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DAL RISORGIMENTO ALLUNITA DITALIA Non una voce stanca e nostalgica, ma quella di un giovane, allegro...

Date post: 02-May-2015
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DAL RISORGIMENTO ALL’UNITA’ D’ITALIA “Non una voce stanca e nostalgica, ma quella di un giovane, allegro e lievemente incantato, dovrebbe raccontare le avventure e gli avvenimenti che hanno portato al Risorgimento” (Lucio Villari) Scuola Primaria Statale “Don S. Bavaro” Giovinazzo a.s. 2010-2011 INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO
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Page 1: DAL RISORGIMENTO ALLUNITA DITALIA Non una voce stanca e nostalgica, ma quella di un giovane, allegro e lievemente incantato, dovrebbe raccontare le avventure.

DAL RISORGIMENTO ALL’UNITA’ D’ITALIA

“Non una voce stanca e nostalgica, ma quella di un

giovane, allegro e lievemente incantato, dovrebbe raccontare le avventure e gli avvenimenti

che hanno portato al Risorgimento” (Lucio Villari)

Scuola Primaria Statale “Don S. Bavaro” Giovinazzo

a.s. 2010-2011

INDICEMAPPA

DELL’IPERTESTO

Page 2: DAL RISORGIMENTO ALLUNITA DITALIA Non una voce stanca e nostalgica, ma quella di un giovane, allegro e lievemente incantato, dovrebbe raccontare le avventure.

MAPPA DELL’IPERTESTOIL RISORGIMENTO

Un movimento politico per l’indipendenza d’Italia

Il tricolore Fatto da patrioti e grandi politici

Seconda guerra d’indipendenza

Impresa dei mille

Terza guerra d’indipendenza

Prima guerra d’indipendenzaMoti

insurrezionali

5 giornate di Milano

Insurrezione di Venezia

Giuseppe Garibaldi

Giuseppe Mazzini

Carlo Pisacane

Camillo Benso conte di Cavour

Vittorio Emanuele II

Carlo Alberto

Indice All’indomani del Congresso di Vienna

Espresso nella musica e nella pittura

Viva Verdi Pittori soldato

Il Nabucco

Inno di Mameli

Battaglia di Magenta

Battaglia di Solferino

Roma capitale d’Italia

L’incontro tra Garibaldi e il re

INDICE

Page 3: DAL RISORGIMENTO ALLUNITA DITALIA Non una voce stanca e nostalgica, ma quella di un giovane, allegro e lievemente incantato, dovrebbe raccontare le avventure.

INDICE Battaglia di Magenta, 4 giug

no 1859 Battaglia di Solferino

e san Martino, 24 giugno 1859

La spedizione dei mille Incontro tra Garibaldi e Vitto

rio Emanuele II Giuseppe Garibaldi Terza guerra d’indipendenz

a Roma capitale d’Italia Viva Verdi Il Nabucco Il tricolore Inno di Mameli I pittori soldato

Il Risorgimento (sintesi) All’indomani del Congresso

di Vienna Un movimento politico per

l’indipendenza dell’Italia Giuseppe Mazzini Le cinque giornate di Milan

o La rivolta di Venezia Prima guerra d’indipenden

za Carlo Alberto e Vittorio Em

anuele II Cavour e il Piemonte Seconda guerra d’indipend

enza L’impresa di Carlo

Pisacane MAPPA DELL’IPERTESTO

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IL RISORGIMENTO (SINTESI)La situazione dell’Italia dopo il congresso di Vienna è quella di un paese diviso tra vari stati e controllato

dall’Austria.Ma la Restaurazione voluta dai re è in realtà fragile. Il 1848 è un anno denso di eventi e di rivolte.

Per l’Italia, con l’elezione a pontefice di Pio IX sembra iniziata una nuova stagione giacché il Papa fa caute aperture nei confronti dei liberali avviando caute possibilità alle strategie di unificazione d’Italia.

Sia il regno di Napoli sia il Piemonte sia il regno della chiesa concedono delle Costituzioni.Anche Milano si rivolta agli austriaci e il Piemonte corre in suo aiuto portando allo scoppio della

prima guerra di indipendenza. Ma gli austriaci reagiscono e sconfiggono i piemontesi. Anche le altre rivolte scoppiate nel regno di Napoli e nel regno della Chiesa, con la repubblica Romana, sono soffocate nel sangue e

tutto torna alla situazione precedente se si esclude il fatto che il Piemonte, unico tra gli stati italiani, mantiene in vigore la costituzione concessa prima della guerra: lo statuto albertino.

