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Decreto 31 dicembre 1962; Pres. Jannaccone P.; Soc. Stanic industria petrolifera

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Decreto 31 dicembre 1962; Pres. Jannaccone P.; Soc. Stanic industria petrolifera Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 1 (1963), pp. 161/162-163/164 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23153262 . Accessed: 28/06/2014 09:00 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.28 on Sat, 28 Jun 2014 09:00:33 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Decreto 31 dicembre 1962; Pres. Jannaccone P.; Soc. Stanic industria petrolifera

Decreto 31 dicembre 1962; Pres. Jannaccone P.; Soc. Stanic industria petroliferaSource: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 1 (1963), pp. 161/162-163/164Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153262 .

Accessed: 28/06/2014 09:00

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRÜDENZA COSTITÜZIONALE E GlVlLfc

limentare (art. 135), e obbligato a pagare non solo i orediti

gi& ammessi al momento dolla proposta, ma anche quelli non ammessi perchõ contestati e pei quali ponde giudizio, s'intende se il giudizio si concluded positivamente per il

oredito, e anehe i crediti non insinuati, purche veri e reali e non preseritti.

In tali sensi e la interpretazione della stessa difesa

del Chiani in conclusionale 14 maggio 1962. £ difatti

evidente che il oredito, insinuato ma non ammesso dal

giudice delegato, una volta sopravvenuto il provvedimento definitivo di ammissione, dovrä considerarsi oredito am

messo ex tunc. Alia conolusione conoorda la considerazione ohe se il oonoordato si impone nei rapporti creditori non

insinuati ed assuntore a maggior ragione esso s'impone tra

creditori sub iudice ed assuntore.

Dun que sussiste, trattandosi di oonoordato assunto da

terzo, la liberazione del debitore.

No contro si invochi la mancanza di causa per la ces

sione della revocatoria. La causa non 6 nella rispondenza dei valori, ma nella rimozione del fallimento. La rispon denza, ohe 6 un presupposto, alio stato appare probabile, almeno in parte, e ciõ õ necessario e sufficiente. La ces sione della revocatoria non e ohe un elemento del calcolo, che potra eventualmente rivelarsi, a 'posteriori, errato, senza inferire sulla validitä della cessione.

Non preoccupa la Corte il problema degli interessi del

terzo ceduto dato che costui poträ difendersi nell'altro

giudizio allegando la sufficienza dei beni ceduti o subendo

il pregiudizio della revooa in limiti ristretti. II giudicato di questa sentenza, se di giudicato si tratta, si forma sulla

validity della cessione non sulla possibility del concreto

integrale esercizio della revocatoria.

£ noto che la revocatoria fallimentare non ha assunto

dalla revocatoria ordinaria la nozione di eventus damni

in tutta la sua interezza, percho ricollega il pregiudizio della massa al fatto istesso della insolvenza, che si veri fica quando vi sia impossibility per il debitore di adempiere le proprie obbligazioni per mancanza di attivo liquido.

II danno e quindi nella possibility di lesione della par condicio creditorum.

Dichiarato il fallimento, gli atti compiuti dal fallito al

tempo della insolvenza sono privi di effetto e sono revocati

(art. 64, 65, 66 legge fall.) e il bene oggetto dell'atto fa

parte del patrimonio del fallito, come se non ne fosse mai

uscito, ciõ appunto al fine della eseouzione ooncorsuale. Sul terzo grava un obbligo di restituzione del bene,

che sorge appunto con la dichiarazione di fallimento. £

tuttavia oosa certa, anche per chi ritenga il carattere di

aocertamento e non costitutivo dell'azione revocatoria, ohe il curatore non puõ essere ammesso ad esercitare l'azione se non vi abbia interesse (art. 100 cod. proc. civ.) e tale interesse il curatore non ha quando l'attivo fallimentare sia sufficiente al soddisfo delle passivita. In altri termini il fine mediato della revocatoria eioe quello dello assogget tamento del bene alia eseouzione ne esclude l'esercizio nel caso che l'eseouzione sia da escludere.

Non diverso discorso õ da farsi per l'assuntore del oonoordato.

Ciõ õ manifesto se si ritenga la natura contrattuale del oonoordato, e che la sentenza di omologazione non fa

rebbe che integrare la capacity dei paciscenti in una ma

teria nella quale la loro autonomia non c piena. £ chiaro

difatti che i contraenti possono fare oggetto di cessione solo ciõ che loro spetta e nei limiti nei quali ne õ ammesso

l'esercizio.

