decreto 18 agosto 1992; Giud. Mascarello; Sanga (Avv. Fezzi, Chiusolo) c. Soc. Sea (Avv. Stanchi,Pantaleoni, Pavan)Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 6 (GIUGNO 1993), pp. 2069/2070-2071/2072Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188133 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
calità del comportamento in oggetto, non si vede come esso
possa essere vulnerato dalla affermazione del principio di trat
tativa congiunta, sempre che in tale trattativa ogni organizza zione possa far pesare la forza delle proprie idee e dei propri
numeri, cioè dei propri iscritti e simpatizzanti; e sempre che
non si voglia, tra le facoltà da ricondursi alla libertà sindacale, che non è solo libertà di fatto, ma concetto normativo, cioè
di contenuto giuridico (giuridicamente lecito), far rientrare, a
pieno titolo, il pregiudizio politico: semmai, lesiva del principio in parola appare la prassi (istituzionalizzata o meno) della trat
tativa separata, che non consente il confronto fra le posizioni
(differenti, ché altrimenti la prassi del tavolo separato sarebbe
illogica prima che antigiuridica) delle diverse organizzazioni. Ciò anche per le considerazioni che la libertà sindacale non
deve essere un principio di uso e consumo esclusivo dell'orga nizzazione sindacato come persona; che degli sviluppi di quel
principio deve poter fruire anche il lavoratore, che deve essere
messo in grado di poter scegliere, con cognizione precisa, che
vai quanto dire liberamente, l'organizzazione che meglio tutela
i suoi interessi: che solo sedendo allo stesso tavolo ove seggono le altre, la singola organizzazione ha modo di far valere in pie
no, e senza condizionamenti dovuti all'emarginazione, la pro
pria posizione. Di scarso peso appare, poi, la considerazione della opposizio
ne di principio dei sindacati confederati alla trattativa congiun ta. A parte la valutazione del merito di questo atteggiamento, occorre tenere ben distinte la validità del principio di diritto
che qui si afferma, e le opportunità, che tale principio ha, di
effettiva applicazione. Contraria al nostro ordinamento giuridico, al quale in questa
sede si deve fare esclusivo riferimento, è la tendenza per la qua
le si cerca di rendere giuridicamente lecito un comportamento che lecito non è: nel nostro caso quello della trattativa su tavoli
separati, argomentando dalla sua corrispondenza ad una prassi
ormai consolidata: ciò che a volte traspare anche in pronunce
giurisprudenziali, che fanno riferimento a diritti conquistati «sul
campo», o a soluzioni imposte da «ragioni politiche» (cfr. Pret.
Cosenza 30 ottobre 1989, Foro it., 1990, I, 681). Ma è evidente
che in tal modo si introduce surrettiziamente nella gerarchia
delle fonti una fonte di diritto atipica, che per essere, fra l'al
tro, priva del requisito della opinio iuris, non assurge neanche
al rango di consuetudine; rimanendo mera prassi, priva, pertan
to, di cittadinanza nel sistema,
Il ragionamento appena svolto prescinde dalla considerazione
della natura pubblica del datore opponente, e quindi dalla cir
costanza che il nostro ordinamento costituisce in capo all'ente
pubblico un preciso dovere di operare secondo i noti canoni
di imparzialità e di buon andamento.
Tale considerazione, di peso probabilmente decisivo in sede
di censura della legittimità dell'atto, non sembra del tutto inin
fluente ai fini che ci occupano: non si può infatti dubitare che
i suddetti principi, oltre a costituire canone comportamentale
per l'amministrazione (producendo interessi legittimi), valgono
altresì a costituire in posizione di pari dignità i soggetti che di
quegli interessi siano portatori; soggetti che, se diventano titola
ri di diritti correlati a quegli interessi (com'è nel caso presente,
dato il riconoscimento effettuato dall'art. 28 statuto lavoratori,
e dalla qualificazione di sindacato maggiormente rappresentati
vo, operata dalla legge), non possono essere ingiustificatamente
discriminati.
