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Decreto 29 settembre 1959; Pres. ed est. Romano P. P.; Fiorino (Avv. Mormando, Pasanisi) c....

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Decreto 29 settembre 1959; Pres. ed est. Romano P. P.; Fiorino (Avv. Mormando, Pasanisi) c. Piccinini (Avv. De Palma, Picaro) Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 1 (1960), pp. 133/134-135/136 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152056 . Accessed: 25/06/2014 09:06 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.101 on Wed, 25 Jun 2014 09:06:19 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Decreto 29 settembre 1959; Pres. ed est. Romano P. P.; Fiorino (Avv. Mormando, Pasanisi) c.Piccinini (Avv. De Palma, Picaro)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 1 (1960), pp. 133/134-135/136Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152056 .

Accessed: 25/06/2014 09:06

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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133 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 134

CORTE D'APPELLO DI LECCE.

Decreto 29 settembre 1959 ; Pres. ed est. Romano P. P. ; Fiorino (Avv. Mormando, Pasanisi) c. Piccinini (Avv. De Palma, Picaro).

Società — Nomina di liquidatori da parte del presi dente del tribunale — Impugnabilità solo in via

contenziosa (Cod. civ., art. 2275, 2450).

Il provvedimento con il quale il presidente del tribunale

nomina i liquidatori di una società non è impugnabile avanti al presidente della corte di appello, nè avanti la

corte d'appello, nè in camera di consiglio avanti al tri

bunale, ma solo in via contenziosa negli stessi limiti in

cui è impugnabile la decisione di un arbitratore. (1)

La Corte, ecc. — Osserva in diritto che la questione dell'ammissibilità dell'impugnazione del decreto del pre sidente del tribunale avanti al presidente della corte deve

essere trattata, per la sua priorità logica, prima di ogni altra.

Si tratta di questione variamente risoluta, nei due sensi

opposti, dalla giurisprudenza e dalla dottrina, ed invecchiata

sotto il peso delle più disparate argomentazioni che l'hanno

appesantita, senza troncarla. Per risolverla è indispensabile stabilire la natura giuridica del provvedimento con cui il

presidente del tribunale nomina il liquidatore o i liquidatori di una società, e quale sia la portata effettiva della norma

giuridica, indubbiamente dispositiva, con la quale il presi dente è autorizzato a procedere alla nomina. È cioè indi

spensabile stabilire come, con quale veste e con quale

portata, il suddetto potere di nomina si inserisce nell'ordi

namento giuridico generale, oltre che nell'ordinamento

processuale, che è un frammento o una parte del primo. Un noto autore, per caratterizzare l'elemento essenziale

di quel potere di nomina, ha enunciato una osservazione, che

incisivamente scolpisce la natura che tale nomina assume

nell'ordinamento giuridico, affermando che la funzione

demandata al presidente del tribunale è una funzione di

arbitramento, con la quale il presidente si sostituisce ai

soci, nel loro disaccordo, per il compimento di un atto che

ad essi spetta. Questa osservazione, che sembra di una esattezza scien

tifica inequivocabile, deve essere tratta a conseguenze ri

gorose. La natura sostanziale e la portata di arbitramento e

quindi di integrazione della volontà negoziale dei soci, non devono essere valutate per escludere l'aspetto di atto

di volontaria giurisdizione che, dal lato formale, assume

il provvedimento del presidente, nè devono essere valutate in

antitesi a tale atto. Sotto il profilo sostanziale la nomina è, secondo l'ordinamento giuridico generale, un arbitramento, che come si è detto, integra la volontà negoziale, mentre, sotto il profilo della forma, è invece un atto di volontaria

giurisdizione, perchè indubbiamente tale aspetto l'ordina

mento giuridico riflette nel suo frammento costitutivo

dall'ordinamento processuale vigente. Diremo dunque, per concludere su tale punto, che si tratta di un atto di arbitra

mento che viene compiuto nella forma e sotto l'egida di

un atto di volontaria giurisidizione. Ciò precisato, ed al lume dell'anzicennata natura giu

ridica, occorre, prima di passare all'esame dell'aspetto formale, determinare la completa portata delle norme po sitive che, dal lato sostanziale, regolano il potere di nomina.

