decreto 23 febbraio 1987; Pres. Salafia; Soc. Chemoil Monde Export (Avv. Palandri) c. AlandiaTanker Company Ltd.Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 12 (DICEMBRE 1987), pp. 3339/3340-3341/3342Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179497 .
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3339 PARTE PRIMA 3340
Motivi della decisione. — Nella comparsa di risposta la conve
nuta ha osservato che le duemila azioni Ilssa Viola s.p.a. erano
rimaste nel dossier dell'avv. Maggi, il quale aveva anche «eserci
tato tutti i suoi diritti di proprietario delle azioni stesse, nulla
escluso».
Prova ne era l'utilizzazione della cedola 20 «con acquisto a
pagamento di 400 azioni Ilssa Viola s.p.a. (9 novembre 1981)»
e della cedola 21 «con vendita di 2.000 diritti (28 ottobre 1981)
e accredito del relativo ricavo».
La convenuta ha pure aggiunto che nel 1983 l'avv. Maggi ave
va chiesto che le duemila azioni Ilssa Viola venissero messe a
sua disposizione, ma che ciò non era potuto avvenire per «causa
di forza maggiore». La Comit banca, però, ricevuta la citazione
24 febbraio 1984 e avuta anche la «disponibilità dei titoli», aveva
provveduto a comunicare con lettera 8 marzo 1984 che le azioni
erano a disposizione dell'attore; non avendo costui provveduto
al loro ritiro, la banca aveva formulato un secondo invito (lettera
27 aprile 1984) accolto dall'avv. Maggi. Fatte queste premesse e ritenuto altresì che le duemila azioni
erano state inviate all'avv. Maggi a mezzo raccomandata 16 mag
gio 1984, «unitamente alla liquidazione di ogni interesse dal 21
maggio 1981», la Banca commerciale italiana nella richiamata com
parsa di risposta ha concluso che in ordine alla prima domanda
(quella di consegna delle azioni) era cessato ogni motivo di conte
sa e che la domanda di risarcimento danni andava respinta per
«inesistenza e comunque per mancanza di prova dei danni stessi».
Osserva il collegio che anche in ordine alla seconda domanda
è cessata la materia del contendere: infatti l'attore ha limitato
la richiesta di danni alla mancata percezione dei dividendi, men
tre la convenuta ha esplicitamente riconosciuto, come si è visto,
di averli corrisposti, con i relativi interessi, nella stessa data di
rimessione dei titoli: 16 maggio 1984.
Orbene, è giurisprudenza pacifica che nelle ipotesi in cui «sia
venuta meno la materia del contendere e tuttavia tra le parti per
manga contrasto in ordine all'onere delle spese», «il giudice deve
procedere ai necessari accertamenti sulla fondatezza delle doman
de e delle eccezioni delle parti al fine di stabilire quale sarebbe
stata l'incidenza della soccombenza se il giudizio fosse stato defi
nito con una pronuncia di merito».
In questa prospettiva non può negarsi la piena fondatezza delle
domande attrici.
Recita invero l'art. 2021 c.c. che «il possessore di un titolo
nominativo» (tra i titoli di credito nominativi si fanno rientrare
di merito, Pret. Monza 8 maggio 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 10, e in Giusi, civ., 1986, I, 617; Trib. Ancona 24 maggio 1977, Foro it.,
1977, I, 2654. Va peraltro segnalato come, discostandosi da precedenti orientamenti
secondo i quali il fondamento dell'obbligo delle spese processuali risiede nel principio di causalità, id est nel comportamento di colui che, lascian do insoddisfatta una pretesa riconosciuta fondata ovvero azionando una
pretesa accertata come infondata, abbia dato causa alla lite (Cass. 8 ago sto 1978, n. 3860, id., Rep. 1978, voce cit., n. 5, e in Giusi, civ., 1978,
I, 1993), Cass. 1° dicembre 1986, n. 7094, Foro it., Rep. 1986, voce
cit., n. 35, abbia recentemente statuito che la soccombenza virtuale impli ca un giudizio di colpevolezza e di responsabilità della parte, che manca nel caso di comportamento omissivo concretante una ipotesi di silenzio - rigetto.
