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Diario di guerra

Date post: 25-Mar-2016
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Il libro narra la storia del soldato Antonio Antero Becchetti detto Vito il quale partecipò alla guerra el 15/18. E' un diario autentico che il soldato dettò alla figlia in tempo di guerra e riporta situazioni vissute dallo stesso e documenti dell'epoca autentici.
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Quaderni del volontariato

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Edizione 2010

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a cura di Maria Teresa Becchetti

Coordinamento Centri Socio Culturali

del Comune di Perugia

DIARIO DI GUERRA 1915-1918del soldato Becchetti Antonio Antero

detto Vito

Addettato alla figliuola Siria durante le scuole elementarinel 1934-1935

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CesvolCentro Servizi Volontariato

della Provicia di PerugiaVia Sandro Penna 104/106Sant’Andrea delle Fratte

06132 Perugiatel. 075.5271976fax. 075.5287998

Sito Internet: www.pgcesvol.netVisita anche la nostra pagina su

Info e [email protected]

Con il Patrocinio della Regione Umbria

Edizione: Luglio 2010Progetto grafico e videoimpaginazione: Chiara Gagliano

Stampa: Digital Point (Ponte Felcino)

Tutti i diritti sono riservatiOgni riproduzione, anche parziale è vietata

ISBN: 88-96649-08-4

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I QUADERNI DEL VOLONTARIATO, UN VIAGGIO ATTRAVERSO UN LIBRO NEL MONDO DEL SOCIALE

Il CESVOL, centro servizi volontariato per la Provincia di Perugia,nell’ambito delle proprie attività istituzionali, ha definito un piano spe-cifico nell’area della pubblicistica del volontariato.

L’obiettivo è quello di fornire proposte ed idee coerenti rispetto aitemi di interesse e di competenza del settore, di valorizzare il patri-monio di esperienze e di contenuti già esistenti nell’ambito del vo-lontariato organizzato ed inoltre di favorire e promuovere lacircolazione e diffusione di argomenti e questioni che possono rite-nersi coerenti rispetto a quelli presenti al centro della riflessione re-gionale o nazionale sulle tematiche sociali.

La collana I quaderni del volontariato presenta una serie di pro-duzioni pubblicistiche selezionate attraverso un invito periodico ri-volto alle associazioni, al fine di realizzare con il tempo una vera epropria collana editoriale dedicata alle tematiche sociali, ma anche aicontenuti ed alle azioni portate avanti dall’associazionismo provin-ciale.

I Quaderni del volontariato, inoltre, rappresentano un utile supportoper chiunque volesse approfondire i temi inerenti il sociale per motividi studio ed approfondimento.

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Introduzione di Luigi Lanna

Il giovane Alessandro conquistò l’India.

Lui solo?

Cesare sconfisse i Galli.

Non aveva con sé nemmeno un cuoco?

Domande di un lettore operaio

Bertold Brecht

Tante guerre, vittorie, sconfitte: libri di storia ci tramandano i nomidei generali, ma tralasciano e dimenticano i tanti soldati delle coorti,legioni, trincee, le storie di chi senza nome ha contribuito agli acca-dimenti di vittorie e sconfitte, ...eppure ogni città, ogni paese ha se-polcri di tanti senza nomi, segni di vita non celebrata, ma pur sempreviva nella memoria degli affetti dei congiunti.La figlia Siria ha annotato diligentemente le vicende del padre, nonaveva pretese letterarie ma soltanto raccoglieva dalla viva voce delpadre, come una favola raccontata ai bambini e dal lieto fine, l’ago-gnato ritorno a casa.“Il diario di guerra” è un piccolo frammento di storia, di storia umanameritevole di essere raccontata sia per chi l’ha raccolta ascoltando,sia per chi l’ha vissuta. Classe 1892, uno dei tanti che forse non sa-peva i perché...ma aveva tante domande.Conosceva bene soltanto il suo numero di matricola, dove era natoe dove voleva ritornare ed era però desideroso di conoscere i nuovipaesi, le città...dove il “Comando” lo destinava.Sempre obbediente, ligio ai suoi doveri di combattente e come“tanti” sentí i primi colpi di cannone da lontano a San Vito di Ca-dore.

