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decreto 23 gennaio 1986; Pres. Tesi, Rel. Millozza; ric. Dall'Antonia

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decreto 23 gennaio 1986; Pres. Tesi, Rel. Millozza; ric. Dall'Antonia Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 5 (MAGGIO 1986), pp. 1415/1416-1417/1418 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187286 . Accessed: 28/06/2014 12:07 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.50 on Sat, 28 Jun 2014 12:07:14 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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decreto 23 gennaio 1986; Pres. Tesi, Rel. Millozza; ric. Dall'AntoniaSource: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 5 (MAGGIO 1986), pp. 1415/1416-1417/1418Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187286 .

Accessed: 28/06/2014 12:07

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1415 PARTE PRIMA 1416

titolare, di una modesta rendita di capitale ed essere in qualche modo aiutata da un figliolo maggiorenne, convivente, nonché, per altro verso, del fatto che la Corona deve provvedere a sostentare

una figlia minore, rimasta a suo esclusivo carico.

Il delibato reclamo di Anna Maria Corona, pertanto, deve

essere respinto. Prima di concludere sul punto, si impone un'ultima precisazio

ne.

La reclamante, con le memomrie depositate nel corso del proce dimento, ha lamentato che l'amministrazione statale erogatrice del

trattamento previdenziale di riversibilità come sopra ripartito fra

lei e Maria Leonarda Matera, nel far luogo alla ripartizione delle

pensioni, contestate, opererebbe sulla quota di queste tuttora a lei

versate ritenute dirette di i.r.p.e.f. per importi maggiori di quelli del tributo da lei realmente dovuto.

Sull'esposta doglianza non può adottarsi nessuna statuizione in

questa sede, dovendo la istante far valere il vantato diritto ad

una giusta tassazione nelle competenti sedi amministrative e

giurisdizionali ai sensi degli art. 37 d.p.r. 29 novembre 1973 n.

602 e 15 ss. d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636. (Omissis)

I

TRIBUNALE DI UDINE; decreto 23 gennaio 1986; Pres. Tesi,

Rei. MillozzA; ric. Dall'Antonia.

TRIBUNALE DI UDINE;

Società — Società a responsabilità limitata — Durata annuale

dell'esercizio sociale — Termine di chiusura — Rinvio —

Illegittimità (Cod. civ., art. 2217, 2364). Società — Società per azioni — Delibera assembleare — Omo

logazione parziale — Inammissibilità (Cod. civ., art. 2411, 2436).

È illegittima la delibera dell'assemblea straordinaria di società a

responsabilità limitata che modifichi il termine di chiusura

dell'esercizio sociale, rendendo la durata dell'esercizio in corso

superiore all'anno. (1) Se un atto sociale sottoposto ad omologazione (nella specie una

delibera di società per azioni) abbia contenuto complesso e sia

per una parte contrastante con disposizioni di legge non è pos sibile disporre l'omologazione parziale con riferimento alla

parte ritenuta legittima. (2)

II

TRIBUNALE iDI UDINE; decreto 13 dicembre 1984; Pres.

Millozza; ric. Piccinini.

Società — Società per azioni — Durata annuale dell'esercizio

sociale — Termine di chiusura — Rinvio — Illegittimità (Cod.

civ., art. 2217, 2364).

Non è omologabile la delibera dell'assemblea straordinaria di

società per azioni che modifichi il termine di chiusura dell'e

sercizio sociale stabilito dallo statuto, rendendo la durata dell'e

sercizio in corso superiore all'anno. (3)

(1-3) L'illegittimità della delibera, con conseguente diniego del

l'omologa, è stata argomentata in entrambi i casi dal tribunale dagli art. 2217 e 2364 c.c., nei quali si è voluta ravvisare la enunciazione del principio inderogabile per cui gli esercizi sociali devono avere durata annuale.

In tal senso è costante l'indicazione della giurisprudenza: v. Trib. Udine 19 dicembre 1984, Società, 1985, 418; Trib. Milano 27 feb braio 1973, Foro it., Rep. 1973, voce Società, n. 228; Trib. Trieste 13 febbraio 1964, id., Rep. 1965, voce cit., n. 280; Trib. Milano 15

gennaio 1959, id., Rep. 1959, voce cit., n. 374; Trib. Milano 2 febbraio 1954, id., 1955, I, 1121; App. Torino 2 giugno 1943, id., Rep. 1943-45, voce cit., n. 205.

