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DDL n. 748 ; 434 + altri - A- bis

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SENATO DELLA REPUBBLICA X LEGISLATURA Nn. 748,434,469,483,573,628, 757, 758 e 766-A/bis RELAZIONE DI MINORANZA DELLA 28 COMMISSIONE PERMANENTE (GIUSTIZIA) (RELAToRE CORLEONE) Comunicata alla Presidenza il 3 febbraio 1988 SUl DISEGNI DI LEGGE Risarcimento dei danni cagionati nell' esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati (n. 748) approvato dalla Camera dei deputati nella seduta del21 dicembre 1987, in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge (V. Stampati Camera nn. 1142, 1489, 1580, 1834, 1843, 1867, 1876, 1882, 1891 e 1895) d'iniziativa dei deputati GARGANI, SCOTTI Vincenzo, NICOTRA e VAIRO (1142); ZANGHERI, TORTORELLA, VIOLANTE, PEDRAZZI CIPOLLA, ALBORGHETTI, BARBE~ RA, BARGONE, FERRARA, FINOCCHIARO FIDELBO, FORLEO, FRACCHIA, GHEZZI, MINUCCI, ORLANDI, TRABACCHI, TURCO e VACCA (1489); LA MALFA, DEL PENNINO, DE CAROLIS, CASTAGNETTI Guglielmo, BOGI, BRUNI Giovanni Battista, DUTTO, FIRPO, GALASSO, GRILLO Salvatore, MARTINO, MEDRI, NUCARA, PELLICANÒ e SANTORO (1580); FACCHIANO, CARlA, BRUNO Antonio, BRUNO Paolo, CERUTTI,. CIAMPAGLIA, CIOCIA, MADAUDO, MANZO LINI, MASSARI, NICOLAZZI e ROMITA (1834); RODOTÀ (1843); GUIDETTI SERRA, RUSSO Franco, ARNABOLDI, CAPANNA, CIPRIANI, RUSSO SPENA, RONCHI e TAMINO (1867); BIONDI, BATTISTUZZI, ALTISSI- MO, SERRENTINO e de LORENZO (1876); ANDÒ, DE MICHELIS, ALAGNA, BUFFONI, CARDETTI, PIRO, AMODEO, CAPPIELLO, NOCI, PRINCIPE e SANGUINETI (1882); MELLINI, AGLIETTA, MODUGNO, PANNELLA, RUTELLI, STANZANI GHEDINI, TEODO- RI, VESCE e ZEVI (1891); MACERATINI, PAZZAGLIA, TRANTINO, TASSI, BERSELLI, CARADONNA, FRANCHI, GUARRA, LO PORTO, MACALUSO, MAZZONE, MITO LO, NANIA, PARLATO, TATARELLA, TREMAGLIA e VALENSISE (1895) e del disegno di legge (V. Stampato Camera n. 1995) presentato dal Ministro di Grazia e Giustizia di concerto col Ministro del Bilancio e della Programmazione Economica e col Ministro del Tesoro Trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza il 28 dicembre 1987 TIPOGRAFIA DEL SENATO (2300) (Codice di procedura civile ~ Magistratura)
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SENATO DELLA REPUBBLICAX LEGISLATURA

Nn. 748,434,469,483,573,628, 757, 758 e 766-A/bis

RELAZIONE DI MINORANZA DELLA 28 COMMISSIONE PERMANENTE(GIUSTIZIA)

(RELAToRE CORLEONE)

Comunicata alla Presidenza il 3 febbraio 1988

SUl

DISEGNI DI LEGGE

Risarcimento dei danni cagionati nell' esercizio delle funzionigiudiziarie e responsabilità civile dei magistrati (n. 748)

approvato dalla Camera dei deputati nella seduta del21 dicembre 1987, in untesto risultante dall'unificazione dei disegni di legge (V. Stampati Camera

nn. 1142, 1489, 1580, 1834, 1843, 1867, 1876, 1882, 1891 e 1895)

d'iniziativa dei deputati GARGANI, SCOTTI Vincenzo, NICOTRA e VAIRO (1142);ZANGHERI, TORTORELLA, VIOLANTE, PEDRAZZI CIPOLLA, ALBORGHETTI, BARBE~RA, BARGONE, FERRARA, FINOCCHIARO FIDELBO, FORLEO, FRACCHIA, GHEZZI,MINUCCI, ORLANDI, TRABACCHI, TURCO e VACCA (1489); LA MALFA, DEL PENNINO,DE CAROLIS, CASTAGNETTI Guglielmo, BOGI, BRUNI Giovanni Battista, DUTTO,FIRPO, GALASSO, GRILLO Salvatore, MARTINO, MEDRI, NUCARA, PELLICANÒ eSANTORO (1580); FACCHIANO, CARlA, BRUNO Antonio, BRUNO Paolo, CERUTTI,.CIAMPAGLIA, CIOCIA, MADAUDO, MANZO LINI, MASSARI, NICOLAZZI e ROMITA(1834); RODOTÀ (1843); GUIDETTI SERRA, RUSSO Franco, ARNABOLDI, CAPANNA,CIPRIANI, RUSSO SPENA, RONCHI e TAMINO (1867); BIONDI, BATTISTUZZI, ALTISSI-MO, SERRENTINO e de LORENZO (1876); ANDÒ, DE MICHELIS, ALAGNA, BUFFONI,CARDETTI, PIRO, AMODEO, CAPPIELLO, NOCI, PRINCIPE e SANGUINETI (1882);MELLINI, AGLIETTA, MODUGNO, PANNELLA, RUTELLI, STANZANI GHEDINI, TEODO-RI, VESCE e ZEVI (1891); MACERATINI, PAZZAGLIA, TRANTINO, TASSI, BERSELLI,CARADONNA, FRANCHI, GUARRA, LO PORTO, MACALUSO, MAZZONE, MITO LO,

NANIA, PARLATO, TATARELLA, TREMAGLIA e VALENSISE (1895)

e del disegno di legge (V. Stampato Camera n. 1995)

presentato dal Ministro di Grazia e Giustizia

di concerto col Ministro del Bilancio e della Programmazione Economica

e col Ministro del Tesoro

Trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenzail 28 dicembre 1987

TIPOGRAFIA DEL SENATO (2300) (Codice di procedura civile ~ Magistratura)

Atti parlamentari ~ 2 ~ 748, 434, 469, 483, 573, 628, 757, 758 e 766.Afbis

X LEGISLATURA ~ DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI~ DOCUMENTI

Riparazione dei danni ingiusti causati da provvedimentigiurisdizionali e responsabilità civile dei magistrati (n. 434)

d'iniziativa dei senatori PECCHIOLl, TEDESCO TATÒ, BATTELLO,MACIS, BOCHICCHIO SCHELOTTO, GRECO, IMPOSIMATO, LONGO,

SALVATO, MAFFIOLETTI e TOSSI BRUTTI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 17 SETTEMBRE 1987

Nuove norme sulla responsabilità del magistrato (n. 469)

d'iniziativa dei senatori COVI, GUALTIERI, COLETTA, DIPAOLA,PERRICONE, VALlANI e VISENTINI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 30 SETTEMBRE 1987

Nuove norme sulla responsabilità civile del magistrato (n. 483)

d'iniziativa dei senatori ACONE, FABBRI, CASOLl, PIZZOL, SIGNORI,VELLA, ZANELLA, PIERRI, INNAMORATO, MARNIGA, GUIZZI,AGNELLI Arduino, CALVI, FERRARA Pietro, MANCIA, NATALI, VISCA,SCEV AROLLI, BOZZELLO VEROLE, MANIERI, FORTE, SANTINI

e PIZZO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 1° OTTOBRE 1987

Nuove norme sul risarcimento dei danni derivanti dall'eserciziodella funzione giurisdizionale e sulla responsabilità civile dei

magistrati (n. 573)

d'iniziativa dei senatori ONORATO, CAVAZZUTI, ARFÈ, ONGAROBASAGLlA, RIVA, ALBERTI, STREHLER, NAPOLEONI, FOA,OSSICINI, NEBBIA, ROSSI, GIOLlTTI, ULlANICH, VESENTINI,

PASQUINO e FIORI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 22 OTTOBRE 1987

Atti parlamentari ~ 3 ~ 748,434,469,483,573,628,757,758 e 766.A/bis

X LEGISLATURA ~ DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI ~ DOCUMENTI

Nuova disciplina sulla responsabilità dei magistrati (n. 628)

d'iniziativa dei senatori FILETTI, MISSERVILLE, PONTONE eRASTRELLI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 17 NOVEMBRE 1987

Riparazione dei danni ingiusti causati da provvedimentigiurisdizionali e responsabilità civile dei magistrati (n. 757)

d'iniziativa popolare, a norma dell'articolo 71, secondo comma, dellaCostituzione e degli articoli 48 e 49 della legge 25 maggio 1970, n. 352

COMUNICA TO ALLA PRESIDENZA IL 4 GENNAIO 1988

Norme sostanziali e processuali integrative e complementaridell'avvenuta abrogazione mediante referendum popolare degliarticoli 55, 56 e 74 del codice di procedura civile (n. 758)

d'iniziativa dei senatori SPADACCIA, CORLEONE, STRIK LIEVERSe BOATO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 4 GENNAIO 1988

Regolamentazione della responsabilità patrimoniale del giudice(n. 766)

d'iniziativa del senatore POLLICE

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 14 GENNAIO 1988

Atti parlamentari ~ 4 ~ 748, 434, 469, 483, 573, 628, 757, 758 e 766.A/bis

X LEGISLATURA ~ DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI ~ DOCUMENTI

COLLEGHI SENATORI.

1. Premessa

L'esame dei disegni di legge che pervengonoall'Aula dopo che la Camera dei deputati halicenziato il2l dicembre il suo testo e dopo uniter travagliato in Commissione Giustizia alSenato, comporta delicati problemi di ordinecostituzionale, politico e giuridico.

Non è certo inutile ripercorrere le tappe diuna iniziativa referendaria che ha condotto 1'8e il 9 novembre 1987 il popolo italiano alegiferare per la prima volta nella storia diquesto istituto di democrazia diretta, abrogan~do le norme sottoposte a referendum. Ed èquindi la prima volta che il Parlamento èchiamato a legiferare nelle more tra l'interve~nuta abrogazione per effetto del voto popolaree l'entrata in vigore degli effetti di essa,ritardata ai sensi del terzo comma dell'articolo37 della legge 25 maggio 1970, n. 352, e 'dellalegge 7 agosto 1987, n. 332, sulla materiastessa oggetto delle leggi abrogate.

È evidente che il Parlamento non puòsottovalutare il limite rappresentato da uncorretto rapporto tra i due diversi poteri checomporta questioni d'ordine istituzionale ecostituzionale oltre che politico.

Inoltre va detto che la materia trattatacomporta di per sè, e per i riflessi di cui è stata,artificiosamente e surrettiziamente caricata,notevoli problemi d'ordine costituzionalementre si inserisce in un ambito dell'ordina~mento in cui emergono questioni giuridicheassai complesse e controverse, d'ordine so~stanziale e processuale.

L'intervenuta abrogazione degli articoli 55,56 e 74 del Codice di procedura civilecomportava e comporta problemi di adatta~mento delle norme residue al dettato costitu~zionale ed ai principi fondamentali dell'ordi~namento meno gravi di quanti non ne nasconodall'intento di limitare, ben oltre le realinecessità ed opportunità, la portata di taleabrogazione.

Le gravissime difficoltà che hanno contras~segnato il lavoro prima alla Camera e poi in

Commissione aI' Senato ed i problemi rimastiirrisolti sono la conseguenza obbligata del~l'aver scelto la tortuosa seconda via.

È dovere di chiarezza ricordare il significatonon mistificabile del referendum che, non lodimentichiamo, era abrogativo ma era propo~sto con questi fini:

a) per eliminare i limiti della responsabì~lità comprendendo la colpa grave;

b) per eliminare la prevista autorizzazioneministeriale;

c) per consentire ai cittadini la praticabili~

tà di questo istituto.

Prima di passare all'analisi più specifica deinodi costituzionali e politici inerenti il proble~ma della responsabilità civile dei magistrati ele previsioni normative dei testi al nostroesame, non si può, davvero, cancellare ilricordo delle roventi polemiche e delle invetti~ve reciproche che hanno occupato gli ultimigiorni di una campagna già tesa. Non si puònon riandare con la memoria a quanto vennescritto e detto da alcuni fautori del NO. Non sideve dimenticare quale schieramento si formòtra i mass~media più autorevoli e nei canalitelevisivi di Stato a favore del NO, con spuntidi settarismo che la nostra storia recente nonricorda di eguale gravità.

Un clima non solo rovente, dunque, maaddirittura inquinato da opposte spinte.

Non possiamo dimenticare quanto, sin daiprimi giorni della campagna di raccolta dellefirme, nell'aprile 1986, veniva sostenuto da chiin quel momento rappresentava l'Associazionenazionale magistrati.

Di certo, il dibattito sul tema del referendumè servito ad approfondire le tematiche dellacrisi della giustizia italiana, del mutato rappor~to dell'ordine giudiziario con i poteri delloStato, del modo in cui in questi anni si èandato modificando il ruolo del magistratorilevando sempre di più l'elemento della suaprofessionalità e della sua autonomia.

A questo proposito non può tacersi delsempre maggiore allarme che nella opinionepubblica è andato manifestandosi per lo espan~

Atti parlamentari ~ 5 ~ 748, 434, 469, 483, 573, 628, 757, 758 e 766.A/bis

X LEGISLATURA ~ DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI ~ DOCUMENTI

dersi, il dilatarsi oltre misura, dell'attivitàgiudiziaria, a tal punto da mutare nellasostanza il ruolo dei magistrati (non a caso si èa lungo discusso ed ancora si discute della«supplenza giudiziaria» e del «governo deigiudici»). La giurisdizionalizzazione di ogniaspetto della vita sociale, in certi anni vista daalcuni settori politici come la soluzione piùadeguata per combattere gli attacchi portatialle istituzioni del terrorismo, ha però travoltoogni barriera e si è tramutata in un elementodi sconvolgimento di quel delicato equilibriosu cui si fonda una società democratica,l'equilibrio dei poteri.

Ciò è avvenuto certo per precise scelte,miopi ed irresponsabili, di certi partiti, maanche per la pressione di ben individuatisettori della magistratura organizzata che han~no sollecitato, elaborato e ottenuto quella cheè stata chiamata la «legislazione della emer~genza» e su cui hanno fondato la non menopericolosa «giurisprudenza dell'emergenza»di cui tanto si discute, finalmente in questigiorni.

Il referendum promosso dai radicali, sociali~sti, liberali e da una significativa rappresentan~za di socialdemocratici si proponeva in manie~ra chiara e non equivoca. di affrontare erisolvere col voto popolare la questione che dadieci anni occupava dottrina e apini011~makerssenza aver mai potuto varcare la soglia diun'aula del Parlamento.

Facciamo la storia di questi dieci anni, delleresistenze occulte e delle false disponibilitàpalesi, degli atteggiamenti servili di tanti cheprivilegiarono i rapporti con i settori dellamagistratura al doveroso intervento legislativoin materia così importante.

Dunque, Agostino Viviani l'illustre avvocatoe giurista presenta al Senato una propostaconsiderata provocatoria anatemizzata già pri~ma di essere conosciuta.

In un momento in cui molti, troppi, pur disfuggire. alle proprie responsabilità preferisco~no spingere in prima fila nella lotta alterrorismo i magistrati, la proposta Vivianiincontra ostacoli di ogni genere, innanzi tuttodi carattere ideologico.

Si preferisce diluire una materia così esplo~siva in altra certo meno preoccupante. Ladiscussione diviene dunque sulla «responsabi~

lità disciplinare» e solo su di essa si accentral'interesse dei partiti maggiori.

Si parte dalla giusta e fondata considerazio~ne del totale fallimento dello strumento disci~plinare così male interpretato dal CSM, perproporre una riforma che tutti dicono indila~zionabile.

Ebbene, colleghi, sono trascorsi 10 anni edancora non è stata votata questa <<Ìndilaziona~bile» riforma. Dieci anni che sono serviti adinsabbiare i vari tentativi fatti, dai parlamenta~ri radicali nell'VIII legislatura e dal socialde~mocratico Rizzi nella IX, di far rivivere laproposta Viviani che nel 1980 così si espri~meva:

«... A mio avviso, questa necessità (di rifor~ma, n.d.r.) deriva dalla volontà costituzionale.Inutile insistere nel riferimento agli artt. 28 e98 Costituzione ed alla sentenza n. 2/1968della Corte costituzionale, che è estremamenteinteressante e chiara: "l'autonomia e l'indipen~denza della magistratura e del giudice ovvia~mente non pongono l'una al di là dello Stato,quasi, legibus saluta, nè essere indipendenteda poteri o da interessi estranei alla giurisdi~zione; ma questa è funzione statale e i giudici,esercitandola, svolgono attività abituale alservizio dello Stato: tanto che la Costituzione(art. 98) li ricorda insieme ai pubblici impiega~ti e sono numerose le leggi che, scritte perquesti, valgono anche per quelli". Quindi nonc'è dubbio che da un punto di vista costituzio~naIe abbiamo il dovere di risolvere questoproblema. Si potrebbe dire è già risolto, c'èl'art. 55; benissimo, lo vedremo tra un momen~to, ma comunque non ci si può astenere dalporre e dal discutere questo problema esoprattutto non si può dire: i magistrati nondevono avere respònsabilità civile, a meno chenon si invochi una riforma costituzionale. Finoa questo momento l'impostazione della irre~sponsabiIità non regge. Ecco perchè quelli chevogliono l'irresponsabilità preferiscono soste-nere che le cose possono rimanere come sonoe cioè regolate dall'art. 55 c.p.c., che provienedalla legislazione francese e prevede la respon~sabilità del magistrato solo nei casi di dolo,frode, concussione. E una norma mai applica~ta. Così si giunge all'irresponsabilità del magi~strato. Dunque il problema va risolto.perchè lo

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X LEGISLATURA ~ DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI ~ DOCUMENTI

impone la Costituzione; ma anche se così nonI

bilizzazione condiziona la libertà e l'indipen~fosse lo esigerebbero ragioni morali, logiche e I denza, non è men vero che una indipendenzagiuridiche. che sia assolutamente svincolata dalla respon~

Ragioni morali perchè non è possibile che ci sabilità, corre il rischio di trasformarsi insia un'attività, qualunque essa sia, che possa arbitrio, e di incidere di conseguenza, negati~essere esercitata senza la corrispondente re~ vamente sullo stesso valore di garanzia chesponsabilità. Questo appunto lo stesso Consi~ proprio con essa si intende tutelare. Occorreglio Superiore della Magistratura ebbe. a dire in altri termini, chiarire quale libertà e qualenella "Relazione al Parlamento sullo stato indipendenza si vogliono in concreto assicura~della giustizia" del 1976. Vediamo ora le re al giudice, potendo la libertà degenerare inragioni logiche. Nel sistema anteriore a que,llo arbitrio, e l'indipendenza dal potere degenera~instaurato con la Costituzione vigeva il princi~ re in indipendenza dallo Stato" ("La responsa~pio della irresponsabilità dei pubblici impiega~ bilità dei magistrati" estratto dalla rivistati; per loro rispondeva lo Stato. Ciò era logico, "Aggiornamenti sociali" 1975, pagg, 1~2 del~perchè lo Stato burocratizzato e gerarchizzato l'estratto). Parole sacrosante di un magistratopuò ben affermare che di &-onte a terzi è Io onesto. E naturalmente ce ne sono tanti; uno ~

Stato stesso che risponde. Tuttavia anche in valorosissimo ~ il dattaI' Calderone, compo~questo regime si pensò bene di fare alcune nente del Consiglio Superiore della Magistra~eccezioni che riguardarono proprio i conser~ tura, così scrive (Corriere della Sera delvatori dei registri immobiliari, i cancellieri, gli 13A-1978): "Sono agli occhi di tutti certi abusiufficiali giudiziari, i notai e i magistrati. e certe gravi violazioni di norme da parte dellaDunque in un regime che stabiliva l'irrespon~ magistratura che dovrebbe costituire invece ilsabiIità del pubblico dipendente, si disse principale strumento di garanzia del cittadino.tuttavia anche se poi la relativa regolamenta~ E ciò soprattutto in penale ed in procedendozione fu tutt'altro che soddisfacente. Come si dove si gioca con il diritto fondamentale difa allora ad eliminare questa responsabilità libertà e si attua una lesione immediata eproprio ora che la Costituzione chiama a diretta". E continua: "Le paterne ali dell'orga~rispondere del danno ingiusto arrecato con no di autogoverno faranno si che non esista lal'attività professionale direttamente e senza schiera dei ricattabili impotenti a meno cheeccezioni il pubblico dipendente? non se ne abbia la vocazione! Ciò anche alla

Passiamo ora alle ragioni giuridiche. C'è un luce della politica consiliare in sede disciplina~principio nel nostro ordinamento (e non da re. Così come nessun magistrato, che sia inora, in verità) che stabilisce l'obbligo per chi buona fede e faccia il proprio dovere con Iocagiona un danno ingiusto per un "qualunque scrupolo e la diligenza che la delicatezza dellafatto doloso o colposo" "di risarcire il danno" funzione esige, può ripudiare a priori una(art. 2043 c.c.). Invero è un'affermazione che forma di responsabilità come quella previstaha trovato attenuazioni: per esempio per il nel disegno di legge preparato dal gruppo diprestatore d'opera allor:chè si tratti di un lavoro del C.N.R., collegato con l'Università dilavoro che "implica la soluzione di problemi Perugia".tecnici di specialè difficoltà"; in questo caso "il Non vi sto a leggere per intero quello che ilprestatore d'opera non risponde dei danni, se dattaI' Buono, presidente del tribunale dinon in caso di dolo o colpa grave" (art. 2236 ForB, (anch'egli fece parte del Consiglioc.c.). Superiore della Magistratura) ha scritto a

In questo quadro, quindi, la responsabilizza~ proposito del famoso caso Broglia, la disgra~zione del magistrato si impone anche per ziata persona che su un indizio inconsistente,ragioni sistematiche. Del resto a questa con~ viene arrestato per estorsione ai danni de1~clusione sono giunti anche i magistrati più l'amico suo più caro e socio d'affari. È tenutosensibili e non colti dalla tabe del corporativi~ dentro diversi mesi; inutilmente si dimostra lasma. Citiamo alcuni esempi. clamorosa infondatezza della pretesa accusa e

Il dattaI' Pintus, magistrato di Cassazione, ha finalmente ~ anzichè scarcerarlo come sareb~

scritto: "È di tutta evidenza che, se la responsa~ be stato doveroso ~ gli si dà la libertà

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X LEGISLATURA ~ DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI ~ DOCUMENTI

provvisoria. L'errore macroscopico non sivuole riconoscere e Broglia muore subitodopo di infarto. Il dottor Buono casi termina ilricordato articolo: "ci disse Giampietro ~ e

ancora quel ricordo ci turba ~ che per

l'omicidio del padre probabilmente i colpevolinon avrebbero subito un giusto castigo. Avevaragione, ma il giusto castigo non è solo quellolegale, quello dato in nome del popolo italia~no. È anche l'altro che diecine di giornali,migliaia di persone hanno espresso per assol~vere suo padre prima che morisse e disappro~vare il giudice prima che lo liberasse". Difronte a questi casi, c'è la necessità di vederecome si può provvedere; ed è inutile che mi sidica che nella maggior parte dei casi, invece,tutto' va bene. È proprio la patologia che noivogliamo combattere. Allora vediamo come sipuò provvedere. Si deve lasciare le cose comesono? No, per una ragione semplicissima,perchè l'art. 55 non è mai stato applicato, perla ragione che quando la norma parla di "dolo,frode o concussione" si riferisce alla responsa~bilità penale mentre noi ci riferiamo allaresponsabilità civile. C'è un'altra ipotesi dalricordato art. 55: il rifiuto, l'omissione o ilritardo nel compiere un atto dell'ufficio; maessa è praticamente annullata dalla richiesta dimessa in mora del giudice (art. 55 cpv C.p.c.).È inimmaginabile che un imputato (il cui statod'animo è conosciuto anche da chi non haavuto questa sventura) dica al proprio giudiceo mi rispondi entro dieci giorni o io tidenuncio; chiaramente si tratterebbe di unautolesionista. Quindi la legislazione attualenon è soddisfacente. Cosa possiamo, cosadobbiamo fare per evitare situazioni del gene~re, nel rispetto della Costituzione, dell'etica,della logica, del diritto? Esaminiamo e valutia~ma la proposta di legge presentata dal grupporadicale della Camera, prima firma quelladell'onorevole De Cataldo, parlamentare dilivello e avvocato di grande valore. Dettaproposta afferma il principio secondo il qualeanche il magistrato deve rispondere in sedecivile. Entro quali limiti? Forse entro i limitidel diritto comune (art. 1176 c.c.)? Dopo averestudiato tormentosamente questo problema hoconcluso che occorre porre limiti più severi.Si, è vero per l'avvocato, per il medico bastauna leggerezza per assumere responsabilità,

ma la situazione è diversa. Ben a ragione, amio avviso, la proposta De Cataldo distinguetra il momento decisionale ed il comporta~mento extra decisione del magistrato. Per ilmomento decisionale piena insidacabilità. Ilmagistrato non è perseguibile in sede civile' odisciplinare per la interpretazione e applica~zione delle leggi compiute nell'esercizio del~l'attività giurisdizionale. Perchè noi vogliamolasciare veramente piena autonomia, pienaindipendenza al giudice. Se un giudice fa unprovvedimento di cattura che non rispondealle regole dettate dalla nostra legislazione macrede, invece, di essere rimasto nell'ambito e,a questo proposito, motiva, nessuna sindacabi~lità. La proposta di legge si riferisce all'attivitàpreparatoria della decisione. Possiamo faredegli esempi. In civile, il giudice respinge ladomanda per assoluta carenza di prove mentrevi era un'ampia documentazione. Evidente~mente il giudice non ha neppure aperto ilfascicolo. In questo caso la mancanza didiligenza, è macroscopica; perchè il giudicenon dovrebbe rispondere? Non vogliamo indi~cere nella sua decisione; ha respinto ladomanda, benissimo; però deve dire perchèl'ha respinta, deve valutare i documenti. È ilmeno che si può pretendere.

Altro esempio. L'adulterio non costituiscepiù delitto, non è' che sia un diritto, comel'altro giorno mi disse un cliente; soltanto nonè illecito penale. Il magistrato ~ nonostante

tutto ciò ~ ammette un provvedimento dicattura per adulterio oppure condanna peradulterio. Qui veramente siamo in un caso dicrassa ignoranza non tollerabile. Altro esem~pio. Condanna in contumacia che per erroreviene dichiarata mentre invece il decreto dicitazione non era stato notificato. Mancanza didiligenza inammissibile.

Questi momenti distinti da quello decisiona~le non possono non essere oggetto di responsa~bilità da parte del magistrato.

Quali sono le obiezioni che si fanno? C'èquella assai diffusa, anche se piuttosto banale,della deresponsabilizzazione. Mi domandoquale professione, o funzione, o incaricoconsenta di agire senza rispondere. Come puòil magistrato pretendere addirittura di nonrispondere mai di quello che fa, neanchequando l'errore è marchiano, neanche quando

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X LEGISLATURA ~ DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI ~ DOCUMENTI

tenga in galera un innocente senza alcunaragione e senza alcuna motivazione? Non so sea voi è capitato di leggere i provvedimenti dicattura tipici dei processi cosiddetti politici;sono stesi a ciclostile e non c'è alcun riferi-mento alla specifica attività svolta dalla perso-na. Per parte mia stimo tanto la grandemaggioranza dei magistrati da pensare che sedico loro che all'esercizio della loro funzionecorrisponde una responsabilità in caso di doloo colpa grave, essi non risponderanno astenen-dosi dal compiere il loro dovere.

Altra obiezione: con la responsabilizzazionesi agevola un piatto conformismo giurispru-denziale; non è vero. Sarebbe vero se colpissi-mo il momento decisionale. Si inventino purenuove vie, s.i traccino nuovi percorsi, si dianointerpretazioni del tutto originali, sempre neilimiti della legge; si chiede solo che sianomotivate, che non siano un dictat. Il conformi-sma giurisprudenziale quindi, non c'entra nèpoco nè tanto. Ma le obiezioni non finisconoqui; ci si accusa di ledere l'autonomia el'indipendenza della magistratura. E qui siconfonde autonomia con arbitrio. Il controlloper avere la certezza che il magistrato rimanganei limiti fissati dalla legge è indispensabileperchè autonomia e indipendenza non sonovalori assoluti, messi lì per creare una catego-ria di privilegiati. Autonomia e indipendenzasono valori strumentali, cioè valori che tendo-no all'applicazione della legge. Se non voglia-mo che si debordi nell'arbitrio, dobbiamocreare un controllo. Quando presentai il notodisegno di legge ci fu un magistrato, compo-nente del C.S.M., che scrisse e sottoscrisse inun articolo su "Il Tempo", che fino a quando cifosse l'immunità parlamentare avrebbe dovutoesserci l'irresponsabilità del magistrato.

Pensate il livello morale di questa osserva-zione: tu hai un privilegio ed allora ne vogliouno anch'io; giusto o ingiusto non importa» (A.Viviani. Intervento al Convegno del CentroCalamandrei. Roma, settembre 1980).

2. L'articolo 28 nella dottrina

Il dibattito sul tema della responsabilità delpubblico funzionario e quindi del magistrato,non è recente. Esso, anzi, ha prodotto i piùsignificativi contributi proprio negli anni d('lla

Costituente e nei tempi immediatamente suc-cessivi. Su questo tema, certo complesso edifficile, si sono impegnate le migliori mentigiuridiche del nostro tempo. In quello splendi-do commento alla Costituzione repubblicanacqordinato da Calamandrei e Levi, il commen-to all'art. 28 firmato da Giorgio Calzi, chiariscenon solo il senso proprio della norma costitu-zionale ma ne ricostruisce la genesi attraversouna accurata analisi. Non è quindi inutilerileggerne alcuni brani:

«La nuova Costituzione italiana con l'art. 28,distaccandosi nettamente dal sistema delloStatuto albertina, il quale contemplava solo laresponsabilità dei Ministri (art. 67), ed unifor-mandosi invece a quasi tutte le costituzionimoderne, ha affermatò il principio generaledella responsabilità di tutti i funzionari edipendenti dello Stato e degli Enti' Pubblici. Èquesto un principio che è ormai nella coscien-za universale, rappresentando esso il risultatodi tutta una evoluzione storica.

Quando nel 1789 apparve la Déclaration desdroits de l'homme et du citoyen, tutta l'Europavenne scossa come da un terremoto spirituale.Mentre la Liberté, l'Egalité e la Fraternitésignificavano il ripristino dell'uomo nella suaposizione di cittadino cosciente della forzainsopprimibile dei propri diritti, l'art. 15 diquella Dichiarazione, disponendo che "la so-ciété a Ie droit de démander compte à toutagent public de son administration", costituivail mezzo per l'attuazione di quei principi erappresentava il crollo di tutta la vecchia escricchiolante organizzazione feudale dell' An-cien Regime. Ma tutto ciò non era una novità,hensì un ritorno: la reviviscenza di qualcosache aveva le sue più profonde radici nellospirito umano e che l'assolutismo aveva potutorespingere, avvitire, ma non certo sopprimere.Già in Grecia, nella Repubblica Ateniese.Eschine poteva affermare: "In questa cittàantica e potente nessuno è irresponsabile traquelli che partecipano, non importa come, allavita pubblica". Ed i Romani sentirono, comeforse mai nessun altro popolo nella storia,eccettuati gli inglesi, che "garanzia dei cittadi-ni e responsabilità dei magistrati sono duetermini correlativi, due poii di una medesimaquestione".

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Infatti il riconoscimento dei diritti dellapersona umana non può assurgere al.suo veroaltissimo significato, se non viene accompa~gnato da una forma di garanzia degli stessi.L'art. 2 della Costituzione italiana mette ben inrilievo l'uno e l'altro aspetto. Esso afferma nonsolo che la Repubblica "riconosce", ma ancheche "garantisce" "i diritti inviolabili dell'uomo,sia come singolo, sia nelle formazioni socialidove si svolge la sua personalità". Orbene, acreare tale garanzia contro il tremendo perico~lo dell'abuso di potere da parte di coloro chedi questo sono investiti per l'esercizio dipubbliche funzioni, tende in primo luogol'organizzazione stessa dello Stato. Presso i.~Romani esisteva la temporaneità e lo sdoppia~mento delle cariche. Nelle costituzioni moder~ne, la divisione dei poteri, l'ordinamentogerarchico, gli organi consultivi e di controllo,costituiscono mezzi efficaci, che rendonoestremamente difficile ai funzionari e dipen~denti pubblici uscire dai limiti precisi chel'ordinamento giuridico assegna alla loro atti~vità. Ma, come sempre avviene, difficoltà nonvuoI dire impossibilità. Il pubblico funzionarioè e rimane anzitutto un uomo con tutte leambizioni e passioni proprie della naturaumana eminentemente fallibile, e quindi sog~getto ad ogni momento a lasciarsi trasportareal di fuori della legalità. È necessario perciò,perchè la garanzia sia .integralmente efficace,che alla tutela preventiva si accompagni latutela repressi va, costituita dalla affermazionedella responsabilità dell'agente, in modo che,una volta verificatosi l'abuso di potere, allaviolazione possa seguire la reintegrazioJ1e deldiritto leso.

Ed ecco che il principio sancito nell'art. 28della nostra Costituzione si presenta nel suoprimo fondamentale aspetto, per questa rela~zione necessaria e strumentale tra il riconosci~mento dei diritti e la garanzia degli stessi,come uno dei presupposti fondamentali perl'esistenza di uno Stato democratico. Il Labou~laye, in una splendida opera nella qualeillustra la legislazione romana in questa mate-ria, dopo avere affermato che "in una demo-crazia tutte le garanzie date ai cittadini nonhanno valore che per mezzo della responsabili-otà che pesa sui magistrati", dimostra chequando questo principio decadde, le funzioni

pubbliche furono dominate dalla corruzione edalla immoralità, che ebbero come estremaconseguenza la fine inglotiosa delle istituzionidemocratiche, il loro dissolvimento nella ti~rannia, nella di1;tatura ed in fine nell'impero.Nei nostri Comuni, dove la responsabilità deifunzionari pubblici era assicurata attraverso ilc. d. sindacato con forme eccezionalmentesevere, si è verificato lo stesso fenomeno. Losguardo poi alle istituzioni anglo~sassòni cioffre, qualora non fosse sufficiente la nostrastessa storia, là riprova di questo atteggiamen~to del principio di responsabilità in funzionedel concetto di Stato democratico. La burocra~zia ~ afferma Friedrich, definendo con questotermine. tutto il sistema di organizzazioneamministrativa ~ "non è un fine in se 'stesso,ma un mezzo per raggiungere un più grandefine" costituito dalla democrazia. Tale stru~mentalità in tanto è possibile, in quantol'Amministrazione è organizzata come una"responsible bureaucracy".

Il principio che stiamo illustrando non èdunque soltanto una categoria giuridica, maanche ed antecedente mente una categoriastorico-politica. La nostra Carta fondamentale,abbandonando definitivamente la ristrettezzadi idee dello Statuto Albertina ed inserendosinella naturale evoluzione dello Stato democra~tico, ha fatto cosa che non può non raccoglierei più ampi consensi. Anche la collocazionedella norma, posta alla fine del Titolo suiRapporti civili, quasi a costituirne la logicaconclusione, ci sembra particolarmente felice,nonostante non siano mancate discussioni edobbiezioni sulla sedes materiae.

La norma in esame ha riportato sul terrenocostituzionale una materia che fino ad oggi inItalia era rimasta confinata nel campo delpuro diritto amministrativo...

L'art. 28 della Costituzione ha confermatoevidentemente ed inequivocabilmente l'appli~cazione del diritto comune ai pubblici funzio-nari, disponendo che essi "sono direttamenteresponsabili secondo le leggi penali, civili edamministrative". E tale soluzione del problemain principio proposto è senz'alto la più giusta.Infatti, è lecito domandarsi, esiste veramenteuna antinomia tra la garanzia dei diritti deicittadini e le esigenze pubbliche? Non esitiamoa negarlo. Non solo non vi è irreconciliabilità,

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ma esiste anche una compenetrazione attra~verso la quale deve crearsi quell'equilibrio cheè la cosa che più stupisce e affascina nelleistituzioni inglesi. Se è vero che l'antecedentelogico e necessario del concetto di "potere", èil concetto di "dovere", nel senso che ilfunzionario in ogni sua azione deve agire per ilraggiungimento di un fine pubblico, essendo~gli conferito il potere solo in vista di questoscopo, il principio di responsabilità intervieneappunto a sancire tale obbligo. Il timore dellasanzione stimolerà così ancora di più l'agentea mantenersi nei limiti che gli sono fissatidall'ordinamento giuridico.

L'affermazione della responsabilità, dunque,lungi dall'intralciare, rafforza la funzione pub~blica, h innalza nella considerazione deicittadini che non guardano più ad essa comead uno strumento di tirannide, ma le sipongono di fronte coscienti della forza dei lorodiritti che non ammettono violazione.

Concludendo, a noi sembra che la questionedei limiti debba essere affrontata non in sensoassoluto, ma relativo. Se in linea di principiogenerale, il sistema più aderente alla democra~zia è quello della esclusione di qualsiasi formadi immunità per i funzionari pubblici, d'altraparte niente impedisce che il diritto comuneapplicato in questa materia debba subireparticolari adattamenti. Fondamentale, anchesotto questo aspetto politico, è il principio cheafferma l'esistenza di una responsabilità diret~ta dello Stato, per cui la personalità delfunzionario agente. resta assorbita nella perso~I).alità giuridica dello Stato o dell'Ente pubbli~co. Ciò significa, come meglio vedremo piùoltre, che se il funzionario pone in essere unatto in violazione di diritti di questo essorisponde solo se l'atto rappresenti un abusodel potere che lo Stato gli ha conferito, ma nonquando questo stesso atto costituisca unaparticolare esplicazione di quel potere, siapure affetta da vizi di legittimità (incompeten~za, violazione di legge, eccesso di potere).

Il nostro sistema assume così una posizioneintermedia tra quello francese e quello in~glese.

Dopo aver illustrato il principio come cate~goria storico~politica, è possibile scendereadesso all'esame dello stesso come categoriagiuridica, per vedere quale sia nei suoi partico~

lari il sistema accolto con l'art. 28 dellaCostituzione nel nostro diritto positivo.

Quest'ultima, nella determinazione del sog~getto agente non ha usato un termine generi~co, ma ha specificato, parlando di "funzionari"e "dipendenti". Non sarà male a questoproposito richiamare alla memoria alcuneelementari nozioni in materia di pubblico im~piego.

Considerando i soggetti che pongono la loroopera al servizio dello Stato o di un Entepubblico, distinguiamo:

a) i pubblici funzionari che sono coloro iquali comunque esercitino una pubblica fun~zione;

b) i pubbliCi impiegati che sono "coloro iquali si sono volontariamente pòsti a disposi~zione di un Ente pubblico per la prestazionepermanente, professionale, stipendiata dellapropria attività", secondo la chiara definizionedel Romano.

Prendendo invece come criterio differenzia~tore, anzichè i soggetti, l'attività che essiesercitano, poniamo un'altra distinzione nonmeno importante:

a) attività volitiva che è inerente allafunzione e corrisponde, quindi, oggettivamen~te, alla categoria dei funzionari;

b) attività tecnica o meramente materiale.

Posti questi principi, possiamo dedurre,quale corollario, dove si riuniscano i concettisopra fissati, una nuova distinzione di catego~rie e precisamente:

a) pubblici funzionari non impiegati, inquanto esplicano attività volitiva, ma nonhanno posto la loro opera al servizio delloStato in modo permanente, professionale, eco~nomico;

b) pubblici impiegati non funzionari, inquanto concorrendo i requisiti soggettivi delpubblico impiego, esercitano attività di naturatecnica o meramente materiale.

Esiste poi, staccata dalla categoria degliimpiegati, i quali godono di un particolarestato giuridico, la categoria dei salariati checomprende tutti coloro che prestano la loroopera al servizio di un Ente pubblico, a

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giornata, così come la presterebbero al servi~zio di qualsiasi privato.

Evidentemente proprio per ricomprenderenella sfera di applicazione della norma anchequesti soggetti, è stato usato il termine piùampio di "dipendenti", anzichè quello di "im~piegati" .

Sulla base di tali nozioni appare chiaro ilsignificato della precisazione terminologica,contenuta nella norma in esame. Significatoche riproduce i due aspetti, soggettivo edoggettivo, sopra illustrati:

a) aspetto soggettivo: il principio di re~sponsabilità si applica a tutti coloro checomunque abbiano posto la loro opera alservizio dello Stato;

b) aspetto oggettivo: il principio di respon~sabilità si applica a tutta l'attività di questisoggetti, senza distinzione di natura.