Intanto da più parti si guarda al re di Savoia come all’unico in grado di unificare la penisola.In effetti Vittorio Emanuele II e Cavour attuano una strategia internazionale per consolidare la posizione del

Piemonte in Europa con la guerra di Crimea e stringono poi patti di alleanza segreti con Napoleone III, imperatore di Francia che si impegna a sostenere militarmente il Piemonte qualora sia attaccato da potenze straniere. Poco dopo, nel 1859, a causa delle provocazioni piemontesi ai confini con la Lombardia austriaca,

l’Austria dichiara guerra all’Italia. Scoppia così la seconda guerra di indipendenza che conquista al Piemonte non solo la Lombardia ma anche l’Emilia e la Toscana che, nel frattempo si sono ribellate ai loro governi e hanno

votato l’annessione allo stato sabaudo.Cavour avvia trattative con Garibaldi pur di raggiungere l’obiettivo dell’unificazione d’Italia. Il Piemonte infatti

non avrebbe potuto dichiarare direttamente guerra ai Borboni del regno di Napoli senza che questa azione sembrasse un’aggressione che avrebbe avuto ripercussioni sul versante delle alleanze. Invece, con il contributo

di Garibaldi e dei Mille la rivolta del sud sembra dimostrare lo spontaneo desiderio di unificazione delle popolazioni meridionali.

Garibaldi in pochi mesi arriva dalla Sicilia a Napoli e tenta di marciare verso Roma. Ma Napoleone III fa sapere che se si tocca Roma lui dichiarerà guerra ai Savoia.

Vittorio Emanuele quindi scende col suo esercito a verso sud per fermare Garibaldi. Non passa sul Lazio ma su Abruzzo e Marche che, insieme all’Umbria, subito chiedono l’annessione.

Nel 1861 viene quindi proclamata l’unificazione d’Italia, cui mancano però Lazio, Veneto e Trentino. Il Veneto sarà poi preso, nel 1866, nel corso della terza guerra d'indipendenza, cioè il conflitto tra Austria e

Prussia, nella quale l’Italia si schiera a fianco della Prussica che vince la guerra.Per l’annessione del Lazio invece bisognerà aspettare la guerra tra Francia e Prussia nel 1870.

La Francia infatti sarà sconfitta e quindi non avrà la forza di andare in aiuto del papa quando l’esercito italiano marcerà contro Roma e contro quello che restava dello Stato Pontificio per dare compimento all’unificazione.

Il Papa non accetterà nessuna trattativa con gli occupatori ma anzi scomunicherà tutti e inviterà i cattolici a non partecipare alla vita politica del nuovo stato.

Nel 1871 Roma diventa quindi la nuova capitale del nuovo stato italiano, al quale manca ormai solo il trentino. Ma per annettere anche quel territorio si dovrà aspettare la prima guerra mondiale.

INDICEMAPPA

DELL’IPERTESTO

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ALL’INDOMANI DEL CONGRESSO

DI VIENNA

Dopo la caduta di Napoleone Bonaparte, i vincitori si riunirono a Vienna per decidere

quali nazioni dare alle nazioni che per quasi vent’anni erano state sotto il dominio

francese.Nel 1815 il Congresso di Vienna decise di

restituire tutti gli Stati europei ai sovrani che Napoleone aveva cacciato dai loro troni e di restaurare ovunque le monarchie assolute.

Questo periodo fu chiamato Restaurazione.Le potenze vincitrici divisero l’Italia così: il Regno di Sardegna, comprendente

Sardegna e Piemonte, sotto la dinastia dei Savoia;

il Lombardo-Veneto, sotto la dominazione degli Austriaci;

i Ducati di Parma e di Modena e il Granducato di Toscana sotto principi

austriaci; lo Stato della Chiesa, di nuovo al Papa;

il Regno delle Due Sicilie, formato da Sicilia e Italia meridionale, alla dinastia franco-

spagnola dei Borboni.

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UN MOVIMENTO POLITICO PER L’INDIPENDENZA DELL’ITALIAIl Risorgimento è un movimento politico per l’indipendenza dell’Italia.

Il Congresso di Vienna aveva cercato di “restaurare” in Europa le monarchie e i governi che c’erano prima della rivoluzione francese e dell’Impero di Napoleone

Bonaparte.Ma ormai era impossibile ritornare ai tempi delle monarchie assolute: le idee

illuministiche e il pensiero della rivoluzione francese si erano diffuse tra i popoli di tutta Europa: erano i princìpi di indipendenza, giustizia e libertà.