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Introduzione di Luigi Lanna

Il 15 Maggio 1916 l’offensiva nemica. Cronache di fatti e luoghi enomi: il monte Corno sul quale fu catturato “il martire tirolese CesareBattisti”. Sono i nostri ricordi di scuola a risvegliarsi.Ecco i meriti di questo diario: ricordare a noi, un secolo dopo, conla vivacità scarna del cronista fatti che non abbiamo vissuto, ma lettosui libri come frammenti di un mondo “fabulistico” ed ecco invecela testimonianza di uno dei tanti “miles” che ci dimostra che queifatti sono stati drammi vissuti dalle singole, ma ignote, fisicità di“tanti” reali personaggi.L’augurio è che queste pagine possano essere raccolte in antologieda leggere ai nostri figli affinchè la memoria della prima guerra mon-diale non si disperda nella nebbia indistinta del passato che si perdema che resti come traccia sempre viva di vite vissute.Portare alla luce, fare emergere percorsi, orme nascoste, parteciparestorie ricordate soltanto in ristretti gruppi, significa contribuire aduna società in cui ciascuno e tutti si riconoscano in identità personalidi pari valore.È la mission del Cesvol: relazionare gli uni e gli altri in un contestocomunitario in cui al soldato e al generale venga riconosciuta pari di-gnità e...le tante domande di un lettore operaio, avranno risposte.

Luigi LannaPresidente Cesvol Perugia

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Introduzione di Giuseppe Bearzi

Queste pagine sono la testimonianza delle vicende militari di Bec-chetti Antero-Antonio detto Vito da Marsciano, classe 1892. Fu Siria,la figlia primogenita, che le udì spesso narrare e che – vent’anni dopoi fatti – le trascrisse sotto dettatura. Queste pagine non sono soltantomemorie: sono un documento storico, meritevole d’essere conser-vato, divulgato, ragionato specie di questi nostri tempi così frivoli evuoti. Sono pagine rimaste in un cassetto per quasi cent’anni, fino aieri. Fino a quando la nipote Maria Teresa Becchetti le ha riportatealla luce.Il protagonista di questi fatti, che si snodano dalla sua ferma militarenel 1912 alla fine della Grande Guerra, è un italiano vecchio stampo di solida dirittura morale. è un italiano che presumiamo non diverso da tanti, tantissimi altri;non diverso da quella stragrande maggioranza che aveva un rigorosoe radicato senso del dovere e dello Stato, oltre che intelligenza, de-terminazione, fiducia nelle istituzioni. Le persone come il Becchetti avevano valori ben distanti dalla vol-garità ridanciana dei protagonisti d’una narrativa e d’un cinema dicassetta, prevalsi nel recente passato, ove le vicende qui riferite fu-rono denigrate. E furono proprio quelle persone a farci vincere unadifficile difficilissima guerra.Le esperienze del soldato e poi caporale, sergente, aiutante di batta-glia Becchetti Antonio si snodano in una sequenza incalzante e ser-rata di fatti d’armi vista dalla trincea, ove non c’è spazio per laretorica, il fanatismo, l’enfasi, ma nemmeno per quel disfattismo allaAlain Cuny o per la trivialità alla Alberto Sordi. Qui prevalgono – seppure nella consapevolezza di errori ed orrori -onestà, semplicità, rigore. Prevale la realtà di quella miriade di piccoleumili tessere vissuta giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopominuto; scritta con il fango, il sudore, il gelo, il sangue, i morsi dellepiaghe e dei pidocchi in centinaia di migliaia di resoconti (forse piùfedeli dei bollettini ufficiali) che ci hanno testimoniato la verità storicadi quei momenti. Lo spirito asciutto, scarno, ma solidamente positivo

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Introduzione di Giuseppe Bearzi

di queste pagine, non è, né vuol essere esaltazione della guerra, mapura consapevolezza del dovere. Una consapevolezza che, grazie allafiglia Siria e alla nipote Maria Teresa oggi dimostra di sopravvivereancora.

