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Decisione 29 aprile 1967, n. 283; Pres. Santoni Rugiu, Est. Leone; Saccuzzo (Avv. La Ferlita,...

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Decisione 29 aprile 1967, n. 283; Pres. Santoni Rugiu, Est. Leone; Saccuzzo (Avv. La Ferlita, Lipara) c. Assessorato agricoltura (Avv. dello Stato Mazzei), Saccuzzo (Avv. Martinez) Source: Il Foro Italiano, Vol. 90, No. 11 (NOVEMBRE 1967), pp. 507/508-511/512 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23157382 . Accessed: 28/06/2014 09:38 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.66 on Sat, 28 Jun 2014 09:38:08 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Decisione 29 aprile 1967, n. 283; Pres. Santoni Rugiu, Est. Leone; Saccuzzo (Avv. La Ferlita,Lipara) c. Assessorato agricoltura (Avv. dello Stato Mazzei), Saccuzzo (Avv. Martinez)Source: Il Foro Italiano, Vol. 90, No. 11 (NOVEMBRE 1967), pp. 507/508-511/512Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23157382 .

Accessed: 28/06/2014 09:38

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PARTE TERZA

stesso numero, il prefetto, premesso che l'istruttoria non si

era conclusa alla data del 30 giugno 1965, comunicava « che

a tale data si è caducata la pubblica utilità dell'opera confe

rita dall'art. 4 decreto legisl. 14 dicembre 1947 n. 1598, per mancata nuova proroga di legge del termine decennale di cui

all'art. 2 stessa legge, già prorogato al 30 giugno 1965 con

l'art. 29 della legge 29 marzo 1957 n. 634 »; e che « in con

seguenza non potrà darsi ulteriore corso alla procedura in

parola ».

La comunicazione 13 settembre 1965 costituisce l'oggetto del secondo ricorso: e l'unico punto da decidere è se sia

esatto che il decreto legisl. 14 dicembre 1947 n. 1598 abbia

perduto vigore (secondo motivo), essendo evidente l'inconsi

stenza delle altre censure, poiché se la tesi del prefetto fosse

esatta, non si potrebbe ravvisare vizio di contraddizione con

precedenti atti ispirati in ipotesi ad una contraria ed errata

interpretazione di legge (primo motivo), e sarebbe certo che non si potrebbe più promuovere un'espropriazione in base ad una dichiarazione di pubblica utilità divenuta inefficace (terzo motivo).

Il decreto legisl. 14 dicembre 1947 n. 1598, contenente di

sposizioni per la industrializzazione dell'Italia meridionale ed insulare (ratificato con modificazioni dalla legge 29 dicembre 1948 n. 1482) è anteriore al concetto organico degli inter venti a favore dell'economia del Mezzogiorno, che cominciò ad essere attuato con la legge 10 agosto 1950 n. 646, sul l'istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno); e quindi le relative norme, nell'origine e nella prima attua

zione, poterono presentarsi come autonome rispetto al com

plesso degli interventi successivamente e progressivamente disciplinati.

Ma con la legge 29 luglio 1957 n. 634 (« Provvedimenti

per il Mezzogiorno »), mentre l'attività della Cassa fu pro rogata al 30 giugno 1965 (art. 1), l'art. 29 (inserito nel titolo

III, « Agevolazioni per lo sviluppo industriale ») stabili: « Le

disposizioni di cui agli art. 2, 3, 4, 5 del decreto legisl. 14 dicembre 1947 n. 1598, quali risultano dalla legge di ratifica 29 dicembre 1948 n. 1482, e successive modificazioni, si ap plicano a tutti gli stabilimenti che si impianteranno sino al termine stabilito dal 1° comma dell'art. 1 della presente legge. Esse sono parimenti applicabili agli stabilimenti che, entro l'indicato termine, saranno ampliati o rammodernati ». L'ar ticolo 4 è quello che contiene la dichiarazione di pubblica utilità delle iniziative industriali. In conseguenza, tale dispo sizione venne assunta come parte integrante della disciplina delle « agevolazioni per lo sviluppo industriale », ed aggan ciata, per dir cosi, temporalmente al termine di durata del l'attività della Cassa per il Mezzogiorno, che costituisce, come è noto, il fulcro degli interventi statali nell'economia meri dionale. Tale inserzione è tanto più rilevante, in quanto l'art. 21 della legge citata prevedeva un altro strumento di incentivazione delle industrie meridionali; e cioè i con sorzi per zone industriali alle cui opere era espressamente estesa la dichiarazione di pubblica utilità di cui all'art. 4 decreto legisl. cit. Ed è chiaro perciò che il legislatore non

