+ All Categories
Home > Documents > DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

Date post: 25-Mar-2016
Category:
Upload: associazione-italiana-sommelier
View: 237 times
Download: 5 times
Share this document with a friend
Description:
Pubblicazione Ufficiale dell'Associazione Italiana Sommelier
94
DE Vinis PUBBLICAZIONE UFFICIALE DELL ’ASSOCIAZIONE ITALIANA SOMMELIERS z www.sommelier.it - [email protected] Anno XV - n. 84 - 3,50 - Poste Italiane s.p.a. Spedizione in abbonamento postal e - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/ 02/2004 - n. 46) art. 1, comma 1 , DCB Milano LA COMPETENZA, LA PROFESSIONALITÀ, LA CULTURA, IL PIACERE, I PROTAGONISTI DEL BERE BENE Novembre / Dicembre 2008
Transcript
Page 1: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

DEVinis

PUBBLICAZIONE UFFICIALE DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA SOMMELIERS z www.sommelier.it - [email protected]

Ann

o X

V -

n. 8

4 -

€3,

50 -

Poste

Ital

iane

s.p.

a. S

pedi

zion

e in

abb

onam

ento

pos

tale

- D

.L. 3

53/2

003

(con

v. in

L. 2

7/02

/200

4 - n

. 46)

art

. 1, c

omm

a 1,

DC

B M

ilano

LA COMPETENZA, LA PROFESSIONALITÀ,LA CUL TURA, IL PIACERE,

I PROTAGONISTI DEL BERE BENE

Novembre / Dicembre 2008

Copertina-DV84:Layout 1 3-11-2008 17:47 Pagina 1

Page 2: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

3

Ed

itori

ale

Ecosì siamo già in diritturad’arrivo: quello che sta perconcludersi è stato un anno

da incorniciare per la nostra asso-ciazione. Le iscrizioni continuano aregistrare costanti trend di crescita.E’ un fatto positivo che ci inorgo-glisce. Tuttavia mi preme sottolinea-re che il primo obiettivo dell’Ais nonè di incrementare il numero di som-melier associati, bensì di provvede-re all’innalzamento della loro pro-fessionalità. Dunque, qualità più chequantità. Una qualità confermatadalla vasta eco e dai riconoscimen-ti che ormai hanno tutte le nostremanifestazioni.

Parole come “serietà” e “merito”, tor-nate di moda in altri settori dopolunghi anni di oblio, fanno parte dasempre del lessico dell’Ais.La nostra didattica è esigente. Chisceglie i nostri corsi sa che richie-dono impegno e sacrificio, applica-zione costante e ferma volontà diriuscire. Non sono previsti sconti oscorciatoie. Perciò l’esito, una voltaraggiunto, è motivo di grande sod-disfazione e crea un forte senso diappartenenza e di unità.Una unità che è emersa anche nelcorso del 42.mo Congresso nazio-nale che si è svolto a Catania, unaunità conseguita non nel chiuso

degli uffici ma sul ter-ritorio, a contattodiretto con dirigen-ti e associati.

Dobbiamo proseguiresu questa strada, andan-

do a coinvolgere il pub-blico, facendogli cono-scere la nostra cultu-ra. Non una culturaelitaria, riservata apochi eletti, ma una

cultura popolare, cheaffonda le sue radici

nello straordinario patri-

monio dei mille campanili italiani.Cerchiamo pertanto di coinvolgerela gente continuando a essere divul-gatori colti, preparati, attenti e curio-si.E’ questo il senso dell’accordo checol numero di novembre-dicembreci ha portato in edicola col mensile“A Tavola”: allargare le cerchia deglienoappassionati, di coloro i quali nelbicchiere riescono a scoprire le calei-doscopiche sfaccettature di un ter-ritorio.Con questi programmi per il futuro,ai nostri associati e ai nuovi amiciche ci leggono con “A Tavola” vannogli auguri di Buon Natale e Felice2009.

2009, auguri

e buoni propositi di Terenzio Medri

03_Editoriale.qxd:Layout 1 30-10-2008 16:35 Pagina 3

Page 3: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

4

Anno XV novembre-dicembre 2008Associazione Italiana Sommeliers Editore

Direttore editoriale e responsabile | Terenzio Medri, [email protected] redazionale | Francesca Cantiani, [email protected] e impaginazione | Media 95, [email protected] la pubblicità | Roberto Pizzi, [email protected] tel. 02/72095574 – ICE Srl – Corso Garibaldi, 16 – 20121 Milano Traffico pubblicità | Emanuele Lavizzari, [email protected] - tel. +39 02/2846237

Redazione | Associazione Italiana Sommeliers Viale Monza 9 - 20125 Milano Tel. +39 02/2846237 - Fax +39 02/26112328 - [email protected]

Segreteria di redazione | Emanuele Lavizzari, [email protected]

Hanno collaborato | Francesca Cantiani, Luigi Caricato, Riccardo Castaldi, Elisa della Barba, Roberto Di Sanzo,Alessandro Franceschini, Fabrizio Franchi, Natalia Franchi, Salvatore Giannella, Ivana Guantiero, Emanuele Lavizzari,Maurizio Maestrelli, Angelo Matteucci, Davide Oltolini, Gianni Ottogalli, Laura Pacchioni, Renato Paglia, Roberto Piccinelli,Cesare Pillon, Paolo Pirovano, Rossella Romani, Alessandra Rotondi, Stefano Tura, Franco Ziliani, Renzo Zorzi.

Fotografie | AIS Friuli Venezia Giulia, Archivio AIS, Riccardo Castaldi, Alessandro Franceschini, Maurizio Maestrelli,Angelo Matteucci, Laura Pacchioni, Alessandra Rotondi, Urbano SintoniPer l’articolo a firma Alessandra Rotondi foto di Stefano SpadoniPer l’articolo a firma Elisa della Barba foto di Sean RochaPer l’articolo “La Ribolla Gialla, un vino attuale che viene dal passato” foto dell’Ais Friuli Venezia GiuliaPer l’articolo a firma Francesca Cantiani, “Il vino del farmacista”, foto di Mauro IcicliSi ringrazia- Gabriele Fasanaro per le foto del 42° Congresso Nazionale Ais- Giandomenico Pozzi per le foto “Parigi, Galeries La Fayette” (pag.17), particolare dell’angelo da “Madonna Sistina”,

Raffaello – Gemäldegalerie, Dresda (pag. 20), “Gold Frame” iStockphoto (pag. 31)- Francesca Fabbrica e la Cooperativa Atlantide per le foto della Rocca di Riolo (intervista impossibile a Caterina Sforza)La foto “Zodiac” (pag. 27) è di iStockphoto

Reg.Tribunale Milano n.678 del 30/11/2001

Associato USPI

Abbonamento annuo a 6 numeri | ITALIA € 20,00 ESTERO € 35,00Intestare ad “Associazione Italiana Sommeliers – viale Monza, 9 – 20125 Milano” specificando il motivo del versamentoda effettuarsi secondo una delle tre seguenti modalità:- pagamento tramite c/c postale 000058623208 - bonifico su Banco Posta, codice IBAN IT83K0760101600000058623208 (aggiungere per versamenti dall’estero codice

SWIFT BPPIITRRXXX)- bonifico bancario presso “Banca Intesa Sanpaolo, via Costa 1/A, Milano,

IBAN IT26H0306909442625008307992 (aggiungere per versamenti dall’estero codice SWIFT BCITIT22001)

Chiuso in redazione il 24-10-2008Stampa | Grafiche Parole Nuove Srl - Brugherio MilanoCopie di questo numero | 40.000

E’ possibile rinnovare l’iscrizione neiseguenti modi:

Internetbasta collegarsi al sitowww.sommelier.it, cliccare su “Rinnovi Online” e seguire le istruzioni per effettuare il pagamento tramite Carta di Credito (escluso Diners Card).

c/c postalen. 58623208 intestato ad“Associazione Italiana SommeliersViale Monza 9, 20125 Milano”,indicare nella causale “Quota associativa 2009”.

Bonifico presso Banco Postaintestato ad “Associazione ItalianaSommeliers” IBANIT83K0760101600000058623208(aggiungere per versamentidall’estero codice SWIFT BPPIITRRXXX).

Bonifico bancariopresso “Banca Intesa Sanpaolo, via Costa 1/A, Milano” intestato ad“Associazione Italiana Sommeliers”codice IBANIT26H0306909442625008307992(aggiungere per versamentidall’estero codice SWIFT BCITIT22001)

La quota associativa è di 80 euro e comprende l’abbonamento annuoalla rivista ufficiale AIS e alla GuidaDuemilavini edizione 2010.

Rinnovo quota associativa 2009

AIS

20

09

La competenza, la professionalità, la cultura, il piacere, i protagonisti del bere bene.

AIS Associazione Italiana SommeliersPresidente | Terenzio MedriVicepresidenti | Antonello Maietta, Rossella RomaniMembri della Giunta Esecutiva Nazionale | Terenzio Medri, Antonello Maietta, Roberto Gardini, LorenzoGiuliani, Vincenzo Ricciardi, Catia Soardi, Rossella Romani, Marco Aldegheri, Roberto Bellini.

04_gerenza.qxp:Layout 1 30-10-2008 17:21 Pagina 4

Page 4: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

Som

ma

rio

Novembre/Dicembre 2008

6 A Capodanno c’è solo l’imbarazzo della sceltaI LOCALI, I GUSTI, LE TENDENZE PER FESTEGGIARE DALLE ALPI ALLA SICILIA

10 Feste oltre frontieraIL NATALE, LE TRADIZIONI E I BRINDISI NELLE GRANDI CAPITALI MONDIALI

26 A tavola con le stelleLO ZODIACO ENOGASTRONOMICO PER IL 2009

30 Le interviste impossibili: Caterina SforzaVINO E CARDO, I SEGRETI DELLA BELLEZZA DELLA SIGNORA DI IMOLA E FORLÌ

36 L’identità del vino è il suo terroirNASCE LA FEDERAZIONE ITALIANA VIGNAIOLI INDIPENDENTI

44 Una grande unità alle pendici dell’Etna

All’interno

CATANIA HA OSPITATO IL 42.MO CONGRESSO NAZIONALE AIS

56 2004, l’annus mirabilis del BaroloUN’ANNATA FANTASTICA HA REGALATO VINI DA NON PERDERE

24 Fumenogastronomia DA NATALE A CAPODANNO TRA STILE E GUSTO

51 Mete del gusto ALESSANDRIA E IL SUO TERRITORIO

72 Olio QUANDO L’ASSAGGIO RENDE L’OLIO MIGLIORE

74 Birra MARTINO ZANETTI, TORREFATTORE E BIRRARIO

76 Distillati NELLA PATRIA DEL WHISKY

78 Acqua IMPARIAMO A DEGUSTARLA

80 Enopassione IL VINO DEL FARMACISTA

96 Sullo scaffale LE NOVITÀ EDITORIALI

98 Io non ci sto! NON SI CAMBIANO LE REGOLE A PARTITA IN CORSO!

05 sommario:Layout 1 3-11-2008 16:36 Pagina 5

Page 5: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

6

Ten

den

ze

Capodanno, il divertimento

è dietro l’angoloDA BOLZANO

A CATANIA: ECCO LA MAPPA

PER TRASCORRERE

IN MODO ORIGINALE

E INEDITO LE FESTE

NATALIZIE

06_09_Piccinelli Feste Natalizie.qxp:Layout 1 4-11-2008 8:47 Pagina 6

Page 6: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

7

Da quando l'azienda agricola Il Collaccio ha lanciato l’iniziativa"Vieni a fare il maiale a Capodanno?" i veglioni di San Silvestronon sono più gli stessi... Doppi sensi a parte, l’intenzione dello staff

era quella di insegnare a preparare un salame o un’intera fila di salsic-ce, dando poi ai partecipanti il piacere di portare a casa il frutto del lorostesso lavoro, in modo da potersene vantare con amici e parenti. Fatto stache l'idea di Raffaele Baldoni, votata ad organizzare corsi veloci di norci-neria con tanto di diploma finale, ha avuto il merito di far capire in modoinequivocabile che non solo di discoteche, alberghi e ristoranti era appan-naggio il dì di festa per antonomasia, il 31 dicembre. Ormai si può sce-gliere, fortunatamente.Agriturismi, rifugi alpini, beauty farm, musei, centri commerciali, pizze-rie e perfino stabilimenti balneari sono scesi in campo per la gioia degliincontentabili, che di una sola cosa non possono fare a meno, le bollici-ne. Spumante, Prosecco, Champagne o Cava che sia. Perché al rito dellostappo matto (vox popoli, no professional), incondizionato ed indiscrimi-nato non può e non vuole rinunciare nessuno. Al pari di lenticchie, mutan-de rosse e della scaramanzia più bieca. Fermo restando, che non ne voglia-mo sapere di mobili che volano dal quarto piano e razzi a misura d’uo-mo, vale la pena di passare in rassegna le nuove possibilità festaiole, per-ché il divertimento ad hoc è dietro l’angolo.

��� MAGIC SNOWSulla scia degli stabilimenti balneari d’oggigiorno, quelli dove si fa di tutto(palestra, spesa, aperitivo, ballo, reading letterario, massaggio e perfinoceretta), salvo prendere il sole e fare il bagno, anche i rifugi alpini hannosvecchiato stile ed orizzonti, per andare incontro alle esigenze di una clien-tela ormai abituata a frequentare locali poliedrici. Via, quindi, a baite inne-vate, dotate di terrazze-solarium, enoteche iper-fornite, consolle per dj,palco per musica live, aragoste a colazione, postazioni internet e piste daballo a scomparsa. Del resto, sono proprio le danze d’alta quota a carat-terizzare il fenomeno. Qua si balla da mezzogiorno in poi, fino alla chiu-sura degli impianti di risalita, per poi riprendere nottetempo nelle strut-ture più attrezzate, quelle che hanno a disposizione flotte di gatti dellenevi, pronti a trasportare la gente su e giù, a seconda della bisogna. Basticitare, a tal proposito, l’esempio di una hit d’alta quota, il Club Moritzino,vera e propria polveriera dance, fortemente voluta da Moritz, simpatico excampione di rally riconvertitosi in guru del loisir alpino. Dovreste vederequante ragazze salgono sui tavoli del rifugio per ballare a perdifiato inmagliette corte e attillate, inizialmente nascoste sotto pullover di lana egiacche a vento, dopo aver piantato gli sci in mezzo alla neve, davanti all’in-gresso ed aver sostituito gli scarponi con calzature adeguate, custoditenegli armadietti, in loco... Tanto per gradire e non far sentire solo Moritz,tiriamo in ballo anche Boch, Lo Riondet ed Emilio Comici: frequentatoda vitelloni con bandana in testa e cubiste sul ghiaccio il primo, votato acene-spettacolo con viaggio in slitta da affrontare coperti da pelli di lupofino alla punta del naso, il secondo e chalet specializzato in cene a basedi branzini alla griglia e orate al cartoccio, il terzo. E pensare che c’erauna volta il rifugio spoglio, ligneo e silenzioso, votato soltanto alla vendi-ta dei grappini necessari agli sciatori desiderosi di regalarsi un po’ di calo-re fra una discesa e un’altra…

��� ARS LUDICAImpara l’arte e mettila da parte, dice il proverbio. Meglio se in una locationdi nuova generazione e votata ai piaceri della vita, aggiungiamo noi. Perché,nel contesto della spettacolarizzazione globale in atto nella società moder-na, anche i musei d’antan si trovano costretti a lasciare spazio a struttu-re espositive con una marcia in più. Strutture dove ammirare, erudirsi edemozionarsi, ma anche socializzare, dire, fare, baciare, lettera e testamen-to… Come la Cappella Bonajuto, piccola basilica bizantina risalente alVI/VII secolo d.C., che il giovane barone Salvatore Bonajuto ha moder-

di Roberto Piccinelli

06_09_Piccinelli Feste Natalizie.qxp:Layout 1 4-11-2008 8:47 Pagina 7

Page 7: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

8

Ten

den

ze

nizzato al punto da farne un luogo trendy: museo di giorno e smart bar disera. A partire dalle 19.00, i radical-chic cittadini vi si danno appuntamen-to per un caffé, un bicchiere di vino e quattro chiacchiere colte. Stessa filo-sofia vitale per l’ExMà, vecchio mattatoio trasformato in area museale ecentro didattico, ideale per garantire ad artisti e creativi tout court la pos-sibilità di ascoltare musica e bere un aperitivo fra Gli Ori dei Traci, Omaggioa Picasso ed I Pochoirs di Matisse. E che dire dell’Atelier Canova Tadolini,studio del grande Antonio Canova, poi dell’allievo prediletto, Adamo Tadolini,cui seguirono quattro generazioni di scultori? Da poco aperto al pubblico,è la memoria di due secoli di arte: modelli preparatori, sculture in marmoe in bronzo, esercitazioni anatomiche e strumenti del mestiere sono custo-diti secondo la casualità dell'originario disordine. Ebbene, proprio qui, fraeleganti tavoli ottocenteschi, frammenti d’intonaco, calchi, gessi, marmi,bronzi e attrezzi trasformati in elementi d’arredo, è possibile sorseggiareun tè o un drink e lasciarsi andare ad un light lunch. Sempre che non sianoin programma cene di gala, come quella che la padrona di casa, Ida Benucci,ha voluto ospitare in onore della moda italiana… E dove non arriva la moda,ecco il cinema: sito al piano terra della Mole Antonelliana, l’edificio in mura-tura tradizionale più alto del mondo, grazie ai suoi 167 metri in verticale,il Ciak Bar funge da caffetteria/ristorante del Museo del Cinema, strate-gicamente piazzato al piano superiore. Ristrutturato ad hoc, questo spa-zio vince e convince con soffitti a volta e colonne a base di mattoni avista, attualizzati dalla presenza di un lungo banco-bar e un tavolo socia-le da 40 coperti, dotati di intriganti visori incorporati. Se a ciò aggiungia-mo una marea di luci fluo, lampade a filo, salottini circondati da baldac-chini garzati e uno straordinario ascensore di cristallo che in 59 secondisale per 85 metri, raggiungendo cupola e terrazza panoramica, beh alloraanche l’aspetto futuribile è bello che messo a fuoco, non vi pare?

��� ALTRO CHE VECCHIA FATTORIA…Tramontata l’era in cui si optava per l’agriturismo solo e soltanto per assa-porare la pace dei campi, mostrare ai bambini galline e oche, comprareprodotti naturali o sperimentare il trekking, oggigiorno campagne e casci-ne sono diventate teatri delle attività più disparate. Dai seminari di cuci-na ai giri in mongolfiera, dallo joga alle cene afrodisiache, dal vipwatchingal dolce navigare in internet, il compito primario delle aziende immersenella natura sembra essere diventato quello di stupire ad ogni costo. Maanche di animare a dovere le proprie idilliache ambientazioni. Più e megliodei villaggi turistici, per la gioia dei bucolici d'assalto. Che, invece dilimitarsi ad una bevuta qualunque, scelgono le degustazioni di spuman-ti e Champagne di qualità nella cantina con sommelier a disposizione dellaFattoria sotto il Cielo, location immersa in 110 ettari di bosco con pre-

06_09_Piccinelli Feste Natalizie.qxp:Layout 1 4-11-2008 8:47 Pagina 8

Page 8: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

Atelier Canova Tadolini. Via del Babuino 150/a, Roma. Tel. 06/32110702Beauty Bar. Via Sebastiani 6, Lavinio (Roma). Tel. 06/98673235; 328/61775000Boch. Stazione intermedia della telecabina Grostè, Madonna di Campiglio (Tn). Tel. 0465/440464Caffé Universale. Via delle Coppelle 16a, Roma. Tel. 06/68392065Cappella Bonajuto. Via Bonajuto 7/13, Catania. Tel. 095/321338Ciak Bar. Via Montebello 20, Torino. Tel. 011/8125658; 011/8395711Club Moritzino. Loc. Piz la Ila, La Villa (Bz). Tel. 0471/847403; 0471/847407Corte Fenilazzo. Loc. Fenilazzo, Rivoltella del Garda (Bs). Tel. 030/9110639; 030/9901934Desuite. via Roma 74, Cagliari. Tel. 070/680935; 340/9386683Emilio Comici. Staz. sommitale funivia Piz Sella, Selva di Val Gardena (Bz). Tel. 0471/794121ExMà. via San Lucifero 71, Cagliari. Tel. 070/658236; 070/666399Il Collaccio. Loc. Castelvecchio, Preci (Pg). Tel. 0743/939084Karma. via Palatina 7, Montignoso (Ms). Tel. 0585/821237La Fattoria Sotto il Cielo. Contrada Petrucco 9/a Lago di Pignola (Pz). Tel. 0971/486000Lo Riondet. Loc. Riondet 4, La Thuile (Ao). Tel. 0165/884006Panta Rei. Via Lo Palazzo 7, Capri (Na). Tel. 081/8378898San Pe’. Cascina San Pietro 29a, Poirino (To). Tel. 011/9452651

Indirizzi

dominanza di alberi di cedro e castagno, proiettati su un delizioso laghet-to. E che, tanto meno, si accontentano di un gelato puro e semplice, vistoche possono sperimentare di persona le nuove frontiere del loisir, frequen-tando San Pe’ e Corte Fenilazzo. Trattasi di “agrigelaterie”, ossia azien-de agricole a conduzione familiare, ove assaggiare gusti di gelato ottenu-ti dall’incrocio fra il latte appena munto e la frutta di stagione. Con il con-torno di mostre e spettacoli vari. Ma andiamo oltre e parliamo di agri-newage grazie ad una struttura come il Karma, che punta a far raggiungerel'armonia interiore offrendo cibi ayurvedici e massaggi shiatsu, ma ancheun pacchetto di corsi che parte dalla cucina spirituale per toccare la die-tetica, i contatti medianici con maestri spirituali di altre dimensioni, lameditazione e le terapie antifumo: d'altronde, natura e filosofia orientalesono sempre andati d'amore e d'accordo!

��� BELLI E IMPOSSIBILILadies and gentlemen, ecco a voi i “Social Beauty”! Trattasi di centri dibellezza in grado di innestare la quarta, consentendo di bere un drinkfra un massaggio ed un altro o, ancor meglio, dopo un buon trattamentorigenerante, fermo restando che devono saper proporre un adeguato sot-tofondo sonoro. Quanto ad indirizzi, il primo a farsi strada è stato il PantaRei, spa con tecnologie all’avanguardia, sauna finlandese e piscina ad idro-massaggio illuminata da fibre ottiche, ma anche lounge bar con musicamixata ed energia cromatica, concerti live, video musicali, proiezioni digi-tali e mostre d’arte. Il tutto nell’ambito di un vecchio cinema/teatro ristrut-turato ad arte e dotato di una terrazza di oltre 200 metri quadrati, affac-ciata sul mare… Sulla stessa lunghezza d’onda si pone il DESUITE, loungerestaurant di matrice disco, capace di fornire servizi legati al benesserequali solarium, bagno turco, idromassaggio, sauna, massaggi e ancora,manicure, pedicure, pulizia viso, bendaggi freddi, percorsi tonificanti e fan-ghi con le alghe marine. Ma non finisce qua, perché sulla scia si sono inne-stati due locali laziali di recente apertura, il Caffé Universale e il BeautyBar, a sua volta ricavato all’interno dell’Hotel Raphael. Nel primo caso sipuò contare su un poker di proposte quali hammam, cucina verace, vinibiodinamici e bagno turco, in ossequio ad un’antichità che proponeva cali-darium, tepidarium e frigidarium, prima di una cena saporita. Scendendoa sud della Capitale, prendono piede, invece, atmosfere arabesque e chillout, ideali per dar vita a due proposte tanto insolite quanto futuribili edinnovative, Sudarium+Aperitivo, 20 euro; Massaggio+Aperitivo, 30 euro. Altro che niente di nuovo sul fronte occidentale…

9

06_09_Piccinelli Feste Natalizie.qxp:Layout 1 4-11-2008 8:47 Pagina 9

Page 9: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

10

Na

tale

nel

mon

do

Chi glielo dice agli inglesi chetra poco è Natale? L’aria fred-da e umida che avvolge Londra

da ormai parecchie settimane prelu-de come ogni anno all’avvento di quel-lo spirito festoso che da sempre rendela capitale britannica una delle metepreferite durante le feste di Natale.Tutto è pronto. Dalle coloratissimeluci che disegnano un percorso stel-lare per le vie dal centro, agli addob-bi nelle vetrine dei lussuosi centricommerciali, fino ai menù speciali efantasiosi preparati dagli chef dellemigliaia di ristoranti che Londra puòcontare. Ma quest’anno sarà diverso. Intendiamoci, Natale a Londra è sem-pre un evento unico. Ma quell’ariadi inquietudine e preoccupazione chesi respira all’ombra del Big Ben, è figliadi un presente che questa città nonpuò ignorare.Anche e soprattutto durante le festenatalizie.La crisi economica, il crollo del prez-zo delle case, il crack dei mutui e ilfallimento di banche ed agenzie di cre-dito si sta ripercuotendo non solo sullaCity ma anche sulle famiglie inglesi.Gli operatori finanziari vedono svani-re i bonus miliardari di fine anno, erischiano di rimanere senza lavoro.La middle-class, per la prima voltadopo anni di boom economico, fati-ca ad arrivare alla fine del mese.In questo clima Londra si prepara alNatale, consapevole che per gli ingle-si i festeggiamenti saranno contenu-ti ed oculati. Questo non significa peròche la capitale del Regno Unito per-derà il suo fascino. Assieme alla Scandinavia, patria di

Babbo Natale, Londra continua adessere la meta preferita dei turisti.Aerei, alberghi e ristoranti hanno giàricevuto migliaia di prenotazioni. Itour-operator hanno dato spazio allafantasia nell’organizzare soggiorniall’insegna del “tutto incluso” e i nego-zi si sono rifatti il look.A Londra il calendario degli eventinatalizi va in onda con precisione sviz-zera. Le luci sulla centralissima BondStreet, elegante strada di boutique egioiellerie, si accendono il 7 novem-bre. Seguono a ruota Covent Gardened Oxford Street, cuori pulsanti delloshopping.Ma è l’accensione delle luminarie diRegent Street, la seconda settimanadi novembre, a decretare l’inizio uffi-ciale del natale londinese.Regent street fu costruita ed ideatadall’architetto inglese John Nash nel1811 proprio per incrementare loshopping e mettere in pratica i desi-deri del principe reggente che volevaun luogo dove passeggiare e fareacquisti che gli ricordasse i boulevardparigini.Da allora questa arteria, che attraver-sa il centro della città, offre uno scor-cio della Londra ricca ed opulenta.Su Regent Street si può trovare ditutto. Dal fu caffè letterario “CafèRoyal”, meta, tra gli altri, di OscarWilde, al grande magazzino in stileTudor “Liberty”, aperto nel 1875 finoad “Hamleys”, il più celebre negoziodi giocattoli europeo e all’ “AppleStore”, centro commerciale di duepiani, interamente dedicato agli arti-coli elettronici della famosa multi-nazionale americana. Il 5 dicembre i

Tutti a tavola,in attesa della Regina

LA CRISI ECONOMICA

SI FA SENTIRE, MA QUESTO

NON SIGNIFICA

CHE LONDRA PERDERÀ

TUTTO IL SUO FASCINO:LÌ IL NATALE È SEMPRE

UN EVENTO UNICO

di Stefano Tura Corrispondente Rai da Londra

� Il ''Christmas pudding''

10_11_Tura Natale Londra.qxp:Layout 1 4-11-2008 8:50 Pagina 10

Page 10: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

11

riflettori si spostano su TrafalgarSquare. In un’atmosfera tipica deipaesi del nord-Europa viene illumi-nato, con luci rigorosamente bianche,il maestoso albero di Natale volutodalla regina Vittoria e dal suo consor-te, principe Alberto, nel 1840.Il “Christmas Tree”, venne donatodalla Norvegia dopo l’ultima guerramondiale e da allora ogni anno, pertutto il mese di dicembre, fa compa-gnia all’ammiraglio Nelson, domina-tore della piazza, dall’alto della suacolonna.Canti celebrativi e storici, eseguiti dacori e gruppi musicali accompagna-no la cerimonia. Eventi del generevengono poi riproposti ciclicamentefino alla notte del 25 dicembre.E a proposito di musica, la tradizio-ne impone ogni anno i famosi concer-ti con di “Christmas Carols” (le can-zoni di Natale). Si svolgono in tan-tissime chiese ma quelli più acclama-ti sono alla Royal Festival Hall e allaRoyal Albert Hall. Un discorso a parte quello della cuci-na. La cucina inglese, dopo esserestata considerata per decenni unadelle meno interessanti al mondo,conosce ora un momento di grandeprestigio e notorietà. E proprio duran-te le feste natalizie i migliori chef ingle-si e internazionali propongono nuovipiatti per stimolare il palato dei loroospiti.Tutti i grandi cuochi, da GordonRamsay a Marco Pierre-White a JamieOliver organizzano, nei loro ristoran-ti, cene a tema con le loro creazionispeciali.In questi locali ci si può imbatterein “celebrities” holliwoodiane, divi tele-visivi, personaggi dello sport e dellapolitica e membri della nobiltà ingle-se. Per esprimere al meglio la gioia,la raffinatezza e la briosità del perio-do delle feste si ricorre in modo siste-matico ed abbondante allo champa-gne, bevanda che si presta meravi-

gliosamente all’atmosfera natalizia edesalta al meglio i piatti speciali pre-parati con grande cura per le grandioccasioni.Tra quelli più serviti nei grandi risto-ranti londinesi a Natale vi sono ilKrug, Clos du Mensil 1995, ilBollinger Blanc de Noirs VieillesVignes Françaises 1998, il DomPérignon Rosé 1993 e il Salon LeMesnil 1996.Il 25 dicembre in tutte la case cherispettano la tradizione si mangia iltacchino ripieno accompagnato damirtilli. Alla fine viene servito il“Christmas Cake”, la famosa tortanatalizia. Il gusto varia a seconda delleesigenze. L’importante è che vengaservita alla fiamma.Le numerose varietà di dolci si pos-sono ammirare da Harrods o da JaneAsher Party Cakes, il negozio dovesi trovano anche tutti gli strumentinecessari per la loro decorazione. Abitualmente la preparazione dellatorta di Natale comincia in ottobre,di modo che tutti gli ingredienti abbia-no il tempo di macerare.Stresso procedimento vale per il“Christmas Pudding”, (budino diNatale) preparato almeno quattro set-timane prima del 25 in modo che ilsuo sapore possa maturare. Alcuni addirittura lo preparano da unanno all'altro. In Inghilterra si usanascondere delle monete sul fondo,prima di portarlo in tavola: è di buonaugurio per chi le trova. Alla fine del pranzo verso le 3 delpomeriggio in televisione si assistetutti insieme al tradizionale discor-so della Regina. Poi si può andare apattinare nei giardini di HamptonCourt o Somerset House od infilarsinegli innumerevoli mercatini natali-zi sparsi in tutta la città, spesso orga-nizzati da istituzioni di beneficienza,ideali per fare un regalo.E dimenticare, per un giorno, i malidel mondo.

� I celebri grandi magazzini Harrods

� La pista di pattinaggio di fronte a Somerset House

10_11_Tura Natale Londra.qxp:Layout 1 4-11-2008 8:51 Pagina 11

Page 11: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

12

Na

tale

nel

mon

do

New York è sempre bella. Maa Natale dà veramente il mas-simo trasformandosi in un

magico paese dei balocchi pieno diluci, animazioni, regali e leccornie.Ad ogni angolo delle strade si trova-no altissimi alberi decorati a festa,uno più bello e addobbato dell’altro;immagini laser di angeli, stelle,pupazzi schiaccianoci, proiettati sugliesterni dei palazzi o nei soffitti altis-simi della stazione Grand Central,così affascinanti da far stare con ilnaso all’insù anche il più occupatodei business men; musiche e cantitrasmessi per le avenue che riesco-no ad allietare anche lo shopping piùstressante e compulsivo; scampanel-late e calde risate dei mille BabboNatale che sembra si siano dati tuttiappuntamento qui; e poi ancora mer-catini su Columbus Circle, BryantPark, Union Square, dove si vende di

tutto: artigianato, invenzioni tecno-logiche e si degustano (previa esibi-zione di carta d’identità) vini preva-lentemente organici delle aziendepoco distanti da New York. Insomma, una delizia per occhi,mente e palati. A New York infatti unacosa che si fa bene già durante tuttol’anno, senza alcuna interruzione eda tutte le ore, è mangiare e bere.Figuriamoci cosa può succedere aNatale e Capodanno! In questo perio-do, la giornata di assunzione di extracalorie, inizia prestissimo: alle 11 conil brunch. I Cipriani - quelli dell’Harry’s Bar diVenezia - ne sono specialisti e lo pro-pongono nei loro diversi locali diManhattan, anche se il più festoso ditutti rimane quello della RainbowRoom, al 65° piano di RockfellerPlaza: è pantagruelico con il valoreaggiunto di una vista incredibile suNew York e, soprattutto, sulla piaz-za dove il 3 dicembre si accende l’al-bero di Natale più famoso del mondo,con un conto alla rovescia trasmes-so in diretta tv che segna il vero ini-zio del “Christmas Time”. Cipriani significa per antonomasia“Bellini”, e quindi Prosecco, vinoamato dai newyorkesi oltre che peri profumi e sapori, anche per i costicontenuti rispetto al blasonatissimochampagne. Praticamente tutti i brindisi si fannocon Champagne o con Prosecco: apiacere infatti sono le bollicine, diqualunque provenienza, ma si cerca-no anche i nomi famosi. La tecnicadi vinificazione o le uve usate peraverli, non sono argomenti da affron-

tare sotto Natale. Soprattutto nonsono ciò che causa l’impennata deiconsumi di questi vini durante lefeste, come confermato dai respon-sabili delle enoteche di maggior suc-cesso, quali la “Union Square Wines”,(nell’omonima piazza), un must ancheper gli appuntamenti, vista la facili-tà di raggiungimento con la metro ela ricchezza di negozi nei dintorni;l’Astor Center, il negozio di vini piùgrande di New York, da perdercisi pia-cevolmente dentro (tra Lafayette ela 4ª); o la storica “Sherry Lehmann”,

di Alessandra Rotondi

Le mille luci

di New York accendono il Natale

IL GIORNO DEL

RINGRAZIAMENTO

DÀ IL VIA ALLE FESTE

NELLA CITTÀ CHE

NON DORME MAI.DURANTE IL PERIODO

NATALIZIO SCORRONO

FIUMI DI VINO ITALIANO.E NON MANCANO GLI

ABBINAMENTI A DIR

POCO STRAVAGANTI

12_13_Rotondi New York.qxp:Layout 1 4-11-2008 8:53 Pagina 12

Page 12: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

13

aperta nel 1934 dopo il proibizioni-smo ed ora punto di ritrovo per i cul-tori di vino che risiedono nella partealta, anche socialmente, della città(tra la 59ª e Park Avenue). Come ven-dite natalizie, oltre ai già citati, pre-dominanti quelle dei vini rossi, datutte le parti del mondo con preva-lenza di Borgogna e Bordeaux, nella

fascia alta di prezzi; California,Argentina e Cile, nella fascia media.Dei rossi di corpo spagnoli piace ilbuon rapporto qualità/prezzo. L’Italiaha venduto ancora molto, soprattut-to come Supertuscan e, tra questi, inomi più conosciuti. Analogo discorso per i Barolo, il cuiincremento di vendite è cominciatoanche quest’anno a novembre graziealle molte cene a base di tartufod’Alba organizzate nei ristoranti. Nonsono stati registrati cali di vendite diBrunello di Montalcino, nonostantele note vicende. Chiaramente, in risto-rante avviene qualcosa di diverso ela clientela ha altri orientamenti gra-zie anche alla presenza in sala delsommelier e grazie alla cucina pro-posta. Tra i vini bianchi, fiumi di Pinot Grigioitaliano accompagnano sempre tutto.Non è mancata comunque durantequeste feste una grande celebrazio-ne del Beaujolais Nouveau perché èconsiderato da molti il vino “ufficia-le” della cena di Thanksgiving - unasorta di anteprima del Natale cele-brato quest’anno il 27 Novembre -che, a detta dei più, rende al massi-mo in abbinamento al tacchino far-cito di castagne e mirtilli. Coloro che hanno amici o origini ita-liane hanno preferito l’abbinamentocon il Brachetto d’Acqui, dolce sudolce, con effetto leggermente “sgras-sante”. Nei quartieri fuori Manhattan,popolati maggiormente da immigran-ti dell’est europeo, il brindisi natali-zio e quello di Capodanno si fa conl’Asti Spumante, scelto anche a tuttopasto.

Il vino in genere è stato scelto anchequest’anno come regalo da fare perNatale, una bottiglia sola o diverseall’interno di cesti, non superandogeneralmente i 350 dollari. All’interno dei cesti non si trova alcuntipo di genere alimentare perché l’eno-teca non ha licenza di vendita di cibo,e il negozio gourmet non può averequella degli alcolici. Infine, la novità di quest’anno è statadata dal cognac, grazie anche allarecente apertura - in un punto stra-tegico di Manhattan, 55ª strada eBroadway - di “Brasserie Cognac”,ristorante francese di proprietà degliitalianissimi Vittorio Assaf e FabioGranato, in cui si è “importata” lanuova moda molto diffusa in EstremoOriente di abbinare ad ogni portatadi cibo, piuttosto che non il vino, lasontuosa eau de vie capace di crea-re un’atmosfera di “Toujours la Fête”,slogan della Brasserie. La curiosità: le 102 etichette presen-ti in carta, il clima rigido, una dichia-rata predilezione dei newyorkesi versola cucina d’Oltralpe (considerata idea-le per le cene delle grandi occasionicome il Natale e Capodanno) e l’ap-prezzamento delle elevate gradazio-ni alcoliche (anche nel vino), hannodecretato il successo della formula.Il cognac ha così accompagnato i piat-ti tipici di queste feste: zuppe cremo-se, paté, foie gras, salmone, anatra,tacchino, prosciutto d’oca e crèmebrûlée. E qualcuno addirittura habrindato con Louis XIII! A New York,si sa, succede di tutto e molto di piùper cui, cin-cin… Comunque vogliate farlo!