(1) Vedi in arg. Cass. 6 febbraio 1957, n. 472, Foro it., 1958, I, 761, con nota di richiami, cui adde : Cerami, Sulla reclamabilità dei provvedimenti del presidente del tribunale in materia di società, in Riv. società, 1958, 559, nonché sotto altro

aspetto Cass. 25 ottobre 1958, n. 3473, Foro it., Rep. 1958, voce

Società, n. 483, annotata dall'ALLORio e dal Franchi, in Giur.

it., 1958, I, 1, 1343 e 1337 ; da Carnelutti, in Riv. dir. proc., 1959, II, 622 e da Lv Gioia, in Mon. trib., 1959, 537.

Circa i poteri del presidente del tribunale in sede di nomina di liquidatori, v. da ultimo Trib. Latina 14 gennaio 1959, Foro

it., 1959, I, 886, con osservazioni di P. Guerra.

Per le società semplici (principi uguali vigono per le

società in nome collettivo, in virtù degli art. 2293 e 2309 cod.

civ., e per le società per azioni, in virtù degli art. 2448 e

2450) l'art. 2275 consente di ritenere che il potere di nomina

del liquidatore da parte del presidente del tribunale trova

il suo antecedente necessario nello scioglimento della so

cietà previsto dall'art. 2272; e che le norme sulla liquida -

zione e sulla nomina del liquidatore sono dispositive. In

fatti il presidente può nominare uno o più liquidatori a

queste condizioni : a) che la società sia sciolta o che, a

mente dell'art. 2272, debba considerarsi sciolta ; 6) che i

soci non si siano messi d'accordo nella scelta dei liquidatori, onde la funzione presidenziale assume l'aspetto di quella attività integrativa della volontà delle parti, di cui si è

fatto cenno. Si vede pertanto chiaro che, secondo le norme

positive, la funzione presidenziale di cui si tratta ha il

contenuto di quella attività di arbitramento enunciata

dalla dottrina sopra menzionata, e che l'esercizio di tale

attività trova il suo presupposto logico-giuridico, che con

diziona tutta l'attività di arbitramento, nella circostanza

che la società sia stata sciolta o che debba pacificamente ritenersi sciolta in base alle inequivocabili ammissioni delle

parti. Perchè, e questo è un punto fondamentale, il presi dente del tribunale da solo e per giunta fuori della sfera

contenziosa, non scioglie alcuna società, nè, da solo, può accertare e dichiarare che una società deve considerarsi

già sciolta, ma solamente arbitra la nomina dei liquidatori,

quando la società è sciolta ; ed in ciò soltanto si esaurisce

il contenuto della funzione del presidente. Se si contesta

che lo scioglimento siasi verificato, il presidente non può

procedere alla nomina dei liquidatori per difetto del pre

supposto che condiziona il suo potere. Naturalmente non

ogni contestazione impedisce al presidente di procedere alla nomina, ma, se la contestazione è dedotta in veste di

serietà e può essere fondata, è ostativa, perchè deve essere

accertata e decisa in contenzioso.

Con ciò si va anche penetrando nell'aspetto formale del

provvedimento che viene emesso nella veste di un decreto, con il quale l'arbitramento si manifesta e con il quale si

impartiscono i provvedimenti ordinatori. Questo decreto

ha, nell'ordinamento processuale, indubbia natura di atto

di volontaria giurisdizione. Dal lato formale questa natura

ben si addice e ben si adatta al contenuto sostanziale di atto

di arbitramento, con il quale il presidente del tribunale

integra la volontà dei soci. Si direbbe anzi che è un perfetto atto di volontaria giurisdizione, tenendo ben presente

però che, rispetto agli atti di volontaria giurisdizione, disci

plinati nei procedimenti inter volentes previsti dal codice

di procedura civile, è atipico in quanto non rientra in alcuno

di essi e segnatamente non rientra fra quelli menzionati nelle

disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio, dettate dagli art. 737 e seg. cod. proc. civile. Benché l'ambito

di applicazione di tali norme sia stato allargato dall'art.

742 bis, introdotto con la riforma del 1950, tuttavia il

provvedimento di cui trattasi non rientra neppure nella

previsione cosi estesa, perchè per essa occorre pur sempre che si tratti di provvedimenti collegiali ; ciò perchè, per

procedimento in camera di consiglio, il nostro ordinamento

processuale intende il procedimento che si svolge avanti

ad un collegio fuori dell'udienza e che sfocia in un provve dimento collegiale (decreto) emesso fuori dell'udienza del

collegio, e non mai un provvedimento che si svolge avanti

ad un giudice singolo e che sfocia in un suo provvedimento. Or il decreto del presidente (organo distinto dal collegio

che egli presiede), il quale delibera fuori della camera di

consiglio di tale organo, non è un provvedimento compreso nella estensione operata dall'art. 742 bis, e non è impugna bile davanti alla corte, perchè davanti a tale organo sono

impugnabili i procedimenti collegiali emessi in seguito a

procedimento in camera di consiglio di prima istanza.