Senz'altro qualificabile quale antisindacale, perché discrimi
natoria, risulta poi la mancata trasmissione a Cisnal del «rego
lamento per la partecipazione», con evidente violazione, inol
tre, del diritto di informazione sindacale, a fronte del puntuale
innvio di questa alle altre organizzazioni sindacali; con conse
guente discriminazione di Cisnal, anche per quanto riguarda il
contestuale invito a proporre in forma di emendamento tutte
le osservazioni e proposte, ed a partecipare all'incontro che si
sarebbe dovuto tenere in data 3 luglio 1992 presso la sala consi
liare dell'ex comune di Nicastro; con evidente violazione, sta
volta, del diritto sindacale di partecipazione: le motivazioni che
inducono questo giudice a censurare quale antisindacale anche
questo episodio di cui si è reso autore il comune di Lamezia,
non sono differenti da quelle già illustrate in relazione alla prassi
dei tavoli separati. Per quanto poi riguarda gli altri comportamenti per i quali
la Cisnal ricorse al pretore, valgono le seguenti considerazioni.
Il Foro Italiano — 1993.
Non risulta un comportamento antisindacale del comune di
Lamezia, relativamente all'incontro tenutosi in data 24 aprile
1992; non perché questo giudice sia convinto del fatto, sostenu
to dalla difesa, che non si sia trattato di un incontro ove si
siano svolte trattative, cosa invece probabile data l'eccedenza
di sottoscrizioni rispetto a quelle che verosimilmente avrebbero dovuto comparire, e data la stessa intestazione del documento, che recita «verbale incontro con le organizzazioni sindacali (Cgil,
Cisl, Uil) »; ma perché non risulta prova della mancata convo
cazione di Cisnal per quell'occasione: il semplice fatto che a
quella riunione non abbia partecipato la Cisnal, se non c'è pro va che tale assenza sia stata conseguenza della omessa convoca
zione, non può evidentemente valere a configurare un compor tamento antisindacale da parte del comune di Lamezia.
Non risulta neanche un eventuale comportamento antisinda
cale relativo allo scambio di missive con oggetto l'istituzione
del IX circolo didattico: difatti, come evidenziato dal comune
di Lamezia, la missiva inviata in data 17 giugno 1992 costituiva
risposta ad una sollecitazione dei confederati inviata a quel co
mune in data 10 giugno 1992.
Per quanto riguarda ancora il motivo di opposizione propo sto in via preliminare dal comune di Lamezia, relativo alla pre tesa impossibilità del giudice ordinario di ordinare all'ammini
strazione un facere nella sfera delle sue potestà di diritto pub
blico, questo giudice ritiene che, ferma la validità generale del
principio di riparto di giurisdizione, l'art. 28 statuto lavoratori,
costituisca eccezione di quel principio, come si deduce dall'art.
37 statuto lavoratori, e come è generalmente e pacificamente ritenuto dalla dottrina (A.M. Sandulli, Manuale di diritto am
ministrativo. 14a ed., pag. 1251, ss.; M. Nigro, Giustizia am
ministrativa, pag. 243, ss.).
PRETURA DI MILANO; decreto 18 agosto 1992; Giud. Ma
scarello; Sanga (Avv. Fezzi, Chiusolo) c. Soc. Sea (Avv.
Stanchi, Pantaleoni, Pavan).
PRETURA DI MILANO;
Sindacati — Condotta antisindacale — Sciopero contro il con
tratto collettivo — Mancata applicazione dei benefici contrat
tuali ai lavoratori scioperanti — Illegittimità (Cost., art. 40;
1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e
dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sin
dacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 28).
Costituisce condotta antisindacale il rifiuto del datore di lavoro
di corrispondere il trattamento economico previsto dal con
tratto collettivo ai lavoratori che hanno partecipato ad uno
sciopero indetto contro il contratto medesimo, in quanto l'e
sercizio del diritto di sciopero costituzionalmente garantito,
mentre non equivale alla mancata accettazione individuale del
l'accordo, è insuscettibile di conseguenze ulteriori e più gravi
rispetto alla perdita della retribuzione. (1)
(1) I. - Non risultano precedenti sul caso oggetto della decisione in
epigrafe: si tratta della contestazione di un accordo di rinnovo contrat
tuale, sottoscritto dai sindacati confederali, da parte di un gruppo di
lavoratori partecipanti ad uno sciopero indetto contro l'accordo mede
simo. Che la sentenza in epigrafe inserisca aspetti di indubbia novità
nel contenzioso giudiziario aperto dagli attuali problemi dell'attività ne
goziale collettiva, si ricava agevolmente se si considera che il fenomeno
della contestazione individuale dei contratti collettivi riguarda general mente i trattamenti peggiorativi introdotti in sede di rinnovo contrat
tuale, e segue la strada che conduce alla declaratoria della inefficacia
soggettiva degli accordi medesimi (v., per riferimenti, Cass. 24 febbraio
1990, n. 1403, Foro it., 1991, I, 877, con nota di Romei), laddove la
riapertura del conflitto sulle materie negoziate nel contratto è problema del tutto indipendente dal carattere migliorativo o peggiorativo delle
clausole contrattuali.