� Radio City Music Hall, il teatro nel cuore di Manhattandove si svolge il tradizionale ''Christmas Spectacular''

� L'albero di Natale al Rockfeller Center

� Sherry Lehmann Wine Store. Molti newyorkesi scelgono di ragalare vino a Natale

12_13_Rotondi New York.qxp:Layout 1 4-11-2008 8:53 Pagina 13

Page 13: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

14

Na

tale

nel

mon

do

Èvero, il consumismo ha por-tato Babbo Natale quasi ovun-que. Ma in Spagna sono i Re

Magi – “Los Reyes Magos” – a passa-re in rassegna desideri pretenziosi ea scomodarsi per la consegna dei rega-li. È infatti solo il 6 gennaio mattinache, per tradizione, con indosso pigia-mini che sanno ancora di copertecalde, i bimbi spagnoli procedono alloscarto dei doni. L’attesa è lunga perchi non vede l’ora di giocare, ma sonomolte in Spagna le occasioni perfesteggiare in questo periodo. Si distin-guono per la maestosità e la varietàdegli eventi Madrid, capitale situatanella regione centrale della Castilla yLéon, e Barcellona, capoluogo dellaCataluña, sulla costa nord orientale.Pur avendo matrici culturali diversea partire dalla lingua maggiormenteutilizzata, spagnolo (castigliano) perla prima e catalano per la seconda, inrealtà le loro usanze sono piuttostovicine tra loro. Le Feste iniziano ufficialmente il 22dicembre, con la Lotteria più impor-tante del mondo. Nata nel 1763 sottoil regno di Carlos III negli uffici inPiazza San Ildefonso a Madrid, èun’antichissima tradizione perpetua-ta ogni anno dal 1771, data del primosorteggio, dai “niños de la suerte”, glialunni del collegio San Ildefonso checantano i numeri sorteggiati, trasmes-si in radio e in televisione. Il 24 dicembre arriva la “Nochebuena”,la vigilia di Natale, a cui non si puòdavvero mancare. Come in Italia, lafamiglia si riunisce a cena per festeg-giare con un menu che varia da regio-ne a regione, e che per tradizione com-

prende generalmente pesce al forno efrutti di mare ma, a seconda delleusanze locali, anche tacchino, maia-lino e agnello arrosto – il famoso “cor-dero asado” - e ovviamente jamòn, pro-sciutto a volontà. I dolci tipici sonoprotagonisti della serata: torrone, tipi-co delle zone catalane, polvorones emantecados, dolci dell’Andalusia, frut-ta candita, o marzapane, composto dapasta di mandorle, eredità araba nellaquale ormai si riconosce tutta laSpagna. Durante la cena si cantanoi villancicos, canti che raccontano epi-sodi legati alla nascita di Gesù o allastoria spagnola. A mezzanotte, ci sireca insieme alla “Messa del Gallo”,secondo il racconto che lo vuole primoanimale ad aver visto Gesù e ad aver-ne annunciato la nascita all’umanità.Il 25 dicembre si festeggia in manie-ra simile, ma la vigilia rimane il gior-no più importante.È doveroso segnalare che ultimamen-te si è deciso di consegnare i giocat-toli ai bambini in questa data, in modoche li possano sfruttare durante levacanze senza dover aspettare il 6Gennaio. La Cataluña festeggia in modo diver-so questo giorno con il “tió”, un’usan-za molto antica che risale ai piccolipaesini di montagna, dove la genteviveva del raccolto. Il tió, lo “zio”, pic-colo tronco d’albero dal volto sorriden-te, viene nutrito e coperto con unoscialle dall’8 dicembre, giornodell’Immacolata Concezione. Il giornodi Natale viene scosso con dei basto-ni da adulti e bambini, così da farcadere dolciumi o piccoli oggetti –nascosti in precedenza. Sempre in

Cataluña, può capitare che si festeg-gi maggiormente il giorno seguente, il26, San Esteban. Il 28 in tutta la Spagna è “Il giornodegli Innocenti”, con riferimento all’in-fanticidio commesso da Erode. La tra-dizione, goliardica e di buon auspicio,vuole le città coinvolte in un “giornodi ordinaria follia”, ossia scherzi e bra-vate, da fontane riempite di schiumaa quotidiani dai titoli inverosimili. Il 31 dicembre arriva la tanto sospi-rata “Nochevieja”: dopo una cena disolito in famiglia, i più giovani esconoa festeggiare. Un tempo i locali orga-nizzavano il “Cotillon”, festa chic pergrandi gruppi, ma la tendenza ora è

di Elisa della Barba

I brindisi della Nochebuena e della Nochevieja

14_15_Della Barba Spagna.qxp:Layout 1 3-11-2008 17:19 Pagina 14

Page 14: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

Le Feste in Spagna devono avere rigorosamente un denominatorecomune: essere innaffiate dal vino tipico di queste occasioni, il Cava, lospumante spagnolo “a denominación de origen” (Do). Il 95 per cento della produzione si deve alla Cataluña (Regione delPenedès), mentre il restante 5% spetta alla regione del Rioja,dell’Extremadura, Valencia, Castilla y Léon e Aragón. Prodotto con uve autoctone a bacca bianca, principalmente Xarello,Macabeo, Parellada e Chardonnay, le sue origini risalgono al 1872 inCataluña con la produzione delle prime tremila bottiglie ottenute con il metodo “Champenoise”francese. Punta di diamante del Cava è la versione Brut, che contiene la minor quantità di zuccherorispetto agli altri tipi, fino ad arrivare al Brut Nature, con 0 grammi per litro.Oltre al Brut, si trova l’Extrasecco, Secco, Semisecco e Dolce, a seconda della quantità di zucchero utiliz-zata durante la lavorazione. Ne esistono anche versioni rosé, per le quali si impiegano uve come laMonastrell, la Garancha rossa, la Trepat e la Pinot Noir.Il Cava si accompagna ad aperitivi, piatti di pesce, formaggio e carni bianche.

15

quella di affittare degli spazi fuori cittàe organizzare una festa in manieraeconomica e senza troppe formalitàcon gli amici più cari. Allo scoccaredella mezzanotte, per ogni rintocco dicampana si ingoia un chicco d’uva,perché portino fortuna per ogni mesedell’anno. Nelle vie delle città vengono inoltreallestiti i mercatini di Natale: dal 13al 23 dicembre a Barcellona, nei pres-si della Cattedrale - nel QuartiereGotico - si svolge la Fiera di SantaLucia, e vi sono bancarelle anche neipressi della Sagrada Familia. A Madrid, in Piazza di Spagna, dal 20dicembre al 5 gennaio troverete la

“Fiera dell’artigianato di Natale” e, inPlaza Mayor, il famoso “Mercato degliarticoli natalizi”. Simboli comuni atutto il Paese, ovviamente, sono l’al-bero di Natale e soprattutto il Presepe,o Belén, che dal XXIII secolo è unodegli aspetti più tradizionali dellaSpagna. Nelle piazze, nelle chiese onelle case, è davanti a lui che ci si riu-nisce per i canti di Natale. La Cataluñadeve l’uso del Presepio, prima di allo-ra limitato alle Chiese, al dominio bor-bonico di Napoli sulla Spagna e laCastilla y Léon a Filippo II, che in visi-ta a Trapani ne ricevette uno in donoe adottò la tradizione. La chiusura ufficiale delle Feste

Natalizie è per il 5 gennaio sera con la“Cabalgada de los Reyes Magos” (oCavalcata dei Re Magi), un vero e pro-prio carnevale con sfilate di carri e dicortei in costume per onorare il lungoviaggio dei Re Magi. Come per lanostra Befana, i bimbi vanno a dor-mire presto - lasciando fuori dalla fine-stra un po’ d’acqua per i cammelli eun po’ di latte per i Re Magi - per poialzarsi all’alba del 6 mattina a scar-tare i regali. I più birichini troveran-no invece del carbone dolce… In questa giornata, a pranzo, si festeg-gia con un dolce tipico: il Roscón deReyes, che risale addirittura alle festepagane d’inverno dei Romani. Untempo fatto con fichi, datteri e miele,oggi è una ciambella di pasta dolcedecorata con pezzi di frutta candita.Chi trova nella sua fetta il pupazzet-to nascosto nel dolce, è nominato redella festa e avrà fortuna per tuttol’anno.

� Il ''jamón'', il prosciutto iberico, e molti altri salumi abbondanosulle tavole natalizie degli spagnoli

� Le ''Ametllats'', specialità catalane alle mandorle

Non c’è Natale senza Cava

Il Roscón de Reyes

14_15_Della Barba Spagna.qxp:Layout 1 3-11-2008 17:20 Pagina 15

Page 15: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

16

Na

tale

nel

mon

do

Il tramonto invernale descritto dagliocchi di un parigino di metàOttocento è la foto che racchiude

tutto il fascino della capitaled’Oltralpe. Chi scrive è il poeta male-detto per antonomasia, CharlesBaudelaire, e la città è la Parigi chedi lì a poco ispirerà quella grandegenerazione di pittori che darà vitaall’Impressionismo. Da qui parte ilnostro cammino per le vie della metro-poli francese, dal crepuscolo che rime-scola i colori del quadro urbano.Difficile descrivere tutte le bellezze

della capitale senza tralasciarne qual-cuna. Pensiamo ai musei, alle chie-se, alle gallerie d’arte, alle biblioteche,ai cinema, agli storici locali notturni.E l’atmosfera natalizia e gli addobbiper le strade rendono ancor più impo-nente quella grandeur che si respiraa Parigi ogni giorno dell’anno. Per percepire l’essenza della città nonbisogna fare la fila né staccare alcunbiglietto di ingresso. Dalla sommitàdella collina di Montmartre, punto piùalto della ville con i suoi 130 metri, sipuò assistere a uno spettacolo che

non ha eguali. Dopo aver percorso glioltre duecento gradini o, per i menovolonterosi, aver scelto la funicola-re, si giunge in prossimità della basi-lica del Sacré-Coeur, simbolo di quel-lo che una volta era un comune auto-nomo e che ora costituisce quasi inte-ramente il 18.mo arrondissement dellacapitale. Quando il sole si abbassaquasi fino a sparire, iniziano ad ani-marsi le illuminazioni della città, chein pochi minuti si perdono oltre l’oriz-zonte in un oceano di luci e colori.Questa è la Parigi nota in tutto il

Parigival bene…

un Natale

Il est doux, à travers les brumes, de voir naîtreL’étoile dans l’azur, la lampe à la fenêtre,Les fleuves de charbon monter au firmamentEt la lune verser son pâle enchantement.

Com’è dolce veder nascere, tra le nebbie,la stella nell’azzurro, la lampada alla finestra,i fiumi di carbone salire al firmamentoe la luna versare il suo pallido incanto.

Da “I fiori del male – Quadri parigini” Charles Baudelaire, 1857

di Emanuele Lavizzari

L’ATMOSFERA NATALIZIA

RENDE ANCORA PIÙ IMPONENTE

LA GRANDEUR CHE SI RESPIRA

NELLA CAPITALE FRANCESE

OGNI GIORNO DELL’ANNO

16_18_Lavizzari Parigi.qxp:Layout 1 4-11-2008 8:56 Pagina 16

Page 16: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

17

mondo, quella che viene appuntochiamata la Ville Lumière.A Montmartre si respira ancora quel-l’atmosfera che tra Ottocento eNovecento la rese centro di studio edi ritrovo di artisti del calibro di Henride Toulouse-Lautrec, Vincent VanGogh, Camille Pissarro e PabloPicasso. È sempre stato un luogo incui i pittori di talento cercavano difarsi conoscere e di raggranellare qual-che spicciolo ritraendo i passanti.Ancora oggi potete interrompere lavostra passeggiata e mettervi in posadi fonte a un ritrattista. E magari ungiorno, se il vostro artista diverrà unRenoir o un Manet, potrete vantare dipossedere una sua opera originale! Il simbolo indiscusso della città è laceleberrima Tour Eiffel, costruzionenata come «provvisoria» ed eretta dal-

l’ingegnere che le ha dato il nome,Gustave Eiffel, in occasione dell’Espo-sizione Universale del 1889 (centena-rio della Rivoluzione Francese). Ma daallora non venne mai smantellata.Cenare all’altezza di 95 metri dal primopiano della torre è un altro suggeri-mento da non trascurare per contem-plare la capitale a 360 gradi in tuttoil suo splendore natalizio.Come ogni anno il viale più ampio efamoso, i Champs-Elysées, si illumi-na con decorazioni così brillanti dainondare le boutique e i passantiindaffarati nello shopping più frene-tico. L’imponente Arc de Triomphe sitrasforma così nella porta d’accessodi un cammino che consigliamo di per-correre dopo l’imbrunire. Ancor più romantica per gli adulti, unpo’ più magica per i bambini. È laParigi che offre in questo periodo pistedi pattinaggio sul ghiaccio qua e là,per non parlare delle giostre del tuttosimili a quelle antiche con i tipicicavalli di legno, che riescono semprea stupire e incantare i più piccoli.Le famose boutique che fanno di Parigiuno dei centri mondiali della moda edel lusso sono letteralmente presed’assalto in questi giorni che prece-dono le feste: Chanel, Dior, Vuitton,Cacharel, Saint Laurent, solo per cita-re alcuni tra i marchi più en vogue.Ma se volete respirare un clima unicoe pittoresco e magari non alleggerire

troppo il portafogli, i mercatini diNatale sono ciò che fa per voi. Allestitiin ogni angolo o piazza della città, per-mettono di trovare veramente di tutto:dagli abiti vintage di seconda manoalle stampe di quadri celebri legati allacapitale, dalle proposte più originaliper decorare le tavole imbandite aipezzi d’antiquariato che ogni mercan-te giura essere appartenuti a LuigiXIV, Maria Antonietta o NapoleoneBonaparte. E in quelle giornate in cuiil freddo è pungente aleggiano profu-mi di ogni tipo: spezie, caldarroste,caffè, cioccolato e quel sentore incon-fondibile di crêpes che riempie ovun-que l’aria gelata.Dirigendosi poi verso la maestosa cat-tedrale di Notre-Dame, il percorso èincredibilmente illuminato e sembraun sentiero fiabesco che culmina conun enorme albero di Natale. Questoperché la stupenda struttura in stilegotico, edificata principalmente tra ilXII e XIII secolo, è da sempre consi-derata il cuore di Parigi. Se vi capitain mano una qualsiasi guida turisti-ca con indicate le distanze tra la capi-tale e altre città francesi, sappiate cheil chilometraggio è calcolato propriodal sagrato della chiesa.Ma non è innanzi a Notre-Dame lesapin de Noël più imponente. L’abeteche di certo si colloca al primo postoper dimensione e maestosità è quel-lo che viene allestito sotto la cupola

� Camille Pissarro Boulevard Montmartre, pomeriggio, giornata piovosa(Olio su tela, 1857)

� CharlesBaudelaire. Alcune sue poesie ''maledette'' dipingono la Parigi dell'Ottocento

16_18_Lavizzari Parigi.qxp:Layout 1 4-11-2008 8:56 Pagina 17

Page 17: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

18

Na

tale

nel

mon

do

bizantina delle Galeries Lafayette. Icelebri grandi magazzini parigini sonoormai storicamente una delle meteprincipali dello shopping natalizio deifrancesi e soprattutto dei turisti stra-nieri e ogni anno propongono addob-bi e luminarie che lasciano senza fiato.La sera della vigilia non potete asso-lutamente perdere una cena sul bate-au-mouche per una crociera sullaSenna. È una tappa fondamentalenella Parigi che non dimentica maiche è nata dal suo fiume. Tra l’altro,i suoi quais, quelli che noi tradurrem-mo come lungosenna, dal pont Sullyal pont d’Iéna, sono stati dichiarati nel1991 “patrimonio dell’umanità”dall’Unesco per l’incredibile fascinodei paesaggi fluviali e delle opere d’ar-te che racchiudono. Anche la distin-zione tra i quartieri storici della cittàconsiste proprio nell'essere situatisulla più ampia riva destra (la rive droi-te a nord) o sulla riva sinistra (la rivegauche a sud). Sulla rive droite si sviluppa la Parigidegli affari, della finanza e delle isti-

tuzioni (ricordiamo la Borsa e il museodel Louvre), mentre sulla rive gaucheecco la città intellettuale, colta, crea-tiva, con l’università della Sorbonne,il quartier latin e Montparnasse, l’al-tro luogo storico e centro di ritrovodegli artisti.Ma il tour nella capitale non deve dicerto tralasciare le proposte della cuci-na di casa, senza dimenticare cheParigi rappresenta una realtà cosmo-polita anche a tavola. Oltre a far pro-prie le numerose specialità provenien-ti da ogni angolo della Francia, nelcorso dell’ultimo secolo, con l’acco-glienza di immigrati da tutto il piane-ta, anche le tradizioni gastronomicheparigine hanno subito numeroseinfluenze e contaminazioni: dalle zonearide del Maghreb all’Africa Centrale,dal Sudest asiatico alle spiagge carai-biche delle ex colonie di Guadalupa eMartinica, fino ad arrivare alle recen-ti migrazioni dall’Est europeo e dallaCina. Il consiglio è di non cedere allatentazione di avventurarsi nei localietnici almeno per Natale, ma di sce-

gliere un menù che faccia onore allaMarsigliese. Come antipasto terrinadi foie gras e capesante alla bescia-mella per proseguire con zuppa dicipolla gratinata e un’impareggiabileQuiche Lorraine. Non rinunciamo dicerto ai piatti di carne, come spezza-tino di vitello e petto d’anatra al miele.E per concludere in bellezza due des-sert della cuisine française: soufflé alGrand Marnier e l’inimitabile Bûchede Noël, il tipico dolce natalizio a formadi ceppo, per ricordare la legna che latradizione transalpina voleva fossefatta ardere lentamente nel caminet-to la notte di Natale per riscaldaretutto il focolare domestico. Per il vino fate voi. D’altra parte siamoin Francia, perciò, è proprio il caso didirlo, avete veramente l’imbarazzodella scelta!«Paris vaut bien une messe» («Parigi valbene una messa») pronunciò re EnricoIV nel 1594, accettando di convertir-si al cattolicesimo pur di ottenere l’am-bito trono. Oggi potremmo dire cheParigi val bene una vacanza. Di Natale.

Dalla Belle Époque alle Années folles con i suoi cabaret, dai locali diswing e jazz del dopoguerra ai grandi cinema, dal progresso tecnolo-gico alle grandi firme della haute couture. Tutto questo costituisce ilmito di Parigi, città che richiama nell’immaginario collettivo la festa, illusso e la mondanità. Quest’atmosfera di allegria e di frivolezza, impos-sibile negarlo, è indissolubilmente legata al mito dello champagne.Dal nome dell’omonima regione a nord est della Francia arriva unodei pochi vini ai quali sia stato attribuito un inventore: l'abate benedet-tino Dom Pérignon. Anche se esistono diverse versioni, alcune moltooriginali, le leggende legate all’origine del vino più famoso d’Oltralpehanno conservato nei secoli un fascino straordinario. I vini della regio-ne della Champagne erano conosciuti fin dal Medioevo. Venivanoprodotti principalmente dai monaci delle numerose abbazie presentinella regione, che lo usavano come vino da messa. Ma anche i regnanti francesi li apprezzavano molto,tanto da offrirli in segno di omaggio agli altri reggenti europei. Si trattava però principalmente di vinifermi, quindi senza spuma, e rossi. Le guerre e i saccheggi nel 1600 devastarono la regione, causando ladistruzione e l'abbandono delle abbazie e dei conventi e il conseguente decadimento delle annessevigne. Fu intorno al 1670 che Pierre Pérignon, giovane frate benedettino, giunse all'abbazia di Hautvillers,vicino ad Épernay, con l'incarico di tesoriere. Qui trovò il convento e le vigne in uno stato di totale abban-dono e si impegnò a rimetterle in sesto. Il suo lavoro fu indirizzato principalmente alla produzione di vino.Da perfezionista qual era, si applicò alla selezione delle uve migliori (la sua scelta cadde sul pinot noir),privilegiando i terreni più vocati alla produzione, affinando le tecniche del taglio dei vini e preferendouna spremitura dolce per ottenere un mosto chiaro anche se da uve a bacca nera (tutte tecniche carat-teristiche, ancora oggi, della produzione dello champagne).La crescita della popolarità dello champagne ha portato alla nascita di aneddoti e leggende difficilmen-te verificabili: si dice che Dom Pérignon fosse un fine intenditore di vini (si narra però anche che fosseastemio ma, essendo pure vegetariano, era un eccellente assaggiatore di uve); la confessione in puntodi morte da parte dello stesso monaco della ricetta segreta dello champagne (non di ricetta si trattava,ma soltanto dell'indicazione di aggiungere al vino in primavera zucchero e fiori di pesco); il fatto che lafoggia del bicchiere a coppa in cui veniva servito fosse stata modellata sulla forma, considerata perfetta,del seno di Madame de Pompadour, amante di re Luigi XV. Leggende a parte, resta il fatto che lo cham-pagne è un vino la cui notorietà è diffusa in tutto il mondo e che ha assunto ormai valenza simbolica insvariate occasioni: basti pensare al varo delle navi, alle premiazioni di gare sportive e in generale a tuttele inaugurazioni e celebrazioni di eventi di particolare rilievo.

(E.L.)

Champagne: storia e leggende

16_18_Lavizzari Parigi.qxp:Layout 1 4-11-2008 8:56 Pagina 18

Page 18: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

Non si incontravano da anni. Le loro strade sierano separate molto tempo fa: città, scelteprofessionali ed esperienze personali diverse.

Ogni tanto, a entrambi, erano tornati in mente episo-di della loro giovinezza, le prime gioie degli anni delliceo e i primi dolori che la vita riserva a ciascuno dinoi. Per una di quelle misteriose combinazioni chesolo il caso sa creare, si sono ritrovati un tardo pome-riggio di questa estate, in un chiringuito del porto turi-stico di Palma di Mallorca, seduti a due tavolini diquel locale che serve tapas. Uno Chardonnay fresco efruttato, un piatto di calamaretti fritti, con un gustodeclinato su una cremosa tendenza dolce avvolta inun velo di delicatissima untuosità, e un’amicizia ritro-vata, intessuta con l’intrigante filo conduttore dellapassione per il cibo e per il vino. Poi, la sera, una piscina illuminata e il profumo delgelsomino fanno da sfondo alle parole degli ospiti,quasi sussurrate, nell’inconsapevole timore di rompe-re quell’atmosfera incantevole. Il cameriere, un ragaz-zo dalla pelle olivastra e dallo sguardo profondo, con-siglia insalata di astice al profumo di agrumi e tarta-

re di branzino al dragoncello. Di fronte a questa cop-pia di italiani che leggono con attenzione la carta deivini, l’orgoglio campanilistico lo porta a proporre unCava Blanc de Blancs 2006, luminoso grazie a unamiriade di bollicine che si liberano nel bicchiere, pro-fumato di frutta fresca e lievito, sapido e stuzzicante.Un abbinamento perfetto con la delicatezza dei piatti,arricchiti in aromaticità e sapidità da qualche gocciadi olio extra vergine di oliva e una spruzzatina di salerosa dell’Himalaya. Rapidi flash back riportano quest’uomo e questadonna a pomeriggi passati a tradurre Cicerone o arisolvere integrali e logaritmi, a serate in discoteca evacanze assolate, a delusioni d’amore e soddisfazioninel lavoro. Molti spot della loro memoria, stranamente ma nontroppo, coincidono con colazioni, spuntini e cene, cheriprendono forma nei loro dialoghi, tra confessioni econfidenziali retroscena di momenti vissuti insieme onel racconto delle proprie esperienze. L’aromaticità di un caprino e la nuance corallo di unBandol Rosato, con accenti odorosi di frutti di boscoe fiori rossi, si sovrappongono alle risate suscitatedalle barzellette di un simpatico ristoratore di Aups,in Provenza, mentre la leggera speziatura di uno stru-del di mele alla cannella e la seducente setosità di unMoscato Giallo Passito, con sentori di frutta caramel-lata e candita, miele e vaniglia, sono i complici dolcis-

20

Ab

bin

am

en

ti

Quando il vino fa da Cupido

PICCOLE EMOZIONI O DECISIONI CHE SEGNANO

UNA VITA SI INTRECCIANO SPESSO CON

ATMOSFERE CHE SI CREANO SOLO A TAVOLA,SFUMANDO NEL TEMPO TRA RICORDI PROFUMATI

E SAPOROSI, COMPLICI LA SOFISTICATA ELEGANZA

DI UN RISTORATE STELLATO O LA SPONTANEA

VIVACITÀ DI UNA TERRAZZA SUL MARE.

di Rossella Romani

20_23_Romani Abbinamenti.qxp:Layout 1 7-11-2008 15:28 Pagina 20

Page 19: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

21

simi di un impegnativo colloquio in un tedescoun po’ scolastico a Merano, con una coppia dianziani turisti di Monaco di Baviera. A poco apoco, tra di loro si compone un puzzle multi-sensoriale di colori, profumi, sapori e atmo-sfere, che ricreano ambienti dettagliati comele scene del film preferito, rivisto così tantevolte da ricordarne ogni battuta.

SCENA 1 - Antibes Vieille. Antichi lampioni illuminanole strette stradine e il susseguirsi di boutique, atelier

e piccoli ristoranti. Uno di questi,in un cortile che si apre oltre unportico tappezzato di edere, èanimato dalle voci dei turisti. Atavola, la scelta cade sul grandplateau de fruits de mer, la cui

succulenta nota salmastra èperfettamente domata dall’intensi-

tà e dalla morbidezza di un PouillyFumé di buona evoluzione, con profumi di

pietra focaia, agrumi e frutta esotica. Un percorso senza tempo riporta i due al concetto diuna tavola vissuta come un’emozionante fusione diaromi e suggestioni, in un giocoso tentativo di rivive-re la cremosa grassezza di un Munster assaggiatoverso sera in una piccola piazza di Colmar, la fonden-te aromaticità delle fettine di Pata Negra gustatodurante un ricco aperitivo ad Andorra, la golosa sapi-dità di un pesce spada con capperi e pomodorini diuna cena a Salina. Con la memoria riassaporano tutto e si chiedono seavessero davvero scelto i vini migliori in abbinamen-to. Nel ricordo, ogni vino sembra perfetto. Ma riemer-ge anche un momento amaro, quando davanti a unfiletto al pepe verde e a un vino rosso con una notatannica un po’ troppo aggressiva, lui le comunicò cheper problemi familiari avrebbe dovuto interrompere glistudi universitari.

20_23_Romani Abbinamenti.qxp:Layout 1 7-11-2008 15:28 Pagina 21

Page 20: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

22

Ab

bin

am

en

ti

SCENA 2 - Milano, unristorante sobrio edelegante in Brera. Ilperfetto intreccio deisapori di una cremacatalana e di un dol-cissimo Passito diPantelleria, profuma-to di albicocca secca escorza di arancia can-dita, macchia medi-terranea e resina, anticipa il ricordo più bello: l’uomoche sarebbe diventato suo marito le fa consegnare suun piattino, nascosta in un tovagliolo, una piccolascatola di velluto grigio che, aperta, svelerà gli splen-didi riflessi di un inatteso anello di fidanzamento.

SCENA 3 - Un lodge immerso nel verde dell’entroterradi Malibu. Non sembra di essere a pochi chilometridalla spiaggia che tutti ricor-dano per le imprese atletiche escanzonate dei surfisti del filmUn mercoledì da leoni. Allepareti di pietra sono appesitrofei di cervi, in piccole nic-chie tra le sale sono sistematepreziose collezioni di introva-bili vini californiani, sulleimpeccabili tovaglie bianche laluce delle candele fa brillare ibicchieri di cristallo e le posa-te d’argento. Portata dopo por-

tata, i cibi e i vini creano una splendida armonia,nella quale spiccano le note profumate delle costolet-te di agnello alle erbe, appena rosate e delicatamenteabbrustolite, succosa miscela di aromaticità e spezia-tura con sfumati ricordi amarognoli. Una struttura variegata, un caleidoscopio di saporiche disegnano un quadro di grande personalitàgusto-olfattiva, incorniciato alla perfezione dal carat-tere incisivo di un Napa Valley Cabernet Sauvignonche ha riposato a lungo in piccole botti di rovere ame-ricano, profumato di legno di cedro e prugne, ciocco-lato e tabacco, con un tannino levigato e ben integra-to con la morbidezza e la sapidità.

SCENA 4 - Mancano pochi giorni a Natale. Milano èavvolta da un sottile pulviscolo di umidità, non unanebbia densa e impenetrabile come quelle che neglianni ’60 attenuavano i contorni e i rumori della gran-de città. Al confine tra il suo cuore storico e la sua

anima commerciale, un ambien-te trendy, minimalista e raffina-to. Tavoli con sfumature bronzee,set all’americana di lino colortortora, illuminazione giocata suibagliori di centinaia di piccolelampadine. Il vino? Un’edizione speciale di unAlsace Riesling 2001, con uncoinvolgente, paradigmatico pro-fumo di idrocarburi, frutta esoticae candita, percorso da una venasapida scattante e ancora fre-

20_23_Romani Abbinamenti.qxp:Layout 1 7-11-2008 15:28 Pagina 22

Page 21: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

schissima, di incredibile intensità e interminabi-le persistenza aromatica. Il cibo? Un sashimi digamberi rossi, scampi, salmone, tonno e ricciola,inaspettatamente arricchito dall’aromaticità edalla speziatura di una manciata di mandorle tri-tate e di una delicata salsa alla senape, di unafettina di avocado con cannella e di una spruzza-tina di mild curry. La scelta di un vino così esu-berante sembrava un po’ azzardata, ma l’origina-lità degli stuzzicanti tocchi aromatici e speziatisulla disarmante semplicità del sashimi, hannopremiato il desiderio emozionale di assaggiarequel vino e l’ispirazione di un attimo. Ispirazioneche ha illuminato anche la combinazione di unacrema al tè verde con granella di nocciole e can-nella e di uno sformatino al cacao con pistacchi,con un affascinante Gewürztraminer VendemmiaTardiva, profumato di litchi e mango, pesche sci-roppate e rose, cannella e zenzero, dolce e avvol-gente, la cui vellutata morbidezza smorza allaperfezione la tendenza amarognola del cacao ecrea un mirabile equilibrio.

Cibo e vino, una magica alchimia tra effetti sen-soriali semplici o un po’ bizzarri, dettati dallarigorosa applicazione delle tecniche di abbina-mento o dall’estroso entusiasmo del momento.Una magica alchimia come quella tra due perso-ne che, anche grazie a un pot-pourri di sapori edemozioni, profumi e suggestioni, hanno ricomin-ciato da dove si erano lasciate, senza un attimodi esitazione, senza un attimo di imbarazzo.

20_23_Romani Abbinamenti.qxp:Layout 1 7-11-2008 15:28 Pagina 23

Page 22: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

24

Fu

men

oga

str

on

om

ia

Auguri, regali, tour de force parentali ecc. E mentre i profumi chearrivano dalla cucina si fanno sempre più irresistibili arriva il momen-to più importante per un fumenogastronomo, quello di sedersi a

tavola. Massimo rispetto per lo stile. Ogni posto è apparecchiato in modoperfetto: sottopiatto dorato accanto al lume in vetro ambrato, piattibianchi e oro, posate di raffinato design, candele accese nei candelieri dicristallo, bicchieri in cristallo - compreso i flute per il brindisi e i bicchie-ri da distillato – coppette con cucchiaio per il dessert e tazzine per il caffè.E se parliamo del menu delle festività più importanti ci perdiamo nei tempiperché sono la ripetizione, anche inconsapevole, di antichi miti e riti chescandiscono la civiltà cristiana e il ciclo liturgico. Dal magro al grasso,sono tante le tradizioni gastronomiche per il Natale. Soprattutto inItalia, dove prevale un uso di origine ecclesiastico, il magro rientra nellatradizione del pranzo della vigilia. Per il pranzo di Natale è d’obbligo il cap-pone o, come descrive Pellegrino Artusi riassumendo il costume borghe-se dell’Italia postunitaria: “Cappelletti all’uso di Romagna, crostini di fega-tini di pollo, cappone con uno sformato di riso verde, pasticcio di lepre,gallina di Faraone e uccelli, panforte di Siena, pane certosino di Bologna,gelato di mandorle tostate”. Mentre un capitolo a parte va riservato ai dolcinei quali prevalgono il miele, i fichi, le mandorle, l’uvetta ed altra fruttasecca. In sostanza, secondo queste scelte gastronomiche e rispettandol’aspetto rituale si comincia dalla vigilia di Natale, senza soluzione di con-tinuità, con il magro e si continua fino a mezzanotte con i bolliti e gli arro-sti.Non sarà forse il caso di allontanarci dagli eccessi dei pranzi e contropran-zi e dei brindisi che si susseguono per dedicarci di più ai festeggiamentie a dividere con chi amiamo il piacere semplice e raro di degustare uncibo, magari sobrio, ma sempre preparato con cura. Anche il grandeMaestro della cucina Massimo Bottura che dirige la brigata della suacucina all’Osteria La Francescana di Modena sembra andare in questadirezione con la proposta di un insolito piatto che parte da una base ditabacco Kentucky monocultivar toscano, o meglio pezzature di tabac-co Kentucky di provenienza toscana, già fermentate e essiccate nellaManifattura Tabacchi di Lucca.

Da Natalea Capodannotra stile e gusto

di Fabrizio Franchi

24_25_Franchi sigari toscani.qxd:Layout 1 30-10-2008 15:05 Pagina 24

Page 23: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

25

PRANZO DI NATALEPOLENTA IN SALSA DI BRASATO MODENESE CONTABACCO KENTUCKY MONOCULTIVAR TOSCANO

Si proceda: taglio di spalla di carne bianca modenese di 30 mesidi allevamento a cielo aperto, battuto di sedano, carote, cipollee alloro, uva fragola, tabacco Kentucky pezzato, il tutto innaffia-to da Lambrusco Grasparossa di Castelvetro e inserito nel sotto-vuoto. Esecuzione: cuocere sottovuoto a bassa temperatura - 63°Cper 10 h – Togliere la carne con il resto dal sottovuoto. Frullareil tutto e passare al setaccio. Unire la salsa alla polenta di fari-na di mais aromatizzata con olio essenziale al rosmarino. Il primoa rimanere sorpreso dalle note di speziato e affumicato che pro-vengono dal tabacco è lo chef che lo definisce “Polenta al cru difumo”

LA LUNGA NOTTE DI CAPODANNOIL MORO / GIANDUIOTTI ANTICA FORMULA PEYRANOLA RISERVA DEI CENT’ANNI UE NONINO

Con il suo formato maxi, il MORO segna momenti di abbondan-za, e per questo di gioia. Sarebbe difficile consumare il pranzodi Natale o il cenone di Capodanno senza il nostro magnum.Emozioni che possono essere condivise con l’intensità di un cioc-colato a base di gianduia in assenza di latte, nel rispetto del-l’antica ricetta torinese di Peyrano, in abbinamento ad un’elegan-te e persistente Acquavite d’Uva Nonino affinata per 12 anni.

I nuovi seminari e corsi sul sigaro toscano®

Per richiedere i corsi e seminari guidati dalFumenogastronomo® in collaborazione con Aisoccorrono minimo 25 partecipanti e " 18,00 diquota di partecipazione. Per ulteriori informazionicontattare numero verde tel. 800853335 oppurescrivete a [email protected].

A TUTTE LE DELEGAZIONI

� I sommeliers che hanno frequentato il corso sul sigaro toscano - delegazione Ais Bari

Ma un buon fumenogastronomo non può dimenti-carsi di arricchire anche il Capodanno con quel toccospeciale di stile e gusto che ci viene fornito dai siga-ri speciali della famiglia TOSCANO®, come il MOROe il MILLENNIUM che fanno la prima apparizione pro-prio nei mesi di novembre, dicembre e gennaio. Madove trovarli, visto che sono edizioni limitate? Vi con-sigliamo sempre di prenotarli per tempo dal vostrotabaccaio di fiducia, meglio se specializzato nella ven-dita di sigari, oppure attraverso il Club Amici delToscano www.amicidellatoscana.it

� Legno per l'essiccazione del tabacco

24_25_Franchi sigari toscani.qxd:Layout 1 30-10-2008 15:05 Pagina 25

Page 24: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

26

Enozodiaco

ARIETE 21 marzo – 20 aprileL’Ariete ama moltissimo mangiare. Tutti i nati sotto questo segno sono infat-ti delle ottime forchette, tendenti a privilegiare più la quantità che la quali-tà. Prediligono piatti sostanziosi che riempiono prima gli occhi e poi la pan-cia. Allo stesso tempo, esigono rapidità nel servizio e odiano i tempi morti trauna portata e l’altra. Durante i pasti, tendono a ingoiare in fretta il cibo, quasisenza riuscire a gustarlo nel modo adeguato.La loro dieta è ricca di proteine e per questo prediligono le carni, magariaccompagnate con una salsa saporita. Cibi consigliati sono senza dubbiopollame, coniglio, pesce, fagioli, formaggi e latticini in generale, carne magrapreferibilmente ai ferri. Tra le verdure indichiamo lattuga, carote, carciofi,zucchine, cavolfiori, cetrioli, ravanelli, pomodori e peperoni. Come fruttainvece mele, lamponi, fragole, cocco, melone e agrumi.Ai fornelli l’Ariete dimostra capacità di attenzione, scrupolosità e volontàdi primeggiare e per questo risulta sicuramente un ottimo cuoco.

Sangiovese di Romagna

TORO 21 aprile – 20 maggioIl Toro è un segno godereccio, dal palato fine, che ama sicuramente labuona tavola, ma che apprezza anche la bellezza e l’estetica del piattoche gli viene presentato. I nati sotto questo segno, prediligono più la quali-tà che la quantità e anche il modo con cui è apparecchiata la tavola el’ambiente sono per loro importanti elementi per un pranzo o una cena per-fetta. Spesso il loro piatto preferito è il dessert, che deve essere la chiusuraideale per il loro palato fine. Tendano a ingrassare facilmente e perciò nonperdono mai d’occhio la linea. Alimenti consigliati sono carne bovina, soglio-la, nasello, trota, riso, frutti di mare, uova e legumi.Come frutta si indicano mele, pere e ananas, mentre come verdure cavol-fiori, cipolle, asparagi, cetrioli, carciofi, ravanelli, zucca, spinaci, carote ebarbabietole. È da moderare invece, il consumo di cioccolata, aperitivi, frit-ti, carni grasse, cacciagione e insaccati.

Brachetto d’Asti

Cercare tra le stelle il futuro e sperare che l’anno a venire sia più fortunato di quello che sta per concludersi.Tra Natale e Capodanno veggenti e astrologi impazzano in televisione, la stampa dedica pagine allo zodiacoed è innegabile che l’oroscopo sia uno degli “sport” più praticati in questi giorni di festa. Anche i più scettici,

in fondo, quelli insomma che non vanno tutte le mattine a vedere sui giornali o su Internet che giornata li aspetteràsecondo gli astri, un’occhiata alle previsioni per l’anno nuovo la danno di sicuro. Noi vorremmo potervi dire cheavrete successo sul lavoro, in amore, oltre a ricchezza, salute e felicità, ma non abbiamo la sfera di cristallo. Cercheremoperò di incuriosirvi con uno zodiaco del tutto particolare. Perché ogni segno, avendo caratteristiche diverse, si com-porta in modo differente di fronte a una tavola imbandita e ha un particolare rapporto con il cibo e il vino.

Astroabbinamenti: a ogni segnoil suo vino

26_29_Lavizzari Zodiaco.qxp:Layout 1 3-11-2008 17:31 Pagina 26

Page 25: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

27

GEMELLI 21 maggio – 21 giugnoI Gemelli sono molto estrosi dal punto di vista alimentare e gastronomico eproprio per questo motivo amano sperimentare nuovi sapori e variare la lorodieta. Non disdegnano di provare le cucine esotiche e di tentare insolitiaccostamenti di sapori. Ma nonostante questo amano mantenersi in forma e per questo tendonoa limitare il consumo di grassi nell’alimentazione di tutti i giorni. Preferiscopiatti leggeri e creativi ed evitano le abbuffate.Alimenti consigliati sono pasta, riso, carni bianche, pollo, pesce, latte magroe legumi. Ottime anche le verdure crude come carote, rucola, pomodori,radicchio, asparagi e cavolfiori. Frutta a volontà, soprattutto albicocche,ananas, pere, pesche, prugne, mango, kiwi.Sono di solito molto estrosi nel cucinare e interessati a proporre piatti sem-pre nuovi e ricercati.

Aglianico

CANCRO 22 giugno – 22 luglioÈ un segno amante della cucina che tuttavia predilige generalmente piat-ti molto semplici, poco elaborati e allo stesso tempo genuini e sani.Sono molto esigenti e qualche volta schizzinosi innanzi a ciò che viene loropresentato a tavola. Apprezzano l’allegra compagnia di amici per i qualicurano ogni minimo dettaglio: l’atmosfera, l’eleganza, i colori, l’illuminazio-ne, la tovaglia, le stoviglie, l’abbinamento di piatti e vini, il menù raffinato.Gli alimenti consigliati sono yogurt, latte, pesce, uova, formaggio, vitello,coniglio. Verdure da privilegiare invece risultano cavoli, rape, zucchine, pata-te, carote, fagiolini, finocchi, zucca e funghi. Per quanto riguarda la fruttale scelte più indicate sono uva, mele, pere, agrumi e frutta secca.Tra i piatti preferiti ci sono sicuramente la pasta, il gelato e tutto ciò che èdolce.I nati sotto questo segno ai fornelli sono molto bravi: la sensibilità, il sensodella misura, lo stile nelle preparazioni e la raffinatezza determinano risulta-ti eccellenti.