Effetti della responsabilità. Dal sistema adot~tato scaturiscono i seguenti effetti:

a) Lo Stato e il funzionario appaiono difronte al cittadino leso nei suoi diritti comeobbligati solidali, però ciascuno per un propriotitolo. Questo titolo per l'uno è il principio«ubi commodum ibi incommodum», per l'altroè l'iniuria;

b) Lo Stato che ha risarcito il danno hadiritto di regresso verso il funzionario. Ma sulfondamento di questo diritto di regresso èbene intenderci per evitare equivoci. Quandolo Stato abbia adempiuto alla sua obbligazio~ne, quella che originariamente era responsabi~lità personale del funzionario verso i terzi siconverte in responsabilità di quest'ultimoverso lo Stato.

Ma la novazione del rapporto obbligatorionon è soltanto soggettiva, ma anche e soprat~tutto oggettiva. Infatti non mutano solo isoggetti, ma anche il titolo. La responsabilitàdel funzionario, che verso il terzo è extra~contrattuale, quando si atteggia verso lo Stato,come abbiamo visto, è una vera e propriaresponsabilità di tipci contrattuale, in quantoderivante dal rapporto di impiego. In altritermini il funzionario o dipendente deverisarcire all'Ente'l'ulteriore danno che questoha risentito, avendo ad~mpiuto ad una obbliga~zione che è sorta per il fatto che il funzionarioè uscito dai limiti che l'Ente gli aveva posti per

l'esercizio della funzione e quindi ha violatoun dovere nascente dal rapporto di impiego.La costruzione ci sembra perfettamente logica.Come dal rapporto d'impiego sorge la respon~sabilità abbietti va dello Stato, così dallo stessorapporto scaturisce la responsabilità del fun~zionario verso lo Stato.

Concludendo, l'art. 28 della nostra Costitu~zione, costituisce, nella interpretazione chenoi abbiamo tentato, un notevole passo inavanti nella elaborazione di questa complessae delicata materia. Tenendo conto della espe~rienza costituzionale dei paesi stranieri, dellaevoluzione dottrinale e giurisprudenziale svol~tasi in Italia, durante l'ultimo mezzo secolo,esso si presenta come u~a felice sintesi dielementi un tempo considerati discordanti.

Il sistema della responsabilità nel nostrodirhto pubblico, è dunque fondato sopra trecardini:

a) responsabilità diretta dello Stato;b) responsabilità, personale dei funzionari

e dipendenti; ,

c) responsabilità oggettiva dello Stato edegli Enti pubblici per gli atti illeciti dei lorofunzionari e dipendenti.

Nel rapporto tra questi tre principi è lasoluzione della "grande questione dei limiti",per cui tutto il sistema si presenta, come unodei più armonici, per non dire più perfetti,della storia costituzionale di tutti i paesi,tenuto conto della evoluzione particolare diciascuno di essi».

3. L'articolo 28,nei lavori della Costituente

Il motivo semplice alla base della campagnaipiziata dieci anni fa era costituito da unrichiamo all'articolo 28 della Costituzione perquello che è nella sua chiarezza semantica enon quello che vogliono far credere alcunicontorsionismi dottrinari. Questo richiamoche l'onorevole Rodotà definisce rozzo e altrisemplicistico è stato compreso dalla gente cheha votato per l'uguaglianza dei cittadini.

Il nodo dell'articolo 28 aleggia sul dibattitoin corso; attraverso i contorsionismi giuridici edottrinari a cui abbiamo fatto riferimento sipuò solo tentare di renderlo inesplicabile e

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incomprensibile mentre se si torna al dibattitosvoltosi alla Costituente si trovano presenti leposizioni che ancora oggi si confrontano edemerge nettamente il significato della norma.Questo principio della responsabilità non met~te in discussione l'autonomia e l'indipendenzadella Magistratura, stante il fatto che l'articolo104 è opera dello stesso costituente autoredell'articolo 28 e quindi solo interpreti faziosipossono metterli in contrapposizione.

Mi pare utile riportare integralmente ildibattito svoltosi il 15 aprile 1947 in cui siscontrarono le posizioni dell'onorevole TitoOro Nobili e dell'onorevole Dominedò da unaparte e dell'onorevole Costantini e dell'onore~vole Tupini dall'altra facendo precedere aquesto importante dibattito il commento al~l'articolo 28 del testo commentato della Costi~tuzione curato da Falzone Palermo Cosentino,edito da Mondadori.

«Art. 28. ~ I funzionari e i dipendenti dello .

Stato e degli enti pubblici sono direttamenteresponsabili, secondo le leggi penali civili eamministrative, degli atti compiuti in violazio~ne di diritti. In tali casi la responsabilità civilesi estende allo Stato e agli enti pubblici.

(Già art. 22 del progetto, discusso e approva~to nella seduta del 15 aprile).

La discussione dell'articolo precedente siera imperniata sul dissidio, circa la funzionedella pena, tra i sostenitori della scuolaclassica e quelli della scuola positiva, perquanto si fosse da tutti riconosciuto che laCostituzione non deve risolvere problemi giu~ridico~filosofici. Analoga situazione venne averificarsi, discutendosi l'articolo in esame,sulla teoria della responsabilità dello Stato peri fatti dei propri dipendenti, che una tendenzavolle considerare diretta (per fatto proprio ~

colpa del committente) e un'altra inveceindiretta o sussidiaria (per fatto altrui ~ colpa

del commesso).~

Secondo la prima tendenza, come ricordòl'on. Nobili Tito Oro (A. C., pagg. 2890~1), loStato, come ente etico destinato a organizzareil bene, non può essere chiamato responsabiledell'insuccesso dei suoi sforzi nel campo diquesta organizzazione e non può neppurerispondere della cattiva scelta dei suoi dipen~denti, specie se essa avvenga per concorso; ma

la moderna scienza del diritto, confortataanche dalla giurisprudenza della Corte dicassazione, ha riconosciuto da tempo che loStato deve rispondere per fatto del propriodipendente "non per colpa indiretta del com~mittente, e cioè per colpa istitoria, ma per fattoproprio; in quanto lo Stato, non essendopersona fisica, ma ente morale, non può agireed essere impegnato se non a mezzo e per fattodei propri organi, e cioè dei suoi dipendenti;onde, quando questi mancano e danneggiano iterzi per errore o per dolo, è lo Stato stessoche ha mancato e danneggiato e che deveriparare". L'onorevole Nobili si dichiaravafavorevole a questa seconda tesi ma, riaffer~mando il concetto che la Costituzione nondeve risolvere questioni di carattere filosofico,non propose un emendamento che facesserisaltare la responsabilità diretta dello Stato: silimitò a invocare una formula anodina, propo~nendo di sostituire, nella dizione del progetto("Lo Stato e gli enti pubblici garantiscono ilrisarcimento dei danni arrecati dai loro dipen~denti"), la parola "garantiscono" con "assicu~rano"; "si garantisce l'obbligazione altrui, nonquella propria": pertanto dire "garantiscono"avrebbe significato prendere decisamente po~sizione in favore della tesi della responsabilitàindiretta o sussidiaria.

Anche l'on. Dominedò consigliò la sostitu~zione della parola garantiscono ("se è vero chesi garantisce un adempimento in senso positi~vo, mentre qui sorge il problema di unaresponsabilità per l'illecito già maturato") epropose: "rispondono", oppure "sono tenuti alrisarcimento"; secondo il suo avviso "tecnica~mente qui siamo di fronte a una vera e propriaresponsabilità per fatto altrui".

L'on. Costantini si dichiarò a favore dellatesi della responsabilità inrjiretta; a suo giudi~zio la formula del progetto attribuiva allo Stato"responsabilità che vanno molto al di là diquelle che sono in genere le responsabilità perfatto altrui", responsabilità che devono consi~stere nel "risarcire i danni creati dal fatto deipropri dipendenti, secondo quanto è stabilitodalla legge civile"; l'on. Costantini propose laformula, che fu poi approvata, "le normerelative alla responsabilità civile sono esteseallo Stato e agli enti pubblici per i fatti dei lorodipendenti"; chiarendo che per fatti si intende~

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vano quelli di cui alla proposizione prece~dente.

L'on. Tupini, per la Commissione, preseposizione in favore della tesi della responsabi~lità diretta del funzionario e sussidiaria delloStato, aggiungendo che la responsabilità previ~sta dall'articolo "è graduata, cioè investeprima il funzionario e in via sussidiarial'amministrazione dello Stato". La Commissio~ne mantenne il termine "garantiscono", mal'Assemblea aderì ai criteri esposti dall'on.Costantini e approvò la formulazione da luiproposta, rielaborata poi dal punto di vistasolamente formale dal Comitato di redazionedurante il coordinamento finale; rimanendoacquisito alla disposizione che la responsabili~tà dello Stato e degli enti pubblici è regolata,così per il diritto sostanziale come per quelloprocessuale, dalle norme legislative in vigore(o da quelle in futuro emanate dal legislatore )che disciplinano l'istituto della responsabiliticivile. Viene in tal modo marcata la diversitàfra questo e l'art. 113 che ha riguardo allaresponsabilità amministrativa delle pubblicheamministrazioni per i loro atti.

Il testo del progetto recava nella primaproposizione "sono personalmente responsabi~li"; l'onorevole Dominedò propose di sostitui~re "personalmente" con "direttamente"; e laCommissione accettò l'emendamento perchè~ disse l'on. Tupini (A. C. pago 920) ~ "iltermine proposto sottolinea ancor di più lagradualità di responsabilità del funzionario ela garanzia sussidiaria dello Stato che è nelnostro pensiero". L'Assemblea approvòl'emendamento.

L'on. Dominedò propose anche di specifica~re: "degli atti compiuti nell'esercizio delle lorofunzioni"; la Commissione accettò; ma, appro~vato il primo periodo nel testo del progetto,l'emendamento fu considerato assorbito dalpresidente on. Terracini, che non lo pose aivoti. Non v'è tuttavia possibilità di dubbio che,nel consenso della Commissione e non essen~do sorta contestazione alcuna sull'opportunitàdella specificazione chiesta dall'on. Domi~nedò, questa si abbia per aggiunta. In sede dicoordinamento finale il Comitato di redazionesostituì, alle parole iniziali del testo approvato"i dipendenti", le altre "i funzionari e idipendenti", per far intendere appunto che la

norma concerne la responsabilità dei funzio~nari e dei dipendenti in quanto tali.

L'on. Corsanego propose di dire "atti odomissioni compiuti in violazione dei diritti".Per la Commissione l'on. Tupini consideròpleonastica l'aggiunta, in quanto, come avevariconosciuto lo stesso on. Corsanego svolgen~do la sua proposta, "anche l'omissione esauri~sce per se stessa la figura di un atto".

Il testo del primo periodo approvato dalla 1.Sc. fu il seguente: "I pubblici funzionari sonoresponsabili ai sensi della legge penale e diquella civile per gli atti compiuti dolosamenteo colposamente in violazione dei diritti sancitidalla presente Costituzione". Il Comitato diredazione aggiunse, a quello della legge penalee civile, il richiamo anche alla legge ammini~strativa, allo scopo di completare il quadrodelle norme legislative alla stregua delle qualideve essere accertata la responsabilità perso~naIe e diretta dei funzionari.

Lo stesso Comitato soppresse poi "dolosa~mente o colposamente", ritenendo che, nonfacendosi alcuna specificazione ed essendoquesti i due classici tipi di responsabilità,entrambi dovessero considerarsI sottintesi. Insottocommissione fu tuttavia particolarmentesottolineato dagli on. Basso, relatore, Cevolot~to, Togliatti, Lucifero e Mancini che il princi~pio nuovo che si vuole affermare è proprioquello della responsabilità per colpa, in quan~to il principio della responsabilità per dolo ègià previsto dal Codice penale (1. Sc.,pago 161).

Il Comitato di redazione soppresse inoltre leparole "sanciti dalla presente Costituzione",che erano state approvate dalla 1. Sc. conintendimento di affermare la responsabilitàper la violazione della Costituzione comeconcetto che andasse al di là di quellopenalistico dell'abuso di autorità e di quelloamministrativo dell' eccesso di potere (dichia~razione dell'on. Lucifero, 1. Sc., pago 160). Unatesi più limitativa della portata della norma,tendente alla conservazione delle parole "dirit~ti di libertà" che figuravano nel testo propostodai relatori, non ebbe successo, benchè l'on.Moro avvertisse che affermare che sono punitetutte le violazioni di tutti i diritti sanciti dallaCostituzione avrebbe significato affermare unaresponsabilità per "casi largamente indefiniti e

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per diritti non precisati". Sopprimendo leparole "sanciti dalla presente Costituzione" ilComitato di redazione intese semplificare ladizione della norma e non rendere necessariauna casistica dei diritti la cui violazionecomporti o meno la responsabilità. Tuttavianel corso della discussione della Parte I dellaCostituzione l'Assemblea (cfr. note agli artt. 13e 17) e la Commissione diedero per pacificoche l'articolo in esame, pur ponendo unprincipio di responsabilità in via generale, masempre nel quadro delle leggi penali, civili eamministrative, sia stato posto nella Costitu~zione con la volontà di assicurare una garanziae una tutela particolarmente ai diritti dallaCostituzione stessa riconosciuti» (tratto da: LaCostituzione della Repubblica italiana, illustra~ta con i lavori preparatori e corredata da notee riferimenti. A. Mondadori Editore).

Dagli «Atti dell'Assemblea Costituente ~ di~

scussioni, Vol. III»:

XC.

SEDUTA POMERIDIANADI MARTEDÌ 15 APRILE 1947

PRESIDENZA

DEL PRESIDENTE TERRACINI

La seduta comincia alle 16.

SCHIRATTI, Segretario, legge il processoverbale della seduta precedente.

(È approvato).

Seguito della discussione del progettodi Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca:Seguito della discussione del progetto diCostituzione della Repubblica italiana.

Pongo in discussione l'articolo 22:

«I dipendenti dello Stato e degli enti pubbli~ci sono personalmente responsabili, secondole leggi penali, civili e amministrative, degliatti compiuti in violazione di diritti. Lo Stato e

gli enti pubblici garantiscono il risarcimentodei danni arrecati dai loro dipendenti»?

«La legge determina le condizioni e i modiper la riparazione degli errori giudizi ari».

Sono stati presentati a questo articolo parec~chi emendamenti. Il primo è quello dell'ono~revole Codacci Pisanelli ~ già svolto nel corsodella discussione generale ~ del seguente te~

nore:

«Sostituirlo col seguente:

«I dipendenti dello Stato e degli enti pubbli~ci sono personalmente responsabili verso icittadini e verso la pubblica Amministrazione,secondo le leggi penali, civili e amministrative,degli atti dolosamente o colposamente com~piuti in violazione di diritti o interessi giuridi~camente protetti. Lo Stato e gli enti pubblicisono solidamente responsabili con i lorodipendenti per ogni danno dolosamente ocolposamente arrecato nell'esercizio dellepubbliche funzioni a questi attribuite e, neglialtri casi, sono direttamente responsabili per idanni derivati da atti governativi che ledano oanche legittimamente sacrifichino diritti ointeressi giuridicamente protetti. La leggedetermina le condizioni e i modi per lariparazione degli errori giudiziari».

Gli onorevoli Cappi, Castelli Edgardo, Schi~ratti, Tosato, Recca, De Palma, Bastianetto,Tozzi Condivi, Bulloni, Lettieri, Chieffi, hannopresentato il seguente emendamento:

«Sostituire l'articolo 22 col seguente:

«Lo Stato e gli Enti pubblici sono responsa-bili ~ salvo rivalsa ~ degli atti illegali compiuti

dai loro dipendenti».«Le vittime di errori giudizi ari hanno diritto

di essere indennizzate dallo Stato».

L'onorevole Cappi ha facoltà di svolgerIo.CAPPI. Rinunzio all'emendamento.PRESIDENTE. L'onorevole Corsanego ha

presentato i seguenti emendamenti:

«Al primo comma, dopo la parola: atti,aggiungere: o omissioni».

«Fare del secondo comma un articolo a sè».

Ha facoltà di svolgerIi.CORSANEGO. Propongo in primo luogo che

alla parola «atti», scritta nel testo preparato

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dalla Commissione, siano aggiunte le parole «oomissioni»; per due motivi i giuristi sanno chenella parola «atti» sono comprese anche leomissioni; però, poichè la Costituzione non èscritta soltanto per i giuristi, ma è scritta per ilpopolo, forse è opportuno aggiungere laparola «omissioni». Il secondo motivo è ilseguente: di regola il cittadino si lamenta che ipubblici uffici omettano di compiere qualchecosa che a lui sta a cuore. Si presenta ad unufficio per chiedere un documento, e questonon gli viene consegnato, o gli viene consegna~to con molto ritardo. Quindi la negligenzadegli uffici statali nei riguardi dei cittadino è disolito una negligenza omissiva. Per questimotivi ho proposto di aggiungere la parola«omissioni».

Contemporaneamente ho proposto che ilsecondo comma dell'articolo 22 diventasse unarticolo a sè; e questo non l'ho suggerito soloper ragioni di euritmia legislativa, ma per unmotivo di tecnica giuridica. Se noi leggiamoinfatti attentamente il secondo comma, imme~diatamente dopo aver letto il primo, ci sembraa prima lettura che il comma primo si riferiscaagli errori giudiziari nei giudizi sulla responsa~bilità dei pubblici funzionari, mentre il secon~do commà ha una portata molto più ampia,molto più generale.

Per questo motivo propongo che, pur restan~do immutato il testo del secondo comma,questo faccia parte a sè, come articolo.

PRESIDENTE. L'onorevole Nobili Tito Oroha presentato il seguente emendamento:

«Al primo comma sopprimere le parole: LoStato e gli enti pubblici garantiscono ilrisarcimento dei danni arrecati dai loro dipen~denti».

Ha presentato inoltre, unitamente agli ono~revoli Tonello, Fogagnolo, Merighi, Faccio,Fornara, Giua, Tega, Barbareschi, Vernocchi eCostantini, il seguente emendamento:

«Subordinatamente all'emendamento sop~pressivo della fine del primo comma, sostituirealla parola: garantiscono, l'altra: assicurano».

L'onorevole Nobili Tito Oro ha facoltà disvolgerli.

NOBILI TITO ORO. I miei due emendamen~ti, onorevoli colleghi, prospettano una questio~

ne giuridica e ne propongono due soluzionisubordinate. Il primo comma dell'articolo 232contempla i danni cagionati da dipendentidello Stato o degli enti pubblici per violazionedi diritti; si intende di tutti i diritti, illimitata~mente; ne dichiara responsabile, in via penale,civile ed amministrativa, i dipedenti medesimie dichiara che lo Stato e gli enti pubblicigarantiscono il risarcimento dei danni prodottida costoro: si intende, non v'ha dubbio etuttavia sarebbe stato necessario dirlo, prodot~ti dai dipendenti nell'esercizio delle loro attri~buzioni.

Si prospetta quindi la questione vessata, laquestione storica, direi quasi, dei limiti diresponsabilità dello Stato e delle pubblicheamministrazioni per: il fatto dei dipendenti. Epertanto non si può prescindere dal tenerconto dello stato della dottrina e della giuri~sprudenza che si sono affermate in propositosia nel campo giuspubblicistico sia in quellodei diritto privato, in base alla legge positiva.

Ora, io non riesco a comprendere ~ e la

relazione del Presidente della Commissionenon ce lo spiega ~ perchè si sia usata nei testo,

là dove si parla dell'obbligo dello Stato dirisarcire i danni, l'espressione «garantiscono».Giuridicamente non si tratta di una garanzia; sitratta bensì di una responsabilità diretta; e diqueste responsabilità si è in passato moltodiscusso e molto dubitato.

Agli albori del nostro Codice si è addiritturaosato negarla in pieno, in base alla teoria chelo Stato, come ente etico destinato ad organiz~zare il bene e, secondo alcuni filosofi, perfinola felicità dei cittadini, non possa esserechiamato responsabile dell'insuccesso dei suoisforzi nei campo di questa organizzazione. Si èdetto anche che lo Stato non può risponderedella cattiva scelta dei suoi dipendenti inquanto questa scelta sia avvenuta, come perlegge, a mezzo di pubblico concorso. Si è fatta,altresì distinzione fra atti patrimoniali e atti diimperio, per riconoscere la responsabilità neiprimi e negarla per i secondi; in relazione agliatti dell'amministrazione militare, c'è stato unperiodo in cui si è totalmente negata, sottoquesto riflesso, la responsabilità dello Stato;ma siamo arrivati poi ~ e ci siamo arrivati da

qualche tempo ~ al riconoscimento completo,

sia da parte della dottrina in generale e di

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quella dello Stato in particolare, sia da partedella giurisprudenza regolatrice, non solodella giuridica sussistenza della responsabilitàdello Stato, ma del suo carattere diretto, e cioèper fatto proprio (a rigore dell'art. 1151 delCodice civile abrogato e 2043 del Codice civilevigente) e non di carattere indiretto, e cioè percolpa del commesso, ai sensi degli articoli1153 e ~ rispettivamente ~ 2049.

Beninteso deve farsi distinzione fra il fattoillecito, «colposo o doloso» (art. 2043 delCodice civile vigente), del dipendente e l'attoamministrativo, che è e resta insindacabile nelcampo giudiziario e che può essere impugnatoper illegittimità soltanto in sede amministrati~va, sia in via gerarchica sia in via giurisdiziona~le. Questa distinzione va tenuta ben presentenella terminologia the dovrà essere usata neltesto definitivo dell'articolo.

Con questa precisazione, che pure eranecessaria, insisto nella affermazione, eviden~temente non valutata nella formulazione, cheormai da tempo la giurisprudenza della CorteSuprema, anche a Sezioni Unite, ha ricono~sciuto in pieno che lo Stato deve risponderedel fatto del proprio dipendente; e che nerisponde, come poc'anzi ho accennato, nonper colpa indiretta del committente, e cioè percolpa institoria, ma per fatto proprio; inquanto lo Stato, non essendo persona fisica,ma ente morale, non può agire ed essereimpegnato se non a mezzo e per fatto deipropri organi, e cioè dei suoi dipendenti.Onde, quando questi mancano e danneggiano iterzi per errore o per dolo, i:: lo Stato stessoche ha mancato e danneggiato e che deve ripa~rare.

E così stando le cose, mi domando: perchèusare il termine «garantire»? Non so se, datol'uso inesplicabile di questo termine inusitato,vi si annidi qualche riserva mentale di caratte~re giuridico, o politico, qualche cautela nell'in~teresse dello Stato per eventuali rivalse, inquanto concretamente possibili, verso i dipen~denti personalmente responsabili, ma effettiva~mente la formula dovrebbe essere la seguente:«Lo Stato risponde in proprio».

Se a una affermazione così rigorosa non sivoglia arrivare, e se ne potrebbe fare a meno,perchè essa è conseguenza diretta e automati~ca della responsabilità del dipendente (primo

emendamento), si presenta un'altra soluzione:adoperiamo una formula che non abbia carat-tere giuridico, come quella usata, che non èassolutamente la più indicata, in quanto sigarantisce l'obbligazione altrui, non quellapropria; ricorriamo ad altra locuzione, nongiuridica, generica e quindi anodina, ma taleda far sicuri ugualmente coloro che possonoessere danneggiati del diritto al risarcimentoda parte dello Stato. Lasciamo impregiudicatala natura giuridica del diritto a questo risarci-mento, ed adoperiamo la formula che: «10Stato assicura il risarcimento dei dannÌ»(emendamento subordinato). Diciamo quindiche: «lo Stato e gli enti pubblici assicurano ilrisarcimento dei danni prodotti dai loro dipen-dentÌ», e, vorrei aggiungere, «nell'eserciziodelle loro funzioni».

PRESIDENTE. Segue l'emendamento, giàsvolto, dell'onorevole Veroni:

«Al primo comma, sostituire le parole: LoStato e gli enti pubblici garantiscono ilrisarcimento dei danni arrecati dai loro dipen~denti, con le seguenti: È solidale la responsabi~lità dello Stato e degli enti pubblici per ilrisarcimento dei danni arrecati dai loro dipen~denti».

L'onorevole Dominedò ha presentato treemendamenti:

«Al primo comma, alle parole: garantisconoil risarcimento, sostituire le altre: rispondonodirettamente, oppure: sono tenuti al risarci~mento».

«Al primo comma secondo periodo, dopo laparola: dipendenti; aggiungere: nell'eserciziodelle loro funzioni».

«Trasferire il secondo comma all'articolo 19,quale terzo comma ».

Ha facoltà di svolgerli.DOMINEDÒ. Ho proposto due emendamen~

ti al secondo periodo del primo commaall'articolo 22.

Il primo, e qui mi aVVICInO a quantoaccennava l'onorevole Nobili Oro, ha lo scopodi sostituire l'espressione «garantiscono ilrisarcimento», la quale non sembra la piùindovinata, se è vero che si garantisce unadempimento in senso positivo, mentre qui

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sorge il problema di una responsabilità perl'illecito già maturato. Quindi escluderei laterminologia «garantiscono» preferendo quel~la «rispondono», dato che tecnicamente quisiamo di fronte ad una vera e propria respon~sabilità per fatto altrui. Una terminologia cosìlata offre il vantaggio di lasciare aperta, in sedelegislativa, ogni ulteriore specificazione; ondela responsabilità, qui genericamente afferma~ta, potrà essere successivamente definita comesussidiaria o, in determinate ipotesi, eventual~mente solidale, sarà obbiettiva o nascente dacolpa, a seconda dei casi. Quindi, emendandoil mio originario emendamento e togliendol'avverbio «direttamente», mi limiterei a dire:«Lo Stato e gli enti pubblici rispondono».

il secondo rilievo è questo: che lo Stato e gliEnti pubblici rispondono dei danni arrecati dailoro dipendenti, ma in quanto rientranti«nell'esercizio delle loro funzioni». Io vorreiaggiungere questa specificazione, che è unadelimitazione essenzialmente inerente al con~cetto della responsabilità per fatto altrui, edappare qui tanto più necessaria, in quantoserve da temperamento alla lata formula di«dipendenti», adottata dal progetto, in luogo diquella di funzionari o esercenti pubblichefunzioni. Anche la costituzione spagnola del1931, la quale, salvo errore, è la sola che trattadi professo questo problema, esprime il con~cetto della delimitazione della responsabilitànell'ambito delle funzioni spettanti al dipen~dente. Ed analogamente, in materia civilistica,vige un tale principio per quanto concerne laresponsabilità del preponente per il preposto odel committente per il commesso.

V'è infine un terzo emendamento, di meraforma, riguardante il seçondo comma dell'arti~colo, che io propongo di unire all'articolo 19,laddove sono sanzionati i principi generali intema di esercizio di azioni a tutela dei propridiritti e interessi. quindi penso che la normasugli errori giudiziari vada più opportunamen~te inserita in sede di articolo 19, ovvero, insubordine, mi associerei alla proposta Corsa~nego di fare un articolo a sé.

PRESIDENTE. Segue l'emendamento del~l'onorevole Bellavista, già svolto:

Sostituire il secondo comma col seguente:

«La legge riconosce il diritto di riparazionealle vittime degli errori giudiziari, e ne deter~mina le condizioni ed i modi per l'esercizio».

Gli onorevoli Costantini, Marini, Arata, Bin~ni, Veroni, Badini Confalonieri, Cifaldi, Tre~ves, Bassano, Crispo, hanno proposto di sosti~tuire l'articolo con il seguente:

«I dipendenti dello Stato e degli Entipubblici sono responsabili degli atti compiutinell'esercizio delle funzioni loro attribuite, inviolazione di diritti o di interessi legittimi.

Le norme relative alla responsabilità civilesono estese allo Stato e agli Enti pubblici perfatti dei loro dipendenti.

La legge determina le condizioni ed i modiper la riparazione degli errori giudiziari». ,

L'onorevole Costantini ha facoltà di svol~gerlo.

COSTANTINI. Ho ritenuto di presentare unemendamento sostitutivo di tutto l'articolo 22,in unione ad altri colleghi, perchè mi sembra~va che il testo dell'articolo formulato dallaCommissione dei Settantacinque non rispon~desse a quella che è la situazione e, sottodeterminati aspetti, attribuisse allo Stato re~sponsabilità che vanno molto al di là di quelleche sono, in genere, le responsabilità per fattialtrui, cioè l'onere di risarcire i danni creatidal fatto dei propri dipendenti, secondo quan~to è stabilito nella legge civile.

Ed allora, senza ripetere quello che suquesta materia ci è stato detto da altri colleghiche mi hanno preceduto, mi sembra chel'espressione «i dipendenti dello Stato e degliEnti pubblici sono personalmente responsabilisecondo le leggi penali, civili ed amministrati~ve degli atti compiuti in violazione di diritti»,possa essere vantaggiosamente sostituita, fer~ma il concetto basilare della responsabilità,con quella da me usata: '«I dipendenti delloStato ed Enti pubblici sono responsabili degliatti compiuti, nell'esercizio delle funzioni loroattribuite, in violazione di diritti o di interessilegittimi». Con ciò, sostanzialmente, non sitratta di stabilire una responsabilità diretta deidipendenti dello Stato, originata da fatti colpo~si o da violazioni di diritti; responsabilità giàaffermata dalla legge per tutti i cittadini, mainvece di stabilire, come conseguenza di unillecito o di un atto colposo del dipendente,quello che si afferma col secondo comma, cioèla responsabilità del committente per il fattodel commesso. Ecco perchè ritengo che laspecificazione di essere il fatto posto in

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relazione alle funzioni attribuite al dipendentesia indispensabile nella fattispecie, perchèaltrimenti noi giungeremmo ad affermare unaforma di responsabilità diretta dello Stato,anche per quanto un pubblico funzionario odun dipendente dello Stato in genere faccia al difuori delle funzioni che ad esso sono statedelegate od assegnate.

Nel secondo punto, infatti, il testo delprogetto dice: «Lo Stato e gli Enti pubblicigarantiscono il risarcimento dei danni arrecatidai loro dipendenti», e questo senza specifica~re se si tratti d'una garanzia per violazioni dinorme o di interessi; se nell'esercizio dellefunzioni attribuite o all'infuori di esse. Horitenuto più utile, ripeto, chiarire il concetto,che, in fondo, dovrebbe essere quello determi~nante la norma, cioè: lo Stato risponde perresponsabilità indiretta ai termini delle leggivigenti.

In ultima analisi, la legislazione italiana, miriferisco al diritto privato, soprattutto, deter~mina la responsabilità del committente per ilfatto del commesso, dell'appaltatore per ilfatto del proprio dipendente, ecc., quando ilfatto lesivo sia compiuto nell'esecuzione del~l'incombenza o in relazione ad essa.

È la forma di responsabilità indiretta, cheviene chiaramente richiamata con riferimentoalle norme fondamentali vigenti nel nostrodiritto privato sulla materia.

Mi è sembrato utile dire che:

«le norme relative alla responsabilità civilesono estese allo Stato ed agli Enti pubblici peri fatti (si intende, quelli di cui al commaprecedente) dei loro dipenden.ti».

La terza parte potrà restar tale quale, inquanto che sostanzialmente si stabilisce unaresponsabilità che è utile sia determinata, e sirimanda alla legge comune la specificazionedelle forme, attraverso cui giungere al risarci~mento dei danni recati dagli errori giudiziario

In sostanza, io ho creduto utile portare laposizione dei dipendenti statali a quella di tuttii dipendenti privati in generale, cioè deilavoratori per conto e nell'interesse di terzi.

La responsabilità civile per fatto altrui, laquale finora era attribuita esclusivamente aiprivati, deve gravare anche sullo Stato e sugliEnti pubblici, per rispetto di ,un principio di

eguaglianza e di giustizia, che è indispensabilestabilire, specialmente, dopo le recenti se purpassate aberrazioni della giurisprudenza, cheha per tanto tempo stabilito l'assoluta irre~sponsabilità dello Stato per il fatto del propriodipendente.

PRESIDENTE. L'onorevole Carignani, unita~mente ad altri, ha proposto i seguenti emenda~menti:

Sostituire il primo comma con il seguente:

«I dipendenti dello Stato e degli Entipubblici sono responsabili per i loro atti,secondo le leggi penali e amministrative. LoStato e gli Enti pubblici sono tenuti alrisarcimento dei danni derivati ai cittadini acausa dei loro dipendenti».

Ha poi proposto di trasferire il secondocomma all'articolo 19 del 'progetto.

L'onorevole Carignani ha facoltà di svolgerel'emendamento.

CARIGNAN!. Mi valgo dell'esperienza di vitaamministrativa.

La mia intenzione veramente era di propor~re açidirittura la soppressione dell'articolo,perchè trovavo superfluo che della leggecostituzionale fondamentale facesse parte unprovvedimento di carattere, direi, occasionale,e che si riferisce e si deve riferire, evidente~mente, al tempo ed ai luoghi, dove le responsa~bilità devono essere delimitate.

Quindi, l'articolo in sè, secondo il mio mododi vedere, è già in una posizione difficile,quando si trova soltanto al termine del capito~lo sui rapporti civili; mentre allorchè sidovrebbe parlare di responsabilità dell'impie~gato, dobrebbe essere compreso ed esteso atutta quella che è l'attività funzionale delloStato nei suoi vari rami.

Comunque, nell'intendimento di ridurre alminimo e di affermare il concetto dellaresponsabilità, da parte dei funzionari, nel~l'esercizio delle loro mansioni, io ho pensatoche convenisse, soprattutto, variare la primaparte dell'articolo, sopprimendo quella chepoteva apparire una cosa troppo pesante per lagrande massa dei dipendenti dello Stato, cheleggeranno la Carta costituzionale; ed intantodirei di abolire quell'avverbio «personalmen~te» che mi dà l'impressione di un pugno nelpetto per quei disgraziati di impiegati che

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debbono attendere a questi servizi. E direi: «Idipendenti dello Stato e degli Enti pubblicisono responsabili (anzichè sono personalmen~te responsabili) dei loro atti secondo la leggepenale ed amminstrativa».

Qualche éollega mi ha fatto osservare cheparlare di responsabilità secondo la leggepenale è una cosa pleonastica, perchè eviden~temente qualunque cittadino che compia inqualsiasi grado e stadio della sua vita un attoche offenda la legge penale cade sotto la leggepenale stessa, e questo non c'è bisogno di dirloqui.

Si dice nel testo che, oltre che ai sensi dellalegge penale, l'impiegato risponde anche civil~mente. Anche su questo io richiamo la vostraattenzione; specialmente gli avvocati sannoche cosa vuoI dire quell'avverbio «civilmente»:questa responsabilità caricata sulle spalle diun povero burocrate, non è il caso di affermar~la qui, anche perchè non dobbiamo vederesempre nei burocrati solo dei nemici degliamministrati, perchè ci sono, ci sarà, un'ali~quota di persone che dovrebbero andare a fareun altro mestiere, ma nella grande massa iburocrati, da decenni e decenni danno unesempio di molta serietà ed hanno un senso diresponsabilità veramente rispettabile. È unacosa questa che in fondo finisce pet creareun'atmosfera di antipatia fra la nuova Repub~blica e la màssa degli impiegati.

Tornando alla questione della «responsabili~tà civile», io desidero ricordare che, quando sirichiama questo concetto, si dice cosa chesupera ogni sanzione inerente ai doveri dell'uf~ficio e pone l'impiegato alla mercè dellospirito litigioso dei cittadini. E le conseguenzesaranno sempre gravi per il povero impiegato,perchè ~ anche se avrà ragione ~ dovrà pur

sempre difendersi. Quindi eviterei di adopera~re quel termine «civile» nell'articolo, perchèdà la sensazione di essere un qualche cosa dimolto pesante sune spalle degli impiegati,mentre che, per ~a natura del diritto privatisti~co, si ha sempre l'affermazione di eventualiresponsabilità civili senza bisogno di dirlo. Laresponsabilità amministrativa, inoltre, è in reipsa, per il fatto stesso che un impiegato ilquale esercita una mansione amministrativacade sotto la sanzione di quella legge che ~ per

così dire ~ è lo strum,ento del suo lavoro.Per indulgere in qualche maniera al testo

della Commissione, io avrei limitato la motiva~zione soltanto in riferimento alle sanzionidelle leggi penali ed amministrative, ometten~do «con intenzione» quelle civili, perchèrappresentano evidentemente un pericolo an~che più grave per i dipendenti che oltre leresponsabilità derivanti dalle norme ammini~strative ~ già di per sè onorose ~ si troverebbe~

ro a sopportare il carico di un risarcimentodanni che finirebbe per rovinarli del tutto, nelcaso deprecato di qualche infortunio profes~sionale. Una considerazione di ordine generalemi pare che si imponga: se noi tendiamo astringere questa grande massa impiegatizianelle morse di gravi responsabilità, bisognastare attenti, perchè potremmo paralizzare lavita del Paese; questo è il più grande pericolo.(Commenti).

Voci. No, no!CARIGNAN!. Può dire di no chi non vive

molto in questo ambiente; io ho dovutoviverci, e quando cominciate a pensare chel'impiegato possa domani giustificare se stessocon queste responsabilità che gli derivanodallo Statuto del nostro Paese, evidentementenoi non possiamo neanche fare delle pressionimaggiori, perchè quell'impiegato giustificabene la sua inerzia. E questo rappresenterebbeun grande detrimento per tutta la vita burocra~tica dello Stato.

Per ciò che riguarda il secondo periodo, leconsiderazioni sono ovvie ed ognuno le hafatte prima di me. Anche qui ho cercato diattutire il colpo per ciò che riguarda sempre lafunzione dell'impiegato.

Mentre il testo dice: «Lo Stato e gli Entipubblici garantiscono il risarcimento dei dan~ni arrecati dai loro dipendenti», io ridurrei laformula in questi termini: «Lo Stato e gli Entipubblici sono tenuti al risarcimento dei danniderivati ai cittadini a causa dei loro dipen~denti».

La dizione da me proposta tende ad attenua~re la sostanza e la forma. Il concetto che loStato debba risarcire i danni arrecati dallacattiva amministrazione è un concetto giuridi~camente fondato; ma il dire, come si dice qui,che i danni dovevano essere arrecati daidipendenti, viene a creare quasi una rivalsadello Stato verso i dipendenti, per il danno cheessi avessero potuto arrecare nei cqnfronti diqualche cittadino in conseguenza della loro

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attività professionale di impiegati. Ed allora miè sembrato che fosse più opportuno ridurre alminimo questa espressione, dandosi ad essa ilmodo per una interpretazione più favorevoleverso i dipendenti.

Un'ultima osservazione, che mi pare diordine logico e credo sia stata già fattadall'onorevole Dominedò, a proposito delsecondo comma dell'articolo 22, il qualedice:

«La legge determina le condizioni e i modiper la riparazione degli errori giudiziari».

Mi pare che sia ovvio come questo commanon abbia proprio nulla a che fare conl'articolo 22. Cosa c'entrano gli errori giudizia~ri con l'affermazione di un principio di respon~sabilità?

Giustamente l'onorevole Dominedò ha giàosservato che questo capoverso poteva andarebenissimo a. fine dell'articolo 19; ed io miassocio volentieri a questo suo modo divedere, perchè. la lettura dell'articolo 19convince facilmente che esso è il punto piùadatto in cui si può inserire questo capoverso.

Infatti, dice l'articolo 19:

«Tutti possono adire in giudizio per la tuteladei propri diritti ed interessi legittimi».

E con questo si afferma il diritto attivo delcittadino all'azione, quindi si entra nel cuoredei rapporti giudiziari che consacrano il dirittodel cittadino a chiedere giustizia allo Stato.

E si aggiunge: «La difesa è diritto inviolabilein ogni stato e grado del procedimento». Eallora ne può discendere, anzi ne deve discen~dere, che gli errori giudiziari devono essereriparati in quel determinato modo che fisseràla legge; di modo che mi pare che, per logicaconseguenza di un criterio strutturale dell'arti~colo 19,pòtrebbe andare in calce questoultimo capoverso, piuttosto che lasciarlo infondo all'articolo 22, dove è assolutamentefuori di posto.

PRESIDENTE. L'onorevole Patricolo ha pre~sentato i seguenti emendamenti:

«Raggruppare gli articoli 8,17,18,21,20,19,22 nell'ordine».

«Raggruppare gli articoli 10, 12, 13, 14, 15nell'ordine».

«Raggruppare gli articoli 16, 9 nell'ordine».

«Porre in ultimo l'articolo 11».

«La disposizione degli articoli sarebbe, per~tanto, la seguente: 8 (8), 9 (17),10 (18), 11 (21),12 (20), 13 (19), 14 (22), 15 (10), 16 (12), 17(B), 18 (14), 19 (15), 20 (16), 21 (9), 22(11)>>.

«Trasferire l'ultimo comma all'articolo 22,quale ultimo comma».

Non essendo l'onorevole Patri colo presente,gli emendamenti si intendono decaduti.

Chiedo il parere della Commissione sugliemendamenti.