ritenne, con l'introduzione del nuovo mezzo, fondato sulla

organizzazione degli enti interessati e sulla pianificazione (cfr. art. 8 legge 18 luglio 1959 n. 555), superato ed assorbito il criterio di favore per le iniziative meramente individuali, cui sopperivano le norme anteriori: infatti, iniziative indu striali potrebbero sorgere dove non esistono o non possono essere costituiti i consorzi, o dove le opere debbano, per circostanze specifiche, essere realizzate fuori dei limiti dei

piani di zona consortili.

Il dubbio sull'attuale vigenza dell'art. 4 decreto legisl. cit. è sorto perché la sopravvenuta legge 26 giugno 1965 n. 717

(« disciplina degli interventi per lo sviluppo del Mezzogiorno), entrata in vigore il 30 giugno 1965, e ricollegantesi quindi, senza soluzione di continuità, alla legge 29 luglio 1957 n. 634, mentre ha disposto (art. 2) che « per la realizzazione ed il finanziamento degli interventi straordinari nei territori di cui all'art. 3 della legge 10 agosto 1950 n. 646, e successive modificazioni e integrazioni, l'attività della Cassa per il Mez

zogiorno è prorogata fino al 31 dicembre 1980 », non contiene una norma di proroga espressa dell'art. 4 decreto legisl. cit.,

come era contenuta nell'art. 29 della legge 29 luglio 1957

n. 634. Il dubbio, fondato ovviamente su considerazioni pura mente letterali, non è però fondato. La disposizione in esame, era fin dal 1957, come si è visto, considerata espressamente

parte integrante degli interventi per lo sviluppo del Mezzo

giorno, da valere in concomitanza temporale con l'attività

della Cassa. La legge 26 giugno 1965 n. 717, non « regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore » (art. 15

disp. prel. cod. civ.: nella specie trattasi anzi di più leggi) dimodoché si possa ravvisare in essa l'abrogazione per in

compatibilità di tutte le norme preesistenti. Al contrario, la

legge in esame, per quanto ampia e complessa, procede con

metodo alquanto frammentario, dettando in parte norme

nuove, in parte modificando, integrando o confermando le

precedenti. Il che può essere ribadito dall'esame di varie

disposizioni. L'art. 25 conferisce al governo la delega per l'emanazione di un testo unico « di tutte le disposizioni di legge finora emanate per la disciplina degli interventi

nei territori indicati dall'art. 3 della legge 10 agosto 1950 n. 646, e successive modificazioni ed integrazioni»: ciò che segnala l'esistenza di un certo numero di norme

vigenti, disciplinatrici di « interventi », non comprese nel

la nuova legge. L'art. 28, 2° comma, dichiara che « re

stano ferme le disposizioni della vigente legislazione in fa

vore dei territori meridionali, ivi comprese quelle riferite a

singole regioni o a particolari territori»: ciò che indica la

sopravvivenza di norme di favore non riprodotte o non men

zionate nel testo. Infine, l'art. 35 stabilisce che « le disposi sizioni legislative vigenti sull'attività della Cassa per il Mez

zogiorno incompatibili con la presente legge cessano di avere efficacia con l'entrata in vigore della presente legge che av

