+ All Categories
Home > Documents > Cuore che vede mani che fanno invertire la rotta Attentato nel ......sua proprietà”. Vent’anni...

Cuore che vede mani che fanno invertire la rotta Attentato nel ......sua proprietà”. Vent’anni...

Date post: 01-Oct-2020
Category:
Upload: others
View: 5 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
8
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 220 (48.544) Città del Vaticano sabato 26 settembre 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +z!"!;!$!]! Da domani online il numero di ottobre «Donne Chiesa Mondo» «Sorelle» è il titolo di copertina di Donne Chiesa Mondo, il mensile dell’Osservatore Romano, online dal 26 settembre sul sito www.osservato- reromano.va . L’intento è che «stimoli la rifles- sione e contenga qualche scintilla di profezia nell’intento (e sforzo) di Donne Chiesa Mondo di leggere le questioni che riguardano la Chiesa e il mondo con gli occhi e la prospet- tiva delle donne. Ciò che spesso manca nel pensare la Chiesa e nel pensare della Chiesa» scrive nell’edi- toriale Marta Rodriguez, membro del Comitato di direzione. All’interno una tavola rotonda sul concetto di sororità, un’inchiesta sui movimenti femminili cattolici dell’America Latina, una riflessione su Amoris laetitia a cinque anni dal Sinodo sulla Famiglia. Sguardi diversi su due sante: Chiara di Assisi è raccontata dalla storica Chiara Frugoni; Angela Me- rici, fondatrice delle Orsoline, dalla scrittrice Camilla Baresani. NOSTRE INFORMAZIONI Il Papa incoraggia il Circolo San Pietro nel servizio verso i nuovi poveri colpiti dalle terribili conseguenze della pandemia Cuore che vede mani che fanno Per contrastare «gli effetti della pan- demia» che «saranno terribili» ser- vono un «cuore che veda e mani che facciano»: per questo motivo Papa Francesco si è rivolto a veri e propri esperti in solidarietà, i soci del Cir- colo San Pietro, che nella mattina di venerdì 25 settembre gli hanno con- segnato in Vaticano l’annuale obolo raccolto nelle chiese romane per le sue opere di carità. Ai volontari dello storico sodalizio che — ispirati dal motto “preghiera, azione, sacrificio” da 150 anni svolgono la loro missione di servizio ai bisognosi nella sua diocesi, il ve- scovo di Roma ha chiesto «di ripen- sare le modalità concrete» di presen- za accanto ai poveri, perché a causa del covid-19 «con l’esigenza del di- stanziamento interpersonale», oltre «ai bisogni delle persone abitual- mente servite, si è aggiunta la neces- sità di rispondere alle urgenze di tante famiglie» ritrovatesi «dall’oggi al domani in ristrettezze economi- che». Con una raccomandazione ag- giunta a braccio al testo preparato, quella di «non spaventarsi», perché «ce ne saranno di più e di più e di più». Ecco allora, ha evidenziato il Pon- tefice, che appare chiaro come «a una situazione eccezionale» non si possa «dare una risposta usuale, ma è richiesta una reazione nuova, diffe- rente»: occorrono, ha spiegato, «un cuore che sappia “vedere” le ferite della società e mani creative nella carità operosa». E in proposito ha spronato a «individuare nella città che rapidamente si trasforma le nuo- ve forme di povertà». Infatti que- st’ultima «di solito, ha pudore», ten- de a nascondersi; perciò «bisogna andare a scoprire dov’è», nelle «nuove forme» in cui si manifesta: «povertà materiali, umane, sociali». Insomma, ha raccomandato il Pa- pa, si tratta di guardare «con gli oc- chi del cuore» le «piaghe» di Roma, avendo «“fantasia” nelle mani» per curarle. Del resto, ha riconosciuto, «è quanto avete fatto in questo tem- po di pandemia»: una volta «accet- tata la sfida di rispondere a una si- tuazione concreta, avete saputo ade- guare il vostro servizio alle nuove necessità imposte dal virus», ha ri- cordato elogiando i volontari del Circolo e accennando al «picco- lo-grande gesto» compiuto dal grup- po giovani «verso i soci più anziani: un giro di telefonate per vedere se tutto andava bene e per fare loro un po’ di compagnia». Da qui l’inco- raggiamento conclusivo a «continua- re con impegno nelle opere di carità, sempre attenti e pronti a rispondere con audacia ai bisogni dei poveri». PAGINA 8 Tavola rotonda all’O nu Sul clima necessario invertire la rotta NEW YORK, 25. «L’emergenza cli- matica è alle porte e non abbiamo tempo da perdere. La risposta alla nostra crisi esistenziale è un’azione rapida, risoluta, intensificata e soli- dale tra gli Stati». Lo ha detto ieri sera il segretario generale delle Na- zioni Unite, António Guterres, alla tavola rotonda virtuale sul clima a margine dell’Assemblea generale dell’Onu a New York. I dati recenti, infatti, indicano che le concentrazioni di gas serra hanno raggiunto livelli record e peggiorano gli impatti climatici (incendi, uragani, inquinamento at- mosferico, siccità e inondazioni senza precedenti), distruggendo vi- te umane, posti di lavoro e impre- se. Guterres ha sottolineato che il recente rapporto sul clima della World Meteorological Organiza- tion «è inequivocabile». «Dobbia- mo invertire la rotta urgentemen- te», ha aggiunto, esortando tutti «ad agire in base a tre priorità ur- genti, a cominciare dai piani di ri- presa dal covid-19 che affrontino il cambiamento climatico». Alla luce di queste urgenze, è stato lanciato il piano per un vertice globale il prossimo 12 dicembre, con l’obietti- vo di riunire i leader di tutto il mondo per mobilitare un’azione sul clima. Alla tavola rotonda è intervenuto anche il presidente della Commis- sione europea, Ursula von der Le- yen, che ha ricordato l’accordo di Parigi sul clima di 5 anni fa. «Quell’intesa — ha precisato — è la polizza assicurativa della prossima generazione. Ha un costo, ma sen- za ci sarebbe un costo maggiore». «Sono determinata per l’Unione europea a lavorare insieme con tut- ti i partner del mondo, vogliamo dimostrare che la transizione verde è un bene per le persone e per le attività», ha aggiunto von der Leyen, sottolineando che «i prossi- mi anni determineranno il futuro dell’accordo di Parigi». Oggi, intanto, Fridays For Futu- re manifesterà in tutto il mondo in occasione della Giornata globale di azione climatica. Si accende il dibattito dopo alcune dichiarazioni di Trump Sale la tensione elettorale negli Stati Uniti Udienza al presidente della Repubblica di Polonia Le cifre di uno scandalo Sprechiamo sempre più cibo FERNAND O CHICA ARELLANO A PAGINA 2 Gli anni di piombo argentini nel romanzo di Alver Metalli Requiem per un benzinaio MASSIMO BORGHESI A PAGINA 4 La messe è molta Una chiamata per il mondo IGOR TRABONI A PAGINA 6 Il 25 settembre 1953 l’arresto del cardinale Stefan Wyszyński La fiera testimonianza del primate del Millennio MASSIMILIANO SIGNIFREDI A PAGINA 8 ALLINTERNO Giovedì 24 settembre, il Santo Padre ha accettato la rinuncia dalla carica di Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e dai diritti connessi al Cardinalato, presentata da Sua Eminenza il Cardinale Giovanni Angelo Becciu. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza il Signor Andrzej Duda, Presidente della Repub- blica di Polonia, e Seguito. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza l’Emi- nentissimo Cardinale Salvatore De Giorgi, Arcivescovo emerito di Palermo (Italia). Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Sivagangai (In- dia), presentata da Sua Eccel- lenza Monsignor Jebamalai Su- saimanickam. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Pala (Ciad), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Jean-Claude Bou- chard, O.M.I.. Il Santo Padre ha nominato Membro Ordinario della Ponti- ficia Accademia delle Scienze il Professor Jürgen Knoblich, Di- rettore scientifico dell’«Institute of Molecular Biotechnology» (IMBA) a Vienna (Austria). LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Dallo smarrimento a un nuovo inizio La Chiesa che non cerca tra i morti IVO SEGHED ONI A PAGINA 3 WASHINGTON, 25. «Vedremo quello che succede...». Queste le parole del presidente Donald Trump a chi gli ha chiesto se ci sarà una transizione pacifica in caso di vittoria di Joe Bi- den il prossimo 3 novembre. Dichia- razioni che hanno portato il dibatti- to politico statunitense, già sollecita- to dalle proteste razziali e dalla vi- cenda della nomina del nuovo giu- dice alla Corte suprema al posto di Ruth Bader Ginsburg, a livelli di tensione altissimi. Il presidente avrebbe intenzione di procedere a alla nomina alla Corte suprema già domani e non, come da molti auspi- cato, dopo il voto per la Casa Bian- ca, suscitando un’inevitabile ondata di polemiche. Il risultato del voto di novembre sembra quanto mai incerto, e c’è chi ha interpretato le parole di Trump come un rifiuto ad accettare un re- sponso avverso delle urne. La Casa Bianca ha comunque precisato che «il presidente accetterà il risultato di elezioni libere e imparziali». Anche il Senato Usa ieri ha ap- provato una risoluzione, non vinco- lante, con cui ribadisce «il suo im- pegno per il trasferimento ordinato e pacifico del potere richiesto dalla Costituzione degli Stati Uniti» do- po le prossime elezioni presidenzia- li, come noto in programma il 3 no- vembre. «È un peccato che dobbia- mo venire a riaffermare il nostro im- pegno per il nostro paese, per la no- stra Costituzione e per quello che siamo come popolo. A volte sentia- mo cose che lo mettono in discus- sione e l’abbiamo sentito ieri e ne eravamo molto preoccupati» ha so- stenuto il senatore democratico Joe Manchin propositore della risoluzio- ne. Il Senato ha inoltre appoggiato l’idea che «non ci dovrebbero essere ostruzioni da parte del presidente o di qualsiasi persona al potere per rovesciare la volontà del popolo de- gli Stati Uniti». Il leader dei senato- ri repubblicani, Mitch McConnell, ha garantito che «ci sarà una transi- zione ordinata», assicurando che «il vincitore delle elezioni di novembre si insedierà il prossimo 20 gennaio, esattamente come è avvenuto ogni quattro anni dal 1792». Sale intanto l’attesa per il primo duello tv tra Trump e Biden, in pro- gramma martedì 29 a Cleveland. Il governatore dell’Ohio, Mike Dewi- ne, ha deciso di mobilitare 300 uo- mini della guardia nazionale per aiutare la polizia locale nel mante- nere la sicurezza di coloro che par- teciperanno al dibattito. Papa Francesco ha ricevuto in udienza nella mattina di venerdì 25 settembre An- drzej Duda, presidente della Repubblica di Polonia, il quale, successivamente, si e incontrato con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, accompagnato dall’ar- civescovo Paul Richard Gallagher, segreta- rio per i Rapporti con gli Stati. I cordiali colloqui si sono svolti nel quadro del centenario della nascita di san Giovanni Paolo II e nel 40° anniversario della fondazione del Sindacato autonomo indipendente “Solidarność”. Sono stati trattati alcuni temi di mutuo interesse ine- renti alla missione della Chiesa, tra cui la promozione della famiglia e l’educazione dei giovani. Infine, ci si e soffermati su alcune tema- tiche di carattere internazionale, quali l’emergenza sanitaria in corso, la situazio- ne regionale e la sicurezza. Quattro persone ferite a coltellate Attentato nel centro di Parigi PARIGI, 25. Ci sono almeno 4 feriti — di cui 3 gravi — nell’attacco all’ar- ma bianca compiuto oggi in boule- vard-Richard Lenoir, nell’XI arron- dissement di Parigi. Un individuo ha attaccato dei passanti a colpi di coltello e mache- te. Un uomo sporco di sangue è stato poco dopo fermato dalla poli- zia nei pressi della Bastiglia, riferi- sce radio Europe 1. La Prefettura di Parigi ha racco- mandato di evitare l’intera zona at- torno alla rue Nicolas-Appert, poco distante della ex redazione del gior- nale satirico «Charlie Hebdo», do- ve il 7 gennaio del 2015 un attenta- to provocò 12 morti. Nel quartiere, tutti i ragazzi e i bambini delle scuole sono stati costretti a rimane- re chiusi negli edifici. Secondo quanto riferito, sul posto è stato rinvenuto un pacco sospetto. Due dei feriti sono dipendenti dell’agenzia Première ligne, che è rimasta nell’edificio in cui c’era la redazione di «Charlie Hebdo».
Transcript
Page 1: Cuore che vede mani che fanno invertire la rotta Attentato nel ......sua proprietà”. Vent’anni dopo, precisa-mente nel 1942, Benjamin reinterpretò il dipinto, immergendolo nella

Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 220 (48.544) Città del Vaticano sabato 26 settembre 2020

.

y(7HA

3J1*QS

SKKM(

+z!"!;!$

!]!

Da domani onlineil numero di ottobre

«D onneChiesa Mondo»

«Sorelle» è il titolo di copertina diDonne Chiesa Mondo, il mensiledell’Osservatore Romano, online dal26 settembre sul sito www.osservato-reromano.va .

L’intento è che «stimoli la rifles-sione e contenga qualche scintilla diprofezia nell’intento (e sforzo) diDonne Chiesa Mondo di leggere lequestioni che riguardano la Chiesa eil mondo con gli occhi e la prospet-tiva delle donne. Ciò che spessomanca nel pensare la Chiesa e nelpensare della Chiesa» scrive nell’edi-toriale Marta Rodriguez, membrodel Comitato di direzione.

All’interno una tavola rotonda sulconcetto di sororità, un’inchiesta suimovimenti femminili cattolicidell’America Latina, una riflessionesu Amoris laetitia a cinque anni dalSinodo sulla Famiglia.

Sguardi diversi su due sante:Chiara di Assisi è raccontata dallastorica Chiara Frugoni; Angela Me-rici, fondatrice delle Orsoline, dallascrittrice Camilla Baresani.

NOSTRE INFORMAZIONI

Il Papa incoraggia il Circolo San Pietro nel servizio verso i nuovi poveri colpiti dalle terribili conseguenze della pandemia

Cuore che vedemani che fanno

Per contrastare «gli effetti della pan-demia» che «saranno terribili» ser-vono un «cuore che veda e mani chefacciano»: per questo motivo PapaFrancesco si è rivolto a veri e propriesperti in solidarietà, i soci del Cir-colo San Pietro, che nella mattina divenerdì 25 settembre gli hanno con-segnato in Vaticano l’annuale oboloraccolto nelle chiese romane per lesue opere di carità.

Ai volontari dello storico sodalizioche — ispirati dal motto “p re g h i e r a ,azione, sacrificio” — da 150 annisvolgono la loro missione di servizioai bisognosi nella sua diocesi, il ve-scovo di Roma ha chiesto «di ripen-sare le modalità concrete» di presen-za accanto ai poveri, perché a causadel covid-19 «con l’esigenza del di-stanziamento interpersonale», oltre«ai bisogni delle persone abitual-mente servite, si è aggiunta la neces-sità di rispondere alle urgenze ditante famiglie» ritrovatesi «dall’oggial domani in ristrettezze economi-che». Con una raccomandazione ag-giunta a braccio al testo preparato,quella di «non spaventarsi», perché«ce ne saranno di più e di più e dipiù».

Ecco allora, ha evidenziato il Pon-tefice, che appare chiaro come «auna situazione eccezionale» non sipossa «dare una risposta usuale, maè richiesta una reazione nuova, diffe-rente»: occorrono, ha spiegato, «uncuore che sappia “v e d e re ” le feritedella società e mani creative nellacarità operosa». E in proposito haspronato a «individuare nella cittàche rapidamente si trasforma le nuo-ve forme di povertà». Infatti que-st’ultima «di solito, ha pudore», ten-de a nascondersi; perciò «bisognaandare a scoprire dov’è», nelle«nuove forme» in cui si manifesta:«povertà materiali, umane, sociali».

Insomma, ha raccomandato il Pa-pa, si tratta di guardare «con gli oc-chi del cuore» le «piaghe» di Roma,avendo «“fantasia” nelle mani» percurarle. Del resto, ha riconosciuto,«è quanto avete fatto in questo tem-po di pandemia»: una volta «accet-tata la sfida di rispondere a una si-

tuazione concreta, avete saputo ade-guare il vostro servizio alle nuovenecessità imposte dal virus», ha ri-cordato elogiando i volontari delCircolo e accennando al «picco-lo-grande gesto» compiuto dal grup-po giovani «verso i soci più anziani:un giro di telefonate per vedere se

tutto andava bene e per fare loro unp o’ di compagnia». Da qui l’inco-raggiamento conclusivo a «continua-re con impegno nelle opere di carità,sempre attenti e pronti a risponderecon audacia ai bisogni dei poveri».

PAGINA 8

Tavola rotonda all’O nu

Sul clima necessarioinvertire la rotta

NEW YORK, 25. «L’emergenza cli-matica è alle porte e non abbiamotempo da perdere. La risposta allanostra crisi esistenziale è un’azionerapida, risoluta, intensificata e soli-dale tra gli Stati». Lo ha detto ierisera il segretario generale delle Na-zioni Unite, António Guterres, allatavola rotonda virtuale sul clima amargine dell’Assemblea generaledell’Onu a New York.

I dati recenti, infatti, indicanoche le concentrazioni di gas serrahanno raggiunto livelli record epeggiorano gli impatti climatici(incendi, uragani, inquinamento at-mosferico, siccità e inondazionisenza precedenti), distruggendo vi-te umane, posti di lavoro e impre-se. Guterres ha sottolineato che ilrecente rapporto sul clima dellaWorld Meteorological Organiza-tion «è inequivocabile». «Dobbia-mo invertire la rotta urgentemen-te», ha aggiunto, esortando tutti«ad agire in base a tre priorità ur-genti, a cominciare dai piani di ri-presa dal covid-19 che affrontino ilcambiamento climatico». Alla lucedi queste urgenze, è stato lanciatoil piano per un vertice globale ilprossimo 12 dicembre, con l’obietti-vo di riunire i leader di tutto ilmondo per mobilitare un’azionesul clima.

Alla tavola rotonda è intervenutoanche il presidente della Commis-sione europea, Ursula von der Le-yen, che ha ricordato l’accordo diParigi sul clima di 5 anni fa.«Quell’intesa — ha precisato — è lapolizza assicurativa della prossimagenerazione. Ha un costo, ma sen-za ci sarebbe un costo maggiore».«Sono determinata per l’Unioneeuropea a lavorare insieme con tut-ti i partner del mondo, vogliamodimostrare che la transizione verdeè un bene per le persone e per le

attività», ha aggiunto von derLeyen, sottolineando che «i prossi-mi anni determineranno il futurodell’accordo di Parigi».