In dottrina, sul punto, oltre alla fondamentale opera di V. Andrioli, Commento, Jovene, Napoli, 1961, 252 ss., v. anche per ulteriori riferi
menti, G. Spagnuolo, Le spese processuali e la soccombenza, in Nuovo
dir., 1971, 630. Più ancora che per il menzionato principio di diritto, la decisione in
epigrafe ha suscitato una qualche eco nella stampa quotidiana (De Paoli
ni, Condannata alla girata, ne il Sole - 24 Ore del 21 aprile 1987, 13) soprattutto in quanto relativa ad una fattispecie di inadempimento (quel la del ritardo nel trasferimento del titolo azionario) che potrebbe risultare «in via di estinzione» dopo la entrata in vigore della recente 1. 19 giugno 1986 n. 289 sulla amministrazione accentrata dei valori mobiliari presso la Monte Titoli s.p.a. e del successivo regolamento pubblicistico emanato da parte della Consob, d'intesa con la Banca d'Italia, a condizione peral tro di una massiccia adesione delle società quotate al servizio offerto dal «Monte». Sul «sistema Monte Titoli», v. G. Carrtero, Monte Titoli s.p.a.: le ragioni di un intervento legislativo, in Foro it., 1986, V, 259; Id., Dematerializzazione dei valori mobiliari: l'esperienza francese, id., 1987, IV, 141, per significativi riferimenti sulla ancor più avanzata procedura messa a punto dal legislatore francese al fine di svincolare la disciplina della circolazione dei titoli di massa dalla presenza del documento cartaceo.
Il Foro Italiano — 1987.
anche i titoli azionari) «è legittimato all'esercizio del diritto
in esso menzionato per effetto dell'intestazione a suo favore
contenuta nel titolo e nel registro dell'emittente».
Il successivo art. 2023 c.c. prevede poi che «il titolo nominati
vo può essere trasferito anche mediante girata» (l'altra ipotesi
di trasferimento consiste nel c.d. transfert — art. 2022 c.c.
e art. 2, 1° comma, r.d. 29 maggio 1942 n. 239); che «la
girata deve essere datata e sottoscritta dal girante e contenere
l'indicazione del giratario»; che il «trasferimento mediante gira
ta non ha efficacia nei confronti dell'emittente fino a che non
ne sia fatta annotazione nel registro».
Quanto al trasferimento dei titoli azionari balza innanzitutto
evidente che gli stessi sono stati girati all'aw. Maggi solamente
il 9 marzo 1984, dopo cioè la notifica dell'atto di citazione
(24 febbraio 1984) e a quasi tre anni di distanza dalla vendita
(v. fotocopie dei certificati relativi alle duemila azioni Ilssa Viola).
La vendita, intervenuta come si è visto il 17 marzo e il
15 aprile 1981, si è realizzata oltretutto in un contratto a termi
ne, prevedendo una consegna dei titoli «a fine marzo» e «a
fine aprile» 1981 (v. fissati bollati sottoscritti dalle parti). Da quanto precede appare già evidente l'inadempimento della
convenuta ai propri obblighi contrattuali.
Né, per disattendere tale inadempimento, ha importanza che
l'avv. Maggi sia stato messo in grado dalla Banca commerciale
di esercitare il diritto di opzione con l'acquisto di 400 nuove
azioni in occasione dell'aumento di capitale deliberato dalla
s.p.a. Ilssa Viola. Infatti è noto che con il trasferimento delle
azioni si trasferisce la qualità di socio e che inerente alla qualità di socio è compreso il diritto di opzione. Ma questo non è
l'unico diritto spettante al socio, essendovene numerosi altri:
diritto di intervento e di voto nell'assemblea, diritto agli utili,
diritto d'ispezione, diritto alla quota di liquidazione, ecc. Sta
però di fatto che fino a quando le azioni non sono state girate
all'attore, quest'ultimo (giratario) non ha potuto chiedere alla
Ilssa Viola l'annotazione nel libro dei soci e non ha potuto cosi acquistare la necessaria legittimazione per fare valere i pro
pri diritti di socio nei confronti della società emittente (v. altresì
Cass. 27 giugno 1961, n. 1553, Foro it., 1961, I, 1454, riflettente
un'ipotesi di opposizione contro le deliberazioni assembleari di
cui agli art. 2377 e 2378 c.c.). Accertato quindi l'inadempimento della Banca commerciale
Italiana (la causa di forza maggiore dedotta in comparsa di
risposta è rimasta senza prova), la stessa è tenuta al risarcimento
del danno (art. 1218 c.c.). I danni conseguenti alla condotta
della convenuta sono stati circoscritti alla mancata percezione dei dividendi.