Della sanzionabilità degli scioperi promossi contro il contratto colletti
vo tramite la disapplicazione dei benefici negoziali, si era parlato (in rela
zione però ad un comunicato aziendale esprimente tale intendimento) in
occasione delle recenti vertenze giudiziarie che hanno avuto per protago nisti l'ente Ferrovie dello Stato ed il Coordinamento dei macchinisti uniti
(su tale vicenda, v. le opinioni di Cella, Mariucci, Sciarra, Sciopero e benefici contrattuali, in Giornale dir. lav. relazioni ind., 1992, 409). Le
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2071 PARTE PRIMA 2072
A scioglimento della riserva che precede, il pretore osserva:
è pacifico in fatto che la Sea non ha corrisposto l'aumento sala
riale e i relativi arretrati, previsti dal rinnovo contrattuale sotto
scritto dai sindacati confederali, ai dipendenti che — a prescin dere dalla loro affiliazione sindacale (e/o da ogni altra manife
stazione di volontà) — hanno partecipato allo sciopero indetto
dal Sanga per il 15-16 luglio 1992.
La circostanza, già documentata dalla lettera inviata dalla so
cietà convenuta nello scorso mese di luglio ai lavoratori interes
sati, ha trovato conferma nelle sommarie informazioni raccolte
in corso di udienza.
Tale condotta aziendale comprime, però, il diritto — costitu
zionalmente garantito — di sciopero, sanzionandone l'esercizio
con conseguenze ulteriori e più gravi rispetto all'unica reazione
(mancata corresponsione della corrispondente retribuzione) con
sentita al datore di lavoro a fronte di una legittima astensione
dal lavoro.
Né il problema può essere aggirato, come ha ritenuto di fare
e sostenuto anche nel corso della presente procedura la Sea,
uscendo dall'ottica del diritto di sciopero e attribuendo alla scelta
singola di aderire all'iniziativa di protesta assunta dal Sanga
l'inequivoco significato di «esplicito dissenso nei confronti del
l'accordo di rinnovo del contratto collettivo stipulato in data
17 giugno 1992...».
Tale operazione confonde, infatti, due piani — quello indivi
duale e quello collettivo — che sono profondamente diversi e
che devono essere mantenuti rigidamente separati e schematizza
arbitrariamente il significato di un gesto, che può essere sogget tivamente giustificato da un'infinita varietà di ragioni, non ne
cessariamente coincidenti con quelle espresse dall'organizzazio ne sindacale che ha indetto lo sciopero e, comunque, a priori sottratte a qualsiasi possibilità di indagine e/o di valutazione
da parte del datore di lavoro.
Anche a posteriori, d'altra parte, la coincidenza stabilita dal
la Sea, da un lato, tra partecipazione allo sciopero e mancata
accettazione individuale dell'accordo di rinnovo e, dall'altro la
to, tra mancata partecipazione allo sciopero e accettazione indi
viduale dell'accordo di rinnovo è stata apertamente smentità dai
fatti.