Con Napoleone gli Italiani, per la prima volta dopo secoli, erano stati uniti dalle stesse leggi, dalla stessa moneta e dalla stessa unità di misura. Erano in molti a non averlo

dimenticato.L’Italia definita da Metternich una “espressione geografica”, voleva essere Unita.

Questa poesia riassume il pensiero degli italiani:“Un popol diviso per sette destini, in sette spezzato da sette confini si fonde

in un solo, più servo non è … Dall’Alpi allo Stretto fratelli siam tutti! Sui limiti schiusi, sui troni distrutti. Piantiamo i comuni tre nostri color ! Il verde, la speme tant’anni pasciuta; il rosso, la gioia d’averla compiuta, il bianco, la

fede fraterna d’amor.” ( G. Berchet, All’armi! All’armi!, 1831)Siccome non era possibile esprimere queste idee liberamente, in Italia e in Europa, nacquero le società segrete: erano associazioni di patrioti (coloro che lottavano

per la formazione di una patria libera e indipendente) che volevano riportare la libertà in Italia trasformandola in uno stato indipendente e unitario.

La più diffusa delle società segrete italiane fu la Carboneria, così detta perché gli iscritti usavano un linguaggio segreto, simile a quello dei carbonai.

Un famoso esponente della Carboneria è il genovese Giuseppe Mazzini.La borghesia fu la classe sociale che, nell’Ottocento, ispirandosi a queste idee, guidò

molti moti rivoluzionari, ma anche gli operai diventarono protagonisti degli avvenimenti storici. Per la prima volta scesero a combattere per le strade non solo i

patrioti delle società segrete, ma anche borghesi e operai.

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GIUSEPPE MAZZINIUn carbonaro genovese, di nome Giuseppe Mazzini, fu tra i primi a capire quanto fosse importante coinvolgere nelle

lotte politiche tutta la popolazione.Egli decise di fondare una nuova associazione,

la Giovine Italia.Questa associazione, anche se agiva con prudenza per

sfuggire alla polizia, non era segreta: non usava un linguaggio particolare, stampava manifesti, volantini e

giornali, diffondendoli perché tutti li leggessero. Si rivolgeva a tutti gli Italiani, ricchi e poveri, istruiti e ignoranti, parlando chiaramente del suo progetto:

un’Italia UNITA, INDIPENDENTE, LIBERA E REPUBBLICANA.

Ma che cosa significavano queste parole? Unita: tutto il territorio doveva far parte di un unico Stato; Indipendente: l’Italia doveva liberarsi dal dominio straniero; Libera: i cittadini dovevano avere libertà di parola, d’opinione, di stampa; Repubblicana: l’Italia doveva diventare una Repubblica.Molti seguaci delle idee di Mazzini pagarono con il carcere e con l’esilio la loro appartenenza alla Giovine Italia.

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PRIMA GUERRA D’INDIPENDENZANel quarantotto la città-guida del Risorgimento fu proprio Milano.

Inizialmente, il 17 marzo 1848 i veneziani insorsero contro gli austriaci e proclamarono la

Repubblica.Il giorno dopo insorse Milano.

Qui il popolo insorto, organizzato da Carlo Cattaneo, diede vita alle cinque giornate; esse furono cinque lunghi giorni di combattimenti

sulle barricate improvvisate nelle strade, al termine dei quali accadde l’imprevedibile: i Milanesi vinsero la battaglia e cacciarono della città l’esercito austriaco comandato dal

maresciallo Radetzky. Le “cinque giornate” convinsero il re Carlo Alberto che i potentissimi Austriaci potevano essere battuti. Il 23 marzo 1848 egli passò col suo esercito il confine tra il

Piemonte e la Lombardia sotto la dominazione austriaca e diede inizio alla Prima guerra d’Indipendenza.

Purtroppo, però, la guerra, iniziata con due battaglie vinte, si concluse nell’agosto 1849 dopo due gravi sconfitte del Piemonte,

la prima a Custoza, la seconda a Novara.Carlo Alberto, umiliato, abdicò e lasciò il trono a suo figlio, Vittorio

Emanuele II.

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LE CINQUE GIORNATE DI MILANOLe Cinque giornate di Milano furono un'insurrezione avvenuta tra il 18 e il 22 marzo 1848, per mezzo della

quale i cittadini di Milano si ribellarono al dominio austriaco.

