ha permesso alla coscienza profana di comprendere che tutte le
cose che sono di Cesare devono essere comunque sottoposte alla giustizia di Dio. Nell’ambito della vita
temporale la ripercussione di tale messaggio stimola l’uomo a riscattarsi dalla miseria, dalla schiavitù, dallo
sfruttamento da parte di altri uomini, poiché la libertà è conforme alla nostra natura. Il compito della politica
è quello di rendere migliore la vita comune con la ricerca della giustizia che è la declinazione giuridica della
carità. Essendo la fratellanza l’elemento fondamentale per l’impegno politico, l’essenza della democrazia è
evangelica. Ora bisogna fare attenzione ad un dato: non basta ad una popolazione la condivisione della fede
cristiana per giudicare le cose politiche, poiché la politica riguarda gli interessi del mondo. Ma l’istinto
evangelico è fondamentale per il giudizio su ogni esperienza politica. Il progredire della democrazia, per
Maritain, è legato alla spiritualizzazione dell’esistenza profana. In questo modo la ricerca della felicità è
legata misteriosamente al sacrificio di se stessi come condizione per il raggiungimento del fine. In tale cono
di luce, l’opera politica è per eccellenza opera di civiltà e cultura nelle quali i princìpi possono adattarsi ad una
forma costituzionale. Pertanto è venuto il tempo di far appello alle riserve morali e spirituali delle comunità
per avviare la vera ricostruzione da attuare nella forma di una radicale trasformazione del regime economico
e sociale attualmente vigente2.
Secondo Maritain gli uomini divisi da opposte concezioni teoriche possono trovare un accordo
pratico sull’enunciazione dei diritti umani. Gli uomini oggi hanno acquisito una conoscenza più completa,
rispetto al passato, di alcune verità riguardanti la loro vita comune. Ora la questione dei diritti dell’uomo
mette in gioco tutto il sistema di certezze morali e/o metafisiche (o antimetafisiche) alle quali ciascuno
aderisce. Nell’ambito pratico un accordo pare più facile da raggiungere. Per quanto concerne i diritti umani,
ciò che maggiormente importa ad un filosofo è la questione dei loro fondamenti razionali. Il fondamento
filosofico dei diritti dell’uomo è la legge naturale. Essa è interiore all’essere e precede qualsiasi formulazione,
ma viene concepita secondo il modello di un codice scritto applicabile. Con Leibniz e Kant, i diritti della
persona umana devono trovare il loro fondamento nell’affermazione che l’uomo non è sottoposto a
nessun’altra legge se non a quella pervenuta dalla propria libertà. Questa filosofia, per Maritain, non ha
stabilito nessun solido fondamento per i diritti della persona poiché ha condotto gli uomini a ritenerli come in
se stessi divini. Il concetto autentico di legge naturale è greco e cristiano. L’uomo ha dei fini per propria
natura e costituzione. Questo implica che ogni persona ha una propria legge naturale come essenza. L’uomo
obbedisce o meno ad essa con libertà e con il richiamo ad una propria dimensione morale. La legge naturale
è una legge non scritta e la conoscenza che ne ha l’uomo si sviluppa con la sua coscienza morale. La legge e
l’esperienza di questa sono perciò due cose separate. La legge naturale e la coscienza morale sono da
intendere dinamicamente, poiché esse in tutta la storia e sino alla fine di essa avranno uno sviluppo con il
progredire dell’esperienza. Ora le legge naturale secondo Maritain, non è legge se non partecipa della legge
2 Cfr. Ibidem, pp. 35 – 87.
5
eterna divina e la legge comune si ricollega a questo principio, invece il diritto positivo è contingente. Nella
storia, però, non ci sono nuovi diritti, ma un’estensione del principio primo legato alla legge naturale3.