In contrasto con questa giurisprudenza si è posta invece App. Trieste 11 giugno 1964, id., Rep. 1965, voce cit., n. 279, e in Riv. dir.

comm., 1965, II, 391 (ove è altresì pubblicato il decreto riformato, Trib. Trieste 13 febbraio 1964, cit.), con nota di Ferro Luzzi, L'esercizio sociale e la sua rilevanza nel diritto dell'impresa e nel diritto delle società. I giudici triestini hanno infatti omologato una deliberazione di modifica statutaria con la quale i soci avevano convenuto di conglobare in un unico bilancio due esercizi finanziari per l'impossibilità di provvedere all'approvazione annuale del bilancio, causa l'assoluta incertezza di talune poste fondamentali. Secondo tale

provvedimento, pertanto, sarebbe ammessa la deroga al principio dell'annualità dell'esercizio sociale, quando essa sia giustificata da causa di forza maggiore.

Il Foro Italiano — 1986.

I

Visto il ricorso depositato in cancelleria il 16 gennaio 1986 con il quale il notaio G. Dall'Antonia di Vittorio Veneto ha chiesto

l'omologazione dell'atto 18 gennaio 1986 n. 17267 di rep., relativo all'assemblea straordinaria della società « immobiliare Binel la-s.r.l. », con sede in Udine, via Giusti n. 5, capitale sociale lire

50.000.000, contenente deliberazione; 1) di trasferire la sede sociale da Udine via Giusti n. 5 a Udine via Ermes di Col

loredo, 2 , e conseguente sostituzione dell'art. 2 dello statu

to; 2) di « allargrare l'oggetto sociale per consentire anche l'attività nel campo della multiproprietà nonché acquisto e gestione di

complessi immobiliari di carattere turistico-stagionale, e conse

guente sostituzione dell'art. 4 dello statuto »; 3) « di modificare l'art. 26 dello statuto sociale per stabilire che l'esercizio sociale si chiuda al 30 giugno di ogni anno anziché al 31 dicembre» e «di stabilire pertanto che l'esercizio in corso si chiuderà al 30 giu gno 1986 », premesso che la decisione di cui ai punti 1) e 2) della delibera deve ritenersi conforme a legge;

ritenuto, però, per quanto riguarda il punto 3), che la redazione del bilancio va collegata con la disposizione dell'art. 2217 c.c. che fa obbligo all'imprenditore di redigere annualmente l'inventario con l'indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all'impresa e che l'inventario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite;

che il bilancio deve tassativamente redigersi alla chiusura di ogni esercizio e, quindi, annualmente, come risulta in modo chiaro dall'art. 2364 c.c. secondo cui l'assemblea ordinaria, alla quale spetta l'approvazione del bilancio, deve essere convocata almeno una volta all'anno entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio sociale;

che, conseguentemente, la decisione in esame, diretta a spostare detta chiusura dal 31 dicembre 1985 al 30 giugno 1986 e, quindi, ad « allungare » la durata dell'esercizio sociale, non appare meri tevole di omologazione non potendosi riconoscere ai soci alcuna autonomia in ordine allo spostamento della data al predetto fine, perchè, diversamente opinando, si finirebbe col consentire, attra verso una pluralità di successive modificazioni della data di chiusura dell'esercizio sociale, l'inosservanza del principio della rigorosa annualità degli esercizi;

che, in base alle considerazioni svolte, si renderà necessario chiudere il bilancio alla data stabilita del 31 dicembre 1985 e procedere quindi alla redazione di un bilancio straordinario al 30 giugno 1986, a partire dal quale si determinerà la nuova scadenza annuale;

tutto ciò premesso, siccome il giudizio di omologazione previsto dagli art. 2411 e 2436 c.c. riguarda la deliberazione assembleare sottoposta al controllo del tribunale nella sua interezza formale e sostanziale, anche se il contenuto complesso come quella esamina ta, il collegio non ritiene possibile concedere l'omologazione soltanto alla parte che è conforme a legge e negarla a quella non

Merita menzione, invece, l'affermazione del Tribunale di Udine, contenuta nel primo dei decreti in epigrafe, secondo cui ben è possibile che una deliberazione assembleare sposti il periodo di riferimento del bilancio (nella specie la scadenza annuale veniva portata dal 31 dicembre al 30 giugno), purché però ciò non avvenga « allungando » la durata dell'esercizio sociale in corso. In sostanza appare ai giudici necessario che il bilancio venga comunque chiuso al 31 dicembre (non essendo possibile derogare al principio dell'annuali tà), potendosi però poi procedere alla redazione di un bilancio straordinario al 30 giugno successivo, a partire dal quale verrà ad essere determinata la nuova scadenza annuale.