L'intera popolazione combatteva per le vie innalzando barricate, sparando dalle finestre e dai tetti, inviando messaggi per mezzo di palloni aerostatici agli abitanti

delle campagne per esortarle a prendere parte alla lotta. “Le barricate diventavano sempre più numerose; se ne

contavano in città millesettecento. Di traverso per le strade si vedevano balle di merci, mobili, carrozze eleganti, fornite dai loro proprietari. Gli allievi del

Seminario le costruirono coi loro letti. V’erano mucchi di sassi ad ogni finestra, pronti ad essere gettati sopra gli

Austriaci…”“Si pensò di mandare in aria palloni che portassero con sé i nostri proclami. Essi dicevano: “Fratelli, la vittoria è nostra, ma il nemico è in ritirata. Accorrete, stringiamolo

tra due fuochi e abbracciamoci”. Molti di quei palloni caddero nella campagna lombarda, in Piemonte.

Dappertutto contadini guidati da studenti, medici, parroci, doganieri mossero verso le porte di Milano”.

Carlo Cattaneo, Dell’insurrezione di Milano nel 1848

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LA RIVOLTA DI VENEZIA

No, no, non splenderesu tanti guai,sole d'Italia,non splender mai !E su la venetaspenta fortunasi eterni il gemitodella laguna.

Venezia ! L'ultimaora è venuta;illustre martire,tu sei perduta ...Il morbo infuria,il pan ti manca,sul ponte sventolabandiera bianca !

Ma non le ignivomepalle roventi,né i mille fulminisu te stridenti,troncâro ai liberituoi dì lo stame ...Viva Venezia !muore di fame !

Su le tue pagine scolpisci, o storia,l'altrui nequiziee la sua gloria,e grida ai posteri:- Tre volte infamechi vuol Veneziamorta di fame ! -

Nell’insurrezione di Venezia, dopo la

cacciata degli Austriaci, il capo dell’insurrezione, Daniele Manin,

proclama la Repubblica. La città viene assediata da terra e da mare e

inizia la lunga, eroica, disperata resistenza di

cinque mesi.Piegata dalla fame e da un’epidemia di

colera, la città capitolò il 23 agosto 1849.

L’ULTIMA ORA DI VENEZIA

È fosco l'aere, il cielo è muto; ed io sul tacito veron seduto, in solitaria malinconia ti guardo e lagrimo, Venezia mia !

Fra i rotti nugolidell'occidenteil raggio perdesidel sol morente,e mesto sibilaper l'aria brunal'ultimo gemitodella laguna.

Passa una gondola della città: - Ehi, della gondola, qual novità ? - - Il morbo infuria il pan ci manca, sul ponte sventola bandiera bianca ! -

Viva Venezia !L'ira nemicala sua risuscitavirtude antica;ma il morbo infuria,ma il pan ci manca ...sul ponte sventolabandiera bianca !

Ed ora infrangasiqui su la pietra,finché è liberaquesta mia cetra.A te, Venezia,l'ultimo canto,l'ultimo bacio,l'ultimo pianto !

Ramingo ed esulein suol straniero,vivrai, Venezia,nel mio pensiero;vivrai nel tempioqui del mio corecome l'immagine del primo amore.

Ma il vento sibilama l'ombra è scura,ma tutta in tenebre è la natura:le corde stridono,la voce manca ...sul ponte sventola

bandiera bianca !(Arnaldo Fusinato)

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L’IMPRESA DI CARLO PISACANEEran trecento, eran giovani e forti,

e sono morti!Me ne andavo un mattino a

spigolarequando ho visto una barca in mezzo

al mare:era una barca che andava a vapore,e alzava una bandiera tricolore.All’isola di Ponza si è fermata,è stata un poco e poi si è ritornata;s’è ritornata ed è venuta a terra;sceser con l’armi, e noi non fecer

guerra.Eran trecento, eran giovani e forti,

e sono morti!Sceser con l’armi, e a noi non fecer

guerra,ma s’inchinaron per baciar la terra.Ad uno ad uno li guardai nel viso:tutti avevano una lacrima e un

sorriso.Li disser ladri usciti dalle tane:ma non portaron via nemmeno un

pane;e li sentii mandare un solo grido:Siam venuti a morir pel nostro lido.Eran trecento, eran giovani e forti,

e sono morti!Con gli occhi azzurri e coi capelli

d’oroun giovin camminava innanzi a loro.Mi feci ardita, e, presol per la mano,gli chiesi: – dove vai, bel capitano? -

Guardommi e mi rispose: – O mia sorella,

vado a morir per la mia patria bella. -

Io mi sentii tremare tutto il core,né potei dirgli: – V’aiuti ‘l Signore! -Eran trecento, eran giovani e forti,

e sono morti!Quel giorno mi scordai di spigolare,e dietro a loro mi misi ad andare:due volte si scontraron con li

gendarmi,e l’una e l’altra li spogliar dell’armi.Ma quando fur della Certosa ai

muri,s’udiron a suonar trombe e tamburi,e tra ‘l fumo e gli spari e le scintillepiombaron loro addosso più di

mille.Eran trecento, eran giovani e forti,

e sono morti!Eran trecento non voller fuggire,parean tremila e vollero morire;ma vollero morir col ferro in mano,e avanti a lor correa sangue il

piano;fun che pugnar vid’io per lor pregai,ma un tratto venni men, né più

guardai;io non vedeva più fra mezzo a loroquegli occhi azzurri e quei capelli

d’oro.Eran trecento, eran giovani e forti,

e sono morti!