Via via che la comunità civile andò distinguendosi dal regno spirituale della Chiesa, la stessa società si
trovò fondata sulla base e sulla ricerca di un bene comune che rientra nell’ordine temporale. In questo nuovo
contesto la sola ragione si è mostrata impotente ad assicurare l’unità spirituale dell’umanità. Un corpo
politico personalista riconoscerebbe che uomini appartenenti alle credenze e alle famiglie religiose più
diverse possano collaborare al compito comune della prosperità purché si aderisca tutti ai principi
fondamentali di libertà. Infatti, una democrazia autentica implica un accordo radicale degli spiriti e delle
volontà circa le basi della vita comune. Una democrazia autentica non può imporre ai suoi cittadini o esigere
da loro, come condizione della loro appartenenza alla città, un credo religioso. Avviene così che uomini
indirizzati in prospettive metafisiche o religiose del tutto diverse, in virtù di una somiglianza analogica fra i
valori pratici coltivati, s’incontrino nella società per la ricerca del bene comune. L’importante per il corpo
politico è che il senso democratico sia mantenuto vivo fra tutti i cittadini. Una carta comune deve riguardare i
seguenti punti: diritti e libertà della persona umana; diritti e libertà politiche; diritti e libertà sociali; governo
del popolo per il popolo; esclusione del ricorso alla violenza; sostegno all’azione volta alla tolleranza fra le
diversità culturali e religiose; ricerca personale e collettiva del bene comune. Pertanto ciò che preoccupa lo
Stato è solo il comune consenso sulla carta dei diritti e doveri condivisa da tutti. L’educazione è chiaramente
il mezzo primario per mantenere il comune convincimento nella carta democratica. Essa dipende in primo
luogo dalla famiglia che genera nuovi cittadini non solo biologicamente, ma anche spiritualmente e
culturalmente. La scuola e lo Stato in questo non hanno che una funzione ausiliare a sostegno della famiglia,
ma mai a sostituzione. In un regime democratico l’autorità dei governanti deriva da quel diritto
all’autogoverno che è inerente al popolo e che ad esso rimane. Il potere, infatti, viene esercitato da uomini
nei quali l’autorità entro certi limiti viene esercitata e periodicamente risiede attraverso la designazione del
popolo. La comunità con la designazione dei suoi rappresentanti non perde il possesso dell’autorità, né
quello della propria autonomia. Così i rappresentanti del popolo possiedono l’autorità in maniera vicaria,
come se fossero in un certo grado un’immagine del popolo intero. Nel contesto democratico, a volte,
necessitano delle minoranze profetiche d’urto, le quali soprattutto in periodi di crisi richiamino ad un radicale
rinnovamento della società. Infatti, talvolta il popolo va risvegliato su dinamiche legate alla propria identità e
responsabilità. In tale contesto il ricorso all’attività illegale di resistenza si presenta solo come un’eccezione
concepita contro un sistema tirannico di oppressione dei diritti umani4.
Circa la relazione tra la Chiesa e lo Stato, a parere di Maritain per il cristiano vi è un ordine
sovrannaturale previsto da Dio che trascende la dinamica terrena della ricerca del bene comune. Il corpo
politico in tal senso ha una subordinazione poiché ha come fine una dignità minore rispetto allo spirituale.
Infatti, per il filosofo d’oltralpe bisogna partire dall’affermare il primato dello spirituale. La Chiesa deve avere