Si è visto che ogni azione attribuisce il diritto a una parte
proporzionale degli utili netti (art. 2350 c.c.). Ora è evidente che il pagamento di tali dividendi operato
dalla banca in corso di causa (v. raccomandata 16 maggio 1984) non incide assolutamente sul fondamento della domanda di dan
ni (arg. anche dall'art. 1531 c.c.), ma interessa ai soli fini
della cessazione della materia del contendere.
Da quanto esposto appare poi del tutto irrilevante la prova
per interrogatorio formulata dalla convenuta in sede di precisa zione delle conclusioni.
La stessa è quindi inammissibile.
TRIBUNALE DI GENOVA; decreto 23 febbraio 1987; Pres. Sa
lafia; Soc. Chemoil Monde Export (Avv. Palandri) c. Alan
dia Tanker Company Ltd.
TRIBUNALE DI GENOVA;
Navigazione (procedimenti in materia di) — Sequestro conserva
tivo — Credito nei confronti del noleggiatore — Nave non ap
partenente al debitore — Inammissibilità (L. 25 ottobre 1977
n. 880, ratifica ed esecuzione di tre convenzioni internazionali
firmate a Bruxelles il 10 maggio 1952, concernenti l'unificazio
ne di alcune regole sul sequestro conservativo delle navi e sulla
competenza civile e penale in caso di abbordaggio: convenzio
ne per l'unificazione di alcune regole sul sequestro conservati
vo delle navi, art. 1, 2, 3).
Non può trovare accoglimento la richiesta di sequestro conserva
tivo, avanzata ai sensi della convenzione di Bruxelles del 10
maggio 1952, ratificata in Italia con I. 25 ottobre 1977 n. 880,
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
per credito nei confronti del noleggiatore, da eseguirsi su nave
appartenente a persona diversa dal debitore, pur essendo il cre
dito marittimo relativo alla stessa nave. (1)
(1) Non si rinvengono precedenti giurisprudenziali. Di un certo interesse si presentano due pronunce francesi, una resa
da Tribunal de Commerce de Rouen 1° aprile 1980, Foro it., Rep. 1981, voce Navigazione (procedimenti), n. 5, e in Dir. mariti., 1981, 90, e la
precedente da Tribunal de Commerce de Noumea 17 novembre 1979, Fo ro it., Rep. 1981, voce cit., n. 4, e in Dir. maritt., 1981, 82, ambedue annotate da Lopez de Gonzalo, Indicazioni della giurisprudenza france se in relazione alla convenzione di Bruxelles del 1952, sul sequestro di navi.
Nella pronuncia resa dal Tribunal de Commerce de Rouen, cit. è stato
ritenuto ammissibile il sequestro ai sensi dell'art. 3 della convenzione di
Bruxelles, su istanza di agente raccomandatario di nave appartenente a
società liberiana e noleggiata a tempo a società olandese, sequestro ri
chiesto su diversa nave, appartenente ad altra società liberiana, sull'as sunto che le due società liberiane facevano capo a stesso gruppo armatoriale
greco, e che tale gruppo controllava la società olandese, che aveva noleg
giato la nave. Con una interpretazione criticabile ai sensi della convenzione, che pre
suppone necessariamente identità tra nave debitrice e società proprietaria, il tribunale francese ha concesso il sequestro, argomentando sulla base
della accertata identità tra le due società, per somiglianza della ragione sociale e per avere entrambe il domicilio presso società greca, general
manager delle stesse. La pronuncia del Tribunal de Commerce de Rouen, ha ritenuto suffi
ciente, ai fini della concessione del sequestro, che l'esistenza del credito
venga addotta dal richiedente, non occorrendo altresì' che il credito sia
certo, liquido ed esigibile. Le tre convenzioni di Bruxelles del 10 maggio 1952, sulla unificazione
di alcune regole sul sequestro conservativo di navi, sulla unificazione di
alcune regole relative alla competenza civile in materia di abbordaggio e sulla unificazione di alcune regole relative alla competenza penale in
materia di abbordaggio e di altri incidenti di esecuzione, sono state ratifi
cate e ne è stata data l'esecuzione in Italia con la 1. 25 ottobre 1977
n. 880; la convenzione sul sequestro conservativo è entrata in vigore solo
il 9 maggio 1980, sei mesi dopo il deposito degli strumenti di ratifica
(art. 14, lett. b, della convenzione), avvenuto il 9 novembre 1979.
