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di noi nascere adulto - riforma.it · E la vera partita l’abbiamo vinta tutti. «Col tuo aiuto...

Date post: 20-Jun-2020
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Non è questione di occhi o di gambe, di velocità o di studi. Lo sport può penalizzarti ma può anche aiutarti a crescere. Però bisogna chiedergli di farlo. È bello chiedere allo sport di mostrarsi con la sua faccia pulita: di farci incontrare con gli altri per cercare di vincere, ma per farsi anche due risate con gli avversari. È bello chiedere allo sport di abituarci alle difficoltà della vita ed è bello, in cambio, dare allo sport il meglio di noi, per abituarci a non sottrarci alle nostre responsabilità. Foto Anna Lami Supplemento al n. 9 del 6 marzo 2015 di Riforma – L’Eco delle valli valdesi reg. Trib. di Pinerolo n. 175/60. Resp. Luca Maria Negro. Poste italiane S.p.A. – Spedizione in A.P. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB/CN FREEPRESS MARZO 2015 NUMERO TRE Nessuno di noi può nascere adulto
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Non è questione di occhi o di gambe, divelocità o di studi. Lo sport puòpenalizzarti ma puòanche aiutarti a crescere. Però bisognachiedergli di farlo.

È bello chiedere allo sport di mostrarsicon la sua faccia pulita:di farci incontrare congli altri per cercare di vincere, ma per farsianche due risate con gli avversari.

È bello chiedere allosport di abituarci alle difficoltà della vitaed è bello, in cambio,dare allo sport il megliodi noi, per abituarci a non sottrarci allenostre responsabilità.

Foto Anna Lami

Supplemento al n. 9 del 6 marzo 2015 di Riforma – L’Eco delle valli valdesireg. Trib. di Pinerolo n. 175/60. Resp. Luca Maria Negro.Poste italiane S.p.A. – Spedizione in A.P. – D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB/CN

FREEPRESS MARZO 2015 NUMERO TRE

Nessunodi noipuònascereadulto

l’Eco delle Valli Valdesi / pagina 2

La vera partitaSamuele Revel

Ultras che devastano le città (Roma versofine febbraio), arbitri malmenati (succedeanche nel Pinerolese), insulti, doping,scommesse che truccano le partite e ogni

tanto ci scappa anche il morto. È questo lo sport?Purtroppo è anche questo. Ma lo sport, con ilmondo che gli ruota attorno, offre altri spunti benpiù educativi e formativi. Lo sport (di squadra) tispinge a migliorarti o ad aiutare chi non tiene il tuopasso, devi crescere come collettività e non comesingolo.

Che dire, per esempio, della frangia del tifo or-ganizzato del Parma, i Boys, sempre in primo pianocon raccolte di fondi per alluvionati, terremotati eper aiutare chi è più in difficoltà (disabili, anzianietc.)? Qualcosa di buono allora c’è.

In val Pellice l’hockey è sempre stato lo sport pereccellenza, intorno al quale ha ruotato molto del

vivere della valle, con delle categorie giovanili checoinvolgono molti giovani e giovanissimi. Forse ne-gli ultimi anni si è perso un po’ di genuinità a frontedi risultati sportivi migliori. Ma è l’hockey (in line)ad avermi fornito l’esempio migliore di sport. Inuna partita del campionato promozionale (serie C),giocata l’anno scorso a Torre Pellice, io e i miei com-pagni e compagne di squadra ci siamo trovati a in-crociare le stecche con i «Jaguars» di Agrate Brianza.In questa occasione mi sono accorto di quanto pococonti il risultato.

La nostra è stata una vittoria netta, ma a vincereè stato lo sport in sé. Come portiere avversario c’eraDavide, affetto da sindrome di Down. Il suo scen-dere in pista fra i normodotati è stato il miglior mes-saggio che lo sport può trasmettere e ci ha fatto cre-scere tutti un po’, ha eliminato le diversità. E la verapartita l’abbiamo vinta tutti.

«Col tuo aiuto salto il fossato, con il mioDio scavalco anche le mura» (Salmo 18, 30)Gianni Genre

Ricardo Kakà, calciatore brasiliano del RealMadrid, del Milan e della sua nazionale ,ha affermato in un’intervista che immagina– alla fine della sua carriera calcistica – di

intraprendere il ministero pastorale. Non ha maifatto segreto della sua profonda convinzione: è statala fede evangelica a permettergli di raggiungere imassimi livelli nello sport più seguito al mondo.Michael Chang, fra i dieci migliori giocatori di ten-nis al mondo a cavallo fra gli anni ’80 e ’90, raccontache «sapersi amato da Dio, malgrado le sconfitte,rassicura e aiuta ad andare avanti. È Dio che mi per-messo di vincere perché Cristo mi ha aiutato a te-nere duro».

Accanto a queste testimonianze esplicite, assi-stiamo ad atteggiamenti che ci lasciano perplessi.Trapattoni, trainer di molte squadre e nazionali dicalcio, porta sempre con sé una boccetta di acquabenedetta. A chi gli ha chiesto ragione di questaconsuetudine ha risposto: «Io sono credente». I col-legamenti fra fede e sport sono, infatti, spesso am-

bivalenti. Già cinquant’anni fa il grande teologo PaulTillich catalogava gli sport fra quelle che egli con-siderava le «quasi-religioni» del nostro tempo, perle quali, in alcuni casi, si è pronti a uccidere o a mo-rire.

Ma esiste un modo sano di intendere la pratica diuno sport che si coniuga felicemente con la fede inDio. Lo sport come gioco educa certamente allosforzo, allena alla solidarietà, al rispetto reciproco,a mettere a fuoco i propri limiti, a condividere i mo-menti di gioia e a riconoscere che si vince e si perde,senza tragedie. Praticare uno sport aiuta a riconci-liarsi anche con il proprio corpo, che è il tempiodello Spirito di Dio e che va curato e amato.

Ma, soprattutto, lo sport insegna e allena alla gra-tuità. Si gioca una partita, si sale su una montagna,si corre una corsa o si effettua una discesa per il pia-cere di farlo, senza aspettarsi alcuna ricompensa.Proprio come i bambini che corrono sempre perchésono felici di farlo e senza chiedersene la ragione.Sì, lo sport può aiutarci a somigliare a loro e, senzasaperlo, a entrare così nel Regno dei cieli.

L o sport sull’Eco delle valli valdesi? Che cosac’entra con le chiese? Oggi si risponderebbe

che la Valpe è un pezzo della nostra identità…Un tempo si giocava alle bocce: anche i mem-

bri della Tavola (*), durante le riunioni a TorrePellice, si rilassavano con una partita dietro laCasa valdese. Oggi è uno sport con tanto dicampionato dove brilla la Perosina. Quandonella sala delle attività ecclesiastiche fece la suacomparsa il verde tavolo da ping-pong (pompo-samente chiamato anche tennis da tavolo) au-mentò la frequenza all’Unione giovanile. Le giteerano roba da villeggianti: in montagna, per igiovani del posto, era già abbastanza sopravvi-vere ai «sei mesi d’inverno e sei mesi di in-ferno». Altro che sport!

Andare sulle cime era da stravaganti: moltopiù utile (e noioso) cogliere i mirtilli al Lazzarà.Però c’era il Cai, e chi aveva tempo poteva ini-ziare ad arrampicare sulla Sbarua e spingersiverso il Monviso. C’erano gare sugli sci tra i pra-lini, in val d’Angrogna, a Rorà. Negli anni ’60nacquero gli sci club, le associazioni sportive…e le Valli sfornarono campionesse come le sorellePeyrot e l’olimpionico Willy Bertin. Ma proprionello sci lo sport mostrava anche il suo aspettodiscriminante tra chi aveva i soldi di papà pergli scarponi nuovi e per pagarsi il «giornaliero»sugli impianti di Prali o addirittura andare alSestriere, e chi se lo sognava pagandosi al mas-simo una salita sullo skilift…

Quando eravamo ragazzi, non avremmomai detto che facevamo uno sport, andavamosemplicemente a giocare: a pallone, ai palet,alla corda (le ragazze) a guardie e ladri, a na-scondersi, con quello che conta fino a quarantae quello che «liberi tutti»! La cosa importanteera (ma non lo è anche oggi?) avere un appun-tamento con gli altri…

* La Tavola valdese è la principale Commissionesinodale amministrativa (composta da 7 persone,compreso il moderatore), eletta ogni anno dalSinodo delle chiese valdesi e metodiste.

Un appuntamento con gli altridi Marco Rostan

RIUNIONE DI QUARTIERELa sera, nelle borgate delle valli valdesi, la riunione serve

a discutere di Bibbia, storia, temi di attualità

RIUNIONE DI QUARTIERE

Riforma - L’Eco delle Valli Valdesi

Redazione centrale - Torinovia S. Pio V, 15 • 10125 Torinotel. 011/655278fax 011/657542e-mail: [email protected]

Redazione Eco delle Vall Valdesirecapito postale:via Roma 9 - 10066 Torre Pellice (To)tel. 366/7457837 oppure 338/3766560 e-mail: [email protected]

Direttore responsabile: Luca Maria Negro([email protected])In redazione: Alberto Corsani (coord. Eco delleValli), Marta D’Auria (coord. Centro-Sud), ClaudioGeymonat, Jean-Jacques Peyronel, SamueleRevel, Piervaldo Rostan, Federica Tourn (coord.newsletter quotidiana), Sara Tourn. Grafica:Pietro Romeo

Supplemento realizzato in collaborazione con Radio Beckwith Evangelica: Simone Benech,Denis Caffarel, Leonora Camusso, Matteo De Fazio, Daniela Grill, Marco Magnano, Diego Meggiolaro, Susanna Ricci, Paolo Rovara, Matteo Scali

Supplemento al n. 9 del 6 marzo 2015 di Riforma - L’Eco delle Valli Valdesi, registrazionedel Tribunale di Torino ex Tribunale di Pinerolo n. 175/51 (modifiche 6-12-99)

Stampa: Alma Tipografica srl - Villanova Mondovì(CN) tel. 0174-698335

Editore: Edizioni Protestanti s.r.l.via S. Pio V 15, 10125 Torino

Bric Isoard, 1923 - foto Henry Peyrot, Archivio fotografico valdese

l’Eco delle Valli Valdesi / pagina 3

DOSSIER/Sport Può un giovane, negli anni del liceo, sognare nondi gareggiare, ma di fare l’allenatore di atletica? Ecco un caso in cuiuna strana idea diventa una pratica di vita utile a ragazzi e ragazze

Alberto Corsani

Nessuno nasce adulto; ma lo sport può aiu-tare a diventarlo, nonostante gli esempinegativi: reati di natura fiscale, scommesseclandestine, doping, la carente collabora-

zione tra scuola e attività sportive. Sono preziose,allora, alcune realtà che sanno radicarsi nel terri-torio, vivendo in un buon rapporto con le istituzionie, in definitiva, facendo cultura oltre che sport.