Vin Santo

26_29_Lavizzari Zodiaco.qxp:Layout 1 3-11-2008 17:32 Pagina 27

Page 26: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

28

Enozodiaco

LEONE 23 luglio – 22 agostoI nati sotto il segno del Leone sono dei veri e propri gourmet e amano con-cedersi cibi raffinati senza badare a spese. Vogliono essere coccolati a tavo-la con piatti molto particolari e personalizzati per soddisfare il loro difficilepalato. La posizione del Leone è sicuramente a capotavola, dove può averetutto sotto controllo e intrattenere i numerosi amici, indispensabili per le suecene. In genere prediligono i cibi salati a quelli dolci e gradiscono porzionimoderate. I cibi consigliati per i nati sotto il segno del Leone sono cereali,carni bianche, pesce, riso, legumi, uova. Come verdure sono indicati mais,spinaci, carciofi, lattuga, cetrioli, cipolle. Tra la frutta invece mirtilli, lampo-ni, more, albicocche, prugne, noci, agrumi, ciliegie, fichi. Il Leone ai fornel-li è spesso e volentieri un cuoco attento e scrupoloso.

Barolo

VERGINE 23 agosto – 22 settembreLa Vergine è un segno molto pignolo e preciso che non ama particolarmen-te le novità, ma preferisce la cara vecchia strada all’incertezza della novi-tà. Questo atteggiamento un po’ chiuso si può ritrovare anche nei gusti conuna predilezione per la cucina pratica e tradizionale.Non amano le sperimentazioni e le ricette elaborate e solitamente nonapprezzano i piatti troppo speziati, mentre gradiscono le pietanze leggeree di facile digestione. Elemento distintivo è sicuramente l’estrema puliziadella sua cucina e la sua passione per la realizzazione di conserve e mar-mellate. Cibi consigliati sono frumento, avena, segale, minestroni di legumi,yogurt, carni bianche, formaggi leggeri. Tra le verdure insalata a foglie verdi,carote, patate, melanzane e rape, mentre tra la frutta gli agrumi, le albi-cocche, le pesche, le fragole e i kiwi.Da evitare invece, gli alimenti che fermentano facilmente nell’intestino, lebevande fredde, i salumi, il cioccolato, i piatti troppo elaborati e il caffè.

Chianti

BILANCIA 23 settembre – 23 ottobreI nati sotto il segno della Bilancia, a volte risultano un po’ disinteressati al ciboe proprio per questo motivo riescono ad adattarsi senza grossi problemi allamaggior parte delle tipologie di cucina e ai vari alimenti. Possiedono peròuno spiccato senso estetico e ciò che apprezzano sicuramente è una tavo-la imbandita a regola d’arte.Inoltre, i Bilancia, non amano le attese troppo lunghe tra una portata el’altra che li costringa a stare troppo a tavola.Amano alternare ricette tradizionali con piatti tipici di cucine etniche edesotiche. Cibi consigliati sono riso integrale, prosciutto, tacchino, latte e lat-ticini, pesce, frutti di mare, formaggi freschi, yogurt.Tra le verdure asparagi, spinaci, barbabietole, carote, peperoni rossi, verdie gialli, lattuga, ravanelli, champignon. I frutti più adatti sono mele, uva,ribes, mirtilli, fragole, fichi, noci e mandorle.Inoltre, proprio per il suo scarso interesse verso il cibo, tende a non cavar-sela troppo bene ai fornelli.

Amarone della Valpolicella

SCORPIONE 24 ottobre – 21 novembreI nati sotto il segno dello Scorpione amano spesso iniziare pranzi e cene conun antipasto, a base di stuzzichini e tartine.Apprezzano moltissimo i piatti a base di pesce, soprattutto se si tratta di cro-stacei e molluschi pregiati che assecondano la sua voglia di particolarità eraffinatezza. Quello che invece detestano è non avere la possibilità di sce-gliere ogni singolo piatto: anche una sola portata non gradita riesce ainfastidirli e a metterli di cattivo umore.Cibi consigliati sono pesce, carne bianca, formaggi, minestrone, fagioli, lat-ticini, polenta, yogurt, uova. Tra le verdure asparagi, cavoli, cipolle, ravanel-li, peperoncini verdi, zucchine, carciofi. Come frutta preferita ricordiamo:prugne, ciliegie, fichi, noci. Lo Scorpione ai fornelli si cimenta con passionee coinvolgimento, creatività ed estro.

Morellino di Scansano

26_29_Lavizzari Zodiaco.qxp:Layout 1 3-11-2008 17:32 Pagina 28

Page 27: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

29

SAGITTARIO 22 novembre – 21 dicembreIl Sagittario è un segno che dal punto di vista alimentare si accontenta facil-mente, non è particolarmente esigente. Predilige i primi saporiti seguiti daun secondo più semplice e da un buon dessert.Tra tutti i segni zodiacali i nati sotto il segno del Sagittario sono quelli cheamano ed apprezzano di più la cucina tipica regionale e tradizionale.Ama sedere a tavola per stare in compagnia di amici e parenti che con-tagia con il suo entusiasmo.Tra gli alimenti indicati segnaliamo cereali, carne equina, pesce, vitello, ceci,soia, uova, latte e yogurt. Tra la verdura porri, asparagi, cavolfiore, melan-zane, pomodori, carote, mentre come frutta agrumi, uva, mirtilli, mele, pere,prugne, pesche, fichi e fragole. In cucina il Sagittario è un cuoco originalee sorprendente.

Greco bianco

CAPRICORNO 22 dicembre- 20 gennaioIl Capricorno è sotto il punto di vista alimentare un segno molto particolare,capace di grandi contrasti e diversità. Sotto questo segno, infatti, si posso-no trovare sia dei veri e propri buongustai sia degli individui completamen-te disinteressati al cibo. I nati sotto il segno del Capricorno sono dei grandiintenditori e per questo amano i cibi ed i vini ricercati e pregiati. Amano laricercatezza nella presentazione delle pietanze e apprezzano moltissimo letavole imbandite con raffinatezza ed eleganza.Una passione ricorrente è la cioccolata in tutte le sue forme ma soprattut-to fondente. I cibi consigliati sono cereali integrali, legumi, latte, yogurt,formaggi, uova, carne di agnello e prosciutto.Le verdure più adatte sono pomodori, patate, spinaci, barbabietole, zuc-chine, peperoni. La frutta amata dal Capricorno è molto varia e passa damele, ciliegie, albicocche e frutti di bosco fino a melone, uva, ananas ebanane. Il Capricorno è un cuoco attento, puntiglioso e rispettoso dellacucina tradizionale.

Brunello di Montalcino

ACQUARIO21 gennaio – 19 febbraioÈ senza dubbio uno dei segni più amanti del cibo in assoluto. L’Acquario,infatti, gradisce oltre alla buona cucina anche porzioni molto abbondantie sostanziose. Purtroppo, a questo amore per il cibo, spesso si contrappon-gono delle intolleranze alimentari che frenano un po’ la sua golosità.Segno fantasioso, ama applicare questa sua dote anche nella realizzazio-ne e composizione della tavola e con un tocco di originalità propone anchedegli accostamenti di sapori non troppo classici.Cibi indicati sono formaggi, latte, yogurt, carne in generale, gamberi, sal-mone. Tra le verdure ricordiamo spinaci, barbabietole, piselli, patate, fagio-lini, carote, asparagi, carciofi, cavoli, cetrioli, lattuga, sedano e ravanelli. Perquanto riguarda la frutta fichi, fragole, mele, pere, cocco, mango, papaia,kiwi. Ama la macedonia. Si applica molto in cucina, ma non sempre i risul-tati sono all’altezza dell’impegno profuso.

Bollicine di Franciacorta

PESCI 20 febbraio – 20 marzoCaratteristica dei nati sotto il segno dei Pesci è sicuramente la loro incorreg-gibile golosità e il loro bisogno continuo di mettere qualcosa sotto i denti:cibo abbondante a tutte le ore della giornata, soprattutto dolciumi. Prediligei ristoranti con un buon rapporto qualità-prezzo. Ha un grande senso dell’ospitalità e gradisce la compagnia di molti amici.Alimenti consigliati sono latte, yogurt e formaggi non fermentati, pesce, riso,ostriche, carne di manzo e di vitello, uova. Come verdure invece cetrioli, lat-tuga, zucca, cicoria, carote, rape. La frutta preferita dai Pesci sono albicocche, prugne, banane, ananas, noci,nocciole, mandorle. È un cuoco tradizionalista, ma si lascia anche influen-zare dalle novità esotiche.

Ribolla Gialla

26_29_Lavizzari Zodiaco.qxp:Layout 1 3-11-2008 17:32 Pagina 29

Page 28: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

30

Le i

nte

rvis

te i

mp

ossib

ili

Siamo nella trecentesca Rocca di Riolo, sull’Appennino forlivese, dapoco riaffiorata dalla memoria con tutta la sua imponenza architet-tonica: gli ultimi visitatori, curiosi dei segreti del Medioevo, stannolasciando la Sala del Pozzo dove una voce femminile, registrata, haappena finito di raccontare le tappe principali degli intensi 46 annidi vita di Caterina Sforza, “la signora della Romagna”. “Tra questemura rivivo gli intrighi, le battaglie, gli affetti, gli amori e mi rivedosovrana e savia donna di Stato; poi spietata donna d’arme; poi madrepremurosa e amante appassionata; poi ancora alchimista e cultricedi estetica e scienze. Sapevo colpire, e amare… con le parole, e con laspatha… e con altri miei sortilegi. Spesso mi domando come io siastata tutto questo insieme, tra un assedio e l’altro, dieci figli, tre mari-ti e mille intrighi da sbrogliare”. Nella stanza pochi oggetti: una spadae un elmo, a ricordo del valore di Caterina e dello sprezzo del perico-lo con cui scese in battaglia per la difesa delle sue terre; un baulettocontenente carte sparse per ricordare il suo amore per la cultura;un monile e uno specchio, appoggiati sul tavolo, a sottolineare il suoamore per la bellezza e la cura del corpo femminile. Sul muro la copiadi un ritratto di lei, fatto da Lorenzo di Credi, oggi nella Pinacotecadi Forlì: appare fiera e solenne, con un gesto leggero ed elegante sem-bra sfiorare il profumo dei gelsomini. Quel profumo forte e intenso mi raggiunge alle spalle e mi porta astaccarmi dal gruppo e a tornare nella Sala del Pozzo. Una figurafemminile dai profili eleganti e fieri mi dà le spalle. E’ soltanto attra-verso lo specchio che tiene alto nella mano destra che riconosco ilvolto di Caterina. Mente larga di paesaggi, due punti di fuga negliocchi: uno al passato e uno al futuro in un equilibrio di presente chela rende silenziosamente in ascolto del suo tempo. Le mani leggere edeleganti controllano che la collana appoggiata al lungo collo e allespalle morbide sia ben in sintonia con la sua persona.

Giannella Donna Caterina, sono ammirato e sorpreso di essere entrato nelladimensione privata della sua vita, ma quel profumo di gelsomini, il suo voltonello specchio e ora la sua elegante fierezza sono ossigeno per la miacuriosità. Posso chiederle un’intervista? Caterina Sforza Va bene. Accetto di risponderle, ma a una condizione: che leinon mi faccia domande sulla mia vita privata. E’ stata molto complicata, anchese non rinnego nessuna delle scelte che ho fatto. Negli ultimi tempi voi cro-nisti avete smesso di consumare le suole delle scarpe per privilegiare altreinchieste più facili: per esempio, quelle sugli affari di cuore dei soliti noti. Conle sfide epocali che il pianeta deve affrontare, la crisi alimentare, le migra-

Caterina Sforza: le mille virtù

del vino e del cardo

INTERVISTATA

NELLA NOSTRA RUBRICA

LA SIGNORA

DI IMOLA E FORLÌ,SUPERIORE PER FAMA

A OGNI DONNA

DEL SUO TEMPO, SVELA COME

PRESERVARE

LA BELLEZZA

E MANTENERSI GIOVANI

di Salvatore Giannella

� Lorenzo di Credi La dama dei gelsominiparticolare

30_34_Giannella Int. Impossibile.qxp:Layout 1 7-11-2008 15:41 Pagina 30

Page 29: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

31

zioni di massa, l’energia, l’effetto serra, la finanza creativa che sta mettendoin ginocchio l’economia, mi aspetto dalla lettura dei giornali di capire le variestrategie con cui si muovono i potenti di tutta la Terra e invece...

Giannella E invece?Caterina Invece legga qua, questa è la mazzetta dei giornali che ho trova-to oggi sul tavolo dei miei bravi amici della Cooperativa Atlantide. C’è daperdere la testa, meno male che trovo un riepilogo efficace sulla Stampa diTorino. Dunque: Rachida Dati, ministra della Giustizia del governo diNicholas Sarkò (quello diventato famoso per aver divorziato dalla primamoglie Cecilià e sposata l’italiana Carlà) è incinta di un uomo misteriosoche qualcuno sostiene possa essere addirittura Aznar, l’ex premier spagno-lo la cui figlia ha sposato il banchiere Agag, amico di Flavio Briatore, il qualesi è unito in matrimonio con Elisabetta Gregoraci, cui qualcuno vede unainesistente pancetta (ben più consistente è quella di lui, che sia lui aessere rimasto incinto?) ma ha litigato con Daniela Santanchè che, cau-sando una brutta crisi nel suo partito, flirta politicamente con Berlusconi,accusato da Sabina Guzzanti di aver flirtato non solo politicamente conuna delle sue ministre, peraltro apparse su diverse copertine nell’atto dibaciare con passione i loro fidanzati: giovani e tosti, ma mai quanto l’esqui-smese che ha messo incinta la figlia diciassettenne della vice di McCain,Sarah Palin, di cui si sussurra che abbia, o abbia avuto, un amante cheforse è Aznar, o Sarkò, o un Briatore dei ghiacci alla guida di una Renna(ult),o magari lo stesso McCain, che però potrebbe anche vivere una intensa etravagliata love story con Barack Obama e anzi sta già circolando la vocesu Internet che i due antagonisti abbiano avuto un figlio in provetta, MichaelJackson, che per questo avrebbe problemi di pelle... Insomma, roba da per-dere la testa, non le pare?

� Il ritratto di Caterina Sforza dal titolo La dama dei gelsominidi Lorenzo di Credi, conservato nella Pinacoteca Civica di Forlì

A proposito del piùfamoso quadro diLeonardo da Vinci,"La Gioconda",una recente ipote-si, avanzata dallastudiosa tedescaMagdalena Soest e presa inconsiderazione anche dagliesperti del Museo di SanPietroburgo, in Russia, sibasa sulla scoperta di unfatto nuovo: la sovrapponi-bilità dei lineamenti delvolto di Monna Lisa conquelli della dama in questoritratto di Caterina Sforza diLorenzo di Credi. A questo punto, risulterebbeche il personaggio storicoche ha ispirato Leonardoaltri non sarebbe cheCaterina Sforza.

Curiosità

� La Rocca di Riolo

30_34_Giannella Int. Impossibile.qxp:Layout 1 7-11-2008 15:41 Pagina 31

Page 30: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

32

Le i

nte

rvis

te i

mp

ossib

ili

Giannella Capisco, e condivido in parte la sua critica anche se mi sembratroppo severa. In fondo, nelle piazze d’Italia si parla di cose serie ma si accen-na anche a cose futili. Comunque la sua tirata d’orecchi non mi riguarda.Come cronista non mi ha mai solleticato la voglia di superare la soglia dellecamere da letto altrui. Quindi prometto: niente domande sulla vita priva-ta. Anche se....Caterina (sospettosa) Anche se cosa?

Giannella Anche se, donna Caterina, una grande curiosità l’avevo e conti-nuo ad averla su quel versante intimo.Caterina Quale curiosità? Mi incuriosisce a mia volta.

Giannella Ho letto in una sua biografia che Cesare Borgia, il terribile Valentino,dopo aver assediato per giorni il suo castello, quando riuscì a catturarla,si rinchiuse con lei in una stanza per 15 giorni. Nessuno fino a oggi sa checosa successe tra voi due...Caterina Lasciamo il mistero su quella pagina della mia vita. E’ così bello,in un mondo che sa tutto di tutti e con tutti che si mettono in mostra, avereancora sparso qua e là qualche angolo discreto. Comunque a proposito diquell’episodio del Valentino, mi piace ricordarle che quando uscimmo daquel castello e fui portata a Roma come prigioniera, cavalcai a fianco delvincitore vestita come una regina. A buon intenditor...

Giannella Anche nella disgrazia si confermò come la prima donna d’Italiadel suo tempo. O, per dirla con le cronache rinascimentali, come “quellatigre di la madonna di Forlì che avea tanto spaventata la Romagna”.Combattiva e soprattutto molto bella. Pare che lei avesse superato per famae fascino ogni altra donna del suo tempo. A 36 anni, età in cui le sue con-temporanee erano già considerate vecchie, lei conservava intatta la freschez-za dell’adolescenza con la folgorante bellezza. Mi può confidare qualcunodei suoi segreti?Caterina Vada alla Biblioteca di Forlì e si procuri il mio volume. Ha pertitolo Experimenti de la Exellentissima Signora Caterina da Furlj e l’horedatto nel corso di vent'anni tra un assedio e l'altro. In esso sono contenu-te 454 ricette e diete alimentari di ogni tipo delle quali 358 riguardano lamedicina, 30 la chimica e 66 la cosmesi, fino ai rossetti per le guance. Li hosperimentati personalmente in un laboratorio alchemico.

Giannella Per aiutare i nostri lettori, mi sintetizzi un paio di consigli utiliper le donne d’oggi. Caterina Beh, vista la natura della sua testata, le direi: il vino e il Silybummarianum.

Giannella Il Silybum che? Che cosa nasconde questo nome scientifico? Caterina La pianta del cardo. Le sue prime origini sono state trovate inEtiopia e in Egitto, poi dall’Africa settentrionale si è diffuso in tutto il baci-no mediterraneo. Inizialmente fu usato dalle puerpere europee per aumen-tare il loro latte materno. Le chiazze bianche sulle foglie simboleggiano legocce del latte della Madonna cadute mentre allattava il Bambin Gesù. Daqui il nome di cardo mariano. Sono sorpresa dal fatto che dai moderni siastata trascurata la forza terapeutica di questa pianta. Chi mangia il cardoguarisce tutti i mali di testa, cura l’udito, aguzza la memoria, guarisce dallevertigini, cura il cervello e la vista, libera la milza, elimina il catarro e miglio-ra le membra deboli dei paralitici. L’infuso di cardo, con vino rosso, guari-sce ogni dolore del corpo ed espelle ogni impurità. Il distillato di cardo, bevu-to la mattina digiuno, elimina i cattivi umori e conserva i buoni. Bere undecotto di cardo con vino bianco e coprirsi con panni caldi, guarisce ognifebbre. Bere la polvere di cardo con brodo o vino bianco caldo purifica lagola e lo stomaco, elimina il cattivo sangue e genera il buono, poi allarga ilpetto e aguzza l’appetito. La polvere fa dormire, tiene il cuore allegro e poimitiga il mestruo alle donne. Infine, masticando la radice del cardo, fa benealle gengive et boni denti.

� Il Cardo Mariano, fiore dalle innumerevoli virtù curative

30_34_Giannella Int. Impossibile.qxp:Layout 1 7-11-2008 15:42 Pagina 32

Page 31: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

33

Giannella Come è arrivata a scoprire le molte virtù del cardo? Caterina Nella mia vita mi sono sempre circondata dei migliori medici e l’at-tenzione alla ricerca mi ha confermato la bontà delle intuizioni di questiscienziati che mi onoravano della loro amicizia. Sono stati loro a indicarmile proprietà epatoprotettive di questa pianta, in grado di migliorare la fun-zionalità delle cellule del fegato, abbassare i trigliceridi e il colesterolo.Funziona anche da tonico e rigenerante del fegato nelle malattie epatichedovute ad alcool, a consumo di droghe, a veleni ambientali.

Giannella Insomma un’arma essenziale per il benessere femminile e anchedell’uomo.Caterina Più per la donna. Vede, il cardo contiene una gran quantità di fitoe-strogeni, detti flavonolignani, che regolano la produzione ormonale femmi-nile, il cui equilibrio è fondamentale per il benessere generale della donna.

Giannella Adesso che ci penso, di questi flavonolignani ho sentito parlareil giorno in cui un mio amico era stato ricoverato con urgenza per intossi-cazione da funghi.Caterina Esatto. Un trattamento endovenoso con un derivato solubile deiflavonolignani è oggi un importante fattore salvavita nella terapia stan-dard di casi di avvelenamento da Amanita phalloides. Mi fermo qui, riba-dendole la mia totale fiducia nelle qualità del cardo amico del fegato. Contutto quello che il fegato deve filtrare tutti i giorni, non è una sorpresa chepossa essere a volte sovraccaricato. Il cardo mariano può aiutare a ringio-vanirlo e anche a proteggerlo dai danni futuri. Chiunque abbia avuto epa-titi, cirrosi o altre condizioni del fegato dovrebbe aggiungere il cardo comeintegratore. In effetti, non farebbe male se tutti lo prendessero abitualmen-te come erba tonica.

Giannella Mettiamo da parte il cardo, le cui azioni nella Borsa salirannocome non mai dopo queste sue rivelazioni. Passiamo ai vini. Ha saputoche nella città romagnola da cui ha preso origine la vostra dinastia, l’anti-ca Cotoniola e odierna Cotignola, hanno presentato cinque vini inneggian-ti alla sua dinastia?Caterina No, questa mi è sfuggita. Ah, Cotoniola: quanti ricordi mi fa affio-rare! Anno 1411, momento storico determinante per la mia famiglia. PapaGregorio XII cedette, per i servizi svolti, quella contea ravennate al capita-no di ventura Giacomuzzo Attendolo, detto Muzio, mentre il soprannome di

UNA VITA AVVENTUROSA

� La Rocca di Riolo

1462: Caterina nasce figlia illegittima di Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano, e di Lucrezia Landriani,moglie del gentiluomo di corte Gian Piero Landriani.

1473: a poco più di 10 anni va in sposa a Girolamo Riario, nipote del Papa Sisto IV. Il matrimonio vieneconsumato solo dopo il compimento del tredicesimo anno della sposa.

1477: Sisto IV procura a Girolamo prima la signoria di Imola e poi, 1480, quella di Forlì.1484: la morte di Sisto IV segna una svolta nella vita, fin ad allora in discesa, dei coniugi Riario.1488: Girolamo viene ucciso il 14 aprile dopo l’ennesima congiura capeggiata dalla famiglia forlivese

degli Orsi, Caterina e i figli fatti prigionieri. Qui alcuni biografi pongono un episodio da leggenda:Caterina, stando sulle mura della Rocca, avrebbe risposto a chi minacciava di ucciderle i figli senon si fosse arresa: “Fatelo, se volete”, e, sollevandosi le gonne e mostrando con la mano il suosesso: “Ho con me lo strumento per farne degli altri”. Gli Orsi non osarono toccare i giovani Riario. Il30 aprile Caterina recupera il governo sia di Forlì sia di Imola anche grazie all’appoggio dello zioLudovico il Moro, interessato a garantirsi un’influenza in Romagna. Si sposerà altre due volte: conGiacomo Feo (anche lui ucciso, 1495) e Giovanni de’ Medici, giunto alla sua corte come amba-sciatore della Repubblica di Firenze (muore poco dopo, nel 1498).

1497: entra in corrispondenza con Girolamo Savonarola, al quale chiede consigli spirituali.1500: viene fatta prigioniera da Cesare Borgia e portata a Roma, nella fortezza di Castel Sant’Angelo.1501: viene liberata. Ma Papa Alessandro VI pretende la firma ai documenti per la rinuncia dei suoi Stati.

Si trasferisce a Firenze. Perduta ogni possibilità di ripristinare il suo antico potere, trascorre gli ultimianni della sua vita dedicandosi ai suoi figli, in particolare a Ludovico poi ribattezzato Giovannidalle Bande Nere (il più piccolo, avuto da Giovanni de’ Medici), ai suoi nipoti, al libro dei suoi“experimenti”.

1509: una polmonite la porta alla morte il 28 maggio.

30_34_Giannella Int. Impossibile.qxp:Layout 1 7-11-2008 15:42 Pagina 33

Page 32: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

34

Le i

nte

rvis

te i

mp

ossib

ili

"Sforza" successivamente sostituirà il cognome e come talesarà tramandato agli eredi. Nel 1450 il primogenito di Muzio,Francesco Sforza, capitano di ventura come il padre, diedeinizio al governo della dinastia Sforzesca nel ducato di Milano.Dodici anni dopo nasco io a Milano. Ma torniamo a Cotignola,mi fa piacere che quella città voglia recuperare le proprie ori-gini e tradizioni utilizzando lo "stile Sforza": intraprendenza,determinazione, passione ed equilibrio, è il poker vincenteper un nuovo rinascimento non solo della Romagna . Mi dice-va dei vini dedicati a noi...

Giannella Confermo. Uno porta il nome di Muzio Attendolo, altri di Francescoe Ludovico Sforza, un quarto è dedicato all’intera dinastia, la Gensforza, eun quinto porta proprio il suo nome, donna Caterina.Caterina Sforza Oh bella, e com’è? L’ha assaggiato?

Giannella Io non ancora, ma me lo ha descritto uno specialista di scienzaagroalimentare, Pier Luigi Nanni. Il vino, che si ottiene in purezza dalTrebbiano di Romagna, si presenta giallo paglierino con nette sfumaturedorate, brillante e vivo; marcati profumi floreali e fruttati, intensi e persi-stenti, fine; secco e delicata freschezza unita alla piacevole sapidità, sento-ri di frutta bianca matura e fiori campestri appassiti, nota finale di sottilearomaticità, ottima struttura e gradevole retrogusto di amarognolo appe-na accennato, raffinato. Si sposa con antipasti di pesce, uova e primi piat-ti come i cappelletti in brodo e i tortelli con ricotta e spinaci, mentre concarni bianche è unico! Stappare al momento e servire a 8-10 gradi instretti e luminosi calici.Caterina Chiederò alla mia amica sindachessa di Riolo, Emma Ponzi,quella che mi ha riconsegnata questa casa-rocca, di lasciare nella Sala delPozzo qualche bicchiere di questo vino. Sa, il vino è una garanzia per l’este-tica femminile. Una bella donna, che sia gelida e impacciata, distante edistaccata, non può essere esteticamente attraente. Il vino serve a vivifica-re l’aspetto, a far decollare lo spirito (e quindi tutto il comportamento), fa cre-scere la socialità, la fiducia, la maggiore confidenza con gli altri. Anche ledonne più scostanti diventano allora più accostanti e quindi, per chi le osser-vi in totalità, esteticamente più belle. Una delle più belle donne del Seicentofrancese, Ninon de Lenclos, che a 80 anni non aveva ancora una ruga e veni-va richiesta in sposa dal giovane abate Grécy pronto a lasciare per lei la tona-ca, richiesta del segreto della sua bellezza perenne, disse semplicemente:“Non mi sono mai addolorata per le avversità della vita, ho dato al sonno leore dovutegli e, soprattutto, mi sono sempre rallegrata con qualche buonbicchiere di vino”. E uno scrittore di cui le avrà parlato il suo maestro e amicoEnzo Biagi, Paolo Monelli, ha scritto che, sul piano estetico, con il vino “sidilegua la nebbia degli anni dal volto delle donne che ci stanno vicine, gliuomini ci sembrano tutti leali e le donne tutte amorose. Il passato torna pre-sente e l’avvenire appare colmo di piacevoli avventure”. Tutto diventa poe-sia, affrancamento dalla ragione e dalla realtà quotidiana.

Giannella Vediamo sempre più Caterina in ogni donna a noi vicina, grazieal vino che diventa un filtro magico...Caterina Esatto. Senta ancora Monelli: “Più beveva, più le si lisciava la pellee gli occhi le splendevano e le si rassodava il corpo, come uscisse dallafontana di giovinezza. Ottimismo e amore del prossimo nati dal vino”. E ioaggiungerei: nascono anche la fedeltà alle nostre passioni, ai nostri interes-si, ai nostri progetti. Ancora oggi continuo a scrivere per aggiornare il librodi ricette di cui le parlavo. Ecco perché lei ha sentito il profumo dei gelso-mini. E’ dalle qualità di questo fiore che adesso la mia mente è presa”.

Giannella Capisco, e la lascio alle sue ricerche. Tornerò per aggiornarmi.Arrivederci.

Le precedenti Interviste impossibili di Salvatore Giannella sono state dedicate a Garibaldi, Mozart, Leonardo da Vinci, Cavour e Fellini

� I vini dedicati alla dinastia degli Sforza

� La Sala del Pozzo nella trecentesca Rocca di Riolo

30_34_Giannella Int. Impossibile.qxp:Layout 1 7-11-2008 15:42 Pagina 34

Page 33: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

36

Nu

ove a

ssocia

zion

i

Nel clima distratto dell’estate, sia pure di un’estate bizzarra come quel-la del 2008, non sono stati in molti a rendersi conto che la fondazio-ne della Fivi, Federazione italiana vignaioli indipendenti, decisa il

29 luglio scorso nella prestigiosa cornice della reggia di Colorno dai rappre-sentanti di oltre 400 aziende vitivinicole, è stata a suo modo un evento sto-rico. Eppure l’importanza del nuovo sodalizio non è difficile da intuire: è laprima volta che a unirsi non sono gli industriali o i commercianti di vino mai produttori autentici, quelli che coltivano il proprio vigneto e invece di ven-dere le uve ai mediatori o di conferirle alla cantina sociale le vinificano inproprio, dirigendo di persona il processo produttivo in tutte le sue fasi, dal-l’impianto delle viti alla commercializzazione delle bottiglie. Come mai questi vitivinicoltori, che sarebbero dovuti essere i primi, sonoarrivati buoni ultimi a raggrupparsi su scala nazionale? Come mai hannodimostrato solo adesso di rendersi conto che l’unione fa la forza? Il ritardoha motivazioni di natura sociologica: mentre chi opera nell’industria e nelcommercio è partecipe di una civiltà urbana nella quale non s’è trovato fino-ra modo migliore, per difendere gli interessi di categoria, che costituire asso-ciazioni sindacali, gruppi di pressione, lobbies, i vignaioli fanno parte inve-

LA FEDERAZIONE

ITALIANA VIGNAIOLI

INDIPENDENTI

HA LE IDEE CHIARE:EVITARE CHE IL VINO

PERDA LA PROPRIA

IDENTITÀ, SEMPRE LEGATA

AL LUOGO D’ORIGINE

di Cesare Pillon

Fare quadrato intorno

al terroir

36_39_Pillon Vignaioli.qxd:Layout 1 30-10-2008 11:17 Pagina 36

Page 34: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

37

ce del mondo contadino, e gli agricoltori, chevivono sparpagliati nelle campagne, sono tra-dizionalmente spinti da quella stessa condi-zione all’individualismo. Quelli italiani, poi, sono individualisti in misu-ra più accentuata non soltanto perché vivonoin un paese diviso da sempre tra Guelfi eGhibellini, ma anche per eccesso numericodi concorrenza: i 700 mila ettari di vigneto dellapenisola appartengono a più di 800 mila pro-prietari, con una proprietà media inferiore aun ettaro pro-capite, una polverizzazione chenon esiste in nessun altro Paese del mondo.E’ vero che poi a imbottigliare sono soltanto (sifa per dire) 25 mila aziende, ma anche in que-sto caso la stragrande maggioranza delle impre-se è di minima dimensione. E il tasso di liti-giosità è altissimo, quando si è in troppi a divi-dere la stessa torta. Ma i piccoli vignaioli riu-nitisi a Colorno sembrano aver superato la fase

infantile delle rivalità, tant’è vero che hanno eletto il loro presidente all’una-nimità. E’ stato un plebiscito, il loro, anche perché il candidato prescelto èuna figura davvero esemplare e carismatica, quella di Costantino Charrère,un vigneron valdostano cui è riuscita un’impresa che ha del miracoloso: hamesso insieme, nella sua regione di montagna dove le proprietà agricole sonoal limite minimo di dimensione, 25 ettari di vigneto, e con la produzioneche questi gli consentono, 220-230 mila bottiglie all’anno, ha ottenuto unamassa critica sufficiente per poter puntare sull’esportazione, cosicché è ilsolo che sia riuscito finora a far conoscere i vini valdostani non solo agliintenditori italiani ma a quelli di tutto il mondo. Se, con la dinamica presidenza di Charrère, la Fivi riuscirà a rappresenta-re davvero i vignaioli-imbottigliatori, che costituiscono il cuore della produ-zione vinicola italiana, essa diventerà un punto di riferimento di straordina-ria importanza, perché l’unico in grado di esprimere le esigenza di tutta lafiliera produttiva e non di una parte soltanto. E come espressione di questasintesi sarà il più naturale interlocutore del parlamento e del governo pertutte le decisioni che riguardano l’attività vitivinicola. L’esempio a cui ispi-rarsi, del resto, esiste già: in Francia l’associazione Vignerons Indépendants,che raccoglie più di 10 mila soci e rappresenta il 55 per cento della superfi-cie vitata, è riconosciuta dallo stato e le sue prese di posizione hanno unpeso rilevante nella politica agricola del paese. Proprio dai vignerons francesi, con cui i vignaioli italiani hanno avuto unimportante incontro a Montpellier nella primavera del 2007, è venuto l’im-pulso che ha portato alla creazione dell’associazione italiana, nata perciòsenza chiusure provincialistiche, guardando con attenzione anche al di làdelle frontiere. “Uno dei nostri primi obiettivi”, spiega infatti Charrère, “è

quello di entrare a far parte della ConfédérationEuropéenne des Vignerons Indepéndants, inmodo da creare un’importante rete di piccolie medi produttori su scala continentale: unarete che riesca a incidere positivamente sullepolitiche di settore. Il recepimento a livellonazionale della nuova Ocm è il primo temasu cui ci stiamo attivando”. Ma qual è l’ideale intorno a cui si sono raccol-ti i vignaioli indipendenti? Eccolo: bisogna scon-giurare il pericolo che il vino, seguendo unaderiva che coinvolge molta parte della societàitaliana, si globalizzi, si omologhi, perda la pro-pria identità e riconoscibilità, che è indissolu-bilmente legata al luogo d’origine. E’ un’auten-tica rivoluzione culturale, perciò, quella cheCharrère intende attuare partendo dalla valo-rizzazione del territorio. “Ci batteremo a fondo”,annuncia, “perché parole come terroir e vigne-

36_39_Pillon Vignaioli.qxd:Layout 1 30-10-2008 11:17 Pagina 37

Page 35: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

38

Nu

ove a

ssocia

zion

i

ron non siano usate a sproposito anche da coloro che si fanno belli con con-cetti come questi, senza praticarli nella realtà quotidiana”. Non possono ovviamente essere membri della Fivi commercianti e cantinesociali. Lo vieta uno statuto di rigore calvinista anche nel selezionare gli ade-renti, ed è questa una manifestazione di serietà che non ha molti prece-denti: di solito le associazioni, almeno nella fase iniziale, non vanno tantoper il sottile nel cercare proseliti che ingrossino le loro file. Ma è stata pro-babilmente proprio questa volontà di costruire un organismo dall’identitàben definita che ha convinto i vignaioli davvero indipendenti, anche quelli digran nome, ad aderire al sodalizio sia prima sia dopo la fondazione. “Siamogià arrivati a circa 600 adesioni”, dice Charrère. Il boom delle iscrizioni èstato favorito dalla natura federativa assunta dall’organismo: i soci fondato-ri non sono stati infatti dei produttori in ordine sparso, ma intere associa-zioni, importanti su scala locale, che sentivano l’esigenza di un raggruppa-mento a livello nazionale. “Parecchie associazioni infatti sono entrate in massa”, conferma Charrère,“come quelle dei vignaioli dell’Alto Adige, del Trentino e della Valle d’Aosta.Poi abbiamo avuto importanti adesioni nelle regioni strategiche dell’enolo-gia italiana: in Piemonte i moscatisti e Langa In, in Toscana i Grandi Crudella costa, nel Veneto molti esponenti di primo piano. Abbiamo voluto nellenostre file le aziende biologiche e biodinamiche perché siamo coscienti chenon ci sarà futuro se non si praticherà un’agricoltura sostenibile, maanche in questa settore c’è molta confusione: dovremo muoverci perciò conrigore, facendo molta attenzione”. Il timore è che il bio diventi sempre più unfenomeno di moda, con regole troppo vaghe, verificate da controllori autore-ferenziati. Su questo tema chi ha le idee più nette è uno dei due vicepresidenti dellaFivi, Saverio Petrilli, enologo della tenuta di Valgiano, sulle colline lucchesi:“L’approccio biologico”, sostiene, “si risolve, salvo poche eccezioni, nell’evi-tare azioni negative e nell’utilizzare sostanze diverse (spesso più care) in sosti-tuzione di quelle chimiche. Ma il metodo di agricoltura è sostanzialmente lostesso di quello convenzionale, basato sulle due stesse malefiche regole: 1)credere che ciò che si porta via dal campo vada riportato; 2) nutrire le pian-te per terra dalle radici invece di lasciare che si nutrano con le foglie nel cieloda energia solare e anidride carbonica”.

36_39_Pillon Vignaioli.qxd:Layout 1 30-10-2008 11:17 Pagina 38

Page 36: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

39

L’agricoltura biodinamica, nella concezione di Petrilli, consiste invece in unapproccio totalmente libero che mette in grado il viticoltore di dare un impul-so dinamico ai processi naturali, consentendogli di produrre salute invecedi combattere malattie. “E’ un’autentica rivoluzione”, sostiene, “con la qualeci si può affrancare dalle dipendenze economiche e tecniche a cui costringel’agricoltura tradizionale: la sudditanza alle Università, detentrici del sape-re, allo stato, che elargisce le sue elemosine, alle industrie chimiche, che con-trollano i mezzi di produzione, alle aziende di distribuzione, che decidono iprezzi e impongono i loro concetti di qualità”. Non sarà facile coordinare le varie anime dei Vignaioli Indipendenti, e Charrèrelo sa bene. “Ma ho la fortuna”, dice, “di poter contare su un consiglio diret-tivo molto attivo, che ha al suo interno personalità di grande carisma e capa-cità”. Il direttivo è di 15 membri, ma forse il fatto più importante è che le treprincipali correnti di soci fondatori che si sono fuse nella Federazione si rico-noscano nelle figure del presidente e dei due vicepresidenti: Charrère è ovvia-mente espressione dei vignaioli valdostani, Petrilli oltre a essere protagoni-sta del movimento biodinamico fa parte dell’associazione dei Grandi Crudella Costa Toscana, mentre l’altro vicepresidente, Peter Dipoli, è l’anima deiVignaioli Altoatesini.Molto dipenderà dal modo in cui la Fivi verrà gestita, ma su questo terrenoCharrére ha idee molto precise. Poche e semplici le linee guida a cui inten-de ispirarsi: bisogna mirare alto, spiega, superando le meschine politichedi campanile, ma tenendo i piedi per terra: il territorio, per esempio, non sivalorizza con dichiarazioni di principio, ma con misure concrete, come l’im-bottigliamento nella zona d’origine. “Una cosa è certa”, assicura: “i VignaioliIndipendenti non indirizzeranno mai la loro azione “contro”, ma “per”, ope-reranno cioè sempre in modo propositivo. C’è un esempio recente che dimo-stra come questa sia una linea di condotta straordinariamente efficace.Adottandola, il Cervim (Centro di ricerca della viticoltura di montagna), unente in cui sono impegnato da anni, è arrivato a rappresentare il 5 per centodella produzione europea e ha ottenuto che nelle zone più impervie, quellesopra i 500 metri o con pendenze superiori al 30 per cento, dove la presen-za della vite protegge il territorio dal degrado, non venga imposta né auto-rizzata quell’estirpazione di una parte dei vigneti che è stata programmatada Bruxelles”.

