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della provincia di Roma nel territorio dei servizi del ... Enzo Alfredo Becchetti ha curato i...

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1 Camera di Commercio di Roma La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma a cura di Pierluigi Ascani ed Enzo A. Becchetti Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Roma
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Camera di Commercio di Roma

La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore

nel territorio della provincia di Roma

a cura di Pierluigi Ascani ed Enzo A. Becchetti

Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Roma

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a(Ricerche e studi della Camera di Commercio di Roma, 1)

La ricerca è stata realizzata da Format Srl

Pierluigi Ascani ha curato i seguenti capitoli: 2, 3 (indagine sugli opinion leaders), 5, 7.

Presidente e socio fondatore dell’istituto di ricerca Format Srl. Si occupa da oltre 15 anni di studi e ricerche in ambito, sociale, politico ed economico in Italia e all’Estero. ([email protected])

Enzo Alfredo Becchetti ha curato i capitoli: 1, 3 (indagine focus group), 4, 6.

Esperto di comunicazione, ha una lunga esperienza di ricerca iniziata negli anni ’80 al Censis e proseguita fino ad oggi con diversi Istituti pubblici e privati, tra i quali Progetto Europa e Format. Dalla fine degli anni ’80 si occupa di economie locali, di sindacato e cooperazione, immigrazione ed economia sociale. ([email protected])

ISBN 88-89505-05-2

© 2006 Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Roma Via de’ Burrò 147 - 00186 Roma www.rm.camcom.it

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale con qualsiasi mezzo sono riservati esclusivamente alla CCIAA di Roma.

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Sommario

Presentazione ...........................................................................................................................5

Prefazione ..................................................................................................................................7

Presentazione del lavoro ......................................................................................................9

Parte prima Analisi dell’offerta ........................................................................................................ 11

1. Verso un profilo ad alta definizione ..................................................................... 13

1.1. La visione multidimensionale dell’Economia civile ..................................................... 13

1.2. L’Economia civile va oltre il Terzo settore ..................................................................... 14

1.3. I tanti soggetti operanti nell’Economia civile .............................................................. 16

1.4. Le imprese cooperative in Italia ..................................................................................... 19

1.5. Caratteristiche delle cooperative sociali ....................................................................... 22

1.6. L’Albo Unico della Cooperazione ................................................................................... 24

2. La struttura dell’offerta ............................................................................................. 25

2.1. Premessa ............................................................................................................................. 25

2.2. L’Economia civile in Italia ............................................................................................... 25

2.3. L’Economia civile nella provincia di Roma ................................................................... 32

2.4. Verso una nuova interpretazione della struttura dell’offerta ....................................... 66

3. Le tematiche principali in discussione nel mondo dell’Economia civile .. 71

3.1. L’indagine sugli opinion leader - le tematiche rilevanti ............................................... 71

3.2. L’indagine sugli opinion leader - le testimonianze rese nel corso delle interviste .... 74

3.3. Il dibattito sulle tematiche del settore: i risultati dei “focus group” ........................... 86

4. L’analisi degli studi di caso ...................................................................................... 97

4.1. Il questionario come strumento di autodiagnosi ........................................................... 97

4.2. I principali risultati dell’analisi dello studio dei casi .................................................... 99

4.3. Una prima riflessione sui fattori comuni ..................................................................... 105

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aParte seconda Analisi della domanda ..............................................................................................111

5. Indagine campionaria sulle famiglie .................................................................. 113

5.1. Premessa ........................................................................................................................... 113

5.2. Analisi delle esigenze e delle soluzioni adottate ......................................................... 115

5.3. L’offerta dei servizi: le aspettative delle famiglie ed i risultati in termini di soddisfazione ...................................................................... 123

6. L’indagine qualitativa sulle famiglie ................................................................... 127

6.1. Premessa ........................................................................................................................... 127

6.2. Considerazioni di carattere generale sui risultati dell’indagine qualitativa ............ 129

6.3. Analisi dei risultati in dettaglio .................................................................................... 131

7. Stima della domanda dei servizi del Terzo settore: Ipotesi per un modello econometrico a carattere predittivo ................... 139

7.1. Premessa ........................................................................................................................... 139

7.2. Metodologia di costruzione del modello ...................................................................... 139

7.3. Esposizione dei risultati per tipologia di famiglia ........................................................ 143

7.4. Esposizione dei risultati per arco temporale delle stime ..............................................161

7.5. Esposizione dei risultati per tipologia di servizio ......................................................... 164

Allegati ................................................................................................................................ 169

Nota metodologica ..............................................................................................................171

Indagine campionaria sui soggetti del Terzo settore nella provincia di Roma (analisi dell’offerta) ..................................................................................................................171

Indagine quantitativa sulle dimensioni del fenomeno dell’Economia civile nel territorio della provincia di Roma (analisi dell’offerta) ................................................174

Indagine qualitativa sugli opinion leader (analisi dell’offerta) ...........................................174

Indagine qualitativa basata su focus group (analisi dell’offerta) .........................................175

Indagine qualitativa basata su “studi di caso” (analisi dell’offerta) ....................................177

Indagine campionaria sulle famiglie residenti nella provincia di Roma (analisi della domanda) ...........................................................................................................178

Indagine qualitativa sulle famiglie utilizzatrici dei servizi del Terzo settore nella provincia di Roma (analisi della domanda) ............................................................... 180

Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo ................. 183

Tabelle a doppia entrata indagine campionaria sulle famiglie ......................... 227

Bibliografia ............................................................................................................................ 235

Note ......................................................................................................................................... 237

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Presentazione

Andrea Mondello Presidente Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Roma

Il sistema camerale, tradizionalmente rivolto a favorire lo sviluppo del sistema economico locale e dei suoi settori costitutivi, anche attraverso l’osservazione e l’analisi continua, guarda con partico-lare attenzione e interesse al Terzo settore, o settore non profit, per almeno tre ordini di motivi.

Il primo è la crescente diffusione delle organizzazioni e/o istituzioni non profit e il loro conse-guente, significativo impatto sull’occupazione: un universo che conta oltre 235.000 unità a livel-lo nazionale (secondo i dati dell’ultimo censimento ISTAT), 12.536 delle quali nella Capitale, per circa 155.000 occupati.

Il secondo è che, per rispondere ai bisogni e alle esigenze della società civile, l’impresa non profit sembra giocare un ruolo di importanza crescente, complementare a quello dell’impresa profit. La realtà socio-assistenziale italiana sembra essere, infatti, ad un crocevia: da un lato, il passaggio verso un modello innovativo di stato sociale con un forte incremento di responsabilità dei soggetti privati; dall’altro, il passaggio verso uno schema di assistenza sociale non più monolitico, bensì articolato in diversi e differenti soggetti.

Il terzo motivo è stata la recente approvazione della legge delega sull’impresa sociale che, san-cendone l’obbligo di iscrizione al Registro delle imprese, ha reso l’Ente camerale l’istituzione di riferimento anche per questa tipologia di impresa, in linea con quanto già tradizionalmente av-veniva per le aziende profit.

La crescente attenzione della Camera nei confronti del Terzo settore si è concretata nella costi-tuzione dell’Osservatorio dell’Economia civile.

Punto d’incontro tra rappresentanti di Istituzioni locali, Università e Organismi di settore, l’Os-servatorio intende porsi come contenitore di esperienze e conoscenze utili ad assicurare e favorire la crescita delle imprese non profit.

Tra le iniziative messe in campo sono da annoverare: la realizzazione di indagini e ricerche vol-te ad approfondire la conoscenza del settore; l’attivazione di percorsi formativi per migliorare le performance operative e gestionali; l’avvio di iniziative di tipo promozionale legate ai temi del credito e della ingegneria finanziaria.

Il presente Rapporto rappresenta un primo, fattivo, contributo a riguardo.

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Prefazione

Giovanni Parillo Presidente Osservatorio dell’Economia civile

Con questa pubblicazione si conclude il primo ciclo di attività dell’Osservatorio dell’Economia civile che la Camera di Commercio di Roma ha voluto, promosso e sostenuto fermamente in tut-ti questi anni. Grazie al generoso apporto che tutti i componenti dell’Osservatorio hanno dato in termini di collaborazione, partecipazione, stimolo e proposta, il primo mandato è stato assolto.

Possiamo dire di aver costituito un solido patrimonio di conoscenze e di esperienze che, messe in comune e capitalizzate, possono rivelarsi preziose per quanti, nell’ambiente delle imprese come nei Governi locali, hanno a cuore lo sviluppo economico, culturale e sociale della Città e della sua Provincia.

Il nostro primo obiettivo è stato quello di essere utili. Ci siamo tutti impegnati per raccogliere in-formazioni e per trarne interpretazioni originali, per osservare ed ascoltare.

Oggi consegniamo i risultati di un lavoro articolato, ampio, largamente condiviso e per certi versi ambizioso, con la consapevolezza che l’economia civile, così come l’abbiamo considerata e rap-presentata, è uno dei poli vitali dell’economia locale e, al tempo stesso, si conferma come uno dei principali motori per la governance del nostro territorio.

Il nostro contributo al dibattito ed alla messa a fuoco delle linee di politica sociale sarà tanto più fruttuoso, quanto più si stringeranno i rapporti di reale e fattiva cooperazione tra istituzioni e soggetti del mondo privato, alla ricerca di soluzioni che ci aiutino a vivere bene insieme.

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aLa domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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Presentazione del lavoro

Questo rapporto presenta i risultati di una serie di ricerche realizzate per conto dell’Osser-vatorio dell’Economia civile della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agri-coltura di Roma nel corso degli anni 2004, 2005 e 2006.

Sono state effettuate due serie di indagini, la prima serie riguarda lo studio del macrosetto-re dell’Economia civile, che spesso viene identificato con il mondo dei soggetti non profit, o con il Terzo settore, nel territorio di competenza camerale. La seconda serie di indagi-ni è focalizzata sulla domanda dei servizi erogati dalle organizzazioni del Terzo settore, da parte delle famiglie residenti nel territorio della provincia di Roma. Le ricerche sono state realizzate con l’idea di costruire un profilo dinamico del macrosettore dell’Economia civi-le, partendo dalla convinzione che ci troviamo di fronte ad un universo in formazione in una fase di profonda riconfigurazione organizzativa e gestionale. La scelta progettuale di impiegare più strumenti e tecniche di rilevazione ed analisi sullo stesso macrosettore (in-terviste ad “opinion leader”, “casi di studio”, “materiali desk”, “focus group”) ha consenti-to di ottenere una nitida rappresentazione multidimensionale del composito universo che forma il complesso dell’Economia civile del territorio provinciale. Dal lavoro sono emerse con grande evidenza alcune grandi questioni, che richiedono alla CCIAA e alle istituzioni locali di ripensare insieme e in profondità le proprie politiche sociali.

Le ricerche presentate in questo studio sono state progettate e realizzate sulla base di alcu-ni assunti fondamentali: a) costruire un modello di analisi rigoroso e aperto alle eventuali nuove ricerche che l’Osservatorio sull’Economia civile riterrà opportuno effettuare in fu-turo; b) salvaguardare un approccio qualitativo allo studio dei fenomeni oggetto di studio, senza limitarsi ad una analisi di tipo descrittivo / quantitativo, che comunque è stata svol-ta; c) restituire un profilo dinamico del fenomeno dell’economia civile, considerando che siamo di fronte ad un universo in formazione e in costante riconfigurazione organizzativa e gestionale. A seconda del punto di osservazione e dello strumento di analisi scelto, infatti, l’universo del non profit cambia forme, confini, e consistenza e ciò che si individua sul pia-no dei numeri o partendo dall’osservazione delle forme giuridiche, viene messo in discus-sione se si considera la tipologia di attività realmente svolta o la provenienza delle fonti di finanziamento dei soggetti che vi operano.

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aArchitettura della ricerca

Il lavoro si articola in due fasi1: l’analisi dell’offerta e l’analisi della domanda.

L’analisi dell’offerta ha comportato la realizzazione di cinque attività di ricerca differenziate:

1) indagine basata su interviste telefoniche (Sistema CATI2) su un campione rappresentativo dell’universo delle organizzazioni del Terzo settore (403 inter-viste) che offrono servizi nel territorio della provincia di Roma. Periodo: mag-gio, giugno 2004;

2) indagine quantitativa sul dimensionamento del fenomeno dell’Economia ci-vile nel territorio della Camera di Commercio di Roma (fonti statistiche: Eu-rostat, Istat, Unioncamere, Istituto Guglielmo Tagliacarne, CCIAA Roma). Periodo: aprile 2005;

3) indagine qualitativa basata su trenta interviste in profondità ad altrettanti te-stimoni privilegiati e opinion leader (trenta interviste in profondità). Periodo: maggio 2005;

4) indagine qualitativa basata su quattro “focus group” ai quali hanno partecipa-to rappresentanti del mondo del Terzo settore e rappresentanti della Pubblica amministrazione, delle banche e delle imprese. Periodo: giugno 2005.

5) indagine qualitativa basata su 60 studi di caso che sono stati effettuati presso altrettante organizzazioni del Terzo settore della provincia di Roma. Periodo: luglio 2005.

L’analisi della domanda ha comportato la realizzazione di tre attività di ricerca differenziate:

1) indagine basata su interviste telefoniche (Sistema CATI) su un campione di famiglie residenti nella provincia di Roma. (2380 interviste). Periodo: novem-bre 2005;

2) indagine qualitativa, basata su oltre 200 “interviste personali in home”, effet-tuate in profondità presso altrettante famiglie utilizzatrici dei servizi del Ter-zo settore residenti nel territorio della provincia di Roma. Periodo: gennaio 2006;

3) ipotesi per un modello econometrico a carattere predittivo realizzata per sti-mare il fabbisogno della domanda dei servizi del Terzo settore nella provincia di Roma nel 2008, nel 2010 e nel 2013.

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Parte prima Analisi dell’offerta

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1. Verso un profilo ad alta definizione

1.1. La visione multidimensionale dell’Economia civileChiunque abbia messo sotto osservazione questo complesso universo, ha potuto verificare che, a seconda dello strumento di osservazione che viene scelto, quello che viene generi-camente descritto come “Terzo settore” o “settore non profit” cambia forme, confini, con-sistenza, peso, funzione. Ciò che si individua sul piano dei numeri partendo, ad esempio, dall’osservazione delle forme giuridiche, viene messo in discussione se si considera la tipo-logia di attività realmente svolta o la provenienza delle fonti di finanziamento o, ancora, il tipo di rapporto con il proprio mercato di riferimento, le dimensioni e le forme organiz-zative, ecc., ecc..

Alla luce dei risultati raggiunti con l’attività di indagine del 2005, l’intuizione di definire “Economia civile” questo contesto e di considerarlo un macrosettore dotato di una certa coerenza, appare la più adatta per almeno due ordini di ragioni: a) l’attributo “civile” rin-via direttamente a questioni di carattere generale, ai principi della cittadinanza e all’ambi-to dei diritti universali e costituzionali; al contrario, se si parlasse solo in termini di “eco-nomia sociale” sarebbe necessario operare distinzioni nette (ad esempio sulle forme giuri-diche), che però non trovano sempre riscontro immediato nelle fonti statistiche ufficiali; b) aumentando il raggio dell’inclusione, invece, si mette meglio a fuoco l’agire dei diversi soggetti che si muovono nel contesto che vogliamo considerare e si rende ragione anche delle diversità esistenti, sotto il profilo dell’identità e delle aspettative, tra i soggetti e le or-ganizzazioni presi in esame.

La scelta progettuale di impiegare più strumenti e tecniche di rilevazione e analisi sullo stesso macrosettore, ha consentito di passare da una visione d’insieme a tratti opaca e pro-blematica ad una nitida rappresentazione multidimensionale del composito universo che forma il complesso dell’economia civile del territorio provinciale.

Oggi disponiamo di dati che ci consentono di identificare con sufficiente chiarezza le di-verse tipologie di soggetti che compongono il macrosettore dell’Economia civile, superan-do gli schematismi che, nel passato recente, ne hanno parzialmente limitato la leggibilità e facendo chiarezza, soprattutto, nel rapporto tra Terzo settore, soggetti “non- profit” ed Economia civile; di mettere a fuoco le tendenze più rilevanti del macrosettore in termini di aspettative e prospettive di riconfigurazione catalogando, per ogni tipologia, problemi, cri-

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aticità e opportunità di sviluppo; di disegnare, per le diverse tipologie, alcune linee strategi-che di approccio, comunicazione e offerta di servizi da parte della CCIAA, arricchendo così di nuove opportunità la “mission” specifica dell’Osservatorio.

1.2. L’Economia civile va oltre il Terzo settoreIn sede di sintesi interpretativa delle interviste agli “opinion leader”, abbiamo rilevato che sono in atto tre processi ancora incompiuti: a) il processo di distinzione delle identità e di riconfigurazione dei ruoli e delle funzioni all’interno del Terzo settore e tra questo e il contesto più ampio dell’Economia civile; b) il processo di riordino dell’Amministrazione Pubblica e di ridisegno organico dei rapporti tra Stato e Governi locali; c) il processo di ridisegno del “welfare” e delle sue filiere istituzionali, con una divisione chiara dei compiti e delle funzioni ai diversi livelli e la produzione di “policy” integrate.

Sebbene sia evidente la stretta relazione di contiguità fra i tre processi, in questa sede ci occupiamo in particolare del primo. Dai dati raccolti emerge con molta chiarezza che si stanno delineando quattro distinti percorsi di sviluppo:

1) la separazione netta fra i soggetti “non profit” puri (volontariato) e gli altri soggetti che intervengono nel sociale. Si sta configurando un’area “riservata” nella quale prevalgono atteggiamenti di alternativa dichiarata rispetto alle soluzioni tra-dizionali del “welfare” e della sussidiarietà orizzontale e verticale. Il Missiona-rio Comboniano Padre Alex Zanottelli, già Direttore di Nigrizia, ha definito quest’area come “la fionda di Davide”, per rimarcarne il ruolo antagonista e di testimonianza radicale sul piano dei valori e dei comportamenti anche econo-mici;

2) cresce la nuova area del “non solo profit”, nella quale operano soggetti associati-vi e cooperativi (diversi per dimensione e struttura organizzativa), che si muo-vono sul confine tra solidarietà e mercato, attraverso i meccanismi della sussi-diarietà e all’interno del sistema dei servizi territoriali. Molti di questi sogget-ti sono nati all’ombra (e fanno ancora parte) del Terzo settore, ma tendono a collocarsi in una dimensione di impresa, con funzioni di integrazione e colla-borazione rispetto ai sistemi locali di “welfare”, accettando la sfida culturale e politica lanciata dal paradigma dell’impresa sociale;

3) cresce l’area dei nuovi bisogni della famiglia, in termini di servizi alla persona ma la capacità di risposta da parte del Terzo settore rimane bassa. Qui opera-no soggetti che forniscono risposte di livello individuale attraverso reti infor-mali sommerse, ma che potrebbero trovare, nel breve periodo, nuove formule organizzative più strutturate;

4) si moltiplicano i fenomeni di contaminazione ai margini tra mondo profit e non profit, ad es. sui temi del bilancio sociale, della certificazione e della Responsa-bilità Sociale di Impresa. Sebbene molte esperienze possano essere ridimensio-nate nel novero delle scelte di marketing strategico, ci sono numerosi casi di scelte di tipo identitario, in particolare nelle imprese di piccola e media dimen-sione, che agiscono in un mercato fortemente connotato in senso territoriale.

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Verso un profilo ad alta definizione

Sotto il profilo delle tendenze evolutive si può ipotizzare che:

1) il Terzo settore “puro” tenderà a confermare il primato assoluto della persona e dei diritti universali rispetto alle formule organizzative. Necessariamente, i criteri tradizionali dell’essere “senza fini di lucro” (non profit) e del riferimen-to al settore sociale di intervento, che fino a ieri hanno caratterizzato il Terzo settore, devono essere integrati con altri criteri, altrettanto distintivi: a) i mo-delli organizzativi e del lavoro (centralità dei soggetti rispetto alla centralità dei prodotti e dei processi, volontariato); b) il coinvolgimento del/nel territo-rio (radicamento e rappresentanza sociale); c) la partecipazione democratica e la trasparenza nella vita associativa delle organizzazioni (verso l’interno e ver-so l’esterno, ad esempio con lo strumento del bilancio sociale); d) la dichiara-zione esplicita dei valori di riferimento (solidarietà, ospitalità, inclusione, de-mocraticità, eticità, responsabilità sociale, ecc.); e) modalità di “governance” peculiari;

2) l’area “non solo non profit” si muoverà attraverso processi di semplificazio-ne, razionalizzazione e aziendalizzazione (vedi oltre, Capitolo 5), per risponde-re sempre meglio alle richieste di certificazione di qualità della committenza pubblica e di efficienza dei servizi territoriali. Il numero dei soggetti operanti diminuirà, ma nel contempo aumenterà il livello di organizzazione, specializ-zazione, professionalizzazione delle strutture e della forza lavoro. In altri settori economici, il processo di razionalizzazione si compie attraverso campagne in-tense di “merge & acquisition”, con le quali gli operatori maggiori aumentano la propria massa critica e la gamma di offerta incorporando gli operatori mi-nori, ma questa modalità non appare credibile nel caso del Terzo settore e del-l’impresa sociale. Più facile immaginare che i soggetti fragili, sotto la pressione delle condizioni tecniche ed economiche e della concorrenza, lascino il posto agli operatori più strutturati, aprendo una fase di alta mobilità degli operatori più professionalizzati;

3) l’area dell’offerta sommersa, in presenza di politiche integrate di “welfare” (ad es.: immigrazione, sostegno fiscale alla famiglia, assistenza alle fasce deboli), tenderà alla normalizzazione e alla confluenza verso i circuiti del servizio pub-blico e/o convenzionato. Il fenomeno delle badanti e delle “tate straniere” full time potrebbe quindi seguire il percorso già sostenuto negli anni ‘70 dalle colf, passando nel breve e medio periodo dall’emersione alla rappresentanza e alla generazione di nuove posizioni di diritto;

4) a fronte di politiche premianti e incentivanti, anche le iniziative di certifica-zione sociale e di RSI possono trovare un loro peculiare sviluppo quantitativo e qualitativo. In questo senso si apre un ampio spazio operativo per campa-gne di alfabetizzazione, sensibilizzazione, informazione e formazione da parte dei soggetti istituzionali verso l’articolato mondo dell’Economia civile, con l’obiettivo prioritario di rafforzarne la capacità competitiva.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aGli ultimi tre fenomeni hanno una chiara rilevanza dal punto di vista del potenziale di sviluppo di servizi innovativi, di sostegno e di assistenza tecnica da parte della Camera di Commercio verso il contesto dell’Economia civile.

1.3. I tanti soggetti operanti nell’Economia civile

Il macro settore dell’Economia civile, è composto da una pluralità di soggetti. Al centro del macrosettore ci sono organizzazioni riconducibili principalmente a quattro categorie giuridiche: Associazioni non riconosciute, Cooperative sociali, Fondazioni, Associazioni riconosciute che operano in settori connessi alle politiche sociali e al sistema dei servi-zi territoriali per il “welfare”, sia attraverso modalità produttive non profit (volontariato), sia attraverso forme “non solo non profit”, cioè remunerando il lavoro e non il capitale fi-nanziario. A queste si aggiunge un secondo cerchio formato da enti ecclesiastici e morali, enti di promozione sportiva, associazionismo specializzato ed altri soggetti che hanno una configurazione giuridica “non profit” (ONLUS) e che operano nell’area del diritto civile alla libera associazione. Il terzo cerchio, il più esterno, comprende l’Associazionismo lo-cale non specializzato, le Associazioni riconosciute e non riconosciute di dimensione lo-cale, i Comitati e tutte le diverse forme di aggregazione (comprese le cooperative), di cui il sociale si dota in modo “congiunturale”, per rappresentare un bisogno diffuso nel terri-torio che non trova risposte adeguate nelle forme tradizionali: dai Centri Sociali ai Cen-tri Anziani, dalle iniziative a favore degli immigrati alle scuole popolari, ecc. Osservando brevemente in dettaglio le caratteristiche delle associazioni, delle fondazioni e delle coo-perative sociali, si pone l’attenzione soprattutto su queste ultime, in quanto rappresenta-no la forma più vicina al mondo delle imprese, pur conservando una “vision” di non per-seguimento di profitto.

Relativamente alle Associazioni, si osserva come le stesse rappresentino la componen-te più consistente del Terzo settore in Italia. In particolare, le Associazioni non ricono-sciute sono organismi di diritto privato, senza scopo di lucro, che nascono dalla volontà degli associati uniti da scopi comuni (vedi artt. 36 - 41 c.c.). Operano nei campi più sva-riati: culturale, sportivo, ambientale, sociale e così via. Si ricorda, a margine, che l’esse-re “senza scopo di lucro” non comporta necessariamente l’adozione della definizione di ONLUS. Alla mancanza dello scopo di lucro, infatti, l’ONLUS aggiunge in modo espli-cito e definito dalla normativa il carattere distintivo dell’Utilità Sociale della propria “vision e mission”.

Le fondazioni sono, invece, enti privati senza finalità di lucro con una propria sorgente di reddito che deriva - in Italia, necessariamente - da un patrimonio. Questo tipo di ente, do-tato di una propria organizzazione e di propri organi di governo, usa le proprie risorse fi-nanziarie per scopi educativi, culturali, religiosi, sociali o altri scopi di pubblica utilità, sia sostenendo persone ed enti (fondazione di erogazione), sia organizzando e gestendo diret-tamente i suoi programmi (fondazione operativa). La fondazione è, quindi, un ente dotato di reddito, cioè è l’unione di organizzazione e finanza, lavoro e capitale, un ente autono-

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Verso un profilo ad alta definizione

mo al livello amministrativo, finanziario e giuridico. Il patrimonio, inoltre, è un elemen-to necessario, in quanto la legge e la giurisprudenza non ammettono fondazioni finanziate esclusivamente da contributi di terzi; la costituzione di una fondazione, pertanto, può es-sere vista come una immobilizzazione di risorse economiche e di conseguenza il legislatore si è preoccupato di garantire che tali risorse vengano utilizzate esclusivamente ed efficien-temente a beneficio della collettività. È per queste ragioni che l’autorità preposta al rico-noscimento giuridico della fondazione è legittimata a richiedere un patrimonio minimo, tale da consentire l’effettiva possibilità di raggiungere lo scopo (congruità del patrimonio rispetto allo scopo).

Le cooperative sociali nel quadro della cooperazione

La cooperazione sociale ha registrato negli ultimi anni un’importante evoluzione sia sotto il profilo istituzionale che sotto quello economico. Il ruolo che le cooperative sociali han-no assunto in questi anni deve essere, infatti, valutato tenendo presenti i molti cambia-menti che hanno caratterizzato la società che esprime i bisogni e le risposte date a livello istituzionale. Si ha da un lato una domanda sempre più variegata e flessibile, che richiede una risposta altrettanto flessibile dal punto di vista dei servizi offerti; dall’altra parte si è di fronte a servizi la cui domanda è spesso spinta e stimolata dall’offerta (o dall’assenza) di servizi qualificati. Inoltre, il graduale cambiamento nelle modalità di intervento pubblico in campo sociale ha causato una crescita considerevole del ricorso agli affidamenti esterni dei servizi. Tutto questo ha costituito una forte sollecitazione per l’universo delle imprese sociali. Le cooperative, infatti, non possono più essere considerate imprese che fornisco-no esclusivamente lavoro, in quanto esse, sempre più spesso, gestiscono integralmente sin-goli servizi e si candidano, attraverso la formazione di consorzi o in associazione con altre imprese, a gestire il “global service”. In particolare, in Italia la cooperazione sociale nasce e si sviluppa come ulteriore modello di differenziazione di un modello di impresa di per sé già innovativo, quello della cooperazione “tout court”. Prima di passare ad illustrare in dettaglio i caratteri distintivi della cooperazione sociale occorre, tuttavia, spendere alcune parole sul fenomeno della cooperazione in quanto la logica che sottende la nascita delle imprese cooperative non è molto dissimile da quella che spinge alla formazione delle tipo-logie costituenti il Terzo settore. A tal riguardo si sottolinea, infatti, come le cooperative si situano come modalità originali di approccio al sistema produttivo e rispondono princi-palmente a tre tipologie di “mission”: Autoimpiego - il socio è anche prestatore d’opera (ad esempio nelle cooperative di produzione e lavoro); Utenza - i soci si mettono insieme per abbattere dei costi, come nel caso delle cooperative abitative o quelle di consumo; Servizio a terzi - i soci perseguono un obiettivo di offerta di servizi qualificati alle imprese, persone e enti pubblici.

Appare evidente come soprattutto nella seconda tipologia di impresa cooperativa si pos-sono scorgere quegli elementi tipici del settore “non profit”, ovvero il soddisfacimento di un bisogno collettivo inquadrato in una logica di solidarietà, relazionalità e auto-organiz-zazione e non di perseguimento del profitto. Si osserva poi come, fin dalle origini, il pen-siero ispiratore delle cooperative italiane (laiche e cattoliche) è stato quello di coniugare

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ala modernizzazione industriale e produttiva e il principio etico dell’equa distribuzione delle risorse e dei proventi tra i consociati. Tali principi, che possiamo riassumere nel concetto di mutualità, hanno ispirato la nascita delle attuali società cooperative che hanno prose-guito nel cammino di miglioramento delle condizioni economiche, sociali e culturali del-la persona e di diffusione della coscienza civica. Con mutualità si intende, infatti, l’azione di reciproco aiuto: il soccorrersi e l’assistersi a vicenda. Il settore delle mutue (o società di mutuo soccorso) identifica quindi una comunità o un gruppo riconosciuto e che si rico-nosce, che costruisce e offre ai suoi membri sostegno o tutela anche materiale. In Italia il concetto di mutualità è stato uno dei motori delle iniziative di solidarietà: schematizzando, il passaggio dalla mutualità alla solidarietà comporta l’allargamento dell’insieme di colo-ro che condividono il patrimonio comune (che non è più prevalentemente materiale, ma in egual modo morale, ideale e materiale), ovvero si passa dai soci della singola mutua o da una comunità definita, alla persona, alla comunità umana e a tutti gli esseri viventi. Il concetto di mutualità richiama quello di assistenza e non quello di beneficenza. Sotto un aspetto più specificatamente giuridico/fiscale, l’ordinamento italiano identifica come mu-tualistiche quelle azioni (pure meritorie) che un insieme di persone scambiano tra di loro ed esalta l’utilità sociale delle azioni rivolte all’esterno dell’insieme degli aderenti (e per alcuni soggetti giuridici si dice esclusivamente all’esterno) che così assumono un superiore interesse per la collettività e un più alto livello di meritorietà.

In sostanza, quindi, per cooperativa si intende, in generale, un’associazione autonoma di persone che si uniscono volontariamente per soddisfare i propri bisogni economici, sociali e culturali e le proprie aspirazioni attraverso la creazione di un’impresa a proprietà comu-ne, controllata democraticamente. La cooperativa, inoltre, si differenzia dalle altre imprese cosiddette capitalistiche per uno scopo e un metodo particolare: agevolare i soci nelle loro economie individuali facendoli partecipare ad un vantaggio immediato (beni, servizi e oc-casioni di lavoro) a condizioni più favorevoli rispetto a quelle correnti. Il fine non è, quindi, procurare ai soci un dividendo sulla base del capitale versato come avviene nelle ordinarie “imprese di resa”. La disciplina giuridica delle cooperative trova una sua sistematica collo-cazione e un adeguato riconoscimento “de iure” con la Legge Basevi (Decreto Legislativo C.P.S. n. 1577/47) che, in particolare nel famoso articolo 26, stabilisce quei requisiti mu-tualistici che, nati per ragioni di riconoscimento tributario, finiranno per qualificare net-tamente le cooperative da ogni altro tipo di impresa, stabilendo quei principi cardine che ancora saranno riconosciuti validi nella riforma generale del diritto societario del 1993. In particolare: divieto di distribuzione dei dividendi superiori alla ragione dell’interesse lega-le ragguagliato al capitale effettivamente versato; divieto di distribuzione delle riserve fra i soci durante la vita sociale; devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero patrimonio sociale.

Si osserva poi come, con la Legge 17 febbraio 1971 n. 127, venga introdotto il divieto di trasformare le cooperative in società ordinarie, consolidando così il carattere non specula-tivo della cooperazione: “Le società cooperative non possono essere trasformate in società ordinarie, anche se tale trasformazione sia deliberata all’unanimità.”

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1.4. Le imprese cooperative in Italia

Una volta osservati i caratteri salienti delle imprese cooperative appare utile fornire alcu-ne indicazioni sulla consistenza del fenomeno in Italia e nella provincia di Roma. Dai dati forniti dall’Unioncamere risultano attive nel paese nel 2004 circa 70 mila aziende coo-perative. Queste ultime considerate unitamente alle unità locali formano un ammontare complessivo di circa 105 mila posizioni nel Registro Imprese. Le cooperative, inoltre, ap-paiono suddivise in modo omogeneo tra i settori della produzione e della fornitura di ser-vizi e rappresentano il 2,4% del totale delle imprese registrate in Italia nel primo semestre del 2004 (5.904.833 imprese complessive registrate) e l’1,4% delle attive. La distribuzione delle sedi di impresa sul territorio appare sostanzialmente omogenea, con tre eccezioni di rilievo che sommate insieme rappresentano il 42,7% delle sedi di impresa complessive pre-senti in Italia: la Lombardia, con 10.735 sedi d’impresa attive nel 2004 sul territorio (15,4% complessivo) rappresenta la realtà regionale con la più alta incidenza di cooperative rispet-to al totale; la Campania con 9.736 sedi d’impresa attive nel 2004 (13,9% del totale) e la Sicilia con 9.359 sedi d’impresa attive nel 2004 (13,4% del totale). Una integrazione a que-ste informazioni è rappresentata dall’incidenza del settore cooperativo sul totale imprese delle singole regioni: emerge in questo caso che, nell’ordine, la Basilicata (9,3% del totale) seguita dalla Campania e dalla Sicilia ha una vocazione alla cooperazione più elevata, ri-spetto al dato nazionale.

Il dettaglio provinciale conferma, altresì, come le più alte incidenze di imprese cooperative sull’universo imprenditoriale si registrano nel Mezzogiorno e isole, mentre le province pie-montesi e quelle venete presentano bassi livelli di incidenza. La graduatoria nazionale pre-senta, infatti, incidenze superiori al 2,5% nelle province di Caltanissetta, Catania, Paler-mo, Siracusa, Oristano, Salerno e Rieti. Agli ultimi posti, invece, si posizionano Vicenza (0,58%), Treviso (0,51%) e Padova (0,51%). Nello scenario nazionale, inoltre, la provincia di Roma si situa in una posizione medio-bassa con un’incidenza inferiore alla media Italia (0,97% a fronte dell’1,4%) occupando il 76° posto. Se si considera poi la densità impren-ditoriale delle cooperative rispetto alla popolazione, si ha un’ulteriore conferma di come questa tipologia d’impresa sia maggiormente presente nel tessuto socio-economico meri-dionale. Oristano guida la classifica nazionale con 2,5 imprese cooperative ogni 1.000 abi-tanti, seguita da tre province siciliane, mentre negli ultimi posti troviamo tutte province venete oltre a Roma che si situa al 100° posto presentando un’incidenza pari a 0,58 coo-perative per 1.000 abitanti. La capitale, quindi, denota un profilo di impresa tradiziona-le poco orientato alla forma della cooperazione (osserveremo, invece, più avanti, il ruolo della cooperazione sociale nel quadro del Terzo settore), registrando una consistenza nel 2004 di circa 2.200 cooperative attive a fronte di un tessuto imprenditoriale provinciale che conta 223 mila imprese.

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aTabella n. 1.1. “Incidenza delle imprese cooperative sul totale imprese per provincia”

Pos. Province Coop/Tot. imprese Pos. Province Coop/Tot. imprese

1 Caltanissetta 2,99 53 Piacenza 1,17

2 Catania 2,86 54 Viterbo 1,17

3 Palermo 2,74 55 Cremona 1,15

4 Siracusa 2,67 56 Ravenna 1,13

5 Oristano 2,63 57 Sondrio 1,13

6 Salerno 2,58 58 Vibo Valentia 1,12

7 Rieti 2,51 59 Benevento 1,12

8 Caserta 2,46 60 Verbano Cusio Ossola 1,11

9 Ragusa 2,45 61 Chieti 1,11

10 Enna 2,45 62 Modena 1,06

11 Brindisi 2,33 63 Livorno 1,06

12 Napoli 2,27 64 Trento 1,06

13 Matera 2,27 65 Udine 1,06

14 Latina 2,25 66 Perugina 1,05

15 Foggia 2,24 67 Vercelli 1,04

16 La Spezia 2,17 68 Venezia 1,02

17 Taranto 2,10 69 Lecco 1,02

18 Agrigento 2,06 70 Rovigo 0,99

19 Potenza 2,02 71 Novara 0,99

20 Cagliari 1,95 72 Arezzo 0,99

21 Milano 1,90 73 Firenze 0,98

22 Crotone 1,86 74 Teramo 0,98

23 Messina 1,85 75 Genova 0,98

24 Lodi 1,80 76 Roma 0,97

25 Massa Carrara 1,79 77 Brescia 0,97

26 Frosinone 1,76 78 Varese 0,97

27 Isernia 1,72 79 Verona 0,96

29 Bari 1,68 80 Como 0,94

29 Trapani 1,64 81 Mantova 0,93

30 Trieste 1,59 82 Bergamo 0,93

31 Aosta 1,55 83 Belluno 0,92

32 Reggio Calabria 1,53 84 Ferrara 0,91

33 Nuoro 1,53 85 Rimini 0,91

34 Cosenza 1,52 86 Pescara 0,91

35 Prato 1,47 87 Pavia 0,89

36 Campobasso 1,40 88 Pisa 0,88

37 L’aquila 1,38 89 Pesaro e Urbino 0,85

38 Lecce 1,37 90 Ascoli Piceno 0,82

39 Forlì - Cesena 1,36 91 Biella 0,82

40 Sassari 1,34 92 Alessandria 0,81

41 Catanzaro 1,34 93 Torino 0,81

42 Bolzano - Bozen 1,32 94 Macerata 0,81

43 Ancona 1,31 95 Pordenone 0,70

44 Reggio Emilia 1,29 96 Cuneo 0,70

45 Gorizia 1,22 97 Imperia 0,70

46 Siena 1,21 98 Savona 0,69

47 Grosseto 1,21 99 Asti 0,69

48 Parma 1,19 100 Pistoia 0,67

49 Terni 1,19 101 Vicenza 0,58

50 Avellino 1,19 102 Treviso 0,51

51 Bologna 1,18 103 Padova 0,51

52 Lucca 1,18 ITALIA 1,39

Fonte: elaborazione Format su dati Infocamere (Giugno 2004)

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Tabella n. 1.2. “Densità delle imprese cooperative rispetto alla popolazione”

Pos. Province Coop / 1000 ab Pos. Province Coop / 1000 ab.

1 Oristano 2,50 53 Modena 1,09

2 Caltanissetta 2,49 54 Rovigo 1,08

3 Ragusa 2,37 55 Rimini 1,07

4 Catania 2,27 56 Perugina 1,05

5 Salerno 2,25 57 Avellino 1,05

6 Matera 2,20 58 Teramo 1,04

7 Foggia 2,18 59 Trento 1,03

8 Rieti 2,13 60 Arezzo 1,02

9 Latina 2,06 61 Trieste 1,02

10 Siracusa 1,95 62 Terni 1,01

11 Caserta 1,93 63 Verona 0,99

12 Brindisi 1,93 64 Catanzaro 0,99

13 Enna 1,91 65 Sondrio 0,99

14 Potenza 1,86 66 Udine 0,99

15 Agrigento 1,86 67 Macerata 0,96

16 Trapani 1,71 68 Mantova 0,95

17 Prato 1,70 69 Firenze 0,94

18 Milano 1,68 70 Cremona 0,93

19 Palermo 1,66 71 Ferrara 0,92

20 Aosta 1,64 72 Vercelli 0,92

21 L’aquila 1,63 73 Gorizia 0,92

22 Crotone 1,58 74 Livorno 0,90

23 Napoli 1,58 75 Pesaro e Urbino 0,90

24 Massa Carrara 1,58 76 Ascoli Piceno 0,89

25 Cagliari 1,56 77 Cuneo 0,89

26 Grosseto 1,55 78 Brescia 0,89

27 Campobasso 1,54 79 Verbano Cusio Ossola 0,88

29 Forlì - Cesena 1,51 80 Venezia 0,88

29 Nuoro 1,50 81 Pescara 0,87

30 Taranto 1,50 82 Vibo Valentia 0,85

31 Bolzano - Bozen 1,49 83 Alessandria 0,85

32 Isernia 1,47 84 Asti 0,83

33 Bari 1,43 85 Imperia 0,81

34 Reggio Emilia 1,42 86 Pisa 0,79

35 Viterbo 1,39 87 Novara 0,79

36 Frosinone 1,34 88 Biella 0,77

37 Lodi 1,32 89 Genova 0,76

38 Messina 1,29 90 Bergamo 0,76

39 Sassari 1,25 91 Pavia 0,75

40 Chieti 1,25 92 Lecco 0,75

41 Siena 1,25 93 Como 0,74

42 Parma 1,23 94 Varese 0,72

43 La Spezia 1,23 95 Pistoia 0,71

44 Benevento 1,22 96 Torino 0,71

45 Ravenna 1,21 97 Savona 0,70

46 Piacenza 1,21 98 Belluno 0,68

47 Ancona 1,20 99 Pordenone 0,65

48 Lucca 1,17 100 Roma 0,58

49 Reggio Calabria 1,16 101 Padova 0,56

50 Cosenza 1,15 102 Vicenza 0,54

51 Bologna 1,11 103 Treviso 0,53

52 Lecce 1,09 ITALIA 1,22

Fonte: elaborazione Format su dati Infocamere (Giugno 2004)

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a1.5. Caratteristiche delle cooperative sociali

La differenza sostanziale tra la cooperativa sociale e quella tradizionale sta nell’allarga-mento del concetto di mutualità. La mutualità interna (tra i soci) rappresenta l’elemento fondante delle cooperative tradizionali di lavoro e di consumo, il cui scopo principale è appunto quello di procurare opportunità di lavoro e di consumo più favorevoli per i propri aderenti. Con la cooperazione sociale si introduce, per la prima volta, anche il concetto di mutualità esterna, rivolta cioè a individui o fasce sociali della comunità locale anche non partecipanti direttamente all’impresa, ma accomunati da condizioni di disagio e debolezza socio-economica. La finalità collettiva e altruistica appare dunque più evidente nella coopera-zione sociale ed è alla base dell’inserimento di questa peculiare forma di impresa nell’ambito del-le organizzazioni del Terzo settore.

A partire dal 1991, la Legge 381 ha sancito il riconoscimento normativo delle cooperati-ve sociali e la fissazione più precisa del loro ambito di intervento. La crescita del fenome-no della cooperazione sociale è chiaramente da mettersi in relazione con alcuni profondi cambiamenti di natura demografica e sociale che hanno interessato l’Italia e non solo ne-gli ultimi venti anni: i nuovi bisogni legati all’invecchiamento della popolazione, il supe-ramento del ruolo tradizionale della famiglia nell’erogazione di servizi di cura, la crescita della domanda di attività educative, ricreative e di socializzazione tipica delle società a be-nessere diffuso e, soprattutto, la crisi del sistema tradizionale di “Welfare”, che ha imposto una revisione radicale nelle modalità di organizzazione dei servizi socio-assistenziali la pro-gressiva regressione dell’intervento operativo diretto da parte del soggetto pubblico e la sua sostituzione con i soggetti del Terzo settore.

Le cooperative sociali sono state tra i principali beneficiari del cambiamento sociale, pro-prio grazie alla natura mista di impresa a finalità sociale che le caratterizza. Da un lato in-fatti, esse come le normali imprese profit, presentano il vantaggio di avere una struttura ben definita, che può contare sulla presenza continuativa di operatori professionali e su risorse per gli investimenti; dall’altro lato, il divieto di distribuzione degli utili e la finali-tà solidaristica che stanno alla base della loro costituzione offrono importanti garanzie, al pari delle altre imprese non profit, circa la qualità del servizio erogato e il livello di motiva-zione degli operatori. Da questo punto di vista, il vantaggio della cooperazione sociale sta-rebbe essenzialmente nella sua capacità di rispondere contemporaneamente a due diverse esigenze: quella più spiccatamente economica ed individualistica di creare opportunità di occupazione e reddito per i propri operatori e quella sociale e altruistica di contribuire al-l’innalzamento del benessere collettivo.

Si è già accennato precedentemente al ruolo e allo sviluppo delle cooperative sociali e alla loro particolare disciplina giuridica. La differenza di trattamento giuridico di questa parti-colare tipologia di cooperativa rispetto alle altre è giustificata dalle relative peculiarità nei fini che le cooperative sociali si propongono. Per questa ragione vale la pena di analizzare brevemente il loro ruolo, la conformazione e la disciplina giuridica che regola queste asso-ciazioni rispetto alle altre.

La definizione di “cooperativa sociale” è contenuta nella legge 381/91, che disciplina il set-tore. A norma dell’art. 1 della suddetta legge, le cooperative sociali vengono definite come

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imprese che nascono con lo scopo di “perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini”. Questo scopo è perseguito at-traverso la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi e lo svolgimento di attività diver-se - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Alle cooperative sociali si applicano le norme relative al settore in cui le stesse operano, in quanto compatibili con la legge 381/91.

Le cooperative sociali sono imprese che, a differenza di quelle con fine di lucro, nasco-no con lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità. Pur operando nei ser-vizi alla persona e pur essendo connotate statutariamente dai fini sociali, queste partico-lari società sono state sempre sensibili ad una organizzazione aziendale molto prossima a quella del mercato. Le cooperative sociali, tuttavia, restano una delle realtà più vive del Terzo settore.

Come detto in precedenza, la legge definisce le cooperative sociali come soggetti di natu-ra giuridica privata e con caratteristiche d’impresa senza finalità di lucro, cui attribuisce la possibilità di perseguire finalità di interesse collettivo. Da questo punto di vista, le coo-perative sociali rappresentano un’innovazione rispetto alle forme cooperative tradiziona-li. Le attività svolte dalle cooperative sociali variano a seconda della tipologia cui le stesse fanno riferimento: le cooperative sociali di tipo A rispondono ai bisogni di assistenza. Que-ste risposte possono assumere la forma di assistenza domiciliare agli anziani, ai malati, ai pazienti psichiatrici; gestione di comunità alloggio e centri diurni per minori e disabili; gestione della custodia dei bambini e offrono servizi educativi e ricreativi per minori a ri-schio; le cooperative sociali di tipo B possono svolgere qualsiasi attività di impresa - agricola, industriale, artigianale, commerciale, di servizi - con la specificità di destinare una parte dei posti di lavoro così creati (almeno il 30%) a persone svantaggiate, altrimenti escluse dal mercato del lavoro: disabili fisici, psichici e sensoriali, ex degenti di istituti psichiatrici, soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti, minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare e condannati ammessi alle misure alternative alla de-tenzione, secondo l’articolo 4 della 381/91.

Oltre ai soci previsti dalla normativa vigente, gli statuti delle cooperative sociali possono prevedere la presenza di soci volontari che prestino la loro attività gratuitamente. Il loro numero non può superare la metà del numero complessivo dei soci. Ai soci volontari, na-turalmente, non si applicano i contratti collettivi e le norme di legge in materia di lavoro subordinato e autonomo. Fa eccezione l’applicazione delle norme in materia di assicurazio-ne contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

La ripartizione degli utili deve avvenire, dopo l’approvazione del bilancio, da parte dell’as-semblea ordinaria dei soci. Al fondo di riserva legale deve essere destinata almeno la quin-ta parte degli utili netti annuali. Una quota di questi ultimi deve essere, invece, corrispo-sta ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (se lo prevede lo statuto), nella misura e con le modalità previste dalla legge. La quota di utile che non è assegnata e che non è utilizzata per la rivalutazione delle quote o delle azioni, o assegnata ad altre riserve o fondi, o distribuita ai soci, deve essere destinata ai fini mutualistici. Gli amministratori devono essere soci della cooperativa: se l’amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di amministrazione che sceglie tra i suoi membri

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ail presidente, se questi non è nominato dall’assemblea. Inoltre, gli enti pubblici, compresi quelli economici, e le società di capitali a partecipazione pubblica possono stipulare con-venzioni con le cooperative. Per la stipula delle convenzioni le cooperative sociali devono risultare iscritte all’albo regionale.

1.6. L’Albo Unico della Cooperazione

La decennale separazione tra cooperative sociali e cooperative “tradizionali” è stata di re-cente superata con l’istituzione, da parte del Ministro delle Attività Produttive, dell’Albo delle Cooperative. Il dettato del D.M. 23 giugno 2004 prevede, infatti, che tutte le società cooperative (sociali e non) debbano iscriversi in un apposito Albo composto da due sezio-ni, determinate in base al carattere della mutualità prevalente (di cui agli artt. 2512, 2513, 2514 del c.c.). Le società cooperative, inoltre, all’atto dell’iscrizione devono indicare l’ap-partenenza ad una categoria tra le seguenti: cooperative di produzione e lavoro, coopera-tive di lavoro agricolo, cooperative sociali, cooperative edilizie di abitazione, cooperative della pesca, cooperative di trasporto, banche di credito cooperativo, consorzi e cooperative di garanzia fidi, consorzi agrari, cooperative di consumo, cooperative di dettaglianti.

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2. La struttura dell’offerta

2.1. Premessa

In questo capitolo vengono descritte le caratteristiche strutturali del macrosettore dell’Eco-nomia civile in Italia e nel territorio della provincia di Roma, mettendo a confronto i prin-cipali indicatori della dimensione del fenomeno di interesse tra il livello locale e il livello nazionale. Come è già stato detto nei Capitoli precedenti, il macrosettore dell’Economia ci-vile “contiene” il Terzo settore, che ne costituisce un segmento rilevante ma, almeno sotto il profilo quantitativo, non dominante. I dati presentati sono tratti da fonti ufficiali (l’ottavo censimento dell’industria e dei servizi - Istat 2001) e da un’indagine campionaria svolta con il metodo delle interviste dirette ai soggetti del Terzo settore che operano nella provincia di Roma3. Le analisi effettuate sulla base delle fonti ufficiali svolgono una funzione di scena-rio informativo e non costituiscono una novità assoluta nell’ambito del presente studio. Le analisi effettuate sulla base dell’indagine campionaria costituiscono al contrario un aspetto di novità e originalità. Per facilitarne la lettura nella loro interezza, i risultati del lavoro sono stati descritti facendo riferimento di volta in volta a seconda dei casi, alle diverse fonti uti-lizzate. Nel prospetto che segue viene descritto il quadro sinottico delle sezioni nelle quali si articola il presente capitolo rispetto alle fonti informative utilizzate.

- L’economia civile in Italia Fonti desk ufficiali.

- L’economia civile nella provincia di Roma Fonti desk ufficiali e indagine campionaria.

- Analisi in dettaglio dei soggetti che compongono la struttura dell’offerta del Terzo settore

Cluster analysis realizzata sulla scorta dell’indagine campionaria.

- Verso una nuova interpretazione della struttura dell’offerta Considerazioni conclusive basate sui contenuti delle sezioni precedenti.

2.2 L’Economia civile in Italia

La consistenza dell’universo dell’Economia civile in Italia ammonta, in base ai risulta-ti dell’8° Censimento dell’industria e dei servizi, a 235 mila unità, 8 mila delle quali sono plurilocalizzate e operano pertanto sul territorio nazionale anche attraverso 26 mila unità locali (distinte dalla sede principale)4.

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aTabella n. 2.1. “Istituzioni del Terzo settore per forma giuridica”

Forma giuridica1999 2001

Diff. %v.a. % v.a. %

Associazione riconosciuta 61.313 27,7 62.231 26,5 -1,2

Fondazione 3.008 1,4 3.077 1,3 -0,1

Associazione non riconosciuta 140.746 63,6 156.133 66,4 2,8

Cooperativa sociale 4.651 2,1 5.674 2,4 0,3

Altra forma 11.694 5,3 8.117 3,5 -1,8

Totale 221.412 100,0 235.232 100,0 -

Fonte: elaborazione Format Srl su dati Istat, 1° Censimento imprese non profit e 8° Censimento Industria e Servizi (Anni 1999 e 2001)

Rispetto all’ultima rilevazione sul settore condotta dall’Istat nel 1999, il numero di orga-nizzazioni è cresciuto del 6,2%. A livello territoriale si osserva che oltre la metà delle or-ganizzazioni si situa nel Nord Italia (51,4% delle istituzioni censite nel 2001), registrando anche un lieve incremento rispetto al 1999 (+0,3%). Analogamente, un aumento lieve si registra anche nel Mezzogiorno (+0,2%), dove è attivo il 27,9% delle organizzazioni censi-te. Nel Centro Italia, invece, si registra il 20,7% di unità rilevate, con una lieve flessione rispetto al 1999 (pari allo 0,5%). Se si considera la forma giuridica adottata dalle istitu-zioni censite, si percepisce come il macrosettore dell’Economia civile in Italia sia compo-sto prevalentemente di organizzazioni dotate di una struttura di tipo associativo. Il 26,5% dell’universo censito è costituito, infatti, da associazioni riconosciute (62.231) e il 66,4% da associazioni non riconosciute (156.133). Una quota minore è costituita da cooperative sociali (5.674, pari al 2,4%), fondazioni (3.077, pari all’1,3%) e istituzioni con altra forma giuridica (8.117, pari al 3,5%, in cui sono incluse soprattutto istituzioni sanitarie, educative ed enti religiosi). Rispetto al 1999 si registra un incremento delle associazioni non ricono-sciute (+2,8) e delle cooperative sociali (+0,3%).

Tabella n. 2.2. “Istituzioni del Terzo settore per regione”

Regione1999 2001

v.a. % Istituzioni / 10.000 abit. v.a. % Istituzioni /

10.000 abit.

Piemonte 18.701 8,4 44 20.655 8,8 49

Valle d’Aosta 834 0,4 69 1.120 0,5 94

Lombardia 31.119 14,1 34 33.493 14,2 37

Trentino-Alto Adige 7.839 3,8 89 9.894 4,2 105

Veneto 8.308 9,5 47 20.993 8,9 46

Friuli-Venezia Giulia 21.093 2,8 52 7.750 3,3 65

Liguria 6.120 3,5 48 7.325 3,1 47

Emilia-Romagna 19.160 8,7 48 19.654 8,4 49

Toscana 18.021 8,1 51 18.344 7,8 52

Umbria 4.347 2,0 52 4.722 2,0 57

Marche 7.474 3,4 51 7.878 3,3 54

Lazio 17.123 7,7 33 17.864 7,6 35

Abruzzo 5.842 2,6 46 5.478 2,3 43

Molise 1.020 0,5 31 1.338 0,6 42

Campania 11.411 5,2 20 13.020 5,5 23

Puglia 12.036 5,4 30 12.136 5,2 30

Basilicata 1.272 0,6 21 2.298 1,0 38

Calabria 5.300 2,4 26 6.481 2,8 32

Sicilia 16.524 7,5 33 16.630 7,1 33

Sardegna 7.869 3,6 48 8.169 3,5 50

Italia 221.412 100,0 38 235.232 100,0 41

Fonte: elaborazione Format Srl su dati Istat, 1° Censimento imprese non profit e 8° Censimento Industria e Servizi (Anni 1999 e 2001)

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La struttura dell’offerta

Se si vuole fornire una misura del grado di penetrazione del settore “non profit” nel tessu-to sociale, si può considerare il rapporto tra numero delle istituzioni presenti e la popola-zione residente. Tale rapporto denota che le regioni in cui il fenomeno è più concentrato rispetto alla popolazione sono costituite dal Trentino-Alto Adige (105 organizzazioni ogni 10 mila abitanti), Valle d’Aosta (94 istituzioni ogni 10 mila abitanti), Friuli-Venezia Giu-lia (65 istituzioni), Umbria (57 istituzioni) e Marche (54 istituzioni). Agli ultimi posti del-la graduatoria si ritrovano Calabria, Puglia e Campania (rispettivamente con 32, 30 e 23 istituzioni ogni 10 mila abitanti).

Tabella n. 2.3. “Istituzioni per regione e forma giuridica”

Regione Associazione riconosciuta Fondazione Associazione

non riconosciutaCooperativa

socialeAltra istituzione

non profit Totale

Istituzioni / 10.000 abit.

Piemonte 14 1 32 1 2 50

Valle d’Aosta 37 2 50 3 2 94

Lombardia 10 1 24 1 2 38

Trentino-Alto Adige 15 1 87 1 1 105

Veneto 12 1 31 1 2 47

Friuli-Venezia Giulia 17 1 46 1 1 66

Liguria 14 1 29 1 2 47

Emilia-Romagna 10 1 36 1 1 49

Toscana 15 1 34 1 1 52

Umbria 13 1 40 1 2 57

Marche 14 1 36 1 2 54

Lazio 8 1 25 1 1 36

Abruzzo 13 0 29 1 1 44

Molise 16 0 22 2 1 41

Campania 7 0 14 0 1 22

Puglia 8 0 19 1 1 29

Basilicata 13 0 23 1 1 38

Calabria 11 0 18 1 1 31

Sicilia 9 0 21 2 1 33

Sardegna 16 0 31 2 1 50

Italia 11 1 27 1 1 41

Fonte: elaborazione Format Srl su dati Istat, 8° Censimento Industria e Servizi. (Anno 2001)

È chiaro quindi come la dimensione del fenomeno sia più intensa nelle regioni “di con-fine”, regioni in cui la coesione di culture diverse (italiana, tedesca, francese, slava, etc.) può aver avuto un peso non indifferente nel processo di nascita di tali tipologie di istitu-zioni. Se si considerano poi le tipologie presenti (rispetto alla forma giuridica adottata) in relazione alla popolazione residente, la Valle d’Aosta conferma lo sviluppo del settore “non profit” nel suo complesso, presentando rapporti fra istituzioni e abitanti superiori alla me-dia nazionale per tutte le forme giuridiche rilevate. Le associazioni riconosciute presentano un rapporto più alto rispetto alla popolazione residente anche in Friuli-Venezia Giulia (17), Molise e Sardegna (16). Le fondazioni presentano una concentrazione superiore alla media nazionale solo in Lombardia (2 organizzazioni ogni 10 mila abitanti).

Le associazioni non riconosciute si concentrano prevalentemente nel Nord Italia, soprat-tutto in Trentino-Alto Adige (87 istituzioni ogni 10 mila abitanti), Valle d’Aosta (50 isti-tuzioni) e Friuli-Venezia Giulia (46); si riscontrano rapporti abbastanza elevati rispetto alla

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amedia nazionale anche in Umbria (40 istituzioni), in Emilia Romagna e nelle Marche (36 istituzioni), in Toscana (34 istituzioni).

Le cooperative sociali si caratterizzano, invece, ad eccezione della Valle d’Aosta, per una più marcata presenza nel Mezzogiorno, in particolare in Molise, Sicilia e Sardegna (con 2 organizzazioni ogni 10 mila abitanti). Infine, le istituzioni con altra forma giuridica sono maggiormente concentrate nelle regioni settentrionali e in alcune regioni centrali, quali Umbria e Marche.

Figura n. 2.1. “Istituzioni del Terzo settore per attività svolta (Valori percentuali)”

Fonte: elaborazione Format Srl su dati Istat, 1° Censimento imprese non profit e 8° Censimento Industria e Ser-vizi (Anni 1999 e 2001)

Se si considerano, invece, gli ambiti di operatività, si nota come le organizzazioni censi-te nel 2001 siano attive prevalentemente nei settori inerenti la cultura, lo sport e la ri-creazione (175.059 unità istituzionali, pari al 74,4% del totale nazionale). Considerando che il 92,8% delle istituzioni ha adottato la forma giuridica di associazione (riconosciuta o meno), si riconfermano le osservazioni inerenti i risultati della rilevazione realizzata nel 1999, che delineavano l’Economia civile in Italia principalmente come un universo asso-ciativo, orientato ad attività di tipo culturale e ricreativo, legate ai bisogni di realizzazione personale, espressione e socializzazione degli individui che partecipano alle attività dell’or-ganizzazione. Il secondo ambito di attività in cui si rilevano quote rilevanti di organizzazio-ni è costituito dai servizi socio-assistenziali (20.812, pari all’8,8%), che precedono di poco il settore della tutela degli interessi (qui sono incluse le organizzazioni che svolgono attività politiche, sindacali, di tutela dei diritti e degli interessi di particolari categorie), in cui sono attive 20.448 istituzioni (pari all’8,7%).

A seguire troviamo il settore dell’istruzione e della ricerca, che conta 11.192 istituzioni, pari al 4,8 % delle unità censite, il settore sanitario con 6.126 organizzazioni (che rappre-

La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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La struttura dell’offerta

sentano il 2,6% dell’universo del Terzo settore italiano) e le istituzioni che svolgono altre attività che rappresentano lo 0,7% del totale (1.595 istituzioni). Rispetto ai risultati della rilevazione censuaria del 1999, si nota un incremento pari all’11% delle istituzioni cultu-rali, sportive e ricreative e incrementi poco rilevanti o addirittura decrementi negli altri ambiti.

Tabella n. 2.4. “Istituzioni per regione e attività”

Regione Cultura, sport e ricreazione

Istruzione e ricerca Sanità Assistenza

socialeTutela

degli interessi Altre attività Totale

Istituzioni / 10.000 abit.

Piemonte 37 2 1 5 3 0 49

Valle d’Aosta 69 3 3 7 9 3 94

Lombardia 27 2 1 4 3 0 37

Trentino A.A. 85 3 1 10 4 2 105

Veneto 35 3 1 4 3 0 46

Friuli V.G. 51 3 1 5 6 0 65

Liguria 34 2 1 5 4 0 47

Emilia-Romagna 37 2 1 4 4 0 49

Toscana 39 2 2 4 5 0 52

Umbria 43 3 1 5 5 0 57

Marche 41 2 1 4 4 0 54

Lazio 25 2 1 3 4 0 35

Abruzzo 33 1 1 3 5 0 43

Molise 29 1 1 5 5 0 42

Campania 17 1 1 2 2 0 23

Puglia 22 1 1 2 4 0 30

Basilicata 27 2 1 3 5 0 38

Calabria 23 2 1 3 4 0 32

Sicilia 24 2 1 3 3 0 33

Sardegna 38 2 2 5 4 0 50

Italia 31 2 1 4 4 0 41

Fonte: elaborazione Format Srl su dati Istat, 8° Censimento Industria e Servizi (Anno 2001)

Osservando, altresì, il rapporto fra numero d’istituzioni presenti per settore di attività e popolazione residente nelle singole regioni, si nota che il settore della cultura, sport e ri-creazione è più sviluppato in Trentino-Alto Adige (85 istituzioni ogni 10 mila abitanti), in Valle d’Aosta (69 istituzioni) e in Friuli-Venezia Giulia (51), mentre le istituzioni educati-ve e di ricerca sono più diffuse in Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Veneto e Umbria (3 istituzioni, rispetto ad una media nazionale pari a 2 istituzioni ogni 10 mila abitanti).

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aTabella n. 2.5. “Risorse umane del Terzo settore per regione “

RegioneValori assoluti Composizione (%) Risorse/10.000 abitanti

Dipend. Risorse esterne Volontari Dipend. Risorse

esterne Volontari Dipend. Risorse esterne Volontari

Piemonte 49.239 8.261 323.874 10,1 7,9 9,8 117 19 768

Valle d’Aosta 1.931 302 12.112 0,4 0,3 0,4 162 25 1.013

Lombardia 103.256 22.394 518.594 21,1 21,4 15,6 114 24 574

Trentino A.A. 12.738 2.743 113.294 2,6 2,6 3,4 136 29 1.205

Veneto 41.334 8.042 353.187 8,5 7,7 10,7 91 17 780

Friuli V.G. 10.687 2.945 117.891 2,2 2,8 3,6 90 24 996

Liguria 14.197 2.193 115.258 2,9 2,1 3,5 90 14 733

Emilia-Romagna 38.224 9.085 308.123 7,8 8,7 9,3 96 22 774

Toscana 29.043 7.476 299.702 5,7 7,2 9,0 80 21 857

Umbria 7.130 1.341 73.561 1,5 1,3 2,2 86 15 891

Marche 11.868 2.704 111.777 2,4 2,6 3,4 81 18 760

Lazio 63.145 14.438 164.960 12,9 14,0 5,0 124 27 323

Abruzzo 6.688 2.054 65.327 1,4 2,0 2,0 53 16 517

Molise 2.548 504 15.223 0,5 0,5 0,5 79 15 475

Campania 15.673 4.608 155.370 3,2 4,4 4,7 27 8 272

Puglia 25.846 4.489 171.013 5,3 4,3 5,2 64 11 425

Basilicata 2.837 632 29.011 0,6 0,6 0,9 47 10 485

Calabria 8.125 1.975 64.054 1,7 1,9 1,9 40 9 318

Sicilia 32.712 3.831 167.563 6,7 3,6 5,1 66 7 337

Sardegna 12.302 4.251 135.433 2,5 4,1 4,1 75 25 830

Italia 488.523 104.268 3.315.327 100,0 100,0 100,0 86 18 582

Fonte: elaborazione Format Srl su dati Istat, 8° Censimento Industria e Servizi (Anno 2001)

Il settore sanitario presenta, invece, una concentrazione abbastanza rilevante in Lombar-dia (con 3 istituzioni attive ogni 10 mila abitanti, a fronte di una quota nazionale pari a 1), in Toscana e in Sardegna (con 2 organizzazioni ogni 10 mila abitanti). Il settore socio-assistenziale risulta più sviluppato in Trentino-Alto Adige (10 organizzazioni ogni 10 mila abitanti, a fronte di un dato nazionale pari a 4), in Valle d’Aosta (7 istituzioni) e in Sarde-gna (5 Istituzioni). Infine, le organizzazioni attive nel settore “dell’advocacy”, delle attività politiche e delle relazioni sindacali sono maggiormente presenti sul territorio rispetto alla popolazione residente in Valle d’Aosta (9 istituzioni, a fronte delle 4 unità istituzionali ri-levate a livello nazionale), in Friuli-Venezia Giulia (6 istituzioni) e in misura leggermente minore in Toscana, Umbria, Abruzzo, Molise e Basilicata.

Osservando il fenomeno dal lato dell’occupazione, inoltre, si rileva come diverse tipologie di risorse umane risultino impiegate nel macrosettore: dipendenti, lavoratori con contrat-to di collaborazione coordinata e continuativa, lavoratori interinali e volontari. Comples-sivamente in Italia, nel 2001, prestano la propria opera in un’organizzazione “non profit” circa 3 milioni e 900 mila persone. Di questi circa 3 milioni e 300 mila individui offrono la loro attività in maniera gratuita; il personale retribuito è composto da circa 490 mila di-pendenti e 104 mila risorse esterne. Considerando poi le risorse impegnate nel non profit rispetto alla popolazione, si nota che gli addetti in Italia sono circa 86 ogni 10 mila abitan-ti, le risorse esterne 18. Esistono, invece, nel Paese 582 individui ogni 10 mila abitanti, che prestano gratuitamente la loro attività lavorativa5.

Le regioni nelle quali il numero di dipendenti ogni 10 mila abitanti è superiore alla me-dia nazionale (pari a 86 individui) sono tre: Valle d’Aosta (162 dipendenti ogni 10 mila

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La struttura dell’offerta

abitanti); Trentino-Alto Adige (136); Lazio (124). Seguono: Piemonte (117) e Lombardia (114). Ad eccezione delle Marche e della Toscana, tutte le regioni settentrionali e centrali presentano un rapporto fra dipendenti del Terzo settore e popolazione residente superiore alla media nazionale (anche se in misura più lieve). Nelle regioni meridionali, invece, tale rapporto è sempre inferiore. Inoltre, le regioni che si caratterizzano per un maggior impiego di risorse esterne (a livello nazionale 18 individui ogni 10 mila abitanti), sono il Trentino-Alto Adige (29 individui), il Lazio (27), la Valle d’Aosta e Sardegna (25) e la Lombardia (24). I volontari, infine, che ricordiamo prestano la loro attività gratuitamente in un’orga-nizzazione “non profit”, sono in rapporto alla popolazione residente in una quota superiore alla media nazionale (pari a 582 individui ogni 10 mila abitanti) in tutte le regioni setten-trionali, ad eccezione della Lombardia, in cui il Terzo settore si contraddistingue netta-mente per l’impiego di risorse retribuite, più che volontarie.

Regioni come la Valle d’Aosta, il Piemonte, il Trentino-Alto Adige, il Friuli-Venezia Giu-lia, si caratterizzano, inoltre, per una presenza rilevante sia di risorse retribuite che volon-tarie. In Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Marche e Sardegna si rileva, invece, un mag-gior impiego di volontari, più che di dipendenti retribuiti. Nelle regioni meridionali si regi-stra, come detto, una più scarsa propensione al fenomeno associativo con la conseguenza che la presenza sia di dipendenti sia di volontari nelle istituzioni del Terzo settore risulta in relazione alla popolazione residente inferiore alla media rilevata a livello nazionale.

La disamina del settore di attività in cui opera l’organizzazione “non profit” mostra come l’impiego di risorse retribuite sia abbastanza rilevante nelle istituzioni che svolgono attività di carattere socio-assistenziale, in cui sono attivi il 39% dei dipendenti del settore, e delle istituzioni educative e di ricerca, che impiegano il 22,5% dei dipendenti complessivi. Se-guono le istituzioni sanitarie, con il 14,1% dei dipendenti, le istituzioni culturali, sportive e ricreative (13,9%), le organizzazioni volte alla tutela di interessi (8,2%) ed infine le orga-nizzazione attive in altri settori (2,2%).