«Fin dagli anni del liceo avevo in testa l’idea di di-ventare allenatore di atletica leggera – racconta An-tonio Dotti, 70 anni, residente a Bricherasio –: ancheperché mio padre aveva praticato l’atletica in gio-ventù, negli anni del fascismo. E tuttavia, quandoannunciai questo mio proposito in casa, fu unmezzo dramma: questa non era vista, all’epoca,come una figura professionale plausibile». Invecequel sogno diventò realtà, e quel liceale sognatoreha affiancato per anni l’atletica all’insegnamento al-l’ITC «Vittorini» di Grugliasco. Proprio nel mondodella scuola, anzi, poteva scoprire talenti. Per quasiun quindicennio, fra il 1990 e il 2004, Dotti è allaNazionale, come responsabile del mezzofondo ve-loce. Sono gli anni che vedono crescere ragazzi chenegli 800 m. andranno forte: Andrea Benvenuti,tanto per dire, che sarà poi finalista alle Olimpiadidi Barcellona; oppure Giuseppe D’Urso, che saràargento ai Campionati del mondo; e Benvenuti saràcampione europeo, con D’Urso al 5° posto. «I ra-gazzi erano forti loro, non voglio parlare di meritimiei, ma certamente ciò che conta è il metodo: ioho sempre avuto la tendenza ad accentrare, contra-riamente alla linea seguita da altri, perché ritengoche soltanto in grandi raduni, dove arrivano i piùforti, i ragazzi possono mettere in comune le lorocaratteristiche, imparando gli uni dagli altri».

Preferendo far crescere i figli fuori dalla città,

Dotti si trasferisce a Briche-rasio e non smette di allenare:ora è direttore tecnico del-l’Asdp Atletica Pinerolo, econtinua a seguire mezzo-fondo e ostacoli, mentre lamoglie Simonetta Callegari,pre si dente della società, è asua volta allenatrice della se-zione di Bricherasio e segue isettori di velocità e lanci. Così,in un nevoso week end di ini-zio febbraio, lui conduce unminibus ad Ancona: un drap-pello pinerolese che ai cam-pionati italiani juniores si piazza al 4° posto per so-cietà. «Con i nostri 300 tesserati e un bacinod’utenza che fra Pinerolo e valli conta appena 80.000persone, siamo arrivati alle spalle di società di To-rino, Vicenza e di una squadra militare. Abbiamovinto i 60 m. ostacoli femminili e la staffetta 4x200maschile, con un 2° posto nei 400 m. maschili e un3° nel salto triplo femminile: un bel premio al lavoroe alla costanza dei ragazzi, ma anche al comune diPinerolo, che mette a disposizione le strutture a unasocietà attiva da 40 anni».

Ma che filosofia di vita si può proporre a dei ra-gazzi che, in età scolare, sono alla ricerca, come tuttii coetanei, della propria identità? «Lo sport agoni-stico paradossalmente ha un limite: non fa bene.Nel corso di una seduta d’allenamento, ci si trovacome buttati in una stanza che dobbiamo ogni voltaprovare ad allargare, facendo attenzione, però, anon mandarne le pareti in frantumi. Allora, per al-largare gli spazi, queste pareti rischiano di farsi sem-pre più sottili e, se va troppo oltre le proprie poten-zialità, l’atleta rischia di rompersi. Perciò è

foto Claudio Bonifazio - Atletica Pinerolo

necessario valutare lepotenzialità ma anchei limiti di ognuno, cer-cando di restare al disotto della soglia di ri-schio, e non sempre iragazzi intorno ai 14anni sono consapevolidei rischi che corrono.Per questo io richiedoche abbiano ottimemedie scolastiche: se sivuole eccellere nellosport, bisogna anchedarsi una autodisci-

plina per conciliare pratica sportiva e studio; questaimpostazione può addirittura far bene al rendi-mento scolastico. Naturalmente bisogna collaborareanche con le famiglie: a fine febbraio abbiamo av-viato un corso sulla gestione dell’ansia nel pre-gara,un percorso che deve coinvolgere in prima personagli allenatori. La società paga il 50% del costo perrenderlo accessibile a tutti».

Quali sono, allora, i riscontri che avete, in questache è una vera e propria opera di formazione del-l’individuo? «Non bisogna stancarsi di investire suisettori giovanili: lo aveva ben capito il presidentedell’Hockey Club Valpellice Mauro Ferrando [a finemarzo ricorre l’ottavo anniversario della sua scom-parsa, nda], e ora alcuni di loro sono in serie A.Nessuno degli atleti che prepariamo, magari, vinceràmai le Olimpiadi; ma pensiamo di fare qualcosa cheserve per la vita: non per niente molti di quelli chesono passati per le nostre piste e pedane continuanoa mantenere dei bei rapporti di amicizia con noi».Olimpionici magari no, ma migliori cittadini di do-mani: anzi, già oggi.

Con 300 tesserati e un bacinod’utenza che fra Pinerolo e le vallicircostanti conta appena 80.000persone, l’Atletica Pinerolo, aicampionati juniores per squadre diAncona, si è piazzata quarta, allespalle di società di Torino, diVicenza e di una squadra militare.Un risultato importante, chedimostra quanto conti la passionedei giovani atleti

Un’idea sana di sport

l’Eco delle Valli Valdesi / pagina 4

DOSSIER/Sport Il passaggio dalla pratica sportiva giovanile allacondizione di un «senior» è delicata: occorre migliorare leprestazioni ma puntando a progressi costanti e duraturi

Sul finire di una stagione altalenante, uno deirisultati più belli per l’Hockey Club Valpel-lice è stato l’affacciarsi alla massima serie dialcuni giovani giocatori (Simone Armand

Pilon, Federico Cordin) cresciuti nel vivaio, comegià era avvenuto per Luca Frigo, poi perfezionatosinegli Usa. Di questa fase cruciale, uno snodo, nellacrescita di un ragazzo, parliamo con il preparatoreatletico della Valpe Claudio Manganaro, pineroleseche vanta, fra l’altro, la medaglia d’oro dello sciatorealtoatesino Josef Polig (Albertville 1992) nella com-binata alpina e svolge una parallela attività di osteo-pata.

«Parlando di preparazione del giovane atleta –ci dice – alla componente di allenamento che piùdirettamente punta a migliorare la prestazione nel-l’immediato, si affianca sempre una componente dicostruzione di abilità, specifiche e generali, che lorendano pronto ad affinare quegli esercizi e quellequalità specifiche per lo sport che pratica. Neglianni precedenti, il miglioramento delle qualità “con-dizionali” generali, di coordinazione, di velocità edi precisione nell’esecuzione del gesto hanno sicu-ramente dato un risultato immediato, ma ancora dipiù lo daranno negli elementi che anche tecnica-mente dimostreranno la possibilità di proseguirel’avventura sportiva puntando a un livello superiore.Si tratta di creare i presupposti per un efficace mi-glioramento delle prestazione grazie all’aumentodei carichi di lavoro, ma in situazioni di sicurezza,perché gli esercizi proposti avranno una solida base.Questo cambiamento è soggettivo e dipende dallecaratteristiche fisiche e psicologiche dell’atleta, main linea di massima si può prevedere che avvengatra i 15/16 anni nei maschi e un po’ prima nelle fem-mine».

In che modo, poi, la maturazione del carattere, lacomponente mentale affianca il lavoro fisico?

«Dal mio punto di vista – riprende Manganaro– è una maturazione da valutare globalmente: ini-zialmente in termini di approccio all’allenamento,inteso non solo come seduta singola, ma come ge-stione della propria vita in maniera consapevole,fra allenamento, riposo, uscite con gli amici, periodopre-gara. Se l’approccio è quello giusto e la qualitàdell’atleta è stata ben valutata, proprio quel tipo dimentalità di allenamento darà buoni risultati. Inquesta fase, se il giovane maturerà indipendenzanel saper gestire le varie situazioni, saprà crescerein ambito sportivo. È giusto affiancare e aiutarel’atleta in questo percorso, ma con l’obiettivo di sti-molare questo atteggiamento indipendente, inmodo da renderlo gradualmente consapevole dellavoro che sta svolgendo e di che cosa il suo fisicorichieda nei vari periodi dell’anno. Per esempiol’estate scorsa nelle squadre giovanili di hockey conuno psicologo dello sport, Marco Beltramino, ab-

La componente mentale è importante quantoquella fisica. E dagli errori si impara sempre

Quando da Moncton (New Brunswick, 200 km. daMontréal) si è trasferito a Tampa, Florida, i tifosi

dell’Hockey Club Valpellice poterono dire che andandoa preparare i portieri dei Tampa Bay Lightnings era ilpiù illustre «ex-Valpe». Fondatore di una scuola pergiovani aspiranti nella sua città, Frantz Jean, classe1971, aveva condotto due stage per i portieri dellaValpe (ottobre 2009 e gennaio 2010) chiamato dal

tecnico suo amico Alain Vogin. Epoi, la chiamata nella NationalHockey League, il più importantecampionato che si disputi almondo. La sua squadraquell’anno, arrivò alla«semifinale» del campionato Nhl.Ma che cosa diceva, dunque,Frantz Jean, intervistato nelgennaio 2010 per

Tuttohockey.com e per L’Eco delle valli valdesi su comesi «costruisce» un giovane portiere di hockey? Unacosa semplicissima ma fondamentale: « L’hockey dioggi è tutto basato sulla velocità, e per il portierequesto si traduce nella necessità di sapere benposizionarsi. Dunque ciò che conta nei più piccoli èimparare a muoversi bene sui piedi per trovare lagiusta posizione. Solo dopo si comincia a lavorareall’affinamento dei gesti tecnici. Ai 13-14 anni di età silavora sull’aspetto mentale e della concentrazione:prima i ragazzi devono essenzialmente provaredivertimento in questo sport. Ai 14-15 anni quelli conpiù talento emergono, e allora si dovrà lavorare anchesulla capacità di gestire la partita».Finché non si scoprono i talenti particolari in ungiovane destinato a una brillante carriera, per favore,lasciamoli divertire, non ossessioniamo i ragazzi: lodice non un amatore, ma un professionista che lavoranella «mitica» Nhl... [A. C.]

Federico Cordin, giovane atleta Valpe, con il n, 29 - Foto Gill & Mon

Ma, da ragazzi, lasciamoli divertire!biamo iniziato un lavoro parallelo alla preparazioneatletica, che ha messo fra gli argomenti centrali l’in-segnamento della respirazione diaframmatica perottimizzare molti aspetti della prestazione sportiva.Questo insegnamento passa attraverso esercizi mi-rati per creare una iniziale presa di coscienza diun’attività, la respirazione, che è determinante matalmente banale (in condizioni normali) da esseretotalmente ignorata. In conseguenza alla presa dicoscienza, il percorso prevede esercizi, e in seguitoassoluta automaticità e quindi indipendenza nel-l’esecuzione. Anche la costruzione della mentalitàdell’atleta dovrebbe passare attraverso percorsi si-mili».

Ma vale ancora la convinzione che nello sport siimpara dagli errori?

«Lo sport è attività profondamente formativa.Anche nei momenti meno positivi: gestione dell’er-rore, gestione dello stress pre-gara, risultato otte-nuto con sacrificio, spirito di squadra o dell’indi-pendenza nello sport individuale, rispettodell’avversario e di chi collabora con te. Sono alcunitra gli aspetti comuni ai vari sport, aspetti che il gio-vane atleta e l’atleta adulto incontrerà nella vita ditutti i giorni, anche nello studio. Certo, il tempotolto allo studio o in alcuni casi alla frequenza sco-lastica non aiuta, e soprattutto non aiuta il sistemascolastico italiano, che sembra fatto apposta per di-sincentivare qualsiasi attività parallela ma esterna,non solo sportiva, ma anche artistica. Ma dall’im-pegno, dalla volontà di “non mollare mai”, possonoessere reclutate risorse impensate». [A.C.]

l’Eco delle Valli Valdesi / pagina 5

DOSSIER/SportAttività individuali e di squadra; campionatiamatoriali, giovanili e via via sempre più impegnativi: ce n’è pertutti i gusti, anche per chi cerca solo un po’ di svago e benessere

Un abitante su cinque fa sport

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l’Eco delle Valli Valdesi / pagina 6

DOSSIER/Sport Cittadino di Osasco, ha indossato per la primavolta la maglia della Nazionale: è un momento di scelte decisive, incui è importante ricevere consigli ed esempi di valore e spessore

Marco Magnano

Domenica 8 febbraio l’osaschese Jacopo Mo-sca ha aperto la sua stagione gareggiandonel Gran Premio Costa degli Etruschi,prima gara del calendario italiano 2015 di

ciclismo su strada. Per lui è stato anche l’esordiocon la maglia della Nazionale italiana, un assaggiodi ciclismo professionistico che lo ha visto andarein fuga per circa 130 km. e gli ha permesso di co-minciare alla grande un anno ricco di sfide. Qualeoccasione migliore, quindi, per conoscerlo meglio?

