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decreto 17 luglio 1995; Pres. Caltabiano, Rel. Paladini; Soc. coop. GeDinfo

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decreto 17 luglio 1995; Pres. Caltabiano, Rel. Paladini; Soc. coop. GeDinfo Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 9 (SETTEMBRE 1996), pp. 2921/2922-2923/2924 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191615 . Accessed: 28/06/2014 08:11 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.135 on Sat, 28 Jun 2014 08:11:05 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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decreto 17 luglio 1995; Pres. Caltabiano, Rel. Paladini; Soc. coop. GeDinfoSource: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 9 (SETTEMBRE 1996), pp. 2921/2922-2923/2924Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191615 .

Accessed: 28/06/2014 08:11

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

riservato alla discrezionalità del legislatore) il parziale sacrificio

dell'interesse dell'eletto.

Né a diverse conclusioni induce il riferimento operato dai con

venuti anche all'art. 24 Cost., non ravvisandosi, pure sotto tale

aspetto, alcun profilo concreto di incostituzionalità della norma

in esame.

È, peraltro, da osservare che, ribadita la non sostanziale dif

ferenza tra la azione civile promossa in sede penale e quella

promossa avanti al giudice civile, non è dato comprendere il

motivo per cui l'imputato cui siano anche richiesti i danni civili

non sarebbe in condizione di rimuovere la causa di incompati bilità derivante dalla pendenza della lite civile.

Egli, infatti, non sembra trovarsi in una condizione diversa

da quella in cui si trova chi è convenuto in una normale causa

civile e che, al fine di determinarne la anticipata definizione, non può fare altro che provvedere al soddisfacimento delle pre tese di chi si assume creditore.

Deve, perciò, concludersi per l'accoglimento della domanda

attrice e per la dichiarazione di decadenza dei convenuti dalle

cariche rispettivamente ricoperte nell'ambito del comune di

Morlupo.

TRIBUNALE DI PIACENZA; decreto 17 luglio 1995; Pres.

Caltabiano, Rei. Paladini; Soc. coop. GeDinfo.

TRIBUNALE DI PIACENZA;

Cooperativa e cooperazione — Società cooperativa — Oggetto sociale — Eterogenità — Qualifiche professionali dei soci —

Eterogeneità e mancanza di coerenza con l'oggetto sociale —

Omologazione — Esclusione (Cod. civ., art. 2511; d.leg.c.p.s. 14 dicembre 1947 n. 1577, provvedimenti per la cooperazio

ne, art. 23).

Non è omologabile l'atto costitutivo di una società cooperativa a responsabilità limitata, nel quale, a causa dell'eccessiva di

versificazione ed eterogeneità delle attività sociali e a causa

della indeterminatezza e diversificazione delle qualifiche pro

fessionali dei soci, che non appaiono coerenti con gli scopi

sociali, non è possibile rinvenire alcun aspetto dello scopo di mutualità. (1)

(1) Giurisprudenza largamente prevalente come evidenziato, peraltro, dai riferimenti in motivazione, cui adde, in relazione allo svolgimento di attività eterogenee, Trib. Udine 21 maggio 1991, Foro it., Rep. 1992, voce Cooperativa, n. 46; sulla mancanza di requisiti soggettivi dei soci

non coerenti con l'oggetto sociale, v. Trib. Genova 15 giugno 1987, id., Rep. 1987, voce cit-, n. 25; Trib. Ascoli Piceno 23 marzo 1987, ibid., voce Società, n. 411, Trib. Udine 30 aprile 1986, id., 1986, I, 2656; contra, sull'impossibilità di pretendere requisiti soggettivi omoge nei e precisi in caso di cooperative polisettoriali, App. Bari 16 maggio 1989, id., Rep. 1989, voce Cooperativa, n. 40; App. Trieste 3 maggio 1984, id., Rep. 1984, voce cit., n. 42.