Tabella n. 2.6. “Risorse umane del Terzo settore per attività svolta”

Settore di attivitàValori assoluti Composizione (%) Risorse/10.000 abitanti

Dipend. Risorse esterne Volontari Dipend. Risorse

esterne Volontari Dipend. Risorse esterne Volontari

Cultura, sport e ricreazione 68.020 44.231 2.533.507 13,9 42,4 76,4 12 8 445

Istruzione e ricerca 109.733 24.079 69.511 22,5 23,1 2,1 19 4 12

Sanità 69.105 4.971 297.984 14,1 4,8 8,7 12 1 51

Assistenza sociale 190.762 19.565 348.354 39,0 18,8 10,5 33 3 61

Tutela interessi 40.237 10.439 67.186 8,2 10,0 2,0 7 2 12

Altre attività 10.666 983 8.785 2,2 0,9 0,3 2 0 2

Totale 488.523 104.268 3.315.327 100,0 100,0 100,0 86 18 582

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 8° Censimento Industria e Servizi (Anno 2001)

Diverso è, invece, il quadro se si considerano altre tipologie di risorse umane. In parti-colare, le risorse esterne sono presenti in percentuali abbastanza elevate nel settore della cultura, sport e ricreazione (42,4%), dell’istruzione e ricerca (23,1%), dell’assistenza sociale (18,8%) e della tutela degli interessi (10,0%). Da ultimo, si osserva come la tendenza rile-vata nella distribuzione dei dipendenti si inverta considerando la presenza di volontari, che risulta molto cospicua nelle istituzioni culturali, sportive e ricreative (che coinvolgono il

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a76,4% dei volontari attivi nel non profit), cui fanno seguito le istituzioni socio-assistenziali (10,5% dei volontari censiti) e le istituzioni sanitarie (8,7%). Le istituzioni attive, invece, nei settori dell’istruzione e ricerca, tutela degli interessi e delle altre attività si connotano al contrario per un modesto e poco rilevante utilizzo di tali risorse umane, soprattutto in considerazione del fatto che trattasi di sevizi che, nella maggior parte dei casi, necessitano di un’adeguata formazione culturale e preparazione tecnica da parte degli operatori.

2.3. L’Economia civile nella provincia di Roma

L’Economia civile della provincia di Roma nel contesto nazionale

Dopo aver osservato il profilo peculiare dell’economia civile romana, sia nella provincia che nel comune, in questo paragrafo si tende a fornire una misura del posizionamento di Roma nel quadro provinciale nazionale. In modo simile a quanto fatto a livello comunale nella provincia romana e volendo porre a confronto la presenza di istituzioni a fronte di una generica domanda espressa a livello locale, si costruisce un indicatore che rapporta le risorse umane impegnate in attività non profit alla popolazione residente. La graduatoria nazionale presentata nel seguente grafico chiarisce la diffusione territoriale del non profit, che si presenta abbastanza variabile: il rapporto tra la prima provincia in graduatoria, Bol-zano (213 persone per 1.000 abitanti) e l’ultima, Napoli (22,7) è pari a 9,4 volte.

Figura n. 2.2. “Distribuzione territoriale della presenza di risorse umane impegnate in attività non pro-fit per 1.000 abitanti”

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 8° Censimento Industria e Servizi (Anno 2001)

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La struttura dell’offerta

Sebbene, poi, dal grafico n. 2.2. si evinca in modo abbastanza chiaro come valori alti e medio-alti dell’indicatore si collochino in prevalenza nelle regioni centro-settentrionali, si rinvengono nelle prime posizioni anche province meridionali come Oristano e Nuoro, che si collocano all’8° e al 9° posto della classifica con valori rispettivamente pari a 117,2 e 115,4, così come si “colorano” in corrispondenza della seconda classe di intensità più eleva-ta anche L’Aquila e Cagliari. Ai primi cinque posti si situano, oltre alla già citata provincia di Bolzano (213), Belluno (141,4), Siena (129,1), Pordenone (123,4) e Vercelli (122,4), men-tre in coda alla graduatoria si evidenziano le province di Latina (35,8), Crotone (35,2), Co-senza (33,1), Agrigento (31,6) e, come detto, Napoli. La provincia di Roma si colloca nel-la fascia bassa di questa particolare classifica, presentando un valore dell’indicatore pari a 41,8, dato inferiore alla media nazionale (68,6) e corrispondente alla 89-esima posizione.

Figura n. 2.3. Grado di “indipendenza” delle attività “non profit” a livello provinciale

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 8° Censimento Industria e Servizi (Anno 2001)

Va ribadito come Roma sia caratterizzata da una presenza rilevante di sedi di organizzazio-ni il cui ambito di operatività va ben oltre la dimensione provinciale. Nella figura n. 2.3 sono evidenziate, al riguardo, le 32 province in cui il rapporto tra dipendenti alle istituzio-ni per 100 dipendenti alle unità locali supera la soglia pari a 100 (ovvero in cui la presenza di istituzioni con localizzazioni al di fuori della provincia supera la “dotazione” di risorse dedicate alla dimensione locale). Si riscontra nei valori una certa correlazione positiva di questo indicatore con la dimensione delle province, anche se si rilevano eccezioni di en-tità rilevante, tra le quali diverse province capoluogo di regione (tra le più grandi: Napoli, Firenze, Bologna, Genova e Venezia).

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aDa ultimo si è tentato di verificare il possibile legame esistente tra presenza di istituzioni del Terzo settore e livelli di sviluppo economico locale. Il presupposto da cui si è partiti è la considerazione che laddove è presente una maggiore “complessità” del tessuto sociale o una maggiore “complessità” del tessuto produttivo, vi possa essere una maggiore vocazio-ne all’intraprendere iniziative “non profit”. Una rappresentazione grafica seppur semplifi-cata, che può essere adottata in tal senso, si ottiene ponendo in relazione i due indicatori più significativi per i due aspetti, ovvero la presenza di risorse umane impegnate in attività “non profit” per abitante e il livello del prodotto lordo pro capite. Il risultato che ne deriva è una correlazione positiva tra i due indici, da cui trasparirebbe una relazione diretta tra livelli di sviluppo economico e presenza relativa del Terzo settore. In particolare, la mag-gior parte delle regioni si dispone lungo una retta crescente (I e III quadrante), posiziona-mento rispetto al quale appaiono eccentriche le sole regioni della Sardegna e del Lazio. La provincia di Roma si colloca non lontano dalla sua regione di appartenenza, con valori relativi al “non profit” non comparabili al posizionamento registrato in termini di valore aggiunto pro capite.

Figura n. 2.4. “Dispersione delle regioni italiane in base alla presenza di risorse umane impegnate in at-tività non profit per 1.000 abitanti e livelli di valore aggiunto pro capite”

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato (2001, numero indice Italia = 100)

La dimensione dell’Economia civile in provincia di Roma

I soggetti appartenenti al macrosettore dell’Economia civile (8° Censimento dell’industria e servizi del 2001) ammontano nella provincia di Roma a 12.536 unità istituzionali, con un incremento rispetto al 1999 del 2,1% (nella precedente rilevazione condotta dall’Istat le unità rilevate erano 12.273). Il “non profit” romano rappresenta circa il 70% delle orga-nizzazioni rilevate nel Lazio e il 5,3% delle istituzioni rilevate in Italia.

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La struttura dell’offerta

Si osserva poi come nel 2001 sono state rilevate anche le unità locali delle organizzazioni “non profit” censite che, complessivamente, nella provincia di Roma ammontano a 13.379. Vi sono poi le istituzioni “plurilocalizzate” (aventi cioè più di una unità locale): queste sono 675 e operano attraverso 1.518 unità locali in provincia e ben 1.948 al di fuori.

Tabella n. 2.7. “Istituzioni per forma giuridica e popolazione residente. Provincia di Roma”

Forma giuridica Roma Lazio Centro Italia

Valori assoluti

Associazione riconosciuta 2.411 3.845 12.352 62.231

Fondazione 273 306 677 3.077

Associazione non riconosciuta 8.991 12.578 33.182 156.133

Cooperativa sociale 248 396 936 5.674

Altra istituzione non profit 613 739 1.661 8.117

Totale 12.536 17.864 48.808 235.232

Istituzioni /100.000 abitanti

Associazione riconosciuta 65 75 113 109

Fondazione 7 6 6 5

Associazione non riconosciuta 243 246 304 274

Cooperativa sociale 7 8 9 10

Altra istituzione non profit 17 14 15 14

Totale 339 349 448 413

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 8° Censimento Industria e Servizi (Anno 2001)

Il radicamento sul territorio risulta, altresì, meno pronunciato rispetto al profilo medio ita-liano. Considerando, infatti, il rapporto fra numero di istituzioni e popolazione residen-te, si nota che la provincia di Roma, anche se caratterizzata dalla presenza non esigua del settore “non profit”, rileva un numero di istituzioni rispetto alla popolazione inferiore alla media delle ripartizioni geografiche di riferimento (339 istituzioni presenti ogni 100 mila abitanti nella provincia a fronte delle 349 nel Lazio, delle 448 nel Centro e delle 413 in Italia).

Le istituzioni censite nel 2001, inoltre, sono costituite per la maggior parte da associazioni non riconosciute (8.991 soggetti pari al 71,7% del totale provinciale), da associazioni rico-nosciute (19,2%) e da istituzioni con un’altra forma giuridica (4,9%). Meno rilevanti sono le fondazioni (2,2%) e le cooperative sociali (pari al 2,0% provinciale). Rispetto alla com-posizione del settore “non profit” del Lazio, del Centro e nazionale, la provincia di Roma si caratterizza, quindi, per una maggiore concentrazione di associazioni non riconosciute, presenti in una quota superiore alla media nazionale di 5,3 punti percentuali. Risultano presenti in misura lievemente superiore alla media delle altre ripartizioni territoriali anche le fondazioni e le istituzioni con altra forma giuridica, mentre è meno rilevante, rispetto agli altri contesti, la presenza di associazioni riconosciute e cooperative sociali.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aFigura n. 2.5. “Istituzioni del Terzo settore per forma giuridica. (Valori percentuali)”

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 8° Censimento Industria e Servizi (Anno 2001)

Le caratteristiche prima evidenziate del “non profit” romano si evincono anche dal rap-porto fra le tipologie istituzionali attive nella provincia e la popolazione residente: le al-tre istituzioni “non profit” e le fondazioni sono presenti, infatti, in una quota superiore allo stesso rapporto rilevato a livello nazionale (rispettivamente 17 e 7 istituzioni ogni 100 mila abitanti, a fronte di quote nazionali pari a 14 e 5). Le associazioni riconosciute e le cooperative sociali risultano, invece, poco rappresentate rispetto alla loro presenza a livello nazionale, mentre le associazioni non riconosciute, prevalenti rispetto alla com-posizione nazionale del settore, in rapporto alla popolazione residente sono relativamen-te meno diffuse (243 istituzioni ogni 100 mila abitanti, rispetto alle 274 rilevate a livello nazionale).

I dati relativi al periodo di costituzione6 delle istituzioni confermano poi come il fenome-no dell’associazionismo e dell’imprenditoria non profit sia relativamente recente, grazie an-che al riconoscimento giuridico e all’inquadramento normativo sulla cooperazione sociale che ha preso forma negli ultimi anni (cfr. capitolo 1). Nel 52,1% dei casi, infatti, le istitu-zioni attive nella provincia di Roma sono sorte dopo il 1990, mentre il 26,1% è nato negli anni ottanta e solo il 6,4% è di antica costituzione, ossia riguardante attività avviate pri-ma del 1960. L’Economia civile è cresciuta, quindi, in misura rilevante negli anni Novan-ta, mostrando però nel triennio 1999-2001 un rallentamento (+2,1%) che lascia forse pre-sagire come gli spazi per la creazione di nuove iniziative comincino a diminuire. Inoltre, la dimensione temporale dell’universo non profit romano rispecchia quasi perfettamente la struttura dell’Italia Centrale e di quella nazionale, con una più lieve incidenza, però, di or-ganizzazioni “giovani” (ovvero nate dopo il ‘90), pari come detto al 52,1% dei casi a fronte di una quota nazionale pari al 55,2% e del Centro pari al 54,8%.

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La struttura dell’offerta

Figura n. 2.6. “Istituzioni per periodo di costituzione. (Valori percentuali)”

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 1° Censimento imprese non profit (2001)

Ambiti di attività del Terzo settore provinciale

Come già osservato per lo scenario nazionale, l’attività che caratterizza la maggior parte delle istituzioni non profit presenti nella provincia di Roma è riconducibile al settore della cultura, sport e ricreazione, in cui è attivo il 70% delle organizzazioni censite. Tale percen-tuale risulta, tuttavia, inferiore alla equivalente quota nazionale (74,4%), ed è inferiore an-che alle quote relative agli altri contesti territoriali di riferimento (regione e ripartizione). Anche la consistenza rispetto alla popolazione residente risulta inferiore alla media nazio-nale: 237 istituzioni ogni 100 mila abitanti nella provincia romana, rispetto ad un rapporto nazionale pari a 307 istituzioni.

Gli ambiti di attività che, al contrario, caratterizzano decisamente il macrosettore nel ter-ritorio romano sono quello dell’istruzione e ricerca e quello della tutela di interessi (in cui, si ricorda, sono incluse le organizzazioni sindacali, le associazioni di categoria, i partiti po-litici, le associazioni di “advocacy”). Le prime rappresentano, infatti, il 7,2% del totale pro-vinciale (a fronte di una quota nazionale pari al 4,8%) e il loro rapporto rispetto alla popo-lazione è di 24 organizzazioni ogni 100 mila abitanti (nelle Regioni del Centro tale indica-tore è pari a 21 istituzioni ogni 100 mila abitanti ed in Italia a 20). Le istituzioni che svol-gono attività di tutela degli interessi, invece, sono presenti nel contesto provinciale in una percentuale pari al 10,8% (rispetto ad una quota nazionale dell’8,7%) ed anche rispetto alla popolazione residente rivelano una diffusione territoriale lievemente superiore a quel-la nazionale (nella provincia 37 istituzioni ogni 100 mila abitanti, rispetto alle 36 rilevate a livello nazionale), anche se inferiore a quella del Centro (42).

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aTabella n. 2.8. “Istituzioni per attività svolta”

Settore di attivitàRoma Lazio Centro Italia

Valori assoluti

Cultura, sport e ricreazione 8.778 12.970 36.262 175.059

Istruzione e ricerca 904 1.050 2.260 11.192

Sanità 142 291 1.437 6.126

Assistenza sociale 1.143 1.511 3.923 20.812

Tutela interessi 1.353 1.811 4.559 20.448

Altre attività 216 231 367 1.595

Totale 12.536 17.864 48.808 235.232

Istituzioni /100.000 abitanti

Cultura, sport e ricreazione 237 254 332 307

Istruzione e ricerca 24 21 21 20

Sanità 4 6 13 11

Assistenza sociale 31 30 36 37

Tutela interessi 37 35 42 36

Altre attività 6 5 3 3

Totale 339 349 448 413

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 8° Censimento Industria e Servizi (Anno 2001)

Passando a considerare la consistenza degli altri settori, si nota come le organizzazioni co-stituite per finalità di carattere socio-assistenziale ammontano in provincia a 1.143 unità e costituiscono il 9,1% del totale provinciale (a fronte di una quota nazionale pari all’8,8), ma rispetto alla popolazione sono presenti in misura inferiore alla quota nazionale (31 istituzioni ogni 100 mila abitanti rispetto a 37). Inoltre, le istituzioni che svolgono altre attività (soprattutto di carattere produttivo e manifatturiero), rappresentano l’1,7% del settore provinciale, e sono relativamente più diffuse rispetto al contesto nazionale, sia in relazione alla composizione percentuale (che a livello nazionale è pari allo 0,7%) sia in relazione alla popolazione residente (6 istituzioni ogni 100 mila abitanti, rispetto alle 3 registrate nel Centro e a livello nazionale). Infine, relativamente meno presenti rispetto al contesto nazionale si rivelano le organizzazioni che svolgono attività di carattere sani-tario, che costituiscono l’1,1% del settore “non profit” provinciale (rispetto ad una quota nell’Italia centrale pari al 2,9% e nazionale pari al 2,6%) e sono presenti in un numero pari a 4 unità ogni 100 mila abitanti (rispetto ad un rapporto nel Centro pari a 13 e na-zionale pari a 11).

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La struttura dell’offerta

Figura n. 2.7. “Istituzioni del Terzo settore per attività svolta (Valori percentuali)”

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 8° Censimento Industria e Servizi. (Anno 2001)

Passando ora a considerare all’interno di ciascuna attività svolta quale sia la forma giuridi-ca più consistente, si rileva come le associazioni riconosciute si caratterizzano per una mag-giore presenza nel settore sanitario (40,8% nella provincia di Roma a fronte di una quota nazionale del 19,2%) e in lieve misura nel settore socio-assistenziale (20,4%). Le fondazio-ni sono relativamente più diffuse nei settori dell’istruzione e ricerca (6,9%), dell’assistenza sociale (6,4%) e della sanità (6,3%, rispetto ad una quota nazionale pari al 2,2% delle isti-tuzioni censite con tale forma giuridica).

Le associazioni non riconosciute che, come prima visto, rappresentano il nucleo forte del Terzo settore romano, sono molto più attive rispetto alla composizione nazionale nelle at-tività di tutela degli interessi e della cultura, sport e ricreazione (presenti rispettivamen-te in quote pari all’85,7% e al 78,3%), mentre le cooperative sociali si caratterizzano per la loro attività concentrata principalmente nel settore socio-assistenziale (16,2%, rispetto ad una loro presenza complessiva pari al 2,0%) e nel settore delle altre attività (soprat-tutto di carattere produttivo), in cui è attivo il 10,2% di istituzioni con tale forma giuridi-ca. Da ultimo, le istituzioni con altra forma giuridica sono relativamente più presenti nei settori delle altre attività (38,9%), dell’istruzione e ricerca e assistenza sociale (21,5%) e nel settore sanitario (14,8%, a fronte di una loro presenza complessiva a livello nazionale pari al 4,9%).

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aTabella n. 2.9. “Istituzioni del Terzo settore per forma giuridica e attività svolta. Provincia di Roma”

Forma giuridica

Cultura, sport

e ricreazione

Istruzione e ricerca Sanità Assistenza

socialeTutela

interessi Altre attività Totale

Valori assoluti

Associazione riconosciuta 1.709 179 58 233 194 38 2.411

Fondazione 121 62 9 73 - 8 273

Associazione non riconosciuta 6.869 442 51 406 1.159 64 8.991

Cooperativa sociale 11 27 3 185 - 22 248

Altra istituzione non profit 68 194 21 246 - 84 613

Totale 8.778 904 142 1.143 1.353 216 12.536

Composizione (%)

Associazione riconosciuta 19,5 19,8 40,8 20,4 14,3 17,6 19,2

Fondazione 1,4 6,9 6,3 6,4 0,0 3,7 2,2

Associazione non riconosciuta 78,3 48,9 35,9 35,5 85,7 29,6 71,7

Cooperativa sociale 0,1 3,0 2,1 16,2 0,0 10,2 2,0

Altra istituzione non profit 0,8 21,5 14,8 21,5 0,0 38,9 4,9

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 8° Censimento Industria e Servizi (Anno 2001)

L’occupazione del Terzo settore nella provincia di Roma

Abbiamo visto, commentando il quadro nazionale, come le risorse umane impiegate nel settore non profit sono state distinte in diverse tipologie di soggetti che vanno dai lavora-tori dipendenti, a quelli con contratti atipici, ai volontari. Nella provincia di Roma, com-plessivamente si contano nel Terzo settore circa 155 mila unità. La presenza più cospicua è rappresentata dai 92 mila individui che prestano la loro attività in maniera gratuita e vo-lontaria, mentre il personale retribuito è costituito da 51 mila lavoratori dipendenti e 12 mila risorse esterne (in cui sono inclusi i lavoratori con contratto di collaborazione coor-dinata e continuativa e gli interinali).

Il peso sul totale nazionale dei dipendenti del Terzo settore romano ammonta a 10,3 pun-ti percentuali; essi costituiscono, inoltre l’80%, dei dipendenti attivi nel Lazio e il 45,9% dei dipendenti del Centro Italia. Le risorse esterne, invece, rappresentano l’11,4% del to-tale nazionale, l’82,5% del totale regionale e il 45,9% della ripartizione geografica. Infine, gli individui che prestano gratuitamente la loro attività in un’organizzazione non profit attiva nella provincia di Roma rappresentano il 2,8% del totale nazionale e il 55,8% del totale regionale. Considerando la forma giuridica, si può notare che le istituzioni che si avvalgono principalmente di lavoratori dipendenti sono costituite da organizzazioni con altra forma giuridica (in cui si concentra il 31,1% dei dipendenti), le associazioni ricono-sciute (con il 27,3% dei dipendenti) e le associazioni non riconosciute (26,8% dei dipen-denti impiegati complessivamente nella provincia). Il confronto con la media nazionale mostra come le istituzioni con altra forma giuridica presentino nella provincia romana dimensioni più rilevanti (26 addetti per istituzione rispetto ai 13 dell’Italia). Pur consi-stenti, le cooperative sociali hanno, invece, una dimensione media inferiore al dato Italia (22 addetti per istituzione a Roma a fronte dei 26 nazionali). Anche le fondazioni hanno un numero medio di dipendenti inferiore alla media nazionale (7 dipendenti per istitu-zione rispetto a 13), mentre le associazioni presenti nella provincia di Roma (riconosciute o meno) hanno dimensioni contenute ma superiori alla media nazionale: impiegano, in-

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La struttura dell’offerta

fatti, mediamente 6 dipendenti le associazioni riconosciute (rispetto al valore nazionale pari a 1) e 2 dipendenti le associazioni non riconosciute (rispetto ad un rapporto nazio-nale pari a 1).

Tabella n. 2.10. “Risorse umane impiegate nel non profit in provincia di Roma “

Aree geografiche Dipendenti Risorse esterne Volontari % Roma Dipendenti

% Roma Risorse esterne

% Roma Volontari

Roma 50.532 11.908 92.088 100,0 100,0 100,0

Lazio 63.145 14.438 164.960 80,0 82,5 55,8

Centro 110.186 25.959 650.000 45,9 45,9 14,2

Italia 488.523 104.268 3.315.327 10,3 11,4 2,8

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 8° Censimento Industria e Servizi (Anno 2001)

Le associazioni (riconosciute o meno) concentrano anche il 91,1% dei volontari che pre-stano la loro attività in un’organizzazione “non profit” della provincia di Roma, anche se in relazione alla popolazione residente il loro rapporto è più basso della media nazionale. Le associazioni riconosciute si avvalgono mediamente di un numero maggiore di volontari, con 11 individui per ogni istituzione.

Se si pone in relazione, poi, la tipologia di risorsa umana impiegata con l’attività principale svolta da un’organizzazione del Terzo settore, si nota come i dipendenti a Roma risultano concentrati principalmente nella sanità (29,2% del totale), mentre quote molto simili pre-sentano le istituzioni attive nei settori della cultura, sport e ricreazione (assorbono il 17,7% dei dipendenti provinciali), quelle dell’istruzione e ricerca (18,5%) e quelle dell’assistenza sociale (20%). Poco rappresentative sono le istituzioni che svolgono altre attività (che im-piegano solo il 2,6% dei dipendenti provinciali) e le istituzioni attive nella tutela degli in-teressi (che ne impiegano il 13,1%).

Analizzando poi il numero medio di risorse umane impiegate, si hanno informazioni in-teressanti e significative sulle dimensioni delle unità istituzionali in analisi. La media pro-vinciale per istituzione, pari a 4 dipendenti e 7 volontari per associazione, sottolinea le di-mensioni abbastanza contenute delle organizzazioni del Terzo settore attive nel contesto provinciale romano. Tuttavia, tale informazione risulta fuorviante se non è articolata con-siderando l’impiego di risorse umane in relazione all’attività economica svolta. Il numero medio di dipendenti per istituzione sale, infatti, notevolmente nelle organizzazioni sanita-rie, raggiungendo una quota pari a 100 addetti per istituzione.

Tabella n. 2.11. “Risorse umane nel non profit per forma giuridica. Provincia di Roma”

Forma giuridica

Dipendenti Volontari

v.a. %n. medio

v.a. %n. medio

per istituzione

per 100.000 abitanti

per istituzione

per 100.000 abitanti

Associazione riconosciuta 13.789 27,3 6 373 26.481 29,8 11 716

Fondazione 1.982 3,9 7 54 660 0,7 2 18

Associazione non riconosciuta 13.542 26,8 2 366 57.367 62,3 6 1.550

Cooperativa sociale 5.505 10,9 22 149 1.343 1,5 5 36

Altra istituzione non profit 15.714 31,1 26 425 6.237 6,8 10 169

Totale 50.532 100,0 4 1.366 92.088 100,0 7 2.489

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 8° Censimento Industria e Servizi (Anno 2001)

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aTabella n. 2.12. “Risorse umane nel non profit per attività svolta. Provincia di Roma”

Settore di attività

Dipendenti Volontari

v.a. %n. medio

per istituzione

n. medio per 100.000

abitantiv.a. %

n. medio per

istituzione

n. medio per 100.000

abitanti

Cultura, sport e ricreazione 8.929 17,7 1 241 62.615 68,0 7 1.692

Istruzione e ricerca 9.337 18,5 10 252 4.990 5,4 6 135

Sanità 14.249 29,2 100 385 3.342 3,6 24 90

Assistenza sociale 10.105 20,0 9 273 10.890 11,8 10 294

Tutela interessi 6.596 13,1 5 178 9.198 10,0 7 249

Altre attività 1.317 2,6 6 36 1.053 1,1 5 29

Totale 50.532 100,0 4 1.366 92.088 100,0 7 2.489

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 8° Censimento Industria e Servizi (Anno 2001)

Con riferimento all’impiego di risorse volontarie, si osserva, infine, che le istituzioni roma-ne presentano dimensioni esigue e più ridotte rispetto alla media nazionale. In particola-re, ad eccezione delle organizzazioni di tutela degli interessi, che presentano un numero di volontari superiore alla media nazionale (7 volontari per istituzione, rispetto ai 3 naziona-li), tutte le altre tipologie istituzionali presentano valori equivalenti o inferiori alla media nazionale. Le organizzazioni attive nella provincia di Roma sono quindi, in prevalenza, di modeste dimensioni per quel che riguarda l’impiego di risorse volontarie. Le organizzazio-ni che in media hanno un numero di volontari lievemente superiore della media nazionale (anche rispetto alla popolazione residente) sono costituite dalle istituzioni educative e di ricerca e dalle organizzazioni orientate alla tutela di interessi.

Le relazioni e l’orientamento al mercato delle organizzazioni del Terzo settore

Nell’analisi delle caratteristiche del Terzo settore romano in merito agli aspetti relaziona-li, alla mutualità7, all’orientamento al mercato, ed ad altri aspetti della vita “aziendale”, si utilizzeranno sia le risultanze delle indagini censuarie sia quelle di un’indagine “field” con-dotta su un campione di organizzazioni “non profit” della provincia di Roma. Osservando dapprima la propensione allo scopo mutualistico si nota come le istituzioni della provincia di Roma che hanno tale caratteristica siano 3.722 (30,3% del totale; Fonte: Censimento Istat). Si può notare poi come, a differenza del contesto nazionale dove le istituzioni mu-tualistiche sono costituite prevalentemente da associazioni con forma giuridica non altro-ve classificata, nella provincia di Roma le istituzioni non profit che presentano tale carat-teristica sono rappresentate essenzialmente da organizzazioni a carattere associativo (asso-ciazioni riconosciute, 33,9% e associazioni non riconosciute 33,4%) e operano soprattutto nel settore delle altre attività (50,4%) e della cultura, sport e ricreazione (41,5%) e della tutela degli interessi (29,1%).

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La struttura dell’offerta

Tabella n. 2.13. “Istituzioni non profit per destinazione dei servizi e forma giuridica. Provincia di Roma”

Forme giuridiche

Destinazione servizi

Mutualistico Di pubblica utilità Totale

Solo ai soci e/o agli iscritti

Anche ai non soci

e/o ai non iscritti

Solo ai non soci e/o ai non iscritti

Istituzioni senza soci e/o iscritti Totale

Valori assoluti

Associazione riconosciuta 1.096 1.819 123 197 2.139 3.235

Fondazione 9 47 14 249 310 319

Associazione non riconosciuta 2.536 4.450 218 374 5.042 7.578

Cooperativa sociale 10 185 23 - 208 218

Altra forma 70 109 17 726 852 922

Totale 3.722 6.610 395 1.546 8.551 12.273

Composizione (%)

Associazione riconosciuta 33,9 56,2 3,8 6,1 66,1 100,0

Fondazione 2,8 14,7 4,4 78,1 97,2 100,0

Associazione non riconosciuta 33,5 58,7 2,9 4,9 66,5 100,0

Cooperativa sociale 4,6 84,9 10,6 - 95,4 100,0

Altra forma 7,6 11,8 1,8 78,7 92,4 100,0

Totale 30,3 53,9 3,2 12,6 69,7 100,0

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 1° Censimento imprese non profit (Anno 1999)

Con riferimento all’indagine campionaria sulle organizzazioni del Terzo settore, si nota come quasi il 60% di queste non è iscritta ai registri del volontariato. Quasi l’85% dei sog-getti del Terzo settore non solo non dispone di una struttura organizzativa formalizzata, ma in generale, non è neanche interessato ad implementarla nel prossimo futuro.

Figura n. 2.8. “La vostra organizzazione è iscritta ai registri del volontariato?”

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aFigura n. 2.9. “Disponete di una struttura orga-nizzativa formalizzata?”

Figura n. 2.10. “Negli ultimi 12 mesi avete messo in campo delle iniziative per dotarvi di una strut-tura organizzativa formalizzata?” (rivolta solo ai soggetti che attualmente non ne dispongono)

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Focalizzando, poi, l’attenzione sull’appartenenza dell’organizzazione ad un gruppo più gran-de, si osserva come siano prevalentemente le cooperative sociali (75,6% dei casi) ad opera-re da sole, mentre le fondazioni si ripartiscono in modo equivalente tra soggetti autonomi ed in gruppo. Nelle associazioni e nelle altre forme di istituzioni non profit prevale, invece, l’incidenza di soggetti che operano in gruppo. Complessivamente, però, nel campione in-tervistato le due categorie di organizzazione (autonome ed in gruppo) tendono ad equiva-lersi (48,9% vs 51,1%).

Figura n. 2.11. “La vostra organizzazione opera all’interno di una organizzazione più grande?”

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Tabella n. 2.14. “Reti relazionali delle organizzazioni non profit per forma giuridica (Valori percentuali)”

Associazione riconosciuta Fondazione Associazione

non riconosciutaCooperativa

socialeAltra istituzione

non profit Totale

Opera da sola 48,6 50,0 43,3 75,6 38,9 48,9

Opera nell’ambito di una organizzazione più grande 51,4 50,0 56,7 24,4 61,1 51,1

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte: elaborazione Format su dati Studio sull’Economia civile di Roma, 2005

L’analisi per attività svolta mostra, altresì, come il settore dell’assistenza sociale e quello della sanità presentano le maggiori incidenze di organizzazioni autonome (rispettivamente

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La struttura dell’offerta

il 60% ed il 64,7% degli intervistati). L’operare in gruppo, invece, si riscontra nelle attività relative alla cultura, sport e ricreazione che, come visto prima, sono caratterizzate dalla ri-levante incidenza delle associazioni riconosciute e non (56,3% dei casi).

Tabella n. 2.15. “Reti relazionali delle organizzazioni non profit per attività svolta (Valori percentuali)”

Cultura, sport e ricreazione

Istruzione e ricerca Sanità Assistenza

socialeTutela

interessi Altre attività Totale

Opera da sola 43,7 59,4 64,7 60,0 51,2 50,0 48,9

Opera nell’ambito di una organizzazione più grande 56,3 40,6 35,3 40,0 48,8 50,0 51,1

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Le organizzazioni intervistate si relazionano prevalentemente con altre organizzazioni non profit (64,3% del totale dei soggetti privati). In particolare, le associazioni non riconosciu-te e le organizzazioni che operano nella cultura, sport e ricreazione hanno come partner di riferimento un altro soggetto del Terzo settore (rispettivamente quote del 79,2% e 75,2%). Le organizzazioni che operano nella sanità presentano un’alta incidenza delle banche e as-sicurazioni tra i soggetti con cui si relazionano, a causa della natura stessa del sevizio ero-gato, che prevede coperture finanziarie e assicurative. Le cooperative sociali che operano generalmente con soggetti di varia natura (famiglie, imprese, etc.) presentano, infatti, una forte componente di altri soggetti privati (42,2% del totale).

Figura n. 2.12. “Quali sono i soggetti pubblici con i quali la vostra organizzazione è prevalentemen-te in contatto?”

Figura n. 2.13. “Quali sono i soggetti privati con i quali avete contatti più frequentemente?”

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Tra le organizzazioni che operano nella tutela degli interessi (tra queste, si ricorda, sono presenti anche le rappresentanze sindacali) si registra, come era logico aspettarsi, una ri-levante presenza delle associazioni di categoria tra i soggetti privati con cui si relazionano (16,3%).

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aTabella n. 2.16. “Soggetti privati con cui si relazionano le organizzazioni non profit per forma giuridica (Valori percentuali)”

Associazione riconosciuta Fondazione Associazione

non riconosciutaCooperativa

socialeAltra istituzione

non profit Totale

Altre organizzazioni non profit 58,3 44,4 79,2 46,7 27,8 64,3

Organizzazioni religiose 5,6 5,6 0,6 0,0 16,7 3,2

Associazioni di categoria 5,6 5,6 1,7 6,7 22,2 4,7

Banche e assicurazioni 15,3 11,1 1,7 4,4 11,1 7,7

Altro 15,3 33,3 16,9 42,2 22,2 20,1

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Tabella n. 2.17. “Soggetti privati con cui si relazionano le organizzazioni non profit per attività svolta (Valori percentuali)”

Cultura, sport e ricreazione

Istruzione e ricerca Sanità Assistenza

socialeTutela

interessiAltre

attività Totale

Altre organizzazioni non profit 75,2 37,5 58,8 48,9 44,2 60,7 64,3

Organizzazioni religiose 2,5 0,0 0,0 8,9 0,0 10,7 3,2

Associazioni di categoria 0,8 6,3 5,9 11,1 16,3 7,1 4,7

Banche e assicurazioni 4,6 12,5 29,4 4,4 18,6 3,6 7,7

Altro 16,8 43,8 5,9 26,7 20,9 17,9 20,1

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

L’analisi delle entrate mostra come il “non profit” romano abbia acquisito 8.717 milioni di euro (Fonte: Censimento 1999), pari al 23,2% delle entrate totali del settore in Italia, il 72,2% delle entrate del Centro Italia e il 96,7% dell’entrate complessive registrate dalle or-ganizzazioni non profit del Lazio. Le differenze nel volume delle entrate sono connesse al settore di attività prevalente e le tre principali categorie del Terzo settore a Roma sono la sanità (22,7% delle entrate totali del non profit provinciale), l’assistenza sociale (18,2%) e le altre attività (24,3%). Dal confronto con la composizione nazionale delle entrate secon-do il settore di attività, si nota che i settori della sanità, delle altre attività e in lieve misura quello delle relazioni sindacali e rappresentanza di interessi concentrano quote percentuali di entrate superiori alle equivalenti nazionali.

Tabella n. 2.18. “Ammontare delle entrate per settore di attività prevalente in migliaia di euro “

Attività svoltaRoma Italia

% Roma/Italiav.a. % v.a. %

Cultura, sport e ricreazione 1.052.364 12,1 6.469.773 17,2 16,3

Istruzione e ricerca 949.958 10,9 4.866.629 12,9 19,5

Sanità 1.978.118 22,7 7.102.488 18,9 27,9

Assistenza sociale 1.586.748 18,2 7.368.206 19,6 21,5

Tutela interessi 1.035.816 11,9 4.187.269 11,1 24,7

Altre attività 2.115.693 24,3 7.650.714 20,3 27,7

Totale 8.718.697 100,0 37.645.079 100,0 23,2

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 1° Censimento imprese non profit (Anno 1999)

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La struttura dell’offerta

Rispetto alle fonti di finanziamento (Fonte: Censimento 1999), la maggioranza assoluta delle istituzioni analizzate nella provincia di Roma (89,1%) registra entrate di origine pre-valentemente privata, mentre il 10,9% ha entrate di fonte prevalentemente pubblica. Tale composizione non si differenzia dalla tendenza generale delle altre ripartizioni geografiche di riferimento, anche se le istituzioni che si finanziano con entrate prevalentemente priva-te sono presenti in misura lievemente superiore nella provincia di Roma.

Figura n. 2.14. “Istituzioni per tipo di finanziamento prevalente. (Valori percentuali)”

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 1° Censimento imprese non profit (Anno 1999)

La prevalenza del ricorso al finanziamento di tipo prevalentemente pubblico, attraverso ri-cavi derivanti da contratti e convenzioni stipulati con istituzioni pubbliche e trasferimen-ti a titolo gratuito, è più accentuata per le cooperative sociali, l’84,0% delle quali dichiara tale tipologia di entrate come prevalente. Le fondazioni e le associazioni riconosciute pre-sentano, invece, tale caratteristica in percentuali modeste e pari rispettivamente al 15,3% e al 12,8%. Ancora meno accentuata è la componente pubblica per le associazioni non ri-conosciute, organizzazioni di minori dimensioni e meno formalizzate, che in percentuale superiore al dato complessivo provinciale dichiarano di finanziarsi con entrate prevalente-mente private (92,0% e 91,3%, a fronte di un dato complessivo delle istituzioni a prevalen-te finanziamento privato in provincia di Roma pari a 89,1%).

Per quanto riguarda il settore di attività prevalente, le istituzioni che si finanziano ricor-rendo principalmente a introiti di fonte pubblica sono presenti in percentuali relativamen-te superiori alla media generale nella sanità (29,8%), assistenza sociale (26,2%) e istruzione e ricerca (14,9%). Quote di istituzioni a prevalente finanziamento privato superiori alla me-dia provinciale si registrano, invece, nelle relazioni sindacali e rappresentanza di interessi (97,9%) e della cultura, sport e ricreazione (91,5%).

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aTabella n. 2.19. “Istituzioni per tipo di finanziamento prevalente e forma giuridica. Provincia di Roma”

Forma giuridicaA prevalente

finanziamento pubblicoA prevalente

finanziamento privato Totale

v.a. % v.a. % v.a. %

Associazione riconosciuta 415 12,8 2.821 87,2 3.236 100,0

Fondazione 49 15,3 271 84,7 320 100,0

Associazione non riconosciuta 605 8,0 6.973 92,0 7.578 100,0

Cooperativa sociale 184 84,0 35 16,0 219 100,0

Altra istituzione non profit 88 7,9 834 75,3 1.107 100,0

Totale 1.342 10,9 10.931 89,1 12.273 100,0

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 1° Censimento imprese non profit (Anno 1999)

Altro aspetto rilevante da osservare è la predisposizione delle organizzazioni del Terzo set-tore romano ad operare o meno sul mercato. Dalle risultanze del censimento (Anno 1999) le istituzioni “non profit” sono state distinte, quindi, in relazione al tipo di attività svolta, tra unità che operano prevalentemente sul mercato (market) e unità che, al contrario, non sono finalizzate alla produzione di beni e servizi destinati alla vendita (non market)8. In re-lazione a tale caratteristica, le organizzazioni “non profit” attive nella provincia di Roma si caratterizzano per una quota di istituzioni market di qualche punto superiore alla quota regionale di ripartizione e nazionale (38,7% delle unità censite, rispetto ad una quota na-zionale pari al 35,9%).

Figura n. 2.15. “Come sono organizzate le entrate dell’organizzazione?”

Figura n. 2.16. “Quale è la percentuale delle en-trate da committenza pubblica e privata?”

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

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La struttura dell’offerta

Figura n. 2.17. “Istituzioni non profit market e non market. Provincia di Roma ed Italia”

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 1° Censimento imprese non profit (Anno 1999)

Si nota poi come la forma giuridica delle istituzioni “non profit” o il tipo di attività svolta risultino correlate al tipo di orientamento al mercato. Per quanto concerne la natura giuri-dica si osserva, infatti, come il 91,3% delle cooperative sociali, il 44,2% delle fondazioni e il 38,8% delle associazioni riconosciute agiscono in prevalenza sul mercato, a fronte di una quota media nella provincia pari al 38,7%. La quota di istituzioni “market oriented” scende al 36,6% tra le istituzioni con altra forma giuridica e al 36,3% fra quelle non riconosciute. Rispetto, invece, all’attività svolta, le unità cosiddette “market oriented” sono maggior-mente diffuse nei settori dell’assistenza sociale (62,5%), dell’istruzione e ricerca (61,1%), e della sanità (55,3%). Le istituzioni “non market” sono attive, al contrario, prevalentemen-te nelle altre attività (in particolare le attività religiose dove tale tipologia rappresenta la quasi totalità delle unità censite - 99,2%).

Figura n. 2.18. “Generalmente come avviene l’incontro con gli utenti?”

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aOsservando poi come avviene l’incontro con i potenziali utilizzatori dei servizi forniti dalle organizzazioni non profit, emerge dalla nostra indagine che nel 56,3% dei casi il servizio vie-ne richiesto dagli utenti, mentre nel 22,6% è l’organizzazione a contattare gli utenti potenzia-li. Infine, si registra un 21,1% di casi in cui l’incontro tra domanda e offerta avviene a mezzo di intermediario (servizio pubblico). L’analisi per natura giuridica conferma ancora una volta come le cooperative sociali che hanno una struttura più vicina al mercato presentino un’al-ta incidenza di casi di fornitura di servizi a mezzo di intermediario (62,2%), a differenza delle associazioni riconosciute e non dove è generalmente l’utente a rivolgersi all’organizzazione.

Passando ad osservare i comportamenti in relazione all’attività svolta, si nota come la sa-nità e l’assistenza sociale presentino alte incidenze di casi di organizzazioni che operano nella fornitura con un soggetto intermediario (ad esempio l’ASL). Al contrario, nella tute-la degli interessi è chiaro come sia l’utente a fare ricorso ai servizi offerti attivandosi diret-tamente (74,4% dei casi del settore).

Tabella n. 2.20. “Modalità di erogazione dei servizi delle organizzazioni non profit per forma giuridica. Provincia di Roma”

Associazione riconosciuta Fondazione Associazione

non riconosciutaCooperativa

sociale

Altra istituzione non profit

Totale

Gli utenti chiedono direttamente servizio 52,1 44,4 68,0 24,4 66,7 56,3

L’organizzazione contatta utenti potenziali 22,9 44,4 23,0 13,3 16,7 22,6

Mediante intermediario 25,0 11,1 9,0 62,2 16,7 21,1

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Tabella n. 2.21. “Modalità di erogazione dei servizi delle organizzazioni non profit per attività svolta”

Cultura,

sport e ricreazione

Istruzione e ricerca Sanità Assistenza

socialeTutela

interessi Altre

attività Totale

Gli utenti chiedono direttamente servizio 58,0 65,6 29,4 37,8 74,4 50,0 56,3

L’organizzazione contatta utenti potenziali 29,2 12,5 23,5 6,7 20,9 14,3 22,6

Mediante intermediario 13,9 21,9 47,1 55,6 4,7 35,7 21,1

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Consideriamo, da ultimo, due componenti fondamentali non solo dell’organizzazione di un’istituzione ma anche dell’approccio al mercato, ossia il grado di attivismo nell’effettua-re studi per capire i servizi dei quali gli utenti hanno bisogno, ed il grado di attivismo nel promuovere la conoscenza dell’istituzione stessa e dei servizi offerti.

Per quanto riguarda il primo caso, ossia la realizzazione di studi per analizzare i bisogni de-gli utenti, i soggetti che li hanno realizzati sono stati quasi il 56,0%, almeno secondo le di-chiarazioni rese nelle interviste realizzate nel corso dell’indagine campionaria. L’area in cui i soggetti del Terzo settore sembrerebbero avere studiato meno le esigenze dei propri utenti è quella della Cultura, sport, ricreazione.

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La struttura dell’offerta

Figura n. 2.19. “All’interno della vostra organiz-zazione effettuate studi per capire i servizi di cui hanno bisogno i vostri utenti?”

Figura n. 2.20. “All’interno della vostra organiz-zazione effettuate studi per capire i servizi di cui hanno bisogno i vostri utenti?” - Analisi in fun-zione dell’attività svolta.

Figura n. 2.21. “La vostra organizzazione com-pie, o ha compiuto, delle iniziative di comunica-zione?”

Figura n. 2.22. Attività di comunicazione svolte

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Per quanto concerne il secondo aspetto, osservando nel complesso il campione intervista-to, si nota come meno di 4 organizzazioni “non profit” su 10 non hanno intrapreso azione alcuna, mentre al contrario il 54,3% regolarmente promuove la propria attività, ad esem-pio partecipando a convegni, congressi, eventi vari (33,7% del totale degli intervistati) ma anche per mezzo del “Web” o tramite i canali tradizionali quali stampa, volantinaggio, etc. Quali sono le organizzazioni più attive? Al primo posto troviamo le associazioni ricono-sciute che nel 72,2% dei casi con regolarità effettuano attività di promozione. A seguire le cooperative sociali (64,4%) e le fondazioni (61,1%). Le associazioni non riconosciute, che, come più volte osservato, solitamente possiedono strutture molto piccole, non presentano nella maggioranza dei casi (54,5%) l’intenzione di attivarsi.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aTabella n. 2.22. “Effettuazione di iniziative promozionali delle organizzazioni non profit per natura giu-ridica”

Associazione riconosciuta Fondazione Associazione

non riconosciutaCooperativa

socialeAltra istituzione

non profit Totale

Regolarmente 72,2 61,1 36,5 64,4 55,6 54,3

Negli ultimi 12 mesi 6,3 0,0 9,0 0,0 0,0 6,2

Non si attiva 21,5 38,9 54,5 35,6 44,4 39,5

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Quando si considera l’ambito di attività si nota, invece, come in quasi tutte le tipologie di servizi considerate si riscontrano percentuali superiori al 50% di casi di organizzazioni che si attivano con regolarità per promuovere i propri servizi. Fa eccezione solo il settore della cultura, sport e ricreazione composto in larga parte da associazioni non riconosciute che presenta incidenze simili di casi di organizzazioni attive (46,2%) e inattive (47,5%).

Tabella n. 2.23. “Effettuazione di iniziative promozionali delle organizzazioni non profit per attività svolta”

Cultura, sport e ricreazione

Istruzione e ricerca Sanità Assistenza

socialeTutela

interessi Altre attività Totale

Regolarmente 46,2 68,8 64,7 64,4 67,4 64,3 54,3

Negli ultimi 12 mesi 6,3 12,5 0,0 2,2 7,0 7,1 6,2

Non si attiva 47,5 18,8 35,3 33,3 25,6 29,6 39,5

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

L’Economia civile nella città di Roma

Una volta analizzata la dimensione e le caratteristiche dell’Economia civile nella provin-cia di Roma, è interessante verificare se vi siano delle differenziazioni sul territorio provin-ciale; vista, inoltre, la netta preponderanza economica del Comune di Roma, il confronto viene operato tra questo e gli altri comuni considerati assieme. Sia in termini di numero-sità di istituzioni sia in termini di unità locali e addetti, la Capitale assorbe oltre i ¾ del non profit provinciale: nel comune di Roma, infatti, sono concentrate 9.484 organizzazioni e 10.131 unità locali (75,7% del totale). Inoltre, le organizzazioni non profit cittadine coin-volgono l’89,5% dei dipendenti, ovvero 45.217 unità. Meno rilevante, invece, il peso dei volontari sul totale, dal momento che la Capitale assorbe il 64,4% delle risorse volontarie impiegate nel settore “non profit” provinciale.

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La struttura dell’offerta

Tabella n. 2.24. “Istituzioni del Terzo settore e risorse umane impiegate per forma giuridica. Comune di Roma e altri”

Forma giuridica

Istituzioni Unità Locali Dipendenti Volontari

Roma Altri comuni Roma Altri

comuni Roma Altri comuni Roma Altri

comuni

V.A.

Associazione riconosciuta 1.590 821 1.730 856 13.119 670 13.977 12.504

Fondazione 245 29 259 29 1.884 98 543 117

Associazione non riconosciuta 6.956 2.035 7.209 2.113 12.744 798 38.458 18.909

Cooperativa sociale 160 88 216 111 4.057 1.448 1.108 235

Altra istituzione non profit 533 80 717 139 13.413 2.301 5.174 1.063

Totale 9.484 3.052 10.131 3.248 45.217 5.315 59.260 32.829

Composizione (%)

Associazione riconosciuta 16,8 26,9 17,1 26,4 29,0 12,6 23,6 38,1

Fondazione 2,6 0,9 2,6 0,9 4,2 1,8 0,9 0,4

Associazione non riconosciuta 73,3 66,7 71,2 65,1 29,2 15,0 64,9 57,6

Cooperativa sociale 1,7 2,9 2,1 3,4 9,0 27,2 1,9 0,7

Altra istituzione non profit 5,6 2,6 7,1 4,3 29,7 43,3 8,7 3,2

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

% su totale provincia 75,7 24,3 75,7 24,3 89,5 10,5 64,4 35,6

Istituzioni / 100.000 abitanti

Associazione riconosciuta 62 71 68 74 515 58 549 1.084

Fondazione 10 2 10 3 74 8 21 10

Associazione non riconosciuta 273 176 293 183 500 69 1.510 1.639

Cooperativa sociale 6 8 8 10 159 126 44 20

Altra istituzione non profit 21 7 29 12 527 199 203 92

Totale 372 265 398 292 1.775 461 2.327 2.846

Fonte: Istat, 8° Censimento Industria e Servizi (Anno 2001)

Operando poi un confronto tra il comune di Roma e il corrispondente valore calcolato per l’Italia in relazione alla forma giuridica delle istituzioni “non profit”, si nota la specifi-ca prevalenza di associazioni non riconosciute (73,3%), presenti in una quota superiore di 7 punti percentuali rispetto a quella rilevata a livello nazionale. Superiori alla media na-zionale anche le fondazioni (2,6%) e le istituzioni con altra forma giuridica (5,6%). Relati-vamente inferiori al contesto nazionale risultano, invece, le associazioni riconosciute e le cooperative sociali. Commisurando la dimensione del fenomeno alla popolazione residen-te, si osserva come nel comune di Roma siano più diffuse, rispetto al contesto nazionale e provinciale, le fondazioni (10 ogni 100 mila abitanti, rispetto ad una media nazionale pari a 5 e provinciale pari a 7) e le altre istituzioni “non profit” (21 ogni 100 mila abitanti, ri-spetto alle 14 rilevate a livello nazionale e le 17 rilevate a livello provinciale), mentre le as-sociazioni presentano valori equivalenti o inferiori al dato nazionale. Si osserva poi come le associazioni non riconosciute risultino proporzionalmente molto più diffuse a Roma ri-spetto agli altri comuni della provincia (273 istituzioni ogni 100 mila abitanti rispetto alle 176 rilevate negli altri comuni della provincia). Le associazioni riconosciute, invece, anche se in una quota inferiore al dato nazionale, negli altri comuni della provincia sono in pro-porzione maggiormente diffuse (71 a fronte delle 62 della capitale). Lo stesso fenomeno si verifica per le cooperative sociali.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aAndando poi ad analizzare la presenza delle istituzioni per attività svolta, si nota come no-nostante il Comune di Roma presenti una elevata consistenza di organizzazioni culturali, sportive e ricreative (pari al 66,0% del totale), le stesse siano molto diffuse negli altri co-muni della provincia (82,4%) e in Italia (74,4%). Roma si distingue, invece, per la presen-za rilevante di organizzazioni attive nel settore educativo e della ricerca (8,3%, a fronte del 3,7% degli altri comuni e del 4,8% nazionale) e in quello inerente la tutela degli interessi (12,7%, +8% circa rispetto alla quota degli altri comuni provinciali e +4% rispetto a quel-la nazionale). In lieve prevalenza si riscontra anche il settore socio-assistenziale, in cui è attivo circa il 10% delle unità istituzionali censite. Le istituzioni sanitarie rappresentano solamente l’1% delle unità censite, mentre le organizzazioni che svolgono attività di altro tipo costituiscono il 2% del Terzo settore della capitale. Inoltre, negli altri contesti comu-nali della provincia si nota, come detto, una rilevante presenza di istituzioni nell’ambito della cultura, sport e ricreazione (pari all’82,4% del totale) e, a seguire, la sfera socio-assi-stenziale (6,7%).

Il rapporto rispetto alla popolazione conferma, altresì, come il numero di istituzioni pre-senti, ad eccezione del settore sanitario, sia sempre più alto a Roma che negli altri comuni della provincia; tuttavia, in relazione al dato nazionale, si delineano come settori prevalen-ti l’istruzione e la ricerca e le altre attività (rispettivamente con 31 e 8 istituzioni per 100 mila abitanti, rispetto alle 20 e 3 rilevate a livello nazionale).

Passando ad esaminare il grado di coinvolgimento delle risorse umane, si nota come gli in-dividui impiegati nel settore “non profit” del comune di Roma corrispondano approssima-tivamente a 45 mila dipendenti e 60 mila volontari, per un totale di quasi 105 mila perso-ne coinvolte. Tali risorse rappresentano una fetta cospicua della “forza lavoro” impiegata nel settore in Italia, e in particolare nel Lazio. Il contesto metropolitano concentra, infat-ti, il 9,3% dei dipendenti registrati nel settore a livello nazionale, il 71,6% delle risorse im-piegate a livello regionale e, come prima evidenziato, ben l’89,5% di quelle impiegate nel contesto provinciale. Meno consistente è invece il peso del volontariato della capitale: i volontari rappresentano, infatti, solo l’1,8% delle risorse volontarie attive nel Terzo settore in Italia, il 35,9% del Lazio ed il 64,4% della provincia.

Passando ad analizzare l’ambito di attività, si nota come i dipendenti a Roma siano in pre-valenza concentrati nella sanità (29,5% del totale). Gli altri settori vedono presenze com-prese tra i 14,3 punti percentuali della tutela di interessi e i 18,5 della assistenza sociale. Poco rilievo hanno le altre attività che nella capitale assorbono appena il 2,2% dei di-pendenti complessivi. Negli altri comuni della provincia si nota, invece, la prevalenza dei dipendenti nel settore dell’assistenza sociale (32,5%), seguito dalla sanità (25,4%) e dal-l’istruzione e ricerca (22%). Nei primi due settori i dipendenti sono presenti in misura re-lativamente superiore al contesto provinciale e il settore dell’istruzione e ricerca rileva una quota superiore anche al contesto nazionale (pari a 22,5%).

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La struttura dell’offerta

Tabella n. 2.25. “Istituzioni del Terzo settore e risorse umane impiegate per attività svolta. Comune di Roma e altri comuni”

Attività svoltaIstituzioni Unità Locali Dipendenti Volontari

Roma Altri comuni Roma Altri

comuni Roma Altri comuni Roma Altri

comuni

V.A.

Cultura, sport e ricreazione 6.263 2.515 6.485 2.572 8.322 606 37.584 25.031

Istruzione e ricerca 790 114 913 150 8.168 1.169 4.147 843

Sanità 98 44 131 52 12.899 1.350 1.422 1.920

Assistenza sociale 939 204 1.077 248 8.376 1.729 8.376 2.514

Tutela degli interessi 1.202 151 1.296 190 6.446 150 6.815 2.383

Altre attività 192 24 229 36 1.006 311 916 137

Totale 9.484 3.052 10.131 3.248 45.217 5.315 59.260 32.829

Composizione (%)

Cultura, sport e ricreazione 66,0 82,4 64,0 79,2 18,4 11,4 63,4 76,2

Istruzione e ricerca 8,3 3,7 9,0 4,6 18,1 22,0 7,0 2,6

Sanità 1,0 1,4 1,3 1,6 29,5 25,4 2,4 5,8

Assistenza sociale 9,9 6,7 10,6 7,6 18,5 32,5 14,1 7,7

Tutela degli interessi 12,7 4,9 12,8 5,8 14,3 2,8 11,5 7,3

Altre attività 2,0 0,8 2,3 1,1 2,2 5,9 1,5 0,4

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Istituzioni / 100.000 abitanti

Cultura, sport e ricreazione 246 218 255 223 327 53 1.476 2.170

Istruzione e ricerca 31 10 36 13 321 101 163 73

Sanità 4 4 5 5 506 117 56 166

Assistenza sociale 37 18 42 21 329 150 329 218

Tutela degli interessi 47 13 51 16 253 13 268 207

Altre attività 8 2 9 3 40 27 36 12

Totale 372 265 398 292 1.775 461 2.327 2.846

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 8° Censimento Industria e Servizi (Anno 2001)

Come per le istituzioni anche per i dipendenti si nota come, in relazione alla popolazione, la consistenza sia superiore a Roma rispetto agli altri comuni della provincia. In particola-re, il numero di dipendenti per 100 mila abitanti è a Roma pari a 1.775 individui, rispetto agli 857 rilevati a livello nazionale e ai 461 rilevati negli altri comuni della provincia. Tale rapporto è molto più elevato della media nazionale soprattutto nei settori della sanità, del-l’istruzione e ricerca e della cultura, sport e ricreazione.

Passando ad esaminare la consistenza del volontariato che, si ribadisce, è un fenome-no più contenuto nella capitale, si nota come gli individui che prestano la loro attività in modo gratuito e volontario si concentrano prevalentemente nel settore della cultura, sport e ricreazione (63,4% del totale comunale). Il 14,1% dei volontari romani è attivo in organizzazioni che svolgono attività socio-assistenziali, mentre l’11,5% in istituzioni che svolgono attività di tutela degli interessi. Le istituzioni attive nel settore dell’istruzione e ricerca e quelle a carattere sanitario si avvalgono in misura minore dell’attività volon-taria, probabilmente anche per il particolare tipo di attività lavorativa prevista. Tali or-ganizzazioni impiegano rispettivamente il 7,0% e il 2,4% dei volontari presenti nel Terzo settore capitolino.

Negli altri comuni della provincia i volontari si concentrano in misura più marcata rispet-to alla capitale soprattutto nei settori della cultura, sport e ricreazione (76,2%, a fronte di una quota capitolina pari a 63,4%) e della sanità (5,8%, a fronte del 2,4%). Il settore della

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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atutela degli interessi, invece, concentra un numero di volontari inferiore a quello della ca-pitale (7,3% a fronte dell’11,5%) ma superiore alla media nazionale (quota nazionale pari al 2%).

In riferimento alla popolazione, inoltre, si nota come la presenza di risorse volontarie è su-periore a Roma rispetto al contesto provinciale nei settori dell’istruzione e ricerca, dell’as-sistenza sociale, della tutela degli interessi e delle altre attività. Al contrario, negli altri co-muni della provincia le organizzazioni più radicate rispetto alla capitale nel tessuto sociale sono essenzialmente le istituzioni culturali, sportive e ricreative che annoverano 2.170 vo-lontari ogni 100 mila abitanti a fronte dei 1.476 di Roma.

Si evince, poi, considerando le risorse umane in rapporto alla numerosità delle istituzioni che il Terzo settore della capitale ha dimensioni abbastanza rilevanti per quanto riguarda i lavoratori retribuiti impiegati. Il numero medio di dipendenti è, infatti, pari a 5 indivi-dui, a fronte dei 2 rilevati a livello nazionale. Tale indicatore, tuttavia, cresce notevolmen-te nelle organizzazioni attive nei settori della sanità (con 132 dipendenti per istituzione, a fronte di un numero medio pari a 100 nelle organizzazioni provinciali e a 11 nelle organiz-zazioni nazionali).

Meno significativo, come visto, è il volontariato che mostra una dimensione media per isti-tuzione inferiore alla media nazionale in tutti i settori di attività, ad eccezione di quello re-lativo alla tutela degli interessi, in cui ogni organizzazione ha in media a Roma 6 volontari (a fronte di un dato nazionale pari a 3).

Volendo, quindi, sintetizzare la dimensione del fenomeno nella capitale, si può ragionevol-mente affermare che il Terzo settore della città di Roma si caratterizzi per la più cospicua presenza di fondazioni e istituzioni con altra forma giuridica, che svolgono principalmen-te attività d’istruzione e di ricerca da un lato e tutela degli interessi dall’altro. Rispetto al Paese, una diffusione maggiore compete anche alle istituzioni che svolgono nella capitale attività di assistenza sociale, mentre le istituzioni sanitarie, anche se non presenti in nume-ro cospicuo a Roma, sono caratterizzate da dimensioni abbastanza rilevanti. Inoltre, il tes-suto associativo, posto in relazione alla popolazione residente, è sicuramente più sviluppa-to rispetto al contesto provinciale, ma meno diffuso rispetto alla composizione nazionale. Le dimensioni del Terzo settore nella capitale infine, soprattutto in termini di dipenden-ti impiegati, sono abbastanza rilevanti, mentre è relativamente esiguo l’impiego di risorse volontarie.

Per concludere l’analisi territoriale della provincia romana, si è costruita una mappatura della diffusione del “non profit” nei 121 comuni della provincia, considerando le risorse umane (calcolate per unità locale) rispetto alla popolazione residente. Il grafico seguente mostra come, al di là di alcuni piccoli comuni che presentano valori elevati del rappor-to9 (ad esempio, Sambuci, Arsoli, Licenza, Cerreto Laziale, Arcinazzo Romano, Roviano e Jenne), tra i comuni di maggior dimensione spiccano per una rilevante presenza del Terzo settore nel tessuto sociale (valori superiori alla media nazionale) Santa Marinella, Frascati, Monterotondo e Valmontone.

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Si segnalano, invece, per valori superiori solamente alla media provinciale i comuni di Anguillara Sabazia, Civitavecchia, Albano Laziale e, ovviamente, Roma, che nella classi-ficazione in quartili calcolati per intensità crescente dell’indicatore si colloca però nella se-conda fascia. Tra le ultime posizioni, oltre anche in questo caso a piccoli centri come Gor-ga, Cervara di Roma, Camerata Nuova e Montorio Romano, spiccano comuni rilevanti quali Guidonia Montecelio, Tivoli, Marino, Ladispoli, così come valori abbastanza bassi si riscontrano nella zona del pontino (Nettuno, Ardea, Pomezia e, soprattutto, Anzio).

Un ulteriore elemento di riflessione viene fornito dall’esame del grafico seguente, in cui si è stimato per i comuni della provincia romana un “indice di indipendenza” del Terzo settore, ovvero una misura del rapporto tra l’occupazione dipendente delle istituzioni “non profit” aventi sede nel comune e quella delle unità locali ubicate nello stesso territorio comuna-le. Tale indicatore, infatti, se superiore a 100, esprime una “presenza” relativa superiore di “sedi” per cui le unità locali possono essere localizzate in altri comuni della stessa provin-cia, nella regione o sul territorio nazionale).

Dalla sintesi grafica emerge che i comuni della provincia di Roma che offrono valori stret-tamente superiori alla soglia indicata sono in tutto 12 (poco meno del 10% del totale). Cin-que di questi presentano una dimensione demografica inferiore ai 10.000 abitanti (Carpi-neto Romano, Castel Gandolfo, Capena, Arsoli e Monte Porzio Catone), mentre gli altri sette rappresentano tutti centri di rilievo: Anzio, Rocca di Papa, Grottaferrata, Pomezia, Ladispoli, Guidonia Montecelio e, chiaramente, Roma, in cui si localizzano attività di ri-levanza nazionale.

Figura n. 2.23. “Grado di indipendenza” delle attività non profit a livello comunale”

Fonte: elaborazione Format su dati Istat, 8° Censimento Industria e Servizi (2001)

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aAnalisi in dettaglio dei soggetti che compongono la struttura dell’offerta del Terzo set-tore nella provincia di Roma

In questa sezione viene fornita la mappatura degli ambiti di intervento e dell’attività svol-ta dalle organizzazioni che operano nel macrosettore dell’Economia civile nella provin-cia di Roma. Tale mappatura è stata resa possibile grazie all’effettuazione di una “cluster analysis” sui risultati dell’indagine campionaria sui soggetti del Terzo settore nella pro-vincia di Roma. Le organizzazioni e gli enti intervistati - si ricorda che il campione è ri-sultato composto da 403 soggetti - sono stati analizzati con riferimento al settore di inter-vento (sanità, assistenza, istruzione, tutela interessi, ecc.), all’organizzazione delle risorse, alla rete di relazioni con le istituzioni locali, alle fonti di finanziamento e al rapporto con la domanda. Sulla base delle risposte fornite sono stati identificati nove gruppi di sogget-ti eterogenei tra di loro, ma omogenei al proprio interno per comportamento e tendenze rilevate10.

Tra i nove gruppi di soggetti in taluni casi sono stati rilevati rapporti molto stretti, nel sen-so che un singolo gruppo può essere considerato talvolta come sottoinsieme di uno più va-sto. Tali sottoinsiemi, pur presentando caratteristiche comuni rispetto al gruppo origina-rio, hanno peculiarità tali da renderli comunque dei soggetti autonomi.

La definizione dei confini dei nove “cluster” di soggetti che operano nell’ambito dell’Eco-nomia civile nella provincia di Roma viene rappresentata nella tabella riportata di seguito. Le caratteristiche di ogni singolo gruppo o cluster di soggetti vengono descritte successiva-mente utilizzando gli indicatori: identità, visione e missione; risorse umane e formazione; il rapporto con le istituzioni; il credito e gli investimenti; la domanda di servizi.

Tabella n. 2.26. “I nove cluster di soggetti dell’Economia civile che compongono l’offerta dei servizi. Provincia di Roma”

# Gruppi Attività prevalente Ambito di intervento

1 Sanità Servizi per la Sanità SSN

2 Assistenza generica agli associati Servizi di base di informazione e assistenza Servizi Sociali

3 Assistenza sociale Servizi di base per fasce deboli Servizi Sociali

4 Assistenza sociale e sanitaria Servizi complessi per fasce deboli Servizi Sociali

5 Ospitalità Servizi dell’ospitalità e dell’accoglienza Servizi Sociali

6 Formazione e ricerca Servizi culturali Servizi specializzati a terzi

7 Attività ricreative Promozione di cultura, sport e tempo libero Servizi agli associati

8 Tutela interessi Associazionismo civile Servizi agli associati

9 Attività ricreative assistenziali Sport e tempo libero per fasce deboli Servizi agli associati

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Gruppo Attività ricreative

Identità, visione e missione - Si tratta del gruppo più numeroso in assoluto: pesa sull’inte-ro campione nella misura del 24,3%. Fanno parte di questo gruppo quasi esclusivamente associazioni (riconosciute e non riconosciute), distribuite sul territorio. Nel 33% dei casi i fondatori sono ancora presenti e nel 44,4% dei casi hanno posizioni decisionali rilevanti. La percentuale relativamente bassa è dovuta al fatto che molti dei soggetti che fanno parte

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La struttura dell’offerta

di questo gruppo sono associazioni nazionali, enti di promozione, enti morali ed altre isti-tuzioni private riconosciute, nate negli anni del dopoguerra. Nel settore ci sono previsioni di crescita modesta degli addetti, di relativo rafforzamento organizzativo e di modesto in-cremento delle attività.

Formazione e risorse umane - Le attività decisionali sono ripartite tra i diversi membri del-la dirigenza nell’88,9% dei casi. Queste organizzazioni si attribuiscono un livello di qualità “media”, considerano rilevante la formazione per l’acquisizione di competenze e puntano ad assumere risorse di tipo qualificato, di difficile reperimento sul mercato del lavoro loca-le. Tra le aree critiche: pianificazione delle attività, orientamento alla qualità. Va sottoli-neato che gli “item” della domanda 2.11. fanno riferimento ad un universo di linguaggio e di contenuti propri dell’impresa organizzata e che la dimensione associativa, anche orga-nizzata e quantitativamente rilevante, solo di recente si è mossa in quella direzione.

Rapporto con le istituzioni - Segnalano difficoltà (non particolarmente gravi) nelle relazio-ni con la dirigenza pubblica per ragioni di distanza culturale, eccesso di controllo formale, incompetenza dei politici, a fronte di problemi relativi alla distanza culturale ed alla insuf-ficiente formazione dei propri dirigenti. I soggetti minori rilevano anche una difficoltà di rappresentanza e di coordinamento.

Credito e investimenti - I soggetti non cooperativi gestiscono fondi che provengono dal con-tributo dei soci, da commesse e progetti pubblici, attraverso banche e assicurazioni tradi-zionali (77,8%) e con la Banca Etica, con le quali intrattengono rapporti diretti ed auto-nomi (88,9%), senza ricercare la mediazione ed il sostegno di soggetti collettivi (consorzi, ecc.). Uno solo dei soggetti cooperativi impiega i canali e gli strumenti del sistema (Banca etica, consorzi), avvalendosi della mediazione associativa solo in casi particolari.

Domanda di servizi - Non subiscono particolare pressione competitiva nei propri territori; il loro plus competitivo risiede nell’attenzione ai bisogni della domanda, che tengono sotto costante osservazione ed alle capacità di adattamento dell’organizzazione. Praticano il con-trollo di gestione e tengono sotto osservazione i fattori critici economici e finanziari, che costituiscono anche il core del loro fabbisogno formativo, insieme ai problemi della forma-zione e della gestione delle risorse umane. La spinta all’innovazione viene dall’adeguamento normativo e dalla necessità (esogena) di crescita dimensionale ed organizzativa.

Rating - Gruppo di discreto interesse per le politiche camerali di offerta di servizi qualifi-cati, in virtù della massa critica. Ha bisogno di formazione manageriale, guida alla qualità, assistenza tecnica, accesso al credito.

Gruppo Istruzione e ricerca

Identità, visione e missione - I soggetti di questo gruppo pesano per il 7,9% sull’intero cam-pione. Sono associazioni riconosciute e fondazioni. Per la presenza di alcune organizzazioni nazionali che hanno origini storiche lontane, solo nel 60% dei casi i fondatori sono an-cora presenti e hanno posizioni decisionali rilevanti (83,3%). Nel settore il 50% circa dei soggetti esprime ipotesi di crescita degli addetti, di rafforzamento organizzativo e di espan-sione delle attività.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aFormazione e risorse umane - Le attività decisionali nel 50% dei casi sono ripartite tra i di-versi membri della dirigenza e nel 50% sono invece affidate a gruppi più ristretti. Queste organizzazioni si attribuiscono un livello di qualità “alta”, considerano rilevante la forma-zione (66,7%) per l’acquisizione di competenze e puntano a reperire risorse di tipo tecnico qualificato, che sono di difficile reperimento sul mercato del lavoro locale. Tra le aree cri-tiche: il marketing, la pianificazione della produzione.

Rapporto con le istituzioni - Segnalano difficoltà non particolarmente gravi nelle relazioni con il mondo pubblico (interpretazione delle regole, sottostima degli impatti, scarsa cono-scenza del settore di riferimento), a fronte di problemi relativi alla qualità dei dirigenti, alle discontinuità produttive, alle capacità organizzative ed alla rappresentanza espressi dalle proprie organizzazioni.