Partiamo dalla fine, dalla convocazione con la Nazio-nale. Te l’aspettavi?«Diciamo che non mi aspettavo che arrivasse cosìpresto, visto che la nostra annata con gli Under 23dilettanti è iniziata soltanto sabato scorso, quindidue settimane dopo quella gara. Tuttavia me loaspettavo, perché dopo la scorsa stagione ero nel-l’orbita della Nazionale: anche se non ho vinto, hofatto tanti piazzamenti e sono sempre stato prota-gonista nelle corse».

Durante la gara sei stato protagonista di una bellafuga. Quali sono state le tue sensazioni, dopo e du-rante la gara?«Prima di tutto c’è stata emozione perché in lineadi partenza ero accanto a gente che ha fatto la storiadel ciclismo, come Damiano Cunego, e correre coni professionisti è stata un’emozione. Io volevo farmivedere, dimostrare che mi meritavo questa convo-cazione, e l’unico modo possibile era andare in fuga.Era molto probabile che la fuga non andasse da nes-suna parte, ma era importante seguirla per farsi ve-dere ed essere protagonisti».

Essere un atleta significa scegliere un certo tipo di vitae rinunciare a molte cose. È stato difficile per te?«Certo, comporta molti sacrifici perché passo tantigiorni fuori casa. Pensa che l’anno scorso ho fattoa casa 80 giorni, forse anche meno, mentre tutti glialtri li ho passati in giro per le gare e i ritiri. In-somma, sono un po’ nomade. La mia fortuna è an-che quella di avere una famiglia che mi appoggia alcento per cento in quello che faccio. A 18 anni,quando decisi di non proseguire con gli studi, i mieigenitori acconsentirono, e non era una cosa da dareper scontata».

La Viris è una società che, tra Vigevano e Lomellina,esprime alcuni tra i migliori giovani in prospettiva. Èl’ambiente giusto per crescere?«Sicuramente è una società seria, dove ci dannotutto l’appoggio necessario, tutto ciò che serve a noigiovani per crescere. Ci seguono in tutto e per tuttoe abbiamo un direttore sportivo che ci segue tutti igiorni in allenamento. Non lo fanno in tanti, equando siamo in ritiro, due settimane al mese, il di-rettore sportivo è con noi in ogni momento, sette

giorni su sette. Oltretutto è una società che ha sem-pre dato spazio ai giovani e nelle ultime stagioni al-meno un corridore all’anno è passato al professio-nismo. Non è poco, anche perché è una società dovenon vengono messe pressioni, dove gli atleti ven-gono lasciati molto tranquilli e molto liberi, ma doveallo stesso tempo viene formato un gruppo forte,che è importante, perché il ciclismo è uno sport in-dividuale ma anche uno sport di squadra, in cuispesso bisogna essere un grande gruppo per rag-giungere grandi risultati».

Sarebbe possibile replicare una realtà vincente anchein questa zona?«Purtroppo nel Pinerolese siamo un po’ fuori dalmondo del ciclismo. Le zone per pedalare e allenarsisono fantastiche perché c’è tutto, ci sono anche dellesalite mitiche, come il colle del Sestriere e il colledelle Finestre, però manca un po’ la cultura ciclistica

necessaria per organizzare delle squadre, perchéprobabilmente manca anche la voglia. Tutto va guar-dato nell’ottica della crisi economica: mancano isoldi e mancano gli investimenti».

Il ciclismo è da sempre associato al sospetto e almondo del doping, anche se non bisogna generaliz-zare. Secondo te è possibile andare lontano senzascorciatoie?«Certamente. Ci sono stati anni bui, da cui per for-tuna noi giovani siamo fuori. Ormai si parla di pa-recchi anni fa, dei primi anni Duemila. Purtroppoc’è la mentalità per cui il ciclismo significa doping,ma è anche una concezione sbagliata di chi il cicli-smo non lo segue».

E per te quali sono gli obiettivi per il futuro?«Tutto dipende dai risultati di quest’anno. La par-tenza è stata buona, perché ho già fatto una bellaesperienza con la maglia della Nazionale, che sperodi poter indossare altre volte durante l’anno, e unobiettivo che mi pongo è anche partecipare ai Mon-diali che ci saranno negli Stati Uniti a fine settembre:quattro anni fa ero stato ai mondiali di Copenaghene conto di tornarci».

Dal Pinerolese alla Nazionale, la corsa di Jacopo continua

Un Giro d’Italia in solitaria«Ho percorso 5144 chilometri, in media più di 110 algiorno, il dislivello totale è stato di 45779 metri,pari a circa 1000 metri al giorno. Centinaia sonostate le salite, compensate, per fortuna, da altret-tante discese. Ho attraversato 14 Regioni e 45 Pro-vincie. Come pesi avevo con me: 9 kg. di bicicletta,25 di bagaglio, 60 di passeggero». Questi i numeridel personale Giro d’Italia, condotto due anni fa daIvo Pons, cicloamatore che da tempo studiava que-sta «impresa».In quasi due mesi molte cose pos-sono rimanere impresse nella mente, attraversandotutta l’Italia, dal Piemonte alla Calabria e ritorno.«Devo dire che molte cose sono rimaste nella miamente. Mi ricordo perfettamente i nomi dei paesiche ho attraversato e quelli dove mi sono fermato.Anche le tante persone che ho incontrato me le ri-cordo bene, in particolare quelle conosciute a Guar-dia Piemontese». Non a caso, un angolo delle vallivaldesi a circa 1200 chilometri di distanza.

Con la maglia della Nazionale

Matteo De Fazio

Il minivolley è un’attività per bambini e bambine utile edivertente, che propone le basi, i gesti e le tecniche peravvicinarsi al mondo della pallavolo, ovviamente giocando.Quando parliamo di minivolley parliamo dell’età della

scuola primaria: «ma a Perosa quest’anno abbiamo iniziatoun attività ludico-motoria di avviamento alla pallavolo anchecon i bambini delle scuole materne», ci racconta GiuseppeScali, dirigente responsabile del minivolley per l’Asd pallavoloVal Chisone. L’esperienza dell’associazione è interessante, per-ché da quasi quattro anni ha riunito diverse associazioni e so-cietà sportive della valle, fondendo il Perosa volley, il Pinascavolley, il Pallavolo Villar Perosa e il Settore Pallavolo di SanGermano: «I nostri bambini e bambine del minivolley, circauna settantina, arrivano da tutta la valle, da Porte a Pragelato,alcuni anche dalla val Germanasca – continua Scali –. Si trattain prevalenza di bambine, ma contiamo anche diversi ma-schietti, circa il 30 %».

Lavorare insieme, fra Comuni e territori diversi, oltre a offriremaggiori possibilità, come per le palestre e gli allenatori, con-tinua metaforicamente l’ideale sportivo del minivolley, che

secondo il regolamento dellaFipav, la Federazione italianaPallavolo, ha un carattere noncompetitivo: «La pallavolo èl’unico sport dove non si puògiocare da soli. Oltre a esseredifficile, è anche vietato dalleregole, che impediscono di te-nere la palla in mano –scherza Scali –. Negli altrisport ci può essere chi tienela palla più degli altri, il cam-pione. Ma qui la cosa più im-portante da imparare è pas-sare la palla agli altri».

Un gioco di squadra con regole semplici ma rigide, doveimpegnarsi per l’interesse collettivo è l’obiettivo più impor-tante, educando i bambini alla collaborazione, a stare insieme,a crescere e ad aiutare quelli che sanno fare meno. «La nostravolontà è creare uno scambio, una rete di relazioni, e funzionaabbastanza bene: oltre agli iscritti, il minivolley attira anchei genitori e i nonni, che spesso accompagnano i piccoli atletiquando i genitori lavorano. Una rete che favorisce la cono-scenza, l’amicizia e allarga le possibilità di tutti».

Spesso, in valle, sono organizzati anche dei tornei, a cui par-tecipano da 80 a 120 bambini e bambine: «Le squadre sonodi tre elementi, possono essere miste, la rete non può superare1,90 m. e il campo i 4,5 m. per 4,5 m. I bambini più piccoligiocano con la “palla rilanciata”, ovvero fermando la palla, maper il resto le regole sono uguali alla pallavolo – riassume Scali–: il torneo dura circa 3 ore, su 10 campi, e in queste occasioniinvitiamo a partecipare anche le altre società del Pinerolese».

Il collegamento tra minivolley e volley competitivo a voltec’è, «ma solo per chi ne ha voglia – conclude Scali –, se dallaprima alla terza elementare lavoriamo sull’attività fisica e sulgioco, in quarta e in quinta si comincia a proporre la parte-cipazione agli allenamenti degli under 12. E, in quel contesto,chi è interessato può avviarsi al percorso agonistico».

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Minivolley: l’importanza di passare la palla

DOSSIER/Sport Come la pallavolo che si gioca «da grandi», siscopre la bellezza di pensare collettivamente a uno scopo, e inquesta fascia d’età bambini e bambine giocano anche insieme

Miniolimpiadi di valle 2015Sarà il comune di Fenestrelle, in altaval Chisone, a ospitare la ventesimaedizione delle Miniolimpiadi di Valle,organizzate tra fine maggio e iniziogiugno 2015. L’anno scorso sidisputarono a Pragelato, con ottimosuccesso. Centinaia di bambini,genitori, insegnanti e volontari ditutti i comuni della val Chisone eGermanasca saranno nuovamenteimpegnati per mantenere alti i valori

dello sport e dell’amicizia. «La vogliadi dare continuità a quantorealizzato negli altri comuni dellavalle ha spinto l’amministrazionecomunale di Fenestrelle e le tanteassociazioni cittadine ad accettarequesta sfida ambiziosa – spiegaIlario Manfredini, sindaco diFenestrelle –: sono certo chesapremo vivere con grande impegnoe allegria questo evento».Il calendario è ben nutrito: la piscina

di valle di Perosa Argentina ospiteràsabato 30 maggio le gare di nuoto,mentre alle Casermette diFenestrelle venerdì 5 giugno ci saràla cerimonia di apertura e sabato 6 edomenica 7 giugno le gare di atleticaleggera: lanci, mezzofondo, salto inlungo e in alto, velocità emaratonina.Per maggiori informazioni, o perprenotazioni, contattare il comune diFenestrelle allo 0121-83910. [D. G.]