Luigi Mercantini

Composta alla fine del 1857, la poesia narra la sfortunata spedizione di

Carlo Pisacane nel Regno delle Due Sicilie avvenuta a giugno del

1857 . Carlo Pisacane, seguace di Mazzini, organizzò una spedizione per sbarcare

a Sapri, al confine fra Campania e Basilicata,

da dove risalire per liberare Napoli dai

Borboni. Nella sosta a Ponza aveva liberato

trecento detenuti che si aggregarono alla

spedizione. Ma, privi dell’appoggio previsto e attaccati da un gruppo di contadini fedeli al re,

furono uccisi e imprigionati. Pisacane si tolse la vita con un

colpo di pistola.INDICEMAPPA

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CARLO ALBERTO E VITTORIO EMANUELE IIMolti patrioti erano convinti che il compito di realizzare gli obiettivi del Risorgimento spettasse al re Carlo Alberto di Savoia che governava su Piemonte, Liguria e Sardegna.

Proprio nel 1848 egli si era guadagnato la loro fiducia concedendo lo Statuto, cioè una Costituzione che garantiva

minimi diritti ai sudditi del regno.Purtroppo, però, con la sconfitta della prima guerra

d’indipendenza, Carlo Alberto abdicò e lasciò il trono a suo figlio Vittorio Emanuele II.

Vittorio Emanuele II mantenne lo Statuto concesso dal padre nel 1848 e nel 1952 nominò primo ministro Camillo

Benso, conte di Cavour.Vittorio Emanuele II di Savoia è stato l'ultimo re di

Sardegna (dal 1849 al 1861) e il primo re d'Italia (dal 1861 al 1878). Egli, coadiuvato dal primo ministro Camillo Benso conte di Cavour, portò infatti a compimento il Risorgimento

e il processo di unificazione italiana, guadagnandosi l'appellativo di "Padre della Patria".

Nel marzo 1861 si tenne a Torino la riunione inaugurale del primo Parlamento italiano, che proclamò Vittorio Emanuele

II “Re d’Italia per grazia di Dio e volontà della Nazione”.

CARLO ALBERTO

VITTORIO EMANUELE II

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CAVOUR E IL PIEMONTENel 1852 Vittorio Emanuele II affidò il governo del regno a Camillo Benso,

conte di Cavour, un uomo di eccezionali qualità politiche e di grande

competenza economica.Cavour trasformò il Piemonte in uno

Stato moderno ed efficiente, migliorando la rete stradale e ferroviaria e dando

nuovo impulso ai commerci e all’agricoltura.

Cavour voleva raggiungere l’Indipendenza e l’Unità d’Italia sotto la guida dei Savoia, ma era convinto che

l’esercito piemontese era troppo inferiore a quello austriaco.

Perciò tessé con fatica e pazienza una difficile alleanza con l’imperatore francese Napoleone III. Nel 1858

quest’ultimo accettò di firmare un patto segreto a Plombiers: se il Piemonte fosse

stato aggredito dall’Austria, la Francia sarebbe intervenuta a fianco di Vittorio

Emanuele II.

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SECONDA GUERRA D’INDIPENDENZADopo aver firmato con la Francia gli accordi di Plombieres, Cavour

provocò l’Austria, per farsi aggredire, schierando le truppe ai confini con la Lombardia. L’Austria chiese il ritiro delle truppe, poi

dichiarò guerra al Piemonte. Fedele agli accordi di Plombieres, Napoleone III si mise in marcia le sue truppe verso l’Italia.

Così nell’aprile 1859 cominciò la seconda guerra d’indipendenza.