Credito e investimenti - I soggetti associativi non cooperativi gestiscono fondi che proven-gono da progetti pubblici, attraverso banche e assicurazioni tradizionali. I soggetti coope-rativi fanno ricorso alle strutture del credito di settore, con le quali intrattengono rapporti diretti ed autonomi, senza ricercare la mediazione ed il sostegno di soggetti collettivi (con-sorzi, ecc.).

Domanda di servizi - Non subiscono particolare pressione competitiva nei propri territori; il loro plus competitivo risiede nell’attenzione ai bisogni della domanda, che tengono sot-to costante osservazione. Dichiarano altresì di praticare il controllo di gestione e di tenere sotto osservazione i fattori critici economici e finanziari. La spinta all’innovazione viene dall’adeguamento normativo, dalla presenza di concorrenti aggressivi e dalla crescita della complessità esterna.

Rating - Gruppo di discreto interesse per le politiche camerali di offerta di servizi qualificati. Ha bisogno di formazione manageriale-gestionale, assistenza tecnica, accesso al credito.

Gruppo Sanità

Identità, visione e missione - Le organizzazioni che operano nel settore della sanità pesa-no sull’intero campione per il 4,2%. Operano in questo segmento soggetti che si occu-pano di una gamma piuttosto vasta di problemi: dall’assistenza domiciliare o in strutture pubbliche/private convenzionate per malati terminali all’assistenza psicologica a pazienti oncologici (minorenni e maggiorenni); dall’inserimento lavorativo per disabili psichici e mentali, fino al trasporto pazienti. Dal punto di vista della forma giuridica, prevalgono le Associazioni riconosciute (a livello locale e nazionale) e le cooperative. Nell’80% dei casi i fondatori sono ancora presenti ed hanno posizioni decisionali rilevanti. Nel settore ci sono previsioni di crescita degli addetti, di rafforzamento organizzativo e di espansione delle attività.

Formazione e risorse umane - Le attività decisionali sono ripartite tra i diversi membri della dirigenza. Queste organizzazioni si attribuiscono un livello di qualità “media”, considera-no rilevante la formazione per l’acquisizione di competenze e puntano a reperire risorse di tipo qualificato, che sono di difficile reperimento sul mercato del lavoro locale. Tra le aree critiche: l’organizzazione del lavoro e la gestione della qualità.

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La struttura dell’offerta

Rapporto con le istituzioni - Segnalano difficoltà non particolarmente gravi nelle relazioni con la dirigenza pubblica, a fronte di problemi relativi agli standard di qualità espressi dal-le proprie organizzazioni.

Credito e investimenti - I soggetti non cooperativi gestiscono fondi che provengono da com-messe e progetti pubblici, attraverso banche e assicurazioni tradizionali, con le quali intrat-tengono rapporti diretti ed autonomi, senza ricercare la mediazione ed il sostegno di sog-getti collettivi (consorzi, ecc.). I soggetti cooperativi impiegano i canali e gli strumenti del sistema (Banca etica, consorzi), avvalendosi anche della mediazione associativa.

Domanda di servizi - Non subiscono particolare pressione competitiva nei propri territori; il loro plus competitivo risiede nell’attenzione ai bisogni della domanda, che tengono sot-to costante osservazione. Dichiarano di praticare il controllo di gestione e di tenere sotto osservazione i fattori critici economici e finanziari, che costituiscono anche il core del loro fabbisogno formativo. La spinta all’innovazione viene dall’adeguamento normativo e dalla necessità (esogena) di crescita dimensionale ed organizzativa.

Rating - Gruppo di elevato interesse per i servizi della CCIAA. Si tratta del gruppo che presenta caratteristiche di impresa chiaramente definite, in considerazione della commit-tenza pubblica e della pressione che questa esercita in termini di qualità, normative, con-trattualistica, ecc.. Ha bisogno di formazione manageriale, assistenza tecnica, accesso al credito.

Gruppo Assistenza sociale

Identità, visione e missione - Le organizzazioni “non profit” che operano nel settore dell’assi-stenza sociale pesano sull’intero campione per il 16,1%, rivelandosi il secondo gruppo per consistenza numerica tra quelli esaminati. Anche in questo segmento operano soggetti che si occupano di una gamma piuttosto vasta di problemi. Dal punto di vista della forma giuri-dica, prevalgono le Associazioni riconosciute (a livello locale e nazionale) e le cooperative sociali. L’Associazionismo non riconosciuto (locale e nazionale) rappresenta l’altro “brac-cio” del Gruppo. I soggetti si distribuiscono territorialmente sia nel Comune di Roma, sia nei comuni della Provincia. Nel 90% dei casi i fondatori sono ancora presenti ed hanno posizioni decisionali rilevanti (la media dei Gruppi è del 76,7%). Il 72,7% prevede che il numero degli addetti rimarrà stabile. Sono previsti rafforzamenti organizzativi ed espansio-ne delle attività di limitata entità.

Formazione e risorse umane - Le attività decisionali sono ripartite tra i diversi membri della dirigenza. Queste organizzazioni si attribuiscono un livello di qualità “media”, non fanno sistematico ricorso alla formazione per l’acquisizione di competenze e puntano a reperire risorse di tipo qualificato, che sono di difficile reperimento sul mercato del lavoro locale. Tra le aree critiche: l’organizzazione del lavoro e la motivazione dei dipendenti.

Rapporto con le istituzioni - Si segnalano difficoltà (non particolarmente gravi) a causa di eccessi nei controlli formali, distanza culturale, sottovalutazione degli impatti, a fronte di problemi relativi alla preparazione dei dirigenti delle proprie organizzazioni. Pesano molto anche le dimensioni e la scarsa capacità di rappresentanza.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aCredito e investimenti - Questi soggetti gestiscono fondi che provengono da commesse e progetti pubblici (costituiscono almeno il 50% delle entrate). Un altro terzo proviene da progetti cui contribuisce la committenza privata. La gestione economica e finanziaria av-viene attraverso banche e assicurazioni tradizionali, con le quali intrattengono rapporti diretti ed autonomi, senza ricercare la mediazione ed il sostegno di soggetti collettivi (con-sorzi, ecc.). Il 20% circa impiega i canali e gli strumenti del sistema cooperativo (Banca etica, consorzi Fidi, ecc.), con rapporti diretti ed autonomi.

Domanda di servizi - Sono particolarmente esposti alla pressione competitiva nei propri territori. Il loro plus competitivo risiede nell’attenzione ai bisogni della domanda, che di-chiarano di tenere sotto costante osservazione. Dichiarano altresì di praticare il control-lo di gestione e di tenere sotto osservazione i fattori critici economici e finanziari, che co-stituiscono anche il cuore del loro fabbisogno formativo. La spinta all’innovazione viene dall’adeguamento normativo e dalla necessità (esogena) di crescita dimensionale e orga-nizzativa.

Rating - Gruppo di elevato interesse per i servizi della CCIAA. Grazie alla presenza di coo-perative, presenta caratteristiche di impresa chiaramente definite. Risente della pressione della committenza pubblica che questa esercita in termini di qualità, normative, contrat-tualistica, ecc.. Avverte la presenza della concorrenza. Ha bisogno di formazione manage-riale, assistenza tecnica, accesso al credito.

Gruppo Assistenza sociale e sanitaria

Identità, visione e missione - Il gruppo pesa sull’intero campione per il 4,2%. Questi sog-getti hanno attraversato nel tempo un profondo processo di trasformazione, spostando-si da un’area prevalentemente ricreativa ad un’area maggiormente focalizzata sui servizi, probabilmente su pressione degli stessi soci e della domanda che proviene dal territorio. È formato per la maggior parte da Associazioni locali, anche non riconosciute, distribui-te in eguale misura nel Comune di Roma e nei Comuni della Provincia. I soggetti che operano in questo settore erogano assistenza di tipo soprattutto informativo alle fasce deboli e alle loro famiglie. Nel 100% dei casi i fondatori sono ancora presenti ed hanno posizioni decisionali rilevanti (80%). Nel settore ci sono previsioni di crescita modesta delle attività.

Formazione e risorse umane - Le attività decisionali sono ripartite tra i diversi membri della dirigenza. Queste organizzazioni si attribuiscono un livello di qualità “media”, con-siderano poco rilevante la formazione per l’acquisizione di competenze e puntano sul-l’esperienza operativa sul campo, considerando di difficile reperimento le risorse tecni-che e manageriali necessarie. L’insieme delle organizzazioni manifesta preoccupazioni diffuse su tutto l’arco delle attività di impresa. Tra le aree critiche: l’organizzazione del lavoro, il marketing e la comunicazione, la gestione della qualità, le capacità di gestio-ne finanziaria.

Rapporto con le istituzioni - Segnalano difficoltà non particolarmente gravi per l’incompe-tenza e il protagonismo dei politici e gli eccessi di controllo formale, a fronte di problemi

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relativi alla scarsa competenza dei dirigenti espressi dalle proprie organizzazioni, che pro-ducono qualità discontinua delle prestazioni e qualità ridotta della progettazione. Pesano anche mancanza di coordinamento e rappresentanza.

Credito e investimenti - Questi soggetti gestiscono fondi che provengono da commesse e progetti pubblici, attraverso banche e assicurazioni tradizionali, con le quali intrattengono rapporti diretti ed autonomi, senza ricercare la mediazione ed il sostegno di soggetti collet-tivi (consorzi, ecc.). Uno solo dei soggetti cooperativi impiega i canali e gli strumenti del sistema (Banca etica, consorzi), attraverso rapporti diretti ed autonomi.

Domanda di servizi - Le organizzazioni di questo gruppo subiscono particolare pressione competitiva nei propri territori, soprattutto da parte della componente cooperativa; il loro plus competitivo risiede nell’attenzione ai bisogni della domanda, che tengono sotto co-stante osservazione. Dichiarano di praticare il controllo di gestione e di tenere sotto os-servazione i fattori critici economici e finanziari che costituiscono anche il core del loro fabbisogno formativo. La spinta all’innovazione viene dall’adeguamento normativo e dalla necessità (esogena) di crescita dimensionale ed organizzativa. Lamentano la mancanza di competenze professionali di marketing e comunicazione, di lavoro in gruppo, di gestione della flessibilità.

Rating - Gruppo di medio interesse per le politiche camerali di offerta di servizi qualificati. La componente aziendale è spesso sottovalutata dalla dirigenza e la gestione è di tipo fami-liare ristretto. Ha particolare bisogno di formazione e sensibilizzazione (temi: Responsabi-lità sociale di impresa, certificazione, gestione manageriale delle risorse).

Gruppo Servizi di assistenza generici

Identità, visione e missione - I soggetti che fanno parte di questo gruppo sono il 6,9% del totale campione e, in alcuni casi, operano in aree limitrofe a quelle trattate dal Gruppo Tutela Interessi. Le distinzioni sono molto difficili, perché tendono a prevalere le percezio-ni soggettive dei fondatori rispetto ad interpretazioni di carattere oggettivo e giuridico-for-male. Nel 100% dei casi i fondatori sono ancora presenti ed hanno posizioni decisionali rilevanti. Nel settore ci sono previsioni di crescita degli addetti (66,7%), di rafforzamento organizzativo e di espansione delle attività.

Formazione e risorse umane - Le attività decisionali sono ripartite tra i diversi membri del-la dirigenza. Il 50% delle organizzazioni si attribuisce un livello di qualità “alta”, puntano a reperire risorse di tipo qualificato e sulla formazione “on the job”. Tra le aree critiche: l’or-ganizzazione del lavoro e i rapporti con le istituzioni locali.

Rapporto con le istituzioni - Segnalano difficoltà inerenti la distanza culturale e l’eccesso di controlli formali, a fronte di problemi relativi alla continuità delle prestazioni prodotte dalle proprie organizzazioni.

Credito e investimenti - I soggetti (quasi tutti associativi non cooperativi) gestiscono fondi che provengono da commesse e progetti privati e pubblici, attraverso banche e assicurazio-ni tradizionali, con le quali intrattengono rapporti diretti ed autonomi.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aDomanda di servizi - Non subiscono particolare pressione competitiva nei propri territori; il loro plus competitivo risiede nella qualità delle risorse umane e nell’attenzione ai bisogni della domanda. Dichiarano altresì di praticare il controllo di gestione e di tenere sotto os-servazione i fattori critici economici e finanziari, che costituiscono anche il core del loro fabbisogno formativo. La spinta all’innovazione viene dall’adeguamento normativo e dalla necessità (esogena) di crescita dimensionale ed organizzativa.

Rating - Gruppo di elevato interesse per i servizi della CCIAA. Ha bisogno di formazione manageriale, guida alla qualità, assistenza tecnica, accesso al credito.

Gruppo Attività ricreative di assistenza

Identità, visione e missione - Questo gruppo pesa per il 4% sull’intero campione, fa parte del gruppo più vasto denominato Cultura, Sport e Ricreazione ed è formato, nella mag-gior parte dei casi, da Associazioni non riconosciute. Si tratta di un gruppo a bassissima definizione, nel quale operano soggetti molto diversi tra loro per modalità di organizzazio-ne dell’offerta. Prevalgono le motivazioni congiunturali rispetto ad altri gruppi che pre-sentano maggiore consapevolezza e chiarezza rispetto alla propria identità ed alla mission operativa. Il Gruppo potrebbe essere assorbito in seguito nel Gruppo Attività Ricreative. Nell’80% dei casi i fondatori sono ancora presenti ed hanno posizioni decisionali rilevanti. Nel Gruppo non ci sono previsioni di crescita degli addetti, di rafforzamento organizzativo e di espansione delle attività.

Formazione e risorse umane - Le attività decisionali sono ripartite tra i diversi membri della dirigenza. Queste organizzazioni non esprimono alcuna autovalutazione rispetto al proprio livello di qualità. Tra le aree critiche: l’organizzazione del lavoro, il marketing e la comuni-cazione, la gestione dei rapporti con le istituzioni locali.

Rapporto con le istituzioni - Segnalano difficoltà causate dall’ingerenza della politica ed agli eccessi di controllo formale, a fronte di problemi relativi agli standard di qualità espressi dalle proprie organizzazioni.

Credito e investimenti - Le organizzazioni di questo gruppo gestiscono fondi che provengo-no da privati. Solo in subordine gestiscono commesse e progetti pubblici. La gestione eco-nomico-finanziaria passa attraverso banche e assicurazioni tradizionali, con le quali intrat-tengono rapporti diretti ed autonomi, senza ricercare la mediazione ed il sostegno di sog-getti collettivi (consorzi, ecc.). Uno solo dei soggetti impiega Banca Etica, valutando caso per caso l’utilità della mediazione associativa.

Domanda di servizi - Il loro plus competitivo risiede nell’attenzione ai bisogni della doman-da, che tengono sotto costante osservazione. Dichiarano di praticare il controllo di gestio-ne e tengono sotto osservazione i fattori critici economici e finanziari. Non avvertono, se non marginalmente, la necessità di innovazione.

Rating - Gruppo di scarso interesse per le politiche camerali di offerta di servizi qualificati.

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La struttura dell’offerta

Gruppo Tutela interessi

Identità, visione e missione - Questo gruppo rappresenta il 10,7% dell’intero campione. È formato da associazioni riconosciute, fondazioni, enti ed altre istituzioni non profit. I sog-getti di questo gruppo sono presenti sia a Roma, sia nei comuni della Provincia. Nel 75% dei casi i fondatori sono ancora presenti ed hanno posizioni decisionali rilevanti. Nel set-tore non ci sono previsioni di crescita degli addetti, mentre si conta di effettuare un netto rafforzamento organizzativo a fronte dell’espansione delle attività.

Formazione e risorse umane - Le attività decisionali sono ripartite tra i diversi membri del-la dirigenza. Queste organizzazioni si attribuiscono un livello di qualità “media” e “medio-alta”; puntano a reperire risorse di tipo qualificato. Tra le aree critiche: l’organizzazione del lavoro, pianificazione, marketing e comunicazione, motivazione dei dipendenti e gestione dei rapporti con le istituzioni locali.

Rapporto con le istituzioni - Segnalano difficoltà diffuse, ma non particolarmente gravi nel-le relazioni con il mondo pubblico, a fronte di problemi relativi alla sottovalutazione delle problematiche tecniche ed alla non conoscenza delle reciproche esigenze.

Credito e investimenti - I soggetti associativi gestiscono fondi che provengono da soci, com-messe e progetti pubblici, attraverso banche e assicurazioni sia tradizionali sia del circuito cooperativo (Banca etica, consorzi), con le quali intrattengono rapporti diretti ed autono-mi, sia in modo autonomo sia con la mediazione ed il sostegno di soggetti collettivi.

Domanda di servizi - Gli specializzati non subiscono particolare pressione competitiva nei propri territori; il loro plus competitivo risiede nell’attenzione ai bisogni della domanda, che tengono sotto costante osservazione, ed all’adattività dell’organizzazione rispetto alle emergenze. Dichiarano altresì di praticare il controllo di gestione e di tenere sotto osserva-zione i fattori critici economici e finanziari, che costituiscono anche il core del loro fabbi-sogno formativo. La spinta all’innovazione viene dall’adeguamento normativo e dalla ne-cessità (esogena) di crescita dimensionale ed organizzativa.

Rating - Gruppo di elevato interesse per i servizi della CCIAA. Ha bisogno di formazione manageriale, guida alla qualità, assistenza tecnica, accesso al credito.

Gruppo Ospitalità

Identità, visione e missione - I soggetti del Gruppo Ospitalità pesano per il 3,7% sull’intero campione e, stando alle classificazioni canoniche, fanno parte del gruppo più vasto deno-minato Cultura, Sport e Ricreazione. È evidente l’opportunità di rivederne la collocazio-ne statistica in relazione alla funzione effettivamente svolta nell’ambito dei servizi sociali. Nella maggior parte dei casi è formato da Associazioni non riconosciute, di dimensione lo-cale, che operano in ugual misura sia nella Città di Roma, sia nei Comuni della Provincia. Nel 75% dei casi i fondatori sono ancora presenti e nel 50% dei casi hanno posizioni deci-sionali rilevanti. Nel settore non ci sono previsioni di crescita degli addetti, si prevede un limitato rafforzamento organizzativo e un incremento modesto delle attività.

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aFormazione e risorse umane - Le attività decisionali sono ripartite tra i diversi membri della dirigenza. Queste organizzazioni si attribuiscono un livello di qualità “media”, considera-no rilevante la formazione per l’acquisizione di competenze e puntano a reperire risorse di tipo qualificato, che sono di difficile reperimento sul mercato del lavoro locale. Tra le aree critiche: l’organizzazione del lavoro e la gestione dei rapporti con le istituzioni locali.

Rapporto con le istituzioni - Segnalano difficoltà non particolarmente gravi nelle relazioni con il mondo pubblico sul tema della scarsa conoscenza delle problematiche specifiche del settore.

Credito e investimenti - Questi soggetti gestiscono fondi che provengono da commesse e progetti pubblici, attraverso banche e assicurazioni tradizionali, con le quali intrattengono rapporti diretti ed autonomi, valutando caso per caso l’utilità della mediazione e del soste-gno di soggetti collettivi (consorzi, ecc.).

Domanda di servizi - Non subiscono particolare pressione competitiva nei propri territori; il loro plus competitivo risiede nell’attenzione ai bisogni della domanda, che tengono sotto costante osservazione, unitamente alla capacità di gestione delle risorse umane. Non pra-ticano forme codificate di controllo di gestione. L’acquisizione di competenze manageriali costituisce il core del loro fabbisogno formativo. La spinta all’innovazione viene dall’ade-guamento normativo.

Rating - Gruppo di limitato interesse per le politiche camerali di offerta di servizi qualifica-ti. È composto da organizzazioni caratterizzate dal comportamento alternativo.

2.4. Verso una nuova interpretazione della struttura dell’offerta

La conoscenza dei dati quantitativi sull’Economia civile e sul Terzo settore, per quanto indispensabile per avere il quadro delle dimensioni del fenomeno, non ci fornisce però di strumenti interpretativi efficienti per la comprensione della esatta natura del fenomeno in questione. Per questa ragione è stato costruito il nuovo sistema di classificazione “per clu-ster”, che ha prodotto un ambiente di offerta di servizi composto da nove gruppi. Tali grup-pi, o cluster, costituiscono un punto di riferimento importante per classificare e distribuire le organizzazioni con criteri definiti e trasparenti, che fanno riferimento alle “categorie” proprie di un fenomeno estremamente mobile e in continua trasformazione, caratterizzato da un processo di definizione che è bel lontano dall’essere terminato. Tra le cause che in-fluiscono sulla bassa definizione del complesso di iniziative che va sotto il nome di Econo-mia civile e di Terzo settore, possono essere annoverate: 1) il crescente distacco delle isti-tuzioni pubbliche dalla gestione del welfare “di confine”, a cavallo tra l’intervento propria-mente sanitario e quello sociale; 2) l’iniziativa normativa nazionale e regionale, costante-mente alla ricerca di un equilibrio tra solidarietà e libera iniziativa, tra diritti universali ed economicità di gestione; 3) l’attivismo delle organizzazioni all’interno dello stesso settore, che ridefiniscono costantemente i propri confini operativi e di identità, creando impresa e/o promuovendo associazionismo con logiche e motivazioni spesso ambivalenti.

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La struttura dell’offerta

Il macrosettore dell’Economia civile, nel quale rientra il cosiddetto Terzo settore, presente nel contesto socio-economico di Roma è un universo ancora in formazione, percorso da tensioni e correnti non di rado contrastanti (basti pensare al tema del rapporto tra volon-tariato e professionismo) e interessato da fenomeni ampi di riconfigurazione organizzativa e gestionale.

Gruppi e comportamenti: la relazione tra soggetti sociali ed il sistema del welfare

Sebbene con l’analisi dei cluster siano stati raggiunti dei buoni risultati dal punto di vista conoscitivo, come si diceva in precedenza il processo di definizione del complesso di inizia-tive che viene indicato come “Economia civile” non può dirsi compiuto. Si è riusciti, sulla base dei dati raccolti, ad identificare i percorsi di sviluppo principali che stanno portando i diversi soggetti a ridisegnare i confini del macrosettore, ma bisogna tenere conto del fat-to che in quel contesto agiscono molti altri fattori di carattere congiunturale e strutturale che abbiamo descritto nei capitoli precedenti.

L’Economia civile richiede anche un nuovo set di criteri interpretativi, che consenta di orizzontarsi rapidamente nella complessità magmatica del macrosettore. Questo set prende le mosse dalla discriminante del rapporto tra i soggetti del Terzo settore, i servizi territo-riali e i meccanismi della sussidiarietà orizzontale e verticale, per valutare in che modo i diversi soggetti rispondono e si orientano sistemata loro e fanno sistema. I comportamenti dei soggetti sono stati sintetizzati in tre modalità prevalenti:

i. comportamento alternativo (antagonista);

ii. comportamento sostitutivo;

iii. comportamento integrativo.

Il comportamento alternativo è particolarmente presente nel nucleo solido del Terzo settore, quello legato al volontariato. Si tratta delle organizzazioni dotate di scelte identitarie e valo-riali nette e radicali. Questo tipo di comportamento non prevede forme di integrazione sul terreno concreto dei servizi. I rapporti di questi soggetti con i sistemi territoriali sono limi-tati a poche iniziative, collocabili sulle frontiere estreme dell’intervento sociale (homeless, nomadi, clandestini, ecc.). Il rapporto con le istituzioni locali è di tipo sindacale-rivendica-tivo, e si potrebbe descrivere come “funzione di rappresentanza sociale”. Le organizzazioni alternative sono schierate con decisione sul fronte del non profit senza mediazioni e si orga-nizzano con il ricorso al volontariato puro. Il motore motivazionale del comportamento al-ternativo è alimentato da una visione del mondo di tipo etico-politico o etico-religioso.

Il comportamento sostitutivo appartiene all’area dell’associazionismo civile, specializzato e non. Chi ama il deltaplano non si aspetta che questa disciplina (nonostante il suo rico-nosciuto grande valore educativo, formativo e sportivo) entri a far parte dei servizi sociali o sanitari del territorio. Lo stesso vale per il gioco delle bocce o per il bird-watching. Per questa ragione, chi ama una disciplina si associa con altri, entra a far parte di movimenti di tipo federativo, stabilisce contatti con le istituzioni pubbliche (culturali o sportive) e si auto-organizza. Il comportamento sostitutivo non chiede, in generale, interventi diretti del soggetto pubblico, ma non si oppone ad eventuali iniziative di collaborazione, sensibilizza-

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azione, informazione e formazione che vengano generate in ambito pubblico. Le organizza-zioni che praticano il comportamento sostitutivo sono “non profit” per natura, in quanto non perseguono l’obiettivo di remunerare il capitale iniziale, ma solo quello della massima soddisfazione degli associati. Non disdegnano, però, iniziative di carattere profit, conside-randole uno strumento di “fund rising” (quindi un mezzo e non un fine). Il motore moti-vazionale del comportamento sostitutivo è alimentato da una visione del mondo di tipo pragmatico e utilitaristico, che spinge verso la soddisfazione di un bisogno non primario (tempo libero, cultura, conoscenza, sport, ecc.).

Il comportamento integrativo è tipico di quei soggetti che, indipendentemente dalle moda-lità e dalle congiunture che li hanno generati, hanno percepito nel tempo il valore della produzione del benessere attraverso il lavoro organizzato. Questo comportamento appartiene a tutte quelle organizzazioni associative, cooperative, fondazionali, ecc., che hanno accet-tato di far parte integrante della filiera dei servizi territoriali, sulla base di motivazioni di carattere etico-sociale o etico-religioso interpretate in modo non radicale, ricorrendo allo strumento che viene genericamente definito “impresa sociale”, che va ben al di là del con-cetto puramente giuridico di “impresa”. Il motore motivazionale del comportamento inte-grativo si poggia sull’asse del lavoro “socialmente utile” e della produzione del reddito.

I confini fra i tre modelli di comportamento sono abbastanza definiti. Sono certamente più rigidi tra il modello alternativo e gli altri, mentre rimangono fluidi tra il modello sosti-tutivo e quello integrativo. Per definire i confini dei cluster, sono state adottate definizioni di larga massima. Quelle definizioni tengono conto anche dell’ambiguità auto-descrittiva espressa dagli stessi intervistati nelle diverse indagini delle quali si compone il nostro pro-getto. La stessa ambiguità è ben presente nel linguaggio prevalente delle istituzioni pubbli-che, sia in sede normativa sia in sede di letteratura. Allo stato attuale, con la visione mul-tidimensionale ottenuta applicando i tre modelli di comportamento incrociati con i dati strut-turali e le caratteristiche identitarie delle organizzazioni e grazie all’impiego di diversi stru-menti di analisi (focus, opinion leader, ecc,) gestiti in un’ottica di integrazione e coerenza informativa, appare necessario dedicare una riflessione ad hoc alla messa a punto di una griglia descrittiva sempre più efficiente, in grado di catturare anche le variazioni e le modifiche che intervengono nel breve periodo nei comportamenti e nella distribuzione dei soggetti. Se prendiamo in considerazione i tre criteri precedentemente descritti e li incrociamo con i gruppi-cluster, la griglia interpretativa produce la seguente relazione.

Tabella n. 2.27. “I nove cluster incrociati con i tre modelli di comportamento prevalente”

# Gruppi Modelli

1 Sanità Modello integrativo

2 Assistenza generica agli associati Modello sostitutivo; Modello integrativo

3 Assistenza sociale Modello alternativo; Modello sostitutivo; Modello integrativo

4 Assistenza sociale e sanitaria Modello integrativo

5 Ospitalità Modello alternativo; Modello integrativo

6 Formazione e ricerca Modello sostitutivo; Modello integrativo

7 Attività ricreative Modello sostitutivo

8 Tutela interessi Modello alternativo; Modello sostitutivo

9 Attività ricreative assistenziali Modello sostitutivo; Modello integrativo

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

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La struttura dell’offerta

Il comportamento alternativo è quindi prevalente nel Gruppo dell’Assistenza Sociale, del-l’Ospitalità e della Tutela degli Interessi. I tre gruppi, nel loro insieme, raccolgono il 30,5% delle organizzazioni, ma il peso specifico del modello alternativo è molto minore. Nel Gruppo dell’Assistenza Sociale opera come “coscienza critica”, accanto ad operatori pro-fessionali ed a strutture di chiara connotazione aziendale (cooperazione, consorzi, ecc.). È probabile che questa presenza venga meno, o si riduca in misura consistente, nel caso di modifiche sostanziali della normativa nazionale e locale. Nel Gruppo dell’Ospitalità eser-cita una leadership indiscussa, mentre nel Gruppo della Tutela degli interessi opera per la rappresentanza delle istanze sociali delle fasce più deboli.

Il comportamento sostitutivo è molto rappresentato nei Gruppi: Formazione e Ricerca (6) insieme al modello integrativo, Attività Ricreative (7), di cui costituisce il nocciolo duro, Tutela interessi (8) insieme al modello alternativo, Attività Ricreative Assistenziali (9) che condivide con il modello integrativo. I Gruppi assommano il 46,9% delle organizzazioni. In considerazione delle sovrapposizioni e della funzione propria di questo modello, si può ipotizzare che esso abbia un peso reale non lontano dal 30%.

Il comportamento integrativo è realtà prevalente nei Gruppi: Sanità (1), Assistenza Generi-ca (2), Assistenza Sociale (3), Assistenza Sociale e Sanitaria (4), Ospitalità (5) insieme al modello Alternativo, Formazione e Ricerca (6) e Attività Ricreative Assistenziali (9), che condivide con il modello sostitutivo. La sommatoria dei gruppi produce l’aggregazione più significativa: 47,2%. Anche tenendo conto delle molte sovrapposizioni possibili con gli al-tri modelli, è evidente che questa componente è già oggi maggioritaria e tende ad acqui-stare ulteriore peso nel corso del processo di riconfigurazione in corso.

I primi quattro Gruppi “a comportamento integrativo” sono quelli nei quali si manifesta con maggiore forza la dimensione di impresa, tanto per ragioni normative e regolamentari quanto per le scelte di “welfare policy” praticate negli ultimi anni dalla politica. Formazio-ne e Ricerca costituisce una sorta di segmento a sé stante, mentre le Attività Ricreative Assistenziali costituiscono un Gruppo “di confine”, che potrebbe essere ricompresso nelle attività di assistenza sociale e sanitaria oppure confluire nel Gruppo delle Attività ricrea-tive tout court.

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3. Le tematiche principali in discussione nel mondo dell’Economia civile

In questo capitolo sono descritte le tematiche cruciali in discussione all’interno del ma-crosettore dell’Economia civile e, in particolare, all’interno del Terzo settore. Il dibattito è stato analizzato attraverso lo svolgimento due lavori distinti: a) una indagine a carattere qualitativo presso un campione ragionato di “opinion leader” (del macrosettore, ma non solo); b)una ricerca, sempre a carattere qualitativo, basata sullo svolgimento di quattro “fo-cus group”, ognuno dei quali a carattere monografico, su quelle che si sono rivelate le aree di discussione più interessanti e prolifiche in termini di risultati. Nell’ambito del modello di analisi ed interpretazione adottato nel presente lavoro, le quattro tematiche dominanti sono state incrociate con i nove gruppi di soggetti, nei quali si articola l’offerta dei servizi prodotta dal macrosettore.

3.1. L’indagine sugli opinion leader - le tematiche rilevanti

Il quadro di insieme

Il questionario sottoposto agli “Opinion Leader” era diviso in cinque sezioni, ciascuna del-le quali riguardava una tematica definita. Per ciascuna delle sezioni, in questo capitolo, proporremo una sintesi dei contenuti principali, ma prima di scendere nel dettaglio pen-siamo sia utile dare un quadro d’insieme della fase in cui versa l’Economia civile di Roma e provincia, così come è stato rappresentato dagli stessi intervistati.

La fase di stallo

Dopo l’incedere esplosivo degli anni ’80 e dopo il momento di consolidamento degli anni ’90, questo decennio si è aperto sotto il segno dell’incertezza. Il Terzo settore, che veniva indicato come uno dei pochi settori ancora capace di generare fenomeni espansivi sotto il profilo della quantità (occupazione, nuova impresa, nuovi mercati), ha subito una consi-stente battuta d’arresto proprio all’inizio degli anni 2000, paradossalmente in uno dei mo-menti di picco della domanda.

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aLa fase di stallo si apre in concomitanza di quattro fattori:

1) il processo di ridisegno dell’Amministrazione Pubblica ed in particolare l’affermarsi di un nuovo approccio in materia di gestione pubblica, deno-minato anche New Public Management (NPM), i cui elementi portanti possono essere sintetizzati così: a) introduzione di una gestione più profes-sionale dell’attività pubblica; b) inserimento di principi di competizione e di concorrenza nei confronti del settore privato e quindi l’utilizzo di stili aziendali di gestione delle attività e delle risorse umane; c) adozione di pa-rametri predefiniti cui le diverse attività amministrative dovrebbero anco-rarsi e di indicatori per misurare la qualità e l’efficienza delle prestazioni; d) enfasi sul controllo degli output e dei servizi effettuati; e) potenziamento dell’autodisciplina da parte dei dipendenti pubblici e uso della parsimonia nell’allocazione delle risorse.

2) La revisione della struttura costituzionale dei poteri e delle deleghe tra Stato e Regioni e l’apertura della breve stagione federalista.

3) Il consolidamento dell’Unione Europea ed l’adeguamento dei conti pubbli-ci, che ha generato in tutti i Paesi membri un consistente ridimensionamen-to della spesa pubblica e la fine del Grande Welfare.

4) Il processo di riconfigurazione dello stesso Terzo settore. Da un lato si con-solidano i rapporti tra organizzazioni e territorio, dall’altra si acuisce la con-correnza, in mancanza di un quadro normativo definito e trasparente e in presenza di una confusa molteplicità di soggetti, diversi tra loro per tipologia giuridica, cultura, modalità organizzative, obiettivi.

L’espansione si blocca, arrivano i primi segni di crisi, lo slogan “Terzo settore è bello” lascia il posto ad un silenzio progettuale che perdura ancora oggi.

Il welfare senza progetto

Dal punto di vista delle policy, le nuove regole non hanno ancora prodotto comportamenti e orientamenti nuovi. Siamo nella fase in cui il vecchio non funziona più e il nuovo non è ancora entrato in funzione. Ci troviamo di fronte ad un “welfare senza progetto”, incapa-ce cioè di stabilire priorità, indicazioni di tendenza, regole. I territori sono costantemente combattuti tra l’esigenza di far quadrare i conti e la necessità di dare risposte ad una do-manda crescente di servizi sociali e sanitari, tra la necessità di garantire continuità ai ser-vizi esistenti e l’urgenza di aprire nuove linee di lavoro (immigrazione, disagio giovanile, anziani). Il silenzio della politica e l’aspro conflitto fra Stato e Regioni sulle materie dele-gate, le materie concorrenti e le materie riservate rappresentano oggi il maggiore ostacolo alla messa a fuoco di un nuovo profilo del welfare e alla definizione di politiche sociali coe-renti e omogenee nei territori.

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Le tematiche principali in discussione nel mondo dell’Economia civile

La famiglia senza progetto

Proprio mentre entra in crisi il sistema del welfare tradizionale e si affaccia in Europa una crisi economica strutturale di grande portata, la domanda di servizi alla persona subisce una rapida impennata. Sono molti i fenomeni che concorrono alla creazione dell’attua-le situazione di disallineamento tra risorse e domanda, ma certamente il nodo dei “servizi alla persona” nasconde un fenomeno più profondo e silenzioso: la crisi dell’assetto solidale della famiglia.

I percorsi di vita sono diventati frammentari, il lavoro genera incertezze legate alla con-tinuità, cedono le strutture familiari e si moltiplicano i nuclei “monogenitore”, mentre i meccanismi parentali di assistenza e sostegno si infragiliscono. Tutte queste condizioni concorrono a creare una condizione sociale in cui il disagio e la sofferenza all’interno delle famiglie crescono e si diffondono senza trovare nelle “policy nazionali” e territoriali delle risposte che vadano oltre il tamponamento dell’emergenza. Molta della domanda di “wel-fare” più acuta è prodotta dalla fragilità delle strutture familiari più giovani, che vivono la famiglia senza progetto, senza obiettivi di medio e lungo respiro, senza investimenti sul fu-turo, indipendentemente dalle condizioni culturali ed economiche.

Il nodo della sussidiarietà

Come conseguenza di una riforma federale ancora non pienamente compiuta, è in corso una partita tra Stato e Regioni che si gioca su un duplice piano: quello delle competenze e quello delle risorse. L’esistenza di numerose materie a legislazione concorrente da un lato e la mancanza di un luogo di compensazione e mediazione politica dei conflitti dall’altro, stanno portando al blocco totale della legislazione in alcuni settori strategici per lo svi-luppo del Paese, come l’urbanistica, i servizi pubblici locali, la tutela ambientale, la sani-tà, ecc.. Il federalismo è diventato inesigibile per la sovrapposizione delle fonti normative e la mancanza di strumenti istituzionali di raccordo facenti capo alla legislazione statale. L’elemento di maggiore conflittualità tra Stato e Regioni rimane tuttavia la questione delle risorse. Alcune norme recenti impediscono alle Regioni di finanziare, attraverso il ricor-so all’indebitamento, le spese in conto capitale e le spese per contributi alle imprese, alle famiglie e alle associazioni, mettendo così a rischio una delle leve fondamentali di promo-zione dello sviluppo economico e sociale territoriale. Di fronte al taglio dei trasferimenti statali, comuni di piccole dimensioni stanno reagendo riducendo le spese per i servizi di una media del 23%. I tagli riguardano in prima battuta le iniziative culturali e sportive, ma cominciano ad estendersi anche al welfare tradizionale.

Il nuovo profilo del welfare

È in questo quadro che bisogna inserire lo stato del Terzo settore nel nostro territorio, per cercare di rintracciare i nuovi profili dell’intreccio fra Terzo settore, servizi sanitari e so-cio-sanitari, politiche sociali degli enti locali e bisogni dei cittadini. L’articolo 118 della

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aCostituzione disciplina i rapporti tra i vari organi dello Stato e le iniziative dei cittadini. Tra l’altro si prevede che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favori-scono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Da qui bisognerà ripartire per disegnare la mappa dei servizi e dell’offerta, intrecciando la sussidiarietà verticale con quella orizzontale, presupponendo che questo lavoro sia condotto attraverso un confronto diretto, di tipo concertativo, fra tutti i soggetti interessati.

3.2. L’indagine sugli opinion leader - le testimonianze rese nel corso delle interviste

Cosa ci dicono le interviste agli opinion leader? Le maggiori indicazioni di tendenza parla-no di tre processi ancora incompiuti: a) il processo di distinzione delle identità e di ricon-figurazione dei ruoli e delle funzioni all’interno del Terzo settore; b) il processo di riordino dell’Amministrazione Pubblica e di ridisegno organico dei rapporti tra Stato e Governi lo-cali; c) il processo di ridisegno del “welfare” e delle sue filiere istituzionali, con una divisio-ne chiara dei compiti e delle funzioni ai diversi livelli. Nei paragrafi successivi riportiamo in sintesi alcune delle conclusioni più radicate e diffuse tra gli “Opinion Leader”, mentre dal capitolo 3 in poi abbiamo riportato in sintesi le risposte date alle singole domande.

La ricerca di identità e l’allargamento dei confini originali del Terzo settore

Per parere unanime degli intervistati, l’identità delle organizzazioni e la loro appartenenza al Terzo settore sono ancora risolvibili solo con l’autocertificazione, in mancanza di crite-ri condivisi di classificazione e di distinzione. Questa situazione magmatica sta spingendo i soggetti dotati di identità forti (culturalmente, storicamente ed economicamente) a co-stituire il “Quarto Settore”, con uno statuto definito e criteri selettivi di accesso. Ai criteri tradizionali di “senza fini di lucro” e del riferimento al settore sociale di intervento, si van-no aggiungendo, in maniera sempre più chiara: a) i modelli organizzativi e del lavoro; b) il coinvolgimento del/nel territorio; c) la partecipazione e la democrazia nella vita associa-tiva delle organizzazioni; d) la dichiarazione esplicita dei valori di riferimento (solidarietà, ospitalità, inclusione, democraticità); e) modalità di “governance” peculiari. Ad esempio: il “proprietario” o azionista di maggioranza in senso stretto presso le grandi organizzazioni associative non profit non esiste ed il confine tra “shareholders e stakeholders” è piuttosto sottile (ad es: Amnesty, WWF, ecc.).

Pur sottolineando l’esigenza di disporre di strumenti efficaci di incentivazione (fiscali, di credito, per la formazione, per la contrattualistica di lavoro, ecc.), il Terzo settore si espri-me in modo omogeneo a favore di un set concordato di controlli e di verifiche, fino ad accettare l’ipotesi di una formulazione normativa di carattere restrittivo. L’unico vero li-mite all’idea dell’integrazione fra sussidiarietà verticale e orizzontale consiste nel rischio di “esternalizzazione del welfare” da parte di un’Amministrazione incapace di rispondere ai diversi problemi. Il Terzo settore non accetta l’idea di essere lo strumento di “outsour-cing” a basso costo dei servizi socio-sanitari o sociali. Quanto al rapporto tra mondo profit

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e mondo non profit, sembra di essere nella fase della “distinzione per esclusione” (noi non siamo questo), soprattutto perché molta parte dell’economia civile non ha ancora sviluppa-to un’identità riconoscibile e univoca, al contrario di quanto è accaduto per il Terzo setto-re. C’è però una chiara percezione dello spostamento dei confini in atto tra un’area “solo profit” e la nuova area che potremmo definire “non solo non profit”. Ci sono anche dei fe-nomeni di cooperazione ai margini tra profit e non profit, che potrebbero portare ad una felice contaminazione tra i due mondi, nel passato quasi sempre rigorosamente alternativi se non dichiaratamente antagonisti.

L’area di intervento del Terzo settore si è dilatata fino ad investire tutti gli aspetti proble-matici della vita sociale e delle famiglie e fino a comprendere tematiche fino a poco tempo fa estranee: il turismo e la mobilità, il tempo libero e la cultura, ecc.. Il Terzo settore al-larga la sua capacità di intervento e, superando il limite tradizionale dell’intervento sulle criticità e sulle fasi acute, si appresta a diventare un soggetto facilitatore, un agente socia-le capace di rimettere insieme i pezzi di una trama sociale strappata in più punti, a partire dai bisogni delle famiglie.

Oggi al Terzo settore si chiede capacità di tenere insieme, in un disegno unitario, bisogni delle persone, bisogni del territorio e diritti universali, elaborando modalità di erogazione dei servizi che mantengano ampia autonomia. Il necessario intervento pubblico dovrebbe essere sostenuto da strumenti di analisi e di verifica in grado di segnalare il grado di soddi-sfazione dell’utente e di risposta ai bisogni sociali, con un alleggerimento deciso delle for-mulazioni e degli adempimenti formali e burocratici.

La comunicazione e l’Economia civile

All’identità in crescita ma non interamente a fuoco, corrisponde una immagine opaca e spesso distorta del Terzo settore e della sua reale funzione. Prevalgono gli aspetti legati alla grande solidarietà internazionale, prevalgono le grandi organizzazioni nazionali e interna-zionali, mentre manca quasi totalmente la rappresentazione della presenza quotidiana del Terzo settore e della sua reale portata sociale ed umana. Del resto le modalità stesse della comunicazione mediatica (informazione breve senza riflessione) rendono difficile la narra-zione di un quotidiano frammentario e difforme, per quanto capillare e presente nelle sac-che del massimo disagio. Sebbene per riconoscimento unanime il peso “morale” del Terzo settore sia cresciuto in grande misura negli ultimi anni, la sostanziale debolezza dell’identi-tà comune rende anche difficile la gestione dell’immagine corporate del Terzo settore, tan-to sotto il profilo dei contenuti quanto sotto il profilo degli investimenti, che sono ancora largamente al di fuori della portata delle iniziative sociali.

Le agevolazioni invisibili

Il parere pressoché unanime degli intervistati a proposito delle misure di agevolazione e ac-cesso al credito per il Terzo settore è secco: sono pochissime, complicate ed inaccessibili. Il credito cooperativo e quello proprio del Terzo settore (Consorzi CGM, Banca Etica, ecc.) costituiscono il vero canale di credito, ma non sono sufficienti a coprire il fabbisogno. Le forme tradizionali di “fund raising” sono molto onerose per le piccole organizzazioni, quin-

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adi rimangono indispensabili, ma non decisive e talvolta controproducenti in termini di rapporto tra risultato raggiunto e impiego di energie. Sarebbe necessario collegare la reda-zione del bilancio sociale all’accesso ad una serie di strumenti di incentivazione e sostegno molto specifici (ad esempio particolari criteri di deducibilità fiscale, forfetizzazioni, ecc.). Tutti vedrebbero di buon occhio la formulazione di criteri selettivi più rigorosi degli attuali (purché chiari e negoziati), a fronte di vantaggi reali ed esigibili in tempi certi.

La nuova realtà del “non solo non profit”

Tematiche come quella della responsabilità sociale di impresa, del bilancio sociale, della carta dei valori e del codice etico hanno dato vita ad un dibattito intenso che ha presto superato i confini del Terzo settore, per contaminare ampiamente altre aree dell’econo-mia tradizionale. Un’impresa può essere definita valida se produce ricchezza badando alle conseguenze sociali delle proprie scelte, così come la redazione di un bilancio sociale può portare un’impresa di profitto a ragionare in modo nuovo sulla propria visione del mondo. Oltre al bilancio sociale, esistono altri strumenti in grado di qualificare l’agire di impresa sul piano della rilevanza sociale: il percorso di qualità del lavoro, l’attenzione alla persona, l’accento sulla qualità dei servizi, la relazione con i bisogni del territorio e della persona, ecc.. Si tratta di modelli, procedure, atteggiamenti e comportamenti che possono influen-zare in profondità e positivamente la produttività e la capacità competitiva di un’impresa anche di profitto, a patto che non vengano adottati come “specchietto per le allodole” o solo per motivi di immagine.

La formazione ed il management, tra innovazione e continuità

Il tema della formazione ha ricevuto risposte univoche, più di quanto non sia successo per gli altri gruppi di domande. La crescita quantitativa e qualitativa delle iniziative del Terzo settore impone un salto di qualità nelle modalità di gestione e questo significa, automati-camente: qualità delle risorse umane e qualità dei processi formativi. Sul piano del ma-nagement gli intervistati non rilevano distanze incolmabili tra la cultura produttiva del-l’impresa tradizionale e quella delle iniziative economiche “non profit”, se non nelle aree soggettive della motivazione e degli obiettivi. La dimensione dell’investimento formativo dovrebbe essere compresa nei set di valutazione della qualità, anche per garantire la conti-nuità delle iniziative, al di là dei destini personali dei fondatori e dei promotori.

Il verbale delle interviste effettuate

Identità delle organizzazioni dell’Economia civile

Domanda n. 1. Data la differenziata multiformità del Terzo settore, di esso si tende ad offrire una definizione indiretta, per via negativa o analogica. Perché, a Suo parere, è così complesso dare una definizione diretta del Terzo settore? Alla prima domanda la quasi totalità degli in-tervistati risponde che nel Terzo settore operano soggetti assolutamente eterogenei, con

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profili strutturali, organizzativi e motivazionali molto diversi, con un compito “di confine”, che sarebbe quello di coniugare mercato e solidarietà. Alcuni sostengono che il Terzo set-tore si basa su esigenze che provengono dalla società civile, che sono quindi esigenze non catalogabili, sempre nuove. Altri mettono in evidenza l’ampiezza della gamma delle matri-ci culturali che lo generano e che lo orientano. Il Terzo settore è cresciuto in modo disor-ganico, in assenza di normativa. Per questa ragione le norme attuali non sono in grado di catturarne tutti gli elementi distintivi. Questi elementi spiegherebbero, almeno in parte, la difficoltà di esprimere definizioni univoche ed esaurienti, anche se la crescente profes-sionalizzazione del Terzo settore ha portato all’interno ad una sempre più chiara definizio-ne degli ambiti e delle figure che compongono questo campo d’attività. Altri intervistati sottolineano come vi sia poca chiarezza, causata dalla scarsità di informazione al riguardo. Alcune componenti (volontariato) parlano già di Quarto Settore, proprio per riprendere un percorso di netta distinzione.

Domanda n. 2. Crede che i criteri, attualmente utilizzati, dell’assenza del fine di lucro e del campo di intervento siano in grado di determinare adeguatamente l’identità dell’impresa socia-le? Quasi tutti gli intervistati rilevano la validità dei due criteri indicati nella domanda (assenza del fine di lucro e campo di intervento di rilevanza sociale), ma sottolineano che quei due criteri, da soli, non sono sufficienti a definire l’identità delle organizzazioni del Terzo settore. Vengono indicati altri fattori peculiari e distintivi: i modelli organizzativi, il coinvolgimento del territorio, la partecipazione e la democrazia, la dichiarazione esplici-ta dei valori di riferimento (solidarietà, ospitalità, inclusione, democraticità), modalità di governance peculiari, ad esempio il “proprietario” in senso stretto presso le organizzazioni “non profit” non esiste ed il confine tra “shareholders e stakeholders” risulta piuttosto sot-tile, gli obiettivi delle singole strutture, che costituiscono un ulteriore criterio di identifi-cazione per le organizzazioni. Circa i criteri distintivi, sarebbe opportuno distinguere tra organizzazioni che non hanno nessuno scopo di tipo lucrativo e organizzazioni che invece non distribuiscono i profitti ma in cui, tuttavia, i partecipanti puntano alla produzione di reddito (non solo non profit). Ciò consente di individuare due grandi categorie all’interno delle organizzazioni. Il mancato fine di lucro non può pertanto essere sufficiente a defini-re le “non profit”. Essenziale è che non sussistano interessi di natura privatistica tra i soci, mentre è molto evidente per tutti che non si può operare in totale assenza di risorse eco-nomiche. Alcuni propongono che il volontariato sia considerata la linea di confine reale tra “mondo profit e mondo non profit”.

Domanda n. 3. Quali dovrebbero essere, a Suo avviso, gli strumenti di incentivazione più utili e funzionali da mettere a disposizione del mondo non profit? Sebbene gli intervistati appartenga-no ad una gamma ampia di protagonisti tra loro molto diversi per struttura giuridica e orga-nizzazione (Associazioni di interessi, Associazioni di Volontariato, Cooperative, Strutture Religiose, ecc.), l’attenzione di tutti converge sull’esigenza di una politica nazionale del wel-fare omogenea, che attribuisca risorse adeguate alle istituzioni pubbliche, garantisca attività di formazione per la Pubblica Amministrazione a tutti i livelli. Gli strumenti di incentiva-zione possono essere diretti (tutti gli strumenti che lo Stato, le Regioni e gli Enti territoriali possono utilizzare nei confronti del Terzo settore) e indiretti (donazioni da parte dei privati). Gli incentivi di tipo quantitativo, come il finanziamento, la detassazione e l’agevolazione, la facilitazione delle modalità di accesso al credito, contratti di lavoro specifici (ad esempio,

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aal volontariato potrebbero essere riconosciute tutele di base), da soli non forniscono rispo-ste esaurienti (lato dell’offerta pubblica). Gli intervistati sottolineano, con accenti diversi, la necessità di progettare strumenti che puntano sulla qualità, come la formazione, le tec-niche motivazionali, la comunicazione, il coordinamento, la qualità della progettazione, la partecipazione a progetti di carattere locale insieme ad altre realtà, la capacità di risposta e di integrazione dei sistemi locali (sussidiarietà) (lato della domanda sociale). Maggiori tu-tele comportano, ovviamente, maggiori controlli. Alcuni chiedono più strumenti informa-tivi, maggiori semplificazioni burocratiche e una migliore definizione legislativa delle com-petenze.

Domanda n. 4. Costituirebbe un pericolo o un’opportunità, a Suo avviso, l’integrazione pro-gressiva del sistema di “sussidiarietà verticale” (Stato, Regione, Provincia, Comune) con le or-ganizzazioni che fanno capo alla “sussidiarietà orizzontale” (che caratterizza appunto il settore non profit), nei processi di implementazione delle politiche sociali. L’integrazione (o la coope-razione), a parere di molti è un processo già avanzato e, in linea generale, lo si può vedere come un’opportunità. Il problema, a questo punto, è quello di una chiara regolamentazione dei rapporti: a) la funzione normativa e di verifica resta appannaggio della Pubblica Am-ministrazione, b) le funzioni gestionali si ripartiscono tra i soggetti operanti sul territorio, secondo parametri di efficienza, di universalità e di qualità dei servizi erogati, con l’obiet-tivi esplicito di ridurre la distanza tra lo Stato e le realtà locali. Se il rapporto tra i due li-velli di sussidiarietà tendesse, invece, a ingenerare ulteriore burocratizzazione e strumenta-lizzazioni, allora l’opportunità si trasforma in un ostacolo o nel rischio di “esternalizzazio-ne del welfare” da parte di un’Amministrazione incapace di rispondere ai diversi problemi. Il punto di riferimento principale è costituito dall’articolo 118 della Costituzione Italiana, che disciplina i rapporti tra i vari organi dello Stato e le iniziative dei cittadini tra l’altro si prevede che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’auto-noma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. È necessario che le istituzioni facciano la loro parte senza assumere un atteggiamento di dominanza ed eliminino l’ambiguità del-le politiche sociali (con il progressivo ritiro dello Stato dalla gestione del welfare) che po-trebbero spostare il senso dell’attività in una sorta di “outsourcing” improprio. Un modo, quindi, di privatizzare le competenze del pubblico. Pertanto occorre promuovere la sussi-diarietà orizzontale, laddove essa sia realmente connessa a una logica di partecipazione che coinvolga tutti gli attori sociali. Un intervistato indica il problema maggiore nell’incompa-tibilità culturale tra i due sistemi. Riporta l’esempio di quando i Comuni hanno attuato i piani di zona, mettendo così in atto dei processi di “compressione” delle organizzazioni del Terzo settore, vincolate al raggiungimento di un minimo di fatturato.

Domanda n. 5. Non sempre la distinzione tra profit e non profit è chiara. Ritiene che gli im-prenditori delle microimprese e delle piccole imprese siano sufficientemente informati della dif-ferenza tra profit e non profit per fare la loro scelta di appartenenza con le idee chiare? Si può fare non profit anche in una sana economia di mercato, ma quanti piccoli imprenditori sono consapevoli del proprio ruolo? Dalle risposte ricevute, l’impressione è che buona parte degli interessati non abbia compreso appieno il significato della domanda, che intendeva apri-re una finestra sul tema delle micro-imprese, delle iniziative “non solo profit” e del confi-ne mobile che delimita il mondo dell’economia civile. Anche la difformità delle indica-

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zioni fornite (le piccole imprese sanno bene la differenza, le piccole imprese non cono-scono la differenza) esprime la prevalenza di opinioni personali e legate a fatti locali, più che una visione d’insieme successiva ad un’analisi complessiva dei fenomeni. In sintesi, mentre alcuni mantengono ferma la distinzione tra logiche di mercato e logiche di “no-profit”, da parte di altri viene sottolineato il fatto che all’interno del Terzo settore esiste una sostanziale chiarezza circa la distinzione “tra profit e non profit”, ma che in genera-le non ci sono le condizioni per porsi la domanda riguardante la distinzione e il possibile interscambio nelle metodologie tra profit e non profit. Riguardo la possibilità di svolge-re attività “non profit oriented” all’interno di una sana economia di mercato, ciò viene ritenuto possibile. Lo dimostrerebbe la presenza di realtà vitali quali le botteghe basate sul commercio equo e solidale, la crescita della cultura biologica nelle attività agricole e nei consumi alimentari, ecc. Esiste ancora una vasta area di confluenza, oggi opaca e per-corsa da correnti di reciproca diffidenza, che potrebbe rappresentare una nuova forma di economia basata sull’indipendenza dei fattori produttivi dall’accumulazione del profitto. Qualcuno sostiene che se le piccole imprese avessero netta questa distinzione e i piccoli imprenditori sfruttassero al meglio alcuni strumenti, il mondo dell’economia civile avreb-be di che guadagnarne.

Domanda n. 6. Il non profit è caratterizzato da multiformità ma, a Suo parere, in quali setto-ri (sanità, servizi sociali, associazionismo civile, ecc.) e in quali ambiti della società il non profit offre i maggiori contributi? La stragrande maggioranza degli intervistati si riferisce ai settori dell’assistenza socio-sanitaria e dei servizi sociali tradizionali e dei servizi alla persona: in-fanzia e adolescenza, povertà, disabili, anziani, malati. Affiorano anche orientamenti di-versi, sempre di tipo tradizionale: le attività culturali e sportive, l’ambiente, i diritti civili, il turismo sociale e responsabile, ecc. In terza linea si fa riferimento ad aree di recente emer-sione: disagio e condizione giovanile, immigrazione, minori a rischio, tossicodipendenze, servizi alla persona, anziani, inclusione sociale, animazione economica e piani di sviluppo delle aree economiche depresse. È chiaro che i punti di vista sono fortemente influenzati dall’identità degli intervistati e che la visione del mondo che essi esprimono si concentra sul proprio specifico. Esiste di fatto una doppia versione dei fatti. La prima fa riferimento al mondo dell’associazionismo tradizionale, la seconda proviene dalle strutture che si sono proposte di rispondere, con strumenti nuovi, ad una nuova domanda sociale.

Domanda n. 7. C’è una qualche correlazione, secondo Lei, tra caratteristiche socio-culturali del contesto territoriale e sviluppo/differenziazione delle organizzazioni non profit? Tutti concor-dano sul fortissimo legame tra le caratteristiche socio-culturali del contesto territoriale e lo sviluppo/differenziazione delle organizzazioni “non profit”. Alcuni sottolineano lo squi-librio tra le organizzazioni del Terzo settore del Nord Italia e quelle del Sud Italia. Certa-mente si riscontra il maggiore sviluppo del “non profit” dove c’è un maggiore progresso e maggiore impegno da parte della Pubblica Amministrazione. La sensibilità sociale consen-te di partire dai disagi che il territorio manifesta e di apportare cambiamenti e sviluppo nel contesto d’appartenenza. In generale si può dire che ad un maggiore livello cultura-le corrisponde una maggiore risposta. L’esempio più citato è quello della realtà dell’Emilia Romagna, regione che da decenni dedica risorse alla questione sociale. Questo ha fatto sì che in questo territorio crescesse una forte sensibilità nei confronti di connettivi socia-li fondamentali, come il diritto ai servizi universali e la solidarietà. Fare associazionismo,

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ainvece, nei territori in cui è radicata la mafia è assai più difficile, in quanto le associazioni sono esposte a violenze e ritorsioni. Alcuni rilevano che, in mancanza di politiche sociali definite e in mancanza di investimenti forti e convinti nel sistema di “welfare”, anche in un contesto evoluto come il Comune di Milano, alcuni settori possono essere penalizzati (ad esempio: le attività culturali). Le differenze più forti si manifestano in tre tipi di con-testi: tra mediterraneo e aree del nord; tra aree economicamente depresse e aree svilup-pate; tra aree metropolitane e realtà locali rurali e semirurali. Viene segnalato il fatto che l’eccessivo ancoraggio al territorio, se non viene alimentato da una visione d’insieme, può diventare un fattore limitante.

Domanda n. 8. Cosa ne pensa, è possibile o è auspicabile che lo Stato, a tutti i livelli (locale, centrale) favorisca la sussidiarietà attraverso una politica di incentivazione delle organizzazioni del Terzo settore? Secondo la totalità degli intervistati, il sostegno alla sussidiarietà dovreb-be passare attraverso politiche di incentivazione delle organizzazioni del Terzo settore, pur-ché quando si parla di sussidiarietà non si alluda alla sostituzione dello Stato con il Terzo settore, a patto che questo processo non si traduca in un mero sgravio degli oneri da parte delle istituzioni. Viene indicata la necessità di dare piena attuazione alla legge 328. La poli-tica di incentivazione deve essere equa, efficiente e trasparente, ad esempio prevedendo sia incentivi di tipo economico e fiscale, sia di tipo qualitativo, per evitare di favorire gruppi ristretti di soggetti a danno dell’articolazione locale delle realtà di carattere sociale. Tutti concordano sul rischio di indurre dipendenza, mentre, al contrario, il Terzo settore dovreb-be puntare su una propria forte autonomia.

Comunicazione e sfera pubblica

Domanda n. 9. A Suo avviso, il mondo della comunicazione offre un’immagine adeguata del Terzo settore? Tutti gli “opinion leader”, tranne due, concordano ampiamente sul fatto che la situazione è molto migliorata negli ultimi anni, ma che il mondo della comunicazione non offre un’immagine adeguata del Terzo settore. I mezzi di comunicazione tendono a diffondere immagini “buoniste”, solo ed esclusivamente delle realtà e delle iniziative di di-mensioni maggiori, che godono di maggiore potere e prestigio, a scapito di quelle che ope-rano nel silenzio e nell’umiltà. Si pone l’accento solo sulla beneficenza e sulle risposte di grande emergenza, mentre si dice poco di come il Terzo settore sia impegnato nel sociale e nel quotidiano. Nella maggioranza dei casi, quando nei media si parla di Terzo settore, non è chiaro di cosa si stia parlando. Emerge la necessità di rendere più visibili i progetti realiz-zati, in modo che l’immagine del Terzo settore non sia blanda, sfumata e imprecisa, ma aiu-ti a capire come distinguere un’azione sociale utile da una caritatevole. Si dice anche che è necessario investire in una campagna di informazione nei confronti della sfera pubblica e della società civile, che spesso ignorano l’importanza di questo universo.

Domanda n. 10. Quale è il Suo personale giudizio sul peso che il settore non profit esercita sul-l’opinione pubblica? Come potrebbe fare per avere un peso proporzionale alla funzione svol-ta? A parere di quasi tutti gli intervistati, il settore “non profit” esercita poco peso sul-l’opinione pubblica, in quanto tocca solo le fasce più acculturate e il mondo dei giovani, non ovunque con la stessa efficacia. Ma questo peso è cresciuto negli ultimi anni. Il peso

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che esercita il Terzo settore sulla sfera pubblica è proporzionale alla necessità che la sin-gola persona manifesta; ad esempio, coloro che hanno un malato in casa sono più sensi-bili verso organizzazioni che si occupano di questo problema. I soggetti del Terzo setto-re contribuiscono a formare la coscienza e la cultura politica; rappresentano pur sempre luoghi di costituzione d’identità che riflettono e influiscono sugli orientamenti culturali. Potrebbe avere un peso maggiore se, favorendo il coordinamento tra i molti soggetti, riu-scisse ad ottenere uno spazio maggiore nei canali mediatici. Il peso aumenta soltanto su temi quali la cooperazione e la solidarietà internazionale, mentre è molto minore su temi quali l’immigrazione o i minori. Il non profit potrebbe far valere meglio il peso che gli viene riconosciuto sul piano della credibilità. Per aumentare l’impatto bisogna “mettersi in rete”, intensificare le campagne di comunicazione circa argomenti oggetto delle attivi-tà delle “non profit”, favorendo la distinzione tra ciò che è “non profit” e ciò che non lo è, anche attraverso campagne di sensibilizzazione. Il problema principale è che, essendo privo di una gestione strategica adeguata della comunicazione, il Terzo settore è vittima di una sorta di svalutazione del proprio lavoro. Si suggerisce che le grandi organizzazioni si mettano insieme a quelle più piccole, per avere una voce più autorevole e forte ed esi-gere il diritto all’accesso per far conoscere meglio e in profondità le azioni positive che si svolgono sul territorio.

Domanda n. 11. Sul piano della comunicazione il Terzo settore deve investire verso il potenziale cliente, verso la società civile, verso le istituzioni, verso il mondo del credito…? Sugli orienta-menti strategici del Terzo settore in materia di comunicazione, non ci sono pareri omoge-nei. Questo conferma ampiamente il significato implicito delle risposte alla domanda pre-cedente (nessuna strategia, nessun risultato). Un piccolo gruppo sostiene che è necessario comunicare a tutti, per pubblicizzare le motivazioni di fondo delle organizzazioni “non pro-fit” e non solo. Un gruppo più consistente darebbe priorità soprattutto alla comunicazione diretta alla società civile, la quale può e deve organizzarsi a sostegno del Terzo settore e, in misura minore, verso le istituzioni. Altri propongono di selezionare gruppi diversi a secon-da dell’opportunità e del messaggio. Tutti concordano però sul fatto che l’investimento in comunicazione presuppone risorse che il Terzo settore non ha, fatta eccezione per pochi grandi soggetti nazionali.

Domanda n. 12. Il Terzo settore non utilizza gli strumenti della comunicazione, quelli del marke-ting. Perché non è possibile o perché non lo sa fare? Pensa viceversa che potrebbe essere utile alla sua causa? Il tema del marketing sollevato dalla domanda numero 12 chiude il segmento dell’intervista dedicato alle modalità di rappresentazione che il Terzo settore (e più in ge-nerale l’economia civile) adotta per definire la propria immagine e i propri prodotti/servi-zi. Qui è ancora più evidente il fatto che nella maggioranza dei casi la mancanza di fon-di impedisce la pianificazione di strategie comunicative efficaci. La vera pubblicità è data piuttosto dalla qualità dei servizi erogati. Gli intervistati dicono che in alcuni settori del “non profit” le attività di “marketing” esistono e sono anche ben sviluppate (basti pesare a Telethon o Legambiente, ecc.). Sono le realtà minori ad avere difficoltà ad adottare strate-gie di marketing. Nella maggioranza dei casi il marketing non fa parte del set di strumenti culturali del management, ma si sta prendendo in considerazione un maggiore investimen-to in tal senso. Un forte vincolo viene identificato nel costo della formazione oggi dispo-nibile. Una forte limitazione all’adozione di strumenti e tecniche di comunicazione viene

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aanche dalla storia e dalle modalità di sviluppo di molte attività “no-profit”. Quando l’inter-vento è nato, è stato promosso e sostenuto localmente all’interno di una logica di integra-zione con i servizi pubblici o di supplenza degli stessi, la necessità di proporsi in termini di mercato e concorrenza è stata bassa. Nei momenti di crisi e di difficoltà a sostenere il peso dei servizi e delle disfunzioni organizzative degli enti locali, invece, la necessità di differen-ziare il proprio mercato diventa stringente. C’è chi sottolinea anche l’estraneità culturale del Terzo settore rispetto agli obiettivi di vendita del marketing tradizionale e che sia utile avvalersi degli strumenti della comunicazione, ma solo con l’obiettivo della divulgazione di informazioni (ad esempio attraverso la televisione, internet ed altri mezzi nuovi) e non con obiettivi di vendita. Qualcun altro, invece, propone di far ricorso a professionisti in grado di stendere un efficace piano di comunicazione e marketing. Da una parte, il lavoro dei “comunicatori” potrebbe essere gratuito per le organizzazioni, dall’altra, questo lavoro potrebbe essere considerato come una sorta di “autopromozione” per le agenzie di pubbli-cità: si innesterebbe così un proficuo volano per entrambe le realtà.

Questioni politico-giuridiche

Domanda n. 13. Come giudica le misure di agevolazione e accesso al credito a beneficio delle organizzazioni non profit, messe a disposizione dal legislatore (Stato, Regioni, Province)? C’è un parere pressoché unanime degli intervistati a proposito delle misure di agevolazione e accesso al credito per il Terzo settore: sono pochissime, complicate e inaccessibili. Il pro-blema principale è legato alla richiesta di eccessive garanzie, del tutto simili a quelle che vengono richieste alle “aziende profit”. Del resto nel Terzo settore non è facile rispondere in modo univoco alla domanda: si tratta di impresa (che deve ricavare da sé il sostegno economico) o una costola del welfare (che deve godere di incentivi pubblici)? Solo poche Regioni, come ad esempio la Toscana, prevedono il sostegno al credito in modo concre-to e praticabile. Il problema diventa più evidente nel Meridione. Molti dichiarano di non conoscere misure di agevolazione specifiche destinate al Terzo settore e che invece hanno toccato con mano quanto lo Stato si sia ritirato dalle politiche di incentivo. Non c’è una politica locale del credito al Terzo settore e certamente bisognerebbe rivedere gli accordi di Basilea 2.

Domanda n. 14. Alla luce del loro ruolo nel territorio, quale via ritiene maggiormente prati-cabile per il finanziamento delle organizzazioni non profit? Il credito ordinario, il credito coope-rativo, il credito proprio del Terzo settore… Sul piano del territorio, gli intervistati ipotizza-no che si dovrebbero integrare più strumenti, dal credito ordinario a quello cooperativo. Rilevano però che nei fatti è necessario ricorrere a strumenti dedicati e specifici, generati e gestiti da una rete propria. È necessario utilizzare il modello della Banca etica, in grado di prendere le distanze dal sistema bancario tradizionale. Il credito cooperativo rimane lo strumento più vicino al Terzo settore, ma è necessario affiancare al credito proprio del Ter-zo settore altre forme di agevolazione appositamente studiate. In questa direzione potrebbe essere ipotizzabile l’utilizzo di capitale proveniente dalle fondazioni bancarie e dallo Stato. Il discorso potrebbe essere diverso per quelle grandi organizzazioni, che godono di un po-tere contrattuale più ampio, o per le realtà che operano in piccoli centri, in cui è più facile ottenere dei riconoscimenti da parte di coloro che offrono credito.

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Domanda n. 15. A parte il credito bancario, cosa ne pensa delle forme classiche di finanziamen-to delle organizzazioni del Terzo settore (autofinanziamento, proventi dall’attività svolta, ecc.), sono sufficienti, sono organicamente compatibili con le organizzazioni del Terzo settore, … ? Tutti gli intervistati concordano sul fatto che le forme classiche di finanziamento sono positive e necessarie, ma non sono sufficienti: esse devono essere potenziate e migliorate con modalità che vanno oltre il credito bancario. La legge 142 ha prodotto molti danni nel mondo cooperativo, introducendo criteri estranei alla cultura cooperativa e sottraen-do strumenti di autodeterminazione molto importanti. L’autofinanziamento è tra le forme classiche di fund-raising. Esso richiede tuttavia molto impegno e rappresenta spesso un danno per le organizzazioni di piccole dimensioni, in quanto toglie tempo prezioso al per-sonale, che dovrebbe essere dedicato allo svolgimento dell’attività principale dell’organiz-zazione. Il fatto che le forme tradizionali risultino essere sufficienti o meno, dipende essen-zialmente dall’entità dell’impresa, fattore che influenza sia il fabbisogno di risorse che la capacità di approvvigionamento. L’autofinanziamento è comunque ritenuto indispensabi-le: bisogna che esso sia il più possibile sistematico, in modo da offrire stabilità e autonomia alle iniziative non profit. Bisogna accettare l’idea che non è sufficiente (in particolare per i soggetti di minori dimensioni) e che è necessario anche svolgere attività non tipiche, che possano portare proventi da dirottare sulle attività istituzionali.