Oggi, intanto, Fridays For Futu-re manifesterà in tutto il mondo inoccasione della Giornata globale diazione climatica.

Si accende il dibattito dopo alcune dichiarazioni di Trump

Sale la tensione elettorale negli Stati Uniti

Udienza al presidentedella Repubblica di Polonia

Le cifre di uno scandalo

S p re c h i a m osempre più cibo

FERNAND O CHICA ARELLANOA PA G I N A 2

Gli anni di piombo argentininel romanzo di Alver Metalli

Requiemper un benzinaio

MASSIMO BORGHESI A PA G I N A 4

La messe è molta

Una chiamataper il mondo

IGOR TRABONI A PA G I N A 6

Il 25 settembre 1953 l’a r re s t odel cardinale Stefan Wyszyński

La fiera testimonianzadel primate del Millennio

MASSIMILIANO SIGNIFREDI A PA G I N A 8

ALL’INTERNO

Giovedì 24 settembre, il SantoPadre ha accettato la rinunciadalla carica di Prefetto dellaCongregazione delle Cause deiSanti e dai diritti connessi alCardinalato, presentata da SuaEminenza il Cardinale GiovanniAngelo Becciu.

Il Santo Padre ha ricevutoquesta mattina in udienza SuaEccellenza il Signor AndrzejDuda, Presidente della Repub-blica di Polonia, e Seguito.

Il Santo Padre ha ricevutoquesta mattina in udienza l’Emi-nentissimo Cardinale SalvatoreDe Giorgi, Arcivescovo emeritodi Palermo (Italia).

Il Santo Padre ha accettato larinuncia al governo pastoraledella Diocesi di Sivagangai (In-dia), presentata da Sua Eccel-lenza Monsignor Jebamalai Su-saimanickam.

Il Santo Padre ha accettato larinuncia al governo pastoraledella Diocesi di Pala (Ciad),presentata da Sua EccellenzaMonsignor Jean-Claude Bou-c h a rd , O.M.I..

Il Santo Padre ha nominatoMembro Ordinario della Ponti-ficia Accademia delle Scienze ilProfessor Jürgen Knoblich, Di-rettore scientifico dell’«Instituteof Molecular Biotechnology»(IMBA) a Vienna (Austria).

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Dallo smarrimentoa un nuovo inizio

La Chiesa che non cercatra i morti

IVO SEGHED ONI A PA G I N A 3

WASHINGTON, 25. «Vedremo quelloche succede...». Queste le parole delpresidente Donald Trump a chi gliha chiesto se ci sarà una transizionepacifica in caso di vittoria di Joe Bi-den il prossimo 3 novembre. Dichia-razioni che hanno portato il dibatti-to politico statunitense, già sollecita-to dalle proteste razziali e dalla vi-cenda della nomina del nuovo giu-dice alla Corte suprema al posto diRuth Bader Ginsburg, a livelli ditensione altissimi. Il presidenteavrebbe intenzione di procedere aalla nomina alla Corte suprema giàdomani e non, come da molti auspi-cato, dopo il voto per la Casa Bian-

ca, suscitando un’inevitabile ondatadi polemiche.

Il risultato del voto di novembresembra quanto mai incerto, e c’è chiha interpretato le parole di Trumpcome un rifiuto ad accettare un re-sponso avverso delle urne. La CasaBianca ha comunque precisato che«il presidente accetterà il risultato dielezioni libere e imparziali».

Anche il Senato Usa ieri ha ap-provato una risoluzione, non vinco-lante, con cui ribadisce «il suo im-pegno per il trasferimento ordinatoe pacifico del potere richiesto dallaCostituzione degli Stati Uniti» do-po le prossime elezioni presidenzia-

li, come noto in programma il 3 no-vembre. «È un peccato che dobbia-mo venire a riaffermare il nostro im-pegno per il nostro paese, per la no-stra Costituzione e per quello chesiamo come popolo. A volte sentia-mo cose che lo mettono in discus-sione e l’abbiamo sentito ieri e neeravamo molto preoccupati» ha so-stenuto il senatore democratico JoeManchin propositore della risoluzio-ne.

Il Senato ha inoltre appoggiatol’idea che «non ci dovrebbero essereostruzioni da parte del presidente odi qualsiasi persona al potere perrovesciare la volontà del popolo de-

gli Stati Uniti». Il leader dei senato-ri repubblicani, Mitch McConnell,ha garantito che «ci sarà una transi-zione ordinata», assicurando che «ilvincitore delle elezioni di novembresi insedierà il prossimo 20 gennaio,esattamente come è avvenuto ogniquattro anni dal 1792».

Sale intanto l’attesa per il primoduello tv tra Trump e Biden, in pro-gramma martedì 29 a Cleveland. Ilgovernatore dell’Ohio, Mike Dewi-ne, ha deciso di mobilitare 300 uo-mini della guardia nazionale peraiutare la polizia locale nel mante-nere la sicurezza di coloro che par-teciperanno al dibattito.

Papa Francesco ha ricevuto in udienzanella mattina di venerdì 25 settembre An-drzej Duda, presidente della Repubblicadi Polonia, il quale, successivamente, si eincontrato con il cardinale Pietro Parolin,segretario di Stato, accompagnato dall’ar-civescovo Paul Richard Gallagher, segreta-rio per i Rapporti con gli Stati.

I cordiali colloqui si sono svolti nelquadro del centenario della nascita di sanGiovanni Paolo II e nel 40° anniversariodella fondazione del Sindacato autonomoindipendente “Solidarność”. Sono statitrattati alcuni temi di mutuo interesse ine-renti alla missione della Chiesa, tra cui lapromozione della famiglia e l’educazionedei giovani.

Infine, ci si e soffermati su alcune tema-tiche di carattere internazionale, qualil’emergenza sanitaria in corso, la situazio-ne regionale e la sicurezza.

Quattro persone ferite a coltellate

Attentato nel centro di ParigiPARIGI, 25. Ci sono almeno 4 feriti— di cui 3 gravi — nell’attacco all’ar-ma bianca compiuto oggi in boule-vard-Richard Lenoir, nell’XI a r ro n -dissement di Parigi.

Un individuo ha attaccato deipassanti a colpi di coltello e mache-te. Un uomo sporco di sangue èstato poco dopo fermato dalla poli-zia nei pressi della Bastiglia, riferi-sce radio Europe 1.

La Prefettura di Parigi ha racco-mandato di evitare l’intera zona at-torno alla rue Nicolas-Appert, pocodistante della ex redazione del gior-nale satirico «Charlie Hebdo», do-ve il 7 gennaio del 2015 un attenta-to provocò 12 morti. Nel quartiere,tutti i ragazzi e i bambini dellescuole sono stati costretti a rimane-re chiusi negli edifici. Secondoquanto riferito, sul posto è statorinvenuto un pacco sospetto.

Due dei feriti sono dipendentidell’agenzia Première ligne, che èrimasta nell’edificio in cui c’era laredazione di «Charlie Hebdo».

Page 2: Cuore che vede mani che fanno invertire la rotta Attentato nel ......sua proprietà”. Vent’anni dopo, precisa-mente nel 1942, Benjamin reinterpretò il dipinto, immergendolo nella

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 sabato 26 settembre 2020

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSONon praevalebunt

Città del Vaticano

o r n e t @ o s s ro m .v aw w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

ANDREA MONDAdirettore responsabile

Giuseppe Fiorentinov i c e d i re t t o re

Piero Di Domenicantoniocap oredattore

Gaetano Vallinisegretario di redazione

Servizio vaticano: [email protected] internazionale: [email protected] culturale: [email protected] religioso: [email protected]

Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 [email protected] w w w. p h o t o .v a

Segreteria di redazionetelefono 06 698 83461, 06 698 84442

fax 06 698 83675segreteria.or@sp c.va

Tipografia VaticanaEditrice L’Osservatore Romano

Tariffe di abbonamentoVaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198Europa: € 410; $ 605Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665America Nord, Oceania: € 500; $ 740Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):telefono 06 698 99480, 06 698 99483fax 06 69885164, 06 698 82818,[email protected] diffusione.or@sp c.vaNecrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675

Concessionaria di pubblicità

Il Sole 24 Ore S.p.A.System Comunicazione Pubblicitaria

Sede legaleVia Monte Rosa 91, 20149 Milanotelefono 02 30221/3003fax 02 30223214

s e g re t e r i a d i re z i o n e s y s t e m @ i l s o l e 2 4 o re . c o m

Aziende promotricidella diffusione

Intesa San Paolo

Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

Società Cattolica di Assicurazione

La nave Alan Kurdi ha attraccato al porto di Olbia

Il gruppo di Visegraddice no al piano Ue

Le cifre di uno scandalo e la chiave per superarlo

S p re c h i a m osempre più ciboBRUXELLES, 25. I Paesi del gruppo

di Visegrad bocciano il neonato Pat-to sull’immigrazione e sull’asilo pro-posto dalla Commissione europea esostengono un controllo rigoroso aiconfini dell’Unione europea.

I leader di Polonia, Ungheria eRepubblica Ceca (assente il primoministro lslovacco) sono arrivati ieria Bruxelles — il giorno dopo la pre-sentazione del nuovo piano — con leidee chiare e le hanno espresse alpresidente della Commissione euro-pea, Ursula von der Leyen. Tra i te-mi affrontati, anche lo stato di dirit-to e il fondo di ripresa Ue.

Ma è sulla questione delle migra-zioni e sul piano che punta a modi-ficare le regole per la gestione delfenomeno da parte dell’Ue, introdu-cendo un meccanismo di solidarietàobbligatoria, che sono emerse di-stanze profonde. «Abbiamo — han-no detto i leader di Visegrad — unaposizione inequivocabile su questotema. Ci sono principi a cui aderia-mo, come la necessità di garantireuna politica più dura ed efficacepossibile in materia di controlli allefrontiere e di assistenza nelle areeda cui i potenziali migranti possonovenire in Europa».

Intanto la Alan Kurdi — da gior-ni in cerca di un approdo — è arri-vata stamani al porto industriale diOlbia, dopo essere partita nel tardopomeriggio di ieri da Arbatax . Icirca 130 migranti a bordo dell’im-barcazione dell’ong tedesca Sea Eyesono in attesa che vengano allestitele strutture necessarie per potersbarcare. Partiti dalla Libia e da

giorni in attesa di una decisione daparte di Germania, Francia, Malta eItalia, saranno sottoposti a scree-ning e identificazione. A bordo ri-sultano oltre 80 minori. Sul posto,tra tensione e polemiche, sono giàpresenti le forze dell’ordine e ungruppo di manifestanti. La nave erainizialmente diretta a Marsiglia, ma

la Francia ha chiesto all’Italia di ac-cogliere i migranti.

Ieri sera, intanto, è avvenuto unaltro tragico naufragio al largo dellaLibia. Almeno 13 persone sono an-negate e tre cadaveri sono stati recu-perati dopo. Lo rende noto l’O rga-nizzazione mondiale per le migra-zioni su Twitter.

di FERNAND O CHICA ARELLANO*

Su proposta dell’O rganizzazio-ne per l’alimentazione e l’agri-coltura (Fao), l’Assemblea ge-

nerale delle Nazioni Unite ha uffi-cialmente introdotto, con Risoluzio-ne n. 74/209 del 19 dicembre 2019,la Giornata internazionale di consa-pevolezza sulle perdite e gli sprechialimentari, che verrà celebrata per laprima volta il prossimo 29 settem-bre. Essa rappresenterà un chiaroinvito per il settore pubblico e pri-vato ad incrementare gli sforzi perridurre la perdita e lo spreco di ci-bo, così da garantire la sicurezza ali-mentare a tutti gli individui, in par-ticolare ai più vulnerabili, colpiti inspecial modo dalla rapida diffusionedel covid-19.

Affrontare la problematica dellaperdita e dello spreco alimentare ri-sulta infatti essenziale per ripartirenel corso della grave pandemia, af-finché attraverso nuove azioni, tesead accrescere l’efficienza della pro-duzione, della distribuzione e delconsumo degli alimenti, sia possibi-le garantire il cibo per tutti, in mo-do che il dramma del virus non sitrasformi nel dramma della fame.

Secondo i dati contenuti nel Rap-porto sullo Stato dell’alimentazione edell’agricoltura 2019 lanciato dallaFao, quello dello spreco alimentareè un problema che coinvolge lamaggior parte dei Paesi industrializ-zati nei quali, nel corso di un anno,vengono mandati al macero circa 1.3miliardi di tonnellate di cibo ancoracommestibile, potenzialmente ingrado di sfamare milioni di personeche non hanno accesso a risorse nu-tritive adeguate. Si stima che, a li-vello mondiale, circa il 14 per centodegli alimenti vada perso o sprecatodopo il raccolto e prima di arrivarealla vendita al dettaglio, così comenel corso delle operazioni di stoc-caggio e di trasporto. Lo spreco dicibo, poi, è uno dei fattori che con-tribuiscono al depauperamento am-bientale, accelerando il cambiamen-to climatico. Inoltre, buttare il cibosignifica anche sprecare e consumarele risorse energetiche utilizzate perprodurlo, trasportarlo, conservarlo econfezionarlo. Eppure, nonostante illegame tra alimentazione non soste-nibile e inquinamento sia noto or-mai da decenni, ogni giorno finisco-no nella spazzatura enormi quantitàdi prodotti pienamente commestibi-li. Il Rapporto sottolinea anchel’importanza di monitorare le perdi-te in ogni fase della filiera alimenta-re e la necessità di ridurre gli spre-chi causati dalle date di scadenzaravvicinate e dal comportamento deiconsumatori, che spesso richiedonoprodotti soddisfacenti secondo crite-ri puramente estetici. Le perdite so-no maggiori nei Paesi in via di svi-luppo: nell’Africa sub-sahariana am-montano al 14 per cento, nell’Asiameridionale e in Asia centrale al20,7 per cento; di contro sono piùbasse nei Paesi sviluppati: in Austra-lia e in Nuova Zelanda, ad esempio,raggiungono soltanto il 5,8 per cen-to. Nello specifico, nei Paesi a basso

reddito, le perdite di frutta e verdu-ra fresche sono attribuite principal-mente a infrastrutture carenti, men-tre nella maggior parte dei Paesi adalto reddito, esse avvengono duran-te lo stoccaggio, per lo più a causadi guasti tecnici, errata gestione del-le temperature, dell’umidità o di uneccesso di scorte.

Nel maggio 2015, i ministridell’agricoltura del G20, ospitatoquell’anno dalla Turchia, hanno de-finito le perdite e gli sprechi alimen-tari come un problema globale digrande importanza economica, am-bientale e sociale incoraggiando tut-ti i membri del G20 a incrementaregli sforzi per prevenire e ridurre glisprechi. Tale raccomandazione è sta-ta seguita dall’accordo per la crea-zione della Piattaforma tecnica sullamisurazione e la riduzione dellaperdita e dello spreco alimentare trala Fao e l’Istituto internazionale diricerca sulle politiche alimentari (If-pri) che conduce indagini per forni-re soluzioni politiche innovative alfine di migliorare la sicurezza ali-mentare e combattere la povertà.Lanciata a dicembre 2015, la Piatta-forma tecnica si basa ed integra leiniziative esistenti della Fao e il Pro-gramma del gruppo consultivo perla ricerca agricola internazionale(Cgiar) su politiche, istituzioni emercati. Lo scorso 29 luglio, la Faoha organizzato un evento online perpresentare tale Piattaforma tecnicache fungerà da risorsa web dinamicadi condivisione della conoscenzasulle politiche, le buone pratiche, lamisurazione e la riduzione dellaperdita di cibo e degli sprechi ali-mentari, oltre a contenere e a dif-fondere modelli di successo a livelloglobale che coinvolgono tecnologiee approcci innovativi. Assieme adiniziative, come la creazione dell’In-dice sulla perdita di cibo (Fli) daparte della Fao e dell’Indice sullospreco alimentare (Fwi) da parte delProgramma delle Nazioni Unite perl’ambiente (Unep), anche la Piatta-forma tecnica concorre ad attuarel’Obiettivo n. 12 dell’Agenda 2030delle Nazioni Unite, per mezzo delquale la comunità internazionalemira a garantire modelli di consumo eproduzione sostenibili per mezzo diiniziative tese a dimezzare lo sprecoalimentare globale pro capite a livel-lo di vendita al dettaglio e dei con-sumatori e a ridurre le perdite di ci-bo lungo le catene di produzione edi approvvigionamento, comprese leperdite post-raccolta. Ciò è ancorapiù importante nell’attuale contestodi pandemia, in cui il problema del-la fame e della povertà si sta acuen-do, manifestando maggiore vulnera-bilità e postulando sistemi alimenta-ri più resilienti.

La Santa Sede ha sempre mostra-to particolare attenzione a questa te-matica, considerandola non solo co-me questione morale, ma anche co-me fenomeno dannoso per l’i n t e roPianeta, a causa delle emissioni digas serra, dello spreco dell’acqua edei terreni utilizzati per produrrequesti alimenti, fattori che si riper-cuotono soprattutto sulle popolazio-

ni più povere, il cui lavoro e i cuimezzi di sostentamento vengonocompromessi. Si comprende facil-mente perché lo spreco di cibonient’altro è dunque che spreco divite umane nella consapevolezzache, nel mondo attuale, c’è cibo pertutti, ma, purtroppo, non tutti pos-sono mangiare, mentre quotidiana-mente assistiamo ad uno sprecospropositato e al consumo eccessivodi alimenti per altri fini. È questo il”paradosso dell’abb ondanza”, dai ri-schi del quale san Giovanni Paolo IImetteva in guardia: «Dovete sentirele grida di dolore di milioni di per-sone di fronte allo scandalo provo-cato dal “paradosso dell’abb ondan-za” che costituisce il principale osta-colo alla soluzione del problemadella nutrizione dell’umanità. Laproduzione alimentare mondiale —lo sapete bene — è sufficientementeabbondante per soddisfare piena-mente le necessità di una popolazio-ne anche in aumento, a condizioneche le risorse che possono consenti-re una nutrizione adeguata sianosuddivise in funzione delle necessitàreali» (Allocuzione ai partecipanti allaConferenza internazionale sulla nutri-zione, 5 dicembre 1992).