3 Cfr. J. Maritain, L’uomo e lo Stato, Marietti, Genova 2003, pp. 75 – 106. 4 Cfr. Ibidem, pp. 107 – 144.
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riconosciuta, in quanto associazione di uomini, la propria libertà d’azione e organizzazione senza
interferenze da parte del corpo politico. La Chiesa è al di sopra di ogni corpo politico e sviluppa le proprie
virtù con la distinzione da esso. Questo lo deduciamo dal fatto che il Regno di Dio è spirituale e possiede una
superiorità intrinseca sul corpo politico e sullo Stato. Così la piena libertà della Chiesa è un’esigenza che viene
dalla propria natura e finalità, ma che è riconosciuta dal corpo politico il quale è chiamato a garantire libertà e
diversità. Ora, l’unità di religione non è una condizione pre – richiesta per l’unità politica. Infatti uomini che
professano credenze religiose o non religiose le più diverse sono chiamati a partecipare e lavorare allo stesso
bene comune politico o temporale. Il vero segno di superiorità della Chiesa è la potenza morale con cui essa
influenza, penetra e vivifica, come un lievito spirituale, l’esistenza temporale e le energie interne della natura,
in vista di portarle a un livello più alto e più perfetto nel loro ordine particolare. In questo, il corpo politico è la
persona con la quale la Chiesa deve proseguire il dialogo. Una società politica evangelicamente cristiana
avrebbe una sua propria moralità sociale e politica, una sua concezione della giustizia e dell’amicizia civica,
del bene comune temporale, del progresso umano e della civiltà, vitalmente radicate nella coscienza
cristiana. Altresì, la forma specifica dell’aiuto reciproco tra il corpo politico e la Chiesa è quella della mutua
cooperazione, e non dei vantaggi, che potrebbero essere tratti da un’esclusiva interpretazione temporale e
politica della relazione. L’uomo se aderisce alla Chiesa, è membro di questa società sovratemporale ed anche
del corpo politico e si troverebbe tagliato in due se fra le due società non ci fossero dinamiche di
cooperazione nella distinzione5.
Comprendiamo dalla tesi avanzate da Maritain, come il suo pensiero sia stato come una bussola per i
successivi lavori realizzati dal Vaticano II circa il rapporto Chiesa e Stato, i quali sono stati espressi
specialmente nel IV capitolo della Costituzione pastorale Gaudium et spes. Tale documento conciliare prende
in considerazione l’umanità per intero chiamata nelle sua varie forme e dinamiche alla ricerca del bene
comune. In tale contesto i rapporti tra la Chiesa e lo Stato sono di primaria importanza per intendere le
reciproche dimensioni e finalità si queste due società, le quali sono chiamate a collaborare per la ricerca del
bene comune pur restando su piani diversi.
Possiamo mettere a confronto alcune prospettive di Gaudium et spes con le tesi di Maritain:
entrambe interpretano il cristianesimo come umanesimo cristiano; ambedue rifiutano l’interpretazione del
cristianesimo come soprannaturalismo ed escatologismo, ma anche la riduzione naturalistica e secolaristica;
in Maritain il rapporto cristiano – mondo e Chiesa – mondo, è legato allo schema dei rapporti tra
soprannaturale e naturale. Ciò può portare ad una dimensione dualistica, anche se l’istanza dell’incarnazione
in lui è molto presente e forte. Gaudium et spes, infatti, tende a superare gli aspetti dualistici; la prospettiva
maritaniana del personalismo comunitario si ritrova anche nel testo della Costituzione pastorale anche se
questa prescinde dal presentarla come terza via rispetto al liberalismo e al socialismo; l’umanesimo integrale
di Maritain ha un impianto marcatamente neotomista con un rifiuto polemico di tutte le principali espressioni
5 Cfr. Ibidem, pp. 145 – 185.
7
del pensiero moderno (Cartesio, Rousseau, Kant, Marx). La prospettiva di Gaudium et spes appare
maggiormente dialogica; l’ottica del testo conciliare pare più aggiornata e complessa rispetta a quella di
Maritain, in quanto considera la teologia delle realtà terrestri e la svolta antropologica della teologia.
L’interpretazione del cristianesimo come umanesimo integrale costituisce anche nell’epoca post conciliare
una delle prospettive più valide. Essa implica l’impegno per lo sviluppo di tutto l’uomo come unità nella
dimensione spazio – temporale e in quella escatologico –soprannaturale, per evitare anzitutto l’accusa di
alienazione dal presente6.
- 2 Cristianesimo e democrazia tra Costituzione italiana e Gaudium et spes
6 Cfr. D. Bonifazi, L’umanesimo integrale in J. Maritain e nella “Gaudium et spes”, in Aa. Vv., Il pensiero politico di Jacques Maritain (a cura di G. Galeazzi), Editrice Massimo, Milano 1978, pp. 131 – 144.