Foto Asd pallavolo Val Chisone

Un’attività che stimola la collaborazione e l’aggregazione, anche a livelloregolamentare, fin da bambini.L’esempio della Val Chisone

Sapevate che a Luserna S. Giovannic’è un po’ di Grande Torino, quellodell’aereo caduto a Superga nel1949? A questo pezzo di Toro, algrande Ezio Loik, di cui, secondo iracconti entusiasti di mio padre, erafamoso lo stop (arresto a terra di unpallone che arriva dall’alto – spiega-zione per i non esperti), sono stati in-titolati, anni fa, gli impianti sportividi Luserna S. Giovanni, cosa a me

particolarmente gradita, dato che sitratta del mio Comune di residenza.Ezio Loik era triestino, esordì nellaFiumana nel campionato 1936-37, poigiocò nel Milan e insieme a ValentinoMazzola nel Venezia, squadra da cuiil famoso «papà» del Toro, FerruccioNovo, lo acquistò nel 1942 insieme aMazzola per un milione e duecento-mila lire. Loik segnò 70 goal in maglia granata

e con capitan Mazzola formò una te-mibile coppia d’assi.Per la mia famiglia vi era poi un af-fettuoso legame con la signora Loik,Lilia Jon Scotta, che aveva sposato ilgiocatore dopo il suo trasferimento a“Totocalcio” faceva parte dellaChiesa valdese di corso Vittorio Ema-nuele e, con grande piacere, l’ho ri-trovata in quella di Luserna S. Gio-vanni. [Marco Rostan]

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DOSSIER/Sport Per molto tempo l’alpinismo ha evitato di farsiclassificare tra le attività sportive: il rapporto con le pareti diroccia e i pendii innevati tocca anche le corde dell’interiorità

Samuele Revel

Se vai a correre, corri in salita (e poi in di-scesa). Se vai in bici spesso usi una moun-tain bike (sullo sterrato, in salita e in di-scesa). Se cammini ti metti gli scarponcini.

Altri sport sono legati al freddo (hockey, sci – fondoe alpino, etc.) e alla montagna. È indissolubile il rap-porto che si crea con il «ripido», rispetto a chi abitain altre zone. Ma il binomio sport-montagna è diffi-cile da incasellare.

L’alpinismo ha da sempre rifiutato per molti mo-tivi di essere incasellato come sport. Alcune sueaccezioni sono diventate discipline sportive a tuttigli effetti. L’arrampicata sportiva è nata a più ripreseproprio sulle rocce piemontesi e le prime gare inassoluto si sono tenute a Bardonecchia (e Arco diTrento). Nel 1987, appena due anni dopo, una garain onore di Marco de Marchi (visionario dell’ar-rampicata sportiva) veniva organizzata al Pra, inalta val Pellice, sulla parete che sovrasta il sentieropoco prima del rifugio Jervis. Oggi questa disciplinaè in odore di accreditamento ai Giochi olimpici.Tutt’altra cosa invece sono i raduni di arrampicatasui sassi nella conca del Barbara dove bazzica re-golarmente Christian Core, campione del mondodi questa attività.

La corsa in montagna (una volta «marcia alpina»,oggi trail, ultra trail, etc.) affonda le origini anch’essain val Pellice. La classica «Tre Rifugi» compie infattiquest’anno 40 anni dalla prima, pionieristica, edi-zione.

Quella che pochi decenni fa era vista come unaprova riservata a pochissimi oggi è diventata una

«moda» che richiama moltissimi appassionati e legare sono cresciute in maniera esponenziale. Praliha voluto distinguersi riuscendo a scovare un uni-cum: 1880 metri di lunghezza per 1000 di dislivellosono i numeri che classificano la Vertical Race(mille metri di dislivello, in sola salita) della valGermanasca come la più dura d’Europa e forse delmondo (almeno finora).

Anche lo scialpinismo, da attività di nicchia e ri-servata al puro piacere dell’andare per i monti d’in-verno, è stato sdoganato nel mondo dello sport.Dagli storici «Mezzalama» e «Patrouille des Gla-ciers» (gare a terne riservate ai militari) si è passatia una varietà di prove e anche ai campionati mon-diali (di cui l’Italia ha appena vinto il medagliere,ne abbiamo parlato su riforma.it).

Questi sono tre aspetti del mondo molto variegatodegli sport legati alla montagna che semplicementeli rende possibili. Il confine fra l’attività fine a sestessa e per lo più «inutile» (nel senso buono deltermine) e la «sportivizzazione» è molto breve mala montagna sa essere molto dura con chi non l’af-fronta senza la necessaria preparazione e capacitàtecnica. Anche una maratona può essere pericolosase affrontata senza la dovuta preparazione, ma ilritiro in quel caso non comporta grossi rischi. Bloc-carsi su una cresta a 4000 metri in pieno invernopuò invece avere altre conseguenze (nonostanteposti di soccorso relativamente ravvicinati).

Ma la montagna è un mondo a parte anche perquesto, perché permette a tutti di confrontarsi conessa e con se stessi nel modo in cui ritiene più cor-retto.

La montagna, mondo a parte

Erica era il cavallo dell’UlivetoFino a qualche anno fa Erica è stata ospite dell’Uliveto(Luserna S. Giovanni), struttura della Diaconia valdeseper persone con disabilità fisiche e psichiche. Ha fattoamicizia con gli altri ospiti della struttura, ha collabo-rato con loro stabilendo un contatto profondo e met-tendosi a disposizione di chi aveva più bisogno, rice-vendo in cambio sorrisi, carezze e affetto. Masoprattutto tanta riconoscenza, perché Erica riusciva asciogliere membra rigide e menti confuse semplice-mente grazie al suo movimento e alla sua capacità dimettersi in relazione, alla pari, con gli altri. «Erica era il cavallo dell’Uliveto – ci racconta Stepha-nie Boar, operatrice della struttura e da sempre appas-sionata di cavalli – Era così tranquilla che abbiamopensato di avvicinarle alcuni ospiti. I risultati, fin dasubito, sono stati sorprendenti: Erica sapeva perfetta-mente come comportarsi a seconda di chi portava ingroppa e quando doveva lavorare usava una pazienzainfinita. Ma Erica non regalava niente a nessuno: se lapersona in sella non era presente e non collaborava,faceva di testa sua... quindi anche chi soffriva di scarsaconcentrazione doveva imparare a prestarle la dovutaattenzione. Il cavallo è un animale che ben si presta aquesto lavoro, perché ha voglia di mettersi in relazionema pretende la tua collaborazione: questa è una ga-ranzia di successo, a livello educativo».Erica è morta (di vecchiaia), ma proseguono i progettidi ippoterapia all’Uliveto iniziati proprio con lei. Ste-phanie ha seguito diversi corsi su come gestire questaattività: «Siamo riusciti a far salire in sella personeabituate a vivere in carrozzina, con un equilibrio pre-cario e arti rigidi o semiparalizzati, arrivando a fareanche qualche passo di trotto. Impossibile descrivere aparole la loro immensa felicità e soddisfazione».Ora le attività di terapia con i cavalli proseguono gra-zie alla collaborazione con un maneggio di Barge: ognisettimana gruppi di 5-6 persone, anche con gravi disa-bilità, fanno passeggiate in carrozza in attività più lu-dica che educativa per il momento, ma coinvolgente eappassionante. E per ora nessuno è tornato a casa in-soddisfatto dell’esperienza. [Daniela Grill] La cascata di Partia d'Amunt (alta val Pellice) - Foto S. Revel - Riforma

bambiniinfattoria.it

Diego Meggiolaro

Da giovedì 5 a mercoledì 11 febbraio si èsvolto a Verbier (dopo il Gran San Ber-nardo, prima di arrivare a Martigny) inSvizzera il «Mondiale» di scialpinismo.

L’Italia è andata molto bene, anzi ha battuto tutti.Sia nei senior sia nelle categorie giovanili, e grazieall’oro della staffetta maschile, ha scalzato la Franciadalla vetta del medagliere e ha primeggiato con 9medaglie d’oro, 11 d’argento e 10 di bronzo. Secondala Francia con 9 ori, 6 argenti e 6 bronzi. Terzo postoper la Svizzera, padrona di casa, con 4 ori, 9 argentie 6 bronzi.

Filippo Barazzuol è nato a Torre Pellice, classe 1989,ed è un’atleta della nazionale italiana di scialpinismo:«Fin da piccolo sono stato attratto alle discipline difatica – dice –, prima nel nuoto per poi passare allosci alpino con i suoi spazi aperti e il freddo dellamontagna. Montagna che ho conosciuto e risco-perto in versione estiva in sella alla mountain bike.Stanco però di sciare in pista, dopo un periodo diriflessione ho deciso di provare lo scialpinismo, chepermette una cosa fantastica: sciare senza vincolidi posto e orario. Sono sempre stato competitivo,con la voglia di sfidare i miei limiti e di confrontarmicon gli altri. Da qui la partecipazione alle prime ga-rette, per poi prenderci gusto, e partecipare nel 2014alla Coppa del Mondo. Ma per me lo scialpinismonon è fatto solo di gare: è anche avventura, e ho lafortuna di abitare in val Pellice, un territorio che ha

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DOSSIER/Sport Originario di Torre Pellice, Filippo Barazzuol,dopo gli anni in cui correva sulla mountain bike, è passato alloscialpinismo: una sfida incessante a superare i propri limiti

L’Italia sul tetto del mondo

molto da offrire a questo sport». Purtroppo Baraz-zuol non può vivere della sua passione come succedeper altri sport, nonostante sia ai massimi livelli in-ternazionali: «Per vivere devo fare un lavoro, di-ciamo “normale”: sono impiegato alla Ferrero diAlba come assaggiatore di Nutelle, al controllo qua-lità».

Il 2014 per lui è stato una anno formidabile, pienodi successi e soddisfazioni con il titolo di Campioneitaliano di Tecnica libera, il 4° posto al Trofeo Mez-zalama 2013, «che è un po’ l’Olimpiade dello scial-pinismo», il 5° posto al «Patrouille des Glacier2014», l’11° posto in Coppa del Mondo individualea Verbier, l’8° al Campionato italiano individuale2014, e ancora il 9° posto al Campionato italianoVertical 2014 e il 5° al Sellaronda 2014.«Fino a metàgennaio – prosegue l’atleta – non sapevo né pensavodi poter essere convocato per i Mondiali: certo cisperavo, poi dopo una vostra prima intervista a Ra-

dio Beckwith evangelica mi è arrivata la chiamata,mi avete portato fortuna». Questo lo ha portato anon preparare un Mondiale dall’inizio ma solo nelleultime due settimane. «Ero un po’ scarico nelleprime battute, l’individuale non è andata moltobene. Ma nella prova a coppie mi sono rifatto. In-sieme al mio compagno, Pietro Lanfranchi, siamoarrivati sesti [nella foto, ndr] nella Team Race a cop-pie, vinta da altri due italiani, Lenzi e Eydallin. Ab-biamo anche vinto la staffetta a squadre ma io nonho partecipato, non sono ancora tra i migliori quat-tro italiani, sono subito lì però, dài».