Domanda n. 16. Sussiste a suo avviso un problema di conoscenza/informazione delle modalità di accesso al credito? Secondo una buona parte degli intervistati (venticinque su trenta), il problema del credito non concerne la conoscenza delle modalità di accesso, bensì la so-stanziale assenza di offerta compatibile. Il problema principale riguarderebbe quindi il fat-to che il credito per il Terzo settore praticamente non esiste. Pochissime banche si stanno muovendo in tale senso. Un secondo gruppo denuncia anche un problema di informazione sulle modalità di accesso al credito e a varie forme di finanziamento. L’informazione diret-ta risulta troppo spesso insufficiente e sicuramente esiste un problema di informazione cir-ca le opportunità di accesso al credito, specie nelle piccole realtà locali, non collegate alle grandi reti, alle strutture associazionistiche nazionali o comunque di grandi dimensioni.

Domanda n. 17. Ritiene che solo le aziende non profit debbano essere obbligate alla compilazio-ne del bilancio sociale? A favore dell’obbligatorietà del bilancio sociale per l’impresa “non profit” si schierano 23 intervistati su trenta. A favore dell’obbligatorietà anche per le im-prese “profit”, si schierano 11 intervistati su 30. Per gli intervistati, il bilancio sociale rap-presenta un fattore di attenzione costante nei confronti della comunità e un intervistato suggerisce che almeno tutti gli organismi pubblici, senza nessuna eccezione, dovrebbero es-sere obbligati alla redazione del bilancio sociale. Gli altri rilevano che per tutte le aziende, “sia profit sia non profit”, potrebbe essere importante avviare un percorso in questo senso, senza obbligare le imprese a stilare il bilancio sociale, dal momento che l’impegno tecnico ed economico richiesto potrebbe risultare troppo gravoso. Secondo alcuni, se ne potrebbe-ro servire anche le organizzazioni “profit”, per quanto la loro attività possa trarre vantaggio da un bilancio sociale solo sotto il profilo dell’immagine.

Domanda n. 18. Secondo Lei, una gestione politico-giuridica più rigida delle categorie che com-pongono il Terzo settore rischierebbe di neutralizzare lo spontaneismo e il volontarismo che carat-terizza gran parte delle organizzazioni non profit? Gli intervistati rispondono in modo omo-

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ageneo ponendo una precisa pregiudiziale: se per “gestione politico-giuridica” si intende una regolamentazione più forte, chiara e condivisa, ciò potrebbe arrecare numerosi vantaggi. Potrebbe spingere ad aumentare la professionalità di chi vi opera e ciò consentirebbe di migliorare la qualità dei servizi e l’efficienza dell’organizzazione stessa. D’altro canto l’espe-rienza insegna che le maglie burocratiche strette possono mortificare la capacità del citta-dino di rispondere ai bisogni del territorio, ma d’altro canto l’assenza di regole o il prolife-rare di regole troppo diverse renderebbe il “non profit” non trasparente, specialmente tra i soggetti minori. Forse si rischierebbe di rallentare lo sviluppo creativo e imprenditoriale delle organizzazioni stesse, oppure di raffreddare lo spontaneismo e il volontarismo che ca-ratterizza gran parte delle organizzazioni “non profit”. A questo si potrebbe ovviare con la costituzione di “incubatori” in grado di sostenere e tutelare i nuovi soggetti, fino a quando non avessero acquisito sufficiente autonomia. Il Terzo settore avverte la necessità di regole precise, dal momento che i valori sociali (che sono valori costitutivi del “non profit”) sono in realtà rigidi e debbano essere adeguatamente tutelati. Il controllo dovrebbe essere basa-to su strumenti e criteri non necessariamente rigidi. Dovrebbero, piuttosto, essere rigide le griglie per differenziare “il profit dal non profit” e l’insieme dei provvedimenti e dei criteri di controllo dovrebbe essere concertato insieme ai protagonisti del Terzo settore.

Etica e finanza

Domanda n. 19. A suo avviso il binomio impresa-valori può costituire un nuovo modo di fare impresa, capace di produrre ricchezza badando tuttavia alle ricadute sociali delle scelte econo-miche? Gli intervistati rilevano concordemente il fatto che il binomio impresa-valori può costituire un nuovo modo di fare impresa. Un’impresa può essere definita valida se produce ricchezza badando al sociale: in questa ottica i valori umani fondamentali sono imprescin-dibili. Questo significa immaginare, però, un sistema economico (o un sottosistema locale e specifico) capace di produrre ricchezza badando alle ricadute sociali delle scelte economi-che prima che al profitto e all’accumulazione del profitto stesso per remunerare il capitale. Qualcuno sostiene che ponendo l’etica (piuttosto che il profitto) alla base della propria at-tività, si può puntare a livelli più elevati di qualità, combinando quindi il successo dell’im-presa con il perseguimento di obiettivi sociali. Si tratta comunque di una scommessa socia-le e civile di grande portata, che non può essere definita per via normativa e che richiede un forte sviluppo della cultura produttiva e del controllo sui livelli di qualità.

Domanda n. 20. Quanto ritiene sufficiente il bagaglio degli strumenti messi a disposizione dal non profit, come, ad esempio, il bilancio sociale? Gli intervistati concordano sul fatto che il “non profit” ha elaborato un ampio set di strumenti di mediazione fra l’attività economica ed il contesto sociale. Tra questi, il bilancio sociale è uno dei più importanti, ma ne esisto-no altri: il percorso di qualità del lavoro, l’attenzione alla persona, l’accento sulla qualità dei servizi, la relazione con i bisogni del territorio e della persona, ecc.. Il bilancio sociale è utile, ma non sufficiente e sicuramente è assai più necessaria una maggiore professiona-lità degli operatori. Molti concordano sul fatto che questi strumenti sono ancora presenti in modo discontinuo e, quando sono presenti, non sono opportunamente valorizzati. Ser-vono informazione e formazione, da e verso l’impresa sociale ed il Terzo settore, servono alleanze con il mondo universitario, il mondo associativo delle imprese, ecc..

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Formazione e management

Domanda n. 21. In cosa un manager tradizionale si distingue da un manager del Terzo settore? Con una battuta uno degli intervistati sostiene che “Il manager tradizionale è cinque vol-te meglio pagato e cinque volte peggio preparato” rispetto al manager del Terzo settore, che non lavora per uno scopo commerciale e pone maggiore attenzione alle relazioni personali e umane. Alcuni sottolineano il peso decisivo della motivazione e della vocazione. Secondo molti altri intervistati il tratto realmente distintivo dovrebbe consistere negli obiettivi: il re-cupero sociale e l’integrazione, non sottovalutando che qualunque società per sopravvivere deve chiudere in positivo il bilancio. Altri precisano che dovrebbe principalmente dedicarsi alla qualità dei servizi e che dovrebbe differenziarsi anche per motivazione, conoscenza del territorio, capacità relazionali. Qualcuno, invece, pone l’accento sul fatto che un manager del Terzo settore, in termini di conoscenze e capacità, dovrebbe avere le medesime cono-scenze e competenze rispetto a un manager tradizionale. In fondo, anche se le finalità sono diverse, la gestione deve essere comunque efficace ed efficiente. Con la differenza che il ma-nager tradizionale non è tenuto a considerare gli effetti delle sue scelte “tecniche” sulle strut-ture sociali, cosa che di contro rappresenta l’elemento centrale dell’impresa “non profit”.

Domanda n. 22. Quali dovrebbero essere le caratteristiche di fondo di un master per manager del Terzo settore? I pareri su questo punto differiscono, perché ciascuno sembra focalizzare la propria attenzione su un punto particolare. In definitiva, nessuno degli intervistati ten-ta di definire un percorso minimo compiuto. C’è addirittura chi diffida della possibilità di realizzare un master per manager del Terzo settore. Si pone l’accento sui valori etici distin-tivi, sull’attenzione alle persone, alla qualità sociale del lavoro ed alla capacità di gestione del budget. Si concorda, in linea di massima, sulla necessità di una didattica basata sul-l’alternanza aula/stage e sulla formazione a distanza. Alcuni suggeriscono di approfondire la conoscenza storica dello sviluppo del Terzo settore e di conoscere i modelli esteri delle organizzazioni “non profit”, per confrontarsi con essi. Come caratteristiche desiderabili del manager vengono indicate anche la capacità di progettazione di attività e servizi, la pia-nificazione del territorio, la capacità di marketing sul territorio, la capacità di sviluppo del personale, la gestione e ricerca delle risorse, la gestione del rischio d’impresa.

Domanda n. 23. In che modo le organizzazioni non profit dovrebbero far fronte alle questio-ni della formazione del personale (volontario e dipendente), della gestione delle risorse umane, del miglioramento dell’efficienza dell’organizzazione? Ci debbono essere incentivi e supporti dif-ferenziati rispetto alle imprese profit? Come in precedenza, dalle risposte traspare una certa confusione sul significato della domanda. Le interpretazioni, però, forniscono comunque indicazioni utili a comprendere quali siano i punti focali dell’attenzione dei diversi sogget-ti in materia di formazione delle risorse. Viene conferita importanza strategica alla forma-zione continua (necessaria per ogni impresa e per ogni livello organizzativo). Si sostiene che le organizzazioni “non profit” dovrebbero far fronte alle questioni della formazione del personale (volontario e dipendente), della gestione delle risorse umane, del miglioramen-to dell’efficienza dell’organizzazione puntando su pratiche di “coaching”, cioè di “formazio-ne sul lavoro” assistita da personale esperto, anche esterno al Terzo settore. Un solo inter-vistato fa riferimento alla necessità di ricorrere ad agenzie formative formali (università). Viene anche rilevato che mancano misure di aggiornamento per molte delle figure profes-

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asionali del Terzo settore. Si richiede che il settore “non profit” sia adeguatamente suppor-tato e possa godere di percorsi distinti e dedicati, se non privilegiati. Le finalità sociali per-seguite dalle imprese “non profit” richiedono un lavoro di natura diversa rispetto al lavoro tradizionale, molto impegnativo sul piano umano e personale. Il fenomeno del “burn-out” degli operatori, l’elevato ricambio, l’aspettativa di progresso di carriera e di percorso profes-sionale sono tutti elementi che necessitano di attenzione e sostegno particolare.

Domanda n. 24. Esiste a suo avviso un problema di eredità della cultura organizzativa, specie riguardo al trasferimento delle conoscenze e del know-how, che spesso, per molte organizzazio-ni, vengono a perdersi con la morte del fondatore? Tutti si dichiarano consapevoli del gran-de problema connesso alla trasmissibilità della cultura identitaria. Il problema è minore sul piano del trasferimento delle conoscenze e del “know-how”. Più un’associazione punta sulla formazione, più il rischio si riduce. Questo è particolarmente frequente nelle grandi organizzazioni. Se si tramandano i valori originari, se si assume un codice etico, il rischio diminuisce, in quanto il codice diventa una sorta di “bussola”. Troppo spesso, invece, il fondatore è il solo detentore delle giuste qualità di leader e interprete e non ha sufficiente cultura sistemica ed organizzativa per creare le condizioni del decentramento decisionale e della gestione responsabile. È necessario che le organizzazioni, in particolare quelle di mi-nori dimensioni, si dotino per tempo di un programma capace di assicurare un “passaggio del testimone” privo di ostacoli. Questo si traduce, ancora una volta, in un processo forma-tivo: consolidare le conoscenze di tutti gli operatori e del management.

3.3. Il dibattito sulle tematiche del settore: i risultati dei “focus group”

Gli obiettivi dei focus group. I punti chiave del dibattito. le “questioni macro” e i “temi critici”

I risultati dell’indagine qualitativa basata sugli esiti dei “focus group” vengono descritti nel presente capitolo. I due paragrafi introduttivi hanno la funzione di illustrare con quali obiettivi sono stati realizzati i “focus group” e con quale griglia di analisi sono stati esami-nati i risultati. I successivi quattro paragrafi monotematici sono dedicati all’illustrazione dei risultati ottenuti in ogni singolo “focus group”. I paragrafi riguardanti i focus sono arti-colati, al proprio interno, nelle seguenti sezioni: elenco delle personalità che hanno parte-cipato ai lavori del focus, descrizione analitica e puntuale dei punti chiave toccati nel di-battito, in termini di questioni macro, e in termini di temi critici e interpretazione finale e conclusioni sul risultati del focus.

I Focus Group sono stati organizzati con l’intenzione di fotografare gli scenari più rilevanti relativi al mondo del Terzo settore sia per quanto concerne le criticità sia per gli aspetti po-sitivi e le prospettive future. Per far questo sono stati individuati quattro temi, ognuno dei quali ha rappresentato l’oggetto di discussione di un “focus group”: Gestione delle Risorse Umane e Formazione Professionale; Rapporti con le Istituzioni locali e le Politiche Sociali; Gestione del Credito e Investimenti; Domanda e offerta di Servizi alla Persona.

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Il complesso dei soggetti chiamati a partecipare è stato molto ampio; ai Focus sono stati in-vitati anche soggetti non appartenenti strettamente al Terzo settore ma ad esso in qualche modo correlati (istituzioni pubbliche, operatori economici), proprio per riuscire ad avere un quadro d’insieme che tenesse presente il maggior numero di tasselli che compongono la vasta e, spesso, indefinita realtà dell’economia civile. Ai focus hanno partecipato istituzio-ni pubbliche e soggetti che producono iniziative e attività che hanno rilevanza economica e sociale, ma finalità non esclusive di profitto, proprio per allargare il campo di osservazio-ne al complesso dell’Economia civile, di cui il Terzo settore è componente maggioritaria e caratterizzante, ma non esclusiva. È stato interessante notare come, malgrado le diversità tra i vari soggetti (dimensioni, identità, attività e servizi offerti), esistono molte problema-tiche e criticità comuni.

I quattro temi che hanno costituito l’argomento principale dei focus sono stati seleziona-ti attraverso il confronto di diverse fonti informali. Il criterio di selezione è stato quello di puntare sui temi che presentano il maggior numero di fattori critici sotto il profilo della cultura d’impresa, dell’organizzazione e della valenza economica.

L’obiettivo si può considerare raggiunto, dal momento che i materiali prodotti in occasio-ne dei focus hanno fornito una notevole quantità di informazioni, sia sul versante dei temi generali sia su quello dei temi critici. Da rilevare, inoltre, il gradimento espresso dai par-tecipanti sia rispetto alla formula organizzativa sia rispetto alle tematiche ed alle modalità di svolgimento dei focus. Sui temi critici ritorneremo nel prossimo capitolo, per mettere in luce alcune delle possibili linee di lavoro future per la CCIAA.

I quattro temi generali che hanno costituito l’argomento principale dei focus hanno in-contrato il pieno gradimento e l’interesse dei partecipanti, ai quali sono stati mandati ma-teriali informativi già in occasione della prima conferma della loro partecipazione. Al mo-mento della diffusione dei materiali informativi (contenenti gli obiettivi, le regole degli in-contri e l’elenco dei partecipanti), alcuni dei soggetti consultati per un tema specifico han-no chiesto di partecipare ad altri focus. In considerazione degli obiettivi dei focus stessi, si è deciso di assecondare queste richieste, ritenendo che l’interesse esplicito manifestato dai rappresentanti dei soggetti consultati potesse contribuire positivamente a concentrare l’at-tenzione dei partecipanti su ogni tema.

I focus hanno consentito di mettere in evidenza due livelli distinti ma correlati di proble-mi: 1) quelli di carattere generale, che fanno riferimento alle politiche nazionali ed alla congiuntura complessiva e che abbiamo definito “questioni macro”; 2) quelli direttamente connessi a fattori congiunturali e a politiche sociali di carattere locale, definiti di seguito come “temi critici”.

Dall’analisi dei temi critici abbiamo successivamente ricavato una matrice semplificata, nella quale si incontrano da un lato i temi-bisogni e dall’altro le possibili azioni che la CCIAA potrebbe attivare, avvalendosi dei suoi strumenti operativi, in virtù del proprio carattere istituzionale e della funzione di “ponte” fra il mondo dei governi locali, quello dell’impresa tradizionale e il terreno nuovo dell’economia civile.

Il tema della “Gestione delle Risorse Umane e Formazione Professionale” ha messo in luce, in particolare, il gap funzionale esistente fra un sistema formativo (formale ed informale,

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apubblico e privato) sostanzialmente lento e macchinoso ed un fabbisogno dei soggetti che presenta sempre più spesso due caratteristiche congiunte: rapidità dei cambiamenti e della definizione dei contenuti, generalmente contenibili in pacchetti ridotti sotto il profilo tem-porale e carattere continuo dell’attività formativa.

Il focus sui “Rapporti con le Istituzioni locali e le Politiche Sociali” ha messo in evidenza una netta divaricazione tra la cultura dei soggetti istituzionali e quella dei soggetti sociali. Le trasformazioni organizzative e funzionali che hanno attraversato l’Amministrazione Pub-blica hanno marcato questa distanza, mettendo spesso di fronte nuove razionalità e nuove elaborazioni dei bisogni sociali.

Dall’incontro sul tema della “Gestione del Credito e Investimenti” sono emersi tre fatti rile-vanti: l’assenza di uno spazio negoziale tra Terzo settore e circuito del credito tradizionale; l’insufficienza degli strumenti del credito prodotti dal Terzo settore al proprio interno; l’as-senza di dialogo tra le parti. Questo apre interessanti prospettive per un’azione istituzionale di mediazione e confronto finora assente o troppo limitata.

Il focus dedicato al tema della “Domanda e offerta di Servizi alla Persona” ha sancito il cre-scente fabbisogno di managerialità sul fronte dei soggetti portatori di offerta, mentre si al-larga il ventaglio dei contenuti della domanda di servizi alla persona, dovuta alla perdita di progettualità sia dei sistemi del “welfare” sia delle famiglie.

I risultati dei focus group

Il Focus: Gestione delle Risorse Umane e Formazione Professionale

Il focus si è tenuto il 25 maggio 2005.

I punti chiave del dibattito. Le questioni macro. Nell’ambito degli interventi gestiti dalle or-ganizzazioni del Terzo settore, si sono sviluppati professionalità e percorsi “di carriera” che faticano a trovare una definizione normativa efficiente e omogenea. Prevalgono soluzioni “locali”, fortemente influenzate da elementi congiunturali.

La difficoltà di distinguere con chiarezza ciò che è “sociale” da ciò che è socio-sanitario mette in evidenza il fatto che il Terzo settore è cresciuto all’interno di diversi settori con logiche di risposta all’emergenza, senza un vero disegno del sistema di “welfare”. I confini incerti della domanda producono confini incerti nella modalità di offerta e nelle professio-nalità che rappresentano l’offerta stessa.

Il Terzo settore ha dato un forte impulso all’occupazione fino alla fine degli anni ’90. Ora segna il passo, a causa del ridimensionamento dell’investimento in benessere e della con-trazione della spesa pubblica in generale.

La crescita impetuosa ma disordinata ha creato un “gap” sensibile tra qualità attesa e qua-lità accessibile. Da un lato la logica del massimo ribasso ha costretto gli operatori a com-primere gli investimenti e a concentrarsi sul contenimento dei costi, dall’altra la domanda si è raffinata e pone esigenze sempre più precise, di carattere globale.

Per parere unanime è giunto il momento del passaggio dalla risposta spontanea all’orga-nizzazione d’impresa.

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La crescita quantitativa della domanda ha creato competenze specifiche che oggi sono sospese tra precarietà e trasformazione. Da un lato serve formazione continua, dall’altra mancano le risorse economiche ed organizzative per acquisirla.

Oggi siamo di fronte ad un sistema complesso ed articolato, con un forte potenziale di espansione ma non autosufficiente, a causa dell’eccessiva dipendenza dalla commessa pub-blica.

I temi critici. L’investimento in formazione è la “policy strategica” mancante. Oggi nessun soggetto guida il percorso di definizione dei fabbisogni; non ci sono differenziazioni tra le risposte possibili ai fabbisogni e la rigidità delle forme organizzative e didattiche identifica-te dalla LR non consente né tempestività né elevata qualificazione dei contenuti.

Il circuito formativo è bloccato in più punti. Incide, sotto questo profilo, anche il proces-so di riforma in atto, che modifica profondamente gli assetti organizzativi del circuito del-l’istruzione.

Attualmente solo il mondo della cooperazione dispone di uno strumento “ad hoc”: i Fon-di Interprofessionali. Rimangono aperte diverse questioni, ma la sperimentazione è appe-na iniziata.

Il fabbisogno formativo ha una caratteristica forma a piramide: alla base ci sono le figure del “front end”, a bassa definizione normativa e contrattuale. Si tratta di figure soggette ad elevato “turn over”, che non presentano progressioni di qualificazione né di carriera e, quindi, sono considerate solo uno scalino per entrare nel sistema. Questa condizione im-pedisce lo sviluppo di professionalità e competenze stabili, sedimentate ed esperte proprio nell’area critica del contatto diretto tra organizzazione e cliente/utente; nella fascia inter-media le definizioni di molte figure professionali sono carenti e quelle esistenti sono di dif-ficile reperimento. Allo stesso tempo, è difficile formarle sul posto di lavoro, a causa delle restrizioni imposte dal regime dei costi e dalla mancanza di poli formativi in grado di ri-spondere ad una domanda sempre più spesso caratterizzata dal “just in time”; solo le figure apicali di tipo tecnico specialistico non rappresentano un problema, mentre tutti segnala-no la carenza di figure manageriali in grado di coniugare il sapere gestionale con il sapere valoriale della solidarietà e della partecipazione.

Interpretazione e conclusioni. Il primo Focus è risultato essere uno dei più vivaci, proprio perché la Formazione e la gestione delle Risorse Umane rappresentano uno dei nodi più critici per la riuscita di qualsiasi impresa, “profit o non profit”. Una buona formazione ed una gestione delle risorse fatte con i giusti strumenti sono sintomo di qualità del servizio offerto. Il fabbisogno di formazione e, in particolare, di formazione continua e di qualità, è risultato essere molto elevato, soprattutto per quanto riguarda le figure professionali di fa-scia medio-alta. Rappresentando il macrosettore come una piramide suddivisa in fasce, in alto si trovano le figure apicali, in basso le figure professionali di base non qualificate e, al centro, le fasce qualificate: i tecnici, gli amministrativi e il “middle management”.

Per parere comune il reperimento delle risorse è relativamente facile ma, spesso, ne risulta difficile il mantenimento e la crescita all’interno dell’organizzazione, a causa della man-canza di un progetto professionalizzante e di carriere di medio e lungo termine. Prevalgono

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ala precarietà del lavoro, i cambiamenti rapidi nella professionalità e nel mercato, la tenden-za a forzare i limiti delle attività professionali di base e tutti questi fattori rendono molto difficile fidelizzare le persone e farle crescere nel tempo.

Il fabbisogno di formazione, inoltre, è motivato dall’evoluzione della domanda è diventata più esigente. Tale fenomeno, però, si è scontrato con la contrazione degli investimenti in formazione e con un sistema formativo che è andato bloccandosi nel tempo. Attualmente, solo il mondo della cooperazione dispone di uno strumento “ad hoc”: i Fondi Interprofes-sionali, la cui sperimentazione è appena iniziata. Per ciò che concerne i soggetti erogatori di fondi finalizzati alla formazione, l’aspettativa è indubbiamente alta perché si sente l’esi-genza di avere un’interfaccia più vicina, che conosce le problematiche, che riesce a capire meglio le necessità. A questo proposito, è risultato fondamentale l’aspetto dei tempi di ero-gazione dei fondi. Inoltre, più soggetti, in merito ai percorsi e ai progetti formativi, si sono trovati d’accordo nell’esprimere la necessità di criteri oggettivi, trasparenti e condivisi di verifica, a garanzia di una formazione di qualità.

È stato posto con forza il problema della focalizzazione sul bisogno dei soggetti, sul bisogno sociale, sulla domanda dell’utente, altrimenti si corre il rischio di inseguire l’ultima com-messa e l’ultimo bando, al di fuori di ogni logica di programmazione. All’unanimità i par-tecipanti sostengono che sia arrivato il momento del salto di qualità: finora si è prodotta solo una risposta spontanea rispetto alle esigenze manageriali dell’organizzazione di im-presa, a partire dalla distribuzione di ruoli e competenze. In alcuni casi si sta assistendo al passaggio, anche se graduale, dalla prima alla seconda generazione di impresa sociale. Oggi siamo di fronte ad un sistema complesso e articolato, con un forte potenziale di espansione ma non autosufficiente, a causa dell’eccessiva dipendenza dalla commessa pubblica.

Il Focus: Rapporto con le Istituzioni Locali e Politiche Sociali

Il focus si è tenuto il 25 maggio 2005.

I punti chiave del dibattito. Le questioni macro. Il nuovo approccio in materia di gestione pubblica, denominato “New Public Management” (NPM), si fonda su alcune scelte di base: introduzione di una gestione più professionale dell’attività pubblica; inserimento di princi-pi di competizione e di concorrenza nei confronti del settore privato e quindi l’utilizzo di stili aziendali di gestione delle attività e delle risorse umane; adozione di parametri prede-finiti cui le diverse attività amministrative dovrebbero ancorarsi e di indicatori per misu-rare la qualità e l’efficienza delle prestazioni; enfasi sul controllo degli “output” e dei servizi effettuati; potenziamento dell’autodisciplina da parte dei dipendenti pubblici e uso della parsimonia nell’allocazione delle risorse.

Questa rivoluzione copernicana, che ha attraversato l’Amministrazione Pubblica a partire dagli anni ’80 e non ha ancora concluso il suo itinerario, ha reso difficile il dialogo con le componenti del Terzo settore, nel momento in cui questo sistema si è trovato nella neces-sità di operare una profonda revisione dei propri obiettivi e strumenti.

Il ridisegno dell’Amministrazione Pubblica non ha sempre coinciso con il ridisegno orga-nico delle filiere di settore. In particolare, nella filiera del “welfare” si sono indebolite le

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“policy” e gli orientamenti di “governance”. La nuova cultura amministrativa che punta ai risultati economici più che sui bisogni, esige abbattimenti dei costi che si ripercuotono inevitabilmente su tutta la catena dei servizi: dalla qualità delle risorse alla qualità dell’or-ganizzazione e della tecnologia.

La discontinuità organizzativa e di orientamenti nei territori e nei settori e l’aperta litigio-sità fra Regioni e Amministrazione Centrale sulle materie concorrenti producono ulteriori elementi di crisi, mettendo in evidenza l’invadenza della politica nella gestione dei servizi a tutti i livelli e ostacolando l’instaurazione del circolo virtuoso tra sussidiarietà orizzon-tale e verticale.

I temi critici. Bisogna ridurre il “gap” di compatibilità culturale tra operatori del versante pubblico (programmazione, criteri e regole, controlli, accreditamenti, ecc.) e operatori del versante sociale, che ormai si trovano a competere su due fronti: a) nei segmenti econo-micamente rilevanti si misurano con gli operatori privati dotati di strumenti, competenze, capacità organizzative e gestionali di stampo manageriale; b) nei segmenti economicamen-te critici debbono attuare strategie di competizione sul prezzo a sfavore di organizzazioni analoghe.

La contrazione brusca degli interventi e delle risorse a disposizione dei governi locali e del servizio sociosanitario ha messo in evidenza che buona parte del Terzo settore, quello che operava in regime di integrazione rispetto al sistema pubblico, non è più autosufficiente. La dipendenza dalla commessa pubblica è anche il risultato di una politica di dismissione ge-neralizzata largamente praticata nello scorso decennio, quando sembrava che il Terzo set-tore fosse la risposta a tutto, e che oggi si scontra con il vincolo economico.

Da un lato l’apparato pubblico ricerca la massima compatibilità tra la dimensione eco-nomica (decrescente) e la dimensione organizzativa (crescente), dall’altro il Terzo settore deve coniugare solidarietà e mercato, partendo da un bisogno chiaramente crescente sotto il profilo quantitativo e qualitativo. Il mondo pubblico chiede risposte “razionali”, mentre il Terzo settore ragiona secondo logiche di bisogno.

Si sconta oggi l’eredità dello sviluppo caotico, le dimensioni insufficienti di molti operato-ri, le troppe identità e le troppe missioni prive di visione di medio e lungo periodo.

Si avverte chiaramente la mancanza di un soggetto istituzionale autorevole, in grado di elaborare e distribuire strumenti culturali condivisi per la progettazione, la valutazione ed il controllo. Questo potrebbe costituire la condizione per un intervento mirato della CCIAA.

Interpretazione e conclusioni. A questo secondo Focus erano presenti anche alcuni rappre-sentanti di istituzioni locali, proprio per avere un quadro completo dei ruoli giocati dai di-versi attori in questo scenario. Le istituzioni locali che sono risultate essere di maggior ri-ferimento sono la Regione, il Comune, la Provincia. I rapporti con queste istituzioni non sono però costanti, nel senso che spesso dipendono dalla buona volontà o dalla disponi-bilità del singolo funzionario, dalla buona relazione creata nel tempo sul piano personale. Inoltre, si è riscontrata una scarsa capacità di interlocuzione da parte dell’Amministrazio-ne Pubblica sul piano tecnico e, in qualche caso, una certa rigidità interpretativa.

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aIn generale, però, oltre alle difficoltà di relazione tra i soggetti appartenenti al Terzo setto-re e le istituzioni, esistono una serie di difficoltà di relazioni interistituzionali: cioè, spes-so, sono le istituzioni stesse che non riescono a dialogare fra loro e a portare avanti delle politiche con coerenza ed in sinergia. Nello sviluppo del rapporto tra il Terzo settore e le istituzioni si sono intersecati due fenomeni fondamentali: a) da una parte la società in evoluzione e trasformazione ha modificato l’entità e le caratteristiche dei bisogni e, quin-di, della domanda. Questo fenomeno ha fatto sì che il Comune e gli enti locali abbiano cominciato a relazionarsi con l’impresa sociale; b) dall’altra parte, il rapporto si è svilup-pato in maniera disordinata e caotica, non regolata, non pianificata, in assenza di quadri normativi coerenti. Tutte le normative riguardanti il Terzo settore, infatti, si sono svi-luppate per approssimazioni successive. Prima è arrivata la 266 per il volontariato, subito dopo quella per la cooperazione, poi, dopo quasi 10 anni, la 383. Sono esempi di una real-tà ancora in via di definizione, in stato embrionale dal punto di vista strutturale.

Fondamentale per tutti, in ogni caso, nel rapportarsi con le istituzioni, la necessità di una cultura progettuale e un linguaggio comuni. La contrazione degli interventi e delle risorse a disposizione dei governi locali e del servizio sociosanitario ha messo in evidenza che buo-na parte del Terzo settore, quello che operava in regime di integrazione rispetto al sistema pubblico, non è autosufficiente. La dipendenza dalla commessa pubblica è anche il risulta-to di una politica di dismissione generalizzata largamente praticata nello scorso decennio, quando sembrava che il Terzo settore fosse la risposta a tutto e che oggi si scontra con il vincolo economico e con una serie di nuove regole e criteri di selezione. Inoltre, il maggior ostacolo a queste relazioni, sta proprio nella distanza culturale tra le due parti: il Terzo set-tore da una parte, le istituzioni dall’altra: manca la cultura d’integrazione e il rapporto tra le reti, perché tanto sul piano organizzativo che su quello economico alcune strade sareb-bero ampiamente percorribili. La causa principale di queste difficoltà sta, anche in questo caso, nella mancanza di una progettualità complessiva. Manca, infatti, un soggetto istitu-zionale autorevole che funga da punto di riferimento, in grado di elaborare e distribuire strumenti culturali condivisi per la progettazione, la valutazione ed il controllo.

Il Focus: Gestione Credito e Investimenti

Il focus si è tenuto il 26 maggio 2005.

I punti chiave del dibattito. Le questioni macro. Il Terzo settore deve rivedere in profondità il proprio rapporto con la cultura e la dimensione di impresa, nel momento in cui svolge at-tività che, sebbene non siano orientate solo al profitto, producono comunque una modifi-cazione significativa dell’attività economica locale.

Il percorso di ridisegno e ridefinizione strutturale è ostacolato, almeno in parte, dal peso dell’inefficienza della Pubblica Amministrazione, in particolare sul versante della conti-nuità delle iniziative e della stabilità degli orientamenti.

Si manifestano profonde asimmetrie tra domanda e offerta di credito, sia nei criteri iden-tificativi dei fabbisogni, sia nei criteri di erogazione (tutto da valutare, ancora, l’impatto di Basilea sul Terzo settore) e di garanzia.

Bisogna anche imparare a reinterpretare le regole, in modo da valorizzare il contributo degli strumenti interni al Terzo settore (Banca Etica, Consorzi Fidi, Credito Cooperativo, ecc.).

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Le tematiche principali in discussione nel mondo dell’Economia civile

I temi critici. Una parte consistente del Terzo settore, quella che fa riferimento all’area del-l’impresa sociale, si muove con lentezza ma in modo irreversibile verso il consolidamento imprenditoriale. Questo comporta l’esigenza di politiche di sostegno e di incentivo, per ac-celerare il processo e per renderlo realmente accessibile alle realtà minori.

Si avverte nettamente il bisogno di consulenza ed assistenza tecnica qualificata espressa dal Terzo settore in tutte le sue articolazioni tipologiche. Il problema maggiore consiste nella difficoltà di reperire interlocutori affidabili, capaci di conferire competenze raffinate a prezzi di mercato accessibili per le organizzazioni del Terzo settore.

Nella fase di stallo si potrebbe pensare di elaborare nuovi strumenti su tre versanti: della capacità progettuale, della capacità gestionale, della capacità di anticipazione. Anche in questo caso, la difficoltà maggiore consiste nella identificazione di un soggetto garante e competente.

È evidente (e largamente condivisa) la necessità di promuovere un Tavolo Negoziale Ter-ritoriale in grado di far incontrare credito, decisori pubblici, progetti locali e operatori lo-cali, almeno su base provinciale.

Interpretazione e conclusioni. Il tema del credito e degli investimenti ha suscitato molto in-teresse nei partecipanti perché obiettivamente rappresenta una criticità che condiziona la stessa capacità di progettare in termini di sviluppo futuro. Gli strumenti del credito ordi-nario non rispondono, o rispondono solo in minima parte, alle esigenze del Terzo settore, composto in larga parte da soggetti che, nella maggior parte dei casi, non sono in grado di fornire garanzie patrimoniali secondo i canoni tradizionali. D’altro canto, le esperienze di Banca Etica e di altri soggetti che forniscono servizi analoghi, dimostrano che è possi-bile una reinterpretazione delle regole bancarie a favore di strutture che operano nel so-ciale. C’è comunque la volontà di individuare nuovi strumenti di credito da disegnare un po’ su misura per le esigenze. Spesso, c’è poca informazione sugli strumenti disponibili. Si avverte, pertanto, l’esigenza di consulenza e assistenza tecnica: per sapere con chi parlare, per avere qualcuno competente in grado di indirizzare le organizzazioni verso soluzioni “ad hoc”. Anche in questo caso, è forte la sensazione che manchi una progettualità di medio e lungo termine, che ci si limiti a rispondere ad esigenze immediate e che, soprattutto, man-chi un soggetto-punto di riferimento che funga da crocevia, da snodo verso tutte le strade ipotizzabili e percorribili. A tal scopo, tutti i partecipanti hanno espresso pieno accordo sull’opportunità di promuovere un Tavolo Negoziale Territoriale in grado di far incontra-re credito, decisori pubblici, progetti locali ed operatori locali, almeno su base provinciale. E non solo per trovare le soluzioni ma anche e, soprattutto, per conoscere gli interlocutori giusti cui rivolgersi, perché l’approccio, ad oggi, è certamente di solitudine.

Il Focus: Domanda e Offerta dei Servizi alla Persona

Il focus group si è tenuto il 26 maggio 2005.

I punti chiave del dibattito. Le questioni macro. L’arco dei bisogni sociali si può rappresen-tare con la sequenza di integrazione, inclusione, partecipazione. Applicando la sequenza alle diverse categorie dello svantaggio e della debolezza, si ottiene la griglia dei bisogni di un territorio.

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aL’attivazione di politiche di risposta richiede però che la griglia sia trasformata in proget-ti locali e che questi si articolino in progetti di vita delle persone. Solo in questo modo i bisogni riescono a generare risposte anche soggettive e interne, altrimenti rimangono nel campo dei servizi e si scontrano con le logiche della compatibilità economica.

La stretta economica e la razionalizzazione che la sostiene costringono i soggetti attivi sul territorio a integrare risposte individuali e risposte di sistema, modificando radicalmente il rapporto tra sussidiarietà verticale e orizzontale.

La difficoltà maggiore oggi proviene dalla poca chiarezza del progetto di “welfare” dall’ef-ficienza della PA (le regole, le verifiche, gli standard della qualità, ecc.) fortemente ridotta dalla presenza ingombrante della politica nelle fasi di gestione.

I temi critici. Cosa c’è al centro del progetto locale di “welfare”? La dimensione locale (pre-valentemente regionale) fatica a mettere a fuoco il proprio profilo sociale.

Certamente serve un nuovo welfare per la famiglia senza progetto e per un universo socia-le ancora frammentario e diviso nelle modalità di rilevamento dei bisogni e di attivazione delle risposte.

I fenomeni di “internazionalizzazione” dei bisogni (dalle badanti alle “baby sitter full-time”) fanno emergere una domanda crescente, ancora opaca sul piano della capacità di proiezione futura, ma molto chiara sul carattere di urgenza, per le famiglie, di trovare una risposta qualsiasi, anche sommersa, alle proprie emergenze.

Questi fenomeni, che potrebbero rappresentare una nuova fase della domanda di servizi alla persone, stanno destabilizzando molta parte del “welfare tradizionale” ed incrementa-no il conflitto tra lavoro remunerato e lavoro volontario, tra risposta sociale e risposta pri-vata ai bisogni, senza attivare risposte “di sistema” nell’universo del Terzo settore.

Interpretazione e conclusioni. L’ultimo focus group è stato apparentemente più tranquillo; solo apparentemente, però. Certamente gli aspetti discussi nei precedenti focus rappresen-tavano punti dolenti e criticità sensibili per le organizzazioni chiamate a discutere, mentre il quarto focus ha preso le mosse dai bisogni delle persone, quelle che usufruiscono dei ser-vizi offerti dal Terzo settore. È prevalso, quindi, non tanto il tono di dibattito anche pole-mico su una o più deficienze, ma quanto l’intento ed il desiderio comune di individuare e rispondere sempre e nel modo migliore alle esigenze delle persone e alla domanda sociale di benessere e sicurezza.

Questi nuovi bisogni hanno trovato una prima definizione nel tema della “famiglia senza progetto”, conseguenza della crisi del sistema di welfare tradizionale e della crisi economica dell’Europa. Entra in crisi l’assetto solidale della famiglia che è più fragile, più incerta, più disgregata. Prevalgono il disagio e la sofferenza che non trovano risposte strutturate nelle “policy nazionali e territoriali” che, al massimo, riescono a soddisfare le emergenze. Cer-tamente, nella situazione attuale non c’è equilibrio tra risorse disponibili e intensità della domanda, è ancora più importante il disallineamento fra i rispettivi strumenti di analisi del fabbisogno e di costruzione della risposta. Anche in questo caso si avverte la mancanza di un soggetto-crocevia, in grado di catturare la domanda e, nello stesso tempo, di coordi-nare l’offerta sul territorio. Un soggetto, quindi, che funga da punto di riferimento sia per i

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soggetti che offrono il servizio sia per gli utenti. A questo proposito, è stato fatto l’esempio del CUP (Centro Unico Prenotazioni), che ha la funzione di dirottare la domanda lì dove l’offerta è ancora in grado di rispondere alle esigenze. Fondamentale per tutti, comunque, il momento dell’analisi dei bisogni del territorio, meglio se gestita con mezzi informatici.

Un altro aspetto che sintetizza in modo esaustivo la possibilità di un nuovo approccio allo scenario dei bisogni sociali è la sequenza di integrazione, inclusione e partecipazione. Ap-plicando la sequenza alle diverse categorie dello svantaggio e della debolezza, si ottiene la griglia dei bisogni di un territorio. La differenza tra integrazione e partecipazione per un disabile nell’ambito della società è sostanziale: un economista irlandese, il prof. Brendan Walsh, ha sottolineato l’utilità economica del far lavorare un disabile, rendendolo parte-cipe della società, rispetto al fare un puro e sterile assistenzialismo, oggi insostenibile sul piano economico. D’accordo tutti nel ritenere necessario questo passaggio culturale dal-l’integrazione alla partecipazione.

Alcune considerazioni conclusive sui risultati dei focus group

I focus group hanno rappresentato uno “step” mirato all’interno di un percorso più ampio, che aveva come obiettivo l’acquisizione di informazioni integrate sul mondo dell’Econo-mia civile, con la relativa definizione degli scenari. Alla luce di quanto è emerso abbiamo un livello di conoscenza rispetto alle problematiche e alle criticità per quanto concerne le attività, le identità, la visione e la missione dei soggetti del Terzo settore. Conosciamo il loro sistema di relazioni, le questioni relative al credito e, infine, abbiamo ricostruito un primo approccio verso i problemi dell’offerta rispetto alla domanda e viceversa (la defini-zione di primo approccio è dovuta al fatto che l’argomento è stato trattato solo dalla parte dell’offerta).

Un aspetto comune a tutti i Focus riguarda l’esigenza, più volte richiamata e segnalata dai partecipanti, di poter avere un soggetto istituzionale che funga da punto di riferimento, da coordinatore, sostenuto da una codificazione snella di ruoli e regole, per dare logica di in-sieme a realtà e attività che oggi vengono comunque offerte e svolte, ma in maniera spesso improvvisata e disordinata. Per codifica di regole non si vuole intendere una burocratizza-zione maggiore di quella esistente, ma delle linee di comportamento che rispondano ad un progetto di medio e lungo termine e non sempre a delle emergenze. E questo vale per tutte le tematiche, dove si è riscontrato che la normalità è riuscire a rispondere all’emergenza quoti-diana, mentre avere un progetto di medio e lungo termine è risultato essere l’eccezione.

Allora, per ogni problematica, l’utente tanto quanto i soggetti eroganti hanno bisogno di un interlocutore a cui rivolgersi, sapendo di poter ricevere le giuste risposte, mentre la real-tà attuale è che anche l’incontro tra domanda e offerta spesso è il prodotto di una casua-lità o di un percorso assolutamente personale, in solitudine, così come è risultato essere l’incontro con il credito ordinario o cooperativo o l’approccio alle attività formative (tutti temi cruciali). La sensazione è che ci si è trovati di fronte ad un qualcosa che è cresciuto spontaneamente, senza o con poche regole, molto vasto in termini di aree di attività e di tipologia e dimensioni di soggetti, ma che oggi necessita di binari definiti che ne rendano possibile la sopravvivenza, il consolidamento, lo sviluppo.

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4. L’analisi degli studi di caso

Gli aspetti generali e le tematiche prioritarie, già chiaramente delineati nei “report” pre-cedenti, trovano negli Studi di Caso un momento di verifica oggettiva, per così dire “pun-tuale”, che mira a far emergere il carattere quotidiano del fare attività economica e nel co-struire risposte efficaci ed efficienti alla domanda crescente di servizi alla persona. In questo capitolo vengono identificate le aree calde e le zone sensibili delle organizzazioni dell’Eco-nomia civile per disegnare, con sempre maggiore nitidezza, percorsi comuni e linee di diver-genza, nell’ottica di contribuire alla messa a punto di un piano di lavoro dell’Osservatorio e di un programma di politiche attive di offerta di servizi da parte della CCIAA. Negli Studi di Caso sono state analizzate organizzazioni appartenenti a tutti i nove gruppi di riferimen-to descritti nel Capitolo 2, identificate in percentuale con le stesse proporzioni dell’universo considerato “nell’indagine desk”. Alcune delle organizzazioni intervistate hanno partecipa-to anche ad attività precedenti (interviste ad “opinion leader” e “focus group”). L’attribuzio-ne delle organizzazioni ai diversi gruppi si è presto rivelata un’operazione piuttosto comples-sa: a) in alcuni casi, la formulazione dell’identità data dall’intervistato divergeva in modo netto dalla configurazione formale, b) nella maggioranza dei casi la genericità delle indica-zioni identitarie consentivano l’attribuzione a diversi Gruppi; c) i criteri di scelta della col-locazione sono stati inevitabilmente soggettivi, anche se temperati dalla ricerca di soluzioni il più possibile coerenti.

4.1. Il questionario come strumento di autodiagnosiLe 60 interviste al termine della campagna di colloqui sono risultate distribuite come in-dicato nella tabella seguente.

Tabella n. 4.1. “Distribuzione dei casi studio per cluster / segmento dell’offerta”

Gruppo Numero interviste

Sanità 5

Assistenza 6

Assistenza Sociale 11

Assistenza Sociale e Sanitaria 5

Ospitalità 4

Formazione e ricerca 6

Attività ricreative 9

Tutela interessi 12

Ricreativo assistenziale 2

Totale 60

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aSi è puntato a rispettare al massimo la ripartizione percentuale dei gruppi rispetto all’uni-verso campionario, così come è stata disegnata nel “rapporto desk”, proprio per favorire un contributo informativo coerente con le altre parti del progetto. L’incrocio tra i Gruppi, le organizzazioni intervistate e i modelli di comportamento ci dà la tabella successiva.

Tabella n. 4.2. “Ripartizione dei soggetti che compongono l’offerta dei servizi per gruppi e per modelli”

Gruppo Modello

Sanità Integrativo

Assistenza generici Sostitutivo; Integrativo

Assistenza Sociale Alternativo; Sostitutivo; Integrativo

Assistenza Sociale e Sanitaria Integrativo

Ospitalità Alternativo; Integrativo

Formazione e Ricerca Sostitutivo; Integrativo

Attività Ricreative Sostitutivo

Tutela interessi Alternativo; Sostitutivo

Ricreativo Assistenziale Sostitutivo; Integrativo

Le singole Organizzazioni sono state chiamate a definire sé stesse sulla base di un percorso di autodiagnosi, articolato in sette passi: 1) Parte anagrafica; 2) La storia in breve; 3) Iden-tità, visione e missione; 4) La formazione delle risorse umane; 5) Rapporto con le istitu-zioni e le politiche sociali; 6) Credito e investimenti; 7) Domanda e offerta di servizi alla persona.

I primi tre gruppi di domande (che in realtà sono un unico blocco logico) mettono a fuo-co gli aspetti identitari soggettivi, propri della singola organizzazione. Le modalità stesse di esternazione adottate dalle singole organizzazioni, la scelta degli eventi e delle caratteristi-che da mettere in luce, la capacità di definirsi sulla base della filiera logica di identità, vi-sione e missione, consentono di comprendere a fondo le motivazioni e le ragioni che dan-no vita a fenomeni molto diversificati, che vanno dal rigore guerriero delle Associazioni di volontariato “non profit” alle nuove fonti di economia civile, che hanno scelto di operare nell’area composita del “non solo profit”.

Le quattro serie di domande successive, invece, richiamano direttamente i temi identifica-ti dalle precedenti attività, in particolare nelle interviste agli “opinion leader” e nei “focus group”. Nella formulazione del questionario si è tenuto conto di diversi elementi: la neces-sità di mantenere il giusto “mix” tra problematiche di carattere imprenditoriale e mana-geriale e problematiche specifiche del “non profit”; la necessità di disegnare un minimo di profilo organizzativo e gestionale delle organizzazioni, anche in presenza di situazioni ca-ratterizzate da un elevato grado di spontaneità; la scelta di andare in profondità, consen-tendo a tutte le organizzazioni intervistate di esercitarsi rispetto ad un questionario conce-pito anche come strumento di autodiagnosi, per misurare il proprio percorso organizzativo e rilevare eventuali punti di forza e di debolezza; l’opportunità di non discostarsi eccessiva-mente dalle domande poste in altre attività complementari, ed anzi di integrarne i conte-nuti conoscitivi per ottenere il massimo risultato in termini di informazioni utili per l’Os-servatorio; l’opportunità di non appesantire l’intervista con dati ricavabili da altre fonti e di puntare, invece, sul rilevamento del grado di consapevolezza e di attenzione delle orga-nizzazioni rispetto ai temi critici rilevati nel corso delle altre attività di ricerca.

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Il riscontro ricevuto da parte degli intervistati è stato largamente positivo. Nonostante la lunghezza dell’intervista e la richiesta di attenzione durante tutti i passaggi, molti inter-vistati hanno espresso il loro apprezzamento per la completezza del percorso conoscitivo e per il vantaggio che essi stessi ne hanno ricavato in termini di informazione autodia-gnostica.

4.2. I principali risultati dell’analisi dello studio dei casi

In questa sezione vengono illustrate le principali risultanze quali-quantitative espresse dal-l’analisi dei casi considerando, in analogia a quanto fatto per i singoli gruppi, il punto di vista complessivo delle 60 organizzazioni intervistate su temi quali: competenze e forma-zione delle risorse umane, rapporto con le istituzioni, credito e finanziamento e domanda e offerta di servizi alla persona.

I fattori identitari

Tra le organizzazioni intervistate, il 76,7% annovera a tutt’oggi la presenza dei fondatori e gli stessi rivestono ancora, nella maggior parte dei casi, una posizione decisionale rilevante (81,7%). Le organizzazioni monitorate, quindi, presentano “leadership” che continua ad es-sere esercitata sostanzialmente dai fondatori. Va però evidenziato come, in molti casi, an-che coloro i quali non sono fondatori partecipano alla messa a fuoco degli obiettivi e dei programmi dell’organizzazione. Le organizzazioni, inoltre, sembrano aver raggiunto una di-mensione occupazionale stabile, dal momento che nei prossimi 2-3 anni il numero di ad-detti dovrebbe rimanere pressoché costante per il 75% degli enti intervistati. Il manteni-mento degli attuali livelli occupazionali è, altresì, confermato dal fatto che solo nell’1,7% dei casi si prevede una drastica riduzione (superiore al 15%) degli addetti.

Sul piano organizzativo si segnala come gli enti “non profit” siano nel tempo evoluti ver-so una condivisione delle responsabilità tra diverse persone. Nei prossimi 2-3 anni, di fat-to, l’organizzazione del lavoro e l’attribuzione delle responsabilità dovrebbe secondo gli in-tervistati crescere nei settori chiave (38,3% dei casi), se non addirittura in tutti i settori (10%). La conseguenza più immediata di un processo di crescita del piano organizzativo è l’incremento dell’attività dell’ente: oltre il 48% degli intervistati, infatti, indica nei pros-simi 2-3 anni un aumento dell’attività ed un 15% prevede una crescita intensa (superiore al 30%). Passando poi ad osservare alcuni aspetti peculiari delle scelte aziendali, si rileva innanzitutto come, in generale, si pone notevole attenzione ai seguenti fattori manageria-li:conoscenza e segmentazione della domanda; grado di soddisfazione del cliente; gestione delle relazioni con i committenti pubblici e privati; gestione delle relazioni con il sistema pubblico locale; controllo di qualità.

Oltre 7 organizzazioni su 10 hanno indicato, infatti, come tali fattori siano oggetto di scelte strategiche da parte della classe dirigente. Il fulcro delle decisioni organizzativo-gestionali è da ricercarsi nell’equilibrio tra la capacità di soddisfare le esigenze/necessità dei fruitori dei servizi e la capacità di intessere relazioni con la committenza e con il sistema pubblico

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alocale. Al riguardo si segnala, innanzitutto, come nell’82% degli enti intervistati le deci-sioni vengano prese collegialmente, ovvero le responsabilità siano distribuite fra i diversi membri della dirigenza.

Le risorse umane

Nel 35% dei casi si è fatto ricorso a corsi di formazione per disporre di persone con profi-li idonei a svolgere ruoli decisionali, mentre altre organizzazioni hanno scelto persone già qualificate (38,3%) o hanno sviluppato quelle attitudini (46,7% dei casi) attraverso l’espe-rienza sul campo. Volendo fornire una fotografia dello stato attuale delle competenze ma-nageriali delle persone che prestano la propria attività lavorativa negli enti osservati, si è operata, sulla base delle autovalutazioni fornite dagli intervistati, una classificazione quali-tativa per le principali competenze.

Tabella n. 4.3. “competenze manageriali delle persone che prestano la propria attività lavorativa negli enti osservati”

Competenze Qualità

Formulazione della strategia di comunicazione Media

Analisi della domanda locale di prodotti/servizi Medio-alta

Promozione dell’impresa verso clienti Medio-alta

Analisi dell’offerta locale di prodotti/servizi Medio-Bassa

Ideazione di nuovi prodotti/servizi Medio-Alta

Organizzazione della produzione di prodotti/servizi Media

Produzione dei prodotti/servizi - attività di base Medio-Alta

Produzione dei prodotti/servizi - attività di coordinamento Medio-Alta

Gestione dei rapporti con i committenti pubblici e privati Medio-Alta

Gestione dei rapporti con il cliente Alta

Gestione dei processi amministrativi Media

Gestione delle risorse umane Medio-Alta

Gestione delle risorse economiche e finanziarie Media

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Il prospetto conferma come la strategia massimamente seguita e, di conseguenza, le scelte organizzative che investono anche le attività formative della classe dirigente e del persona-le, vada individuata nella gestione dei rapporti con il cliente e nella capacità di soddisfaci-mento delle esigenze della clientela.

Allargando il quadro dell’analisi alle figure presenti o carenti nell’organizzazione, è inte-ressante sia osservare il grado di rispondenza del sistema locale (in termini di presenza e facilità di reperimento di profili professionali) alle esigenze dell’organizzazione stessa, sia monitorare le aree aziendali che necessitano con urgenza di essere migliorate.

Sul primo aspetto si sottolinea come i profili “bassi” quali i volontari da qualificare o il per-sonale di base non qualificato sono - per la maggior parte degli intervistati - presenti nel sistema locale e di facile reperimento (rispettivamente si esprimono in tal senso il 58,3% ed il 66,7% degli enti coinvolti nell’indagine). Per quanto riguarda il personale qualifica-to di base e tecnico, la maggioranza delle organizzazioni sottolinea un’oggettiva difficoltà di reperimento (61,7% e 65% rispettivamente per le due categorie di profilo professionale),

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L’analisi degli studi di caso

mentre per le figure amministrative e manageriali, pur prevalendo i casi di difficile reperi-mento, si osserva comunque come una discreta quota di enti non trovi particolari difficoltà nel soddisfare le proprie necessità di tali profili.

Da ultimo si nota come gli intervistati lamentino, in taluni casi, la totale assenza di figure apicali (profili che occupano posizioni gerarchicamente rilevanti e che sono previsti dalla normativa) professionalizzate (con esperienza specifica o in possesso di attestato formale della specializzazione) e non, (rispettivamente nel 10% e nel 6,7% dei casi), mentre circa 1 ente su 2, pur indicandone la presenza, sottolinea una difficoltà di reperimento di tali profili. Sul secondo aspetto (le aree aziendali a maggiore criticità), che impatta sul corretto espletamento dell’attività degli enti, si è cercato di ricostruire, in base alle risposte fornite, una graduatoria delle cinque aree che necessitano di urgenti misure di miglioramento.

Figura n. 4.1. “Aree di miglioramento”

Come risulta dal sovrastante schema, svetta nettamente tra le aree quella afferente all’or-ganizzazione del lavoro. Oltre 1 ente su 4, infatti, individua come più importante area di in-tervento quella che investe gli aspetti organizzativo-gestionali delle risorse umane impiegate a vario titolo nell’attività dell’ente. In secondo ordine vengono segnalati come più impor-tanti (13-15% degli intervistati) gli aspetti motivazionali dei dipendenti dell’organizzazione e la gestione dei rapporti con le istituzioni locali, aspetto quest’ultimo che, come prima evi-denziato, rappresenta uno dei principali fattori su cui si concentrano le strategie decisionali adottate dalla dirigenza dell’ente. In terza battuta si posizionano la pianificazione delle atti-vità e l’orientamento alla qualità, che vengono indicati come prioritari solo da 1 ente su 10. Riguardo queste due aree, riteniamo che le stesse rappresentino sfere organizzativo-gestio-nali ancora embrionali nella maggior parte delle organizzazioni e, pertanto, solo pochi sog-getti riescono a individuare al proprio interno un’urgenza al miglioramento delle stesse.

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aI rapporti con le Istituzioni locali

Riguardo ai rapporti con le istituzioni e i governi locali, va osservato come le organizzazio-ni intervistate riscontrino degli elementi di “frizione” che possono dipendere sia da fatto-ri esterni sia interni all’organizzazione stessa. Cercando di sintetizzare le opinioni espresse nei 60 casi esaminati, si sono individuati i tre principali fattori critici interni ed esterni alle organizzazioni che ostacolano un rapporto fluido con i governi locali. Tra i fattori ester-ni, la burocrazia e la conoscenza parziale delle caratteristiche del non profit rappresentano elementi critici più ricorrenti. Tra i fattori interni alle stesse organizzazioni, si riconoscono come fattori limitanti la dimensione finanziaria e la mancanza di una rappresentanza ade-guata. Infine, il rispetto dei tempi appare problematico su entrambi i fronti per una discre-ta quota di intervistati.

Figura n. 4.2. “Fattori di criticità interni / esterni”

Il rapporto con il Credito

Un elemento chiave appena richiamato è la dimensione finanziaria delle organizzazioni dell’Economia civile. È opportuno, pertanto, indagare quali siano le forme prevalenti di finanziamento e come si rapportino le organizzazioni con il sistema creditizio. Il 16,7% de-gli enti intervistati si finanzia esclusivamente con la contribuzione dei soci. Una numerosa quota di enti (35%) trae la metà dei propri introiti dalla committenza pubblica, mentre la committenza privata è un canale di finanziamento principale per un numero molto esiguo di soggetti (circa 5% di casi). Rilevante appare, altresì, il finanziamento di progetti, dal mo-mento che 3 organizzazioni su 10 trovano in tale fonte di finanziamento il 50% delle pro-prie entrate. Infine, l’apporto dei contributi degli assistiti alle entrate delle organizzazioni è del tutto marginale.

Sul piano dei rapporti con il mondo bancario e creditizio, si nota come le organizzazioni si rapportino stabilmente con banche e assicurazioni tradizionali (68,3% dei casi). Non va, poi, trascurata la quota di coloro i quali si relazionano con la Banca Etica: il 25%

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L’analisi degli studi di caso

degli intervistati. Poco rilevante è, invece, il ricorso alle banche di credito cooperativo come ai consorzi di garanzia fidi o altri consorzi, dal momento che solo il 5% o meno delle organizzazioni ha indicato tali soggetti come stabili punti di riferimento per le pro-prie esigenze di finanziamento. Le organizzazioni si relazionano direttamente col sistema bancario e creditizio (80% dei casi), anche se in taluni casi (5%) si tende a fare ricorso a consorzi.

La domanda di Servizi alla Persona

L’ultimo aspetto preso in considerazione concerne la domanda e offerta di servizi alla per-sona. A tal proposito è stato verificato, innanzitutto, il grado di conoscenza di “competi-tors” sul territorio ovvero della presenza e tipologia di altri soggetti che producono servi-zi analoghi a quelli delle organizzazioni intervistate. Nella percezione della maggior parte degli enti, sono principalmente le associazioni di volontariato (60% dei casi) e le impre-se cooperative (40%) a fornire servizi simili ai loro, mentre imprese private e cooperative di grandi dimensioni non sembrano rappresentare possibili concorrenti diretti. Numerosa appare, poi, la schiera di coloro i quali individuano nelle associazioni private (31,7%) e nei servizi pubblici (21,7%) possibili “competitors”.

Quali sono, quindi, i caratteri distintivi dei servizi forniti dalle organizzazioni intervista-te? In primo luogo la forte “attenzione ai bisogni della domanda”, seguita dalla “capacità di adattare l’organizzazione alle richieste del cliente”, caratteristiche queste che confermano ancora una volta come la soddisfazione delle esigenze del cliente sia un “must” dell’organiz-zazione. In secondo piano troviamo due aspetti che si situano su un livello di importanza paritetico: attenzione al clima interno e allo stile di lavoro e qualità delle risorse umane. Si passa, quindi, dalla sfera dei rapporti con il cliente alla valorizzazione delle risorse lavo-rative e dell’ambiente di lavoro quali caratteristiche determinanti che distinguono i servizi di un’organizzazione dalle altre.

Passando, poi, a considerare la tipologia di attività di monitoraggio del bacino di uten-za potenziale o di autoanalisi organizzativa e gestionale che vengono poste in essere dalle organizzazioni intervistate, si nota relativamente come gli enti intervistati pongano par-ticolare attenzione al grado di soddisfazione della domanda (63,3% dei casi) e ai compor-tamenti di altre organizzazioni simili (48,3%). Sull’altro aspetto, invece, nella maggioran-za dei casi si osserva sia lo sviluppo di processi previsionali - sull’andamento economico generale (65% dei casi), su quello finanziario (65%) o sullo stato del portafoglio progetti (56,7%) - sia la tendenza a monitorare i fabbisogni formativi dell’organizzazione (58,3%). Relativamente alle attività di monitoraggio degli aspetti organizzativi e gestionali interni, si è ritenuto utile verificare se le organizzazioni necessitino di formazione o consulenza (o assistenza tecnica) per migliorare tali attività. Il primo elemento che emerge è la presenza di una maggioranza di soggetti che reputa di poter fare a meno di aiuti esterni. Pur tutta-via non va trascurata, soprattutto nell’attività di previsione degli andamenti economico-fi-nanziari o nell’analisi del comportamento economico dei committenti, la quota di coloro i quali reputano di aver bisogno di consulenza o assistenza per migliorare la gestione (rispet-tivamente 35% e 36,7% di casi).

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aFigura n. 4.3. “Competenze professionali carenti o assenti all’interno dell’organizzazione”

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Da ultimo, sono stati valutati due ordini di problemi che impattano in misura rilevante sulle prospettive future delle organizzazioni dell’Economia civile. Il primo riguarda gli ele-menti/fattori che determinano un’esigenza di innovazione nell’organizzazione. L’altro con-cerne, invece, la disamina delle competenze professionali che ad oggi risultano assenti nel-le organizzazioni stesse. Tra i fattori che risultano determinanti per l’attivazione di processi innovativi all’interno dell’organizzazione, gli intervistati individuano quale elemento più importante:

A - Presenza di nuove norme regionali e nazionali (51,7% dei casi),

B - Necessità di rispondere ad esigenze di “massa critica” (13,3%);

C - Prospettive di crescita economica e dimensionale (13,3%).

Quanto, invece, alle competenze professionali che risultano carenti o assenti all’interno dell’organizzazione, sono stati individuati i sette elementi più indicati dalle organizzazio-ni (valore soglia 20% degli intervistati) e riportati nel grafico precedente. In particolare si nota, come già in precedenza richiamato, che le attività di controllo qualità e le strategie di marketing rappresentano i punti deboli di queste organizzazioni che identificano, inve-ce, quali propri punti di forza la disponibilità e l’orientamento al cliente, la capacità di la-vorare in gruppo e di valorizzare le risorse umane, nonché la capacità di flessibilizzare la propria prestazione.

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4.3. Una prima riflessione sui fattori comuni

Le linee guida dell’interpretazione finale partono dall’identificazione dei fattori comuni, quelli cioè che concorrono a portare sullo stesso terreno i diversi soggetti, indipendente-mente da quei fattori che, invece, hanno un valore distintivo e identitario.

Il fattore dimensionale gioca sempre a sfavore dei soggetti minori

Le differenze tra soggetti di grande dimensione (per numero di soci o per territorio di riferi-mento) e quelli di dimensioni minori sono molto rilevanti. La situazione del territorio pro-vinciale di Roma è fortemente influenzata, sotto il profilo dei numeri, dalla presenza di sog-getti rilevanti di dimensione nazionale (ed internazionale). La mancanza di collegamenti e di coesione tra le diverse realtà, nonostante i cospicui sforzi compiuti negli ultimi anni (ad es. l’attività di coordinamento svolta dal Forum del Terzo settore), penalizza i soggetti minori, soprattutto nei rapporti con gli Enti Locali. Ad esempio, il sistema degli accredi-ti ed il sistema delle gare al massimo ribasso mette in difficoltà i soggetti minori locali, a tutto vantaggio dei soggetti maggiori, quasi sempre sovralocali. Le risposte che riportiamo nella tabella sottostante, esprimono chiaramente questa situazione, che richiede strategie di risposta differenziate tanto da parte dei soggetti quanto da parte delle istituzioni. Il va-lore più critico viene attribuito alle ridotte dimensioni organizzative e finanziarie, seguito dalla “debolezza della rappresentanza” e dalla relativa “impreparazione del management”. Si tratta, evidentemente, di fattori strettamente interrelati fra loro e particolarmente pre-senti nelle organizzazioni minori.

Tabella n. 4.4. “Quali fattori critici, invece, potrebbero essere attribuiti alla natura ed alla qualità della sua orga-nizzazione, nel rapporto con i Governi locali?” (In grassetto le risposte più frequenti)

Fattori Peso

Dimensioni e forza finanziaria insufficienti 7,0

Mancanza di coordinamento e di rappresentanza 4,4

Insufficiente formazione dei dirigenti 3,9

Scarsa affidabilità per la qualità discontinua delle prestazioni 3,7

Scarsa conoscenza o sottovalutazione delle problematiche amministrative e tecniche 3,2

Capacità di organizzazione al di sotto degli standard 3,2

Bassa capacità di progettazione 2,8

Scarsa affidabilità per i tempi 2,5

Distanza culturale 2,4

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

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aTabella n. 4.5. “Quali potrebbero essere, a suo avviso, i cinque principali fattori che determinano eventuali esi-genze di innovazione nella sua organizzazione? E quale, tra questi, sarebbe il più importante?” (In grassetto le risposte più frequenti)

Variabili Peso % Il più importante

Presenza di nuove norme regionali/nazionali 55% 1

Prospettive di crescita economica e dimensionale 55% 3

Necessità di rispondere ad esigenze di “massa critica” 33% 2

Necessità di affrontare nuovi investimenti 33%

Introduzione di nuove modalità di gestione e controllo 27%

Criticità nella gestione delle risorse umane 21%

Crescita della complessità esterna 21% 3

Modificazioni del processo di produzione del servizio 18% 3

Richiesta di certificazione o standard da parte del committente 12%

Ingresso di nuovi concorrenti qualificati 12%

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

È anche opportuno considerare che il “gap” dimensionale non potrebbe essere saldato solo ricorrendo al principio etico della solidarietà, dal momento che ci troviamo di fronte a sog-getti fortemente differenziati, che quindi non costituiscono, se non in casi ridotti, un vero e proprio “gruppo di interesse” e solo raramente manifestano bisogni comuni. Il problema, semmai, è quello della mancanza di un’istituzione capace di offrire un’opportunità nego-ziale, nella quale garantire adeguata rappresentanza a tutte le componenti. La conferma della rilevanza dei fattori dimensionali viene dalla risposte date alla domanda precedente, per la quale abbiamo riordinato le variabili in ordine decrescente. Qui giocano due ordini di fattori, entrambi esogeni:

a) la pressione esercitata dalla modificazione del sistema delle regole (nuove nor-me e regolamenti);

b) la pressione competitiva, che comporta la necessità di adeguare le strutture at-traverso una crescita della dimensione fisica (tecnologie, risorse umane, sedi, ecc.). La dimensione ridotta diventa un disincentivo all’innovazione e, proba-bilmente, entrerà nel gioco della semplificazione del mercato dell’offerta di cui abbiamo già parlato nei capitoli precedenti.

La prima generazione dei pionieri e il passaggio dello scettro

In prospettiva, il ridisegno della complessa struttura finora definita Terzo settore ci porta a confermare il valore dell’intuizione originale che ha dato il nome all’Osservatorio della CCIAA di Roma: l’Economia civile rappresenta il vero contenitore macro, nel quale agi-scono e si confrontano soggetti eterogenei per motivazione, forma giuridica, dimensioni e modelli organizzativi, modelli di comportamento. All’interno di questo contenitore ma-cro, agiscono:

a) il Terzo settore (o Terzo Sistema) propriamente detto, tendenzialmente orien-tato verso la scelta di “no-profit” integrale e differenziato da altri soggetti e da altre tipologie di attività in modo assolutamente distintivo sotto il profilo cul-turale e valoriale;

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b) le organizzazioni dell’economia “non solo profit”, nata dal TS negli anni ’90, nella fase espansiva del “welfare” progettato intorno all’idea del “privato so-ciale”. Oggi, questa componente è sempre più orientata alla dimensione di im-presa e fortemente integrata nella struttura dei servizi territoriali. Si tratta di un’area ancora magmatica, ma è la più promettente sotto il profilo della do-manda di servizi istituzionali, che possano traghettarla verso la dimensione di impresa mantenendone alto il contenuto sociale;

c) l’area del “welfare sommerso”, legata ai bisogni repentini della “famiglia senza progetto” di cui si è parlato in altri documenti. Si tratta di un’area grigia, eco-nomicamente molto rilevante, priva di definizione e generata dall’emergenza sociale delle famiglie disgregate dei ceti medi (anziani non autosufficienti, ma-lati terminali, infanzia, nuclei monogenitore, ecc.). Quest’area richiede “poli-cy” dedicate ed integrate, a partire dalle politiche fiscali, con i diversi soggetti istituzionali cooperanti per farla emergere, per darle garanzie e tutele, dignità economica e produttiva;

d) l’area dell’associazionismo civile, specializzato e non, anch’esso ormai consa-pevole del confine sottile tra “non profit” e “non solo profit”, tendenzialmente autonomo ed autoreferente, ma comunque destinato a recitare un ruolo nel breve e medio periodo nel processo di riconfigurazione del macrosettore.

La stragrande maggioranza dei soggetti intervistati ha ancora i propri “padri fondatori” sal-damente al timone ed impegnati negli organismi decisionali. Più di un terzo delle organiz-zazioni ha circa dieci anni di vita. Se a queste sommiamo le strutture nate negli anni ’80, raggiungiamo quota 45 su 60. Restano fuori da questo discorso solo pochi grandi soggetti nazionali (enti di promozione sportiva, enti morali, ecc.) che fanno ormai riferimento solo anagrafico al territorio provinciale e che affondano le radici costitutive nell’immediato do-poguerra. Il dato generazionale è importante: significa che si sta avvicinando il momento del ricambio, del passaggio dello scettro dai pionieri ai coloni. Tutti questi soggetti hanno bisogno di essere accompagnati lungo il percorso della transizione generazionale che, ne-cessariamente, comporta una revisione profonda delle motivazioni iniziali e delle modalità giuridiche, formali, organizzative delle strutture. Uno dei riflessi più immediati di questa condizione comune ci riporta al carattere pionieristico di molte organizzazioni e, quindi, alla necessità di sostenere la transizione da forme semplici a forme complesse, da organiz-zazioni elementari ad organizzazioni articolate, fondate sulla partecipazione e sulla profes-sionalità manageriale più che sul carisma spontaneo e soggettivo.