36_39_Pillon Vignaioli.qxd:Layout 1 30-10-2008 11:17 Pagina 39

Page 37: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

40

Degu

sta

zion

i

Ribolla gialla,

un vino attuale che viene

dal passato

La

40_43_Paglia Ribolla Gialla.qxp:Layout 1 3-11-2008 15:43 Pagina 40

Page 38: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

Se chiedete ai vignaioli del Collio e dei Colli Orientalidel Friuli qual è il vino che amano di più e in cuisi identificano meglio, a parte naturalmente il “per-

seguitato” Tocai Friulano, vi sentirete rispondere in coro:“la Ribolla”. Un’uva prima e un vino poi che è parte inte-grante della storia enologica di questo lembo di terra col-linare a nord-est. E’ presente sulle tavole del Friuli Venezia Giulia da alme-no settecento anni. Particolarmente apprezzata era laRibolla dei colli di Rosazzo. Un documento, citato anchedal professor Perusini nelle sue “Note di viticoltura col-linare”, riporta che il comune di Udine usava offrire ailuogotenenti al loro ingresso in città proprio la Ribolla diRosazzo. Sempre il Perusini rintracciò un documento di compra-vendita di Ribolla gialla registrata in un atto notarile del1299 e di cui fa ampia menzione il Filiputti nel suo splen-dido “Il Friuli Venezia Giulia e i sui grandi Vini”. Da dove provenga questo vitigno non è dato sapere concertezza. Tuttavia si presume sia la Rebula delle isoleIonie e della Dalmazia che i veneziani diffusero nell’en-troterra nel Medioevo. Una fantasiosa, ma non impos-sibile, ipotesi indica che si tratta dell’antica Avola por-tata fin qui dai romani.Molte le varianti di questa vite (accertate o possibili)ma sicuramente oltre alla già citata Ribolla di Rosazzo,vanno segnalate alcune come: il Ribuelàt (Ribolla bian-ca imperiale prodotta un tempo nella zona diPremariacco), la Ràbola e la Ribolla di Castel Dobra.Quest’ultima è prodotta nel Brda (Collio sloveno) e conottimi risultati soprattutto a Medana, Cerò, Visnaviccoe altri paesi sloveni. In questi territori viene molto col-tivata anche la Ribolla Verde che è un altro biotipo. Come tutte le cose naturalmente anche la Ribolla ebbe,dopo i fasti medioevali, un lungo periodo di torpore. Inverità, il diffondersi di molte varianti, non sempre benselezionate, aveva reso nei secoli questo vitigno pocoadatto alla realizzazione di vini di qualità. Nonostantetutto però la Ribolla era così diffusa da essere, fino alloscoppio della grande guerra, la base della viticoltura delCollio. La Ribolla gialla è un vitigno a bacca bianca dalla buonavigoria e dalla produzione piuttosto costante. Ama le zonecollinari soleggiate e ben ventilate poiché nelle annatepiovose è soggetto a marciume. E’, però, piuttosto resi-stente alle patologie. La germogliazione è tardiva. Fogliadi media grandezza, leggermente trilobata e tondeggian-te, glabra. Il grappolo è medio, compatto, cilindrico-coni-co. L’acino è medio, a maturazione completa è giallo dora-to, puntinato e pruinoso. La buccia è sottile, poco resi-stente. Il sapore è dolce ma leggermente astringente eacidulo. La vinificazione in purezza dà origine ad un vino dal colo-re giallo paglierino dalle nuances verdoline, secco e fre-sco al palato, dai profumi intensi ed eleganti. Il tenorealcolico è medio così come il corpo. Tradizionalmente èanche vinificata assieme agli altri due mostri sacri del-l’enologia regionale: il Friulano e la Malvasia istriana e

questo origina vini corposi, sapidi ed equilibrati, dall’ol-fatto complesso ed elegante, piuttosto longevi. Negli ultimi anni, questo vitigno, si è dimostrato parti-colarmente versatile e adatto alle più diverse espressio-ni vitivinicole.Le sue caratteristiche naturali che esaltano la freschez-za e i profumi floreali hanno indotto la Collavini in Cornodi Rosazzo a produrre, con grande successo, una versio-ne spumante. E’ un sistema ad autoclave che prevede lamaturazione sulle fecce per ben 24 mesi. Interessantiespressioni di spumanti a base Ribolla anche nel Brda.Prodotti particolarmente adatti alle aperture dei pran-zi, ai molluschi, ai crostacei.Sistemi tradizionali di vinificazione sono invece adotta-ti dai produttori quali, tra gli altri, Volpe Pasini inTorreano, Tenuta Villanova in Farra d’Isonzo, Ronco dei

Tassi in Cormons, Fiegl di Oslavia. Qui osserviamo trale massime espressioni di vini corposi ma freschi, quasibeverini, dal buon equilibrio e dai profumi di grande ele-ganza. Dalla cucina un occhio particolare ai piatti dipesce, alla minestre, alle carni bianche. Infine le espressioni più estreme della Ribolla gialla.Gravner e Radikon in Oslavia, Podversic in Gorizia, Terpindi San Floriano. Rese per ceppo bassissime, lunghe mace-razioni sulle bucce nei tini aperti, l’oblio degli anninelle grandi botti, nelle barrique se non, è il caso di JoskoGravner, nelle anfore interrate. Toni ambrati nel colore,profumi penetranti e complessi, aromi pieni e intermi-nabili in bocca. Vini adatti a preparazioni gustose enon banali come involtini di pesce spada e peperoni,sarde in saor, scaloppa di foie grais. Il vitigno più amato dagli uomini delle vigne, dicevamo

41

A cura dell’Ais Friuli Venezia Giulia

� I vigneti del Collio

40_43_Paglia Ribolla Gialla.qxp:Layout 1 3-11-2008 15:44 Pagina 41

Page 39: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

42

Degu

sta

zion

i

all’inizio, tanto da essere oggetto di vini personalizzati,molto diversi tra loro, creativi, sicuramente straordina-ri. Viene spontaneo pensare che questo vino è proprioil figlio prediletto di questi territori e di questa gente.Territori dai microclimi variegati, quanto di meglio lanatura può offrire. Gente dalle culture e dalle parlatediverse: slavo e friulano, che hanno superato guerre,divisioni politiche ed ideologiche, avversità di ogni gene-re, ma che hanno nel lavoro in vigna e in questi luoghi

il loro filo d’unione. Parlare di vino dunque ci porta drit-to, come sempre, dentro la storia e la cultura di un popo-lo. Queste brevi note su un vino come la Ribolla Giallaforse servono proprio a questo. Ma vorremmo servisse-ro a spingere, chi le legge, a venire su queste colline, aparlare con i vignaioli, a sentire i profumi che, nel lorosusseguirsi, le stagioni offrono. Chi lo vorrà fare si accor-gerà di essere in un luogo dove la gente e i suoi vini sonodavvero unici.

Il Friuli Venezia Giulia è una piccolaregione posta nell’estremo lemboa Nord Est della penisola italiana.Sviluppa un territorio variegato equasi egualmente distribuito traamene colline, verdeggianti pia-nure e innevate montagne. Un“piccolo compendio dell’univer-so”, come lo definì Ippolito Nievo,che occupa poco più di 7.800 chi-lometri quadrati. In poche decine di minuti si va dainevai eterni del Monte Canin allelagune di Grado e Marano e allosplendido golfo triestino. Un percor-so automobilistico che attraversacittà d’arte e di cultura comeTrieste, Gorizia, Udine, e città ordi-nate e laboriose come Pordenone.Intorno a queste città una serie infi-nita di piccoli o grandi borghi,spesso intrisi di scorci storici e pae-saggistici di rara bellezza. Poco più di un milione e duecento-mila abitanti vivono in queste terri-tori e la loro caratteristica è ladiversità. Culture celtiche, italiche,venete, slave e germaniche, simescolano e si integrano unita-mente alle differenti parlate.

Questa “operosa babele” èancora oggi simbolo di civiltàed integrazione tra culturediverse. Non a caso, quando ilmondo era diviso in due freddiblocchi, questa regione eraconsiderata il confine piùaperto ad oriente. Una regione che per volontà ecapacità lavorative dei suoi abi-tanti ha, da sempre, visto i suoi ter-ritori ricoperti di prosperose coltiva-zioni. Tra le prime è sicuramente lavite. La sua introduzione in regionesi deve agli Aneti, un popolo chemolti secoli prima di Cristo occupa-rono questa terra. Era un popolodedito all’agricoltura e che impor-tò la vite dalla Grecia. Da allora,sino ai giorni nostri, la vite ed il vinohanno rappresentato in FriuliVenezia Giulia continuità e unlegame indissolubile.E’ in questo contesto che nelnovembre del 1970 nacque inregione la Sezionedell’Associazione italiana somme-liers grazie ad un piccolo gruppo diappassionati, di cui non vogliocitare i nomi, solo per paura di

scordarne qual-cuno. Da subito,questa novità,riscosse un enor-me successotanto da essereconsiderata per

moltissimo tempo l’unica paladinadel buon bere e del buon mangia-re. Allora sorgevano proprio inregione le prime proposte gastro-nomiche di alta qualità e il somme-lier era lì, pronto al loro fianco.Oggi l’Associazione conta circamillequattrocento soci, suddivisi inquattro delegazioni provinciali:Gorizia, Pordenone, Trieste e Udinepiù due che interessano il territorimontani e litoranei, l’Alto Friuli e ilBasso Friuli. Sei delegazioni attive, che occu-pano un posto rilevante nelmondo variegato del vino e dellaristorazione. Il lavoro capillare eben organizzato sul territorio regio-nale, permette una ricca propostadi attività tra cui degustazioni,incontri culturali, seminari, ecc.(www.aisfvg.it) rivolte, non solo aisoci, ma anche e soprattutto a chivuole avvicinarsi al nostro mondo,anche dalle vicine realtà slovene,croate e carinziane. Molte le ener-gie che i delegati Ais e tutto ilConsiglio regionale dedicano allapromozione dei corsi. I risultati, gra-tificanti, si concretizzano in unacapillare diffusione degli stessi corsi.Tra ottobre 2008 e gennaio 2009 inFriuli Venezia Giulia sono program-mati ben sette primi livelli del corsoprofessionale. Un lavoro dunqueche richiede impegno, costanza eserietà, ma che procura grandisoddisfazioni. Un grande lavoro digruppo quindi, che rende orgoglio-si e rafforza lo spirito di apparte-nenza a questa grande famigliadell’Ais.

I numeri dell’Ais in Friuli Venezia Giulia

� Renato Paglia, Presidente Ais FVG

� Renato Paglia e i delegati Ais FVG

40_43_Paglia Ribolla Gialla.qxp:Layout 1 3-11-2008 15:44 Pagina 42

Page 40: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

43

Ascevi Luwa Ribolla Gialla Ronco de Vigna Vecia Ascevi 2007 Le uve provenienti da una vecchia vigna, che vanta oltre 40 anni di età, danno origine ad unaRibolla decisamente particolare ed intrigante. Il colore esprime una tonalità di giallo doratocalda e luminosa. Il profumo riconduce allo sfalcio dei prati di montagna, ricco di fiori ed erbespontanee. In bocca si rivela di grande struttura e nel finale regala fresche note sapide e citrine.

Fiegl Collio Ribolla Gialla 2007 Riflessi dorati illuminano il già bel colore paglierino compatto. All’olfatto è pungente epenetrante con ricordi di fienagioni estive, pesca bianca ed arbusti di macchia mediterranea.Ha gusto pieno, asciutto e vivace. Gode di ottima mineralità e chiude l’assaggio con una sciapiacevolmente acidula.

Gravner Ribolla Anfora 2004 La Ribolla di Josko è decisamente particolare. Le uve diraspate rimangono in anfore per circa 7mesi, vengono poi torchiate ed il vino rimane poi in botti di rovere per ben 4 anni. Ne esce unnettare dal colore dell’ambra con intriganti profumi di erbe secche, prugne sotto spirito e fruttasecca. Il sapore è deciso, ricco e coinvolgente... da emozione.

Il Carpino Collio Ribolla Gialla Selezione 2005 Splendido colore giallo oro con riflessi ambrati. Profumo prorompente ed accattivante con notedi pesca sciroppata, visciole sotto spirito, arachidi tostate e fienagioni estive. Il sorso è caldo esecco, ricco di aromi e di mineralità. Decisamente complesso ma di facile e piacevole beva.

Podversic Ribolla Gialla 2005 È vino naturale, senza aggiunta di lieviti, senza chiarifica, senza filtrazione, fermentato sullebucce per 60 giorni ed affinato in botti di rovere di Slavonia per 23 mesi. Ha un aspetto inusualecon colore giallo ocra e sfumature ambrate ed all’olfatto si propone con sentori di scorza diagrumi, semi di girasole, fichi neri, frutta secca, uva sultanina e vaniglia. Ha gusto secco,concentrato, caldo e saporoso.

Radikon Ribolla Gialla 2003 Splendido colore oro antico luminoso con contorni ambrati. Profumo intenso e complesso chericonduce al fieno secco, alle mandorle tostate, al tarassaco ed alla ginestra in fiore. L’assaggio è imponente ed equilibrato, ha grande struttura ed un importante e lunghissimofinale armonico e suadente.

Ronco dei Tassi Collio Ribolla Gialla 2007 Vinificato esclusivamente in acciaio ha un aspetto vivace con colore giallo paglierino lucente eprofumi fragranti di rosa gialla, pesca bianca, anice e lime. All’assaggio è scorrevole, agile e morbido, sprigiona poi viva freschezza e chiude con marcatae duratura nota di mineralità.

Ronco delle Betulle COF Ribolla Gialla 2007 Vino dall’ottimo aspetto, giallo paglierino lucentissimo, con accattivanti profumi dolci edeleganti, piuttosto inusuali per il vitigno, di fiori in bocciolo, crosta di pane e frutta fragrante, iltutto avvolto in un sottile velo di vaniglia. In bocca si propone con raffinata grazia e morbidezzama poi chiude con una piacevole nota di freschezza.

Tenuta Villanova Collio Ribolla Gialla 2007 Vino che rispecchia appieno le caratteristiche varietali del vitigno. Si presenta con colore giallo paglierino vivace e luminoso che introduce a profumi freschi di lime, litchi, mela verde e succo di limone. Rinfresca il palato con punzecchianti suggestioni citrine ed eleganti note minerali.

Tercic Collio Ribolla Gialla 2007 Giallo paglierino lucentissimo ravvivato da bagliori verdolini. Al naso regala profumiprevalentemente floreali di caprifoglio e biancospino con nota fresca di agrumi. La malolattica svolta al 100% rende l’assaggio morbido e cremoso e chiude lasciando un piacevole ricordo di frutta matura.

Volpe Pasini COF Ribolla Gialla Zuc di Volpe 2007 Splendente giallo paglierino con luminose sfumature dorate. Ricco di profumi freschi e fragranti,prevalentemente agrumati, che ricordano la scorza di cedro, il frutto della passione ed il lime. Al gusto è rinfrescante ma è ben bilanciato da una nota morbida e vellutata. Chiude con ricca ed avvolgente mineralità.

40_43_Paglia Ribolla Gialla.qxp:Layout 1 3-11-2008 15:47 Pagina 43

Page 41: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

44

Con

gre

sso A

is

Se c’è una regione che ha scritto pagine importanti nella storia della vitee del vino, questa è la Sicilia. Ed è qui, nell’isola del sole, dei sapori,della cultura e delle tradizioni che a metà ottobre si è svolto il 42.mo

Congresso nazionale dell’Associazione italiana sommeliers. Oltre trecentoiscritti si sono dati appuntamento a Catania per approfondire e dibattere itemi della sommellerie e per conoscere le eccellenze enogastronomiche di que-sti territori, che ogni anno producono nove milioni di quintali di uva davino, con una resa in vino e mosto di quasi sette milioni di ettolitri. Il vinoconfezionato è di 1,2 milioni di ettolitri: il 93 per cento finisce in bottiglia. Latipologia delle produzioni è costituita da Vini da Tavola (70 per cento), Indicazionigeografiche tipiche (27 per cento), Denominazioni di origine controllata (3 percento). In Sicilia sono riconosciute una Docg, il Cerasuolo di Vittoria, e 22Doc, apprezzate e ricercate in Italia e nel mondo.Sono insomma lontani i tempi in cui il vino di questa isola veniva “ucciso” pertagliare altri vini. Come ha spiegato l’assessore regionale all’Agricoltura e alleForeste, Giovanni La Via, la qualità viene cercata da un esercito di produttoriappassionati i quali possono contare su progetti messi a punto dalla Regione

Una grande unitàper nuovi traguardi

A CATANIA SI È SVOLTA

L’ASSISE NAZIONALE

DELLA NOSTRA

ASSOCIAZIONE: UNO DEI TEMI CENTRALI

DEL DIBATTITO

È STATO IL RUOLO

DEI SOMMELIER

NELLA COMUNICAZIONE

DELLE ECCELLENZE

ENOLOGICHE

ED AGROALIMENTARI

� Il governatore della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo, inaugura Enopolis con Camillo Privitera,presidente Ais Sicilia, Giovanni La Via,assessore regionaleall’Agricoltura e Foreste, e il presidentenazionale AisTerenzio Medri

44_47_Congresso Nazionale.qxp:Layout 1 3-11-2008 16:19 Pagina 44

Page 42: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

45

che riguardano, per esempio, la valorizzazione dei vitigni autoctoni, il conte-nimento del rischio erosivo e la viticoltura sostenibile di montagna, che riguar-da proprio l’Etna, dove è stato impiantato un vigneto policlonale e di confron-to varietale per studiare la maturazione, la componente polifenolica e aroma-tica delle uve dei vitigni coltivati nella zona del vulcano. Lo studio permetteràdi valutare l’influenza dell’ambiente nei processi viticoli e definirà modelli viti-coli ed enologici compatibili con la sostenibilità ambientale e la vocazionalitàterritoriale. Ed è proprio grazie a questa simbiosi tra pubblico e privato chela Sicilia enologica, come ha sottolineato il presidente di Ais Sicilia CamilloPrivitera, è riuscita a ritagliarsi uno spazio importante.“Noi sommeliers – ha detto il presidente nazionale dell’Ais Terenzio Medri

nella relazione – dobbiamo essere ambasciatori di tutte queste eccellenze,siciliane ed italiane. E’ un tema che mi sta a cuore – ha aggiunto Medri – elo dimostra la nascita della figlia dell’Ais, la Worldwide sommelier associationche, grazie ai suoi centomila iscritti, ogni giorno promuove l’agroalimentaree il vino italiani in ogni angolo del mondo”.Il ruolo dei sommeliers è stato più volte toccato dalla relazione del numerouno dell’Ais: “Noi dobbiamo divulgare la cultura popolare del vino, popolareperché ha le sue radici nel cuore della gente. Per questo – prosegue Medri –dobbiamo continuare nel nostro lavoro di aggiornamento e di avvicinamen-to ai giovani, dobbiamo capire e comprendere le esigenze dei consumatori,dobbiamo essere attenti e intelligenti, dobbiamo instaurare un dialogo mag-giore con i titolari dei locali della movida. Questo non perché vogliamo appro-priarci di nuovi spazi, ma perché sarebbe opportuno uscire dall’ottica dellabarbarie e dello sballo notturno che nuoce alla salute e porta alle stragi delsabato sera per entrare, grazie al vino, nella storia e nella cultura, nell’equi-librio e nella riflessione”.Nel corso della relazione Medri ha poi illustrato i programmi e le ambizionidell’Ais: le manifestazioni internazionali, la collaborazione con l’UniversitàBocconi (che prosegue ed è molto apprezzata), l’Osservatorio sul Vino, unorganismo che dovrà studiare il fenomeno vino non solo dal punto di vistacomunicativo, economico, turistico, occupazionale, storico-culturale, maanche fotografare le tendenze del gusto e le abitudini dei consumatori. Graziea un comitato scientifico l’Osservatorio dovrà promuovere il cosiddetto “bere

� Ivano Antonini, Miglior Sommelier d'Italia 2008

I preziosi volumi conservati nella biblioteca e uno splendido affresco all'interno dell'ex monastero dei Benedettini, oggi sede universitaria.

� Cristiano Cini e Luca Martini, gli altri due finalisti

� Banchi d'assaggio nel Chiostro di Levante

44_47_Congresso Nazionale.qxp:Layout 1 3-11-2008 16:19 Pagina 45

Page 43: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

46

Con

gre

sso A

is

IL TROFEO BERLUCCHI RAGGIUNGE LE RIVE DEL LAGO MAGGIOREÈ Ivano Antonini il Miglior Sommelier d’Italia 2008. Trentacinque anni, nato a Varese, ha vinto ilTrofeo Guido Berlucchi, aggiudicandosi la finale svoltasi a Catania nell’ex monastero deiBenedettini. Nel corso della competizione ha preceduto Cristiano Cini e Luca Martini, entrambiprovenienti dalla Toscana. Antonini è stato Miglior Sommelierdella Lombardia nel 2001 e due volte vice campione d’Italianel 2001 e nel 2004. Dal 1995 lavora al Relais & Chateaux IlSole di Ranco, dove gestisce la cantina e si occupa degliacquisti e della carta dei vini, che è stata premiata con ilBest of Award da Wine Spectator.Ha superato l’esame finale, il cosiddetto “terzo livello”, nel1997. «Sono felice di avere condiviso quest’esperienza – hasottolineato Antonini – con gli altri colleghi. In questi giorninon ci siamo mai considerati rivali, ma amici con la stessapassione, quella dello studio, della cultura, della storia deinostri territori vocati alla produzione vinicola».«Il livello medio di preparazione dei candidati è stato moltoelevato, come dimostrano i punteggi ottenuti nel corso dellesemifinali. Come in tutti i concorsi il vincitore è uno solo – hadichiarato il presidente Terenzio Medri – ma mai come inquesto caso voglio sottolineare la professionalità di tutti iconcorrenti. È la strada che abbiamo intrapreso negli ultimianni, che ha portato i sommelier a interpretare il ruolo dicomunicatori delle eccellenze del grande vigneto Italia. I sommeliers sono infatti l’anello di con-giunzione tra produttori ed enoappassionati».Il prestigioso trofeo è stato consegnato da Cristina Ziliani della Guido Berlucchi & C. al terminedella finale che ha tenuto tutti gli spettatori con il fiato sospeso per più di tre ore.

consapevole” e divulgare le proprietà del vino assunto in quantità moderate.“Tutto questo sarà possibile se l’Ais continua ad essere unita – conclude ilpresidente – perché la nostra forza è l’unità. Una unità da raggiungere con ilconfronto, anche con le discussioni e le conflittualità perché è giusto cheognuno esprima la sua opinione”. L’Ais è un’associazione dinamica e giovane. Per questo continuerà ad utiliz-zare gli strumenti tecnologici per raggiungere un numero sempre maggioredi eno-appassionati. Il nostro sito (che nel corso del 2008 ha ulteriormenteincrementato i visitatori) verrà rinnovato per rispondere alle esigenze di unpubblico sempre più vasto, giovane e preparato: per questo l’Ais nei prossi-mi mesi diventerà multimediale. Importante e positiva in questo senso è statal’esperienza del blog in cui Franco Ziliani ha raccontato “in diretta” l’assisedi Catania che ha assegnato il “Trofeo Guido Berlucchi-Miglior Sommelierd’Italia 2008” a Ivano Antonini di Varese. Il 43.mo Congresso nazionale è inprogramma nel 2009 in Basilicata.

(P.P.)

� Il governatore della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo, ai banchi d'assaggio di Enopolis

� Il presidente Ais Sicilia, Camillo Priviterae Ivano Antonini, Miglior Sommelier d'Italia 2008

� Ivano Antonini con Cristina Ziliani e Terenzio Medri

44_47_Congresso Nazionale.qxp:Layout 1 3-11-2008 16:19 Pagina 46

Page 44: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

47

LA RICERCA DELL’ECCELLENZAPer il quinto anno conse-cutivo la DistilleriaBonaventura Maschio diGaiarine in collaborazio-ne con l'Ais si è fatta pro-motrice di un’iniziativaparticolarmente lodevoleallo scopo di incentivare igiovani sommeliers adapprofondire le temati-che legate al mondodella distillazione. Comenel campo dei vini,anche in questo partico-lare settore l'Italia vantanel mondo una riconosciuta competenza e un indiscusso primato di tipicità,che anche le nuove generazioni sono chiamate a conoscere e apprezzare.E ciò soprattutto in un momento nel quale da più parti si invoca la modera-zione nel consumo delle bevande alcoliche che in buona sostanza è un invi-to, da parte delle aziende più qualificate, a bere poco e a bere bene, privi-legiando i prodotti migliori.La Bonaventura Maschio ha messo a disposizione tre borse di studio asse-gnate ai tre sommeliers (uno del Nord Italia, uno del Centro e uno del Sud)risultati primi nei rispettivi master di specializzazione sulle acquaviti dal titoloparticolarmente affascinante: "La ricerca dell'eccellenza". Lezioni pratiche eteoriche tenute da esperti del settore riguardo la conoscenza dei distillati ita-liani e stranieri, le tecniche di distillazione in uso, le sperimentazioni che ven-gono svolte all'interno delle aziende, per finire con l'arricchimento dellecompetenze professionali nel campo delle degustazioni, alle quali i somme-lier sono chiamati.Matteo Barolo di Gravellona Toce (VB), Daniele Arcangeli di Viareggio (LU),Ciro Potenza di Napoli sono i vincitori dell’edizione di quest’anno. I tre giova-ni sommeliers sono stati premiati da Andrea Maschio in occasione del 42°Congresso Nazionale nella splendida cornice del Romano Palace LuxuryHotel a Catania.

VINI IN MOSTRAIl 42° Congresso Nazionale si èchiuso con la settima edizionedi Enopolis, un evento che haconsentito a tutti i protagonistidel mondo del vino di incon-trarsi e discutere.Nella suggestiva cornice delChiostro di Levante dell’exmonastero dei Benedettini diCatania, ora sede universita-ria, il governatore dellaRegione Sicilia, RaffaeleLombardo, ha aperto ufficial-mente la manifestazione: ban-chi d’assaggio, visite guidatealle cantine del monaste-ro con ilPercorso deiSensi e tantis-sime degu-stazioni atema.«Questa edi-zione, parti-colarmenteimpegnativa,che ha vistomobilitatatutta l’AisSicilia, nonsolo per la realizzazione diEnopolis, ma per la migliore riu-scita del 42° congresso Ais, hamesso in moto una grandemacchina organizzativa pre-sentando un programmaanche innovativo proprio percoinvolgere le nuove genera-zioni di soci che si sono avvici-nati alla nostra associazionenegli ultimi anni». Queste leprime impressioni di CamilloPrivitera, presidente Ais Sicilia.«Ci riteniamo soddisfatti e inumeri ci hanno dato ragione:proporre il vino con i suoi infinitiabbinamenti, non solo gastro-nomici, ma legati all’arte ealla cultura in genere, è lacarta vincente e il pubblicorisponde alla grande».In effetti, fino all’ultimo minutoprima di chiudere le porte delChiostro, normalmente nonaperto al pubblico, la folla cheancora riempiva gli spazi espo-sitivi si è trattenuta per respira-re il fascino di secoli di storiaracchiusi tra le mura delmonastero.

� Andrea Maschio con i vincitori

44_47_Congresso Nazionale.qxp:Layout 1 3-11-2008 16:19 Pagina 47

Page 45: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

48

A t

avola

Tutti pazzi per i

passatelliPREPARARLI È UN’ARTE, MANGIARLI UN PIACERE. COSÌ QUESTO PIATTO TIPICO DELLE FAMIGLIE CONTADINE DELLA ROMAGNA

HA TROVATO CITTADINANZA IN RISTORANTI E TRATTORIE

DELLA RIVIERA CON SCONFINAMENTI NELLE MARCHE.

48_50_Castaldi Passatelli.qxd:Layout 1 30-10-2008 14:30 Pagina 48

Page 46: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

49

��� IL FERRO PER I PASSATELLIPer la preparazione dei passatelli, che si presentano come dei vermicelli dilunghezza indicativamente variabile tra 5 e 8 centimetri e con un diametrodi circa mezzo centimetro, venivano originariamente impastati uova, paneraffermo grattugiato, formaggi a pasta dura, sia vaccini sia pecorini, aroma-tizzati con noce moscata e scorza di limone. Pellegrino Artusi, ne’ “La scien-za in cucina e l’arte di mangiare bene” include tra gli ingredienti della “mine-stra di passatelli” (ricetta numero 20) anche il midollo di bue, oggi nonsempre impiegato; il midollo di bue, che è importante per rendere i passa-telli più teneri, anziché essere sciolto sul fuoco può essere unito all’impastodopo essere stato schiacciato con la lama del coltello. Ovviamente in pas-sato la disponibilità economica ha giocato un ruolo fondamentale nello sta-bilire le proporzioni tra pan grattato e formaggio, anche se un eccesso di que-st’ultimo può far sì che i passatelli si squaglino durante la cottura. Per ren-derli più sodi si può ricorrere allo stratagemma di aggiungere un cucchiaiodi farina all’impasto, anche se probabilmente l’Artusi sarebbe perplesso.Nel corso dei decenni, con la fine del sistema semi-autarchico della fami-glia patriarcale contadina, che consumava per lo più ciò che produceva,

di Riccardo Castaldi

Ipassatelli sono una delle paste più tipiche della Romagna. La loro popolarità è aumentata nelcorso degli ultimi anni, grazie agli chef che sono riusciti a trasferirli dalle case dei romagnoli inristoranti e trattorie, suscitando l’interesse di un vasto numero di buongustai, ben presto con-

vertitisi in veri e propri cultori di questo piatto.Un tempo i passatelli - “pasadén” in dialetto romagnolo - venivano preparati esclusivamente inbrodo, di gallina o di cappone, per il pranzo di Pasqua e, secondo alcuni autori, anche per l’ali-mentazione delle puerpere. Oggi sono, se ci consentite, “sempreverdi” e vengono proposti in altriperiodi, anche nelle festività natalizie.La svolta che ha permesso la diffusione dei passatelli nella ristorazione, andando contro alla tradi-zione, è stata la loro fuoriuscita dal brodo natio, che li ha resi meno impegnativi e sicuramente piùfruibili, anche in virtù del fatto che si sono rivelati una pasta eclettica, adatta ad essere servita consvariati condimenti, sia di terra sia di mare, consentendo di dare sfogo alla creatività degli chef.

48_50_Castaldi Passatelli.qxd:Layout 1 30-10-2008 14:31 Pagina 49

Page 47: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

50

A t

avola

gli unici formaggi impiegati per la preparazione sono divenuti il Parmigianoreggiano e il Grana padano, che hanno nobilitato i passatelli conferendoloro un’impronta inconfondibile. Ottenuto l’impasto, che deve essere consistente al punto da poter mante-nere la forma sferoidale conferita con le mani, entra in scena lo strumentonecessario alla loro realizzazione, denominato semplicemente “e’ fër” ovve-ro “il ferro”. E’ costituito da un disco metallico concavo, forato e dotato didue manici ricoperti di legno che consentono di sfregarlo energicamente sul-l’impasto, determinando la formazione dei passatelli; il nome deriva propriodal fatto che l’impasto “passa” attraverso i fori per dar origine ai passatel-li. In assenza di questo, non sempre reperibile anche nei negozi di ferramen-ta più forniti, i passatelli possono essere realizzati anche con l’ausilio delloschiacciapatate, utilizzando fori di adeguata dimensione… con lo stessorisultato qualitativo ma sacrificando comunque un po’ di poesia.

Una variante meno diffusa prevedeche per la preparazione dell’impastosia utilizzata anche la carne, in par-ticolare il filetto di manzo oppure ilpetto di pollo o di tacchino, che deveessere finemente tritata se non pas-sata addirittura nel mortaio; in que-sto caso all’impasto viene aggiuntaanche una noce di burro mentre siomette la scorza di limone.

���CONDIMENTI E ABBINAMENTICon i classici passatelli in brodo vienegeneralmente proposto un biancodotato di buona freschezza e abba-stanza alcolico, in grado di contrasta-re la grassosità espressa dal piatto;qualora tra gli ingredienti dei passa-telli rientri anche la carne, si puòoptare per un bianco fermentato inbarrique, garbatamente strutturato.Lungo tutta la costa romagnola, daCasalborsetti (Ravenna) fino aCattolica (Rimini), con sconfinamen-ti anche nel litorale marchigiano, nonè difficile trovare i passatelli in brododi pesce, generalmente preparato apartire da sogliole oppure dai piùmodesti ma alquanto saporiti paga-

nelli; il piatto risulta essere delicato e caratterizzato da una notevole suc-culenza e può essere abbinato ad un bianco frizzante o ancor meglio adun rosato, in grado di controbilanciare le sensazioni gustative senzasovrastarle. Se il brodo di pesce è particolarmente grasso si può azzardarel’abbinamento con un rosso leggero e fresco, non particolarmente struttu-rato, quale ad esempio una Fortana del Bosco Eliceo, oltre che con uno spu-mante.Nel caso dei passatelli asciutti preparati con fonduta di formaggio e guan-ciale, proposti da alcuni ristoranti, si può optare per un rosso strutturato,di buon grado alcolico, quale ad esempio un Sangiovese di Romagna Superiore,in grado contrastare l’intensità gustativa del piatto; nel caso in cui la fondu-ta sia sostituita da una crema di carciofi, è bene orientarsi verso i rossi contannini morbidi e rotondi, ovvero vini che non presentino retrogusto amaroe sentori erbacei, che mal si sposano con questo tipo di vegetale.Per i passatelli serviti con fonduta di taleggio e tartufo ci si deve orientare versorossi caratterizzati da un’adeguata intensità olfattiva, in grado di contrastaree di fondersi armonicamente con quella espressa dalla preparazione, nonchéda tannini evoluti, che ben si sposino con i sapori del fungo ipogeo.

48_50_Castaldi Passatelli.qxd:Layout 1 30-10-2008 14:31 Pagina 50

Page 48: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

51

Le m

ete

del

gu

sto

Il Piemonte è da sempre terra nobile, fatta di una storia millenaria daitratti regali, patria Sabauda con Torino antica capitale, segnata dallegesta del Conte di Cavour. Tratti distintivi di una gloria sopita nel tempo

ma che ancora, nelle vie delle città, nei palazzi storici, nei volti della gente,si può riconoscere, nascosta da un velo di splendore nostalgico. Ogni zonadel Piemonte ha qualcosa da raccontare, posti e luoghi da visitare. Comel’Alessandrino, territorio incastonato ai confini con la Lombardia, unpiccolo lembo di Emilia e la Liguria. Da ogni influenza ha tratto il meglio,regalando al visitatore piccoli scrigni di rara bellezza e località dall’indub-bio valore artistico. Le alleanze con la Lega Lombarda, poi con Genova con cui entrò in con-flitto; e ancora, il dominio dei Visconti, degli Sforza e dei Savoia, per arri-vare al condottiero Napoleone e alla battaglia di Marengo, combattuta il14 giugno 1800 e vinta dai francesi sugli austriaci. Tutti hanno allunga-to le mani su queste terre, ricche anche di testimonianze religiose comeil Sacro Monte di Crea, costruito a partire dal 1589, posizionato su unodei luoghi più alti del Monferrato (455 m s.l.m.), tanto da dominare le col-line circostanti. Il Santuario, di origine romanica, fu rimaneggiato più voltenel corso dei secoli ed è stato dichiarato patrimonio dell’Umanitàdall’Unesco. Terre di sicuro fascino, a cominciare da Alessandria, strate-gicamente situata in posizione felice per scambi commerciali e guerre com-battute. Numerose le bellezze artistiche da non perdere, come la chiesadi Santa Maria di castello, quattrocentesca, con una struttura gotica edaperta da un portale rinascimentale, e il palazzo Ghilini, progettato all’ini-zio del Settecento dall’architetto Benedetto Alfieri, uno dei più begli esem-pi di Barocco di tutta la città. Una sosta ad Alessandria è dovuta: anchela proposta gastronomica si lega ad episodi del tempo che fu. Ecco per-ché nei ristoranti locali, coloro che se ne intendono davvero assaggeran-no il classico pollo alla Marengo, soffritto in olio e burro e poi portatolentamente a cottura con l’aggiunta del brodo. Uscendo da Alessandria sipunta a est: sull’antica strada che porta verso la Lombardia ecco svelar-si Tortona, che affonda le sue radici nel 148 avanti Cristo, quando i ligu-ri diedero vita al borgo preromano Derthona. Verso la metà del XII seco-

Nella terra

dei nobiliALLA SCOPERTA

DI ALESSANDRIAE DEL SUO TERRITORIO

di Roberto Di Sanzo

� Napoleone Bonaparte a cavalloin un'illustrazione d'epoca. Nel 1800 tra Spinetta e Alessandria si svolse la celebrebattaglia di Marengo

51_55_Di Sanzo Mete del Gusto.qxp:Layout 1 3-11-2008 16:25 Pagina 51

Page 49: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

Le m

ete

del

gu

sto

52

lo venne demolita dal Barbarossa edopo alterne vicende appartenne aiVisconti e ai Savoia. Girare per le viecittadine è una scoperta: in piazzaDuomo ecco la Cattedrale, grandiosoedificio e tre navate, con la facciata risa-lente alla fine del XIX secolo; da qui siarriva con facilità alla Torre del Castello e a Palazzo Guidobono, costru-zione quattocentesca in cotto, che ospita la Bibiloteca e il Museo Civico.Abbandonarsi alle prelibatezze del palato è davvero facile. Stradine e viuz-ze celano ristorantini e osterie che offrono piatti tradizionali come gli agno-lotti alla Tortonese, o Gobein, perchè fanno caratteristiche piccole gobbe,con la pasta ben schiacciata a mano sul ripieno di carne di manzo o vitel-lo. Il brodo le conferisce un sapore unico. Un po’ come i tagliolini al tar-tufo nero e bianco, un classico, con la pasta fatta rigorosamente in casa,con 30 tuorli d’uovo per chilo di farina, condita con burro, parmigianoreggiano e sottili scaglie di tartufo. Il paesaggio diventa dolce e rilassan-te, con colline adagiate lungo il torrente Scrivia. Una trentina di borghidanno vita alle cosiddette “Colline Tortonesi”, solcate da vigneti con viti-gni barbera e cortese. Annaffiare i piatti della tradizione con un Cortesedi Gavi, vino bianco ormai diffuso a livello mondiale, è un’esperienza daprovare almeno una volta nella vita. E perchè no la Barbera, fresca e viva-ce, più vicina – come caratteristiche – ai vini prodotti nell’Oltrepò Pavese?Chiusura in bellezza con il Dolcetto. Tra un brindisi e l’altro, girovagaretra i colli è un piacere, visitando così l’Abbazia di Rivalta Scrivia del XII

Il Monferrato Casalese ti avvolgee non ti abbandona più, lascian-doti negli occhi e nella menteimmagini di colline ondulate esimmetricamente perfette, bor-ghi dal profumo medioevale,sapori piacevoli e antichi. E poicastelli disseminati ovunque, tratutti quelli di San Giorgio eGabiano. Insomma, un territorioricco di arte e cultura costituitosiintorno all’anno 1000 e rimastoper otto secoli a difendere lapropria indipendenza comemarchesato, prima degliAleramici e poi dei Paleologi edei Gonzaga. Infine, nel 1708venne annesso al Regno diSavoia.Casale, da sempre capitale delMonferrato, ha una consolidatatradizione nella ricerca enologi-ca. Personaggi illustri comeOttavio Ottavi, ArturoMarescalchi e FedericoMartinotti hanno contribuito inmodo importante allo sviluppodell’enologia. Era casaleseanche Paolo Desana, padredella legge approvata nel 1963,che ancora oggi regolamenta

le Denominazioni di origine con-trollata.A testimoniare la cultura del vinoradicata nel tempo troviamo gliinfernot, spazi dedicati a custo-dire le bottiglie preziose. Scavatisotto le abitazioni, sono ricavatidalla pietra da cantoni (arena-ria da costruzione simile al tufodepositata circa 25 milioni dianni fa dalle trasformazioni terre-stri). I terreni collinari sono ricchidi argilla, limo ed in alcune zonedi calcare che dona ai vini unaspiccata acidità.Tra i vini, spiccano senza dubbiola Barbera del Monferrato e ilGrignolino. Ad accompagnarciin questo viaggio enogastrono-mico ecco Daniele Guaschino,sommelier delegato dell’Aissezione Casale. “La Barbera – dice Guaschino -ebbe origine nel periodo delMarchesato di Aleramo, il primodocumento ritrovato che cita ilvitigno Barbera come ‘vitis vinife-ra montisferratensis’ è datato1798. La grande diffusione diquesto vitigno, che negli ultimidecenni ha attraversato

l’Oceano per essere oggetto diproduzione e sperimentazioneda parte dei viticoltori california-ni, è dovuta alle sue caratteristi-che: buona vigoria vegetativaed una produttività costante”.La foglia è di media dimensionea forma pentalobata ed il grap-polo assume a raggiunta matu-razione, un colore blu intensocon una configurazione pirami-dale, gli acini sono di media

IL MONFERRATO CASALESE, TRA VIGNE E CASTELLI

51_55_Di Sanzo Mete del Gusto.qxp:Layout 1 3-11-2008 16:25 Pagina 52

Page 50: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

53

secolo, le Pievi romaniche di Volpedo e Viguzzolo, i castelli di BrignanoFrascata e San Sebastiano Curone. Senza dimenticare Castellania, paesenatale di Fausto Coppi, dove è visitabile la casa-museo del campionissi-mo a cui sono dedicati numerosi percorsi ciclabili nel territorio. Riprendiamo il nostro percorso, questa volta verso sud, a due passi dallaLiguria. Novi Ligure, cittadina briosa e fiorente di attività commerciali,presenta anche alcune perle di architettura, come la chiesa dellaMaddalena, risalente al Seicento, che presenta sul portale una stuatuet-ta barocca – appunto – della Maddalena. Il Novese ha tante frecce al suo arco, con borghi e realtà ricche di storiae dalle forti connotazioni religiose, come il Santuario di Nostra Signoradi Montespineto, la Quadreria nel Convento dei Cappuccini di Voltaggio ela Chiesa dell’Assunta del XIII secolo a Grondona. Ancora, da vedere PalazzoSpinola di Rocchetta Ligure, del Seicento, e il Castello Spinola Doria diGrondona: meta obbligata il forte di Gavi, sorto nel 1.100 e fortificato nelXVI secolo dai genovesi. Per gli appassionati di archeologia, tappa agliscavi archeologici dell’antica Libarna. Di notevole spessore anche la pro-posta enogastronomica del territorio: Novi è una delle capitali italianedel cioccolato: in città, passeggiando ci si imbatte in vetrine ricolme dipraline e dolci con spruzzate raffinate di cacao. Rimanendo sempre in campo dolciario, da provare gli amaretti di Gavi(famosa anche per il già citato Cortese, una Docg dalle alte potenzialità).Una cucina che sazia tutti i palati, anche quelli più robusti, dai salumidella Val Borbera (coppa, pancetta, testa in cassetta) alle castagne, dallafagiolana sempre della Valle Borbera sino alla focaccia. Tra i vini, un con-

grandezza e ricchi di pruina.“Accanto ad una versione viva-ce, che ha avuto successocome vino semplice di prontabeva - continua Guaschino -, inparticolare nelle regioni del nordItalia, un gruppo di vignaioli illu-minati sta portando all’attenzio-ne del consumatore più esigen-te una versione secca. Il vino dicolore rosso rubino, limpido e dibuona consistenza presenta pro-

fumi intensi e persistenti di fruttarossa come la ciliegia e la mora.In bocca il vino è secco, caldo emorbido; caratteristiche cheben contrastano la spiccata fre-schezza tipica del vitigno ed unmoderato livello di tannino. Lastruttura è quella di un vino dicorpo, equilibrato e mediamen-te intenso. Nei prodotti che pre-vedono un affinamento in legnoaumenta gradevolmente lacomplessità e la delicata spezia-tura”.Interessanti anche gli abbina-menti a tavola: “La Barbera, invirtù della sua naturale venaacida, è perfetta con primi piattistrutturati, come gli agnolotti allamonferrina, realizzati con pastapriva di uova con ripieno dicarne e verdura, e con i secondipiatti che presentano unabuona grassezza, ad esempio ilfritto misto. Da provare anche inabbinamento con il classico‘pane e salame’, antico quantogrande spuntino a base di panemonferrino (la grissia a pastadura) e salame crudo (la mulet-ta), tipico prodotto a base di

carne scelta di maiale aromatiz-zata con aglio”.Poco conosciuto fuori dalPiemonte, autoctono che risaleal Settecento, il Grignolino delMonferrato si presenta in vignacon buona vigoria, foglie triloba-te di media grandezza e grap-poli serrati dal colore rosso viola-ceo poco intenso. “Il vino di colore rosso rubinochiaro – continua Guaschino -talvolta con riflessi aranciati, pre-senta profumi di geranio e lievispeziature. Di media struttura edintensità, evidenzia una notatannica con finale piacevolmen-te amarognolo. Da provare, allatemperatura di sevizio di 14 °C,in abbinamento alla zuppa dipesce e minestre”.