Anche per chi ritenga la natura non contrattuale ma

processuale del oonoordato la conolusione non puõ essere

diversa. Dichiarato il fallimento il dominio della liqui dazione sfugge ai creditori ai quali si sovrappongono gli

organi fallimentari.

In tale procedura certe manifestazioni del fallito, dei

creditori, dei terzi hanno valore di mero presupposto per l'esercizio di determinati poteri. Cosl per il concordato

che costituisce una delle fasi (consecuzione) del procedi mento ooncorsuale esecutivo.

£ ohiaro tuttavia ohe gli organi fallimentari, e il tri

lh Forq [tauano — Volume LXXXVI — Parte /-ll.

bunale, non possono attribuire al terzo che assume il con

cordato, e che 6 un sostituto del curatore, poteri maggiori di quelli ohe spettano a costui. La revoeatoria fallimentare

per effetto della cessione non perde la sua natura e le sue caratteristiche essenziali.

La proposizione ehe con il concordato il tribunale po trebbe attribuire all'assuntore, anticipatamente, il risultato utile della azione revoeatoria 6 tutta da dimostrare.

II testo legislativo non autorizza siffatta interpreta zione, la quale presuppone una eccessiva considerazione del

legislatore per gli interessi deU'assuntore, laddove fe chiaro che in materia la considerazione e soltanto per gli inte ressi delle minoranze creditorie, degli assenti, forse del fallito. La interpretazione che si nega porta inoltre alio

assurdo che per il concordato viene resa deteriore la posi zione del terzo ceduto, convenuto in revoeatoria.

In ultimo va osservato, a critica della proposizione affermata dal Broggini, che il concordato data la certezza

per 1'assuntore di recuperare quanto pagherä, non appare rischioso, che il rischio del concordato, non va inteso nel senso di una perdita giä, scontata o probabile.

II rischio del concordato va inteso nel senso che lo assuntore b tenuto a pagare gli oneri anche nel caso di una

liquidazione dei beni insufficiente, con la eonseguenza ehe i creditori potranno rivolgersi contro il solo assuntore ; e non contro il fallito, al quale non si puõ far carico dello

inadempimento del concordato, essendosi egli, con lo

abbandono delle attivitä, liberato.

Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE DI ROMA.

Deoreto 31 dicembre 1962 ; Pres. Jannaccone P.; Soc. Stanio industria petrolifera.

Soeietä — Soeietä per azioni — Nomina dcl liqui datorc da parte del presidente del tribunale —

Revoca della liquidazione ad opera dcH'assem blea — Legittimitä.

L'assemblea straordinaria di una soeietä per azioni puõ all'unanimitä revoeare la liquidazione anche se la nomina del liquidatore sia avvenuta ad opera del presidente del tribunale ehe aveva a suo tempo aeeertato Vimpossibilitä di funzionamento delVassembled ed il conseguente ar ve nuto scioglimento della soeietä. (1)

Il Tribunale, ecc. — Il Presidente del Tribunale di Roma con deereto 3 giugno 1961, su rieorso della Soe. p. a,

Anic, dichiarõ lo scioglimento anticipato della Soeietä. Stanic-Industria petrolifera S.p.a. e nominõ il liquidatore ; ai sensi degli art. 2448, n. 3, e 2450 eod. civ., avendo ac certato ehe la Soeietä si trovava neirimpossibilitä di fun

zionare, in quanto per un dissidio tra i due Soci, Soe. Anic.

e Soe. Standard Oil Company, titolari ciascuna della metä

azioni della Soe. Stanic, non era possibile prendere delle deliberazioni valide.

Con assemblea straordinaria totalitaria del 22 novem bre 1962 i soci della Stanic, in liquidazione, lianno deli

berate, alPunanimitä, di revoeare lo stato di liquidazione della Soeietä ed hanno ricostituito 1'organo amministrativo

ordinario, con la nomina dei nuovi componenti il consiglio di amministrazione. Si chiede ora la omologazione di taie

deliberazione.

(1) Non risultano precedent! specifici. Sull'ammissibilitA. della revoca della liquidazione, v. Cass.

21 luglio 1960, n. 2068, Foro it., Rep. 1901, voce Soeietä, n. 343 ; Trib. Roma 23 marzo 1900, id., Rep. 1900, voce eit., n. 405.