Difatti il nostro ordinamento processuale, se da una

parte riserba ai provvedimenti emessi collegialmente, in

seguito a procedimento in camera di consiglio, il tratta

mento di volta in volta stabilito dalle singole disposizioni

speciali, ed in mancanza di disposizioni speciali quel trat

tamento generale previsto dalla estensione operata dal

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135 PARTE PRIMA 136

l'art. 742 bis, d'altra parte ai provvedimenti emessi da

decidenti singoli riserba invece soltanto il trattamento di

volta in volta stabilito per i provvedimenti specifici, senza

esprimere una regola generale che operi in mancanza di una disposizione specifica. Così ad esempio il provvedi mento del pretore di cui all'art.. 749, 3° comma, e i provve dimenti del giudice tutelare sono impugnabili innanzi al

tribunale in camera di consiglio ; il provvedimento del

presidente del tribunale di cui all'art. 750 è impugnabile davanti al presidente della corte, ma per il provvedimento di nomina dei liquidatori la legge non dice nulla e, come

abbiamo visto, tal provvedimento non può essere impu

gnabile davanti alla corte, mentre una norma che stabilisca

l'impugnabilità davanti al presidente della corte di tutti

i provvedimenti di volontaria giurisdizione, emessi dal

presidente del tribunale, manca nel nostro ordinamento, che ha concesso siffatta impugnazione solo nei casi spe cifici in cui è stata espressamente prevista.

Nè è possibile pervenire per via analogica alla impugna bilità avanti al presidente della corte di appello del decreto

del presidente del tribunale di nomina dei liquidatori. Ciò non solo e non tanto, perchè la similitudine del caso,

presupposto indispensabile dell'applicazione analogica, non sussiste fra il caso in esame e le ipotesi legali che si vor

rebbero applicare analogicamente, ma specialmente perchè le norme del diritto processuale relative alle impugnazioni, mentre sono suscettibili di interpretazione estensiva, in

quanto si tratta di estenderle ai casi che vi sono effettiva mente compresi, non sono invece suscettibili di applica zione analogica, non potendosi trasferire ad un procedi mento non contenzioso una impugnazione prevista per un altro procedimento non contenzioso, ancorché vi siano elementi di similitudine fra i due procedimenti. È pertanto inutile versarsi in indagini concernenti la ricerca degli elementi di analogia, indagini nelle quali abbondano alcuni

precedenti giurisprudenziali. La regola che si trae dal complesso del nostro ordina

mento processuale è che, se per un provvedimento di volon taria giurisdizione è ammessa una impugnazione (reclamo) mediante lo svolgimento di un altro procedimento di volon taria giurisdizione di secondo grado (così come avviene

nei casi di cui agli art. 737, 742, n. 3, cod. proc. civ. e negli altri previsti da tal codice), allora, avverso il provvedi mento di primo grado, si può ricorrere provocando un altro

procedimento di volontaria giurisdizione che serva, da

parte dell'organo designato per quel tipo di procedimento, di controllo al primo, senza però poter applicare analogi camente le norme di un tale procedimento, per un tipo di

procedimento inter vólentes diverso da quello per cui

l'impugnazione e il relativo procedimento sono stati pre visti. Se invece non è prevista alcuna impugnativa parti colare, il procedimento di volontaria giurisdizione non è

impugnabile mediante altro procedimento e conseguente provvedimento (decreto) di volontaria giurisdizione.

La sola impugnazione ammissibile in tali casi è quella del ricorso al contenzioso ordinario che sfocia in una sen

tenza, la quale tronca il conflitto d'interessi decidendo l'insorta controversia e annullando, se del caso, il provve dimento di volontaria giurisdizione o confermandolo, con efficacia decisoria, e cioè con l'efficacia del giudicato che si forma dopo l'esaurimento dei vari gradi di giurisdizione.

E qui soccorre l'accertata natura giuridica dell'atto sostanziale posto in opera dal presidente del tribunale con il provvedimento di nomina dei liquidatori. Se tale atto di volontaria giurisdizione ha il substrato sostanziale di un arbitramento, è perfettamente connaturale ed aderente all'indole di tale atto di integrazione della volontà negoziale, che esso sia impugnato nello stesso modo in cui sono impu gnati tutti gli atti di arbitramento devoluti a quei terzi ai quali è affidata l'integrazione della volontà delle parti, secondo l'ordinamento giuridico vigente.