Gli eserciti franco-piemontesi, guidati da Napoleone III, sconfiggono gli Austriaci nella battaglia di Magenta, e nella

battaglia di Solferino e San Martino.Ma proprio mentre, entusiasta da questi successi, tutta l’Italia centro-settentrionale cominciava

a insorgere, Napoleone III si intimorì per la grande quantità di morti francesi e per la possibilità che altre nazioni entrassero in

guerra al fianco dell’Austria. Così, nel luglio 1859, firmò a Villafranca un armistizio con l’imperatore d’Austria Francesco

Giuseppe. In base ad esso il Piemonte otteneva la sola Lombardia, mentre il Veneto restava ancora sotto la dominazione

austriaca. Anche la Toscana e i ducati di Parma, Piacenza, Modena e

Reggio, nel frattempo, si erano uniti con plebisciti al Piemonte.MAPPA

DELL’IPERTESTOINDICE

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Battaglia di Magenta, 4 giugno 1859

In base agli accordi di Plombieres la Francia combatterà a fianco del Piemonte solo in caso di aggressione austriaca. Comincia una campagna di

provocazione di Cavour nei confronti dell'Austria: fa eseguire manovre militare presso il confine con l'Austria e consente a Garibaldi di organizzare i volontari che accorrono da ogni parte di Italia nei "cacciatori delle Alpi". Il 23

aprile l'Austria invia un ultimatum al Regno di Sardegna di allontanare l'esercito dai confini e sciogliere i volontari, Cavour lo respinge. Il 29 Aprile comincia la seconda guerra d’indipendenza..

Il 4 giugno 1859 i Franco-piemontesi battono gli Austriaci nella battaglia di Magenta.

La Battaglia di Magenta è ricordata infatti come tappa importante della storia del nostro Paese per la conquista dell’Indipendenza e per la realizzazione

dell’Unità d’Italia.

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Battaglia di Solferino e San Martino, 24 giugno 1859

Battaglia di Solferino e San Martino, 24 giugno 1859, ore 10: un reparto di Ulani carica un battaglione di cacciatori francesi disposti in quadrato. La Battaglia di Solferino e san Martino fu combattuta fra l'esercito austriaco e quello franco-sardo e la

vittoria di questi ultimi concluse la seconda guerra d'indipendenza.

Fu la battaglia più lunga (dalle 12 alle 14 ore) e la più sanguinosa combattuta per l'indipendenza e l'unità d'Italia.

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GIUSEPPE GARIBALDIGiuseppe Garibaldi era un seguace di Mazzini che, condannato a morte

per le sue idee nel 1834, si era rifugiato in America meridionale e

qui aveva combattuto per la libertà di quei popoli conquistando

l’appellativo di “eroe dei due mondi”.

Tornato in Italia, aveva difeso la Repubblica Romana ma, dopo la

resa della città, era stato costretto a imbarcarsi di nuovo per l’America.Allo scoppio della seconda guerra

d’indipendenza era tornato in Italia per partecipare alla lotta.

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LA SPEDIZIONE DEI MILLE

La notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, Garibaldi si imbarcò da Quarto, in Liguria, al comando di circa mille volontari, per raggiungere la Sicilia.

Sbarcati a Marsala, in Sicilia, e sconfitto l’esercito dei Borboni a Calatafimi, i garibaldini raggiunsero Palermo.

Dopo aver vinto i soldati borbonici anche a Milazzo, Garibaldi attraversò lo Stretto di Messina e in poche settimane conquistò

l’Italia meridionale fino a raggiungere Napoli il 7 settembre 1860.Il re Francesco II di Borbone, sconfitto definitivamente sulle rive del

fiume Volturno, lasciò il trono e partì per l’esilio.

L’IMBARCO A QUARTO GARIBALDI A PALERMO

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L’INCONTRO TRA GARIBALDI E VITTORIO EMANUELE II

Lo storico incontro tra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II, avvenuto a Teano il 26 ottobre del 1860, è un episodio della storia risorgimentale, con il quale si concluse

la spedizione dei Mille.Cavour, temendo che Garibaldi proclamasse la repubblica del sud-Italia, convinse il re Vittorio Emanuele a recarsi, a

capo dell’esercito piemontese, incontro a Garibaldi.Vittorio Emanuele nella sua marcia liberò le Marche e

l’Umbria appartenenti allo Stato della Chiesa.A Teano, in Campania, incontrò Garibaldi che gli consegnò il Regno dei Borboni e lo salutò con il titolo di “re d’Italia”.

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TERZA GUERRA D’INDIPENDENZAPerché l’Unità fosse compiuta mancavano ancora il Veneto, rimasto sotto la dominazione austriaca, e Roma, la città del Papa, che era sotto la personale protezione di Napoleone III.

Nel 1866 la Prussia dichiarò guerra all’Austria.Anche l’Italia, alleata della Prussia, mosse guerra all’Austria e, nonostante le sconfitte a Custoza e Lissa, ma grazie alle

vittorie dell’alleata, conquistò il Veneto. I garibaldini, che ormai facevano parte dell’esercito italiano

sotto la guida di Garibaldi, avevano ottenuto vittorie in battaglia e stavano ormai per conquistare il Trentino, quando i Prussiani conclusero la pace con l’Austria.

