Date post: | 28-Mar-2016 |
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DCS CM, CAMPAGNA 1 – GAS ESPLOSIVO
STORYLINE
FEBBRAIO 2011 Un gruppo di terroristi libanesi realizza un drammatico attentato a Nazareth: ingenti i danni e
centinaia le vittime. La risposta Israeliana è immediata e le tensioni sfociano brevemente in una crisi:
Israele dichiara guerra al Libano, Iran e Syria si impegnano a loro volta difendere lo stato attaccato. Le
miilizie israeliane occupano velocemente una fascia di territorio Libanese prossimo al confine, al fine
di garantire la prevenzione contro lanci di razzi o missili balistici sul territorio Israeliano.
Gli stati uniti e la comunità europea cercano la mediazione, chiedendo ad Israele di ritirare le truppe,
ma durante la prima riunione internazionale di pace indetta al 7° giorno di conflitto aperto il capo di
stato israeliano viene assassinato prima di poter prendere la parola: l’assassino si fa esplodere in sala
causando ulteriori vittime europee, tra le quali rappresentanti belgi, dei paesi bassi ed ospiti
americani.
Israele entra in stato di emergenza militare ed il governo provvisorio passa al capo dell’esercito. I
militari Israeliani proseguono ed espandono l’occupazione arrivando sino a Beirut, rovesciando il
governo Libanese ed instaurando un proprio stato di occupazione militare. I militari prigionieri, i più
fortunati, vengono rinchiusi in campi di prigionia. La Syria si ritira dal conflitto successivamente ad
una serie di bombardamenti sulle proprie centrali elettriche a scopo quasi dimostrativo: le difese non
sono sufficienti nemmeno per autodifesa. Alcuni missili balistici Iraniani vengono lanciati verso le città
Israeliane, tuttavia nessuno riesce a raggiungere l’obiettivo con successo.
MARZO 2011 I rappresentanti del congresso degli stati uniti sono discordi sul modo di operare in medio oriente: da
una parte chi supporta l’alleanza con Israele, dall’altra chi sottolinea come le recenti campagne militari
in medio oriente siano state fallimentari e controproducenti. Inoltre incorre un dibattito aperto sul
comportamento delle milizie israeliane in Libano: la violazione dei diritti umani è più che un sospetto.
Successivamente ad un colloquio tra il capo del governo militare israeliano ed il presidente degli Stati
Uniti viene fatta comunicazione che il supporto incondizionato degli Stati Uniti d’America ad Israele è
sospeso sino al ritiro delle truppe dal Libano. Dal canto suo, Israele non intende ritirare le truppe sino
al ristabilirsi di una situazione di sicurezza, per la quale tuttavia non fornisce alcuna tempistica.
I rifugiati Libanesi si riversano in Turchia, andando a consolidare una minoranza etnica già folta nel
sud-est del paese, ed aumentando l’antagonismo con il popolo curdo già insediato nella zona.
L’ Europa, come di consueto, resta a guardare: nemmeno l’Inghilterra (più legata agli stati uniti e più
autonoma rispetto alle altre forze militari del vecchio continente) presta il supporto agli Israeliani: la
motivazione è anche in questo caso l’occupazione del suolo libanese.
Russia e Cina restano in disparte ad osservare, sebbene la prima si sia allineata alle conclusioni
Europee ed inoltre abbia instaurato un supporto di garantismo militare per lo stato siriano in caso di
invasione.
Dalla situazione venutasi a creare, taluni osservatori internazionali giungono alle seguenti conclusioni:
A. La stabilità dello stato israeliano è provvisoriamente al sicuro economicamente e militarmente,
poiché l’Europa sebbene ha chiuso i ponti militari non ha posto prescrizioni in ambito
commerciale. Tuttavia risulta evidente come il periodo d’oro dell’asse di alleanza Israele – Stati
Uniti sia finito.
B. Il chiaro allineamento di conclusioni non univoche e parzialmente discordi tra Europa e Stati
uniti sottolinea nuovamente come l’assetto dell’originaria NATO sia oramai di secondo piano
rispetto alla posizione politica delle due potenze. Inoltre, sembra rafforzarsi il legame
diplomatico tra la comunità europea e lo stato Russo, basato primariamente su solide basi
economiche dovute al Gas naturale.
C. Si può probabilmente ritenere concluso o perlomeno in tregua l’interesse internazionale per le
dispute medio-orientali, alimentato principalmente dall’assistenzialismo americano verso
Israele, ora venuto meno.
GIUGNO 2011 I conflitti in medio oriente arrivano ad una tregua, tuttavia confermando l’assetto politico lasciato a
Marzo: il Libano permane uno stato occupato ed alla guida di Israele viene eletto lo stesso comandante
in capo delle forze armate, come figura politica. Gli altri stati medio-orientali non hanno sufficienti
risorse di reazione, e le conclusioni tratte tre mesi prima dagli osservatori internazionali sembrano
destinate a consolidarsi in una situazione assimilabile ad una lunga tregua armata.