Il presupposto di fondo della posizione giurisprudenziale prevalente si deve rinvenire nella concezione per cui lo scopo mutualistico tipico del fenomeno cooperativo consisterebbe nel permettere ai soci di avva lersi direttamente delle attività societarie a condizioni più vantaggiose di quelle di mercato o nel senso che il prodotto relativo sia ad essi

destinato o che le attività della cooperativa siano svolte tramite il lavo

ro dei soci. Tutto ciò non sarebbe rinvenibile e garantito in un atto

costitutivo caratterizzato da eterogeneità delle qualifiche professionali dei soci (se non anche mancanza stessa di qualifica), diversità e indeter

minatezza delle attività ricomprese nell'oggetto sociale e discrepanza tra

le prime e le seconde. Va evidenziato che la mancanza di una definizione legislativa del con

cetto di mutualità comporti ovviamente molti problemi soprattutto, e

non a caso, in sede di omologa. Lo svolgimento di rapporti economici

con i terzi, l'emersione di scopi lucrativi, l'ammissibilità o meno di una

attività commerciale, come anche la stessa eterogeneità delle attività so

ciali o dei requisiti soggettivi dei soci sono tutte spie, da un lato, della

potenziale ampiezza del fenomeno cooperativo, dall'altro, della carenza

di una precisa determinazione dello scopo mutualistico e quindi dei tratti

distintivi della società cooperativa rispetto agli altri tipi societari.

V., in proposito, sulla ammissibilità di un concetto di mutualità «spu ria» che consenta una maggiore dinamicità operativa nei confronti di

Il Foro Italiano — 1996 — Parte I-52.

Rilevato che l'oggetto sociale della cooperativa — quale si

evince dall'art. 4 dello statuto allegato — si presenta ampio ed eterogeneo, comprendendo attività diversificate che vanno

dallo «studio, progettazione e realizzazione di servizi di telema

tica, robotica, eidomatica» alla «distribuzione di informazioni

commerciali e giornalistiche», alla «dattilografia e fotocopiatu ra», e ancora «traduzioni ed interpretariato», «distribuzione ma

teriale propagandistico, compilazione e gestione di indirizzi ed

elenchi», «noleggio di macchinari e attrezzature per ufficio, in

clusi gi elaboratori», ecc.;

che, inoltre, nell'art. 3 dello statuto si precisa che «lo scopo che i soci ordinari della cooperativa intendono perseguire è quello di ottenere, tramite la gestione in forma associata dell'azienda

alla quale prestano la propria attività di lavoro, continuità di

occupazione lavorativa e le migliori condizioni economiche, so

ciali e professionali»; che i nove soci fondatori rivestono qualifiche professionali

assai diverse tra loro, essendo due di loro studenti, altri quattro

«professionisti» senza puntuali specificazioni, una impiegata, una

dietista ed una disoccupata; che — come ritenuto dalla consolidata giurisprudenza di me

rito (Trib. Catania 20 febbraio 1992, Foro it., Rep. 1992, voce

Coperativa, n. 43; Trib. Genova 13 maggio 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 26, Trib. Lecce 21 marzo 1987, ibid., n. 28; Trib.

Ascoli Piceno 1° agosto 1985, id., 1986, I, 1076) — lo scopo mutualistico si sostanzia nell'attitudine e finalità precipua, an

corché non esclusiva, della cooperativa di fornire ai soci beni

o servizi, ovvero occasioni di lavoro a condizioni più vantaggio se di quelle di mercato, sicché esso può raggiungersi ove del

l'impresa svolta dalla società i componenti della organizzazione si avvantaggino direttamente o sotto il profilo che il prodotto

terzi non soci e la possibilità di cedere a terzi beni o servizi a fini di

lucro, Cass. 4 gennaio 1995, n. 118, id., Rep. 1995, voce cit., nn. 32, 56, e Società, 1995, 1164, con commento di Bona vera, e, sulla compa tibilità di scopo mutualistico e attività commerciale, cfr. Cass. 28 luglio 1994, n. 7061, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 39; 24 febbraio 1986, n. 1104, id., Rep. 1986, voce Fallimento, n. 154.

App. Bari, decr. 16 maggio 1989, cit., nel distinguere tra oggetto generico e indeterminato e ampiezza e diversificazione dello stesso ma non genericità, pone il problema delle cosiddette cooperative polisetto riali, un fenomeno che risponde ad alcune esigenze, ossia al tentativo di costituire cooperative con un ampio spettro di funzioni che, soprat tutto nel caso di giovani disoccupati, non costituiscano di per sé un

programma per così dire a priori di attività ma una «potenzialità» di settori dove operare, delle cooperative in grado di «catturare» occasioni di lavoro e di intervento.