Filippo è un ragazzo umile, simpatico e allegro eparla con sincerità ma senza seriosità della sua pro-fessione e passione. Sembra parlarne in questomodo anche per avvicinare la gente comune a que-sto sport poco seguito, poco conosciuto e praticatoin Italia, nonostante da qualche settimana siamocampioni del mondo. «Non so come mai lo scial-pinismo sia così poco seguito dai media nazionali.In Svizzera, ad esempio, ogni sera c’erano servizi einterviste sulle tv locali e nazionali per i Mondiali.Da noi le poche volte che si parla o si fa vedere losci si parla di quello alpino, raramente del fondo,mai dello scialpinismo, ma, non dimentichiamocelo,siamo i campioni 2015. Il movimento giovanile staandando benissimo e a Verbier ha ottenuto risultatieccellenti, possiamo essere fiduciosi per il futuro.Mi chiamate prima del “Mezzalama” di quest’anno[il 25 aprile, ndr] visto che mi portate bene?». Sebasta così poco…

Foto: Pagina Facebook Filippo Barazzuol

Italia 9 11 10 30nazione oro argento bronzo totale

Francia 9 6 6 21Svizzera 4 9 6 19Spagna 4 0 6 10Germania 3 2 0 5Polonia 0 1 0 1Austria 0 0 1 1

Il Medagliere dei Mondiali di Scialpinismo2015 di Verbier (Svizzera)

SOCIETÀLe scintille che schizzano dalla mola sono sempre le stesse: gli attrezzi sono diventati più moderni,ma le lame suonano ancora la stessa musica. Il mestiere dell’arrotino ci rimanda a immagini di un

tempo, come le fiere o le feste paesane, e ci parla di un’arte tramandata da una generazione all’altra

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I coltelli affilati sulle note di Sanremo Piervaldo Rostan

Le scintille che produce il falcetto acontatto con la mola sembrano tantestelle; e sono scintille che nella fami-glia Benso si susseguono da oltre un

secolo e sono legate a quattro generazionidi arrotini. Un mestiere quasi scomparso,con pochi artigiani che hanno conservatouna manualità molto particolare; eppure alzila mano chi, di fronte a un paio di forbici oa un coltello che non tagliavano più, non hadovuto ricorrere a un arrotino, mestiere an-tico e per tanti anni «itinerante», senza bi-sogno di un grande spazio fisico: bastava unabicicletta su cui si installava la mola, o unapiccola «Ape».

«La mia famiglia – ricorda Luca Benso, daanni titolare di una storica coltelleria a Pi-nerolo – è originaria di Vinovo. Il mio bi-snonno, già arrotino, ebbe tre figli: Cento,Giuseppe detto Pinin e Giovanni (Giuanin);tutti e tre continuarono nell’attività». Tra-sferimento a Torino, poi a Moncalieri perPinin, nonno di Luca, mentre gli altri due sispostarono subito verso Pinerolo. Un me-stiere sostanzialmente ambulante: bici, car-rettini; «Poi nel nostro caso si arrivò all’”Ape”e poi al camioncino “Lupetto” – ricorda LucaBenso –, un modo per raggiungere i mercatifuori Pinerolo: Luserna il venerdì, Bobbio almartedì d’estate, sempre nella bella stagioneanche a Prali». Poi arriva il momento diBeppe, il papà di Luca, che naturalmenteprosegue l’attività di famiglia; con una sim-patica variante: «A mio padre piaceva moltola musica per cui, collegato al sistema dellemole, accostò un registratore a cassette: puoistar certo che il giorno dopo la fine del Fe-stival di Sanremo aveva già tutte le miglioricanzoni pronte da far ascoltare e che accom-pagnavano il suo lavoro…», ricorda Luca. Ilmestiere in forma ambulante prosegue fino

Luca Benso Beppe Benso con la mola trasportabile

a trent’anni fa; l’apertura del negozio di col-telleria permette la vendita di attrezzi per lacucina, senza però escludere la molatura checontinua tutt’ora.

Anche l’arte dell’arrotino ha avuto, e ha an-cora, dei «picchi stagionali». «Solo a Pineroloc’erano quaranta macellerie e questo portavaindubbio lavoro; ma in autunno e per unaparte dell’inverno arrivavano (in realtà arri-vano ancora, ndr) gli agricoltori dalle Valli: ilmaiale era bello grasso, pronto per la produ-zione di salami e mustardele e prima di questomomento, non a caso chiamato festin, erad’obbligo una bella molata agli attrezzi…».Ma quello dell’arrotino è un mestiere a rischiodi scomparire? «Certamente il lavoro è moltodiminuito – commenta Luca Benso –: moltidei rivenditori di coltelli per chi ne fa un usoprofessionale in realtà non praticano la ven-dita ma una forma di leasing che prevede lamolatura periodica. Il risultato è che oggi simola in prevalenza per i privati che apprez-zano ancora la molatura artigianale, da en-trambi i lati della lama di un paio di forbici ela successiva pulitura».

Il mestiere pur mantenendo le caratteri-stiche storiche è cambiato nel tempo, a par-tire dai materiali: le mole un tempo eranodi arenaria e oggi sono di materiale sintetico;ogni apparecchiatura deve essere dotata disistemi di aspirazione per evitare che l’ope-ratore inali pericolose polveri. Ma la pas-sione, quella, rimane; e nel caso dei Bensosupera anche il difficilissimo momento del-l’esplosione della casa di via Vigone del 2004,in conseguenza della quale il negozio andòcompletamente distrutto. Una passione chesi ritrova in ogni angolo d’Italia: a Cremonanel 1998 è stata costituita l’Associazione«Arrotini e coltellerie»; a Resia, in provinciadi Udine è invece allestito uno storico «Mu-seo dell’arrotino».

Sono nata in un grumo di terra e sassi. La mia unicaradice fu messa a dimora in questa corte, ai piedi della

«pilia» maestra. Vedevo, a perdita d’occhio, campi coltivi epascoli. Più in là, filari di grappoli gonfi e frutteti.

Mi chiamano Luglienga e da più di due secoli sonoguardiana e memoria di questa casa. Ora le mie radicisono lunghe corde robuste senza misura e il mio troncovizzo resiste alla morte e al gelo cingendo i palchi del bal-cone fin su, sotto la gronda a godere il cielo.

Con il tempo l’orizzonte è cambiato: il bosco ha consu-mato i pascoli e dimezzato gli orti, le mie sorelle patisconoi mali delle piogge e muoiono giovani. Ho resistito alle ge-nerazioni, a guerre d’ogni tipo, spinto la mia linfa finsulle punte delle foglie, ogni anno, per duecento anni.

Dino era un bambino solare e curioso, goloso dei mieigrappoli dorati. L’ho visto nascere qui, nella nostra casa.Prima di lui, suo padre mi ha accudita con amore. Stiamoinvecchiando insieme e ogni primavera aspetto le suemani sapienti a sfoltire le mie fronde, legarne i getti, con-servare con minuzia i germogli robusti. Non sbaglia mai.Lui sa come accudire la mia vecchiaia e risparmiare le po-che forza che mi sono rimaste.

Dino ama le viti, profondamente. Ha un dono: il segretodei vignaioli tramandato per generazioni. Ho dato figli inabbondanza, sono chissà dove, persi in queste terre.Quando i miei grappoli fan gola ai tordi e ai passeri, Dinotorna bambino e i suoi occhi stanchi brillano. Ne gusta ilsapore e sorride, forse ricorda le corse tra le vigne e i tini ri-bollenti o il dolce del mosto. Può darsi che i miei frutti loripaghino di tanti sacrifici, ancora oggi che l’età pesa sullesue gambe e sul mio tronco. Ogni giorno aspetto giovanivignaioli a fare solchi e tirar su tralicci .

Anche Dino spera in un tempo novello, come il vino, cheriporti mani capaci a lavorar la terra. Ma egli sa bene chetutto ha un tempo. E forse, insieme, torneremo a godere diquell’orizzonte pulito e pieno di vita.

La vita delle viti.

MIRALH/SPECCHIO

Vita da viteValeria Tron*

MIRALH/SPECCHIOIn lingua occitana «specchio» si dice «miralh».

*Valeria TronArtigiana e cantautrice della val Germanasca

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SOCIETÀIl Centro di educazione ambientale creato nelle strutture che un tempo erano state costruite con

funzione di sanatorio attraversa una crisi che coinvolge molti soggetti; dagli enti soci ai dipendenti auna serie di attività economiche del territorio, che rischierebbero anch’esse delle conseguenze serie

Pracatinat c’è speranza, ma qualisarebbero le ricadute della chiusura?Diego Meggiolaro e Samuele RevelDopo gli allarmi di inizio mese e la minaccia da parte della Regionedi mettere in liquidazione la società consortile per azioni alla qualepartecipano anche la città di Torino e i comuni di Fenestrelle,Moncalieri, Pinerolo e le Unioni montane val Chisone e delPinerolese, e il rischio per l’indotto del pinerolese e della valChisone, la riunione del 6 febbraio, che doveva sancirne la chiusura,ha dato tempo fino al 20 marzo, quando una nuova assemblea deisoci dovrà portare un piano concreto che convinca la Regione atenere aperta la sua partecipata. In attesa di sapere, nella prossima

assemblea dei soci, quale sarà il destino del Centro, abbiamocercato di capire quali potrebbero essere le conseguenze perl’indotto che lavora con Pracatinat. Con la chiusura di Pracatinatrischiano di perdere direttamente il lavoro circa 40 persone tradipendenti e primo indotto. Si perderebbero gli investimentipubblici per circa 13 milioni di euro fatti in questi anni; circa200.000 tra ragazzi e insegnanti, che in oltre vent’anni si sonoformati dal punto di vista ambientale, hanno sviluppato progettiterritoriali come riconosciuto e ribadito dalla Regione stessa inmolteplici occasioni, rischiano di non passare il testimone.

Val Pellicei

La cooperativa Tarta Volante (Torre Pel-lice) lavora da anni con e per il centro di

Fenestrelle. Con una sua chiusura, rischiadi perdere commesse, lavoro e collabora-zioni. Oggi ha dodici soci e occupa 30-35lavoratori: «La Tarta Volante – spiega la pre-sidente Elisa Morero – è molto preoccupatacome tutti della possibile chiusura di Praca-tinat e del suo destino. Noi da oltre 25 anniforniamo una équipe educativa specializzataa Pracatinat, dove impieghiamo dagli ottoai dieci educatori. La chiusura del centro sa-rebbe una gravissima perdita per i nostri la-voratori. Tutto il ramo dell’educazione am-bientale è sempre stato una parte importantedel lavoro per la Tarta Volante ed è stato imi-tato e studiato nel resto del Nord d’Italia.Quindi sarebbe una perdita, oltre che delposto di lavoro di una decina di persone [ol-tre ai 40 dipendenti diretti della PracatinatScpa, ndr], anche di un’esperienza venten-nale e di un lavoro di qualità. Per la nostracooperativa la collaborazione con Pracatinatrappresenta il 20-25 % del lavoro».

Da oltre quindici anni la Tarta Volante ge-stisce i servizi di educativa territoriale perminori e disabili della val Pellice. Nel 2011la cooperativa ha aperto una nuova strutturaa Bibiana. È un gruppo-appartamento, uncentro diurno rivolto a giovani disabili conbuona autonomia. Nel 2015 questo gruppoappartamento ha avuto tutti i posti occupati:per questo la cooperativa ha scelto di aprireuna nuova struttura sempre a Bibiana per lastessa tipologia di utenza. «Abbiamo visto– dichiara ancora Morero – che Bibiana ciha accolto bene, i ragazzi ospiti hanno strettouna buona relazione con i bibianesi e so-prattutto con gli operatori».

Nonostante il rischio di perdita del lavoroper i circa 10 operatori a Pracatinat, la coo-perativa è aperta a ricevere la collaborazionedi persone nuove e motivate a fare questitipo di lavoro nell’educazione nel sociale. LaTarta Volante, come altri che lavorano suPracatinat, non è stata contattata dagli entisoci per un consulto o un’opinione su even-tuali soluzioni alternative alla chiusura.