Anche Sua Santità Benedetto XVI,nel visitare la sede dell’O rganizza-zione il 16 novembre 2009, in occa-sione della 36ª sessione della Confe-renza generale della Fao, aveva defi-nito la fame come «il segno più cru-dele e concreto della povertà». Pe r -tanto: «Non è possibile continuaread accettare opulenza e spreco,quando il dramma della fame assu-me dimensioni sempre maggiori. Daparte della Chiesa cattolica ci saràsempre attenzione verso gli sforziper sconfiggere la fame; ci sarà l’im-pegno a sostenere, con la parola econ le opere, l’azione solidale —programmata, responsabile e regola-ta — che tutte le componenti dellaComunità internazionale sarannochiamate ad intraprendere».

Papa Francesco, durante il suopontificato, ha ripetutamente de-nunciato la cultura dello spreco cheporta a scartare anche le persone eha lanciato numerosi appelli, chie-dendo di prendere sul serio l’imp e-gno per eliminare questo flagello,per instaurare un’ecologia autentica,anche della persona. A tale proposi-to, appare significativo l’avvertimen-to del Successore di Pietro: «Lottarecontro la piaga terribile della famevuol dire anche combattere lo spre-co. Lo spreco manifesta disinteresseper le cose e indifferenza per chi neè privo. Lo spreco è l’e s p re s s i o n epiù cruda dello scarto. [...] Scartarecibo significa scartare persone. Eoggi è scandaloso non accorgersi diquanto il cibo sia un bene preziosoe di come tanto bene vada a finiremale» (Discorso ai membri della Fe-derazione europea dei Banchi alimen-tari, 18 maggio 2019). Sfortunata-mente, non si è ancora riusciti adadottare su vasta scala un modellodi produttività circolare che assicuria tutti le risorse necessarie limitandol’uso di risorse non rinnovabili. Sol-tanto l’attuazione dell’approccio ri-durre, riutilizzare, riciclare, insieme al-la diffusione di uno stile di vita eti-co e responsabile, permetterebbe diraggiungere il fine di un autenticosviluppo umano, sostenibile e inte-grale. Perciò, «un’economia circola-re non è più rimandabile. Lo spreconon può essere l’ultima parola la-sciata in eredità dai pochi benestan-ti, mentre la gran parte dell’umanitàrimane zitta» (Ibidem). Infine, appa-re estremamente importante eviden-ziare come la lotta contro la famenon avrà fine finché, nel prevaleredella logica del profitto, il cibo ver-rà ridotto esclusivamente a prodottodi commercio. La prima preoccupa-zione quindi deve continuare a ri-manere la persona umana, soprat-tutto quanti sono privi del ciboquotidiano, senza mai dimenticareche «ciò che accumuliamo e spre-chiamo è il pane dei poveri» (Me s -saggio del Santo Padre Francesco perla Giornata mondiale dell’alimentazio-ne 2019, 16 ottobre 2019).

Osservatore permanentedella Santa Sede presso la Fao

Secondo il «Time»

La suora dei migrantitra i cento personaggi più influenti

Ursula von der Leyen con i leader di PoloniaUngheria e Repubblica Ceca (Reuters)

Se i contagi da covid-19 dovessero aumentare ulteriormente

Il premier francese non esclude un nuovo lockdownAl-Serraj chiede il cessate il fuoco

e una Libia libera dalle armi

TRIPOLI, 25. Il premier libico Fa-yez al-Serraj ha chiesto «il rispettodel cessate il fuoco e la ripresa del-la produzione di petrolio» nel Pae-se. Intervenendo con un messag-gio all’Assemblea generale delleNazioni Unite in corso a NewYork, al-Serraj ha affermato che«l’aggressione di Tripoli è statauna grande violazione dei dirittiumani».

La Libia deve diventare «unPaese libero dalle armi» e per farlo«le milizie si devono ritirare» hadetto, sottolineando che «un dia-logo costruttivo e i mezzi pacificisono gli unici modi per risolvere lequestioni». Il premier libico ha poichiesto, rivolgendosi ai Paesi chehanno sostenuto «l’aggressore», di

Salta l’i n c o n t rotra i leader

serbo e kosovaro

«rivedere le loro posizioni» dopola battaglia di Bengasi e di avviare«un dialogo con il Governo di ac-cordo nazionale legittimo».

Senza mai nominare il generaleKhalifa Haftar, capo dell’a u t o p ro -clamato Esercito nazionale libico,al-Serraj ha poi affermato che«con il sacrificio dei nostri eroisiamo riusciti a sconfiggere gli ag-gressori. Avevamo promesso chegli aggressori non sarebbero entra-ti a Tripoli e lo abbiamo mantenu-to».

«Noi crediamo nella creazionedi uno stato democratico e non al-la dittatura di un solo uomo» haaggiunto, rimarcando la volontà di«migliorare le condizioni di vitadelle persone, non le armi».

BELGRAD O, 25. Il dialogo tra Bel-grado e Pristina proseguirà il 28settembre a Bruxelles a livello diesperti e non, come previsto, conun nuovo incontro tra il presiden-te serbo, Aleksandar Vučić, e ilpremier kosovaro, Avdulla Hoti.Lo ha detto ieri Marko Đurić, ca-po dell’Ufficio governativo di Bel-grado per il Kosovo. «La settima-na prossima non vi sarà alcun in-contro al vertice», ha precisatoĐurić, confermando, seppur indi-rettamente, che il motivo del man-cato incontro tra Vučić e Hoti èl’indisponibilità della parte koso-vara ad affrontare il tema dellacreazione della Comunità dellemunicipalità serbe in Kosovo,punto qualificante dell’a c c o rd odel 2013, ma che Pristina si rifiutacategoricamente di accettare.

Alla cruciale questione del Ko-sovo, il presidente serbo ha fattoampio riferimento anche nel suointervento in videocollegamentoall’Assemblea generale delle Na-zioni Unite. Belgrado, ha dichia-rato, punta a «una soluzione dicompromesso» per il quale en-trambe le parti siano al tempostesso soddisfatte e insoddisfatte.

WASHINGTON, 25. Tra i politici, gli attivisti e i leader sociali, i ricercatori egli sportivi che compongono la graduatoria dei cento personaggi più in-fluenti dell’anno stilata dal «Time», figura anche suor Norma Pimentel,religiosa delle Missionarie di Gesù e direttore delle Caritas per il RioGrande dal 2008. Da oltre 30 anni suor Norma dedica il suo servizioall’aiuto dei migranti e nel 2014 ha istituito un centro dove viene fornita laprima assistenza (offrendo cibo, vestiti e docce) a migliaia di persone, pro-venienti da Guatemala, Honduras ed El Salvador, che sono entrate nel Te-xas dal Messico e creando un’emergenza nella valle del Rio Grande.

Prima dei nuovi protocolli sull’immigrazione negli Usa in vigore dalgennaio 2019, secondo cui i migranti sono obbligati a rimanere in Messicoin attesa della loro audizione in materia di asilo, il Centro arrivava a rice-vere quasi mille migranti al giorno.

Ma l’allarme riguarda gran partedell’Europa. Nel Regno Unito c’èstato un nuovo picco di casi: 6.634con 40 morti. A riguardo, è interve-nuta la Commissione europea. I nu-meri dei positivi al coronavirusnell’Unione europea e nel RegnoUnito «sono aumentati costante-mente» da agosto e le misure finoraadottate «non si sono sempre rivela-te sufficienti a ridurre o a controlla-re l’esposizione», sottolinea un do-cumento da Bruxelles. E’, quindi,«cruciale», prosegue il testo, che gliStati membri dell’Ue «dispieghinotutte le misure necessarie ai primisegnali di nuovi focolai». Misureche includano l’aumento dei test edel tracciamento dei contatti, un mi-glioramento della sorveglianza sani-

PARIGI, 25. Il premier della Francia,Jean Castex, non ha escluso la pos-sibilità di un nuovo lockdown intutto il paese, se la situazione sulfronte del coronavirus dovesse peg-giorare ulteriormente. Ieri, infatti,sono stati registrati ben 16.000 nuo-vo casi di covid-19.

«Non si gioca con un’epidemia»,ha detto Castex alla emittente Fran-ce 2, facendo appello alla «respon-sabilità collettiva». E difendendo lanuove misure restrittive adottatenella grandi città come Parigi eMarsiglia, il premier ha sottolineato:«Se non agiamo, potremmo trovarciin una situazione vicina a quella pri-maverile. E questo potrebbe signifi-care un riconfinamento, se la situa-zione dovesse aggravarsi ancora».

taria, un accesso più vasto ai dispo-sitivi di protezione personale e aifarmaci e una sufficiente capacitàdelle strutture sanitarie.

Nei Balcani, invece, con l’eccezio-ne del Montenegro, si registra ungenerale calo dei contagi, anche seva considerato il minor numero ditest. In Romania, il paese della re-gione più pesantemente colpito dal-la pandemia, ieri sono stati registrati808 contagi, oltre 400 in meno ri-spetto a due giorni fa. In Bosnia edErzegovina si sono registrati 92nuovi casi (due giorni fa 253). Calodei contagiati anche in Croazia.

In controtendenza il Montenegro,che ha registrato ieri 230 contagi (su664 test effettuati), e due morti.

Page 3: Cuore che vede mani che fanno invertire la rotta Attentato nel ......sua proprietà”. Vent’anni dopo, precisa-mente nel 1942, Benjamin reinterpretò il dipinto, immergendolo nella

L’OSSERVATORE ROMANOsabato 26 settembre 2020 pagina 3

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’a f f a re ,

ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

Dallo smarrimento a un nuovo inizio

La Chiesa che non cerca tra i morti

Dal libro «Non è una parentesi. Unarete di complici per assetati di novità»(a cura di Derio Olivero, Effatà Edi-trice, 2020), pubblichiamo uno stralciodell’intervento del teologo docente pressola Facoltà teologica del Triveneto.

di IVO SEGHED ONI

Cercare, dovunque,chi sta cercando

Un nuovo volto di Chiesa, lasua nuova forma che potreb-be nascere da questa crisi, al-

lontanerebbe finalmente da noi quelmodo di ragionare che edifica muri,anziché abbatterli. I battezzati nonpraticanti, finalmente, potrebbero ot-tenere nella Chiesa un nuovo ricono-scimento! Non vanno a messa, datanto tempo: chissà perché! Forseavranno anche delle buone ragioniche sfuggono alle nostre ragioni teo-logiche e pastorali. Perché, ci sarem-mo dovuti chiedere da tempo, nonvanno a messa? Perché stanchi dilinguaggi stereotipati e di stili diChiesa poco evangelici? Perché han-no fatto esperienze negative con uo-mini e donne di Chiesa? Perché nes-suno mai li ha realmente aiutati acomprendere la bellezza dell’Eucari-stia? Perché — e questo ultimo puntova preso molto sul serio — nella lororicerca di Dio non è il loro k a i ro s , illoro tempo? Da tempo eravamo abi-tuati a pensare l’adesione alla comu-nità cristiana come un insieme costi-tuito di cerchi concentrici. Sono sta-te le inchieste socio-religiose a farcipensare così. Fin dalla imponenteinchiesta tenutasi in Francia per ini-ziativa di G. Le Bras e F. Boulard(1946-1970) abbiamo iniziato a pen-sare che ci siano tanti diversi livellidi adesione alla Chiesa: il livello piùesterno è costituito dai “separati”,quelli che — pur battezzati — hannorotto il legame con essa, poi pocopiù vicini i “conformisti stagionali”che vanno in chiesa soltanto per i ri-ti di passaggio (nascita, iniziazionecristiana, matrimonio, morte...), poi i“praticanti irregolari” che incontria-mo a Natale e Pasqua o qualche al-tra grande festa, e finalmente i «pra-ticanti regolari» che ogni domenicapartecipano alla messa, e infine i«devoti», coloro cioè che frequenta-no ancora più assiduamente e parte-cipano ad associazioni di impegnoecclesiale. Questa immagine del po-polo di Dio ci è straordinariamentefamiliare! La messa, che è divenutaattraverso le indagini socio-religiosela principale “unità di conteggio”, intal modo è stata anche consideratal’unico segno esteriore di adesionealla fede cristiana e alla vita dellaChiesa. La preghiera personale, lapratica della carità, la dimensioneetica della vita, pur essendo anch’es-se rilevate dalle indagini non sono,nella ordinaria vita pastorale dellecomunità, un segno importante diappartenenza al Popolo di Dio.Adesso, però, improvvisamente, sonotutto ciò che è rimasto! Fino all’8marzo (almeno in Italia) credere era“andare a messa”. L’Eucaristia avevaeclissato, per così dire, tutti gli altrielementi di una vita religiosa cristia-na. Si poteva essere considerati sol-tanto “non praticanti” o “devoti”,senza dare rilievo a tutte le sfumatu-re intermedie dell’appartenenza allacomunità cristiana e di adesione almessaggio evangelico. Sfumatureche non sono esattamente tali, per-ché ciascuno di noi vive a propriomodo la sua adesione al Vangelo e

la sua sequela. Nessuno lo vive inpienezza, ma soltanto nella propria“edizione”, tanto riduttiva certo, maanche tanto originale! Oggi, in que-sta situazione in cui ci è stata negatala possibilità di andare a messa, sia-mo liberati da un tragico errore:quello di considerare la praticadell’Eucaristia come se fosse tutta lareligione! Abbiamo capito, oggi, chenon è così e che la pratica o l’asten-sione da essa creano soltanto unasemplice presunzione di credenza onon credenza (G. Le Bras). Unapresunzione che ora, provvidenzial-mente, si è sbriciolata! Non siamoandati a messa nemmeno noi persettimane e anche ora, dopo una ri-presa delle celebrazioni con il popo-lo, frutto di un braccio di ferro conil Governo e ammorbidito in secon-da battuta dal presidente della Ceiche ha dato frutto al protocollo del 7maggio scorso, non tutti tra noi ciandranno. Per molte ragioni ragione-voli, al punto che nello stesso Proto-collo di accordo su carta intestatadel Ministero dell’Interno (!) curio-samente si ricorda «la dispensa dalprecetto festivo per motivi di età edi salute». Dunque siamo finalmentesimili. Finalmente fratelli. Eppure liabbiamo a lungo guardati con unacerta sufficienza, abbiamo giudicatola loro fede una fede povera, “b ene-volmente” l’abbiamo pensata una fe-de un po’ dimessa, alquanto imma-tura..., forse l’abbiamo ritenuta per-fino una fede di comodo, quella fe-de “fai-da-te” che puoi maneggiare aseconda dell’utilità del momento:comunque una fede non adeguata.Li abbiamo sempre un po’ g u a rd a t icon diffidenza e adesso, improvvisa-mente, siamo come loro! Siamo an-che noi, come tanti, credenti nonpraticanti. Fedeli non praticanti! Ab-biamo preso coscienza di essere simi-li. O almeno ci siamo accorti che, almomento attuale, ci comportiamocome loro. Ora che il coronavirus ciha resi più simili, più fratelli in unafede comune meno evidente, ma for-se più condivisa, nasce una doman-da: che cosa rimane di quella cheera la comunità cristiana senza il ritoche ne struttura l’esistenza e ne per-mette il riconoscimento? Chi appar-tiene quindi al Popolo di Dio? Chi

sono i cristiani? Chi avrebbe ipotiz-zato che questa pandemia avrebbericollocato i confini del popolo diDio, annullando la distanza tra chipratica e chi non pratica? Facendoforse, in tal modo, giustizia di giudi-zi affrettati, di recinti chiusi, di si-lenziosi meccanismi di esclusioneverso chi — diversamente da noi — amessa non ci va. La “grazia al tempodel coronavirus” — se di grazia sipuò parlare in questo tempo di pro-va e di dolorosa esperienza di fragi-lità e di morte — consiste nello sco-prire che gli indizi per cogliere dipraticare la vita cristiana o di nonpraticarla vanno cercati altrove, conaltri parametri, su altre abitudini chenon sono soltanto la messa della do-menica. E così, in questo modo,possiamo ricomprendere ciò che in-segna sant’Agostino ne La città diDio (I, 35), che molti di quelli cheDio ha, non li ha la Chiesa, e moltidi quelli che la Chiesa ha non li haDio. Oggi, mentre chi siano “quelliche la Chiesa ha” non è più tantochiaro, diventa ancora più intrigantepensare chi siano quelli che davveroDio ha. In altre parole: la “sparizio-ne” della “pratica” intesa come par-tecipazione alla messa dissolve i con-fini visibili, quelli che definivanocon chiarezza l’essere dentro e l’esse-re fuori. Improvvisamente e forseprovvidenzialmente, siamo ricondottialla consapevolezza che tutti i bat-tezzati appartengono al Popolo diDio, tutti lo costituiscono, tutti sonochiamati a vivere l’alleanza di vita edi amore offerta da Lui in Gesù.Con una diversa pratica. Che non èpiù la messa. Almeno non solo lamessa. Il coronavirus ha contribuitoa liberare tanti fedeli cattolici dal“silenzio” dovuto alle loro frequentiassenze ecclesiali. La loro manierapoco canonica di esprimere la lorofede ha creato tra loro e i praticantiun muro di diffidenza, condizionatodagli sguardi reciproci..., un muroche ha sempre fatto nascere doman-de: «Siamo ancora la stessa Chiesa?Condividiamo la stessa fede?». Forseoggi, non potendo andare a messa,scopriamo che noi, quelli che “eranod e n t ro ”, possiamo rispondere final-mente di sì. Mentre prima preferiva-mo (ma lo facevamo a bassa voce)

rispondere di no... Sì, forse abbiamola stessa fede, se rispettiamo insiemegli uni e gli altri una differente pra-tica, se viviamo una condizione deci-siva. Che non si misura più a partiredallo spartiacque tra “vado a messa”o “non vado a messa”. Forse ora,grazie a questa esperienza, abbiamomodo di cercare, con un atteggia-mento nuovo e un nuovo desideriodi scoperta, chi siano i cercatori di

Dio. Fuori dai pregiudizi e da confi-ni che noi stessi abbiamo costruito,supponendo che questi cercassero equelli no.

Una liberazioneanche per i preti?