TUPINI, Presidente della prima Sottocom~'missione. Mi permetto anche io fare unaraccomandazione agli onorevoli colleghi:quella di non presentare gli emendamentiall'ultima ora.

CARIGNAN!. L'ha già fatta il Presidente.TUPINI, Presidente della prima Sottocom~

missione. A maggior ragione devo farla io,perchè sono io che devo rispondere. E non lafaccio all'onorevole Carignani, ma a tutti. Noidobbiamo anche prepararci per rispondere e,quindi, una raccomandazione di questo generenon mi pare che sia superflua, e non ha alcunriferimento personale. La raccomandazione ègenerale, vale per tutti e, se accolta, avrà unaparticolare importanza per noi che pur dobbia~mo rispondere a tutti. In questa raccomanda~zione non c'è niente di men che deferenteverso i colleghi.

Ma per tornare al merito, prendo senz'altroin esame gli emendamenti presentati all'arti~colo 22 del progetto.

Questo articolo rappresenta una notevoleconquista nel piano costituzionale. Afferma unprincipio ormai maturo nella coscienza nazio~naIe e un progresso importante nel campo deldiritto pubblico. L'articolo consta di dueelementi fondamentali: 1°) la responsabilitàpersonale del funzionario; 2°) la garanzia, chevorrei dire sussidiaria, dello Stato, in ordine.alle omissioni o agli atti dei funzionari indispregio delle leggi penali, civili e ammini~strati ve.

La prima parte dell'articolo, infatti, stabili~sce che «I dipendenti dello Stato e degli Entipubblici sono personalmente responsabili, se~condo le leggi penali, civili e amministrative,

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degli atti compiutI III violazione di diritti».Esaminerò pertanto gli emendamenti relativi aquesto comma a cominciare da quello del-l'onorevole Corsanego, il quale propone chealla parola «atti» si aggiungano le altre «oomissioni». Lo stesso onorevole Corsanego hadetto, nell'illustrazione del suo emendamento,che anche l'omissione esaurisce per se stessala figura di un atto. Tuttavia egli giustifica laproposta con la necessità di rendere più chiaroed esplicito il concetto relativo, affermandoche la Costituiione è fatta per il popolo e nonper i giuristi. Osservo subito all'onorevoleCorsanego che per sua stessa ammissione laparola «atto» è comprensiva di atto omesso eperò il meno che si possa dire è che l'emenda~mento è pleonastico. In ogni caso se è veroche la Costituzione è fatta per il popolo èaltrettanto vero che ad applicarla sarannochiamati i giuristi, i quali non potranno nontener conto dello spirito che ci anima. LaCommissione quindi è contraria all'emenda-mento e prego l'onorevole Corsanego di riti-rarlo.

L'onorevole Nobili Tito Oro propone in viaprincipale la soppressione pura e semplicedella seconda proposizione del primo comma:«Lo Statd e gli Enti pubblici garantiscono,ecc.», e in via subordinata la sostituzione deltermine garantiscono con quello «assicurano».

NOBILl TITO ORO. È un altro emenda-mento.

TUPINI, Presidente della prima Sottocom-missione. Comunque, l'emendamento dice:«assicurano il risarcimento dei danni arrecatidai loro dipendenti». Anche questo emenda-mento subordinato non può essere accettatodalla Commissione, perchè altera il significatodi tutto il primo commma in cui ~ secondo

I

l'illustrazione da me fattane ~ la responsabilità

prevista è gr~duata, cioè investe prima ilfunzionario e in via sussidiaria l' Amministra~zione dello Stato. Se questo è il nostropensiero, l'espressione più adeguata è datadalla parola «garantiscono» e non da quella«assicurano» proposta dall'onorevole NobiliTito Oro; il quale vorrà accogliere la miapreghiera di non. insistervi. A mia volta,assicuro. lo stesso onorevole Nobili Tito Oroche l'emendamento aggiuntivo da lui propostocon la seguente formula: «nell'esercizio delle

loro funzioni» è accettato dalla Commissione,e poichè eguale emendamento è stato propo-sto dall'onorevole Dominedò, valga per lui lastessa assicurazione.

L'onorevole Dominedò propone anche unaltro emendamento, quello, cioè, di sostituirel'avverbio «direttamente» all'altro: «personal~mente» usato nella nostra formula.

Accettiamo l'emendamento, perchè il termi-ne proposto dall'onorevole Dominedò sottoli~nea ancora di più la gradualità di responsabili~tà del funzionario e la garanzia sussidiariadello Stato, che è nel nostro pensiero.

Però non potremo accedere all'altra propo-sta di emendamento: «sono tenuti' al risarci-mento», perchè, mentre l'onorevole Domi-nedò; nel darne ragione e atto, crede chequesto sia un termine meno accentuato diquello che non sia l'altro «garantiscono»l'impressione mia e nostra è che dire «sonotenuti al risarcimento lo Stato e gli Entipubblici» sia ancora più forte the dire «garan~tiscono», quando a questo termine «garanti-scono» si dà quel valore sussidiario, graduale,vorrei dire, subordinato, alla responsabilitàdiretta del funzionario di cui ho dato ragionenel sostenere il nostro articolo.

Accediamo inoltre alla proposta degli onore-voli Dominedò e Carignani di collocare ilsecondo comma dell'articolo 22 in fine all'arti-colo 19.

E ora passiamo agli ultimi due emendamen~ti, dell'onorevole Costantini l'uno e ancoradell'onorevole Carigani l'altro. All'onorevoleCostantini ricordo le ragioni da me addotte asostegno del primo comma dell'articolo el'accettazione da noi data agli emendamentidegli onorevoli Dominedò e Nobili Tito Oro,circa la sostituzione della parola, «personal-mente» con l'altra «direttamente», e l'aggiunta«nell' esercizio delle loro funzioni» al primocomma dell'articolo stesso. Penso che, cosimodificato, il comma possa anche so disfarel'esigenza di cui si è reso interprete l'onorevo~le Costantitni, al quale, pertanto, rivolgol'invito a non insistere nel suo emendamento,e a ritenersi altresì sodisfatto di quanto hodetto a proposito dell'ultima parte dell'articQloe del suo collocamento alla fine dell'articolo19. L'onorevole Carignani inoltre propone conun suo emendamento di sopprimere dal testo

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della formula del primo comma «le leggicivili», modificando la così: «I dipendenti delloStato e degli Enti pubblici sono responsabiliper i loro atti, secondo le leggi penali edamministrative». Non sono d'accordo conl'onorevole Carignani, circa l'opportunità del~la soppressione di questo inciso che restringe~rebbe di troppo la portata di applicazionedell'articolo, sottraendogli un vasto campo ditutela a favore dei cittadini nd riguardi deifunzionari, il cui vigile senso di responsabilitànon deve venir mai meno.

La seconda parte dell'emendamento del~l'onorevole Carignani, consistente nelle parole«Lo Stato e gli Enti pubblici, sono tenuti alrisarcimento dei danni derivati ai cittadini acausa dei loro dipendenti», mi pare sia un po'troppo sfumata e sia molto meno energica eprecisa della nostra formula, che raccomandoall'approvazione dell' Assemblea.

PRESIDENTE. I presentatori degli emenda~menti hanno udito le considerazioni dellaCommissione.

Onorevole Corsanego, mantiene i due emen~damenti?

CORSANEGO. Dopo aver sentito le spiega~zioni dell'onorevole Tupini, devo insistere. Iodirei: «I dipendenti dello Stato e degli Entipubblici sono personalmente responsabili se~condo le leggi penali, civili e amministrativedegli atti compiuti od omessi in violazione didiritti».

TUPINI, Presidente della prima Sottocom~missione. OnorevoleCorsanego, le faccio nota~re che la formula «atti omessi» non è eccessi~vamente propria.

PRESIDENTE. Onorevole Nobili Tito Oro,insiste nei suoi emendamenti?

NOBILI TITO ORO. Desidero spiegare leragioni per le quali ritiro uno dei miei dueemendamenti. Come avevo previsto, era inte~ressante conoscere le ragioni per le quali,contrariamente alla terminologia giuridica, laCommissione aveva ritenuto di adoperare iltermine «garantiscono» (ossia assumono l'ob~bligazione sussidiaria di garantire di pagare).In effetti è qui l'errore che si annida nellaterminologia usata dalla Commissione. L'ob~bligo dello Stato e degli enti pubblici non è unobbligo sussidiario. Mi rincresce che l'onore~vole Tupini non mi abbia ascoltato. La dottrina

moderna e anche l'attuale giurisprudenzahanno riconosciuto che lo Stato e gli entipubblici, non essendo persone fisiche, nonpossono assumere obbligazioni se non attra~verso i propri organi, e i dipendenti sonoappunto gli organi dello Stato e degli enti pub~blici.

TUPINI, Presidente della prima Sottocom~missione. Il concetto della Commissione rima~ne quello che ho esposto.

NOBILI TITO ORO. Ora, la responsabilitàper gli atti di un dipendente è per lo Stato eper gli enti pubblici sempre una responsabilitàdiretta; quindi per essi non va offerta unagaranzia per il fatto altrui, ma va riconosciutauna responsabilità per il fatto proprio. Eccoperchè proponendo la formula «assicurano»invece di quella «garantiscono» rispondevo auna sola preoccupazione: quella di non defor~mare la natura giuridica del'obbligo e, insie~me, di non pregiudicare la ulteriore elabora~zione della dottrina e della giurisprudenza: e aentrambe le necessità risponde a pieno lalocuzione proposta «assicurano».

Tale locuzione infatti consente al legislatoredi domani di adottare la risoluzione dottrinariapiù rispondente alla evoluzione dello Stato edegli enti pubblici, pur senza disubbidire alprecetto della Costituzione. Approvando inve~ce il testo del progetto, il legislatore sitroverebbe domani nella condizione di doverconsiderare çome forma di garanzia il risarci~mento da parte dello Stato delle indennitàdovute per lesioni di diritti.

E pertanto, io rinuncio all'emendamentosoppressivo e insisto nell'emendamento subor~dinato che sostituisce la locuzione «assicura~no» all'altra «garantiscono».

PRESIDENTE. Onorevole Veroni, insiste nelsuo emendamento?

VERONI. Insisto.PRESIDENTE. Onorevole Dominedò, insiste

nei suoi emendamenti?DOMINEDÒ. Ringrazio la Commissione per

avere accettato i miei due emendamentirelativi alla delimitazione all' «esercizio dellefunzioni» del dipendente dello Stato, nonchèalla collocazione del secondo comma. Quantoall'emendamento relativo al termine «garanti~scono», rispondo che dovrei insistere permotivi evidenti di tecnica giuridica. Domande~

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reicomunque alla Commissione se, volendoinsistere nel concetto della responsabilità, chea mio avviso resta impregiudicato anche con laformula generico, non pensi di dire: «rispon~dono in via sussidiaria» anzichè «garantisco~no».

PRESIDENTE. Onorevole Tupini, vuole ri~spandere a quest'ultima proposta dell'onore~vole Dominedò?

TUPINI, Presidente della prima Sottocom~missione. L'onorevole Dominedò propone diusare la formulazione «rispondono in viasussidiaria». Mi pare che il termine sia pococostituzionale. Quando ho detto che al termine«garantiscono» deve essere dato un valore digaranzia sussidiaria, mi pare che l'esigenzadell'onorevole Dominedò debba essere soddi~sfatta. È questo il valore del termine «garan~tire».

Anche nei confronti dell'onorevole Nobiliosservo che, ove noi accettassimo il suoemendamento, consentiremmo alla soppres~sione automatica della responsabilità persona~le e diretta del funzionario, la quale è primariae come tale deve essere perseguita per prima.Lo Stato viene dopo e la sua responsabilità èsussidiaria. Sancirla in via diretta sarebbetroppo grave e noi non vi potremmo consen~tire.

NOBILI TITO ORO. Chiedo di parlare.PRESIDENTE. Ne ha facoltà.NOBILI TITO ORO. Io attribuisco troppo

valore al pensiero giuridico dell'onorevoleTupini per non .sentire il dovere di unaulteriore risposta e la risposta conferma quelloche dicevo prima; la responsabilità sussidiarianon sorge in colui che ha una responsabilitàpropria, diretta, iniziale. È lo Stato, sono glienti pubblici che sono direttamente responsa~bili; ciò non toglie che verso lo Stato e versogli enti pubblici possano essere a loro voltaresponsabili,. per il fatto proprio, materiale oper la loro omissione, i dipendenti. Ma respon~sabili nei confronti dei terzi saranno lo Stato egli enti pubblici. E la preoccupazione dell'ono~revole Tupirii, di fare rispondere in via princi~pale il dipendente e in via sussidiaria lo Stato egli altri enti, nasconde anche una possibilità didanno per lo Stato: perchè il giorno in cuifosse investito di responsabilità il dipendente,il primo interessato a difenderlo sarebbe

l'ente. E qu~sto lo dovrebbe difendere percercare di difendere con lui se stesso neiconfronti di chi richiede il risarcimento deldanno..

Per conseguenza morale, quando sarà avve~nuta la condanna nei confronti del terzo, loStato pagherà, ma non potrà ripetere daldipendente che egli ha difeso e ha dichiaratoinnocente.

PRESIDENTE. Onorevole Carignani, man~tiene il suo emendamento?

CARIGNANI. Devo insistere. Giustamente hadetto l'onorevole Tupini che in fondo il mioemendamento tende a svuotare di contenutoquello chè è stato il pensiero della Commissio~ne, ed è proprio quello che mi proponevo difare. Sono d'accordo, anche con me, moltialtri colleghi che hanno ascoltato le miemodeste considerazioni e mi dolgo soltanto dinon averle esposte più ampiamente in fasepreliminare allorchè si è discusso dei rapporticivili in genere.

Per queste ragioni, serie, obiettive e degne diconsiderazione, devo insistere nelle formulecosì come sono state da me dettate, rilevandoancora una volta che anche là dove si parla dileggi penali ed amministrative si tratta sempli~cemente di una concessione che io ho fattoalla formula della Commissione nell'intendi~mento di trovare un mezzo termine chepotesse consentire un'intesa; ma per la miacoscienza e per le nozioni di diritto che ho, misembra che in un atto importante come laCostituzione basterebbe soltanto l'affermazio~ne del principio di responsabilità per direquello che si è inteso dire con questa formula,riservando alle leggi future di determinare ilimiti e i termini della responsabilità deidipendenti in relazione all'importanza dellamateria regolata.

PRESIDENTE. Onorevole Costantini, man~tiene il suo emendamento?

COSTANTINI. Devo mantenerlo, perchè,non sono affatto dell'opinione di Nobili checioè lo Stato risponde di responsabilità direttaper l'azione dei propri dipendenti. Devo man~tenere l'emendamento da me proposto inquanto che credo che nella formulazione dame data si rispecchi una maggiore rispondenzaal principio stesso. Le norme relative allaresponsabilità civile sono estese allo Stato e

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agli enti pubblici per il fatto dei loro dipenden~ti: questa formulazione credo che sia la piùidonea ed ecco perchè mantengo il mio emen~damento.

PRESIDENTE. Passiamo ora alla votazione.Per il primo comma occorre votare innanzitut~to sull'ementamento sostitutivo della primaparte proposto dall'onorevole Costantini:

«I dipendenti dello Stato e dègli EntiPubblici sono responsabili degli atti compiutinell'esercizio delle funzioni loro attribuite inviolazione di diritti o d'interessi legittimi».

TOSATO. Chiedo di parlare.PRESIDENTE. Ne ha facoltà.TOSATO. A me sembra che debbano esser

messi prima in votazione gli emendamentiproposti dagli onorevoli Nobili Tito Oro eCarignani, perchè più si allontanano dal testodella Commissione. Noi dobbiamo pronun~ciarci per la responsabilità diretta o per laresponsabilità indiretta dello Stato. La tesiseguita dalla Commissione è per la responsabi~lità indiretta dello Stato e per la responsabilitàdiretta del funzionario; la tesi propugnata siadall'onorevole Nobili Tito Oro che dall'onore~vale Carignani è per la responsabilità direttadello Stato e soltanto indiretta del funzionario.

PRESIDENTE. L'emendamento deH'onore~vole Nobili Tito Oro si riferisce alla secondaparte del primo comma dell'articolo, poichèegli chiede che alla parola «garantiscono» sisostituisca la parola «assicurano».

Il primo comma dell'emendamento del~l'onorevole Costantini si riferisce, invece, allaprima parte.

Pongo dunque in votazione l'emendamentoCostantini, non accettato dalla Commissione.

(Dopo prova e controprova, non è appro~vato).

Pongo ora in votazione l'emendamentodell'onorevole Carignani, inteso a sostituire laprima parte del primo comma dell'articolo:

«I dipendenti dello Stato e degli enti pubbH~ci sono responsabili per i loro atti secondo leleggi penali ed amministrative».

(Non è approvato).

Pongo in votazione la prima parte del primocomma del testo della Commissione, con lamodificazione accettata che sostituisce alla

parola: «personalmente» l'altra: «direttamen~te»:

«I dipendenti dello Stato e degli enti pubbli~ci sono direttamente responsabili, secondo leleggi penali, civili e amministrative, degli atticompiuti in violazione di dirittÌ».

(È approvata).

Pongo in votazione la proposta dell'onorevo~le Corsanego di aggiungere, alla prima partedel primo comma, dopo la parola: «atti» leparole: «o omissioni».

LEONE GIOVANNI. Chiedo di parlare perdichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.LEONE GIOVANNI. Voterò a favore della

proposta Corsanego, perchè a me sembra chel'espressione «atti» non abbia accezione con~corde; da taluni è interpretata come azionepositiva, come qualcosa che si fa.

Ora, la Commissione vuole colpire anche leomissioni.

D'altra parte lo .stesso Codice penale parla diomissioni e di atti. Omissione è il mancatoadempimento dei doveri.

TUPINI, Presidente della prima Sottocom~missione. Questa proposta, se accettata, po~trebbe avere gravi conseguenze.

PRESIDENTE. La Commissione non accettala proposta Corsanego; anzi ne sottolinea laparticolare gravità.

La pongo ai voti.(Non è approvata).

Passiamo alla votazione sulla seconda partedel primo comma. L'onorevole Costantini haproposto di farne un comma a sè, con questaformulazione: «Le norme relative alla respon~sabilità civile sono estese allo Stato e agli Entipubblici per i fatti dei loro dipendenti».

VERONI. Chiedo di parlare.PRESIDENTE. Ne ha facoltà.VERONI. Mi associo all'emendamento del~

l'onorevole Costantini e ritiro il mio emenda~mento.

CAROLEO. Chiedo di parlare.PRESIDENTE. Ne ha facoltà.CAROLEO. Voto a favore dell'emendamento

dell'onorevole Costantini, perchè è già notevo~le la responsabilità che si è addossata alloStato con l'articolo che abbiamo già in partevotato. È vero quanto diceva l'onorevole

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Nobili Oro, e cioè che dal punto di vistatecnico~giuridico si tratterebbe di una vera epropria responsabilità diretta; ma anche neirapporti fra privati la responsabilità per colpagrave può essere limitata, e quindi nei rapportitra enti pubblici e privati può anche esseremodificata la forma della responsabilità, perattenuarne le conseguenze. Pertanto io aderi~sea senz'altro alla formulazione dell'onorevoleCostantini.

NOBILI TITO ORO. Chiedo di parlare.PRESIDENTE. Ne ha facoltà.NOBILI TITO ORO. Dato che la formulazio~

ne attuale dell'emendamento Costantini èassorbente anche dell'emendamento mio, inquanto le norme della responsabilità civilesono ormai interpretate nel senso da meesposto, dichiaro che accetto tale formulazio~ne, in quanto generica ma più precisa del testodel progetto; voto per essa e ritiro il mio emen~damento.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la formu~la proposta dall' onorevole Costantini:

«Le norme relative alla responsabilità civilesono estese allo Stato ed agli Enti pubblici peri fatti dei loro dipendenti».

(È approvata).

Con l'approvazione di questa formula restaassorbita la seconda parte dell'emendamentoCarignani.

Resta anche assorbito l'emendamento del~l'onorevole Dominedò, il quale proponeva ~ e

la Commisione aveva accettato ~ di aggiungere

alla fine del primo comma del testo dellaCommissione le parole: «nell'esercizio delleloro funzioni». Pongo in votazione la propostadegli onorevoli Dominedò e Carignani, accet~tata dalla Commissione, di trasferire in fineall'articolo 19 l'ultimo comma dell'articolo22:

«La legge determina le condizioni i modi perla riparazione degli errori giudiziari».

(È approvata).

Con l'approvazione di questa propostal'emendamento dell'onorevole Corsanego,tendente a fare del secondo comma unarticolo a sè, rimane assorbito.

Il testo dell'articolo 22 resta pertanto il se~guente:

«I dipendenti dello Stato e degli Entipubblici sono direttamente responsabili secon~do le leggi penali, civili ed amministrativedegli atti compiuti in violazione di diritti.

Le norme relative alla responsabilità civilesono estese allo Stato ed agli Enti pubblici peri fatti dei loro dipendenti».

4. La giurisprudenza costituzionale

Un altro momento di confronto falsificato èquello che fa riferimento alla sentenza n. 2 del1968 della Corte costituzionale. Si è sostenutoche la Corte avrebbe sancito la necessità diuna legge particolare in ordine alla responsa~bilità civile dei magistrati cui non sarebberoapplicabili le norme relative agli altri dipen~denti statali.

Tale assunto è palesemente infondato e gra~tuito.

Eppure esso è stato preso a base di ulterioriproposizioni, quale quella secondo cui, abolitigli articoli suddetti, sarebbe venuto menoaddirittura qualsiasi titolo di responsabilità deimagistrati per danni arrecati nell'eserciziodelle loro funzioni. Tesi aberrante, oltre chesmentita clamorosamente dalla sentenza n. 2del 1968 della Corte costituzionale, richiamatanei suoi contenuti dalla sentenza 3 febbraio1987 della stessa Corte ammissiva del referen~dum che, con particolare forza, ha riaffermatoche la norma generale relativa alla responsabi~lità civile dei pubblici dipendenti non può nonintendersi applicabile anche ai magistrati, puressendo consentito al legislatore ordinariodeterminarne modalità particolari in conside~razione della singolarità della 'funzione giuridi~ca.

La Corte costituzionale già nella sentenzan. 2 del 1968 ha affermato che: «L'autonomia el'indipendenza della magistratura e del giudiceovviamente non pongono l'una al di là delloStato, quasi legibus soluta, nè l'altro fuoridall'organizzazione statale». «Appunto la sin~golarità della funzione giurisdizionale, la natu~ra dei provvedimenti giudiziali, la stessa posi~zione super partes del magistrato possonosuggerire, come hanno suggerito ante litteram,condizioni e limiti alla sua responsabilità; manon 'sono tali da legittimarne, per ipotesi, unanegazione totale, che violerebbe apertamente

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quel principio o peccherebbe di irragionevo~lezza sia di per sè (articolo 28) sia nelconfronto con l'imputazione dei pubblici im~piegati (decreto del Presidente della Repubbli~ca 10 gennaio 1975, n. 3, e articolo 3 della Co~stituzione»>.

Ancora la Corte ha chiarito che: «La legisla~zione relativa agli errori giudiziari... copreun'area diversa e si fonda su presupposti diffe~renti».

Con la sentenza del 3 febbraio 1987 ammissi~va del referendum, la Corte ha chiaramenteaffermato: «Che qui vi sia posto per sceltelegislative discende proprio dall'articolo 28della Costituzione, dove ~ come questa Corte

ha già avuto modo di precisare (vedi sentenzan. 2 del 1968) ~ trova affermazione un princi~

pio valevole per tutti coloro che, sia puremagistrati, svolgono attività statale: un princi~pio generale che da una parte li rendepersonalmente responsabili, ma dall'altro nonesclude, poichè la norma rinvia alle leggiordinarie, che codesta responsabilità sia disci~plinata variamente per categorie o per situa~zionÌ».

Ma ancora più aberranti sono senza dubbioquelle tesi che, prospettano inconvenientidell'applicazione della norma generale stabili~ta per i pubblici dipendenti, inconvenienti cheperaltro non sarebbero da meno nella applica~zione della norma stessa alle altre categorie,pretenderebbero di sopprimere o di stravolge~re non solo i caratteri essenziali della norma dicui all'articolo 28 della Costituzione, maaddilittura il significato stesso di responsabili~tà civile, quale è definito in qualsiasi trattatelloistituzionale di diritto ed in qualsiasi dizionariogiuridico.

Sostenere che, per «obbedire» al carattere disingolarità delle norme applicative del dispo~sto dell'articolo 28 della Costituzione relativeai magistrati, occorrerebbe escludere l'azionediretta dal danneggiato nei confronti delmagistrato (azione diretta che è stata il vero edunico fine dell'introduzione della norma costi~tuzionale in questione) oppure trasformare laresponsabilità di questi in responsabilità disci~plinare o trasformare l'obbligo del risarcimen~to in sanzione pecunaria in favore dell'Erario,significa semplicemente voler negare la validi~tà della norma costituzionale e la sua ripetuta~

mente confermata applicabilità anche ai magi~strati. Ma significa anche non volere tenerconto del significato di un referendum che,non a caso e non certo per approssimazion,e, èstato da tutti definito «sulla responsabilitàcivile dei magistrati» e non su quella delloStato, o su quella disciplinare o sulla riparazio~ne degli errori giudiziario

È utile a questo punto riportare ~ per

estratto ~ ambedue le sentenze; è nondimeno

opportuno aggiungere una qualificata citazio~ne del compianto giudice costituzionale AldoM. Sandulli.

Corte costituzionale. Sentenza n. 2. Anno1968.

«... In verità l'art. 28, dicendo responsabilidella violazione di diritti ~soggettivi tanto i"funzionari" e i "dipendenti" quanto lo Stato,ha ad oggetto l'attività, oltrechè degli ufficiamministrativi, di quelli giudizi ari. Che siriferisce solo ai primi, è opinione dell'Avvoca~tura, ma la Corte non può accoglierla. L'auto~nomia e l'indipendenza della magistratura edel giudice ovviamente non pongono l'una aldi là dello Stato, quasi legibus saluta, nè l'altrofuori dall'organizzazione statale. Il magistratoè e deve essere indipendente da poteri e dainteressi estranei alla giurisdizione; ma questaè funzione statale ed i giudici, esercitandola,svolgono attività abituale al servizio delloStato: tanto che la Costituzione (art. 98) liricorda insieme ai pubblici impiegati e sononumerose le leggi che, scritte per questi,valgono anche per quelli.

In effetti proprio l'art. 28, come risulta daaffermazioni ripetute lungo il suo procedimen~to formativo, ,ha inteso estendere a quantiagiscano per lo Stato quella responsabilitàpersonale che prima era espressamente previ~sta solo per alcuni di loro (giudici, cancellieri,conservatori di registri immobiliari). Con ilche si sono venuti ad accomunare gli uni e glialtri in una stessa proposizione normativa,affermandosi un principio valevole per tutticoloro che, sia pure magistrati, svolganoattività statale: un principio generale che dauna parte li rende personalmente responsabili,ma dall'altra non esclude, poichè la normarinvia alle leggi ordinarie, che codesta respon~

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sabilità sia disciplinata variamente per catego~rie o per situazioni.

Appunto la singolarità della funzione giuri~sdizionale, la natura dei provvedimenti giudi~ziali, la stessa posizione, super partes delmagistrato possono suggerire, come hannosuggerito ante litteram, condizioni e limiti allasua responsabilità; ma non sono tali dalegittimarne, per ipotesi, una negazione totale,che violerebbe apertamente quel principio opeccherebbè di irragionevolezza sia di per sè(art. 28) sia nel confronto con l'imputabilitàdei "pubblici impiegati" (D.P.R. 10 gennaio1957, n. 3, e art. 3 della Costituzione).

2. ~ Analogo .discorso va fatto per la

responsabilità dello Stato. Essa s'accompagnaa quella dei "funzionari" e dei "dipendenti"nell'art. 28 della Costituzione e nei princìpidella legislazione ordinaria: dimodochè unalegge, che negasse al cittadino danneggiato dalgiudice qualunque pretesa verso l'amministra~zione statale, sarebbe contraria a giustizia inun ordinamento, che, anche a livello costitu~zionale, dà azione almeno alle vittime dell'atti~vità amministrativa.

Ciò è come dire che, in ipotesi, gli artt. 55 e74 del Codice di procedura civile, se neiriguardi dello Stato non accordassero mai alterzo l'azione di risarcimento, violerebberosicuramente l'art. 28: nè il vuoto di tutelasarebbe colmato dalla legislazione relativa aglierrori giudiziari, che copre un'area diversa e sifonda su presupposti differenti. Tuttavia, nellarealtà, gli artt. 55 e 74 del Codice di proceduracivile non contrastano alla norma costituzio~naIe proprio perchè il loro apparente silenzio,malgrado un diverso indirizzo interpretativo,non significa esclusione della responsabilitàdello Stato. Per il D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3(artt. 22 e 23) l'impiegato risponde solo entro ilimiti del dolo e della colpa grave; eppure ciònon ha precluso alla giurisprudenza di ricono~scere la responsabilità statale al di là dellacolpa grave o addiritura della colpa: lo haconsentito perchè l'art. 23 e lo stesso art. 22,non richiamandola per questi casi, neanche lanegano. Analogamente, nemmeno le normeimpugnate contengono un precetto che esclu~da del tutto la responsabilità dello Stato.

Questa esclusione totale potrebbe ricavarsisemmai, non dagli artt. 55 e 74 del Codice di

procedura civile, ma da altre norme o principidell'ordinamento. Sta di fatto però che, pro~prio in virtù dell'art. 28 della Costituzione, làdove è responsabile il "funzionario" o "dipen~dente", lo sarà negli stessi limiti lo Stato (art.28: "In tali casi la responsabilità civile siestende allo Stato"): e, poichè questo è ilmodello sul quale occorre ormai interpretarele due norme denunciate, in esse dovràleggersi anche la responsabilità dello Stato pergli atti e le omissioni di cui risponde il giudicenell'esercizio del suo ministero (cit. art. 55).Quanto alle altre violazioni di diritti soggettivi,cioè ai danni cagionati dal giudice per colpagrave o lieve o senza colpa, il diritto alrisarcimento nei riguardi dello Stato non trovagaranzia nel precetto costituzionale; ma nienteimpedisce alla giurisprudenza di trarIo even~tualmente da norme o principi contenuti inleggi ordinarie (se esistono)>>.

Corte costituzionale. Sentenza n. 26 ~ Anno

1987

«1. ~ La richiesta di referendum abrogativo,dichiarata legittima con ordinanza del 15dicembre 1986 dall'Ufficio centrale per ilreferendum costituito presso la Corte di cassa~zione, ha per oggetto gli artt. 55, 56 e 74 delcodice di procedura civile, approvato conregio decreto 28 ottobre 1940, n.1443. Fraessi, l'art. 55 delimita i casi nei quali il giudiceè civilmente responsabile; l'art. 56 condizionain vario modo l'esercizio della relativa azione;l'art. 74 estende tali norme anche ai magistratidel pubblico ministero che intervengono nelprocesso civile.

2. ~ La richiesta referendaria deve essere

ammessa.Non è dato, infatti, di ravvisare nè alcuna

delle cause ostative espressamente indicatenell'art. 75, secondo comma, della Costituzio~ne, nè alcuna delle ragioni di inammissibilitàdesumibili dall'ordinamento costituzionale (v.sentenza n. 16 del 1978).

3. ~ Più in particolare, non appare seria~

mente contestabile l'omogeneità ed univocitàdi un quesito con cui si viene a coinvolgerenella sua interezza lo specifico regime che,allo stato attuale della legislazione, contraddi~stingue la responsabilità civile dei magistrati.

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Del pari, non sembra sostenibile che si sia inpresenza di disposizioni legislative assimilabilialle norme costituzionali sotto il profilo dellaresistenza all'abrogazione e, quindi, tali dafruire di una precisa "copertura costituziona~le": gli articoli del codice di procedura civileoggetto del quesito referendario non sonocerto dotati di una forza passiva che il rendainsus.cettibili di essere validamente abrogati dauna legge ordinaria successiva.

Nè può dirsi, infine, che si tratti di disposi~zioni legislative "a contenuto costituzional~mente vincolato", nel senso che esse, conside~rate nel loro nucleo normativo, darebbero vitaall'unica disciplina della materia consentitadalla Costituzione.

4. ~ Che qui vi sia posto per scelte legislati~ve discende proprio dall'art. 28 della Costitu~zio ne, dove ~ come questa Corte ha già avutomodo di precisare (v. sentenza n. 2 del 1968) ~

trova affermazione "un principio valevole pertutti coloro che, sia pure magistrati, svolgonoattività statale: un principio generale che dauna parte li rende personalmente responsabili,ma dall'altra non esclude, poichè la normarinvia alle leggi ordinarie, che codesta respon~sabilità sia disciplinata variamente per catego~rie o per situazioni". Scelte plurime, anche senon illimitate, in. quanto la peculiarità dellefunzioni giudiziarie e la natura dei relativiprovvedimenti suggeriscono condizioni e limi~ti alla responsabilità dei magistrati, specie inconsiderazione dei disposti costituzionali ap~positamente dettati per la Magistratura (artt.101~113), a tutela della sua indipendenza edell'autonomia delle sue funzioni.

5. ~ Quanto all'eventualità che un favorevo~le risultato del referendum non accompagnatoda un immediato intervento del legislatore dialuogo a situazioni normative non conformi allaCostituzione, va ancora una volta ribadito (v.già sentenze n.251 del 1975, n. 16 del 1978,n. 24 e n. 26 del 1981) che in questa sede "nonviene di per sè in rilievo l'eventuale effettoabrogativo del referendum". La prospettataillegittimità costituzionale di una sua possibileconseguenza "non può esser presa in conside~razione e vagliata al fine di pervenire ad unapronuncia di inammissibilità del quesito refe~rendario" , "tanto più che la conseguente

situazione normativa potrebbe dar luogo, se equando si realizzi, ad un giudizio di legittimitàcostituzionale, nelle forme, alle condizioni enei limiti prescritti" (sentenza n. 24 del1981)>>.

« ... La. limitazione, enunciata nell'art. 55,della responsabilità personale del giudice,fuori delle ipotesi di omissione o ritardo, aicasi di "dolo, frode o concussione" appare malconciliabile, piuttosto, col principio costituzio~naIe di ragionevolezza (che vorrebbe l'armo~nia dell'ordinamento). Non appare sostenutainfatti da adeguata giustificazione l'attenuazio~ne della responsabilità civile dei giudici verso iterzi (e, in sede di rivalsa, verso l'Amministra~zione) rispetto a quella degli altri impiegaticivili dello Stato, i quali sono tenuti a risarcireil danno anche nei casi di colpa grave (art. 22st. imp. civ. St.). Quest'ultima già rappresentala dilatazione di una eccezione che il codicecivile circoscrive, per i professionisti, ai solicasi in cui l'opera prestata "implica la soluzio-ne di problemi tecnici di speciale difficoltà"(art. 2236). L'ulteriore dilatazione, in favoredei giudici, fino al punto dell'esenzione (fuoridei casi di omissione e ritardo) dalla responsa-bilità per colpa grave (dilatazione che ridondain sacrificio dello Stato, e perciò della comuni~tà) rappresenta un privilegio che non ha dietrodi sè una idonea giustificazione. Non esisteuna plausibile ragione perchè i giudici, diver-samente dagli altri impiegati civili dello Stato,non rispondano nei casi di massima colposità(basta pensare al caso in cui sia stata applicatauna legge espressamente abrogata o dichiarataincostituzionale, o sia assolutamente mancatala presa in considerazione di fatti decisivipacifici tra le parti, ovvero sia mancata lapronuncia su uno o più capi della domanda).Specialmente quando si tratti di colpe risoltesiin un carico patrimoniale per l'Amministrazio-ne... » (Aldo M. Sandulli, in Scritti in onore diPugliatti. Giuffrè ed. Padova).

5. Il testo proposto dalla Commissione

Il giudizio che da parte del relatore dimaggioranza senatore professor Gallo e dimolti membri della Commissione giustiziaveniva espresso sul testo giunto dalla Camera

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era pesantemente negativo ma l'obbligo dirispettare un impianto che contribuisce acomplicare le questioni, limitava già l'intendi~mento migliorativo espresso, quei dati dipulizia formale o di tecnica legislativa.

Anche questo però è parso troppo ai signoripadroni e padrini di questa legge che, accor~gendosi che il lavoro di maquillage rendevaevidenti le contraddizioni, intervenivano innome di una pretesa urgenza a fare frettasospendendo il lavoro produttivo di commis~sione e rinsaldando in un comitato ristretto diemergenza l'unità d'azione del totemico accor~do politico.

Il susseguirsi delle disposizioni contenutenel testo della Commissione ben potrebbeessere definito un vero e proprio percorso adostacoli proposto al cittadino che, ove taletesto divenisse legge dello Stato, tuttaviaritenesse di voler intraprendere un'azione perottenere il risarcimento del danno subito perfatto colposo, ancorchè incontestabilmentegrave, di un magistrato nell'esercizio delle suefunzioni. Ed un ostacolo di per sè dovrebbeessere considerato, rispetto a tale obiettivo,l'incertezza e l'oscurità del testo, le contraddi~zioni che esso contiene e l'arduo raccordo diesso con altre norme e' principi dell'ordina~mento,' inconvenienti che, traducendosi inincertezze interpretative, è da ritenere che,nella temperie che ha fatto seguito al referen~dum e che seguirà l'approvazione della legge,non può certo prevedersi abbiano a risolversiin modo da facilitare la praticabilità dell'azio~ne di risarcimento.

Elencare ed illustrare tutte le caratteristichenegative, a giudizio del relatore di minoranza,del testo approvato dalla Commissione, richie~derebbe largo spazio e così può dirsi anchedelle numerose incongruenze, tali anche se~condo la logica ed il disegno politico professa~

Ito dalla maggioranza della Commissione che siè espressa nella redazione del testo. Pertantol'elencazione che qui appresso se ne fa non èche parziale, così come sommariamente espo~ste sono le argomentazioni a sostegno dellevalutazioni espresse. Del resto i tempi impostiper la redazione della presente relazione nonconsentono un più ampio impegno, così comei temi e j modi in cui sembra dover esserecontenuto il lavoro del Senato su di una legge

di così delicato contenuto, non mancherannodi lasciar traccia sul livello tecnico dell'operalegislativa.

A) L'azione per la cosiddetta responsabili~tà civile del magistrato è prevista comeproponibile soltanto contro lo Stato, malgradoil titolo del risarcimento sia rappresentato daun

~ danno causato da un atto doloso ogravemente colposo del magistrato. È cosìapertamente violato l'articolo 28 della Costitu~zione, sia perchè è eluso il carattere direttodella responsabilità del funzionario colpevole,sia perchè la responsabilità dello Stato nonrappresenta, neppure limitatamente al titolo,una «estensione» di quella del funzionario chenon è invece nè direttamente nè iTIdirettamen~te tenuto al risarcimento. Evidente è, già sottoquesto riguardo, il peggioramento rispetto altesto del Governo più rispettoso di un criteriodi trattamento analogo per analoghe funzioni.

B) Estremamente limitato, oltrechè con~traddittoriamente e malamente definito, èl'ambito dei fatti risarcibili. Alla genericaesclusione, senza alcuna limitazione o deroga,di ogni responsabilità per l'attività di «inter~pretazione di norme di diritto» o di «valutazio~ne del fatto» (nella quale può dirsi si esauriscaogni possibile attività giurisdizionale) si con~trappone una definizione della colpa grave(con evidente confusione tra elemento psico~logico, quale è la colpa, e la modalità dellacondotta materiale produttiva del danno) checonsisterebbe, oltrechè nella grave violazionedi legge determinata da negligenza inescusabi~le, nella affermazione di un fatto incontrasta~bilmente escluso dagli atti e nella negazione diun fatto incontestabilmente risultante dagliatti stessi del procedimento (articolo 2, com~ma. terzo). Formulazione che, indubbiamente,finirebbe per premiare le motivazioni evane~scenti ed i riferimenti del tutto generici in essecontenuti e che è reso ancor più inconcluden~te e problematico dalla successiva affermazio~ne secondo cui in tali ipotesi occorre che ilfatto non abbia costituito un punto controver-so sul quale la sentenza o il provvedimentoabbia avuto a pronunziarsi (il che penalizza ildanneggiato il cui avversario, ad esempio,abbia stimolato o secondato l'infingardàgginee la distrazione del giudice negando anche

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l'evidente o semplicemente negando tutto!!)all'art. 3, che riguarda il diniego di giustizia, laresponsabilità è limitata al caso in cui non siaosservato un termine espressamente postodalla legge per il provvedimento stesso ed ove,per di più, la parte abbia presentato istanza perottenerlo (si pensi al caso di colui che ignoriche il giudice possa e debba verificare il suoalibi!) e quando siano decorsi trenta giorni(peraltro prorogabiIi dal dirigente dell'ufficiofino a tre mesi!). Tale articolo lascia fuori ogniomissione di atti, pur suggeriti dalla piùelementare diligenza e che tuttavia non sonoespressamente previsti dalla legge con terminicerti per il loro adempimento.

