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decreto 17 luglio 1995; Pres. Caltabiano, Rel. Paladini; Soc. coop. GeDinfoSource: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 9 (SETTEMBRE 1996), pp. 2921/2922-2923/2924Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191615 .
Accessed: 28/06/2014 08:11
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
riservato alla discrezionalità del legislatore) il parziale sacrificio
dell'interesse dell'eletto.
Né a diverse conclusioni induce il riferimento operato dai con
venuti anche all'art. 24 Cost., non ravvisandosi, pure sotto tale
aspetto, alcun profilo concreto di incostituzionalità della norma
in esame.
È, peraltro, da osservare che, ribadita la non sostanziale dif
ferenza tra la azione civile promossa in sede penale e quella
promossa avanti al giudice civile, non è dato comprendere il
motivo per cui l'imputato cui siano anche richiesti i danni civili
non sarebbe in condizione di rimuovere la causa di incompati bilità derivante dalla pendenza della lite civile.
Egli, infatti, non sembra trovarsi in una condizione diversa
da quella in cui si trova chi è convenuto in una normale causa
civile e che, al fine di determinarne la anticipata definizione, non può fare altro che provvedere al soddisfacimento delle pre tese di chi si assume creditore.
Deve, perciò, concludersi per l'accoglimento della domanda
attrice e per la dichiarazione di decadenza dei convenuti dalle
cariche rispettivamente ricoperte nell'ambito del comune di
Morlupo.
TRIBUNALE DI PIACENZA; decreto 17 luglio 1995; Pres.
Caltabiano, Rei. Paladini; Soc. coop. GeDinfo.
TRIBUNALE DI PIACENZA;
Cooperativa e cooperazione — Società cooperativa — Oggetto sociale — Eterogenità — Qualifiche professionali dei soci —
Eterogeneità e mancanza di coerenza con l'oggetto sociale —
Omologazione — Esclusione (Cod. civ., art. 2511; d.leg.c.p.s. 14 dicembre 1947 n. 1577, provvedimenti per la cooperazio
ne, art. 23).
Non è omologabile l'atto costitutivo di una società cooperativa a responsabilità limitata, nel quale, a causa dell'eccessiva di
versificazione ed eterogeneità delle attività sociali e a causa
della indeterminatezza e diversificazione delle qualifiche pro
fessionali dei soci, che non appaiono coerenti con gli scopi
sociali, non è possibile rinvenire alcun aspetto dello scopo di mutualità. (1)
(1) Giurisprudenza largamente prevalente come evidenziato, peraltro, dai riferimenti in motivazione, cui adde, in relazione allo svolgimento di attività eterogenee, Trib. Udine 21 maggio 1991, Foro it., Rep. 1992, voce Cooperativa, n. 46; sulla mancanza di requisiti soggettivi dei soci
non coerenti con l'oggetto sociale, v. Trib. Genova 15 giugno 1987, id., Rep. 1987, voce cit-, n. 25; Trib. Ascoli Piceno 23 marzo 1987, ibid., voce Società, n. 411, Trib. Udine 30 aprile 1986, id., 1986, I, 2656; contra, sull'impossibilità di pretendere requisiti soggettivi omoge nei e precisi in caso di cooperative polisettoriali, App. Bari 16 maggio 1989, id., Rep. 1989, voce Cooperativa, n. 40; App. Trieste 3 maggio 1984, id., Rep. 1984, voce cit., n. 42.
Il presupposto di fondo della posizione giurisprudenziale prevalente si deve rinvenire nella concezione per cui lo scopo mutualistico tipico del fenomeno cooperativo consisterebbe nel permettere ai soci di avva lersi direttamente delle attività societarie a condizioni più vantaggiose di quelle di mercato o nel senso che il prodotto relativo sia ad essi
destinato o che le attività della cooperativa siano svolte tramite il lavo
ro dei soci. Tutto ciò non sarebbe rinvenibile e garantito in un atto
costitutivo caratterizzato da eterogeneità delle qualifiche professionali dei soci (se non anche mancanza stessa di qualifica), diversità e indeter
minatezza delle attività ricomprese nell'oggetto sociale e discrepanza tra
le prime e le seconde. Va evidenziato che la mancanza di una definizione legislativa del con
cetto di mutualità comporti ovviamente molti problemi soprattutto, e
non a caso, in sede di omologa. Lo svolgimento di rapporti economici
con i terzi, l'emersione di scopi lucrativi, l'ammissibilità o meno di una
attività commerciale, come anche la stessa eterogeneità delle attività so
ciali o dei requisiti soggettivi dei soci sono tutte spie, da un lato, della
potenziale ampiezza del fenomeno cooperativo, dall'altro, della carenza
di una precisa determinazione dello scopo mutualistico e quindi dei tratti
distintivi della società cooperativa rispetto agli altri tipi societari.