Come si costruisce la nuova comunità?

La nuova generazione verrà suscitata e stimolata dal ridisegno e dalla riconfigurazione del macrosettore di cui abbiamo già parlato nel Capitolo 1. Il processo di semplificazione ed aziendalizzazione di molte organizzazioni, che passeranno dall’appartenenza rigorosamente “non profit” del Terzo settore all’appartenenza “non solo profit” dell’economia civile, per in-tegrarsi con i servizi territoriali, è già in atto. La stragrande maggioranza degli intervistati vedono una crescita nel futuro, in particolare coloro che si muovono ed operano nell’area

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adell’integrazione. Nonostante il suo connotato assolutamente peculiare, anche il macroset-tore dell’economia civile non può sottrarsi più di tanto ai fenomeni registrati in altri settori economici nell’ultimo decennio, che è trascorso sotto il segno della globalizzazione: cresci-ta della concorrenza, crescita dimensionale delle organizzazioni, acquisizioni e integrazioni fra imprese, semplificazione dei mercati, crescita della cultura manageriale. Al disegno pio-nieristico dei cento sentieri aperti per ogni dove si sostituirà, nel breve e medio periodo, un sistema razionale di strade. Alle organizzazioni apripista, capaci di grandi performance fon-date sulla motivazione etica, si sostituiranno consigli di amministrazione capaci di gestire il quotidiano e di progettare il futuro. Il motore sociale che è stato capace di elaborare il nuo-vo, ritornerà a girare su ritmi di crociera, dopo diversi anni di tensione massima.

La formazione e la comunicazione sono investimenti assenti

Le risorse umane della prima generazione si sono formate “facendo”. I nuclei dirigenti as-somigliano ancora a piccole oligarchie, la metà non ha fatto formazione specifica per as-solvere alle responsabilità cui presiede. Alla richiesta di un’autovalutazione libera delle proprie competenze, 18 organizzazioni si danno una votazione media, 16 medio-alta. Sulla carta, tutti fanno tutto il possibile per controllare “scientificamente” mercati e risorse. Ma, alla richiesta di quali siano le aree da migliorare, 29 (il 50%) rispondono “l’organizzazione del lavoro” e 18 scelgono il “rapporto con le istituzioni”, che poi sarebbero la committen-za. C’è poca capacità autocritica nei pionieri. La cultura pionieristica non ammette soste o sconfitte, non si guarda indietro, non si ferma per riflettere. Il pioniere “sente” che la ri-sposta è oltre il prossimo crinale di collina, non nelle carte e nelle discussioni. Intanto, il mercato delle opportunità reali si è contratto, gli strumenti di accesso sono sempre meno legati all’intuizione e sempre più dipendenti dalla capacità progettuale, dalla gestione or-dinata delle risorse economiche ed umane, dalla capacità di gestire parametri e modelli. La seconda generazione, cresciuta all’ombra dei grandi padri, non ne possiede il potere ca-rismatico ma non ha ancora avuto accesso agli strumenti culturali della gestione manage-riale. Tutto ciò si somma alla mancanza di cultura strategica della comunicazione sociale e all’inconsistenza del marketing dei bisogni. Certamente sulle difficoltà di comunicazione incidono per il 70% le limitate risorse finanziarie, però c’è un margine di comunicazione che non viene coperto per mancanza di riflessione critica, per eccesso di autoreferenza, per semplice ignoranza.

Più esperienza di impresa, più propensione al cambiamento

Gli intervistati rispondono tutti che identità, visione e missione non sono cambiati nel tempo; ci sono stati solo aggiustamenti tecnici, generalmente indotti da fattori esterni: mo-dificazioni normative e delle regole, contrattualistica dei bandi, criteri di selezione, verifica e controllo. La percezione soggettiva dei pionieri è spesso parziale, perché la necessità di rispondere alla sollecitazione sul breve limita la capacità di elaborazione del medio perio-do. Invece, è drammaticamente cambiata la dimensione dell’area di scambio tra domanda e offerta. Il campo si è ristretto, le regole sono diventate più severe, le risorse sono diminui-te di oltre un terzo negli ultimi cinque anni. Pochi, nelle interviste che abbiano registrato, lo hanno avvertito con chiarezza e si tratta, naturalmente, dei soggetti maggiori. Metà de-

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gli studi sono riferiti a realtà che hanno un bacino di domanda cittadino, 11 casi lavorano nei Municipi, solo 10 operano nella dimensione Regionale. Risulta che 15 organizzazioni (il 25%) hanno fatto ricorso alla certificazione di qualità. Tre stanno per farlo. Sono quasi tutte cooperative. Gli altri, in particolare le piccole associazioni locali, non sanno nemme-no dire a cosa servono le certificazioni, non sanno che diventeranno indispensabili in poco tempo. Il segmento di questionario dedicato ai dati di struttura è risultato il meno gradito: informazioni scarse e frammentarie, incomplete, contraddittorie, per finire con quelli che non riescono a disegnare il proprio organigramma. Lo sforzo dei pionieri è ancora concen-trato sul raggiungimento degli obiettivi originari, anche se le condizioni al contorno sono profondamente mutate. Prima fra tutte, l’ampiezza delle risorse destinabili al welfare. Non c’è stato tempo per la riflessione, non c’è stato tempo per provare ad immaginare: “Come saremo tra cinque, dieci anni?”. Alle domande 3.9 e 3.10 sui cambiamenti nel comporta-mento delle istituzioni e nelle politiche sociali, le risposte si sono concentrate sul “come” e non sui “perché”. Molti registrano le restrizioni, meno di un terzo vede il cambiamento delle regole, praticamente nessuno mette in luce le ragioni del cambiamento irreversibile: le mutate condizioni economiche generali, le politiche di adeguamento all’Europa, la fine del “welfare” “tutto pubblico”, la nuova generazione di dirigenti pubblici aziendalismi, la domanda di efficienza, la caccia allo spreco.

Risorse scarse, mercato monocliente, finanza non gestita

L’impulso a fare, andare avanti, occupare il territorio e segnarlo con i paletti contraddi-stingue anche i comportamenti economici e la gestione delle risorse finanziarie. Pochi co-noscono la differenza tra il credito ordinario ed il credito cooperativo, pochi conoscono le iniziative finanziarie elaborate dal Terzo settore per se stesso (5 su 60, meno del dieci per cento). Ritornano i limiti della prima generazione, che ha sostituito il “business plan” con la fiducia nei propri mezzi, la pianificazione con il proprio entusiasmo, i progetti di medio periodo con il fare quotidiano, l’impegno militante, il presidio fisico degli spazi e delle si-tuazioni. In banca ci si va quando proprio non se ne può fare a meno. Solo 6 organizzazioni (di cui 4 sono consorzi e cooperative) ricorrono in modo sistematico alla mediazione ban-caria di soggetti della rappresentanza. Tutti gli altri sono gestori “fai da te”.

Le entrate coincidono con le commesse pubbliche ed i progetti finanziati da soggetti pub-blici. Solo l’associazionismo continua a raccogliere fondi tra i soci, il contributo dei privati è molto ridotto. La sottocapitalizzazione non è solo la condizione prevalente, ma viene consi-derata un problema. Non il problema finanziario centrale. Questo significa che, nonostante le affermazioni di costante attenzione ai fatti economici, il concetto di capitale non appar-tiene alla cultura gestionale dell’economia civile e le eccezioni non fanno la regola.

Considerazioni finali: l’autonomia funzionale e le “policy” locali per il “nuovo welfare”

Gli aspetti che abbiamo trattato finora, per quanto problematici, non debbono trarre in inganno. Li mettiamo sotto la lente di ingrandimento per segnalare i passaggi critici e i potenziali di pericolo ma, nel suo complesso, il macrosettore dell’Economia civile è ancora lontano da una crisi grave. Prevalgono, anzi, i fenomeni positivi che si fondano tutti sulla

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amolteplicità delle esperienze. Questo è il vero confine tra un futuro di crescente rafforza-mento e un lento ma inevitabile declino. Oggi la condizione prevalente dei soggetti che vivono e producono nell’ambito dell’economia civile è quello della solitudine e dell’isola-mento sul piano operativo, nonostante una conclamata e ribadita “unità d’intenti”. Tran-ne pochi casi (la cooperazione, il nocciolo duro del Terzo settore), ogni altra organizzazione si muove da sola nel mercato della domanda e dell’offerta. Spesso contro altre organizzazio-ni similari, talvolta contro altre organizzazioni molto più strutturate (come nel caso della Sanità). Serve un soggetto legittimato a raccogliere le diverse specificità, le differenze e le peculiarità e riportarle a valore aggiunto per riversarle sul territorio in termini di progetto di sviluppo. Serve un nuovo soggetto portatore di un potere regolatore, negoziale, proposi-tivo, condiviso, capace di raccogliere istanze e di rappresentarle in un’ottica di integrazio-ne e non di frammentazione degli interessi.

Non ci sono soggetti privati in grado di dare logica comune e coesione a queste esperien-ze. Il limite di aggregazione toccato dal Forum del Terzo settore (che registra più o meno lo stesso livello di partecipazione degli esordi) sta sotto gli occhi di tutti, a testimoniare che la soluzione non viene dall’interno. Uno spazio di soluzione è certamente rintraccia-bile nelle nuove possibilità aperte dall’autonomia funzionale di cui godono le Camere di Commercio in prima battuta e poi i soggetti che dalle Camere sono stati costituiti per ri-spondere a bisogni specifici. Sulla Camera di commercio convergono alcuni fattori positi-vi di grande portata: la dimensione pubblica, sempre vissuta in un’atmosfera culturale in-fluenzata dalla componente privata; il ruolo di mediazione e di tavolo di confronto “super partes” che nessun altro soggetto istituzionale può vantare ad oggi; la distanza equilibrata fra filiere nazionali e strutture territoriali; la coincidenza della competenza territoriale pro-vinciale con alcuni dei problemi aperti del macrosettore dell’economia civile (formazione, credito, rappresentanza).

Grazie ad una serie di intuizioni anticipatorie, oggi la Camera di Commercio di Roma di-spone di strumenti conoscitivi e di progettazione in grado di costruire un primo, grande disegno unitario di ripensamento del contributo sociale e civile alla “welfare community”, cioè al desiderio diffuso (e spesso frustrato) di stare bene insieme.

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Parte seconda Analisi della domanda

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5. Indagine campionaria sulle famiglie

5.1. Premessa

L’indagine sulle famiglie è stata effettuata su un campione statisticamente rappresentativo dell’universo delle famiglie residenti nel territorio della provincia di Roma, stratificato per area geografica di residenza delle famiglie (municipi del Comune di Roma e comuni della provincia), ampiezza dei nuclei famigliari ed età del capofamiglia. La segmentazione del-la popolazione per tipologia familiare e le caratteristiche delle singole tipologie familiari sono state mutuate dall’Istat. La numerosità del campione realizzato al termine dell’inda-gine è risultata pari a 2380 interviste a buon fine (n=2380, con un intervallo di confidenza del 95%, errore standard del 2%). Complessivamente erano stati effettuati 3505 contatti, le cadute sono state 1125, con un tasso di interviste concesse pari al 67,9% e un tasso di caduta pari al 32,1%. Le interviste sono state realizzate telefonicamente (Sistema CATI11) nel periodo compreso tra il 25 ottobre ed il 16 novembre 2005.

L’indagine campionaria è stata effettuata con lo scopo di studiare la quota delle famiglie della provincia di Roma utilizzatrici dei servizi tipicamente erogati dalle organizzazioni del Terzo settore, con riferimento alle seguenti aree di contenuti: utilizzo / non utilizzo dei ser-vizi, le caratteristiche dei soggetti del Terzo settore utilizzati, le modalità attraverso le qua-li le famiglie sono venute a contatto con tali soggetti, le difficoltà delle famiglie in sede di fruizione dei servizi, la soddisfazione delle famiglie sia a livello complessivo sia con riferi-mento ad una serie di componenti particolari del servizio. In questo ambito sono state con-siderate il personale (la cortesia, la precisione e l’accuratezza nello svolgimento del servizio, la velocità nel rispondere alle richieste di assistenza, la velocità in fase di attuazione del-le soluzioni, la riservatezza, la capacità di fornire risposte esaurienti, la capacità di fornire risposte in modo semplice e chiaro, la professionalità e la competenza), la comunicazione (la chiarezza delle comunicazioni ricevute, la tempestività delle comunicazioni ricevute, l’adeguata disponibilità di materiale informativo, la chiarezza del materiale informativo), il servizio in se stesso (tempestività e costo del servizio). Tutti i risultati dell’indagine cam-pionaria sono stati riportati all’universo di riferimento.

Per identificare le famiglie effettivamente utilizzatrici di servizi erogati da soggetti del Terzo settore, distinguendo questi ultimi da quelli offerti da altre strutture, pubbliche o private

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a(“profit”), è stato utilizzato un questionario caratterizzato da una serie di filtri selettivi di-sposti in successione.

“Potrebbe dirmi se Lei o un membro della sua famiglia, oggi dovete affrontare (o avete dovuto af-frontare di recente12) problemi come quelli che ora le elenco? Assistenza a persone disabili o non autosufficienti; assistenza a malati terminali; problemi di cattivo rendimento scolastico dei figli; gestione degli orari scolastici e del tempo libero dei figli, ecc.” L’intervista proseguiva soltanto in caso di risposta positiva ad almeno una delle problematiche elencate.

Proseguendo l’intervista si chiedeva agli intervistati se avevano usufruito in passato o se stan-no usufruendo attualmente del servizio, pregandoli di descrivere con precisione (per quanto possibile) il tipo di problema. La risposta dell’intervistato veniva rilevata in modo “aperto” senza alcuna pre-codifica. Nelle situazioni in cui l’intervistato avesse citato più di una proble-matica gli veniva domandato in modo informale quale fosse quella a suo avviso più rilevante di modo da continuare il questionario soltanto per quella. Da questo punto di vista l’indagi-ne campionaria, non considerando le possibili ridondanze, tende sia pure in lieve misura a sottostimare la domanda dei servizi del Terzo settore da parte delle famiglie.

Le risposte fornite in modo aperto, e del tutto libero da parte degli intervistati, venivano codificate ex post, verificando direttamente con gli intervistati la coerenza delle codifiche con le quali l’intervistatore intendeva tradurre il pensiero dell’intervistato. Le risposte post-codificate sono state ordinate in cinque gruppi omogenei al proprio interno: famiglie utilizzatrici di servizi sanitari; di servizi di assistenza sociale; di servizi riguardanti l’istru-zione; la cultura, lo sport e la ricreazione; la tutela dei diritti.

Sono state considerate nel campo famiglie che hanno utilizzato o che attualmente utilizzano servizi di tipo sanitario, le risposte che sono state così post-codificate: assistenza pre e post ospedaliera e riabilitazione; assistenza a malati terminali; assistenza a persone non auto-sufficienti; assistenza Alzheimeriani e dementi senili; assistenza per traumi gravi invali-danti.

Sono state considerate nel campo famiglie che hanno utilizzato o che attualmente utilizza-no servizi di tipo sociale, le risposte che sono state così post-codificate: assistenza anziani non autosufficienti o in difficoltà; assistenza disabili sensoriali, psichici, mentali; ospita-lità ed assistenza infanzia a rischio; ospitalità ed assistenza ragazze madri; assistenza car-cerati immigrati, tratta e prostituzione; assistenza a categorie svantaggiate e del disagio sociale.

Sono state considerate nel campo famiglie che hanno utilizzato o che attualmente utilizzano servizi riguardanti l’istruzione, le risposte che sono state così post-codificate: formazione; assistenza allo studio; integrazione curriculare; cattivo rendimento scolastico.

Sono state considerate nel campo famiglie che hanno utilizzato o che attualmente utilizzano servizi riguardanti la cultura, lo sport, la ricreazione, le risposte che sono state così post-co-dificate: attività sportiva specializzata, competitiva o non competitiva per bambini, adole-scenti e giovani.

Sono state considerate nel campo famiglie che hanno utilizzato o che sono attualmente utiliz-zatrici di servizi riguardanti la tutela dei diritti, le risposte che sono state così post-codificate:

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Indagine campionaria sulle famiglie

servizi di sportello e informazione; tutela legale; formazione volontari; gestione ed organiz-zazione volontariato specializzato; servizi specializzati agli iscritti ad ogni singola famiglia è stato inoltre chiesto come avesse risolto la problematica esaminata, chi avesse fatto ricorso per risolverla (soggetto pubblico, privato, privato convenzionato) e le caratteristiche del soggetto (cooperativa; associazione nazionale; associazione locale; fondazione; altro).

L’analisi delle famiglie della capitale è stata effettuata utilizzando, sulla scorta delle indi-cazioni dell’Istituto Nazionale di Statistica, la segmentazione dell’universo di riferimen-to in cinque classi di differente ampiezza: famiglie formate da più componenti ma con un solo genitore di età inferiore ai 65 anni (Monogenitore < 65 anni); famiglie composte da un solo componente di età inferiore ai 65 anni (Single < 65 anni); famiglie formate da più componenti, con la presenza di entrambe i genitori di età inferiore ai 65 anni e di fi-gli (Coppie con figli < 65 anni); famiglie formate da coppie giovani di età inferiore ai 65 anni e senza figli (Coppie senza figli < 65 anni); famiglie formate da una sola persona op-pure da più persone, ma in ogni caso di età pari o superiore a 65 anni (Persone sole/fami-glie >= 65 anni).

Tabella n. 5.1. “Segmentazione dell’universo delle famiglie residenti nel territorio della provincia di Roma, per tipologia del nucleo famigliare”.

Tipologia della famiglia valori assoluti valori %

Monogenitore < 65 anni 112.063 7,4%

Single < 65 anni 224.049 14,9%

Coppie con figli < 65 anni 555.166 36,9%

Coppie senza figli < 65 anni 118.172 7,9%

Persone sole/famiglie >= 65 anni 495.725 32,9%

Totale universo “N” 1.505.175 100,0%

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

5.2. Analisi delle esigenze e delle soluzioni adottate

Con riferimento alle esigenze della “domanda dei servizi offerti dai soggetti del Terzo set-tore”, una parte significativa delle famiglie si confronta, o ha dovuto farlo in un passato re-cente, su problematiche in qualche caso anche piuttosto gravi riguardanti la sanità o l’as-sistenza socio-sanitaria. In particolare, le famiglie hanno segnalato di aver utilizzato o di utilizzare giornalmente servizi riguardanti la sanità (17,8%), l’assistenza sociale (6,2%), l’at-tività ricreativa e culturale (4,6%), l’istruzione (2,6%) e, meno frequentemente, servizi nel campo della tutela dei propri diritti (0,9%).

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aFigura n. 5.1. “Segmentazione delle famiglie residenti nella provincia di Roma in funzione dell’utilizzo di alcuni servizi specifici offerti da soggetti e organizzazioni del Terzo settore”.

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Famiglie che utilizzano o che hanno utilizzato servizi in campo “sanitario - Il 17,8% delle fami-glie si trova ad affrontare giornalmente o ha affrontato recentemente problemi per i qua-li ha dovuto ricorrere ai servizi di tipo sanitario offerti dai soggetti che operano nel Terzo settore. Tali servizi si riferiscono all’assistenza pre e post ospedaliera, alla riabilitazione, o a problemi legati ad assistenza di persone gravate da problematiche quali, a titolo di esem-pio, malattie invalidanti o patologie che richiedono il ricorso a strutture di tipo socio-sani-tario-assistenziale. Le famiglie che hanno fatto ricorso, o che ricorrono ai servizi in ogget-to, sono principalmente quelle di tipo monogenitore, tanto quelle residenti nella Capitale (24,9%) tanto quelle residenti fuori Roma (28,6%). Emerge anche una diversa propensio-ne ad usufruire i servizi di tipo sanitario offerti dai soggetti del Terzo settore da parte delle coppie senza figli: sono soprattutto quelle capitoline (25,3%) ad utilizzarli mentre contro soltanto il 10,6% delle famiglie della stessa tipologia residenti fuori Roma.

Famiglie che utilizzano o che hanno utilizzato servizi nel campo dell’assistenza sociale - Il 6,2% delle famiglie deve o ha dovuto affrontare problemi di assistenza e di ospitalità a persone bisognose quali disabili, bambini a rischio, ragazze madri, carcerati, o comunque persone appartenenti a categorie considerate svantaggiate. Tra le tipologie familiari sono soprattut-to le famiglie monogenitore residenti fuori Roma a ricorrere più spesso a soggetti che svol-gono funzioni di assistenza sociale.

Le organizzazioni che operano nell’area dell’Assistenza sociale possono essere suddivise in tre segmenti: quelle che agiscono nel campo dell’Assistenza sociale e assistenza sociale e sanitaria, quelle che erogano servizi generici di assistenza e quelle che offrono servizi di ospitalità. Al primo gruppo appartengono quei soggetti che si occupano di assistenza a di-sabili intellettivi, di adozioni, di assistenza a minori, prostitute, tossicodipendenti e disabili, di assistenza domiciliare e scolastica a disabili; cercano di far fronte, inoltre, ai problemi re-lativi all’accoglienza in case-famiglia, erogano servizi di supporto alle famiglie con compo-nenti disabili o con altre forme di disagio e assistono diverse persone in centri di ascolto. Il secondo gruppo è, invece, composto da soggetti che si occupano di attività di recupero per ragazzi a rischio di devianza, danno informazione e assistenza nell’ambito della lotta alla

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povertà, oppure si occupano di protezione civile, realizzano campagne di recupero fondi per organizzazioni che operano a livello internazionale e, infine, si occupano di progetti di adozioni a distanza. Al terzo gruppo appartengono, invece, quelle organizzazioni del Terzo settore che offrono vari servizi nel campo dell’ospitalità. Sono, ad esempio, case famiglia per minori e/o per donne vittime di violenza, per anziani, immigrati, ragazze madri e gio-vani a rischio di esclusione.

Famiglie che utilizzano o che hanno utilizzato servizi nel campo dell’istruzione - Il 2,6% delle famiglie utilizza servizi nel campo dell’istruzione scolastica (cattivo rendimento scolastico, assistenza allo studio) e nel campo della formazione (integrazione curriculare).

Famiglie che utilizzano o che hanno utilizzato servizi nel campo della cultura, dello sport e delle attività ricreative - Il 4,6% delle famiglie utilizza servizi offerti da organizzazioni e soggetti del Terzo settore riconducibili agli ambiti della cultura, dello sport e delle attività ricreati-ve. I soggetti che operano nel campo della Cultura, dello Sport e delle attività ricreative sono, per lo più, associazioni eno-gastronomiche, ludoteche, società sportive, associazioni e “club” specializzati (dal tiro a segno al bridge, dal deltaplano al ciclismo), associazioni non specializzate e di ricreazione.

Famiglie che utilizzano o che hanno utilizzato servizi nel campo della tutela dei diritti - Nel campo della Tutela dei diritti, esempi di servizi offerti dalle organizzazioni del Terzo setto-re sono: assistenza in campo previdenziale, attività contro l’usura, assistenza e patrocinio legale gratuiti e attività di difesa dei consumatori. Le famiglie che hanno utilizzato i ser-vizi riconducibili all’ambito della tutela dei diritti, pari allo 0,9%, sono particolarmente concentrate nel territorio del comune di Roma, e risultano meno diffuse nei comuni della provincia.

Figura n. 5.2. “Segmentazione delle famiglie in funzione dei soggetti erogatori dei servizi utilizzati”.

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Le famiglie si sono rivolte prevalentemente ad associazioni locali e in misura minore a coo-perative, associazioni nazionali e fondazioni.

Le associazioni si definiscono come “gruppo di persone che si riunisce per uno scopo co-mune” e che presentano un grado anche minimo di istituzionalizzazione e di esistenza for-

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amale, una finalità non di lucro, libertà di gestione sulla base di proprie regole e procedure. Esse svolgono attività di pubblica utilità.

Le cooperative sociali sono cooperative fondate con lo scopo di sostenere la promozione umana e l’integrazione sociale e lavorativa dei cittadini appartenenti alle cosiddette cate-gorie. Sono disciplinate dalla Legge 8 novembre 1991, n. 381.

Le fondazioni sono organizzazioni senza fine di lucro, dotate di un proprio patrimonio, im-pegnate in settori come assistenza, istruzione, ricerca scientifica, erogazioni premi e rico-noscimenti e formazione.

Tra le altre strutture e associazioni si ricordano le Ong, organizzazioni private di vario tipo che operano, con modalità differenti, nel campo della cooperazione allo sviluppo e della solidarietà internazionale. La loro attività nell’ambito della cooperazione dell’Italia con i paesi in via di sviluppo è disciplinata dalla Legge 26 febbraio 1987, n. 49.

Figura n. 5.3. “Analisi delle modalità di contatto/incontro tra i soggetti erogatori dei servizi e le fami-glie utilizzatrici”

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Complessivamente si rileva una scarsa efficacia dei tradizionali strumenti di informazio-ne (media, servizio pubblico, servizi scolastici, servizi specialistici) quali canali di comu-nicazione attraverso cui le famiglie vengono a conoscenza dei soggetti del Terzo settore che offrono servizi di pubblica utilità. Lo scenario che emerge dall’analisi dei dati mette in evidenza come nella maggior parte dei casi le famiglie si muovano autonomamente alla ricerca del soggetto cui potersi rivolgere per la risoluzione dei propri problemi: il 70% del-le famiglie hanno trovato la struttura che desiderava cercando direttamente informazioni o ricorrendo al consiglio di amici e conoscenti. Da segnalare anche l’importanza del ruo-lo del medico di base (o dello specialista), soprattutto per le famiglie monogenitori, per le coppie senza figli, le persone sole e le famiglie oltre i 65 anni della provincia di Roma, cui esse si rivolgono spesso per essere indirizzate alla struttura ritenuta più idonea alle proprie necessità. Residuale, come detto, il ruolo dei media e dei servizi scolastici e delle struttu-re religiose locali. L’esame per area tematica conferma come le famiglie si muovano preva-

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lentemente in modo autonomo al momento di scegliere il soggetto cui riferirsi. Tale modus operandi è vero soprattutto per temi quali la Tutela dei diritti e lo sport e attività ricreative, mentre emerge un quadro molto più differenziato in aree come l’Assistenza sociale, dove le famiglie arrivano in modi diversi ai fornitori delle soluzioni. Alcuni canali informativi, quali il medico di base e i servizi scolastici, sono inoltre significativi per le aree cui fanno principalmente riferimento, cioè Sanità e Assistenza sociale per il primo e Istruzione per il secondo, mentre risultano residuali per le altre aree (sebbene i servizi scolastici abbiano la loro importanza anche nel campo dello Sport e le attività ricreative).

Figura n. 5.4. “Analisi delle modalità di contatto/incontro tra i soggetti erogatori dei servizi e le famiglie utilizzatrici in funzione delle differenti tipologie dei servizi utilizzate”.

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Più in generale, si osserva come siano molteplici i fattori che spingono le persone a sceglie-re i soggetti cui rivolgersi per l’erogazione di un servizio di tipo sociale. Il 18,0% delle fami-glie utilizzatrici dei servizi del Terzo settore, infatti, aveva considerato anche altri soggetti di cui avrebbe potuto servirsi, oltre al soggetto di cui poi si è materialmente servito.

Figura n. 5.5. “Oltre al soggetto del quale poi si è materialmente servito, o dal quale si sta servendo at-tualmente, aveva considerato in fase di scelta anche altri soggetti di cui avrebbe potuto servirsi?”.

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

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aQuesti soggetti alternativi poi, per diversi motivi ed esigenze, primi tra tutti i tempi trop-po lunghi (33,0%) e i costi elevati (29,8%), non sono più stati considerati. Altre ragioni che hanno motivato le famiglie a non scegliere alcuni soggetti sono la qualità del servizio (18,5%), la distanza dall’abitazione (7,6%), la non corrispondenza con le proprie esigenze (5,9%) e il fatto che non ispiravano fiducia (5,2%). Questo testimonia appunto che, duran-te il processo di scelta di un servizio di tipo sociale, le famiglie tengono conto di molteplici e svariati fattori. È però possibile sintetizzare le principali ragioni che le spingono a privi-legiare una struttura rispetto ad un’altra considerando:

- La necessità di contenere i costi: il 29,8% della famiglie, tra cui il 71,4% dei “single” residenti nella Capitale e il 100% delle persone sole e delle famiglie in età più avanzata residenti fuori Roma, sceglie una struttura perché economi-camente accessibile;

- L’importanza di usufruire in tempi brevi dei servizi richiesti: il 33% delle fa-miglie sceglie una struttura perché questa risulta l’unica capace di garantire i servizi richiesti in un periodo di tempo ragionevole. Tale motivazione è rile-vante soprattutto per le coppie con figli, per le persone sole e per le famiglie in età più avanzata residenti a Roma. Tale dato potrebbe essere indicativo della problematica del prolungarsi dei tempi delle liste di attesa, molto sentita so-prattutto in campo sanitario dove il fattore tempo è decisivo e spesso spinge le famiglie a dover cercare soluzioni alternative a quelle garantite dalle strutture pubbliche.

- La necessità di usufruire di servizi con un elevato “standard” di qualità: il 18,5% delle famiglie, di cui il 100% dei single residenti fuori Roma, sceglie la struttura cui rivolgersi sulla base della qualità dei servizi offerti, a prescinde-re dai costi e dai tempi d’attesa. Il dato sui “single” potrebbe essere indicativo anche della diversa incidenza economica di un servizio sul bilancio familiare, che spingerebbe famiglie generalmente più gravate economicamente a prefe-rire soggetti pubblici o privati convenzionati.

- L’importanza di usufruire di servizi vicini alla propria abitazione: la scelta delle strutture sulla base della loro collocazione sul territorio condiziona so-prattutto le scelte delle famiglie residenti a Roma. Questo significa, quindi, che da una parte la ricchezza dell’offerta delle strutture della Capitale offre ampia scelta alle famiglie che necessitano di servizi di tipo sociale, ma nello stesso tempo, le difficoltà negli spostamenti all’interno della città condizio-nano le decisioni delle famiglie, limitando, di fatto, il ventaglio delle scelte possibili.

Famiglie che utilizzano o che hanno utilizzato servizi nel campo della sanità e dell’assistenza so-ciale - Le famiglie si rivolgono prevalentemente ad associazioni locali (56,3% dei casi, tra cui il 100% delle famiglie monogenitore e il 72,2% delle persone sole e delle famiglie oltre i 65 anni e il 60% dei single) mentre le coppie con figli (31,7%) e quelle senza figli (66,7%) si rivolgono a soggetti diversi per la risoluzione dei propri problemi. Alle associazioni na-zionali (8,9% a livello totale) ricorrono soprattutto i single (60%) mentre si rivolgono a

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fondazioni soltanto il 14,6% delle coppie con figli. Rispetto a quanto avviene per le altre tipologie di servizi, le famiglie non sempre possono agire autonomamente alla ricerca del soggetto cui potersi rivolgere: solo il 36,9% delle famiglie ha, infatti, trovato direttamente la soluzione più vicina alle proprie necessità. Nel 15,2% dei casi sono le stesse strutture a carattere assistenziale che si propongono alle famiglie, mentre il 21,7% delle famiglie della provincia di Roma ha potuto usufruire del servizio grazie al supporto del servizio pubblico che ha inviato presso di loro le persone competenti per la risoluzione delle problematiche manifestate. Nel 16% dei casi, invece, è contato il consiglio di amici e conoscenti mentre appaiono residuali le quote di famiglie per cui sono stati determinanti i media, il medico di base, le parrocchie e i servizi scolatici. Tali dati sembrerebbero indicare come le fami-glie, in tale settore, in virtù della delicatezza dell’argomento, abbiano comunque bisogno di essere guidate e indirizzate al fine di trovare la soluzione più adatta alle proprie esigen-ze, al contrario di quanto avviene in campi quali Istruzione, Cultura, Sport e ricreazione o Tutela dei diritti, dove le famiglie hanno maggiori margini di indipendenza e maggio-re facilità di scelta. Una volta raccolte tutte le informazioni necessarie, le famiglie, ana-logamente a quanto si registra negli altri settori oggetto di analisi, non si trovano, nella maggior parte dei casi (81,6%), davanti la necessità di scegliere tra più strutture. Nei casi in cui le famiglie hanno dovuto scegliere tra più soggetti, è risultato determinante il co-sto dei servizi offerti che per il 61,5% delle famiglie ha fatto propendere per una soluzione piuttosto che per un’altra. Importanti anche lo standard di qualità offerto e i tempi previ-sti per la fruizione del servizio che sono risultati decisivi soprattutto per le persone sole e le famiglie più anziane (in entrambi i casi decisivi nel 42,9% dei casi).

Famiglie che utilizzano o che hanno utilizzato servizi nel campo dell’istruzione - Emerge nel campo dei servizi per l’istruzione l’importanza dell’associazioni locali, alle quali nel 68,6% dei casi le famiglie si rivolgono in alternativa alle strutture pubbliche almeno per quanto concerne le attività del tipo “cattivo rendimento scolastico, l’assistenza allo studio” e nel campo della formazione “l’integrazione curriculare”. Particolarmente significativo il dato sui canali di informazione utilizzati per trovare la struttura o il soggetto cui poter fare ri-ferimento: nel campo dell’Istruzione le famiglie, nella maggior parte dei casi, si muovono autonomamente, valutando sulla base delle informazioni trovate quale possa essere la so-luzione più rispondente alle proprie esigenze. Importante anche il consiglio di amici e co-noscenti, la cui esperienza è generalmente valutata fondamentale al momento della scel-ta della soluzione da adottare. Stupisce invece la bassa incidenza dei servizi scolastici che assumono un peso solo per una parte residuale delle coppie senza figli (4,8%). Tale dato sembrerebbe indicare come, ad oggi, all’interno della provincia di Roma, non si siano an-cora riuscite ad attivare le necessarie sinergie positive tra famiglie e strutture scolastiche; più in generale, sembrerebbero non esserci ancora i presupposti perché si possa attivare un dialogo sistematico tra famiglie e servizi scolatici soprattutto nel campo dell’istruzione primaria e secondaria. Va segnalato come, una volta raccolte le informazioni necessarie, le famiglie non si trovano dinanzi la scelta tra più soggetti differenti per caratteristiche ma, piuttosto, tra soggetti che potrebbero ugualmente essere adatti alle proprie esigenze. Soltanto le coppie con figli nel 9,5% dei casi valutano più soluzioni, scegliendo infine il soggetto o la struttura ritenuta più idonea alle proprie esigenze e che risulta meno distan-te dalla propria abitazione.

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aFamiglie che utilizzano o che hanno utilizzato servizi nel campo della cultura, dello sport e delle attività ricreative - La Cultura, lo sport e le attività ricreative in genere sono temi in cui la larga maggioranza delle famiglie della provincia di Roma (80,6%) ha fatto riferimento ad associazioni locali presenti sul territorio, e in misura decisamente inferiore ad associazioni a carattere nazionale e a cooperative. Non risultano invece famiglie che in tale settore si sono rivolte a fondazioni. L’importanza del privato, e in particolare delle associazioni lo-cali, è lo specchio dell’importante crescita del Terzo settore in questi anni, che, in campi quali appunto quello delle attività ricreative e culturali, ha saputo rispondere al diversifi-carsi delle esigenze e delle richieste dei cittadini. La gran quantità dei servizi offerti e la molteplicità delle esigenze dei cittadini in tale campo emerge anche andando a esamina-re in che modo le famiglie della provincia hanno scelto il centro o i soggetti cui potersi appoggiare. Anche in questo caso emerge come i cittadini abbiano contattato i soggetti che hanno poi concretamente erogato il servizio prevalentemente dopo aver svolto auto-nomamente delle ricerche (55%) o sulla base del consiglio di amici e conoscenti (19,3%); in misura minore hanno svolto un ruolo determinante anche il servizio pubblico, che nel 9,6% dei casi ha provveduto ad inviare direttamente presso le famiglie le persone compe-tenti nel settore di riferimento, i servizi scolastici (7,7%), i media (5,4%) e i soggetti ap-partenenti a strutture e centri che svolgono attività in tale settore e che hanno contatta-to direttamente le famiglie sulla base di opportune segnalazioni (3,1%), mentre non sono risultati in nessun caso determinanti i medici di famiglia e i centri parrocchiali. Come già rilevato in altri settori, anche in questo campo le famiglie hanno scelto direttamente la struttura cui far riferimento senza aver bisogno di vagliare più ipotesi alternative: solo nel 11,7% dei casi le famiglie della provincia avevano pensato di scegliere altri soggetti prima di scartarli per via dei costi eccessivi, dei tempi troppo lunghi o perché troppo di-stanti dalle proprie abitazioni.

Famiglie che utilizzano o che hanno utilizzato servizi nel campo della tutela dei diritti - Le fami-glie si sono rivolte principalmente ad associazioni nazionali (45,6%) e associazioni locali (32,5%); in quest’ultimo caso va segnalato come le coppie senza figli, cioè la struttura fa-miliare che più delle altre è coinvolta in tale settore, ha fatto ricorso alle associazioni lo-cali, ad ulteriore conferma di come le attività associazionistiche attivate in ambito locale siano spesso determinanti al momento di operare delle scelte che prevedono temi a carat-tere sociale. Il campo delle Tutela dei diritti appare inoltre anomalo andando a analizzare quali siano i canali informativi attraverso cui le famiglie vengono a conoscenza del sog-getto cui poter fare riferimento: le famiglie della provincia di Roma non hanno bisogno di supporti particolari tanto che l’88,3% di esse si muovono autonomamente alla ricerca delle informazioni necessarie per trovare il soggetto che più di altri risponde alle proprie esigenze. Unica eccezione è rappresentata dalle famiglie monogenitore che nel 100% dei casi scelgono quale strada percorrere grazie al consiglio di amici e conoscenti. La peculia-rità delle famiglie monogenitore in tale settore risalta anche andando a considerare come queste, a parte una quota minima delle persone sole e delle famiglie oltre i 65 anni di età, siano le uniche famiglie che in sede di scelta della soluzione da adottare abbiano vagliato più ipotesi alternative, successivamente scartate perché la qualità dei servizi offerti non era all’altezza delle proprie necessità.

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5.3. L’offerta dei servizi: le aspettative delle famiglie ed i risultati in termini di soddisfazione

La crescente importanza assunta all’interno della provincia di Roma dai soggetti del Ter-zo settore, che sempre più spesso sono chiamati ad integrare le strutture pubbliche rispet-to a temi di tipo sociale o in campi quali l’istruzione, la sanità o l’assistenza alla persona, si colloca in un contesto sociale in forte evoluzione. In particolare, le strutture “non pro-fit” caratterizzanti il Terzo settore, vanno assumendo un ruolo importante perché spesso in grado di rispondere velocemente e in maniera adeguata al moltiplicarsi dei bisogni dei cittadini, bisogni che in alcuni casi i servizi pubblici non sono in grado di soddisfare.

Va sottolineato come le aspettative delle famiglie riguardo alla qualità dei servizi offerti da tali strutture sono molto elevate: esse considerano fondamentali aspetti quali la professio-nalità (87,5% dichiara di riservare molta o abbastanza importanza a tale tema), la preci-sione (85,1%), la cortesia (82,4%), la tempestività (circa l’83% delle famiglie dichiara che è importante la velocità del personale nel trovare velocemente la soluzione ottimale e nel rispondere alle richieste di assistenza) e la riservatezza (84,4%) del personale delle struttu-re cui si rivolgono.

Le famiglie considerano altresì molto o comunque abbastanza importante la chiarezza (85,9%) e la tempestività (82,6%) delle comunicazioni ricevute e la chiarezza (78,5%) e la disponibilità (81,3%) del materiale informativo messo a loro disposizione.

Non sempre però tali aspettative trovano un effettivo riscontro nella realtà. Il livello di soddisfazione sui servizi fruiti cambia in base alla tipologia familiare e al territorio di re-sidenza. Ad esempio si può notare un diverso livello di soddisfazione sul personale delle strutture contattate tra le coppie senza figli residenti fuori Roma e quelle capitoline. Nel primo caso, la totalità delle coppie senza figli non è soddisfatta delle capacità di comuni-cazione del personale delle organizzazioni del Terzo settore (capacità di fornire risposte esaurienti e capacità di fornire risposte in modo semplice e chiaro) e non trova il livello di cortesia, di professionalità e di velocità che si attendeva.

Le coppie senza figli residenti nella capitale si dichiarano invece generalmente soddisfatte della professionalità e dell’attenzione del personale. Tale differenza è inoltre riscontrabile anche per quanto riguarda gli aspetti riguardanti le comunicazioni ricevute: la totalità del-le coppie senza figli residenti fuori Roma si ritiene insoddisfatta della chiarezza e della tem-pestività delle comunicazioni ricevute e lamenta l’incompletezza e la poca chiarezza del materiale informativo fornito. Le coppie senza figli della capitale presentano invece eleva-ti livelli di gradimento sia per le comunicazioni sia per il materiale informativo garantito dalle strutture contattate.

Differenze sono riscontrabili anche tra i single della capitale e quelli residenti fuori Roma. I primi lamentano problemi soprattutto per quanto riguarda la disponibilità e la precisione del personale nel fornire informazioni mentre la totalità dei single residenti fuori Roma si ritiene soddisfatta, sebbene con livelli di gradimento diversi rispetto ai macrotemi indivi-duati in sede di somministrazione delle interviste.

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aAnalogamente, mentre i single della capitale lamentano problemi legati alla velocità e alla chiarezza delle comunicazioni, nonché a proposito della completezza e alla chiarezza del materiale informativo messo a disposizione dalle strutture competenti, quelli residenti fuo-ri Roma in nessun caso hanno mostrato segni d’insofferenza.

Figura n. 5.6. “In generale, quanto si ritiene soddisfatto della soluzione adottata, ovvero del servizio fruito?”.

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Figura n. 5.7. “Sempre con riferimento al servizio del quale ha usufruito o del quale sta usufruendo at-tualmente, quanta importanza attribuisce ai seguenti aspetti inerenti il personale? … Quanto si ritiene soddisfatto per ciascuno di essi?”13.

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

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Indagine campionaria sulle famiglie

Figura n. 5.8. “Sempre con riferimento al servizio del quale ha usufruito o del quale sta usufruendo at-tualmente, quanta importanza attribuisce ai seguenti aspetti inerenti le comunicazioni ricevute?”.

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

Complessivamente le famiglie si ritengono però soddisfatte dei servizi offerti dalle organiz-zazioni del Terzo settore tanto considerando il livello di efficacia del servizio quanto an-dando a considerare la tempestività e il costo dello stesso. Se per quanto riguarda i primi due temi - efficacia e tempestività dei servizi - si riscontrano buoni livelli di gradimento, almeno esaminando l’insieme delle famiglie della provincia, emerge però un livello di in-soddisfazione più elevato andando a considerare i costi dei servizi. Complessivamente, dal-l’esame dei dati si riscontra una netta dicotomia per quanto riguarda le famiglie residenti fuori Roma: i monogenitore, i single e le coppie con figli presentano elevati livelli di gradi-mento dei servizi rispetto ad ognuno dei tre macrotemi individuati. Le coppie senza figli e le persone sole/famiglie più anziane lamentano invece uno scarso standard qualitativo dei servizi offerti. Più eterogenea la situazione all’interno della capitale, dove emergono però percentuali importanti di single che lamentano carenze nei servizi offerti ad ogni livello di analisi.

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aFigura n. 5.9. “Sempre con riferimento al servizio del quale ha usufruito o del quale sta usufruendo at-tualmente, quanto si dichiara soddisfatto in merito ai seguenti aspetti della prestazione di cui ha usu-fruito?”.

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

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6. L’indagine qualitativa sulle famiglie

6.1. Premessa

L’indagine qualitativa costituisce uno studio di approfondimento dell’indagine campiona-ria sulle famiglie residenti nel territorio della provincia di Roma: a differenza di quest’ulti-ma tuttavia l’indagine qualitativa ha considerato esclusivamente i nuclei famigliari utiliz-zatori dei servizi offerti dai soggetti del Terzo settore.

La rilevazione è stata effettuata su un campione ragionato formato da 201 famiglie, che sono state intervistate con la tecnica dei colloqui personali (interviste face to face in home) utilizzando un questionario semi-strutturato preventivamente condiviso con la Camera di Commercio di Roma. Le interviste sono state effettuate da psicologi professionisti nel pe-riodo compreso dal 13 gennaio al 10 febbraio 2006.

Il campione è stato stratificato per residenza delle famiglie (municipi della capitale, e co-muni della provincia), ampiezza dei nuclei famigliari e tipologia della famiglia14. Le famiglie coinvolte nella rilevazione sono state selezionate cercando di tenere conto il più possibile dei tassi di utilizzo dei servizi erogati dai soggetti del Terzo settore. A consuntivo il cam-pione realizzato è risultato quello descritto nella tabella seguente.

Tabella n. 6.1. “Segmentazione del campione ragionato per tipologia del nucleo famigliare e per tipolo-gia dei servizi utilizzati”.

Tipologia della famiglia

Tipologia dei servizi utilizzati

Totale Totale in %Sanità Assistenza

socialeIstruzione Cultura, Sport,

RicreazioneTutela

dei diritti

Monogenitore < 65 anni 5 12 0 3 0 20 10,0%

Single < 65 anni 15 12 3 1 1 32 15,9%

Coppie con figli < 65 anni 24 45 3 6 3 81 40,3%

Coppie senza figli < 65 anni 2 3 0 3 2 10 5,0%

Persone sole/famiglie >= 65 anni 22 23 0 11 2 58 28,9%

Totale 68 95 6 24 8 201

Totale in % 33,8% 47,3% 3,0% 11,9% 4,0%

Fonte: Format Srl - ricerche di mercato

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aL’indagine qualitativa aveva l’obiettivo di analizzare in profondità la situazione, il com-portamento, le scelte, le motivazioni delle famiglie che utilizzano, o che hanno utilizzato nel recente passato i servizi erogati dalle organizzazioni e dai soggetti del Terzo settore. A questo scopo sono stati identificati una serie di fattori fondamentali, ad ognuno dei quali sono stati associati uno o più indicatori15. Il modello di analisi è stato utilizzato per tut-te le diverse tipologie dei servizi: Sanità; Assistenza sociale; Istruzione; Cultura, Sport, Ricreazione; Tutela dei diritti; pur presentando un maggiore orientamento verso i servizi Sanità e Assistenza sociale che da soli rappresentano l’81,1% delle famiglie considerate nell’indagine.

Inquadramento- La situazione - L’esigenza o il problema in funzione del quale la famiglia si è

attivata per l’identificazione di una soluzione. Come si è evoluta nel tempo la situazione (quali sono state le vicissitudini indotte dal problema, se la famiglia si è rivolta a più soggetti per ricevere assistenza, indipendentemente dal fatto che l’abbia ricevuta o meno, gli effetti indotti sulla propria famiglia, ecc.).

- Il soggetto erogatore del servizio cui si è rivolta la famiglia - la tipologia del servi-zio fruito, le difficoltà incontrate o che si incontrano in fase di fruizione del servizio.

Percorso di accesso- Integrazione - Modalità attraverso le quali gli utenti sono venuti in contatto

con i fornitori dei servizi. Le difficoltà riscontrate a) per capire / riuscire a ca-pire che c’era / non c’era qualcuno che poteva essere in grado di prestare l’aiu-to desiderato; b) per accedere alle informazioni delle quali aveva bisogno; c) per entrare in contatto con le persone / le strutture di interesse.

Percorso evolutivo- L’evoluzione - Come è cambiata la vita delle famiglie e dei loro componenti: il

“prima”; la “consapevolezza” del problema; il dopo e il “vivere quotidiano”; il domani (i progetti per il futuro, la speranza).

Analisi della soddisfazione delle famiglie verso i servizi fruiti- Livello di soddisfazione complessivo

- Customer satisfaction - livello di importanza attribuito dalle famiglie alle di-verse componenti del servizio e livello di soddisfazione rilevato per ciascuna componente.

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L’indagine qualitativa sulle famiglie

6.2. Considerazioni di carattere generale sui risultati dell’indagine qualitativa

Il disegno incompiuto del “welfare”

Un segmento rilevante della domanda presenta problemi che si pongono a cavallo tra i servizi sanitari “puri” (ospedalieri e territoriali) ed i servizi sociali, ma questa mobili-tà non corrisponde ad una reale flessibilità delle strutture né alla loro integrazione. La componente sociale-assistenziale viene risolta dal servizio sanitario con modalità autore-ferenziali, quasi sempre difformi rispetto a quelle adottate nei servizi assistenziali “puri” (povertà, disagio sociale, esclusione e marginalità, ecc.). La collocazione della domanda nell’uno o nell’altro gruppo non dipende tanto dalla metodica diagnostica né dallo stan-dard prestazionale del servizio, quanto dal tipo di convenzione in atto tra i servizi pub-blici e l’offerta integrativa svolta dagli operatori dell’Economia civile e del Terzo settore. Persone con problemi analoghi possono quindi essere presi in carico da servizi diversi e ricevere trattamenti diversi dal punto di vista delle modalità e delle prestazioni. Questo stato di cose rimanda l’immagine di un “welfare” incompiuto, senza progetto, nel quale la risposta operativa nasce dalla condizione dell’emergenza del “caso”, senza che si intra-veda un pensiero previsionale in grado di orientare le risorse rispetto ai bisogni globali della persona.

Ne risultano prestazioni frammentarie, che lasciano aperti molti problemi della persona e della famiglia e rimandano ai diretti interessati la ricerca di soluzioni efficienti ed econo-micamente sostenibili. Uno degli aspetti più ricorrenti è quello dell’organizzazione della giornata e del tempo, sia del soggetto preso in carico dal servizio, sia del suo nucleo fami-liare. Spostamenti, trasporti, orari, esigenze terapeutiche, esigenze relazionali diventano, in moltissimi casi, ulteriori problemi per la famiglia e per il diretto interessato. È come se l’identificazione del problema dal punto di vista sanitario prevalesse rispetto alla messa a punto del progetto di vita del destinatario delle prestazioni.

La persona frammentata

Analizzando la tipologia dei fenomeni segnalati dagli intervistati e la loro progressione nel tempo, risulta evidente che, per quanto riguarda i servizi socio-assistenziali, c’è uno strappo nella rete dell’osservazione e della vigilanza, prima ancora che nei servizi stessi. È ancora troppo ridotta, cioè, la capacità di agire in profondità sul versante della prevenzione e della diagnosi precoce. Il vuoto maggiore si registra nella fascia di età prescolare.

Lo sviluppo nel tempo delle problematiche ha seguito uno schema comune alla stragran-de maggioranza degli intervistati: sottovalutazione dei problemi nei primi anni di età, ri-levazione del problema in sede scolastica, riscontro della gravità, ricerca della soluzione di supporto, sforzo di mantenimento delle condizioni minime di supporto e ricerca di miglio-ramenti nel tempo.

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aIl secondo elemento di frattura si manifesta quando la struttura stessa che ha rilevato il problema non riesce a dare risposte efficienti. Lo studente disabile cessa di essere uno stu-dente e diventa un problema: per gli insegnanti, i compagni di classe, le loro famiglie, per la sua famiglia. Questo tipo di situazione costituisce una condizione di stress molto forte per le famiglie e per gli stessi destinatari, al punto che l’attività di integrazione scolastica si interrompe ai livelli minimi (nella scuola elementare, più raramente nella scuola media), senza che ci siano soluzioni alternative o compensative di alcun genere. I servizi scolastici, che per propria natura sarebbero il luogo ideale per effettuare screening e analisi di massa, non dispongono della cultura, delle strutture e dei mezzi adatti per prendere in carico gli utenti e per definirne la tipologia di bisogni, mentre i detentori degli strumenti di analisi e di interpretazione scientifica non hanno accesso alle strutture di massa, se non attraver-so l’azione marginalissima del medico scolastico. Il terzo elemento di frattura si manifesta quando il disabile deve affrontare la dimensione sociale del suo problema. Paradossalmen-te, più funzionano i servizi socio-assistenziali, più si approfondisce il divario con la con-dizione quotidiana, sia familiare sia sociale di prossimità. La condizione frammentaria è l’esatto contrario del progetto di vita e la mancanza di progettualità si sente chiaramente nell’amarezza delle parole degli intervistati, quando rispondono alle domande sul futuro, proprio e dei familiari in condizioni di criticità.

La perdita del progetto relazionale

Apparentemente, i tre gruppi dell’Istruzione, dello Sport e della Tutela degli interessi si rivolgono ad un bisogno sociale meno drammatico, se confrontato con la domanda della Sanità e dell’Assistenza. Questo è vero, ma fino ad un certo punto. Una riflessione più at-tenta su questa tipologia di domanda ci fa intravedere con molta chiarezza che questo tipo di domanda tende a crescere. Ciò significa, ad esempio, che gli individui trovano sempre meno facilmente risposte al bisogno di socialità all’interno del proprio panorama affetti-vo-familiare e relazionale. Andiamo verso una dimensione umana solitudinaria, nel senso che la solitudine sta diventando un tratto comune a soggetti sociali diversi e alle diverse fasi della vita. Non appartiene più alla tipologia degli eventi straordinari (un abbandono, una perdita, ecc.) o delle fasi transitorie (cambio di casa, cambio di lavoro, ecc.). Questa dimensione si rintraccia perfino nel caso della Tutela degli interessi. Nei casi tracciati, ogni cittadino si è ritrovato da solo di fronte a comportamenti aggressivi, leonini, prevaricanti, anche se non sempre intenzionali o riferibili alla volontà di un singolo.

I pensionati si sono ritrovati soli e senza strumenti nel momento delicato della transizione dalla vita lavorativa alla condizione di non lavoro.

Le donne rimaste sole si sono ritrovate nella condizione di ridisegnare la propria vita senza l’ammortizzatore fornito dalle reti di solidarietà familiare (figli lontani, famiglie spezzettate su territori vasti, ecc.). I giovani e le coppie giovani si sono trovate sole di fronte alla pro-blematicità delle scelte adulte, spesso prive di riferimenti familiari (famiglie di provenienza dissolte, alta conflittualità, lunghe separazioni) e amicali esperti.

Uno dei tratti che emerge con maggiore evidenza dalla lettura delle interviste in questi

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L’indagine qualitativa sulle famiglie

gruppi è la costante dell’insoddisfazione, della ricerca di ulteriori luoghi, occasioni, op-portunità di scambio e di dialogo. Insoddisfazione che richiama il vuoto relazionale che sempre più spesso accompagna il nostro procedere nella dimensione sociale, a partire dal-la condizione incerta del lavoro per finire nella condizione frammentaria dell’edonismo e della soggettività radicale.

6.3. Analisi dei risultati in dettaglio

Le famiglie utilizzatrici dei servizi erogati nel campo della sanità

Soggetto erogatore e analisi delle esigenze

Circa un quarto delle famiglie intervistate presentano problemi che si collocano a cavallo tra l’ambito strettamente sanitario e quello socio-sanitario. Nel 10% circa dei casi, i proble-mi si sono presentati nei primi anni di vita e sono problemi non completamente risolvibili sotto il profilo terapeutico medicale. Si tratta di problemi di vario tipo, che comportano tempi medio lunghi, richiedono azioni di reinserimento sociale o di tutela lungo l’arco del-la vita: ritardi e disturbi mentali, casi di Alzheimer e di demenza senile.

Possiamo perciò ipotizzare lo scivolamento progressivo di questa casistica (e dei proble-mi collegati) verso l’area del servizio sociale, dal momento che la ricerca medico-farma-cologica non ha ancora disegnato orizzonti temporali affidabili per l’elaborazione di me-dicinali di contrasto e cura di tali patologie. Questo significa che nel tempo crescerà il bisogno di servizio sociale e di sostegno alla famiglia, rispetto al contenuto prettamente sanitario.

Per il 40% circa delle famiglie la vita è cambiata in modo radicale al momento dell’insor-genza del problema, coinvolgendo l’intera struttura familiare e il problema è di natura tale da far considerare l’ipotesi di una sua permanenza nell’arco del tempo vitale. Per le fami-glie in queste condizioni, perciò, il problema iniziale si è ramificato rapidamente in una se-rie di altre questioni, molte delle quali non rientrano nella visione delle strutture sanitarie e solo in parte nella missione delle strutture sociali: logistica familiare alterata, trasporti, tempi e distanze, disponibilità di tempo libero, rapporti sociali, lavoro, ecc. Non stupisce perciò che la metà di queste famiglie sottolinea la necessità di un costante sostegno (in-formativo, terapeutico, psicologico, organizzativo, logistico, farmacologico), senza il quale non potrebbe affrontare la propria situazione.

Con riferimento allo svolgimento temporale della loro vicissitudine, considerando che i tempi sono molto diversi da caso a caso, dalle parole degli intervistati emerge un quadro unico, caratterizzato da tre fasi: insorgenza e scoperta spesso casuale del problema; apertu-ra della crisi personale e familiare, con esiti spesso drammatici quali abbandoni e rifiuti; il rivolgersi agli specialisti e alle strutture sanitarie che coincide, infine, con la fase di raccol-ta delle informazioni e di studio delle soluzioni. Dalla ricerca risulta inoltre che sono pres-soché assenti i momenti di prevenzione.

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aDifficoltà incontrate e livello di soddisfazione

Per quanto riguarda le difficoltà nella fruizione del servizio, esse sono per lo più ricondu-cibili a problemi soggettivi delle famiglie (15% circa), in particolare la non accettazione della nuova condizione e reticenza a chiedere aiuto. Le altre difficoltà dichiarate sono di tipo organizzativo, per esempio orari delle visite, distanza dall’abitazione, frequenza, affol-lamenti delle strutture e di adattamento alle condizioni nuove generate dalla malattia o dalle sue conseguenze.

Con riferimento alla soddisfazione, nei casi in cui l’insorgenza del problema ha costretto i soggetti intervistati a rivedere completamente il proprio assetto di vita, si segnala una pre-valenza netta delle posizioni pessimiste. Sia nei casi di problemi subiti direttamente, sia nel caso di problemi che hanno colpito familiari, ci si ritira di fronte a progetti di futuro e si cerca di sopravvivere giorno per giorno. A questo proposito, bisogna fare comunque una precisazione per quanto riguarda le strutture familiari; le coppie, infatti, esprimono i valori più alti di soddisfazione.

Il 30% delle famiglie dichiara di non avere un progetto di futuro e di non credere nella pos-sibilità di un futuro migliore dell’attuale. I più pessimisti sono i single e i componenti del-le famiglie monogenitore. Un quarto delle famiglie dichiara di pensare al presente, giorno per giorno. Solo alcune esprimono la speranza di un miglioramento (proprio o del parente colpito). In questo possiamo rintracciare, probabilmente, anche una certa difficoltà delle strutture di servizio sanitarie e sociali di comunicare e di far adottare un orizzonte tempo-rale definito e, per quanto possibile, positivo.

Al contrario, tutte le famiglie intervistate manifestano fiducia nelle indicazioni ricevute, in particolare dai medici e dai servizi ospedalieri, circa la struttura del Terzo settore della quale servirsi. Questi dati confermano che la struttura informale di comunicazione oggi attiva vede al primo posto i medici di base, affiancati dall’associazionismo e dagli ospeda-li, che spesso registrano e valutano l’attività dei volontari, delle associazioni e delle coo-perative, anche quando non fanno parte organica del sistema territoriale. Nonostante ciò, quasi tutte le famiglie ritengono che l’informazione sull’offerta di servizi alla persona per famiglie e soggetti in grave difficoltà debba essere maggiormente presente attraverso il si-stema dei servizi territoriali: medici di base, ospedali e ambulatori, Asl, scuole, ecc. Sono pochissimi quelli che ritengono più efficaci altri canali di comunicazione, come Internet, la TV (anche locale), la carta stampata.

Le famiglie utilizzatrici dei servizi erogati nel campo dell’assistenza sociale

Soggetto erogatore e analisi delle esigenze

Oltre i due terzi delle famiglie hanno un problema che riguarda un familiare (nell’80% dei casi circa dei casi si tratta di un figlio) con deficit mentali o problemi psicologici di gravi-tà variabile, ma tali comunque da richiedere assistenza continuativa. La parte restante ha problemi che possono essere riconducibili all’età avanzata, alle pensioni insufficienti e alle cattive condizioni generali di salute; in questi casi, le condizioni di povertà ed esclusione

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economica, culturale, relazionale, costituiscono un ostacolo elevato, che il servizio può attenuare ma che non può annullare. L’attuale situazione costituisce un fattore di “stress” molto forte per le famiglie e per gli stessi destinatari, al punto che l’attività di integrazione scolastica si interrompe ai livelli minimi (scuola media inferiore).

Lo sviluppo nel tempo delle problematiche ha seguito uno schema comune alla stragran-de maggioranza degli intervistati, costituito da quattro fasi principali: insorgenza del pro-blema; riscontro della gravità; ricerca della soluzione di supporto; sforzo di mantenimento delle condizioni minime di supporto e ricerca di miglioramenti nel tempo.

Tutte le famiglie intervistate descrivono con chiarezza il servizio ricevuto. La varietà ti-pologica delle prestazioni si associa ad alcuni caratteri comuni: l’atmosfera di accoglienza familiare-amichevole,l’articolazione del tempo in diverse attività, la presenza di operato-ri professionali, la funzione di attivazione delle risorse e delle capacità residuali e l’opera intenzionale di socializzazione, la capacità, nel tempo, di mantenere costante il livello di qualità delle risorse e dei servizi, la tendenza all’arricchimento delle iniziative, delle attivi-tà, delle risorse tecnologiche.

Difficoltà incontrate e livello di soddisfazione

Alcuni aspetti dei servizi, quali pasti, trasporti, visite specialistiche e assistenza domicilia-re, variano da struttura a struttura e possono essere presenti o meno, ma questo non incide sulla soddisfazione degli utenti, che evidentemente si rapportano alle strutture in ragione delle loro effettive esigenze prioritarie.

Nei casi in cui l’insorgenza del problema ha costretto i soggetti intervistati a rivedere com-pletamente il proprio assetto di vita, si segnala una prevalenza netta delle posizioni pes-simiste. Sia nei casi di problemi subiti direttamente, sia nel caso di problemi che hanno colpito familiari, ci si ritira di fronte a progetti di futuro e si cerca di sopravvivere giorno per giorno. L’ottimismo viene espresso da un nucleo più ristretto di soggetti, che evidente-mente hanno tratto i benefici maggiori dall’azione degli erogatori dei servizi; bisogna nota-re, però, il fatto che praticamente nessuna delle famiglie parla di un futuro “normale” per i propri figli.

La gran parte degli intervistati ritiene che l’informazione sull’offerta di servizi alla perso-na per famiglie e soggetti in grave difficoltà debba essere presente attraverso il sistema dei servizi territoriali: medici di base, ospedali e ambulatori, Asl, scuole, ecc. Questi dati con-fermano che la struttura informale di comunicazione oggi attiva vede al primo posto i me-dici di base, affiancati dall’associazionismo e dagli ospedali, che spesso registrano e valuta-no l’attività dei volontari, delle associazioni e delle cooperative, anche quando non fanno parte organica del sistema territoriale.

Analizzando la tipologia dei fenomeni segnalati dagli intervistati e la loro progressione nel tempo, risulta evidente che c’è uno strappo nella rete dell’osservazione e della vigi-lanza, prima ancora che nei servizi di assistenza. È ancora troppo ridotta, cioè, la capacità di agire in profondità sul versante della prevenzione e della diagnosi precoce. In nessuna delle famiglie intervistate è stata rilevata un’attività preventiva e pochissimi sono i casi di diagnosi precoce. Per quanto il luogo di riscontro delle difficoltà è stata la scuola, in

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anessuno dei casi rilevati la scuola ha offerto la soluzione, se non molto marginalmente e, comunque, solo in attesa di una soluzione esterna. Questo deficit si riflette sul servizio in termini negativi, perché la catena dei servizi viene spezzettata in segmenti non facilmen-te ricucibili fra loro.

I servizi scolastici, che per propria natura sarebbero il luogo ideale per effettuare “scree-ning” e analisi di massa, non dispongono della cultura, delle strutture e dei mezzi adatti per prendere in carico gli utenti e per definirne la tipologia di bisogni, mentre i detentori degli strumenti di analisi e di interpretazione scientifica non hanno accesso alle strutture di massa, se non attraverso l’azione molto marginale del medico scolastico.

Le famiglie utilizzatrici dei servizi erogati nel campo dell’istruzione, della cultura, del-lo sport e della ricreazione

Soggetto erogatore e analisi delle esigenze

In questa sezione vengono presi in considerazione i risultati forniti dalle interviste effettua-te a due tipologie di utenti: 1) quelli che si sono rivolti a strutture che operano nel segmen-to dei servizi di istruzione e formazione; 2) quelli che si sono rivolti a strutture che operano nel segmento dei servizi di Cultura, Sport e ricreazione.

A proposito di queste due tipologie di soggetti (ed in particolare per la seconda), è necessa-rio considerare che i due gruppi insieme corrispondono al 7,2% delle famiglie, eppure, sot-to il profilo della numerosità dei soggetti che compongono l’offerta, le statistiche ufficiali ci dicono che, nel 2001, in Italia risultavano attive nel settore inerente la Cultura, lo Sport e la ricreazione ben 175.059 unità istituzionali, pari al 74,4% del totale nazionale (dati Istat dell’8° Censimento dell’industria e servizi - 2001) e che nella provincia di Roma i soggetti appartenenti al Terzo settore ammontavano a 12.536 unità istituzionali, di cui 8.778 veni-vano attribuite al settore Cultura, Sport, ricreazione (poco oltre il 70%).

Nella realtà quotidiana, oltre ai problemi di classificazione e di costruzione delle categorie adottate dalle fonti ufficiali per descrivere il Terzo settore, intervengono alcuni fattori con-giunturali che snaturano ed alterano in misura irrimediabile i dati ufficiali disponibili per il territorio cittadino e provinciale.

Per dar conto di questa dissonanza tra i dati ufficiali e quelli del campione, si deve, in pri-mo luogo, considerare che la scelta della formula giuridica dell’associazione culturale è sta-to “l’escamotage” preferito di centinaia di micro-imprese del settore della ristorazione (pub, pizzerie, paninoteche, ecc.), per aggirare le fitte maglie delle normative nazionali e locali che regolano il rilascio delle licenze di pubblico esercizio e il relativo sistema dei controlli di qualità.

In secondo luogo, bisogna tener conto del fatto che nella città di Roma hanno sede le rap-presentanze nazionali, regionali e provinciali delle associazioni culturali di massa presenti in tutto il Paese e legate ai sindacati ed ai partiti politici come Arci, Enars-Acli, Endas e tutte le loro affiliate.

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Inoltre, sul fronte dello Sport, nel territorio della Provincia di Roma risultano iscritte nel Registro Nazionale del CONI 600 società sportive (l’ultima in ordine di tempo risulta esse-re la S.C. Università La Sapienza Associazione Dilettantistica, associazione sportiva senza personalità giuridica federata alla FISI); sono infine presenti tutte le Federazioni sportive Nazionali (61), le Federazioni sportive Associate (18), le associazioni benemerite e i gruppi sportivi militari (in totale 29), gli enti di promozione sportiva (16), ecc.

La selezione cui sono stati sottoposti i soggetti intervistati ha consentito di avvicinarsi molto al novero degli operatori ad elevata valenza sociale ed a considerarli nella loro di-mensione più concreta e reale, più vicina alla quotidianità e alle caratteristiche della do-manda. Si tratta, nella maggioranza dei casi, di operatori fortemente legati al territorio, ra-dicati nei quartieri e nei Municipi, caratterizzati da una storia di partecipazione sociale e di vicinanza al sistema dei servizi sociali e sanitari.

Sul lato della domanda, gli intervistati forniscono un quadro ad alta definizione dei proble-mi, delle motivazioni e dei bisogni che cercano e trovano risposta nell’offerta organizzata nei campi dell’istruzione, della cultura, dello sport e de tempo libero.

Nel segmento dell’Istruzione le motivazioni che portano i soggetti a richiedere dei servizi sono varie e vanno dall’esigenza di perfezionare la conoscenza di una lingua straniera al-l’esigenza di assicurare ai figli regolarità e sostegno nello studio scolastico.

Nel segmento della Cultura e Sport le motivazioni sono legate all’età e alla condizione sociale (la metà delle famiglie sono composte da pensionati), al desiderio di dare senso al proprio tempo libero e di socializzare, alla possibilità di dare seguito e sbocchi alla propria passione sportiva o ai propri interessi culturali. Da rilevare che i pensionati sono stati, per così dire, “sorpresi” dal passaggio dall’attività lavorativa all’inattività. Nessuno di loro ave-va preparato minimamente l’uscita dalla vita attiva. Tutti, quindi, hanno vissuto un pe-riodo (più o meno lungo) di disagio e frustrazione, prima di accostarsi alle soluzioni offerte dal territorio

Difficoltà incontrate e livello di soddisfazione

La radice comune delle scelte fatte in termini di cultura, sport e ricreazione consiste nella condizione di solitudine e/o di relazionalità “povera”. L’ingresso in contesti connotati dalla mutualità, dalla condivisione e dalla socialità ha modificato considerevolmente il modello di vita, riempiendo i vuoti lasciati dall’uscita dall’ambiente di lavoro, dalla perdita e/o dal-la lontananza dei familiari più prossimi.

Curiosamente, il modello di vita sociale descritto dagli intervistati, sia uomini che don-ne, si configura come un modello “rurale”, fortemente incentrato sugli spazi ridotti, sulla ripetizione e sulla consuetudine, sul sostegno reciproco. Mentre nel corso dell’età attiva si moltiplicano le possibilità di godimento solitario ed esclusivo del proprio tempo (libero e di lavoro), nella terza età si tende a ritornare a modelli antropologici tipici dell’età prein-dustriale.

A proposito dei fruitori della terza età, per quanto concerne le difficoltà incontrate, c’è da sottolineare il fatto che le scelte effettuate dai pensionati uomini siano tutte compiute a

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afavore di strutture di immediata prossimità; certamente, infatti, il problema dei trasporti e dei tempi, in una città come Roma in particolare, costituisce un potenziale ostacolo alla fruizione di servizi di cultura e sport. Vale la pena notare che le donne intervistate hanno dimostrato una maggiore flessibilità e una maggiore disponibilità verso soluzioni logistica-mente non prossime, pur di soddisfare una propria esigenza.