Per un ordine di idee analogo a quello del tribunale udinese si veda Ferro Luzzi, op. cit., 405 ss.; appare invece ancorato ad una visione più rigida F. Ferrara jr., Gli imprenditori e le società, Milano, 1984, 568, n. 8, a cui dire la chiusura dell'esercizio sociale non può non avvenire sempre alla stessa data. Cfr. inoltre G. Rossi, Controllo pubblicistico sulle società per azioni, in Riv. società, 1958, 518, spec. 532, con riferimento alla 1. 4 marzo 1958 n. 181, sul bilancio di esercizio delle società elettriche, il quale, pur non prendendo esplicitamente posizione, sembra comunque orientato verso la visione più « aperta » di cui si è detto. Per indicazioni sullo stato della questione cfr. anche Silvestri e Cavalli, Le società per azioni, in Giur. sist. civ. comm., fondata da Bigiavi, Torino, 1983, II, 25.

È infine degna di nota l'osservazione conclusiva del Tribunale di Udine (puntualizzata nella seconda massima) per cui va rifiutata l'omolo gazione della delibera nella sua interezza, pur essendo contrario alla legge solo uno (quello relativo al bilancio, appunto) dei tre punti in cui essa si articolava, non essendo possibile una omologazione parziale, in quanto violerebbe l'unità della decisione (sul problema v., per una valutazione opposta, Trib. Roma 3 ottobre 1984, Foro it., 1985, I, 1516, con richiami e nota di Marziale).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ritenuta tale perchè, cosi facendo, si verrebbe a violare l'unità

della decisione.

Per questi motivi, rigetta il ricorso come sopra proposto.

II

Visto il ricorso con il quale il notaio Enrico Piccinini di Udine

ha chiesto l'omologazione dell'atto 19 novembre 1984 n. 17276 di

rep., relativo al verbale di assemblea straordinaria della « Daneco -

Danieli Ecologia s.p.a. » con sede in S. Giovanni al Natisone via

Nazionale, 85, capitale sociale lire 2.100.000.000, contenente de

liberazione di « impostare al 30 giugno di ogni anno la data di

chiusura dell'esercizio sociale e di modificare conseguentemente il

1° comma dell'art. 20 dello statuto », e di « stabilire pertanto che

il corrente esercizio si chiuderà il prossimo 30 giugno 1985 »; ritenuto che la redazione del bilancio va collegata con la

disposizione dell'art. 2217 c.c. che fa obbligo all'imprenditore di

redigere annualmente l'inventario con l'indicazione e la valutazio

ne delle attività e delle passività relative all'impresa e che

l'inventario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e

delle perdite; che il bilancio deve tassativamente redigersi alla chiusura di

ogni esercizio e, quindi, annualmente, come risulta dall'art. 2364

c.c. secondo cui l'assemblea ordinaria, alla quale spetta l'approva zione del bilancio, deve essere convocata almeno una volta

all'anno entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio sociale;

che, conseguentemente, la deliberazione in esame, diretta a

spostare detta chiusura dal 31 dicembre 1984 al 30 giugno 1985

e, quindi, ad « allungare » la durata dell'esercizio sociale, non

appare omologabile non potendosi riconoscere ai soci alcuna

autonomia in ordine allo spostamento della data a questo fine

perchè, diversamente opinando, si finirebbe col consentire, attra

verso una pluralità di successive modificazioni della data, di

vanificare il principio della rigorosa annualità degli esercizi; che pertanto la deliberazione in esame non può essere omolo

gata ponendosi essa in contrasto con le disposizioni di legge;

(omissis)

TRIBUNALE DI PRATO; decreto 8 gennaio 1986; Pres. De

Biase, Rei. Carone; Soc. Barcaro. TRIBUNALE DI PRATO;

Società — Fusione — Opposizione dei creditori — Natura

contenziosa — Oggetto (Cod. civ., art. 2503; cod. proc. civ., art.