8
Nella seconda sezione del nostro elaborato, si desidera far emergere dai primi 54 articoli della
Costituzione italiana del 1948 e dal IV capitolo della Costituzione pastorale Gauudium et spes del Vaticano II, le
istanze e le dinamiche presenti circa la relazione tra cristianesimo e democrazia. I due documenti
apparentemente distanti per vari motivi, presentano delle interconnessioni molto forti che procedono verso
il riconoscimento dell’impegno della Chiesa e dello Stato in vista del bene comune pur restando su piani
operativi e ideali diversi.
Nei principi fondamentali della carta costituzionale dello Stato italiano si afferma che la Repubblica
garantisce i diritti inviolabili dell’uomo. Tutti i cittadini hanno uguale dignità sociale e sono pari dinanzi alla
legge senza distinzione etnica, religiosa, culturale o sessuale. Si dichiara che è compito del corpo politico
garantire l’uguaglianza dei cittadini e lo sviluppo della piena personalità degli stessi. Ogni cittadino ha diritto
di scelta nel realizzare se stesso nella prospettiva lavorativa, affettiva e sociale. Si precisa poi che lo Stato e la
Chiesa cattolica sono ciascuno secondo il proprio ordine e grado sovrani e indipendenti, ma tutte le
confessioni religiose e le altre Chiese sono allo stesso modo libere di organizzarsi secondo i propri statuti.
Nella parte dedicata ai diritti e ai doveri dei cittadini si esplicita quanto affermato nei principi fondamentali. Si
precisa che la libertà personale è inviolabile. Infatti, il cittadino può associarsi, professare il proprio culto,
manifestare liberamente. La Repubblica italiana, inoltre, dichiara di riconoscere i diritti: alla famiglia, società
naturale fondata sul matrimonio; alla salute di ogni persona umana; all’istruzione. Nel Titolo III riguardante i
rapporti economici si afferma che lo Stato italiano tutela il lavoro per garantire un’esistenza libera e dignitosa
a tutti i cittadini. In tale contesto la donna e l’uomo che lavorano sono posti sullo stesso piano, pertanto
hanno diritto alla prevenzione e all’assicurazione in casi diversi come: maternità, malattia, vecchiaia ecc. I
lavoratori, inoltre, possono liberamente associarsi tramite i sindacati e nel rispetto delle norme sono chiamati
ad esercitare il diritto allo sciopero. La Costituzione, altresì, precisa di riconoscere l’attività economica e la
proprietà privata. Il Titolo VI presenta le declinazioni dei principi fondamentali circa i rapporti politici. Il
cittadino, infatti, esercita il dovere civico del voto e liberamente può associarsi per concorrere con metodo
democratico a determinare la politica nazionale e locale7.
La Costituzione pastorale del Concilio Vaticano II Gaudium et spes al IV capitolo prende in
considerazione la vita della comunità politica. Esso contiene delle esposizioni importanti in merito al rapporto
tra Chiesa e Stato. In questo contesto il bene comune viene considerato in senso dinamico e la stessa
determinazione della forma di governo rimane entro la cornice della tutela di esso. Viene, però, realizzato un
elogio della democrazia quale forma statale, poiché essa garantisce strutture politico – giuridiche che
offrono ai cittadini la possibilità di partecipare liberamente e attivamente alla cosa pubblica, di avere
riconosciuti i propri diritti – doveri ecc. Il Concilio precisa anche che tra i cristiani vi possono essere opinioni
politiche differenti, perché bisogna ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali e
rispettare i cittadini che in maniera onesta offrono il loro punto di vista. Inoltre, viene ribadito che la Chiesa
7 Cfr. La Costituzione italiana, Gruppo editoriale L’Espresso, Roma 2011, pp. 35 – 49.
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non pone la propria speranza in privilegi che possono essere garantiti da parte dell’autorità statale, anche se
successivamente al Concilio sono stati stipulati nuovi concordati nei quali lo Stato ha concesso privilegi e la
Chiesa vi ha collegato speranze. Nel testo di Gaudium et spes un altro elemento decisivo nel rapporto con lo
Stato, è quando si afferma che l’ecclesia è segno e salvaguardia del carattere trascendentale della persona
umana. In altri termini, l’uomo non appartiene allo Stato e in questo la Chiesa rivendica una funzione di
vigilanza8.