In relazione ai requisiti soggettivi, il decreto citato ritiene che, in caso di attività polisettoriali, non possa pretendersi che i soci abbiano requi siti omogenei e precisi. Va rilevato, in questo senso, che un'applicazio ne rigida della corrispondenza dei requisiti dei soci alle attività della

cooperativa potrebbe escludere la possibilità di svolgere, in forma coo

perativa, mestieri o attività professionali diverse da quelle svolte prece dentemente o iniziare ad esercitare nuove attività, il che porterebbe ad un «mercato» cooperativo tendenzialmente chiuso: elemento questo da

valutare, stante la diffusione della disoccupazione e la potenziale mag giore utilizzabilità dello strumento cooperativo da parte giovanile.

In tale contesto e in particolare sulla tendenziale coincidenza della

figura del socio con quella di destinatario del bene o del servizio pro dotto va valutata l'evoluzione normativa che ha portato alla costituzio ne delle cooperative sociali (1. 8 novembre 1991 n. 381, disciplina delle

cooperative sociali), in cui sostanzialmente si afferma la possibilità di

separazione fra chi esercita l'attività e il servizio e il destinatario di tale attività o servizio, nonché l'introduzione, nella legge di riforma delle cooperative (1. 31 gennaio 1992 n. 59), del socio sovventore che non riveste la posizione di utente delle attività della cooperativa.

Altro fattore fosse interessante è l'introduzione della piccola società

cooperativa (art. 12 d.l. 2 agosto 1996 n. 405, disposizioni urgenti in materia di collocamento, di lavoro e previdenza del settore agricolo, di disciplina degli effetti della soppressione del servizio per i contributi

agricoli unificati (Scau), nonché di promozione dell'occupazione, Le

leggi, 1996, I, 2781) che riduce il numero minimo dei soci da nove a cinque: tale scelta si potrebbe interpretare nel senso di facilitare la formazione delle cooperative tramite fa minore difficoltà di reperimen to di un congruo numero di soci «affini» e nello stesso tempo salva

guardando la loro omogeneità. In dottrina, sul concetto di mutualità, v. Bonfante, Costituzione della

cooperativa e concetto dì mutualità, in Società, 1993, 1587; Campobas

so, Diritto commerciale. 2. Diritto delie società, 479 ss.; Cabras, Con

cetto di mutualità, in Società, 1988, 912; Rordorf, Osservazioni in mar

gine al concetto di mutualità, ibid., 916. Sulle modificazioni in materia di requisiti dei soci, v. Dabormida,

La figura del socio nelle società cooperative, id., 1993, 1605.

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2923 PARTE PRIMA 2924

di tale attività è ad essa destinato ovvero che l'attività viene

svolta per mezzo del loro lavoro;

che, nel caso di specie, il primo dei suddetti profili deve esse

re escluso, posto che, da una parte, non è specifico in quale

tipo di «azienda» (cfr. art. 3 statuto) i soci prestino la propria attività lavorativa, e, dall'altra, varie attività costituenti parte

dell'oggetto sociale paiono intrinsecamente rivolte ai terzi («ven dita sia all'ingrosso sia al minuto, dei prodotti/servizi di cui

agli item precedenti di realizzazione propria e altrui», «attività

di import-export relativamente ai prodotti/servizi di cui agli item

precedenti») e non già agli stessi soci della cooperativa;

che, parimenti, deve essere escluso il secondo elemento distin

tivo dello scopo mutualistico, atteso che — come si è dianzi

evidenziato — i soci fondatori prestano eterogenee qualificazio ni professionali, che non appaiono coerenti con l'oggetto socia

le (si pensi a quale possa essere lo scopo di mutualità perseguito da una dietista e da uno studente) (cfr. App. Napoli 13 feb

braio 1992, id., Rep. 1992, voce cit., n. 50; Trib. Lucerà 11

gennaio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 35; Trib. Genova

29 marzo 1988, ibid., n. 43; Trib. Udine 11 marzo 1986, id.,

Rep. 1986, voce cit., n. 28);

che, pertanto, avuto riguardo tanto alle caratteristiche del

l'oggetto sociale quanto alle caratteristiche personali dei soci

fondatori, non emerge né la destinazione dell'esercizio dell'im

presa in favore dei soci stessi né l'eventuale aumento delle occa

sioni lavorative o miglioramento delle attività già dagli stessi

svolte, e, quindi, non si rinviene nessun aspetto dello scopo di

mutualità;

per questi motivi, rigetta il ricorso di omologazione.