Le novità di maggior rilievo introdotte dalla convenzione sul sequestro conservativo riguardano la categoria dei «crediti marittimi», individuati
dalle cause tassativamente indicate dall'art. 1 § 1 lett. a-q\ la natura del
sequestro (art. 1 § 2), precisandosi che tale si intende «l'immobilizzazione
di una nave con l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente per
garantire un credito marittimo, ma non il sequestro di una nave per l'ese
cuzione di un titolo»: la tutela cautelare si esaurisce in tal modo nel bloc
co materiale e nella custodia del bene-nave, senza collegamento con la
fase esecutiva; non viene richiesto il periculum in mora; il sequestro è
consentito su nave di proprietà di terzi, ma solo nel caso che il credito
marittimo sia sorto in relazione a detta nave (art. 3 § 4). Il decreto in epigrafe presta il fianco all'immediato rilievo che negare
il sequestro per credito relativo alla nave, anche se di proprietà di altri
che non il debitore, come è stato nella specie disposto, vuol dire azzerare
un chiaro disposto della convenzione di Bruxelles.
Inconferente sembra inoltre la motivazione della disposta reiezione, in
quanto l'art. 2 della convenzione dispone che «nessuna disposizione della
presente convenzione potrà essere considerata come un'estensione o una
restrizione dei crediti e dei poteri che gli Stati, le autorità pubbliche o
le autorità portuali hanno in virtù della loro legislazione interna o dei
loro regolamenti di sequestrare, detenere o impedire altrimenti ad una
nave di prendere il mare nella loro circoscrizione». Nell'articolo si ha
riguardo semplicemente ai poteri delle autorità pubbliche, e in particolare
portuali, di operare fermi di nave secondo la legislazione interna, poteri che non vengono né ampliati né ristretti dalla convenzione.
Ultimo rilievo: non è vero che nel nostro sistema non sia ammissibile
il sequestro conservativo nei confronti di nave di proprietà di terzi, po tendosi ottenere la misura cautelare con tale estensione nei casi di crediti
garantiti da uno dei privilegi speciali, ex art. 552 e 557 c. nav.
Sulla convenzione di Bruxelles, e sui lavori che l'hanno preceduta, v.
Mordiglia, La convenzione di Bruxelles 10 maggio 1952 sul sequestro
conservativo di navi e la sua recente entrata in vigore in Italia, in Dir.
maritt., 1981, 133 ss.; Berlingieri, Ratifica delle convenzioni di Bruxel
les del 10 maggio 1952, id., 1978, 148; Id., La XXII conferenza del Co
mité Maritime International, id., 1951, 426; Id., La conferenza di Napoli
del Comité Maritime International, ibid., 574; Pasanisi, Il progetto di
convenzione internazionale per la unificazione dette regole in materia di
sequestro di navi, id., 1952, 316; A. Giannini, La conferenza internazio
nale di diritto marittimo di Napoli, in Riv. dir. navig., 1951, I, 295;
Id., Le convenzioni di Bruxelles del 1952, id., 1952, I, 207; Franchi,
Convenzioni di Bruxelles sul sequestro conservativo di navi e sulla com
petenza civile e penale in caso di abbordaggio, in Nuove leggi civ., 1978,
180. V. in particolare gli scritti chiarissimi, anche nell'ottica di una ricostru
zione unitaria degli aspetti innovativi sia sostanziali che processuali, di La
Il Foro Italiano — 1987.