Per paradosso, invero, proprio la segretaria provinciale del
Sanga, che ha rappresentato l'organizzazione sindacale nella pre sente procedura, si è vista attribuire — grazie alla casuale so
vrapposizione tra sciopero e turno di riposo — i benefici econo
mici, nascenti dal rinnovato ccnl e negati ai dipendenti che han
no partecipato allo sciopero indetto dallo stesso Sanga, mentre
relative pronunce non hanno peraltro affrontato il merito della contro
versia, essendosi occupate tutte degli aspetti processuali sollevati dalla
legittimazione ad agire ai sensi dell'art. 28 statuto lavoratori dei nuovi
organismi sindacali: v. al riguardo Pret. Roma 17 giugno 1992, Pret. Livorno 2 giugno 1992 e Pret. Firenze 24 aprile 1992, Foro it., 1992, I, 2532, con nota di riferimenti (anche sulla questione del rilievo anti sindacale dei comunicati aziendali esprimenti reazioni datoriali alla par tecipazione ad uno sciopero).
Tutt'altra problematica resta, malgrado le apparenze, quella affron tata da Cass. 10 febbraio 1992, n. 1504, ibid., 2727, con nota di richia
mi, dove si considera l'esclusione dall'applicazione dei miglioramenti economici previsti dal contratto integrativo nella prospettiva della sussi stenza del rapporto di rappresentanza sindacale, e non in quella dell'e sercizio dello sciopero contro il contratto collettivo, negandosi (a date
condizioni) rilievo antisindacale alla mancata applicazione del contratto ai dipendenti aderenti a organizzazione sindacale non firmataria (su ta le questione, v., ampiamente, Pret. Bologna 5 maggio 1992, Pret. Ve nezia 22 aprile 1992 e 15 aprile 1992, ibid., 2553, con nota di richiami).
A conferma della novità del caso, si tenga presente che il fenomeno delle discriminazioni nei trattamenti contrattuali connesse alla parteci pazione ad uno sciopero è stato quasi esclusivamente considerato dalla dottrina e dalla giurisprudenza in relazione ai c.d. premi antisciopero, cioè ai vantaggi economici concessi ai lavoratori non scioperanti, e co me tali i tipici comportamenti di reazione del datore di lavoro sono formalizzati nello schema del divieto dei trattamenti migliorativi (art. 15 e 16 statuto lavoratori): per la illegittimità della corresponsione ai lavoratori non scioperanti di somme equivalenti a quelle richieste dalle
organizzazioni sindacali a titolo di miglioramenti economici, v. infatti Pret. Firenze 5 dicembre 1979, id., 1980, I, 861, con nota di richiami.
Per taluni problemi interpretativi sorti in giurisprudenza, collegati an ch'essi alla sanzionabilità di interventi limitativi sui trattamenti contrat tuali posti in essere dal datore di lavoro in reazione ad uno sciopero, v., per il rilievo antisindacale della disdetta dell'accordo nazionale nella
parte più favorevole ai lavoratori attuata in occasione delle agitazioni per il rinnovo del contratto aziendale, Pret. Feltre 8 aprile 1983, id., Rep. 1983, voce Sindacati, n. 185; v. anche Pret. Milano 11 luglio 1983,
Il Foro Italiano — 1993.
a smentire la tesi dell'inequivocità della volontà manifestata da
ogni singolo partecipante allo sciopero per il sol fatto di avervi
partecipato sta la decisione aziendale, di cui ha dato atto la
procuratrice speciale nel corso del suo interrogatorio, di esten
dere il nuovo trattamento contrattuale anche ai (circa) 33 di
pendenti (sugli 84 scioperanti complessivamente interessati) che, una volta conosciute le determinazioni assunte dalla Sea, hanno
intrapreso la strada di comunicare esplicitamente alla società
la propria adesione all'accordo di rinnovo.
Evidente è, infatti, che la possibilità di «reinterpretare», at
traverso un mero e successivo chiarimento il valore di ogni sin
gola partecipazione allo sciopero contraddice la stessa tesi di
partenza della Sea e l'assorbente identificazione che la società
ha compiuto tra motivazioni sindacali e motivazioni individuali
di adesione o non adesione allo sciopero, mentre l'ipotesi alter
nativa della successiva modifica da parte di alcuni di essi della
inequivoca volontà originariamente espressa da tutti gli sciope
ranti costituirebbe la miglior prova della pesante coercizione eser
citata dalla società nei confronti dei propri dipendenti «dissen
zienti» per fiaccarne la resistenza e indurli a manifestare esplici tamente un assenso non richiesto agli altri dipendenti, già beneficiari degli aumenti contrattuali.