TRIBUNALE DI TORINO; sentenza 27 marzo 1995; Pres. Gam

ba, Est. Riccomagno; Soc. Agenzie ippiche Palatina e S. Paolo

(Avv. Dal Piaz) c. Inps (Aw. OixÀ).

TRIBUNALE DI TORINO;

Previdenza e assistenza sociale — Agenzia ippica — Addetti

alla ricezione scommesse — Lavoratori autonomi — Conse

guenze (Cod. civ., art. 2094).

Sono lavoratori autonomi — pertanto, non soggetti a contribu

zione previdenziale ed assistenziale propria del lavoro subor

dinato — gli addetti alla ricezione scommesse presso un 'agen zia ippica i quali, sulla base di un piano settimanalmente pre

disposto dall'agenzia in ragione della disponibilità dichiarata

e valevole per la settimana successiva, cui è possibile sottrarsi

avvertendo con un certo anticipo e, in mancanza, non ripor tando sanzioni, prestano la loro attività in turni di tre ore

e mezzo-quattro ore al giorno per tre volte alla settimana, retribuiti giornalmente un tanto per turno, su presentazione di ricevuta con ritenuta d'acconto, senza tener conto dell'ef

fettiva durata della prestazione. (1)

(1) La sentenza, inevitabilmente legata ai connotati della fattispecie, per questo descritti in massima, fà propria la tesi (c.d. sussuntiva), do minante nella giurisprudenza di legittimità, per la quale la subordina zione richiede, quale requisito essenziale, l'assoggettamento del presta tore al potere direttivo del datore di lavoro inerente l'intrinseco svolgi mento della prestazione, nonché al potere disciplinare volto a garantire l'esatto adempimento delle sue obbligazioni, essendo invece solo sussi diario il ricorso (invece decisivo, secondo la c.d. tesi tipologica) ad indi ci vari: in proposito, cfr., oltre ai precedenti citati in sentenza, le note di richiami a Cass. 20 febbraio 1995, n. 1827, Foro it., 1995, I, 1152, e Pret. Catania-Giarre, ord. 3 maggio 1995, ibid., 1974, con riferimen to al dibattito in punto (la questione di costituzionalità sollevata dal

pretore siciliano è stata dichiarala inammissibile da Corte cost. 23 feb braio 1996, n. 43, id., 1996, I, 779). Da ultimo, nella giurisprudenza di merito, Trib. Milano 18 gennaio 1995, id., Rep. 1995, voce Lavoro

(rapporto), n. 424, e Orient, giur. lav., 1995, 73; Pret. Parma 6 giugno 1994, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 435, e Orient, giur. lav., 1995, 62, con nota di M. Del Conte, Lavoro autonomo e lavoro subordina to: la volontà e gli indici di denotazione.

Su profili a latere dell'argomento, cfr., inoltre, Cass. 18 febbraio

1995, n. 1756, e 20 gennaio 1995, n. 649, Foro it., Rep. 1995, voce

cit., nn. 419, 441.

li Foro Italiano — 1996.

Motivi della decisione. — La pretesa contributiva fatta valere

dall'Inps, che la sentenza impugnata ha ritenuto fondata, si ri

ferisce al rapporto intercorso fra la società appellante ed una

cinquantina di persone utilizzate a turno nel periodo maggio 1988 - settembre 1990 come «sportellisti» per la ricezione di

scommesse su corse di cavalli.