Una seconda caratteristica che connota le donne rispetto agli uomini riguarda il modo di percepire il futuro. Mentre quasi tutti gli uomini intervistati dichiarano di voler continua-re l’esperienza intrapresa (confermando implicitamente di esserne sostanzialmente soddi-sfatti), le donne preferiscono mantenere una sorta di leggero distacco dalle scelte attuali, non escludendo così di poterle modificare, anche radicalmente, in futuro.

Le famiglie utilizzatrici dei servizi erogati nel campo della tutela degli interessi/diritti

Soggetto erogatore e analisi delle esigenze

Le famiglie di questo segmento della domanda presentano una gamma di problemi che ri-chiedono l’assistenza tecnica di soggetti specializzati e che vanno dal consumerismo alla richiesta di risarcimenti per danni oggettivi

A fronte di un problema specifico e soggettivo, inizia il percorso di ricerca del partner esperto, al quale delegare la parte tecnica, attraverso un contatto, al massimo due nel caso di un primo contatto insoddisfacente; il soggetto identificato è stato preso in considerazio-ne in funzione del criterio della massima competenza nel campo. Attraverso l’intervento del “partner”, si giunge sempre alla soluzione (pagamento dei danni, risoluzioni, rettifiche e modifiche contrattuali) favorevole; infatti, tra gli intervistati, si registra un solo caso di non soddisfazione.

Le scelte sono state guidate dalla fiducia nelle indicazioni ricevute dal tam-tam e dall’af-fidabilità e notorietà delle fonti. Vince il mix di indicazioni spontanee, di “feeling” con il soggetto associativo (percezione dell’ascolto), di notorietà e rapidità nell’arrivare al cuore del problema.

Nella descrizione della dinamica che ha generato il problema, tutti gli intervistati manife-stano un elevato grado di chiarezza descrittiva. Altrettanta chiarezza traspare dalla descri-zione dell’offerta del partner tecnico, in relazione alle proprie aspettative.

Tutte le famiglie hanno compreso e descrivono dettagliatamente le procedure, dalla prima presa in carico ai colloqui con gli specialisti, fino alla ricerca della soluzione negoziale

Difficoltà incontrate e livello di soddisfazione

Nessuna famiglia intervistata dichiara di aver incontrato difficoltà nella fruizione del ser-vizio, tranne che nel caso di non soddisfazione. Nonostante ciò, per parere unanime, il portare a soluzione il problema ha prodotto “stress”, logoramento, affaticamento e un con-sistente spreco di tempo.

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L’indagine qualitativa sulle famiglie

Nei rapporti con i “partner tecnici” non si sono registrate difficoltà di comprensione e di comunicazione, le procedure sono risultate essere chiare e trasparenti. Gli unici problemi sono imputabili alla lunghezza dei tempi tecnici delle decisioni, specialmente nei casi di giustizia ordinaria, e delle fasi esecutive.

Tutte le famiglie manifestano un diffuso bisogno di informazione qualificata, che dovreb-be circolare nei canali tradizionali di carattere locale: manifesti, “depliant”, anche volan-tini, dal momento che tutte, secondo quanto dichiarato, hanno impiegato diverso tempo per arrivare all’identificazione del partner tecnico

Per quanto riguarda i costi, in generale, essi sono stati riconosciuti equi dagli utenti e solo un terzo ha pagato di tasca propria. Bisogna considerare che di questa categoria di organiz-zazioni fanno parte anche le associazioni consumeriste le quali operano attraverso proce-dure gratuite per gli associati.

La percezione del futuro da parte degli intervistati è molto chiara: non essere più coinvolti in grane e problemi come quelli che sono stati descritti nelle interviste. In caso contrario, dichiarano di voler continuare a servirsi dello stesso “partner tecnico”.

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7. Stima della domanda dei servizi del Terzo settore: Ipotesi per un modello econometrico a carattere predittivo

7.1. Premessa

Questo documento descrive le caratteristiche e i risultati applicativi di un modello econo-metrico a carattere predittivo per la stima della domanda di alcuni dei servizi offerti dalle organizzazioni del cosiddetto Terzo settore alle famiglie residenti nel territorio della pro-vincia di Roma. Il lavoro è stato commissionato a Format dalla Camera di commercio di Roma nell’ambito di un progetto di ricerca più vasto riguardante la rilevazione, la descri-zione e l’analisi della domanda dei servizi del Terzo settore nella provincia di Roma. I dati utilizzati per la costruzione del modello provengono da un’indagine di campo realizzata nell’autunno del 2005 su un campione statisticamente rappresentativo dell’universo delle famiglie residenti nel territorio della provincia di Roma.

7.2. Metodologia di costruzione del modello

In questa nota vengono illustrati i passi seguiti per la costruzione del modello, con il quale si è inteso descrivere il comportamento di una determinata tipologia di famiglia, ad un dato anno (2008, 2010, 2013), in merito alla richiesta di uno o più servizi del Terzo settore.

Individuazione delle famiglie

Le famiglie sono state analizzate a partire dalle caratteristiche del capofamiglia (o persona di riferimento, secondo la definizione Istat) scegliendo come soglia delimitante i 65 anni di età. In questo modo sono state individuate cinque tipologie famigliari16: 1) monogeni-tore con meno di 65 anni, 2) single con meno di 65 anni, 3) coppie con figli con meno di 65 anni, 4) coppie senza figli con meno di 65 anni, 5) persone sole o coppie con più di 65 anni. Alle cinque tipologie famigliari identificate è possibile ricondurre circa il 96% del totale delle famiglie residenti nella provincia di Roma.

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aIndividuazione dei servizi

I servizi considerati sono di quattro tipi: 1) sanità, 2) istruzione, 3) assistenza sociale, 4) sport, cultura, attività ricreative. Dato che non tutte le cinque tipologie di famiglie hanno richiesto tutti i servizi considerati, e che la richiesta non sempre è risultata significativa in termini di numerosità da parte dei nuclei familiari, sono state considerate esclusivamente quelle ipotesi comportamentali dove la richiesta dei servizi è risultata frutto di quote per-centuali significative di nuclei famigliari. I risultati dell’analisi sono stati descritti nell’am-bito di schede previsive.

La finalità delle schede previsive è quella di quantificare, per ciascuna tipologia famigliare, la consistenza del sub-universo di nuclei famigliari che al 2008, 2010 e 2013 potrebbero ri-chiedere i servizi del Terzo settore, almeno per quanto concerne quelli considerati. Il mo-dello previsivo ha permesso la produzione di stime della consistenza, e del peso percentua-le sul totale, di ciascun sub-universo di famiglie richiedenti (in riferimento ai vari servizi richiesti), partendo dai dati risultanti dall’indagine di campo.

Caratteristiche del modello

Il modello previsivo si compone di due parti tra loro indipendenti finalizzate a fornire due distinti output:

- Parte A: Modello demografico

- Parte B: Modello comportamentale

Il modello demografico

Il modello demografico fornisce una stima della consistenza delle cinque tipologie fami-gliari al 2008, 2010 e 2013. La stima della numerosità delle famiglie, come suggeriscono diversi approcci alle previsioni demografiche, è una cosiddetta previsione “derivata”. Con questo termine si intende che la stima della numerosità delle famiglie non può essere con-dotta indipendentemente dalle previsioni sulla popolazione residente ma si deve legare in qualche a modo a quest’ultimo aggregato.

Il modello di stima che è stato realizzato parte da una stima della popolazione provincia-le per sesso e classe di età, che a sua volta deriva dalle statistiche ufficiali diffuse dall’Istat che stimano la popolazione per sesso e classe di età per l’arco temporale che va dal 2001 al 2051 nelle regioni italiane. Più in particolare la stima ha riguardato la popolazione per due macro classi di età: fino a 64 anni, e 65 e oltre. Per ottenere le stime della popolazio-ne necessarie si è considerata la serie storica della popolazione provinciale ricostruita dal-l’Istat per il periodo temporale 1982-2004 e per ciascun anno si è calcolata separatamente per sesso e classe di età la quota di popolazione assorbita dalla provincia di Roma rispetto al totale regionale. Avendo una pressoché assoluta tendenza lineare delle variazioni del-l’indicatore si è deciso di estrapolare tale tendenza lineare anche per gli anni relativi alle stime, ritenendo poco credibile in un arco temporale così breve (otto anni) uno stravolgi-mento delle tendenze in essere dell’attrattività della provincia di Roma e questa tendenza è stata applicata ai dati Istat sulle previsioni regionali. Il successivo passaggio ha riguarda-

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Stima della domanda dei servizi del Terzo settore: Ipotesi per un modello econometrico a carattere predittivo

to poi la stima del numero delle famiglie. Per ottenere questo risultato si sono preliminar-mente considerati quelli che vengono generalmente definiti tassi di capofamiliarità. Que-sti tassi (attualmente calcolabili solo alle date censuarie) si definiscono come la quota di famiglie avente come capofamiglia di un determinato sesso e di una determinata classe di età rispetto al totale complessivo di residenti di quel sesso e di quella classe di età. Poiché i dati censuari a livello provinciale introducono la possibilità di classificare le informazioni sulle persone di riferimento anche per “numero di componenti”, i tassi sono stati calcolati anche per dimensione famigliare. In pratica alla data censuaria si sono potuti calcolare i tassi di capofamiliarità per sesso, età e numero di componenti. Applicando questi tassi alle stime di popolazione ottenute in precedenza, nell’ipotesi implicita che i tassi in questione non varino sensibilmente nel tempo, si è ottenuto il numero di famiglie alle date previste per sesso e classe di età del capofamiglia, e per numero di componenti.

Il passaggio finale è stato quello di stimare il numero delle famiglie secondo le modalità previste inizialmente. Dato che il modello di stima delle famiglie finora illustrato consen-tiva di ricavare direttamente soltanto i seguenti due aggregati: famiglie di single sotto i 65 anni (famiglie ad un componente con capofamiglia - maschio o femmina che sia - sotto i 65 anni) e famiglie con capofamiglia over 65 (tutte le famiglie con persona di riferimento - maschio o femmina che sia - di età superiore ai 65 anni), per ottenere le stime delle altre tre tipologie (monogenitore con meno di 65 anni, coppie con figli con meno di 65 anni, coppie senza figli con meno di 65 anni) si è proceduto facendo riferimento alla classifica-zione delle informazioni di fonte censuaria che permettevano di incrociare le informazioni sulle famiglie per tipologia e dimensione.

Per le famiglie Monogenitore con meno di 65 anni, per ciascuna dimensione dei nuclei sono stati calcolati i rapporti fra il numero di famiglie monogenitore e il numero totale di fami-glie con riferimento alla provincia di Roma. Questi tassi sono stati poi moltiplicati per le stime delle famiglie ottenute in precedenza per ciascuna dimensione familiare. La somma di questi valori ha costituito il valore dell’aggregato in questione.

Per le famiglie Coppie con figli con meno di 65 anni, si è preliminarmente calcolata la quota di coppie con figli con persona di riferimento con meno di 65 anni sul totale delle coppie con figli alla data censuaria, sfruttando la distribuzione del numero di coppie con figli se-condo l’età della persona di riferimento e moltiplicando tale quota al rapporto fra numero di coppie con figli e numero di famiglie totali calcolato per ciascuna dimensione familiare. Queste quote sono state poi applicate al numero di famiglie per numero di componenti og-getto della stima iniziale delle famiglie per ciascuno degli anni di interesse.

Per famiglie del tipo Coppie senza figli con meno di 65 anni, si è preliminarmente conside-rata la quota di coppie senza figli sul totale delle famiglie con due soli componenti, si sono poi considerati i dati relativi all’Indagine sui consumi delle famiglie da cui si può evincere a livello di macroripartizione la quota di coppie senza figli con persona di riferimento sot-to i 65 anni sul totale delle coppie senza figli con riferimento agli anni 2001, 2002 e 2003. Con un procedimento analogo a quello descritto a proposito della stima della popolazione si sono estrapolate le quote di queste famiglie per gli anni della stima prendendo come rife-rimento come macro ripartizione l’Italia Centrale e si sono applicati questi tassi al numero di famiglie di due componenti stimato in precedenza.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aIl modello comportamentale

Il modello comportamentale fornisce per ciascuna tipologia famigliare considerata, tre stime dell’incidenza di nuclei familiari che, al 2008, 2010, 2013, potrebbero richiedere ad organizzazioni del Terzo settore un dato servizio, sulla base di tre ipotesi comportamenta-li. Procedendo attraverso l’individuazione dei fattori (variabili o indicatori statistici misu-rabili) che con le loro dinamiche influiscono sul comportamento dei nuclei familiari che richiedono un dato servizio, il modello comportamentale si è caratterizzato come un mo-dello di regressione lineare in cui la quota di famiglie richiedenti da stimare al tempo t - variabile dipendente Y - è funzione della quota attuale (C) e del livello di alcuni fattori -variabili indipendenti Xi - :

Y = a1 X1+ a2 X2 + … + ai Xi + … + an Xn + C

Le stime si ottengono quale output di una procedura elaborativa e rappresentano una com-binazione lineare di n variabili indipendenti. Per mezzo quindi di simulazioni ottenute fa-cendo “muovere” i fattori/indicatori/variabili scelti, si ricavano le stime relative alla quota di nuclei familiari (le cosiddette y teoriche)17.

Le variabili/indicatori individuati che, come detto, si è ipotizzato possano modificare le abitudini comportamentali delle famiglie e provocare una riduzione o un aumento della quota di famiglie attualmente richiedenti uno o più servizi al Terzo settore, sono i seguen-ti tre fattori: 1) Reddito disponibile pro capite della provincia di Roma; 2) Numero indice del costo della vita (tasso di inflazione) per tipologia di spesa18; 3) Numero indice del clima di fiducia delle famiglie (Stima ISAE)19;

Ai tre fattori si è attribuito dei pesi che rappresentano i coefficienti (a1,…, an) del modello lineare. I pesi sono stati assegnati a seconda dell’importanza data ad uno o all’altro dei tre fattori: la scelta metodologica adottata risponde, infatti, all’esigenza di valutare un peso maggiore (in % del totale) al fattore che impatta maggiormente sul comportamento delle famiglie. In pratica si sono ipotizzati tre diversi scenari evolutivi (o ipotesi comportamen-tali) a seconda della struttura di pesi adottata:

Ipotesi A

Questo è lo scenario in cui si è ipotizzato che il reddito pro capite sia la componente chia-ve del modello comportamentale. Le dinamiche evolutive del reddito pro capite impatta-no in misura determinante sulla consistenza futura della quota di nuclei familiari che po-trebbe richiedere uno o più servizi al Terzo settore. Si attribuisce quindi un peso pari a 0,5 all’indicatore del reddito pro capite20 e 0,25 rispettivamente al numero indice del clima di fiducia e al numero indice del costo della vita.

Ipotesi B

Questo è lo scenario in cui si è ipotizzato che il costo della vita sia la componente chiave del modello comportamentale. Si attribuisce quindi un peso pari a 0,5 a questo indicatore e 0,25 rispettivamente agli altri due.

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Ipotesi C

Questo infine è lo scenario in cui si è ipotizzato che il clima di fiducia delle famiglie sia la componente chiave del modello comportamentale. Si attribuisce quindi un peso pari a 0,5 a questo indicatore e 0,25 rispettivamente agli altri due.

Output delle stime

Una volta stimati per mezzo del modello demografico la consistenza delle cinque tipologie di famiglie al 2008, al 2010 e al 2013, e per mezzo del modello comportamentale le percen-tuali di famiglie richiedenti uno o più servizi (secondo le tre ipotesi comportamentali sopra richiamate), si è proceduto a mettere in relazione i due valori stimati ottenendo, per ciascu-na tipologia famigliare e per ciascun servizio, la stima della numerosità del sub-universo di famiglie che negli anni a venire potrebbe rivolgersi alle organizzazioni del Terzo settore.

7.3. Esposizione dei risultati per tipologia di famiglia

Tipologia di Famiglia: Monogenitore con meno di 65 anni

Le famiglie della provincia di Roma composte da un solo genitore con meno di 65 anni ammontano nel 2005 a 112.063 nuclei famigliari. Tra questi, i nuclei richiedenti servizi a soggetti del Terzo settore sono complessivamente: 8.107 che richiedono servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità; 3.338 che richiedono servizi a soggetti che ope-rano nel comparto dell’Istruzione; 3.338 che richiedono servizi a soggetti che operano nel comparto Sport, cultura, attività ricreative.

Scheda Previsiva nr.1: Anno 2008

La presente scheda previsiva fornisce una stima della numerosità dei nuclei famigliari di monogenitori con meno di 65 anni che al 2008 richiederanno servizi a soggetti del Terzo settore che operano nel comparto della Sanità, dell’Istruzione e dello Sport, cultura, atti-vità ricreative.

Evoluzione della popolazione di riferimento - Sulla base del modello demografico si è stimato che la popolazione di famiglie monogenitore con meno di 65 anni ammonterà nella pro-vincia di Roma nel 2008 a 111.470 nuclei famigliari. Si determinerà quindi una diminuzio-ne di circa 590 nuclei rispetto al valore del 2005.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità - Le previsioni rela-tive al comparto Sanità a 3 anni possono seguire tre possibili linee evolutive, che dipendo-no dall’andamento dei fattori (reddito disponibile pro capite, indice dei prezzi / costo della vita, clima di fiducia delle famiglie) che caratterizzano il modello comportamentale.

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 8.649 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla

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acomponente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do del 5,1%.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 8.073 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie che presenta una crescita nel pe-riodo del 2,1%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 8.639 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari a 1,5 punti percentuali.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dell’Istruzione - Le previsioni re-lative al comparto Istruzione a 3 anni possono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 3.888 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do del 5,1%.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 3.294 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese per l’istruzione che presenta una crescita nel periodo del 10,5%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 3.877 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari a 1,5 punti percentuali.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dello Sport, cultura, attività ri-creative - Le previsioni relative al comparto Sport, cultura, attività ricreative a 3 anni pos-sono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 3.893 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do del 5,1%.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 3.304 nuclei. Tale livello è determinato principalmen-te dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese per attività ricreative, culturali, sportive, etc. che presenta una crescita nel periodo del 7,5%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 3.882 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari all’1,5%.

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Scheda Previsiva nr.2: Anno 2010

La presente scheda previsiva fornisce una stima della numerosità dei nuclei famigliari di monogenitori con meno di 65 anni che al 2010 richiederanno servizi a soggetti del Terzo settore che operano nel comparto della Sanità, dell’Istruzione e dello Sport, cultura, atti-vità ricreative.

Evoluzione della popolazione di riferimento - Sulla base del modello demografico si è stimato che la popolazione di famiglie monogenitore con meno di 65 anni ammonterà nella pro-vincia di Roma nel 2010 a 111.128 nuclei famigliari. Si determinerà quindi una diminuzio-ne di circa 934 nuclei rispetto al valore del 2005.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità - Le previsioni rela-tive al comparto Sanità a 5 anni possono seguire tre possibili linee evolutive, che dipendo-no dall’andamento dei fattori (reddito disponibile pro capite, indice dei prezzi / costo della vita, clima di fiducia delle famiglie) che caratterizzano il modello comportamentale.

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 8.641 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal-la componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita di 8,5 punti percentuali.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 8.055 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie che presenta una crescita nel pe-riodo del 3,5%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 8.624 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari a 2,5 punti percentuali.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dell’Istruzione - Le previsioni re-lative al comparto Istruzione a 5 anni possono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 3.883 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do dell’8,5%.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 3.266 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese per l’istruzione che presenta una crescita circa pari al 17,3%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 3.865 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari a 2,5 punti percentuali.

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aPrevisione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dello Sport, cultura, attività ri-creative - Le previsioni relative al comparto Sport, cultura, attività ricreative a 5 anni pos-sono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 3.891 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do dell’8,5%.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 3.282 nuclei. Tale livello è determinato principalmen-te dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese per attività ricreative, culturali, sportive, etc. che presenta una crescita nel periodo del 12,5%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 3.873 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favore-vole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari al 2,5%.

Scheda Previsiva nr.3: Anno 2013

La presente scheda previsiva fornisce una stima della numerosità dei nuclei famigliari di monogenitori con meno di 65 anni che al 2013 richiederanno servizi a soggetti del Terzo settore che operano nel comparto della Sanità, dell’Istruzione e dello Sport, cultura, atti-vità ricreative.

Evoluzione della popolazione di riferimento - Sulla base del modello demografico si è stimato che la popolazione di famiglie con un solo genitore con meno di 65 anni ammonterà nella provincia di Roma nel 2013 a 109.395 nuclei famigliari. Si determinerà quindi una dimi-nuzione di circa 2.700 nuclei rispetto al valore del 2005.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità - Le previsioni rela-tive al comparto Sanità a 8 anni possono seguire tre possibili linee evolutive, che dipendo-no dall’andamento dei fattori (reddito disponibile pro capite, indice dei prezzi / costo della vita, clima di fiducia delle famiglie) che caratterizzano il modello comportamentale.

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 8.531 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do 2005-2013 di 13,6 punti percentuali.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 7.935 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie che presenta una crescita nel pe-riodo del 5,2%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 8.503 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal fa-vorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari a 4 punti percentuali.

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Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dell’Istruzione - Le previsioni re-lative al comparto Istruzione a 8 anni possono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 3.830 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita di circa 13,6 punti percentuali.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 3.188 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese per l’istruzione che presenta una crescita circa pari al 27,5%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 3.803 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal fa-vorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari a 4 punti percentuali.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dello Sport, cultura, attività ri-creative - Le previsioni relative al comparto Sport, cultura, attività ricreative a 8 anni pos-sono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 3.843 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do dell’8,5%.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 3.214 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese per attività ricreative, culturali, sportive, etc. che presenta una crescita tra il 2005 ed il 2013 del 20%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 3.816 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal fa-vorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari a 4 punti percentuali.

Tipologia di Famiglia: Single con meno di 65 anni

Le famiglie della provincia di Roma composte da single con meno di 65 anni ammontano nel 2005 a 224.049 nuclei famigliari. Tra questi, i nuclei richiedenti servizi a soggetti del Terzo settore sono complessivamente: 25.923 che richiedono servizi a soggetti che ope-rano nel comparto della Sanità; 9.258 che richiedono servizi a soggetti che operano nel comparto dell’Assistenza sociale.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aScheda Previsiva nr. 1: Anno 2008

La presente scheda previsiva fornisce una stima della numerosità dei nuclei famigliari di single con meno di 65 anni che al 2008 richiederanno servizi a soggetti del Terzo settore che operano nel comparto della Sanità e dell’Assistenza Sociale.

Evoluzione della popolazione di riferimento - Sulla base del modello demografico si è stimato che la popolazione di famiglie di single con meno di 65 anni ammonterà nella provincia di Roma nel 2008 a 222.809 nuclei famigliari. Si determinerà quindi una diminuzione di cir-ca 1.240 nuclei rispetto al valore del 2005.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità - Le previsioni rela-tive al comparto Sanità a 3 anni possono seguire tre possibili linee evolutive, che dipendo-no dall’andamento dei fattori (reddito disponibile pro capite, indice dei prezzi / costo della vita, clima di fiducia delle famiglie) che caratterizzano il modello comportamentale.

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 26.949 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do del 5,1%.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 25.798 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie che presenta una crescita nel pe-riodo del 2,1%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 26.928 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari a 1,5 punti percentuali.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dell’Assistenza Sociale - Le pre-visioni relative al comparto Assistenza Sociale a 3 anni possono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 10.376 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do 2005-2008 del 5,1%.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 9.225 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie e per la salute (che approssima la spesa per l’assistenza sociale; cfr. Nota metodologica) che presenta una crescita nel perio-do del 2,1%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 10.356 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento tra il 2005 ed il 2008 di 1,5 punti percentuali.

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Scheda Previsiva nr.2: Anno 2010

La presente scheda previsiva fornisce una stima della numerosità dei nuclei famigliari di single con meno di 65 anni che al 2010 richiederanno servizi a soggetti del Terzo settore che operano nel comparto della Sanità e dell’Assistenza sociale.

Evoluzione della popolazione di riferimento - Sulla base del modello demografico si è stimato che la popolazione di famiglie di single con meno di 65 anni ammonterà nella provincia di Roma nel 2010 a 222.110 nuclei famigliari. Si determinerà quindi una diminuzione di circa 1.940 nuclei rispetto al valore del 2005.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità - Le previsioni rela-tive al comparto Sanità a 5 anni possono seguire tre possibili linee evolutive, che dipendo-no dall’andamento dei fattori (reddito disponibile pro capite, indice dei prezzi / costo della vita, clima di fiducia delle famiglie) che caratterizzano il modello comportamentale.

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 26.902 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal-la componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita di 8,5 punti percentuali.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 25.729 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie che presenta una crescita nel pe-riodo del 3,5%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 26.867 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari a 2,5 punti percentuali.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dell’Assistenza sociale - Le pre-visioni relative al comparto Assistenza sociale a 5 anni possono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 10.381 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do 2005-2010 dell’8,5%.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 9.208 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese per la salute che presenta una possibile cre-scita pari al 3,5%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 10.346 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari al 2,5%.

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aScheda Previsiva nr.3: Anno 2013

La presente scheda previsiva fornisce una stima della numerosità dei nuclei famigliari di single con meno di 65 anni che al 2013 richiederanno servizi a soggetti del Terzo settore che operano nel comparto della Sanità e dell’Assistenza Sociale.

Evoluzione della popolazione di riferimento - Sulla base del modello demografico si è stimato che la popolazione di famiglie di single con meno di 65 anni ammonterà nella provincia di Roma nel 2013 a 218.494 nuclei famigliari. Si determinerà quindi una diminuzione di 5.555 nuclei rispetto al valore del 2005.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità - Le previsio-ni relative al comparto Sanità a 8 anni possono seguire tre possibili linee evolutive, che dipendono dall’andamento dei fattori (reddito disponibile pro capite, indice dei prezzi / costo della vita, clima di fiducia delle famiglie) che caratterizzano il modello comporta-mentale.

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 26.518 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita tra il 2005 e il 2013 di 13,6 punti percentuali.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 25.328 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie che presenta una crescita nel pe-riodo del 5,2%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 26.464 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari a 4 punti percentuali.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dell’Assistenza sociale - Le pre-visioni relative al comparto Assistenza sociale a 8 anni possono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 10.266 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do del 13,6%.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 9.076 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese per la salute che presenta una crescita tra il 2005 ed il 2013 del 5,2%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 10.212 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari al 4%.

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Stima della domanda dei servizi del Terzo settore: Ipotesi per un modello econometrico a carattere predittivo

Tipologia di Famiglia: Coppie con figli con meno di 65 anni

Le famiglie della provincia di Roma composte da coppie con figli con meno di 65 anni am-montano nel 2005 a 555.166 nuclei famigliari. Tra questi, i nuclei richiedenti servizi a sog-getti del Terzo settore sono complessivamente: 39.617 che richiedono servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità; 21.657 che richiedono servizi a soggetti che operano nel comparto dell’Assistenza sociale; 30.637 che richiedono servizi a soggetti che operano nel comparto Sport, cultura, attività ricreative.

Scheda Previsiva nr.1: Anno 2008

La presente scheda previsiva fornisce una stima della numerosità dei nuclei famigliari di coppie con figli con meno di 65 anni che al 2008 richiederanno servizi a soggetti del Ter-zo settore che operano nel comparto della Sanità, dell’Assistenza sociale e dello Sport, cultura, attività ricreative.

Evoluzione della popolazione di riferimento - Sulla base del modello demografico si è stimato che la popolazione di famiglie composte da coppie con figli con meno di 65 anni ammon-terà nella provincia di Roma nel 2008 a 556.101 nuclei famigliari. Si determinerà quindi un aumento di circa 935 nuclei rispetto al valore del 2005.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità - Le previsio-ni relative al comparto Sanità a 3 anni possono seguire tre possibili linee evolutive, che dipendono dall’andamento dei fattori (reddito disponibile pro capite, indice dei prezzi / costo della vita, clima di fiducia delle famiglie) che caratterizzano il modello comporta-mentale.

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 42.603 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do del 5,1%.

Ipotesi B: è caratterizzata da un possibile aumento molto contenuto dei nuclei famiglia-ri richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 39.729 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie che presenta una crescita nel periodo del 2,1%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 42.551 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari a 1,5 punti percentuali.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dell’Assistenza sociale - Le pre-visioni relative al comparto Assistenza sociale a 3 anni possono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 24.613 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do del 5,1%.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aIpotesi B: è caratterizzata da un possibile aumento dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 21.739 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal-l’aumento dell’indice prezzi per le spese sanitarie e per la salute che presenta una crescita nel periodo del 2,1%

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 24.561 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari a 1,5 punti percentuali.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dello Sport, cultura, attività ri-creative - Le previsioni relative al comparto Sport, cultura, attività ricreative a 3 anni pos-sono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 33.544 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do del 5,1%.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 30.606 nuclei. Tale livello è determinato principalmen-te dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese per attività ricreative, culturali, sportive, etc. che presenta una crescita nel periodo del 7,5%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 33.492 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari all’1,5%.

Scheda Previsiva nr.2: Anno 2010

La presente scheda previsiva fornisce una stima della numerosità dei nuclei famigliari di coppie con figli con meno di 65 anni che al 2010 richiederanno servizi a soggetti del Terzo settore che operano nel comparto della Sanità, dell’Assistenza sociale e dello Sport, cultu-ra, attività ricreative.

Evoluzione della popolazione di riferimento - Sulla base del modello demografico si è stima-to che la popolazione di famiglie di coppie con figli con meno di 65 anni ammonterà nella provincia di Roma nel 2010 a 556.116 nuclei famigliari. Si determinerà quindi un aumento di circa 949 nuclei rispetto al valore del 2005.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità - Le previsioni rela-tive al comparto Sanità a 5 anni possono seguire tre possibili linee evolutive, che dipendo-no dall’andamento dei fattori (reddito disponibile pro capite, indice dei prezzi / costo della vita, clima di fiducia delle famiglie) che caratterizzano il modello comportamentale.

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 42.697 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal-

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Stima della domanda dei servizi del Terzo settore: Ipotesi per un modello econometrico a carattere predittivo

la componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita di 8,5 punti percentuali.

Ipotesi B: è caratterizzata da un possibile aumento dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 39.761 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal-l’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie che presenta una crescita nel periodo del 3,5%.

Ipotesi C: è caratterizzata da un possibile aumento dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 42.610 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari a 2,5 punti percentuali.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dell’Assistenza sociale - Le pre-visioni relative al comparto Assistenza sociale a 5 anni possono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 24.706 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do dell’8,5%.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile lieve crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 21.770 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese per la salute che crescono di 3,5 punti per-centuali nel periodo.

Ipotesi C: è caratterizzata da un possibile aumento dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 24.620 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari a 2,5 punti percentuali.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dello Sport, cultura, attività ri-creative - Le previsioni relative al comparto Sport, cultura, attività ricreative a 5 anni pos-sono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 33.594 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do dell’8,5%.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile diminuzione dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 30.551 nuclei. Tale livello è determinato principalmen-te dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese per attività ricreative, culturali, sportive, etc. che presenta una crescita nel periodo del 12,5%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 33.508 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favore-vole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari al 2,5%.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aScheda Previsiva nr.3: Anno 2013

La presente scheda previsiva fornisce una stima della numerosità dei nuclei famigliari di coppie con figli con meno di 65 anni che al 2013 richiederanno servizi a soggetti del Ter-zo settore che operano nel comparto della Sanità, dell’Assistenza sociale e dello Sport, cultura, attività ricreative.

Evoluzione della popolazione di riferimento - Sulla base del modello demografico si è stima-to che la popolazione di famiglie di coppie con figli con meno di 65 anni ammonterà nella provincia di Roma nel 2013 a 553.904 nuclei famigliari. Si determinerà quindi una dimi-nuzione di 1.263 nuclei rispetto al valore del 2005.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità - Le previsio-ni relative al comparto Sanità a 8 anni possono seguire tre possibili linee evolutive, che dipendono dall’andamento dei fattori (reddito disponibile pro capite, indice dei prezzi / costo della vita, clima di fiducia delle famiglie) che caratterizzano il modello comporta-mentale.

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 42.665 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che tende a presentare un aumento di 13,6 punti percentuali.

Ipotesi B: è caratterizzata da un possibile moderato incremento dei nuclei famigliari richie-denti il servizio fino ad un livello pari a 39.648 nuclei. Tale livello è determinato princi-palmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie che presenta una cresci-ta nel periodo del 5,2%.

Ipotesi C: è caratterizzata da un possibile aumento dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 42.528 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che potrebbe crescere nel periodo considerato di 4 punti percentuali.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dell’Assistenza sociale - Le pre-visioni relative al comparto Assistenza sociale a 8 anni possono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 24.746 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do del 13,6%.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 21.729 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal-l’aumento dell’indice dei prezzi per le spese per la salute che crescono di oltre 5 punti per-centuali nel periodo.

Ipotesi C: è caratterizzata da un possibile aumento dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 24.608 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che cresce negli otto anni di 4 punti percentuali.

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Stima della domanda dei servizi del Terzo settore: Ipotesi per un modello econometrico a carattere predittivo

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dello Sport, cultura, attività ri-creative - Le previsioni relative al comparto Sport, cultura, attività ricreative a 8 anni pos-sono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 33.534 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do del 13,6%.

Ipotesi B: è caratterizzata da una possibile decisa diminuzione dei nuclei famigliari richie-denti il servizio fino ad un livello pari a 30.347 nuclei. Tale livello è determinato princi-palmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese per attività ricreative, culturali, sportive, etc. che presenterebbe una consistente crescita nel periodo (+20% circa).

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 33.397 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari al 4%.

Tipologia di Famiglia: Coppie senza figli con meno di 65 anni

Le famiglie della provincia di Roma composte da coppie senza figli con meno di 65 anni ammontano nel 2005 a 118.172 nuclei famigliari. Tra questi, i nuclei richiedenti servizi a soggetti del Terzo settore sono complessivamente: 5.884 che richiedono servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità.

Scheda Previsiva nr.1: Anno 2008

La presente scheda previsiva fornisce una stima della numerosità dei nuclei famigliari di monogenitori con meno di 65 anni che al 2008 richiederanno servizi a soggetti del Terzo settore che operano nel comparto della Sanità.

Evoluzione della popolazione di riferimento - Sulla base del modello demografico si è stimato che la popolazione di famiglie composte da coppie senza figli con meno di 65 anni ammon-terà nella provincia di Roma nel 2008 a 119.274 nuclei famigliari. Si determinerà quindi un aumento di circa 1.100 nuclei rispetto al valore del 2005.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità - Le previsioni rela-tive al comparto Sanità a 3 anni possono seguire tre possibili linee evolutive, che dipendo-no dall’andamento dei fattori (reddito disponibile pro capite, indice dei prezzi / costo della vita, clima di fiducia delle famiglie) che caratterizzano il modello comportamentale.

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 6.565 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do circa del 5%.

Page 156: della provincia di Roma nel territorio dei servizi del ... Enzo Alfredo Becchetti ha curato i capitoli: 1, 3 ... Questo rapporto presenta i risultati di una serie di ricerche realizzate

La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aIpotesi B: è caratterizzata da un aumento più contenuto dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 5.949 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie che presenta una crescita nel pe-riodo di due punti percentuali.

Ipotesi C: è caratterizzata da una variazione positiva dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 6.554 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenterebbe un aumento nel periodo pari a 1,5 punti percentuali.

Scheda Previsiva nr.2: Anno 2010

La presente scheda previsiva fornisce una stima della numerosità dei nuclei famigliari for-mati da coppie senza figli con meno di 65 anni che al 2010 richiederanno servizi a soggetti del Terzo settore che operano nel comparto della Sanità.

Evoluzione della popolazione di riferimento - Sulla base del modello demografico si è stimato che le coppie senza figli con meno di 65 anni ammonteranno nella provincia di Roma nel 2010 a 119.452 nuclei famigliari. Si determinerà quindi una crescita di 1.280 nuclei rispet-to al valore del 2005.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità - Le previsioni rela-tive al comparto Sanità a 5 anni possono seguire tre possibili linee evolutive, che dipendo-no dall’andamento dei fattori (reddito disponibile pro capite, indice dei prezzi / costo della vita, clima di fiducia delle famiglie) che caratterizzano il modello comportamentale.

Ipotesi A: è caratterizzata da un possibile aumento dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 6.595 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che potrebbe presentare una cresci-ta di 8,5 punti percentuali.

Ipotesi B: è caratterizzata da un possibile lieve aumento dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 5.964 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie che presenterebbe una variazione positiva nel periodo del 3,5%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 6.576 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che potrebbe presenta un aumento nel periodo pari a 2,5 punti percentuali.

Scheda Previsiva nr.3: Anno 2013

La presente scheda previsiva fornisce una stima della numerosità dei nuclei famigliari di coppie senza figli con meno di 65 anni che al 2013 richiederanno servizi a soggetti del Ter-zo settore che operano nel comparto della Sanità.

Evoluzione della popolazione di riferimento - Sulla base del modello demografico si è stimato che la popolazione di famiglie composte da coppie senza figli con meno di 65 anni ammon-

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Stima della domanda dei servizi del Terzo settore: Ipotesi per un modello econometrico a carattere predittivo

terà nella provincia di Roma nel 2013 a 121.131 nuclei famigliari. Si determinerà quindi un aumento di circa 2.960 nuclei rispetto al valore del 2005.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità - Le previsioni rela-tive al comparto Sanità a 8 anni possono seguire tre possibili linee evolutive, che dipendo-no dall’andamento dei fattori (reddito disponibile pro capite, indice dei prezzi / costo della vita, clima di fiducia delle famiglie) che caratterizzano il modello comportamentale.

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile intensa crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 6.718 nuclei. Tale livello è determinato principalmen-te dalla componente reddituale del modello comportamentale che potrebbe presentare un aumento tra il 2005 ed il 2013 di 13,6 punti percentuali.

Ipotesi B: è caratterizzata da un possibile aumento dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 6.058 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal-l’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie che può presentare una crescita nel periodo di oltre 5 punti percentuali.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 6.687 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che potrebbe crescere nel periodo di 4 punti per-centuali.

Tipologia di Famiglia: Persone sole o coppie con 65 anni e oltre

Le famiglie della provincia di Roma composte da persone sole o coppie con 65 anni e oltre ammontano nel 2005 a 495.725 nuclei famigliari. Tra questi, i nuclei richiedenti servizi a soggetti del Terzo settore sono complessivamente: 28.443 che richiedono servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità; 12.190 che richiedono servizi a soggetti che ope-rano nel comparto dell’Assistenza sociale.

Scheda Previsiva nr.1: Anno 2008

La presente scheda previsiva fornisce una stima della numerosità dei nuclei famigliari di persone sole o coppie con 65 anni e oltre che al 2008 richiederanno servizi a soggetti del Terzo settore che operano nel comparto della Sanità e dell’Assistenza Sociale.

Evoluzione della popolazione di riferimento - Sulla base del modello demografico si è stimato che la popolazione di famiglie di persone sole o coppie con oltre 65 anni ammonterà nella provincia di Roma nel 2008 a 517.925 nuclei famigliari. Si determinerà quindi una netta crescita di circa 22.200 nuclei rispetto al valore del 2005.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità - Le previsioni rela-tive al comparto Sanità a 3 anni possono seguire tre possibili linee evolutive, che dipendo-no dall’andamento dei fattori (reddito disponibile pro capite, indice dei prezzi / costo della vita, clima di fiducia delle famiglie) che caratterizzano il modello comportamentale.

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 32.436 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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acomponente reddituale del modello comportamentale che presenterebbe una crescita nel periodo del 5,1%.

Ipotesi B: è caratterizzata da un possibile aumento dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 29.759 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal-l’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie che presenterebbe una crescita nel periodo del 2,1%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 32.387 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che si ipotizza possa presentare un aumento nel periodo pari a 1,5 punti percentuali.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dell’Assistenza Sociale - Le pre-visioni relative al comparto Assistenza Sociale a 3 anni possono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 15.454 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do 2005-2008 del 5,1%.

Ipotesi B: è caratterizzata da una crescita meno intensa dei nuclei famigliari richiedenti il servizio fino ad un livello pari a 12.778 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dall’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie e per la salute (che approssima la spesa per l’assistenza sociale; cfr. Nota metodologica) che presenta una crescita nel perio-do del 2,1%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 15.406 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenterebbe un aumento tra il 2005 ed il 2008 dell’1,5%.

Scheda Previsiva nr.2: Anno 2010

La presente scheda previsiva fornisce una stima della numerosità dei nuclei famigliari di persone sole o coppie con 65 anni e oltre che al 2010 richiederanno servizi a soggetti del Terzo settore che operano nel comparto della Sanità e dell’Assistenza sociale.

Evoluzione della popolazione di riferimento - Sulla base del modello demografico si è stima-to che la popolazione di famiglie di persone sole o coppie con 65 anni e oltre ammonterà nella provincia di Roma nel 2010 a 527.618 nuclei famigliari. Si determinerà quindi un au-mento di 31.893 nuclei rispetto al valore del 2005.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità - Le previsioni rela-tive al comparto Sanità a 5 anni possono seguire tre possibili linee evolutive, che dipendo-no dall’andamento dei fattori (reddito disponibile pro capite, indice dei prezzi / costo della vita, clima di fiducia delle famiglie) che caratterizzano il modello comportamentale.

Page 159: della provincia di Roma nel territorio dei servizi del ... Enzo Alfredo Becchetti ha curato i capitoli: 1, 3 ... Questo rapporto presenta i risultati di una serie di ricerche realizzate

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Stima della domanda dei servizi del Terzo settore: Ipotesi per un modello econometrico a carattere predittivo

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 33.130 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che potrebbe presentare una cresci-ta di 8,5 punti percentuali.

Ipotesi B: è caratterizzata da un possibile aumento dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 30.345 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal-l’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie che presenta una crescita nel periodo del 3,5%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 33.049 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari a 2,5 punti percentuali.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dell’Assistenza sociale - Le pre-visioni relative al comparto Assistenza sociale a 5 anni possono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 15.831 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenta una crescita nel perio-do 2005-2010 dell’8,5%.

Ipotesi B: è caratterizzata da un possibile aumento dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 13.046 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal-l’aumento dell’indice dei prezzi per le spese per la salute che presenta una possibile crescita pari al 3,5%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 15.750 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che potrebbe presentare un aumento nel periodo pari al 2,5%.

Scheda Previsiva nr.3: Anno 2013

La presente scheda previsiva fornisce una stima della numerosità dei nuclei famigliari di persone sole o coppie con 65 anni e oltre che al 2013 richiederanno servizi a soggetti del Terzo settore che operano nel comparto della Sanità e dell’Assistenza Sociale.

Evoluzione della popolazione di riferimento - Sulla base del modello demografico si è stima-to che la popolazione di famiglie di persone sole o coppie con 65 anni e oltre ammonterà nella provincia di Roma nel 2013 a 560.844 nuclei famigliari. Si determinerà quindi un au-mento rilevante di 65.119 nuclei rispetto al valore del 2005.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto della Sanità - Le previsioni rela-tive al comparto Sanità a 8 anni possono seguire tre possibili linee evolutive, che dipendo-no dall’andamento dei fattori (reddito disponibile pro capite, indice dei prezzi / costo della vita, clima di fiducia delle famiglie) che caratterizzano il modello comportamentale.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aIpotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 35.357 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che potrebbe avere una crescita tra il 2005 e il 2013 di 13,6 punti percentuali.

Ipotesi B: è caratterizzata da un possibile aumento dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 32.302 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal-l’aumento dell’indice dei prezzi per le spese sanitarie che presenta una crescita nel periodo del 5,2%.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il ser-vizio fino ad un livello pari a 35.217 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal favorevole clima di fiducia delle famiglie che presenterebbe un aumento nel periodo pari a 4 punti percentuali.

Previsione richiesta servizi a soggetti che operano nel comparto dell’Assistenza sociale - Le pre-visioni relative al comparto Assistenza sociale a 8 anni possono seguire tre possibili linee evolutive:

Ipotesi A: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 16.968 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dalla componente reddituale del modello comportamentale che presenterebbe una crescita nel periodo del 13,6%.

Ipotesi B: è caratterizzata da un possibile aumento dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 13.913 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal-l’aumento dell’indice dei prezzi per le spese per la salute che può presentare una crescita tra il 2005 ed il 2013 di oltre 5 punti percentuali.

Ipotesi C: è caratterizzata da una possibile crescita dei nuclei famigliari richiedenti il servi-zio fino ad un livello pari a 16.829 nuclei. Tale livello è determinato principalmente dal fa-vorevole clima di fiducia delle famiglie che presenta un aumento nel periodo pari a 4 punti percentuali.

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Stima della domanda dei servizi del Terzo settore: Ipotesi per un modello econometrico a carattere predittivo

7.4. Esposizione dei risultati per arco temporale delle stime

Proiezione al 2008Attuale Ipotizzato Media annua

Reddito disponibile procapite 100,0 105,1 1,7Fiducia ISAE consumatori 108,8 110,3 0,5Costo della vita servizi sanitari 121,9 123,9 0,7Costo della vita ricreazione 119,0 126,4 2,5Costo della vita istruzione 129,9 140,3 3,5

Universo FamiglieMonogenitore <65 anni 112.063 111.470Single <65 anni 224.049 222.809Coppie con figli <65 anni 555.166 556.101Coppie senza figli <65anni 118.172 119.274Persone sole/famiglie >=65 anni 495.725 517.925Totale famiglie 1.505.175 1.527.578

Situazione iniziale Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anniSanità 7,23 11,57 7,14 4,98 5,74Assistenza sociale 4,13 3,90 2,46Istruzione 2,98Cultura, sport e ricreazione 2,98 5,52

Ipotesi 1 (0,5 reddito) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anniSanità 7,759 12,095 7,661 5,504 6,263Assistenza sociale 4,657 4,426 2,984Istruzione 3,488Cultura, sport e ricreazione 3,492 6,032

Ipotesi 2 (0,5 costo della vita) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anniSanità 7,243 11,578 7,144 4,987 5,746Assistenza sociale 4,140 3,909 2,467Istruzione 2,955Cultura, sport e ricreazione 2,964 5,504

Ipotesi 3 (ISAE) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anniSanità 7,750 12,086 7,652 5,495 6,253Assistenza sociale 4,648 4,417 2,975Istruzione 3,478Cultura, sport e ricreazione 3,483 6,023

Situazione iniziale Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anniSanità 8.107 25.923 39.617 5.884 28.443Assistenza sociale 9.258 21.657 12.190Istruzione 3.338Cultura, sport e ricreazione 3.338 30.637

Ipotesi 1 (0,5 reddito) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anniSanità 8.649 26.949 42.603 6.565 32.436Assistenza sociale 10.376 24.613 15.454Istruzione 3.888Cultura, sport e ricreazione 3.893 33.544

Ipotesi 2 (0,5 costo della vita) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anniSanità 8.073 25.798 39.729 5.949 29.759Assistenza sociale 9.225 21.739 12.778Istruzione 3.294Cultura, sport e ricreazione 3.304 30.606

Ipotesi 3 (ISAE) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anniSanità 8.639 26.928 42.551 6.554 32.387Assistenza sociale 10.356 24.561 15.406Istruzione 3.877Cultura, sport e ricreazione 3.882 33.492

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

162Cam

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Rom

aProiezione al 2010

Attuale Ipotizzato Media annua

Reddito disponibile procapite 100,0 108,5 1,7Fiducia ISAE consumatori 108,8 111,3 0,5Costo della vita servizi sanitari 121,9 125,2 0,7Costo della vita ricreazione 119,0 131,4 2,5Costo della vita istruzione 129,9 147,2 3,5

Universo FamiglieMonogenitore <65 anni 112.063 111.128Single <65 anni 224.049 222.110Coppie con figli <65 anni 555.166 556.116Coppie senza figli <65anni 118.172 119.452Persone sole/famiglie >=65 anni 495.725 527.618Totale famiglie 1.505.175 1.536.424

Situazione iniziale Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anni

Sanità 7,23 11,57 7,14 4,98 5,74

Assistenza sociale 4,13 3,90 2,46

Istruzione 2,98

Cultura, sport e ricreazione 2,98 5,52

Ipotesi 1 (0,5 reddito) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anni

Sanità 7,776 12,112 7,678 5,521 6,279

Assistenza sociale 4,674 4,443 3,001

Istruzione 3,494

Cultura, sport e ricreazione 3,501 6,041

Ipotesi 2 (0,5 costo della vita) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anni

Sanità 7,248 11,584 7,150 4,993 5,751

Assistenza sociale 4,146 3,915 2,473

Istruzione 2,939

Cultura, sport e ricreazione 2,954 5,494

Ipotesi 3 (ISAE) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anni

Sanità 7,760 12,096 7,662 5,505 6,264

Assistenza sociale 4,658 4,427 2,985

Istruzione 3,478

Cultura, sport e ricreazione 3,485 6,025

Situazione iniziale Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anni

Sanità 8.107 25.923 39.617 5.884 28.443

Assistenza sociale 9.258 21.657 12.190

Istruzione 3.338

Cultura, sport e ricreazione 3.338 30.637

Ipotesi 1 (0,5 reddito) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anni

Sanità 8.641 26.902 42.697 6.595 33.130

Assistenza sociale 10.381 24.706 15.831

Istruzione 3.883

Cultura, sport e ricreazione 3.891 33.594

Ipotesi 2 (0,5 costo della vita) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anni

Sanità 8.055 25.729 39.761 5.964 30.345

Assistenza sociale 9.208 21.770 13.046

Istruzione 3.266

Cultura, sport e ricreazione 3.282 30.551

Ipotesi 3 (ISAE) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anni

Sanità 8.624 26.867 42.610 6.576 32.049

Assistenza sociale 10.346 24.620 15.750

Istruzione 3.865

Cultura, sport e ricreazione 3.873 33.508

Page 163: della provincia di Roma nel territorio dei servizi del ... Enzo Alfredo Becchetti ha curato i capitoli: 1, 3 ... Questo rapporto presenta i risultati di una serie di ricerche realizzate

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Stima della domanda dei servizi del Terzo settore: Ipotesi per un modello econometrico a carattere predittivo

Proiezione al 2013Attuale Ipotizzato Media annua

Reddito disponibile procapite 100,0 113,6 1,7Fiducia ISAE consumatori 108,8 112,8 0,5Costo della vita servizi sanitari 121,9 127,1 0,7Costo della vita ricreazione 119,0 138,8 2,5Costo della vita istruzione 129,9 157,5 3,5

Universo FamiglieMonogenitore <65 anni 112.063 109.355Single <65 anni 224.049 218.494Coppie con figli <65 anni 555.166 553.904Coppie senza figli <65anni 118.172 121.131Persone sole/famiglie >=65 anni 495.725 560.844Totale famiglie 1.505.175 1.563.727

Situazione iniziale Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anni

Sanità 7,23 11,57 7,14 4,98 5,74

Assistenza sociale 4,13 3,90 2,46

Istruzione 2,98

Cultura, sport e ricreazione 2,98 5,52

Ipotesi 1 (0,5 reddito) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anni

Sanità 7,801 12,137 7,703 5,546 6,304

Assistenza sociale 4,699 4,468 3,025

Istruzione 3,503

Cultura, sport e ricreazione 3,514 6,054

Ipotesi 2 (0,5 costo della vita) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anni

Sanità 7,256 11,592 7,158 5,001 5,760

Assistenza sociale 4,154 3,923 2,481

Istruzione 2,916

Cultura, sport e ricreazione 2,939 5,479

Ipotesi 3 (ISAE) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anni

Sanità 7,776 12,112 7,678 5,521 6,279

Assistenza sociale 4,674 4,443 3,001

Istruzione 3,478

Cultura, sport e ricreazione 3,490 6,029

Situazione iniziale Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anni

Sanità 8.107 25.923 39.617 5.884 28.443

Assistenza sociale 9.258 21.657 12.190

Istruzione 3.338

Cultura, sport e ricreazione 3.338 30.637

Ipotesi 1 (0,5 reddito) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anni

Sanità 8.531 26.518 42.665 6.718 35.357

Assistenza sociale 10.266 24.746 16.968

Istruzione 3.830

Cultura, sport e ricreazione 3.843 33.534

Ipotesi 2 (0,5 costo della vita) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anni

Sanità 7.935 25.328 39.648 6.058 32.302

Assistenza sociale 9.076 21.729 13.913

Istruzione 3.188

Cultura, sport e ricreazione 3.214 30.347

Ipotesi 3 (ISAE) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/

famiglie >= 65 anni

Sanità 8.503 26.464 42.528 6.687 35.217

Assistenza sociale 10.121 24.608 16.829

Istruzione 3.803

Cultura, sport e ricreazione 3.816 33.397

Page 164: della provincia di Roma nel territorio dei servizi del ... Enzo Alfredo Becchetti ha curato i capitoli: 1, 3 ... Questo rapporto presenta i risultati di una serie di ricerche realizzate

La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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a7.5. Esposizione dei risultati per tipologia di servizioIn questa sezione vengono presentate alcune curve, che sono state costruite utilizzando i punti di intersezione restituiti dall’incrocio degli anni 2008, 2010 e 2013 per il numero del-le famiglie che si stima richiederanno i servizi offerti dalle organizzazioni del Terzo settore in questi anni. Tali punti di intersezione in realtà sono baricentri di “nuvole di punti” dove ciascuno di essi è costituito da una famiglia. Le nuvole sono omogenee e confrontabili tra di loro essendo frutto del medesimo modello teorico Istat, di volta in volta corretto in fun-zione del costo della vita, del reddito, e della fiducia delle famiglie. Dato che l’analisi è sta-ta realizzata sulla base dell’intera popolazione, si è potuto evitare di tenere conto del livel-lo di significatività dei risultati ottenuti nelle microcelle prodotte dall’incrocio tra i micro segmenti della domanda (tipologie dei nuclei famigliari) e le diverse tipologie del servizio. Per completezza riportiamo di seguito le tabelle integrali (base dati), complete anche delle celle non significative.

BASE DATI

Anno 2008

Situazione iniziale Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 25,50 13,20 18,30 22,40 16,50 17,8Assistenza sociale 3,80 10,74 6,40 5,40 4,80 6,2Istruzione 4,30 4,10 4,00 1,20 0,40 2,6Cultura, sport e ricreazione 3,80 4,10 7,30 0,80 2,70 4,6

Ipotesi 1 (0,5 reddito) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 26,025 13,725 18,825 22,925 17,025 18,3Assistenza sociale 4,325 11,265 6,925 5,925 5,325 6,7Istruzione 4,809 4,609 4,509 1,709 0,909 3,1Cultura, sport e ricreazione 4,313 4,613 7,813 1,313 3,213 5,0

Ipotesi 2 (0,5 costo della vita) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 25,508 13,208 18,308 22,408 16,508 17,8Assistenza sociale 3,808 10,748 6,408 5,408 4,808 6,2Istruzione 4,276 4,076 3,976 1,176 0,376 2,6Cultura, sport e ricreazione 3,785 4,085 7,285 0,785 2,685 4,5

Ipotesi 3 (ISAE) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 26,016 13,716 18,816 22,916 17,016 18,3Assistenza sociale 4,316 11,256 6,916 5,916 5,316 6,7Istruzione 4,800 4,600 4,500 1,700 0,900 3,1Cultura, sport e ricreazione 4,304 4,604 7,804 1,304 3,204 5,0

Situazione iniziale Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 28.612 29.626 101.419 26.478 81.944 268.079Assistenza sociale 4.292 24.071 35.391 6.374 23.703 93.831Istruzione 4.769 9.258 22.186 1.471 2.032 39.716Cultura, sport e ricreazione 4.292 9.258 40.673 981 13.544 68.748

Ipotesi 1 (0,5 reddito) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 29.010 30.580 104.686 27.344 88.176 279.796Assistenza sociale 4.821 25.099 38.510 7.067 27.579 103.076Istruzione 5.361 10.269 25.075 2.038 4.708 47.451Cultura, sport e ricreazione 4.808 10.279 43.450 1.567 16.643 76.747

Ipotesi 2 (0,5 costo della vita) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 28.434 29.429 101.812 26.727 85.500 271.902Assistenza sociale 4.245 23.948 35.636 6.451 24.903 95.182Istruzione 4.767 9.082 22.113 1.403 1.949 39.314Cultura, sport e ricreazione 4.219 9.102 40.512 936 13.907 68.676

Ipotesi 3 (ISAE) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 29.000 30.560 104.634 27.332 88.128 279.654Assistenza sociale 4.811 25.079 38.458 7.056 27.531 102.934Istruzione 5.350 10.249 25.023 2.027 4.660 47.309Cultura, sport e ricreazione 4.798 10.258 43.399 1.555 16.595 76.605

Page 165: della provincia di Roma nel territorio dei servizi del ... Enzo Alfredo Becchetti ha curato i capitoli: 1, 3 ... Questo rapporto presenta i risultati di una serie di ricerche realizzate

165 Anal

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Stima della domanda dei servizi del Terzo settore: Ipotesi per un modello econometrico a carattere predittivo

Anno 2010

Situazione iniziale Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 25,53 13,22 18,27 22,41 16,53 17,8Assistenza sociale 3,83 10,74 6,37 5,39 4,78 6,2Istruzione 4,26 4,13 4,00 1,24 0,41 2,6Cultura, sport e ricreazione 3,83 4,13 7,33 0,83 2,73 4,6

Ipotesi 1 (0,5 reddito) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 26,074 13,765 18,810 22,948 17,072 18,3Assistenza sociale 4,372 11,285 6,916 5,935 5,323 6,7Istruzione 4,771 4,647 4,511 1,760 0,925 3,1Cultura, sport e ricreazione 4,352 4,654 7,849 1,352 3,254 5,1

Ipotesi 2 (0,5 costo della vita) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 25,546 13,237 18,282 22,420 16,544 17,8Assistenza sociale 3,844 10,757 6,389 5,408 4,795 6,2Istruzione 4,216 4,093 3,957 1,205 0,371 2,5Cultura, sport e ricreazione 3,805 4,107 7,301 0,805 2,707 4,5

Ipotesi 3 (ISAE) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 26,058 13,749 18,794 22,932 17,056 18,3Assistenza sociale 4,356 11,270 6,901 5,920 5,308 6,7Istruzione 4,755 4,632 4,496 1,744 0,909 3,1Cultura, sport e ricreazione 4,337 4,639 7,833 1,337 3,239 5,0

Situazione iniziale Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 28.612 29.626 101.419 26.478 81.944 268.079Assistenza sociale 4.292 24.071 35.391 6.374 23.703 93.831Istruzione 4.769 9.258 22.186 1.471 2.032 39.716Cultura, sport e ricreazione 4.292 9.258 40.673 981 13.544 68.748

Ipotesi 1 (0,5 reddito) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 28.975 30.572 104.604 27.412 90.073 281.637Assistenza sociale 4.858 25.066 38.463 7.090 28.085 103.562Istruzione 5.302 10.322 25.088 2.102 4.880 47.694Cultura, sport e ricreazione 4.837 10.338 43.647 1.616 17.717 77.608

Ipotesi 2 (0,5 costo della vita) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 28.389 29.400 101.668 26.781 87.288 273.526Assistenza sociale 4.271 23.893 35.528 6.459 25.300 95.451Istruzione 4.685 9.090 22.005 1.440 1.955 39.175Cultura, sport e ricreazione 4.229 9.123 40.604 962 14.284 69.201

Ipotesi 3 (ISAE) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 28.958 30.538 104.518 27.393 89.992 281.399Assistenza sociale 4.841 25.031 38.377 7.071 28.004 103.324Istruzione 5.284 10.287 25.002 2.084 4.798 47.456Cultura, sport e ricreazione 4.819 10.304 43.561 1.597 17.089 77.370

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

166Cam

era

di C

omm

erci

o di

Rom

aAnno 2013

Situazione iniziale Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 25,53 13,22 18,27 22,41 16,53 17,8Assistenza sociale 3,83 10,74 6,37 5,39 4,78 6,2Istruzione 4,26 4,13 4,00 1,24 0,41 2,6Cultura, sport e ricreazione 3,83 4,13 7,33 0,83 2,73 4,6

Ipotesi 1 (0,5 reddito) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 26,099 13,790 18,835 22,973 17,097 18,3Assistenza sociale 4,397 11,310 6,941 5,960 5,348 6,7Istruzione 4,780 4,656 4,520 1,769 0,934 3,1Cultura, sport e ricreazione 4,366 4,668 7,862 1,366 3,268 5,0

Ipotesi 2 (0,5 costo della vita) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 25,554 13,245 18,290 22,428 16,552 17,8Assistenza sociale 3,852 10,765 6,397 5,416 4,803 6,2Istruzione 4,193 4,069 3,933 1,182 0,347 2,5Cultura, sport e ricreazione 3,790 4,092 7,286 0,790 2,692 4,4

Ipotesi 3 (ISAE) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 26,074 13,765 18,810 22,948 17,072 18,3Assistenza sociale 4,372 11,285 6,917 5,936 5,323 6,7Istruzione 4,755 4,631 4,496 1,744 0,909 3,0Cultura, sport e ricreazione 4,341 4,643 7,837 1,341 3,243 5,0

Situazione iniziale Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 28.612 29.626 101.419 26.478 81.944 268.079Assistenza sociale 4.292 24.071 35.391 6.374 23.703 93.831Istruzione 4.769 9.258 22.186 1.471 2.032 39.716Cultura, sport e ricreazione 4.292 9.258 40.673 981 13.544 68.748

Ipotesi 1 (0,5 reddito) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 28.540 30.129 104.326 27.827 95.886 286.709Assistenza sociale 4.808 24.712 38.449 7.220 29.994 105.182Istruzione 5.227 10.174 25.038 2.143 5.238 47.820Cultura, sport e ricreazione 4.774 10.199 43.548 1.654 18.327 78.503

Ipotesi 2 (0,5 costo della vita) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 27.945 28.939 101.309 27.167 92.831 278.191Assistenza sociale 4.212 23.522 35.432 6.560 26.939 96.665Istruzione 4.585 8.891 21.786 1.431 1.945 38.639Cultura, sport e ricreazione 4.145 8.941 40.360 957 15.100 69.503

Ipotesi 3 (ISAE) Monogenitore < 65 anni Single < 65 anni Coppie con figli

< 65 anniCoppie senza figli

< 65 anniPersone sole/famiglie

>= 65 anniTotale

famiglieSanità 28.513 30.075 104.189 27.797 95.746 286.321Assistenza sociale 4.781 24.658 38.311 7.190 29.855 104.794Istruzione 5.200 10.119 24.901 2.113 5.099 47.432Cultura, sport e ricreazione 4.747 10.145 43.410 1.624 18.188 78.115

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167 Anal

isi d

ella

dom

anda

Stima della domanda dei servizi del Terzo settore: Ipotesi per un modello econometrico a carattere predittivo

Rappresentazione grafica

SanitàAnno Costo della vita Fiducia delle famiglie (ISAE)

2005 100,0 100,0

2008 101,4 104,3

2010 102,0 105,0

2013 103,8 106,8

Assistenza socialeAnno Costo della vita Fiducia delle famiglie (ISAE)

2005 100,0 100,0

2008 101,4 109,7

2010 101,7 110,1

2013 103,0 111,7

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

168Cam

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di C

omm

erci

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Rom

aIstruzione

Anno Costo della vita Fiducia delle famiglie (ISAE)

2005 100,0 100,0

2008 99,0 119,1

2010 98,6 119,5

2013 97,3 119,4

Cultura, sport e ricreazioneAnno Costo della vita Fiducia delle famiglie (ISAE)

2005 100,0 100,0

2008 99,9 111,4

2010 100,7 112,5

2013 101,1 113,6

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169 Alle

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Allegati

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

170Cam

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Nota metodologica

Indagine campionaria sui soggetti del Terzo settore nella provincia di Roma (analisi dell’offerta)

Indagine effettuata su un campione statisticamente rappresentativo dell’universo delle im-prese del Terzo settore operative nel territorio della provincia di Roma. Sono state effettuate 403 interviste telefoniche utili presso altrettante imprese non profit, utilizzando un questio-nario semi-strutturato. Il questionario21 è stato somministrato presso ciascuna organizzazio-ne “non profit” alla cosiddetta “persona di riferimento”, ossia a colui che per mansioni svolte e ruolo ricoperto era quella più indicata per sostenere il colloquio di intervista.

Disegno e costruzione del campione

Campione stratificato per tipologia del servizio offerto, disegnato sulla base dell’univer-so delle organizzazioni “non profit” indicato dall’Istat nell’ambito dell’Ottavo Censimen-to dell’Industria e dei Servizi (2001), per il territorio della Provincia di Roma. L’Universo è stato identificato sulla base dei seguenti criteri: esclusivamente imprese senza scopo di lucro; esclusivamente imprese che erogano il servizio agli utenti finali nel territorio della Provincia di Roma.

Definizione delle imprese non profit - Per la definizione di organizzazione non profit è stata adottata quella dell’ISTAT e che fa a sua volta riferimento ai criteri stabiliti dal System of National Account (SNA 1993) e al Sistema Europeo dei Conti Economici (SEC 95): “enti giuridici e sociali, creati allo scopo di produrre beni e servizi, il cui status non permette loro di essere fonte di reddito, profitto o altro guadagno per le unità che le costituiscono, finanziano o controllano”. Si è posta attenzione inoltre alle forme giuridiche delle impre-se “non profit”, che in Italia vengono definite dal Libro Primo del Codice Civile sulla base dell’assenza della finalità di lucro: Associazioni riconosciute, Fondazioni, Associazioni non riconosciute, Comitati, Cooperative sociali, Altre forme. Le cooperative sociali sono state incluse anche se costituite in forma di impresa, e questo perché hanno comunque lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità e non il conseguimento del profitto.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

172Cam

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o di

Rom

aErogazione del servizio nella Provincia di Roma - L’indagine è stata rivolta esclusivamente alle imprese non profit che sono risultate erogare il servizio nell’ambito del territorio della Provincia. Non sono state considerate le organizzazioni che sono risultate avere a Roma la direzione generale, o un ufficio di rappresentanza, oppure ancora un ufficio amministrati-vo, ma non un ufficio operativo.

Tabella n. 8.1. “Universo di riferimento”

Cultura, sport e ricreazione

Istruzione e ricerca Sanità Assistenza

socialeTutela

interessi Altre attività Totale

Valori assoluti

Associazione riconosciuta 1.709 179 58 233 194 38 2.411

Fondazione 121 62 9 73 - 8 273

Associazione non riconosciuta 6.869 442 51 406 1.159 64 8.991

Cooperativa sociale 11 27 3 185 - 22 248

Altre istituzioni non profit 68 194 21 246 - 84 613

Totale 8.778 904 142 1.143 1.353 216 12.536

Composizione percentuale

Associazione riconosciuta 19,5 19,8 40,8 20,4 14,3 17,6 19,2

Fondazione 1,4 6,9 6,3 6,4 0,0 3,7 2,2

Associazione non riconosciuta 78,3 48,9 35,9 35,5 85,7 29,6 71,7

Cooperativa sociale 0,1 3,0 2,1 16,2 0,0 10,2 2,0

Altre istituzioni non profit 0,8 21,5 14,8 21,5 0,0 38,9 4,9

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte: elaborazione Format Srl - ricerche di mercato su dati Istat

Tabella n. 8.2. “Campione di indagine”

Campione finale Cultura, sport e ricreazione Sanità Istruzione

e ricercaAssistenza

socialeTutela

interessi Altre attività Totale

Associazione riconosciuta 62 13 12 12 25 20 144

Associazione non riconosciuta 156 1 8 3 6 4 178

Fondazione 5 2 6 2 2 1 18

Cooperativa sociale 12 1 5 21 5 1 45

Altre istituzioni non profit 3 - 1 7 5 2 18

Totale complessivo 238 17 32 45 43 28 403

Estrazione del campione

Il campione è stato estratto a partire dall’Elenco degli Abbonati al Servizio Telefonico Nazionale, utilizzando due dimensioni: la tipologia del servizio offerto, e la forma giuridi-ca. Per la classificazione delle attività economiche è stata adottato il Codice ATECO 91, in questo modo è stato possibile cogliere le attività peculiari delle istituzioni “non profit”. L’appartenenza ad una determinata categoria o meno da parte delle imprese “non profit” è stata confermata nel corso dell’intervista, rilevando il dato presso la persona intervistata. La stessa valutazione ex post è stata effettuata per quanto concerne la forma giuridica, l’as-senza delle finalità di lucro da parte dell’organizzazione, e l’erogazione del servizio nell’am-bito del territorio della Provincia di Roma.

Trattamento del campione

Il campione di indagine è stato suddiviso in circa 400 unità campionarie “base” e circa

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gati

Nota metodologica

1.200 unità campionarie di riserva. Il campione era di tipo dinamico, stratificato a più li-velli (settori di attività). All’interno di ciascun livello le aziende del campione base e le aziende del campione di riserva sono state gestite per mezzo di una procedura software (CATI22) che ha garantito il rispetto delle quote prefissate all’interno di ciascun livello; il rispetto dei criteri di sostituzione fra i nominativi base ed i nominativi riserva. L’articola-zione delle celle campionarie presentava una disomogeneità nel rapporto tra la numerosità del campione base e la numerosità del campione riserva; per questo motivo è stato adotta-to un sistema di ottimizzazione dell’intero campione in cui all’interno delle singole celle del disegno campionario, l’unità base è stata correlata ad una o più unità riserva attraverso un codice di priorità. Per mezzo del codice, la sostituzione dell’unità base non intervistata (per rifiuto dell’intervista o per altro motivo di caduta) è stata effettuata rispettando rigi-damente la priorità stabilita all’interno di ciascuna cella.

Metodo di contatto

Il questionario è stato interamente trasferito su CATI implementando tutti i controlli di coerenza logica, i controlli di flusso, etc, previsti da questo sistema. È stato implementa-to l’utilizzo dei moduli ACS (Automatic Call Scheduling). In caso di esito non definitivo a seguito del primo contatto telefonico (es. non risponde, occupato, temporanea indispo-nibilità dell’intervistato), ciascuna azienda campione è stata contattata almeno altre due volte (in orari e/o giorni diversi) prima di procedere alla sua sostituzione con una unità di riserva.

Controlli

L’attività di rilevazione è stata monitorata costantemente dal responsabile di progetto tra-mite l’ausilio dei report on line del CATI. È stata svolta una riunione di lavoro di debrie-fing al termine della rilevazione dati.