Val Chisonei

In val Chisone ci sono tre compartimenti: bassa , media e alta valle.Partendo dall’alto, a Sestriere c’è lo sci con il suo indotto che offre

lavoro a centinaia di persone ma solo per la stagione invernale e apatto che ci sia neve. Pragelato, tempio dello sci nordico, ha piùdifficoltà e un grande resort che ha portato posti di lavoro ma anchepolemiche. Quest’anno sono stati riaperti per il fuoripista (novità)alcuni impianti chiusi da tempo che fanno lavorare una decina dilocali e non solo. In bassa valle c’è il grande insediamento di VillarPerosa cresciuto intorno alla Riv (Skf, Omvp, Tekfor). Nato a inizio‘900 ha modificato l’aspetto del piccolo centro e attorno le sononate altre piccole e medie aziende, insediatesi perché c’erano lo spa-zio e l’acqua per l’energia elettrica per i macchinari. A Pomarettoc’erano i comparti tessili, oggi dismessi, che si sposavano con le mi-niere della Talco e Grafite, dove lavoravano le mogli dei minatori.Nella media valle, senza sci né fabbriche, rimane (poco) turismo e(poca) agricoltura. A inizio ’900 per combattere la tubercolosi na-scono i due sanatori di Pracatinat, poi grande centro di formazione.Con oltre 40 persone occupate, fra dipendenti e indotto, Pracatinatrisulta essere uno dei centri vitali per la media val Chisone, offrendoun’opportunità di lavoro e alimentando l’indotto (affitti, ristoranti,esercenti). Una chiusura significherebbe una grave perdita, ma almomento mancano 300.000 euro anche per il costante calo di tra-sferimenti dagli enti soci. Tra i contrari alla chiusura i sindaci deiComuni soci e il presidente della Città Metropolitana Fassino.

Foto Pracatinat

SOCIETÀUn’idea partita dalla Regione Piemonte, avvertita come molto lontana dalla sensibilità delle

amministrazioni locali e di chi vi lavora. Potrebbe essere un’occasione di sviluppo, ma c’è il rischio divedere la zona sottoposta a vincoli assai rigidi: è possibile trovare delle motivazioni per il dialogo?

l’Eco delle Valli Valdesi / pagina 12

Massimo Gnone*

A eroporto internazionale Budapest – Fe-renc Liszt, Terminal 2, domenica 1°

marzo. Compro un toast, in attesa del volodi ritorno. È stata una trasferta faticosa, in Ungheria peril weekend di selezione dei giovani che svolgeranno il lorovolontariato in Italia. Ad approcciarsi quando gli siedoaccanto è un uomo sulla sessantina, che con un sorrisochiede quale sia il motivo del mio soggiorno in terra ma-giara. Parla un inglese perfetto. La Diaconia, spiego, faparte di un network europeo, i giovani sono impegnaticon le persone anziane e diversamente abili, i migranti, iminori in condizioni di svantaggio. Mi dice di essere psi-cologo, di aver lavorato in diversi paesi del mondo, dal-l’India agli Stati Uniti; austriaco, oggi vive in Norvegia. Èlui stesso a evocare Spielberg. Ve lo ricordate: il film conTom Hanks è ispirato al rifugiato Mehran Karimi Nasseri,alias «Sir, Alfred Mehran», che visse per diciotto anni alTerminal 1 dell’aeroporto «Charles de Gaulle» di Parigi.

Mi racconta di essere stato derubato qualche giorno fa:due ceffi armati di coltello l’hanno messo spalle al muroe si sono fatti consegnare soldi, computer e documenti.Privo del passaporto, non ha potuto imbarcarsi per laNorvegia; i suoi amici hanno proposto di inviargli deisoldi per l’albergo, ma lui niente, ha deciso di restare inaeroporto, dormendo nel terminal in attesa che le auto-rità gli consegnino un nuovo documento d’identità, cosache dovrebbe avvenire entro tre o quattro giorni. È un’oc-casione unica, dice, che gli consente di incontrare tantepersone, incrociare storie di viaggiatori, sacerdoti e inge-gneri.

Giapponesi, italiani e rumeni sono le persone più ge-nerose: gli hanno sempre prestato qualche fiorino percomprarsi un panino. Tedeschi e scandinavi più diffi-denti, stanno ad ascoltare ma non sembrano crederealla sua storia. Alla fine anch’io gli consegno duemilafiorini (circa sette euro), mi faccio dare il suo indirizzo e-mail e lo saluto, mentre lui si dirige verso il bar. Una sto-ria vera? È una storia di umanità in un non-luogo, que-sto mi basta.

ALTRESTORIEQuelle che non avete mai sentito raccontare

*Massimo Gnoneresponsabile Servizio richiedenti asilo e rifugiati e volontariato internazionale – Diaconia valdese

ALTRESTORIE

The Terminal

FAVOREVOLI ILegambiente in un comunicato ha espressoil suo parere favorevole così come l’associa-zione «Insieme in Comune». «L’adesione al“Parco del Monviso” poteva essere un’occa-sione di sviluppo molto interessante pertutta la Valle e, proprio in quanto tale, cre-diamo andasse discussa in un tavolo menofrettoloso e più partecipato – ci spieganodall’associazione –: riteniamo pertanto chela chiusura al dialogo da parte di un’ammi-nistrazione sia un fatto grave, che influen-zerà il futuro della Valle: la Giunta comunaledi Bobbio si è presa l’onere e la responsabilitàdi questa decisione, che avrà ripercussioninell’immediato e per le generazioni future».La Regione Piemonte è promotrice del pro-getto.«Con il parco – sostiene l’assessorecompetente Alberto Valmaggia – le terre delMonviso hanno la possibilità di fare un passoavanti nella promozione del territorio. Sitratta di vedere il parco come uno strumentodi sviluppo al servizio di chi lo abita nel ri-spetto di tutti i portatori di interesse, nes-suno escluso. Ovviamente siamo sensibilialle remore dei Comuni. Dal punto di vistaoperativo non ci saranno restrizioni e vincolimaggiori rispetto a quelli che vi sono nei Sic(siti di interesse comunitario, ndr). Le unicherestrizioni sono quelle legate al mondo dellacaccia. L’impressione però è che si sia ancoratroppo prevenuti su questo tema e non sivoglia ascoltare quali potrebbero essere glisviluppi positivi per l’economia del territoriodalla nascita del Parco del Monviso».

Infine il Club alpino regionale. «Per il Cai èfondamentale la frequentazione, la cono-scenza e lo studio della montagna in tutti isuoi aspetti sia naturali (flora, fauna, acque,rocce e ghiacciai) sia antropici (cultura, sto-ria, risorse e attività delle Terre Alte). Il Caiè convinto sostenitore della rete delle areeprotette».

CONTRARI IUfficialmente si sono espressi i Comuni,come abbiamo ricordato sopra e la Cia, laConfederazione italiana agricoltori. Aper-tamente contrari anche il CaTo1 (Compren-sorio alpino cui fanno capo le valli Pellice,Chisone e Germanasca) e le associazioni dicacciatori.Ecco che cosa ci hanno detto dalla Cia: «Glialpeggi attorno a Bobbio Pellice sono l’unicazona montana dell’area della Città Metro-politana dove le attività sono condotte daallevatori locali. Nessun’altra zona montanadel Torinese possiede una simile specificitàche l’imposizione di nuovi vincoli rischie-rebbe di distruggere». «Abbiamo appresodel progetto del Parco del Monviso dai gior-nali, anche se dovrebbe comprendere sei de-gli otto alpeggi attualmente esistenti sul ter-ritorio di Bobbio Pellice. Non siamo controla tutela della natura perché siamo i primimanutentori del territorio e anni addietroabbiamo accettato l’istituzione dell’Oasi delBarant nel nostro comune. Ci chiediamoperò, oltre ai nuovi oneri, quali vantaggi po-trebbe portarci il Parco».

Parco si, parco no: se ne discute in val Pellice

Il Monviso - Foto Riforma

Diego Meggiolaro e Samuele Revel

Tutto nasce da una proposta di legge della Regione Piemonte che prevede l’accor-pamento delle aree protette per ridurne i costi di gestione. Ovviamente questa ri-voluzione tocca anche il nostro territorio con un progetto ambizioso. Bosco del-l’Alevè (val Varaita), Riserva del Po (val Po) e Sic Pra-Barant in val Pellice verrebbero

accorpati. Ma c’è di più. Oltre a collegare le tre aree la Regione ha pensato di estenderlafino al Brich Boucie, estremo Nord della val Pellice, inglobando il selvaggio vallone dell’Urina.La proposta è piovuta dall’alto e naturalmente non è piaciuta alle amministrazioni comunaliche si sono schierate apertamente e ufficialmente contro la creazione di questo parco, ar-rivando anche a una raccolta firme (Casteldelfino): il timore è quello di avere maggiorivincoli e di non poter decidere del proprio territorio.

SOCIETÀI secoli delle «guerre di religione» hanno avuto fra le loro conseguenze la distruzione e progressiva

ricostruzione di alcuni dei templi nelle località delle Valli. Le restrizioni da parte delle autoritàvenivano imposte anche a livello civile, come nel caso dei limiti tassativi ai cortei funebri

l’Eco delle Valli Valdesi / pagina 13

Marco Rostan

Nella scorsa puntata di questa storiavaldese attraverso i templi, ab-biamo ricordato la pace di Cavour(1561) con il periodo successivo

nel quale i valdesi ottengono una certa li-bertà di culto, purché il tutto avvenisse al-l’interno dei limiti rigorosamente definiti dalSavoia. Non sempre i valdesi li rispettano.Intanto in Europa divampa il conflitto traprotestanti e cattolici (Inghilterra e Francia).Torino sa che i riformati sono vicini, e allorala repressione dei valdesi diventa un pro-gramma politico: siamo al capitolo piùdrammatico della storia valdese, che iniziapoco più di cento anni dopo Cavour, con ilmassacro chiamato «Pasque Piemontesi»(1655).

Significativamente, nel museo di Prali cheillustra la storia dei templi, il pannello del‘600 è intitolato «Il tempio distrutto»: moltidegli edifici che vediamo oggi sono stati piùvolte ricostruiti, perché incendiati o demolitiin questo periodo. Furono poi tutti rasi alsuolo durante l’esilio (1686-1689): rimase inpiedi solo quello di Prali.

Nel periodo «della Riforma», oltre ai tem-pli della val d’Angrogna, ai Coppieri, a Roc-capiatta, di cui abbiamo già parlato ricor-diamo quelli di Prali, Massello, Villasecca,Maniglia, Rodoretto, San Germano, Pra-mollo (ultima comunità nell’aderire alla Ri-forma, 1573 ), Rorà, Torre Pellice, Villar Pel-

Il tempiodistrutto

nel 1686 e ricostruito nel 1702. Poi entrò infunzione il tempio di Chiotti, dove si tennerovari Sinodi nell’800. Ricordiamo anche i duetempli di Combagarino e Pian Faetto.

Pubblichiamo il disegno del tempio diMassello con, sullo sfondo, le montagne checomunicano con il versante pragelatese, co-struito nel 1596, distrutto nel 1686, riedifi-cato completamente nel 1722. Quando nellaval Pragelato il culto riformato fu definiti-vamente vietato, i riformati attraversavanole montagne al Colle del Pis (2613 mt. , treore di cammino da Balziglia!) per far battez-zare i loro figli durante il culto. Il tempio diMassello, come quello di Roccapiatta, è ac-canto al piccolo cimitero. Fino all’epoca na-poleonica era vietato ai valdesi di recintarel’appezzamento usato per seppellire, né sipotevano usare i cimiteri cattolici. Addirit-tura il corteo funebre doveva essere com-posto da poche persone. Il primo funeralevaldese nel tempio avvenne nel 1920,quando una impressionante nevicata ritardòdi una settimana la sepoltura …

L’altro disegno mostra il tempo di VillarPellice visto dalla piazza che fu luogo delladrammatica fine del partigiano Willy Jervis(agosto 1944). In questo tempio, demolito ericostruito nel 1707, il Sinodo valdese del1564 accettò di seguire il più possibile le Or-donnances di Ginevra, cioè i regolamenti ec-clesiastici del riformatore Calvino.