(R.d.S.)

Daniele Guaschino, delegato Ais

di Casale Monferrato

51_55_Di Sanzo Mete del Gusto.qxp:Layout 1 3-11-2008 16:25 Pagina 53

Page 51: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

54

Le m

ete

del

gu

sto

siglio: provate il Timorasso, dalcaratteristico giallo paglierino, daabbinare con primi piatti anche dimarcata sapidità e preparazioni abase di carni bianche sole oaccompagnate da legumi e verdu-re. Se invecchiato è ottimo con iformaggi stagionati, ma diventaanche un vino da meditazione.Una certezza: ve ne innamorere-te. Sempre più a sud, dove i morbidirilievi del Basso Moferrato si con-fondono con il carattere più deci-so dell’Appennino Ligure sino adar vita ad un paesaggio di rara

bellezza, tra prati, fattorie e cascine. E proprio nel bel mezzo della valla-ta dove confluiscono i fiumi Orba e Stura, ecco adagiata la bella Ovada,così diversa dal resto del Piemonte, così particolare nel suo genere. E’ chia-ra e persistente l’influenza genovese: ci si accorge, girando per la città,della tipica disposizione urbanistica molto simile ai carrugi genovesi.Qui tutto parla della Liguria: il dominio della Repubblica di Genova è testi-moniato dalle tante magnifiche chiese, come quella di San Sebastiano del1200, passando per la nuova chiesa parrocchiale dell’Assunta della finedel 1700, arrivando alla Chiesa delle Grazie, detta degli Scolopi, iniziatanel 1481. Sguardo all’insù per ammirare anche i numerosi edifici storici,come il Palazzo Spinola, con dipinti attribuiti al Cambiaso e a Van Dyck(XVII secolo). L’Ovadese è terra di castelli, imponenti ed eleganti nello sta-gliarsi alti ed alteri. Di sicuro interesse sono quelli di Molare, Cremolino,Trisobbio al centro di un caratteristico borgo a pianta circolare, Carpeneto,con all’interno la chiesa di S. Antonio, risalente al X secolo. Un tour appas-sionante e ricco di leggenda, che tocca anche Roccagrimalda, Castellettod’Orba, con un’apprezzabile torre con merlatura guelfa, Montaldeo, Mornese,Casaleggio Boiro, con il castello più antico del X secolo, Lerma, con ilcastello Spinola, Tagliolo Monferrato e Belforte. Il viaggio tra queste col-line è addolcito da una sosta ad una delle tante trattorie disseminate quae là: cucina tipica casalinga per dei piatti che risentono – è inevitabileanche qui – della vicinanza ligure. Si può iniziare quindi ordinando deisalumi o del vitello tonnato; tra i primi, immancabili gli agnolotti. Per chiha ancora fame, si prosegue con il bollito misto, la selvaggina, ma ancheil fritto misto e la polenta. I veri intenditori non potranno però mancaredi assaggiare i funghi, veri dominatori delle ricette ovadesi. Con i dolci cisi sbizzarrisce: torte a base di nocciole e castagne, i canestrelli, il bonet,budino al cioccolato con latte, uova, zucchero e vaniglia. A tavola l’osteannaffierà il tutto con il tipico e robusto Dolcetto di Ovada.Antichi splendori romani contraddisinguono Acqui Terme, adagiata lungola sponda sinistra del fiume Bormida, nell’Alto Monferrato. Furono pro-prio i romani, in età imperiale, a darle il nome Aquae Statiellae, ad indi-care quelle acque che, ancora oggi, sgorgano nel centro della città in un’edi-cola nota come la Bollente ad una temperatura di 75 gradi, acque utiliz-zate nelle terme dove è possibile recarsi per curare numerose malattie eanche per trattamenti estetici. E’ la natura il tratto distintivo dell’Acquese:rigogliosa tutta intorno, si apre a scenari fiabeschi con una serie di castel-li ancora ben conservati come quelli di Prasco, Cremolino e Melazzo. Lacucina vive dei sapori e dei profumi della terra, che regala con grandegenerosità funghi e castagne. E’ diventato famoso il filetto baciato diPonzone, salame costituito contemporaneamente da una parte anatomi-ca intera, vale a dire il filetto del maiale, e da un impasto tradizionale dicarne suina e grasso che la contorna. Per quanto riguarda i vini, poi, c’èsolo l’imbarazzo della scelta, dal fine Dolcetto d’Acqui sino agli aromaticiBrachetto e Moscato.

� I vigneti di Acqui da cui provieneil celebre Brachetto

� Acqui Terme, fonte termale

51_55_Di Sanzo Mete del Gusto.qxp:Layout 1 3-11-2008 16:25 Pagina 54

Page 52: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

Comune di Acqui TermeUfficio TurismoTel. 0144 770274 –303www.comuneacqui.com

Comune di AlessandriaPiazza della Libertà, 1AlessandriaTel. 0131 515111www.comune.alessandria.it

Comune di Casale MonferratoServizio di Informazione TuristicaTel. e fax 0142 444330www.comune.casale-monferrato.al.itPer il Monferrato visitare anche il sito:www.monferrato.net

Comune di OvadaVia Torino 69Ovada (Al)Tel. 0143 8361www.comune.ovada.al.it

Comune di TortonaInformazione accoglienza turisticaTel. 0131 864290/297www.comune.tortona.al.it

Provincia di AlessandriaSegreteria generaleTel. 0131 304346www.provincia.alessandria.it

Parco Naturale e Area Attrezzata del Sacro Monte di Crea Ponzano Monferrato (Al) Tel. 0141 927120 [email protected] www.sacrimonti.net

ATL ALEXALAAgenzia di Accoglienza E Promozione Turistica LocaleDella Provincia di AlessandriaPiazza S. Maria di Castello, 14AlessandriaTel. 0131 288095/[email protected]

REGIONE PIEMONTESettore Cultura, Turismo e SportVia Meucci, 1 – TorinoTel. 011.4321564www.regione.piemonte.it

INDIRIZZI UTILI

51_55_Di Sanzo Mete del Gusto.qxp:Layout 1 3-11-2008 16:25 Pagina 55

Page 53: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

56

Degu

sta

zion

i

C’è solo l’imbarazzo della scelta (e con più spazio a disposizioneavrei potuto segnalarvi molti più vini di questi magnifici 40) volen-do selezionare un po’ di Barolo 2004 da acquistare e mettere in

cantina. L’annata è stata magnifica, di quelle da ricordare, con un andamento rego-lare che ha consentito una perfetta maturazione dei tannini e lo svilup-po di un corredo aromatico ricco e variegato. Molti dunque i Barolo daricordare, dotati di una struttura tannica imponente che richiede spessodi essere “addomesticata” da un ulteriore affinamento dei vini in bottiglia.I Barolo di Castiglione Falletto su tutti, e poi Barolo, Verduno, Monforted’Alba, Novello (si tenga conto dell’estensione dell’area di produzione delBarolo: 1.803 ettari: 450 circa a La Morra, 351 a Monforte, 311 a Serralungad’Alba, 238 a Barolo, 137 a Novello, 136 a Castiglione Falletto, 90 a Verduno,49 a Grinzane Cavour, 21 a Roddi, 14 a Diano d’Alba, 2 scarsi a Cherasco)hanno offerto splendide prove, mentre a La Morra i risultati sono moltopiù eterogenei e si passa da prove convincenti a vini poco soddisfacenti eun po’ estremizzati, che spesso “vorrebbero ma non possono”. Tutti i grandi vigneti comunque, se ad onorarli sono stati vignaioli rispet-tosi e alieni da inutili protagonismi, si sono espressi al meglio, a confer-ma dell’evidenza che laddove ci sono i veri terroir, quelli che fanno la dif-ferenza, ci sono e non possono non esserci anche i grandi vini, i viniveri, i vini di qualità e soprattutto di forte personalità e carattere. Un’evidenza che ho avuto modo di verificare nel corso di più degustazio-ni di un larghissimo campione di vini compiute nel corso dell’anno, chehanno visto, mese dopo mese, i vini prendere quota, acquistare com-plessità e capacità di affascinare e “dare del tu” a chi li “ascoltasse” conattenzione. I trionfatori indiscussi di quest’annata, a mio parere, sono stati i Barolodi Serralunga d’Alba, perché il 2004 è proprio l’annata perfetta per que-

Un’ottimaIL 2004

È STATO MAGNIFICO

PER IL BAROLO:L’ANDAMENTO

REGOLARE

HA FAVORITO

LA PERFETTA

MATURAZIONE

DEI TANNINI,SVILUPPANDO

UN POLIEDRICO

CORREDO AROMATICO

di Franco Ziliani

56_61_Ziliani Deg. Barolo.qxp:Layout 1 5-11-2008 15:11 Pagina 56

Page 54: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

57

annatasto villaggio, e perché questi vini, di aziende note e meno note (e nella miaselezione mancano i vini, Cascina Francia e Monfortino, di GiacomoConterno, che devono ancora lungamente affinarsi in cantina e nonsono ovviamente ancora in commercio), hanno dato grande prova di sé.E ci hanno condotto, per mano, nel regno della complessità, della classe,della solidità vera senza improvvisazioni e finzioni, grazie a vini solidi, inte-gri, profondi, espressivi di carattere ampio, grande sostanza, imponentestruttura tannica, ma un tannino profondo spesso vellutato, carnoso, ter-roso, mai aggressivo, mai fuori posto o fastidioso, ben fuso con il frutto,spesso con note minerali, una trionfante liquirizia, venature di sottobo-sco, una leggera speziatura. Dal punto di vista dei prezzi buone notizie per gli appassionati. Un gran-de Barolo 2004 continua a costare, e non poco, ma accanto ai vini (BrunoGiacosa su tutti) che hanno prezzi importanti, questa mia selezionecomprende anche vini che potrete acquistare direttamente in cantina anon più di 30 euro. E con questa intelligente moderazione il prezzo fina-le, sugli scaffali delle enoteche e dei ristoranti più ragionevoli, sarà deci-samente più abbordabile e tale da invitare all’acquisto.

Barolo Le Rocche del Falletto riserva 2004 Bruno Giacosa Un classico di sempre e un punto di riferimento nell’universo del Barolo. Rubino violaceo bril-lante, bouquet elegante e complesso di grande freschezza, con note di ribes, ciliegia matura,cioccolato, liquirizia e accenni minerali. Al palato conquista con la grande intensità e purezzad’espressione, il perfetto equilibrio tra frutto e tannini solidi, la sua ricchezza e complessità disapore, con una finale veramente lungo e persistente. Ancora più grande tra qualche anno.

Barolo Brunate Le Coste 2004 Giuseppe Rinaldi La grande classicità del Barolo in questo vino di Beppe Rinaldi. Colore di bella intensità e pro-fondità, naso fitto, consistente maturo, con sfumature floreali e selvatiche e ricordi di cuoio esottobosco, mostra una materia ricca e importante al palato, un tannino ben sostenuto, ma nonaggressivo, una lunga persistenza con un finale gustoso, pieno di sapore e consistente. Ancoragiovane, con un grande potenziale d’evoluzione.

Barolo 2004 Bartolo Mascarello Possiamo dirlo, senza apparire “blasfemi”, che Maria Teresa, la figlia di Bartolo, ha portato neiBarolo di questa piccola azienda simbolo una pulizia esecutiva inedita? Lo conferma anche que-sto 2004, dal colore rubino profondo, molto preciso ed intenso nei profumi di terra, humus, sot-tobosco, con leggere sfumature speziate e accenni di rosa passita e prugna, molto complesso alpalato, con una fantastica, solidissima struttura tannica, uno spiccato carattere terroso e unalunghissima persistenza. Un Barolo veramente classico.

BAROLO 2004: LA DEGUSTAZIONE

� I Vigneti a Grinzane e sullo sfondo il castello che fu di proprietà di Camillo Benso conte di Cavour

56_61_Ziliani Deg. Barolo.qxp:Layout 1 5-11-2008 15:12 Pagina 57

Page 55: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

58

Degu

sta

zion

i

Barolo Gramolere 2004 Fratelli Alessandria Forse uno dei migliori Barolo di Monforte del 2004, dalla magnifica vivacità di colore, elegantee accattivante al naso, con un bouquet ricco e intenso con venatura di cioccolato e rosmarinoed un frutto (ciliegia, ribes e lampone) succoso. Al gusto è elegante, perfettamente bilanciato,con tannini soffici e ben rilevati, notevole concentrazione, grande piacevolezza, ed un finale lungo,saporito e goloso.

Barolo Ciabot Tanasio 2004 Francesco Sobrero Affermazione definitiva per questa piccola azienda e per questa cuvée di Nebbiolo provenienteda diversi vigneti in Castiglione Falletto. Il risultato è un vino complesso e già piacevole ora,con grande possibilità di evoluzione nel tempo. Rubino intenso brillante, propone un naso moltofresco, espressivo, variegato, con note di rosa, rosmarino, liquerizia e un accenno di cacao adimpreziosire un frutto giocato sul lampone. Perfettamente equilibrato al palato, salda ma soffi-ce struttura tannica, uno spiccato carattere terroso e minerale, e una finale lungo e pieno disapore di stoffa e razza.

Barolo Ca’ Mia 2004 Brovia Da Serralunga un altro Barolo classico. Colore rubino squillante, propone un bouquet ricco ecomplesso con sfumature minerali e selvatiche in evidenza, accenni di tabacco, cuoio, liquiri-zia ad impreziosire il lampone ed il ribes dominanti. Al palato ha bella dolcezza d’espressione,tannini soffici, notevole sapidità ed un finale molto persistente, pieno di sapore su note terro-se. Ottimo potenziale d’evoluzione.

Barolo Parafada 2004 Massolino Un timbro inconfondibilmente da Serralunga caratterizza questo Barolo destinato ad una gran-de evoluzione nel tempo. Colore rubino violaceo intenso e brillante, si propone con il carattereterroso-selvatico tipico di questo villaggio, con un mix di note di fiori secchi, spezie, tabacco,liquerizia, prugna di grande intensità e piacevolezza. In bocca è ricco, complesso, molto persi-stente, largo e profondo e dotato di una struttura tannica di grandissima solidità.

Barolo Vigna del Mandorlo 2004 Fratelli Giacosa Grande prova, anche con il 2004, per questo vino espressione di un vigneto molto vocato pro-prietà dei Giacosa da metà anni Novanta. Colore rubino di bella intensità e brillantezza, si pro-pone con un bouquet intenso, ricco e affascinante, molto espressivo, dove si colgono insequenza sfumature di rosa passita, tabacco, cacao, lampone e ribes, sottobosco e una leggeraspeziatura. Al palato è perfettamente equilibrato, con strati di frutta matura, una salda strut-tura tannica, un’acidità ben calibrata, una lunga persistenza e un carattere minerale, una gran-de verticalità piena di nerbo. Splendido!

Barolo Vigna Lazzairasco 2004 Guido Porro Ancora Serralunga, e un’azienda piccola ma da conoscere, i protagonisti di questo Barolo clas-sico, colore rubino violaceo di bell’intensità e brillantezza, bouquet complesso e intrigante, conun perfetto mix tra aspetti floreali e fruttati, sfumature di liquirizia, tabacco, spezie e menta digrande freschezza. Al gusto mostra una grande struttura ed intensità d’espressione, uno spic-cato carattere terroso, con tannini solidi, ricchezza di sapore e una lunghissima persistenza. Unvero vin de terroir dal futuro luminoso.

Barolo Vigna Margheria 2004 Luigi Pira Rubino brillante di media intensità per un Barolo di grande eleganza aromatica e ricchezza disfumature (ribes, lampone, liquirizia, rosmarino, rose, liquirizia, un pizzico di cacao in sequen-za) e di assoluta freschezza al palato, con tannini solidi e vellutati, una grande struttura ed inten-sità, perfetto equilibrio e armonia ed un finale lunghissimo, scandito da una vivace acidità, digrande sapore e razza.

Barolo Arione 2004 Gigi Rosso Bellissimo colore rubino brillante, naso su toni dolci e fruttati con lampone e ribes in evidenza,accenni di rosa passita e amaretto. La bocca è dolce ed effusiva, con frutto succoso tanniniben sottolineati, notevole persistenza e intensità gustativa.

56_61_Ziliani Deg. Barolo.qxp:Layout 1 5-11-2008 15:15 Pagina 58

Page 56: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

59

Barolo Leon 2004 Rivetto 2004 Una vera sorpresa questo Barolo, prodotto da una piccola azienda albese da un inusuale mix diuve Nebbiolo di La Morra (80%) e Serralunga d’Alba (20%) affinato per 14 mesi in piccolo fustidi rovere francese e poi per due anni in botti da 30 ettolitri di rovere di Slavonia. Colore rubino brillante ma intenso, mostra una notevole complessità a naso, un frutto carno-so che ricorda il Pinot nero con venature di menta, liquerizia, rosa passita, catrame. Ricco e consistente al palato e pieno di sapore, con una solida struttura tannica, un frutto suc-coso e una lunga persistenza con un finale su note terrose. Già buono ma con un notevole poten-ziale d’invecchiamento.

Barolo Sorano 2004 Giacomo Ascheri Colore rubino squillante, mostra un naso di grande presenza e complessità giocato su note dilampone, liquirizia, terra, mazzetto odoroso e rosa. In bocca grande tessitura, con tannini vel-lutati, lunghissimo avvolgente e maestoso, di grandissima eleganza.

Barolo La Serra 2004 Giovanni Rosso Colore rubino vivo, naso nitido naso dolce compatto avvolgente, con sfumature fragranti edeleganti di liquirizia cacao cipria rosmarino. Al gusto struttura tannica scalpitante nervoso lar-ghissimo e persistente ancora molto giovane con materia ricca e terrosa da domare.

Barolo Rocche dei Brovia 2004 Brovia Rubino di bella intensità e profondità, naso fitto, presente, denso con frutta rossa e terra inevidenza, e solo leggermente alcolico. Al palato molto suadente, ricco, persistente, con tanninisoffici, lungo e pieno di sapore.

Barolo Serralunga 2004 Manzone Paolo Colore rubino brillante luminoso, naso dolce, aperto, fragrante succoso, con note di ciliegia,prugna, liquirizia e rosa in evidenza. Al gusto mostra un perfetto equilibrio tra frutta, e tanni-ni setosi, con uno spiccata nota di liquirizia, terra e cacao, per un finale soffice, avvolgente elunghissimo.

Barolo Vigna S. Caterina 2004 Guido Porro Rubino granato brillante, bouquet ampio e complesso, con note di rosa, melograno, spezie, maz-zetto odoroso, liquirizia di bella vivacità e articolazione. In bocca conferma la propria comples-sità, grazie ad una materia ricca e tannini setosi: é lungo, pieno, avvolgente e non ti molla più.

Barolo Cerretta 2004 Germano Ettore Rubino violaceo vivo, naso molto selvatico e misterioso, con note di tabacco, prugna, rosa pas-sita e amaretto. In bocca si propone succoso, di grande stoffa, pieno di sapore ma sapido evivo. Ancora giovane con grande potenziale di evoluzione.

Barolo Bricco Sarmassa 2004 Brezza Rubino vivo brillante, mostra un naso floreale, essenziale scabro e nervoso di grande eleganza.In bocca buona struttura tannica ma soprattutto grande verticalità, con sapidità e aciditàscattante, grande ricchezza di sapore e piacevolezza.

Barolo Baudana Luigi Baudana Rubino brillante vivo, naso elegante, dolce, avvolgente e succoso, con note di lampone ribes eprugna in evidenza. Al gusto grande tessitura terrosa piena consistente, con tannini non aggres-sivi ma ben sottolineati, con notevole stoffa e pienezza.

Barolo Rocche dell’Annunziata 2004 Mario Gagliasso Ormai una sicurezza l’interpretazione dei Gagliasso di questo cru di La Morra, quest’anno piùconvincente dell’altro cru aziendale, Torriglione. Colore rubino di media intensità, naso variega-to, compatto, con sfumature terrose di cacao e liquirizia, bocca ricca e piena, saldo corredo tan-nico, avvolgente, lungo, terroso ma di notevole eleganza nel finale.

56_61_Ziliani Deg. Barolo.qxp:Layout 1 5-11-2008 15:18 Pagina 59

Page 57: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

60

Degu

sta

zion

i

Barolo 2004 Livia Fontana La classica eleganza di Castiglione per un Barolo dalla bella intensità di colore, naso fitto esuadente, con sfumature che richiamano il mazzetto odoroso, la rosa, il cacao. Terroso in bocca,ricco e persistente con saldo sostegno tannico e buona lunghezza.

Barolo Bussia 2004 Giacomo Fenocchio Rubino squillante vivo, naso complesso, sapido, giocato tra il minerale ed il selvatico con sfu-mature di humus e tabaccoso e note di rosa, lampone e prugna. In bocca é vivo, di salda strut-tura, con tannino ben fuso, lungo, pieno e persistente e terroso nel finale.

Barolo Prapò 2004 Schiavenza Colore rubino violaceo vivo, naso caldo terroso, con note di cuoio, ribes, macchia mediterranea,rosmarino e liquirizia. Molto compatto al palato, con bellissima struttura tannica imponente, mate-ria ricca e consistente, terrosità spiccata, largo, incisivo, grande persistenza succosa e terrosa.

Barolo Bricco Boschis 2004 Cavallotto Vino ancora molto giovane, con ottimo potenziale d’evoluzione. Rubino profondo, mostra un nasofitto giocato su toni selvatici e variegato. Al palato buona ricchezza e persistenza, con tanninisoffici e ben sottolineati. Lungo e pieno di razza il finale.

Barolo Cannubi 2004 Comm. G.B. Burlotto Una delle migliori interpretazioni dell’anno di questo storico vigneto a Barolo. Naso dolce, avvol-gente e carezzevole, in bocca mostra una struttura salda e profonda, consistente e terrosa, bellalunghezza e pienezza di sapore con notevole possibilità di evoluzione nel tempo.

Barolo Cannubi 2004 Michele Chiarlo Colore rubino violaceo vivo e brillante, naso preciso, sapido, incisivo e nervoso, con note di rosa,spezie, rosmarino e accenni minerali. Al gusto bella materia ricca, tannino sostenuto lungo,pieno, persistente di gran razza.

Barolo Massara 2004 Castello di Verduno Da uno dei migliori vigneti di Verduno un vino molto interessante, colore rubino brillantemolto luminoso, dolce, elegante, effusivo nei profumi fragranti e aerei che richiamano il lampo-ne ed il ribes, molto equilibrato, succoso, con tannino morbido leggermente polveroso, notevo-le lunghezza e sapidità e razza al palato.

Barolo Monvigliero 2004 Fratelli Alessandria Ancora molto giovane e bisognoso di affinamento in cantina questo classico Barolo di Verduno.Colore rubino brillante, si propone con un naso fragrante, elegante e intenso, con buona com-plessità e nerbo sapido al palato, saldo corredo tannico e lunga persistenza piena di polpa.

Barolo Vigna Arborina 2004 Bovio Gianfranco Convincenti come sempre le interpretazioni dei migliori cru di La Morra proposte da GianBovio e grande imbarazzo della scelta tra Vigna Gattera e Vigna Arborina. La mia preferenza, diun’incollatura, va al secondo, colore rubino violaceo fitto, profumi intensi selvatici e tabaccosiche richiamano l’humus e la prugna, grande estrazione e ricchezza al palato, saldo corredo tan-nico e una persistenza lunga e terrosa.

Barolo Badarina Vigna Regnola 2004 Grimaldi Bruna Una rivelazione il Badarina di questa piccola azienda che vinifica Nebbiolo di Serralunga. Colorerubino intenso, propone un naso selvatico, con accenni speziati, di rosa e rosmarino, e conqui-sta dal primo sorso grazie ad una grande materia, a tannini ben rilevati e mordenti, strutturasolida e lunga persistenza.

Barolo Serralunga 2004 Giovanni Rosso Barolo base, ma che Barolo! Rubino violaceo intenso il colore, per un naso molto espressivo eBarolo style con strati di frutta matura, note floreali, accenni di cuoio, tabacco, sfumature sel-vatiche, di liquirizia e grafite, al palato mostra notevole sostanza e peso, salda e mordente strut-tura tannica, grande equilibrio e lunga persistenza terrosa.

56_61_Ziliani Deg. Barolo.qxp:Layout 1 5-11-2008 15:21 Pagina 60

Page 58: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

61

Barolo Campo dei Buoi 2004 Costa di Bussia Color rubino di buona consistenza, con una leggera unghia aranciata mostra un naso elegan-te, dolce ed etereo, di grande fascino, con una perfetta sintesi tra il floreale ed il fruttato, consfumature speziate e selvatiche. Al palato è ampio, consistente, con una frutta succosa abbi-nata ad un tannino che si fa sentire e “scalpita” e ad una vivace acidità. Vino pieno, terroso, con-sistente.

Barolo Rocche 2004 Aurelio Settimo Il volto inatteso di La Morra in questo Barolo di assoluta classicità. Colore rubino profondo,mostra un naso selvatico e quasi “misterioso”, con tabacco, cuoio, rosmarino, accenni di pellic-cia e di carne, uniti ad un frutto succoso. In bocca è molto sapido, vivace, nervoso, con un tan-nino ben sostenuto, un’acidità che spinge e dà verticalità e carattere. Un Barolo veramente foodfriendly.

Barolo Villero 2004 Giacomo Fenocchio Azienda di cui si parla sempre poco, ma i cui vini parlano (abbondantemente) da soli. Da unodei cru di Castiglione Falletto ecco un Barolo di sicura personalità, rubino di media intensità ilcolore, naso fresco, vivace, dove un frutto succoso si abbina a note di erbe aromatiche moltocaratteristiche. Al palato è fresco, salato, scandito da una vivace acidità che innerva la struttu-ra snella, retta da tannini ben sottolineati e maturi, e rende il vino molto equilibrato, persisten-te e verticale nel finale.

Barolo Ginestra Vigna Casa Maté Elio Grasso Grande prova, come sempre, per il più classico dei Barolo di questa azienda esemplare.Rubino intenso profondo, sciorina un bouquet variegato, fitto e di salda tessitura, con fruttamatura, sottobosco, spezie, tabacco e accenni minerali in evidenza, a comporre un insieme com-patto. Una grande struttura tannica, quasi da Serralunga, caratterizza il palato, con grandeequilibrio e ricchezza di sapore, un gusto largo, pieno, consistente, di assoluto carattere.

Barolo Margheria 2004 Massolino Rubino intenso, naso intrigante e dolce, con note di lampone, ribes amaretto e melograno,liqurizia nera, accenno cacao grafite. Al gusto bocca piena succosa, ha dolcezza di frutto pol-puto, tannini vellutati, già molto piacevole con finale pieno di sapore, imponente, che abbinadolcezza eleganza e complessità.

Barolo Ravera 2004 Elvio Cogno Dal miglior cru e dal miglior produttore di Novello un Barolo ben fatto, rubino intenso il colo-re, profumi intensi e complessi, con frutta matura e note terrose, che esprime il suo meglio algusto, largo, pieno, ben strutturato, ma di grande freschezza, piacevolezza ed equilibrio, conuna buona armonia tra tutte le componenti e un tannino soffice che spicca e rende il vino moltoappealing.

Barolo Rocche di Castiglione 2004 Poderi Oddero Un Barolo classico che segna il ritorno di un’azienda storica agli standard qualitativi che le com-petono. Vivacissimo colore rubino granato si propone con grande freschezza a naso, ma com-plesso con le sue note selvatiche, di cuoio, tabacco, terra e cacao. In bocca un frutto ben suc-coso, tannini solidi ma soffici, grande equilibrio e dolcezza, una lunga persistenza ed una note-vole armonia.

Barolo Acclivi 2004 Comm. G.B. Burlotto Come sempre giocato sull’eleganza e la piacevolezza questo Barolo ottenuto dai più giovani vigne-ti di proprietà a Verduno. Rubino di bella vivacità e brillantezza, profumi fragranti e dolci di ribes,lampone e rosmarino, in bocca è sapido, vivo, con una buona consistenza terrosa, un tanninosoffice e media persistenza.

Barolo Le Vigne 2004 Luciano Sandrone Sempre elegante e d’ispirazione moderna il Barolo di Sandrone, ma con un’impostazione legger-mente più classica. Rubino brillante, naso vivo e compatto, al palato s’impone con una saldastruttura terrosa, ricco e caldo, con un tannino un po' ruvido, leggermente alcolico ma di buonacomplessità e lunghezza.

56_61_Ziliani Deg. Barolo.qxp:Layout 1 5-11-2008 15:24 Pagina 61

Page 59: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

62

Degu

sta

zion

i

Parlare di vino bianco in ValpolicellaClassica, terra eletta per i grandi vinirossi, potrebbe ai più apparire unazzardo. Ma se vi dicessero cheanche questo vino è un figlio dell’ap-passimento, croce e delizia del ter-ritorio e che anticamente si produ-ceva più Recioto bianco che nonrosso?La curiosità è nata girando nellevarie cantine della Valpolicella evedendo che ogni tanto tra i vinirossi compariva un vino dolce bian-co. Alle richieste di maggiori infor-mazioni la risposta era più o menola stessa: “lo faceva mio padre, lofaceva il nonno, c’è sempre stato ilRecioto bianco in Valpolicella”. Einfatti ancora oggi girando nei vec-chi vigneti in agosto si vedono spun-tare pochi grappoli di uva bianca inmezzo alla marea rossa, quasi figlidi un dio minore. Da qui due vini differenti ma allostesso tempo simili, divisi dal colo-re, ma uniti dallo stesso modo di

intendere il vino, dalle medesimetecniche tradizionali, due figli legit-timi della Valpolicella. Quella chesegue è una piccola indagine sulleorigini del figliolo bianco, ora quasiabbandonato.

LA STORIAPur non esistendo libri che tratti-no esclusivamente di vini bianchidella Valpolicella, facendo alcunericerche si scopre che la produzio-ne del bianco in questa valle non erauna bizzarria di qualche raro pro-duttore e che appartiene invece allastoria del territorio. Già nel 1800le cronache narrano di vino bianco,consumato nella stagione caldacome vino da pasto oppure comevino dolce.Sempre nel 1800 questi vini vivo-no un momento di grande splendo-re; Ottavio Cagnoli, segretario e stu-dioso dell’Accademia Veronesedell’Agricoltura nella seconda metàdel secolo, riporta che “or fu un

UN TEMPO

IL RECIOTO BIANCO

ERA PIÙ PREGIATO

DI QUELLO ROSSO

PERCHÉ PIÙ ELEGANTE

E PIÙ DOLCE. SI CONSUMAVA

SOPRATTUTTO NELLE

GRANDI OCCASIONI.

di Ivana Guantiero

L’oro della

Valpolicella

62_66_Guantiero Bianchi Valpolicella.qxd:Layout 1 30-10-2008 11:00 Pagina 62

Page 60: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

63

mese, fu ordinata la spedizione aParigi di 8 casse di veronesi detti“Costa Calda” e “Costa Calda dolce”giallo a somiglianza del tokaji, diuna limpidezza rara nei vini dolci edi una fragranza di nettare”.Si trattava quindi di vini apprezza-ti e conosciuti anche all’estero, tantoda essere giudicati dagli assaggia-tori parigini “supremo vino d’Italiadegno di essere preferito a molte qua-lità di vero Bordeaux e di Hermitage”.(Ottavio Cagnoli, Sulla fabbricazio-ne dei vini in Verona, Giornale agra-rio lombardo-veneto, agosto 1847).Anche all’inizio del Ventesimo seco-lo nonostante la grave crisi in cuiversava la produzione del vino ilRecioto bianco conservava la suaposizione di elezione. Era ancora prodotto secondo tradi-zione mettendo a riposo assieme uverosse e bianche, sino a febbraio-marzo. Da queste “rece” bianche,vinificate separatamente a contat-to con le loro vinacce, si ottenevano

i vini che andavano a riposare incomuni botti di castagno. Ne usci-va un vino dal colore dorato carico,di buona struttura, che andava con-sumato entro 2-3 anni.Le testimonianze degli anziani ciconfermano come questo Reciotobianco fosse considerato più pregia-to di quello rosso perché più elegan-te e più dolce, tanto da essere con-servato per le grandi occasioni o piùcomunemente per il rituale eucari-stico.Negli anni Sessanta e Settanta latecnologia porta ad una netta evo-luzione nel metodo di vinificazione.Spariscono i vecchi fusti di casta-gno, arriva il cemento (più tardi l’ac-ciaio), si inizia soprattutto a vinifi-care senza le bucce, ottenendo unprodotto meno corposo e meno cari-co di colore, più fine, elegante e lon-gevo. Viene anche raggiunta unamaggior esaltazione dei profumi chediventa preziosa nel caso venganoutilizzate piccole percentuali di bac-

che pseudo aromatiche.Negli anni Ottanta il vino bianco èdi moda, la gente vuole “bere bian-co” e ciò di riflesso sostiene questaproduzione, anche senza potersi fre-giare del titolo di “Recioto” bianco,assegnato in esclusiva già nel 1968alla Doc Soave.Nasce così il nome Passito biancodella Valpolicella (quasi sempre Igto Vino da tavola del Veneto) anchese gli abitanti del luogo, specialmen-te gli anziani, faticano ancora oggiad usare questo nome: per loro èinfatti sempre stato il “Recioto bian-co della Valpolicella”!Il resto è storia recente, con l’asce-sa del fenomeno Amarone a rubarela scena e il lento ripiego delle tipo-logie dolci. Lo stesso Recioto della Valpolicella,rosso, resta un prodotto a consumolocale. Pochi quindi sono i produt-tori ancora legati a quello che è stato,per le generazioni precedenti, il vinopiù pregiato: il fu Recioto bianco.

62_66_Guantiero Bianchi Valpolicella.qxd:Layout 1 30-10-2008 11:01 Pagina 63

Page 61: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

64

Degu

sta

zion

i

Le Preare 2004 - Gamba Gnirega

Garganega 50 per cento, Castelli romani e altre uve provenienti da vigneti con più di 30anni. Le “Preare” sono i vigneti poggiati sulle rocce che trattengono l’umidità e il fresco anchecon uno zoccolo di poca terra. Macerazione con le bucce per 15 giorni e solo acciaio perquesto vino elegante al naso con delicati sentori di frutta tropicale, fiori di acacia, erbette,salvia dove l’aromaticità delle uve è in primo piano, mentre in bocca la sua diretta freschez-za lo rende molto gradevole e bevibile

Piero 2003 - F.lli Farina

E’ uno dei pochi prodotto con Garganega in purezza. Sfodera delicati e freschi sentori diagrumi, arance amare, scorzetta di mandarino e cedro, marmellata di fichi, smalti e cereper un profumo piacevole. Elegante, leggero, asciutto in bocca con ottima beva e in primopiano una piacevole sapidità che ne completa il sapore.