V., in proposito, sulla ammissibilità di un concetto di mutualità «spu ria» che consenta una maggiore dinamicità operativa nei confronti di
Il Foro Italiano — 1996 — Parte I-52.
Rilevato che l'oggetto sociale della cooperativa — quale si
evince dall'art. 4 dello statuto allegato — si presenta ampio ed eterogeneo, comprendendo attività diversificate che vanno
dallo «studio, progettazione e realizzazione di servizi di telema
tica, robotica, eidomatica» alla «distribuzione di informazioni
commerciali e giornalistiche», alla «dattilografia e fotocopiatu ra», e ancora «traduzioni ed interpretariato», «distribuzione ma
teriale propagandistico, compilazione e gestione di indirizzi ed
elenchi», «noleggio di macchinari e attrezzature per ufficio, in
clusi gi elaboratori», ecc.;
che, inoltre, nell'art. 3 dello statuto si precisa che «lo scopo che i soci ordinari della cooperativa intendono perseguire è quello di ottenere, tramite la gestione in forma associata dell'azienda
alla quale prestano la propria attività di lavoro, continuità di
occupazione lavorativa e le migliori condizioni economiche, so
ciali e professionali»; che i nove soci fondatori rivestono qualifiche professionali
assai diverse tra loro, essendo due di loro studenti, altri quattro
«professionisti» senza puntuali specificazioni, una impiegata, una
dietista ed una disoccupata; che — come ritenuto dalla consolidata giurisprudenza di me
rito (Trib. Catania 20 febbraio 1992, Foro it., Rep. 1992, voce
Coperativa, n. 43; Trib. Genova 13 maggio 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 26, Trib. Lecce 21 marzo 1987, ibid., n. 28; Trib.
Ascoli Piceno 1° agosto 1985, id., 1986, I, 1076) — lo scopo mutualistico si sostanzia nell'attitudine e finalità precipua, an
corché non esclusiva, della cooperativa di fornire ai soci beni
o servizi, ovvero occasioni di lavoro a condizioni più vantaggio se di quelle di mercato, sicché esso può raggiungersi ove del
l'impresa svolta dalla società i componenti della organizzazione si avvantaggino direttamente o sotto il profilo che il prodotto
terzi non soci e la possibilità di cedere a terzi beni o servizi a fini di
lucro, Cass. 4 gennaio 1995, n. 118, id., Rep. 1995, voce cit., nn. 32, 56, e Società, 1995, 1164, con commento di Bona vera, e, sulla compa tibilità di scopo mutualistico e attività commerciale, cfr. Cass. 28 luglio 1994, n. 7061, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 39; 24 febbraio 1986, n. 1104, id., Rep. 1986, voce Fallimento, n. 154.
App. Bari, decr. 16 maggio 1989, cit., nel distinguere tra oggetto generico e indeterminato e ampiezza e diversificazione dello stesso ma non genericità, pone il problema delle cosiddette cooperative polisetto riali, un fenomeno che risponde ad alcune esigenze, ossia al tentativo di costituire cooperative con un ampio spettro di funzioni che, soprat tutto nel caso di giovani disoccupati, non costituiscano di per sé un
programma per così dire a priori di attività ma una «potenzialità» di settori dove operare, delle cooperative in grado di «catturare» occasioni di lavoro e di intervento.