AGOSTO 2011 Un intraprendente (per molti ‘eccentrico’) geologo Georgiano, Ilia Gerdnidze, ottiene un permesso di
indagine geologica a media profondità nel territorio dell’ Abkhazia, ancora militarmente occupato dai
Russi dai lontani anni ‘90. Pochi danno peso alle sue attività, poiché in più di una precedente ricerca
preliminare è apparso come il territorio fosse poco fertile dal punto di vista petrolifero. Comunque
l’accordo prevede che in caso di successo il 25% del prodotto estratto sarà inviato (greggio) agli
impianti di trattamento Russi oltreconfine, clausola necessaria per poter chiudere l’accordo di scavo,
mentre il restante 75% sarebbe confluito negli impianti di raffinazione Georgiani.
Due mesi dopo, nel Dicembre 2011, Ilia subisce un incidente di lavoro e perde la vita a causa di un
malfunzionamento di uno dei macchinari di perforazione. Le operazioni vengono quindi sospese, non
avendo portato ad alcun risultato valido o interessante.
NOVEMBRE 2011 Hanno inizio i lavori di costruzione del gasdotto sottomarino russo-italiano “South Stream”, destinato
a collegare il territorio russo direttamente con la Bulgaria, attraverso una condotta posata sino a 2000
m di profondità. Aumentano le tensioni nel mar nero, in particolare Georgia e Ukraina si oppongono
asserendo che il progetto presenta delle falle di sicurezza e che il rischio ambientale è troppo alto.
Vengono nel frattempo sospesi i lavori per il gasdotto denominato “North Stream” che avrebbe dovuto
collegare la Russia con l’Europa passando per i paesi Scandinavi: un veto imprevisto da parte della
Danimarca, che giudica le commissioni previste troppo basse, fa arenare il progetto.
Nel frattempo la Russia richiede alla comunità Europea di riconoscere la sovranità della repubblica
dell’Abkhazia, ed inaspettatamente l’atto di votazione in comunità europea si conclude 16 a 11 in
favore del riconoscimento dello stato in base all’autodeterminazione dei popoli. La Georgia dichiara
ufficialmente di essere “sbalordita” dall’avvenimento, sebbene fosse nell’aria oramai da più di un
decennio. La Turchia si schiera dalla parte russa, mentre gli altri stati nell’area caucasica appoggiano il
governo Georgiano, temendo ulteriori ripercussioni separatiste di altre minoranze etniche. Con
particolare sorpresa della Georgia e di questi ultimi, la successiva dichiarazione del presidente Russo
suona più o meno come segue:
“Siamo attenti osservatori della situazione del territorio caucasico, principalmente per motivi etnici:
molte persone sovietiche abitano questi territori. Queste persone ci hanno sempre chiesto di garantire
la pace, sebbene più volte come accaduto nel 2008 i soprusi di altri stati sovrani ci hanno costretto ad
intervenire. Siamo però convinti e fiduciosi che dopo il riconoscimento dell’ Abkhazia come una
repubblica autonoma secondo il principio dell’autodeterminazione dei popoli, questo territorio così
delicato possa raggiungere infine una solida stabilità. Ci siamo così prodigati dagli anni novanta ad
oggi per la repubblica Abkhaza poiché non si trattava di una minoranza etnica, ma anzi di uno stato
storicamente, economicamente e culturalmente separato dalla Georgia anche nei tempi dell’ URSS.
Motivo per cui considerato infine di aver ottenuto la Giustizia, non forniremo appoggio a nessun’altra
tensione separatista altrove, poiché esse rappresentano effettive minoranze per le quali l’unica via è
l’integrazione e la diplomazia”.
GENNAIO 2012 La giovane Abkhazia dichiara di aver sperimentato con successo una nuova tecnica di trivellazione nel
proprio territorio e di aver trovato una risorsa di gas naturale sfruttabile, sebbene l’entità non è
ancora valutabile. Lo stato indice quindi un appalto internazionale per le ditte di trivellazione, al fine di
sfruttare approfondire le ricerche e sfruttare questa risorsa.
Gazprom risulta essere l’unica ditta a presentare l’offerta, a causa dei parametri troppo restrittivi della
domanda Abkhaza e della totale incertezza sulle quantità e qualità del prodotto estraibile. L’appalto
viene ovviamente aggiudicato alla stessa.
MARZO 2012 Gazprom rende pubblici i risultati delle prime estrazioni in larga scala: la risorsa scoperta in Abkhazia
sembra avere una volumetria stimata ben oltre le aspettative. Si parla di uno dei 5 giacimenti più
grandi nell’area medio-orientale. Le dimensioni sono tali da giustificare grandi investimenti. Tale
scoperta convince anche altri stati europei a collaborare per la costruzione del South Stream, e
costringe virtualmente il consorzio medio orientale del gasdotto “Nabucco” a rinunciare al progetto.