Nella primavera 1683 il pastore dellaChiesa riformata Jacques Papon, il me-

dico Thomas Brunet e l’oste Thomas Passet fu-rono processati dal parlamento di Grenoble

per avere aperto a Pragelato una scuola pubblica di la-tino, greco e scienze umanistiche, frequentata dai gio-vani delle famiglie più importanti del paese, fra cui duefigli dello stesso pastore Papon e un figlio di Brunet, pre-paratoria al loro ingresso nelle università. Il fatto era in-contestabile, la scuola fu chiusa e i responsabili furonocondannati a elevate pene pecuniarie. Papon fu ancheinterdetto per tre anni dal suo ministero di pastore enon poté più riprenderlo perché poco dopo, nel maggio1685, i templi della Chiesa riformata furono distrutti etutti i pastori espulsi.

Perché? Il canonico Simon Roude, priore di Mentoul-les, che aveva sollecitato l’intervento repressivo, era per-sona colta, che conosceva il latino e il greco e anchel’ebraico e che, comprendendo bene l’importanza deglistudi impartiti, si dichiarava preoccupato che diffon-dendo fra gli studenti l’apprendimento delle lingue an-tiche si potesse dare nelle loro mani dei libri che, a suoparere, ispirassero l’errore. Chiudendo la scuola tuttaviail livello di benessere futuro della comunità di Pragelatoveniva impoverito dell’apporto di abilità e competenzespeciali che i giovani vi avrebbero apprese.

L’episodio è distante nel tempo, ma ci parla ancoraoggi. Le comunità cristiane sono consapevoli che devonoaccogliere i poveri, gli incolti, i diversi e gli stranieri, masperimentano anche di essere tanto più vive quandosono frequentate e animate da giovani impegnati neglistudi, con disponibilità positiva nei confronti dell’inno-vazione, con creatività e curiosità intellettuale, capaci dicomunicare in modo efficace, dotati di pensiero critico,aperti alla collaborazione e al lavoro di gruppo. Giovaniche fra i campi della loro formazione comprendono eprivilegiano lo studio personale della Bibbia e le cono-scenze religiose. Come accadeva nel 1683 nella scuoladi Pragelato.

ABITARE I SECOLI

La scuola di PragelatoPiercarlo Pazè*

ABITARE I SECOLIPagine di storia nelle Valli Valdesi e nel

Pinerolese

*Piercarlo Pazèmagistrato, è fra gli organizzatori dei Convegni

storici estivi presso il lago del Laux in alta val Chisone

Massello - disegni di M. Rostan

Villar Pellice

lice, Bobbio. In quest’ultima località, ma an-che altrove, si ebbero anche dei luoghi diculto nelle borgate, come alla Sarsenà, agliArmaglì, al Cairus, alla Romana, al Podio…

Il tempio di Villasecca (disegno sull’Ecodelle Valli Valdesi di febbraio) fu il locale diculto per tutta la bassa val San Martino,dopo l’abbandono dei templi di Faetto eSerre Marcou. Villasecca fu una delle chiesepiù importanti nel ‘600, il tempio fu distrutto

CULTURA Una serie di iniziative della Diaconia valdese sul temadell’Alzheimer, per conoscere la realtà della malattia e imparare asostenere le famiglie costrette ad affrontare il problema

l’Eco delle Valli Valdesi / pagina 14

Persone, corpi, parole, odori,emozioni, sguardi e storie

Daniela Grill

Si è aperto un nuovo anno ricco di incon-tri, eventi, dibattiti e mostre legate al pro-

getto XSONE 2.0, a cura della Diaconia val-dese – Coordinamento Opere Valli. Dafebbraio 2015 a gennaio 2016 il territorio delPinerolese e del Torinese ospiterà vari in-contri su tematiche sociali e sanitarie.L’obiettivo è valorizzare la relazione tra lepersone e l’accoglienza del territorio. Unarelazione fatta di corpi, parole, odori, emo-zioni, sguardi e storie che si intrecciano. Unarete che negli anni si è costruita permet-tendo di creare eventi con anime diverse, fa-cendoli confluire in un unico progetto.

Marzo sarà il mese legato all’Alzheimercon tavole rotonde, proiezioni cinematogra-fiche e mostre fotografiche. Tra queste, lamostra MiReLa, del fotografo Fausto Poda-vini, (da sabato 21 marzo a sabato 18 aprile):un progetto fotografico che prende ispira-

zione dalla vita reale di Mi-rella, moglie di Luigi, affettoda Alzheimer. Un’insieme discatti che testimoniano la sto-ria di una donna che ha accu-

dito il marito malato fino alla sua morte, rac-contata in maniera delicata dal fotograforomano che ha lavorato al progetto per benquattro anni, seguendo la coppia nella suavita quotidiana. Si potrà visitare alla GalleriaScroppo di via d’Azeglio a Torre Pellice.

A marzo saranno inaugurate altre duemostre: una itinerante, I volti dell’Alzheimer,nelle vetrine dei negozi di Torre Pellice e unadedicata alla storia del servizio Alzheimeral Rifugio Re Carlo Alberto, Il Cerchio del-l’Alzheimer.

Ad aprile ci sarà la chiusura del progettoMi Fido di Te (sabato 11 aprile, Teatro So-ciale, Pinerolo), spettacolo teatrale e videocreato dai ragazzi e dalle ragazze delle scuolesuperiori del territorio (Pinerolo e Valli) perdire «No» alla violenza sulle donne. Un pro-getto che sfocia in questa forte testimo-nianza alla quale hanno preso parte ancheSvolta Donna, AnLib e Uomini in Cammino.

E poi via via il calendario di appuntamentiche si dipanerà per tutto l’arco del 2015. Ilprogramma completo è consultabile sul sitowww.xsone.org o sulla pagina FacebookXSONE 2.0.

Discesa nella bolgia del carcere

Acinque anni di distanza dalla sua prece-dente avventura letteraria (Piccoli ani-

mali, Einaudi, 2009), il torinese MaurizioTorchio, classe 1970, esce nuova-mente in libreria con il suo nuovolibro Cattivi*. Un romanzo dedi-cato al mondo del carcere, vistocon gli occhi e la sensibilità dell’au-tore ma anche dei detenuti, dei di-rettori, dei familiari.

A Maurizio Torchio abbiamochiesto come sia nata l’idea di que-sto nuovo lavoro: «Nasce da ascol-tatore radiofonico. Sono semprestato un appassionato ascoltatore di “RadioCarcere”, un programma di Radio Radicale.Dopo l’uscita del mio precedente libro, Pic-coli animali, decisi che nel mio lavoro suc-cessivo avrei scritto di carcere».

Il mondo della detenzione viene raccon-tato in modo molto dettagliato e preciso.«Documentarmi e informarmi è la parte chemi piace di più. Il carcere è una realtà cheproduce molti testi scritti, soprattutto negliStati Uniti: detenuti, guardie e direttori dicarceri scrivono le loro impressioni e vi-

cende. Per mettere poi alla prova le storieche leggevo sono andato personalmente inun carcere, a Bollate (Milano), che si po-trebbe definire un carcere modello, nel sensoche rispetta i crismi della legge del nostroStato italiano. Agli inizi andavo con una sorta

di lista della spesa di persone concui volevo parlare: un sequestra-tore, una ex-guardia carceraria, unrapinatore...: poi mano a mano ilcerchio si è ristretto. Nel libro la vi-sione del carcere rimanda a unmondo di rigore, silenzio, ordine,logica. Certamente è un possibilemodo di intendere il carcere, intesopiù come penitenziario degli annipassati, dove non deve esistere pro-

miscuità e l’isolamento e il silenzio sono in-tesi come garanzia di approfondimento in-teriore. Nella realtà non è così: la prigione èla bolgia di persone».

Maggiori informazioni sul sito www.mau-riziotorchio.com. [D.G.]

* M. Torchio, Cattivi, Torino, Einaudi, 2015, pp. 186, euro 19,00.

Il neofolk del Duo Bottasso che sa far sognare

Denis Caffarel

Quanto possono fare un organetto e unviolino? Dipende da chi li

suona, e quando si tratta delDuo Bottasso i risultati sonosorprendenti. Nicolò e Si-mone Bottasso, i fratelli del-l’omonimo duo, hanno esplo-rato in lungo e in largo lepossibilità dei loro strumentimusicali, che per il loro albumd’esordio sono molto più chestrumenti musicali; sono pennelli e colori,sono profumi e odori, sono porte e finestre,sono pagine e pergamene, sono mondi interipieni di immagini e visioni.

Entrambi i fratelli Bottasso,originari di Boves (Cn), ini-ziano a suonare e apprezzarela musica tradizionale dabambini, addentrandosi nel

vasto ed eterogeneo repertorio occitano efrancese, assorbendo non soltanto la strut-tura e il significato dei suoni delle loro terre,ma anche l’emozione centenaria che da sem-pre queste composizioni si portano dietro,e che ne caratterizza la potenza comunica-tiva. L’album d’esordio del Duo Bottasso nonè un disco di musica folk. Non solo sarebbeuna descrizione riduttiva, ma sarebbe so-

prattutto errata. Crescendo è il risultato dellanaturale evoluzione del gusto stilistico di chicon quel tipo di suono è effettivamente cre-sciuto, e quindi lo ha utilizzato come scali-nata per poter raggiungere altri piani, quali

la musica brasiliana, quellascandinava, quella irlandese,solcando il Mediterraneo escalando le Alpi, ascoltandoil pop, il rock e l’elettronica.

In Crescendo il violino el’organetto di Nicolò e Si-mone esprimono ogni possi-bile sfumatura di se stessi,spingendosi oltre i confini

che si immaginerebbero naturali per questotipo di suoni, che giocano a rincorrersi inmondi apparentemente inesplorati, abbrac-ciando contaminazioni e sperimentazioni,senza alcuna timidezza.

L’album d’esordio del Duo Bottasso non èun esercizio di stile e nemmeno una spac-conata di chi vuole strafare. Crescendo è ilracconto del mondo descritto con il linguag-gio di due ragazzi che hanno imparato aesprimersi con i suoni delle proprie radici,molto semplicemente. L’impetuosa genuinitàdelle armonie di Crescendo si mescola conl’istintiva e malinconica dolcezza delle mareedel tempo, che confondono il passato, il pre-sente e il futuro, permettendo di essere ovun-que in qualsiasi momento, semplicementeascoltando.

l’Eco delle Valli Valdesi / pagina 15

CULTURA Sulla scorta di un libro e di un film di fantascienza, ungruppo di ragazzi in val Pellice ne ha girato la propria versione, cheè anche un modo per riflettere sul rapporto fra le generazioni

Alla faccia del reality/intervista con Anna GiampiccoliAlberto Corsani

Più di 30 ragazzi e ragazze impegnatia girare un film che parla di loro delbisogno di ancorarsi a qualche so-lida realtà. Così l’estate scorsa, nasce

e After-Games, ispirato al romanzo e filme Hunter Games. Ne parliamo con la re-gista, Anna Giampiccoli.