verrà lo stesso giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta

ufficiale della Repubblica italiana » (30 giugno 1965). Il che

significa, a contrariis, che conservano efficacia le norme com

patibili. In conclusione, dunque, il problema interpretativo si scinde

in due quesiti: se l'art. 4 decreto legisl. cit. sia norma autono

ma rispetto al sistema degli interventi prorogati, talché debba

considerarsi inefficace in difetto l'ulteriore espressa proroga; e

se sia norma incompatibile col sistema degli interventi disci

plinati dalla legge 26 giugno 1965 n. 717. La risposta nega tiva all'uno ed all'altro quesito è già implicita nelle prece denti considerazioni. La norma non è autonoma, perché già attratta nel sistema degli interventi a favore dell'economia

meridionale; e non è incompatibile, perché ha una funzione

propria di integrazione degli altri interventi a favore dello

sviluppo industriale. E deve perciò ravvisarsi in essa una di quelle disposizioni a favore dei territori meridionali che « restano ferme » a tenore dell'art. 28, 2° comma, della legge

citata; il che, come può desumersi dal raffronto tra le due leggi, 29 luglio 1957 n. 634, e 26 giugno 1965 n. 717, significa che la norma avrà vigore per tutta la durata dell'attività della Cassa (corrispondente di regola alla previsione di durata de

gli interventi straordinari), vale a dire, adesso, fino al 31 dicembre 1980.

Il secondo ricorso deve perciò essere accolto; ed il pre fetto dovrà istruire la seconda istanza della soc. « Fiamma Vesuviana », dandole quell'esito che nel legittimo esercizio dei suoi poteri discrezionali riterrà più opportuno.

Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Decisione 29 aprile 1967, n. 283; Pres. Santoni Rugiu, Est.

Leone; Saccuzzo (Aw. La Feruta, Lipara) c. Assesso rato agricoltura (Avv. dello Stato Mazzei), Saccuzzo (Avv. Martinez).

Sicilia — Riforma fondiaria — Assegnazione di lotto a di scendente di assegnatario defunto — Omesso esame com

parativo dei requisiti degli altri discendenti — Illegitti mità (Legge reg. 27 dicembre 1950 n. 104, riforma agraria in Sicilia, art. 37, 39).

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

È illegittimo il provvedimento di assegnazione di un lotto ad un discendente del precedente assegnatario, defunto prima del consolidamento a suo favore del diritto di proprietà sul lotto, quando il provvedimento non sia stato prece duto dall'esame comparativo dei requisiti degli altri di

scendenti aventi titolo preferenziale all'assegnazione, a

norma dell'art. 39 della legge siciliana di riforma fondiaria 27 dicembre 1950 n. 104. (1)

Il Consiglio, ecc. — La particolare normativa della legisla zione sulla riforma fondiaria in Sicilia attribuisce agli asse

gnatari dei lotti formati con le terre conferite ai soggetti pas sivi della riforma, un diritto di proprietà sottoposto alle par ticolari condizioni precisate all'art. 37 legge reg. 27 dicem

bre 1950 n. 104.

Fra l'altro il consolidamento del diritto di proprietà sul

lotto assegnato viene sospeso sino al versamento dell'intero

prezzo, e pertanto, in caso di morte dell'assegnatario prima che siasi verificato il consolidamento del diritto di proprietà sul lotto, in relazione ad esso non si opera il trasferimento

mortis causa in favore degli eredi.

Dispone, infatti, l'art. 37 della cennata legge che « all'as

segnatario che muore, prima di aver pagato l'intero prezzo, subentrato i discendenti in linea retta, ed, in mancanza, il

coniuge non legalmente separato per sua colpa, sempreché abbiano i requisiti richiesti dal successivo art. 39. In caso

contrario il terreno ritorna nella disponibilità dell'ente per la

pubblica amministrazione in Sicilia, per essere destinato a

nuove assegnazioni... », residuando per gli eredi dell'assegna tario defunto il diritto al rimborso delle somme in conto

prezzo pagato e del valore delle eventuali migliorie, dal de

cuius apportate al fondo.