VIGNETI E VITIGNIDa sempre in Valpolicella leuve bianche sono state pian-tate tra le uve rosse; ancoraoggi nei vigneti vecchi di 30-40 anni se ne trova qualchefilare. Tuttavia il ritmo serra-to nel rinnovo degli impiantidell’ultimo ventennio ha ridot-to drasticamente questa presenza eoggi quasi nessuno pianta vitigni abacca bianca, anche per le restrizio-ni imposte dal Consorzio di tuteladella doc Valpolicella.I passiti oggi sono quasi tutti a basedi Garganega che qui tuttavia rispet-to alle zone del Soave si presenta piùrustica, meno produttiva e con grap-poli e acini più piccoli. Deriva infat-ti quasi sempre da vecchi cloni, assaidiversi dalle nuove selezioni che sonostate reintrodotte ad est.Anche il Trebbiano è molto presen-te; si tratta del vecchio Trebbianoche i produttori ci descrivono conacini quasi arancioni in matura-zione e difficili da diraspare. A que-sti due vitigni si affiancano alcunevarietà autoctone, in particolar modola Bigolona e il Saorin.La Bigolona, detta anche comeSmarzirola per la facilità con cuiveniva attaccata dalla Botrytis, eraprobabilmente l’uva più tradiziona-le per la produzione del Recioto bian-

co, a cui era interamente dedicata,un po’ come la Molinara lo era peril Recioto rosso. Il suo nome derivadalla forma allungata del suo grap-polo; ottima in appassimento conbuccia spessa e acino tondo, confe-risce al vino un bel colore giallo conriflessi ramati ed un profumo frut-tato, con sentori di spezie, agrumi efrutta tropicale. Il Saorin si presen-ta invece con un grappolo compat-to che anche a maturazione raggiun-ta risulta verdastro; l’uva è dolce econferisce al vino una bella aciditàche purtroppo decade in frettaapportando al vino molta dolcezza.Altre uve conosciute da tempo sulterritorio sono la Bianca di Caprianae la Verdona: oggi nessuno le pian-ta più e sono a rischio estinzione.Troviamo infine alcune varietà aro-matiche o pseudo aromatiche, messea dimora soprattutto dopo la fillos-sera e utilizzati nei vini di alcuni pro-duttori: sono Moscato, Malvasia deiCastelli Romani e Fernanda (Cortese).

LA DEGUSTAZIONEDopo una lunga ricercaabbiamo individuato una ven-tina di campioni tutti in zonaclassica.Alcuni sono ancora in com-mercio mentre per altri abbia-mo degustato le ultime anna-te prodotte prima dell’uscita

definitiva dalla produzione. In qualche altro raro caso si trattainvece di nuovi produttori entrati nelmondo del passito bianco con unanuova etichetta.La singolare degustazione ha messoin evidenza interpretazioni moltodiverse, e la mancanza di un veromodello di riferimento tra gli stessiproduttori. Gli uvaggi sono spessomolto personali con tonalità di colo-re assai diverse e dolcezze da deci-se ad appena accennate.Garganega e Trebbiano sono sem-pre presenti, pur con una persona-lità molto diversa dalle uve dell’estveronese, per cui spesso a fare la dif-ferenza sono anche le piccole per-centuali di uve ben più profumate.La diffusa eliminazione della bucciadalla fermentazione offre oggi vinipiù fini, ma li impoverisce della lororustica originalità, in parte omolo-gandoli quando interviene anche labarrique per la fermentazione e/ol’affinamento.

62_66_Guantiero Bianchi Valpolicella.qxd:Layout 1 30-10-2008 11:01 Pagina 64

Page 62: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

65

Girolamo 2001 - La Giaretta

E’ purtroppo un prodotto che verrà eliminato dalla linea aziendale. Man mano che i vigne-ti caleranno la produzione, le viti verranno sostituite con quelle a bacca rossa.L’uvaggio è molto originale perché oltre ad un 50% di garganega, qui è presente un 25 percento di Moscato e un insolito 25 per cento di Sauvignon.Intenso e concentrato il colore, complesso al naso con profumi dolci e ampi, sentori di miele,frutta secca, note tostate. Anche in bocca è potente, la freschezza e la dolcezza creano unottimo equilibrio gustativo. Essendo un 2001, ci conferma la longevità di questi prodotti.Da servire fresco come vino da meditazione.

Le Vigne Bianche 2004 - F.lli Recchia

Le Vigne Bianche, invece, è una selezione di Garganega,Trebbiano, Cortese, Malvasia e unpo’ di Moscato che provengono da filari di uve bianche che circondano un vigneto di uverosse, fermentazione con le bucce e affinamento in barrique 18-24 mesi. Un bel colore rama-to che richiama la tradizione, profumo aromatico, elegante con note di rosa, violetta, albi-cocca, nocciola, cera d’api e foglia di tabacco. In bocca pieno, lungo con una bella freschez-za e un piacevole finale agrumato. Questa azienda produce anche un altro dolce bianco, ilPassito Bianco, più tradizionale, da uve Garganega, Trebbiano, Cortese e Malvasia, con affi-namento in botte grande, che rivela un profumo fresco e fruttato ma non dolcissimo, inbocca delicatamente fresco.

Aresco 2003 - Corte Rugolin

Garganega, Trebbiano, Malvasia, castelli romani vinificate in bianco e poi due anni di affi-namento in barrique è la ricetta di Corte Rugolin. Un giallo oro molto accattivante per unvino potente al naso con sentori di albicocca, miele, caramella d’orzo, vaniglia, lacche, ver-nici. Anche al palato si esprime con potenza e molta dolcezza anche se non è lunghissimo.E’ un vino piacevole che strizza un occhio al passato e uno al futuro. Corte Rugolin pro-duce anche un altro passito, non disponibile al momento della raccolta campioni e affina-to solo in acciaio.

La Tendina 2005 - San Rustico

Tutti i vitigni a bacca bianca classici della Valpolicella caratterizzano l’uvaggio di questopassito. Il leggero contatto con le bucce in vinificazione e poi un anno di affinamento in bar-rique ci danno un vino dal riflesso dorato. Eleganti i profumi di frutta matura e tropicale,dolce sentore di miele, finale con note di tabacco, di arancio candito e ginepro. Perfettaarmonia in bocca tra dolcezza e freschezza che ci fa pensare a un vecchio stile interpreta-to con mano leggera nei legni. Purtroppo per noi ha la tristezza di una epigrafe: il vignetoè già stato estirpato e in cantina sono rimaste le ultime bottiglie.

Monte de Luca 2004 - Vaona Odino

Per i componenti la famiglia Vaona, viticoltori da sempre, il passito bianco è un cru azienda-le; infatti Monte de Luca è un vigneto che si trova in Valgatara ed è caratterizzato da una fortependenza. La Garganega è presente per il 90 per cento accompagnata dal 10 per cento diMalvasia e Fernanda. Macerazione con le bucce e solo acciaio per un vino decisamente par-ticolare e ricco di personalità i cui profumi vanno dalla pesca alla banana, passando per gliagrumi, i limoni e la menta e una nota di vegetale di bosco che lo rende unico nella sua zona.Al palato si rivela molto fresco e non troppo dolce distinguendosi per l’ottima bevibilità.

62_66_Guantiero Bianchi Valpolicella.qxd:Layout 1 30-10-2008 11:01 Pagina 65

Page 63: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

66

Degu

sta

zion

i

Passito Bianco del Veneto 2005 - Boscaini Carlo

Garganega,Trebbiano, Malvasia, Fernanda provenienti da un vigneto di circa 60 anni.Fermentazione con le bucce come un tempo. Per metà affina poi in acciaio e per metà inbotte di acacia nuova, prima di essere assemblato. Al naso emerge la nota aromatica data dalla malvasia completata da delicati profumi diagrumi e scorzette di arancia che poi lasciano spazio alla nota dolce della vaniglia e delmiele con un po’ di caramella e liquirizia dolce. In bocca è delicato e fresco e con delicatofinale di mandorla amara.

Strinà 2004 - Azienda Manara

I fratelli Manara hanno deciso di investire nell’antico Recioto per il loro futuro e andandocontro corrente hanno piantato uve a bacca bianca; così dal 2000 producono il loro Strinà(l’uva strinà è l’uva appassita in dialetto) con 95 per cento di Garganega e 5 per cento diMoscato giallo. Fermentazione e affinamento in barrique. Il vino ha il colore dell’oro conriflessi ambrati. Profumi coinvolgenti di albicocca matura, fichi , datteri, miele d’acacia espezie. E’ ben presente la nota aromatica del moscato sia al naso sia in bocca dove si fondein una dolcezza complessa ed elegante che a lungo rimane nel palato.

Vigna del sette 2005 - Giuseppe Mizzon

Garganeg, Verdona, Malvasia e altri vitigni che il Cavalier Mizzon non ci ha svelato, comeun mago non svela i suoi trucchi, lasciando a noi il compito di scoprirli.Come ci ha spiegato “ci vogliono molte uve diverse per avere profumi e gusti nel vino” e sicu-ramente il suo passito rispecchia la sua filosofia, regalandoci un vino intrigante con pro-fumi dolci che spaziano dalla frutta gialla matura, agli agrumi, al miele, alla noce mosca-ta, una delicata sfumatura erbacea e note di salvia e menta. In bocca è un vino pieno e riccodi personalità, morbido e rotondo con una lunga persistenza.

Costa Calda 2003 Domini Veneti - Cantina di Negrar

Da sempre paladina delle tradizioni della Valpolicella la Cantina di Negrar difende i vecchiamori dei suoi soci, lotta per il suo passito ed è l'ultimo produttore rimasto di Recioto spu-mante della Valpolicella.Uvaggio tradizionalissimo con Garganega e Trebbiano toscano e un tocco moderno dato dal-l’affinamento di 28 mesi in barrique. Si presenta con un brillante giallo dorato. Bouquet ele-gante con albicocca, banana, fichi e datteri in primo piano per poi lasciar spazio alle notedolci della vaniglia e del miele. In bocca è vino pieno e morbido con una lunga persistenza.

Peagnà 2006 - Tommaso Bussola

Dopo due rare produzioni nel 1992 e nel 1997 Tommaso Bussola, “reciotista” riconosciu-to, torna a produrre il passito bianco da Garganega, Trebbiano e Chardonnay e da vec-chie vigne di Bigolona e Saorin che non ha mai spiantato. Il colore oro antico viene da unaparziale macerazione sulla buccia, a cui segue un lungo affinamento in barrique nuove perben 19 mesi. Al naso nessun cedimento al rovere, oltre alle confetture bianche ci regalauna finezza intensa di orzo e rabarbaro, un tocco minerale, le note eteree. Ha solo 13.5° dialcool ed è morbidissimo in bocca. La possanza della struttura accompagna lungamente ilpiacevole finale.

62_66_Guantiero Bianchi Valpolicella.qxd:Layout 1 30-10-2008 11:01 Pagina 66

Page 64: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

68

Pic

cole

Doc

Da Desenzano del Garda a Peschiera, da Sirmione a Valeggio sulMincio, nelle notti serene si nota dall’entroterra un fascio di luce atre colori, prima rosso, poi bianco, poi verde e così via: è la torre di

San Martino della Battaglia che dall’alto dei suoi 74 metri tutti i giorni etutte le notti ci chiede di non dimenticare.Il 24 giugno 1859, duecentomila soldati, i piemontesi di Vittorio EmanueleII, i francesi di Napoleone III e l’esercito austriaco si scontrano proprio qui,nelle campagne intorno a San Martino, su un fronte che si estende per15 chilometri fino a Solferino. Si fermeranno solo dopo 14 ore di lottadi una ferocia inimmaginabile ai giorni nostri, un corpo a corpofino alla morte. E’ la Seconda guerra di indipendenza. La carne-

ficina di tali proporzioni convince Napoleone III a fir-mare l’armistizio: l’Austria gli cede così la

Lombardia, lui come da accordi la gira alregno di Sardegna, ovvero le basi per l’im-

minente unità d’Italia.Henry Dunant, umanista, imprenditoree filantropo svizzero, si trova anche luiin quelle zone per conferire conNapoleone III e davanti a uno spetta-colo così orribile di sangue e morte, sirimbocca le maniche, adibisce qual-

L’ultima battaglia DA SEMPRE NEL BRESCIANO SI PRODUCE UNA DOC CON IL “VECCHIO” TOCAI:ORA CHE UN DECRETO VIETA L’UTILIZZO DEL TERMINE IN ITALIA, ALCUNI

PRODUTTORI SUL RETRO ETICHETTA HANNO STAMPATO UN PUNTO DI DOMANDA

di Laura Pacchioni

68_71_Pacchioni San Martino.qxp:Layout 1 3-11-2008 14:27 Pagina 68

Page 65: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

69

San Martino

siasi luogo, chiesa o fienile che sia a infermeria, recluta la popolazione peraiutare tutti i feriti indipendentemente dalla loro nazionalità: “Il sole del25 illuminò uno degli spettacoli più orrendi che si possano immaginare”,dirà Dunant.Nasce in lui l’idea di creare una società di soccorso volontario in ogniStato con il compito di organizzare e addestrare squadre per l’assistenza deiferiti in guerra, con feriti e personale sanitario da considerarsi neutrali eprotetti da un distintivo comune. Proprio a lui viene assegnato il premioNobel per la pace nel 1901, il primo in assoluto. Vengono così messe le basianche per la Croce Rossa.Ecco cosa ci chiede di non dimenticare la torre di San Martino, frazionedel comune di Desenzano del Garda, in provincia di Brescia.Ora per fortuna il paesaggio intorno alla torre è decisamente cambiato: leviti si offrono generose alla vista e al sole che scalda timidamente le vigne.La torre veglia su di loro e conferisce un senso di pace.Qui c’è una delle più piccole Doc d’Italia, il San Martino della Battaglia perl’appunto, 30 ettari in tutto coltivati a Tocai (anche se non si potrebbe piùchiamarlo così) per ottenerne vini bianchi secchi e liquorosi. L’azienda chespicca è la “Selva Capuzza” di Vincenzo Formentini, enologo della scuoladi Alba, che lavora con i suoi i figli: Luca si occupa della cantina e Fabio delristorante. E’ una famiglia che si è dedicata da sempre alla viticoltura,alla valorizzazione del territorio, sono stati i primi in Lombardia ad aprirel’agriturismo in campagna, andando contro i pronostici negativi di tutti quel-li che non credevano nello sviluppo dell’entroterra gardesano. La Cascina Capuzza offre una cucina semplice ma curata, con particolareattenzione ai prodotti stagionali,alla pasta fatta in casa, il tutto accompa-gnato dai vini dell’azienda e servito in una antica cascina del XV secolocircondata dai loro vigneti.Selva Capuzza è il nome della località geografica dove sorge l’attività: il nomedescrive la caratteristica posizione di “cappuccio” che la vede sulla sommi-tà della collina poco distante dal “roccolo” dove venne eretta la torre di SanMartino della Battaglia. Le colline sono basse ma importanti per il loro influs-so microclimatico. Sono state formate dallo scioglimento del ghiacciaioche originò la sede del lago di Garda e sono costituite da un terreno diroccia con un basso strato di ghiaia.La famiglia Formentini ha preso particolarmente a cuore la salvaguardiadel vitigno Tocai: tipicamente friulano, pare che sia arrivato fin qui con ifriulani quando sostavano da queste parti portando le vacche in transu-manza. Gli ettari coltivati a Tocai sono in diminuzione: è infatti un vitignopiù difficile da coltivare rispetto alle altre varietà presenti nella zona, ha unaresa per ettaro più bassa, l’acino è piccolo e la buccia è sottile, la matura-zione è precoce, il mosto ha un buon tenore zuccherino e un’acidità piut-tosto bassa; la produzione è limitata, circa tremila bottiglie.

� La storica torre di San Martino della Battaglia

di

68_71_Pacchioni San Martino.qxp:Layout 1 3-11-2008 14:28 Pagina 69

Page 66: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

70

Pic

cole

Doc

“Sul suo futuro - dice LucaFormentini - pesa l’incognita di

un vitigno senza nome. Eppure pro-prio da qui viene prodotto il Campo

del Soglio 2006, un vino che recente-mente ha portato per la prima volta la ban-

diera della Doc San Martino della Battaglianella lista dei migliori vini d’Italia a meno di otto

euro”.Questa di San Martino è un’area carica di vicissi-

tudini storiche dove nel 1970 contemporaneamentealla Doc Lugana è stata istituita la Doc che ha ufficia-

lizzato la produzione di un vino da sempre e storicamen-te ottenuto dalla coltivazione di uve Tocai, difficile ma apprez-

zatissimo vitigno che qui è riuscito a mettere radici grazie alleparticolarissime condizioni pedo-climatiche dell’area. “Oggi il

paradosso: il decreto ministeriale dello scorso aprile – diceFormentini - ha vietato l’utilizzo del termine Tocai per

produzioni vinicole italiane e dalla vendemmia 2007anche noi dovremo adeguarci a questa norma,

sostituendo magari il nome Tocai con Friulanoche rischia di creare ulteriore confusione

geografica”.Il Campo del Soglio 2006, imbottiglia-

to tre giorni prima dell’entrata invigore del decreto, riporta anco-

ra nel retro l’etichetta con la dici-tura Tocai.

“Viene prodotto solo nelle annate giu-dicate ottimali da uve raccolte a mano in

vigneti che in termini produttivi non supe-rano gli 80 quintali a ettaro. Fermentazione

a basse temperature ed affinamento avvengo-no in vasche d’acciaio, l’imbottigliamento è previ-

sto in anticipo sui mesi caldi primaverili. Il risulta-to? Un vino che in tempi di eccessi ed arroganze, pre-

ferisce parlare a bassa voce”, ci dice Formentini.Dalle stesse uve viene prodotto anche un vino passito, il

Lume che però viene commercializzato come vino da tavolain quanto non rientra nel disciplinare a causa della bassa gra-

dazione alcolica.Per il Lume la vendemmia è anticipata, l’appassimento naturale

avviene in cassette in solaio, col solo aiuto della ventilazione; gli aciniattaccati dalla muffa vengono scartati.

Lume è un vino intrigante: archetti vicini e lenti, color dell’oro, dolce macon una nota particolare che ti invita al riassaggio per capirlo meglio. Alcunidicono guscio d’arachide, altri mallo di noce, oppure corteccia, o ancoraasparago!Bisogna provarlo per immergersi in questo nettare fresco, ben equilibrato,mai stucchevole; la bocca rimane piacevolmente pulita e impaziente per l’as-saggio successivo.

“A Lonato - 5 leghe a est di Brescia – si prepara un vino liquoroso cele-bre in Italia: ha il colore dell'oro, dolce senza essere acre né vuoto,grande finezza ed un profumo molto soave... il vino che si paragona alTocai e che si dice essere superiore al vino di Cipro, è la ricchezza deivigneti della bassa Riviera (del Garda)”(“Topographie de tous les vignolese connus” di A. Julien – Parigi 1822)

68_71_Pacchioni San Martino.qxp:Layout 1 3-11-2008 14:30 Pagina 70

Page 67: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

71

Ed è proprio qui, nel comune di Lonato sempre nel Bresciano, che trovia-mo l’altra azienda di spicco di questa piccola Doc, la Cascina Spia d’Italia.La Spia d’Italia, nata nel 1700 come casino di caccia del Palazzo Gerardi diLonato, è posta sulla sommità di una collina che ospitò, durante le batta-glie di San Martino e Solferino, il quartier generale dell’esercito piemonte-se. Il suo nome deriva dal fatto che, dall’alto, la pianura ed i movimenti deinemici si vedevano, o meglio, si “spiavano” benissimo. I vigneti situati sulleassolate e ventilate colline moreniche che domi-nano il Lago di Garda, il suolo calcareo aridoe sassoso , la giusta esposizione, le reseper ettaro volutamente basse garan-tiscono uve armoniosamente matu-re; un’attenta lavorazione, anco-ra artigianale, consente di trasfor-marle in pregevoli e caratteristicivini prodotti con attenzione daAndrea Guetta. L’azienda vinicolaè immersa nei vigneti e circondatada un ristorante enoteca, circolo ippi-co, scuola pony. Viene prodotto un SanMartino della Battaglia secco, il Campo dell’Ertae uno liquoroso, il Gefide.L’affinato esce ora con l’annata 2004 dopo una sosta di ben tre anni in accia-io: alla degustazione si presenta paglierino carico con lacrime lente che tra-discono la sua morbidezza.I profumi primari sono praticamente assenti, anche se si nota una bellanota di glicine accompagnata da una forte mineralità con piacevole sapidi-tà finale. La persistenza è lunga, con ricordi di mandorla amara.Il Gefide prodotto da vendemmia tardiva, metà-fine ottobre, con un’atten-zione particolare alla selezione degli acini migliori e con l’intenzione di uti-lizzare la minor solforosa possibile. Questo vino è stato premiato con l’oscardella Douja d’or di Asti nel 2006 per l’annata 1999. L'uva è raccolta in cassette e ancora selezionata. Il mosto – dopo una par-ziale macerazione a freddo - viene estratto con una pressatura molto soffi-ce e, debitamente pulito, è raffreddato fin quasi a zero gradi: a questa tem-peratura si avvia una lentissima fermentazione. La raffinata tecnica di pro-duzione prevede anche un lungo affinamento e l'aggiunta di una percen-tuale dal 10 al 15% di vino di annate precedenti tenuto in barrique consen-te di mantenere alcuni profumi ed aromi primari dell'uva di Tocai.Degustando proprio l’annata del 1999, ci troviamo davanti ad un vino dicolore dorato intenso: spicca subito l’alcolicità per poi lasciare spazio allafrutta candita, all’albicocca disidratata, ancora frutta secca. Quasi si masti-ca nella lunga persistenza lasciando in bocca un piacevole sentore di zuc-chero di canna.Il totale delle aziende che producono il San Martino della Battaglia si con-tano veramente sulle dita di una mano: quelle mancanti sono Citari, l’AziendaAgricola Pellizzari, la Cantina della Valtenesi e della Lugana. I fratelli Avanziproducono solo la tipologia liquoroso. Per cadere nel luogo comune, pochi ma buoni, con la speranza che il lorovero nome non venga spazzato via da un altro decreto ministeriale. Non ser-vono i grandi nomi per produrre vini di qualità. Occorrono produttori serie appassionati. Una ultima annotazione: il vitigno del San Martino della bat-taglia è orfano di nome. Per sdrammatizzare, il Campo del Soglio uscirà conl’ologramma di un punto interrogativo in retro etichetta al posto del nomedel vitigno. E’ l’ultima battaglia di San Martino.

� I vigneti e la storica torre

68_71_Pacchioni San Martino.qxp:Layout 1 3-11-2008 14:30 Pagina 71

Page 68: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

72

Oli

d’I

tali

a

Quando l’assaggiorende l’olio migliore

Imeriti vanno ampiamente riconosciuti. La grande for-tuna dell’olio extra vergine di oliva la si deve anchea coloro che si sono occupati del prodotto in virtù di

un approccio tutto rivolto alla sensorialità. Scrutare eindividuare il profilo organolettico di un olio appare oggiuna pratica po’ scontata, perché ormai ci si è abituatiall’idea che gli oli vadano degustati, per valutarne bontàe freschezza. Ma provate invece a immaginare la situa-zione di un tempo, non molti anni fa, quando l’olio veni-va giudicato solo dal punto di vista analitico. Sono tra-scorsi anni, non molti, quelli necessari per imprimereuna svolta al settore. Per esempio, venticinque anni faalcuni pionieri liguri di Imperia decisero di costituireun’associazione di assaggiatori. Questa è l’Onaoo, il cuiacronimo si traduce in Organizzazione nazionale assag-giatori oli di oliva. Da allora, questo gruppo di degusta-tori professionisti si è ormai consolidato e festeggia l’even-to con grande soddisfazione e orgoglio. Io mi unisco aloro, anche perché si tratta di un momento significativoda ricordare. Perché è proprio grazie a loro che si è mossoqualcosa nel campo degli oli di oliva. Ricordate quando nacquero i sommeliers dell’Ais nel1965? Anche in quel caso il contributo reso al vino è statospettacolare e determinante per il successo dell’interocomparto vitivinicolo. Un sentito grazie va dunque a quan-ti hanno creduto fino in fondo all’idea che i frutti dellaterra – l’olio, il vino e quant’altro – non siano solo e sem-plicemente pura merce e che conosciuti dal di dentro, aldi là dunque dei riscontri di laboratorio, presentano unprofilo peculiare e unico. Oltre ad essere apprezzati, i panel d’assaggio sono ancheavvertiti come necessari, se non addirittura fondamen-tali. Nel caso degli oli di oliva a Denominazione di origi-

ne protetta, la legge richiede l’approvazione di un panelriconosciuto. L’extra vergine non è più tale soltanto dalpunto di vista chimico-fisico. L’acidità libera può esse-re in regola, e così pure altri parametri, ma l’olio dovràsuperare il giudizio di un panel. Attraverso l’analisi orga-nolettica si riscontreranno i pregi, come pure le sensa-zioni olfatto-gustativo-tattili sgradevoli. Ed è in quest’or-dine di idee, tra l’altro, che dal primo ottobre 2008 vaapplicato il nuovo testo con cui l’Unione europea ha modi-ficato il regolamento storico del 1991, attualizzando ilmetodo di valutazione sensoriale. E pensare – tanto per farsi un’idea – che nel 1983, quan-do ancora in pochi capivano la necessità dell’assaggio,l’Onaoo anticipò di molto le stesse istituzioni, delinean-do in anticipo sul resto nel mondo la via ufficiale delladegustazione professionale. Onore e meriti dunqueall’Onaoo, e in particolare al gruppo dei fondatori, comea quanti ne fanno attualmente parte. Perché, in fondo,il miglioramento della qualità degli extra vergini è deri-vato anche dalla capacità di leggere un olio attraverso ilricorso alle tecniche di degustazione, evidenziandone conciò il profilo sensoriale di riferimento. La qualità non èmai frutto d’improvvisazione.

di Luigi Caricato

� Fabrizio Vignolini e Marcello Scoccia, rispettivamente Direttore e Vicepresidente dell'Onaoo

72_73_Caricato Olio.qxp:Layout 1 3-11-2008 14:34 Pagina 72

Page 69: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

73

GLI ASSAGGIFondo Bre’, Dop Garda orientale da olive in prevalenza Casaliva ealtre autoctone.

Nel bicchiere Giallo dai riflessi verdolini tenui, alla vista è limpido. Alnaso si presenta con toni fruttati leggeri, sentori mandorlati e conno-tazioni vegetali. Al palato ha buona fluidità e armonia, amaro e pic-cante lievi, gusto vegetale. In chiusura il ritorno della mandorla, connote di mela e una morbida punta piccante.

L’abbinamento Crema di avena, porri e semi di finocchio; pasta allezucchine e menta; tagliata di manzo con salsa di capperi.

Azienda agricola Marchese Guidalberto di Canossa, distribuzioneFratelli Turri, strada Villa 9, 37100 Cavaion Veronese (Verona), tel. 045.7235598, [email protected], www.turri.com

Privilegio è un blend di olive in prevalenza Frantoio e per la restanteparte di Leccino, Moraiolo e altre varietà minori.

Nel bicchiere Giallo oro dalle tonalità verdi, è limpido alla vista. Haprofumi fruttati di media intensità, con sentori vegetali di carciofo elattuga. In bocca è armonico, con toni mandorlati e vegetali, l’ama-ro e il piccante in equilibrio e una sensazione generale di morbidez-za. In chiusura le erbe di campo e la mandorla.

L’abbinamento Spaghetti con pesto al sedano; gratin di patate,branzino con salsina di carote.

Consorzio Produttori Olio delle Colline di Pisa, piazza Brunner 2, 56030 Forcoli (Pisa), tel. 0588.33233, [email protected],www.olioprivilegio.com

San Giuliano da agricoltura biologica, è un blend di olive Bosana,Semidana e Frantoio.

Nel bicchiere Giallo dorato con riflessi verde chiaro, è limpido allavista. Al naso note fruttate di media intensità e netti sentori di erbe dicampo. Al gusto è morbido e vellutato, sapido, con buona fluidità epotere condente, amaro e piccante in ottimo equilibrio. Percezionedi carciofo, mela matura e punta piccante in chiusura.

L’abbinamento Risotto con crema di zucchero e zenzero; insalate disedano e arance; costolette di vitello con funghi.

Domenico Manca, via Carrabuffas, loc. San Giuliano, c.p. 56, 07041 Alghero (Sassari), tel. 079.977215, [email protected], www.san-giuliano.it

L’olio di Mena Aloia è un monovarietale di Oliva nera di Colletorto.

Nel bicchiere Giallo dorato dai toni verdolini intensi, alla vista è limpi-do. Al naso si apre con profumi vegetali, puliti e freschi, con chiarisentori di carciofo. Al palato è morbido, con note equilibrate e sapi-de di amaro e piccante nella media. In bocca ha una buona fluiditàe una sensazione vellutata. In chiusura la mandorla dolce.

L’abbinamento Insalata di grano saraceno al basilico; zuppa di cipol-le e cavolo; petti di faraona al radicchio.

Azienda olearia Aloia, via Marconi 259, 86044 Colletorto(Campobasso), tel. 0874.730307, [email protected], www.olioaloia.it

72_73_Caricato Olio.qxp:Layout 1 3-11-2008 14:34 Pagina 73

Page 70: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

74

Bir

ra d

i q

ua

lità

L’imprenditore che ha portato al successo internazionale il mar-chio Hausbrandt ha anche un debole per la birra che porta il nomedi uno storico quartiere della città di Trieste. Oggi Theresianer è

una realtà che coniuga il rispetto per la tradizione e la qualità con le piùmoderne tecnologiePer molti anni l’Italia ha avuto un pugno di grandi aziende birrarie, quasitutte oggi però di proprietà di grandi gruppi internazionali. Peroni, Wuhrer,von Wunster, Dreher sono gli esempi più noti. Da qualche tempo a questaparte invece sono state avviate delle avventure che, se da un lato si distin-guono dai microbirrifici artigianali, dall’altro stanno rispolverando l’albod’oro delle imprese nazionali che uniscono la dimensione famigliare allerisorse tecnologiche dell’azienda moderna. Theresianer (www.theresianer.com)è una di queste avventure. È stata voluta da Martino Zanetti, imprendito-re noto ai più per il marchio di caffè Hausbrandt, che si è fatto affascina-re dal magico mondo delle fermentazioni e, in modo particolare, da unaricetta antica ma che sembrava destinata a una triste estinzione. Laricetta in questione è quella della Vienna, uno stile messo a punto nellacittà omonima e che ha la sua peculiarità principale nell’essere frutto diuna selezione di monomalto, il Vienna appunto. Infatti, la maggior partedelle birre che consideriamo “rosse”, ma che si devono definire corretta-mente “ambrate”, sono realizzate con una varietà di malti differenti. LaVienna invece è una rara eccezione. A Theresianer il merito di averla resuscitata dopo un’attenta ricerca biblio-grafica a caccia della ricetta originale. Questa birra, di 5,3% vol, ha un colo-re ramato e una elevata intensità olfattiva, ma colpisce soprattutto per ilsuo grande equilibrio tra la dolcezza, datale dal malto, e l’amaro del lup-polo. Si presta bene a degli abbinamenti con carni rosse, ma si può speri-mentare anche su alcuni dolci, anche a base di cioccolato. Se la Viennarappresenta il fiore all’occhiello della produzione Theresianer, guidata oggidal giovane e appassionato Christian Romano e supervisionata da una cele-brità del settore come Tullio Zangrando, altre birre della gamma non sfi-gurano certamente. In primis la notevole Premium Pils, fine e profumata,dal corpo leggero e dall’amaro pronunciato ma non invasivo. Il che la rendepiù gradevole alla maggioranza dei palati italiani spesso in difficoltà con ledosi extra di luppolo fresco. Interessante la Premium Lager e degne di una menzione particolare le dueale di scuola britannica e di alta fermentazione: se la Pale è la classica birrada bere quando si ha sete, ma si accompagna ottimamente a carni bian-che, primi piatti e alcuni salumi “dolci”, la Strong ha una gradazionealcolica importante, 8,5% vol, e note aromatiche che spaziano dalla frut-ta secca al caffè tostato. È una birra certamente impegnativa ma che rega-la soddisfazioni, sia in abbinamento, con formaggi stagionati ad esempio,

Martino Zanetti, torrefattore e birraio

di Maurizio Maestrelli

� Martino Zanetti

� Tullio Zangrando

74_75_Maestrelli Birra.qxp:Layout 1 3-11-2008 14:45 Pagina 74

Page 71: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

75

sia come “nightcap”, per dirla all’inglese, ovvero in beata solitudine primadi ritirarsi sotto le coperte. Una produzione dunque di tutto rispetto, allaquale va poi aggiunta l’ultima nata ossia la Weizen la cui ricetta è, in que-ste settimane, oggetto di ridefinizione. Ma la qualità del lavoro nelle variecotte e la scrupolosa selezione delle materie prime, malti e luppoli, fa capi-re che il team di Theresianer vuole lavorare sulla sostanza, costruendobasi solide per assicurarsi un futuro certo. La produzione si aggira oggisui 25 mila ettolitri l’anno e sebbene l’aumento progressivo si aggiri sul10 per cento annuo, le intenzioni sono quelle di raggiungere il traguar-do oltre il quale non andare con la quota 50 mila. “Il nostro desiderio”,ha spiegato recentemente lo stesso Tullio Zangrando, “è quello di col-locarci a metà strada tra la dimensione artigianale e la realtà indu-striale. Senza perdere di vista quello che rimane il parametro fonda-mentale: la migliore qualità possibile”. Intanto, come tutte le stori-che birrerie sparse in Europa, Theresianer può contare su una fonted’acqua propria, su un laboratorio interno nel quale sono fattetutte le quotidiane verifiche e su un canale di vendita che rimaneesclusivamente quello dell’Horeca. Enoteche, bar, ristoranti, insom-ma. E ristoranti di altissimo profilo ad esempio come quello diCarlo Cracco a Milano che, da qualche tempo a questa parte, hascommesso proprio sulla Theresianer per stupire i suoi clienti conabbinamenti e ricette creative. Il suo dessert “Cannolo di zucche-ro con crema di gianduia e Strong Ale Theresianer” oltre a rappre-sentare una gran bella gratificazione per il lavoro dei birrai dello

stabilimento di Nervesa della Battaglia, provincia di Treviso, è ancheun esempio di come la birra possa sposarsi alla cucina in senso lato

senza i soliti “paletti” dell’abbinamento etnico o da Oktoberfest. Il suc-cesso della Theresianer, inoltre, è la conferma di una nuova consape-

volezza del consumatore medio, sempre più aperto alle sperimentazio-ni e sempre più refrattario a mille luoghi comuni che esistono, e resisto-

no, in campo birrario. Per Martino Zanetti insomma, si tratta di una scom-messa vinta tanto che alle birre Theresianer ha affiancato anche il Bierbrand,un distillato di birra che costituisce con i suoi 41% vol un piacevole diver-sivo ai calici da sorseggiare dopocena. All’elenco adesso potrebbe manca-re quello che sarebbe un vero e proprio matrimonio dei sensi in casa Zanetti,ovvero una birra al caffè sulla scia di alcune interpretazioni già realizzatecon successo dagli intraprendenti microbirrifici artigianali americani. Anchein Italia qualcuno ci ha già provato, il Le Baladin di Teo Musso. Una birraal caffè firmata Theresianer costituirebbe la quadratura del cerchio: quan-do li abbiamo interpellati, sul tema alla Theresianer hanno fatto un po’ imisteriosi. Ma dal sorriso appena accennato di Zangrando e Romano abbia-mo intuito che almeno loro ci hanno già pensato…

� Lo stabilimento Theresianer

74_75_Maestrelli Birra.qxp:Layout 1 3-11-2008 14:45 Pagina 75

Page 72: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

76

Dis

till

ati

La Scozia è meta turistica di chi è alla ricerca di un mondo che, pur a noi vici-no, vediamo sempre meno. Qui si possono trascorrere magnifiche giornatein aperte brughiere o in caratteristici villaggi visitando antiche chiese, pub

tradizionali ed incontrare gente pronta a discorrere. Gli argomenti più ricorrenti sono il clima, non troppo favorevole in Scozia e la tran-quilla vita delle Highlands rispetto al caos delle città. Se si parla di whisky, la verabevanda nazionale, è facile veder fiorire una spontanea reciproca simpatia corre-data da molteplici consigli su quale scotch whisky bere, blended o single malt. Inmolti casi si avranno particolari, a volte inediti, della vicina distilleria probabil-mente visitabile. Di fatto, in Scozia ve ne sono quasi un centinaio distribuitenelle varie regioni.In passato le distillerie non erano attrezzate per ricevere visitatori ed i funzionarierano restii ad aprire i battenti se non in casi speciali. La maggior parte del cre-scente turismo in Scozia era ed è nei mesi di luglio ed agosto, periodo che spessoera riservato alla manutenzione degli impianti. Solo un pugno di distillerie eranopronte a ricevere il pubblico soprattutto nella regione Speyside presso Invernesse tra queste citiamo Glenfiddich con la maggiore capacità produttiva, che svolgeal suo interno l’intera filiera escluso il maltaggio. The Glenlivet ha anch’essa buonaaffluenza di pubblico con una visita accurata dividendo i grandi gruppi a non piùdi 12 persone per hostess. Negli ultimi anni le cose sono cambiate al punto che oggi possiamo visitare ben47 distillerie sulle 93 attualmente operanti spesso anche in piena estate. Si ha quin-di l’opportunità di visitarne alcune in molte parti della Scozia. I centri visitatori sonodiventati efficienti luoghi di ristoro e le visite agli impianti permettono di appren-dere le elementari nozioni della distillazione, con l’opportuna bevuta di un singlemalt ed acquistare souvenir e bottiglie speciali non presenti sui mercati esteri.Glen Grant è il giusto esempio dove si seguono le varie fasi di produzione comenelle altre distillerie con la peculiarità di una speciale apparecchiatura che agevo-la il riflusso di parte del vapore alcolico, funzione essenziale per rendere più fineil distillato. Inaugurato recentemente, il nuovo centro visitatori rende ancora più

Nella patria del whiskydi Angelo Matteucci

76_77 Matteucci distillati.qxd:Layout 1 30-10-2008 9:09 Pagina 76

Page 73: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

accogliente il ricevimento. Il giardino che dalla distilleria sale sulle pendici dellacollina sovrastante è una particolare oasi tranquilla, bellissima, creata nel 1885dal Maggiore James Grant, figlio di uno dei fondatori. E’ tra i migliori giardini diScozia ed attrae, al pari della distilleria, un grande numero di visitatori. Se si vuoleconoscere meglio ogni fase di distillazione, all’apparenza uguale per tutte le distil-lerie ma in realtà con fasi ed operazioni specifiche per ciascuna che rendono il pro-dotto finale unico nel suo genere, consigliamo di soddisfare la propria curiositàvisitandone più di una per approfondire il più possibile la personale conoscenza. La distilleria Glenfarclas, tra le prime ad aprire ai visitatori, è un magnificoesempio di conduzione familiare giunta alla sesta generazione. Di fatto appartie-ne alla stessa famiglia dal 1885 ed è l’unica ad avere una serie ininterrotta disingle malt whisky disponibili dal 1952 al 1994. Macallan ha anch’essa molto da dire in merito alla differenza avendo una produ-zione particolare che unisce la speciale qualità di orzo alla prescelta miscela di lie-viti selezionati ed all’invecchiamento in barili di rovere di tre tipologie differenti.Chi raggiunge le isole Orcadi potrà visitare Highland Park un magnifico esempiodi lavorazione artigiana che comprende parte del maltaggio effettuato in distille-ria. Chi invece ritorna a sud sulla strada settentrionale potrà trovare l’antica distil-leria Oban, costruita presso l’omonimo villaggio di pescatori che da tempo è diven-tato città. E’ tra le poche distillerie con due soli alambicchi, una per ciascuna distil-lazione. Scendendo più ad est nel cuore delle Highlands si incontrano Aberledycon i grandi alambicchi, circondata da prati erbosi e Edradour, fino a pochi annifa la più piccola distilleria di Scozia che attrae 100.000 visitatori l’anno.La visita alle isole Ebridi permette di conoscere Talisker sull’isola vulcanica di Skyeche, come altre distillerie isolane, è costruita sulle rive del mare che dona un’im-pronta indelebile ai single malt distillati ed invecchiati nei magazzini adiacenti. Sull’isola di Islay si trovano 8 distillerie. Bowmore, che cura direttamente il mal-taggio di parte del fabbisogno ed invecchia i suoi malti sulle rive dell’oceano atlan-tico, addirittura in un magazzino sotto il livello del mare. Lagavulin, la distilleria che come poche altre lavora a pieno ritmo per soddisfarele richieste, si trova nella valle omonima. Nella vicina baia vi è Laphroaig che trale molteplici caratteristiche può vantare di avere avuto, in un mondo maschile,per 18 anni alla sua direzione Mrs. Williamson Campbell manager di altissimovalore. Proseguendo si incontra Ardbeg, che dopo un periodo silente ha ripresola produzione. Presso l’accogliente centro visitatori sono serviti piatti locali duran-te la pausa pranzo. Caol Ila, la maggiore produttrice dell’isola, ristrutturata negli anni Settanta ha unagrande vetrata sul mare che permette la visione degli alambicchi anche dall’ester-no. I single malt prodotti dalle elencate distillerie di Islay sono definiti “torbati”.Sull’isola vi sono altre distillerie che producono malti senza sentore di torba. Ciriferiamo a Bunnhabhain, sulla punta estrema dell’isola e raggiungibile con unastrada tortuosa e Bruichladdich ritornato di proprietà scozzese dopo decenni diinattività ed ora una delle distillerie più attive con varie tipologie di malto. Vi èanche la nuova (aperta nel 2005) micro distilleria Kilchoman che opera in una fat-toria. Un viaggio sull’adiacente isola di Jura permette la visita alla distilleria omo-nima in una baia riparata dal clima particolarmente mite.Sulla terra ferma citiamo Springbank a Campbeltown produttrice di malti diqualità differente. Infine alle porte di Glasgow si può visitare la distilleriaAuchentoshan, l’unica che utilizza l’antica triplice distillazione e a pochi chilo-metri a sud di Edimburgo si trova Glenkinchie con un grande alambicco ed altripiù ridotti e con il magnifico museo. Il Single Malt Club of Scotland (www.singlemaltclub.it) creato in Italia nel Duemilaè un fondamentale punto di riferimento per approfondire la conoscenza generalee particolare di questo stupendo mondo.