Ecco perchè la natura giuridica dell'atto conduce alla

inequivocabile risoluzione della, dibattutissima questione. L'aspetto formale dell'atto di volontaria giurisdizione rimane qui influenzato e dominato dall'aspetto sostanziale

dell'arbitrament o emesso sotto la veste di un atto di volon

taria giurisdizione. Pertanto discende da tutte le osservazioni sopra esposte

clie il decreto, con il quale il presidente del tribunale prov vede sul ricorso con cui gli si chiede, ai sensi dell'art. 2275

cod. civ., la nomina dei liquidatori di una società, non è

impugnabile avanti al presidente della corte, nè avanti la corte di appello, nè in camera di consiglio avanti al collegio presieduto da quel presidente che ha emesso il decreto

impugnato, ma soltanto può essere impugnato nelle ordi

narie vie contenziose, dando luogo ad un regolare proce dimento di cognizione che si esaurisce con sentenza dei

vari gradi giurisdizionali. Per questi motivi, dichiara inammissibile l'impugna

zione.

CORTE D'APPELLO D! ROMA.

Sentenza 13 agosto 1959 ; Pres. Ricciardelli P., Est.

Bevilacqua ; Fondazione Girolamo Gasimi (Avv. Tem

pesta, Nicolò, Barberio Corsetti) e Società Fondi

rustici, agricola industriale italiana (Avv. Graziadei) c. Di Lellio (Avv. Dì Lellio).

Società — Società per azioni — Liquidazione — Asse

gnazione in natura a soci assenzienti di quote diverse da quelle di diritto — Liceità.

L'assegnazione, in sede di liquidazione, di beni in natura ai

soci, che la richiedano o la accettino, è un modo lecito di

soddisfare il loro diritto al riparto dell'attivo netto, anche

se richieda un conguaglio in denaro, nel caso in cui il

valore del bene assegnato sia superiore od inferiore a quello della quota del socio. [I)

La Corte, ecc. — Il codice civile consente l'impugnazione delle deliberazioni delle assemblee generali che non siano

state prese in conformità della legge e dell'atto costitutivo

(art. 2377 cod. civ.) e delle deliberazioni nulle per impos sibilità o illiceità dell'oggetto (art. 2379).

Per le prime è parso necessario stabilire un termine di

decadenza per l'esercizio della impugnazione, disponendosi che questa debba essere proposta entro tre mesi dalla data

della deliberazione o, se si tratti di deliberazione cbe deve

essere pubblicata, entro tre mesi dalla data della sua iscri

zione nel registro delle imprese. Per le seconde, in conformità ai fini propostisi dal

legislatore, di attribuire a questo delicato istituto una reale

efficienza, evitando cbe esso possa trasformarsi in uno stru

mento per tardive azioni di dubbia serietà (cfr. Relazione

ministeriale), dottrina e giurisprudenza concordano nel

ritenere cbe l'impugnazione debba essere ammessa soltanto

per violazione di legge ; cbe, peraltro, non tutte le viola

zioni di legge comportino la nullità, bensì, soltanto quelle relative a norme inderogabili, o a diritti di terzi, o a diritti

di soci, cui gli stessi soci non possano rinunciare. Sì cbe,

per illiceità dell'oggetto delle deliberazioni, sembra si debba

intendere la sua contrarietà a norme imperative di legge, noncbè all'ordine pubblico o al buon costume ; per impossi bilità, la sua contrarietà al sistema stesso della legge in

materia di società per azioni.

Nella fattispecie (sottoposta all'esame del magistrato decorsi i tre mesi sopra ricordati) non si controverte in

tema di invalidità ex art. 2377, bensì in tema di nullità

per illiceità dell'oggetto ex art. 2379. Lo stesso appellato avv. Di Lellio ha più volte affermato ed illustrato che egli ha investito di nullità, per illiceità del suo oggetto, la delibe

razione dell'assemblea straordinaria della Società per azioni Fondi rustici del 15 marzo 1955, nella parte concernente

(1) La sentenza riformata è pubblicata in questa rassegna 1958, I, 989, con nota di richiami, cui adde il parere versato in causa dal Frè, in Dir. fallirti., 1959, X, 626.

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