Considerato che il ricorrente chiede di essere autorizzato ad
eseguire il sequestro conservativo sulla nave «Alandia Warrior», che riconosce appartenere a persona diversa dal debitore, in base
al fatto che il credito da cautelare sorse nei confronti del noleg
giatore della predetta nave e durante il tempo del noleggio; considerato che, sebbene l'art. 3 convenzione Bruxelles 10 mag
gio 1952, resa esecutiva con 1. 25 ottobre 1977 n. 880 consenta
al creditore del noleggiatore di sequestrare la nave in relazione
al cui esercizio è sorto il credito marittimo, oggetto della cautela, tuttavia la predetta norma deve essere coordinata con l'art. 2 stessa
convenzione, il quale dispone che nessuna disposizione conven
zionale può essere considerata come un'estensione o una restri
zione dei crediti e dei poteri che gli Stati, le autorità pubbliche o le autorità portuali hanno in virtù della loro legislazione interna;
considerato che, pertanto, occorre preliminarmente accertare
se l'ordinamento italiano prevede l'aggressione di un bene non
appartenente al debitore né vincolato alla garanzia del credito
da parte del creditore; considerato che nessuna norma consente al creditore del loca
tario o noleggiatore di una nave di aggredire come garanzia del
credito la nave appartenente all'armatore, appunto perché si trat
ta di un bene altrui; considerato che, pertanto, è prevalente, rispetto alla conven
zione di Bruxelles, su questa materia la legislazione italiana e che,
conseguentemente, non può essere accolto il ricorso.
Per questi motivi, respinge il ricorso.
China, Due novità (d'antica data) nel campo del diritto processuale civile
internazionale marittimo: le convenzioni di Bruxelles del 10 maggio 1952, in Foro it., 1978, V, 254; Id., Sequestro ed attuazione della garanzia sulla nave tra pluralità di procedure e pluralità di ordinamenti, in Dir.
maritt., 1983, 145. [M. Di Virgilio]
TRIBUNALE DI NAPOLI; sentenza 7 febbraio 1987; Pres. ed
est. Ianniruberto; Rossetti c. Comune di Napoli.
TRIBUNALE DI NAPOLI;
Società — Azionista unico — Sentenza emessa contro la società — Efficacia nei confronti del socio — Fattispecie (Cod. civ.,
art. 1306, 1945, 2362).
L'accertamento del debito della società per azioni, in quanto ta
le, non può essere messo in discussione dall'azionista unico in
virtù della natura derivata della sua responsabilità e della inap
plicabilità degli art. 1306 e 1945 c.c. (nella specie, sulla base
della sentenza emessa nei confronti della società era stato chie
sto e ottenuto decreto ingiuntivo contro il socio, azionista
unico). (1)
(1) 1. - La sentenza è particolarmente interessante in quanto coinvolge la complessa problematica dell'efficacia della sentenza nei confronti di
terzi: di soggetti, cioè, che, pur rimanendo estranei al giudizio, sono dalla
pronuncia che questo definisce implicati in virtù di un nesso di
pregiudizialità-dipendenza esistente fra il rapporto di cui sono titolari e
quello dedotto in causa. Nel caso di specie il giudice è chiamato a pronunciarsi sul valore che
la sentenza, emessa sul debito sociale, possa avere per l'azionista unico,
soggetto sicuramente «altro» dalla società dal momento che questa, per
opinione costante, continua a sussistere come soggetto di diritto anche
in ipotesi di giuridica concentrazione delle azioni nelle mani dell'unico socio.
D'altro canto, a norma dell'art. 2362 c.c., la posizione del socio, terzo
rispetto alla società, non è certo di indifferenza visto che egli è chiamato
a rispondere illimitatamente per i debiti sociali in caso di insolvenza della
società. La soluzione, allora, al problema che il giudice si è posto passa attra
verso questi elementi: a) esistenza di un sicuro nesso di pregiudizialità
dipendenza fra la responsabilità del socio e la responsabilità della società:
dato che quest'ultima mantiene la sua personalità giuridica, esse sono
nettamente distinguibili; b) individuazione del tipo di responsabilità gra
vante sul socio. Difatti, da una diversa sistemazione concettuale di tale
responsabilità possono derivare difformi ricostruzioni dell'efficacia della
sentenza: si può propendere, cioè, per l'affermazione o per la negazione
dell'estendersi degli effetti della stessa al socio.
Nonostante la non completa assimilabilità del socio unico azionista di una
società per azioni al socio illimitatamente responsabile di una società di per
sone (ed ai conseguenti dubbi sul se il socio unico azionista possa avvalersi
del beneficium excussionis o sia assoggettabile a fallimento: v. per tutti
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