In relazione ai requisiti soggettivi, il decreto citato ritiene che, in caso di attività polisettoriali, non possa pretendersi che i soci abbiano requi siti omogenei e precisi. Va rilevato, in questo senso, che un'applicazio ne rigida della corrispondenza dei requisiti dei soci alle attività della
cooperativa potrebbe escludere la possibilità di svolgere, in forma coo
perativa, mestieri o attività professionali diverse da quelle svolte prece dentemente o iniziare ad esercitare nuove attività, il che porterebbe ad un «mercato» cooperativo tendenzialmente chiuso: elemento questo da
valutare, stante la diffusione della disoccupazione e la potenziale mag giore utilizzabilità dello strumento cooperativo da parte giovanile.
In tale contesto e in particolare sulla tendenziale coincidenza della
figura del socio con quella di destinatario del bene o del servizio pro dotto va valutata l'evoluzione normativa che ha portato alla costituzio ne delle cooperative sociali (1. 8 novembre 1991 n. 381, disciplina delle
cooperative sociali), in cui sostanzialmente si afferma la possibilità di
separazione fra chi esercita l'attività e il servizio e il destinatario di tale attività o servizio, nonché l'introduzione, nella legge di riforma delle cooperative (1. 31 gennaio 1992 n. 59), del socio sovventore che non riveste la posizione di utente delle attività della cooperativa.
Altro fattore fosse interessante è l'introduzione della piccola società
cooperativa (art. 12 d.l. 2 agosto 1996 n. 405, disposizioni urgenti in materia di collocamento, di lavoro e previdenza del settore agricolo, di disciplina degli effetti della soppressione del servizio per i contributi
agricoli unificati (Scau), nonché di promozione dell'occupazione, Le
leggi, 1996, I, 2781) che riduce il numero minimo dei soci da nove a cinque: tale scelta si potrebbe interpretare nel senso di facilitare la formazione delle cooperative tramite fa minore difficoltà di reperimen to di un congruo numero di soci «affini» e nello stesso tempo salva
guardando la loro omogeneità. In dottrina, sul concetto di mutualità, v. Bonfante, Costituzione della
cooperativa e concetto dì mutualità, in Società, 1993, 1587; Campobas
so, Diritto commerciale. 2. Diritto delie società, 479 ss.; Cabras, Con
cetto di mutualità, in Società, 1988, 912; Rordorf, Osservazioni in mar
gine al concetto di mutualità, ibid., 916. Sulle modificazioni in materia di requisiti dei soci, v. Dabormida,
La figura del socio nelle società cooperative, id., 1993, 1605.
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2923 PARTE PRIMA 2924
di tale attività è ad essa destinato ovvero che l'attività viene
svolta per mezzo del loro lavoro;
che, nel caso di specie, il primo dei suddetti profili deve esse
re escluso, posto che, da una parte, non è specifico in quale
tipo di «azienda» (cfr. art. 3 statuto) i soci prestino la propria attività lavorativa, e, dall'altra, varie attività costituenti parte
dell'oggetto sociale paiono intrinsecamente rivolte ai terzi («ven dita sia all'ingrosso sia al minuto, dei prodotti/servizi di cui
agli item precedenti di realizzazione propria e altrui», «attività
di import-export relativamente ai prodotti/servizi di cui agli item
precedenti») e non già agli stessi soci della cooperativa;
che, parimenti, deve essere escluso il secondo elemento distin
tivo dello scopo mutualistico, atteso che — come si è dianzi
evidenziato — i soci fondatori prestano eterogenee qualificazio ni professionali, che non appaiono coerenti con l'oggetto socia
le (si pensi a quale possa essere lo scopo di mutualità perseguito da una dietista e da uno studente) (cfr. App. Napoli 13 feb
braio 1992, id., Rep. 1992, voce cit., n. 50; Trib. Lucerà 11
gennaio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 35; Trib. Genova
29 marzo 1988, ibid., n. 43; Trib. Udine 11 marzo 1986, id.,
Rep. 1986, voce cit., n. 28);
che, pertanto, avuto riguardo tanto alle caratteristiche del
l'oggetto sociale quanto alle caratteristiche personali dei soci
fondatori, non emerge né la destinazione dell'esercizio dell'im
presa in favore dei soci stessi né l'eventuale aumento delle occa
sioni lavorative o miglioramento delle attività già dagli stessi
svolte, e, quindi, non si rinviene nessun aspetto dello scopo di
mutualità;
per questi motivi, rigetta il ricorso di omologazione.