Test preventivo

Prima dell’inizio della fase estensiva della rilevazione è stata effettuata una indagine pilota (20 casi) per sottoporre a test il questionario e verificare: la somministrabilità delle doman-de e la chiarezza dei contenuti; il software CATI per la gestione delle interviste; il rispetto dei criteri di sostituzione delle unità campione.

È stata effettuata inoltre una indagine presso 40 opinion leaders e testimoni privilegiati con lo scopo di verificare i risultati principali emersi dall’indagine quantitativa. Questa in-dagine di controllo è stata svolta telefonicamente, utilizzando un questionario completa-mente aperto.

Personale

Per lo svolgimento delle interviste sono stati impiegati ricercatori assistenti, esperti nel-lo svolgimento delle interviste alle imprese con il sistemaCATI. Il personale è stato coor-

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

174Cam

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adinato da due ricercatori coordinatori e formato allo svolgimento del lavoro per mezzo di una serie di riunioni-briefing alle quali hanno partecipato tutti gli intervistatori. L’adde-stramento del personale è stato sia di tipo teorico, sia di tipo pratico con l’effettuazione di interviste di prova simulate (l’intervistato sarà uno dei ricercatori dell’istituto); e l’effet-tuazione di interviste in condizioni reali (interviste dirette ad aziende “fuori campione”). Complessivamente la formazione di ogni intervistatore non è stata inferiore alle quattro ore. I briefing di formazione sono stati articolati in due fasi distinte: briefing teorico, fina-lizzato ad illustrare l’attività di ricerca nella sua completezza; briefing tecnico finalizzato ad impartire le opportune istruzioni in merito alla gestione operativa del CATI progettato per l’indagine e a effettuare le interviste di test.

Periodo di svolgimento delle interviste

La rilevazione è iniziata il 17 maggio, ed è terminata la prima settimana del mese di giu-gno 2004.

Codice deontologico

L’indagine è svolta nel rispetto del codice deontologico dei ricercatori europei Esomar e nel rispetto di quanto previsto dalla Legge sulla Privacy n. 196/03.

Indagine quantitativa sulle dimensioni del fenomeno dell’Economia civile nel territorio della provincia di Roma (analisi dell’offerta)

L’obiettivo della fase quantitativa era quello di identificare correttamente i soggetti che operano nell’ambito dell’Economia civile, ossia la delimitazione, per quanto possibile del campo di indagine, ricorrendo anche alla disamina degli aspetti giuridici e civilistici, allo studio dei parametri per mezzo dei quali valutare gli operatori del settore, al ricorso a gli albi e agli elenchi di settore esistenti, e così via. A questo scopo è stata realizzata una ban-ca dati statistica, che ha utilizzato dati e informazioni aggiornate al 2004 provenienti dal-l’Istat, da Eurostat, dalla Camera di Commercio di Roma, da altre fonti di settore (forum, organizzazioni di settore, ecc.). Il lavoro di “deskwork” è stato realizzato da un pool di ri-cercatori professionisti nel corso della primavera del 2005. Lo studio è stato terminato nel mese di aprile 2005.

Indagine qualitativa sugli opinion leader (analisi dell’offerta)

L’indagine qualitativa sugli opinion leader è stata effettuata con il metodo delle “interviste in profondità” su un campione ragionato di “esperti” e “testimoni privilegiati” (personaggi di spicco del territorio appartenenti al mondo del Terzo settore).

Le interviste sono state effettuate da un ricercatore professionista nel corso della primavera del 2005 utilizzando un questionario a domande “aperte” diviso in cinque sezioni, ciascu-

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gati

Nota metodologica

na delle quali riguardava una tematica definita23. Lo studio è stato terminato nel mese di maggio 2005 ed è stato effettuato nel rispetto del codice deontologico dei ricercatori euro-pei Esomar e nel rispetto di quanto previsto dalla Legge sulla Privacy n. 196/03.

Riportiamo di seguito l’elenco degli opinion leader intervistati:

1. Andrea Pignataro, Amesci

2. Carlo De Angelis, C.N.C.A. Lazio

3. Dario Esposito, Assessore all’Ambiente

4. Don Mario Pertile,Federazione SCS / CNOS Salesiani

5. Emiliano Monteverde, Associazione Nuovo Welfare

6. Emilio D’Orazio, Direttore Studi Politea

7. Gian Carlo Cursi, Caritas

8. Gianni Palumbo, Associazione Fiore

9. Sergio Giovagnoli, Presidente Arci Lazio

10. Stefano Daneri, CGL Nazionale

11. Sandro Autolitano, Amnesty International

12. Arianna Di Leo, Responsabile Progetto Continenti

13. Nerino Barbanera, Accademia Barbanera

14. Carmela Buonocore, Associazione Orizzonte

15. Fabia Di Cesara, Associazione Aipa

16. Batoli, Lega del Filo D’Oro

17. Fausta Matera, Associazione Tolb

18. Mariangela Berretti, Aquilone Blu Onlus

19. Mario Furlan, City Angels

20. Mario Monge, Cooperativa Solco

21. Paola Cossandi, Associazione By Your Side

22. Carmen Piazza, Associazione CSISQS

23. Salvatore Semeraro, Sistemi Imprese Sociali

24. Roberto Prescindi, UNPLI

25. Paolo Pastore, Transfaer

26. Graziani Delpierre, ADA Nazionale

27. Ingrid Salvatore, Università degli Studi di Salerno

28. Filippo Pizzolato, Università Bicocca

29. Romano Mazzone, Cooperativa Help

30. Stefano Battera, Comunicazione Children in crisis

Indagine qualitativa basata su focus group (analisi dell’offerta)

L’indagine basata su “focus group” è stata effettuata con la tecnica della tavola rotonda monotematica. Sono state effettuate complessivamente quattro tavole rotonde alle qua-li hanno partecipato personalità e interpreti del mondo del Terzo settore e dell’Economia civile. Le riunioni sono state tenute presso la sede centrale della Camera di commercio di

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aRoma con il coordinamento e la moderazione di Enzo Becchetti. L’indagine è stata effet-tuata nel mese di giugno 2005.

I partecipanti ai “focus group”

Gestione delle Risorse Umane e Formazione Professionale

Dott. Carlo TOSTI (COOPFORM - istituto di formazione delle tre centrali cooperative), il Dott. Simone CASADEI (Ricercatore ISFOL - Istituto Formazione Lavoratori del Mini-stero del Welfare), il Dott. Silvano SCAIOLA (CISL), il Dott. Walter CELLETTI (Resp. Formazione CO.IN), il Dott. Gianni NARDI (Resp. Formazione SOL.CO), la Dr.ssa Mo-nica MILLOZZA (Servizio Formazione FONDAZIONE DON GNOCCHI), la Dr.ssa Ga-briella MARFORI (Servizio Formazione INFORCOOP - istituto di formazione della Lega delle Cooperative), la Dr.ssa Rosetta MASTROVALERIO (ANFFAS Associazione Nazio-nale Famiglie Assistenza Sociale).

Rapporto con le Istituzioni Locali e Politiche Sociali

Dr.ssa Ornella CHERUBINI (PROVINCIA DI ROMA), la Dr.ssa Francesca MARCHET-TI (COMUNE DI ROMA), il Dott. Mario MONGE (Presidente SOL.CO), il Dott. Ma-rio CONCLAVE (ITALIA LAVORO), la Dr.ssa Irene RANALDI (CO.IN), il Dott. Ser-gio GIOVAGNOLI (Presidente ARCI), il Dott. Francesco CHIODI (FONDAZIONE LA-BOS), il Dott. Gianni FULVI (CARITAS DIOCESANA DI ROMA).

Gestione Credito e Investimenti

Dr.ssa Giuseppina MAIORANO (BIC LAZIO), Dr. Claudio GASPONI (BANCA ETI-CA), Dott. Mario MONGE (Presidente SOL.CO), Dott. MARTINEZ (FILAS Finanziaria Lazio), Dott. Edoardo LAMPIS (FILAS), Dott. Paolo BENEDETTI (AIPD Associazione Italiana Persone Down), Dott. Luca VENERI (COSIS), Dott. Serge Henry TOSCANO ( Comunità CAPODARCO Roma), Dott. Romano MAZZONE (Presidente Coop. HELP).

Domanda e Offerta dei Servizi alla Persona

Dr.ssa Irene RANALDI (CO.IN), la Dr.ssa Francesca MARCHETTI (COMUNE DI ROMA), il Dott. Fabrizio FEA (Direttore sanitario SCUOLAVIVA), la Dr.ssa Angela NARDI (ASL RM D), la Dr.ssa BARRACANO (Presidente Ass. PETER PAN), il Dott. Ilario VOLPI (Presidente Coop. IL GRANDE CARRO), il Dott. Serge Henry TOSCA-NO (Comunità CAPODARCO Roma), la Dr.ssa Rosetta MASTROVALERIO (ANF-FAS).

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Nota metodologica

Indagine qualitativa basata su “studi di caso” (analisi dell’offerta)

Descrizione del campione

Gli studi di caso sono stati effettuati presso un campione ragionato composto da 60 sogget-ti del Terzo settore che operano nell’ambito del territorio della provincia di Roma.

Tabella n. 8.3 “Ripartizione dei soggetti che compongono l’offerta dei servizi per gruppi e per modelli”

Gruppo Organizzazioni

Sanità Associazione “Io Domani”; Avis; Coop Acquedotto; Coop 29 Giugno; Coop Il Grande Carro

Assistenza generici ACLI Lazio; Associazione Dokita (Ong); Ass.ne Fertilità; City Angels; ECPAT; Fondazione ADVENTUM

Assistenza Sociale Associazione Insieme; Associazione Puer; Consorzio CO-IN; Conto alla rovescia; Coop. HELP; Coop Lavoro e Integrazione; ECASS; Comunità S. Egidio; UFHA; Associazione Un Sorriso

Assistenza Sociale e Sanitaria Associazione Perla; Associazione Peter Pan; Centro Vojta; Vita e Salute; Fondazione Villa Maraini

Ospitalità Ain Karim; Associazione Moncenisio; Casa Famiglia “La Tenda”; Centro Accoglienza Ponte Casilino

Formazione e Ricerca Abaco; Associazione Intercultura; Associazione Lunaria; ISSAS; Labos; Centro Mezzelani

Attività Ricreative AGESCI Lazio; ASI; Associazione Girotondo; Associazione Italiana Cultura e Sport; Associazione MUSEUM; CSEN; ENDAS; FITEL; FITUS - Federaz. Italiana Turismo Sociale

Tutela interessi

AIPD; ANCEeSCAO; ANFFAS; ANTHAI; Ass.ne Comitato Parco della Caffarella; Ente Naz.le Protezione Assistenza Sordomuti; Federazione Italiana Educazione Continua; Federazione Pro Ciechi; FIORE - Federazione Italiana Organismi e Reti Educative; Forum Terzo settore; UIC - Unione Italiana Ciechi; Fed. Italiana teatro amatori

Ricreativo Assistenziale Associazione New Sport Generation; Feder-Italia

Nell’ambito di ciascuna organizzazione sono state intervistate una o più persone (ruoli: re-sponsabile dell’ente, responsabile amministrativo, responsabile delle operazioni, ecc.) in tutti i casi in cui questo si rivelasse necessario per avere un quadro il più possibile chiaro ed esaustivo della loro attività.

Test preventivo

Prima dell’inizio della rilevazione è stata effettuata una indagine pilota (5 casi) per sotto-porre a test il questionario e verificarne la somministrabilità delle domande e la chiarezza dei contenuti.

Personale

Per lo svolgimento delle interviste sono stati impiegati ricercatori assistenti, esperti nello svolgimento delle interviste in profondità. Il personale è stato coordinato da un ricerca-tore coordinatore e formato allo svolgimento del lavoro per mezzo di una serie di riunio-ni-briefing alle quali hanno partecipato tutti gli intervistatori. L’addestramento del perso-nale è stato sia di tipo teorico, sia di tipo pratico con l’effettuazione di interviste di prova simulate (l’intervistato sarà uno dei ricercatori dell’istituto); e l’effettuazione di interviste in condizioni reali (interviste dirette ad aziende “fuori campione”). Complessivamente la formazione di ogni intervistatore non è stata inferiore alle otto ore.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aPeriodo di svolgimento delle interviste

Luglio 2005

Codice deontologico

L’indagine è svolta nel rispetto del codice deontologico dei ricercatori europei Esomar e nel rispetto di quanto previsto dalla Legge sulla Privacy n. 196/03.

Indagine campionaria sulle famiglie residenti nella provincia di Roma (analisi della domanda)

Disegno e costruzione del campione

Campione stratificato per residenza delle famiglie (municipi della capitale, e comuni della provincia), ampiezza dei nuclei famigliari, e età del “capofamiglia”. Numerosità del cam-pione: 2380 casi (con una lista di riserva di 5000 casi). Unità statistica considerata: fami-glie. Estrazione della famiglie: anagrafe dei comuni, con ricerca del numero tramite pagine bianche. Tecnica di riporto all’universo n/N.

Tabella n. 8.4. “Andamento del campione di indagine”

Contatti effettuati 3505

Interviste effettuate 2380

Rifiuti di interviste 1125

Tasso di interviste concesse 67,9%

Tasso di caduta 32,1%

Tabella n. 8.5. “Tipologia delle famiglie rilevate (dati in valori assoluti)”

TerritorioTotale

Roma Fuori Roma

Monogenitore < 65 anni 193 42 235

Single < 65 anni 107 14 121

Coppie con figli < 65 anni 806 245 1051

Coppie senza figli < 65 anni 194 47 241

Persone sole/famiglie >= 65 anni 588 144 732

Totale 1888 492 2380

Tabella n. 8.6. “Tipologia delle famiglie rilevate (dati in valori percentuali)”

TerritorioTotale

Roma Fuori Roma

Monogenitore < 65 anni 8,1 1,8 9,9

Single < 65 anni 4,5 0,6 5,1

Coppie con figli < 65 anni 33,9 10,3 44,2

Coppie senza figli < 65 anni 8,2 2,0 10,1

Persone sole/famiglie >= 65 anni 24,7 6,1 30,8

Totale 79,3 20,7 100,0

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Nota metodologica

Tabella n. 8.7. “Universo delle famiglie residenti nel territorio della provincia di Roma”

Tipologia della famiglia Valori assoluti Valori %

Monogenitore < 65 anni 112.063 7,45

Single < 65 anni 224.049 14,89

Coppie con figli < 65 anni 555.166 36,88

Coppie senza figli < 65 anni 118.172 7,85

Persone sole/famiglie >= 65 anni 495.725 32,93

Totale 1.505.175 100,0

Tecnica di rilevazione e metodo di contatto

Interviste effettuate telefonicamente utilizzando un questionario strutturato interamente trasferito sul sistema CATI (Computer assisted telephone interview).

Test pilota

Prima dell’inizio della fase estensiva della rilevazione è stata effettuata una indagine pilo-ta (350 casi) per sottoporre a test il questionario e verificare sia la somministrabilità delle domande e la chiarezza dei contenuti, sia il software CATI per la gestione delle interviste, sia infine il rispetto dei criteri di sostituzione delle unità campione.

Personale

Per lo svolgimento delle interviste è stato impiegato un gruppo di intervistatori (ricerca-tori assistenti) esperto nello svolgimento delle interviste con il sistema CATI (Computer assisted telephone interview), sotto la direzione e il controllo di un ricercatore coordinato-re (supervisore). L’addestramento del personale è stato di tipo teorico e pratico. Comples-sivamente la formazione di ogni intervistatore non è stata inferiore alle sei ore. Dal punto di vista teorico, il personale è stato formato mediante una riunione di briefing volta a il-lustrare l’attività di ricerca nella sua completezza e a impartire le opportune istruzioni in merito alla gestione operativa del CATI progettato per l’indagine in oggetto. Dal punto di vista pratico, tutto il personale è stato formato con l’effettuazione di interviste di prova simulate (l’intervistato è stato uno dei ricercatori dell’istituto) e in condizioni reali (inter-viste dirette a soggetti “fuori campione”), in modo da standardizzare il più possibile il com-portamento degli intervistatori.

Codice deontologico

L’indagine è svolta nel rispetto del codice deontologico dei ricercatori europei Esomar e nel rispetto di quanto previsto dalla Legge sulla Privacy n. 196/03.

Periodo di rilevazione

Le interviste sono state effettuate dal 25 ottobre al 16 novembre.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aIndagine qualitativa sulle famiglie utilizzatrici dei servizi del Terzo settore nella provincia di Roma (analisi della domanda)

Disegno e costruzione del campione

L’indagine qualitativa basata su 201 colloqui effettuati presso altrettante famiglie della ca-pitale e della provincia di Roma. Le famiglie sono state selezionate tra quelle utilizzatrici dei servizi del Terzo settore. Per lo svolgimento dei colloqui è stato utilizzato un questio-nario aperto preventivamente concordato con il committente. Le interviste sono state ef-fettuate da psicologi professionisti, iscritti all’albo della regione Lazio. Il campione è stato stratificato per residenza delle famiglie (municipi della capitale, e comuni della provincia), ampiezza dei nuclei famigliari, e tipologia della famiglia”.

Tabella n. 8.8. “Descrizione del campione utilizzato”

Sanità Assistenza sociale

Istruzione Cultura, sport, ricreazione

Tutela dei diritti Totale

Monogenitore <65 anni 5 12 0 3 0 20

Single <65 anni 15 12 3 1 1 32

Coppie con figli <65 anni 24 45 3 6 3 81

Coppie senza figli <65 anni 2 3 0 3 2 10

Persone sole/famiglie >=65anni 22 23 0 11 2 58

Totale 68 95 6 24 8 201

Personale

Per lo svolgimento delle interviste è stato impiegato un gruppo di intervistatori (psicologi professionisti iscritti all’albo della Regione Lazio) esperto nello svolgimento delle inter-viste face to face, sotto la direzione e il controllo di un ricercatore coordinatore (supervi-sore). L’addestramento del personale è stato di tipo teorico e pratico. Complessivamente la formazione di ogni intervistatore non è stato inferiore alle otto ore. Dal punto di vista teorico, il personale è stato formato mediante una riunione di “briefing” volta a illustra-re l’attività di ricerca nella sua completezza e a impartire le opportune istruzioni in me-rito alla gestione operativa dell’indagine in oggetto. Dal punto di vista pratico, tutto il personale è stato formato con l’effettuazione di interviste di prova simulate in condizioni reali.

Analisi dati

Per l’analisi dei risultati è stato progettato e realizzato un database “ad hoc”, nel quale sono state inserite tutte le interviste realizzate ed è stata effettuata la trascrizione delle verba-lizzazioni delle interviste associando ogni risposta data alla tipologia della famiglia e al tipo di offerta. Su tutte le interviste inserite nel database sono state effettuate le operazio-ni “cleaning” (pulizia dei campi del database in funzione delle regole di codifica previste dal tracciato record) ed “editino” (verifica di congruità e di coerenza logica dei dati). Sono

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Nota metodologica

state realizzate le distribuzioni di frequenza su tutte le variabili quantitative previste dal questionario. I risultati sono stati presentanti - in valori assoluti e in valori percentuali - per mezzo di tavole statistiche, grafici di sintesi e tabelle a doppia entrata.

Codice deontologico

L’indagine è svolta nel rispetto del codice deontologico dei ricercatori europei Esomar e nel rispetto di quanto previsto dalla Legge sulla Privacy n. 196/03.

Periodo di rilevazione

Le interviste sono state effettuate dal 13 gennaio al 10 febbraio.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

- Questionario utilizzato per lo svolgimento dell’indagine campionaria sui sog-getti del Terzo settore nella provincia di Roma

- Questionario utilizzato per lo svolgimento dell’indagine qualitativa sugli opi-nion leader

- Dinamica di gruppo utilizzata per l’indagine qualitativa basata su focus group

- Questionario utilizzato per lo svolgimento dell’indagine qualitativa basata su “studi di caso”

- Questionario utilizzato per lo svolgimento dell’indagine campionaria sulle fa-miglie residenti nella provincia di Roma

- Questionario utilizzato per lo svolgimento dell’indagine qualitativa sulle fami-glie utilizzatrici dei servizi del Terzo settore nella provincia di Roma

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

Monitoraggio sul settore dell’economia civile nella provincia di Roma

Identità delle organizzazioni del Terzo settore1. Data la differenziata multiformità del Terzo settore, di esso si tende ad offri-

re una definizione indiretta, per via negativa o analogica. Perché, a Suo pa-rere, è così complesso dare una definizione diretta del Terzo settore?

2. Crede che i criteri, attualmente utilizzati, dell’assenza del fine di lucro e del campo di intervento siano in grado di determinare adeguatamente l’identità dell’impresa sociale?

3. Quali dovrebbero essere, a Suo avviso, gli strumenti di incentivazione più utili e funzionali da mettere a disposizione del mondo non profit?

4. Costituirebbe un pericolo o un’opportunità, a Suo avviso, l’integrazione pro-gressiva del sistema di “sussidiarietà verticale” (Stato, Regione, Provincia, Comune) con le organizzazioni che fanno capo alla “sussidiarietà orizzonta-le” (che caratterizza appunto il settore non profit), nei processi di implemen-tazione delle politiche sociali.

5. Non sempre la distinzione tra profit e non profit è chiara. Ritiene che gli im-prenditori delle microimprese e delle piccole imprese siano sufficientemente informati della differenza tra profit e non profit per fare la loro scelta di ap-partenenza con le idee chiare? Si può fare non profit anche in una sana eco-nomia di mercato, ma quanti piccoli imprenditori sono consapevoli del pro-prio ruolo?

6. Il non profit è caratterizzato da multiformità ma, a Suo parere, in quali set-tori (sanità, servizi sociali, associazionismo civile, ecc.) e in quali gli ambiti della società il non profit offre i maggiori contributi?

7. C’è una qualche correlazione, secondo Lei, tra caratteristiche socio-culturali del contesto territoriale e sviluppo/differenziazione delle organizzazioni non profit?

(invito a motivare la risposta positiva o negativa)

8. Cosa ne pensa, è possibile o è auspicabile che lo Stato, a tutti i livelli (locale, centrale) favorisca la sussidiarietà attraverso una politica di incentivazione delle organizzazioni del Terzo settore?

Comunicazione e sfera pubblica9. A Suo avviso, il mondo della comunicazione offre un’immagine adeguata del

Terzo settore?

10. Quale è il Suo personale giudizio sul peso che il settore non profit esercita sull’opinione pubblica? Come potrebbe fare per avere un peso proporzionale alla funzione svolta?

11. Sul piano della comunicazione il Terzo settore deve investire verso il poten-ziale cliente, verso la società civile, verso le istituzioni, verso il mondo del credito…?

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a12. Il Terzo settore non utilizza gli strumenti delle comunicazione, quelli del

marketing. Perché non è possibile o perché non lo sa fare? Pensa viceversa che potrebbe essere utile alla sua causa?

Questioni politico-giuridiche13. Come giudica le misure di agevolazione e accesso al credito a beneficio delle

organizzazioni non profit messe a disposizione del legislatore (Stato, Regioni, Province)?

14. Alla luce del loro ruolo nel territorio, quale via ritiene maggiormente prati-cabile per il finanziamento delle organizzazioni non profit? Il credito ordina-rio, il credito cooperativo, il credito proprio del Terzo settore…

15. A parte il credito bancario, cosa ne pensa delle forme classiche di finanzia-mento delle organizzazioni del Terzo settore (autofinanziamento, proventi dall’attività svolta, ecc.), sono sufficienti, sono organicamente compatibili con le organizzazioni del Terzo settore, … ?

16. Sussiste a suo avviso un problema di conoscenza/informazione delle modalità di accesso al credito?

17. Ritiene che solo le aziende non profit debbano essere obbligate alla compila-zione del bilancio sociale?

18. Secondo Lei, una gestione politico-giuridica più rigida delle categorie che compongono il Terzo settore rischierebbe di neutralizzare lo spontaneismo e il volontarismo che caratterizza gran parte delle organizzazioni non profit?

Etica e finanza

19. A suo avviso il binomio impresa-valori può costituire un nuovo modo di fare impresa, capace di produrre ricchezza badando tuttavia alle ricadute sociali delle scelte economiche?

20. Quanto ritiene sufficiente il bagaglio degli strumenti messi a disposizione dal non profit, come, ad esempio, il bilancio sociale?

Formazione e management21. In cosa un manager tradizionale si distingue da un manager del Terzo settore?

22. Quali dovrebbero essere le caratteristiche di fondo di un master per manager del Terzo settore?

23. In che modo le organizzazioni non profit dovrebbero far fronte alle questio-ni della formazione del personale (volontario e dipendente), della gestione delle risorse umane, del miglioramento dell’efficienza dell’organizzazione? Ci debbono essere incentivi e supporti differenziati rispetto alle imprese profit?

24. Esiste a suo avviso un problema di eredità della cultura organizzativa, specie riguardo al trasferimento delle conoscenze e del know-how, che spesso, per molte organizzazioni, vengono a perdersi con la morte del fondatore?

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

Monitoraggio sul settore dell’economia civile nella provincia di Roma

Identità delle organizzazioni del Terzo settore1. Data la differenziata multiformità del Terzo settore, di esso si tende ad offri-

re una definizione indiretta, per via negativa o analogica. Perché, a Suo pa-rere, è così complesso dare una definizione diretta del Terzo settore?

2. Crede che i criteri, attualmente utilizzati, dell’assenza del fine di lucro e del campo di intervento siano in grado di determinare adeguatamente l’identità dell’impresa sociale?

3. Quali dovrebbero essere, a Suo avviso, gli strumenti di incentivazione più utili e funzionali da mettere a disposizione del mondo non profit?

4. Costituirebbe un pericolo o un’opportunità, a Suo avviso, l’integrazione pro-gressiva del sistema di “sussidiarietà verticale” (Stato, Regione, Provincia, Comune) con le organizzazioni che fanno capo alla “sussidiarietà orizzonta-le” (che caratterizza appunto il settore non profit), nei processi di implemen-tazione delle politiche sociali.

5. Non sempre la distinzione tra profit e non profit è chiara. Ritiene che gli im-prenditori delle microimprese e delle piccole imprese siano sufficientemente informati della differenza tra profit e non profit per fare la loro scelta di ap-partenenza con le idee chiare? Si può fare non profit anche in una sana eco-nomia di mercato, ma quanti piccoli imprenditori sono consapevoli del pro-prio ruolo?

6. Il non profit è caratterizzato da multiformità ma, a Suo parere, in quali set-tori (sanità, servizi sociali, associazionismo civile, ecc.) e in quali gli ambiti della società il non profit offre i maggiori contributi?

7. C’è una qualche correlazione, secondo Lei, tra caratteristiche socio-culturali del contesto territoriale e sviluppo/differenziazione delle organizzazioni non profit?

(invito a motivare la risposta positiva o negativa)

8. Cosa ne pensa, è possibile o è auspicabile che lo Stato, a tutti i livelli (locale, centrale) favorisca la sussidiarietà attraverso una politica di incentivazione delle organizzazioni del Terzo settore?

Comunicazione e sfera pubblica9. A Suo avviso, il mondo della comunicazione offre un’immagine adeguata del

Terzo settore?

10. Quale è il Suo personale giudizio sul peso che il settore non profit esercita sull’opinione pubblica? Come potrebbe fare per avere un peso proporzionale alla funzione svolta?

11. Sul piano della comunicazione il Terzo settore deve investire verso il poten-ziale cliente, verso la società civile, verso le istituzioni, verso il mondo del credito…?

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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a12. Il Terzo settore non utilizza gli strumenti delle comunicazione, quelli del

marketing. Perché non è possibile o perché non lo sa fare? Pensa viceversa che potrebbe essere utile alla sua causa?

Questioni politico-giuridiche

13. Come giudica le misure di agevolazione e accesso al credito a beneficio delle organizzazioni non profit messe a disposizione del legislatore (Stato, Regioni, Province)?

14. Alla luce del loro ruolo nel territorio, quale via ritiene maggiormente prati-cabile per il finanziamento delle organizzazioni non profit? Il credito ordina-rio, il credito cooperativo, il credito proprio del Terzo settore…

15. A parte il credito bancario, cosa ne pensa delle forme classiche di finanzia-mento delle organizzazioni del Terzo settore (autofinanziamento, proventi dall’attività svolta, ecc.), sono sufficienti, sono organicamente compatibili con le organizzazioni del Terzo settore, … ?

16. Sussiste a suo avviso un problema di conoscenza/informazione delle modalità di accesso al credito?

17. Ritiene che solo le aziende non profit debbano essere obbligate alla compila-zione del bilancio sociale?

18. Secondo Lei, una gestione politico-giuridica più rigida delle categorie che compongono il Terzo settore rischierebbe di neutralizzare lo spontaneismo e il volontarismo che caratterizza gran parte delle organizzazioni non profit?

Etica e finanza

19. A suo avviso il binomio impresa-valori può costituire un nuovo modo di fare impresa, capace di produrre ricchezza badando tuttavia alle ricadute sociali delle scelte economiche?

20. Quanto ritiene sufficiente il bagaglio degli strumenti messi a disposizione dal non profit, come, ad esempio, il bilancio sociale?

Formazione e management

21. In cosa un manager tradizionale si distingue da un manager del Terzo settore?

22. Quali dovrebbero essere le caratteristiche di fondo di un master per manager del Terzo settore?

23. In che modo le organizzazioni non profit dovrebbero far fronte alle questio-ni della formazione del personale (volontario e dipendente), della gestione delle risorse umane, del miglioramento dell’efficienza dell’organizzazione? Ci debbono essere incentivi e supporti differenziati rispetto alle imprese profit?

24. Esiste a suo avviso un problema di eredità della cultura organizzativa, specie riguardo al trasferimento delle conoscenze e del know-how, che spesso, per molte organizzazioni, vengono a perdersi con la morte del fondatore?

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

1. Premessa

I focus group previsti nel contesto del progetto Format hanno la funzione di fornire infor-mazioni ed indicazioni relative per la determinazione delle politiche di offerta dei servizi camerali nei confronti del variegato mondo dell’economia civile.

Contrariamente a quanto accade di norma, quindi, i focus non sono orientati ad ottenere una singola risposta ad una singola domanda. Nella tradizione del marketing moderno, il focus group è utilizzato come strumento di “messa a fuoco” di un prodotto di comunicazio-ne, testando le reazioni immediate (gradimento/rifiuto, comprensione/aberrazione, condi-visione/differenziazione) di un gruppo ristretto di persone inquadrabili nel target specifico di quel messaggio.

Qui non abbiamo un prodotto di comunicazione, né un messaggio specifico. Al centro del-l’attenzione del committente ci sono tutti i soggetti che producono iniziative ed attività che hanno rilevanza economica e sociale, ma finalità non esclusive di profitto.

2. L’uso “esteso” della dinamica del focus group

L’idea originale del progetto è quella di applicare le caratteristiche costitutive del focus alle esigenze conoscitive della CCIAA:

- Il focus group è di breve durata (massimo due ore), proprio per favorire l’emersione di atteggiamenti e di sensazioni di tipo immediato e per mettere in chiaro punti critici, sensibilità, aspettative dei partecipanti;

- Il focus group è orientato. Questo significa che i partecipanti conoscono le regole del gioco e si adattano ad esse, producendo un alto grado di sempli-ficazione e di omogeneità nel flusso delle risposte, ferma restando l’assoluta soggettività delle risposte stesse;

- Il focus group è concentrato. Le tematiche sono estremamente definite, le possibilità di deviare dal tema sono molto ridotte, l’approfondimento è mas-simo;

- Il focus group è semplificato. L’alta definizione del tema consente di favorire la concentrazione dei partecipanti su una fascia stretta di argomenti, aumen-tando il valore delle indicazioni prive di mediazione;

- Il focus group è dinamico. La gestione del focus, affidata al conduttore, con-sente di orientare il dibattito, oppure di concentrarlo su un punto di parti-colare interesse, di ritornare su questioni trattate prima, ecc.. Il conduttore favorisce il gioco della reciprocità e della reattività rispetto alle opinioni che vengono man mano rivelate dai partecipanti.

Tutte queste caratteristiche concorrono a determinare dei focus forse atipici dal punto di vista dei risultati finali, ma altrettanto validi sul piano della capacità di rappresentare le opinioni dei partecipanti.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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a3. Il confronto tra la tecnica del focus group e la Tavola Rotonda

L’esigenza di raccogliere sensibilità, opinioni e pareri si potrebbe in teoria soddisfare anche ricorrendo ad uno strumento tradizionale come la Tavola Rotonda: un gruppo di discus-sant qualificati chiamati ad esercitare le proprie conoscenze e competenze in un contesto dedicato ad un tema prefissato.

La Tavola Rotonda tradizionale presenta però alcune caratteristiche peculiari che potreb-bero attenuarne l’efficacia rispetto all’obiettivo del committente.

Innanzitutto, il numero dei partecipanti deve essere contenuto, al massimo cinque-sei per-sone. Questo crea un problema di rappresentatività proprio nel caso del Terzo settore, com-posto di una gamma tipologica molto differenziata di soggetti.

Inoltre la Tavola Rotonda richiede interventi di tipo estensivo: relazioni di quindici, venti minuti almeno per ciascun discussant, senza possibilità di interazione immediata. Questa caratteristica consente di acquisire un elevato numero di informazioni strutturate, a scapi-to però dell’immediatezza e della sintesi.

Infine, la Tavola Rotonda è “a cascata”, nel senso che ogni discussant interviene in prima battuta con il proprio costrutto e solo successivamente, a scapito della durata complessiva, può interagire con i costrutti altrui. Nella Tavola Rotonda manca l’effetto “messa a fuoco”.

4. Le regole, i temi e le domande-chiave

È possibile ipotizzare che i focus group, invece di svolgersi attraverso le note dinamiche, possano essere gestiti con poche, semplici “regole del gioco” affidate al conduttore, che ha il compito di guidare il gruppo dei partecipanti ad esprimere le proprie opinioni in modo orientato, concentrato, semplificato e dinamico, intorno ad un set ridotto di domande-chiave. Le regole che proponiamo ai discussant sono queste:

1. ogni intervento non può durare più di 5 minuti;

2. è utile che i discussant nelle risposte esprimano le ragioni fondamentali, i “perché” delle proprie posizioni, in modo sintetico, prima di esprimere la va-lutazione in termini di scala;

3. è utile che i discussant dichiarino il proprio accordo con le posizioni espresse da altri;

4. non è utile, ai fini dei risultati del focus, esprimere il proprio disaccordo con le posizioni espresse da altri;

5. il conduttore è il garante del rispetto delle regole per tutta la durata del focus.

Le risposte dovrebbero essere collocate lungo due assi ideali: uno rappresenta i punti di for-za, l’altro rappresenta punti di debolezza dei diversi soggetti rispetto alle tematiche ed alle domande proposte dal conduttore. Alcune domande vengono proposte ai partecipanti in questo documento, altre potranno scaturire dagli esiti delle diverse tornate di risposte.

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

Le valutazioni vengono espresse in base ad una scala di valori che va da 1 (valore minimo) a 5 (valore massimo).

Le valutazioni sulla scala da 1 a 5 hanno un mero valore indicativo e servono a distribuire i diversi soggetti sul piano del confronto. Inoltre, i discussant possono modificare le proprie valutazioni nel corso del focus.

In conclusione ricordiamo, innanzitutto a noi stessi ed a tutti i partecipanti, che l’obiettivo dell’incontro è quello di fornire al committente una panoramica semplificata, ma ampia e chiara del modo in cui i problemi sul tappeto vengono rappresentati ed interpretati dagli stessi protagonisti.

L’obiettivo del conduttore è quello di raccogliere e mettere in evidenza gli elementi comuni e le linee di demarcazione tra le diverse posizioni assunte dai discussant, che indicheranno i successivi passi del percorso di approfondimento e ricerca voluto dai promotori.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

Dinamiche dei focus

1° Focus - Gestione delle risorse umane e formazione professionale1. Come vi comportate di fronte al fabbisogno di risorse formate ad hoc nel-

l’ambito delle attività del Terzo settore? Le risposte verteranno per quanto riguarda le istituzioni presenti su quanto esse

offrono in termini di formazione e, per quanto riguarda gli altri soggetti presen-ti, sul loro comportamento in materia di formazione; cioè, se rispondono auto-nomamente alle proprie esigenze o se, e in che misura, si avvalgono degli stru-menti forniti dalle istituzioni locali.

2. Qualifiche e profili professionali. C’è tutto quello che serve o bisogna inven-tare e/o codificare nuove figure? Quali per esempio?

Il gruppo discute.

3. Se necessarie, secondo voi come si dovrebbe risolvere la codifica di nuove fi-gure professionali?

Gli aspetti da considerare riguardano i percorsi formativi e i profili professionali. Il gruppo discute.

4. A voi risulta facile trovare le persone con i requisiti formali (titoli di studio, diplomi, attestati…) e informali (capacità effettive come p.e. l’uso del PC, del pacchetto Office, di Internet…) necessari per rispondere al fabbisogno?

Il gruppo discute.

5. Quali sono le difficoltà che eventualmente incontrate e come le superate? Il gruppo discute.

2° Focus - Rapporti con le Istituzioni locali e politiche sociali1. Con quali soggetti vi rapportate di più tra istituzioni locali e politiche sociali

e con quali soggetti sentite la necessità di rapportarvi più di quanto non riu-sciate a fare?

Il gruppo discute.

2. Quali sono le politiche sociali più carenti di risorse in termini operativi? Il gruppo discute.

3. Quali sono le maggiori difficoltà che incontrate nella relazione con le istitu-zioni locali?

La domanda vuole toccare l’aspetto del coordinamento, delle competenze e del ventaglio delle iniziative possibili e relativa accessibilità (bandi, concorsi…)

Il gruppo discute.

4. Secondo voi, il sistema di accreditamento va ridiscusso? Il gruppo discute.

5. Se sì, quali sono i punti rilevanti da mettere in discussione? La domanda ha lo scopo di far emergere le eventuali contraddizioni di un siste-

ma non coerente, nel quale spesso le istituzioni competono fra loro invece di cooperare in sinergia.

Es.: Iniziative di studio e analisi degli scenari che vengono moltiplicate e non messe in rete per raggiungere una visione globale.

Il gruppo discute.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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a3° Focus - Gestione credito e investimenti1. Quanto sono realmente accessibili gli strumenti esterni al Terzo settore (o

tradizionali) dedicati alle esigenze finanziarie dell’economia civile? Il gruppo discute.

2. Quali sono gli strumenti interni al Terzo settore, dedicati alle esigenze finan-ziarie, che utilizzate?

Il gruppo discute.

3. Quali sono le condizioni minime per accedere al credito? Secondo voi an-drebbero messe in discussione? Perché?

Il gruppo discute.

4. Secondo voi, oggi, le iniziative del Terzo settore hanno una forza finanzia-ria proporzionale al livello dell’ intervento e del fatturato o sono sottocapi-talizzate?

Il gruppo discute.

5. Se sono sottocapitalizzate, secondo voi quali sono le ragioni? La domanda ha lo scopo di far esprimere delle considerazioni relativamente alla

cultura d’impresa, alla disponibilità di mezzi tecnici e di risorse finanziarie più o meno adeguate, alle dimensioni delle varie realtà.

Il gruppo discute.

6. Fino al 2000 c’erano consistenti vantaggi fiscali e per il costo del lavoro a fa-vore delle cooperative. Secondo voi, quali sono state le ripercussioni, positi-ve e/o negative, del cambiamento sia per il mondo cooperativo che per tutti gli altri soggetti dell’economia civile?

Il gruppo discute.

4° Focus - Domanda e offerta dei servizi alla persona1. Qual è la dimensione geografica dell’utenza alla quale vi rivolgete? Il gruppo discute.

2. Con quali strumenti entrate in contatto con i vostri utenti e/o potenziali utenti?

Il gruppo discute.

3. Quanto investite in strumenti ed attività di comunicazione? Il gruppo discute.

4. Pensate che le attività di comunicazione e informazione verso la domanda potenziale siano sufficienti o ci sono delle lacune?

Il gruppo discute.

5. Se ci sono delle lacune, quali sono? Il gruppo discute.

6. Secondo voi, in cosa si distingue la comunicazione delle attività non profit da quelle profit?

Il gruppo discute.

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

Incipit

Buongiorno. Sono (nome e cognome) … ricercatore di Format Research. Per conto del-l’Osservatorio sull’Economia civile della CCIAA di Roma stiamo svolgendo sessanta casi di studio selezionati tra le imprese, le associazioni, le fondazioni e gli altri soggetti che fan-no parte del Terzo settore. I casi di studio vengono svolti attraverso un colloquio struttu-rato ed integrati con la raccolta di materiale di documentazione fornito dall’intervistato stesso.

L’obiettivo dello studio dei casi è quello di mettere a fuoco le maggiori problematiche pro-prie dei soggetti che fanno parte del Terzo settore e che agiscono nel contesto dell’econo-mia civile, riferite a quattro grandi aree: la formazione delle risorse umane, il rapporto con le istituzioni e le politiche sociali, il rapporto con il credito ed i finanziamenti, il rapporto con la domanda di servizi alla persona.

La informiamo che tutte le Sue risposte rimarranno assolutamente anonime e saranno trattate soltanto per finalità statistiche.

Non sarà trascritto su alcun supporto cartaceo o su alcun supporto informatico, né il nome dell’intervistato, né il suo numero di telefono, né qualsiasi altro dato di tipo anagrafico. Tutte le risposte fornite saranno presentate in forma aggregata.

L’Istituto di Ricerche di Mercato Format Research S.r.l. ha sede in Roma ed il numero di telefono è 06.86.32.86.81.. il responsabile della ricerca è il dott. Pierluigi Ascani.

2. Parte anagraficaRagione Sociale

Referente per il contatto (chi ha segnalato il nome dell’intervistato)

(Cognome e nome)

Cognome e nome dell’intervistato

Qualifica

Funzione svolta dall’intervistato nell’organizzazione

Funzione precedente svolta (qui o altrove)

3. Tipo di societàNatura giuridica attuale

Anno di inizio attività con questa natura giuridica

Ci sono state trasformazioni della forma giuridica dalla fondazione ad oggi? Sì No

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aC’è già un documento formale dell’organizzazione che prevede trasformazioni nei pros-simi tre anni? Sì No

Se SI: potrebbe dirci quali scelte di massima vi apprestate a fare e quali sono le prin-cipali ragioni?

4. Sede1. Anno inizio attività

2. Indirizzo

Indirizzo

Via

n.

Comune

Provincia

Tel. azienda

Fax.

E-mail

A) La storia in breveMinimo una cartella; riassumere (documentando con curriculum, materiali di comunica-zione come locandine e brochures, sollecitando la memoria dell’intervistato e dei suoi col-laboratori, ecc.) le tappe del percorso compiuto dall’organizzazione, dal momento della sua fondazione ad oggi.

Fare attenzione ai momenti di cambiamento (ad es. l’uscita di soci, l’ingresso di nuovi soci, l’assunzione di dipendenti, il cambio di sede, i primi contratti, ecc.).

Questa parte del colloquio è destinata a conoscere l’identità, la visione e la missione della sua organizzazione.

a) l’identità si descrive con la modalità: “noi siamo…”. Ad esempio: “noi siamo carpentieri…”. Si può definire anche come l’insieme di motivazioni, aspet-tative, competenze ed esperienze che ha mosso i promotori originali a costi-tuirsi in forma giuridica, ad esempio: “siamo la prima cooperativa sociale in-tegrata del Comune”, oppure “siamo l’unica Associazione senza fine di lucro che si occupa di infanzia abbandonata”, ecc.;

b) la “visione del mondo” si può definire come l’insieme delle ragioni e dei punti di vista che hanno caratterizzato la creazione della organizzazione; la visione del mondo corrisponde al “perché” si sono fatte certe scelte. Ad es. “siamo carpentieri e abbiamo scelto di costituire una cooperativa perché il lavoro era il problema più importante”, oppure “siamo nati come associazio-ne perché non volevamo che fattori commerciali condizionassero le nostre scelte”;

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

c) la “missione nel mondo” si può definire come il modo in cui l’organizzazio-ne realizza identità e visione. Rappresenta il “come” si opera, le cose che si fanno, il tipo di assetto organizzativo, i prodotti o i servizi. Ad es. “la coope-rativa di carpentieri effettua la piccola manutenzione e le ristrutturazioni di appartamenti privati e distribuisce lavoro e reddito a tutti i soci lavoratori in parti uguali”, oppure “abbiamo scelto di fare assistenza domiciliare solo con volontari”, oppure “all’inizio ci occupavamo solo di disabili psichici, poi ab-biamo deciso di occuparci anche dei sensoriali”.)

L’insieme di questi tre fattori descrive le organizzazioni del Terzo settore dal punto di vi-sta soggettivo delle “motivazioni”, cioè delle ragioni e delle aspettative che hanno spinto le persone a mettersi insieme per rispondere ad un bisogno (loro proprio o di altri o entrambe le cose).

1. Identità, visione e missione

1.1. Sono ancora presenti i fondatori dell’organizzazione? Sì No

1.2. Hanno ancora una posizione decisionale rilevante? Sì No

1.3. Saprebbe dire a che livello conosce l’organizzazione nella quale opera? Sì No Conosco obiettivi e programmi dell’organizzazione

Partecipo alla messa a fuoco degli obiettivi e dei programmi

1.4. Da cosa deriva la sua conoscenza dell’organizzazione nella quale opera?

1.4.1 Appartengo al gruppo dei fondatori

1.4.2 Ci lavoro da molto tempo e ho imparato con la pratica

1.4.3 Sono stato informato con accuratezza dai dirigenti

1.4.4 Altro (specificare)

1.5. Saprebbe descrivere, in poche parole, in cosa consiste oggi l’identità dell’or-ganizzazione?

(Chi siamo?)

1.5.1. Questa identità è rimasta la stessa fin dalle origini, oppure è cambiata? (Ad es.: eravamo tutti carpentieri, poi abbiamo deciso di far entrare anche

idraulici ed elettricisti)

1.5.2. Se è cambiata, saprebbe dirci quali sono i motivi del cambiamento? (ad es.: lo abbiamo fatto per migliorare la gamma dei servizi di manutenzione che po-tevamo offrire)

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a1.5.3. Se non è cambiata, saprebbe dirci se ora si avverte l’esigenza di un cambia-

mento?

1.6. Saprebbe descrivere, in poche parole, in cosa consiste oggi la visione del mon-do che distingue questa organizzazione dalle altre che fanno attività analoghe?

(“perché” si sono fatte certe scelte)

1.6.1. Questa visione è rimasta la stessa fin dalle origini, oppure è cambiata?

1.6.2. Se è cambiata, saprebbe dirci quali sono i motivi del cambiamento? (motivi interni, esterni, giuridici, economici, ecc.. Ad es.: “abbiamo capito che

se fossimo rimasti solo noi carpentieri avremmo finito per limitare le nostre esperienze di lavoro e le possibilità di reddito”, oppure “i bandi pubblici per le manutenzioni prevedono molto spesso diverse tipologie di intervento, quindi per partecipare dovevamo adeguarci”)

1.6.3. Se non è cambiata, saprebbe dirci se ora si avverte l’esigenza di un cambia-mento?

1.7. Saprebbe descrivere, in poche parole, in cosa consiste oggi la missione nel mondo che distingue questa organizzazione?

(La “missione nel mondo” rappresenta il “come” si opera).

1.7.1. Questa missione è rimasta la stessa fin dalle origini, oppure è cambiata?

1.7.2. Se è cambiata, saprebbe dirci quali sono i motivi del cambiamento? (interni, esterni, giuridici, economici, ecc.. Ad es. “abbiamo fatto un accordo

tra artigiani indipendenti e un call center distribuisce il lavoro delle chiamate di emergenza”)

1.7.3. Se non è cambiata, saprebbe dirci se ora si avverte l’esigenza di un cambia-mento?

1.8. Potrebbe descrivere dettagliatamente l’attività che svolgete? (Nel caso di più attività, riservare uno spazio apposito per ogni tipo di attività

e iniziativa)1.8.1.

1.8.2.

1.9. Saprebbe indicare i codici ISTAT o ATECO relativi ad ogni attività che svolgete?

(non obbligatorio)

1.9.1. Codice ISTAT

1.9.2. Codici ATECO 91

1.9.3. Non so (segnalare se non conoscono i codici ISTAT e ATECO 91 e se non sanno che

cosa sono)

1.10. Dal punto di vista geografico ed amministrativo, come definireste il territorio nel quale vivono gli utenti che voi servite?

territorio %

1.10.1. Municipio (Roma)

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

1. 10.2. Comune

1. 10.3. Provincia

1. 10.4. Regione

1. 10.5. Altro totale

1.11. Le attività che svolgete finora sono presenti in modo esplicito già nello Sta-tuto, oppure si sono sviluppate e precisate nel tempo, mentre nello Statuto ci sono solo richiami generici?

(segnalare se non conosce lo Statuto)

1.12. Attualmente, la vostra organizzazione dispone di certificazioni e, se SI, di che tipo sono?

1.12.1. certificazioni di prodotto

1.12.2. certificazioni tecnologiche di processo

1.12.3. certificazioni di sistemi qualità

1.12.4. certificazioni ambientali

1.12.5. certificazioni economiche-contabili

1.12.6. bilancio sociale

1.12.7. altro

1.13. Se attualmente non disponete di certificazioni, o ne avete solo alcune, avete intenzione di provvedere ad avviarle/integrarle in un immediato futuro?

1.13.1. Se SI, come intendete procedere? Pensate di rivolgervi ad una struttura pub-blica (Quale)? Oppure a consulenti privati, a consorzi, ad associazioni di ca-tegoria, ecc.. quale canale pensate di usare?

1.13.2. Se NO, per quale ragione non intendete ricorrere a questo strumento?

1.14. Quali sono, secondo lei, i maggiori ostacoli alla certificazione, per una strut-tura come la vostra? Potrebbe elencarli in ordine di importanza?

(ad esempio: costi eccessivi, scarsa informazione sugli obblighi e sui vantaggi, tempi incerti, mancanza di un’autorità pubblica garante, ecc.)

1.15. Può fornirci alcuni indicatori di carattere tecnico, che ci aiuteranno a met-tere meglio a fuoco la dimensione economica della sua organizzazione?

(questi dati vengono rilevati esclusivamente presso le organizzazioni non obbli-gate al deposito del bilancio presso il Tribunale e la CCIAA) per l’anno 2001-2002-2003-2004-2005

indicatori

1.15.1. Fatturato annuo

1.15.2. Investimenti materiali

1.15.3. Costo del lavoro

1.15.4. Costi fissi

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a1.16. Saprebbe dirci quanti soci conta … N° Soci Anno in corso

Di cui disabili

1.16.1. Operai - addetti

1.16.2. Impiegati

1.16.3. Quadri

1.16.4. Dirigenti

1.17. Saprebbe dirci quanti dipendenti conta … N° dipendenti Anno in corso

Di cui disabili

1.17.1. Operai-addetti

1.17.2. Impiegati

1.17.3. Quadri

1.17.4. Dirigenti

1.18. Il numero degli addetti nella vostra organizzazione, negli ultimi 3 anni, ha avuto questo andamento:

2003 |__| |__| 2004 |__| |__| 2005 |__| |__|

Ora parliamo in termini di futuro. Priviamo ad immaginare cosa potrebbe succedere da qui a 2-3 anni. Aumenterà Molto (più del 15%) Rimarrà costante (+ o -10%) Diminuirà molto (meno 15%)

1.19.5 Altro (specificare)Il grado di organizzazione definisce diversi aspetti della vita di una struttura attiva. Ad esempio, il fatto di dividere le responsabilità tra diverse persone, invece di accentrar-le su poche figure, descrive un processo di crescita organizzativa. Allo stesso modo, l’attribuzione di carichi di lavoro precisi e disciplinati a figure di carattere tecnico spe-cialistico (ad es. chi lavora con i bambini deve essere laureato in pedagogia, chi lavo-ra con gli immigrati deve conoscere molto bene una lingua straniera parlata e scritta, ecc.) descrive un grado alto di organizzazione. Molto incrementata in tutti i settori Incrementata nei settori chiave Rimarrà uguale Sarà semplificata

1.20.5 Altro (specificare)

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

1.21. Saprebbe indicarmene le ragioni principali? (pressione del mercato, regole e normativa in trasformazione, richiesta dei

clienti/utenti, rafforzamento interno) Molto incrementata Incrementata Rimarrà uguale Diminuita

1.21.5 Altro (specificare)

1.22. Saprebbe indicarmene le ragioni principali? (pressione del mercato, regole e normativa in trasformazione, richiesta dei

clienti/utenti, rafforzamento interno)

1.23. Possiamo tracciare, anche a grandi linee, l’Organigramma (o “mappa delle risorse”) dell’impresa?

(segnalare se non hanno un organigramma formalizzato, oppure acquisire una copia dell’organigramma ufficiale)

chiedere di disegnarlo insieme

2. La Formazione delle risorse Umane2.1. Può fornirci il numero delle risorse che lavorano qui, divise per livello di

professionalità e fascia di età?

2.1.1. Personale operativo, impiegato in attività che richiedono professionalità me-dio-bassa

2.1.2. Personale tecnico, impiegato in attività che richiedono professionalità me-dio-alta (specialisti)

2.1.3. Figure amministrative

2.1.4. Figure manageriali/dirigenza

2.1.5. Altro

2.2. Questo è un elenco dei maggiori fattori manageriali sui quali l’impresa (e chi la gestisce) dovrebbe esercitare molta attenzione. Nella sua organizzazione, a suo parere, questi fattori sono oggetto di scelte strategiche da parte della di-rigenza?

Si=1 No=2

2.2.1. Conoscenza e segmentazione della domanda

2.2.2. Conoscenza dell’offerta delle altre organizzazioni similari

2.2.3. Costo/qualità del servizi/prodotti

2.2.4. Controllo di qualità

2.2.5. Rispondenza a requisiti organizzativi definiti dal cliente

2.2.6. Grado di soddisfazione del cliente

2.2.7. Gestione delle relazioni con i committenti pubblici e privati

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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a2.2.8. Gestione delle relazioni con il sistema pubblico locale

2.2.9. Gestione dei rapporti con i fornitori

2.2.10. Gestione dei rapporti con le banche ed il credito

2.2.11. Altro (specificare)

2.3. Le attività di carattere decisionale che abbiamo descritto prima

2.3.1. sono distribuite fra i diversi membri della dirigenza

2.3.2. oppure sono concentrate in pochi soggetti (o su uno solo)?

2.4. Le attività di carattere decisionale sono state in passato oggetto di corsi di formazione?

Sì No

2.4.1. oppure sono state scelte persone già qualificate

2.4.2. oppure si è imparato attraverso l’esperienza operativa sul campo?

2.5. Se la sentirebbe di fare una sorta di autovalutazione sullo stato attuale delle competenze manageriali delle persone che lavorano qui (imprenditori inclu-si) rispetto alle attività di tipo decisionale/manageriale?

Qualità Bassa=1 Qualità alta=2 Qualità media=3 Assente=4

Competenze manageriali

2.5.1. Formulazione della strategia di comunicazione

2.5.2. Analisi della domanda locale di prodotti/servizi

2.5.3. Promozione dell’impresa verso clienti

2.5.4. Analisi dell’offerta locale di prodotti/servizi

2.5.5. Ideazione di nuovi prodotti/servizi

2.5.6. Organizzazione della produzione di prodotti/servizi

2.5.7. Produzione dei prodotti/servizi - attività di base

2.5.8. Produzione dei prodotti/servizi - attività di coordinamento

2.5.9. Gestione dei rapporti con i committenti pubblici e privati

2.5.10. Gestione dei rapporti con il cliente

2.5.11. Gestione dei processi amministrativi

2.5.12. Gestione delle risorse umane

2.5.13. Gestione delle risorse economiche e finanziarie

2.5.14. Altro

2.6. Quale è, a suo giudizio, il fabbisogno attuale di competenze della sua organiz-zazione?

Qualità Bassa=1 Qualità alta=2 Qualità media=3 Assente=4

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

2.6.1 Competenze di personale di base (professionalità medio-bassa)

2.6.2 Competenze di personale tecnico qualificato (professionalità medio-alta)

2.6.3 Competenze di professionalità Apicali

2.6.4 Competenze delle figure amministrative

2.6.5 Competenze gestionali manageriali

2.6.6 Competenze delle figure manageriali commerciali (promozione, comunica-zione)

2.6.7 Altro

2.7. In che modo la sua organizzazione pensa di risolvere il problema della caren-za di quelle competenze?

Tipo di figure

2.7.1. Competenze di personale di base (professionalità medio-bassa)

2.7.2. Competenze di personale tecnico qualificato (professionalità medio-alta)

2.7.3. Competenze di professionalità Apicali

2.7.4. Competenze delle figure amministrative

2.7.5. Competenze gestionali manageriali

2.7.6. Competenze delle figure manageriali commerciali (promozione, comunica-zione)

2.7.7. Altro (1) accesso diretto a corsi di formazione regionali, accesso tramite terzi (consor-

zi, associazioni, ecc.), a corsi di formazione regionali, corsi di formazione auto-gestiti, ricerca sul Mercato del Lavoro -Centri per l’Impiego, chiamata diretta, ricerca per agenzie interinali, Internet, ecc.

2.8. Descriva brevemente le modalità contrattuali che la sua organizzazione pen-sa di utilizzare, per le fasce di nuovo personale prima specificate.

Tipo di figure

2.8.1. Competenze di personale di base (medio-bassa professionalità)

2.8.2. Competenze di personale tecnico qualificato (medio-alta professionalità)

2.8.3. Competenze di professionalità Apicali

2.8.4. Competenze delle figure amministrative

2.8.5. Competenze gestionali manageriali

2.8.6. Competenze delle figure manageriali commerciali (promozione, comunica-zione)

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a2.8.7. Altro

2.9. Solo nel caso di Cooperativa: descrivere con quali modalità si attua l’ammis-sione di nuovi soci lavoratori o di soci volontari.

2.10. Quanto è facile, secondo la sua esperienza, reperire in loco le risorse che ser-vono nell’attività che esercitate?

Del tutto assente=1 Presente ma difficile=2 Presente e facile=3

2.10.1. Volontari da qualificare

2.10.2. Personale di base non qualificato

2.10.3. Personale di base qualificato

2.10.4. Personale tecnico qualificato

2.10.5. Figure amministrative

2.10.6. Figure manageriali

2.10.7. Figure Apicali (1) non professionalizzate

2.10.8. Figure Apicali professionalizzate (1) le figure apicali sono quelle che occupano posizioni gerarchicamente rile-

vanti e che sono previste dalla normativa, ad esempio il Direttore Sanitario, un Medico che è responsabile della gestione e dell’applicazione delle norme del Sistema Sanitario Nazionale al settore specifico. Quelle professionalizzate sono le figure dotate di esperienza specifica o di un attestato formale della specializ-zazione, quelle non professionalizzate non hanno esperienze rilevanti e/o non possiedono titoli specifici, anche se hanno titolo per esercitare l’attività.

2.11. Per favore, scelga nella lista che segue cinque aree che, secondo lei, necessi-tano più urgentemente di essere migliorate, numerandole da 1 a 5 e poi espri-ma il suo parere su quale sia la più importante

(si consiglia prima di scegliere le cinque aree, poi di metterle in ordine, infine di segnalare la più importante delle 5 prescelte)

Aree

2.11.1. organizzazione del lavoro

2.11.2. pianificazione delle attività

2.11.3. marketing e comunicazione

2.11.4. chiarezza nella definizione delle responsabilità

2.11.5. formazione

2.11.6. orientamento alla qualità

2.11.7. motivazione dei dipendenti

2.11.8. collaborazione tra i colleghi

2.11.9. capacità di interpretare i bisogni della domanda

2.11.10. rapporto con le istituzioni locali

2.11.11. capacità di gestione finanziaria

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205 Alle

gati

Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

2.11.12. altro (specificare)

2.12. Avete svolto attività formative, nell’ultimo biennio? Sì No

2.13. Se SI, di che tipo? Breve descrizione dell’attività formativa:

a) finanziamento

b) progettazione

c) destinatari

d) obiettivi

e) durata

f) valutazione dei risultati: da ripetere, da modificare, da evitare

g) eventuali problemi riscontrati

h) i vantaggi riscontrati per ogni attività svolta.

2.14. (solo per le Cooperative) Conoscete i Fondi Interprofessionali (ad es. FON-COOP)?

2.15. Se SI, pensate di fare ricorso a quei fondi per la formazione? (Descrivere sinteticamente le modalità con le quali si pensa di fare ricorso ai

Fondi e gli obiettivi del progetto)

3. Rapporti con le istituzioni e le politiche sociali

3.1. Con quali istituzioni avete rapporti regolari e continui, connessi con l’attivi-tà che svolgete? (si possono dare risposte multiple)

Tipo di istituzioni

3.1.1. Regione (Assessorato…)

3.1.2. Provincia (Assessorato)

3.1.3. Comune (Assessorato)

3.1.4. Municipio (solo Comune di Roma)

3.1.5. Ministero …

3.1.6. Presidio Territoriale (ad es. Direzioni Provinciali, Questure, Prefetture, ecc.)

3.1.7. Camera di Commercio

3.1.8. ASL

3.1.9. Altro (specificare) (1) obbligo normativo, bando pubblico, legislazione locale, progetti, stru-

menti di concertazione, ecc.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

206Cam

era

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Rom

a3.2. Con quali altri soggetti sociali avete regolari rapporti, connessi con l’attività

che svolgete? Tipo di soggetti

3.2.1. Cooperative

3.2.2. Consorzi

3.2.3. Associazioni

3.2.4. Reti civiche

3.2.5. Forum, coordinamenti, comitati, ecc.

3.2.6. Organizzazioni sindacali

3.2.7. Partiti politici e movimenti

3.2.8. Altro (specificare)

3.3. Come descriverebbe i rapporti con queste istituzioni? Tipo di istituzioni

3.3.1. Regione (Assessorato…)

3.3.2. Provincia (Assessorato)

3.3.3. Comune (Assessorato)

3.3.4. Municipio (solo Comune di Roma)

3.3.5. Ministero …

3.3.6. Presidio Territoriale (ad es. Direzioni Provinciali, Questure, Prefetture, ecc.)

3.3.7. Camera di Commercio

3.3.8. ASL

3.3.9. Altro (1) scegliere prima un aggettivo descrittivo (ad es: conflittuale, partecipativo,

fluido, difficile, discontinuo, ecc.) e poi motivare la scelta

3.4. Come descriverebbe i rapporti con gli altri soggetti? Tipo di soggetti

3.4.1. Cooperative

3.4.2. Consorzi

3.4.3. Associazioni

3.4.4. Reti civiche

3.4.5. Forum, coordinamenti, comitati, ecc.

3.4.6. Organizzazioni sindacali

3.4.7. Partiti politici e movimenti

3.4.8. Altro (1) scegliere prima un aggettivo descrittivo (ad es: conflittuale, partecipativo,

fluido, difficile, discontinuo, ecc.) e poi motivare la scelta

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207 Alle

gati

Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

3.5. Quali sono, a suo avviso le ragioni di maggiore difficoltà nelle relazioni con le Istituzioni?

Tipo di istituzioni

3.5.1. Regione (Assessorato…)

3.5.2. Provincia (Assessorato)

3.5.3. Comune (Assessorato)

3.5.4. Municipio (solo Comune di Roma)

3.5.5. Ministero …

3.5.6. Presidio Territoriale (ad es. Direzioni Provinciali, Questure, Prefetture, ecc.)

3.5.7. Camera di Commercio

3.5.8. ASL

3.5.9. Altro (1) scegliere una descrizione sintetica (ad es: burocratizzazione, distanza dai

problemi, superficialità, scarsa professionalità, impreparazione, invasività, rigi-dità interpretativa, ecc.) e poi motivare la scelta

3.6. Dovendo scegliere, quali sono le tre Istituzioni con le quali ci sono minori ostacoli e difficoltà nei rapporti? Può dire sinteticamente quali sono le ra-gioni?

Tipo di istituzioni

3.6.1. Regione (Assessorato…)

3.6.2. Provincia (Assessorato)

3.6.3. Comune (Assessorato)

3.6.4. Municipio (solo per il Comune di Roma)

3.6.5. Ministero …

3.6.6. Presidio Territoriale (ad es. Direzioni Provinciali, Questure, Prefetture, ecc.)

3.6.7. Camera di Commercio

3.6.8. ASL

3.6.9. Altro

3.7. A quali fattori attribuirebbe le difficoltà riscontrate nel rapporto con i Go-verni locali?

(1) mettere i fattori in ordine di “peso”, dove 1 è il valore minimo e 8 il valore massimo

3.7.1. Burocratizzazione e rigidità

3.7.2. Scarsa conoscenza o sottovalutazione delle problematiche del settore

3.7.3. Poca affidabilità dal punto di vista dei tempi

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

208Cam

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Rom

a3.7.4. Poca chiarezza nell’interpretazione delle regole

3.7.5. Distanza culturale

3.7.6. Scarsa conoscenza o sottovalutazione degli impatti delle loro scelte sulle or-ganizzazioni del settore

3.7.7. Incompetenza e/o protagonismo dei politici

3.7.8. Eccesso di controllo formale

3.7.9. Altro (specificare)

3.8. Quali fattori critici, invece, potrebbero essere attribuiti alla natura ed alla qualità della sua organizzazione, nel rapporto con i Governi locali?

(1) mettere i fattori in ordine di “peso”, dove 1 è il valore minimo e 8 il valore massimo

3.8.1. Insufficiente formazione dei dirigenti

3.8.2. Scarsa conoscenza o sottovalutazione delle problematiche amministrative e tecniche

3.8.3. Scarsa affidabilità per i tempi

3.8.4. Scarsa affidabilità per la qualità discontinua delle prestazioni

3.8.5. Distanza culturale

3.8.6. Dimensioni e forza finanziaria insufficienti

3.8.7. Mancanza di coordinamento e di rappresentanza

3.8.8. Capacità di organizzazione al di sotto degli standard

3.8.9. Bassa capacità di progettazione

3.8.10. Altro (specificare)

3.9. A suo parere, quali sono stati i maggiori cambiamenti nel comportamento delle istituzioni negli ultimi cinque anni?

(ad esempio: restrizioni, nuove regole, criteri di selezione, riduzione degli inter-venti, ecc.)

3.10. A suo parere, quali sono stati i maggiori cambiamenti nelle politiche sociali negli ultimi cinque anni?

(ad esempio: restrizioni, nuove regole, criteri di selezione, ecc.)

4. Credito e investimenti

4.1. Da quali fonti provengono le entrate della Vostra Organizzazione nell’anno 2004? (Il totale deve fare 100%)

4.1.1. Contribuzione dei soci

4.1.2. Trasferito a titolo gratuito di immobili, mezzi e risorse da parte di enti e pri-vati

4.1.3. Dalla committenza pubblica (convenzioni)

4.1.4. Dalla committenza privata (contratti)

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209 Alle

gati

Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

4.1.5. Finanziamento di progetti

4.1.6. Contributi dagli assistiti

4.1.7. Altro

4.2. Su quali di queste entrate vengono aperte trattative con il sistema bancario? Sì No

4.2.1. Contribuzione dei soci (aumento di capitale, fideiussioni)

4.2.2. Trasferito a titolo gratuito di immobili, mezzi e risorse da parte di enti e privati

4.2.3. Dalla committenza pubblica (credito su convenzioni/progetti)

4.2.4. Dalla committenza privata

4.2.5. Finanziamento di progetti

4.2.6. Contributi dagli assistiti

4.2.7. Altro

4.3. Con quali soggetti del sistema del credito avete rapporti stabili? Sì No

4.3.1. Banche e Assicurazioni tradizionali

4.3.2. Banche Cooperative, Assicurazioni Cooperative

4.3.3. Consorzi Fidi

4.3.4. Altri Consorzi Cooperativi

4.3.5. Banca Etica

4.3.6. Altro La natura dei rapporti con i soggetti indicati

4.4. Con il sistema del credito avete rapporti autonomi, oppure passate attraverso strutture di tipo associativo, come Consorzi, Associazioni, ecc.?

Sì No

4.4.1. Solo rapporti autonomi

4.4.2. Rapporti mediati da terzi, a seconda delle situazioni

4.4.3. Rapporti mediati attraverso le Associazioni

4.4.4. Rapporti mediati attraverso Consorzi

4.4.6. Altro

4.5. A suo parere, il sistema del credito ordinario ha prodotti e servizi adatti alle esigenze della sua organizzazione?

4.6. Come descriverebbe i rapporti di questa organizzazione con il sistema del credito ordinario?

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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a4.7. A suo parere, il sistema del credito cooperativo ha prodotti e servizi adatti a

tutte le esigenze della sua organizzazione?

4.8. Come descriverebbe i rapporti di questa organizzazione con il sistema del credito cooperativo?

4.9. In che cosa le richieste di garanzia e le modalità di istruttoria del sistema coo-perativo si differenziano da quelle proprie del sistema del credito ordinario?

4.10. Secondo lei, quali sono i maggiori ostacoli al credito che incontrano struttu-re come la sua?

(ad esempio: sottocapitalizzazione, mancanza o insufficienza delle garanzie pa-trimoniali, attività e fatturato ridotti, fatturato discontinuo, scarsa capacità progettuale, preparazione manageriale insufficiente, ecc.)

4.11. Secondo lei, la sua organizzazione ha tutti i requisiti richiesti per il ricorso al credito ordinario?

4.12. A suo avviso, la sua organizzazione avrebbe bisogno di nuovi strumenti fi-nanziari oppure gli strumenti attuali sono sufficienti? Saprebbe motivare brevemente la sua opinione?

4.13. A suo avviso sarebbe utile avere un tavolo di trattativa territoriale nel quale far confluire tutti i soggetti interessati al credito al Terzo settore (imprese, associazioni, operatori)?