Sulla nullita della delibera di revoca della liquidazione presa a maggioranza, v. Cass. 12 agosto 1900, n. 2350, id., 1900, I, 1403, con nota di richiami.

Sui poteri del presidente del tribunale in sede di nomina pei liquidatori, v. App. Lecce 29 settembre 1959, ibid., 133, con nota di richiami.

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163 '

PARTE PRIMA

In tema di revocazione dello "stato di liquidazione õ

ormai generalmente aocolto il prinoipio ehe 1'assemblea

puõ all'unanimitä deliberare il ripristino della societä nel

suo normale stato per il raggiungimento dell'oggetto so

oiale. Taie principio poggia sul fatto ehe 1'assemblea dei

soei durante lo stato di liquidazione continua a funzionare

(art. 2351 eod. eiv.) e nulla vieta ad essa, specie se all'una

nimitä, di emettere una nuova deliberazione, oon cui, eli

minata la causa ehe ha dato luogo alio scioglimento della

societä, si ridona ad essa la normale attivitä.

In tal oaso la stessa volontä assembleare, ehe aveva

deliberato la nomina del liquidatore, decide di ricostituire

1'organo normale amministrativo.

Ciõ posto, puõ ugualmente 1'assemblea, con voto una

nime, deliberare la cosiddetta revoca della liquidazione

quando lo scioglimento della societä, e la nomina del liqui datore siano avvenuti per decreto del presidente del tribu

nale in virtu dei poteri eonferitigli dalle norme coordinate

degli art. 2450, 3° comma, e 2448, n. 3, per impossibility di funzionamento di quell'organo '?

Il problema cosl prospettato non ha precedenti giuris

prudenziali noti. Sembra perõ ai Collegio ehe põssa risol

versi affermativamente.

Invero il codice vigente, in materia di scioglimento di

societä, non riproduce la distinzione del codice commercio

abrogato (art. 189-191) tra cause di scioglimento ehe operano di diritto e cause ehe richiedono una deliberazione o una

sentenza per essere produttive di effetto, ma elenea, nel

1'art. 2448 cod. civ., puramente e semplicemente le cause di

scioglimento e dispone ehe, quando una di essesi verifichi,

gli amministratori devono, nel termine di trenta giorni, con

vocare 1'assemblea per le deliberazioni relative alla liquida zione (art. 2449 cod. civ.). Con tale nuova disciplina tutte

le cause di scioglimento operano di diritto, nel senso ehe, una volta verificatesi, impediscono il normale svolgimento della vita della societä per entrare nella fase di liquidazione. La deliberazione dell'assemblea relativa alla liquidazione ha il solo scopo di prendere atto dello avvenuto sciogli mento della societä e di nominare il liquidatore, ehe da

quella data õ 1'organo rappresentativo della societä. Il

momento operativo dello scioglimento sicchõ õ quello del

verificarsi della causa prevista espressamente dalla legge e non quello della deliberazione, tanto 6 ciõ vero ehe dal

verificarsi di quell'evento e fatto divieto agli amministra

tori di intraprendere nuove operazioni ed e prevista una

responsabilitä personale, illimitata e solidale, di essi, ove

dovessero contravvenire a tale divieto. £ chiaro ehe con il

verificarsi di una causa di scioglimento una fase della vita

della societä si chiude ed ha inizio una nuova fase, quella dello stato di liquidazione.

Non diversa efficacia ha il provvedimento delPautoritä

giudiziaria nell'ipotesi prevista dall'art. 2448, n. 3, e 2450

cod. civ. Il presidente del tribunale infatti, richiesto da uno dei soci, dagli amministratori o dai sindaci prende cognizione dei fatti ehe hanno posto in essere la causa di

scioglimento verificatasi, e cioõ la impossibilitä di funzio

namento dell'assemblea, e dichiara 1'avvenuto passaggio della societä alio stato di liquidazione, nominando con

temporaneamente il liquidatore. Egli non fa ehe consta tare 1'avvenuto scioglimento e adottare quei provvedimenti relativi alla liquidazione ehe avrebbe dovuto adottare 1'as

semblea, ove fosse stata in eondizioni di prendere una deli berazione valida. Quel provvedimento ha efficacia dichia

rativa e non costitutiva in quanto non õ dalla pronuncia del presidente del tribunale ehe la legge fa derivare il mu

tamento dello stato della societä ma dalla causa dello scio

glimento giä verificatasi e riconosciuta dalTautoritä giudi ziaria. Infatti la paralisi della vita normale della societä ha avuto inizio dal momento in cui gli organi amministra tivi non hanno potuto prendere deliberazioni valide.