Ma se tutto quanto andiamo di-cendo vale per la Chiesa, esso ha an-che un rilievo per i preti, ai quali ri-torno in conclusione della mia rifles-sione. La loro situazione personaledi agio o disagio costituisce, infatti,all’interno della comunità cristiana,un indicatore molto sensibile dellasperanza per il suo futuro. Se altempo della civiltà parrocchiale, cen-trato sulla convocazione obbligatoriadi tutto il popolo di Dio, seguisseun tempo nel quale la Chiesa impa-rasse a custodire la propria fede an-che in contesti più semplici e, senzarinnegare la centralità dell’Eucaristia,sapesse alimentare la fede nella con-divisione di piccole comunità, tuttoquesto aprirebbe forse nuovi ambitidi testimonianza e di annuncio.Nuovi spazi e occasioni di missiona-rietà. Riflettendo su questo passag-gio Ch. Theobald osserva che inquesti mesi di confinamento socialeabbiamo sperimentato «una tradizio-ne di preghiera (domestica) che esi-steva nella Chiesa primitiva. La sitrova negli Atti degli Apostoli (2,42): «I fratelli erano assidui nell’in-segnamento degli apostoli e nellacomunione, nello spezzare il pane enelle preghiere». La vita cristiana eravissuta nelle case. Fin dall’inizio delconfinamento, molti cristiani hannomostrato una creatività incredibile. Acausa di questa crisi sanitaria, stiamoforse riscoprendo questa dimensionedomestica della vita cristiana». E

non si tratta soltanto — come eglipropone — di «invitare i preti a cele-brare nelle case». Sono necessarieoggi altre forme di invenzione, altreforme di preghiera, di catechesi, diaccompagnamento delle fragilità del-le persone. Forme di attuazione diquella Chiesa narrata negli Atti degliApostoli che — senza svalutare lacentralità e la pienezza del gesto eu-caristico — sostengano la vita della

Chiesa in una ferialità ugualmentenutrita grazie ad una liturgia festivache dall’Eucaristia nasca e all’Eucari-stia conduca. La parrocchia e il ser-vizio dei presbiteri sarebbero così di-versamente dislocati, anziché forte-mente centralizzati come è stato finoad oggi. Ci fa bene, continua Theo-bald, sfruttare questa occasione perchiederci perché ci manca l’Eucari-stia quando tante persone intorno anoi si definiscono cristiane senza bi-sogno dell’Eucaristia. E riflette:«Forse ciò che questa crisi ci rivela èche nella Chiesa c’è una tale concen-trazione sull’Eucaristia che tutto ilresto di cui si parla negli Atti rischiadi scomparire. Non si tratta di col-mare la lacuna, ma di farne un’op-portunità di profonda conversione. Icristiani, come il resto della gente,sono presi dall’individualismo — chea volte sentiamo espresso in questomodo: «Voglio la mia Messa». Chesi domandino: vanno a Messa pertradizione, per fedeltà, per trovarealtre persone, per diventare una cosasola con gli altri, e infine per incon-trare Cristo? È Lui che è il nostro ci-bo nel pane e nel vino».

Fa bene alla comunità stare da-vanti a questa domanda impegnativae fa molto bene ai presbiteri. Unavolta sprogrammati rispetto ad unministero troppe volte piegato sol-tanto al bisogno rituale, da offrireobbligatoriamente ad orari precisi,da reiterare regolarmente per rispon-dere a bisogni religiosi poco verifica-ti, che cosa rimane infatti del loroservizio ecclesiale?

Ciò che rimane, ciò che può real-mente dare rilancio ad una vocazio-ne che rischia di manifestarsi stancaper i gesti troppo ripetitivi e per unaforma di cristianesimo ancora troppoimbrigliata nell’osservanza del pre-

cetto, è — sempre a parere di Ch.Theobald — “la sua funzione di mi-stagogo, di uomo che aiuta le perso-ne ad entrare in una vita spirituale.Una vita spirituale dove la fede cri-stiana si gioca in casa e non in chie-sa, nelle attività profane e non neltempio”. Esercitando tale funzione,meno centralizzata, meno burocrati-ca, meno manageriale, forse ancheper i preti si aprirebbe un temponuovo, un orizzonte nuovo. Unastagione di nuova ministerialità equindi di più appassionata missiona-rietà: fatta di ascolto e di incontro,di dialogo cordiale e di ricerca cultu-rale senza pregiudizi, di ideazionesociale e di sostegno cordiale per leiniziative a favore delle persone.Una ministerialità fatta di prossimi-tà, di relazione e di vicinanza, inuno stile pastorale a prescindere dalquale l’Eucaristia non può essere ce-lebrata.

Chiuso il “negozio parrocchiale” acausa di questa crisi, oggi in Italia“aperto h24” per soddisfare bisognireligiosi, pseudo-religiosi, a voltefanta-religiosi e spesso di natura pu-ramente sociologica, i presbiteri siscoprirebbero certamente più poveri,ma anche più leggeri. Vivrebberoforse la sorpresa di essere più nudiperché spogliati da un ruolo rassicu-rante, ma anche più concreti e piùumani nell’incontro con le persone ele loro situazioni di vita. Si ritrove-rebbero ad essere forse molto menorilevanti, meno centrali (benché laloro posizione sociale sia già da tem-po indebolita), ma anche meno ar-rabbiati. Meno stizziti per la perditadi un riconoscimento che rischia diessere sempre più formale e menosostanziale. Meno stizziti perché piùvalorizzati per un servizio nuovo,

volto alla ricerca di senso, orientatoalla sete di spiritualità e al bisognodi Dio che non si è spento e che laChiesa ha la vocazione di accompa-gnare nella sua ricerca. Così i presbi-teri, accorgendosi che nell’aurora diun tempo nuovo di Chiesa stannolasciando consuetudini e appunta-menti, ritualità troppo ripetute e in-sistenze pastorali divenute indispen-sabili, potrebbero a loro volta aiuta-re gli uomini e le donne di oggi, inquesta stagione confusa, a non cer-care tra i morti. Cessando essi stessidi farlo nella rinuncia a ripristinare atutta forza la pastorale di ieri, accet-tando di vivere il lutto di una formadi Chiesa da salutare con gratitudi-ne, ma senza ripiegarsi sulla nostal-gia, quasi che tutto andasse sempree soltanto bene, saranno in grado disostenere il germogliare e il cresceredi una nuova forma di Chiesa. Èstata dura ritrovarsi spogliati nel gi-ro di poche settimane del ruolo api-cale della loro piccola o grande so-cietà parrocchiale, faticoso accettarelo smarrimento che si prova a gestirei riti così differenti e complicatimentre fino a ieri cavalcavano consicurezza linguaggi e forme, forsebrutale ritrovarsi privati del rivesti-mento offerto da un ruolo socialeancora di qualche rilievo: ma graziea questa spogliazione, al lutto da ab-bracciare nella fede che la morte nonè mai in Cristo l’ultima parola sullavita, essi potranno imparare a cerca-re nelle forme nuove di Chiesa il ri-conoscimento dei segni della presen-za di Dio e il ritrovamento delletracce che Egli lascia nel suo na-scondersi nel mondo. Così sarannouomini accanto agli uomini: indi-spensabili alla vita del mondo nelloro servizio “non essenziale”.

Page 4: Cuore che vede mani che fanno invertire la rotta Attentato nel ......sua proprietà”. Vent’anni dopo, precisa-mente nel 1942, Benjamin reinterpretò il dipinto, immergendolo nella

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 sabato 26 settembre 2020

Gli anni di piombo argentini nell’ultimo romanzo di Alver Metalli

Requiemper un benzinaio

Si tratta di un thriller ambientatonelle immense periferie di Buenos AiresCon il loro caos, il degrado umanoe ambientale che dista anni lucedagli splendidi edifici del centro storico

A ottant’anni dalla morte di Walter Benjamin

Elogio della traduzione

Alver Metalli

Edward Hopper «Gas» (1940, particolare)

di MASSIMO BORGHESI

Alver Metalli, giornalista e scrittore, èstato per lungo tempo inviato inAmerica latina. Ha vissuto in Argenti-na, Messico, Uruguay. Attualmente ri-siede a Buenos Aires in una baracco-

poli alla periferia della città condividendo l’esp e-rienza di padre Pepe di Paola. Ha diretto, percinque anni, il sito d’informazione «Tierras deAmérica». Ha scritto saggi sull’America latina(Cronache centroamericane, L’America latina del se-colo XXI, Il Papa e il filosofo), libri per ragazzi(Lupo siberiano, La vecchia ferrovia inglese, Las dosAd e l i a s ), e i romanzi L’eredità di Madama, Gli deiinutili, Il giorno del giudizio (con Lucio Brunelli),I s i d o ra .

Ha pubblicato inoltre la raccolta di raccontiL’uomo dell’acqua e il libro Non aver paura di per-d o n a re . Il «confessore del Papa» si racconta, intro-dotto da Papa Francesco, con Andrea Tornielli.

ca, viene interessandosi di un caso che si rivela es-sere un vero e proprio puzzle. Un settantenne dinome José Benito Benavides ha ucciso un uomodi quindici anni più giovane, Alejandro Ruiz Pe-trone, per poi venir travolto e ammazzato, subitodopo, da un’auto in corsa. I due non hanno,all’apparenza, nulla in comune, nulla che possavalere da movente. Benavides è un ex militare inpensione e Petrone un benzinaio.

Che cosa li lega? Perché Benavides ha uccisoPetrone? Da qui inizia l’inchiesta di Duran laquale si svolge, come in ogni thriller che si rispet-ti, attraverso interrogazioni, ricerca dei personaggilegati ai due, false piste.

Nel dipanarsi della trama il racconto si ravvivadi personaggi di contorno, come Paloma rossa, labarbona che appare e dispare ogni volta che Du-ran si reca nel suo territorio, «in piazza San Mar-tin con la sua corte di gatti randagi, piccioni stor-pi e cianfrusaglie che penzolano dal carretto dellaspesa come i festoni di un carro allegorico». Palo-ma rossa che «sembra uno sparviero coperto distracci. È appostata vicino all’edificio di AmericanExpress e di lì vigila chi si inoltra nel suo territo-rio sbiascicandogli dietro il frasario sconnessopartorito dalla sua insensatezza. Aspetta che ilpassante le dia le spalle e gli sibila degli imprope-ri volgari che obbediscono a degli indecifrabiliimpulsi interiori». La Paloma che muore in unanotte gelida di luglio, seduta su un materasso su-dicio nel suo fortino di cartoni incapace di pro-teggerla. Una delle tante vittime della povertà edella follia.

Ma vi sono altre vittime ed è qui che il raccon-to di Metalli si apre e si intreccia con le vicendedrammatiche dell’Argentina della metà degli anniSettanta, quella del golpe militare del 24 marzo1976 che porta al potere i generali Videla. Masse-ra, Agosti. L’assassino di Petrone ha a che farecon gli anni bui della dittatura militare, con i 20-30.000 d e s a p a re c i d o s di allora. Questa è la veritàche lentamente affiora. Alejandro Ruiz Petrone èstato, da giovane, oggetto di un sequestro da par-te delle forze armate. Era membro del gruppo ri-voluzionario dei Montoneros. Viene trattenutoquattro mesi, torturato, e poi, inspiegabilmente,liberato. Di José Benito Benavides, l’assassino, siscopre che era addetto a catalogare le vittime, conmansioni però di secondo piano. Si segnala un

amore particolare per l’unico figlio di nome Fran-cesco. Scorre così la galleria dei personaggi chia-mati a dare la loro versione dei fatti, dal sergenteRodolfo Ibarra, al parroco di Benavides, donIgnatio Salvatierra, all’ufficiale Flavio Manero chenon ama la perestroika dei vertici militari, allamoglie di Petrone, Elisa Armanian.

La penna di Metalli incastra sapientemente,personaggi, psicologie, versioni differenti. Ognivolta emerge uno spezzone, un indizio che rimet-te in discussione la versione precedente. A lungol’interpretazione rimane in sospeso. Perché Bena-vides ha ucciso un ex d e s a p a re c i d o ? «L’unico pun-to di intersezione tra i due è stato il giornodell’assassinio, in un municipio della periferia diBuenos Ares, alle 9.57 di un giovedì di aprile,quando l’ex militare ha sparato a una antica vitti-ma del regime».

Solo verso la fine i fili separati paiono connet-tersi, gli indizi convergono verso un’unica spiega-zione possibile dove, come nel più classico dei

La sua ultima fatica, Morte di un benzinaio di pro-vincia, esce ora per le Edizioni San Paolo. Chel’autore, immerso nelle mille incombenze dettatedai servizi richiesti in una favela argentina abbiaavuto il tempo di scrivere in un ambiente che nonè propriamente un paradiso, vulnerabile come po-chi alla pandemia odierna, è certamente notevole.

Si tratta di un thriller calato profondamentenelle atmosfere e nel contesto delle immense peri-ferie di Buenos Aires, con il loro caos, il degradoumano e ambientale che distano anni luce daglisplendidi edifici e monumenti di una città tra lepiù belle dell’America latina. Il protagonista, Pe-dro Duran, è, come il suo autore, un giornalista.Collabora a «La Mañana» e, per motivi di crona-

thriller, il bianco e il nero si confondono. Così co-me si confondono nell’animo stesso dell’investiga-tore, Pedro Duran, tormentato da un tradimentoche ha causato la fine del suo rapporto con Nu-ria, la madre del figlio Pedrito.

In un flashback insistente, l’immagine di Nuriaappare di continuo, interrompe la narrazione, in-troduce una nota di malinconia e di rimpianto.

Due vite su fronti oppostiquella di Petrone e di BenavidesL’una consacrata a sgretolare un ordineche considerava ingiustoL’altra a difenderlo dagli assalti eversivi

Nuria vista a Gualeguaychú, la città del carneva-le. «In piedi tra la folla assiepata ai lati della stra-da la guardavo, pallida e bella, cercando di nonfarmi notare. In realtà volevo che mi vedesse, cheavevo fatto tutti quei chilometri per lei, che eranei miei pensieri e nel mio cuore». E così l’inchie-sta procede con i ricordi di Nuria. «Gli appunta-menti cauti dei primi tempi, le passeggiate clan-destine lontano dagli sguardi degli amici, le storieche si mescolano, gli accadimenti che si immergo-no nella luce del nuovo destino pregustatonell’unità dei corpi e degli spiriti, le vite che si di-svelano in una intimità crescente, i regali scelticon cura e offerti con un intimo appagamento, lepromesse sussurrate, le attenzioni minime, le pre-mure delicate». Le vite degli altri rimandano allapropria e l’intreccio dei destini si vela di mistero.«Due vite su fronti opposti, quella di Petrone e diBenavides, l’una consacrata a sgretolare un ordineche considerava ingiusto l’altra a difenderlo dagliassalti eversivi; due vite che sono andate avantiignorandosi per decenni per congiungersi la setti-mana scorsa nella stazione di servizio di LeónSuárez, ai bordi di una baraccopoli che spesso oc-cupa la cronaca cittadina per le violenze tra spac-ciatori. Cosa le ha avvicinate fino a toccarsi? Cosale ha spinte una verso l’altra? Da dove è venutaquell’attrazione fatale che le ha disintegrate nelcontatto?».

Ogni morte, ogni morte criminale, implica unadomanda sul destino. I thriller non si sottraggonoa questa domanda e l’ultimo romanzo di Metalli,che ha come scenario gli anni di piombo argenti-ni con la loro tragedia non ancora sopita, ne co-stituisce una eloquente e suggestiva conferma.

di GABRIELE NICOLÒ

Spesso l’autore non è pienamentecosciente del valore innovativo, ad-dirittura rivoluzionario, della sua

opera. In suo soccorso, per aprirgli occhie per renderlo cosciente della reale natu-ra della sua creazione interviene il criticoletterario. Ammesso comunque che il cri-tico in questione sia in grado di ghermirel’essenza di quel valore innovativo.

In questo pensiero, dalla chiara venaprovocatoria, si specchiano fedelmente lafilosofia e la metodologia di Walter Ben-jamin (il 26 settembre ricorrono gli ot-tant’anni dalla morte) il cui vulcanicoeclettismo si è dispiegato nei campi

re, riprodurre e diffondere, a livello dimassa, opere d’arte, ha radicalmentecambiato l’atteggiamento verso l’arte siadegli artisti sia del pubblico.

Due temi vengono ad intrecciarsi: lariflessione sul rapporto fra arte e tecnicae la fruizione dell’opera d’arte nella so-cietà di massa. Benjamin ritiene che alcu-ne caratteristiche tradizionali dell’arte,vale a dire i concetti di creatività, di ge-nio, di mistero, possano essere utilizzatida totalitarismi. Il risultato, dagli effettinefasti, è quello di recidere il legame traarte e vita. Il filosofo mette dunque inguardia da fatto che i totalitarismi, diqualsivoglia colore politico, mirano a uti-lizzare l’esperienza artistica come stru-mento di controllo delle masse attraverso“un’estetizzazione della politica”. In que-sta prospettiva l’esperienza estetica vienestrumentalizzata come forma di comuni-cazione “non razionale ma carismatica”,al fine di coinvolgere la folla, dominan-dola e manipolandola.

A fronte di questa minaccia, Benjaminintende proporre concetti estetici nuovi,che non possano essere usati dai totalita-rismi e che favoriscano l’emancipazione,consapevole e convinta, delle masse. Esono proprio le masse a costituire il ful-cro delle articolate argomentazioni elabo-rate dal filosofo, il quale sostiene chel’importanza di esse, in merito alla rice-zione dell’arte, si manifesta in due modi:prima come desiderio di avvicinarsi e di“imp ossessarsi” dell’opera d’arte attraver-so la sua riproducibilità; poi come attodi fruizione dell’opera stessa, la qualeviene “consumata” sotto forma di imma-gine nelle illustrazioni di giornali o disettimanali. Secondo Benjamin, tecnichequali il cinema o la fotografia invalidanola concezione tradizionale di “autentici-tà” dell’opera d’arte.

Infatti tali tecniche determinano un ti-po di fruizione nella quale perde senso ladistinzione tra fruizione dell’originale efruizione di una copia. Mentre per unquadro di epoca rinascimentale non è lastessa cosa guardare l’originale o guar-darne una copia realizzata da un altro ar-tista, per un film questa distinzione nonesiste, poiché la fruizione avviene medi-tante migliaia di copie che vengonoproiettate contemporaneamente in luoghi

diversi: nessuno degli spettatori del filmn fruisce in modo privilegiato rispetto aqualsiasi altro spettatore. Di conseguenzasi manifesta il fenomeno che Benjaminchiama “la perdita dell’aura” dell’op erad’arte. L’aura — concetto che il filosofoelabora muovendo da un’intuizione diBaudelaire — rappresenta una sorta disensazione, di carattere mistico o religio-so, suscitata nello spettatore dalla presen-za materiale dell’esemplare originale diun’opera d’arte. Sempre spiccato fu nelfilosofo l’interesse per le arti visive. Inte-resse che si sviluppò in tutto il suo rigo-glio quando avvenne l’incontro conun’opera destinata a lasciare tracce pro-fonde sul suo pensiero.