La collaborazione di nuovi stati ed una parziale riconciliazione russa con l’Ukraina ha come effetto un
cambio di percorso del gasdotto, il quale non passerà più nel territorio di competenza Turco. La stessa
Turchia si indispettisce profondamente nei confronti dell’alleato russo, considerando questo
comportamento alla stregua di un tradimento diplomatico.
APRILE 2012 Esplode la bomba mediatica. Il servizio segreto turco afferma di aver trovato prove che Ilia Gerdnidze,
sconosciuto geologo Georgiano, aveva già scoperto la nuova risorsa di gas naturale ed era stato
assassinato dagli stessi collaboratori Abkhazi non appena ne era apparsa evidente l’entità: infatti se la
repubblica autonoma fosse stata indipendente la scoperta sarebbe stata un enorme trampolino di
lancio economico. Viene inoltre accusata la Russia di aver supportato gli Abkhazi in questa operazione
con fini speculativi, poiché se la scoperta fosse emersa ai tempo in cui l’ Abkhazia era parte della
Georgia, si sarebbe dovuto rispettare l’accordo economico di scavo stipulato dallo stesso Gerdnidze,
per il quale il 75% del gas sarebbe confluito in Georgia. Tale gas avrebbe quindi fatto parte del
consorzio per la costruzione del gasdotto Nabucco, consolidandolo rispetto al South Stream Russo-
europeo. Le presunte prove di tutto quanto vengono consegnate in mano alla Georgia ed alla comunità
internazionale, la quale decide di aprire un inchiesta. Tuttavia, essendo il territorio Abkhazo oramai
una repubblica autonoma, non sarà possibile fare nuove valutazioni sui suoi accordi commerciali da
parte di terzi quali Georgia o Turchia.
In Georgia scoppia un putiferio, e dopo breve termine vengono annunciati degli accordi commerciali e
militari con Turchia, Israele e le adiacenti repubbliche caucasiche. Nonostante la Russia ed alcuni stati
europei contestino le prove, la veridicità delle stesse passa in secondo piano ed i rapporti diplomatici
diventano molto tesi. La Georgia chiude le ambasciate degli stati che si erano apertamente dichiarati
favorevoli al riconoscimento dell’Abkhazia in sede Europea, appuntando accuse di complicità con i
russi e la Repubblica Abkhaza in quello che viene definito come un ‘crimine internazionale ai danni dei
popoli caucasici e medio-orientali’.
Il 25 del mese la Georgia informa le nazioni unite di aver acquistato in leasing 70 velivoli F-16 block 52
ed un numero non meglio specificato di unità antiaeree Hawk da Israele. I termini commerciali non
sono resi noti. La prima tranche di 35 velivoli ed alcuni impianti di difesa aerea è già arrivata in
territorio Georgiano.
MAGGIO 2012 La Georgia, forte di un censimento dell’ONU datato 2004-2006, presenta una mozione alla comunità
internazionale per la riassegnazione dei territori prossimi alle città di Gali e Tkvarcheli al territorio
Georgiano con spostamento del confine, basandosi sull’etnia prevalente georgiana e sulla posizione di
confine degli stessi. Tali territori sono fortemente interessati dalle attività di estrazione di gas
naturale. Si riporta qui sotto l’estratto del documento:
Tale mozione viene inizialmente respinta dalla comunità internazionale che tuttavia si riserva di
riconsiderare i confini in loco ad una mediazione e delle votazioni referendarie, subordinando la
decisione al Gennaio del 2014 per dare tempo allo stato Abkhazo di formare tutte le istituzioni
necessarie.
La Georgia, in risposta, asserisce che per tale data gli interessi economici dati dal completamento dei
lavori al gasdotto South – Stream saranno troppo alti per permettere una votazione oggettiva, e decide
pertanto di portare un ultimatum in sede di 60 giorni dopo i quali procederà militarmente.
La risposta Russa non si fa attendere, dichiarando che sarà fornito tutto l’appoggio militare necessario
alla neonata repubblica in caso di invasione. La stessa comunità internazionale è contraria all’arrivo ad
un operazione bellica, ma Stati Uniti ed Europa sono unanimi nel dichiarare appoggio aereo militare
alla repubblica Abkhaza in caso di invasione Georgiana.
Gli altri stati caucasici, in particolar modo gli Armeni fortemente presenti nel territorio Abkhazo,
chiedono una conferma al governo Russo della loro intenzione di non invadere ulteriormente i
territori, facendo riferimento alle dichiarazioni del Novembre 2011. Tale gesto, agli occhi di una
comunità internazionale impotente ed ad un Europa divisa sul da farsi, costringe il governo russo a
ratificare il suo supporto alla Repubblica Abkhaza dichiarando che sarà fornito supporto aereo ed
economico, ma che le unità di terra ed i militari di fanteria russi non valicheranno il confine se non
sotto attacco.
LUGLIO 2012 Nonostante diversi tentativi di mediazione diplomatica, nessun accordo viene raggiunto e la Georgia
dichiara guerra alla Repubblica Abkhaza.