TRIBUNALE DI TORINO; sentenza 27 marzo 1995; Pres. Gam
ba, Est. Riccomagno; Soc. Agenzie ippiche Palatina e S. Paolo
(Avv. Dal Piaz) c. Inps (Aw. OixÀ).
TRIBUNALE DI TORINO;
Previdenza e assistenza sociale — Agenzia ippica — Addetti
alla ricezione scommesse — Lavoratori autonomi — Conse
guenze (Cod. civ., art. 2094).
Sono lavoratori autonomi — pertanto, non soggetti a contribu
zione previdenziale ed assistenziale propria del lavoro subor
dinato — gli addetti alla ricezione scommesse presso un 'agen zia ippica i quali, sulla base di un piano settimanalmente pre
disposto dall'agenzia in ragione della disponibilità dichiarata
e valevole per la settimana successiva, cui è possibile sottrarsi
avvertendo con un certo anticipo e, in mancanza, non ripor tando sanzioni, prestano la loro attività in turni di tre ore
e mezzo-quattro ore al giorno per tre volte alla settimana, retribuiti giornalmente un tanto per turno, su presentazione di ricevuta con ritenuta d'acconto, senza tener conto dell'ef
fettiva durata della prestazione. (1)
(1) La sentenza, inevitabilmente legata ai connotati della fattispecie, per questo descritti in massima, fà propria la tesi (c.d. sussuntiva), do minante nella giurisprudenza di legittimità, per la quale la subordina zione richiede, quale requisito essenziale, l'assoggettamento del presta tore al potere direttivo del datore di lavoro inerente l'intrinseco svolgi mento della prestazione, nonché al potere disciplinare volto a garantire l'esatto adempimento delle sue obbligazioni, essendo invece solo sussi diario il ricorso (invece decisivo, secondo la c.d. tesi tipologica) ad indi ci vari: in proposito, cfr., oltre ai precedenti citati in sentenza, le note di richiami a Cass. 20 febbraio 1995, n. 1827, Foro it., 1995, I, 1152, e Pret. Catania-Giarre, ord. 3 maggio 1995, ibid., 1974, con riferimen to al dibattito in punto (la questione di costituzionalità sollevata dal
pretore siciliano è stata dichiarala inammissibile da Corte cost. 23 feb braio 1996, n. 43, id., 1996, I, 779). Da ultimo, nella giurisprudenza di merito, Trib. Milano 18 gennaio 1995, id., Rep. 1995, voce Lavoro
(rapporto), n. 424, e Orient, giur. lav., 1995, 73; Pret. Parma 6 giugno 1994, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 435, e Orient, giur. lav., 1995, 62, con nota di M. Del Conte, Lavoro autonomo e lavoro subordina to: la volontà e gli indici di denotazione.
Su profili a latere dell'argomento, cfr., inoltre, Cass. 18 febbraio
1995, n. 1756, e 20 gennaio 1995, n. 649, Foro it., Rep. 1995, voce
cit., nn. 419, 441.
li Foro Italiano — 1996.
Motivi della decisione. — La pretesa contributiva fatta valere
dall'Inps, che la sentenza impugnata ha ritenuto fondata, si ri
ferisce al rapporto intercorso fra la società appellante ed una
cinquantina di persone utilizzate a turno nel periodo maggio 1988 - settembre 1990 come «sportellisti» per la ricezione di
scommesse su corse di cavalli.
Deve accertarsi la riconducibilità delle prestazioni espletate nell'ambito del lavoro subordinato o di quello autonomo, es
sendo censurata nel ricorso d'appello la qualificazione datane
dalla pronuncia del pretore. In particolare, la società appellante ribadisce la propria tesi
affermativa della natura autonoma dei rapporti di cui trattasi, tenuto conto dell'assoluta mancanza di prova circa l'esistenza
di un qualsivoglia potere gerarchico sulle modalità ed i tempi di lavoro, nonché di un qualsivoglia potere di controllo e disci
plinare; difetta poi — secondo l'appellante — il requisito della
disponibilità costante del prestatore, trattandosi di una offerta
di collaborazione di settimana in settimana, assolutamente pre caria e non vincolata da obblighi di sorta; gli operatori di cui
si tratta, invero, autoorganizzano il proprio lavoro stabilendo
discrezionalmente il come ed il quando delle loro prestazioni, mantenendo sempre piena libertà nell'accettare o meno gli inca
richi e pattuendo di volta in volta i tempi e le ore relative; essi
assicurano un risultato (il compimento del servizio di sportello) che è isolato nel tempo e nello spazio, e neppure potrebbero considerarsi inseriti nella struttura dell'agenzia, né oggettivamente né soggettivamente.