C)Vengono poste condizioni di proponibi~lità dell'azione, quale l'esaurimento dei mezzÌdi impugnazione (come sembra evincersi dalsecondo comma dell'articolo 4) nel giudizionell'ambito del quale il danno si è verificato,consentendo invece la proponibilità dell'azio~ne dopo l'esaurimento della fase o del grado incui si è determinato tale evento, solo nel casoin cui il danno non sia riparabile con leimpugnazioni, oppure queste non siano previ~ste. È evidente la confusione tra una questionedi merito, quale la riparazione o la riparabilitàdel danno (o di parte di esso) e la condizionedi proponibilità non facilmente accertabilequindi, oltre tutto, in via preventiva.

D) Sono posti termini di decadenza la cuidecorrenza è altrettanto incerta, perchè legataal carattere riparabile o meno (in tutto? o inparte?) con gli ordinari mezzi di impugnazio~ne, questione che è relativa, come si è detto, amerito della causa.

E) È previsto un «filtro» consistente in unapreliminare pronunzia del tribunale adito sullaammissibilità dell'azione che esigenze di tuteladella posizione del magistrato imporrebbero dipredisporre contro azioni temerarie, avventateo strumentali, e che dovrebbe sostituire quellorappresentato, per il passato, da quanto dispo~sto dall'articolo 56 del codice di proceduracivile con la previsione della autorizzazione aprocedere del Ministro di grazia e giustizia.

Va anzitutto sottolineato che la questionedel «filtro» non si sottrae alla necessità di

verifica alla stregua di altre norme costituzio~nali ed in particolare a quella di cui all'articolo24, comma 1, della Costituzione (tutti possonoagire in giudizio per la tutela dei propri dirittie interessi legittimi). Una volta riconosciuto ildiritto sostantivo del danneggiato al risarci~mento da parte del magistrato che abbiaprodotto il danno, allora qualsiasi condizione,rappresentata dalla decisione di un organismonon giurisdizionale in ordine alla stessa propo~nibilità dell'azione, si traduce in una violazio~ne di tale principio costituzionale oltrechè inuna grave forma di condizionamento e didipendenza dello stesso magistrato, che nonviene meno neppure se tale potere di esclude~re l'azione del terzo sia affidata al Consigliosuperiore della magistratura.

Nè è pensabile superare tale rilievo conside~rando la fase relativa a tale esame preliminareuna fase giudiziale, come tale caratterizzatadalla partecipazione degli interessati. Nonbisogna dimenticare, infatti, il divieto costitu~zionale di istituzione di giudici speciali, cuidovrebbe agiungersi l'esigenza di evitare chead un organo con specifiche competenzeamministrative delineate dalla stessa Costitu~zione, siano attribuiti compiti estranei a taledisegno perchè di natura giurisdizionale.

Nè appare possibile ipotizzare un «filtro» daimmettere nella stessa fase giudiziale avanti algiudice competente per il merito, in una sortadi fase «preliminare». Infatti tale fase finirebbeper creare una discriminazione tra azionifondate su prove ed elementi avvertibiIi ictuoculi e azioni fondate di un approfonditoesame dei fatti e delle regioni di diritto.

La necessaria sommarietà di un giudiziopreliminare costituisce una forma di menoma~zione nel diritto alla difesa che ha una suaautonomia anche nella rilevanza costituziona~le. Tale ammissibilità è fatta consistere anchenella «non manifesta infondatezza» dell'azio~ne, e ciò contro i principi generali relativiall'ammissibilità delle azioni. Si fa, ancora unavolta, confusione tra condizioni e merito delladomanda. Inoltre si apre la possibilità diingiuste preclusioni fondate su discrezionaligiudizi relativi alla apparenza dei fatti e

. condizionati dalla necessità o meno di provepiù o meno complesse per vincere apparenze epresunzioni.

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Non è difficile immaginare che, specie in unclima delicato quale quello in cui si devegiudicare della colpa di un altro magistrato,proprio tale fase si presterà a sbocchi suscetti~bili di abusi e di contrastanti valutazioni.

F) L'intervento in causa del magistrato dicui si allega il comportamento doloso ocolposo produttivo del danno è previsto esclu~sivamente come intervento volontario adesivonel giudizio contro lo Stato. Ma tuttavia, puressendo escluso l'intervento ad istanza diparte, è prevista una sorta di sollecitazioneconsistente in una non meglio precisata comu~nicazione (ex articolo 136 del codice diprocedura civile?). È tuttavia, anche in caso diavvenuto intervento, la sentenza «non fa statonel giudizio di rivalsa». Espressione oltre tuttoinfelice, in quanto la sentenza fa almeno statocirca il fatto che lo Stato sarà tenuto a pagarequanto poi sarà oggetto delle rivalsa (sia pureparziale).

La fobia del «coinvolgimento» del giudicenel giudizio promosso dalla parte, importa cosìnon solo una deroga ai principi circa la causacomune a più parti ed al giudicato, opponibilea tutte le parti in causa, ma anche al principiodell'economia dei giudizi.

G) La limitazione della rivalsa ad un terzodello stipendio annuo, aumentabile fino allametà quando «richiesta (!!) con più azioni» èuno degli aspetti più sconcertanti ed alcontempo significativi dei vari progetti che laprevedono: Essa infatti comporta un privilegioper i magistrati rispetto agli altri dipendentipubblici, fondato non già sulla diversità dellefunzioni e della colpa ipotizzabile rispetto adesse, bensì rispetto alle conseguenze perl'autore dell'atto riconosciuto ingiusto e dan~noso, e quindi ricollegabile alla condizionepersonale e non alla funzione.

Iniqua è poi la determinazione del limitedella rivalsa per gli estranei, parificato, ancheper i nullatenenti privi di ogni reddito, al terzodello stipendio annuo percepito dal magistratodel tribunale al livello iniziale, ed al terzo delreddito, non proveniente dal compenso perl'esercizio della funzione, quando tale redditodell' «estraneo» superi quello del magistrato.

H) Fuor di luogo è l'introduzione, in unalegge che dovrebbe regolare la responsabilitàcivile, di disposizioni inerenti all'azione disci~plinare (articolo 9) con termini particolari eparticolari norme in ordine ai rapporti tra idue giudizi.

I) La decisione sulle disposizioni relativeagli organi collegiali è stata rinviata all' Auladopo una spaccatura che ha avuto momenti etoni drammatici.

La verbalizzazione generale, l'opinione dis~senziente o il votum separatum rappresentanole diverse soluzioni per impedire il vizio diin costituzionalità, ricadendosi altrimenti inuna responsabilità oggettiva che il nostrosistema non conosce.

L) Infine la determinazione dell'applicabi~lità di tutta la normativa contenuta nella legge,e cioè sia quella d'ordine sostanziale, siaquella processuale, ai soli fatti illeciti .posti inessere dopo la sua entrata in vigore, sembraporre problemi circa la responsabilità per ifatti commessi anteriormente e per la leggesostanziale e processuale applicabile per ilrisarcimento relativo.

Non ci sottraiamo però al confronto perchèrimane un obbligo verso il Paese e le speranzedi giustizia.

Così come alla Camera dei deputati emenda~menti del Gruppo Federalista Europeo sonostati accolti o hanno ottenuto centinaia diconsensi, così al Senato in Commissione e orain Aula presentiamo la nostra proposta alterna~tiva ed emendamenti migliorativi non solo suipunti per noi fondamentali: a) responsabilitàdiretta del magistrato, per colpa grave edenegata giustizia; b) eliminazione dell'ammis~sibilità della domanda di azione civile; c)rivalsa non simbolica affidata alla Corte deiconti; ma anche su tutti i singoli articoli che,nessuno escluso, necessiterebbero di un muta~mento profondo.

6. La normativa abrogata

La soluzione che rischia di diventare definti~va con il voto del Senato assume un carattereparadossale: dopo il referendum che con un

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voto inequivoco dell'80 per cento dei cittadiniha visto trionfare una esigenza antica, vienespazzata via la responsabilità civile e direttadel magistrato che era presente, seppure informa limitata e inutilizzabile, nella normativaabrogata del 1941. Infatti basta leggere gliarticoli 55, 56 e 74 del codice di proceduracivile per rendersene conto.

«55. Responsabilità, civile del giudice. ~ Ilgiudice è civilmente responsabile (c.p.c. 74)soltanto:

1) quando nell'esercizio delle sue funzio~ni è imputabile di dolo, frode o concussione(c.p. c 395, n. 6; c.p. 317);

2) quando senza giusto motivo rifiuta,omette o ritarda di provvedere sulle domandeo istanze delle parti e, in generale, di compiereun atto del suo ministero (c.p. 328).

Le ipotesi previste nel numero 2 possono. aversi per avverate solo quando la parte hadepositato in cancelleria istanza al giudice perottenere il provvedimento o l'atto, e sonodecorsi inutilemente dieci giorni dal deposi~to».

«56. Autorizzazione. ~ La domanda per la

dichiarazione di responsabilità del giudice nonpuò essere proposta senza l'autorizzazione delMinistro di grazia e giustizia.

A richiesta della parte autorizzata la Corte dicassazione designa, con decreto emesso incamera di consiglio (c.p.c. 737), il giudice chedeve pronunciare sulla d~manda.

Le disposizioni del presente articolo e delprecedente non si applicano in caso di costitu~zione di parte civile nel processo penale (c.p.p.22, 23, 91) o di azione civile in seguito acondanna penale (c.p.c. 74)>>.

«74. Responsabilità del pubblico ministero.. ~

Le norme sulla responsabilità del giudice esull'esercizio dell'azione relativa si applicanoanche ai magistrati del pubblico ministero cheintervengono nel processo civile, quando nel~l'esercizio delle loro funzioni sono imputabilidi dolo, frode o concussione (Cost. 28; c.p.c.55,56; c.p. 317)>>.

7. Il pasticcio legislativo

Dobbiamo a questo punto ricordare quantoveniva scritto nel corso della campagna da m'l

autorevole esponente del fronte del NO, ilprofessar Livia Paladin già presidente dellaCorte costituzionale. Dunque, Paladin sul«Messaggero» dell'8 ottobre 1987, scriveva:«Da un lato, cadute le norme che circoscrivo~no le responsabilità personali dei giudici, siaprirà la strada del ricorso alle norme generalisulle responsabilità dei funzionari pubblici(come ha fatto intendere la stessa Cortecostituzionale, nella sentenza n.2 del 1968,pur avvertendo che la particolare posizionedei magistrati può ben consigliare un diversotrattamento). D'altro lato, il Parlamento nonsarà più libero di legiferare in materia, quantomeno nel corso della presente legislatura, cioèprima che nuove elezioni politiche consentanodi riproporre la questione in termini diversi.Tuttora molti ritengono che la soluzione idealedel problema consisterebbe nell'ampliare eridefinire k responsabilità disciplinari deimagistrati, accertate e sanzionate dal Consigliosuperiore della magistratura: ma questa vianon potrebbe essere percorsa ~ da sola ~ dopo

che il popolo avesse manifestato la volontà dipuntare sull'ampliamento della responsabilitàcivile. Ancora: molti avvertono che l'effettivariparazione dei gravissimi danni patrimonialitalvolta derivanti ai cittadini dall'eserciziodella giurisdizione sarebbe possibile solo daparte dello Stato, non certo decurtando glistipendi. dei magistrati se eventualmente re-sponsabili; ma neppure questo. potrà esserel'unico rimedio, allorchè gli elettori si sarannopronunciati per l'abrogazione, mirando allaresponsabilità civile dei giudici stessi (a menodi affermare che la sovranità del Parlamentogli consente di tenere in nessun conto il votodel popolo)>>.

Non vi è chi non veda quanto fossero stateprerrìOnitrici Ie parole di Paladin.

È successo appunto che la Camera haprodotto un «pasticcio legislativo» ed hatradito il voto popolare e ne ha capovolto ilsignificato. Proprio quanto Paladin denuncia~va ritenendolo pressochè impossible.

8. Eppure gli intendimenti erano chiari

In questi mesi successivi al voto si è tentatoda più parti di interpretare iJ voto stesso inmodo riduttivo. Nella volontà di tradurre una

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evidente sconfitta del fronte del NO in unavittoria, si è arrivati a sostenere che questasoluzione legislativa, quella che di fatto cancel-la la responsabilità civile del magistrato,corrispondeva in tutto a quanto richiesto daipromotori. Ciò è falso. Può essere utilerileggere a distanza di tanto tempo quantoscrivevano i prompotori nei giorni infuocatidella campagna referendaria. Ecco il testo diun appello lanciato in quei giorni:

«Che chiunque cagioni un danno sia tenutoa risarcirlo è uno di quei principi primordialidi cui probabilmente non è possibile indivi-duare l'origine storica precisa.

È, infatti, principio originario che, senzaenfasi alcuna, potremmo, al pari di pochi altri,considerare fondatore della civiltà e che perquesto è stato recepito dalle legislazioni dipressochè tutti i paesi.

. Estendere anche ai giudici, sottraendoli aquella posizione di indebito privilegio chetuttara mantengono, il principio di responsabi-lità civile per colpa, non significa perciòschierarsi "contro" di essi, nel tentativo dilimitarne l'indipendenza, col soggiogarli altimore di una domanda di risarcimento deldanno.

VuoI dire, proprio al contrario, esaltarne ilruolo di soggetti istituzionali che vivono edoperano, spesso tra mille difficoltà, all'internodella società e che, siccome sono posti dallasocietà al servizio (e non al dominio) possonoesser chiamati a rispondere patrimonialmente,come chiunque altro, per i danni colposamen-te arrecati, nell'esercizio della loro delicatissi-ma funzione.

L'indipendenza e la libertà di giudizio nonrisultano peraltro minimamente intaccate dal-la responsabilità civile, al contrario di quantoqualcuno vuoI far credere.

È a tutti noto, infatti, come libertà eresponsabilità vadano sempre di pari passo;sicchè dove c'è la prima non può seguire laseconda; e, reciprocamente, ove si è chiamatiresponsabili lo si è cert:o in virtù della libertàdi cui si gode.

Insomma la libertà e l'indipendenza, peressere veramente tali, non possono che accet-tare di essere giudicate.

E in tale giudizio, è reperibile un parametro

oggettivo e indiscutibile per accertare laresponsabilità colposa del giudice: la regolaprocessuale.

Il giudice che violi per negligenza, imperi-zia, superficialità o protagonismo una precisaregola del processo, dal momento che leregole sono sempre predisposte a tutela deicittadini, è naturale e giusto che ne risponda,ove abbia cagionato danno (si pensi al giudiceche mette un ordine di cattura al di fuori deicasi previsti dalla legge, o in assenza totale deipresupposti che ne permettono l'emissione).

In questi casi il libero convincimento e lalibera valutazione del materiale probatoriorestano intatti e non c'entrano per nulla.

C'entra invece, e molto, il rispetto dellalegge processuale, che il giudice per primo èprofessionalmente chiamato ad osservare edapplicare.

Nè si dica che la responsabilità disciplinareda far valere davanti al Consiglio superioredella magistratura sarebbe sufficiente a questoscopo.

Intanto, la storia dei procedimenti discipli-nari davanti al Consiglio superiore, negliultimi trenta anni, ci dimostra in contrario, dalmomento che le sanzioni inflitte nel chiuso diquelle sale sono state sempre assai blande eperciò di fatto prive di potere deterrente suigiudici troppi disinvolti.

E poi, la sanzione disciplinare è tipica di unordinamento piramidale di carattere burocra-tico, in cui il funzionario è chiamato arispondere al superiore gerarchico, ma nonalla società.

Ma oggi in Italia non c'è bisogno dei giudici-burocrati.

C'è bisogno di giudici liberi e responsabilidei loro atti, nel dire il diritto.

Ecco cosa significa il referendum: dire di noai giudici funzionari dello Stato, dire di si aigiudici giuristi».

A maggior chiarimento riportiamo da «LaNazione» del 21 maggio 1986 l'articolo diSilvana Tosi: «L'erario non può pagare glisbagli dei magistrati».

«Per la questione dei referendum sullagiustizia, il potere politico ha già scelto di fattol'atteggiamento che tradizionalmente gli è più

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congeniale davanti ad ogni domanda referen~daria. Governo, partiti e Parlamento, una voltadi più, non mostrano di portare alcun interes~se concreto al problema, inclini come semprea dimenticarsene fino al soprassalto dell'ulti~ma ora, quando cercheranno di mettersifreneticamente d'accordo su un mostriciattololegislativo, nella speranza che esso sia suffi~ciente ~ aiutando il buon cuore dell'ufficiocentrale per il referendum presso la Cassazioneed eventualmente della stessa Corte costituzio~naIe ~ per venire considerato una modificasostanziale della legislazione esistente, e dun~que capace di annullare di per sè l'inchiestareferendaria.

In questa tacita speranza, il potere politicotestimonia, per la verità, più negligenza chesaggezza, tenuto conto che sarebbe arduosperare seriamente, in una declaratoria diinammissibilità per il più scottante dei referen~dum proposti sulla responsabilità civile delmagistrato, appena si consideri che l'ipoteticoannullamento della normativa vigente, cosìcome richiesto dai promotori del referendum,non produrrebbe affatto quell'inammissibilevuoto normativo capace di annullare la previ~sione costituzionale sulla responsabilità anchecivile di quei pubblici dipendenti. L'eventualevittoria del referendum produrrebbe unica~mente il venir meno dell'iniqua e d'altrondeinattuata disciplina in vigore e la sua sostitu~zione con le norme generali della responsabili~tà anche civile pe~ tutto il pubblico impiego.Non sarebbe affatto l'ideale, ne conveniamo,ma non si può dire che sarebbe il vuoto.

In ogni caso, l'atteggiamento latitante deipartiti, per chi li conosce, era in certo modoscontato. Meno scontata e dunque tanto piùapprezzabile appare invece la condotta deimagistrati. I quali, dopo avere all'inizio adotta~to nei loro sodalizi un'avversione un po'troppo viscerale all'iniziativa referendaria, sisono ora attestati su una posizione assai piùragionevole e costituzionalmente meno discu~tibile.

Quella ad esempio del recente congresso di"Magistratura democratica" (ma anche, inminor misura, di "Unità per la Costituzione" eper certi aspetti pure di "Magistratura indipen~dente") caratterizzata dal riconoscimento del~l'inaccettabilità dell'attuale regime di fatto

della irresponsabilità e dell'aperta, coraggiosaammissione dei non infrequenti comporta~menti usurpatori del magistrato, specie aidanni della libertà personale dei cittadini,circa l"'uso strumentale dei provvedimenti diçattura" e lo "scarso rigore nell'acquisizionedelle prove".

Così stando le cose, nulla potendosi seria~mente sperare da quei partiti che da unquinquennio lasciano sepolto negli archivipersino l'eccellente disegno di legge del gover~no Spadolini sulla responsabilità disciplinare,l'iniziativa concreta da realizzare può esseresoltanto quella che potrà venire dal Consigliosuperiore della magistratura. Il quale dovrà, sì,doverosamente astenersi, come ha fatto finora,da ogni valutazione politica sulla propostaconsultazione popolare, anche per il rispettodovuto a quell'altro "potere dello Stato" che ètecnicamente il comitato promotore dei refe~rendum. ,Ma potrà anche assumere, attraversoadeguata istruttoria della propria commissioneper la riforma dell'amministrazione della giu~stizia, una o più posizioni alternative, giuridi~camente apprezzate e da prospettare al Gover~no e al Parlamento come possibili interventilegislativi idonei a dare concretezza piena alprecetto costituzionale che impone la respon~sabilità penale, amministrativa e civile dellostesso magistrato: idonei, perciò, ad annullareil referendum.

Le varie correnti associative hanno giàavanzato qualche abbozzo di proposta, mafrancamente non siamo ancora ad una elabo~razione progettuale costituzionalmente propo~nibile. Non si può infatti voler introdurre sulserio nel nostro ordinamento quel principioche noi stessi, scherzando, definimmo anniaddietro la "fiscalizzazione degli oneri colposi"nel senso che lo Stato dovrebbe addossarsi perl'appunto l'onere di far fronte esso stesso(fiscalizzandolo) al risarcimento pecuniarioconseguente alla comprovata colpa grave delmagistrato. Una colpa grave capace di produr~re l'accertato danno ingiusto al cittadinopercosso dal singolo giudice per sua gravissi~ma negligenza, imperizia o macroscopicainosservanza della legge. Non si vede davveroperchè il contribuente dovrebbe concorrere,pro quota, al risarcimento di un danno giudi~zialmente imputabile a un pubblico dipenden-

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te, semprechè si escluda, come doveroso, ognisindacato sull'esercizio dell'attività giurisdi~zionale.

Dalla Francia ci viene la proposta di unrimborso al cittadino da parte dello Stato, ilquale si rivarrà poi con acconci meccanismisul singolo giudice. Altri prospetta l'interventodella giurisdizione contabile della Corte deiconti. Altri ancora (e noi saremmo tra questi;fin da una proposta di legge che elaborammonel lontano 1980) si orientano per una respon~sabilità disciplinare dalla quale, in tal uni casi,possa scaturire anche un'obbligazione pecu~niaria.

Tutto su questo terreno si può discutere.Tutto, tranne però la Costituzione della Repub~blica. La quale, se tratta all'articolo 28 dipubblici dipendenti "direttamente responsabi~

li" e di una responsabilità civile che anche "siestend; allo Stato", esclude chiarissimamente~ se non vogliamo manipolare la legge delle

leggi ~ quel troppo comodo trasferimentoall'erario, cioè ai contribuenti, degli effettipecuniari di una responsabilità civile che ilpotere costituente volle individuale».

9. La posizione di un magistrato non allineato

Sin dall'inizio quello sulla responsabilità èstato un dibattito viziato da una precisavolontà di alcuni di mistificare i contenuti intempi di referendum, come già abbiamo avutomodo di dire.

Forse nessuno meglio del magistrato FrancoMarrone, con l'articolo pubblicato sul quoti~diano «il Manifesto», ha-saputo chiarire i veritermini della «questione responsabilità». Eccoquanto scriveva:

«Condivido il contenuto dell'articolo diRossana Rossanda "Brutto sì, ma sì" pubblica~to il 3 ottobre sul «il Manifesto». Vorreiaggiungere alcune annotazioni a margine.

1) Per quel che riguarda il solito Agnelli:non è che la magistratura, vigente l'attualenormativa abbia sempre dato segni di autono~mia e indipendenza, quando si è occupata deipotentati.

Mi pare utile riportare alla memoria almenoun caso, esemplare. L'avvocato Guidetti Serraha scritto la cronaca di un processo alla Fiat in

un libro (che credo abbia avuto poca fortuna)Le schedature Fiat (Rosenberg e Sellier1984).

Il 5 agosto 1971 il pretore Guariniellorinvenne un intero archivio di schede, conte~nenti notizie sulla vita, privata e non, dinumerosissime persone, per lo più dipendentiFiat. Dalle indagini risultò che la Fiat avevacorrotto alcuni pubblici ufficiali (poliziotti ecarabinieri) per ottenere indebite informazionisulla vita privata e sulle idee, soprattuttopolitiche, di decine di migliaia di cittadini. Il 3dicembre 1971 la Cassazione "per gravi motividi ordine pubblico" assegnò il processo altribunale di Napoli. Con sentenza in data Illuglio 1979 la Corte d'appello di Napolidichiarò i reati di corruzione degli imputatisopravvissuti "estinti per prescrizione". Gio~vanni ed Umberto Agnelli furono sentiti cometestimoni e si dissero "meravigliati". Il procu~ratore generale, durante il dibattimento, di~chiarò: "Sono d'accordo con le parti civili: chiha voluto questo processo a Napoli ha di fattofavorito gli imputati".

Guidetti Serra racconta anche come la casaeditrice Einaudi, che lo aveva già stampato,alla fine non pubblicò il suo libro. Il chedimostra come autonomia e indipendenza,quando si scontrano coi potentati economici,vanno in crisi. E non solo la magistratura.

2) Per la configurabilità della responsabilitàper colpa grave dei giudici (oltre che deipubblici funzionari) non vi sono difficoltà ditipo ordinamentale, nè politico.

Del problema si è già occupata la Cortecostituzionale con la sentenza dell' Il marzo1968, numero 2 (scarsamente citata, salvo chedai radicali, nell'attuale dibattito nel qualepure stanno in~ervenendo numerosi politici).La Corte era stata chiamata a decidere il casodi tale Giuseppe Fazio il quale aveva chiesto ilrisarcimento del danno per avere sofferto, suordine di carcerazione di una procura, unapena più lunga di quella alla quale era statocondannato.

La questione era stata sollecitata dal tribuna~le di Bologna, che tra l'altro aveva dubitatoche la responsabilità personale dei funzionariamministrativi fosse estendibile ai magistrati.La Corte stabilì che l'articolo 28 della Costitu~zione (per il quale i dipendenti dello Stato

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sono direttamente responsabili degli atti com~piuti in violazione dei diritti) riguarda anche igiudici.

Si legge nella sentenza, redatta da Branca,unO dei giudici più progressisti che la Corteabbia annoverato, che "l'autonomia e l'indi~

.pendenza della magistratura e del giudiceovviamente non pongono l'una al di là delloStato, quasi legibus saluta, nè l'altro fuori dellaorganizzazione statale. Il magistrato è e deveessere indipendente da poteri o dagli interessiestranei alla giurisdizione; ma questa è funzio~ne statale e i giudici, esercitandola, svolgonoattività abituale al servizio dello Stato": Af~fermò perciò un principio "valevole per tutticoloro che, sia pure magistrati, svolgonoattività statale: un principio generale che dauna parte li rende personalmente responsabili,ma dall'altra non esclude... che codesta re~sponsabilità sia disciplinata variamente percategorie o per situazioni'~.

3) In Italia i giudici, non essendo eletti, nènominati da organi elettivi, (come negli StatiUniti e altrove), non sono soggetti ad alcunaforma di responsabilità politica nè diretta, nèindiretta.

Ne consegue che l'unica responsabiHtà loroaddebitabile è quella professionale. Se perprofessionalità si intende l'autonomia di giudi~zio, fondata su regole e tecniche che costitui~scono un patrimonio comune agli operatorigiudiziari e quindi controllabili da altri sogget~ti (vedi il contributo di Giuliani e Picardi,Professionalità e responsabilità del giudicenell'esperienza contemporanea, in Riv. Dir.Proc. 1987, 267), non vi sono ragioni cheimpediscano il controllo da parte di singolicittadini danneggiati oltre che da parte dellasezione disciplinare del Csm, composta preva~lentemente proprio da magistrati.

Per quanto riguarda il timore che talecontrollo finirebbe coll'essere esercitato solodai potenti, va detto che la criminalità organiz~zata (come del resto i terroristi) usa ricorrere ametodi più sbrigativi (per esempio l'assassi~nio). Se invece, coll'eventuale introduzionedella responsabilità per colpa dei magistrati,dovesse far ricorso alla carta bollata, sitratterebbe di un salto di civiltà augurabile.Altri tipi di potentati, quelli legittimi, siavvalgono di metodi meno brutali, ma forse

più efficaci che, comunque, di solito prescin~dono dalla carta bollata.

In ogni caso, ritengo che i giudici (e ce nesono) che oggi esercitano la loro attività senzafarsi intimorire da pressioni interne ed ester~ne, domani non si faranno intimorire dallaeventualità che venga esercitata nei loroconfronti l'azione di risarcimento dei danni.Basta pensare a coloro che sono occupati neiprocessi a carico dei mafiosi e dei camorristi.

4) Per quanto riguarda il Pci, è da sperareche il suo "voltafaccia" costituisca l'occasioneper abbandonare la linea di politica giudiziariautilizzata dal tempo della legge Reale in poi eal ritorno alla difesa ed al consolidamento deidiritti e delle garanzie dei cittadini qualunque,nell'alveo della tradizione della sinistra inItalia.

Non va dimenticato che negli ultimi annil'unico settore della politica nazionale nelquale il Pci ha avuto reale incidenza, è statoquello della giustizia penale (ricordo il proces~so 7 aprile) e che l'esito vittorioso dellarepressione penale ha avuto come risvolto nontrascurabile l'allontanamento delle nuove ge~nerazioni dalla vita politica del nostro Paese.Non è un caso che nelle ultime, elezioni il Pciabbia ricevuto solo il 17 per cento del voto deigiovani.

5) Sarà una ingenuità, ma il fatto che "ilpopolo" in nome del quale la giustizia vieneamministrata venga chiamato per la primavolta dall'unità d'Italia, permettendolo la Co~stituzione repubblicana, a esprimere un suogiudizio sullo stato attuale della giustizia è, insè, un fatto positivo; ponendo al centrodell'attenzione dell'intera collettività la "que~stione giustizia". Se poi l'eventuale successodel sì fornisse finalmente l'occasione a Gover~no, Parlamento e Magistratura per attivarsi,ciascuno per la sua parte, nel riformare icodici, fornire strutture adeguate, e rientrarenell'alveo dei principi di civiltà giuridica, ilreferendum potrebbe risultare due volte po~sitivo.

6) Da ultimo vorrei segnalare quanto riferi~to da Giuliani e Picardi nel già citato lorostudio, sul sistema adottato di recente inSpagna.

La legge organica dello luglio 1985 numero6 sul potere giudiziario ha previsto tre titoli di

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X LEGISLATURA ~ DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI ~ DOCUMENTI

responsabilità dello Stato in presenza di attivofunzionamento della giustizia: l'errore giudi~ziario; il funzionamento anormale dell'ammi~nistrazione della giustizia, salvo il caso di forzamaggiore; la carcerazione preventiva seguitada assoluzione perchè il fatto non sussiste,indipendentemente dal funzionamento anor~male della giustizia.

Lo Stato risponde anche dei danni provocatidal giudice con dolo e colpa grave, salvo ildiritto di rivalsa. La responsabilità dello Stato,comunque, non esclude, ma concorre con laresponsabilità civile del giudice, che, secondoun principio risalente al diritto comune, inSpagna è estesa alla colpa»..

Dunque, tutt'altre cose rispetto a quantoveniva negli stessi giorni sostenuto dalla«magistratura organizzata».

1O. La responsabilità civile dei magistratifuori d'Italia

Uno degli argomenti più spesso usati dacoloro che sono contrari al referendum è che,attaverso di esso, si vuole introdurre nelnostro ordinamento un istituto che non esistein nessun altro paese.

Ciò è assolutamente falso.La responsabilità civile dei magistrati esiste

pressocchè in tutti i paesi, pur con le differen~ze dovute ai diversi ordinamenti giudiziarioVediamo assieme come la responsabilità civiledei magistrati sia regolata in alcuni paesi a noipiù vicini.

FRANCIA. ~ I giudici sono civilmente respon~

sabili nei casi di dolo, frode, concussione,colpa grave professionale e denegata giustizia.Si ha colpa grave professionale in caso dierrori .tanto grossolani da non poter esserecommessi da un magistrato normalmenteconsapevole dei suoi doveri, in caso di erroridovuti ad una negligenza «particolarmentegrave» o ad una grave ed inescusabile ignoran~za dei doveri essenziali. Le norme sullaresponsabilità civile si applicano a tutti igiudici e pubblici ministeri, ad eccezione deigiurati delle Corti d'Assise e dei giudiciamministrativi (articoli 505 e 506 del codice diprocedura civile). ('articolo Il della legge 5luglio 197.2 stabilisce che lo Stato è tenuto alrisarcimento dei danni dovuti a colpa grave

del giudice o denegata giustizia, ma puòrivalersi contro il giudice colpevole.

SPAGNA. ~ La responsabilità civile dei magi~

strati esiste in Spagna da oltre cento anni: essaè stata introdotta dalla Ley Organica già nel1870. «I giudici sono personalmente responsa~bili di qualsiasi infrazione commettano, secon~do quanto previsto dalla legge sulla responsa~bilità giudiziaria». La responsabilità per colpagrave è disciplinata dall'articolo 903 dellalegge di procedura civile e dall'articolo 260della Ley Organica: «La responsabilità civiledei giudici e dei magistrati sarà limitata alrisarcimento dei danni... qùando nello svolgi~mento delle loro funzioni violino le leggi perinescusabile negligenza o ignoranza». La prati~ca di oltre un secolo ha dimostrato chenessuno dei pericoli paventati dai detrattoridella responsabilità civile in Italia si siano maiverificati in Spagna. La nuova Legge organica .

del Potere giudiziario' del 1985 non ha modifi~cato l'istituto, anzi con l'articolo 411 «I giudicie i magistrati sono responsabili civilmente deidanni e dei pregiudizi cagionati per dolo o percolpa» ha reso più ampia la disciplina. L'azio~ne di responsabilità è diretta contro il magi~strato e non può essere promossa fino aquando non sia definitiva la decisione che sipresume abbia provocato il danno.

PORTOGALLO. ~ Gli articoli 483 e 486 del

codice civile definiscono la responsabilitàcivile per dolo o mera colpa o per omissione;l'articolo' 1083 del codice di procedura civilestabilisce che tutti i magistrati sono responsa~bili per i danni causati da corruzione, concus~sione o prevaricazione, ritardo volontarionell'amministrazione della giustizia, dolo edenegata giustizia. L'illiceità della condotta delmagistrato esonera lo Stato da qualsiasi re~sponsabilità civile.

BELGIO. ~ Il codice giudiziario prevede i casi

in cui il magistrato è civilmente responsabiledei danni causati nell'esercizio delle suefunzioni; si può agire contro il giudice perso~nalmente in caso di dolo e di diniego digiustizia (articolo 1140 codice ,giudiziario),oltre che in caso di frode. L'istanza va propostadavanti alla Corte di cassazione.

DANIMARCA. ~ In Danimarca il giudice non

gode di alcun privilegio nei confronti dell'azio~

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X LEGISLATURA ~ DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI ~ DOCUMENTI

ne civile (oltre che, ovviamente, dell'azionep.enale), Egli è ritenuto responsabile in base

agli stessi principi applicati in generale alleautorità pubbliche. L'idea, assai diffusa tra imagistrati italiani, che la responsabilità perl'indennizzo sia incompatibile con l'indipen~denza e l'autonomia di magistrati è totalmenteestranea àlla tradizione giuridica danese.

FINLANDIA. ~ L'articolo 93 della Costituzione

prevede la responsabilità civile di tutti idipendenti dello Stato, compresi i magistrati,per i danni causati nell'esercizio delle lorofunzioni: «Chiunque abbia subito un dannocome conseguenza di un'azione illegale o pernegligenza di un dipendente pubblico hadiritto di richiedere che il dipendente stesso lorisarcisca». Lo Stato è responsabile solidal~mente per i danni causati dai magistrati, ma hadiritto di rivalsa nei confronti degli stessi.

SVIZZERA. ~ Esiste il diritto per i cittadini

elvetici di chiedere alla Confederazione ilrisarcimento dei danni causati dai comporta~menti illeciti dei magistrati, intendendosi pertali il dolo e la colpa grave. La Confederazioneesercita la rivalsa nei confronti del magistrato.

STATI UNITI e GRAN BRETAGNA. ~ Nei paesi di

Common Law non è prevista l'azione diresponsabilità civile nei confroni dei magistra~ti ma ciò, lungi dall'essere un argomento afavore di quanti avversano in Italia il referen~dum, dimostra quanto più penetrante sia laresponsabilità dei magistrati in questi Paesi. Imagistrati in Inghilterra e negl Stati Uniti sonoo elettivi e, quindi, sottoposti alla responsabili~tà politica e giudicati in occasione delleelezioni, o di nomina governativa. Se essi nonrispondono a titolo di responsabilità civile,rispondono politicamente del loro operatoall'Esecutivo che li ha nominati. L'istitutoprincipale attraverso cui opera questa respon~sabilità è quello della «rimozione dall'ufficio».

* * *

Dall'esame comparato di legislazioni cosìdiverse emerge con chiarezza che l'istitutodella responsabilità civile dei magistrati per idanni causati nell'esercizio delle loro funzioniesiste quasi dappertutto, senza che ciò abbiamesso in crisi la macchina della giustizia,abbia fatto prevalere i potentati o abbia

intimorito i giudici. La campagna di disinfor~mazione e falsificazione che su questo referen~dum si fa, purtroppo anche da molti magistratiè, dunque, frutto di una visione corporativa efaziosa.

Il. I progetti precedenti: Viviani ~ Calderone

Tosi

Dopo il risultato del referendum si sarebbedovuto prendere in esame il progetto Vivianipresentato in esame nella VII Legislatura (AttoSenato n. 1082, 12 gennaio 1978) ripresentatonell'VIII Legislatura alla Camera dal Grupporadicale (Atto Camera n. 1329) e nella IXLegislatura dall'onorevole Rizzi (Atto Cameran. 1645).

Oppure si poteva riprendere la propostascaturita da un'indagine del CNR sempre didieci anni fa, predisposta da un gruppo dilavoro composta fra gli altri dal giudiceCalderone e dai professori Caramazza, Giacob~be, Lattanzi, Lupo, Pugliese e illustrata recen~temente nel volume curato da Giuliani ePicardi «L'ordinamento giudiziario italiano»,Maggioli 1985.

Oppure ancora si poteva fare riferimentoalla proposta del 1980 presentata dal CentroCalamandrei e curata dal professor SilvanoTosi indimenticabile giurista e splendidomembro laico del Consiglio superiore dellamagistratura.

. Invece si è giunti al grottesco, non prenden~do neppure a base il disegno di legge Vassalliche correggeva il progetto Rognoni nato per«scongiurare» il referendum, ma il testo Garga~ni per liquidare e svendere ad opera di DC ePCI con la colpevole latitanza dei Partitireferendari il risultato del referendum sull'alta~re dell' «accordo politico» a cui tutto sacrifica~re.

Non è casuale quindi il fatto che alla Cameral'incarico di relatore sia stato affidato ad unesponente del Partito che assunse la funzionedi lancia spezzata del fronte del no.

Altra proposizione fuorviante, passata dallepolemiche contro la proposta referendaria aicriteri di elaborazione della legge che avrebbedovuto garantire ed integrare il risultatopositivo del referendum stesso, è quella secon~do cui la responsabilità civile del giudice ne

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comprometterebbe l'indipendenza e compor~terebbe uno sconvolgimento della giurisdizio~ne e della certezza stessa dei giudicati.

L'indipendenza del giudice è un bene che,ancorchè strumentale rispetto a quello del~l'imparzialità, deve certamente essere tutelatocon rigore, non dimenticando che la stessaindipendenza ed autonomia della Magistraturacome Ordine è strumentale rispetto all'indi~pendenza dei singoli giudici e che questa deveessere difesa, occorrendo, anche rispetto al~l'Ordine di cui il singolo magistrato fa parte. El'indipendenza del giudice è sancita dallaCostituzione con l'affermazione che i giudici«sono soggetti soltanto alla legge», soggezioneche non può non comportare responsabilità enon fare sì che i diritti dei cittadini, che dallalegge, cui il magistrato stesso è soggetto,derivano, debbano trovare tutela anche controil magistrato che, eventualmente, nell'eserci~zio delle sue funzioni, li abbia violati.

D'altro canto, è appena il caso di ripeterlo,la violazione del diritto del cittadino che vienein questione nOn va identificato con il sacrifi~cio del diritto oggetto della giurisdizioneconseguente all'erroneo o ingiusto risultatodell'attività giurisdizionale, ma è quella invecerelativa al diritto del cittadino ad un correttoesercizio della funzione da parte del giudice,che, pur nella libertà delle sue determinazioni,è tenuto a diligenza, osservanza di norme e dilimiti posti dalla legge per la sua attività,aderenza a criteri di obiettività e di professio~nalità.

Certamente, nella pratica, discernere tral'ambito proprio del libero esercizio dellafunzione interpretativa delle norme e delleprove ed ambito delle possibili violazioni diquesti obblighi che incombono al giudicecome riflesso della sua soggezione alla legge,può non essere semplice nè facile, al pari dimolte altre questioni che si presentano nell'ap~plicazione dei più chiari e consolidati principidi diritto. Ma una cosa è certa: che problemianaloghi ed anzi assai più delicati e gravi sipongono anche per ciò che riguarda laresponsabilità disciplinare, la soggezione allaquale si presta, anzi, ad assai più realipossibilità di condizionamento dell'indirizzo edei contenuti propri dell'attività giurisdiziona~le affidata ai singoli magistrati.

Eppure è in nome di una ipotetica alternati~va con la responsabilità disciplinare che si ècontrastata e si contrasta la responsabilitàcivile dei magistrati, in nome dell'indipenden~za che ne sarebbe compromessa. Ma allora èlecito chiedersi se siffatte posizioni non sianoespressione di assai maggior sollecitudine perl'autonomia e la separatezza dell'Ordine, edanzi, della corporazione, che non dell'indipen~denza dei singoli magistrati e che ciò che siteme compromesso dalla responsabilità civileè l'equilibrio ed il compromesso tra le correntiche si esprime nel Consiglio superiore dellamagistratura, con condizionamenti e compen~sazioni che si estendono al campo dellafunzione disciplinare ed, attraverso di essa,comportano vere e proprie forme di indirizzodell'attività giurisdizionale, piuttosto che l'in~dipendenza e la libertà di giudizio dei singolimagistrati.