Nel testo conciliare la questione della comunità politica affiora anche nell’ottica dello sviluppo
economico. Esso da parte del corpo politico deve essere garantito per tutti gli uomini e non può concentrarsi
nelle mani di pochi uomini. Sviluppo diffuso dell’economia significa promozione umana, ricerca e
mantenimento dell’uguaglianza e sostegno alla vita umana in genere. Il testo conciliare fa emergere una
dimensione politica globale dell’uomo, la quale intende l’esercizio pieno dei diritti e doveri. La realtà politica
della persona è anzitutto nel suo essere cittadino orientato insieme al resto della comunità civile alla ricerca
del bene comune. Ciò per i padri conciliari è veramente costitutivo per la comunità politica. Inoltre per la
Costituzione pastorale, anche i diritti culturali, religiosi e sociali delle minoranze vanno riconosciuti e tutelati
dallo Stato. Pertanto, la ricerca della giustizia sociale appare come il tratto caratteristico di una dimensione
pienamente umana e perciò cristiana dell’impegno civile e politico sia dei credenti che dei non credenti.
Insomma, lo specifico della comunità politica è quello di promuovere le varie forme di aggregazioni sociali
come le famiglie, le associazioni ecc. per offrire ciascuna secondo le proprie finalità un contributo all’intera
società. In questo contesto, i cristiani hanno una speciale missione della quale prendere finalmente e
pianamente consapevolezza: quella di servire da credenti con responsabilità e formazione la comunità
politica in vista della piena promozione umana. Punto di partenza per far ciò è l’educazione socio – politica
delle future generazioni che la Chiesa per parte sua non può tralasciare mai, fermo restando la distinzione,
che non significa distanza, tra la realtà politica e la comunità ecclesiale le quali condividono il fine della ricerca
del bene collettivo9.
Dalla presentazione sintetica della maggiori istanze personalistiche e comunitarie presenti nella
Costituzione italiana e in Gaudium et spes, possiamo notare come sul terreno della promozione globale
dell’umano ci sia assoluta convergenza. Il testo conciliare non desidera programmare nella storia degli
uomini il futuro della religione, bensì auspica lo sviluppo integrale delle comunità politiche e civili sparse sulla
terra. In tal modo per la riflessione teologica post conciliare si apre un terreno di riflessione e proposta che
può portare ad una rinnovata comprensione globale delle dinamiche sociali, politiche ed economiche.
8 Cfr. O. H. Pesch, Il Concilio Vaticano secondo. Preistoria, svolgimento, risultati, storia post-conciliare, Queriniana, Brescia 2005, pp. 359 – 363. 9 Cfr. R. Gumina, La comunità politica in Gaudium et spes, Elaborato per il corso Il Concilio Vaticano II. Ricezioni e istanze, Palermo 2013, pp. 4 – 15.
10
- 3 Spunti di riflessione conclusivi su Cristianesimo e democrazia in relazione al contesto socio-politico
attuale
Giunti alla conclusione del nostro percorso, è intenzione di tale parte finale dare vita ad una sintesi di
quanto emerso nelle sezioni precedenti per poter elaborare una riflessione sull’attuale situazione politica
tramite alcuni spunti riflessivi che colgono pienamente la dinamica delle relazioni e interconnessioni tra
cristianesimo e democrazia, tra persona e comunità. Il punto di partenza che pare più opportuno da
sottolineare risulta essere la convinzione della necessità, oggi come ieri, da parte dei cristiani come degli
uomini di buona volontà, dell’impegno in vista del dono di energie morali e intellettuali volte alla riforma e
non alla rivoluzione. Ciò sembra essere il primo passo per poter finalmente realizzare una democrazia
compiuta e integrale in occidente e in specie in Italia. Inoltre, la consapevolezza che la democrazia derivi dai
valori annunciati e vissuti per secoli dal cristianesimo e dalla Chiesa, mette in una posizione di ulteriore
responsabilità, in ogni tempo, i credenti i quali per loro natura e vocazione sono tutti chiamati a contribuire
per la realizzazione del bene comune. Infatti, la dignità della persona umana è insita nell’annuncio del
Vangelo e con la predicazione e la missione di esso automaticamente si promuove l’uomo nella sua interezza.