L'Inps ha resistito all'appello riprendendo e sviluppando le
argomentazioni svolte dal primo giudice; non può peraltro sot
tacersi che la memoria difensiva è stata ingiustificatamente de
positata, con enorme ritardo rispetto al termine di legge (v. art.
436 c.p.c.), alla fine della mattina del giorno precedente l'u
dienza di discussione, fatto questo particolarmente grave attesa
la delicatezza e l'importanza, anche per l'istituto, della contro
versia e la mole degli atti contestualmente prodotti. In linea
generale è opportuno, ad avviso di questo collegio, ricordare
anzitutto che per giurisprudenza consolidata il criterio determi
nante, ai fini della distinzione fra lavoro autonomo e lavoro
subordinato, è quello nell'assoggettamento del prestatore di la
voro alle direttive impartite dal datore di lavoro circa le modali
tà di esecuzione della attività lavorativa; la subordinazione de
v'essere ad un tempo tecnica e gerarchica ed è stata più volte
definita dalla Suprema corte (v. §ent. 25 febbraio 1987, n. 2011, Foro it., Rep. 1987, voce Lavoro (rapporto), n. 399; 10 gennaio
1989, n. 41, id., Rep. 1989, voce cit., n. 408; 10 luglio 1991, n. 7608, id., Rep. 1991, voce cit., n. 399; 23 ottobre 1991, n.
11229, ibid., n. 397; 14 luglio 1993, n. 7796, id., Rep. 1993, voce cit., n. 429) come vincolo di natura personale che assog
getta il prestatore d'opera al potere direttivo del datore di lavo
ro, inerente all'intrinseco svolgimento delle prestazioni. Al po tere direttivo dell'imprenditore che deve estrinsecarsi nell'ema
nazione di ordini specifici si accompagnano quello di controllo
e cioè di verifica della puntuale esecuzione del lavoro in confor
mità alle direttive e alle esigenze aziendali nonché il potere di
sciplinare, volto a garantire l'esatto adempimento delle obbliga zioni del lavoratore.
Il ricorso ad altri criteri distintivi (orario di lavoro, forma
della retribuzione, esclusività della prestazione lavorativa, colla
borazione, assenza di rischio economico), è meramente even
tuale e sussidiario, nel senso che preponderante e decisivo è sem
pre il requisito della subordinazione, e pertanto, ove lo stesso
requisito sussista, risulta irrilevante la presenza di connotati propri del lavoro subordinato, mentre invece, se è accertato il caratte
re subordinato del rapporto, è superfluo il ricorso agli altri cri
teri distintivi (v. Cass., sez. un., 16 gennaio 1986, n. 224, id.,
1986, I, 2575; 21 gennaio 1987, n. 548, id., Rep. 1987, voce
cit., n. 403; 10 giugno 1993, n. 6469, id., Rep. 1993, voce cit., n. 430).
Si ricorda, inoltre, che Cass. 17 aprile 1990, n. 3170 {id.,
Rep. 1990, voce cit., n. 420) enuncia ai fini della subordinazio
ne anche la necessità della verifica delle caratteristiche e moda
lità concretamente assunte dalla prestazione nel corso del suo
svolgimento, e Cass. 1° febbraio 1993, n. 1182 (id., Rep. 1993, voce cit., n. 431) richiede la esistenza di «poteri costanti d'in
tervento attraverso ordini specifici, implicanti la possibilità di
variazione, ancorché nel rispetto della professionalità del lavo
ratore, dei compiti affidati al medesimo, il quale è tenuto non
al raggiungimento di un determinato risultato ma solo ad im
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