77

� Vista panoramica di Inverness

� L'Isola di Skye

Da sinistra: La direzione e gli uffici Macallan Distillery, il centro visitatori GlenfarclasDistillery e la sala accoglienza Glenfarclas Distillery

76_77 Matteucci distillati.qxd:Layout 1 30-10-2008 9:09 Pagina 77

Page 74: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

78

Acq

ua

Recenti indagini collocano ilnostro Paese al primo postoassoluto della classifica mon-

diale per consumo pro-capite diacqua minerale. L’Italia, tra l’altro,rientra tra quelle Nazioni con il piùelevato numero di sorgenti sul ter-ritorio, le quali rappresentano,indubbiamente, un invidiabile patri-monio anche dal punto di vista sto-rico e culturale. Attualmente un numero di locali eristoranti sempre crescente inizia aproporre, almeno ad una parte dellapropria clientela, la cosiddetta “Cartadelle acque”. La scelta di queste ulti-me risulta, però, quasi esclusivamen-te legata a tematiche di marketing,anziché alle caratteristiche fisico –chimiche delle stesse, trascurando,

Acqua, impariamo

a degustarla

LE DIVERSE

SENSAZIONI GUSTATIVE

SONO CONDIZIONATE

DALLA TEMPERATURA

DI SERVIZIO CHE È

DI DIECI GRADI

PER LE EFFERVESCENTI

E DI DUE GRADI

SUPERIORE

PER QUELLE PIATTE

di Davide Oltolini

� Davide Oltolini durante una degustazione

78_79_Oltolini Acqua.qxp:Layout 1 5-11-2008 15:08 Pagina 78

Page 75: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

79

così, gli importanti aspetti “dietetico– terapeutici”, ma anche quelli dellapiacevolezza organolettica. Comeaccadeva sino a non molti anni orso-no per il vino, per il quale l’alternati-va proposta nei vari locali era sola-mente quella tra bianco o rosso (inalcune zone denominato nero), oggila scelta dell’acqua si riduce all’op-zione tra “gassata” e “naturale”, ter-mini, tra l’altro impiegati in mododecisamente improprio, che non per-mette di valorizzare le caratteristichedegli oltre 300 differenti prodotti pre-senti sul mercato. A questo proposito, può essere utileed interessante, per operare una scel-ta il più possibile consapevole, richia-mare le tecniche che, come accadead esempio per il vino, l’olio ed il for-maggio, presiedono all’analisi senso-riale delle acque, anche se la loroidentificazione comporta, forse, unamaggiore difficoltà rispetto ad altriprodotti. Tale difficoltà consigliereb-be, almeno per l’assaggio professio-nale, la sua esecuzione in ambientiil più possibile neutri, privi di parti-colari odori e ben illuminati. Sarebbe,inoltre, auspicabile, per l’assaggiato-re, evitare l’impiego di profumi, dopo-barba, nonchè il lavaggio delle manicon saponette dai sentori decisi, i cuiaromi tendono, inevitabilmente a con-fondere i sensi. Lo stesso motivo peril quale andrebbe evitato il fumo, l’as-sunzione di cibi, immediatamenteprima dell’assaggio, e quella di bevan-de, tra le quali, in particolare, il caffè.La prima fase della degustazione è,ovviamente, quella dell’esame visivo.Tale operazione consente la valuta-zione della limpidezza e della traspa-renza delle acque, la quale, nel casodelle acque minerali, è una peculia-rità espressamente prevista dallalegge. Nessuno, presumibilmente,si cimenterebbe nell’assaggio di acquetorbide o che, comunque, evidenzinoeventuali particolarità cromatiche.Queste, infatti, potrebbero stare adindicare la presenza di sostanze insospensione. La trasparenza puòessere definita al meglio anche attra-verso una scala di valori al cui apicevengono poste le definizioni di “cri-stallino” e di “brillante”. Per quanto riguarda la tipologia delleacque effervescenti si procede anchealla valutazione della finezza e dellapersistenza delle bollicine, il cosid-detto “perlage”. Esistono numerositipi di “perlage”, anche a secondadella quantità di gas presente, che

rivestono, tra l’altro, un ruolo rilevan-te nella definizione delle caratteristi-che gustative della bevanda. Laseconda fase della degustazioneriguarda l’esame olfattivo. Tramitequesta fase si procede all’identifica-zione dei tenui sentori che possonocostituire il bagaglio olfattivo di un’ac-qua, spesso donatole dalle rocce pre-senti, come le calcaree o le tufacee,nel luogo di provenienza. Durantequesta fase si procede, però, ancheall’individuazione di eventuali noteparticolari come, ad esempio, quelledi cloro e di zolfo, nonchè a sentorinegativi come la “terra umida” ed altrenote poco piacevoli imputabili, spes-so, alla cattiva conservazione. A que-ste si affiancano le problematiche ori-ginate dal contenitore, come il lievesentore dai richiami “dolciastri” chepuò esser dovuto all’impiego del PET.Grande importanza è, poi, riservataall’esame gustativo. Le sue risultan-ze dipendono, essenzialmente, dallesostanze che nelle acque risultanodisciolte, nonché dalla presenza omeno di CO2, una caratteristica giàprecedentemente valutata durantel’esame visivo. La presenza, o meno,di gas consente di identificare e clas-sificare due diverse categorie princi-pali, ovvero, le acque “piatte” o “lisce”e le acque addizionate di anidride car-bonica. Queste ultime detengono, tral’altro, un maggiore potere dissetan-te, oltre ad essere in grado di favori-re la digestione. Durante questa faseviene, inoltre, valutato il livello diintensità dei quattro sapori fonda-mentali: dolce, acido, salato ed amaro(tralasciando al momento l’umami),che è determinato dalla tipologia disostanze presenti, come ad esempioil calcio che può donare una sorta ditendenza dolce, e dalla loro quantità(acque minimamente mineralizzate,ovvero con un residuo fisso non supe-riore a 50 mg/l, oligominerali o leg-

germente mineralizzate con un resi-duo fisso compreso tra 50 e 500 mg/l,mediominerali dal residuo fisso com-preso tra 500 e 1.500 mg/l e ricchedi sali minerali dal residuo fisso com-preso tra 1.500 e 3.000 mg/l). Leacque con un residuo limitato, di solipochi milligrammi, appaiono menoidentificabili, se non, addirittura, privedi identità. Le diverse sensazioni gustative sono,inoltre, condizionate in maniera nonirrilevante dalla temperatura di ser-vizio, che si ritiene debba essere all’in-circa di 10 gradi per le acque effer-vescenti e di due gradi superiore perquelle piatte, anche se c’è chi indica,per queste ultime, una temperaturaideale di 14/15 gradi. Per la valuta-zione della gradevolezza di un’ac-qua è necessario considerare ancheil livello di bilanciamento delle suediverse sensazioni gustative e di altrecaratteristiche, quali ad esempio ilph. Il giudizio sulla gradevolezzavarierà nel caso della ricerca di acqueper un ottimale abbinamento con ipiatti. Ad influenzare l’analisi senso-riale dell’acqua è anche, seppur inmisura modesta, la tipologia e laforma di bicchiere impiegato per lasua degustazione, forma sulla qualeesistono, tra l’altro, pareri abbastan-za discordanti. In ogni caso quest’ul-timo, prima dell’assaggio, per essereimpiegato in maniera ottimale,andrebbe risciacquato con la mede-sima acqua che si sta per valutare:un’operazione del tutto equivalentea quella che, nel mondo del vino,viene definita avvinamento. Infine,per valutare compiutamente le carat-teristiche organolettiche dell’acqua,va riservata una particolare attenzio-ne alle note percepibili in retrolfazio-ne (ovvero dopo la deglutizione el’espirazione) che non devono, comeè ovvio, presentare difetti né sfuma-ture negative.

78_79_Oltolini Acqua.qxp:Layout 1 5-11-2008 15:08 Pagina 79

Page 76: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

80

Vin

o c

he p

assio

ne

Nei secoli scorsi l’uso del vinocome veicolo di sostanze aro-matiche e medicamentose era

molto in auge. Il suo sapore gradevo-le consentiva ai farmacisti di far tran-gugiare ogni tipo di erba o di speziaritenuta risanatrice. E le sue qualitàa scopo terapeutico ci sono state tra-mandate da medici-scienziati del cali-bro di Ippocrate e, qualche secolodopo, di Galeno. Persino la famosaScuola Medica salernitana conside-rava il vino come distintivo della spe-cie umana: vinum bibant homines,animalia cetera fontes. Ma oggi il vinoe la farmacia cosa hanno in comune? Poco se le nozioni di chimica vengo-no abbandonate a favore delle vec-chie tecniche di cantina, molto se sipensa ai benefici effetti del vino sullanostra salute. A pensarla così è Marino Fogli, un far-macista che da anni si dedica alla viti-coltura nella sua azienda agricola diSan Giuseppe di Comacchio, in pro-vincia di Ferrara. «In farmacia si ven-dono prodotti derivati dalla vite rossausati per la circolazione. Inoltre, daglistudi fatti, soprattutto a partire daglianni Novanta, risulta che gli effettidel resveratrolo sono notevoli per ilnostro benessere, poiché interagisce

nei numerosi meccanismi all’originedi malattie cardiovascolari. La stessaUniversità di Ferrara ha condottoricerche sul nostro vino, il Fortara,arrivando alla conclusione che aiutaa stare bene».Marino Fogli ha gestito una farmaciaper anni ma nel suo sangue “scorreil vino da quando era bambino” e nonpoteva abbandonare una tradizionedi famiglia. La Ca’ Nova è nata infat-ti con il nonno, è stata ampliata dalpadre ed infine è passata alle suecure. «Sono nato in mezzo alle vigne. Hodeciso di studiare farmacia ma abban-donare del tutto il vigneto mi sembra-va un dispetto verso mio padre. Cosìin questi anni ho fatto il farmacistama la cantina e il vigneto sono sem-pre stati la mia valvola di sfogo». Fondata dal nonno nel 1925, l’azien-da è situata nel Bosco Eliceo, a tre-cento metri sul livello del mare. In ori-gine contava undici ettari, di cui solosei vitati. Il papà in seguito la ampliòcon altri cinque ettari, razionalizzan-do il vigneto. Negli anni Sessanta, ilboom edilizio dei Lidi Ferraresi portòalla vendita di alcuni ettari. Ne rima-sero solo tre e mezzo conservati dalpadre come passatempo e poi passa-

Il vinodel farmacista

di Francesca Cantiani

� Marino Fogli nella sua vigna

80_81_Cantiani Farmacista Produttore.qxd:Layout 1 30-10-2008 9:38 Pagina 80

Page 77: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

81

ti a Marino, che li coltiva da trenta-cinque anni. Le dimensioni ridottefanno assomigliare la Ca’ Nova ad ungiardino, curato ‘come un bambino’.I lavori vengono eseguiti a mano, conestrema attenzione ai particolari e unacura attenta della gestione.«Adesso sono in pensione e ho piùtempo per il vigneto, però mi man-cava il banco da farmacista». Così ildottor Fogli ha aperto la ParafarmaciaSalus al Lido delle Nazioni, dove harealizzato anche un angolo, “I saporidel Delta”, per proporre i vini e i pro-dotti della zona. «È una vetrina cheho voluto creare perché mi sonoaccorto che, nonostante questa siauna meta turistica, le nostre eccellen-ze non erano adeguatamente valoriz-zate. Come vice presidente delConsorzio di Tutela del Bosco Eliceoe socio della ‘Strada dei Vini e deiSapori di Ferrara’ non potevo non farequalcosa. È nata quindi l’idea di crea-re uno spazio, anche se limitato, oveproporre le tipicità. E nuovamente ilvino si è trovato legato alla farma-cia, come nel passato.Nella Ca’ Nova vengono prodotti iquattro vini Doc del Bosco Eliceo: duerossi, Fortara e Merlot e due bianchi,Sauvignon e Bianco del Bosco.Il prodotto di punta è il Fortara.Ottenuto dalle uve omonime, ha uncolore rosso brillante, un saporeasciutto leggermente acidulo e mode-ratamente tannico. È di pronta beva,non va invecchiato. In primavera vienemesso in bottiglia e rifermenta, diven-tando frizzante. Da qualche annoviene fatto anche fermo. Il Merlot ècoltivato in coltura specializzata. Haun colore rosso rubino, un profumoaccentuato e caratteristico. Il saporeè asciutto, tannico da giovane, men-tre se invecchiato aumenta di profu-mo perdendo un po’ di colore. Matura

con il tempo diventando un vino persalama da sugo, selvaggina e arrosti.Ottimo della Ca’ Nova è anche ilBianco del Bosco Eliceo Doc prodot-to dal vitigno Trebbiano per l’80 percento e Malvasia per il 20 per cento.Viene coltivato in coltura specializza-ta e con diversi sistemi. Presenta uncolore giallo più o meno dorato, il pro-fumo è tenue, il sapore asciutto, leg-germente acidulo. L’azienda di MarinoFogli produce anche il Sauvignon delBosco Eliceo Doc da uve del vitignoomonimo. La gradazione alcolica è di11°, il colore giallo paglierino scarico,il profumo delicato e ha il caratteri-stico sapore asciutto, leggermente aci-dulo. Se invecchiato di almeno unanno è eccellente con gli antipasti eil pesce.Marino ha una vera passione per que-sti vini, decisamente particolari.«L’area in cui si estendono i vignetidella Ca’ Nova è unica. I vini prodot-ti in questa zona vengono detti “dellesabbie”. Nascono infatti su terrenisabbiosi, magri, poverissimi, dove solola vite, che si accontenta di poco, dà

i suoi frutti migliori, che si trasforma-no, grazie all’antica sapienza e allanostra passione, in vini speciali daiprofumi e dai gusti che ricordano ilmare» spiega il dottor Fogli. « I vigne-ti nascono al limite della valle che vadalle bocche del Po in provincia diFerrara, lungo la direttrice della stra-da statale Romea e a ridosso dellacosta fino a Tagliata di Cervia, in pro-vincia di Ravenna. L’aria, il terrenosalmastro, le radici che assumonoparte di acqua di mare contribuisco-no a caratterizzare fortemente i vini,tanto che una volta assaggiati fannopensare di aver assaporato il gustodel mare. Il nostro vino risente insom-ma del microclima - precisa Marino -che lo rende quasi salato. La sapidi-tà, ad esempio, è uno dei pregi delFortara, il nostro vino più importan-te. È un vitigno autoctono, che haresistito per secoli arrivando fino ainostri giorni. Cresce solo in quest’areae in parte nella zona di Parma anchecon caratteristiche diverse: qui è seccoe di gradazione piuttosto elevata.Viene abbinato ai piatti locali, soprat-tutto all’anguilla, che essendo grassaha bisogno di un vino ‘che pulisca’,quindi con un buon tannino. Abbiamoinsomma una grande qualità che perònon si accompagna alla quantità: dif-ficilmente si riesce a superare i centoquintali per ettaro».La produzione della Ca’ Nova ammon-ta a diciottomila bottiglie, indirizzateprevalentemente al mercato nostra-no. «I miei clienti sono privati e alcu-ni ristoranti della zona, che ho scel-to perché propongono piatti tipici, cheben si accompagnano con i nostri vinidel Bosco Eliceo».E in futuro più farmacia o vigneto?Marino non ha dubbi. «Già adesso midedico di più alle viti e alla cantina.Sono la mia vita… da sempre!»

80_81_Cantiani Farmacista Produttore.qxd:Layout 1 30-10-2008 9:39 Pagina 81

Page 78: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

82

Gocce

���Una cantina ad arteUna cantina di design ma non solo: anche un tempiodell’arte contemporanea e un polo artistico culturale.Questo è Cantina Icario, struttura da poco inaugurataa Montepulciano (Siena), grazie alla collaborazione trauna giovane azienda vinicola italiana e la creatività di ungruppo di artisti. Artefice della scatola magica Icario,almeno per l’architettura esterna, è lo studio degli archi-tetti Valle di Roma che, tra le altre cose, ha realizzato laFiera di Roma e la nuova sede del Consiglio dell’UnioneEuropea a Bruxelles. Per l’interno e la parte verde, inve-ce, il progettista è l’architetto fiorentino Guido Ciompi.La cultura di abbinare il vino al design, nelle cosiddettecantine d’autore, è in realtà una tendenza già in voga daqualche anno. Ma la cantina Icario nasce con intenti decisamente inno-vativi. I proprietari, Alessandra e Andrea Cecchetti, hannopensato di destinare una parte dell’edificio a spazioculturale ed espositivo aperto al pubblico. E di trasfor-mare questa parte della Toscana in un polo culturale.“La nostra idea”, hanno chiarito a Repubblica, “è direalizzare due importanti mostre annuali, una persona-le e una collettiva, in maggio e in ottobre che sono imomenti di massima vivacità per il mondo dell’arte”.

���Una gerarchia enologica Il vino più venduto presso gli antichi Romani? Per seco-li, al primo posto, il Cecubo, prodotto in territorio ai con-fini tra il Lazio e la Campania. Al secondo posto il Falerno,prodotto presso le pendici del monte Massico, tra i fiumiVolturno e Garigliano nella Campania settentrionale.Seguiva l’Albano, coltivato sui monti di Alba, vicino aRoma. Tutte specialità inavvicinabili per le donne: il reNuma aveva introdotto una norma che proibiva alle donnedi bere vino. Della antica gerarchia enologica e di altrecuriosità ci informa Clementina Panella, in un saggio nelbel volume dal titolo “Vino tra mito e cultura”, edito daSkira a ridosso del trentennale della nascita del Museodel Vino della Fondazione Lungarotti di Torgiano pres-so Perugia.

���Un rilancioTra le antiche vigne lucane è nata l’ultima opera (DitiramboLucano) di un umanista moderno: Francesco Sisinni, pervent’anni direttore generale del ministero dei Beni

Culturali, da lui stesso creato con Giovanni Spadolini.Il libro è un racconto che conduce per mano il lettore allascoperta della cultura della vite. “Voglio partecipare agliuomini la gioia liberatoria che il vino al saggio gratifica”,ha spiegato Sisinni al Corriere della Sera. Ambientato inun giorno d’ottobre in cui si fa vendemmia, DitiramboLucano è un volume di storia e arte, ma anche un attod’amore verso la Basilicata finanziato da Feudi di SanGregorio che in quelle terre ha avviato un suo progettospeciale per rilanciare il vitigno autoctono più importan-te di quell’area: quell’Aglianico che nel Vulture assumeuna delle sue principali e più note varianti.

���Una scoperta tra le vigneIl borgo toscano di Montalcino è noto soprattutto per ilsuo vino ma, grazie al lavoro di archeologi coordinatida Luigi Donati (Università di Firenze), presto lo saràanche per un’importante area archeologica. Le ricerche,avviate a partire dal 1993, hanno portato alla luce infat-ti, sull’altura di Poggio Civitella, un abitato etrusco di etàarcaica e una fortezza costruita sul finire del IV secoloavanti Cristo a difesa della zona che era posta all’epocasotto il controllo della potente città-stato di Chiusi.

���Una nuova modaNei ristoranti e nei negozi di Milano dilagano le insegnemade in England. E giorno dopo giorno l’italiano sem-bra sparire dalle nostre strade. Così l’happy hour racco-glie l’eredità della Milano da bere. Lo spuntino diventabrunch che è un po’ breakfast e un po’ lunch. Quantoalle vecchie care osterie di una volta, quanto ai tranispuntati sull’onda dell’immigrazione dal Sud e della crea-tività di imprenditori indimenticabili come PeppinoStrippoli, ecco che il loro posto viene preso sempre piùfrequentemente da wine bar che avranno di sicuro bot-tiglie più prestigiose, ma forse non avranno mai quell’at-mosfera che regalava il vino della casa. Va bene la glo-balizzazione, ma forse si sta esagerando.

���Una definizione di tempo“Prima trattavo il tempo come l’acqua del rubinetto.Adesso lo tratto come se fosse vino. Penso che più in làimparerò a centellinarlo come olio” (Raffaele Nigro, unadelle voci più significative del Sud, in “Maschere serenee disperate”, editore Manni).

Un sorso di cultura

di Salvatore Giannella

82_Giannella Gocce Sorso di Cultura.qxp:Layout 1 30-10-2008 11:21 Pagina 82

Page 79: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

Even

ti

L’Associazione Italiana Sommelier parteciperàalla 39a edizione della Mostra Internazionaledell’Alimentazione in programma presso la fiera

di Rimini dal 14 al 17 febbraio 2009. MIA rappresental’appuntamento leader di “alimenti e tendenze per ilfuori casa e la grande distribuzione”. Così si definiscequest’evento, proponendo tutto ciò che può essere offer-to al settore della ristorazione: catering, Frigus (rasse-gna dei prodotti surgelati e tecnologie per il ciclo delfreddo), specialità regionali, sandwiches & snacks,bio catering, Gluten Free (specialità senza glutine) ela logistica per il food & beverage. A partire da questa

edizione verrà introdotta una nuovasezione dedicata a vini, spumanti e cham-pagne a cui l’Ais prenderà parte: “DivinoLounge – wine, food and more”. Sarà alle-stita un’area wine, con degustazioni gui-date; un’area food, in cui sarà possibileconsultare carte dei vini e delle acque inabbinamento a cibi gourmet per diverse occasioni, dal-l’aperitivo al business lunch formale, dalla cena raffi-nata all’after dinner; un’area forum con tavole rotondee approfondimenti culturali; infine, un’area businessdestinata all’interazione tra buyer ed espositori.

L’Ais alla

MIA di Rimini

S a n t ’A m b r o g i o d i Va l p o l i c e l l a ,Ve r o n a - Te l . + 3 9 0 4 5 6 8 6 1 3 5 6www. c a n t i n e a l d e g h e r i . i t

Famiglia, Tradizione,Territorio, Sapienza, Amore.

Ingredienti unici,Valori inconfondibili.

A m a r o n ed e l l a Va l p o l i c e l l a

83_Fiera Rimini.qxp:Layout 1 29-10-2008 11:42 Pagina 83

Page 80: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

84

Degu

sta

zion

i

��� I numeri del successoSalire a Montefalco, in provincia diPerugia e nel cuore dell’Umbria agri-cola, genuina, che mantiene ancorapaesaggi solcati non solo da vigne,ma anche da boschi, ulivi e daun’agricoltura viva ed in simbiosi conil territorio, riconcilia lo sguardo attra-verso un’atmosfera quasi ovattata edimmobile. Eppure, di cambiamenti,da queste parti, negli ultimi anni, inparticolar modo a partire dal 2000 nesono avvenuti, e non pochi. La sto-ria del Sagrantino, l’uva principe dellaDocg locale, difficile da vinificare insecco rispetto alla storica versionepassita, disegna un’evoluzione com-merciale ed insieme economica che siè già vista in altre zone italiane. Qui,come a Montalcino o in Valpolicella,fa un certo effetto scorrere i numeri:in sette anni la produzione diSagrantino (secco) si è quadruplicatain termini quantitativi (dalle 666 milabottiglie del 2000 sino ai 2,5 milionidel 2007), la superficie vitata a Docgaddirittura quintuplicata (da 122 a660 ettari). Numeri che generano un volume diaffari stimato intorno ai 60 milioni dieuro, ottenuto anche attraverso lenuove trenta cantine sorte nel nuovomillennio, alle quali se ne aggiunge-ranno altre due entro la fine dell’an-no. A questo incredibile successo dellaversione secca, come in Valpolicella,fa da contraltare l’involuzione (anchese i numeri, comunque, aumentanoogni anno) dello storico vino diMontefalco, il Sagrantino passito, oggivino di nicchia, ma che forse conti-nua ad essere il vero scrigno delle tra-dizioni locali e dell’essenza stessa diquest’uva, specie quando viene com-mercializzato in versione non trop-po dolce, giocando tra il giusto equi-

librio tra zuccheri residui e tannini,di cui l’uva è l’incontrastata regina.

��� Tanti, tantissimi tanniniLa ricchezza dei polifenoli totali: lo siè spesso scritto e letto, fin quasi allanoia, nonché nuovamente ribaditodurante la ventinovesima edizione dellaSettimana enologica di Montefalco. IlSagrantino è uva con una concentra-zione in tannini superiore a tutte lealtre principali varietà e questo aspet-to risulta evidente non solo degustan-dolo, ma anche assaggiando gli acinidirettamente dal grappolo, come ciha proposto la cantina Novelli duran-te una delle tante visite in aziendaorganizzate durante questa manife-stazione. Come ha affermato il pro-fessor Fulvio Mattivi in uno degliincontri organizzati per la stampa egli operatori di settore, “se un vinoprodotto con altre varietà dovesse rag-giungere concentrazioni così elevatedi tannini, solitamente risulterebbepoi eccessivamente astringente,aggressivo e disarmonico al gusto”. Questo, nonostante la poderosa cari-ca tannica sia il timbro più partico-lare dei vini a base Sagrantino aMontefalco, non succede con que-st’uva e connota la sua unicità.Certamente non è semplice deciderequando mettere in commercio un vinocon queste caratteristiche peculiari:il disciplinare (nel 1979 la Doc e poinel 1992 la Docg) prevede, per la ver-sione secca, trenta mesi di affinamen-to, dei quali almeno dodici in legno.Pochi? Parlando con i produttori spes-so sono sorti interrogativi sul giustonumero di mesi di sosta nel legno,considerando le normali variabili del-l’annata e dell’esposizione del vigne-to, che complicano ulteriormente iltentativo di una generalizzazione vale-

Un Sagrantinoda collezione

NELL’ANTEPRIMADELL’ANNATA 2005

SVOLTASI

A MONTEFALCO

DEGUSTAZIONI,CONVEGNI

E IL GRAN PREMIO,CONCORSO RISERVATO

AI SOMMELIERS

di Alessandro Franceschini

84_87_Franceschini Sagrantino.qxp:Layout 1 3-11-2008 14:51 Pagina 84

Page 81: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

85

vole per tutti. Al di là della capacitàdel contenitore (barrique, tonneauxo botte grande) con le cui misure iproduttori sperimentano, facendospesso un blend dei vini che sostanoin contenitori diversi, è evidente chel’affinamento giova a smussare un po’gli angoli di questo vino. Difficile, d’al-tronde, coniugare esigenze commer-ciali e caratteristiche del Sagrantino:uscire prima sul mercato è probabil-mente strategico, ma il rischio è quel-lo di proporre vini ancora “in fieri” edin via di definizione. Tema noto e stranoto, che vale infondo per tutti i grandi vini che hannola velleità di essere longevi e pensia-mo in questo caso, in primis, a Barolo,Barbaresco e Brunello di Montalcino.Ma ancor di più, probabilmente, peril Sagrantino.

��� 2005, annata da incorniciare per il Consorzio

Questo recita il comunicato stam-pa, che paragona, per grandezza ecapacità di durare a lungo, questomillesimo, con altri tre che hannomeritato in passato le cinque stelle:1985, 1990 e 1998. Difficile per chiha partecipato all’anteprima di que-sta annata confermare quanto stabi-lito dai 16 enologi della commissionedegli esperti di qualità, che hannodesunto questa indicazione dopoaverne testati ben 36. Alla stampa, nella sala consiliare delMunicipio di Montefalco, attraversoil servizio professionale dei somme-liers Ais e la solita, impeccabile, orga-nizzazione della Well Com di Alba, ne

sono stati messi a disposizione, allacieca, 13 del 2005, 6 del 2004 e 6 del1998. È stata quindi una prima edi-zione, forse, come giustamente sot-tolineato dagli organizzatori, un’edi-zione “numero zero”, che probabil-mente il prossimo anno verrà propo-sta separatamente dalla settimanaenologica, già fitta di appuntamentie che cade in un periodo, metà set-tembre, vicino alla vendemmia. L’impressione generale, consideran-do le diversità dei millesimi messi adisposizione, è che l’equilibrio gusta-tivo, tra questa incredibile massa tan-nica e la componente acida e gliceri-ca giochi nel Sagrantino un ruoloancor più decisivo che altrove.Il tempo, ovviamente, mitiga le sen-sazioni di astringenza, come confer-mato dai campioni del 1998, ma èfondamentale, sin dall’uscita in com-mercio, che la freschezza sia unaparametro ben presente per renderevivi e gustosi vini di non facile approc-cio. L’uso di legni piccoli, spessonuovi, è oramai molto diffuso anchequi: se usato con criterio ed in loca-li che abbiano la giusta temperatu-ra ed umidità (aspetto spesso trascu-rato) pur connotando con un’aureadi modernità i vini locali (che sembre-rebbe oggi non più così di moda comenegli anni ‘90), può donare risultatiinteressanti. Complessivamente, lo stile olfattivo èsembrato incentrato verso la ricercadi note balsamiche ed una definizio-ne del frutto di grande maturità. Uncerta diluizione, che ha connotatoanche in altre zone l’annata 2005, è

� Tutti i partecipanti al Gran Premio del Sagrantino

� Luca Martini, vincitore del Gran Premio del Sagrantino2008, con Terenzio Medri e Gabriele Ricci Alunni

� I concorrenti e la giuria

84_87_Franceschini Sagrantino.qxp:Layout 1 3-11-2008 14:52 Pagina 85

Page 82: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

86

Degu

sta

zion

i

Adanti – Sagrantino di Montefalco Docg 2005 Arquata Sagrantino 100% - Bevagna Bottiglie prodotte: 24.500Rubino vivo con lievi sfumature granate, gioca su un bel mix di frutta rossamatura, ciliegie e prugne e delle note di agrumi, anche canditi e ditamarindo. In bocca ha un finale lievemente amarognolo ed un tanninopimpante e mordente, ma di buona fattura, bilanciato da una più chediscreta vena fresca e sapida insieme.

Fattoria Colsanto – Sagrantino di Montefalco 2005 Docg Sagrantino 100% - BevagnaBottiglie prodotte: 14.000Rubino di bella limpidezza. Al naso le note fruttate lasciano poi spazio asensazioni minerali, di grafite e di fieno. Tannini vivi in bocca, predominantima ben bilanciati da una più che buona freschezza ed un corpo di grandestruttura. Elegante.

Signae Cesarini Sartori – Sagrantino di Montefalco Docg 2005 Sagrantino 100% - Gualdo CattaneoBottiglie prodotte: 8.278L’attacco olfattivo è inizialmente segnato dal legno, forse ancora ineccesso in questa fase. Piacevole e fresca la componente floreale,delicata e che dona al campione una certa eleganza ed apertura. Inbocca il finale è lievemente amarognolo, ma vivo in freschezza con tanniniancora in fase di assestamento.

Scacciadiavoli – Montefalco Sagrantino Docg 2005 Sagrantino 100% - Montefalco Bottiglie prodotte: 40.665Fiori secchi, frutti rossi maturi e dolci ma mai stucchevoli e delle notevegetali vanno a comporre un profilo aromatico di fine fattura. Già moltoequilibrato in bocca, con tannini levigati e smussati dall’uso del legnopiccolo, senza però mettere in secondo piano la vivacità e la piacevolezzadi beva, di buona freschezza.

comunque presente anche da questeparti, anche se potrà sembrare stra-no e questo fa si che per ritrovare unacompleta armonia bisognerà aspet-tare non poco, probabilmente più chealtrove, lasciando che il riposo in bot-tiglia faccia il suo dovere.

��� Il Sagrantino incorona tre sommeliers

All’interno del fitto calendario diappuntamenti (convegni, dibattiti,degustazioni guidate e rassegne cine-matografiche) si è svolta anche laseconda edizione del Gran Premio delSagrantino, concorso al quale pote-vano partecipare solo i sommelieriscritti anche alla competizione cheassegna il titolo di miglior sommelier

d’Italia 2008. Una sfida con borse distudio ai primi tre classificati (2.000euro al primo, 1.000 al secondo e 500al terzo), istituite dal Consorzio persviluppare la conoscenza dei vini diMontefalco. La giuria era formata dalvicepresidente nazionale Ais AntonelloMaietta, dal presidente di Ais Umbriae consigliere nazionale, Gabriele RicciAlunni, dai consiglieri nazionali KatiaSoardi (membro della Giunta esecu-tiva nazionale Ais), Romeo Mancinie da Lodovico Mattoni, presidente delConsorzio di Tutela Vini Montefalco. Alla premiazione ha partecipato ancheil Presidente Ais Terenzio Medri: si èsvolta nella bella cornice di VillaPambuffetti a Montefalco. Durante la cena di gala, sommeliers,

giornalisti e produttori hanno apprez-zato i piatti dello chef Marco Bistarellie dei Jeunes Restaurateurs d’Europe.Il vincitore è Luca Martini di Arezzo.Al secondo posto Marco Ciceroni diPerugia ed al terzo Roberto Anesi diCanazei in provincia di Trento.Menzioni speciali a Celeste di Lizio –unica donna in concorso, per lamiglior prova scritta e a Davide Staffaper aver identificato, alla cieca, gli 8vini in degustazione.

��� La degustazioneAbbiamo scelto dieci campioni tra quel-li messi a disposizione (2005, 2004 e1998) durante la sessione di degusta-zioni alla cieca avvenute all’internodella Sala Consiliare del Municipio.

84_87_Franceschini Sagrantino.qxp:Layout 1 3-11-2008 14:52 Pagina 86

Page 83: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

87

Tenuta Rocca dei Fabbri – Sagrantino di Montefalco 2005 Docg Sagrantino 100% - Montefalco Bottiglie prodotte: 20.000Moderno, tecnicamente ineccepibile con note balsamiche dolci, fruttamatura ma non cotta. In bocca si avverte la rotondità e l’avvolgenza dellatrama tannica, una sufficiente vena fresca ed un buona persistenza finale.Appare in questa fase potente ed esuberante. Da verificare, in futuro, il suoassestamento.

Antonelli – Sagrantino di Montefalco Docg 2005 Sagrantino 100% - Montefalco Bottiglie prodotte: 55.100Meno prorompente al naso di altri, ma anche meno pronto, fatica nonpoco ad aprirsi. Quando lo fa, sfodera la finezza che contraddistingue dasempre i vini di Antinelli: piacevoli note floreali e di piccoli frutti di bosco.Potente in bocca, con una carica tannica davvero aggressiva che rendel’approccio gustativo, in questo momento, un po’ faticoso. Da aspettare.

Colpetrone – Sagrantino di Montefalco Docg 2005 Sagrantino 100% - Gualdo Cattaneo Bottiglie prodotte: 50.000Quadro decisamente moderno per il campione del gruppo Saiagricola.Intenso con sfumature incentrate sull’apporto del legno, dolci, una tramafruttata in forma di confettura e delle note che richiamano il cioccolato.Tannini asciuganti ed una sufficiente vena fresca.

Terre de’ Trinci – Montefalco Sagrantino Docg 2004 Ugolino Sagrantino 100% - Montefalco e Bevagna Bottiglie prodotte: 12.000Le sensazioni dolci, che ricordano a tratti non solo la frutta rossa, ma anchele mele cotogne in forma di marmellata, connotano un quadro olfattivomoderno e di facile fruizione. La beva è sostenuta da una discretafreschezza con un tannino smussato negli spigoli, con buona morbidezzacomplessiva.

Colpetrone – Montefalco Sagrantino Docg 1998 Sagrantino 100% - Gualdo Cattaneo Bottiglie prodotte: 15.000I colori granati con qualche riflesso mattonato, un profilo olfattivo con noteterziarie, di tabacco, cacao amaro e sottobosco, ci introducono ad unsagrantino con 10 anni sulle spalle che non ha ancora finito la sua corsa.Bocca fresca ed una buona persistenza.

Scacciadiavoli – Montefalco Sagrantino Docg 1998 Sagrantino 100% - Montefalco Bottiglie prodotte: 20.000Note animali, cuoio, sottobosco, un’ottima definizione del frutto, aperto e dibuona dolcezza. Spezie che richiamano lo zenzero ed i chiodi di garofano.Ottima la freschezza e tannino vivo, fragrante e ben integrato. Dei dieci, ilcampione più elegante ed austero insieme, figlio di una grande annata aMontefalco e di una filosofia aziendale che sposava ancora le tradizionali evecchie botti grandi.

84_87_Franceschini Sagrantino.qxp:Layout 1 3-11-2008 14:53 Pagina 87

Page 84: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

88

Pillole

Predappio rende omaggio al Sangiovese. Ilcomune in provincia di Forlì, che ha dato i natalia Benito Mussolini, ha celebrato il prodotto dieccellenza del suo terroir. Il Sangiovese è infatti un elemento fondamentaledella cultura e della tradizione locale, tanto cheil dialetto identifica, in una sola parola, “e bè”, ilbere e il vino. Ma il Sangiovese, componentefondamentale del comparto agroalimentare, èanche un formidabile ambasciatore della pro-pria terra d’origine e si dimostra forza trainantedell’economia, che vede nel turismo e nellepotenzialità del territorio due delle voci più signifi-cative.L’iniziativa che ha visto l’attiva collaborazionedella Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli di Forlìe Cesena, di cui il comune di Predappio è sociofondatore, si inserisce in un percorso culturaleche l’ente ha intrapreso da alcuni anni per laconoscenza e la valorizzazione del territorio edelle sue espressioni più tipiche ed autentiche,fra le quali la vitivinicoltura, che riveste un ruolo digrande importanza. Nel loggiato dedicato a Luigi Veronelli, l’illustreenogastronomo scomparso nel novembre del2004, in piazza Garibaldi, i produttoridell’Associazione per la promozione delSangiovese di Predappio e territori limitrofi hannoproposto a migliaia di visitatori i propri vini.Un’opportunità per apprezzare appieno ilSangiovese, la cui degustazione è stata resa pos-sibile con assaggi a piacimento degli ottimi vinidelle dieci aziende vitivinicole aderenti

all’Associazione (la Fattoria Casetto dei Mandorlidi Nicolucci, l’Azienda Stefano Berti, la TenutaPandolfa, la Cantina Sociale di Forlì Predappio,l’Azienda Condè, l’Azienda Roberto Celli, LeCaminate, La Fornace, l’Azienda ZanettiProtonotari Campi e la Tenuta Godenza).I visitatori hanno potuto seguire percorsi guidatidi avvicinamento al piacere e alla conoscenzadel Sangiovese con i consigli dei sommeliersdell’Ais. Nel corso della manifestazione è statainaugurata anche l’Enoteca del Sangiovesenella rocca medievale di Predappio Alta, frescadi ristrutturazione e nuova attrattiva per i turisti.Vino e turismo, dunque, ancora insieme. Un bino-mio che sottolinea come Predappio non sia solopatrimonio storico e architettonico, ma una cittàdove la cultura dell’ospitalità è resa ancor piùviva grazie al carattere forte e volitivo dei roma-gnoli. “La tre giorni del Sangiovese” si proponeinfatti di esaltare e di confermare le grandiopportunità offerte dal territorio e dal suo prodot-to più famoso, capostipite di una generazione dirossi, che hanno conquistato un posto di riguardonell’aristocrazia dei vini. Inoltre sono, questi, mesi importanti per ilSangiovese di Romagna. Stanno infatti per arri-vare le cosiddette “sottozone”, un passo crucialeper lo sviluppo dell’enologia romagnola e per ilcambiamento delle etichette sulle bottiglie.«Dopo due anni di discussioni – affermaGiuseppe Nicolucci, presidente dell’Associazioneper la promozione del Sangiovese di Predappioe territori limitrofi – il Consorzio vini di Romagna è

La “tre giorni” del Sangiovese

Giuseppe Nicolucci,presidente

dell’Associazione per la promozione

del Sangiovese di Predappio

e territori limitrofi

88_89_Pillole Predappio.qxp:Layout 1 29-10-2008 12:05 Pagina 88

Page 85: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

riuscito a sanare le discordie tra le zone prescel-te. Tra poco assisteremo alla nascita delle sotto-zone che dovrà essere formalizzata da Cameradi Commercio, Province e Consorzio di tutela».Le zone vocate alla produzione di Sangiovesesaranno cinque: Predappio, Bertinoro, Faenza,Imola e Alto Riminese. Il vino non si chiamerà più,quindi, solo Sangiovese di Romagna ma le eti-chette riporteranno anche la dicitura“Sangiovese di Predappio” o “Sangiovese diBertinoro”, così da sottolineare già nel nome latipicità e l’originalità del prodotto di ogni sotto-zona. Per ognuna di queste verrà stabilita l’area,gli indici di produzione e i regolamenti. «L’identificazione delle sottozone è un grandericonoscimento della tipologia produttiva qualifi-cata e storica delle zone collinari della Romagna– precisa Nicolucci, titolare della cantina“Casetto dei Mandorli” – aree che esprimerannosempre di più attraverso i loro vini un messaggiodi antiche tradizioni e di storia del territorio». Tradizioni e storia che, a giudicare dalla massic-cia affluenza che ha caratterizzato la “tre giorni”del Sangiovese, sono molto apprezzate daglienonauti italiani e stranieri. A sottolineare il pia-cere del vino e a caratterizzare la manifestazio-ne l’abbinamento con eventi culturali dedicatiall’arte e alla musica in un ricco calendario, cheha visto il contributo di musica classica del quar-tetto Rota, il concerto del Federico BaccaglinoQuartet e le melodie popolari del gruppoTziganotchka.