L’annuncio cristiano mette al primo posto il dono da parte di Dio e il riscatto di quanti si trovano in situazioni
di povertà di natura materiale o spirituale. Pertanto, la ricerca della giustizia per il cristianesimo è primaria
come su piani differenti lo è per il corpo politico. Ma al di là delle appartenenze religiose o confessionali, tutti
gli uomini possono e devono sempre più trovare un accordo operativo sui diritti umani, la difesa dei quali è
basilare per il compimento delle comunità democratiche. Infatti, per una democrazia autentica occorre il
contributo da parte di tutti i soggetti chiamati in causa dallo Stato e dalle comunità. Il corpo politico, inoltre,
è chiamato a sostenere primariamente la famiglia poiché essa genera biologicamente, culturalmente e
spiritualmente nuove membra della comunità. La Chiesa e lo Stato, ciascuno secondo il proprio ordine e
grado, ricercano il bene comune degli uomini nel reciproco rispetto delle finalità e compiti propri. Le tesi che
sono emerse dalla presentazione del pensiero di Maritain su cristianesimo e democrazia, le riflessioni
contenute nella Costituzione italiana e in Gaudium et spes si legano strettamente fra di loro e ci dicono
dell’indissolubile unità tra persona e comunità, tra cristianesimo e ricerca del bene comune insieme ai corpi
politici.
Una canzone cult degli anni Ottanta in Italia dal titolo Samarcanda, può in maniera simbolica farci
intendere il clima di relazioni tra cristianesimo - comunità ecclesiale nei confronti della realtà politica. Nel
testo della canzone è protagonista una vecchia signora che pone paura con la sua sola presenza ad un forte e
valente cavaliere, il quale nonostante il successo in guerra fugge per non rivederla. I due incontratisi
successivamente, chiariscono le loro intenzioni e la vecchia signora precisa i suoi intendi assolutamente
pacifici. Ora in prospettiva metaforica la vecchia signora è la politica e il cavaliere in fuga senza nessun valido
motivo, la comunità cristiana. Essa oggi pare fuggire dalla politica e non intende affrontare seriamente nella
prospettiva formativa e in quella attiva le istanze politiche. Dall’altra parte la vecchia signora, ovvero la
politica, non aspetta altro che un cenno del valente cavaliere e non riesce a intendere le ragioni della sua fuga
11
da lei. Il pensiero di Maritain e le acquisizioni di Gaudium et spes, come sul versante civile della Costituzione
italiana, risultano ancora oggi basilari per ritornare seriamente a discutere e impegnarsi da credenti nella
dimensione politica sia essa intesa nell’ottica formativa, attiva ecc. La Chiesa del post Vaticano II a
cinquant’anni da quel grandioso evento di contenuti e di grazia donata dallo Spirito Santo, deve seriamente
percorrere il binario offerto dal IV capitolo di Gaudium et spes. La comunità ecclesiale è chiamata sempre più
convincersi che l’interesse è per il futuro dell’uomo e non della religione. In questo i testi conciliari, su tutti la
Costituzione pastorale, sono eminentemente chiari.
- Bibliografia
12
- Aa. Vv., Il pensiero politico di Jacques Maritain (a cura di G. Galeazzi), Editrice Massimo, Milano
1978.
- La Costituzione italiana, Gruppo editoriale L’Espresso, Roma 2011.
- R. Gumina, La comunità politica in Gaudium et spes, Elaborato per il corso Il Concilio Vaticano II.
Ricezioni e istanze, Palermo 2013.
- J. Maritain, Cristianesimo e democrazia, Vita e Pensiero, Milano 1977.
- Idem, L’uomo e lo Stato, Marietti, Genova 2003.
- O. H. Pesch, Il Concilio Vaticano secondo. Preistoria, svolgimento, risultati, storia post-conciliare,
Queriniana, Brescia 2005.
Indice