L’Italia non poteva continuare la guerra da sola e Garibaldi ricevette l’ordine di ritirarsi, a cui rispose con la celebre

frase: “Obbedisco!”.Perché anche il Trentino si unisca all’Italia bisognerà

aspettare la prima guerra mondiale (1915-18).

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ROMA CAPITALE D’ITALIA

La Prussia nel 1870 dichiarò guerra alla Francia, alleata della Chiesa, e la sconfisse in breve tempo.

Il governo italiano, approfittando della sconfitta della Francia che aveva sempre protetto il Papa, ordinò alle truppe di passare i confini dello Stato Pontificio.

Appena giunse l’ordine, un reparto di bersaglieri piemontesi prese a cannonate Porta Pia, vi aprì una breccia ed entrò a Roma.

Pochi giorni dopo anche i Romani, con un plebiscito, votarono la loro annessione al Regno d’Italia; tutto il nostro Paese era finalmente libero e unito.

Aveva fine così il Risorgimento, iniziato nel 1848 e terminato nel 1870.Nel 1871 Roma divenne la capitale del Regno d’Italia.

Il Papa, tuttavia, non accettò l’offesa di essere privato della città santa; interruppe ogni rapporto diplomatico con il Regno d’Italia e proibì ai cattolici di partecipare

alla vita politica.

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Page 22: DAL RISORGIMENTO ALLUNITA DITALIA Non una voce stanca e nostalgica, ma quella di un giovane, allegro e lievemente incantato, dovrebbe raccontare le avventure.

VIVA VERDIDurante la vita di Verdi, che abbraccia poco meno di un secolo, l’Italia si

trasformò, da paese sotto il dominio straniero a quello di uno stato unificato indipendente, desideroso di far parte delle grandi potenze europee. Verdi si

sentì sempre partecipe di questo processo. Il Risorgimento, con le sue lotte per l’unificazione d’Italia, non poteva essere per il compositore

indifferente; ed è questo sentimento che da vita al Nabucco, una pagina

corale dove Verdi esprime il suo sincero amore patriottico e il suo dolore per un popolo oppresso e

soggiogato. L’unico momento in cui Verdi manifesta senza indugi i suoi

ideali patriottici è nel 1848, quando la libertà dell’Italia sembra essere molto

vicina. Il graffito “Viva Verdi”, dall’aspetto

così innocuo, alludeva in realtà, a un’aspirazione che con gli anni stava

diventando sempre più popolare e condivisa: “Viva Vittorio Emanuele Re Di Italia”, ovvero, Viva Vittorio

Emanuele re d’Italia! INDICE

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IL NABUCCOIl Nabucco è la terza opera di Giuseppe Verdi e quella che

ne consolidò il successo. L'opera  fece il suo debutto il 9 marzo 1842 al Teatro alla

Scala di Milano. È stata spesso letta come

l'opera più risorgimentale di Verdi, poiché gli spettatori italiani dell'epoca potevano

riconoscere la loro condizione politica in quella degli ebrei

soggetti al dominio babilonese: in quest’opera

corale che narra la storia del popolo ebreo fatto prigioniero

dal re di Babilonia Nabucodonosor, gli italiani allora soggetti al dominio

asburgico, vi si identificarono.

Riportiamo dunque qui il coro che divenne l’inno di un intero

popolo, contribuendo così a determinare la popolarità del

suo geniale autore.

Va pensiero

Va, pensiero, sull'ali dorate, va, ti posa sui clivi, sui colli, ove olezzano tepide e molli l'aure dolci del suolo natal! Del Giordano le rive saluta, di Sionne le torri atterrate. O mia Patria sì bella e perduta, o membranza sì cara e fatal! Arpa d'or dei fatidici vati perchè muta dai salici pendi? le memorie nel petto riaccendi, ci favella del tempo che fu! O simile di Solima ai fati  traggi un suono di cupo lamento oh t'ispiri il Signore, un concento che ne infonda al patire virtù, che ne infonda al patire virtù, al patire virtù!