(F.C.)

88_89_Pillole Predappio.qxp:Layout 1 29-10-2008 12:05 Pagina 89

Page 86: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

90

Pillole

Dopo il successo riscosso nel 2008, Acquavite Italia2009 si presenta con un programma di tutto rispettoe con una veste rinnovata a cominciare dal sitoweb (www.acquaviteitalia.it), snello, giovane, incontinuo aggiornamento durante tutto l’anno concuriosità e notizie, sul quale è possibile vedere lefoto, le aziende ed altri importanti appuntamentiche hanno animato la scorsa edizione della mostramercato. Per organizzare questa manifestazione si sta lavo-rando incessantemente per dare alla seconda ker-messe dei distillati il giusto risalto. La rassegna è stataorganizzata in collaborazione tra la Società BonazziGestioni e Rappresentanze di Perugia el’Associazione umbra dell’Anag (AssociazioneNazionale Assaggiatori Grappa e Acquaviti –www.anag.it). L’evento ha ottenuto il patrocinio della RegioneUmbria, del Comune di Perugia, della FederazioneNazionale Anag e, per la prima volta, annovera tra ipartner l’Ais delegazione dell’Umbria. La manifestazione è nata con lo scopo di creare unevento che permetta di sostenere la cultura delbere consapevole e di qualità, di promuovere il pro-dotto principale dei distillati italiani, la grappa, oltrealle acquaviti di frutta, d’uva, brandy e tutti queidistillati, nazionali ed internazionali, che apparten-gono al vivere quotidiano. Il programma di Acquavite Italia 2009, che potreb-be essere arricchito da altri eventi ed appuntamen-ti, prevede:

� giovedì 15 gennaioore 11.00: conferenza stampa di presentazione dellamanifestazione presso la “Sala della Vaccara” all’in-terno di palazzo dei Priori sede del Municipio;

� sabato 17 gennaio ore 16.30: presso la prestigiosa Sala dei Notari diPalazzo dei Priori a Perugia, concerto eseguitodall’Associazione Filarmonica “FrancescoGiabbanelli” di Selci Umbro del comune di SanGiustino (PG), offerto alla cittadinanza da partedell’Organizzazione dell’evento, a cui saranno invi-tate Autorità e giornalisti;

� venerdì 23 gennaioore 16.00: inaugurazione della 2a edizione di“Acquavite Italia” alla presenza di AutoritàIstituzionali e giornalisti e a seguire apertura dellamostra mercato;ore 17.00: inizio delle degustazioni guidate;ore 24.00: chiusura degli stand;

� sabato 24 gennaioore 16.00: apertura degli stand;ore 17.00: inizio delle degustazioni guidate;ore 24.00: chiusura degli stand;

� domenica 25 gennaioore 14.00: apertura degli stand;ore 15.00: inizio delle degustazioni guidate;ore 20.00: chiusura degli stand e della manifestazione.

A Perugia la kermesse dei distillati

InaugurazioneAcquavite Italia 2008

Dal 23 al 25 gennaio è in programma la seconda edizione di Acquavite Italia

90_91_Pillole Ais Umbria.qxp:Layout 1 3-11-2008 16:54 Pagina 90

Page 87: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

L’ingresso alla mostra mercato sarà gratuito everrà data la possibilità di acquistare i distillatimessi a disposizione dai numerosi produttori pre-senti all’interno della Rocca Paolina e di degu-starli mediante l’apposito calice con tasca,disponibile presso lo stand allestito all’ingressodella manifestazione.Ricco il calendario delle degustazioni guidate. Siripresenta l’appuntamento dal titolo “Impariamol’arte della degustazione”, che sarà rinnovato damini corsi illustrativi totalmente gratuiti, sulla grap-pa e le acquaviti, che avvicineranno il pubblicoalla degustazione consapevole di questi prodotti,oltre ad approfondire la loro cultura sui distillati.Avremo ancora, appuntamenti “pregiati” congrappe e distillati internazionali, con il SigaroToscano e quelli di “Spiriti d’Autore”, quest’ultimidedicati ai soli distillatori italiani ed esteri che par-teciperanno ad “Acquavite Italia” e che deside-

reranno far conoscere la loro migliore produzionead un pubblico di addetti ai lavori ed appassio-nati invitati all’appuntamento.Inoltre, in alcuni ristoranti della città, le gustose“cene di fuoco”, con menù studiati apposita-mente per celebrare la mostra mercato perugi-na, articolato in quattro portate, dall’antipasto aldessert, ad ognuna delle quali sarà unito un distil-lato ed un vino, un abbinamento appositamentestudiato dai tecnici assaggiatori Anagdell’Umbria, per mettere meglio in risalto le carat-teristiche organolettiche di ogni prodotto.

La scheda di adesione alla mostra mercato ed irelativi allegati sono già disponibili sul sitowww.acquaviteitalia.it e chi volesse maggioriinformazioni può scrivere [email protected] o telefonare al numero075.394162.

DA OLTRE 20 ANNI,

L’APPUNTAMENTO MENSILE CON:

� L'ARTE DEL BUON MANGIARE E DEL BERE BENE

�RICETTE DELLA TRADIZIONE RIVISITATE

�ARTICOLI D’ATTUALITÀ SUL MONDO DELL’ENOGASTRONOMIA

�DEGUSTAZIONI DI VINO, OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA,

FORMAGGI E ALTRE SPECIALITÀ

�ITINERARI DEL GUSTO

QUEST’ANNO GRAZIE ALLA NUOVA COLLABORAZIONE CON L’AIS,

I SERVIZI SULLE GRANDI ETICHETTE E SUI NUOVI TREND

DELLA VITICOLTURA SI FANNO ANCORA PIÙ RICCHI.

Offerta esclusiva riservata ai soci AIS

A AVOLATil mensile della grande cucina italiana nel mondo

Abbonati e risparmia oltre il 50%!

cognome e nome

indirizzo cap. città

tel. e-mail

data firma

12 numeri di A TAVOLA al prezzo speciale di € 20 anziché € 50,40❑ Sì, desidero abbonarmi per 1 anno a A TAVOLA: riceverò 12 numeri, pagherò solo € 20

Offerta valida solo per l’Italia. L’Editore garantisce la riservatezza dei dati personali forniti, che saranno trattati e utilizzati per la gestione degli abbonamenti da parte di IeO Srl responsabile del trattamento a norma del D. Lgs. 30/06/2003 n. 196.

x

Compila, ritaglia e spedisci questo coupon in busta chiusa a: A TAVOLA - Corso Venezia, 16 - 20121 Milano Oppure trasmettilo via fax al numero: 02.781040 Oppure invialo via e-mail a: [email protected]

90_91_Pillole Ais Umbria.qxp:Layout 1 3-11-2008 16:54 Pagina 91

Page 88: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

92

Pillole

Creatività, professionalità e spirito di iniziativa sono le peculiarità che la giuria delPremio Internazionale “Innovazione nella professione” ha tenuto in considerazionenella scelta dei vincitori dell’edizione 2008. Il prestigioso riconoscimento, promossoda Villa Sandi, in collaborazione con l’Ais, è stato consegnato nel corso di una sera-ta di gala nella sede dell’azienda di Crocetta di Montello, in provincia di Treviso. Giunto all’ottava edizione il concorso da quest’anno è stato esteso a tutti i giovanisommeliers che lavorano all’estero. Due dei tre vincitori lavorano all’estero. ThomasRossini è direttore e sommeliers al Kresala Restaurant di Barcellona, Thomas Sorcinelli

è capo sommelier al Ritz London Hotel, un albergo a cin-que stelle, lusso della capitale del Regno Unito. La terzavincitrice, che ha ricevuto dal titolare di Villa Sandi,Giancarlo Moretti Polegato la borsa di studio, è LuciaGatti, laureata in Viticoltura ed Enologia all’Università degliStudi di Perugia e maître sommelier “Alla Posta dei Donini”,una residenza d’epoca a San Martino in Campo, in provin-cia di Perugia. I tre sommelier sono stati premiati dal presidente nazionaledell’Ais, Terenzio Medri, dal vicepresidente, AntonelloMaietta, dal giornalista Bruno Pizzul, da Alberto Schieppati,dal presidente di Ais Veneto, Dino Marchi e dal padrone dicasa, Moretti Polegato, da sempre sensibile riguardo altema di favorire le giovani leve all’inizio della carriera per

trasformarle in ambasciatori delle eccellenze italiane in tutto il mondo. «Coinvolgerei sommelier che lavorano oltre frontiera - ha detto il presidente Medri – è stataun’idea brillante in quanto è stata accolta con entusiasmo dai nostri giovani asso-ciati che vivono e lavorano all’estero. Abbiamo ricevuto decine di curriculum e maicome quest’anno la scelta è stata difficile, perché la maggior parte dei concorrentipresentava requisiti ed esperienze ad altissimo livello». Il concorso è rivolto ai sommeliers professionisti di età inferiore ai ventinove anni chesi sono particolarmente distinti per spirito d’iniziativa e originalità nell’esercizio dellaloro professione. Nel corso della serata è stato conferito il titolo di “Sommelier onora-rio” al giornalista Morello Pecchioli, caposervizio del quotidiano “L’Arena” di Veronae collaboratore di “DeVinis”.

(F.C.)

I giovani ambasciatori del vino italiano

� Terenzio Medri, Giancarlo Moretti Polegato e Bruno Pizzul premiano i tre vincitori, Lucia Gatti, Thomas Sorcinelli e Thomas Rossini

92_93 Pillole Villa Sandi + Charme Sommelier.qxp:Layout 1 3-11-2008 15:10 Pagina 92

Page 89: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

93

Sono veneti gli Charme Sommeliers che hannoconquistato l’ambito titolo 2008, il concorso nazio-nale voluto da Ais, Bisol e Grandi Vini: ElisaDilavanzo e Jgor Marini, appartenenti rispettiva-mente alla delegazione di Rovigo e di Verona,sono stati scelti fra i venti sommeliers finalisti che sisono sfidati al Relais Duca di Dolle di Bisol, nelcuore delle colline del Prosecco. Una cena even-to, durante la quale i venti finalisti, sfilando su unacoreografica passerella in cristallo collocata sullapiscina del Duca di Dolle, si sono occupati del ser-vizio vini, rispondendo alle domande dei giurati edei commensali. Una giuria di esperti, presieduta da Gianluca Bisol,direttore generale di Bisol e ideatore del concorso,e da Terenzio Medri, Presidente di Ais nazionale, haosservato e studiato il comportamento dei candi-dati e il loro talento a ribattere alle provocazionidella platea. I commensali hanno valutato poi il servizio durantela cena secondo i criteri del concorso. L’eleganza,la competenza, il carisma e lo stile dei due giovanisommeliers veneti ha colpito la giuria della serata,composta da rappresentanti dell’Ais e delle ottofamiglie del vino di Grandi Vini Group: Bisol,Carpineto, Umberto Cesari, Chiarlo, Garofoli,Mantellassi, Pighin e Tommasi. «È un onore, mi impegnerò per essere all’altezzadel riconoscimento ricevuto” ha dichiarato emo-zionata Elisa Dilavanzo, mentre le veniva appunta-ta sulla giacca la preziosa spilla in oro e diamanteCharme Sommelier. Grandissima anche la soddi-sfazione di Jgor Marini: “Mi piace l’idea di diventa-re comunicatore del vino; vorrei continuare a par-lare in stampatello del mondo e della cultura delvino».La milanese Emanuela Guoli si è aggiudicata, inve-ce, il prestigioso Premio Stampa, distinguendosi perle sue particolari doti comunicative e conquistan-do la giuria stampa presente alla serata, composta

da importanti giornalisti italiani e stranieri. «Sonomolto soddisfatta e vorrei sottolineare quanto ilmondo della sommellerie avesse bisogno di unconcorso come Charme Sommelier, in grado di sti-molarci a migliorare davvero. Trovo, infine, vera-mente interessante il progetto della Scuola diFormazione per Charme Sommelier che si terrà anovembre al Duca di Dolle» ha commentatoEmanuela Guoli, dopo avere ricevuto la specialetarga Premio Stampa. Un particolare riconosci-mento è stato dedicato ad Ais Sicilia e ad AisVeneto: i presidenti e i delegati Ais di queste dueregioni italiane si sono impegnati moltissimo persostenere Charme Sommelier. La cena è stata preparata dalla nota chef PaolaBudel, che ha interpretato per l’occasione i prodot-ti della linea gastronomica veneziana Jada, omag-giando la regione che ha ospitato la finalissima.«Durante un pranzo o una cena il momento dellascelta del vino è sicuramente quello in cui si con-centra l’attenzione dei commensali: lo charme delsommelier può rendere unico questo evento» hacommentato Gianluca Bisol. «L’appuntamento oraè per l’edizione 2009 di Charme Sommelier, chesarà internazionale e coinvolgerà la principali capi-tali del vino straniere. Stiamo già ricevendo adesio-ni e segnali di grande interesse». Elisa Dilavanzo e Jgor Marini sono stati premiati conla preziosa spilla in oro con diamante CharmeSommelier, pregiate selezioni di vini, la possibilità difrequentare la Scuola di Formazione per CharmeSommelier, che partirà il prossimo novembre alDuca di Dolle, e di partecipare alle più prestigiosefiere del vino e ad eventi internazionali in qualità diCharme Sommelier di Grandi Vini. Infine, i due vin-citori di Charme Sommelier si sono aggiudicati unviaggio di approfondimento a Londra: nella capi-tale del consumo del vino, gli Charme Sommelierincontreranno i rappresentanti più significativi dellaristorazione londinese.

Charme Sommelier, questione di stile

I vincitori del concorso,

Emanuela Guoli, Elisa Dilavanzo

e Jgor Marini, insieme a

Gianluca Bisol

92_93 Pillole Villa Sandi + Charme Sommelier.qxp:Layout 1 3-11-2008 15:10 Pagina 93

Page 90: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

Il cuore nobile della viticoltura dell’Oltrepò Paveseha un nome: pinot nero.Qui, in questa provincia “a forma di grappolod’uva”, il pinot noir è coltivato da sempre. Centocinquanta anni di storia ed una sfrenata pas-sione per quegli acini hanno spinto sei lungimirantied entusiasti produttori dell’Oltrepò a puntareenergie, risorse e impegno su questo antichissimo enobile vitigno la cui coltivazione su queste collinerisalirebbe nientemeno che all’epoca romana.Non esiste in altre parti d’Italia una zona che possavantare storicamente un legame con questo viti-gno così consolidato nel tempo ed una tale esten-sione di vigneti coltivati a pinot nero, quantol’Oltrepò Pavese.Secondo solo alla Borgogna a livello europeo, inOltrepò ben 2.500 ettari sono attualmente vitati apinot nero. Su questi morbidi pendii che separano Lombardiae Piemonte, caratterizzati da terreni marnosi e cal-carei - ideali per accogliere questo difficile quantoaffascinante vitigno - e da un microclima partico-larmente fresco la notte che ne consente la lentamaturazione e lo sviluppo elegante ed ottimale deiprofumi, molte aziende hanno investito nella colti-vazione del pinot nero, individuando i cloni miglioriper la sua vinificazione in rosso e costruendo sulpinot nero il proprio blasone enologico.Vinificato in rosso, infatti, questo aristocratico viti-gno esprime vini raffinati, dal forte appeal e dall’in-

confondibile eleganza.Dalla consapevolezza e dalla convinzione che inquesta terra di elezione il pinot nero ha trovatodimora, i sei fondatori del Pinò Club hanno decisodi unire le proprie forze, i propri know how e, per-ché no, anche le proprie diversità, per concretizza-re un progetto di valorizzazione e crescita di que-sto importante rosso che rappresenta una delleespressioni più interessanti ed autentiche del terri-torio d’Oltrepò.Conte Vistarino, Frecciarossa, La Versa, MarcheseAdorno, Tenuta Il Bosco e Tenuta Mazzolino sono lesei aziende che hanno ideato e dato vitaall’Associazione Pinò Club, la prima nel territorio,animati dalla volontà di identificare così in ununico vino il punto di riferimento e il prodotto dieccellenza dell’Oltrepò Pavese.Un gruppo compatto di produttori dunque, unaèlite enologica, con un unico comune denomina-tore: la produzione di Pinot nero di altissima qualità.Tre gli obiettivi fondamentali che il Pinò Club inten-de realizzare:� promuovere, difendere e valorizzare l’immaginee la visibilità del Pinot nero vinificato in rosso comeprodotto di eccellenza dell’Oltrepo’ Pavese;� costituire un fronte comune che si adoperi per ladiffusione e la conoscenza delle tecniche di colti-vazione e lavorazione del vitigno pinot nero ai finidi un miglioramento qualitativo generale nella pro-duzione del Pinot nero doc dell’Oltrepò;� promuovere l’adozione di standard qualitativiche garantiscano l’elevata qualità del Pinot nero esensibilizzare i produttori in tal senso.Tra i progetti futuri dell’Associazione, infatti, c’è l’al-largamento a nuovi soci e ad aziende che lavora-no con convinzione per la qualità sul territorio ecredono profondamente nel vino Pinot nero DocOltrepò Pavese.Ma anche la collaborazione ed il dialogo con glienti e le istituzioni presenti sul territorio, in primis conil Consorzio di Tutela dell’Oltrepò Pavese, l’organiz-zazione di workshop ed aggiornamenti sulle inno-vazioni tecnologiche e produttive, viaggi di studioed occasioni di incontro con i colleghi viticoltori (inItalia e all’estero) al fine di acquisire e scambiareesperienze culturali e professionali, la partecipazio-ne come gruppo compatto ed unito ad eventi emanifestazioni.

94

Pillole

Pinò Club: l’accento su un grande rosso dell’OltrepòPresentata a Milano la prima associazione di produttori di Pinot nero e rosso Doc di questo terroir lombardo

� I fondatori del ''Pinò Club''

94_95_Pillole ''Pino Club'' + sangiovese.qxp:Layout 1 3-11-2008 15:12 Pagina 94

Page 91: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

95

Ritorna anche quest’anno il prestigioso trofeo promosso dal Consorzio Vini di Romagna in collaborazione con l’Ais e l'Enoteca Regionale dell'Emilia Romagna.

Per fregiarsi del titolo di "Master Sangiovese" i candidati dovranno affrontare diverse prove e dimostrare le pro-prie conoscenze di quello che è considerato uno tra i vini principi della viticoltura italiana e mondiale. Ecco il regolamento del concorso.

Master SangioveseTrofeo Consorzio Vini di Romagna 2008

ART. 1 - ORGANIZZAZIONE E COORDINAMENTOIl "Trofeo Consorzio Vini di Romagna - Master delSangiovese", riservato ai Sommeliers Ais, è organizzato dalConsorzio Vini di Romagna e dall'Ais Associazione italianasommelier in collaborazione con l'Enoteca Regionale EmiliaRomagna.

ART. 2 - CANDIDATIIl concorso è riservato a “Sommeliers Professionisti” e a“Sommeliers degustatori abilitati Ais”, in regola con la quotaassociativa 2008. Non possono partecipare i sommeliersche rivestono cariche direttive nel Consiglio Nazionaledell'Ais.

ART. 3 - GIURIALa giuria è il solo organo competente per valutare le candi-dature, le prove scritte, orali e pratiche; il suo giudizio èinappellabile. Essa è composta da:- Presidente Nazionale Ais- Responsabile Concorsi Ais- Presidente Consorzio Vini di Romagna- Presidente Enoteca Regionale Emilia Romagna- Presidente Ais Romagna- Presidente Sezione Romagna Assoenologi- Giornalista enogastronomico- Vincitore dell’ultima edizione del Master

ART. 4 - PARTECIPAZIONEI sommeliers di cui al precedente art. 2 potranno aderire alconcorso, confermando l'adesione inviando la scheda dipartecipazione al Consorzio Vini di Romagna - ViaGaribaldi n.2 - 48018 Faenza (RA), tel 0546 28455 fax 0546665063, e mail [email protected], entro e non oltre il 7novembre 2008, o comunque fino ad esaurimento dei postidisponibili.

ART. 5 - CONOSCENZE RICHIESTE- Storia, coltura della vite e vinificazione del vitignoSangiovese- Il vino Sangiovese nella carta dei vini- Vitigni, terreno e clima del vitigno Sangiovese in Italia e nelMondo- Vini assemblati con maggioranza a base Sangiovese- Legislazione del vitigno Sangiovese; le zone delSangiovese di Romagna D.O.C.- Analisi organolettica e abbinamento cibo-vino diSangiovese

ART. 6I sommeliers partecipanti al “Master del Sangiovese”dovranno presentarsi in divisa di servizio o di rappresentan-za

ART. 7La giuria provvederà alla valutazione delle prove previstecome da regolamento.

ART. 8 - SVOLGIMENTO DELLE PROVE SEMIFINALIIl concorso si terrà martedì 25 novembre 2008, pressol’Enoteca Regionale Emilia Romagna, Rocca Sforzesca,Dozza (BO).Ogni candidato dovrà presentarsi all'ora e nel luogo fissati sulprogramma.I candidati dovranno affrontare le seguenti prove:- Prove scritte- Questionario- Degustazione scritta di due vini a base Sangiovese- Abbinamento cibo-vino pratico scritto- Ripartizione punteggioI primi quattro classificati disputeranno le prove finali.

ART. 9 - PROVE FINALII quattro finalisti verranno annunciati prima delle prove finali.Le prove finali sono così articolate:- Degustazione di tre vini Sangiovese conriconoscimento- Abbinamento di vini Sangiovese ad un menù- Correzione di una carta di vini Sangiovese- Accoglienza e presa della comanda- Servizio e decantazione di un vinoL'ordine di uscita dei candidati verrà stabilito mediante sor-teggio.

ART. 10 - CLASSIFICA FINALELa classifica finale si otterrà addizionando rispettivamente ipunti attribuiti ad ogni candidato da ciascun membro dellagiuria nelle prove dell'art. 9; detto punteggio non verrà resopubblico.I risultati saranno solennemente proclamati al termine dellerispettive prove, dopo delibera della giuria, nel corso dellacerimonia per la consegna dei premi.

ART. 11 - PREMIIl Consorzio Vini di Romagna mette a disposizione un monte-premi complessivo di Euro 4.500,00 al lordo delle ritenute dilegge, così suddiviso:1° classificato: Euro 2.500,00 e Titolo di “Master delSangiovese 2008”2° classificato: Euro 1.000,003° classificato: Euro 500,004° classificato: Euro 500,00Diploma di Partecipazione per tutti i partecipanti, oltre adeventuali premi aggiuntivi.

ART. 12 - FREQUENZA DEL CONCORSOIl “Trofeo Consorzio Vini di Romagna Master del Sangiovese”viene organizzato ogni anno con una partecipazione mini-ma di 15 candidati.

ART. 13 - OSPITALITÀPer la giornata di martedì 25 novembre l’ospitalità per i par-tecipanti al “Master” sarà a carico del Consorzio Vini diRomagna, mentre non è previsto alcun rimborso spese.

94_95_Pillole ''Pino Club'' + sangiovese.qxp:Layout 1 3-11-2008 15:12 Pagina 95

Page 92: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

Io e Brunello racconta del successo raggiunto dall’impe-gno dell’uomo nel saper trasformare un prodotto in unvero e proprio ambasciatore di cultura e tradizione; unprodotto che nell’immaginario collettivo è divenuto sino-nimo di “buon e bel bere”. L’uomo in questione è Ezio Rivella, cavaliere del lavoro,enologo ed imprenditore del vino.Natali semplici, prima vita passata in un lembo di terraconsiderato marginale rispetto ai grandi centri urbani,poi il grande salto sul palcoscenico, quando, grazie aicapitali di una famiglia italo-americana, i Mariani di NewYork, fece nascere e lanciò l’azienda vinicola Banfi. InMontalcino, povero centro rurale, si produceva il Brunello(espressione locale per intendere il vitigno Sangiovese),ignoto ai più.Rivella ebbe il merito di rendere il Brunello un fenome-no di risonanza mondiale, la cui ampiezza e reputazio-ne prescindono dalla sfera individuale per assumere unavalenza collettiva e territoriale.

Il volume è il racconto di un sognorealizzato ma anche di una singo-lare e visionaria avventura impren-ditoriale. Rivella nasce come enolo-go; un tecnico, dunque, dalla pro-fessionalità verticale, chiuso alleconoscenze “limitrofe”. AlbertoMattiacci, Professore di Economiaall’Università di Siena, che presen-ta il volume, riconosce all’autore ilmerito di aver ampliato orizzontal-mente un mestiere. Quella di Rivellaè stata l’apertura mentale di un tec-nico di produzione alle esigenze delmercato, l’introduzione di un mar-keting “in punta di piedi”, capace

di farsi accettare in un mondo ancora restio a questepratiche.

La storia della Banfi è costellata di intuizioni del tuttoinnovative per l’epoca (parliamo degli anni Settanta). Acominciare dalla concezione “aperta” della cantina, luogodi produzione, ma anche di promozione, attraverso ilsistema delle visite. Per finire con l’impostazione “globa-le” dell’azienda, apripista in molti mercati esteri.

Una storia italiana di successo.

96

Lib

ri

IO E BRUNELLO.Come portai Montalcino nel mondo

Autore: Ezio RivellaEditore: Baldini Castaldi DalaiPrezzo: 20,00 euro

SULLO SCAFFALE di Natalia Franchi

Gente che non sa sognare ce n’è parecchia. Inquesta affermazione troviamo molto del sensoprofondo dell’avventura vis-suta dagli autori e del libroche ne è scaturito.Da Lavarone a Vetralla, 659km a piedi per 32 giorni, asfidare vesciche e luoghiinospitali. E luoghi comu-ni: tra tutti, uno. Quellosecondo cui il viaggio siatale solo se intrapreso conun mezzo di locomozione.E’ lo stupore profondo dellagente ad accompagnarel’intero tragitto dei nostricamminatori, la cui sceltaai più appare stramba.

Ma se sono i viaggi che fanno le persone, anchei luoghi percorsi e visitati dagli autori sono statiarricchiti dal loro passaggio, dallo spirito genui-no e “fresco” che ha mosso i loro piedi, dallapotente ilarità con cui hanno affrontato il durocammino, metafora della vita.

La lettura del libro si rivela spassosa, oltre checuriosa; alla fine di ogni capitolo troviamo undettagliato resoconto (con cartina) delle distan-ze coperte, delle località toccate, dei ristorantitestati, dei contrattempi patiti.Quasi surreali e di autentica comicità le situa-zioni descritte, come la lunga fila per accederealla profumeria nel centro di Ferrara dove CristinaChiabotto sta firmando autografi. “Tre pirla inmovimento senza motivo da otto giorni si scon-trano con molti pirla fermi in coda senza moti-vo. Due Italie che si incontrano”.

Colte e sottili le citazioni che inducono a riflette-re serenamente. Dalla constatazione di quantoi piedi siano storicamente stati bistrattati, a van-taggio delle mani, alla citazione di HermannHesse, secondo cui “noi liberiamo l’amore dal-l’oggetto, l’amore da solo ci è sufficiente, cosìcome nel nostro vagare non cerchiamo la meta,ma solo il godimento del vagabondaggio per sestesso, l’essere in cammino”.

Perché non esiste un arrivo: la meta è il viaggio.

A PIEDI

Autore: Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro

Editore: ChiareletterePrezzo: 13,00 euro

96_97_Franchi Sullo Scaffale.qxp:Layout 1 3-11-2008 15:14 Pagina 96

Page 93: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

97

Roma, 13 novembre 2008: segnatevi questadata. Al prestigioso Hotel Rome Cavalieri TheWaldorf verrà presentata la decima edizionedella guida che ha fatto del bere “bene” unmust irrinunciabile: Duemilavini. Merito senzadubbio del direttore della pubblicazione, quelFranco Maria Ricci - presidente dell’Ais di Romae direttore di Bibenda, la patinata rivista dicultura del vino - che qualcuno ricorda comeesteta pioniere del buon gusto e del “belloper tutti”, come le sue pubblicazioni, in un rap-porto con il passato la cui potenza ed elegan-za hanno conquistato un pubblico internazio-nale.

Identica sensibilità e cura del dettaglio trovia-mo in questa decima, attesa, edizione del volu-me, curata da Paola Simonetti. 1.592 azien-de recensite, a ognuna delle quali è dedicatauna pagina, completa di ogni informazioneutile: come arrivarci, nome del proprietario,numero di ettari vitati e di bottiglie, vini degu-stati. Oltre 20.000 i vini descritti. Per ogni vinovengono fornite tipologia, uve, gradazione alco-

lica, prezzo, nume-ro delle bottiglieprodotte, note sullavendemmia, sullavinificazione, sulpotenziale di con-servazione in can-tina e - preziosodettaglio - l’abbina-mento specifico.

Last but not least,in tempi di varia-mente millantatospirito caritatevole,anche l’edizione2009 del volumepartecipa al proget-to “Wine for life”della Comunità di

Sant’Egidio per la lotta contro l’Aids in Africa.L’amore per il vino ha cose belle da dire.

Dall’aristocrazia visiva all’essenza del chicco.

DUEMILAVINI 2009 Il libro guida ai vini d’Italia

Editore: Bibenda EditoreA cura di: Paola SimonettiPrezzo: 32,00 euro

Dopo “Bramaterra, un territorio un vino” ed “Erbaluce,il vino bianco dell’alto Piemonte”, Alberto Pattono, som-melier e degustatore Ais, ci propone la sua terza faticaeditoriale con “Vini da riscoprire a Castellengo eMottalciata. Un percorso che ci conduce dall’antica Romaai giorni nostri, ma anche un’indicazione pratica sullavalorizzazione del Biellese attraverso una sua peculiareproduzione.

Siamo infatti nel Biellese, tra Castellengo e Mottalciata,territorio ignoto ai più, ma più che apprezzato dagli anti-chi Romani che dedicarono questi luoghi all’arte di fare ilvino. Pattono ci offre una accu-rata indagine storico-economi-ca delle fortune dei vini dellazona dall’Impero romano alMedio Evo, fino al Settecento -periodo aureo della viticoltu-ra in questa zona - fino allacomparsa della famigerata fil-lossera e delle due guerre mon-diali, che decretarono l’ineso-rabile decadenza della produt-tività vitivinicola.

La rinascita della vitivinicoltu-ra di questo ristretto pezzo delBiellese si deve, in tempi recen-ti, a due giovani milanesi dinascita, Alessandro e Magda,che alla ricerca di un diverso stile di vita e con la creazio-ne di un’azienda, hanno tracciato un percorso virtuoso edi speranza; la stessa speranza che anima l’autore delvolume, nelle cui intenzioni il Biellese - poco incline a pro-muovere i suoi pregi - dovrebbe impostare il riscatto diun’area dagli indiscutibili fascino e potenzialità.

Se del Biellese è nota la vocazione tessile, assai meno loè quella enologica, che dà i natali a ben cinqueDenominazioni d’Origine (Bramaterra, Erbaluce, Lessona,Coste della Sesia e Canavese).In fondo al volume, alcuni imperdibili proverbi espressio-ne della saggezza degli avi, intrisi di empirismo e di auten-tico occhio clinico. Uno tra tutti: Vin e lait tosi fait (Convino e latte fanciulli fatti).

Bere… il territorio

VINI DA RISCOPRIRE A CASTELLENGO E MOTTALCIATA

Autore: Alberto PattonoEditore: LineadariaPrezzo: 15,00 euro

96_97_Franchi Sullo Scaffale.qxp:Layout 1 3-11-2008 15:14 Pagina 97

Page 94: DeVinis n. 84 Novembre-Dicembre 2008

98

Io n

on

ci

sto

Al momento in cui scrivo, con una situazione flui-da e aperta a tutti i possibili sviluppi, non è datodire come possa chiudersi la vicenda che si è aper-

ta lo scorso aprile, in pieno Vinitaly, che pudicamentechiamiamo “il caso Brunello” ma che dicendo le cose comestanno dovremmo chiamare “Brunellopoli”. Per riassu-mere, in pillole, l’accaduto, ricorderemo che stiamo par-lando della scoperta, a seguito delle indagini compiutedalla Procura di Siena, che qualcuno a Montalcino nonstava rispettando le regole del gioco, che prevedono cheil Brunello (ed il Rosso) siano prodotti esclusivamente –come recita il disciplinare che si sono dati i produttori enon è piombato dal cielo – con uve Sangiovese provenien-ti dall’area vitata di Montalcino, dai circa duemila ettariche fanno parte dell’albo del Brunello. E questo qualcu-no, come se a voler guardar bene le cose la realtà nonapparisse già chiarissima, con quei colori improbabili,quelle concentrazioni, quei profumi strani, quel gustotanto lontano dal normale gusto di un Sangiovese dellecolline senesi, aveva pensato “bene”, se così si può dire,di re-interpretare liberamente, a proprio uso e consumoe secondo personali interessi di bottega, il disciplinare.In pratica affiancando al Sangiovese, che è una grandis-sima uva, ma che non matura benissimo ovunque (anchese a Montalcino è stata piantata anche in posti sbaglia-ti) e richiede strenue attenzioni in vigna e cura in canti-na, quote (in percentuali da precisare) di altre uve. Uve che non sono il Canaiolo, il Colorino, la Malvasia neradella tradizione chiantigiana e toscana, bensì, ma guar-da te che fantasia!, le uve bordolesi, ovvero Merlot,Cabernet e Petit Verdot e la Syrah delle Côtes du Rhône.E qui mi fermo, per non riferire altre voci, ricorrenti, diuve (anche italiane) che arriverebbero da chissà dove…Naturalmente questa scoperta…dell’acqua calda, ed ilfatto che fosse finalmente diventata oggetto di un’inchie-sta puntigliosa, supportata da riscontri di vario tipo eda analisi scientifiche minuziose, ha scatenato le più diver-se reazioni. Sorprendentemente, però, invece di provocare una giustae legittima forma di condanna (per ora solo morale) versoqueste scorciatoie e la spudorata mancanza di rispettodello spirito della Docg Brunello di Montalcino, che è patri-monio collettivo e non proprietà privata di qualcuno, anchese ricco e potente, la scoperta ha non solo innescato giu-stificazionismi e negazionismi a go-go e portato alla ribal-ta pompieri che al confronto i vigili del fuoco di New Yorksono dei dilettanti, ma ha offerto il destro per proposte sor-prendenti. Cosa fare dunque se qualcuno non rispetta leregole e causa un oggettivo generale danno d’immagine edi credibilità al Brunello di Montalcino? Punirlo a terminidi legge concedendogli un ragionevole margine di tempoper pentirsi, fare ammenda e rientrare in carreggiata?

Macché, non solo si sono giustificate le sue “marachel-le” e si è negato che di vera “non conformità” al discipli-nare di produzione si sia trattato, magari dicendo, mozar-tianamente, che Così fan tutte (o quasi, le aziende diMontalcino), ma si arrivato a proporre, apertis verbis, cheper evitare questi “incidenti di percorso”, per non appa-rire come i “furbetti del vigneto e della cantina”, non sidevono rispettare rigorosamente le leggi vigenti e l’at-tuale disciplinare, monovitigno, del Brunello, ma vannocambiate le regole del gioco. E questo in una direzioneche rende non illegali, ma normali, benedette dal merca-to e conformi ad un’idea più moderna del vino, le infra-zioni compiute. Perché punire chi ha “taroccato” il Brunelloaggiungendoci in modo truffaldino altre uve proibite? Basta - fortunatamente nessuno sinora ha avuto la fac-cia di tolla di prevedere anche la retroattività del provve-dimento – cambiare il disciplinare, aggiornarlo e decre-tare che d’ora in poi “il vino Brunello di Montalcino si pro-duca utilizzando almeno l’85 per cento di uve del vitignoSangiovese. Complementari le altre varietà a bacca rossacoltivate a Montalcino. Lo stesso vale per il Rosso diMontalcino”. Una percentuale, quella dell’85 per centoche “è conforme anche alla prassi internazionale ed allenorme Usa, che considerano questa percentuale idoneaa considerare il vino di uva Sangiovese”. Hai capito la bella pensata? Cambiare le carte in tavolaper de-criminalizzare quello che agli occhi della Procuradi Siena e di tanti appassionati continua ad apparire unreato, con il pretesto di rendere un vino mito come l’ini-mitabile Brunello più appealing per i consumatori di tuttoil mondo. Quindi semaforo verde, partendo da Montalcinoper poi magari arrivare nelle Langhe del Barolo, a “disci-plinari elastici, che consentano ai produttori di perso-nalizzare il più possibile il proprio vino, in modo che ilcliente-consumatore lo riconosca e si fidelizzi”. Accadadunque quello che deve accadere a Montalcino se la mag-gioranza dei produttori è di questo avviso e che si decre-ti pure la “morte del Brunello”, quello vero, come l’han-no conosciuto e amato milioni di appassionati in tutto ilmondo, con una pratica di Super-tuscanizzazione o diChiantizzazione. Ma di fronte a questo disinvolto mododi fare che penalizza chi ha sempre tenuto dritta la barradel Brunello fatto con solo Sangiovese e lo fa apparire“cornuto e mazziato” e glorifica, facendoli diventare gliapostoli ed i sostenitori del nuovo, chi le regole ha infran-to, nel ricordare amaramente che in un Paese normalenon si cambiano le regole a partita in corso e che non sipossono far diventare i colpevoli santi, eccomi ancora unavolta urlare ad alta voce che “io non ci sto!”. E spero tantoche non ci stia e pronunci un sonante no a cambiamen-ti assurdi e indulti la maggioranza dei produttori diBrunello…

Non si cambiano le regole a partita in corso!

di Franco Ziliani

98_Ziliani Io non ci sto.qxp:Layout 1 3-11-2008 15:21 Pagina 98


Recommended