Solo gli acconti versati e le eventuali migliorie apportate

vengono considerate patrimonio del defunto, e perciò soggette al principio del trasferimento mortis causa. Il diritto di pro

prietà sull'immobile, il cui consolidamento risulta ancora sot

toposto alla condizione dell'intero pagamento del prezzo, si

risolve con la morte dell'assegnatario. Il lotto ridiviene oggetto di nuova assegnazione, per la

quale hanno titolo preferenziale i discendenti e il coniuge

superstite del precedente assegnatario defunto, solo ed in

quanto essi possiedono i requisiti soggettivi richiesti dal

l'art. 39 della legge, per potere aspirare alla inclusione negli elenchi degli assegnatari dalla legge previsti.

È questa la disciplina legislativa del rapporto, conseguen te alla morte dell'assegnatario, che non ha pagato l'intero

prezzo del lotto a lui attribuito.

(1) Non risultano precedenti specifici. In generale, v. Cons,

giust. amm. sic. 8 agosto 1959, n. 484, Foro it., Rep. 1959, voce

Sicilia, n. 121, secondo cui il lotto acquisito a coltura agraria a seguito di bonifica, sorteggiato a persona già deceduta, viene

legittimamente assegnato ad uno dei discendenti in linea retta del sorteggiato purché sia in possesso dei requisiti prescritti. Sulla natura del diritto dell'assegnatario, v. Cons, giust. amm. sic. 15 dicembre 1966, n. 588, Foro amm., 1966, I, 2, 2119; per App. Catania 24 maggio 1956, Foro it., Rep. 1956, voce cit., n.

166, il trasferimento del diritto di proprietà dal proprietario all'as

segnatario si presenta come un negozio a formazione successiva, le cui fasi sono rappresentate dal piano di conferimento, dal

piano di ripartizione e dal verbale di sorteggio. Per qualche ri

ferimento, v. altresì Cass. 4 luglio 1964, n. 1756, id., 1964, I, 1591, la quale ha affermato che l'E.r.a.s. può opporsi all'esecu zione promossa da ogni altro creditore dell'assegnatario sui pro dotti del fondo assegnato, a norma dell'art. 37 della legge reg. 27 dicembre 1950 n. 104, « senza fornire la prova della pro prietà o di altro diritto reale sui beni pignorati ». In dottrina, v. G. Branca, Natura dell'atto di assegnazione di terre, in Banca

e cred. agr., 1953-54, 105; Fortini, Il contratto di assegnazione di terreni espropriati, in Riv. dir. agr., 1955, II, 135; Cremona, La riforma agraria in Sicilia, in Foro it., 1956, IV, 48. In rela

zione alla mancata emanazione delle norme regolamentari pre viste dall'art. 53 della legge regionale sulla riforma agraria in

Sicilia, nel senso che a tali norme non possono assimilarsi più atti amministrativi speciali, anche se abbiano il medesimo con

tenuto, v. Cons, giust. amm. sic. 15 gennaio 1958, n. 5, Foro it.,

Rep. 1958, voce cit., n. 118; 9 luglio 1956, n. 251, id., Rep. 1956, voce cit., n. 145; 7 maggio 1956, n. 177, ibid., nn. 151, 152.

Nel caso ora considerato, il lotto di terra ridiventa og getto di assegnazione, alla quale bisogna procedere in attua zione delle particolari norme dalla legge dettate.

Rivive quindi il potere della pubblica amministrazione, rivolto ad attuare la volontà della legge; la quale per la pri ma assegnazione (art. 40) prevede il sorteggio tra gli agri coltori del comune nel cui territorio i lotti risultano ubicati, mentre per la seconda assegnazione, conseguente alla morte del

primo assegnatario, prevede ancora il sorteggio, ma solo nel caso che non vi siano discendenti o coniuge del precedente as

segnatario defunto, aventi i requisiti per l'assegnazione, in fa

vore dei quali viene disposto il diritto di prelazione. Concorrendo alla nuova assegnazione diversi discendenti

del defunto assegnatario, il diritto di prelazione deve essere attribuito ad uno o più discendenti, in base ad esame compa rativo dei titoli rispettivamente posseduti.