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LA NASCITA DEL TRICOLOREOgni bandiera ha una propria storia, un significato e, a volte, tante modifiche alle

spalle, che rispecchiano la storia dello Stato che essa rappresenta. La nostra Costituzione, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, stabilisce all'art. 12: "La bandiera della Repubblica è il Tricolore italiano: verde, bianco e rosso,

a tre bande verticali di eguali dimensioni".E questa è quella che conosciamo oggi. Ma nel passato non è stata sempre così,

perchè allora non esisteva ancora l'Italia di oggi. Il tricolore italiano comparve per la prima volta il 14 novembre 1795 in una

manifestazione di studenti a Bologna.Il Gran Consiglio della Repubblica Cisalpina, nella seduta dell’11 maggio 1798, decreta che "La Bandiera della Nazione Cisalpina è formata di tre bande parallele all'asta, la prossima all'asta verde, la successiva bianca, la terza rossa. L'asta è

similmente tricolorata a spirale, colla punta bianca". Da allora, le diverse vicissitudini dell'Italia portarono a molte modifiche del vessillo

secondo diverse forme e con diverse decorazioni, pur conservando, comunque, i tre colori originari.

Il 2 giugno 1946, con l’avvento della repubblica, nasce il Tricolore, definitivo vessillo della Repubblica Italiana.

BREVE STORIA DEL TRICOLORE

BANDIERA DELLA REPUBBLICA CISALPINA

(1798)

BANDIERA DEL REGNO D’ITALIA (1861)

TRICOLORE DELLA REPUBBLICA ITALIANA (1946)

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INNO DI MAMELIDobbiamo alla città di Genova Il Canto degli

Italiani, meglio conosciuto come Inno di Mameli. Scritto nell'autunno del 1847

dall'allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli, musicato poco dopo a

Torino da un altro genovese, Michele Novaro, il Canto degli Italiani nacque in quel clima di fervore patriottico che già preludeva alla guerra contro l'Austria.

Sono gli anni del Risorgimento, il periodo in cui sotto la guida di personaggi come

Garibaldi, Mazzini, Cavour, l'Italia comincia la lotta che la porterà alla sua definitiva

unificazione.Goffredo Mameli è un giovanissimo poeta e

combattente che partecipa entusiasticamente alle battaglie di quegli

anni.Nel 1849 è a Roma, dove è nata la

Repubblica Romana.A Roma combatte al fianco di Garibaldi

contro i francesi  e, ferito ad una gamba, muore per la cancrena, all'età di 22 anni.  Il canto di Mameli-Novaro (noto con il nome di "Fratelli d'Italia", dalle parole del primo

verso) fu subito accettato dai giovani combattenti del Risorgimento come il loro

Inno nazionale. Il 12 ottobre 1946 l'Inno di Mameli divennne

l'inno nazionale della Repubblica Italiana.

Fratelli d'Italia,l'Italia s'è desta, dell'elmo di Scipios'è cinta la testa. Dov'è la Vittoria? Le porga la chioma, che schiava di Roma Iddio la creò. Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamò. Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamò, sì! 

Noi fummo da secoli calpesti, derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi. Raccolgaci un'unicabandiera, una speme: di fonderci insieme già l'ora suonò.Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamò, sì! 

Uniamoci, uniamoci, l'unione e l'amore rivelano ai popoli le vie del Signore. Giuriamo far libero il suolo natio: uniti, per Dio, chi vincer ci può?

Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamò, sì! 

Dall'Alpe a Sicilia, Dovunque è Legnano; Ogn'uom di Ferruccio Ha il core e la mano; I bimbi d'ItaliaSi chiaman Balilla; Il suon d'ogni squilla I Vespri suonò.Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamò, sì!  Son giunchi che piegano Le spade vendute;Già l'Aquila d'AustriaLe penne ha perdute.Il sangue d'ItaliaE il sangue PolaccoBevé col Cosacco,Ma il cor le bruciò.Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, 

l'Italia chiamò, sì! 

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I PITTORI SOLDATOTestimoni oculari di battaglie, con episodi che vanno dalla

Seconda guerra di indipendenza alla spedizione dei Mille, sono i

cosiddetti “pittori soldati”, provenienti dalle zone allora più avanzate del paese - Lombardia,

Toscana, Napoli. Gerolamo Induno, Eleuterio Pagliano, Federico Faruffini, Michele

Cammarano, convinti patrioti, presero infatti parte in prima

persona a molte di quelle battaglie, e ne resero

testimonianza attraverso una pittura esatta e fedele agli

eventi, sempre attenta ai tanti risvolti umani che sono

naturalmente e tristemente legati ad una guerra.

L’altro grande protagonista della pittura di quegli anni, il livornese

Giovanni Fattori, capofila dei macchiaioli, pur non essendo partito come volontario, fu comunque ideologicamente

partecipe alle lotte risorgimentali, e si recò spesso sui luoghi degli scontri, per dare

alle sue opere il senso della drammatica verità dei fatti.

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