Chiara è la valenza antisindacale di tale condotta, che stabili
sce un'immediata e automatica coincidenza tra vantaggi (quan tomeno a breve termine) e «premi», da un lato, e svantaggi e «punizioni», dall'altro lato, a fronte dell'adesione o meno
e della resipiscenza o meno manifestata dai dipendenti rispetto alle iniziative assunte da una data organizzazione sindacale. L'e
videnza di tale pregiudizievole relazione e il danno che, anche
in termini di futura immagine e di possibilità di coagulare con
sensi che siano commisurati — come deve essere in un corretto
confronto sindacale — alla validità delle idee e delle azioni con
cepite e non alla reazione opposta dal datore di lavoro, ne deri
va al sindacato ricorrente, rende superfluo soffermarsi sulla ve
xata quaestio dell'oggettività ovvero intenzionalità della condotta
aziendale censurata, che va in ogni caso sempre considerata —
ad avviso della scrivente — avendo di vista non la volontarietà
dell'evento in sé, bensì' dell'azione, di cui l'evento dannoso è
l'immediato e prevedibile prodotto. Gli effetti di tale condotta vanno immediatamente rimossi,
ordinando alla convenuta di allineare il trattamento economico
riservato ai propri dipendenti che hanno aderito allo sciopero
proclamato dal Sanga per il 15-16 luglio 1992 e discriminati
rispetto agli altri dipendenti per il sol fatto di detta adesione.
id., Rep. 1984, voce cit., n. 208, che ha ritenuto antisindacale la deci sione del datore di lavoro di corrispondere superminimi assorbibili dai successivi benefici del rinnovo contrattuale, in contrasto con espressa previsione contrattuale che tale assorbibilità escludeva nei sei mesi pre cedenti la scadenza del contratto, trattandosi di un comportamento —
oltre che valutabile come inadempimento contrattuale — idoneo ad in taccare la capacità di mobilitazione e di lotta del sindacato in occasione del rinnovo contrattuale.
II. - Pur in mancanza di puntuali precedenti giurisprudenziali, è cre sciuto, negli ultimi anni, l'interesse della dottrina per i rimedi capaci di consentire una maggiore governabilità del sistema contrattuale.
Di fonte dottrinale è ad esempio la proposta — che ha suscitato un
ampio dibattito — di contenere le azioni di sciopero contro il contratto
collettivo, attraverso l'inserimento in esso di una clausola volta a condi zionare l'applicazione dei benefici aggiuntivi alla implicita accettazione individuale dei medesimi, precisandosi che una clausola siffatta equi varrebbe all'inserimento nella parte normativa del contratto collettivo «d'un impegno di pace con predeterminazione tipizzata delle conseguenze dell'inadempimento (sostitutive della responsabilità per danni e di quel la disciplinare)»: Tosi, Contrattazione collettiva e controllo del conflit to, in Giornale dir. lav. relazioni ind., 1988, 459 ss. Al di fuori di siffatta clausola, o al di fuori di un quadro di regole certe sul mandato
rappresentativo, si ammette comunque che la non applicazione dei be nefici avrebbe una valenza antisindacale (Mariucci, op. cit., 418).
Sulle c.d. clausole di autoesclusione, cfr., in generale, ma con rilievi
generalmente critici sulla funzionalità dell'istituto, Pessi, Istituzionaliz zazione delle relazioni industriali e governo del conflitto, in Giornale dir. lav. relazioni ind., 1987, 551; Magnani, Contrattazione collettiva e governo del conflitto, id., 1990, 687 ss.; AA.VV., Lo sciopero: disci
plina convenzionale e autoregolamentazione nel settore privato e pub blico, Giuffrè, Milano, 1988; Sciarra, Il «conflitto tra gruppi» nei ser vizi pubblici essenziali, in Lavoro e dir., 1988, 667. Sul valore giuridico dei comportamenti individuali nei processi di contrattazione collettiva, v. invece Prosperetti, L'efficacia dei contratti collettivi nel pluralismo sindacale, Angeli, Milano, 1989; Tursi, Sindacati e Cobas: il contratto collettivo «conteso», in Riv. it. dir. lav., 1990, I, 318. [P. Bellocchi]
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