«Il film nasce all’interno di un “centroestivo” per ragazzi, Est’arte ragazzi dell’As-sociazione culturale Balancé Danza di TorrePellice, di Chiara Levrino. L’esigenza era ve-nire incontro ai gusti dei ragazzi di 12/13anni. Avevo notato quanto fosse gettonato,fra gli amici delle mie due figlie, il “gioco”degli Hunger Games: i ragazzi si ritrovavanonei giardini delle case degli uni o degli altriper “giocare” a questo gioco al massacro,versione moderna del gioco della “guerra” odegli “indiani”. Ma il tema rispondeva a tuttaun’altra serie di esigenze: trovare una storiacon un notevole numero di parti (i ragazziiscritti erano 35...); poter sfruttare le bellis-

Giovedì 5 marzoLuserna S. Giovanni Per il cicloAltro Cinema, proiezione del film«Molière in bicicletta». Alle 20,45 all’Asilo valdese in via Malan 43.Venerdì 6 marzo Pinerolo Spettacolo «Cantandosotto la pioggia». Alle 21 al teatroSociale in piazza Vittorio Veneto 1.Pinerolo Concerto «Duo adLibitum» con Elena Saccomandiviola e Walter Gatti clavicembalo.Alle 21 alla Sala concerti Italo Tajonella chiesa di San Giuseppe.Sabato 7 marzoPomaretto Il gruppo teatro dellachiesa valdese di Luserna S. G.invita alla divertente commedia«Georges Dandin ovvero il maritobeffato» di Molière. Alle 21 nellasala del teatro valdese.Pinerolo Spettacolo «Pazza Idea»alle 21 al teatro del Lavoro in viaChiappero 12.Domenica 8 marzoLuserna San Giovanni Per il cicloDonne scrittrici – donne eroinespettacolo di arti varie «Losplendore è in voi, non finiscemai» da Alda Merini. Alle 18 alTeatro S. Croce in via Tolosano 8.

Luserna San GiovanniSpettacolo «Marilyn her words» diLoredana Cannata. Alle 21 al teatro Santa Croce, in via Tolosano 8.Torre Pellice Spettacolo delteatro delle Ombre per bambini su«I Valdesi e la Riforma, da Luteroa Chanforan». Alle 16 al Centro culturale valdesein via Beckwith 3.Pinerolo Spettacolo «E la lunasorrise» del teatro del Rimbalzo.Alle 21 al Teatro del Lavoro in via Chiappero 12.Giovedì 12 marzoLuserna San Giovanni Per il cicloAltro Cinema proiezione del film«Philomena». Alle 20,45 alla salaBeckwith in via Beckwith 50.Venerdì 13 marzoSan Secondo Spettacolo «JacopoLombardini: un maestro dilibertà» proposto dal ComitatoValpellice per la Resistenza, dalGruppo Teatro Angrogna e dalgruppo teatrale del liceo valdese.Alle 21 nella sala valdese in viaRepubblica 114.Sabato 14 marzoBricherasio Il gruppo teatro dellachiesa valdese di Luserna SanGiovanni propone la divertentecommedia «Georges Dandinovvero il marito beffato» diMolière. Alle 21 nella Sala Polivalente.

Domenica 15 Marzo Pinerolo Spettacolo teatrale perbambini «La ballata di Parsifal».Alle 21 al Teatro il Moscerino in via Ortensia di Piossasco 9.Martedì 17 marzoPinerolo Commedia musicale«Risate sotto le bombe», conorchestra dal vivo. Alle 21 al teatroSociale in piazza Vittorio Veneto 1.Mercoledì 18 marzoPomaretto Per il ciclo Cineforumproiezione del film «Starbuck» diKen Scott. Alle 20,45 alla Scuolalatina in via Balziglia 103.Venerdì 20 marzoPinerolo Spettacolo teatrale «Iorido» di Samuel Dossi. Alle 21 al Teatro il Moscerino in viaOrtensia di Piossasco 9.Pinerolo Spettacolo «Finale dipartita» del teatrino Giullare. Alle 21 al Teatro del Lavoro in via Chiappero 12.Pinerolo Concerto di ChiaraMerlo al pianoforte e Elena Bollatial flauto. Alle 21 alla Sala concerti Italo Tajonella chiesa di San Giuseppe.Torre Pellice Presentazione delcartellone del Gruppo TeatroAngrogna, alla Sala Mostre dellaBiblioteca comunale, ore 21. Aconclusione della serata verràproiettato il video «Vich nellaprima guerra mondiale».

Sabato 21 Marzo Bricherasio Bal Folk con i«Viouloun d’Amoun», alle 20,30 a Cascina Marie in Strada Avaro 4.Pinerolo Spettacolo teatrale «Iorido» di Samuel Dossi. Alle 21 al Teatro il Moscerino in viaOrtensia di Piossasco 9.Torre Pellice Inaugurazione dellamostra «Mirella» inserita nelprogetto «Xsone» della Diaconiavaldese, alle 17 alla galleriaScroppo in via d’Azeglio.Domenica 22 marzoLuserna San Giovanni Per il cicloAltro Cinema proiezione del filmd’animazione «L’illusionista» diPhilippe Le Guay. Alle 16 alla salaBeckwith in via Beckwith 50.Torre Pellice Inaugurazione dellamostra fotografica per il progetto«Xsone», al Centro culturalevaldese in v. Beckwith 3, ore 11.Martedì 24 marzo�Pinerolo Proiezione del film«Pride» promossa dal Comitatocontro l’omofobia, alle 21 al cinema Italia in via Montegrappa 2.Giovedì 26 marzoTorre Pellice Per il ciclo Donnescrittrici – donne Eroine,presentazione del libro di SvevaCasati Modignani «Il Corsaro e laRosa», alle 18 al Collegio valdesein via Beckwith.

Luserna San Giovanni Per il cicloAltro Cinema proiezione del film«Il comandante e la cicogna» diSilvio Soldini. Alle 20,45 alla salaBeckwith in via Beckwith 50.Sabato 28 marzoLuserna San GiovanniRappresentazione dellospettacolo del Gruppo TeatroAngrogna «Vich nella primaguerra mondiale». Alle ore 21, alla Sala Albarin in via Beckwith.Domenica 29 marzoSan Germano Chisone Per il cicloAltro Cinema proiezione del filmd’animazione «Nat e il segreto diEleonora». Alle 16 all’Asilo deiVecchi in via Tron 27.Mercoledì 1° aprilePomaretto Per il ciclo Cineforumproiezione del film «Royal Affair».Alle 20,45 alla Scuola latina in via Balziglia 103.Giovedì 2 aprileLuserna San Giovanni Per il cicloAltro Cinema proiezione del film«Padre vostro». Alle 16 e alle 20,45 al Rifugio Re CarloAlberto in località Musset 1.Venerdì 3 Aprile Pinerolo Spettacolo «Lamisteriosa scomparsa di W» perStefano Benni. Alle 21 al teatro Sociale in piazzaVittorio Veneto 1.

Appuntamenti di marzo Per comunicare i vostri eventiinviate entro il 18 del mese una mail a [email protected]

sime location naturali di boschi e prati dellavalle; raccontare una storia da cui si potessetrarre una “morale”, un insegnamento. Erapoi da tempo che avevo in testa una scenadi vecchietti che si incontrano a brindare inun salotto al loro passato. Vedevo e sentivonella mia mente un’atmosfera carica di si-gnificato, di rispetto e condivisione di valori,tutti elementi che si stanno perdendo.

La critica alla violenza gratuita degli Hun-ger Games è già nella storia originale, quindicome messaggio mi interessava darne ancheun altro: il rispetto per una generazione lacui saggezza, dettata dalla lunga esperienzadi vita dovrebbe essere tenuta molto più inconsiderazione: le nuove generazioni hannomoltissimo da imparare da quelle “vecchie”e dovrebbero poterlo fare attraverso scambiche invece al giorno d’oggi sono sempremeno frequenti. I ragazzi sono sempre menodisposti a fermarsi, staccarsi dai loro schermidigitali e “ascoltare le storie e gli insegna-menti dei nonni“, sempre più giudicati come

un “peso” da sopportare piuttosto che unarisorsa. Quanto alla generazione di mezzo(la mia) è proiettata, con grande affanno eper forza di cose, al presente».

I protagonisti devono darsi la morte l’uncon l’altro, finché non decidono di ribellarsi:come avete rappresentato l’irrappresenta-bile? «Non avendo alle spalle una vera pro-duzione con mezzi adatti ed effetti speciali– prosegue la regista –, abbiamo optato peril “vedo e non vedo” creando la tensione conil montaggio di Stefano Filiddani. L’idea eradi dare una rappresentazione della violenza,la cui assurdità fosse percepita attraversoimmagini forti senza dover cadere nellosplatter e quindi nella banalizzazione dellaviolenza».

Progetti futuri? «Naturalmente l’estateprossima replicheremo l’attività e ho giàqualche idea che però non voglio ancora sve-lare... Sarà dura trovare un altro soggettoche riscontri così tanto il favore dei ragazzi,ma non disperiamo...».

Per vedere il film:www.youtube.com/watch?v=CUeFFNaUI-0 o cercare su Youtube Theafter-games – film.

SERVIZI Aspettata a lungo, la neve si è finalmente fatta viva a iniziofebbraio, in chiusura di una stagione certamente anomala: bagnata epesante in pianura, ha formato dei bei comuli alle quote più alte

Met

eo Con due mesi di ritardosul calendario, l’in-

verno 2014/2015 ha fi-nalmente deciso di en-trare in scena sulPiemonte «con il botto»,concentrando nell’arco diquattro giorni tutti gli ar-retrati accumulati fino aquel momento. Tutto me-rito di due perturbazioni,la prima più soft tra mar-tedì 4 e mercoledì 5 feb-braio, poi seguita da Nor-berth, notevole vorticedepressionario capace dicondizionare il tempo suquasi tutta la penisola acausa del richiamo di fortiventi di che hanno portatole diffuse e importanti ne-vicate sia in Emilia siaqui in Piemonte.

Come mai è stata im-portante la bora che ar-riva da «così lontano»?

www.m

eteo

pine

rolo.it

Principalmente per duemotivi: questo vento del-l’Est porta con sé aria piùfredda e umida, incre-mentando quindi l’ap-porto di precipitazioni eabbassando ovviamentele temperature; in piùquesto vento riesce (unita-mente alle correnti dispo-ste da Sud-Est in risalitadal Mar Ligure) a inca-strare e comprimere le

precipitazioni nella fasciaoccidentale della nostraregione. Il classico «effettoStau», che regala ingentiapporti piovosi (o nevosiin questo caso) al Pie-monte.

Tornando alla cronisto-ria, dopo le prime nevi-cate a quote medio/bassedi martedì 4 e mercoledì5, sono arrivati gli effettidi Norberth, con precipita-

zioni più intense da gio-vedì, e il successivo in-gresso di aria più freddada est. A questo ultimo fat-tore sono infatti legate leimprovvise e intense nevi-cate in pianura, capaci discaricare, su un terrenogià fradicio, fino a 10 cm.di neve nel giro di pochis-sime ore – tra l’altro inpieno giorno con un at-tecchimento quasi straor-

dinario. Finito però l’ap-porto freddo, hanno nuo-vamente avuto il soprav-vento le correnti più mitema più umide risalentidal Mar Ligure. Mentrequindi in pianura tor-nava a diluviare, inmontagna era una vera epropria apoteosi nevosa,conclusasi poi solo tra sa-bato 7 e domenica 8. Altermine di tutto questo, lenostre montagne si sve-gliano con accumulimedi di 100/120 cm.poco oltre i 1000 metri diquota, con punte di200/250 cm. nelle zonepiù esposte come Rucas oPrali. I dati possono forsefar intuire l’importanzadell’evento ma forse è ilcaso di lasciar parlare leimmagini, valgono più dimille parole!

Montoso, 7 febb. - Foto T. Maggiora


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