737). Società — Fusione — Opposizione dei creditori — Autorizzazione

alla fusione previa prestazione di garanzia — Provvedimento

del tribunale — Natura (Cod. civ., art. 2503; cod. proc. civ., art. 737).

L'opposizione proposta da un creditore ex art. 2503, 2" com

ma, c.c. ha natura contenziosa ed è diretta ad accertare

l'incapienza patrimoniale della società risultante dalla fusione e

la conseguente lesione della garanzia patrimoniale dell'opponen te. (1)

L'autorizzazione alla fusione nonostante l'opposizione previa pre stazione d'idonea garanzia ex art. 2503, 3" comma, non ha natura camerale ai sensi dell'art. 737 c.p.c., ma è disposta dal

giudice del merito dell'opposizione in sede di incidente nel

processo contenzioso o in uno alla decisione che accerti la

fondatezza dell'opposizione stessa. (2)

(1-2) Spunti in tema di opposizione alla fusione di società da

parte del creditore sequestrante.

Il provvedimento del Tribunale di Prato si segnala sia per avere ad

oggetto un istituto, l'opposizione dei creditori ex art. 2503 c.c., che ha dato luogo a contrastanti opinioni in dottrina ed a poche pronunce giurisprudenziali, sia per alcune particolarità del caso concreto sulle

quali può risultare utile qualche riflessione. Si afferma, in genere, che l'opposizione ex art. 2503 c.c. è stata

prevista dal legislatore quale mezzo di tutela dei creditori, per far fronte al pregiudizio che potrebbe loro derivare dalla fusione della società debitrice con altre società, con conseguente unificazione del relativo attivo e passivo ed eventuale incapacità della società risultante dalla fusione di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni. Tuttavia, se per lo più si conviene che la possibilità che la fusione

pregiudichi la posizione dei creditori costituisce la ratio dell'istituto

dell'opposizione (v. però Cabras, Le opposizioni dei creditori nel diritto delle società, Milano, 1978), non tutti concordano nel ritenere che l'effettiva esistenza di siffatto danno costituisca condizione dell'opposi

II Foro Italiano — 1986 — Parte I- 92.

Ritenuto in fatto: che pende giudizio di opposizione instau

rato da parte dei creditori della s.r.l. Barcaro Impianti, avv.

Mauro Giovannelli e Giuseppe Sambataro, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2503 c.c. alla fusione della stessa deliberata

in data 22 luglio 1985 con la B.B.M. s.p.a. di Notaresco e

Ceramica David s.r.l. di Agliana; che la ricorrente ha già chiesto che il tribunale, in sede di

volontaria giurisdizione, disponga l'attuazione della fusione essen

zione stessa. In particolare Ghidini, Società personali, Padova, 1972, 984 ss., richiamandosi alla disciplina della cessione del debito e del

contratto, afferma che, poiché « il terzo, il quale ha acquisito un diritto verso una data società, non può vedersi imposto un mutamento della persona del debitore » (ancorché il mutamento è solo economico se il diritto esisteva nei confronti della società incorporante), nessun onere può essere imposto al creditore che con l'opposizione richiede che la prestazione sia effettuata dalla società originaria debitrice, impedendo la confusione dei patrimoni; Cabras, op. cit., rileva, sulla base di un'indagine storica e comparatistica, che il sistema dell'opposi zione — in mancanza della quale l'atto sociale esplica piena efficacia — costituisce il punto di approdo di una progressiva restrizione della tutela dei creditori in ordine ad alcuni atti societari suscettibili di arrecare loro pregiudizio (con superamento man mano del principio dell'inefficacia degli atti stessi rispetto ai creditori, della necessità del consenso di questi ultimi e dell'intervento di pubblici poteri); da siffatta origine ed evoluzione storica dell'istituto l'a. trae appunto il

convincimento che l'opposizione dei creditori non debba essere condi zionata alla sussistenza dell'eventus damni; per questi autori, quindi, il

giudizio conseguente all'opposizione avrebbe ad oggetto solo la con

gruità della garanzia che la società debitrice debba prestare perchè la

fusione possa aver luogo (cfr., in materia di riduzione di capitale —

la cui disciplina è in parte omologa a quella relativa alla fusione, tanto da consentire un approccio interpretativo unitario — G. Ferri, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, sub art. 2306, 338-339), 'Peraltro, l'opposta opinione, secondo la quale il pregiudizio subito dai creditori costituisce condizione dell'opposizione ex art. 2503, ha trovato e trova tuttora ampi consensi sia in dottrina che in giurisprudenza (Salandra, Manuale di diritto commerciale, Bologna, 1946, 350:

Brunetti, Trattato del diritto delle società, Milano, 1948, II, 643;

Brunelli, Il libro del lavoro, Milano, 1956, 805; Santagata, La

fusione tra società, Napoli, 1964, 334 ss.; Cottino, Diritto commercia

le, Padova, 1976, 847; Fiorentino, Sulla fusione di società commercia

li, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1949, 650; Greco, Le società nel sistema legislativo italiano, Torino, 1959, 471; IPorzio, Il governo del

credito, Napoli, 1976, 57 ss.; Silvetti, Trasformazione e fusione della

società, voce del Novissimo digesto, 548; Simonetto, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, sub art. 2503, 314; Ribolzi, Fusione delle società. Diritto e pratica, Milano, 1978, 98 ss.; Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1985, 581; De Gregorio, Corso di diritto commerciale. Imprenditori -Società, Milano-Roma-Napoli-Città di

Castello, 1967, 372; Trib. Milano 27 marzo 1969, Foro it., Rep. 1969, voce Società, nn. 352, 353; App. Milano 8 maggio 1970, id., Rep. 1973, voce cit., n. 341; Trib. Milano 14 marzo 1974, id., Rep. 1974, voce cit., n. 438; Trib. Roma 20 gennaio 1983, id., Rep. 1983, voce oit., n. 509; Trib. Milano 5 aprile 1984, id., Rep. 1984, voce cit., n. 854). A sostegno di questa seconda tesi si possono segnalare i

seguenti argomenti: a) la previsione, nell'ambito dello stesso art. 2503, di meccanismi (pagamento del creditore e deposito di una somma

corrispondente presso un istituto di credito) volti a permettere l'imme diata attuazione della fusione ed a togliere efficacia all'opposizione ove essa sia stata già proposta (cosi su quest'ultimo punto v. specificamente G. Ferri, Questioni in tema di fusione di società, in Riv. dir. comm., 1969, II, 198; Fiorentino, op. cit., 650; Silvetti, op. cit., 549; Cagnasso, La fusione delle società, in Giur. sist. civ. e comm., fondata da Bigiavi, Torino, 1973, 342; Ribolzi, op. cit., 100 e nota 193; Serra, La trasformazione e la fusione delle società, in Trattato di diritto

privato, diretto da Rescigno, Torino, 1985, 374; Tantini, La fusione delle società, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pub blico dell'economia, diretto da Galgano, Padova, 1985, 333; App. Milano 8 maggio 1970, cit., conf. anche un inciso del provvedimento del Tribunale di Prato; contra Trib. Milano 27 marzo 1969, cit., il

quale si esprime nel senso che, una volta proposta opposizione, il

deposito non vale a rimuoverne gli effetti, occorrendo all'uopo l'autoriz zazione del tribunale; a tale decisione sembra prestare adesione Simonetto, op. cit., 312 nota 1, ma poi a pag. 317 l'a. si mostra di diverso avviso); tali meccanismi trovano, infatti, la propria giustifica zione nel fatto che essi escludono in radice che possa configurarsi un

pregiudizio delle ragioni del creditore; b) la necessità che l'opposizione sia sorretta da un interesse giuridicamente rilevante (v. però Cabras, op. cit., 112), idoneo a circoscrivere il potere riconosciuto ai creditori di ostacolare l'attività di organizzazione della società loro debitrice; c) la possibilità che il tribunale autorizzi la fusione in pendenza di

opposizione previa determinazione e prestazione di idonea garanzia, la

quale da un lato può ragionevolmente intendersi commisurata al rischio cui appaiono esposte le ragioni del creditore (v. infra), dall'altro costituisce per la società debitrice un onere economico, che deve avere autonoma causa (contra Cabras, op. cit., 114) e, comunque, non può tradursi in un accantonamento definitivo, essendo inammissibile la costituzione di una sorta di riserva privilegiata a favore dei creditori

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