Distorsioni e sofismi non si sono inseriti neldibattito soltanto nel calore della campagnaper il voto referendario. Sta di fatto, che ancorprima che i referendum fossero indetti e nellafase delle solite, sempre deprecate e depreca~bili operazioni per «scongiurare» il referen~dum, distorsioni e sofismi e non soltanto quellicui sopra abbiamo fatto cenno, hanno caratte~rizzato le polemiche e, quel che è peggio, alladiscussione sul problema della responsabilitàcivile, si è cercato di sostituire quella su veri opresunti inconvenienti di essa, semmai elimi~nabili con norme attuative ed integrative.. Equel che è peggio, già il progetto di leggepredisposto dal Governo allo scopo, appunto,di «scongiurare» il referendum, il cosiddetto«progetto Rognoni» è stato improntato al finedi escludere ogni allegato inconveniente dellaresponsabilità stessa verso il cittadino, a scapi~to altresì di una serie di altri principi fino adora pacifici nell'ordinamento, lesi e sacrificatiper eludere il principio sancito dall'articolo 28della Costituzione e per dissimulare la violazio~ne.

Ma se il «progetto Rognoni» rappresentavaun tentativo di compromesso tra un referen~dum non ancora indetto e celebrato e leposizioni di quanti si erano sempre opposti aduna qualsiasi innovazione legislativa al riguar~do, assai meno giustificabile appare il proposi~to del Governo di riprodurre le linee essenziali

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di esso all'indomani dell'esito del referendum,nel quale schiacciante era stato il risultatofavorevole all'abolizione delle norme restritti~ve e compressive della responsabilità civile deimagistrati.

IL DISEGNO DI LEGGE N. 1082 DEL SENATORE

AGOSTINO VIVIANI (VII LEGISLATURA)

a) La relazione:

Conosciamo le difficoltà, le perplessità, icontrasti che solleverà il tentativo di risolvere,con il disegno di legge in esame, il problemadella responsabilizzazione anche civile deimagistrati sia per la sua importanza e delica~tezza sia per il radicato e diffuso sensocorporativo che anima non tutta (fortunata~mente) ma una certa parte della magistratura etalvolta (come purtroppo confermano certesue decisioni) lo stesso Co~siglio superioredella magistratura. Eppure sembra improcra~stinabile fare almeno un tentativo per cercaredi conciliare l'irrinunciabile principio dellaautonomia e della indipendenza della magi~stratura con quello ~ non meno prezioso ~

della sua responsabilizzazione, al fine di evita~re che il magistrato possa cadere (come ineffetti avviene e non molto raramente) nell'ar~bitrio, dando dell'ordine giudiziario l'immagi~ne di un corpo separato, legibus solutus, cuitutto è consentito, senza che debba renderneconto. Il che può, sì, fare sorgere ~ nei

confronti di chi esercita un potere tanto vastoe incontrollato ~ timore ma non certo fiducia,

indispensabile, invece, verso chi è chiamato adecidere dell'onore, della libertà, della fami~glia, di beni del cittadino. Nè basta che laCostituzione proclami solennemente (articolo101, capoverso I) che i giudici sono soggettialla legge ("soltanto alla legge", ma alla legge,sì!), perchè la questione sta proprio nellostabilire come la società possa essere garantitasu questa dipendenza e quali interventi possa~no esserci perchè essa non venga a spezzarsi.Indubbiamente il punto d'incontro tra le dueesigenze, l'una non meno valida dell'altra, nonè facile, ma non per questo possiamo rinuncia~re a trovare una soluzione. Non possiamodunque approvare il Consiglio superiore ,della

magistratura che nella "Relazione al Parla~mento sullo stato della giustizia", trasmessa alMinistro di grazia e giustizia "per il successivoinoltro al Parlamento" (anno 1976) ~ nel porsi

il problema de "L'adeguamento dell'ordina~mento giudiziario ai principi costituzionali ealle esigenze della società" ~ giunge (sia pureattraverso una accorta presentazione edun'ampia disamina del problema) ad unaconclusione sbrigativa e, forse, anche untantino cinica (pagine 87 e seguenti), secondola quale chi vuole il magistrato indipendentedeve pagare lo scotto della sua irresponsabili~tà. Soluzione, oltrechè pericolosa, inaccettabi~le proprio perchè la stessa citata relazione ~

cadendo in una clamorosa contraddizione ~

deve riconoscere (pag. 88) che "un poteresenza responsabilità è incompatibile con ilsistema democratico". Di ben altro respiro èuno studio sulla responsabilizzazione del magi~strato, èhe in questi giorni sarà. dato allastampa ("L'educazione giuridica ~ III: la re~

sponsabilità del giudice" a cura dell'Universitàdegli studi di Perugia e del Consiglio nazionale .

delle ricerche, Ed. Cedam); esso avrà comeappendice un vero e proprio disegno di legge,accompagnato da un commento che di per sèrappresenta una pregevole relazione. Esso èopera di una équipe di valorosi giuristi: RenatoCalderone, componente del CSM e magistrato,Giovanni Caramazza, magistrato, GiovanniGiacobbe, docente universitario e magistrato,Alessandro Giuliani, docente universitario eavvocato, Giorgio Lattanzi, magistrato, ErnestoLupo, magistrato, Nicola Picardi, docenteuniversitario e avvocato, Giovanni Pugliese,docente universitario e avvocato. Da questolavoro è sorta in noi l'idea di rompere gliindugi e presentare un disegno di legge inmateria; tuttavia da un esame approfonditodell'interessante studio abbiamo rilevato comeil nostro pensiero non sempre collimi conquello dei citati studiosi che, del resto, peralcune questioni, propongono soluzioni. alter~native. Di conseguenza, con il benevolo con~senso degli autori, abbiamo approfittato delloro approfondito studio per stendere il dise~gno di legge che ora presentiamo alla valuta~zione del Senato, nella ferma speranza di averdato un contributo alla soluzione della crisidella giustizia che certamente non è la sola ma

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è quella che rappresenta la premessa per lasoluzione di ogni altra, giacchè laddove nonc'è giustizia nessuna innovazione, nessunatrasformazione, nessun cambiamento potràstabilizzarsi o consolidarsi.

Passiamo ora ad esaminare l'architettura deldisegno di legge. Il disegno di legge è diviso insei titoli: il primo concerne «Disposizionigenerali»; il secondo tratta «Della responsabili~tà disciplinare»; il terzo «Del procedimentodisciplinare»; il quarto «Della responsabilitàcivile»; il quinto «Della incompatibilità di sedeo di ufficio» ed il sesto detta una «Norma fina~le».

1) Garanzie relative all' esercizio della funzione

giudiziaria.

L'articolo 1, al primo comma, ribadisce ilprincipio dell'autonomia e dell'indipendenzadella magistratura, assicurata dall'opera delCSM, che deve mantenersi naturalmente neiconfini stabiliti dalla Costituzione (artt. 104,105, 106, 107). Non si è fatto espressoriferimento all'inamovibilità (pur essa assicu~rata al magistrato dalla Costituzione, articolo107, primo comma) giacchè essa niente altro èse non uno dei modi con cui viene garantital'indipendenza.

Con il secondo comma dell'articolo 1 siaffronta uno dei temi più delicati della proble~matica in esame: i limiti entro i quali ilmagistrato può essere chiamato a risponderedel contenuto degli atti emanati nell'eserciziodelle sue funzioni. Per parte nostra, concordia~mo perfettamente con gli autori del ricordatocommento al ridetto schema di progetto nelriconoscere "che l'attività del magistrato nonpuò essere assoggettata tout court ad unaresponsabilità di diritto comune perchè, in talmodo, si favorirebbero, tra l'altro, forme diconformismo giurisprudenziale che, certa~mente, non possono essere auspicate da colo~ro che considerano la giurisprudenza comeuna realtà viva che si attua attraverso ilcomplesso articolarsi di opinioni anche con~trastanti" (op. cito pago 2). Così come riteniamo~ con i ricordati autori ~ che sarebbe inoppor~

tuno "seguire l'esempio di alcune legislazionistraniere che distinguono tra sentenza o prov~vedimenti propriamente giurisdizionali (da

assoggettare ad una responsabilità limitata) ealtri atti emanati dal giudice nell'ambito dellesue competenze, quali, ad esempio, gli atti divolontaria giurisdizione (per i quali dovrebbe~ro rispondere secondo il diritto comune). Daun lato, le stesse incertezze e le stesseoscillazioni manifestatesi negli ordinamentinei quali è stata adottata tale distinzione,dall'altro, il rischio di creare un trattamentodeteriore per i magistrati che operano incampi particolarmente delicati (quale, adesempio, quello fallimentare) sembrano indi~rizzare verso una responsabilità, limitata, este~sa, però, a tutte le attività compiute dalmagistrato nell'esercizio delle sue funzioni,siano esse giurisdizionali o meno" (op. cito pago2). La limitazione delle responsabilità noncomporta però (secondo l'opinione prevalentedei citati autori, cui aderiamo) che essa possaescludersi per una parte dell'attività del magi~strato; alcuni esempi che traiamo proprio dalcommento ricordato ci sembrano particolar~mente pertinenti: carente accertamento dellasituazione di fatto, attraverso il mancato esamedell'incartamento processuale; mancato studiodegli aspetti giuridici della causa. Nel caso delmagistrato che applichi il codice abrogatooppure emetta un mandato o un ordine dicattura in relazione ad un reato previsto dauna norma dichiarata incostituzioriale, come èpossibile rimanere inerti? E che dire delgiudice che celebri il processo dichiarando lacontumacia, in mancanza dell'emissione deldecreto di citazione? Non vi è dubbio che sitratti di attività preparatoria all'operazionegiurisdizionale propriamente detta; ma nonper questo il magistrato può venir meno aldovere professionale di dedicarvi la massimadiligenza e la più accurata attenzione. Se nonlo fa, deve rispondere come qualunque profes~sionista; altrimenti si favoriscono gli errorigiudiziari, talvolta terrificanti e il magistrato èobiettivamente spinto a comportamenti, quan~to meno, leggeri e ad atteggiamenti superficialie quindi pericolosi. Si può pertanto affermare,con i ricordati 'studiosi, che "l'irresponsabilitàdel giudice non è più giustificata nel caso diuna grave violazione dei suoi doveri professio~nali" (op. cito pago 3).

La seconda disposizione di carattere genera~le concerne il "voto separato" (art. 2) e cioè la

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possibilità per il giudice di un collegio diesprimere il suo diverso avviso. Si tratta di unostrumento essenziale per la soluzione delproblema della responsabilità del giudice col~legiale, non essendo immaginabile che debbarispondere di una decisione collegiale chiesprime il proprio dissenso. In realtà il votoseparato ha anche altre (e forse più importan~ti) funzioni, giacchè rafforza !'indipendenzadel giudice (che deve essere tutelata non solodall'esterno ma anche dall'interno della magi~stratura), lo responsabilizza maggiormente,spingendolo ~ quando dissente ~ ad esprimere

il suo pensiero, piuttosto che seguire l'ondadella maggioranza, assicura la dialettica pro~cessuale all'interno del collegio (e gli addettiai lavorio sanno come ciò sia importante). Diconseguenza, questa norma dovrebbe valere inogni processo, costituendo indubbiamente unamaggiore garanzia di giustizia e un interessan~te stimolo per creare utili momenti di riflessio~ne su questioni dibattute e per provocareopportuni mutamenti di giurisprudenza. Maciò implicherebbe una profonda modificazio~ne dell'ordinamento giudiziario (ormai neces~saria ma lontana da venire, per chi amiguardare alla situazione con realismo) coinvol~gendo anche ~ e non soltanto ~ la questione

del segreto della camera di consiglio, per cuiabbiamo ritenuto (dati i rigorosi limiti delpresente disegno di legge) di ammettere il votoseparato solo ai fini della responsabilità civi'ledel giudice, stendendo una normativa (inarmonia con il ricordato studio) che nonledesse, di regola, il principio, purtroppoancora esistente, del segreto della camera diconsiglio.

In base a queste direttive, la norma stabili~sce che il giudice dissenziente ha facoltà difare risultare il suo diverso avviso per iscrittocon una dichiarazione in duplice copia e inbusta chiusa da depositare, entro tre giornidalla decisione, in cancelleria. Il Presidente, sela presentazione è avvenuta in termini, dispo~ne che siano formati due plichi sigillati efirmati sia dallo stesso Presidente sia dalcancelliere, uno destinato agli atti di ufficio,uno al CSM che ne autorizzerà l'apertura pergravi motivi oppure, su istanza dell'interessa~to, nel caso di ricorso al CSM per l'autorizza~zione ad agire in giudizio, onde esercitare

l'azione di responsabilità nei confronti del giu.dice.

Nel sistema attuale la responsabilità civiledel magistrato è ridotta ad una mera parvenza;riteniamo che non esista un caso in cui ilmagistrato abbia risposto in sede civile del suooperato, mentre nella realtà non mancanodavvero episodi di grave, precisa, pesantecolpevolezza. Il che non meraviglia" chi cono.sca l'attuale regolamentazione in materia (arti.coli 55 e 74 del codice di procedura civile) allaquale occorre riferirci per un esatto orienta.mento. L'articolo 74 ("responsabilità del pub~blico ministero") si limita a stabilire l'identitàdi posizione, per quanto concerne la responsa~bilità civile e l'esercizio dell'azione relativa,del pubblico ministerò (che intervenga nelprocesso civile) e del giudice; per cui le normeche valgono per il secondo si applicano ancheal primo. Il che ~ data l'attuale organizzazione

dell'ufficio del pubblico ministero ~ appareineccepibile. Il perno della responsabilitàcivile del magistrato è, quindi, l'articolo 55 delcodice di procedura civile che si intitolaappunto della "responsabilità civile del giudi~ce". La caratterizzazione di questa norma la sicoglie sin dall'inizio allorchè afferma: "ilgiudice è civilmente responsabile soltanto"; latendenza a creare solo come eccezione laresponsabilità del giudice è, dunque, di tuttaevidenza. Del resto chi continua a leggere lanorma si rende immediatamente conto dellasituazione di singolare favore del magistrato,chiamato a rispondere in sede civile esclusiva~mente in due casi: "1) quando nell'eserciziodelle sue funzioni è imputabile di dolo, frode,o concussione; 2) quando senza giusto motivorifiuta, omette o ritarda di provvedere sudomande o istanze delle parti e, in generale, dicompiere un atto del suo ministero". Maneppure questa limitazione così riduttivasembrò sufficiente se la ricordata norma ha uncapoverso ancora più limitativo: "le ipotesipreviste dal numero 2" (rifiuto senza giustifica~to motivo, omissione o ritardo nel compimen~to di un atto dovuto) "possono aversi peravverate solo quando la parte ha depositato incancelleria istanza al giudice per ottenere ilprovvedimento o l'atto, e sono decorsi inutil~mente 10 giorni dal deposito". Questa imposta~zione ha avuto i suoi riflessi anche in sede

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penale, giacchè il delitto di "omissione orifiuto di atti d'ufficio" (articolo 328 del codicepenale) per il magistrato ~ a differenza di

quanto avviene ;per tutti gli altri pubbliciufficiali o incaricati di un pubblico servizio ~ si

integra solo "quando concorrono le condizionirichieste dalla legge per esercitare contro diessi l'azione civile", quindi solo quando sonotrascorsi 10 giorni dal deposito di un attoformale di messa in mora. Non basta che ilmagistrato non adempia al suo dovere permesi ed anche per anni; non sono sufficientisolleciti, anche se ufficiali, e neppure rapportiai dirigenti di ufficio; occorre un atto formale.La parte deve mettere in mora il giudice. Nonabbiamo molta fiducia nella funzionalità del~l'amministrazione della giustizia, neppure alivello ministeriale, ma riteniamo di noncreare troppo disagio chiedendo al Ministro difar sapere al Parlamento quante istanze delgenere siano state depositate nell'ultimo tren~tennio. Chi si trova a recitare la scomoda partedi utente della giustizia, così come il tecnicoche lo rappresenta o l'assiste, tendono natural~mente ad evitare di vedere trasferite eventualireazioni negative del magistrato sulla parte pernon compromettere il risultato finaJe. Nessunopertanto oserà mai mettere in mora il giudice,per cui una normativa del genere significa checontro l'inerzia, sia pure fortemente colpevo~le, del giudice il sistema non appronta alcunrimedio; e del resto una lunga ed amaraesperienza ce ne dà puntuale conferma. Ebbe~ne, se dicessimo che tutto ciò ci indigna o, piùsemplicemente, ci sorprende, non diremmo ilvero; aggiungiamo, anzi, che riteniamo comequesta normativa si inquadri con la collocazio~ne che la magistratura aveva nell'architetturastatuale prima dell'emanazione della Costitu~zione: un ordine giudiziario burocratico egerarchizzato (i gradi della carriera, le toghe diermellino, le cosiddette eccellenze e via diseguito), un giudice e un pubblico ministerofunzionari dello Stato, alle dipendenze delMinistro di grazia e giustizia. In una situazionedel genere può essere riconosciuto al magi~strato il privilegio della irresponsabilità difronte all'utente della giustizia, consideratoche il magistrato risponde gerarchicamente aisuoi superiori e lo Stato ~ anche attraverso la

genericità delle norme che prevedono gli

illeciti disciplinari ~ ha gli strumenti per poter

intervenire efficacemente, non solo per punireil magistrato che sbagli, ma addirittura perfargli intendere qual è la strada che devepercorrere. Ed in realtà il sistema funzionòfino al punto che la magistratura riuscì adintuire gli orientamenti non ancora ben deli~neati, divenendone, attraverso l'interpretazio~ne legislativa, l'antesignana. Basti un soloesempio: quando il fascismo volle emanareuna legislazione antisciopero non ebbe dacompiere molti sforzi; fu sufficiente ~ come ci

ricorda Neppi Modona nel suo interessantelibro "Sciopero, potere politico e magistratura1870~1922" (Laterza, 1969, pagg. 100 e ss., 273e ss.) scritto e pubblicato quando l'autorefaceva ancora parte viva della magistratura ~

trasformare in legge l'indirizzo giurispruden.ziale con il quale in sostanza si era riusciti acambiare la normativa esistente. Ma ora lasituazione è cambiata: la magistratura nondipende più dal potere esecutivo di cui non èpiù il braccio punitivo; è un ordine autonomoe indipendente, pur non essendo nè potendoessere un potere, come enfaticamente alcunipretenderebbero e, proprio a tal fine, illegislatore ordinario ha emanato una ampia edimpegnata normativa. Questa è la strada giustasulla quale ~ senza iattanza ma anche senza

timore ~ occorre proseguire completando. l'opera ed anche correggendo devianze. A ciòmira il presente disegno di legge, particolar~mente nella parte che riguarda la responsabili~tà civile del magistrato, assillante problemache abbiamo ritenuto di potere risolvere' ~

nella scia dei più volte citati autori ~ prenden~

do a modello le disposizioni dettate nel nostroordinamento per chi presta la sua operaintellettuale, nella cornice di un lavoro auto~nomo, allorchè la prestazione implichi lasoluzione di problemi tecnici di specialedifficoltà (articolo 2236 del codice civile). Suquesta direttrice abbiamo stabilito (articolo20) che il magistrato risponde civilmentequando l'azione o l'omissione o il ritardoderivi da dolo o da colpa grave e si concretizziin uno dei fatti seguenti: 1) se il danno derivada "un comportamento posto in essere nel~l'esercizio delle attribuzioni conferitegli dalleleggi o dai regolamenti". Animati da particola~re cautela, abbiamo condizionato la responsa~

Atti parlamentari ~ 44 ~ 148, 434, 469, 483, 513, 628, 151, 158 e 166.A/bis

X LEGISLATURA ~ DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI -DOCUMENTI

bilità civile del magistrato al fatto che il dannonon sia "riparabile" o "comunque di fatto nonriparato con i mezzi di impugnazione"; 2) se ildanno deriva "da una omissione o ritardo" delmagistrato "nel compimento di una qualsiasiattività del suo ufficio". A queste ipotesiabbiamo voluto aggiungerne una riguardanteil campo estremamente importante e partico-larmente delicato della libertà personale, stan~te l'amara esperienza in materia. Il magistratorisponde in sede civile, se i provvedimeritirelativi alla libertà personale siano assuntifuori dei casi consentiti dalla legge oppuresenza motivazione o con motivazione soloapparente. È il meno che si può pretendere dachi può disporre della libertà altrui. Si chiede,infatti, soltanto che il magistrato ~ anche sesprovvisto di particolare cultura giuridica ~

conosca per lo meno i casi in cui il cittadinopuò essere privato della libertà; se per unamonumentale ignoranza sbaglia, deve pagare.Lo stesso si dica quando non adempie all'ob-bligo costituzionalmente imposto (articolo111) della motivazione o riduca questa attivitàessenziale, al fine di seguire l'iter logico delladecisione, ad una mera apparenza ("motivazio~ne di stile"). Un minimo di rigore occorre, chètroppi esempi abbiamo avuto di cattura effet-tuata se non -.altro con estrema leggerezza,quasi fosse lecito giocare con la libertà altrui.

L'ultimo comma della norma in esame ~ in

sintonia con l'articolo 28 della Costituzione,così come anche interpretato dalla Cortecostituzionale (sentenza del 14 marzo 1968,n. 2) ~ statuisce che la responsabilità civile si

estende allo Stato nelle stesse ipotesi e con glistessi limiti previsti per la responsabilità delmagistrato.

b) Il testo:

TITOLO I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.

(Garanzie relative all' eserciziodella funzione giudiziaria)

Il Consiglio superiore della magistraturaopera al fine di garantire l'autonomia e

l'indipendenza del magistrato, nei limiti stabi~liti dalla Costituzione.

Il magistrato non è perseguibile, in sedecivile o disciplinare, per l'interpretazione el'applicazione delle leggi compiuta nell'eserci~zio dell'attività giudiziaria, salvo quanto stabili~to nelle disposizioni seguenti.

Art.2.

(Voto separato)

I componenti dei collegi giudicanti, che nonconcordino con la decisione adottata dallamaggioranza, hanno facoltà di dichiarare. emotivare per iscritto il proprio dissenso.

La dichiarazione, in due copie chiuse inbuste separate, è depositata in cancelleria neltermine di tre giorni dalla decisione.

Il Presidente, ove la dichiarazione sia depo-sitata in termini, dispone che sia formato unplico sigillato di ciascuna busta; sui plichi cosìformati il Presidente ed il cancelliere appongo-no le proprie firme. Il Presidente dispone cheuno dei plichi sia acquisito agli atti di ufficio eche l'altro sia inviato al Consiglio superioredella !llagistratura.

Il Consiglio superiore della magistraturaautorizza l'apertura del plico qualora ricorra-no gravi motivi ovvero nel caso in cui siapresentata l'istanza di autorizzazione di cuiall'articolo 22.

(... omissis ...)

TIToLO IV

DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE

Art. 20.

(Della responsabilità civile del magistratoe dello Stato)

Il magistrato è civilmente responsabile se,per effetto di un comportamento posto inessere nell'esercizio delle attribuzioni conferi-te gli dalle leggi o dai regolamenti, cagiona adaltri con dolo o colpa grave un ingiusto dannonon riparabile o comunque di fatto nonriparato con i mezzi di impugnazione.

Atti parlamentari ~ 45 ~ 748, 434, 469, 483, 573, 628, 757, 758 e 766.A/bis

X LEGISLATURA ~ DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI~ DOCUMENTI

n magistrato è civilmente responsabile an~che se, per effetto di omissione o ritardo nelcompimento di una qualsiasi attività del suoufficio, cagiona ad altri un danno con dolo ocolpa grave.

n magistrato è altresì civilmente responsabi~le del danno cagionato ad altri per effetto diprovvedimenti concernenti la libertà dellapersona, assunti fuori dài casi consentiti dallalegge oppure senza motivazione o con unamotivazione di stile.

Nei casi previsti dal presénte articolo, laresponsabilità si estende allo Stato, nei cuiconfronti l'azione può essere esercitata indi~pendentemente dall'autorizzazione di cui al~l'articolo 21.

Art.21.

(Autorizzazione preventiva)

n magistrato non può essere citato ingiudizio nè chiamato in causa, senza autorizza~zione del Consiglio superiore della magistratu~ra.

n provvedimento che nega l'autorizzazionedeve essere motivato e comunicato agli inte~ressati.

Nel caso che il Consiglio superiore dellamagistratura autorizzi l'azione nei confrontidel magistrato, il fascicolo relativo alla proce~dura deve essere trasmesso, su richiesta del~l'ufficio o di una delle parti, al giudicecompetente, con allegata anche l'eventualedichiarazione di dissenso di cui all'articolo 2.

L'autorizzazione non è richiesta per lacostituzione di parte civile nel processo penaleo per l'inizio dell'azione civile in seguito acondanna penale.

Art. 22.

(Istanza di autorizzazione)

L'istanza di autorizzazione si propone me~diante ricorso da depositare nella segreteriadel Consiglio superiore della magistraturaentro un anno dal momento in cui l'azione diresponsabilità può essere esercitata.

n depositante ha diritto di avere ricevuta deldeposito.

L'istanza, a cura della segreteria del Consi~glio superiore della magistratura, è immediata~mente inviata al Ministro di grazia e giustiziache esprime, entro un mese, il proprio pareremotivato.

Nel caso in cui, in relazione al fatto riferitonell'istanza, già penda ovvero venga promossogiudizio disciplinare, il Consiglio superioredella magistratura provvederà sulla istanzastessa dopo la conclusione del giudizio disci~plinare. Ove il giudizio disciplinare si protrag~ga per oltre due anni, l'azione di risarcimentopuò essere esercitata senza autorizzazione pre~ventiva.

n Consiglio superiore della magistratura,anche se il Ministro non abbia espresso ilparere nel termine di cui sopra, deve provve~dere sull'istanza entro sei mesi dal ricevimentodella stessa ovvero dalla data in cui è divenutadefinitiva la decisione disciplinare.

Qualora il Cònsiglio superiore della magi~stratura non provveda entro detto termine,l'autorizzazione si intende concessa.

Art. 23.

(Impugnazione del diniego dell' autorizzazione)

n provvedimento di diniego dell'autorizza~zione può essere impugnato di fronte altribunale amministrativo regionale con sede inRoma entro sessanta giorni dal ricevimentodella comunicazione del provvedimento stes~so.

Art. 24.

(Azione di rivalsa dello Stato)

Lo Stato, ove abbia ricarcito il dannocagionato dal magistrato, si rivale agendo neiconfronti di quest'ultimo, a norma dell'artico~lo 52 del testo unico approvato con regiodecreto 12 luglio 1934, n. 1214.

L'esercizio dell'azione di rivalsa da parte delprocuratore generale della Corte dei conti èsubordinato all'autorizzazione del Consigliosuperiore della magistratura.

Atti parlamentari ~ 46 ~ 748, 434, 469, 483, 573, 628, 757, 758 e 766.A/bis

X LEGISLATURA ~ DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI -DOCUMENTI

Si applicano gli articoli 21, 22 e 23.L'autorizzazione non occorre se già rilascata

alla parte.

(... omissis ...)

TITOLO VI

NORMA FINALE

Art. 30.

(Abro[tazione delle disposizioni incompatibili)

Sono abrogati gli articoli 55, 56. e 74 delcodice di procedura civile; l'articolo 328,secondo comma, del codice penale; gli articoli3, primo e secondo comma, e da 17 a 38 delregio decreto legislativo 31 maggio 1946,n. 5 Il, e successive integrazioni e modifiche,nonchè ogni altra disposizione incompatibilecon la presente legge.

* * *

SCHEMA DI PROGETTO DI LEGGE SULL' «ORDINAMEN-

TO GIUDIZIARIO»

(A cura del gruppo di lavoro - composto daC. Renata Calderone; Giovanni Caramazza;Walter Catallozzi; Onofrio Fanelli; GiovanniGiacobbe; Alessandro Giuliani; PierfrancescoGrossi; Raffaele Iannotta; Giorgio Lattanzi;Michele Lugaro; Francesco P. Luisa; ErnestoLupo; Franco Morozzo della Rocca, FrancoSiena - coordinato da Nicola Picardi).

a) La relazione:

La responsabilità del magistrato. ~ Nell'ambi-

to di una indagine patrocinata dal Consiglionazionale delle ricerche, l'istituto della re-sponsabilità del giudice ha formato oggetto diparticolari investigazioni, i cui risultati sonoapparsi nel volume L'educazione giuridica. III,La responsabilità del giudice, a cura di Alessan-dro Giuliani e Nicola Picardi Perugia 1978. Inappendice a tale volume è stato pubblicatoanche una schema di progetto di legge che,pur con rilevanti modifiche, è stato dichiarata-mente utilizzato nella formulazione del dise-gno di legge presentato, nel corso della VII

legislatura, al Senato dal senatore Viviani (attoparlamentare n. 1082) e, quindi, dell'analogaproposta presentata alla Camera dei deputati,nell'VIII legislatura, dall'onorevole De Cataldoed altri (atto parlamentare n. 1329) e, nellalegislatura attuale, dall'onorevole Rizzi (attoparlamentare n. 1645).

Lo schema originario del gruppo di lavoroviene ora trasfuso nel presente progetto, conalcune modifiche e con i ritocchi resi necessa-ri per coordinarlo con le linee del progettostesso. Come è noto, ogni discorso sullaresponsabilità del giudice rischia di risolversiin una esercitazione accademica se non vengo-no risolti, in via preliminare, due problemi.Tradizionalmente, tali questioni vengono esa-minate nel quadro della responsabilità civile,ma, più propriamente, riguardano qualsiasiforma di responsabilità del giudice. Ci siriferisce al c.d. principio di insindacabilità delprovvedimento del giudice ed al problemadella responsabilità collegiale. Il gruppo dilavoro ha affrontato queste problematiche aproposito delle disposizioni generali, sugge-rendo, su entrambi i punti, soluzioni alternati-ve. Rimangono ora da sviluppare le imposta-zioni suggerite con riguardo sia alla responsa-bilità disciplinare, che alla responsabilitàcivile.

Nell'economia del progetto in esame parti-colare rilievo assume la regolamentazioneproposta per la responsabilità civile.

In stretta connessione con le impostazionidelineate nell'art. 3, sono emersi due distintiorientamenti nell'ambito del gruppo di lavoro.Secondo un indirizzo, va affermato il principioche il magistrato è civilmente responsabile,non solo quando abbia agito con dolo, maanche quando, nel compimento' dei suoidoveri professionali, sia a lui imputabile unacolpa grave. L'art. 154 ~ facendo salvo l'art. 3 ~

esclude ogni controllo sul magistrato soltantoin ordine alla sua attività stricto sensu deciso-ria, che si risolva nell'interpretazione e nell'ap-plicazione del diritto.

Nell'estendere la responsabilità civile delmagistrato al di là delle limitate ipotesi oggipreviste negli artt. 55 e 74 c.p.c., si è seguitosoprattutto il modello adottato dal nostroordinamento per i professionisti, la cui attivitàimplica la soluzione di problemi tecnici di

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X LEGISLATURA ~ DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI ~ DOCUMENTI

speciale difficoltà (art. 2236 c.c.). Del resto"anche gli impiegati statali rispondono percolpa grave (art. 23 del D.P.R. 10 gennaio1957, n. 3).

L'azione dolosa o gravemente colposa delmagistrato, peraltro, può essere fonte di re~sponsabilità civile solo se abbia cagionato adaltri (parti in causa o terzi) un danno ingiusto,che non sia riparabile o concretamente non siastato di fatto riparato, nonostante l'eserciziodei normali mezzi di impugnazione. Ne conse~gue che la responsabilità civile del magistratoviene ricollegata, sul piano oggettivo, ad ognilesione di situazioni giuridiche valutabili eco~nomicamente. Tale lesione può verificarsi siaper atti del magistrato (con le limitazioni di cuiall'art. 3 comma 2), sia per le omissioni eritardi dallo stesso posti in essere (diniego digiustizia). Tuttavia non è configurabile respon~sabiIità del giudice se il danno è dovuto al fattodello stesso danneggiato (ad esempio, lamancata proposizione dell'impugnazione) oper motivi casuali (ad esempio, l'imprevidenzadell'avversario ).

Quanto alle omissioni o ai ritardi, si èritenuto di collegare l'obbligo di risarcimentoal solo verificarsi della omissione o del ritardodi un atto dovuto da parte del magistrato,sempre che sussista almeno la colpa gravedello stesso, eliminando così la necessità dellaapposita istanza prescritta dall'art. 55 cpv.c.p.c.. Pur in assenza di precisi dati statistici alriguardo, ma comune esperienza degli opera~tori giudiziari rivela, infatti, che questa disposi~zione normativa ha avuto scarsissima applica~zione, nonostante la frequenza con cui siverifichano ritardi, a volte da qualificareaddirittura irragionevoli.

Diversa è, invece, la soluzione proposta dachi, all'art. 3, ha sostenuto la tesi secondo laquale non è ammesso sindacato alcuno su atticompiuti dal magistrato nell'esercizio dell'atti~vità giudiziaria. Pàrtendo da tale premessa,coerentemente si ritiene che il danno risarcibi~le può riferirsi soltanto a comportamenti chenon si concretino in atti del suo ufficio erispetto ai quali, quindi, non è ipotizzabile unariparazione con i normali mezzi di impugna~zione. Viene pertanto proposta una formula~zione alternativa che fonde i due primi commidell'art. 154 e stabilisce che il magistrato è

civilmente responsabile se, per dolo o colpagrave, cagiona ad altri un danno ingiustosoltanto a seguito di una omissione o di ritardoingiustificati nel compimento degli atti del suoufficio ovvero a seguito di un comportamentoposto in essere solo in occasione dell'eserciziodelle sue funzioni.

L'ultimo comma dell'art. 154 ~ in linea con

l'art. 28 della Carta fondamentale, così comeinterpretato dalla Corte costituzionale nellanota sentenza 14 marzo 1968 n. 2 ~ stabilisce

che la responsabilità civile si estende allo Statonelle stesse ipotesi previste per la responsabiIi~tà personale del magistrato.

È innegabile che, pur con la esclusione diogni controllo sulla interpretazione ed applica~zione del diritto, la configurazione della re~sponsabilità civile del magistrato proposta nelpresente progetto è particolarmente ampia;per qualche aspetto, anche più estesa di quellaprevista per gli impiegati statali, i qualirispondono delle omissioni solo quando que~ste siano seguite da diffida (art. 25 del citoD.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3).

Tale ampiezza, unitamente alla rilevata sotti~gliezza dei confini delimitanti l'ambito diesonero dell'attività giudiziaria da ogni con~trollo extraprocessuale, rendono opportunal'introduzione di un particolare filtro delleazioni proposte contro i magistrati, anche alfine di evitare che essi possano essere conti~nuamente esposti ad attacchi privi di qualsiasifondamanto. È, invero, facile arguire che ilsoccombente in una contesa civile o il condan~nato in sede penale, invocando la responsabili~tà per colpa grave del magistrato, finirebbeassai spesso per tentare di ottenere per tale viaciò che non è riuscito a conseguire con glistrumenti processuali. Ne insorgerebbero azio~ni civili frequenti che, anche per la pubblicitàche spesso si accompagna ad avvenimenti disiffatta natura, produrrebbero sulla magistra~tura e sui singoli giudici effetti negativi, anchequando quelle stesse azioni fossero, a distanzadi tempo, dichiarate infondate.

D'altro lato, occorre, però, scegliere ilmeccanismo più opportuno per evitare che ilfiltro preventivo possa risolversi in una formadi controllo paradisciplinare del magistrato.Storicamente tale filtro' si è finora concentratoin due istituti: un giudizio di delibazione

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X LEGISLATURA~ DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI ~ DOCUMENTI

compiuto dallo stesso giudice competente perl'azione di responsabilità avverso il magistrato(era la scelta operata dal codice di proceduracivile del 1865, art. 785~788), ovvero unprovvedimento amministrativo di autorizzazio~ne (è la soluzione adottata dal c.p.c. del 1942,art. 56). La prima via potrebbe sembrare inastratto la soluzione più idonea, ma rischia dideterminare reazioni di chiusura da partedell'ordine giudiziario, che è soggetto allaricorrente tentazione di assumere il ruolo di«corpo separato». Neppure la seconda soluzio~ne è, del resto, priva di pericoli: la storiainsegna che dietro ogni forma di autorizzazio~,ne vi è l'ombra di un processo disciplinare e diun'interferenza politica. Tuttavia, se la compe~tenza a concedere l'autorizzazione viene tra~sferita dall'autorità politica al Consiglio supe~riore della magistratura, che è il supremogarante dell'autonomia e indipendeza dei giu~dici, i pericoli segnalati vengono ad attenuarsi.Del resto, tale spostamento di competenzafavorisce un efficace coordinamento tra ilgiudizio civile e l'eventuale giudizio disciplina~re, che ha assunto la nuova funzione sopradelineata. D'altro lato, tale soluzione nonincide sulla pG~iZlOne di chi si pretendedanneggiato: anche il diniego dell'autorizza~zione è, infatti, impugnabile avanti alla giuri~sdizione amministrativa.

Contro tale istituto, si è fatto, peraltro,osservare che non militano soltanto ragioni diopportunità politica, ma molteplici perplessitàdi ordine giuridico costituzionale. Anzituttoper il vulnus che esso reca al principio dieguaglianza fra tutti i cittadini, derogabile soloin base ad altra norma di efficacia formalmen~te costituzionale. In secondo luogo, per ilcontrasto che verrebbe a determinarsi rispettoall'art. 107, terzo comma, Cost., aprendosi lastrada a distinzioni fra magistrati che discen~dono dall'uso, dal non uso e dal modo in cuiconcretamente si svolga l'uso dell'anzidettapotestà di autorizzazione da parte del Consigliosuperiore. Al contrario, la ricordata disposizio~ne costituzionale non tollera altre differenzia~zioni che non siano quelle riconducibili alladiversità delle funzioni o che non sianotestualmente consentite da altre disposizionidella Costituzione (assegnazioni di sedi o difunzioni, trasferimenti, promozioni e provvedi~menti disciplinari). In alternativa quindi una

parte del gruppo di lavoro ha proposto lasoppressione del corrispondente articolato.

Poichè indubbiamente la previsione di unfiltro alla proposizione della domanda diresponsabilità civile contro il magistrato costi-tuisce un limite alla tutela riconosciuta aidanneggiati, a coloro che hanno optato perl'autorizzazione del Consiglio superiore è,comunque, apparso opportuno' ridurre il piùpossibile l'operatività di tale limite. In partico-lare, si è stabilito che l'autorizzazione non èpiù operante quando chi si assume dannegiatonon chiami in giudizio il magistrato, ma facciavalere, per lo stesso fatto, la responsabilitàcivile dello Stato. In tal modo, ai cittadini èfacilitata la possibilità di essere risarciti deidanni che siano stati arrecati ai loro diritti dacomportamenti gravemente colposi dei magi-strati.

Naturalmente, questi ultimi ~ secondo i

principi generali del nostro ordinamento ~

saranno tenuti a rivalere lo Stato delle sommeche questo abbia dovuto versare ai danneggia-ti. L'art. 158 rinvia all'art. 52 del t.U. 12 luglio1934, n. 1214, che sottopone l'azione di rivalsadello Stato alla giurisdizione della Corte deiconti.

Anche per l'esercizio dell'azione di rivalsa,da parte del procuratore generale della Cortedei conti, è prevista la necessità dell'autorizza~zione del Consiglio superiore della magistratu-ra, al fine di parificare la situazione delmagistrato che sia stato chiamato direttamentein giudizio dal presunto danneggiato rispettoal magistrato per il cui comportamento siastata, invece, invocata la sola responsabilitàdello Stato. È, peraltro, innegabile che buonaparte delle ragioni per cui è prevista la primaautorizzazione più non sussistono nella secon~da ipotesi in cui ~ avendo lo Stato effettuato ilrisarcimento del danno ~ è stata riconosciuta

fondata la pretesa del danneggiato. Ma, anchein quest'ultima ipotesi, la previsione dell'auto~rizzazione del Consiglio superiore della magi~stratura può svolgere una utile funzione inparticolari situazioni (ad esempio, magistratiche siano stati non appropriatamente difesi nelgiudizio civile proposto contro l'amministra~zione).

Per evitare che l'istituto della responsabilitàcivile possa esser utilizzato come stumento direpressione sul magistrato, sono stati, infine,

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previsti, dagli artt. 156, 157 e 158, termini didecadenza ragionevolmente brevi per la pro~posizione sia dell'istanza di autorizzazione, sia,successivamente, della stessa domanda di re~sponsabilità.