4.14. A suo parere, a quale livello territoriale dovrebbe agire il tavolo negoziale del credito?

4.14.1. Regione

4.14.2. Provincia

4.14.3. Comune/consorzi di comuni

4.14.4. Municipi

4.14.5. Altro

4.15. A suo parere, quale sarebbe l’istituzione pubblica più idonea per gestire il ta-volo negoziale del credito?

4.15.1. Regione

4.15.2. Provincia

4.15.3. Comune/consorzi di comuni

4.15.4. Municipi

4.15.6. Camera di Commercio

4.15.7. Altro

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

5. Domanda e offerta di servizi alla persona5.1. Ci sono nel vostro territorio altri soggetti che producono servizi analoghi a

quelli che vengono prodotti dalla sua organizzazione (concorrenti diretti)? Tipologie

5.1.1. Associazioni di volontariato

5.1.2. Imprese cooperative

5.1.3. Imprese cooperative e/o consortili di grande dimensione

5.1.4. Imprese private

5.1.5. Associazioni private

5.1.6. Servizi pubblici

5.1.7. Altro

5.2. Cosa distingue i vostri servizi da quelli analoghi che vengono prodotti da al-tre strutture?

(1) mettere in ordine crescente da 9=meno distintivo a 1=più distintivo) Elementi caratterizzanti (1)

5.2.1. Forte attenzione ai bisogni della domanda

5.2.2. Forte attenzione al clima interno ed allo stile di lavoro

5.2.3. Capacità di adattare l’organizzazione alle richieste del cliente

5.2.4. Capacità di rispondere alle emergenze

5.2.5. Conoscenza ed applicazione delle tecniche di controllo qualità

5.2.6. Capacità di gestione delle risorse umane

5.2.7. Competenze manageriali di marketing

5.2.8. Qualità delle risorse umane

5.2.9. Altro (specificare)

5.3. Tra i servizi che offrite, quale considerate il vostro punto di forza? Perché?

5.4. Tra i servizi che offrite, quale considerate il vostro punto di debolezza? Perché?

5.5. Può descriverci, sinteticamente, come nasce, si sviluppa e si concretizza un progetto di servizio o una nuova linea di attività?

5.5.1. Come lavorate? Mi può descrivere le linee di prodotto/servizio sulle quali la-vorate ed il vostro modus operandi?

5.6. Può descriverci, sinteticamente, l’organizzazione della sua organizzazione ri-spetto ad un progetto che attualmente state gestendo? (persone, risorse tec-niche, risorse finanziarie)

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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a5.7. Svolgete regolarmente qualcuna di queste attività di osservazione del vostro

bacino di utenza potenziale? Sì No

1 Analisi dei bisogni e comportamenti di acquisto

2 Rilevamento del grado di soddisfazione della domanda

3 Analisi e sviluppo di nuovi mercati potenziali

4 Osservazione dei comportamenti di altre organizzazioni analoghe

5 Analisi e ricerche sui servizi analoghi in altri territori

6 Altro (specificare)

5.8. Svolgete regolarmente qualcuna di queste attività di autoanalisi organizzati-va e gestionale dell’organizzazione? 1 Previsione dell’andamento economico generale

2 Previsione dell’andamento finanziario

3 Previsione dello stato del portafoglio progetti

4 Analisi del comportamento economico dei committenti (regolarità, tempe-stività, flessibilità, ecc.)

5 Analisi della redditività dei singoli prodotti/commesse

6 Valutazione della produttività delle risorse umane

7 Controllo del rispetto degli standard di prodotto/processo

8 Analisi del clima organizzativo

9 Analisi dei fabbisogni formativi

10 Altro (specificare)

5.9. Su quale di questi temi pensate di aver bisogno di formazione o consulenza o assistenza tecnica per sviluppare le vostre capacità e migliorare la gestione?

5.9.1. Previsione dell’andamento economico generale

5.9.2. Previsione dell’andamento finanziario

5.9.3. Previsione dello stato del portafoglio progetti

5.9.4. Analisi del comportamento economico dei committenti, dei clienti e dei for-nitori (regolarità, tempestività, flessibilità, ecc.)

5.9.5. Analisi della redditività dei singoli prodotti/commesse

5.9.6. Valutazione della produttività delle risorse umane

5.9.7. Controllo del rispetto degli standard di prodotto/processo

5.9.8. Analisi del clima organizzativo

5.9.9. Analisi dei fabbisogni formativi

5.9.10. Altro (specificare)

5.10. A quale soggetto pubblico o privato vi rivolgereste per avere consulenza, as-sistenza tecnica, formazione?

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

Soggetto

5.10.1. Regione

5.10.2. Provincia

5.10.3. Comune

5.10.4. Municipi

5.10.5. Consorzi

5.10.6. Camera di Commercio

5.10.7. Enti privati appartenenti al Terzo settore

5.10.8. Altro

5.11. Quali potrebbero essere, a suo avviso, i cinque principali fattori che determi-nano eventuali esigenze di innovazione nella sua organizzazione? E quale, tra questi, sarebbe il più importante? Si=1 No=2

Variabili

1 Presenza di nuove norme regionali/nazionali

2 Richiesta di certificazione o standard da parte del committente

3 Ingresso di nuovi concorrenti qualificati

4 Modificazioni del processo di produzione del servizio

5 Introduzione di nuove modalità di gestione e controllo

6 Necessità di rispondere ad esigenze di “massa critica”

7 Necessità di affrontare nuovi investimenti

8 Criticità nella gestione delle risorse umane

9 Prospettive di crescita economica e dimensionale

10 Crescita della complessità esterna

11 Altro

5.12. Quali sono a suo avviso le competenze professionali oggi assenti nella sua or-ganizzazione? 1 Conoscenza del mercato della domanda

2 Conoscenza del mercato: concorrenti

3 Conoscenza del mercato: evoluzione tecnologica

4 Conoscenza del mercato: evoluzione normativa

5 Conoscenza delle tecnologie per la produzione del servizio

6 Capacità di analizzare le richieste del cliente

7 Capacità di formulare la proposta tecnica

8 Capacità di formulare la proposta economica

9 Capacità di formulare il progetto

10 Conoscenza di tecniche di contabilità dei costi

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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a11 Capacità di rilevare la customer satisfaction

12 Capacità di rispondere alle emergenze

13 Disponibilità ed orientamento al cliente

14 Conoscenza delle tecniche di controllo qualità

15 Conoscenza di tecniche di controllo di gestione

16 Conoscenza della normativa sulla sicurezza

17 Capacità di valutare l’affidabilità di un partner

18 Conoscenza delle attese del cliente

19 Competenze linguistiche

20 Competenze nell’uso di strumenti informatici

21 Capacità di gestione delle risorse umane

22 Capacità di reperire in autonomia informazioni

23 Capacità di coordinamento di risorse esterne

24 Competenze di marketing

25 Competenze di comunicazione

26 Competenze manageriali economico-finanziarie

27 Competenze manageriali pianificazione

28 Competenze manageriali di controllo

29 Competenze manageriali di organizzazione

30 Competenze manageriali sulle risorse umane

31 Competenze manageriali sulle partnership

32 Capacità di negoziazione

33 Capacità di programmazione delle attività

34 Capacità di lavoro in gruppo

35 Capacità di assunzione di responsabilità

36 Capacità di flessibilizzare la propria prestazione

37 Capacità di reperire in autonomia informazioni

38 Capacità di autovalutazione delle prestazioni

39 Altro:

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

Osservatorio Economia civile “Analisi della domanda” Questionario ai cittadini(Pierluigi Ascani; 24/10/05)

IncipitBuonasera, sono (nome e cognome dell’intervistatore) dell’istituto di ricerca Format Srl di Roma. Il nostro istituto è stato incaricato dalla Camera di commercio di Roma di svol-gere una indagine presso i cittadini della provincia di Roma sui bisogni di servizi sociali delle persone e delle famiglie e sulla possibilità di trovare risposte concrete a quei bisogni. Potrebbe gentilmente concedermi una breve intervista? La ringrazio. In conformità con l’articolo 13 della legge sulla Privacy, la informo che tutte le sue risposte rimarranno ano-nime e saranno trattate esclusivamente per finalità statistiche, che il suo nominativo è sta-to estratto casualmente dall’elenco telefonico e che non sarà trascritto in alcun modo e in alcuna forma su alcun supporto cartaceo o informatico, che se vuole può non rispondere alle mie domande, che potrà interrompere l’intervista in qualsiasi momento; l’eventuale rifiuto totale o parziale non avrà alcuna conseguenza. Format ha sede in Roma, il numero di telefono è 06.86.32.86.81 ed il coordinatore della ricerca è il Dott.ssa Katia Novelli ([email protected]).

Filtro: analisi delle esigenze e delle soluzioni adottate1. Potrebbe dirmi se Lei o un membro della sua famiglia, oggi dovete affrontare (o

avete dovuto affrontare di recente) problemi come quelli che ora le elenco?- assistenza a persone disabili o non autosufficienti;

- assistenza a malati terminali

- problemi di cattivo rendimento scolastico dei figli;

- gestione degli orari scolastici e del tempo libero dei figli, ecc.

(Una risposta per ciascun item. Sì; No. Se risponde di no a tutto, rilevare i dati di struttura e chiudere l’intervista: “La ringrazio per la cortesia”).

2. (Se sì) Potrebbe essere più preciso nell’indicare il tipo di problema? Potrebbe descrivermi brevemente il problema o comunque l’esigenza che ha indicato?

(Domanda aperta non codificata. La tipologia del problema deve essere ben motivata e descritta. Attenzione alle situazioni in cui l’intervistato ha citato più di una problematica. In questi casi domandare in modo informale se le pro-blematiche in questione sono state affrontate ricorrendo allo stesso ente eroga-tore. Se sì, allora chiedere all’intervistato in modo informale quale fosse quella più importante e continuare il questionario solo per quella; se no, il questiona-rio dovrà essere compilato più volte per tutte le problematiche presentate dal-l’intervistato).

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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a2.bis Quindi, potremmo dire che si tratta di un problema di:

a) assistenza pre-post ospedaliera e riabilitazione;- assistenza a malati terminali;

- assistenza a persone non autosufficienti;

- assistenza Alzheimeriani e dementi senili;

- assistenza per traumi gravi invalidanti

(Campo = Sanità) b) assistenza anziani non autosufficienti o in difficoltà;

- assistenza disabili sensoriali, psichici, mentali;

- ospitalità ed assistenza infanzia a rischio;

- ospitalità ed assistenza ragazze madri,

- assistenza carcerati immigrati, tratta e prostituzione;

- assistenza a categorie svantaggiate e del disagio sociale);

(Campo = assistenza sociale) c) formazione

- assistenza allo studio

- integrazione curriculare

- cattivo rendimento scolastico

(Campo = Istruzione) d) attività sportiva specializzata, competitiva o non competitiva per bambini,

adolescenti e giovani

(Campo = Cultura, sport, ricreazione) d) servizi di sportello e informazione,

- tutela legale

- formazione volontari

- gestione ed organizzazione volontariato specializzato

- servizi specializzati agli iscritti

(Campo = Tutela dei diritti) 3. Potrebbe descrivermi come ha risolto la problematica presentata? (Domanda aperta non codificata. La tipologia del problema deve essere ben de-

scritta. Domanda aperta non codificata).

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

Il soggetto erogatore del servizio

4. A chi si è rivolto e chi le ha erogato il servizio, o lo sta erogando attualmen-te? (soggetto pubblico; soggetto privato; soggetto privato convenzionato)

4a. (Se alla domanda 4 hanno risposto 2 o 3. Nel dettaglio, si tratta …? Coope-rativa; Associazione nazionale; Associazione locale; Fondazione; Altro, spe-cificare)

5. In che modo ha contattato coloro che le hanno materialmente erogato il ser-vizio di cui ha usufruito, o del quale sta usufruendo attualmente? (cercando direttamente, informandomi in giro; sono loro che hanno trovato me, il mio caso gli è stato indicato; mi sono stati inviati espressamente dal servizio pub-blico attraverso amici/conoscenti; media; medico di base/ specialisti; servizi scolastici; parrocchia; altro, specificare)

6. Oltre al soggetto del quale poi si è materialmente servito, o del quale si sta servendo attualmente, aveva considerato in fase di scelta anche altri soggetti di cui avrebbe potuto servirsi?

Sì No

6a. (Se sì) Come mai non li avete considerati? (Domanda aperta post-codificata dopo le prime 250 interviste)

Livello di soddisfazione complessivo

7. Quali sono state le principali difficoltà incontrate in sede di fruizione del ser-vizio? (Domanda aperta post-codificata dopo le prime 250 interviste)

8. In generale, quanto si ritiene soddisfatto della soluzione adottata, ovvero del servizio fruito? (Molto; abbastanza; mediamente; poco; per nulla)

9. Oggi, dopo aver sperimentato concretamente il servizio ricevuto, ripeterebbe la stessa scelta? (Certamente sì; probabilmente sì; certamente no; senza opi-nione)

10. Raccomanderebbe la stessa soluzione ad un’altra persona con una situazione o con un problema analogo al suo? (Certamente; probabilmente; certamente no; senza opinione)

Livello di soddisfazione con riferimento al personale

11. (Solo a coloro che hanno utilizzato un soggetto privato o privato convenzio-nato) Sempre con riferimento al servizio del quale ha usufruito o del quale sta usufruendo attualmente, quanto si dichiara soddisfatto in merito ai se-guenti aspetti inerenti il personale, e quanta importanza attribuisce agli stes-si aspetti?

(Una risposta per ciascun item. Molto; abbastanza; mediamente; poco; per nulla)

Cortesia

Precisione e accuratezza

Velocità nel rispondere alle richieste di assistenza

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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Rom

aVelocità di fase di attuazione delle soluzioni

Riservatezza

Capacità di fornire risposte esaurienti

Capacità di fornire risposte in modo semplice e chiaro

Professionalità e competenza (capacità di saper consigliare le scelte più idonee)

Livello di soddisfazione con riferimento alla comunicazione

12. (Solo a coloro che hanno utilizzato un soggetto privato o privato convenzio-nato) Sempre con riferimento al servizio del quale ha usufruito o del quale sta usufruendo attualmente, quanto si dichiara soddisfatto in merito ai se-guenti aspetti inerenti le comunicazioni ricevute e quanta importanza attri-buisce agli stessi aspetti? (Una risposta per ciascun item. Molto; abbastanza; mediamente; poco; per nulla)

Chiarezza delle comunicazioni ricevute Tempestività delle comunicazioni ricevute Adeguata disponibilità di materiale informativo Chiarezza del materiale informativo

Livello di soddisfazione con riferimento al servizio

13. Per usufruire del servizio ha dovuto sostenere, o sta sostenendo, un costo? Sì No

14. (Solo per coloro che stanno sostenendo un costo) Tale costo è …? (sostenu-to direttamente dal fruitore del servizio; sostenuto da una assicurazione pri-vata; sostenuto dal servizio sanitario nazionale o da altro servizio pubblico; altro, specificare)

15. (Solo a coloro che hanno utilizzato un soggetto privato o privato convenzio-nato) Sempre con riferimento al servizio del quale ha usufruito o del quale sta usufruendo attualmente, quanto si dichiara soddisfatto in merito ai se-guenti aspetti della prestazione di cui ha usufruito?

(Una risposta per ciascun item. Molto; abbastanza; mediamente; poco; per nulla)

Livello di efficacia del servizio Tempestività del servizio Costo del servizio Dati di struttura

16. Sesso del capofamiglia (Maschi; femmine)

17. Classe di età del capofamiglia (18/24 anni; 25/34 anni; 35/44 anni; 45/54 anni; 55/64 anni; oltre 64 anni)

18. Titolo di studio del capofamiglia (elementari/nessuno; medie inferiori; medie superiori; laurea)

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219 Alle

gati

Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

19. Stato civile del capofamiglia (coniugati; non coniugati, vivono con i genitori; non coniugati, single; non coniugato, convivente; Non coniugato,separato,vedovo con figli; non coniugato, separato, vedovo senza figli)

20. Componenti nucleo famigliare (compreso il capo famiglia)(numero)

20a. di cui minori di 18 anni (numero)

29. di cui con 65 anni e oltre (numero)

29a. di cui disabili (numero)

21. Numero di percettori di reddito (numero)

22. Occupazione del capofamiglia (occupato; casalinga; pensionato; studente; non occupato)

23. (solo per gli occupati) Professione (liberi professionisti, dirigenti, possiden-ti, imprenditori; impiegati; artigiani, commercianti, liberi professionisti sen-za studio; agricoltori; operai, salariati agricoli)

24. Occupazione del coniuge (occupato; casalinga; pensionato; studente; non occupato)

25. (solo per gli occupati) Professione del coniuge (liberi professionisti, dirigen-ti, possidenti, imprenditori; impiegati; artigiani, commercianti, liberi profes-sionisti senza studio; agricoltori; operai, salariati agricoli)

26. Municipio e/o comune

27. Lei è il capofamiglia? (Sì; No. Se risponde il capofamiglia tutto ok, se risponde persona diversa capire

se in grado di fornire informazioni sul capofamiglia)

28. Nazionalità del capofamiglia (italiana; straniera)

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

Osservatorio Economia civile “Analisi della domanda” Questionario alle famiglie(Pierluigi Ascani; 24/10/05; indagine f2f)

IncipitBuonasera, sono (nome e cognome dell’intervistatore) dell’istituto di ricerca Format Srl di Roma. Il nostro istituto è stato incaricato dalla Camera di commercio di Roma di svolgere una indagine presso i cittadini della provincia di Roma sui bisogni di servizi sociali delle persone e delle famiglie. Potrebbe gentilmente concedermi una breve intervista?

Stiamo svolgendo queste interviste ad un campione di famiglie estratte casualmente tra quelle che fanno riferimento all’ (nome associazione). Possiamo svolgere l’intervista dove e quando le fa più comodo, presso i locali dell’associazione, oppure a casa sua.

In conformità con l’articolo 13 della legge sulla Privacy, la informo che tutte le sue risposte rimarranno anonime e saranno trattate esclusivamente per finalità statistiche, il suo nome non sarà trascritto in alcun modo e in alcuna forma su alcun supporto cartaceo o infor-matico, che se vuole può non rispondere alle mie domande, che potrà interrompere l’in-tervista in qualsiasi momento; l’eventuale rifiuto totale o parziale non avrà alcuna conse-guenza. Format ha sede in Roma, il numero di telefono è 06.86.32.86.81 ed il coordinatore della ricerca è il Dott.ssa Katia Novelli ([email protected]). Il riferimento interno all’associazione è (nome, telefono).

1. Luogo per lo svolgimento dell’intervista, data e ora. (Campo a cura dell’intervistatore)

2. La famiglia campione viene rilevata per il seguente motivo. (Sanità; assistenza sociale, istruzione, cultura, sport, ricreazione, tutela dei di-

ritti. Campo a cura dell’intervistatore)

Inquadramento3. Potrebbe descrivermi la situazione (il problema) che la hanno portata ad uti-

lizzare i servizi del (nome associazione)? (Domanda aperta. Descrizione della situazione, del problema).

4. Potrebbe raccontarmi come si è evoluta nel tempo questa situazione (quali sono state le vicissitudini indotte dal problema, se si è rivolto a più sogget-ti per ricevere assistenza, indipendentemente dal fatto che l’abbia ricevuta o meno, gli effetti indotti sulla propria famiglia, ecc.)?

(Domanda aperta. Vicissitudini indotte dal problema).

Il soggetto erogatore e le soluzioni adottate5. Potrebbe descrivermi come ha risolto la problematica presentata? (Domanda aperta).

6. A chi si è rivolto e chi le ha erogato il servizio, o lo sta erogando attualmente? (Descrizione del soggetto erogatore, che potrebbe non coincidere esclusiva-

mente con l’associazione tramite la quale è stata identificata la famiglia. Tipo-logia del soggetto: pubblico o privato; cooperativa, associazione locale, nazio-nale, ecc.)

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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a7. Potrebbe descrivermi il servizio che le viene fornito? (Domanda aperta. Ci attendiamo una risposta lunga e dettagliata)

8. Quali sono le principali difficoltà che incontra/o ha incontrato nel corso del-la fruizione del servizio?

(Domanda aperta)

Percorso di accesso9. In che modo ha contattato coloro che le hanno materialmente erogato il ser-

vizio di cui ha usufruito, o del quale sta usufruendo attualmente? (cercando direttamente, informandomi in giro; sono loro che hanno trovato

me, il mio caso gli è stato indicato; mi sono stati inviati espressamente dal ser-vizio pubblico attraverso amici/conoscenti; media; medico di base/ specialisti; servizi scolastici; parrocchia; altro, specificare)

9a. Specificare la risposta. (Domanda aperta)

10. Quali sono state le principali difficoltà che ha riscontrato per entrare in con-tatto con coloro che poi le hanno erogato o le stanno erogando il servizio?

(Domande aperte)

10a. Difficoltà per capire / rendersi conto / accettare / definire a se stessi e agli al-tri il tipo di problema.

10b. Difficoltà per capire / riuscire a capire che c’era / non c’era qualcuno che po-teva essere in grado di prestare l’aiuto desiderato

10c. Difficoltà per accedere alle informazioni delle quali aveva bisogno.

10d. Difficoltà per entrare in contatto con le persone / le strutture di interesse.

11. Ha preso contatti con più persone / con più enti per fruire dell’aiuto, del ser-vizio desiderato. Potrebbe parlarmene?

(Domanda aperta)

12. Come mai ha considerato alcuni soggetti e non altri? (Analisi delle ragioni che hanno portato la famiglia a scartare alcuni soggetti,

in favore di altri. Domanda aperta)

13. Come preferirebbe essere informato circa coloro che offrono queste tipologie di servizi?

(Quale è ad avviso dell’intervistato il modo migliore per fare informazione sulle problematiche in oggetto? Domanda aperta)

14. Per usufruire del servizio ha dovuto sostenere, o sta sostenendo, un costo? (Esposizione della famiglia con riferimento al costo del servizio. Domanda

aperta).

14a. Con riferimento al servizio utilizzato / utilizzato attualmente

14b. Con riferimento ad altre esperienze precedenti della famiglia

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

15. Come è stato sostenuto il costo? (Esempi: sostenuto direttamente dal fruitore del servizio; sostenuto da una as-

sicurazione privata; sostenuto dal servizio sanitario nazionale o da altro servizio pubblico; ecc. Domanda aperta)

Percorso evolutivo16. Come è cambiata la vita della sua famiglia in questo periodo (in questi

anni)? (Quali sono stati gli effetti del “problema” sulla vita della famiglia in generale

e su quella dei suoi componenti in particolare. Domanda aperta)

Il “prima”

La “consapevolezza” del problema

Il dopo e il “vivere quotidiano”

Il domani (i progetti per il futuro, la speranza)

Analisi della soddisfazione17. In generale, quanto si ritiene soddisfatto della soluzione adottata, ovvero del

servizio fruito? (Molto; abbastanza; mediamente; poco; per nulla)

18. Sempre con riferimento al servizio del quale ha usufruito o del quale sta usu-fruendo attualmente, quanto si dichiara soddisfatto in merito ai seguenti aspet-ti inerenti il personale, e quanta importanza attribuisce agli stessi aspetti?

(Una risposta per ciascun item. Molto; abbastanza; mediamente; poco; per nulla)

Cortesia

Precisione e accuratezza

Velocità nel rispondere alle richieste di assistenza

Velocità di fase di attuazione delle soluzioni

Riservatezza

Capacità di fornire risposte esaurienti

Capacità di fornire risposte in modo semplice e chiaro

Professionalità e competenza (capacità di saper consigliare le scelte più idonee)

19. Specificare le motivazioni della risposta. (In particolare rispetto al basso livello di soddisfazione, se riscontrato. Doman-

da aperta)

20. Sempre con riferimento al servizio del quale ha usufruito o del quale sta usufruendo attualmente, quanto si dichiara soddisfatto in merito ai seguen-ti aspetti inerenti le comunicazioni ricevute e quanta importanza attribuisce agli stessi aspetti?

(Una risposta per ciascun item. Molto; abbastanza; mediamente; poco; per nulla)

Chiarezza delle comunicazioni ricevute

Tempestività delle comunicazioni ricevute

Adeguata disponibilità di materiale informativo

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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aChiarezza del materiale informativo

21. Specificare le motivazioni della risposta. (In particolare rispetto al basso livello di soddisfazione, se riscontrato. Doman-

da aperta)

22. Sempre con riferimento al servizio del quale ha usufruito o del quale sta usufruendo attualmente, quanto si dichiara soddisfatto in merito ai seguenti aspetti della prestazione di cui ha usufruito?

(Una risposta per ciascun item. Molto; abbastanza; mediamente; poco; per nulla)

Livello di efficacia del servizio

Tempestività del servizio

Costo del servizio

23. Specificare le motivazioni della risposta. (In particolare rispetto al basso livello di soddisfazione, se riscontrato. Doman-

da aperta)

Durata24. Potremmo tracciare insieme un quadro “cronologico” del servizio del quale

ha usufruito, o del quale sta usufruendo? (Per ogni singola fase del servizio, motivare le ragioni della profondità tempo-

rale indicata dall’intervistato).

25. Quali sono le prospettive per il futuro? (Domanda aperta)

Dati di struttura26. Sesso del capofamiglia (Maschi femmine)

27. Classe di età del capofamiglia (18/24 anni; 25/34 anni; 35/44 anni; 45/54 anni; 55/64 anni; oltre 64 anni)

28. Titolo di studio del capofamiglia (elementari/nessuno; medie inferiori; medie superiori; laurea)

29. Stato civile del capofamiglia (coniugati; non coniugati, vivono con i genitori; non coniugati, single; non co-

niugato, convivente; Non coniugato,separato,vedovo con figli; non coniugato, separato, vedovo senza figli)

30. Componenti nucleo famigliare (compreso il capo famiglia)(numero)

30a. ... di cui minori di 18 anni (numero)

30b. ... di cui con 65 anni e oltre (numero)

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Questionari utilizzati per lo svolgimento delle indagini di campo

30c. ... di cui disabili (numero)

31. Numero di percettori di reddito (numero)

32. Occupazione del capofamiglia (occupato; casalinga; pensionato; studente; non occupato)

32a. (solo per gli occupati) Professione (liberi professionisti, dirigenti, possidenti, imprenditori; impiegati; artigiani, com-

mercianti, liberi professionisti senza studio; agricoltori; operai, salariati agricoli)

33. Occupazione del coniuge (occupato; casalinga; pensionato; studente; non occupato)

33a. (solo per gli occupati) Professione del coniuge (liberi professionisti, dirigenti, possidenti, imprenditori; impiegati; artigiani, com-

mercianti, liberi professionisti senza studio; agricoltori; operai, salariati agricoli)

34. Municipio e/o comune

35. Lei è il capofamiglia? (Sì; No. Se risponde il capofamiglia tutto ok, se risponde persona diversa capire

se in grado di fornire informazioni sul capofamiglia)

36. Nazionalità del capofamiglia (italiana; straniera) Note: (descrivere chi sono coloro che abitano nella stessa abitazione o che gra-

vitano intorno al nucleo familiare - no amici.. ecc-).

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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Tabelle a doppia entrata indagine campionaria sulle famiglie

1. Potrebbe dirmi se Lei o un membro della sua famiglia, oggi dovete affrontare (o avete dovuto affrontare di recente) problemi come quelli che ora le elenco?

Stato civile del capofamiglia

TotaleMonogenitore

<65 anniSingle

<65 anniCoppie con figli

<65 anniCoppie senza figli

<65 anniPersone sole/famiglie

>=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma

SanitàSi 24,9% 28,6% 12,1% 21,4% 18,0% 19,2% 25,3% 10,6% 17,2% 13,9% 17,8%

No 75,1% 71,4% 87,9% 78,6% 82,0% 80,8% 74,7% 89,4% 82,8% 86,1% 82,2%

Assistenza socialeSi 2,1% 11,9% 12,1% ,0% 6,6% 5,7% 6,2% 2,1% 5,1% 3,5% 6,2%

No 97,9% 88,1% 87,9% 100,0% 93,4% 94,3% 93,8% 97,9% 94,9% 96,5% 93,8%

IstruzioneSi 3,6% 7,1% 4,7% ,0% 4,1% 3,7% 1,5% ,0% ,5% ,0% 2,6%

No 96,4% 92,9% 95,3% 100,0% 95,9% 96,3% 98,5% 100,0% 99,5% 100,0% 97,4%

Cultura, sport, ricreazione

Si 3,6% 4,8% 4,7% ,0% 7,3% 7,3% 1,0% ,0% 2,6% 3,5% 4,6%

No 96,4% 95,2% 95,3% 100,0% 92,7% 92,7% 99,0% 100,0% 97,4% 96,5% 95,4%

Tutela dei dirittiSi 1,0% ,0% ,0% ,0% 1,2% ,0% ,0% 4,3% 1,7% ,0% ,9%

No 99,0% 100,0% 100,0% 100,0% 98,8% 100,0% 100,0% 95,7% 98,3% 100,0% 99,1%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

4. A chi si è rivolto e chi le ha erogato il servizio, o lo sta erogando attualmente?

Stato civile del capofamiglia

TotaleMonogenitore

<65 anniSingle

<65 anniCoppie con figli

<65 anniCoppie senza figli

<65 anniPersone sole/famiglie

>=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma

Soggetto pubblico 52,9% 68,2% 41,7% 66,7% 50,7% 50,0% 75,8% 87,5% 60,4% 60,0% 54,6%

Soggetto privato 30,9% 13,6% 16,7% 33,3% 37,0% 35,2% 21,2% 12,5% 27,0% 23,3% 29,0%

Soggetto privato convenzionato

16,2% 18,2% 41,7% ,0% 12,3% 14,8% 3,0% ,0% 12,6% 16,7% 16,4%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

Page 228: della provincia di Roma nel territorio dei servizi del ... Enzo Alfredo Becchetti ha curato i capitoli: 1, 3 ... Questo rapporto presenta i risultati di una serie di ricerche realizzate

La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

228Cam

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a4a. (Se alla domanda 4 hanno risposto 2 o 3) Nel dettaglio, si tratta... ?

Stato civile del capofamiglia

TotaleMonogenitore

<65 anniSingle

<65 anniCoppie con figli

<65 anniCoppie senza figli

<65 anniPersone sole/famiglie

>=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma

Cooperativa 9,4% ,0% 14,3% ,0% 9,5% 4,5% ,0% ,0% 17,5% 25,0% 11,3%

Associazione nazionale 6,3% 28,6% 9,5% ,0% 8,1% 13,6% ,0% ,0% 17,5% 8,3% 10,6%

Associazione locale 59,4% 57,1% 57,1% ,0% 56,8% 56,8% 25,0% 100,0% 41,3% 66,7% 52,9%

Fondazione ,0% ,0% 9,5% ,0% 5,4% 6,8% 12,5% ,0% 3,2% ,0% 5,4%

Altro 25,0% 14,3% 9,5% 100,0% 20,3% 18,2% 62,5% ,0% 20,6% ,0% 19,8%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

5. In che modo ha contattato coloro che le hanno materialmente erogato il ser-vizio di cui ha usufruito, o del quale sta usufruendo attualmente?

Stato civile del capofamiglia

Totale

Monogenitore <65 anni

Single <65 anni

Coppie con figli <65 anni

Coppie senza figli <65 anni

Persone sole/famiglie >=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma

Cercando direttamente informandomi in giro 36,8% 31,8% 55,6% 33,3% 50,0% 42,0% 51,5% 37,5% 50,3% 46,7% 48,5%

Sono loro che hanno trovato me, il mio caso gli è stato indicato

5,9% 9,1% 11,1% ,0% 2,7% ,0% ,0% ,0% 5,0% ,0% 4,1%

Mi sono stati inviati espressamente dal servizio pubblico

4,4% 9,1% 5,6% ,0% 13,3% 11,4% 13,6% 12,5% 11,3% 3,3% 10,4%

Attraverso amici/conoscenti 41,2% 27,3% 8,3% 66,7% 20,3% 20,5% 21,2% 12,5% 20,8% 6,7% 20,3%

Media ,0% ,0% 8,3% ,0% 2,7% 4,5% ,0% ,0% ,0% 6,7% 2,7%

Medico di base/specialista 11,8% 22,7% 11,1% ,0% 7,0% 18,2% 10,6% 37,5% 11,3% 26,7% 11,5%

Servizi scolastici ,0% ,0% ,0% ,0% 1,0% 2,3% 3,0% ,0% 1,3% 6,7% 1,3%

Parrocchia ,0% ,0% ,0% ,0% 3,0% 1,1% ,0% ,0% ,0% 3,3% 1,2%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

6. Oltre al soggetto del quale poi si è materialmente servito, o del quale si sta servendo attualmente, aveva considerato in fase di scelta anche altri soggetti di cui avrebbe potuto servirsi?

Stato civile del capofamiglia

TotaleMonogenitore

<65 anniSingle

<65 anniCoppie con figli

<65 anniCoppie senza figli

<65 anniPersone sole/famiglie

>=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma

Si 19,1% 9,1% 19,4% 33,3% 20,0% 14,8% 15,2% ,0% 18,9% 6,7% 18,0%

No 80,9% 90,9% 80,6% 66,7% 80,0% 85,2% 84,8% 100,0% 81,1% 93,3% 82,0%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

6a. (Se sì) Come mai non li avete considerati?

Stato civile del capofamiglia

TotaleMonogenitore

<65 anniSingle

<65 anniCoppie con figli

<65 anni

Coppie senza figli <65 anni

Persone sole/famiglie >=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Roma Fuori Roma

Costi elevati ,0% ,0% 71,4% ,0% 20,0% 53,8% 40,0% 16,7% 100,0% 29,8%

Tempi troppi lunghi 30,8% ,0% 28,6% ,0% 38,3% 7,7% 20,0% 46,7% ,0% 33,0%

Servizio più scarso 53,8% ,0% ,0% 100,0% 15,0% 38,5% 30,0% 10,0% ,0% 18,5%

Non corrispondeva alle esigenze ,0% 100,0% ,0% ,0% 6,7% ,0% ,0% 10,0% ,0% 5,9%

Non ispiravano fiducia ,0% ,0% ,0% ,0% 10,0% ,0% ,0% 6,7% ,0% 5,2%

Distanti dall’abitazione 15,4% ,0% ,0% ,0% 10,0% ,0% 10,0% 10,0% ,0% 7,6%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

Page 229: della provincia di Roma nel territorio dei servizi del ... Enzo Alfredo Becchetti ha curato i capitoli: 1, 3 ... Questo rapporto presenta i risultati di una serie di ricerche realizzate

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Tabelle a doppia entrata indagine campionaria sulle famiglie

7. Quali sono state le principali difficoltà incontrate in sede di fruizione del servizio?

Stato civile del capofamiglia

TotaleMonogenitore

<65 anniSingle

<65 anniCoppie con figli

<65 anniCoppie senza figli

<65 anniPersone sole/famiglie

>=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma

Costi elevati 11,8% ,0% ,0% ,0% 5,7% 3,4% ,0% ,0% 7,5% 10,0% 5,1%

Nessuna difficoltà 30,9% 18,2% 50,0% 33,3% 39,7% 38,6% 27,3% 37,5% 42,1% 36,7% 39,4%

Tempi troppo lunghi 13,2% ,0% ,0% 33,3% 6,0% 1,1% 9,1% 25,0% 8,8% 3,3% 6,2%

Burocrazia 2,9% ,0% ,0% ,0% 2,0% 4,5% ,0% ,0% 5,7% ,0% 2,5%

Servizio poco efficiente 7,4% 27,3% 8,3% ,0% 12,0% 9,1% 12,1% 25,0% 7,5% 3,3% 9,9%

Scarsa assistenza 2,9% ,0% 5,6% ,0% 2,7% ,0% 3,0% ,0% ,0% ,0% 2,0%

Spostamenti ,0% ,0% ,0% ,0% 4,3% 10,2% 3,0% ,0% 5,7% 3,3% 4,0%

Non esprime opinione 30,9% 54,5% 36,1% 33,3% 27,7% 33,0% 45,5% 12,5% 22,6% 43,3% 30,8%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

8. In generale, quanto si ritiene soddisfatto della soluzione adottata, ovvero del servizio fruito?

Stato civile del capofamiglia

TotaleMonogenitore

<65 anniSingle

<65 anniCoppie con figli

<65 anniCoppie senza figli

<65 anniPersone sole/famiglie

>=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma

Molto 41,2% 36,4% 30,6% 33,3% 23,0% 26,1% 33,3% 12,5% 24,5% 13,3% 26,5%

Abbastanza 27,9% 9,1% 30,6% ,0% 47,3% 37,5% 24,2% 25,0% 37,7% 56,7% 37,9%

Mediamente 20,6% 31,8% 19,4% 66,7% 16,7% 21,6% 21,2% ,0% 20,1% 6,7% 19,2%

Poco 5,9% 13,6% 5,6% ,0% 10,0% 6,8% 18,2% 62,5% 10,7% 10,0% 9,9%

Per nulla 4,4% 9,1% 13,9% ,0% 3,0% 8,0% 3,0% ,0% 6,9% 13,3% 6,4%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

9. Oggi, dopo aver sperimentato concretamente il servizio ricevuto, ripeterebbe la stessa scelta?

Stato civile del capofamiglia

TotaleMonogenitore

<65 anniSingle

<65 anniCoppie con figli

<65 anniCoppie senza figli

<65 anniPersone sole/famiglie

>=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma

Certamente sì 41,2% 27,3% 41,7% 33,3% 41,7% 40,9% 34,8% 37,5% 36,5% 40,0% 39,4%

Probabilmente sì 29,4% 36,4% 25,0% 33,3% 41,3% 39,8% 37,9% 37,5% 42,1% 26,7% 37,2%

Certamente no 22,1% 27,3% 33,3% ,0% 9,3% 12,5% 18,2% 25,0% 17,6% 23,3% 17,2%

Senza opinione 7,4% 9,1% ,0% 33,3% 7,7% 6,8% 9,1% ,0% 3,8% 10,0% 6,1%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

10. Raccomanderebbe la stessa soluzione ad un’altra persona con una situazione o con un problema analogo al suo?

Stato civile del capofamiglia

TotaleMonogenitore

<65 anniSingle

<65 anniCoppie con figli

<65 anniCoppie senza figli

<65 anniPersone sole/famiglie

>=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma

Certamente sì 36,8% 36,4% 30,6% 33,3% 37,3% 44,3% 22,7% 12,5% 30,8% 33,3% 34,2%

Probabilmente sì 33,8% 40,9% 47,2% 33,3% 37,0% 37,5% 43,9% 25,0% 44,0% 40,0% 40,3%

Certamente no 23,5% 22,7% 22,2% ,0% 12,0% 8,0% 12,1% 62,5% 16,4% 13,3% 15,3%

Senza opinione 5,9% ,0% ,0% 33,3% 13,7% 10,2% 21,2% ,0% 8,8% 13,3% 10,2%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

Page 230: della provincia di Roma nel territorio dei servizi del ... Enzo Alfredo Becchetti ha curato i capitoli: 1, 3 ... Questo rapporto presenta i risultati di una serie di ricerche realizzate

La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

230Cam

era

di C

omm

erci

o di

Rom

a11. (Solo a coloro che hanno utilizzato un soggetto privato o privato convenzio-

nato) Sempre con riferimento al servizio del quale ha usufruito o del quale sta usufruendo attualmente, quanta importanza attribuisce ai seguenti aspet-ti inerenti il personale?

Stato civile del capofamiglia

TotaleMonogenitore

<65 anniSingle

<65 anniCoppie con figli

<65 anniCoppie senza figli

<65 anniPersone sole/

famiglie >=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma

Cortesia Livello importanza

Molto 59,4% 85,7% 90,5% ,0% 58,1% 63,6% 68,8% ,0% 47,6% 50,0% 62,3%

Abbastanza 21,9% ,0% 9,5% ,0% 20,3% 22,7% ,0% 100,0% 28,6% 41,7% 20,1%

Mediamente 12,5% ,0% ,0% 100,0% 10,1% 13,6% 25,0% ,0% 4,8% ,0% 8,6%

Poco ,0% 14,3% ,0% ,0% 7,4% ,0% 6,3% ,0% 12,7% 8,3% 5,9%

Per nulla 6,3% ,0% ,0% ,0% 4,1% ,0% ,0% ,0% 6,3% ,0% 3,1%

Precisione e accuratezza Livello importanza

Molto 65,6% 85,7% 61,9% 100,0% 50,7% 65,9% 56,3% ,0% 30,2% 33,3% 51,7%

Abbastanza 28,1% 14,3% 28,6% ,0% 25,7% 29,5% 37,5% 100,0% 52,4% 58,3% 33,4%

Mediamente ,0% ,0% 9,5% ,0% 19,6% 4,5% 6,3% ,0% 3,2% ,0% 10,0%

Poco 6,3% ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% 11,1% 8,3% 2,9%

Per nulla ,0% ,0% ,0% ,0% 4,1% ,0% ,0% ,0% 3,2% ,0% 2,1%

Velocità nel rispondere alle richieste di assistenza Livello importanza

Molto 43,8% 57,1% 71,4% ,0% 53,4% 50,0% 56,3% 100,0% 42,9% 16,7% 52,0%

Abbastanza 34,4% 28,6% 14,3% 100,0% 29,1% 38,6% 37,5% ,0% 33,3% 66,7% 30,9%

Mediamente 15,6% 14,3% 14,3% ,0% 10,8% 9,1% 6,3% ,0% 9,5% 8,3% 11,0%

Poco ,0% ,0% ,0% ,0% 4,1% 2,3% ,0% ,0% 14,3% 8,3% 4,8%

Per nulla 6,3% ,0% ,0% ,0% 2,7% ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% 1,4%

Velocità di fase di attuazione delle soluzioni Livello importanza

Molto 53,1% 28,6% 76,2% ,0% 51,4% 38,6% 62,5% 100,0% 42,9% 8,3% 51,0%

Abbastanza 28,1% 42,9% 14,3% 100,0% 26,4% 50,0% 25,0% ,0% 39,7% 83,3% 32,3%

Mediamente 6,3% 28,6% 9,5% ,0% 16,9% 9,1% 12,5% ,0% 3,2% ,0% 10,6%

Poco ,0% ,0% ,0% ,0% 4,1% 2,3% ,0% ,0% 14,3% ,0% 4,5%

Per nulla 12,5% ,0% ,0% ,0% 1,4% ,0% ,0% ,0% ,0% 8,3% 1,7%

Riservatezza Livello importanza

Molto 40,6% 71,4% 76,2% ,0% 43,9% 45,5% 18,8% ,0% 44,4% 41,7% 48,6%

Abbastanza 46,9% ,0% 23,8% 100,0% 37,8% 40,9% 50,0% 100,0% 30,2% 50,0% 35,8%

Mediamente 6,3% 28,6% ,0% ,0% 11,5% 13,6% 31,3% ,0% 22,2% 8,3% 12,1%

Poco 6,3% ,0% ,0% ,0% 2,7% ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% 1,4%

Per nulla ,0% ,0% ,0% ,0% 4,1% ,0% ,0% ,0% 3,2% ,0% 2,1%

Capacità di fornire risposte esaurienti Livello importanza

Molto 62,5% 85,7% 47,6% ,0% 43,2% 52,3% 31,3% ,0% 55,6% 25,0% 47,8%

Abbastanza 21,9% 14,3% 38,1% 100,0% 39,9% 36,4% 62,5% 100,0% 22,2% 58,3% 36,3%

Mediamente 9,4% ,0% 14,3% ,0% 12,8% 9,1% 6,3% ,0% 14,3% ,0% 11,7%

Poco 6,3% ,0% ,0% ,0% 4,1% ,0% ,0% ,0% 4,8% 8,3% 3,1%

Per nulla ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% 2,3% ,0% ,0% 3,2% 8,3% 1,2%

Capacità di fornire risposte in modo semplice e chiaro Livello importanza

Molto 50,0% 57,1% 85,7% ,0% 50,0% 38,6% 25,0% ,0% 42,9% 25,0% 51,5%

Abbastanza 31,3% 42,9% 14,3% 100,0% 35,1% 50,0% 62,5% 100,0% 31,7% 50,0% 34,4%

Mediamente 12,5% ,0% ,0% ,0% 10,1% 9,1% 12,5% ,0% 19,0% 16,7% 10,2%

Poco 6,3% ,0% ,0% ,0% 3,4% ,0% ,0% ,0% 6,3% 8,3% 3,2%

Per nulla ,0% ,0% ,0% ,0% 1,4% 2,3% ,0% ,0% ,0% ,0% ,7%

Professionalità e competenza (capacità di saper consigliare le scelte più idonee) Livello importanza

Molto 53,1% 100,0% 85,7% 100,0% 56,1% 61,4% 81,3% 100,0% 66,7% 66,7% 66,2%

Abbastanza 25,0% ,0% 4,8% ,0% 28,4% 34,1% 18,8% ,0% 17,5% 25,0% 21,3%

Mediamente 12,5% ,0% 9,5% ,0% 11,5% 4,5% ,0% ,0% 1,6% ,0% 7,4%

Poco 3,1% ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% 6,3% 8,3% 1,8%

Per nulla 6,3% ,0% ,0% ,0% 4,1% ,0% ,0% ,0% 7,9% ,0% 3,4%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

Page 231: della provincia di Roma nel territorio dei servizi del ... Enzo Alfredo Becchetti ha curato i capitoli: 1, 3 ... Questo rapporto presenta i risultati di una serie di ricerche realizzate

231 Alle

gati

Tabelle a doppia entrata indagine campionaria sulle famiglie

11. (Solo a coloro che hanno utilizzato un soggetto privato o privato convenzio-nato) Sempre con riferimento al servizio del quale ha usufruito o del quale sta usufruendo attualmente, quanto si dichiara soddisfatto in merito ai se-guenti aspetti inerenti il personale?

Stato civile del capofamiglia

TotaleMonogenitore

<65 anniSingle

<65 anniCoppie con figli

<65 anniCoppie senza figli

<65 anniPersone sole/

famiglie >=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma

Cortesia Livello soddisfazione

Molto 50,0% 57,1% 47,6% ,0% 36,5% 54,5% 37,5% ,0% 41,3% 16,7% 41,5%

Abbastanza 31,3% 14,3% 23,8% ,0% 31,8% 34,1% 56,3% ,0% 27,0% 58,3% 30,9%

Mediamente ,0% 28,6% 28,6% 100,0% 21,6% 9,1% ,0% 100,0% 28,6% ,0% 20,7%

Poco 6,3% ,0% ,0% ,0% 8,1% ,0% 6,3% ,0% ,0% ,0% 3,5%

Per nulla 12,5% ,0% ,0% ,0% 2,0% 2,3% ,0% ,0% 3,2% 25,0% 3,4%

Precisione accuratezza Livello soddisfazione

Molto 40,6% 57,1% 61,9% ,0% 27,0% 63,6% 62,5% ,0% 36,5% 25,0% 41,2%

Abbastanza 34,4% 14,3% 14,3% 100,0% 37,2% 31,8% 18,8% ,0% 36,5% 50,0% 32,1%

Mediamente 6,3% 28,6% 9,5% ,0% 23,0% 2,3% 12,5% ,0% 22,2% ,0% 15,7%

Poco 12,5% ,0% 14,3% ,0% 11,5% 2,3% ,0% 100,0% 1,6% ,0% 8,2%

Per nulla 6,3% ,0% ,0% ,0% 1,4% ,0% 6,3% ,0% 3,2% 25,0% 2,7%

Velocità nel rispondere alle richieste di assistenza Livello soddisfazione

Molto 34,4% 28,6% 19,0% ,0% 28,4% 31,8% 50,0% ,0% 39,7% 41,7% 30,7%

Abbastanza 43,8% 42,9% 47,6% 100,0% 43,2% 45,5% 31,3% ,0% 25,4% 33,3% 40,4%

Mediamente 9,4% 28,6% 19,0% ,0% 17,6% 20,5% 18,8% ,0% 15,9% ,0% 16,6%

Poco ,0% ,0% ,0% ,0% 9,5% 2,3% ,0% ,0% 17,5% ,0% 7,0%

Per nulla 12,5% ,0% 14,3% ,0% 1,4% ,0% ,0% 100,0% 1,6% 25,0% 5,3%

Velocità di fase di attuazione delle soluzioni Livello soddisfazione

Molto 40,6% 28,6% 28,6% 100,0% 23,0% 38,6% 50,0% ,0% 39,7% 50,0% 32,7%

Abbastanza 40,6% 14,3% 42,9% ,0% 41,9% 47,7% 25,0% ,0% 34,9% 25,0% 39,1%

Mediamente ,0% 28,6% 14,3% ,0% 25,7% 6,8% 18,8% ,0% 19,0% ,0% 17,2%

Poco 6,3% 28,6% ,0% ,0% 9,5% 2,3% 6,3% 100,0% 4,8% ,0% 5,8%

Per nulla 12,5% ,0% 14,3% ,0% ,0% 4,5% ,0% ,0% 1,6% 25,0% 5,1%

Riservatezza Livello soddisfazione

Molto 28,1% 42,9% 71,4% 100,0% 31,8% 36,4% 43,8% ,0% 50,8% 16,7% 43,2%

Abbastanza 43,8% 28,6% 9,5% ,0% 37,8% 45,5% 43,8% ,0% 14,3% 50,0% 29,6%

Mediamente 21,9% 28,6% 4,8% ,0% 23,6% 15,9% 12,5% 100,0% 31,7% 16,7% 20,3%

Poco 6,3% ,0% 14,3% ,0% 5,4% 2,3% ,0% ,0% ,0% 16,7% 5,7%

Per nulla ,0% ,0% ,0% ,0% 1,4% ,0% ,0% ,0% 3,2% ,0% 1,1%

Capacità di fornire risposte esaurienti Livello soddisfazione

Molto 34,4% 57,1% 9,5% ,0% 29,7% 29,5% 18,8% ,0% 41,3% 16,7% 27,9%

Abbastanza 43,8% 14,3% 33,3% 100,0% 36,5% 61,4% 37,5% ,0% 36,5% 25,0% 38,8%

Mediamente 9,4% 28,6% 33,3% ,0% 20,9% 6,8% 37,5% ,0% 17,5% 33,3% 21,1%

Poco 12,5% ,0% 9,5% ,0% 10,8% 2,3% ,0% 100,0% 4,8% ,0% 7,8%

Per nulla ,0% ,0% 14,3% ,0% 2,0% ,0% 6,3% ,0% ,0% 25,0% 4,4%

Capacità di fornire risposte in modo semplice e chiaro Livello soddisfazione

Molto 28,1% 28,6% 19,0% 100,0% 27,7% 45,5% 31,3% ,0% 36,5% 8,3% 29,8%

Abbastanza 37,5% 14,3% 28,6% ,0% 39,2% 52,3% 50,0% ,0% 27,0% 41,7% 35,9%

Mediamente 15,6% 57,1% 28,6% ,0% 19,6% ,0% 12,5% ,0% 33,3% 25,0% 21,8%

Poco 18,8% ,0% 9,5% ,0% 11,5% 2,3% 6,3% 100,0% 3,2% ,0% 8,4%

Per nulla ,0% ,0% 14,3% ,0% 2,0% ,0% ,0% ,0% ,0% 25,0% 4,2%

Professionalità e competenza (capacità di saper consigliare le scelte più idonee) Livello soddisfazione

Molto 31,3% 57,1% 57,1% ,0% 35,8% 54,5% 75,0% ,0% 36,5% 58,3% 43,6%

Abbastanza 46,9% 14,3% 19,0% ,0% 39,9% 31,8% 12,5% ,0% 44,4% 8,3% 33,8%

Mediamente ,0% ,0% 9,5% 100,0% 16,9% 11,4% 6,3% ,0% 6,3% 8,3% 11,5%

Poco 9,4% 28,6% ,0% ,0% 5,4% 2,3% ,0% 100,0% 6,3% ,0% 4,7%

Per nulla 12,5% ,0% 14,3% ,0% 2,0% ,0% 6,3% ,0% 6,3% 25,0% 6,5%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

Page 232: della provincia di Roma nel territorio dei servizi del ... Enzo Alfredo Becchetti ha curato i capitoli: 1, 3 ... Questo rapporto presenta i risultati di una serie di ricerche realizzate

La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

232Cam

era

di C

omm

erci

o di

Rom

a12. (Solo a coloro che hanno utilizzato un soggetto privato o privato convenzio-

nato) Sempre con riferimento al servizio del quale ha usufruito o del quale sta usufruendo attualmente, quanta importanza attribuisce ai seguenti aspet-ti inerenti le comunicazioni ricevute?

Stato civile del capofamiglia

TotaleMonogenitore

<65 anniSingle

<65 anniCoppie con figli

<65 anniCoppie senza figli

<65 anniPersone sole/

famiglie >=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma

Chiarezza delle comunicazioni ricevute Livello importanza

Molto 59,4% 57,1% 38,1% ,0% 55,4% 45,5% 37,5% 100,0% 52,4% 25,0% 48,9%

Abbastanza 28,1% 42,9% 42,9% 100,0% 31,8% 50,0% 31,3% ,0% 33,3% 50,0% 37,0%

Mediamente 6,3% ,0% 9,5% ,0% 9,5% 4,5% 31,3% ,0% 3,2% 16,7% 8,3%

Poco 6,3% ,0% 9,5% ,0% 3,4% ,0% ,0% ,0% 11,1% 8,3% 5,8%

Tempestività delle comunicazioni ricevute Livello importanza

Molto 53,1% 57,1% 38,1% ,0% 37,8% 25,0% 62,5% ,0% 47,6% 25,0% 39,8%

Abbastanza 40,6% 42,9% 38,1% ,0% 43,9% 65,9% 31,3% 100,0% 36,5% 41,7% 42,8%

Mediamente ,0% ,0% 14,3% 100,0% 16,9% 9,1% 6,3% ,0% 11,1% 33,3% 13,9%

Poco 6,3% ,0% 9,5% ,0% 1,4% ,0% ,0% ,0% 1,6% ,0% 2,9%

Per nulla ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% 3,2% ,0% ,6%

Adeguata disponibilità di materiale informativo Livello importanza

Molto 50,0% 100,0% 28,6% ,0% 31,8% 11,4% 43,8% ,0% 34,9% 16,7% 31,5%

Abbastanza 43,8% ,0% 38,1% ,0% 52,0% 72,7% 43,8% 100,0% 47,6% 75,0% 49,8%

Mediamente ,0% ,0% 23,8% 100,0% 12,8% 11,4% 12,5% ,0% 6,3% ,0% 12,5%

Poco 6,3% ,0% 9,5% ,0% 3,4% 4,5% ,0% ,0% 1,6% 8,3% 4,4%

Per nulla ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% 9,5% ,0% 1,8%

Chiarezza del materiale informativo Livello importanza

Molto 59,4% 57,1% 33,3% ,0% 27,0% 18,2% 18,8% ,0% 47,6% 16,7% 32,9%

Abbastanza 25,0% 28,6% 42,9% 100,0% 52,7% 70,5% 56,3% ,0% 22,2% 66,7% 45,6%

Mediamente 9,4% 14,3% 23,8% ,0% 15,5% 11,4% 25,0% 100,0% 20,6% 8,3% 17,2%

Poco 6,3% ,0% ,0% ,0% 4,1% ,0% ,0% ,0% ,0% 8,3% 2,2%

Per nulla ,0% ,0% ,0% ,0% ,7% ,0% ,0% ,0% 9,5% ,0% 2,1%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

12. (Solo a coloro che hanno utilizzato un soggetto privato o privato convenzio-nato) Sempre con riferimento al servizio del quale ha usufruito o del quale sta usufruendo attualmente, quanto si dichiara soddisfatto in merito ai se-guenti aspetti inerenti le comunicazioni ricevute?

Stato civile del capofamiglia

TotaleMonogenitore

<65 anniSingle

<65 anniCoppie con figli

<65 anniCoppie senza figli

<65 anniPersone sole/

famiglie >=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma

Chiarezza delle comunicazioni ricevute Livello importanza

Molto 31,3% 28,6% 23,8% ,0% 22,3% 15,9% 31,3% ,0% 34,9% 8,3% 24,6%

Abbastanza 18,8% 28,6% 47,6% 100,0% 42,6% 68,2% 31,3% ,0% 34,9% 33,3% 42,5%

Mediamente 37,5% 42,9% 4,8% ,0% 21,6% 13,6% 31,3% ,0% 19,0% 33,3% 19,3%

Poco ,0% ,0% 9,5% ,0% 10,8% 2,3% 6,3% ,0% 11,1% 8,3% 8,5%

Per nulla 12,5% ,0% 14,3% ,0% 2,7% ,0% ,0% 100,0% ,0% 16,7% 5,2%

Tempestività delle comunicazioni ricevute Livello importanza

Molto 21,9% 57,1% 28,6% 100,0% 16,2% 9,1% 31,3% ,0% 27,0% 8,3% 21,7%

Abbastanza 50,0% 42,9% 47,6% ,0% 52,0% 61,4% 25,0% ,0% 44,4% 25,0% 48,0%

Mediamente 15,6% ,0% ,0% ,0% 22,3% 22,7% 37,5% ,0% 20,6% 41,7% 18,3%

Poco 6,3% ,0% 9,5% ,0% 4,7% ,0% 6,3% 100,0% 7,9% 8,3% 6,1%

Per nulla 6,3% ,0% 14,3% ,0% 4,7% 6,8% ,0% ,0% ,0% 16,7% 6,0%

Adeguata disponibilità di materiale informativo Livello importanza

Molto 21,9% 28,6% 19,0% ,0% 13,5% 4,5% 37,5% ,0% 22,2% 16,7% 16,9%

Abbastanza 37,5% 42,9% 33,3% ,0% 45,3% 54,5% 31,3% ,0% 36,5% 50,0% 41,1%

Mediamente 28,1% ,0% 33,3% 100,0% 27,7% 34,1% 25,0% ,0% 17,5% 8,3% 26,7%

Poco 6,3% ,0% ,0% ,0% 6,1% 2,3% 6,3% 100,0% 11,1% 8,3% 5,7%

Per nulla 6,3% 28,6% 14,3% ,0% 7,4% 4,5% ,0% ,0% 12,7% 16,7% 9,6%

Chiarezza del materiale informativo Livello importanza

Molto 31,3% 57,1% 19,0% ,0% 24,3% 29,5% 31,3% ,0% 34,9% 25,0% 27,0%

Abbastanza 18,8% 14,3% 38,1% 100,0% 45,9% 50,0% 43,8% ,0% 23,8% 50,0% 38,7%

Mediamente 43,8% ,0% 28,6% ,0% 20,3% 13,6% 18,8% ,0% 28,6% ,0% 23,0%

Poco ,0% ,0% ,0% ,0% 4,7% 2,3% 6,3% ,0% ,0% 8,3% 2,5%

Per nulla 6,3% 28,6% 14,3% ,0% 4,7% 4,5% ,0% 100,0% 12,7% 16,7% 8,9%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

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233 Alle

gati

Tabelle a doppia entrata indagine campionaria sulle famiglie

13. Per usufruire del servizio ha dovuto sostenere, o sta sostenendo, un costo?

Stato civile del capofamiglia

TotaleMonogenitore

<65 anniSingle

<65 anniCoppie con figli

<65 anniCoppie senza figli

<65 anniPersone sole/famiglie

>=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma

Si 61,8% 81,8% 41,7% 33,3% 63,7% 64,8% 62,1% 25,0% 64,2% 56,7% 60,1%

No 38,2% 18,2% 58,3% 66,7% 36,3% 35,2% 37,9% 75,0% 35,8% 43,3% 39,9%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

14. (Solo per coloro che stanno sostenendo un costo) Tale costo è..?Stato civile del capofamiglia

TotaleMonogenitore

<65 anniSingle

<65 anniCoppie con figli

<65 anniCoppie senza figli

<65 anniPersone sole/famiglie

>=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma

Sostenuto direttamente dal fruitore del servizio 78,6% 55,6% 73,3% 100,0% 83,8% 87,7% 56,1% 100,0% 78,4% 94,1% 79,4%

Sostenuto da una assicurazione privata

,0% ,0% ,0% ,0% 2,6% ,0% 9,8% ,0% 3,9% ,0% 2,5%

Sostenuto dal servizio sanitario nazionale o da altro servizio

21,4% 44,4% 26,7% ,0% 13,6% 12,3% 26,8% ,0% 14,7% 5,9% 16,9%

Altro ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% ,0% 7,3% ,0% 2,9% ,0% 1,2%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

15. (Solo a coloro che hanno utilizzato un soggetto privato o privato convenzio-nato) Sempre con riferimento al servizio del quale ha usufruito o del quale sta usufruendo attualmente, quanto si dichiara soddisfatto in merito ai se-guenti aspetti della prestazione di cui ha usufruito?

Stato civile del capofamiglia

TotaleMonogenitore

<65 anniSingle

<65 anniCoppie con figli

<65 anniCoppie senza figli

<65 anniPersone sole/famiglie

>=65 anni

Territorio Territorio Territorio Territorio Territorio

Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma Roma Fuori Roma

Livello di efficacia del servizio

Molto 34,4% 57,1% 57,1% ,0% 22,3% 47,7% 56,3% ,0% 39,7% 16,7% 36,7%

Abbastanza 50,0% 14,3% 4,8% ,0% 47,3% 40,9% 25,0% ,0% 38,1% 41,7% 35,5%

Mediamente 9,4% 28,6% 14,3% 100,0% 22,3% 9,1% 18,8% ,0% 11,1% 16,7% 16,8%

Poco ,0% ,0% ,0% ,0% 8,1% ,0% ,0% 100,0% 9,5% 8,3% 5,3%

Per nulla 6,3% ,0% 23,8% ,0% ,0% 2,3% ,0% ,0% 1,6% 16,7% 5,8%

Tempestività del servizio

Molto 15,6% 42,9% 61,9% ,0% 27,7% 34,1% 50,0% ,0% 34,9% 33,3% 35,9%

Abbastanza 68,8% 28,6% 14,3% 100,0% 42,6% 54,5% 43,8% ,0% 28,6% 25,0% 37,5%

Mediamente 9,4% 28,6% ,0% ,0% 25,0% 9,1% 6,3% 100,0% 34,9% 16,7% 18,8%

Poco 6,3% ,0% ,0% ,0% 4,7% ,0% ,0% ,0% 1,6% ,0% 2,4%

Per nulla ,0% ,0% 23,8% ,0% ,0% 2,3% ,0% ,0% ,0% 25,0% 5,4%

Costo del servizio

Molto 43,8% 14,3% 38,1% ,0% 18,2% 11,4% 12,5% ,0% 27,0% 25,0% 24,3%

Abbastanza 34,4% 28,6% 14,3% 100,0% 33,8% 34,1% 50,0% ,0% 34,9% 8,3% 30,7%

Mediamente 21,9% 57,1% 14,3% ,0% 33,8% 38,6% 31,3% ,0% 20,6% 25,0% 27,1%

Poco ,0% ,0% ,0% ,0% 6,8% 9,1% ,0% 100,0% 4,8% 16,7% 5,1%

Per nulla ,0% ,0% 33,3% ,0% 7,4% 6,8% 6,3% ,0% 12,7% 25,0% 12,9%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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235 Bibl

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

236Cam

era

di C

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237 Note

Note

1 Le caratteristiche delle indagini sono illustrate negli allegati, nel capitolo “nota metodologica”.

2 Computer assisted telephone interview.

3 L’indagine è stata effettuata tramite interviste telefoniche utilizzando un campione statisticamente significati-vo dell’universo di interesse. La missione della ricerca era quella di analizzare la struttura dell’offerta del Terzo settore nella provincia di Roma con riferimento a tutti i soggetti “non profit”, dall’assistenza sanitaria e para-sanitaria, ai servizi ricreativi, allo sport, ecc. Per conoscere l’offerta delle aziende del Terzo settore in tutte le sue sfaccettature sono state considerate le caratteristiche e i principali modelli organizzativi delle aziende “non profit”: segmentazione dei soggetti per settore di attività / classi di servizio; aspetti strutturali e organizzativi; aspetti di carattere finanziario; livello di organizzazione interna; l’analisi della rete di relazioni istituzionali e non-istituzionali. Le interviste sono state effettuate con il sistema CATI (Computer assisted telephone inter-view) nei mesi di maggio e giugno 2004, utilizzando un questionario strutturato, che è stato somministrato presso ciascun ente alla cosiddetta persona di riferimento, ossia a colui che per mansioni svolte o ruolo rico-perto si rivelava come la persona più indicata per sostenere il colloquio di intervista. Il campione realizzato è risultato formato da 403 soggetti. Il campione teorico era stato disegnato sulla base dell’universo delle organiz-zazioni “non profit” (8° Censimento dell’industria e dei servizi). L’universo è stato identificato facendo riferi-mento esclusivamente

a) a soggetti senza scopo di lucro (Per la definizione delle imprese “non profit” è stata adottata quella dell’Istat, che a sua volta fa riferimento ai criteri stabiliti dal “System of national account” (Sna 1993) e al Sistema europeo dei conti economici (Sec 1995): “enti giuridici e sociali creati allo scopo di produrre beni e servizi, il cui status non permette loro di essere fonte di reddito, profitto o altro guadagno per le unità che lo costituiscono, finanziano o controllano”. Si è posta attenzione inoltre alle forme giuridiche delle imprese “non profit”, che in Italia vengono definite dal Libro primo del Codice civile sulla base dell’assenza della finalità di lucro: associazioni riconosciute, fondazioni, associa-zioni non-riconosciute, comitati, cooperative sociali, altre forme diverse da quelle descritte. Le cooperative socia-li sono state incluse anche se costituite in forma di impresa e queste perché hanno comunque lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità e non il conseguimento del profitto);

b) a soggetti che erogano il servizio ad utenti finali nel territorio di interesse. (Non sono state considerate le orga-nizzazioni che sono risultate disporre nel territorio considerato esclusivamente della direzione generale o di una sede con funzioni di rappresentanza, ma non un ufficio operativo).

4 La rilevazione delle unità locali è una informazione aggiuntiva acquisita nell’ambito del censimento; esse in-fatti non erano state coinvolte nella precedente rilevazione sul settore condotta dall’Istat nel 1999.

5 È importante, tuttavia, sottolineare che il numero complessivo dei volontari potrebbe essere sovrastimato, in quanto una stessa persona può operare in più di un’istituzione censita.

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La domanda e l’offerta dei servizi del Terzo settore nel territorio della provincia di Roma

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Rom

a6 I dati relativi al periodo di costituzione delle istituzioni “non profit” sono riferiti all’anno 1999, in quanto tale

variabile nel 2001 non è stata rilevata.

7 Gli scopi e le attività delle istituzioni “non profit” possono essere orientati ai soli membri dell’organizzazione oppure al benessere collettivo. Nell’ambito della rilevazione censuaria condotta dall’Istat nel 1999, le istituzio-ni che svolgono le proprie attività nell’interesse dei soli soci sono definite mutualistiche, mentre le istituzioni orientate al benessere della collettività nel complesso, di particolari categorie sociali o, comunque, di soggetti esterni all’organizzazione sono state definite di pubblica utilità.

8 Le unità istituzionali sono state distinte tra unità market e non market a seconda che il rapporto fra la somma delle quote percentuali delle voci di entrata relative a contratti e convenzioni con istituzioni pubbliche e ricavi derivanti da vendita di beni e servizi e la somma delle quote percentuali delle voci relative ai costi di produzio-ne fosse o meno superiore al 50%.

9 Come spesso accade, nelle realtà minori i valori pro capite possono assumere valori particolarmente elevati. Tale fenomeno può essere peraltro enfatizzato dalle duplicazioni riguardanti le attività di volontariato.

10 La cluster analysis comprende un insieme di algoritmi ah hoc, che vengono impiegati nella esplorazione dei dati che sorgono dalla misura di un numero di caratteristiche per ciascun elemento di un’assortita collezione di individui o di oggetti. Scopo dell’esplorazione è quello di vedere se tale insieme può essere suddiviso in gruppi o “cluster” che, sulla base delle misurazioni compiute, possono considerarsi relativamente distinti o omogenei (A.E. Maxwell, Multivariate Analysis in Behavioural Research, 1977).

11 Computer aided telephone interview.

12 Si intendeva negli ultimi due anni.

13 I dati fanno riferimento alle percentuali di famiglie della provincia di Roma che considerano importanti aspet-ti come la riservatezza, la cortesia, la tempestività, la professionalità, la precisione e la facilità di comunicazione del personale delle strutture contattate e che hanno espresso un giudizio favorevole su ognuno dei macro temi individuati a riguardo. Le percentuali fanno riferimento, per quanto riguarda il tema “importanza degli aspetti riguardanti il personale” alle famiglie che hanno dichiarato di dare molta o abbastanza importanza o che co-munque considerano mediamente importanti i temi considerati. Analogamente, per quanto riguarda il tema “soddisfazione sui temi riguardanti il personale”, si fa riferimento alle famiglie che hanno espresso un giudizio positivo, quelle cioè che si sono dichiarate molto, abbastanza o mediamente soddisfatte del personale rispetto ai macro temi individuati in sede di somministrazione del questionario.

14 Si veda a questo riguardo la premessa nel capitolo precedente all’Indagine campionaria sulle famiglie residenti nel territorio della provincia di Roma.

15 Il questionario utilizzato per l’effettuazione delle interviste in profondità alle famiglie utilizzatrici dei servizi del Terzo settore era caratterizzato da una serie di filtri selettivi per identificare con certezza esclusivamente i nuclei famigliari di questo genere.

16 Si tratta della medesima segmentazione delle famiglie italiane adottata dall’Istat.

17 Nel polinomio non si tiene conto dell’eventuale accadere di eventi catastrofici, non-ponderabili (guerre, cata-strofi naturali, ecc.), ai quali difatti non è stato attribuito alcun peso.

18 Nel modello si utilizzano i tre seguenti indici di spesa: indice di spesa per servizi sanitari e spese per la salute (utilizzato per determinare i comportamenti di richiesta di servizi della Sanità e dell’Assistenza Sociale); indice di spesa per ricreazione, spettacoli e cultura (utilizzato per determinare i comportamenti di richiesta di servizi per lo Sport, Cultura, attività ricreative); indice di spesa per l’Istruzione (utilizzato per determinare i compor-tamenti di richiesta di servizi per l’Istruzione).

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239 Note

19 Secondo la definizione dell’ISAE, l’indice del clima di fiducia delle famiglie è l’indicatore che valuta l’ottimi-smo/pessimismo del consumatore sulla base della media di nove indicatori semplici ottenuti come saldi ponde-rati delle risposte inerenti “le situazioni economiche generale e personale (passate e future), la tendenza della disoccupazione, la possibilità e convenienza del risparmio, la valutazione del mercato dei beni durevoli, il bi-lancio finanziario della famiglia”. L’inchiesta viene condotta dall’ISAE su un campione di 2.000 intervistati tra i giorni 1 e 14 di ciascun mese.

20 Non essendo disponibile alcuna informazione al riguardo si è proceduto utilizzando l’ipotesi massima del 50% in termini di attribuzione del peso.

21 Il questionario di rilevazione è accluso negli allegati.

22 Computer assisted telephone interview

23 Il questionario di rilevazione è accluso negli allegati.

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Progetto grafico e impaginazione

Finito di stampare nel mese di ottobre 2006 per l’editore CCIAA di Roma

presso la tipografia Grafica Giorgetti Srl


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