Per questa nuova assegnazione l'amministrazione risulta

investita di un potere, che va esercitato con discrezionalità, vincolata però dalle norme che la disciplinano, che in sostanza

sono quelle che attengono ai principi generali che regolano i

concorsi.

L'assessore prima di procedere alla nuova assegnazione deve procedere all'esame dei titoli posseduti dai vari titolari del diritto preferenziale, richiedendo, in mancanza di una

particolare normativa regolamentare, la presentazione di essi, e acquisendo di ufficio le necessarie informazioni. Nel caso di

specie non risulta che l'assessore, per procedere alla nuova

assegnazione del lotto relitto del defunto assegnatario Saccuzzo Filadelfio abbia eseguito i su precisati principi che discendono

dalla ricordata normativa.

Dalla motivazione del decreto 30 settembre 1965, che di

spone l'assegnazione in favore di Saccuzzo Alfio, risulta che

l'assessore non considerò affatto la situazione di fatto e di diritto conseguente alla morte del precedente assegnatario. Nelle premesse del provvedimento viene solo richiamata la

domanda di Saccuzzo Alfio tendente alla assegnazione del lotto, a suo tempo sorteggiato in favore del suo genitore, e si con sidera solo che il richiedente « è in possesso dei requisiti ri

chiesti dall'art. 39 della legge... ».

Non si fa alcun cenno agli altri figli del precedente asse

gnatario defunto, neppure per escludere ogni loro diritto al

l'assegnazione. È mancato quindi, un qualsiasi raffronto comparativo fra

i diversi discendenti del defunto assegnatario, solo di seguito al quale avrebbe potuto seguire la scelta.

Il Saccuzzo Alfio, per dimostrare la sua posizione di figlio del de cuius, avrebbe dovuto presentare il certificato e un

atto notorio, dai quali avrebbe dovuto risultare che il richie

dente non era l'unico figlio del defunto assegnatario. In base

alle risultanze di tali documenti, l'assessore avrebbe dovuto

disporre una particolare istruttoria, per procedere alla scelta

del discendente dell'assegnatario defunto, che possedesse ti

tolo prevalente per la assegnazione. Cosi come risulta essere stato adottato, il provvedimento

di assegnazione soggiace quindi alle critiche formulate dal

ricorrente con il primo motivo dell'impugnazione. Manifesta risulta poi la illegittimità del secondo provvedi

mento, contenuto nella nota assessoriale 5 febbraio 1966, che

il ricorrente pure ha impugnato per erroneità e falsità di pre

supposti. L'ente di riforma agraria, su segnalazione dell'odierno ri

corrente, aveva accertato i vizi che inficiano il provvedimento di assegnazione in favore di Saccuzzo Alfio, e, con nota del

23 dicembre 1965, richiamato nella cennata assessoriale, aveva

proposto il riesame della pratica.

L'assessore, infatti, per escludere l'interesse dell'odierno

ricorrente all'assegnazione del lotto, formula due considera

zioni:

a) Saccuzzo Salvatore non ha presentato istanza, ten

dente ad ottenere l'assegnazione del lotto. Egli, peraltro, mai

ha coadiuvato il defunto padre nella gestione del fondo.

b) L'unico discendente celibe convivente con il padre,

e suo collaboratore, è Saccuzzo Alfio, nuovo assegnatario.

L'assessore non indica la fonte probatoria dei fatti consi

derati, mentre i documenti prodotti dal ricorrente, non con

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PARTE TERZA

testati dai resistenti, denunziano l'erroneità dei ricordati pre

supposti del provvedimento. È stata prodotta nota del console generale italiano a

Colonia, nella quale si attesta che Saccuzzo Alfio sin dal

13 novembre 1962 vive in Germania per ragioni di lavoro, ed è residente in Ragon-Verhalle Vorhallerstrone 35 e « lavora

alle dipendenze delle ferrovie federali germaniche nella pre detta città».

Ove si consideri che Saccuzzo padre, come risulta dal prov vedimento impugnato 30 settembre 1959, è morto il 27 dicem

bre 1964, risulta chiara l'erroneità della considerazione, rela

tiva alla collaborazione prestata da Saccuzzo Alfio al vecchio

genitore nella conduzione delle terre, almeno per gli ultimi

due anni di sua vita.