Disposizioni finali e di coordinamento. ~Nelle disposizioni finali e di coordinamento ècontenuto l'art. 160 che, quale disposizione dichiusura, subordinata l'applicabilità delle di~sposizioni sugli impiegati civili dello Stato allanon contrarietà delle stesse alla presentelegge. La differenza tra tale disposizione e l'art.276 del vigente ordinamento giudiziario è statagià sottolineata (cfr. supra, 9 8 n. 1).

L'art. 161 rinvia ad un successivo D.P.R. ladeterminazione delle piante organiche, e l'art.162 prevede le modalità per l'emanazionedelle disposizoni di attuazione.

L'art. 163 concerne, infine, l'abrogazionedelle disposizioni incompatibili. Si segnala, inparticolare, l'abrogazione del comma 2 del~l'art. 328 c.p., con la conseguente parificazio~ne della responsabilità penale del magistrato aquella di tutti gli altri pubblici ufficiali.

b) Il testo:

SOMMARIO:I. Disposizioni generali; IL Il magi~strato professionale; 1. ~ La formazione; 2. ~ La

funzione di merito; 3. ~ La funzione dilegittimità; 4. ~ La funzione requirente; 5.' ~ La

funzione organizziva; 6. ~ Diritti e doveri dei

magistrati; III. Il magistrato onorario; .1. ~ Il

giudice onorario; 2. ~ La conciliazione; IV. La

responsabilità del magistrato; 1. ~ La responsa~

bilità disciplinare; 2. ~ Il processo disciplinare;

3. ~ La responsabilità civile; V. Disposizioni

finali e di coordinamento.

(... Omissis ...)

Art.3.

'(Limite alla responsabilità del magistrato)

Ferma l'applicazione delle disposizioni delcodice penale, il magistrato è responsabile pergli illeciti previsti dalla parte IV del presenteordinamento.

Il magistrato non risponde, nè in sede civile,nè in sede disciplinare, per l'interpretazione

ed applicazione del diritto compiuta nell'eser~cizio dell'attività giudiziaria.

Il magistrato non risponde, nè in sede civile,nè in sede disciplinare, per le richieste formu~late o i provvedimenti adottati nell'eserciziodelle sue funzioni.

(... Omissis ...)

Art. S.

(Voto separato)

I componenti dei collegi giudicanti, che nonconcordino con la decisione della maggioran~za, hanno facoltà di far risultare il proprio.dissenso, con le modalità stabilite dall'art. 41della presente legge.

(... Omissis ...)

Art. 41.

(Giudizio collegiale)

Il presidente del collegio, qualora nonriservi a se stesso una di tali funzioni, designa,rispettivamente, il relatore ed il controrelato~re, sia nelle cause civili che in quelle penali.

Il giudice che voglia far risultare il suo votoseparato, ai sensi dell'art. 5 della presentelegge, deve motivare per iscritto il propriodissenso. La documentazione relativa vieneacquisita agli atti dell'ufficio in plico sigillatoportante le firme del presidente del collegio edel cancelliere.

Il Consiglio superiore della magistratura,qualora ricorrano giustificati motivi, autorizzal'apertura del plico.

(... Omissis ...)

TITOLOIII

LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Art. 154.

(La responsabilità civile del magistratoe dello Stato)

Fermo il disposto di cui all'art. 3, il magistra~to è civilmente responsabile se, per effetto di

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un comportamento posto in essere nell'eserci~zio delle attribuzioni conferitegli dalle leggi odai regolamenti, cagiona ad altri con dolo ocolpa grave un danno ingiusto, non riparabileo concretamente non riparato nonostantel'esercizio dei mezzi di impugnazione.

Fermo il disposto di cui all'art. 3, il magistra~to è civilmente responsabile se, per effetto diun comportamento posto in essere in occasio~ne dell'esercizio delle attribuzioni conferite glidalle leggi o dai regolamenti, ovvero pereffetto di una omissione o di ritardo ingiustifi~cato nel compimento di atti del suo ufficio,cagiona ad altri, con dolo o colpa grave, undanno ingiusto.

Il magistrato è civilmente responsabile an~che se, per effetto di omissione o di ritardo nelcompimento di un atto o di una operazione delsuo ufficio, cagiona ad altri un danno ingiustocon dolo o colpa grave.

Nelle stesse ipotesi la responsabilità civile siestende allo Stato.

Art. 155.

(Autorizzazione preventiva)

Senza l'autorizzazione del Consiglio superio~re della magistratura il magistrato non puòessere citato in giudizio, nè chiamato in cau~sa.

L'autorizzazione non è richiesta nè per lacostituzion,e di parte civile nel processo pena~le, nè per l'inizio dell'azione civile in seguito acondanna penale.

Art. 156.

(Istanza di autorizzazione)

L'istanza di autorizzazione, adeguatamentedocumentata, deve essere proposta, a pena didecadenza, entro sei mesi dalla conoscenza delfatto che si assume lesivo, al Consiglio superio~re della magistratura.

Qualora sia pendente giudizio in ordine alfatto che si assume lesivo, l'istanza di autoriz~zazione non può essere proposta prima chedetto giudizio sia stato definito con sentenzapassata in giudicato. In tale ipotesi il termine

di cui al comma precedente decorre dalpassaggio in giudicato della sentenza.

Copia della istanza è inviata al Ministro digrazia e giustizia, che esprime il proprio pareremotivato al Consiglio superiore della magistra~tura, ed al magistrato, che può prenderevisione degli atti e presentare deduzioni.

Nel caso in cui il Ministro, in relazione alfatto riferito nell'istanza, ritenga di promuove~re l'azione disciplinare, ne dà comunicazioneal Consiglio superiore della magistratura chepotrà provvedere sulla stessa, solo dopo laconclusione del giudizio disciplinare.

La disposizione di cui al comma precedentesi applica anche se, per il fatto cui si riferiscel'istanza di autorizzazione, già pende procedi~mento disciplinare.

Qualora il Consiglio superiore della magi~stratura non provveda entro sei mesi dallaistanza, l'autorizzazione s'intende concessa.

Art. 157.

(Decadenza dell' azione civile)

L'azione civile deve essere proposta, a penadi decadenza, entro sei mesi dalla data in cui èstato comunicato il provvedimento che conce~de l'autorizzazione o dalla scadenza del termi~ne indicato dall'art. 156, ultimo comma,ovvero, nell'ipotesi prevista dal secondo com~ma dell'art. 155, entro un anno dal passaggioin giudicato della sentenza penale di condan~na.

Art. 158.

(Azione di rivalsa dello Stato)

L'Amministrazione dello Stato che abbiarisarcito il danno cagionato dal magistrato sirivale agendo nei confronti di questo ultimo, anorma dell'art. 52 del t.U. 12 luglio 1934,n. 1214.

L'esercizio dell'azione da parte del procura~tore generale della Corte dei conti è subordi~nato all'autorizzazione del Consiglio superioredella magistratura, salvo che nell'ipotesi di cuial secondo comma dell'art. 155.

L'istanza di autorizzazione deve essere pro~

Atti parlamentari ~ 51 ~ 748, 434, 469, 483, 573, 628, 757, 758 e 766.A/bis

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posta entro tre mesi dal momento in cui èavvenuto il risarcimento del danno da partedell' Amministrazione. Se il Consiglio superio~re della magistratura non provvede entro seimesi dalla istanza, l'autorizzazione si intendeconcessa. Per il provvedimento del Consigliosuperiore non è richiesto il parere del Ministrodi grazia e giustizia.

Se pende processo disciplinare, l'autorizza~zione può essere concessa solo dopo the siadivenuta irrevocabile la relativa decisione, edallo stesso momento decorre il termine di seimesi per gli effetti indicati dal comma prece~dente.

TITOLO IV

LA RESPONSABILITÀDEL PUBBLICO MINISTERO

Art. 159.

(Estensione delle norme al pubblico ministero)

Le disposizioni contenute nei titoli cheprecedono si applicano, in quanto compatibili,anche ai magistrati del pubblico ministero.

n n

*

SILVANO TOSI: LA RESPONSABILITÀ CIVILE DEL MAGI~

STRATO

Ricerca per il convegno «Quale responsabilitàdel magistrato? Aspetti costituzionali, civili,penali ed amministrativi. Prospettive diriforma» 19~20 settembre 1980 ~ Roma

a) L'intervento nel dibattito:

La responsabilità civile del pubblici dipen~denti: i pubblici funzionari. ~ L'articolo 28 della

Costituzione statu!~ce che i pubblici dipenden~ti «sono direttame~te responsabili» non solosecondo le leggi penali ma anche secondo leleggi civili «degli atti compiuti in violazione didiritti». In ottemperanza al dettato costituzio~naie, .l'articolo 22 del decreto del Presidentedella Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 (testounico delle disposizioni concernenti lo statuto

degli impiegati civili dello Stato) dispone che«l'impiegato che, nell'esercizio delle attribu~zioni ad esso conferite dalle leggi e dairegolamenti, cagioni ad altri un danno ingiu~sto... è personalmente obbligato a risarcirlo».A sua volta, l'articolo 23 precisa che «è dannoingiusto, agli effetti previsti dall'articolo 22,quello derivante da ogni violazione dei dirittidei terzi che l'impiegato abbia commesso perdolo o per colpa grave».

L'impiegato dello Stato è dunque responsa~bile dei .danni cagionati a terzi solo quando liabbia provocati con dolo o con colpa grave;intendendosi per dolo la coscienza e volontàdell'evento dannoso come conseguenza dellapropria azione od omissione, e per colpa gravela mancata osservanza da parte dell'agentedelle regole minime di diligenza generalmenteosservate.

Secondo alcuni la norma sarebbe costituzio~nalmente illegittima, in quanto la limitazionedella responsabilità civile rispetto a quellasancita dalle norme comuni (per le quali laresponsabilità si estende anche alle ipotesi dicolpa semplici), si troverebbe in contrasto conl'articolo 28 della Costituzione. La disposizio~ne costituzionale, essi sostengono, fu dettata atutela dei cittadini contro l'illecito civile deipubblici funzionari, nell'intento di sollecitareil senso di legalità e di diligenza in coloro cheoperano per conto della pubblica amministra~zione. Ne conseguirebbe che il richiamo alleleggi civili dovrebbe essere inteso come unasolenne riaffermazione del principio per cui ipubblici dipendenti sono responsabili deidanni cagionati ai diritti dei terzi secondo lenorme comuni e quindi ogni volta che cagioni~no un evento dannoso, per dolo o per colpaanche semplice (così come è disposto per tuttii soggetti dall'articolo 2043 del codice civile).

Altri autori hanno invece sostenuto chel'articolo 28 della Costituzione non esclude lapossibilità che ,per la responsabilità dei pub~blici dipendenti o di particolari categorie didipendenti, vengano introdotte dalle leggiregole particolari e diverse rispetto ai principicomuni vigenti in materia di responsabilità;ciò perchè il richiamo alle leggi civili contenu~to nell'articolo 28, starebbe a significare che ipubblici dipendenti sono, sì, responsabili deidanni cagionati a terzi, ma secondo regole ad

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essi proprie, quelle cioè che specificamente liriguardino. Per i dipendenti pubblici, perciò, iprincipi comuni in materia di responsabilitàsarebbero operanti soltanto se e fino a quandonon vengano formulate, per essi o per talunecategorie di essi, disposizioni diverse.

È stata questa seconda tesi, come è noto,quella che ha accolto la Corte costituzionalenella sentenza n.2 del 14 marzo 1968, nellaquale si legge che l'articolo 28 della Costituzio~ne afferma a proposito di tutti i pubblicidipendenti «un principio generale che da unaparte li rende personalmente responsabili, madall'altra non esclude, poichè la norma rinviaalle leggi ordinarie, che codesta responsabilitàsia disciplinata variamente per categorie e persituazionÌ». In conseguenza di questa sentenzacostituzionale, il principio della limitazionedella responsabilità degli impiegati dello Statoai casi di dolo e di colpa grave è divenuto cosìun principio di diritto vigente, cui normalmen~te si attengono le decisioni giudiziarie e laprassi applicativa.

Va detto peraltro che le regole dettate daipiù volte citati articoli n. 22 e 23 della leggedel 1957 non si applicano ai dipendenti deglienti pubblici diversi dallo Stato e non siapplicano nemmeno a tutti gli impiegati delloStato, in quanto non sono riferibili al persona~le militare e a quello insegnante, e in quanto,per la magistratura, valgono, come si vedrà,regole diverse e particolari.

Lo stesso articolo 28 della Costituzione,dopo avere affermato la responsabilità direttadei pubblici dipendenti, aggiunge che «in talicasi la responsabilità civile si estende alloStato e agli enti pubblici».

Viene così solennemente ribadito il princi~pio, d'altronde già recepito dal nostro ordina~mento prima della Costituzione, per cui lapubblica amministrazione è direttamente re~sponsabile per i fatti illeciti dei suoi dipenden~ti. Per la sussistenza della responsabilità civiledella pubblica amministrazione, è sufficienteche l'attività dannosa del dipendente risultisvolta nell'ambito delle attribuzioni dell'ufficioo de! servizio al quale il dipendente è addetto.Soltanto nell'ipotesi in cui il dipendente siamosso da un fine strettamente personale edegoistico, la responsabilità della pubblica am~ministrazione è esclusa. In tutti gli altri casi,

l'amministrazione è invece responsabile, e ciòanche se il dipendente abbia agito con dolo oper colpa semplice.

In questi casi, pertanto, il danneggiato puòchiedere il risarcimento alternativamente econgiuntamente, ma non cumulativamente,tanto al pubblico dipendente, quanto allapubblica amministrazione.

Quest'ultima, d'altra parte, quando abbiarisarcito il danno, ha diritto di rivalersi neiconfronti del dipendente a certe condizioni esecondo regole determinate (articoli 22, 1.8 e19 della legge n. 10 del 1957).

La responsabilità dei magistrati. ~ Nella suadecisione del 1968, la Corte costituzionale hachiarito che anche i magistrati sono destinataridell'articolo 28 della Costituzione e che ancheessi sono pertanto direttamente e personal~mente responsabili dei danni ingiusti cagionatia terzi: ciò in quanto ~ ha statuito la Corte ~

«l'autonomia e l'indipendenza della magistra~tura e del giudice ovviamente non pongonol'una al di là dello Stato, nè l'altro fuoridell'organizzazione statale».

D'altra parte l'articolo 55 del codice diprocedura civile dispone che: «il giudice ècivilmente responsabile soltanto: 1) quandonell'esercizio delle sue funzioni è imputabile eper dolo, frode o concussione; 2) quandosenza giusto motivo rifiuta omette o ritarda diprovvedere sulle domande o istanze delle partie, in generale, di compiere un'atto del suoministero». Quest'ultima ipotesi però si inten~de avverata, così come stabilisce l'ultimocomma dell'articolo 55, solo quando la parteha depositato in cancelleria istanza al giudiceper ottenere il provvedimento o l'atto, e sonodecorsi inutilmente dieci giorni dal deposito.L'articolo 74 del codice di procedura civileprecisa poi che «le norme sulla responsabilitàdel giudice e sull'esercizio dell'azione relativasi applicano anche ai magistrati del pubblicoministero che intervengoIlP~~nel processo civi~le, quando nell'esercizio delle loro funzionisono imputabili di dolo, frode o concussione».Il dolo si ravvisa nella violazione cosciente diun obbligo di ufficio, la frode consiste nel~l'operare deliberatamente in contrasto con lalegge, non in modo palese ma con artifici edinganni, la concussione infine è il reato

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previsto dall'articolo 317 del codice penale,nel quale incorre il pubblico ufficiale che,abusando delle sue funzioni, costringe oinduce tal uno a dare o a promettere indebita~mente a lui o ad un terzo, denaro o altra utilità.La legge non parla invece della corruzione(articolo 318 codice penale) ma essa rientranella ipotesi generica del dolo.

La disposizione sul pubblico ministero èstata diversamente interpretata, sostenendoalcuni che essa non deve estendersi al pubbli~co ministero agente ed a quello che intervienenei giudizi che avrebbe potuto promuo'vere, eritenendo altri che la norma va applicata tantoal caso di pubblico ministero agente (articolo69 codice procedura civile) quanto a quello dipubblico ministero interveniente (articolo 70,n. 1~5).

L'opinione che limita l'ambito applicativodell'articolo 74 viene dai primi giudicata inlinea con il nostro sistema processuale secon~do il quale il pubblico ministero che agisce ingiudizio e che interviene nelle cause cheavrebbe potuto proporre ha gli stessi poteriche competono alle parti e li esercita nelleforme che la legge stabilisce per queste ultime(articolo 72 codice procedura civile). Pertanto,la normativa predisposta per regolare la re~sponsabilità del giudice, cioè di un organoimparziale e al disopra dei contendenti, nonsarebbe adeguata a regolare la posizione delpubblico ministero quando tale posizione èassimilabile sul piano processuale a quelladelle parti, mentre la stessa normativa puòestendersi a quei casi in cui il pubblicoministero interviene in giudizio, come rappre~sentante del pubblico interesse in una contro~versia vertente tra altri. Poichè l'articolo 74non ha richiamato la seconda ipotesi dell'arti~colo 55 va inoltre esclusa la responsabilitàcivile del pubblico ministero per omissione diatti di ufficio. Tale esclusione si giustifichereb~be con l'impersonalità dell'ufficio e con laconseguente impossibilità di individuare unaresponsabilità che può essere collettiva.

Le due norme furono impugnate per illegitti~mità costituzionale, ma con la sentenza n. 2del 1968 la Corte costituzionale le ha ritenutelegittime, considerando che la singolarità dellafunzione giurisdizionale, la natura dei provve~dimenti giudiziari e la stessa posizione della

magistratura sono motivo sufficiente a giustifi~care sul piano costituzionale la limitazione

.

della responsabilità dei magistrati. Tale re~sponsabilità pertanto, allo stato dell'ordina~mento, deve ritenersi regolata ai sensi dellesuddette disposizioni degli articoli 55 e 74 delcodice di procedura civile.

Le due norme, anche se sono inserite nelcodice di procedura civile vengono comune~mente considerate applicabili non solo aimagistrati civili ma a tutti indistintamente imagistrati, e quindi anche ai magistrati penali,giudicanti e del pubblico ministero.

In base alle due disposizioni, dunque, imagistrati possono essere chiamati a risponde~re personalmente delle conseguenze dannosedei loro comportamenti, solamente quandoabbiano agito con dolo, ma non anche quandoabbiano agito con colpa, sia pure grave. Infattil'articolo 55 tratta, al numero 1, di «dolo, frodeo concussione», e cioè di comportamenticoscientemente diretti a produrre un eventodannoso; mentre a sua volta il n. 2 dell'artico~lo 55 si riferisce a comportamenti omissivi,che per essere rilevanti debbono essere ancheessi intenzionali, posto che la stessa normarichiede la duplice condizione di una preventi~va diffida a provvedere e dell'inutile successi~vo decorso di un termine di dieci giorni.

Infine, da ricordare che per la perseguibilitàdei magistrati circa la responsabilità civilefissata a loro carico dalla legge, l'articolo 56del codice di procedura civile (applicabile, peril richiamo dell'articolo 74, anche ai magistratidel pubblico ministero), stabilisce che «ladomanda per la dichiarazione di responsabilitàdel giudice non può essere proposta senza laautorizzazione del Ministro di grazia e giusti~zia». La legge subordina cioè l'azione civile neiconfronti dei magistrati alla preventiva auto~rizzazione del potere esecutivo; e ciò a diffe~renza di quanto avviene per gli altri dipendentipubblici, per i quali invece non esiste nessunacondizione del genere. L'autorizzazione peral~tro non è necessaria nemmeno nei confrontidei magistrati, «in' caso di costituzione di partecivile nel processo penale o di azione civile inseguito a condanna penale» (articolo 56 codi~ce di procedura civile).

L'articolo 56, proprio perchè subordinaall'autorizzazione del Ministro l'azione civile

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contro i magistrati, è ritenuto prevalentemen~te dalla dottrina. costituzionalmente illegitti~mo, per contrasto con l'articolo 28 e anchecon l'articolo 24 della Costituzione. Da segna~lare al riguardo che con ordinanza del 31gennaio 1977 (pubblicata nella Gazzetta Uffi~ciale n. 233 del 1977), il tribunale di Napoli hasollevato questioni di legittimità costituzionaledell'articolo 56 del codice di procedura civile,appunto in riferimento ai citati articoli dellaCostituzione.

Nella sua ordinanza, il tribunale rileva chel'articolo 56 viola l'articolo 24, primo comma,in quanto fa dipendere dall'apprezzamentodiscrezionale del Ministro l'esercizio del pote~re, che la norma costituzionale riconosceincondizionatamente a tutti, di agire in giudi~zio per la tutela dei propri diritti e interessilegittimi; e viola altresì l'articolo 28, in quantocontrasta con il principio con esso affermatodella diretta responsabilità civile dei pubblicidipendenti e quindi anche dei magistrati.L'ordinanza, tuttavia, evoca l'esigenza di unagaranzia (diversa dall'autorizzazione del Mini~stro) che comporti la deliberazione della nontemerarietà dell'azione proposta contro il ma~gistrato.

La Corte costituzionale non si è ancorapronunciata sulla questione.

Secondo quanto ha ripetuto la giurispruden~za costituzionale nella citata sentenza, va daultimo ricordato che anche lo Stato è respon~sabile civilmente, in via diretta, per le conse~guenze dannose degli atti e delle omissioni dicui i magistrati devono personalmente rispon~dere a norma degli articoli 55 e 74 del codicedi procedura civile.

La sentenza costituzionale n. 2 del 14 marzo1968. ~ Tutte le questioni di legittimità (e in

buona misura anche quelle di opportunità)che solleva la normativa vigente in tema diresponsabilità civile del magistrato nel dibatti~to dottrinale e politico, i problemi emergentidalle verifiche di effettività che essa comporta,gli stessi spunti ricostruttivi in vista di unanuova disciplina dell'istituto, vanno posti araffronto con i criteri adottati dalla Cortecostituzionale. Agli stessi fini di concretaredditività della presente ricerca, è perciòindispensabile, dopo l'indicazione delle fonti

normative che regolano la materia, procederead una adeguata illustrazione di quella pro~nuncia poi dando conto succintamente dellecritiche cui ha dato luogo.

Si riporta la sintesi della sentenza comeapparve in Giur. cost. 1968.

«L'art. 28 Cost., il quale dichiara responsabi~li della violazione di diritti soggettivi tanto i"funzionari" e "dipendenti" quanto lo Stato, haad oggetto non solo l'attività degli ufficiamministrativi, ma anche quella degli ufficigiudiziari. Non giova invocare, in contrario,l'autonomia e l'indipendenza della magistratu~ra e del giudice che non pongono l'una al di làdello Stato, quasi legibus saluta, nè l'altri fuoridella organizzazione statale. Il magistrato è, edeve essere, indipendente da poteri o dainteressi estranei alla giurisdizione, ma questaè funzione statale ed i giudici, esercitando la,svolgono attività abituale al servizio dello Statotanto che la Costituzione li ricorda assieme aipubblici impiegati e numerose leggi scritte perquesti valgono anche per quelli. L'art. 28,come risulta da affermazioni ripetute lungo ilsuo procedimento formativo, ha inteso esten~dere a quanti agiscono per lo Stato quellaresponsabilità personale che prima era espres~samente prevista solo per alcuni di loro(giudici, cancellieri, conservatori di registriimmobiliari) accomunando funzionari e di~pendenti in una stessa proporzione normativaed affermando un principio valevole per tutticoloro che, sia pure magistrati, svolganoattività statale rendendoli personamente re~sponsabili, ma non escludendo, attraverso ilrinvio alla legge ordinaria, che tale responsabi~lità sia disciplinata per categorie o per situazio~ni. La singolarità della funzione giurisdiziona~le, la natura dei provvedimenti giudiziali, lastessa posizione super partes del magistrato,possono suggerire condizioni e limiti alla suaresponsabilità, ma non sono tali da legittimareper ipotesi, una negazione totale che violereb~be apertamente quel principio e peccherebbedi irragionevolezza sia di per sè (art. 28 Cost.),sia nel confronto con l'imputabilità dei pubbli~ci impiegati.

La responsabilità dello Stato si accompagnaa quella dei "funzionari" e "dipendenti" nel~l'art. 28 Cost. e nei principi della legislazione

, ordinaria, dimodochè una legge che negasse al

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cittadino danneggiato dal giudice qualunquepretesa verso l'amministrazone statale sarebbecontraria a giustizia in un ordinamento che,anche a livello costituzionale, dà azione alme-no alle vittime dell'attività amministrativa.

Non è fondata la questione di legittimitàcostituzionale degli articoli 55 e 74 cod. proc.civ. sulla responsabilità del giudice e delpubblico ministero in riferimento all'art. 28Cost.. Tale norma, affermando un principiogenerale, valevole anche per i magistrati, lirende personalmente responsabili senza esclu-dere,. mediante il rinvio, alle leggi ordinarie,

una disciplina, diversa per categorie o persituazioni, quale quella dettata dai citati artt.55 e 74 che non comportano una negazionetotale ~ e come tale illegittima ~ della

responsabilità stessa. Gli artt. 55 e 74 citt. se,nei riguardi dello Stato, non accordassero maial terzo l'azione di risarcimento, violerebberosicuramente l'art. 28 Cost.; nè il vuoto di tutelasarebbe colmato dalla legislazione relativa aglierrori giudiziari, che copre un'area diversa, esi fonda su presupposti differenti. Ma ilcontrasto con la norma costituzionale nonsussiste perchè l'apparente silenzio, malgradoun diverso indirizzo interpretativo, non signifi-ca esclusione della responsabilità dello Stato.Come gli artt. 22 e 23 del D.P.R. 10 gennaio1957, n. 3, che prevedono la responsabilitàdell'impiegato entro i limiti del dolo e dellacolpa grave, non hanno precluso alla giuri-sprudenza di riconoscere la responsabilitàstatale al di là della colpa grave o addirituradella colpa, che, pur non essendo affermatanei suddetti articoli, non viene nemmenonegata; analogamente le norme impugnatenon contengono un precetto che esclude deltutto la responsabilità dello Stato. Questaesclusione totale potrebbe ricavarsi, semmai,non dagli artt. 55 e 74 cod. proc. civ., ma daaltre norme e principii dell'ordinamento. Mapoichè, proprio in virtù dell'articolo 28 Cost.,là dove è responsabile il funzionario o dipen-dente, lo sarà negli stessi limiti lo Stato, epoichè questo è il modello sul quale occorreormai interpretare le due norme denunziate,in esse dovrà leggersi anche la responsabilitàdello Stato per gli atti o le omissioni di cuirisponde il giudice nell'esercizio del suoministero (art. 55 cod. proc. civ.). Quanto alle

altre violazioni di diritti soggettivi, ClOe aidanni cagionati dal giudice per colpa grave olieve, o senza colpa, il diritto al risarcimentonei confronti dello Stato non trova garanzianel precetto costituzionale, ma niente impedi-sce alla giurisprudenza di trarlo, eventualmen-te, da norme o principi contenuti in leggiordinarie (se esistono).

Ai fini dell'azione di responsabilità neiconfronti dello Stato ex art. 28 Cost., relativaall'attività di magistrati, non è necessarial'autorizzazione richiesta per l'esercizio dellamedesima azione nei confronti del giudiceovvero del pubblico ministero. Un giudizio dicostituzionalità riguardante la suddetta auto-rizzazione è da ritenersi pertanto irrilevante inuna causa nella quale si contende dellaresponsabilità dello Stato e non di quella delgiudice".

Una prima stringente critica alla sentenzaveniva argomentata da Casetta subito dopo lasua pubblicazione, sotto il titolo significativo:«la responsabilità dei funzionari e dei dipen-denti pubblici: una illusione del costituente?».«In definitiva ~ osserva il Casetta ~ sembra

dato cogliere, nel ragionamento della Corte,anche attraverso testuali espressioni contenutenella motivazione, un punto fondamentale: seuna norma relativa alla responsabilità di unpubblico funzionario o dipendente non "negatotalmente" la sua responsabilità e non "esclu-de del tutto" quella dello Stato (ma il discorsopuò valere per ogni altro ente pubblico), lanorma è conforme a Costituzione. Non sembraqui il caso di discutere se una norma ~ nelcaso l'art. 55 c.p.c. ~ la quale chiaramente era

indirizzata ad escludere la responsabilità delloStato, potesse essere senz'altro assunta dallaCorte in una interpretazione diametralmenteopposta, nonostante fosse consapevole deldifforme costante indirizzo interpretativo, an-cora di recente autorevolmente ribadito. Ilnocciolo della questione sta, a nostro avviso,nella tesi, per vero enunciata, ma non dimo-strata, che non contrasta con l'art. 28 Cost. lalegge ordinaria la quale disciplini, in mododifforme per categorie o situazioni, la respon-sabilità dei pubblici dipendenti, perchè l'art.28 rinvia appunto alle leggi ordinarie. In altritermini una corretta lettura dell'art. 28 nonconsente di ritenere che esso non solo non

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contenga la disciplina dell'illecito civile, manemmeno fornisca alcun criterio per integrar~la, rimettendola in toto, salvo che per lalesione del diritto soggettivo, al legislatoreordinario. Certo è agevole obiettare, com'èstàto fatto, che il rinvio alle leggi amministrati~ve male si amalgama con le altre previsionidell'art. 28. Ma è pur avvertibile che questoarticolo è stato introdotto, come chiaramenteemerge dalla sua origine e dal suo dettato, atutela dei cittadini contro l'illecito civile deifunzionari, in ordine al quale è di imprescindi~bile rilevanza la lesione del diritto, mentre lanorma penale od amministrativa non è postain modo precipuo per la tutela di interessiprivati, ma in vista dell'immediata realizzazio~ne dell'interesse pubblico: onde o si arriva asostenere non accettabilmente che l'atto com~piuto in violazione di diritti costituisce ad untempo illecito penale, civile ed amministrati~va, o è necessario credere che il richiamo alleleggi ordinarie miri a riaffermare s,olennemen~te che la responsabilità civile non escludequella penale ed amministrativa ove il fatto delfunzionamento si presenti come illecito ancheai sensi delle leggi penali od amministrative.La terza via, quella seguita dalla Corte, è la piùpericolosa e probabilmente dissonante, se nondalla lettera, dalla ratio, che ispira l'art. 28,notoriamente rivolto al fine di rendere ifunzionari più solerti nell'adempimento deiloro doveri. Percorrendo fino in fondo talestrada, come conseguenziillmente fa la Corte,si arriva al risultato di rimettere al beneplacitodel legislatore ordinario di stabilire quanto ilfunzionario risponderà e quando no, ossia,inevitabilmente, ad una progressiva modifica~zione della fattispecie di illecito a tutto suovantaggio e a danno del terzo leso. Basterà nongiungere ad una "negazione totale", e sarannomagari salvi il principio di ragionevolezza e ilprincipio di uguaglianza con gli altri pubbliciimpiegati, specie poi se verrà esteso a tutti untrattamento preferenziale. Ma non sarà salvo ilprincipio di uguaglianza con gli altri soggetti,nei cui confronti la legge ordinaria disciplina~trice della responsabilità dei funzionari edipendenti potrà instaurare di fronte a com~portamenti del tutto identici dei veri e propriprivilegi, tanto più quando sarà sufficienteutilizzare i normali criteri nell'accertamento

della colpa, ossia della violazione delle regoledettate dal diritto o dall' esperienza nella cuiviolazione la colpa consiste, per evitare ognieccessivo rigore nei confronti di attività chepresentino particolare delicatezza o ragguar~devoli difficoltà tecniche».

Casetta individuava, da ultimo, alcune con~seguenze negative della sentenza proprio intema di responsabilità civile del magistrato,avviando rilievi che sono tuttora al centrodella discussione su tale materia. «Nel caso deimagistrati ~ egli notava ~ la natura della

funzione da essi esercitata avrà comunqueconseguenze di rilievo, anche senza discostarsidai principi comuni, riguardo alla loro respon~sabilità. Allorchè, vengano in considerazionesentenze passate in giudicato soltanto la sen~tenza di condanna del giudice, ad esempio exart. 323 c.p., consentendo la revocazione dellasentenza civile (art. 395, n.6 c.p.c.) o larevisione di quella penale (art. 554, n. 4 c.p.p.),permetterà di configurare un'ipotesi di respon~sabilità civile, a essa non potrà mai fondarsisulla semplice colpa, perchè il reato di cuiall'art. 323 c.p. richiede il dolo quale elementocostitutivo. Così ben raramente si farà luogo aresponsabilità civile anche in caso di sentenzesuscettibili di impugnativa, mancando qui ildanno, in genere neppur venuto ad esistenzacol venir meno della sentenza riformata e nonprecedentemente seguita.

Invece quale ragione d'essere hanno lelimitazioni poste dall'art. 53 n.2 c.p.c. allaresponsabilità del giudice in procedendo? Quiveramente la sottrazione del giudice a respon~sabilità in tutte le verificabili ipotesi noncontemplate in tale non esauriente disposizio~ne di legge appare "non ragionevole" e quindi,anche sulla base degli enunciati della Corte,non conforme all'art. 28 Cost.; ma, purtroppo,una indagine del genere è stata completamen~te omessa».

Il vero è che la Corte costituzionale non hacharita i motivi che, legittimando la graduazio~ne della responsabilità per categorie e funzio~ni, giustifichino nei singoli casi discriminazio~ni sia tra categorie di organi che tra categoriedi cittadini posti di fronte a comportamentipotenzialmente analoghi. La possibile diversifi~cazione soggettiva ed oggettiva delle ipotesi edei limiti della responsabilità dovrebbe trovare

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la propria giustificazione nel principio diragionevolezza sia per quanto riguarda ilprofilo del trattamento giuridico delle variecategorie di dipendenti, sia in ordine al profilodella eguaglianza sostanziale e processualegarantita a tutti i cittadini. Ha rilevato G. Volpeche il parametro generale, su cui innestareeventualmente giustificati meccanismi e fatti~specie derogatorie di responsabilità, va indivi~duato nelle leggi civili di diritto comune etalora in principi comuni a tutto il settoredell'impiego pubblico, non già nella positivadisciplina particolare contenuta in leggi valideper singole categorie o speciali situazioni.

Non è possibile negare che «il conferimentoal legislatore del potere di graduare ad libitumla responsabilità dei funzionari e dipendentipubblici (col solo obbligo oggettivo di osserva~re il presupposto della violazione di un dirittosoggettivo) «si risolve indubbiamente in unapericolosa menomazione delle garanzie del~l'individuo nei confronti del potere, in quantoil cittadino subirebbe, attraverso la deroga aiprincipi del diritto comune in tema di respon~sabilità ed al conseguente ampliamento dellasfera di irresponsabilità, gravi limitazioni nel~l'esecizio dei propri strumenti di difesa e dirisarcimento contro gli illeciti di pubblici di~pendenti».

Le tendenze in seno alla magistratura. ~ Nel

dibattito interno alle varie correnti associative

dell'ordine giudiziario ~ centratosi prevalente~

mente sul disegno di legge proposto dal sen.Viviani ~ l'ipotesi di una estensione della

responsabilità civile viene solitamente consi~derata in maniera assai negativa. Già nel 1976,nel programma di Magistratura Indipendenteper le elezioni del comitato direttivo centraledell'ANM, era nettamente dichiarato: «M.I.,rifiuta qualsiasi forma di controllo diretto oindiretto sul contenuto dell'attività giurisdizio~naIe, che comprometterebbe l'indipendenzadel giudice. In ciò si differenzia nettamentedaglì altri gruppi associativi, che non hannoesitato a promuovere o ad aderire ad iniziativepotenzialmente pericolose in tale direzione(Comitati di giustizia, promossi da M.D. ~ I.C. e

T.P. presso alcuni uffici giudiziari). M.I. rifiutaaltresì qualsiasi estensione della responsabilitàcivile ad ipotesi di comportamenti semplice~

mente colposi. Ciò pregiudicherebbe la sereni~tà di giudizio del magistrato, costringendolo apreoccuparsi di continue prevedibili preteserisarcitorie in relazione alla attività svolta».

La medesima linea viene ribadita per ilprogramma elettorale 1980: «L'attuale norma~tiva sulla responsabilità civile del magistrato èstata ritenuta inadeguata da più parti ed ancheda alcuni settori della stessa magistratura, chehanno sostenuto essere la relativa disciplinaattualmente ridotta a mera parvenza e cheappare ingiustificato il diverso trattamentoriservato ai magistrati rispetto agli altri pubbli~ci dipendenti.

M.I. pur non ritenendo del tutto infondatetali critiche, si oppone ad ogni estensione dellaresponsabilità civile del magistrato, che nonrisponde ad alcun interesse del corpo sociale,traducendosi concretamente in una limitazio~ne della autonomia e dell'indipendenza del~l'ordine" giudiziario. La vigente normativa noncostituisce un ingiustificato privilegio: il citta~dino ha interesse a che il magistrato siaeffettivamente indipendente, sia cioè posto incondizioni di giudicare, in ogni circostanza edogni momento, «senza timori e senza speran~za». E ancora: il ruolo del giudice è diverso daquello degli altri funzionari dello Stato, per laposizione che la Costituzione assicura all'ordi~ne giudiziario e la delicatezza dei rapporti tra ivari poteri dello Stato. Se è vero che tutti ifunzionari devono arlempiere i loro doverid'ufficio senza alcun riguardo per gli interessipersonali coinvolti, è altrettanto vero però chel'indipendenza del giudice deve essere qualita~tivamente diversa e più ampia di quellaassicurata agli altri pubblici impiegati. Nè puòdubitarsi che l'estensione della responsabilitàcivile del magistrato oltre i limiti attualicostituirebbe un ostacolo al ruolo vitale che lamagistratura deve svolgere. Il magistrato, neltimore di sbagliare, potrebbe essere indottonon solo ad adeguarsi alle m.assime consolida~te, impedendo così quell'evolversi dagli indi~rizzi giurisprudenziali imposto dalla rapidatrasformazione della società, ma anche alimitare il proprio impegno per ridurre alminimo le occasioni di errare. E tutto ciò siinsiste, mentre sempre più si richiedonoall'attività giudiziaria efficienza e rapidità. Nonva infine trascurata la considerazione che una

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modifica dell'attuale disciplina potrebbe deter~minare una fuga del magistrato da quellefunzioni che è chiamatQ a svolgere da solo, percercare riparo sotto lo schermo della decisio~ne collegiale».

La filosofia che presiede a questa imposta~zione, oggi comune alla gran parte dei giudici,inclusi alcuni che in passato avevano undiverso atteggiamento, è stata di recenteespressa chiaramente nel «documento di base»del convegno di Senigallia del novembre 1979,«Giudici separati? Magistratura, società e isti~tuzioni negli anni '80».

«Quello della responsabilità dei giudici ~ èdetto nel testo ~ è stato forse, nell'ultimo anno,l'argomento maggiormente dibattuto tra quelliche rigùardano l'amministrazione della giusti~zia, a seguito della presentazione di un notodisegno di legge, che ha perentoriamenteriproposto il problema dell'ampliamento dellaresponsabilità civile del giudice.

È ovviamente fuor di luogo discuterneancora; basterà ricordare (e ciò induce ariflettere se non sia proprio l'attuale assettopiù conforme alla funzione del giudice ed alleesigenze della giustizia) che sul punto non si èmai trovato un effettivo consenso e che la tesitra i magistrati largamente maggioritaria ~ e,

sia consentito rilevare, sostenuta con argo~menti tutt'altro che egoistici e corporativi ~ èquella favorevole alla conservazione dellostatus quo.

Nella relazione introduttiva al disegno dilegge del sen. Viviani è addotto come argo~mento a favore di un mutamento della norma~tiva vigente la riacquistata indipendenza edautonomia dell'ordine giudiziario rispetto alpotere esecutivo, per effetto dell'entrata invigore della Costituzione, onde poichè ilmagistrato non risponde più gerarchicamenteai suoi superiori 'ed è posto al sicuro dalleinterferenze degli altri poteri dello Stato, ilvigente regime. di semi~irresponsabilità sareb~be privo di giustificazione.

Può agevolmente replicarsi a tale rilievo cheproprio la necessità assoluta di tutelare ilprimario valore dell'indipendenza postula lasoluzione contraria e sconsiglia quindi laintroduzione della riforma, non potendosiragionevolmente escludere che nelle concreteapplicazioni la estensione alla colpa (grave)

della responsabilità dei magistrati incida sulprincipio della libertà ed opinabilità dell'inter~pretazione e si ponga come sanatoria delsemplice errore interpretativo, cosi incidendosul principale e qualificante momento diattuazione della prerogativa costituzionale diindipendenza.

Se dunque il vigente sistema di responsabili~tà trova in tale necessità la più valida ragionedella sua sopravvivenza, si deve concludere ~

che la «pericolosa tentazione di assumere ilruolo di corpo separato», da alcuni riferita allamagistratura, non riceve incentivi dalla esclu~sione della rilevanza della colpa grave: negatoinfatti che in materia di responsabilità civile ilgiudice goda di «ingiusti privilegi», tipici delcorpo separato e della corporazione dominan~te, la problematica relativa risulta conseguen~temente estranea alla questione in oggetto.