Deve accertarsi la riconducibilità delle prestazioni espletate nell'ambito del lavoro subordinato o di quello autonomo, es

sendo censurata nel ricorso d'appello la qualificazione datane

dalla pronuncia del pretore. In particolare, la società appellante ribadisce la propria tesi

affermativa della natura autonoma dei rapporti di cui trattasi, tenuto conto dell'assoluta mancanza di prova circa l'esistenza

di un qualsivoglia potere gerarchico sulle modalità ed i tempi di lavoro, nonché di un qualsivoglia potere di controllo e disci

plinare; difetta poi — secondo l'appellante — il requisito della

disponibilità costante del prestatore, trattandosi di una offerta

di collaborazione di settimana in settimana, assolutamente pre caria e non vincolata da obblighi di sorta; gli operatori di cui

si tratta, invero, autoorganizzano il proprio lavoro stabilendo

discrezionalmente il come ed il quando delle loro prestazioni, mantenendo sempre piena libertà nell'accettare o meno gli inca

richi e pattuendo di volta in volta i tempi e le ore relative; essi

assicurano un risultato (il compimento del servizio di sportello) che è isolato nel tempo e nello spazio, e neppure potrebbero considerarsi inseriti nella struttura dell'agenzia, né oggettivamente né soggettivamente.

L'Inps ha resistito all'appello riprendendo e sviluppando le

argomentazioni svolte dal primo giudice; non può peraltro sot

tacersi che la memoria difensiva è stata ingiustificatamente de

positata, con enorme ritardo rispetto al termine di legge (v. art.

436 c.p.c.), alla fine della mattina del giorno precedente l'u

dienza di discussione, fatto questo particolarmente grave attesa

la delicatezza e l'importanza, anche per l'istituto, della contro

versia e la mole degli atti contestualmente prodotti. In linea

generale è opportuno, ad avviso di questo collegio, ricordare

anzitutto che per giurisprudenza consolidata il criterio determi

nante, ai fini della distinzione fra lavoro autonomo e lavoro

subordinato, è quello nell'assoggettamento del prestatore di la

voro alle direttive impartite dal datore di lavoro circa le modali

tà di esecuzione della attività lavorativa; la subordinazione de

v'essere ad un tempo tecnica e gerarchica ed è stata più volte

definita dalla Suprema corte (v. §ent. 25 febbraio 1987, n. 2011, Foro it., Rep. 1987, voce Lavoro (rapporto), n. 399; 10 gennaio

1989, n. 41, id., Rep. 1989, voce cit., n. 408; 10 luglio 1991, n. 7608, id., Rep. 1991, voce cit., n. 399; 23 ottobre 1991, n.

11229, ibid., n. 397; 14 luglio 1993, n. 7796, id., Rep. 1993, voce cit., n. 429) come vincolo di natura personale che assog

getta il prestatore d'opera al potere direttivo del datore di lavo

ro, inerente all'intrinseco svolgimento delle prestazioni. Al po tere direttivo dell'imprenditore che deve estrinsecarsi nell'ema

nazione di ordini specifici si accompagnano quello di controllo

e cioè di verifica della puntuale esecuzione del lavoro in confor

mità alle direttive e alle esigenze aziendali nonché il potere di

sciplinare, volto a garantire l'esatto adempimento delle obbliga zioni del lavoratore.

Il ricorso ad altri criteri distintivi (orario di lavoro, forma

della retribuzione, esclusività della prestazione lavorativa, colla

borazione, assenza di rischio economico), è meramente even

tuale e sussidiario, nel senso che preponderante e decisivo è sem

pre il requisito della subordinazione, e pertanto, ove lo stesso

requisito sussista, risulta irrilevante la presenza di connotati propri del lavoro subordinato, mentre invece, se è accertato il caratte

re subordinato del rapporto, è superfluo il ricorso agli altri cri

teri distintivi (v. Cass., sez. un., 16 gennaio 1986, n. 224, id.,

1986, I, 2575; 21 gennaio 1987, n. 548, id., Rep. 1987, voce

cit., n. 403; 10 giugno 1993, n. 6469, id., Rep. 1993, voce cit., n. 430).

Si ricorda, inoltre, che Cass. 17 aprile 1990, n. 3170 {id.,

Rep. 1990, voce cit., n. 420) enuncia ai fini della subordinazio

ne anche la necessità della verifica delle caratteristiche e moda

lità concretamente assunte dalla prestazione nel corso del suo

svolgimento, e Cass. 1° febbraio 1993, n. 1182 (id., Rep. 1993, voce cit., n. 431) richiede la esistenza di «poteri costanti d'in

tervento attraverso ordini specifici, implicanti la possibilità di

variazione, ancorché nel rispetto della professionalità del lavo

ratore, dei compiti affidati al medesimo, il quale è tenuto non

al raggiungimento di un determinato risultato ma solo ad im

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