Una volta nominato il liquidatore l'intervento del pre sidente del tribunale cessa e le operazioni di liquidazione seguono il corso previsto dalla legge, come se la messa in

liquidazione della societä fosse stata oonstatata e deli berata dalPassemblea.

Com» si vede la funzione del presidente del tribunale

lia carattere surrogatorio dell'assemblea oarente e si esau risce con la nomina del liquidators ; egli non b autorizzato dalla legge ad intervenire durante la fase della liquidazione, ecoetto nel oaso in cui l'assemblea, clie dovrebbe prendere deliberazioni, non funzioni. Ancbe qui si tratta di una fun zione sostitutiya e vicaria al fine di consentire il normale

svolgimento della fase di liquidazione. II liquidatore infatti deve svolgere la sua attivitä nei

limiti dei poteri conferitigli dalla legge, sotto il controllo del collegio sindaoale, e deve risponderne aH'assemblea e non anche al presidente del tribunale. Se eosi non fosse il

liquidatore nominato dal presidente del tribunale nell'ipo tesi in esame assumerebbe la veste di amministratore giu diziario e non quella propria e ben diversa prevista dalla

legge. Se dunque il liquidatore deve dar conto del suo operato

aH'assemblea, se l'intervento del presidente del tribunale si esaurisce con la nomina di lui, sia pure dopo l'aceerta mento delle condizioni previste dall'art. 2448, n. 3, 6 evi dente ehe l'organo prominente della societä, l'assemblea, una volta ritrovata la sua concordia, puõ deliberare la cosid detta revoca della liquidazione e ristabilire gli organi no minali della societä,, senza ricbiedere un nuovo intervento dell'autorita giudiziaria, peraltro non previsto dalla legge.

Si potrebbe obiettare clie l'assemblea con la sua delibe razione verrebbe in definitiva a revocare il decreto del pre sidente del tribunale ehe ha dichiarato lo scioglimento della societä laddove occorrerebbe, a tale scopo, un provve dimento della stessa autoritä ehe lo ha emesso. Si b giä detto ehe il presidente del tribunale ha una funzione sosti tutiva dell'organo carente, funzione che si esaurisce e cessa con il provvedimento stesso. Una volta che l'organo ha ripreso la sua normale attivitä l'intervento del presidente del tribunale non trova alcuna legittimazione in nessuna

disposizione di legge. L'obiezione sopra riportata sarebbe seria e consistente ove il provvedimento del presidente del tribunale avesse avuto efficacia costitutiva ; poiche si e accertato che esso ha solo effetto dichiarativo e che lo

scioglimento opera di diritto dal momento in cui si b verifi cato l'evento, non vi e alcuna norma che vieti all'assemblea, nella sua sovranitä, di decidere le sorti della societä e tanto meno esiste una disposizione di ordine pubblico che auto rizzi 1'autoritä giudiziaria ad opporsi alla volontä una nime dei soci diretta alia conservazione della societä.

Dalla data di omologazione del verbale di assemblea cessa l'attivita del liquidatore.

Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE DI NAPOLI.

Sentenza 7 settembre 1962 ; Pres. Pisani P., Est. De Gio vanni ; N. Cosimini (Aw. Turco) c. Opera nazionale

combattenti, Min. agricoltura e L. Cosimini (Aw. Doria).

Corte costituzionale — Questione incidcntale di le

gittimitä costituzionale sollevata da giudice di

appello — Successiva dicliiarazionc d'inionda tczza — Iistinzione del giudizio d'appello per in

tempestiva riassunzione — Passaggio in giu dicato delta scntenza di primo grado (Cod. proc. civ., art. 297, 338 ; legge 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte

costituzionale, art. 23, 29).

N& la ordinanza, con la quale il giudice d'appello, ritenendo non manifestamente infondata la questione d'incosti tuzionalitä di una norma avente forza di legge, ne ri mette la cognizione alVesame della Oorte costituzionale, ne la sentenza della Oorte costituzionale, che dichiara

infondata la questione, rientrano tra i provvedimenti, ido nei a modificare, ai sensi dell'art. 338 cod. proc. civ., gli effetti della sentenza di primo grado. (1)

Di eonseguenza, dichiarata, per intempestiva riassunzione,

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