Si tratta di un quadro, Angelus Novus,realizzato, nel 1920, da Paul Klee conuna tecnica particolare, che unisce pittu-ra ad olio ed acquerello. Benjamin acqui-stò la tela a Monaco, in occasione di unavisita fatta all’amico Gershom Scholem,teologo israeliano, cui affidò il quadro inattesa di trasferirsi in un’abitazione stabi-le a Berlino. In seguito il filosofo riceve-rà dall’amico la tela che porterà semprecon sé nei suoi numerosi traslochi, consi-derandola “il più importante oggetto disua proprietà”. Vent’anni dopo, precisa-mente nel 1942, Benjamin reinterpretò ildipinto, immergendolo nella sua conce-zione storicistica, nell’opera Sul concettodi storia. L’Angelo di Klee viene rinomi-nato da Benjamin l’Angelo della Storia:

ha gli occhi sbarrati e le ali distese, pron-to ad andare via dal luogo in cui si trova.Mentre l’uomo vede gli avvenimenti con-catenati l’uno con l’altro, senza riusciread elaborare di essi una sintesi efficace eilluminante, l’Angelo della Storia va oltrela dimensione cronachistica e tesse unavisione che è di segno negativo, presagiodi una catastrofe imminente.

L’Angelo di Benjamin vorrebbe farequalcosa per correggere, almeno in parte,la situazione, ma c’è un ostacolo: in Pa-radiso imperversa una “temp esta” cheimpedisce all’Angelus di intervenire a findi bene. Quella tempesta non è altro cheil progresso visto come un’entità che tar-pa il volo verso il futuro. Contrariamentea quanto sarebbe naturale e lecito atten-dersi in quanto progresso, esso in realtàproduce un arresto, inchiodando nel pre-sente l’impaziente e vorticoso fremitodelle ali. Un’opera meno nota ma sicura-mente di forte rilevanza, che non si esau-risce nella dimensione puramente accade-mica, è Il compito del traduttore (1923) incui Benjamin sostiene che la traduzione èun’operazione metalinguistica che consi-ste non nell’esprimere un contenuto (da-to che a raggiungere questo obiettivo ciha già pensato l’autore) ma nello stabilireun fecondo rapporto fra le lingue. Latraduzione è un’espressione dell’origina-le, non una sua copia. Solo nella tradu-zione il testo originale “sopravvive”, tra-scendendo il proprio ambito di volta permirare a una dimensione superiore.«Nelle traduzioni — scrive Benjamin — lavita dell’originale raggiunge, in formasempre rinnovata, il suo ultimo e piùcomprensivo dispiegamento».

Questo dispiegamento, che è quello diuna vita peculiare ed elevata, è determi-nato da una finalità altrettanto peculiareed elevata. Vita e finalità: il loro rappor-to si dischiude solo se quello scopo a cuicollaborano tutte le finalità della vitanon è a sua volta cercato nella sfera stes-sa della vita, ma in una sfera superiore.Tutte le manifestazioni finalistiche dellavita “non tendono in definitiva alla vita”,ma all’espressione della sua essenza,all’esposizione del suo significato. «Così— sottolinea Benjamin — la traduzionetende all’espressione del rapporto più in-timo delle lingue fra loro».

Nei suoi saggi mette in guardiadal fatto che i totalitarismimirano a utilizzare l’esperienzaartistica come strumento “estetico”di controllo delle massse

dell’epistemologia, dell’estetica, della so-ciologia, del materialismo storico, e, alcontempo, ha esercitato una robusta in-fluenza su illustri personalità del mondoculturale, da Theodor Adorno a GeorgLukacs, da Hanna Arendt a Bertolt Bre-cht. Un’opera rischia di essere incomple-ta senza la fattiva collaborazione dei di-versi attori chiamati a sottrarla dal ri-schio di rimanere un’entità inespressa.

In questo contesto anche il lettore, apatto che sia colto e avveduto, svolge unruolo rilevante e costruttivo. «Mai darenulla per scontato nella realizzazione enella fruizione di un prodotto della men-te» soleva raccomandare Benjamin che inuno dei suoi saggi più famosi, considera-to uno dei testi classici dell’estetica delNovecento, L’opera d’arte nell’epoca dellasua riproducibilità tecnica (1936), conferi-sce una struttura organica alle sue intui-zioni e alle sue valutazioni in merito atale tema. Nel saggio, di cui esistono cin-que versioni, il filosofo tedesco sostieneche l’introduzione, all’inizio del ventesi-mo secolo, di nuove tecniche per produr-

Page 5: Cuore che vede mani che fanno invertire la rotta Attentato nel ......sua proprietà”. Vent’anni dopo, precisa-mente nel 1942, Benjamin reinterpretò il dipinto, immergendolo nella

L’OSSERVATORE ROMANOsabato 26 settembre 2020 pagina 5

La fisica quantistica spiegata da Carlo Rovelli

O sservodunque sono

Pensieri sparsi ascoltando «Sì, viaggiare» di Battisti e Mogol

Quel “Gran Genio” del suo amico

Nell’ambito delle particelle infinitesimalisi scopre che nulla esistese non è osservatoE che l’osservazione modificao addirittura crea, il fenomeno in corso

Il fisico Werner Heisenberg

Bisogna vivere la vita con ritmo fluente e «senza strappi al motore»sperando anche nel dubbio della fedeCamminare di notte sicuri della meta da raggiungere«con i fari illuminare chiaramente la strada per saper dove andare»

Lucio Battisti

Ascoltando la canzone pensaiche “quel gran genio del mio amico” era DioIl testo così assunse un significato più profondoesprimendo la fiducia in Dio Padre e in un percorsonon privo di ostacoli, di ombre e di fallimenti

di SERGIO VALZANIA

Che un libro dedicato allateoria dei quanti e alle im-plicazioni filosofiche deri-vanti dalla sua formulazio-ne si trovi in testa alle clas-

sifiche delle vendite in Italia deve esseremotivo di soddisfazione, se non altroperché contraddice una visione ingiusta-mente lamentosa del paese e del suo li-vello culturale. Helgoland di Carlo Ro-velli, edito da Adelphi (Milano, 2020,pagine 219, euro 15), è andato a rubanon appena arrivato sui banchi delle li-

tiva, sono molteplici. Innanzi tutto van-no segnalate la linearità della scrittura,l’abilità di collocare gli eventi nella sto-ria, di tratteggiare la personalità deiprotagonisti delle scoperte insieme allagrande capacità di cogliere gli aspettifondamentali delle questioni di cui trat-ta.

Per spiegare al lettore il senso dellateoria dei quanti, Rovelli prende le mos-se da una vacanza trascorsa nella sper-duta isola di Helgoland, da qui il titolodel libro, dal giovanissimo Werner Hei-senberg, il primo a individuare una for-mulazione matematica che desse contodei sorprendenti risultati sperimentalirelativi alla particelle, fotoni ed elettro-ni, ottenuti in laboratorio nei primi de-cenni del secolo scorso. La via percorsadallo studioso tedesco per raggiungerequesto risultato fu quella di rinunciare aogni considerazione metafisica, a ognirappresentazione mentale delle particel-le infinitesimali che costituiscono la ba-se dell’ambiente nel quale viviamo, perconcentrarsi su di una descrizione mate-matica astratta di quello che le osserva-zioni fornivano.

Qualche anno dopo un altro scienzia-to, Erwin Schrödinger, raggiunse risul-tati analoghi utilizzando strumenti ma-tematici completamenti diversi, confer-mando così la solidità della teoria cheprese il nome di quantistica. Rovelli av-verte che “quanti” va inteso come “gra-ni”, quantità discrete nelle quali l’ener-gia si presenta. I primi quanti a essereosservati furono i fotoni, manifestazioniindivisibili di quello che noi percepiamocome luce. La realtà ha un sottofondogranulare dunque, e anche probabilisti-

co. Seguire Rovelli nella sua corsa attra-verso la fisica quantistica presenta atratti i caratteri di un giro sulle monta-gne russe, con le percezioni sensorialiche si capovolgono, o che scompaionodel tutto. Nell’ambito delle particelle in-finitesimali si scopre che nulla esiste senon è osservato e che l’osservazione mo-difica, o addirittura crea, il fenomeno incorso. Il concetto è condensato nelprincipio di indeterminazione di Hei-senberg, in base al quale è impossibileconoscere contemporaneamente posizio-ne e velocità di una particella.

Questo non dipende dai limiti dellastrumentazione in nostro possesso: perquanto ne sappiamo è il mondo a esserefatto così, se nessuno lo guarda non ha

un’esistenza definita. Nella formulazio-ne di Rovelli, siamo in grado di ricono-scere relazioni, non enti. «La soliditàdella visione classica del mondo non èche nostra miopia» conclude l’a u t o re .Per aggiungere che «alla scala delle mo-lecole, il netto spigolo di un coltellod’acciaio è fluttuante e impreciso comeil bordo di un oceano in tempesta chesi sfrangia su una spiaggia di sabbiabianca».

Arrivato sin qui, Rovelli non si ritraedal fare il passo ulteriore, dal porsi legrandi domande di senso che segnanola storia del pensiero umano, dal rag-giungere l’ambito nel quale scienzeumane e fisiche si confondono. Pone laquestione «se il mondo è fatto di sem-plice materia, particelle in moto nellospazio, come è possibile che esistano imiei pensieri, le mie percezioni, la miasoggettività, il valore, la bellezza, il si-gnificato?», per avvertire con grandeonestà intellettuale che «la meccanica

quantistica non dà risposte dirette aqueste domande». L’autore accetta co-munque la sfida. Offre una soluzioneautobiografica.

Le sue radici culturali si collocanonegli anni immediatamente successivi alSessantotto, risentono del profumo delleculture hippy. Se le citazioni letterariecomprendono Shakespeare, «siamo fattidella stessa sostanza dei sogni», non di-sdegnano Douglas Adams, l’ultimo deigrandi scrittori di fantascienza, che nellaseconda metà del Novecento seppe im-piegare nei suoi romanzi i materiali for-niti dai paradossi spazio temporali pro-posti dalla teoria dei quanti.

Nella ricerca dei fondamenti Rovellinon manifesta nessuno snobbismoscientifico. Riconosce l’importanza dellaricerca sviluppata dall’umanità fin dalprofondo dei millenni rispetto alle coseultime, come le definisce la teologia cri-stiana, anche se va a cercarne i risultatiin una cultura lontana. Dichiara infattidi aver trovato le formulazioni più con-vincenti sul senso della vita in un testobuddista, Il cammino di mezzo (Ma -dhyamakakarika) del monaco Nagarjuna,vissuto in India tra il secondo e il terzosecolo dopo Cristo. È sicuramente cor-retto riconoscere il giusto valore alla ri-flessione religiosa sviluppata da civiltàlontane dalla nostra. Abbiamo capitoche gli incontri vissuti con umiltà, ri-spetto, curiosità e onestà intellettualesono sempre produttivi. Mi pare co-munque giusto segnalare qui la recentepubblicazione del primo volume de LaMistica Cristiana, un gigantesco proget-to editoriale curato per Mondadori daFrancesco Zambon, che fornisce abbon-danza di materiali relativi all’indaginecompiuta all’interno della tradizione re-ligiosa cui apparteniamo proprio sul te-ma del senso del mondo, oltre il mate-rialismo e la metafisica.

brerie sulla spinta del successo ottenutodai precedenti Sette brevi lezioni di fisicae L’ordine del tempo, divenuti nel frat-tempo best seller internazionali, con mi-lioni di copie vendute in tutto il mondoe traduzioni in decine di lingue.

Le ragioni della popolarità raggiuntadalle opere di Rovelli, che si occupadella divulgazione dei complessi concet-ti sviluppati a partire dall’inizio del No-vecento dalla fisica contemporanea,sempre più lontana dalla sua base intui-

di MASSIMO GRANIERI

A causa della pandemia lamia parrocchia sta cam-biando. La gente ha paura

del coronavirus, nonostante siagarantito il rispetto delle normepreviste per le assemblee liturgi-che. Aumentano i funerali men-tre l’amministrazione dei sacra-menti coinvolge uno sparuto

concilia con Dio e con il mondo.L’animo era appesantito dal do-lore intravisto dietro le mascheri-ne dei fedeli in chiesa, tra l’im-barazzo di gente che non sa piùquando stare in piedi o mettersiseduta durante la messa. Segnod’una disaffezione alla liturgia inuna comunità dove comunque lareligiosità è ben radicata. Au-mentano i poveri e i cosiddetti

la canzone Sì, viaggiare: «Quelgran genio del mio amico, lui sa-prebbe cosa fare, lui saprebbecome aggiustare, con un caccia-vite in mano fa miracoli». Ebbiun sussulto. Rimisi la puntinadel giradischi su quel solco, co-me se avessi ricevuto un messag-gio, un sostegno, un segnaledall’alto. Quel gran genio delmio amico era Dio. Il testo cosìassunse un significato più pro-fondo, esprime infatti la fiduciain Dio Padre in un percorso nonprivo di ostacoli, di ombre e difallimenti. Quel cacciavite in ma-no potrei essere io; un sacerdote,che è un altro Cristo, proprioper questo è anche uno strumen-to nelle mani del Signore per lasalvezza del popolo, anche se lagente non lo capisce.

Un cacciavite sembra poco mapuò essere molto nelle manibuone, geniali. Ciò dona conso-lazione come ebbe a dire JosephRatzinger appena eletto Papa af-facciandosi alla loggia di SanPietro presentandosi come Bene-detto XVI: «Mi consola il fattoche il Signore sa lavorare ed agi-re anche con strumenti insuffi-cienti».

Il verso seguente ridona vigo-re al cammino: «Ti regolerebbeil minimo alzandolo un po’. Enon picchieresti in testa così for-te, no. E potresti ripartire, certa-mente non volare, ma viaggia-re». Nel Salmo 83 al verso 6 èbeato chi trova nel Signore lasua forza e decide il santo viag-gio. Siamo pellegrini terragni,poco propensi al volo, ma inascesa verso le tende eterne doveil Signore ci accoglierà. Intantobisogna viverla questa esistenza,specie quando il viaggio diventainsopportabile, come è scrittonel libro dei Numeri: «In queigiorni, il popolo non sopportò il

viaggio». Allora cosa serve? Lacanzone di Battisti viene in aiu-to: «Sì, viaggiare… senza perquesto cadere nelle tue paure,gentilmente senza fumo conamore». Con desiderio, amandoil luogo, le persone e la missioneche il Signore mi ha affidato,non lasciandomi paralizzare dal-lo spavento per le cadute.

Bisogna vivere la vita con rit-mo fluente e «senza strappi almotore», sperando anche neldubbio della fede. Sicuri dellameta da raggiungere, camminaredi notte «con i fari illuminarechiaramente la strada per saperdove andare». I due fari che cifanno strada nella selva oscurasono i sacramenti e la Parola diDio, mezzi di salvezza personale

quella chiara dalla no e potrestiripartire, certamente non volarema viaggiare». Occorre vigilare,discernere, «evitando le buchepiù dure» e senza mai rallentarela corsa, allontanando la tenta-zione di fermarsi prima d’averraggiunto il traguardo desidera-to. Il male e i nemici ostacolanoil cammino invece inarrestabiledi noi viandanti vocati al santoviaggio e destinati al Paradiso.Lo ricorda la poesia A Galla diEugenio Montale: «E senti allo-ra, se pure ti ripetono che puoifermarti a mezza via o in altomare, che non c’è sosta per noi,ma strada, ancora strada, e che ilcammino è sempre da ricomin-c i a re » .

volta, nell’accoglienza reciprocae nella pazienza, per l’eternità.Decisi così di consegnare aglisposi le parole di quella canzo-ne, parlando per la prima voltadi musica da un ambone, dopo

gruppo di persone; e il cuore disacerdote si appesantisce, sapen-do di dover affrontare con animoforte e sereno il presente, in atte-sa di tornare alla normalità.

Una sera d’inizio estate, dopole esequie di un’anziana donna,ascoltai un vecchio disco di Lu-cio Battisti perché la musica ri-

“lontani”, una categoria indiffe-rente alla vita della Chiesa. Men-tre poggiavo quel vinile sul gira-dischi, mi rimproveravo di nonaver fatto abbastanza per quellirimasti fuori dal gregge. In chemodo recuperare le pecore per-dute, cosa fare? In quel buio pe-sto, aprì un pertugio il verso del-

e comunitaria, perché non misalvo da solo, perché ho bisognodi qualcuno che mi aiuti. Lacanzone Sì, viaggiare ricorda chequell’amico geniale non esita asporcarsi le mani per pulire ilmotore (il cuore) ingolfato daipeccati, scongiurandone la fine:«Quel gran genio del mio ami-co, con le mani sporche d’olio.Capirebbe molto meglio, megliocerto di buttare, riparare, puli-rebbe forse il filtro».

I versi centrali del testo scrittoda Mogol spiegano una canzoneapparentemente semplice e leg-gera: «Scinderesti poi la gente,

Un giovane amico, la serastessa, mi telefonò comunicando-mi l’intenzione di sposarsi, no-nostante l’emergenza sanitaria inatto. Mi chiese di benedire lesue nozze. Piansi dalla felicità,ero disabituato a gioie simili. Inattesa del giorno previsto, pensaia cosa dire agli invitati che forsenon sapranno quando sarà ilmomento di stare in ginocchiodurante la messa. Come far in-tendere il senso del sacramentodel matrimonio? L’ispirazionearrivò ascoltando un’altra canzo-ne di Battisti, dello stesso album,Amarsi un po’ cioè un poco alla

tanti anni di sacerdozio. Un ri-schio e una debolezza che il Si-gnore ha tollerato, serviva perfar capire con un linguaggionuovo la grazia che è sottesa inogni sacramento.