Già da oltre due anni prima che il padre morisse, Saccuzzo

Alfio, infatti, risiedendo in Germania, non aveva potuto colla

borare con il genitore nella conduzione delle terre in Lentini.

Questa considerazione conferma peraltro il fatto attestato

dai testimoni nell'atto notorio, pure prodotto dal ricorrente, che cioè il fondo condotto da Saccuzzo padre « ... è stato sem

pre lavorato e coltivato da Saccuzzo Salvatore » e non da

Alfio. È stata pure prodotta, e non contestata, copia di un te

legramma spedito da Saccuzzo Salvatore e germani all'ente di

riforma in data 10 settembre 1965, con il quale si avesse espli citamente la pretesa all'assegnazione del lotto già condotto

dal genitore. Il provvedimento di assegnazione è del 30 settembre, suc

cessivo cioè all'istanza telegrafica di Saccuzzo Salvatore.

Né è valido il rilievo, sul piano formale, che l'istanza ri

volta all'E.r.a.s. non fosse nota all'assessore. È ovvio infatti

che almeno nella ricordata nota 23 dicembre 1965, con la

quale l'ente propose la revoca della assegnazione disposta in

favore di Saccuzzo Alfio, risulta la richiesta del fratello Sal

vatore corredata dalla prevista documentazione.

D'altra parte, come sopra rilevato, non essendo state ema

nate norme regolamentari per disciplinare le materie della

nuova assegnazione ai discendenti degli assegnatari defunti, non possono legittimamente contestarsi decorrenze di termini,

preclusivi dei diritti degli interessati.

L'iter della procedura di assegnazione dei lotti già con

dotti da assegnatari, defunti prima del consolidamento del

diritto di proprietà sulle terre, deve essere regolato in base

a criteri obiettivi di comparazione dei requisiti posseduti da

tutti i discendenti aventi titolo alla prelazione. Nella specie l'assessore questo non lo ha fatto.

Il ricorso va quindi accolto.

Per questi motivi, ecc.

CORTE DEI GODÌI

Sezione II; decisione 24 luglio 1967, n. 26; Pres. L. Greco

P., Est. Valori; Proc. gen. c. Coppini (Avv. Sorrentino), Orlandini (Avv. Cavazzuti) e Castellani (Avv. Sebastiani).

Contabile dello Stato — Revocazione d'ufficio di conto ap

provato — Delibazione di ammissione del giudizio —

Questione di costituzionalità manifestamente infondata (Co

stituzione, art. 24, 76; r. d. 13 agosto 1933 n. 1038, rego lamento di procedura nei giudizi innanzi alla Corte dei

conti, art. 108; r. d. 12 luglio 1934 n. 1214, t. u. sulla

Corte dei conti, art. 69). Contabile dello Stato — Giudizio di revocazione di conto —

Termine per l'instaurazione — Decorrenza — Fattispecie (R. d. 13 agosto 1933 n. 1038, art. 108; r. d. 12 luglio 1934 n. 1214, art. 68, 69).

Contabile dello Stato — Responsabilità amministrativa —

Ritenuta cautelare — Inapplicabilità (R. d. 1. 19 gennaio 1939 n. 295, recupero dei crediti verso impiegati e pen sionati, art. 1).

È manifestatamente infondata, in riferimento agli art. 24 e 76

Costituzione, la questione di costituzionalità dell'art. 108

del r. decreto 13 agosto 1933 n. 1038 (che subordina l'in

troduzione del giudizio di revocazione d'ufficio del prov vedimento giurisdizionale approvativo del conto alla pre via delibazione di ammissione in rito del giudizio stesso

con decreto emanato in camera di consiglio udito sol

tanto il procuratore generale). (1) Il termine, entro il quale deve essere delibata l'ammissione in

rito del giudizio per la revocazione d'ufficio di conto già

approvato, decorre dalla data in cui una delle sezioni del

contenzioso contabile della Corte dei conti abbia, in qual siasi modo, avuto notizia dell'evento che condiziona l'am

missibilità della revocazione stessa (nella specie, essendo

già trascorsi tre anni dalla approvazione del conto, il ter

mine era di trenta giorni dalla notizia della dichiarazione di

falsità dei documenti). (2) La ritenuta cautelare non può essere disposta in caso di re

sponsabilità amministrativa. (3)