Correlativamente, riducendo il concetto adun'estrema sintesi verbale, sarebbe arbitrarioaffermare che un giudice maggiormente re~sponsabile si ameno «separato»: vi è invece ilrischio che finisca con l'essere meno indipen~dente».

La più compiuta impostazione teorica diquesta «filosofia» e di tale stato d'animo, cuidirettamente o indirettamente si rifà l'interalinea di resistenza della magistratura sul temadella responsabilità civile, è espressa nellostudio di Guido Vidiri in argomento, nel 1978su «Critica giudiziaria». È utile riportarne quiil nucleo centrale: «Procedendo nella criticadell'attuale sistema si è affermato che unpotere senza responsabilità è incompatibilecon il sistema democratico; che appare ingiu~stificata una differenziazione di responsabilitàtra chi presta la propria attività intellettualeallorchè la stessa implichi la soluzione diproblemi tecnici di speciale difficoltà (ad es.avvocati, ingegneri, medici cui va applicato ildisposto dell'art. 2236 c.c) ed il magistrato,come appare ingiustificato il diverso tratta~mento riservato ai magistrati rispetto agli altripubblici dipendenti; ed infine ricorrendo alterrorismo della parola, di cui purtroppo si falargo uso allorquando si vuole isolare chi lapensa diversamente, si è sostenuto che leresistenze all'introduzione di forme di respon~sabilità appaiono "interessate e chiaramentecorporative" e che solo i magistrati "conserva~

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tori" vogliono che non cambi niente in puntodi responsabilità mentre i magistrati "nonconservatori" non condividono queste posi~zioni.

Nonostante le critiche, l'estendere la respon~sabilità civile del magistrato fino a sanzionarecomportamenti semplicemente colposi, nonrisponde ad alcun interesse del corpo sociale,traducendosi concretamente in una limitazio~ne della autonomia e dell'indipendenza del~l'ordine giudiziario. Tali principi, come è noto,sono garantiti da numerose norme della Cartacostituzionale (art. 101, 104, 107), che al finedi evitare pericoli di involuzione democraticaed in attuazione di un effettivo pluralismoistituzionale, fa sì che ciascun potere costitui~sca il limite ed il freno di ogni altro potere.

In epoche di crisi politica ogl)i organocostituzionale tende però ad ampliarè il pro~prio potere ed a porsi, nel nuovo sistemarisultante dalla crisi, in una situazione dipreminenza rispetto agli altri organi. A talerisultato può pervenirsi o per effetti di precisescelte legislative o di semplici rapporti diforza, ma nell'uno o nell'altro caso viene adalterarsi il perfetto equilibrio tra i vari centridi potere voluto dalla nostra Costituzione.

Solo nell'attuale contesto di crisi generaledella società e delle istituzioni può ad esempiotrovare spiegazione la condotta delle forzepolitiche, che con il con stringere l'ordinegiudiziario ad operare con strutture inadegua~te e fatiscenti, determinano di fatto unalimitazione del potere riconosciuto alla magi~stratura.

E sempre nello stesso contesto alcuni settoridel mondo politico possono essere spinti adintrodurre nuove forme di responsabilità delmagistrato, che alterano anche esse laposizio~ne costituzionale dell'ordine giudiziario inquanto espongono il magistrato al pericolo didomande temerarie e ricattatorie togliendogliquel clima di serenità e di sicurezza, cheappare indispensabile per la sua funzione.

La attuale posizione in tema di responsabili~tà non costituisce dunque per l'ordine giudi~ziario un ingiustificato privilegio ma rispondead una esigenza fortemente avvertita da tutto ilcorpo sociale, avendo il cittadino interesse ache il magistrato sia effettivamente indipen~dente, sia cioè, come è stato efficacemente

detto, posto in condizioni di giudicare in ognicircostanza ed in ogni momento "senza timorie senza speranze".

Nè può tralasciarsi la considerazione chel'estensione della responsabilità civile oltre ilimiti attuali può costituire un ostacolo alruolo vitale che la magistratura deve oggiassumere. Ed invero il magistrato nel timore disbagliare può essere indotto non solo adadeguarsi alle massime consolidate, impeden~do così quell'evolversi degli indirizzi giurispru~denziali imposto dalla rapida trasformazionedella società, ma anche a lavorare di meno pervedere in tal modo ridotte al minimo leoccasioni di errore».

È lo stesso vicepresidente del Consigliosuperiore della magistratura attualmente incarica, Ugo Zilletti, che sembra condividere latesi del mantenimento dello status quo. Richie~sto della sua opinione circa la responsabilitàdei magistrati, nel maggio di quest'anno Zillet~ti rispondeva: «È un tema che torna d'attualitàdopo la riproposizione, da parte dei radicali,del progetto di Viviani. L'importante, secondome, è trovare vie praticabili, coerenti con lacostituzione. La mia personale opinione, co~munque, è che già il sistema delle impugnazio~ni garantisca largamente dalle conseguenzedell'eventuale errore e che pertanto non sidebbano creare ~ nell'interesse stesso della

giustizia ~ meccanismi di interferenze tra

sistemi delle impugnazioni e meccanismi diresponsabilità civile del magistrato. Fatte sal~ve, ovviamente, le norme attualmente esistentie ipotizzando, con riferimento alla Costituzio~ne, la possibilità che l'amministrazione dellagiustizia risponda per l'errore del singolo ma~gistrato».

Assai diversa era stata in passato la posizionedel Consiglio superiore della magistratura,testimoniata nello studio che doveva far partedella relazione sullo stato della giustizia del1972. A cominciare dalla impostazione idealedel problema: «L'aspetto soggettivo della re~sponsabilità del giudice appare fondamentale,perchè nessuna struttura esterna di responsa~bilità può essere in grado di imporre al singoloquel massimo di tensione morale che è sempreindispensabile per adempiere bene all'arduocompito di giudicare; tuttavia ~ ove non si

voglia, attraverso il semplice richiamo alla

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coscienza, imboccare la comoda scappatoiadel moralismo ~ è necessario ricorrere a varieed opportune ipotesi di intervento sanzionato~rio esterno nei casi in cui la coscienzaindividuale si sia dimostrata insufficiente adimpedire la «deviazione» del magistrato dalretto esercizio della sua funzione.

In realtà, ove si escludesse, come pure daqualcuno è stato prospettato, ogni responsabi~lità del giudice tranne che di fronte allapropria coscienza, si verrebbe a rendere unorgano dello Stato, dotato peraltro di poterimolto ampi, legibus solutus e si finirebbe cosìcol tutelare non tanto la necessaria libertà delgiudice quanto piuttosto il suo arbitrio; ciòovviamente non è concepibile in uno Statocome il nostro in cui a nessun organo èconferito un potere illimitato che possa tradur~si in pieno e insindacabile arbitrio. Il proble~ma pertanto è quello di vedere in che limitil'ordinamento debba regolare la responsabilitàdel giudice senza incidere su quella sostanzialelibertà dell'uomo~giudice che è assolutamenteindispensabile per un adeguato e non confor~mistico svolgimento delle sue funzioni». Eancora: «sotto il profilo delle garanzie diautonomia e di indipendenza dell'ordine giudi~ziario, si è osservato che la Costituzione vuolela magistratura difesa da quei poteri ed organidello Stato che potrebbero con la loro influen~za determinare deviazioni nella ricerca dellaverità nell'ambito dell'amministrazione dellagiustizia; ma la preoccupazione dell'ordina~mento di riservare all'ordine giudiziario unaposizione particolare non può giungere sino aconsentire e legalizzare la compressione deidiritti del cittadino in conseguenza di provve~dimenti giurisdizionali produttivi di danno. Inaccoglimento di questi principi, la Cortecostituzionale ha recentemente ritenuto, consentenza del14 marzo 1968, n. 2, che l'ordina~mento non si limita a configurare una respon~sabilità personale dei magistrati, ma prevedealtresì ~ data la precettività dell'art. 28 Cost. ~

la responsabilità concorrente dello Stato pergli atti e le omissioni di cui risponde il giudicenell'esercizio del suo ministero. Tutto ciò siriduce a un problema di limiti».

Sul piano tecnico~ii1terpretativo, il ConsiglioSuperiore del '72 non ha dubbi sulla riferibilitàanche ai magistrati penali per gli aspetti civili

della loro responsabilità, degli artt. 55 e 74 delcodice di procedura civile. E ritiene chel'inesistenza di una analoga normativa nelcodice di procedura penale riferita ai giudici oal p.m. costituisca una carenza puramenteformale, spiegabile storicamente con la man~cata distinzione tra giudizio civile e giudiziopenale nell'art. 783 del c.p.c. del 1865, quandoper le azioni civili tratta del procedimento«contro le autorità giudizi arie e gli ufficiali delpubblico ministero». Ma i rilievi riguardanopuntualmente l'assetto normativo vigente. Os~servato che il giudice è civilmente responsabi~le, a norma dell'art. 55, n. 2 c.p.c., anche«quando senza giusto motivo rifiuta .omette eritarda di provvedere sulle domande o istanzedelle parti e, in generale, di compiere un attodel suo ministero» e che secondo l'ultimaparte dell'art. 55 «Ie ipotesi previste nelnumero 2 possono aversi per avverate soloquando la parte ha depositato in cancelleriaistanza al giudice per ottenere il provvedimen~to o l'atto, e sono decorsi inutilmente diecigiorni dal deposito», il CSM sviluppa unacritica precisa. «Come si vede, il comporta~mento omissivo previsto dalla norma si riferi~sce non alla emanazione di un provvedimento,ma al semplice compimento di un atto,preoccupandosi il legislatore non del contenu~to dell'atto, ma della sua formazione. E si èsostenuto che nei casi in esame l'attività delgiudice, essenzialmente discrezionale, nonconsente una concreta valutazione della suaresponsabilità. È stato però esattamente avver~tito che nella specie si tratta della meraformazione e non del contenuto dell'atto e chetutti gli atti che il giudice compie sono attidovuti, o perchè la legge gli impone. diretta~mente di compierli o perchè le parti sonofacoltizzate a richiedergliene la emanazione.Onde l'impossibilità che l'elemento discrezio~naIe attenui o escluda il carattere illecito dellefattispecie omissive o di inerzia. Quanto allaendiadi «domande o istanz<::.», la differenza varavvisata nel fatto che con Ìaistanza si tende aprovocare un singolo atto, mentre la domandasi riferisce al provvedimento che esauriscel'intero processo. L'inserimento dell'art. 55c.p.c. delle domande induce quindi a ritenereche rientri nella previsione legislativa lanorma contenuta nell'art. 120 delle disposizio~

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ni di attuazione che prevede il deposito dellasentenza entro 30 giorni dalla discussione: diconseguenza anche in questo caso può profi~larsi oltre a una responsabilità disciplinare, laresponsabilità civile del giudice ex art. 55c.p.c.».

Da ciò discendono, riconosce il documentodel CSM, conseguenze non accettabili. «Ladisposizione incorre in una grave incoerenzaallorchè limita l'ambito di responsabilità allesole omissioni conseguenziali ad istanza diparte, perchè lascia priva di sanzioni, nelprocesso civile, tutta l'attività che il giudicepuò compiere d'ufficio e la cui colpevoleomissione può causare danni talora irreparabi~li. Se la concessione esasperatamente disposi~tiva del procedimento civile può spiegare,anche se non giustificare, la denunziata incoe~renza, la questione assume aspetti praticamen~te insolubili allorchè si è costretti ad applicareanalogicamente la normativa di cui all'art. 55c.p.c. al giudice penale per il quale la regola èquella dell'impulso d'ufficio. Proprio per que~sto, anzi, si è addirittura sostenuto che gliarticoli 55 e 74 c.p.c. pur rispondendo allaesigenza di fondo di cui all'art. 28 dellaCostituzione, non possono trovare oggi attua~zione nei confronti del giudice penale. Si è giàvisto come l'opinione non sia accettabile, ma ètuttavia certo che in difetto di qualsiasiriferimento testuale, il problema della respon~sabilità del giudice penale rimane senza unarisposta certa, prestandosi a mere ipotesi inter~pretative».

Nè la denuncia di inadeguatezza dell'attualesituazione normativa si ferma qui. Le normedell'art. 55 c.p.c. lasciano fuori numeroseipotesi che non possono farsi rientrare neppu~re analogicamente fra quelle previste. Inparticolare per le nullità l'art. 162 c.p.c,mentre prevede la condanna alle spese ed alrisaricimento del danno per i funzionari dicancelleria, nulla stabilisce nei confronti deimagistrati; eppure è certo che vi sono nullitàche solo il giudice può porre in essere come,ad esempio, quelle relative alla costituzionedel giudice, alla deliberazione della sentenzada parte di un giudice che non ha fatto partedel collegio, alla mancanza assoluta di motiva~zione o della sottoscrizione. Senza contare che"esistono casi nei quali, pur non verificandosi

una nullità, può certamente essere ipotizzatauna responsabilità civile del giudice, comequando non sia osservato l'obbligo di asten~ZlOne.

Criticata è anche la posizione del pubblicoministero, per il quale, come si sa, l'art. 74c.p.c. disponde testualmente che «le normesulla responsabilità del giudice e sull'eserciziodell'azione relativa si applicano anche aimagistrati del pubblico ministero che inter~vengono nel processo civile, quando nell'eser~cizio delle loro funzioni sono imputabili didolo, frode o concussione».

Secondo il tenore letterale della disposizio~ne, la disciplina della responsabilità del giudi~ce si applica soltanto ai magistrati del p.m. cheintervengono nel processo civile. L'esame deilavori preparatori conferma per altro «comeper pubblico ministero interveniente nondebba intendersi nè il pubblico ministeroagente, nè quello che interviene nei processiche avrebbe potuto promuovere con azione».Ne deriva che il riconoscimento della pienaposizione di parte del pubblico ministero intali situazioni comporta esclusione di respon~sabilità. Questo risultato interpretativo suscitanon lievi difficoltà relativamente al processopenale, in cui il pubblico ministero è perdefinizione agente e in ordine al quale manca~no norme particolari con riguardo alla respon~sabilità civile.

Una ulteriore lacuna nella disciplina dell'ar~ticolo 74 del codice di procedura civile va poiravvisata nel fatto che le norme sulla responsa~bilità civile sono estese al pubblico ministerosolo limitatamente ai casi di dolo, frode econcussione, e non anche a quelli di compor~tamenti omissivi. Per spiegare l'anomalia si èaffermato che quando il pubblico ministerodeve esercitare l'azione penale, o deve propor~re l'azione civile, o deve intervenire in unprocesso civile non può cedere a considerazio~ni di opportunità e pertanto la responsabilitàper l'omissione di atti può scaturire solo daldolo. Quando invece nel processo civile, siabbia un intervento facoltativo del pubblicoministero, il solo giudice potrà decidere sel'intervento o il mancato intervento sia statolegittimo, e nessuna responsabilità del pubbli~co ministero potrà aversi salvo che non siricada ancora nell'ipotesi di dolo.

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Ma le previsioni contenute nelle norme nonesauriscono (a parte la disciplina dell'erroregiudiziario) tutte le ipotesi di responsabilitàcivile del giudice. Infatti, la limitazione diresponsabilità non opera nei confronti delterzo estraneo al rapporto processuale, comenella ipotesi di danni arrecati dal giudice aterzi in occasione dello svolgimento di unesperimento giudiziario: in tal caso devono ~ o

dovrebbero ~ valere i comuni principi dellaresponsabilità extra~contrattuale. In questosenso si è espressa la dottrina dominante conl'unica condizione che nella valutazione dellacolpa si dovrà avere riguardo alla violazionedelle regole di esperienza peculiari dellaattività giudizi aria.

Risultano inoltre escluse dall'ambito diprevisione della normativa degli artt. 55 e 74c.p.c. anche alcune attività capaci di provoca~re danni nei conn-onti di persone che parteci~pano al rapporto processuale. Si tratta diquelle attività che risultano compiute volonta~riamente dal giudice nell'esercizio delle suefunzioni giurisdizionali, ma che non trovanouna ulteriore e determinante qualificazionenell'appartenenza al processo formativo del~l'atto giurisdizionale vero e proprio. Così, leipotesi di violenza privata o di lesioni o diingiurie dovrebbero ricadere nell'ambito diapplicazione della normativa degli artt. 55 e 74c.p.c., qualora l'attività del magistrato siaintesa a provocare un comportamento dellaparte che abbia un rilievo processuale, mentreal contrario dovrebbero essere disciplinate daiprincipi comuni, allorchè pur avendo il magi~strato agito nell'esercizio delle sue funzioni larelativa attività non risulti tale da incidere suun atto del processo. Infine, risultano prive diparticolare qualificazione e pertanto non sog~gette alla disciplina della responsabilità leipotesi di attività colposa del magistrato neiconfronti di soggetti del processo, che nonincidano direttamente sull'atto giurisdizionale,quale, ad esempio', la perdita per disattenzionedei documenti di un fascicolo processuale.

Alla limitazione della responsabilità perso~naIe dei magistrati corrisponde una responsa~bilità parimenti limitata dello Stato. Infatti, invirtù dell'art. 28 Cost., lo Stato ~ come ha

precisato la Corte costituzionale ~ è responsa~

bile soltanto per gli atti ed omissioni di cui

risponde il giudice nell'esercizio del suoministero. Invece, per altre violazioni di dirittisoggettivi cagionati dai magistrati fuori delleipotesi descritte negli artt. 55 e 74 c.p.c., ildiritto al risarcimento nei riguardi dello Statonon trova garanzia nel precetto costituzionalee ~ secondo il corrente indirizzo interpretativo

(Cass. S.U. 30 giugno 1960, n. 1722) ~ nontrova neppure fondamento in norme o principicontenuti in leggi ordinarie. Di conseguenzacoloro ai quali il giudice cagioni un dannopatrimoniale mediante attività o comporta~menti non previsti dalle norme più voltecitate, non hanno la possibilità di chiedere ilrisarcimento dei danni subiti nè personalmen~te al magistrato responsabile, nè allo Stato. Siviene così a determinare una inammissibilesperequazione, essendo palesemente ingiustoche l'ordinamento non accordi un'adeguatatutela giuridica a situazioni sostanzialmenteidentiche a quelle per le quali è invececoncessa l'azione di risarcimento dei danni neiconn-onti dello Stato e dei suoi dipendenti.Sarebbe pertanto opportuno che la leggecolmasse questo vuoto di tutela, prevedendo laresponsabilità statale per tutti i casi di colpagrave del giudice; ciò che si può fare senza chesia necessario estendere al di là dei limiti oggiprevisti la responsabilità personale dei magi~strati: la Corte costituzionale infatti, ha chiari~to nella sentenza n. 2 del 1968 che la Costitu~zione non impedisce al legislatore ordinario diprevedere, con riferimento all'attività giurisdi~zionale, una responsabilità dello Stato indipen~dente da una responsabilità diretta del magi~strato come già avviene nel settore dellapubblica amministrazione.

Precise esigenze vengono prospettate allegislatore dal C.S.M. del 1972.

«Merita in primo luogo di essere segnalata lanecessità di formulare una specifica ipotesinormativa in ordine alla responsabilità civiledel pubblico ministero, estesa ai comporta~mento omissivi, con riferimento sia al proces~so penale che al processo civile e, in quest'ulti~ma ipotesi, anche per i casi di interventoobbligatorio.

Un ulteriore rilievo riguarda infine l'articolo56 c.p.c. il quale dispone che la domanda perla dichiarazione di responsabilità del giudicenon può essere proposta senza l'autorizzazione

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del Ministro di grazia e giustizia. La norma ~

oltre ad essere sospetta. di incostituzionalitàper ragioni analoghe a qùelle che hanno fattoritenere illegittimo l'istituto della garanziaamministrativa ~ è certamente priva di unreale fondamento, risolvendosi in un privilegiodei magistrati anacronistico e non giustificato.

Ma il problema di gran lunga più rilevante inuna prospettiva di riforma dell'ordinamentovigente è quello relativo all'opportunità diestendere la responsabilità dei magistrati al dilà dei limiti previsti dagli artt. 55 e 74 c.p.c,»,

Su tale delicata questione, erano emerseanche fra i magistrati varie tendenze.

Secondo alcuni la responsabilità personaledei giudici non dovrebbe essere limitata, comeaccade oggi, agli atti commessi con dolo, madovrebbe essere estesa, per tutti i casi, all'ipo-tesi di colpa grave, analogamente a quanto giàavviene per gli impiegati statali e per coloroche esercitano professioni che implicano lasoluzione di problemi di speciale difficoltà.Naturalmente, l'accennata estensione non do-vrebbe riguardare il momento della decisione,e cioè i modi di interpretazione e di applicazio-ne della legge, ma dovrebbe invece avere adoggetto l'attività del giudice strumentalmentepredisposta alla decisione, così da comprende-re soltanto le violazioni dell'obbligo di diligen-za minima necessaria per risolvere una verten-za giudiziaria. In quest'ambito, la sottrazionedel giudice alla responsabilità prevista per gliimpiegati e i professionisti, si traduce in unvero e proprio privilegio e appare comunqueingiustificata e non ragionevole.

Per altri, invece, non vi sarebbe nessunmotivo di modificare sul punto la normativavigente e di estendere alla colpa la responsabi-lità dei magistrati. In questo modo si aprirebbela via a pericolose contestazioni, che potrebbe-ro preoccupare i giudici, turbarne la serenità eintralciare comunque la regolarità del giudi-zio, Sarebbe inoltre sommamente difficile, senon impossibile, individuare le ipotesi di colpae distinguerle da quelle di una interpretazionedelle norme di legge errata, ma non colpevole;sì che. si correrebbe il rischio di creare uninammissibile strumento di controllo sulleoperazioni mentali in cui in definitiva siconcreta l'attività giurisdizionale. Del resto ilmagistrato ~ anche se non responsabile sul

piano civile nel caso di colpa ~ già oggi può

essere chiamato a rispondere in sede discipli-nare delle violazioni anche colpose dei suoidoveri. D'altra parte, una volta riconosciutaper tutti i casi la responsabilità dello Stato,l'interesse dei cittadini a ricevere un'adeguatatutela sarebbe pienamente soddisfatto e ver-rebbe meno perciò l'unica ragione idonea agiustificare l'estensione della responsabilitàpersonale dei magistrati.

Diviso fra tali tendenze è importante ricor-dare che l'organo di auto-governo nel '72 siritrovò unanime su alcune conclusioni:

«Il Consiglio è d'accordo sull'opportunità diprevedere la responsabilità statale per tutti icasi di dolo o di colpa grave del giudice ed anziritiene che lo Stato democratico dovrebbeproporsi lo scopo di riparare nella misuramaggiore possibile non solo i danni cagionatida una condotta colpevole del giudice, maanche quelli conseguenti a errori in colpevoli.A questo fine provvede la legislazione in temadi riparazione degli errori giudiziari, chepresuppone l'ingiustizia della condanna ancheper fatti non imputabili al giudice. Il sistemaoggi vigente però è criticabile almeno sottodue profili:a) perchè prevede la riparazione solo a favoredi chi sia stato riconosciuto innocente aseguito di un giudizio di revisione e perchè b)non prende in considerazione il caso dellacarcerazione preventiva a cui sia seguita unasentenza di proscioglimento. Sarebbe pertantoaugurabile una riforma in questa direzionedell'attuale sistema».

Non è per malizia che va segnalato come suquesta strada di trasferimento allo Stato delleconseguenze risarcitorie di lesioni arrecate dalgiudice ai diritti dei cittadini (particolarmenteinique, oggi più che mai, quelle in temacarcerazione preventiva) confluiscono le resi-due vocazioni garantiste. Anche nel citatostudio del Vidiri, del 1978, se si riconosce che«a causa dell'attuale disciplina, il cittadino puòsubire per effetto di illegittimi provvedimentigiurisdizionali notevoli danni di ordine moralee patrimoniale senza poterne chiedere ilrisarcimento al magistrato, che con il suonegligente comportamento tali danni ha origi-nato», Ma ci si affretta ad aggiungere che «unalimitazione delle guarentigie della magistratu-

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ra non appare tuttavia indispensabile per unaadeguata tutela del cittadino, potendo questitrovare idonea garanzia in un sistema chesenza introdurre condizionamenti all'attivitàdel magistrato, appresti tutti i mezzi necessa~ri... per limitare le conseguenze dannosescaturenti da detti errori».

Infatti, «deve ribadirsi la necessità di dareconcreta attuazione al disposto dell'ultimaparte dell'art. 24 della Costituzione, che de~manda al giudice ordinario di fissare lecondizioni ed i modi per la riparazione deglierrori giudiziari, essendo evidente che nessunainnovazione può valere ad escludere in radicel'eventualità di detti errori. È noto che l'indica~to precetto costituzionale ha avuto una appli~cazione del tutto riduttiva con la legge 23maggio 1960, n. 504 (modificata dalla legge 14maggio 1965, n. 481), che subordina la ripara~zione degli errori giudizi ari all'istituto dellarevisione. Per la normativa vigente sonodunque irreparabili le conseguenze derivantida una ingiusta carcerazione preventiva, glierrori intervenuti nell'istruttoria o nel giudizi,ose non sia stata emessa una sentenza irrevoca~bile. Orbene appare auspicabile ~ è la conclu~

sione ~ in linea con quanto accade in altriordinamenti, una più ampia estensione deldiritto alla riparazione degli errori giudiziari,rispondendo ad evidenti principi di solidarietàsociale che qualsiasi danno che sia statoingiustamente causato al cittadino nell'ammi~nistrazione della giustizia provi una qualcheforma di riparazione, pur nel rispetto delleinsopprimibili esigenze finanziarie delloStato» .

Pur non volendo anticipare spunti conclusi~vi che a questo punto della trattazione nonsarebbero metodologicamente corretti, il cu~rata re della presente ricerca è d'avviso che,senza dispregio per i principi della solidarietàsociale ~ forse chiamati in causa non del tutto

a proposito ~ e nel massimo rispetto che siapossibile per le insopprimibili esigenze finan~ziarie dello Stato, «una qualche forma diriparazione» al danno che al cittadino sia statoingiustamente causato non tanto «nell'ammi~nistrazione della giustizia» ma da parte deisuoi non commendevoli operatori, possa tro~varsi proprio in una meno beffarda articolazio~ne normativa della responsabilità civile del

magistrato. Oltretutto, il criterio secondo ilquale il danno ingiusto causato da questopubblico dipendente debbe essere risarcito acarico della comunità organizzata, se anchepotrebbe soddisfare l'interesse materiale deltitolare del diritto leso (ma non altrettanto,forse, la molla psicologica che legittimamentelo ha spinto ad agire) non sarebbe in alcunmodo satisfattivo di altri e non materiali valoriche sono alla base di un ordinamento non piùfeudale. Si vuoI dire cioè che l'articolo 28 dellaCostituzione non troverebbe la sua più corret~ta lettura se i frammenti normativi sui «dipen~denti dello Stato direttamente responsabili» esulla previsione che «la responsabilità civile siestende allo Stato» venissero interpretati nelsenso che è lo Stato~apparato (ma qui identifi~cabile anche con lo Stato~çomunità, qualeistituzione erariale rappresentativa dei contri~buenti) a doversi automaticamente sostituire,surrogando nel debito, all'agente colpevole.

La «fiscalizzazione degli oneri colposi» nonpare istituto conseguenziale all'indipendenza eautonomia dell'ordine giudiziario.

b) La relazione al testo proposto:

1. ~ Il tema della responsabilità dei magi~

strati, presente da oltre un decennio all'atten~zione degli operatori del diritto e in speciedelle associazioni rappresentative dei membridell'ordine giudiziario, nella VII legislaturaebbe particolare rilievo per merito del disegnodi legge presentato dal senatore Viviani, poidecaduto per l'anticipato scioglimento delleCamere, cui in parte si ispira la presenteproposta di legge.

A dispetto dell'inerzia del legislatore e di uninnegabile mutamento di tendenza registratosifra i magistrati e nello stesso Consiglio supe~riore della magistratura, ripetuti e clamorosiepisodi di malgoverno della giustizia ~ più

frequenti negli uffici romani ma non limitati aquelli soltanto ~ hanno riproposto con forza

alla coscienza giuridica popolare questo temadi fondo, essenziale per la funzionalità nonmeno che per la credibilità della più delicatafra le istituzioni repubblicane.

Dalla tribuna giornalistica come dalla catte~dra universitaria e dalle aule parlamentari, lapreoccupata meditazione su quegli episodi, a

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tutti noti, spinge all'esigenza indifferibile diuna nuova e non arbitraria disciplina legislati~va. Nè potrebbe essere diversamente. Mentrel'entusiasmo diffusosi a favore dell'istituoenfaticamente intravisto come «tribunale dellalibertà» rischia di. offuscare il problema giuri~dico, ma anche di forte rilievo politico~costituzionale, della necessaria sanzionabilitàdel comportamento deviante del magistratosoggettivamente responsasbile di indebite vio~lazioni dell'habeas corpus, a trovarsi insoddi~sfatta per una serie di eventi recenti è propriola domanda sociale (di elementare civiltàgiuridica per uno Stato di diritto) per unaresponsabilizzazione equa ma certa degli illeci~ti individualmente imputabili al magistratoagente.

Se si è dovuto attendere una sentenza dellaquinta sezione penale della Cassazione, libera~toria per i giudici del tribunale fallimentareche avevano disposto l'ordine di cattura per ifratelli Caltagirone nell'inerzia totale del pub~blico ministero, per attivare le tardive indaginidel Consiglio superiore sull'inquietante con~dotta di quell'ufficio; se nonostante tale inizia~tiva dell'organo di autogoverno dei giudici gliatti dell'indagine conoscitiva trasmessi ai tito~lari dell'azione disciplinare non sortironoalcun effetto conseguenziale; se fra le molteambiguità di questa vicenda emerge, fra l'al~tra, il possibile ricorso ad un trasferimentodisposto ex~articolo 2 della legge delle guaren~tigie, con tutta la carica di arbitrari età che essocomporta; se tutto ciò avviene nel quadro dellanormativa vigente, come rifiutarsi all'indifferi~bile urgenza di una incisiva riforma?

Alla medesima conclusione non si può nonpervenire se si scoprono i fogli della stampaquotidiana, attraverso i quali si realizza quelcontrollo democratico diffuso sull'amministra~zione della giustizia che, pur nelle sue defi~cienze o strumentalizzazioni, è di per se stessouna garanzia contro i rischi di «separatezza»dell'ordine, e anzi, in questa accezione, rectiusdel potere giudiziario. Così per l'avvenutaincriminazione per abbandono di difesa einterruzione di pubblico servizio di avvocati insciopero da parte di magistrati che, di lì apoche settimane, essi pure si sarebbero avvalsidell'articolo 40 della Costituzione. Così perl'uso zig~zagante della facoltà d'iniziativa disci~

plinare da parte degli organi titolari, rimastiinattivi al cospetto delle insostenibili disfunzio~ni della procura romana ma solleciti adattivarsi, invece, sia nei confronti di magistratiesercitanti il proprio diritto alla libera manife~stanzione del pensiero, sia in rapporto alleaccuse levatesi in Parlamento contro seigiudici su indimostrata denuncia di un senato~re magistrato.

2. ~ La coscienza giuridica, turbata da unaserie di episodi che solo in modesta misurasono ravvisabili nei riferimenti testè fatti,sembra raccomandare dunque un organicoripensamento della responsabilità civile edisciplinare dei magistrati. Valgono, ad illu~strazione dello schema di proposta di legge quiallegato, alcune delle considerazioni correntifra gli operatori del diritto, peraltro da tempodiffuse anche fra i membri dell'ordine giudizia~rio più sensibili al fabbisogno istituzionale enormativo del nostro tempo.

Premessa necessaria è l'osservazione, d'al~tronde ovvia sino alla banalità, per cui l'esi~stenza di una giurisprudenza costituzionale giàpronunciata su alcuni aspetti della materianon può certo venire assunta come preclusivadell'uso discrezionale del potere legislativo. Ese le decisioni di illegitimità costituzionalecomportano ~ in una corretta e a nostro avviso

obbligata lettura garantista del vigente ordina~mento repubblicano ~ la giuridica irriproduci~bilità non soltanto degli atti ma anche deicontenuti normativi dichiarati illegittimi, nonè meno vero che le sentenze di rigetto dellaCorte costituzionale, indipendentemente dallariproponibilità dell'eccezione, solo in unadistorta visione del sistema potrebbero essereassunte come remora per il legislatore ainnovare anche radicalmente la disciplina diuna materia.

Altra premessa necessaria è il criterio,questo meno ovvio, secondo il quale il rispettodella nostra tradizione penale, contraria allatipicizzazione di reati propri dei giudici efavorevole alla collocazione di eventuali illeci~ti penali di costoro nel quadro dei delitti deipubblici ufficiali contro la pubblica ammini~strazione, merita di continuare a ricevereossequio, ma ad una co~dizione. E cioè, senella misura in cui comportamenti deviantioggettivamente definibili di particolare perico~

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losità sociale e di grave vulnus all'ordinecostituzionale, in ipotesi imputabili a pubblicidipendenti con qualifica di magistrati ~ nonimporta se giudicanti, inquirenti o requirenti ~

trovino comunque una loro adeguata ancor~chè limitata sanzione. Ci si riferisce specifica~mente a due valori, diversi ma entrambicostituzionalmente protetti perchè indefettibiliper l'integrità del nostro sistema politico~costituzionale, quali: a) le garanzie di libertàpersonale e di libertà morale del cittadinocontro l'abuso del potere comunque e dachiunque promosso, dunque inclusi gli agentidel potere giudiziario; b) le garanzie poste atutela della funzionalità e integrità degli organicostituzionali politici attraverso la predisposi~zione di apposite «autorizzazioni a procedere»per i provvedimenti restrittivi a carico dei lorocomponenti. Anche quando non integrino gliestremi di illeciti penali propriamente detti,appare giusto che vengano in ogni casoevocate, per tali condotte di magistrati, laresponsabilità civile e quella disciplinare, ovene ricorrano gli adeguati presupposti.

3. ~ Ecco perchè l'articolo 1 della proposta

di legge, statuito che «non può essere propostaazione di responsabilità per i provvedimentigiurisdizionali adottati dal magistrato nel~l'esercizio delle sue funzioni», sancisce unasignificativa e qualificante eccezione con ilsuccessivo frammento normativo che riporta ilconcetto anzi detto. Cosi come, in tema diresponsabilità, si è voluto elevare ad illecitosanzionabile non soltanto l'adozione di provve~dimenti in violazione dell'articolo 68 dellaCostituzione, ma anche di quelli in deroga allestatuizioni degli articoli 90 e 96 della leggefondamentale. Antichi e meno antichi episodi,purtroppo giudicati non meritevoli di costitui~re illecito nemmeno disciplinare, attestanoche non si tratta di ipotesi meramente di scuo~la.

Altri aspetti del testo, meritevoli di illustra~zione, appaiono il criterio della colpa grave, inquanto causa di un danno ingiusto, qualefattispecie idonea ad attivare la responsabilitàcivile del magistrato, nonchè quello che hacomportato al riguardo la cancellazione del~l'attuale autorizzazione del Ministro, nemme~no sostituibile con quella del Consiglio supe~riore della magistratura perchè comunque

lesiva, se permanesse, della assolutezza deldiritto costituzionale soggettivo garantito dal~l'articolo 28 della Carta repubblicana. Uncongruo deposito cauzionale per il caso disoccombenza è sembrato idoneo a scoraggiareazioni temerarie.

4. ~ Per la materia della responsabilità

disciplinare, largamente attingendo al disegnodi legge Viviani, si è proposta una tipicizzazio~ne degli illeciti tale da soddisfare finalmente ilprincipio di legalità. Per questa ragione, alcu~ne varianti sono state apportate anche al testopiù volte citato, del quale invece ci si è avvalsitotalmente per la definizione delle incompati~bilità di sede e di ufficio.

Menzione particolare va fatta della nuovadisciplina regolatrice dell'azione disciplinare,per la quale, pur respingendo la doppiavigente facoltà d'iniziativa, conferita tanto alGuardasigilli quanto al Procuratore generalepresso la Cassazione (con i constatati effetti diinesistenza di un obbligo di promuoverel'azione per chicchessia), non si è creduto diaccogliere la soluzione Viviani, che come ènoto tramutava in obbligo la facoltà delMinistro eIiminandola per il Procuratore gene~rale.

Al riguardo, nella convinzione che tutto iltessuto normativo è giustamente permeato delmassimo garantismo per il magistrato, si èinteso d'altra parte far si che, attraverso unapluralità di organi titolari dell'azione, risultioggettivamente impossibile, o almeno impen~sabile, che un comportamento illecito nontrovi la sua sanzione per difetto di iniziativa.Cosi da un lato si è mantenuta la titolarità delProcuratore generale però trasformandola inobbligo, si che esista certezza normativadell'azione istituzionalizzata in un organoadeguato per posizione e per funzione. Dall'al~tro lato però, si è preferito accompagnare taleiniziativa obbligatoria con la ribadita facoltàdel ministro e con quella, qui introdotta, dellostesso Consiglio superiQr~.

Mentre infatti l'iniziativa governativa (peraltro ineliminabile e inemendabile se nonattraverso reVISIOne costituzionale) coprel'area della domanda «politico~sociale» digiustizia disciplinare, nel senso che può inte~grare l'inerzia o la archiviazione «corporativa»del Procuratore generale, l'introdotta iniziati~

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va di cui è facoltizzato il Consiglio superiorecon riguardo alla sua sezione istruttoria appa-re il naturale collettore della domanda digiustizia disciplinare che provenga dall'inter-no, massime dalla periferia dell'ordine giudi-ziario. Tutto ciò nella realistica considerazioneche il Procuratore generale non sia sufficiente-mente affidabile, per antropologia e per posi-zione d'ufficio, a farsi interprete del fabbiso-gno sanzionatorio meno tradizionali sta. Che èmagari il più congeniale alla logica del nostroordine costituzionale rettamente inteso.

c) Il testo: «Della responsabilità civile e disci-plinare dei magistrati ordinari»:

Art; 1.

(Disposizione generale di garanziaper l'esercizio della funzione~_giudiziaria)

Il magistrato non è perseguibile, in sedecivile o disciplinare, per l'interpretazione eapplicazione delle leggi compiuta nell'eserci-zio dell'attività giudiziaria, salvo quanto stabili-to nelle disposizioni seguenti.

Art.2.

(Della responsabilità civile del magistrato)

Il magistrato è civilmente responsabile se,per effetto di un comportamento posto inessere nell'esercizio delle attribuzioni conferi-tegli dalle leggi o dai regolamenti, cagiona adaltri un danno ingiusto.

È considerato danno ingiusto quello causatoda una condotta, attiva od omissiva, caratteriz-zata da dolo o colpa grave.

Non può essere proposta azione di responsa~bilità per i provvedimenti giurisdizionali adot-tati dal magistrato nell'esercizio delle suefunzioni, tranne che per i provvedimentirestrittivi della libertà personale che persentenza definitiva risultino adottati in viola-zione di diritti garantiti dalle disposizionicontenute nel Titolo I della Costituzione,nonchè per i provvedimenti comunque postiin essere in violazione dell'articolo 68 dellaCostituzione.

Art.3.

(Estensione della responsabilità allo Stato)

Nei casi previsti dall'articolo precedente, laresponsabilità civile si estende allo Stato.L'azione contro il magistrato può essere eser-citata congiuntamente con l'azione diretta neiconfronti dello Stato, senza che sia richiesta alriguardo alcuna autorizzazione.

Art.4.

(Azione di rivalsa dello Stato)

Lo Stato, ove abbia risarcito il dannocausato dal magistrato, si rivale agendo neiconfronti di questi a norma dell'articolo 52 deltesto unico approvato con regio decreto 12luglio 1934, n. 1214.

Art. S.

(Del procedimento)

La competenza in materia di responsabilitàcivile del magistrato spetta al giudice di primogrado. L'ufficio che deve pronunciarsi sulladomanda è designato dalla Corte di cassazionecon decreto emesso in Camera di consiglio.

La domanda all'ufficio, designato ai sensi delcomma precedente, deve essere accompagna-ta dal deposito, per il caso di soccombenza, dilire 500.000.

Le disposizioni dei due commi precedentinon si applicano in caso, di costituzione diparte civile nel processo penale o di azionecivile conseguente a sentenza penale.