Page 6: Cuore che vede mani che fanno invertire la rotta Attentato nel ......sua proprietà”. Vent’anni dopo, precisa-mente nel 1942, Benjamin reinterpretò il dipinto, immergendolo nella

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 sabato 26 settembre 2020

LA MESSE È M O LTA : VIAGGIO NEL MOND O DELLE VO CAZIONI/5

Una chiamata per il mondoL’identità e il carisma dei missionari vincenziani esempio per i giovani nel mese dedicato al fondatore

di IGOR TRABONI

«L a nostra vocazione è diandare. Non in una par-rocchia e neppure in una

diocesi, ma per tutta la Terra». Que-sta frase del fondatore san Vincenzode’ Paoli, i religiosi della Congrega-zione della missione (detti per l’ap-punto “vincenziani”) non solo l’han-no scolpita nei cuori e messa in pra-tica nella vita, ma l’hanno declinataora secondo le forme ancora più at-tuali della missione e della pastoralevocazionale: sul web. Ecco allorache ha preso il via in questo mese disettembre la prima edizione del Fe-stival vocazionale missionario, volu-to dalla congregazione per celebrareanche il carisma di Vincent de Paul,il prete francese che permeò il suooperato di una carità attiva e in piùforme, anche al femminile: chi nonconosce, ad esempio, le Dame dellacarità presenti in tante nostre parroc-chie?

«Settembre — viene spiegato inuna nota della congregazione — è ilmese dedicato al fondatore san Vin-cenzo, la cui memoria liturgica sicelebra il 27 del mese, e precede ilmese missionario per eccellenza.Per questa ragione i vincenzianihanno pensato di iniziare con unincontro virtuale che celebrasse ilcammino percorso fino ad oggi e

aprisse le porte al futuro della con-g re g a z i o n e » .

Ma quale obiettivo si prefiggequesto evento del festival vocaziona-le che, come vedremo meglio tra po-co, sta già raccogliendo copiosi fruttigrazie per l’appunto al web? Ce lospiega padre Tomaž Mavrič, daquattro anni superiore generale dellaCongregazione della missione:«Quello di offrire uno spazio virtua-le per la formazione, l’integrazione ela preghiera, e di farlo nella prospet-tiva dei temi che sono fondamentaliper la nostra identità: la vocazione ela missione. Il festival è anche unluogo e un modo per promuovere ilnostro carisma missionario>, aggiun-ge il religioso in un simpatico dialo-go fatto di termini associabili a piùlingue. Cinquantasette anni, nato aBuenos Aires da genitori sloveni chescapparono dal regime comunistadell’allora Jugoslavia nel maggio del1945, prima in un campo profughi inAustria e poi in Sud America; entra-to nella congregazione nel 1976 e sa-cerdote dal 1993, ha esercitato il suoministero anche in Canada, Irlanda,Slovacchia e da ultimo nella Provin-cia religiosa dei Santi Cirillo e Me-todio, attiva in Russia, Belarus eUcraina, prima dell’elezione a supe-riore nell’assemblea generale del2016 tenutasi a Chicago.

Questa nuova forma di animazio-ne vocazionale, però, è dettata anchedal fatto che, così come altre fami-glie religiose, anche quella dei vin-cenziani soffre una crisi di vocazioninumerica non indifferente. E padreMavrič non si nasconde certo dietroun dito nell’affrontare l’a rg o m e n t o :

«Stiamo vivendo un momento diffi-cile, in tutta Europa in particolare, equindi anche in Italia, mentre le co-se vanno decisamente meglio in Afri-ca, in Asia e in Sud America, doveinvece c’è un aumento delle vocazio-ni. Per questo dobbiamo essere aper-ti, cercare nuove forme di servizio,capire come entrare in contatto conla gente, con i giovani. E qui, ripeto,l’iniziativa del festival vocazionaleha per l’appunto questi obiettiviconcreti di rafforzare la nostra iden-tità e il carisma dell’essere missiona-ri. A proposito di crisi delle vocazio-ni, io penso, e ho maturato questamia idea parlando anche con i re-sponsabili di altre congregazioni,che sono le risposte che mancano,non le chiamate: Gesù sta chiaman-do anche oggi, come in passato, nel-la sua Chiesa. Questo significa cheanche in Europa, anche in Italia,Gesù chiama i giovani. E allora ilpunto è: la risposta come si rapportaalla nostra identità? Siamo forse noiin crisi? Il problema, insomma, po-trebbe essere anche nostro. Per que-sto siamo chiamati a vivere il nostrocarisma con chiarezza e in profondi-tà, per dare un esempio ai giovani:l’esempio della nostra vita. La priori-tà di tutte le province vincenziane èdunque adesso anche quella vocazio-nale. Anzi, io parlerei di “cultura vo-cazionale” da esprimere in maniera

concreta laddove siamo presenti. An-che questa cultura vocazionale devefar parte di quell’ospedale da campotanto caro a Papa Francesco. E sonostato molto contento quando, nel2018, ho sentito dire al Sinodo deivescovi che il servizio e la carità de-vono far parte del discernimento vo-cazionale>.

Per preparare i futuri religiosi, laCongregazione si appoggia allo sto-rico seminario Alberoni di Piacenza,dove attualmente ci sono circa trentaseminaristi, ma solo cinque apparte-nenti ai vincenziani della Provinciaitaliana che comprende pure l’Alba-nia. E non a caso gli ultimi sacerdotivincenziani ordinati, nell’agostoscorso, hanno nomi quali Serhii, Le-nilton, Augustinus, Franciskus Xave-rius.

Verrebbe anche da pensare cheuna congregazione dall’impronta co-sì missionaria rischi di perdere unp o’ del suo fascino proprio perchénon siamo più abituati a pensare almissionario come quello che unavolta andava ad evangelizzare nelleterre lontane e sconosciute. «Certo— argomenta padre Mavrič — oggi igiovani forse non sono aperti a que-sto aspetto. E allora diventa impor-tante per noi, oltre a quel lavoro ditestimonianza, anche agire con i mo-derni strumenti di comunicazione.Penso che i giovani oggi sono co-munque aperti al servizio, amanoentrare in contatto diretto con i po-veri, con persone che hanno biso-gno, ma noi dobbiamo essere vera-mente capaci di condividere questomessaggio anche con i mezzi di co-municazione che i giovani usano ep re d i l i g o n o » .

Ed ecco dunque che si tornaall’iniziativa del festival vocazionaleonline, aperto proprio da alcuni se-minaristi, in collegamento con circatrecento giovani grazie alla piattafor-ma Zoom. Seminaristi di varie Pro-vince di tutto il mondo che hannoesibito anche il loro talento musica-le: i primi sono stati i seminaristi po-lacchi, poi lo studente Jean-BaptisteGing, della Provincia di Francia, cheha trasformato in canto la frase cheha ispirato il festival e che per l’ap-punto abbiamo riportato all’iniziodell’articolo («La nostra vocazioneconsiste nell’andare, non in una par-rocchia, non solo in una diocesi, main tutta la terra»).

In seguito lo studente Ângelo Ca-cilda Macamo della vice-Provinciadel Mozambico ha fatto una presen-tazione rap e i seminaristi della vice-Provincia del Costa Rica hanno con-cluso il festival con la canzone Ilcuore di San Vincenzo de’ Paoli. In re-te è andata anche un’intervista rea-lizzata dallo stesso padre Tomaž alcardinale Luis Antonio Tagle, Prefet-to della Congregazione per l’evange-lizzazione del popoli, così come lapresentazione del libro Dove Dio civuole di padre Rolando Gutiérrez,costaricano, ora in spagnolo ma chepresto verrà tradotto anche in ingle-se e in altre lingue; è un’opera sultema della cultura vocazionale lettaalla luce del carisma di san Vincenzode’ Paoli: «Vi parlo — afferma l’auto-re — della cultura vocazionale lettadal cuore del carisma vincenziano,che ci permette di rivitalizzare la mi-stica missionaria con una sensibilitàcome quella che ha spinto san Vin-cenzo a seguire Gesù Cristo, evange-lizzatore dei poveri, e che finisce pertrasformare tutti noi in chiamanti».E poi, sempre online, ecco che sonogià presenti alcune testimonianze.Come quella di padre Pedro Opeka,ora missionario in Madagascar: «Ilmodo migliore per aiutare i poveri èquello di rispettarli, di stare davantia loro come un eguale, senza ma-schere, privilegi, senza alcuna autori-tà che non sia l’amore e il rispetto.E l’amore vi aiuterà a perseverarenonostante le delusioni e i fallimenti

Sempre più verso i poveri

La Congregazione della Missione venne fondata nel 1625 a Parigi dalsacerdote Vincent de Paul; per questo i religiosi vengono detti anche“vincenziani”. La missione iniziale era quella di predicare tra la gentedi campagna, evangelizzare i poveri e formare il clero; ma nei secolil’Ordine ha preso un’impronta decisamente più caritativa, semprediretta verso i più poveri, e missionaria, tanto che oggi è presente intutti i continenti, in novantadue Paesi. I sacerdoti vincenziani sonooggi in tutto il mondo poco meno di tremila (centoventi in Italia), concinquanta diaconi, centoventi fratelli e trentasei seminaristi. Dedicanouna cura particolare alle varie associazioni laicali caritative che siispirano sempre al carisma di san Vincenzo.

e la mancanza di onestà con cui ab-biamo a che fare quasi ogni giorno».Oppure, spostandoci a Cuba, quelladi fratello Jorge Barrera: «Scopren-do i poveri scopriamo meglio ciascu-no di noi, il volto di Gesù: se essinon sono al nostro fianco la nostravocazione manca di qualcosa, è unastrada non trovata, è una strada sen-za uscita. Al contrario, trovare la no-stra vocazione, nella nostra vita diconsacrazione, cercare Gesù in mez-zo ai poveri, è trovare le impronte disan Vincenzo e per trovarci in essebasta riempirsi dell’amore che si tro-va in ognuno di questi piccoli, per-ché sono la vera strada della vera fe-licità per dare gloria a Gesù Cristo».O ancora, la scelta vocazionale dipadre Yohanes Belina Werang, cheha deciso di spendersi nelle lontanis-sime Isole Salomone: «Riflettendoora sulla ragione per cui ho decisodi raggiungere la missione in PapuaNuova Guinea e nelle Isole Salomo-ne, è per vivere il nostro carismavincenziano che è quello di portarela buona novella alla povera gente enei luoghi dove i vincenziani sonopiù necessari. Per vivere il nostro ca-

risma e per aiutarci nella nostra mis-sione, cinque virtù vincenziane, chesono l’umiltà, la mitezza, la sempli-cità, la mortificazione e lo zelo perle anime, sono necessarie e impor-tanti».

Eccole qui le testimonianze di vitavissuta di cui parlava padre Mavrič,utili ad esprimere tutta quella “cul-tura vocazionale” capace ancora oggidi attirare dei giovani. E farli rispon-dere a quella chiamata che Gesùesercita anche e ancora oggi, pure semediata da una rete internet.

Resta da dire, perché pure questaè per l’appunto “cultura vocaziona-le”, che durante il festival missiona-rio online, i vincenziani hanno lan-ciato anche la campagna “dell’1 percento” «in cui cerchiamo di incorag-giare i confratelli — specifica il supe-

riore generale della congregazione —a considerare il ministero nelle mis-sioni ad gentes, ad impegnarsi nellariflessione sul nostro spirito missio-nario e a riconoscere che la missionedella congregazione non è limitataall’ambito internazionale ma siestende per l’appunto alle missioniad gentes delle Province, Viceprovin-ce e Regioni. La campagna dell’1 percento ha lo scopo di preparare trentaconfratelli a questo tipo di missio-ni».

Ecco perché sono quanto mai at-tuali, e vocazionali, quelle parole diVincent de Paul di oltre quattro se-coli fa sulla bellezza di risponderead una chiamata che è per il mondo,non solo per una parrocchia o unadio cesi.

Il missionario argentinoPedro Pablo Opeka (sopra);

To m a ž Mavrič, superiore generaledella Congregazione della missione

della Famiglia vincenziana

Il messaggio annuale del superiore generale

Testimoni instancabili di misericordiaROMA, 25. La pandemia e la risposta cristianaispirata al carisma vincenziano sono i temicentrali del messaggio che il superiore genera-le della Congregazione della missione, padreTo m a ž Mavrič, ha indirizzato a tutta la Fami-glia vincenziana diffusa nei cinque continentiin occasione della memoria liturgica di sanVincenzo de’ Paoli e alla luce della sfida rap-presentata, in termini di carità, dal coronavi-ru s .

«Insieme nella preghiera, nel pensiero enell’azione» ha sottolineato il superiore gene-rale ricordando tre elementi da considerare: lapreghiera di intercessione di san GiovanniGabriele Perboyre, il primo santo canonizzatoin Cina, per la guarigione dei malati colpitidal covid-19 e la salute per tutti gli operatorisanitari, sociali e religiosi, le autorità pubbli-che e quanti che, in qualsiasi modo, si adope-rano per alleviare le sofferenze causate dallapandemia; il momento di riflessione dal titolo«La preghiera della Famiglia vincenziana per

un mondo che ha bisogno», per coloro chesoffrono le terribili conseguenze del morbo,del razzismo e di altre “pandemie” che viola-no la dignità umana; e la risposta della Fami-glia vincenziana alla tragedia di Beirut, un av-venimento, ha affermato padre Mavrič, tragi-co come tanti altri in tutto il mondo. «Guer-re, terremoti, inondazioni e altre calamità mo-strano chiaramente l’importanza di un model-lo per rispondere a tali urgenti bisogni rapi-damente e nel modo più organizzato ed effi-cace possibile». Da qui l’auspicio di diventaresempre di più «strumenti affettivi ed efficacinelle mani di Gesù per testimoniare la Suamisericordia, la Sua compassione e il Suoamore ovunque Egli voglia inviarci».

Per rafforzare gli impegni attuali il modellodella Famiglia vincenziana nel mondo intero,prosegue il messaggio, dev’essere quello di«continuare a crescere nella pratica concretadell’agire e della risposta all’appello dei pove-ri, insieme come Famiglia e come movimento.

Ogni singolo ramo, grande o piccolo che sia,è una parte preziosa del meraviglioso mosaicoche compone la Famiglia vincenziana», defi-nita da padre Mavrič «una forza su cui pos-sono contare i poveri del mondo».

Dopo aver ricordato che all’inizio del 2020,per prima volta, tutti i rappresentanti interna-zionali dei 170 rami della Famiglia vincenzia-na, i Superiori generali e i presidenti interna-zionali, sono stati invitati a Roma per «incon-trarsi, condividere, ascoltarsi, fare progetti epassi concreti per avanzare nel futuro, il reli-gioso ha indicato i significativi risultati dellaCampagna delle 13 case, un’iniziativa nelcampo della carità elaborata dall’Alleanza peri senzatetto della Famiglia vincenziana (Fha),consistente in 52 progetti in via di sviluppo in37 Paesi, con finora 761 abitazioni costruite oriparate, con l’obiettivo di trasformare la vitadi migliaia di persone. Un traguardo, ha riba-dito padre Mavrič, raggiungibile solo con l’in-cessante impegno di tutti i vincenziani.

Page 7: Cuore che vede mani che fanno invertire la rotta Attentato nel ......sua proprietà”. Vent’anni dopo, precisa-mente nel 1942, Benjamin reinterpretò il dipinto, immergendolo nella

L’OSSERVATORE ROMANOsabato 26 settembre 2020 pagina 7

Le conclusioni del Forum sull’accesso all’acqua

Collab orareper sopravvivere

di MARCELO FIGUEROA

I l forum «Dal diritto all’acquaal diritto alla speranza» si èconcluso lo scorso 17 settembre,

dopo sei incontri che hanno costi-tuito un processo di dialogo inizia-to nel mese di giugno. A questi in-contri virtuali, sostenuti dallo stessoPapa Francesco, hanno preso parteesperti di oltre venti Paesi del mon-do. L’attività è stata coordinata dalprofessor Luis Liberman e da Ga-briela Sacco, rispettivamente diret-tore generale e direttore esecutivodell’Instituto para el diálogo globaly la cultura del encuentro (Idgce),e dal cardinale Cláudio Hummes,presidente della Rete ecclesiale pa-namazzonica (Repam), che è statoanche relatore generale del Sinododei vescovi per l’Amazzonia tenuto-si in Vaticano a ottobre 2019.

In un comunicato ufficiale, l’Id-gce e la Repam hanno evidenziatola presenza al forum del linguistanordamericano Noam Chomsky, co-me anche di altri importanti relato-ri, i cui interventi sono stati divisiin tre segmenti programmatici.

L’intellettuale statunitense ha fat-to riferimento alle grandi crisi chel’umanità sta attraversando — de-mocratica, economica, climatica eora anche sanitaria — e ha lanciatoun appello ai nuovi leader e alla so-cietà nel suo insieme: «Occorre unosforzo comunitario». Inoltre ha af-fermato che il momento attuale, piùche porre dilemmi, presenta unpronostico poco favorevole per ilpianeta: «Internazionalismo o estin-zione, a questo dobbiamo far fron-te. È improbabile che l’umanitàpossa sopravvivere con un innalza-mento di dieci metri del livello delmare», ha ammonito. Ha inoltre ri-conosciuto che il lavoro di PapaFrancesco è «un campanello d’allar-me per affrontare questa crisi».

Il primo a intervenire nel dibatti-to è stato l’avvocato ambientalistaRobert Billot, seguito da XimenaLombana, attivista per i diritti uma-ni delle popolazioni dell’Amazzoniacolombiana. Billot ha presentato ilpercorso della sua causa più emble-matica, quella contro l’azienda chi-mica nordamericana DuPont, accu-sata di aver inquinato con prodottichimici non regolamentati le acquedella città di Parkersburg, nello sta-to della Virginia occidentale. La suaè stata una delle cause più rap-presentative in materia di contro-versia ambientale e ha ispirato an-che un film nel 2019 dal titolo D a rkWa t e rs .

Sulla stessa linea Ximena Lom-bana, la quale, oltre a essere difen-sore dei diritti della popolazionedell’Amazzonia colombiana, è an-che avvocato del Vicariato del suddell’arcidiocesi di Florencia (Caque-tá) e ha presentato i risultati del«Resoconto della violazione dei di-ritti umani delle comunità del-l’Amazzonia», un lavoro congiuntodell’Asse dei diritti umani e dellaRete ecclesiale panamazzonica, dicui l’attivista fa parte. Lambana hadenunciato il fatto che nelle politi-che statali non si tiene conto dellepopolazioni indigene della Pana-mazzonia, che sono vittime dellacolonizzazione dei territori a bene-ficio di capitali privati, «e in Co-lombia anche vittime del conflittosociale e armato, erroneamentechiamato post-conflitto».