La Sezione, ecc. — Fatto. — Con nota in data 24 feb

braio 1957 il ministro degli affari esteri informava la pro cura generale della Repubblica di Roma che in data 3 di

cembre 1956 era stato segnalato al ministero stesso dal con

solato generale d'Italia in Zurigo che in occasione della rior

ganizzazione dei servizi del consolato era stato rilevato che su numerosi passaporti scaduti e destinati alla distruzione mediante incenerimento mancavano le marche consolari o addirittura interi fogli in corrispondenza delle marche con solari stesse, ciò che faceva sospettare che alcuni impiegati avessero, con tale sistema, tratto illeciti profitti, utilizzando marche già usate per passaporti da rinnovare. I sospetti si erano appuntati sull'impiegato locale di 2a categoria Alfredo Rismondo che aveva in consegna le marche consolari per i

passaporti in quanto addetto a tale servizio e che era l'unico a cui era possibile utilizzare le marche tolte dai passaporti annullati. Il ministero dava istruzioni all'ambasciata d'Ita lia a Berna di disporre i primi accertamenti ed inviava

quindi sul luogo l'ispettore generale ministro plenipotenziario Francesco Paolo Vanni di Architrafi per la relativa inchiesta.

Dagli accertamenti risultò che su circa 3.000 passaporti sca duti e depositati in cantina in attesa di distruzione ben 2.183 risultavano alterati, nel senso che ad essi erano state aspor tate le marche consolari; che in un cassetto che il Rismondo aveva accanto al tavolo e nel quale depositava i passaporti annullati si trovavano numerosi passaporti ai quali erano

(1) Non risultano precedenti in termini. Va ricordato che il decreto di previa ammissione in rito

del giudizio di revocazione di conto approvato, previsto dall'art. 108 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti nel caso in cui il relatore a seguito di esame di altro conto o comunque in occasione di un giudizio contabile ritenga di dover proporre la revocazione d'ufficio, non pronuncia sul rescindente, ma ha la funzione di atto introduttivo del successivo giudizio di revocazione che si svolge in regolare contraddittorio tra le parti e quindi la delibazione di « ammissione in rito » non pregiudica in alcun modo un'eventuale declaratoria di inammis sibilità della revocazione stessa.

In dottrina: L. Greco, Il processo contabile, in Riv. trim, dir. pubbl., 1961, 296; Bentivenga, Contabilità di Stato, 1960, pagg. 534 segg.

(2) Nei termini, Corte conti, Sez. II, 12 novembre 1965, n. 77, Foro it., Rep. 1966, voce Contabile dello Stato, n. 155, con particolare riguardo anche al relativo procedimento.

Per quanto accennato in motivazione, in ordine al carat tere giurisdizionale (con conseguente impugnabilità per revoca zione) del decreto di discarico del conto emesso dal presidente della sezione del contenzioso contabile, ai sensi degli art. 32 del regolamento di procedura e 47 del t. u. sulla Corte dei conti (quando la proposta del relatore e le conclusioni del procuratore generale concordino per il discarico), si veda, in termini, Corte conti, Sez. II, 12 novembre 1965, n. 77, ibid., n. 156.

(3) In termini e con giurisprudenza ormai costante, dopo qualche iniziale oscillazione dopo l'entrata in vigore del r. de creto legge 19 gennaio 1939 n. 295 (recupero dei crediti verso im piegati e pensionati), si veda: Corte conti, Sez. I, 11 agosto 1966, n. 36, Foro amm., 1966, I, 2, 261; Sez. II 10 ottobre 1964, n. 110, Foro it., Rep. 1965, voce Contabile dello Stato, n. 178; 23 no

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