12. Il conflitto con la Corte dei conti

Le critiche molto aspre espresse dalla Cortedei conti nel parere sul disegno di leggedovrebbero essere riguardate con maggioreattenzione. Esse, specie per quanto attiene allacompetenza del Tribunale a conoscere del-l'azione di rivalsa, appaiono fondate e condivi-sibili ed è per lo meno segno di leggerezza nonaverne tenuto conto nel riesame da parte del

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Senato del testo approvato dalla Camera.Vogliamo qui citare un brano del parere su cuibene farebbero i colleghi senatori a soffermarela loro attenzione. Scrive dunque, la Corte deiconti:

«La conferma e nel disegno di legge e neltesto unificato della Camera della competenzadel tribunale a conoscere dell'azione di rival~sa, come deroga alla disciplina generale pertutti i dipendenti pubblici che nell'articolo 52del regio decreto 12 luglio 1934, n.1214espressamente comprende quelli dell'ordinegiudiziario, viene giustificata nella relazione aldisegno di legge con la citazione di pronuncedella Corte costituzionale che non sono perti~nenti ed è fondata su motivi non coerentiovvero errati.

La non pertinenza delle pronunce del giudi~ce delle leggi citate è manifesta, perchè sitratta di sentenze o anteriori al successivoconsolidarsi di più meditato indirizzo ovverorelative alla diversa situazione di difformedisciplina costituzionale non incisa, secondodette pronunce, dalla statuizione contenutanell'articolo 103 della Costituzione. Ma, siripete, pur nella fase di elaborazione dellagiurisprudenza che ha preceduto la oggimeglio ben delineata individuazione delle"materie di contabilità pubblica", mai si èdubitato (Corte costituzionale, sentenza n. 17del 1965) che la Costituzione vuole "conserva~re" alla Corte i giudizi di responsabilità civileverso lo Stato dei funzionari, impiegati edoperai (articolo 52 regio decreto 1934 n. 1214,cit.) e quindi a questa competenza accede unagaranzia costituzionale. Nè mai si è dubitato ~

e vi è espressa indicazione normativa ~ che imagistrati siano "dipendenti" dello Stato (Cor~te costituzionale, sentenza n. 2 del 1968).

I motivi addotti a giustificazione di unaopzione, postulata come ammissibile, non con~vincono.

La posizione dei magistrati nell'assetto costi~tuzionale e ordinamentale, proprio perchèspecifica, non si garantisce con la concessionedi un foro privilegiato sulla base della preva~lenza numerica. Detta posizione che, si convie~Jne, non èassimilabile al funzionariato statalesi preserva con la disciplina sostanziale dellaresponsabilità, non con deroghe al ripartodella giurisdizione, quale delineato dalla Costi~

tuzione, quale già fissato da leggi ordinarie, nècon concessioni di forme di autodichia che sipresentano incompatibili, piuttosto che raffor~zamento delle misure di garanzie di indipen~denza (Corte costituzionale, sentenza n. 230del 1987).

La diversità per titolo e finalità dell'azione diresponsabilità amministrativo~contabile e del~l'azione di rivalsa che si assume ben nota pergiustificare che quest'ultima azione non puòessere che di naturale cognizione del giudiceordinario ha costituito oggetto di esercitazionidella dottrina lontane nel tempo. Nel caso didanni a terzi arrecati da dipendente pubblicol'azione di responsabilità esericitata nei con~fronti dello Stato ha certo natura aquiliana. Selo Stato ha risarcito il terzo "si rivale" (v. tra lealtre norme l'articolo 22 del decreto delPresidente della Repubblica 10 gennaio 1957,n. 3) e questa azione di rivalsa è esercitata dalPubblico ministero presso la Corte dei conti edinanzi a questo giudice da sempre competen~te, senza che vi sia da argomentare in terminidi giurisdizione con riferimento ad una naturacivilistica dell'azione di rivalsa.

L'affermazione che il Procuratore generaledella Corte dei conti possa discrezionalmentelimitare l'importo del recupero pecuniario èproposizione errata; nessun potere di talgenere è attribuito a detto organo requirente.L'errore rende superfluo rilevare la inattendi~bilità di una proposizione come quella conte~nuta nella relazione e secondo cui detta,inesistente, discrezionale limitazione dell'im~porto del recupero pecuniario potrebbe com~portare quella medesima lettura politica che èstata data alla facoltà di rivalsa esistente nelprecedente disegno del Governo. Non è con~sentita lettura politica, non è ammissibileipotizzarla, nè addurla a giustificazione discelte che contraddicono, proprio per quantoconcerne la magistratura, la ragion d'esseredel riparto della giurisdizione la quale, perchèsia assicurato il principio di eguaglianza, nonconsente sottrazioni, nel vigore dei princìpidella nostra Costituzione, di cittadini, qualeche sia lo status aggiuntivo rivestito, al giudicenaturale già predeterminato e competente inbase a normativa cui si vuole derogare.

La scelta voluta compiere in tema di giuri~sdizione ~ nella fisiologia del nostro sistema

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sarebbe stata sufficiente una mera norma dirinvio ~ ha poi imposto di dettare norme

specifiche e spesso contraddittorie ovvero ano~male.

Il rischio di lettura politica ha imposto, conil voler conservare a Ministri (singolare lascelta di quello del tesoro, per tutti i magistra~ti, compiuta nel testo unificato della Camera)l'iniziativa dell'azione di rivalsa, di ipotizzareuna obbligatorietà dell'azione. Questa puòanche ritenersi ammissibile in un sistemacome quello del disegno di legge governativonel quale sostanzialmente ogni giudizio sull'il~lecito dello Stato e su quello del magistratoverrebbe ad essere conosciuto unitariamentenel giudizio di responsabilità contro lo Stato,ma se si differenzia la relativa azione, comeintesa a risarcire i danni da difettoso funziona~mento dell'organizzazione giudiziaria da quel~la di rivalsa, intesa a far valere la responsabili~tà del magistrato, non vi è più conseguenziali~tà. Se, poi, dovessero risultare fondati i dubbicirca l'obbligatorietà dell'azione di rivalsa(dubbi indotti maggiormente dalla formulazio~ne del testo unificato della Camera) e siattribuiscano ad un'autorità governativa valu~tazioni in merito, può essere utile ricordarequanto affermato nel precedente parere, e cioèche la riserva di giurisdizione della Corte trovafondamento anche nella caratteristica, ricono~sciuta fondamentale (Corte costituzionale, sen~tenza n.201 del 1976), di essere l'azioneinnanzi ad essa promossa da organo indipen~dente e imparziale quale è il Procuratoregenerale della Corte dei conti. Indipendenza eimparzialità del titolare dell'azione (si veggaCorte costituzionale, sentenza n. 68 del 1971)tanto più necessarie quando si tratti di iniziati~ve che incidono su titolari di funzione, qualequella giurisdizionale, con sì specifici contenu~to e caratteri.

Tace, inoltre, la normativa in esame e nondisciplina l'ipotesi che con la responsabilitàdel magistrato concorra quella di altri dipen~denti dell'amministrazione giudiziaria. Piùazioni od omissioni possono concorrere adeterminare un evento lesivo per il cittadinoed in questi casi l'attuazione del principio delsimultaneus processus in sede di rivalsa sareb~be frustrato.

Ma non conta dilungarsi in merito a questo

vuoto normativo, come in ordine alle perples~sità che suscita sia la previsione dell'interventodel magistrato nel giudizio di responsabilitàcontro lo Stato ~ conservato anche nella

soluzione adottata dalla Camera che in certosenso opera la differenziazione anzicennata ~

sia la norma che sancisce come la sentenzaemessa a conclusione di detto giudizio non fastato in sede di rivalsa, superflua ove sicostruisca normativamente un'azione di re~sponsabilità del magistrato in termini propri;nè, infine, gli ulteriori vuoti normativi per icasi di transazione tra amministrazione ecittadino e per la responsabilità degli apparte~nenti ad organi collegiali, stante l'indetermina~tezza della norma proposta.

Il vero è che ~ come si rilevava nel

precedente parere ~ l'azione di rivalsa, nei

limiti in cui una scelta normativa ne rendaammissibile l'esercizio, ~ tenuto conto, si

ripete, della singolarità della funzione giurisdi~zionale e della natura dei provvedimentigiurisdizionali ~ e che risulti, quindi, giustifica~

ta nella coscienza sociale e degli stessi apparte~nenti alla magistratura, non può essere affidatache all'iniziativa di un organo pubblico indi~pendente ed imparziale e non può essereconosciuta che dal giudice naturale designatodalla Costituzione».

Le argomentazioni svolte dalla Corte deiconti, nella loro completezza, ci esimono daulteriori commenti sul punto.

13. Una drammatica denuncia di incostituzio~nalità

Indubbiamente il dibattito alla Camera èservito a qualche cosa. Attraverso di esso si èchiarito quale fosse l'intento di quanti, primadal fronte del NO e poi dai banchi dellamaggioranza, per l'occasione ancora di unitànazionale, hanno ispirato questa legge. Occor~re va cancellare il voto popolare. Occorreva farvincere gli sconfitti, cancellando la responsa~bilità civile dei magistrati, contro ogni regolademocratica, contro ogni norma di dirittooltre che contro il buon senso. Ecco quantosostenuto alla conclusione del dibattito daMarco Pannella nel suo intervento alla Ca~mera.

«Mai, credo, come in questi ultimi sette mesi

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il nostro Parlamento ha mostrato di ignorare ilsuffragio popolare e gli obblighi che da essoderivano.Siamo andati alle elezioni politiche anticipatesulla bas~ della proclamazione urbi et orbi daparte della Democrazia cristiana ~ che inquesto trasse forse in qualche inganno icompagni comunisti ~ ma anche dei compagnisocialisti, del superamento del pentapartito. Èstato uno scontro duro, è stato liquidando ilruolo del Parlamento; dopo questo voto abbia~ma avuto ~ scusate se il termine non è quellogiusto ~ il pentapartito.

Siamo nell'ambito della incoerenza o del~l'arbitrio politico. Questa volta, cari colleghi,proprio grazie al clima, giustamente sottoli~neato anche dai miei compagni e da tutti, incui avete e abbiamo lavorato in modo credoammirevole in questi giorni, proprio all'inter~no di questo clima senza esasperazione e senzaeccessi, io sento di dover sottolineare chestiamo per compiere un gesto, se anche l'altroramo del Parlamento ci seguirà fin dove siamogiunti, che passa dall'arbitrio politico ad unsospetto di illegittimità profonda.

Io non so se il Presidente della Repubblicapotrebbe promulgare questa legge con sereni~tà. Brevemente, vorrei rivolgere una domandaall'onorevole Martinazzoli, all'onorevole Tor~torella, e al ministro Vassalli; se questa leggefosse stata approvata in luogo del «pacchettoRognoni», il cui iter non giunse a termineperchè patente appariva la sua non pertinenzacon il quesito referendario, sicchè in moltidicemmo, che, quand'anche questo pacchettofosse stato approvato, non avremmo superato,a parere della Corte costituzionale, i motivi deireferendum, perchè sul punto specifico dellaresponsabilità civile il «pacchetto RognonÌ»non dettava una disciplina che, in base allagiurispudenza della Corte costituzionale,avrebbe consentito una preclusione del refe~rendum; se questa legge fosse stata approvataprima del referendum, dicevo, la riforma inpejus (e non in meglio nella sua specificità)dell'istituto della responsabilità civile, l'unicoin questione (non quello del risarcimento deldanno ingiustamente patito, non quello dellaresponsabilità dello Stato, ma della responsa~bilità civile del magistrato, quale è prevista neinostri codici, che volevano sottrarre alla

subordinazione della volontà politica dell'ese~cutivo ed estendere dal dolo alla colpa grave),avrebbe potuto essere ritenuta superata dallaCorte costituzionale, anche secondo la suamalaugurata giurisprudenza, come avvenne ~

ricordatelo ~ per l'inquirente e per i tribunali

militari?Ma, se questo è vero (e ho riflettuto, anche

tenendo presente i grandi cambiamenti), suche cosa ci siamo scontrati? Sulle tesi diRodotà e di La Malfa? Su verità da chierici?Sugli articoli in parte ricordati dai sostenitoridel «no», da Tortorella (i quali ancora unavolta contrapponevano la verità di chierici delsapere e del potere congiunti, in un significato,in una semantica delle parole opposte)?

Ci siamo confrontati per un anno ~ e losapete ~ sul fatto se occorresse che al giudice

fosse resa la dignità di piena responsabilitàcivile diretta, ancorchè disciplinata e previstain modo pieno, o se invece si dovesse abolire,quando nei codici era prevista, facendo si cheil cittadino potesse solo citare lo Stato attraver~so filtri ed altro.

In coscienza, signor ministro, credo, che,tecnicamente sia sostenibile che vi è unaforma di responsabilità indiretta. Ma quando ichierici del sapere e del potere hanno bisognodi dire cose che appartengono semplicementealloro sapere e potere e che non è lecito che ilaici, che il popolo nel momento in cui votano,possano solo immaginare di votare perchèscompaia quel tanto di responsabilità civilediretta che c'era, allora nè il popolo nè laCorte costituzionale si sarebbero espressi.

Ancora adesso resta un quesito (forse nondobbiamo riflettervi?): è vero che i comitatiper i referendum (riconosciuti dalla Cortecostituzionale come poteri dello Stato primadell'approvazione di questa legge, che è rifor~ma in peggio rispetto all'atto legislativo abro~gativo indiretto del popolo) non possono, nonhanno titolo ad agire per sollevare un conflittodi competenze, una contestazione di straripa~mento?

Non lo so; su tutto bisogna certo riflettere.Per questo, comunque, signora Presidente,

nutro un sentimento opposto. Forse perchènon ho il merito ~ e ve ne chiedo scusa ~ di

aver lavorato non solo come i miei compagni,a cominciare da Mellini, Rutelli, ma come tutti

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voi, onorevole Nicotra, dando sicuramentevita ad una delle migliori pagine di lavorodegli ultimi anni, forse di alcune legislatureprecedenti; forse perchè non ho questo merito(non possono rivendicarlo, sono stato di fattoassente) ho probabilmente maggior distacco.

Non vedo la congruità fra quello cheabbiamo chiesto al popolo di stabilire secondoCostituzione e quello che stasera, con soddisfa~zione quasi generale, è considerato un buonlavoro, confondendo il buon lavoro di questigiorni còn i limiti assegnati d'imperio daipartiti e dal grande potere che i magistratihanno sempre di più.

Devo dire qui ad alta voce che ogni settima~na che passa, signora Presidente, comincio adintravedere più corruzione, la più volgare, lapiù grave; più potere di classe nella magistra~tura, piuttosto che nella politica.

Vedo,. scopro, sento parlare di dossiers (inCampania, dovunque) che fanno accapponarela pelle.

Non sono solo le vanità, Martinazzoli, nonsono quelle le cose che a volte hanno e cihanno infastidito; non sono le petulanze, lemancanze. Quante volte io, che pur sentivo isuccessi di queste ore, di voi, di voi tutti, delParlamento, signor Presidente, ho avuto ilsentimento che malgrado tutto si stesse votan~to (sì, da un terzo alla metà) a difesa delmagistrato colpevole, a difesa del peggio!Perchè, sono convinto, in quel momento nonsolo Carnevale, ma la grande maggioranza deigiudici italiani non si sarebbe sentita difesa etutelata da questo nostro zelo (non più dellatassa di 12 milioni, anche se per tre volte in unanno lo Stato sarà condannato; 12 milioni enon più, non tre azioni diverse!).

Non era forse giusto che fosse il rappresen~tante del partito (nella fattispecie quellorepubblicano) che ha assunto alla lettera unatteggiamento crispino, un atteggiamento del~la sinistra, l'atteggiamento più demagogico eautoritario, ad essere relatore in questa Assem~blea, in una Assemblea che avrebbe dovutolegiferare secondo il «sì»?

Apprezzo come sempre, ammirato e dolente,le virtù moralistiche ed il contributo moralisti~co, che è alto, ad esempio del collega Marti~nazzoli. L'ho ascoltato, ma ci sono dei limiti disemplicità che i cammini più tortuosi o quellipiù tormentati non ci consentono di superare.

Non esprimerò il mio voto, convinto comesono che in questo voto della Camera, nelmomento in cui il provvedimento dovessegiungere, così com'è, alla promulgazione daparte del Presidente della Repubblica, gravisarebbero i sospetti della sua piena legittimitàe sicuramente della sua non congruità nelladialettica democratica che abbiamo vissutoquest'anno. Di conseguenza non posso parteci~parvi, ed il modo migliore che ho per espri~mermi è quello di dichiarare che non possovotare, perchè ritengo che in questa votazioneandiamo al di là di quel che ci è richiesto e diquello che siamo autorizzati a fare.

Stiamo andando al di là dello spirito e, forse,anche della lettera della legge. In questecondizioni, signora Presidente, non voterò. Equando il Presidente della Repubblica avràprolungato questa legge, con umiltà (ancorauna volta scusatemi se sono noioso), perl'ennesima volta da quando sono stato eletto,in quel momento stesso mi dimetterò daparlamentare della Repubblica italiana» (Ca~mera dei deputati, seduta del 21 dicembre1987).

14. Conclusioni

Abbiamo documentato, crediamo con dovi~zia di documenti che abbiamo spesso volutoriprodurre pressochè integralmente perchèsiano presenti a dimostrazione della nonimprovvisazione e della non strumentalitàdell'iniziativa referendaria, la posizione chealcuni miserabili, politicamente e cultural~mente, hanno ascritto al disegno della P2.

Ci sentiamo di dire che la vicenda delreferendum ha conosciuto un vero tradimentodei chierici (con le solitarie eccezioni diSciascia, Mereu, Pisapia e pochi altri) e untragico tradimento dei padri se è vero cheAchille Battaglia, su «Il Mondo» del 18 Novem~bre 1950 scriveva un lungo editoriale dal titolo"Il Giudice Responsabile" seguito dal somma~ria esplicativo «Al Congresso dei Magistrati,tenutosi recentemente a Napoli, è stata recla~mata la piena indipendenza della Magistratura.Oltre che indipendente, il giudice deve essereperò responsabile del proprio operato difronte alla legge comune, come qualsiasi altrocittadino».

Di Achille Battaglia ricordiamo alcuni brani

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tratti dal volume "I giudici e la politica"; sitratta di un testo stampato nel 1962:

«Qual'è il limite della cosiddetta immunitàdel giudice nell'esercizio delle sue funzioni?

È evidente che un limite a questa pretesaimmunità debba esitere, e debba essere vigoro~samente difeso. Se non ciò non fosse (se nelnostro ordinamento giuridico esistesse unacategoria di funzionari costantemente copertida irresponsabilità privilegiata, cui fosse lecitoviolare i doveri del proprio ufficio, e la leggecomune, senza dover rispondere nè dell'illeci~to che compiono, nè del danno che arrecano),la democrazia sarebbe finita, e saremmo giàpronti per un regime di mandarinato.

Un limite dunque esiste, ed è certamentestabilito dalla legge. Ma sta di fatto che, ogniqual volta ci si azzarda a censurare una senten~za aberrante, e a chiedere che il giudice siachiamato a rispondere, in qualche modo, delsuo operato, si levano subito alte grida controquesta innocente pretesa, come se essa costi~tuisse un attentato alla libertà e alla indipen~denza della magistratura! E perchè mai? E cherapporto c'è tra la "indipendenza" dei giudici ela loro "irresponsabilità", o, come può anchedirsi, tra il loro diritto di non rispondere algoverno del propio operato, e il loro diritto dinon rispondere, uti singuli, al privato cittadi~no?

Se un rapporto c'è, oso dire che è propriol'opposto di quello che comunemente si crede.I governi dittatoriali, infatti, hanno semprebisogno di giudici proni e servili, ma, nellostesso tempo, son sempre pronti a coprirli, peri propri fini, della più larga immunità; e,all'opposto, i regimi liberi si fondano bensì suuna magistratura indipendente, ma, se voglio~no vivere, debbono renderla "responsabile".

Nel nostro paese, appena ci si trova dinanzia una sentenza aberrante, ci si rivolge subito alministro di Grazia e Giustizia affinchè... "adottiprovvedimenti", o "appresti rimedi", o "espri~ma il suo giudizio".

Ciò apparirebbe ridicolo in Inghilterra, oveil giudice risponde sempre deì propri atti alpari di ogni altro cittadino, dinanzi alla leggecomune. È evidente che, nelle loro sentenze, igiudici non debbano fare nè l'apologia delfascismo, nè la propaganda contro la Repub~blica, nè quella a favore di un partito, e tanto

meno, debbono offendere gratuitamente icittadini, o i governanti. Ma se violino, nelleloro sentenze, la legge comune, debbonorisponderne dinanzi alla legge comune; seviolino soltanto i doveri del proprio ufficiodebbono risponderne soltanto dinanzi all'Ordi~ne giudiziario, cui la nostra Costituzionegarantisce l'autogoverno. In Inghilterra nessu~no si meraviglia che un giudice venga trattodinanzi alla autorità giudiziaria ordinaria, daun cittadino privato, che gli chieda conto deldanno o del torto fattogli nella sua sentenza.Ma, ciò nonostante, l'indipendenza del magi~strato inglese dal potere esecutivo è tradiziona~le e, da antichi tempi, consolidata. Basta, aconvincersene la stessa formula del giuramen~to inglese, con cui il giudice si impegna arendere giustizia senza riguardi di persona, e anon rifiutarla a chiunque la chieda, «anche sevi sia ordine espresso dal sovrano che tenti distornarlo dal proprio dovere»; e se nelle aulegiudiziarie del fascismo vennero collocati, consolennità e compunzione, i ritratti del capo delgoverno, quasi a significare la diretta "dipen~denza" dei giudici dalla sua persona, nella saladell'Alta Corte inglese è affrescato l'episodio diun giudice che fece arrestare e chiudere nellaTorre di Londra lo stesso principe ereditarioche gli si era presentato a sollecitare l'impuni~tà di un proprio valletto!

Bisogna aggiungere che se nei paesi diantica libertà è stato sempre inteso il bisognodi una magistratura indipendente, ciò è dive~nuto, nelle democrazie moderne, una condi~zione essenziale di vita civile. Il progressivoaccentramento statale ha eliminato e distruttotutti. i cosidetti "contro poteri" (e cioè tuttequelle forze particolari che nel feudo o nellaChiesa, negli ordini o nelle corporazionidifendevano in qualche modo i sudditi dalprepotere del sovrano e dei suoi agenti) e,restringendo altre si l'interna dialettica delleforze, ha accentuato la tendenza dei governan~ti a fare ricorso alla forza per trionfare deipropri oppositori. Ora, la specifica funzionedel giudice è appunto quella di prevenire ereprimere qualsiasi ricorso alla forza, sia essapubblica o privata: sicchè, nel mondo moder~no, egli sembra divenuto l"'unico difensore"dei diritti e delle libertà individuali, e la suaindipendenza dal governo non è un attributo

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accessorio dello ~tato democratico, ma ne èaddirittura la indeclinabile premessa.

Ma quando il potere dei giudici si è talmenteaccresciuto da consentire loro di contrastareal governo ogni suo passo fuori della legalità(nel che consiste, appunto, uno dei principalidoveri del giudice in regime democratico) èassai difficile che l'esercizio di così ecceziona~le prerogativa non finisca col generare errori eillusioni nei magistrati meno esperti o menointelligenti. Questi, allora, cominciano a consi~derare la prerogativa della loro funzione comeun privilegio personale o di casta, il lorodiritto di sindacare il governo nella legalità dialcuni suoi atti come il diritto di sindacarlogiudiziariamente nelle sue direttive politiche,e quello di non rendergli conto del propriooperato come un diritto di non renderne contoa nessuno.

Ciò che facilita questi errori, e le "sentenzeaberranti" che ne derivano, è a mio avvisoquella immunità giudiziaria da cui il giudice sisente protetto. Bisogna riconoscere che essa èpiù estesa di fatto che di diritto: ma tende,tuttavia, a estendersi sempre più, per i faciliequivoci che le nascono intorno, e per la stessatendenza dei giudici a dilatarla.

Non è il caso, qui, di ricercare le originistoriche della responsabilità limitata del giudi~ce, affermata in quesi tutte le legislazioni degliStati continentali di Eu;'opa. Basterà accenna~re che essa non ha nulla a che fare con ladottrina della separazione dei poteri, e dellaloro reciproca indipendenza. Sconosciuta, oquasi, nel diritto romano e nel diritto comune,essa nasce assai tardi, con lo Stato moderno,quando i giudici hanno già perduto da tempola loro sovranità feudale, e sono già divenutidipendenti dal re o funzionari dello Stato; esorge, invero, per le stesse ragioni che avevanogià portato, o porteranno, alla limitazione diresponsabilità degli altri funzionari: non atutela della loro indipendenza, o del loroprestigio, o del loro interesse, ma anzi a tutela"del prestigio e degli interessi del Re", o delloStato, che non vogliono rispondere, verso iprivati cittadini, nè dell'operato dei lorodipendenti, nè dei danni da essi cagionati.

Nell'ordinamento positivo italiano, e secon~do la interpretazione prevalente della dottrina,i giudici non rispondono mai dei danni

cagionati per colpa, e cioè per negligenza,imperizia, inosservanza dei regolamenti ecc.Chiunque abbia colposamente arrecato danniad altri è obbligato a risarcirli; il giudice, no.Nell'esercizio delle sue funzioni può esserenegligente e incapace quanto voglia, e com~promettere i più vitali interessi privati, ma nonrisponderà a nessuno dei danni arrecati,finchè non si dimostri che abbia agito per doloo per frode. E lasciamo andare la frode, chenon dà luogo a questioni. Ma esistono molticasi di dolo che quasi si confondono con lacolpa e di cui oggi nessuno oserebbe chiedereconto ai magistrati, sebbene le leggi di appenamezzo secolo fa lo imponessero espressamen~te, come ho cen~ato di dimostrare altrove, intema di libertà personale.

Questo privilegio del giudice nuoce, e nongiova, alla stessa magistratura, al suo prestigionel paese, al migliore espletamento della suaaltissima funzione. "Non è con disposizioni diprivilegio ~ scriveva il Chironi ~ che possonocondurre alla irresponsabilità per imperizia(condannabile specialmente nel giudice che èchiamato a decidere questioni delicatissime egravissime), bensì con l'estendere a ognipubblico ufficiale il principio ordinante laresponsabilità per danni colposamente dati,che si rafforzano meglio le istituzioni". Laobbligazione di risarcire, come è guarentigiapotente alla inviolabilità del diritto, dà puresicurezze che, nell'adempimento del pubblicoservizio, il funzionario ponga tutto lo zelonecessario. La liberazione da tale responsabili~tà è tutela ingiusta per i funzionari incapaci enegligenti e non contribuisce alla autorità e aldecoro delle autorità giudiziarie.

Nè potrei esprimere meglio la efficaciamortificante di questa eccezionale prerogativadei magistrati sulla loro selezione e sulladignità dell'Ordine giudiziario, di quanto face~va, SO anni fa, un insigne magistrato, ilPiola~Caselli: "La limitazione sostanziale delleresponsabilità giudiziarie ai soli casi di denega~ta giustizia, dolo e concussione, non è raziona~le, e rappresenta un privilegio contrario allospirito dei tempi. Essa giova solo ai magistratinegligenti, a danno quindi non solo delle parti,alle quali si nega il diritto al risarcimento deldanno, ma della magistratura e in genere dellagiustizia: perchè magistratura e giustizia avreb~

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bero un legittimo interesse a che i magistratinon consci della importanza e gravità dellaloro missione siano soggetti all'efficace sinda~cato dei privati interessi. Il legislatore italiano,adottando questo principio dal diritto france~se, disconobbe la nostra tradizione storica che,a differenza di quella francese, mai coprì lamagistratura di questa irresponsabilità privile~giata" .

Nè si dica che questo privilegio del giudicesia necessario per garantirgli l'esercizio serenodella sua ~ltissima funzione, per salvarlo dalleingiuste persecuzioni di litiganti accaniti otemerari, o dai .loro risentimenti, e per impedi~re che sia chiamato a rendere conto anche diquegli errori che sono inevitabili nell'eserciziodi ogni umana attività. Questi pericoli sonocompletamente ovviati dal fatto che nessunmagistrato può essere convenuto in giudiziosenza una preventi\;a deliberazione della fon~datezza dell'azione che si vuole intentarecontro di lui.

Ma anche qui occorre compiere un rilievo diqualche interesse. Secondo il vecchio codiceitaliano di procedura civile questa deliberazio~ne preventiva veniva compiuta dalle Corti diappello o dalla Corte di cassazione,competen~ti a giudicare della azione stessa; secondo ilcodice del 1941 deve essere compiuta, invece,dal Ministro di grazia e giustizia, ed ha la formadi una vera e propria "autorizzazione a proce~dere". È evidente che il legislatore liberale nonsi preoccupava tanto di salvaguardare laimmunità del giudice, quanto l'autonomiadell'ordine giudiziario; e quello fascista non sene preoccupava affatto, pur proteggendo ilfunzionario "dipendente" con efficacia forsemaggiore.

Se, dunque, si vuoI garantire veramentel'indipendenza della nostra magistratura siattui fino in fondo il comando della Costituzio~ne che sancisce l'autonomia sovrana delpotere giudiziario; e si cessi da ogni interventodell'esecutivo sui magistrati, tanto a lorocontrollo, quanto a loro difesa. Ma si dichiariche il giudice è sempre soggetto, come ognialtro cittadino, alla legge comune, e non è maiautorizzato a compiere ciò che questa nonconsente ad altri. Ciò gioverà anche a mante~nerlo più strettamente legato al suo compito

tecnico~giuridico, evitandogli di cadere nelleillusioni e negli errori di cui ho fatto cenno nelprimo capitolo, e impedendogli di avventurar~si su un terreno non scevro di pericoli per lasua stessa indipendenza. La legge comune e ilsindacato dei privati interessi sono i solirimedi concepibili in un regime democraticoper impedire che l'autonomia conduca all'al'~bitro e l'indipendenza trasmodi in licenza» (A.Battaglia. I giudici e la politica: Laterza, Bari ~

1962).

Ma Battaglia aveva pubblicato molti articolisu «Il Mondo», fin dall'inizio degli anni '50: [ya

i tanti ne abbiamo scelto uno pubblicatonell'agosto del 1953:

«La giustizia deve pagare. ~ Ma tra le 32

nazioni elecate dal Rocca mancano l'Inghilter~ra e gli altri paesi anglosassoni, che dall'1nghil~terra hanno tratto le proprie procedure. Quivige un principio assai diverso dal nostro, mache si riallaccia direttamente al diritto roma~no. Qui lo Stato non paga (o, meglio, nonsempre paga) per le colpe e gli errori dei suoifunzionari; ma in luogo dello Stato, e primadello Stato, pagano sempre, direttamente, e dipropria tasca, i funzionari "Nessuna dellegaranzie date al cittadino nello Stato modernoha alcun valore", scriveva Laboulaye in unagrande opera del secolo scorso, "se nonvengono vivificate dalla responsabilità chepesa personalmente sui magistrati... L'azionecivile data ad ogni cittadino contro il magistra.to che ha violato la legge nei suoi riguardi è lapiù efficace delle garanzie; quella che in ognitempo ha caratterizzato i paesi realmenteliberi, e li ha distinti dai governi nei quali laforza del sovrano calpesta i diritti dei sudditi".

Noi consideriamo la responsabilità del fun~zionario come un'offesa al suo prestigio o unattentato alla sovranità dello Stato: ma, inverità, è la immunità del funzionario checostituisce, giornalmente, il più grave attenta~to ai diritti del cittadino. Essa sorse proprio aquesto scopo, e cioè a tutela degli interessi delre, contro i Parlamenti e le corti di Francia: nèpuò dimenticarsi quanto scriveva, cento annifa, Tocqueville, su questo scottante argomen~to: "I nostri funzionari considerano la loroimmunità, o cioè il loro privilegio, come una

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delle grandi conquiste dell'89: ma la verità èche prima della Rivoluzione francese il gover~no poteva coprire i propri agenti soltantoricorrendo a mezzi illegali e arbitrari, mentre,in seguito, ha potuto lasciare che essi violasse-ro impunemente la Legge". Allora, il dispoti~sma mostrava chiaramente la sua faccia, ed ilcittadino si sottoponeva soltanto alla forza:oggi ogni attentato ai diritti del cittadino ècoperto dell'immunità, e viene eseguito al~l'ombra e al riparo della Legge.

Non intendo tornare a discutere, qui, unargomento su cui ho già scritto più volte inquesta stessa e in altre riviste. Torno a ripetereperò che noi vogliamo "il giudice responsabi~le" appunto perchè non vogliamo il mandari~nato dei giudici, e lo vogliamo non solonell'interesse del cittadino, della Legge, dellalibertà e della retta amministrazione dellagiustizia,. ma anche nell'interesse degli stessigiudici, della loro effettiva indipendenza, delloro prestitio nel paese, della loro migliore se~lezione.

Secondo l'interpretazione di autorevoli trat~tatisti, l'art. 28 della Costituzione detta anchequi un comando che deve essere attuato, eimpone un notevole passo in avanti sullalegislazione che ci governa. Esso parla dellaresponsabilità diretta e personale "dei funzio~nari dello Stato e degli Enti pubblici per atticompiuti in violazione di diritti": e parlaaltresì, della responsabilità dello Stato e deglienti pubblici per gli atti illeciti dei lorodipendenti. Sono convinto. che se questocomando cpstituzionale verrà attuato, senzaesorbitanze e senza mezze misure, negli ampilimiti in cui fu concepito, sarà assicuratafinalmente la completa riparazione alle vittimedegli errori giudiziari. Ma si sarà fatto anchequalche cosa di più: si sarà ovviato, nei limitidelle umane possibilità, anche al paurosocrescendo degli errori; che essi spesso, comenel caso Corbisiero, sono determinati dadeplorevoli negligenze e leggerezze, o chetalvolta, come nel caso Briganti, Tacconi eDesbayes, nascono addirittura dal dolo» (A.Battaglia, «Il Mondo», 18 agosto 1953).

Con un altro articolo, Achille Battaglia tornasull'argomento: si tratta di una «Lettera scar~

latta» intitolata <<ilgiudice responsabile» pub-blicata nel settembre dello stesso anno:

«Nel n. 35 de "Il Mondo" Alberto Apponi michiede di precisare in che modo possa configu-rarsi una ~responsabilità del giudice "in caso digiudizio erroneo": e per togliere ogni dubbiosul significato da attribuire a questa suaespressione egli propone un tipico caso di"giudizio erroneo" determinato dalla colpa diuna delle parti (e precisamente nel difensoreche non propose validi motivi di impugnazio~ne) e non già dalla colpa del giudice, cnerespingendo la impugnazione attuò esattamen~te il precetto di legge. Dopo di ciò si diverte adomandarmi chi pagherà i danni derivatiall'imputato dai "giudizi erronei": se l'avvoca-to o il giudice, se quello di primo grado oquello di appello, se il solo estensore dellasentenza o l'intero collegio.

Ma, amico Apponi: nessuno ha mai sognatodi chiedere conto ai giudici dei loro erroriincolpevoli (nel tuo esempio dovrebbe consi~derarsi tale quello del giudice di primo grado);e tanto meno di condannare civilmente...quelli che applichino fedelmente la legge (neltuo esempio, il giudice di appello o dicassazione); così come nessuno ha mai dubita-to che i giudici debbano sempre risponderedelle loro dolose decisioni: ma anche se questefossero prese collegialmente, ne risponderan-no soltanto le persone fisiche dei magistraticonvinti di dolo. Proporre dubbi in propositoserve solo a confondere le idee.

L'errore da cui può nascere, per chiunque,una responsabilità civile è soltanto l'errorecolpevole, e cioè determinato da imperizia. Maio non ho neppure parlato di responsabilità delgiudice per imperizia, e non ne sono fautore. Ildiritto romano lo indiceva certamente nelperiodo repubblicano (e sebbene l'Albertarioabbia dato una contraria interpretazione dellafamosa lex "si filius familias" esistono, perconfermarla, numerose altre fonti che hoavuto occasione di ricordare altrove); ma iosono convinto che la immunità giudiziariapossa benissimo continuare a coprire la re-sponsabilità del giudice anche per imperizia eper grossolana ignoranza, senza eccessivodanno nè per la giustizia nè per la magistra-tura.

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Ciò che deve restar fuori dalla immunità ~

ciò di cui il giudice deve essere sempreresponsabile ~ è la sua colpa per negligenza.

Così, almeno, la pensavano i nostri padri, ecosì disponevano i primi codici del secoloscorso. Quello napoleonico, per esempio,dopo aver affermato la responsabilità delgiudice nella ipotesi generale di "denegatagiustizia colposa" ~ consistente nella sua

"trascuratezza di giudicare gli affari in stato diessere decisi" ~ ne regolava a parte alcune

ipotesi speciali (art. 15, 164,370,593 P.C. per icasi di perenzione dopo la interlocutoriadeterminata "dalla colpa del giudice che nonha pronunziato definitivamente", o per il casodi nullità della sentenza per esserle mancata lafirma del giudice entro i termini di legge).

Ma i nostri padri ~ ed è questo l'argomento

da me trattato, e su cui non mi stancherò maidi richiamare l'attenzione degli amici ~ erano

particolarmente severi contro le negligenzedel giudice che offendevano la libertà persona"le del cittadino. In questo campo, ogni inosser"vanza di termini, di formalità e di garanziedava sempre luogo ad una colpa grave, e allaconseguente responsabilità del giudice per idanni da lui arrecati. Spesso, poi, alla respon~sabilità civile veniva aggiunta quella penale (ditipo quasi obiettivo, deprecata da Apponi) etalvolta, per violazioni procedurali che oggipassano inosservate, e che non sono colpiteneppure da nullità, venivano inflitte al giudicele pene del carcere o della multa. Ancora inepoca recente, per esempio, la legge francesedell'8 dicembre 1897 disponeva: "Il Procurato~re della Repubblica che non avrà trasmesso algiudice istruttore il prevenuto perchè renda ilsuo interrogatorio entro le 24 ore dovràrispondere del delitto di attentato alla libertà".

Certo, oggi siamo ben lontani da tutto ciò!Ma non sono forse peggiorate le condizionidella giustizia e dei giudicabili? Non si levaogni giorno, intorno a noi, una nuova protestacontro le nostre procedure? E perchè nontornare, almeno in quel modesto settore, alprincipio della responsabilità del giudice,fortemente radicato nella nostra tradizionestorica, e utilmente praticato, anche oggi, neiPaesi anglosassoni di antica e nuova libertà?»(A. Battaglia, «Il Mondo», 15 settembre 1953).

I

Se nonostante il voto non si demorde daparte dei sostenitori della pretesa autonomia eindipendenza dei giudici, questo atteggiamen~to dà il senso reale alla campagna del «no»;ipotecare comunque la legge falsificando que~sto esito referendario e dimostrando così laforza superiore alla volontà popolare di unalobby più che di una corporazione.

Se per l'Inquirente o il nucleare, in presenzaperaltro di domande meno specifiche e piùsuscettibili di diverse soluzioni i Partiti e ilParlamento si fossero comportati in analogomodo, lo scandalo sarebbe stato enorme sullastampa e nell'opinione pubblica.

In questo caso si sconta ancora il ruolo deimass~media che hanno diretto e orchestratouna campagna invece di informare.

Ecco, essere in sintonia con il Paese reale,con quella maggioranza dell'80 per centovilipesa anche dalle buone coscienze che inquesta occasione hanno scoperto l'albero dellapartitocrazia non riconoscendo la foresta dellacasta, e sentirsi straniero in patria nelle Auledel Parlamento è la dolorosa contraddizioneche il relatore di minoranza presenta nella suatragica nudità.

Certo, la sconfitta ad opera della consocia~zione dei partiti non significherà che il referen~dum sia stato inutile, anzi rivençìichiamo ilvalore positivo del «sì» come affermazione deidiritti dei cittadini e come vittoria dellacoscienza dei magistrati liberi e indipendentiche, con Hamilton, non vogliono impugnare laspada nè dispensare onori, e non disporredella borsa, ma solo esercitare il giudizio,«potere di ragione» e non di forza, avendo lasoddisfazione di aver contribuito a porre la«questione giustizia» al centro dell'agendapolitica come questione centrale della demo~crazia del nostro Paese.

Quest'opera ~ ci auguriamo ~ sia utile

perchè non si arrivi ad una edizione definitivadella legge che contrasti totalmente con lavolontà espressa dal voto çlell'8~9 novembre1987, che non aumenti il disagio e nonsoggiaccia, come è stato autorevolmente dettodal ministro Vassalli, al ricatto di un disegno dilegge imposto dalla magistratura conformealle proprie aspirazioni e che non potrà essereapplicato e quindi destinato al fallimento con

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la maledizione di nove gradi di giudizio chepotranno durare dai dieci ai venti anni per ilcittadino che ~ malauguratamente ~ vi ricorre~rà. Non è solo una pura coincidenza chequesto dibattito sia contemporaneo al depositodel testo del nuovo codice di procedurapenale, ed è di buon auspicio che in qualchemodo questo impegno favorisca l'approvazio~

ne delle riforme urgenti per il nuovo processoproprio a partire da una questione da moltidefinita marginale e che invece si è rivelatadecisiva come punto di discrimine a favore delDiritto.

CORLEONE,relatore di minoranza


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