Al secondo tavolo di lavoro è in-tervenuto il presidente del Consi-

glio mondiale sull’acqua, Loïc Fau-chon. Ha colto l’occasione per ri-chiamare l’attenzione sul fatto chequello idrico è un tema inevitabil-mente politico. Secondo il dirigentedi questo organismo internazionale,«l’accesso all’acqua deve attuarsicome un imperativo quotidiano, as-sicurando l’acqua di oggi e l’acquadi domani». È quindi intervenuto ilricercatore Carlos Nobre. A suo av-viso se vogliamo trovare soluzionialle problematiche che nascono dalcambiamento climatico «dobbiamoascoltare la saggezza delle comunitàamazzoniche, dobbiamo imparareda loro» e, sempre a suo avviso,dobbiamo affrontare anche la sfidadi collaborare affinché le forestepossano recuperare l’equilibrio e sisostengano da sole.

La conclusione è stata affidata aFernando Ezequiel Solanas, amba-sciatore argentino presso l’Unesco.Il cineasta ed ex legislatore argenti-no ha analizzato la situazione at-tuale e ha sottolineato le conse-guenze politiche del cambiamentoclimatico: «I Paesi dell’e m i s f e ronord nel loro insieme emettono piùdell’80 per cento dei gas ad effettoserra. I Paesi del sud, che ne emet-tono meno del 15 per cento, sonoperò le vittime principali». SecondoSolanas. «Abbiamo bisogno di uncambiamento culturale per un cam-biamento civilizzatore, per il piane-ta e per continuare a esistere», haaffermato Solanas.

Miguel Heinz, presidente dell’as-sociazione caritativa tedesca Adve-niat, ha inaugurato il terzo tavolodi lavoro. Nel suo intervento il sa-cerdote ha affermato che è impor-tante non perdere di vista le altreingiustizie a cui sono esposte le po-polazioni più vulnerabili del conti-nente, perché «il coronavirus nonsolo aggrava le violazioni dei dirittiumani, ma è anche come una lented’ingrandimento che rivela le ingiu-stizie strutturali sociali di questomondo. La pandemia deve far apri-re gli occhi ai leader economici esociali, ma pure a noi stessi perchéne siamo parte». Sulla stessa lineail vicepresidente della Repam, car-dinale Pedro Ricardo Barreto Jime-no, che ha ricordato l’imp ortanzadel Sinodo per l’Amazzonia nellosforzo di trovare soluzioni alle crisiambientali e sociali che colpisconole comunità più bisognose del mon-do: «Lo svolgimento del Sinodo ciha dato un forte impulso a metterein pratica l’inculturazione della pa-ce. Credo che Papa Francesco cifaccia sognare — sognare insieme —per custodire l’acqua, la ricchezzadella natura e la vita, credo che ilnostro compito sia convincere lagente: dobbiamo cercare insieme unmodello di sviluppo alternativoperché quello attuale ha fallito».

Nell’intervento conclusivo LuisLiberman, ha affermato che «non sitratta di intendere la speranza comeun fatto d’ingenuità. È un lavoroche implica discernimento, dialogo,pensare il futuro e pensarlo a parti-re dal presente, non attenderlo».Alle sue parole sono seguite quelledel cardinale Cláudio Hummes sullavoro che devono continuare asvolgere tutti i relatori del forum:«Andiamo alla ricerca di una socie-tà di prossimi dove riconoscerci. Èuna concezione ontologica del-l’umano dell’uomo ed è una condi-zione dell’esistenza. È semplice, ècome tendere una mano in attesadell’altra».

I vescovi colombiani chiedono il rispetto dei diritti umani

Il conforto della Chiesaagli sfollati interni

di GIORDANO CONTU

La Colombia è il secondo Paeseal mondo per numero di sfol-lati interni. A questi a maggio

Papa Francesco ha dedicato il mes-saggio per la Giornata mondiale delrifugiato e del migrante che si cele-bra il 27 settembre. In 50 anni nelloStato latinoamericano 5,5 milioni dipersone sono state costrette ad ab-bandonare la propria dimora a causadi conflitti e violenze. La situazioneè migliorata dopo il 2016, anno incui il governo e le Forze armate ri-voluzionare colombiane (Farc) han-no firmato un accordo di pace. Tut-tavia, di recente gli scontri si sonoriacutizzati con altri gruppi armati.La Chiesa locale è impegnata a pro-muovere il dialogo. «È importantecercare di costruire ponti per mette-re in contatto i governanti e coloroche si trovano al margine della leg-ge», dichiara a «L’Osservatore Ro-mano», monsignor Héctor FabioHenao Gaviria, direttore del Segre-tariato nazionale per la Pastorale so-ciale e di Caritas Colombia. «Oc-corre portare fiducia e sollievo allepopolazioni che vivono in mezzo al-la violenza, sotto il controllo di uo-mini armati, senza una vera libertà.Dobbiamo ricordare che ci sonotante vittime e vedove in queste co-munità povere, che hanno sofferto alungo e che vedono in prima linea ipropri figli, rapiti e trasformati inbambini soldato».

Il 2020 non è iniziato bene. Neiterritori lungo il confine con l’Ecua-dor e il Venezuela si sono verificatiscontri causati da dissidenti delle exFarc che hanno ripreso in braccio learmi, dai guerriglieri dell’Esercito diliberazione nazionale (Eln) e dallebande criminali legate al narcotraffi-co. A imporsi sono state queste ulti-me che ora controllano le strade at-traverso cui trasportano la droga fi-no all’Oceano Pacifico. Il prezzopiù alto lo ha pagato la gente comu-ne, in particolare gli indigeni e lepopolazioni afro-colombiane, tra iquali c’è chi ha venduto il proprioappezzamento di terra ed è emigra-to, mentre altri vivono confinati nel-le proprie comunità.

«La situazione non è drammaticacome lo era 15 anni fa, ma oggi si fadi giorno in giorno più complessaperché, c’è un problema di restitu-zione dei diritti», ha affermato ilpresule, nominato di recente coordi-natore della Commissione per gli af-fari territoriali nel Consiglio nazio-nale per la pace. Da anni, infatti, sidiscute su cosa fare per ridare digni-tà a oltre 8 milioni di persone e «fi-nalmente la Corte Costituzionale hasollecitato il governo a trovare solu-zioni adeguate». Gli sfollati internicolombiani, in genere, vivono in cit-tà in uno stato di povertà estrema.Sono ex contadini costretti con lapropria famiglia ad abbandonareogni possedimento a causa dellapressione di gruppi armati che vo-gliono impadronirsi della loro terrao controllare la regione. Altri migra-no, invece, per sfuggire dalle violen-ze di queste bande armate che siscontrano tra loro o con l’e s e rc i t onazionale.

A settembre alcune diocesi e varieorganizzazioni umanitarie hanno de-

nunciato le difficili condizioni di vi-ta e il mancato rispetto dei dirittiumani nei dipartimenti costieri delChocó, Nariño e Cauca, e nell’en-troterra ad Arauca. Da decenni laChiesa locale promuove la pace avari livelli. «Per prima cosa ci sonole iniziative di protezione delle co-munità e dei loro leader locali chesono in prima linea con azioni checomportano un alto rischio», rac-conta monsignor Henao Gaviria.Per esempio, l’estirpazione dellepiante di cocaina o la protezione delpatrimonio idrico di fiumi e di la-ghi. Ciò ha portato ad un aumentodel numero degli omicidi, «anche

privi di una vera ragione e senza chevi fosse una reale minaccia». Secon-do il ministero della giustizia colom-biano sono 400 i leader sociali e po-litici uccisi tra il 2016 e il 2019. I ci-vili che hanno perso la vita, invece,quest’anno sono 230 secondo il cen-tro studi Indepaz.

«Una seconda cosa che facciamoè promuovere lo sviluppo locale percreare opportunità», prosegue il di-rettore per la pastorale sociale. Conla pandemia questo aspetto si è rive-lato un importante strumento control’impoverimento del Paese. Sono«iniziative produttive concrete» fi-nanziate dalle Caritas locali ed euro-pee, dal governo e da altre organiz-zazioni. Come la creazione di unarete di 1050 piccoli produttori di caf-fè basata sul concetto di svilupposostenibile dal punto di vista econo-mico, ambientale e sociale nel dipar-timento di Cauca e di Huila. Oppu-re la realizzazione di aziende di ac-quacoltura come quella che a Ca-quetá ha dato la possibilità a 90 exguerriglieri Farc di rifarsi una vitalontano dalle armi e dalle violenze.«Ciò che è molto importante — p re -cisa — è rafforzare la progettazionedella comunità affinché vivano me-glio in futuro».

«Un terzo gruppo di interventi èdedicato alla protezione dei dirittiumani. È rivolto agli sfollati interni eai migranti, in particolare quelli pro-venienti dal Venezuela» tra i quali ol-tre 214.000 sono stati aiutati dallaChiesa locale e dalle Caritas. Aglisfollati è offerta una «risposta inte-grale» che tenga conto degli «effetti

fisici ed emotivi» provocati dall’ab -bandono della patria o della propriacasa. L’obiettivo è quello di ricucire iltessuto familiare e sociale mediante lasperanza e l’autostima. Sostenere unloro progetto di vita in concreto si-gnifica: garantire la sicurezza alimen-tare, sussidi per la casa, l’accessoall’acqua potabile e corrente, ma an-che celebrare insieme, istruire, educa-re all’igiene, informare sulla attualità.Tutte iniziative che hanno il sostegnofinanziario del Dicastero per lo svi-luppo umano integrale e della Sezio-ne migranti e rifugiati. «Un altro la-voro importante si rivolge alle comu-nità indigene dell’Amazzonia», prose-

gue monsignor Henao Gaviria. Unterritorio che occupa oltre il 40 percento della regione. Durante la pan-demia l’episcopato colombiano haproposto al governo di creare ospe-dali da campo, di assicurare aiuti ali-mentari, di tutelare l’economia infor-male, la biodiversità e le frontiere.Senza dimenticare la lotta alla defore-stazione e al cambiamento climatico.

I progetti più complessi riguarda-no la pace: dall’implementazionedell'accordo stipulato nel 2016 fra ilgoverno e le Farc, alla pacificazionedelle comunità locali. Iniziative so-stenute anche dal Consiglio di sicu-rezza delle Nazioni Unite e che han-no portato alla costruzione di unprogramma di reinserimento socialeper gli ex combattenti delle Farc chehanno deposto le armi. «La Chiesaha sempre detto che attraverso ildialogo occorre trovare una soluzio-ne politica», aggiunge il direttoreper la Pastorale sociale. È un per-corso lungo e pieno di ostacoli. Perfavorire la riconciliazione è statacreata una rete cattolica globale checomprende il Colombia WorkingGroup di Caritas Internationalis, ilCatholic relief services (Crs), Adve-niat, Misereor e Papa Foundation.Insieme a Ecuador e Cuba la Co-lombia tratta con l’Esercito di libe-razione nazionale, una confederazio-ne di gruppi armati che, tra sospen-sioni e ripresa dei negoziati, ha ac-cettato di limitare i sequestri. Nonc’è dialogo, invece, con i narcotraffi-canti, privi di un’ideologia politica eche non combattono solo per rende-re fiorenti i loro traffici illeciti.

«Oggi la grande sfida per la Co-munità internazionale e per la Co-lombia è la protezione delle comuni-tà, ma soprattutto dei leader socialie degli ex combattenti che ora si oc-cupano del processo di pace», pro-segue il presule. Questa è una crisiumanitaria composita. Il fenomenodegli sfollati, infatti, ha una doppiadimensione: interna e una esterna.Sotto quest’ultimo aspetto vannoconsiderati i due milioni di venezue-lani che negli ultimi anni hanno at-traversato il confine a causa delletensioni politiche. Durante la pan-demia c’è stato un controesodo, maora hanno ripreso a tornare in Co-

Appello della Conferenza episcopale al Congresso degli Stati Uniti

Riconoscere il ruolo essenziale dei lavoratori immigrati

Lutto nell’episcopatoMonsignor John Joseph Myers,arcivescovo emerito di Newark,negli Stati Uniti d’America, èmorto giovedì 24 settembre. Natoil 26 luglio 1941 a Ottawa, nelladiocesi di Peoria, aveva ricevutol’ordinazione sacerdotale il 17 di-cembre 1966. Nominato vescovocoadiutore di Peoria il 7 luglio1987, aveva ricevuto l’o rd i n a z i o n eepiscopale il successivo 3 settem-bre. Quindi il 23 gennaio 1990era divenuto vescovo di Peoria,succedendo per coadiuzione. Il24 luglio 2001 era stato promossoarcivescovo di Newark. E il 7 no-vembre 2016 aveva rinunciato algoverno pastorale.

Nuovo membrodella Pontificia

Accademiadelle scienze

Jürgen Knoblich

Nato il 24 ottobre 1963 a Mem-mingen, in Germania, ha studiatobiochimica presso l’Università diTubinga e Biologia molecolareall’University College London.Ha conseguito il dottorato di ri-cerca presso il Max Plank Institu-te for Developmental Biology aTubinga. Ha lavorato presso variIstituti di ricerca, concentrando lapropria attenzione sui meccanismimolecolari dello sviluppo del cer-vello umano e su alcune malattieconnesse. Dal 2018 è direttorescientifico dell’Institute of Mole-cular Biotechnology (IMBA)dell’Accademia Austriaca dellescienze. Ha ricevuto diversi rico-noscimenti in campo scientifico.

WASHINGTON, 25. Un appello affin-ché venga riconosciuto il contributoalla società di immigrati e rifugiatiche svogono lavori “essenziali” inquesto periodo di crisi sanitaria èstato lanciato, nei giorni scorsi, dallaConferenza episcopale degli StatiUniti che chiede al governo di so-stenerli, insieme alle loro famiglie.

Al riguardo, monsignor MarioEduardo Dorsonville-Rodríguez, ve-scovo ausiliare di Washington e presi-dente della Commissione episcopaleper le migrazioni, è intervenuto pres-so la Commissione giudiziaria dellaCamera nel corso di un’audizionedella sotto-commissione per l’immi -grazione e la cittadinanza sul tema:«Gli immigrati come lavoratori essen-ziali durante il covid-19». «Gli immi-grati e i rifugiati — ha dichiarato ilpresule — sono una benedizione peril nostro Paese. La Chiesa insegnache ogni essere umano è creato adimmagine e somiglianza di Dio e me-

rita dignità e rispetto. Il lavoro uma-no ha una dignità intrinseca — ha ag-giunto il vescovo ausiliare — che per-mette a tutti di condividere l’op eradella creazione, fornendo le risorseper costruire e sostenere le famiglie».

Per questa ragione, monsignorDorsonville-Rodriguez ha spiegatoche «i contributi dei lavoratori es-senziali sono diventati senza dubbiopiù importanti durante il periododella pandemia da covid-19: molti diessi, infatti, sono cittadini statuni-tensi, ma molti altri sono immigratie rifugiati». Al riguardo, il presuleha ricordato che: «Il 31 per centodei lavoratori agricoli statunitensi ècostituito proprio da immigrati chemettono a rischio la propria sicurez-za per sostenere le loro famiglie eper garantire la continuità delle ca-tene di approvvigionamento alimen-tare della nazione».

Tuttavia, la Conferenza episcopaleha precisato che «i lavoratori essen-

ziali immigrati e rifugiati sono alta-mente vulnerabili al covid-19 edhanno meno possibilità di avere ac-cesso alle cure mediche», tanto è ve-ro che «finora — spiegano i presuli— sono stati completamente esclusida qualsiasi soccorso o assistenza fe-derale». Di qui, l’appello dell’epi-scopato al Congresso degli StatiUniti affinché includa «le famigliedi immigrati e rifugiati» nelle politi-che di soccorso anti covid-19, sia inquelli futuri che in quelli già in atto,attraverso un opportuno adegua-mento. Inoltre, l’episcopato ha riba-dito il proprio sostegno a «un per-corso verso la cittadinanza per i la-voratori privi di documenti che, tut-tavia, hanno vissuto, lavorato e datoil loro contributo al Paese».

«Come afferma Papa Francesco —conclude il vescovo ausiliare di Wa-shington — nessuno deve essere la-sciato indietro».

lombia. Senza dimenticare che ilPaese è una terra di mezzo attraver-sata da flussi migratori provenientida tutta l’America latina, dall’Asia edall’Africa con destinazione Panamá,Centroamerica e infine Stati Uniti.Oggi, conclude monsignor HenaoGaviria, «la Giornata mondiale demigrante e del rifugiato ci ricordache siamo una grande famiglia».Con la pandemia «è come averchiuso un capitolo dell’umanità peraprirne un altro. Ora dobbiamoaprirci all’altro, perché dipendiamogli uni dagli altri e sappiamo di es-sere membri di un unico popolo».

Page 8: Cuore che vede mani che fanno invertire la rotta Attentato nel ......sua proprietà”. Vent’anni dopo, precisa-mente nel 1942, Benjamin reinterpretò il dipinto, immergendolo nella

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 sabato 26 settembre 2020

Il Papa incoraggia il Circolo San Pietro nel servizio verso i nuovi poveri colpiti dalla pandemia

Cuore che vede, mani che fannoServono un «cuore che veda e maniche facciano» per contrastare «glieffetti della pandemia» che «sarannoterribili»: è quanto ha detto Francescoai soci del Circolo San Pietro ricevutiin udienza nella mattina di venerdì 25settembre, nella Sala Clementina, inoccasione dell’annuale consegnadell’obolo raccolto nelle chiese di Romaper la carità del Papa.

Cari soci del Circolo San Pietro,b envenuti!Ringrazio il nuovo Presidentedell’Associazione, Marchese NiccolòSacchetti, per le gentili parole chemi ha rivolto, e gli auguro ogni beneper questo nuovo incarico.

Il vostro motto è: «Preghiera -Azione - Sacrificio». Queste parolerappresentano i tre principi-cardinesu cui si basa la vita del Sodalizio.Nel nostro incontro dello scorso an-no ho incentrato la mia riflessionesul primo: la preghiera (cfr. D i s c o rs oai soci del Circolo San Pietro, 19 feb-braio 2019). Quest’anno, invece, vor-rei soffermarmi sull’azione.

La pandemia, con l’esigenza deldistanziamento interpersonale, vi hachiesto di ripensare le modalità con-crete delle opere caritative chenell’ordinario portate avanti in favo-re dei poveri di Roma. Ai bisognidelle persone che abitualmente servi-te si è aggiunta la necessità di ri-spondere alle urgenze di tante fami-glie, che si sono trovate dall’oggi aldomani in ristrettezze economiche.E non spaventarsi: ce ne saranno dipiù e di più e di più, perché gli ef-fetti della pandemia saranno terribi-li.

A una situazione eccezionale nonsi può dare una risposta usuale, maè richiesta una reazione nuova, diffe-rente. Per fare questo è necessarioavere un cuore che sappia “v e d e re ”

le ferite della società e mani creativenella carità operosa. Cuore che vedae mani che facciano. Questi due ele-menti sono importanti affinchéun’azione caritativa possa esseresempre feconda.

Per prima cosa è urgente indivi-duare nella città che rapidamente sitrasforma le nuove forme di povertà.La povertà, di solito, ha pudore: bi-sogna andare a scoprire dov’è… Lenuove forme di povertà: voi lo sape-te bene, ce ne sono tante: povertàmateriali, povertà umane, povertàsociali. A noi il compito di scorgerlecon gli occhi del cuore. Bisogna sa-per guardare le ferite umane con ilcuore per “prendere a cuore” la vitadell’altro. Così questo non è più so-lo un estraneo bisognoso di aiutoma, prima di tutto, un fratello, unfratello mendicante di amore. E soloquando prendiamo a cuore qualcu-no, possiamo rispondere a questa at-tesa. È l’esperienza della misericor-dia: m i s e r i - c o r - d a re , dare il cuore aimiseri.

Il nostro mondo, come osservavaquarant’anni fa San Giovanni PaoloII, «sembra non lasci spazio alla mi-sericordia» (Enc. Dives in misericor-dia, 2). Ciascuno di noi è chiamato ainvertire la rotta. E questo è possibi-le se ci lasciamo toccare in primapersona dalla potenza della miseri-cordia di Dio. Luogo privilegiatoper fare questa esperienza è il sacra-mento della Riconciliazione. Nelpresentare al Signore le nostre mise-rie, siamo avvolti dalla misericordiadel Padre. Ed è questa misericordiache siamo chiamati a vivere e a do-nare. Sempre viene da Dio, per noie per gli altri.

Dopo aver visto le piaghe dellacittà in cui viviamo, la misericordiaci invita ad avere “fantasia” nelle ma-ni. È quanto avete fatto in questotempo di pandemia, e tanto! Accet-

tata la sfida di rispondere a una si-tuazione concreta, avete saputo ade-guare il vostro servizio alle nuovenecessità imposte dal virus. Mi piacericordare anche un piccolo-grandegesto che il gruppo giovani del Cir-colo ha compiuto verso i soci piùanziani: un giro di telefonate per ve-dere se tutto andava bene e per fareloro un po’ di compagnia. Questa èla fantasia della misericordia.

Vi incoraggio a continuare conimpegno e gioia nelle vostre operedi carità, sempre attenti e pronti a ri-spondere con audacia ai bisogni deipoveri. Non stancatevi di chiedere

questa grazia allo Spirito Santo nellapreghiera personale e comunitaria.

Vi ringrazio perché siete espressio-ne concreta della carità del Papa chesi prende cura delle povertà di Ro-ma. Dei poveri e delle povertà. E visono grato per l’Obolo di San Pietroche ogni anno raccogliete nelle chie-se della città e che oggi mi offrite.

Affido voi, i vostri familiari e tuttele persone che quotidianamente assi-stete a Maria, Salus Populi Romani,e all’intercessione dei santi patronidi Roma Pietro e Paolo. E vi chiedodi continuare a pregare per me. Gra-zie.

Nel saluto del presidente che ha consegnato l’ob olo

Quelle “p a l e s t re ” in cui ci si allena alla caritàLe strutture di accoglienza per i poveri di Roma;la Casa famiglia di via della Lungaretta e quella,in ristrutturazione, intitolata a san Paolo VI, perle famiglie dei piccoli ricoverati all’ospedale pe-diatrico Bambino Gesù; e l’Hospice per le curepalliative di via Poerio, dove viene svolto un«servizio che ci piace definire “alle porte del Pa-radiso”»: è in queste “p a l e s t re ” che i volontaridel Circolo San Pietro “allenano” il loro «impe-gno quotidiano di carità», come ha spiegato ilpresidente Niccolò Sacchetti nel saluto rivolto alPapa all’inizio dell’udienza.

Eletto nel febbraio scorso, per la prima voltaha consegnato al vescovo di Roma l’obolo rac-colto ogni anno nelle chiese della città dai socidell’antico sodalizio. Confidando a Francesco lapropria emozione, ha ricordato di essere «statoda pochissimo scelto a rappresentare il CircoloSan Pietro»; perciò — ha aggiunto — «le sue pa-role mi saranno di grande conforto e sostegno».

Del resto, l’inizio del suo mandato è coincisocon «i mesi del lo ckdown» volto a contenere la

diffusione del contagio da coronavirus: un tem-po, ha evidenziato, in cui si è potuta «toccarecon mano» la grande «solidarietà che traboccanella nostra amata città di Roma. Una solidarietàsilenziosa, che non fa rumore, ma che ha riempi-to i nostri cuori di speranza: è stato commovente— ha aggiunto — vedere quante persone si sonorese disponibili ad aiutare con il proprio tempo,con il tanto o il poco di cui disponevano, con unentusiasmo travolgente e uno spirito di compas-sionevole vicinanza, consentendo alla “minestradel Papa” di continuare e prestare il servizio abeneficio di chi ne aveva ancora più bisogno».

È stato, ha osservato il presidente del CircoloSan Pietro, «un periodo difficile, ma per moltiversi fecondo, in cui ci siamo sentiti sorretti dallaProvvidenza e accompagnati per mano da MariaSalus Populi Romani, alla quale ci eravamo con-sacrati nuovamente proprio pochi giorni primadell’insorgere della pandemia». E così, come fan-no da centocinquant’anni per essere d’aiuto aquanti sono nella necessità attraverso numerose

«opere di carità nella diocesi del vescovo di Ro-ma», i soci del sodalizio hanno potuto continua-re a «tenere aperte le varie attività di assistenzamalgrado i tanti problemi» anche nell’e m e rg e n z aprovocata dal covid-19.

Infine, riprendendo espressioni mutuate dallinguaggio sportivo, Sacchetti ha rinnovato l’im-pegno del Circolo San Pietro «a percorrere lastrada dell’accoglienza, che ci fa essere ancorapiù vicini all’altro, in una gara di amore verso ilprossimo»: il che si traduce nell’accogliere «i bi-sognosi che si affacciano numerosi alle nostremense, coloro che cercano una doccia calda e unletto per riposare o vestiti con cui difendersi dalfreddo e mantenere la propria dignità; nell’ac-compagnare «la sofferenza così difficile da accet-tare» dei bambini o dei malati terminali. Conl’assicurazione, ha concluso, che nella sede di pa-lazzo San Calisto tutti si “allenano” ogni giornoa questo servizio, «iniziando dai rapporti tra noisoci e volontari, con le nostre famiglie e i nostriamici».

A Napoli la beatificazione di Maria Luigia Velotti

Donna del popolo attenta ai bisogni degli ultimiIl 25 settembre 1953 l’arresto del cardinale polacco Stefan Wyszyński

La fiera testimonianzadel primate del Millennio

di MASSIMILIANO SIGNIFREDI

I l 25 settembre 1953, 67 anni fa, il cardinaleStefan Wyszyński venne arrestato dalle au-torità della Polonia socialista e internato

in una località segreta, sotto il controllo deiservizi di sicurezza. Chiamato a guidare laChiesa polacca nel 1948, quando era il piùgiovane vescovo del suo Paese, Wyszyński ave-va alternato un atteggiamento di fermezza neiconfronti del governo comunista a una linea didialogo, firmando nel 1950 un modus vivendi, ilprimo tra un episcopato e un regime dell’Est,che a Roma non era piaciuto ed era parso unpericoloso cedimento. Nei tre anni successivile autorità di Varsavia erano più volte venutemeno all’accordo, arrestando alcuni vescovi ecostringendo la Chiesa in un angolo. Quandoun decreto governativo sottopose tutte le no-mine ecclesiastiche al vaglio dell’Ufficio stataleper gli Affari religiosi, i vescovi reagirono alleader comunista Bierut con un duro memoria-le, passato alla storia con il nome Non possu-mus: «Ci è impossibile sacrificare sull’altare diCesare le cose divine». Fu allora che i comuni-sti polacchi presero la decisione di arrestareWy s z y ński.

Vibrante fu la reazione della Santa Sede. IlSant’Uffizio scomunicò quanti avevano «osatoalzare sacrilegamente le mani» sul primate po-lacco e sulle colonne di questo giornale, dal 30settembre al 10 ottobre, vennero pubblicati nu-merosi articoli e messaggi di protesta per l’ar-resto di Wyszyński, nonché alcuni suoi discor-si e omelie. Per settimane, numerose città eu-ropee ospitarono manifestazioni di solidarietàalla Chiesa di Polonia privata del suo primate,mentre al coro contro i comunisti di Varsaviasi unì anche la voce del presidente americanoE i s e n h o w e r.

Nel suo luogo di detenzione Wyszyński eracompletamente ignaro di tutto questo, isolatocom’era dal mondo esterno, ma ebbe modo diriflettere sulla sua vocazione di cristiano, sa-cerdote e vescovo in un tempo tormentato, tral’apocalisse della seconda guerra mondiale e lapresa del potere da parte di un governo satelli-te dell’Unione Sovietica. I suoi Appunti dellaprigione, pubblicati postumi in polacco, inFrancia, e subito tradotti in varie lingue, sonoun capolavoro di spiritualità, oltre che una vi-vida testimonianza della sofferenza dei cristia-ni dell’Est. In una pagina di estrema lucidità,Wy s z y ński ritornò sulla sua decisione di dialo-gare coi comunisti, rivendicando la necessitàdi un «modus vivendi tra l’episcopato e il go-verno», perché la Polonia «aveva versato trop-po sangue al tempo dell’occupazione nazistaper potersi permettere di versarne ancora».

Inoltre il primate polacco, mentre era priva-to della libertà, concepì un progetto a lungotermine di ricostruzione della Chiesa e dellasocietà nella prospettiva del Millennio del bat-tesimo della Polonia (966), un vero piano diresistenza e liberazione spirituale, convinto chele sorti del comunismo si sarebbero decise«non in Russia ma in Polonia, attraverso ilsuo cattolicesimo», perché, una volta converti-ta, la Polonia sarebbe divenuta «una grandeforza morale e il comunismo [sarebbe crollato]da solo».

Tre anni dopo, il 28 ottobre 1956, in un pe-riodo di profondi rivolgimenti, Wyszyński uscìdi prigione, per decisione di Władysław Go-mułka, leader del Partito operario unificatopolacco, anch’egli passato per le prigioni stali-niste, ma riabilitato e messo alla guida delPaese, nonostante le perplessità di Chrušč ë v.

Dopo la liberazione di Wyszyński, la Polo-nia sarebbe rimasta comunista per alcuni anni,ma la Chiesa polacca aveva guadagnato unatale autorevolezza da poter giocare un ruolopubblico, unico nei Paesi oltrecortina. Alcunianni dopo avrebbe dato un Papa alla Chiesa esarebbe divenuta un’isola di libertà, dove len-tamente e dolcemente maturò il sogno diun’uscita pacifica dal comunismo.

Una delle pagine che tra il 30 settembre e il 10 ottobre 1953«L’Osservatore Romano» pubblicò

dopo l’arresto del cardinale Wyszyński

di GI O VA N G I U S E P P E CA L I FA N O *

Maria Luigia Velotti — che vienebeatificata a Napoli sabato matti-na, 26 settembre — è una singola-

re figura di quella stagione di santità fiori-ta nel corso dell’Ottocento nella Chiesa diNapoli, a cui contribuì in maniera efficacel’azione pastorale del venerabile cardinaleSisto Riario Sforza, arcivescovo negli anni1845-1877. La vicenda umana della nuovabeata si dispiega negli ambiti più umilidella scala sociale. I casali di Soccavo, Si-rico di Nola, Capodimonte, Miano, e infi-ne la cittadina di Casoria, furono le tappeche segnarono la modesta geografia dellasua vita. Mentre san Ludovico da Casoria,che pure fu suo confessore, coinvolgevanella sua vulcanica opera caritativa i piùnoti personaggi del mondo culturale, poli-tico ed ecclesiale del suo tempo e santaCaterina Volpicelli si adoperava a diffon-dere con ardore l’Apostolato della pre-ghiera e la devozione al Sacro Cuore diGesù a partire dai più prestigiosi salottidella borghesia napoletana, Maria LuigiaVelotti quasi in punta di piedi avviava lasua opera di evangelizzazione e di promo-zione umana a favore delle fanciulle e del-le donne del popolo, dopo aver vissutolunghi anni ritirata dal mondo, nella sem-plice condizione di terziaria francescana.

Maria Velotti era nata a Soccavo, villag-gio alle porte di Napoli, il 16 novembre1826. All’età di quattro anni, orfana di en-trambi i genitori, fu accolta dalla zia ma-terna a Sirico di Nola. Qui trascorseun’infanzia felice, finché il germe dell’invi-dia non venne a deteriorare la convivenza.Parenti malevoli, temendo di essere privatidell’eredità, istigarono la zia, nubile e pos-sidente, contro la nipote, dipinta comeuna ragazza fannullona e incapace. Alleproibizioni e alle angherie che ne seguiro-no, Maria rispose con atteggiamento umi-le e sottomesso, rifugiandosi nella preghie-ra. In questa via di umiltà e di sofferenza,privata una seconda volta degli affetti fa-miliari, Maria progredì nel cammino di fe-de. Risale al 1849 l’incontro col padre Fi-lippo Antonio da Domicella, frate minore,che la orientò definitivamente verso la spi-ritualità francescana. Il 2 febbraio 1853 nelconvento di San Giovanni in Palco a Tau-rano di Nola, la beata ricevette l’abito delterz’ordine francescano e assunse il nomedi Maria Luigia Pascale del SantissimoSacramento. L’anno successivo, professòla regola. Già da tempo si era ritirata a vi-vere presso una coppia di anziani coniugiche la consideravano come una figlia. Nel-la loro casa, poteva adempiere tranquilla-

mente le pratiche di pietà, vivendo nellaforma allora abituale nel Meridione d’Ita-lia, della monaca di casa.

A partire dal mese di luglio 1854 ebbeinizio una nuova tappa della sua vita, con-traddistinta dall’esperienza comunitaria.Su consiglio del confessore, l’umile terzia-ria di Sirico chiese di essere accolta nel“r i t i ro ” fondato a Capodimonte da MariaMichela Russo. Poi dal 1864 passò nel“conservatorio” delle Teresiane della Torre,alla salita San Raffaele di Materdei in Na-poli, dove stette due anni. Queste formedi vita religiosa, ancora molto diffusenell’Ottocento, furono il mezzo con cui ilSignore andò preparandola a quello chesarebbe stato il suo compito di fondatricedi una nuova comunità francescana. Infat-ti Maria Luigia, oltre l’intensa vita di pre-ghiera, avvertiva il bisogno di aprirsi auna dimensione apostolica più attiva, perrispondere efficacemente alle emergenzesociali del suo tempo. Con la sua primacompagna, Elisabetta Albini, che avevaconosciuto presso le Teresiane, nel 1868Maria Luigia si trasferì nel casale di Mia-no, nelle vicinanze del convento dei Fratiminori. Qui, sotto la guida del venerabilepadre Michelangelo da Marigliano, le duedonne svilupparono un umile ma intensoapostolato tra la popolazione. Intorno al1870, ritornarono a Napoli dove presero inaffitto una casa nel quartiere di Materdeiper iniziare ad accogliere bambine orfane,bisognose di assistenza. Fu questo il pe-riodo in cui si intensificarono i rapportispirituali con san Ludovico da Casoria,che spesso celebrava la messa per la picco-la comunità. Col tempo il raggio d’azionedi Maria Luigia si estese anche a ragazzee a donne desiderose di vivere ritirate dal

mondo. Con l’arrivo di nuove vocazioni,in questo contesto spirituale e apostolico,negli anni 1877-1879 nacquero le suoreFrancescane adoratrici della Santa Croce.Il venerabile Bernardino da Portogruaro,ministro generale dei Frati minori, in visi-ta a Napoli, conobbe personalmente lamadre Maria Luigia, ne divenne un since-ro estimatore, incoraggiò gli umili inizidella fondazione, riconoscendovi il dito diDio e l’autentica matrice francescana. Conla scelta del titolo dell’istituto la fondatri-ce intendeva esprimere la sua speciale de-vozione alla passione del Signore e l’idea-le di onorare la Croce con una perfettadonazione di carità. La spiritualità dellabeata affonda infatti nella più genuinascuola francescana dove la contemplazioneaffettiva trova il suo principale riferimentonel libro della Croce. Fin da giovane ma-dre Maria Luigia fu peraltro favorita dasingolari doni mistici che la resero parteci-pe dei dolori della passione di Gesù. Inol-tre si manifestarono in lei estasi, bilocazio-ni, scrutazione dei cuori, guarigioni, cari-smi che seppe custodire nell’umiltà e nelnascondimento, senza suscitare clamore.

Madre Maria Luigia fu una donna delpopolo sempre attenta ai bisogni degli ul-timi. La sua specifica missione, dal mo-mento che non poteva attendere ad attivi-tà esterne perché malata nel fisico, fuquella di attendere all’accoglienza di nu-merose persone che quotidianamente le fa-cevano visita per ottenere guida, confortoe sostegno spirituale. Benché illetterata, labeata fu amabile consigliera capace di di-spensare a tutti con semplicità la sapienzaevangelica che apprendeva all’incessantecontemplazione del mistero della Croce.

Nel 1884 madre Maria Luigia stabilì lasede del suo istituto a Casoria, in quelloche fu detto il “ritiro di Santa Maria”,adiacente la casa natale di padre Ludovicoda Casoria. Di lì a poco anche santa Ma-ria Cristina Brando e santa Giulia Salza-no, che pure conobbero e frequentarono labeata, eleggevano la cittadina campana acentro di irradiazione delle loro opere. In-tanto le sue condizioni di salute — che findal 1880 la costringevano alla sedia — siaggravarono. Nella serena attesa dell’in-contro con il Signore, madre Maria Luigiasi spense il mattino del 3 settembre 1886.La sua memoria restò in benedizione percui nel 1927 si avviò presso la curia eccle-siastica di Napoli il processo informativoper la sua beatificazione. La serva di Diofu dichiarata venerabile il 21 gennaio 2016.

*Postulatore generale dell’o rd i n edei Frati minori


Recommended