Giuseppe Bearzi

Presidente Associazione Culturale Intra

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Prefazione di Maria Teresa Becchetti

Ho conosciuto lo zio Vito-Antero-Antonio (fratello di mio nonno)fin da bambina, ricordo che da ragazzina mi ospitava a casa sua, aCollepepe di Marsciano, ed io ero felice di trascorrere le vacanzeestive insieme alle cugine quasi coetanee, Ornella ed Elsa; la figliapiù grande, Siria, era già sposata e viveva a Roma.Mi affascinava il Palazzo Franzoni, molto antico e possente, ove lozio risiedette per circa 25 anni, in quanto esercitava l’attività di ma-gazziniere con grande puntualità e precisione, per le quali doti, fumolto stimato e godette la fiducia della famiglia Franzoni, della qualeegli parlava sempre con grande stima e rispetto.Poi il lavoro, in occasione del mio primo incarico di insegnante, a di-stanza di anni, nel ’70, mi ha ricondotto a casa dello zio e della cuginaOrnella, che nel frattempo si erano trasferiti a Collazzone. La mattina, al volante della mia “cinquecento”, trovavo dietro l’ultimacurva, puntuale, lo zio che mi invitava con grande affetto a restare apranzo da loro, e la zia mi preparava degli ottimi manicaretti.Erano quelle le occasioni in cui lo zio si abbandonava ai ricordi diguerra, era l’argomento più ricorrente ed ho capito chiaramente chequel periodo della sua giovinezza era stato vissuto con grande inten-sità.In certi momenti sembrava ripetitivo, ma questo stava a significarequanto gli eventi trascorsi lo avessero segnato, quanto avessero incisoil suo animo, la sua psiche, con quanto orgoglio e con quanta pas-sione avesse fatto propria la causa nazionale.Dai suoi racconti emergeva con forza la sua totale dedizione allacausa, il grande amore per la patria, il grande senso di responsabilitàper la sua difesa, anche mettendo a repentaglio la propria vita. Tut-tavia devo dire che non mancava mai di raccontare anche le sue bar-zellette, di fare le sue battute umoristiche, anche su “Cecco Beppe”(soprannome riferito all’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe),perché, nonostante tutto, anche in età avanzata, aveva conservatouno spirito giovane, desideroso di comunicare allegria a grandi, gio-vani e piccini.

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Questo senso dell’humor lo ha accompagnato per tutta la vita, finoalla fine dei suoi giorni avvenuta a 91 anni, il 30.11.1983.Durante questi incontri sono venuta a conoscenza dell’esistenza diun suo diario di guerra che aveva dettato, negli anni 1934/35, alla fi-glia Siria, quando questa frequentava la scuola elementare.Ho ritenuto questo documento di vita vissuta estremamente impor-tante, per la personalità che scaturisce dai vari fatti raccontati, per ilsentimento che esprime e la precisione con cui si ricordano e ven-gono descritti gli eventi ed i luoghi, degno di essere trasmesso allefuture generazioni.

Maria Teresa Becchetti

Foto ricordo dello zio Vito che amava fregiarsidelle sue medaglie nelle ricorrenze commemora-tive

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DIARIO DI GUERRA

1915 - 1918

Addettato alla figliuola Siria durante le scuole elementari

nel 1934 - 1935

Corpo e reparti ove prestava servizio il mio babbo durante la cam-

pagna Italo Austriaca, Col. 69° Reggimento Fanteria – Mitraglia dal-

l’inizio della guerra, fino al 27 ottobre 1917 ha preso parte a tutti i

combattimenti e cioè:

dal maggio 1915 in Val Padula,Valico di M. Croce, di Comelico e M.

Quaternà. In ottobre nella zona di Gorizia: Peuna, Oslavia e Gra-

femberg. Nel maggio 1916 in Val D’Astico: Costa d’Agra M. Maronia

e M. Maggio. In giugno M. Giove indi in Vallarsa: M. Trappola e pen-

dici di M. Corno e M. Spill, fino al maggio 1917. In giugno sul Carso:

pendici dell’Hermada Flondar. In luglio sul Vipacco. In agosto sul

Faiti. In ottobre dopo breve periodo di riposo di nuovo sul Faiti ove

il 27 corrente mese dovette cedere e cascare ferito fra le mani nemi-

che. Il mio babbo ha le seguenti ricompense Militari:

GRADO DI AIUTANTE DI BATTAGLIA PER MERITO DI

GUERRA; MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR MILI-

TARE; ONORIFICENZA INGLESE (MEDAGLIA D’AR-

GENTO); MEDAGLIA ISTITUITA A RICORDO DELLA

GUERRA 1915-1918; MEDAGLIA DELL’UNITÀ D’ITALIA

1848-1918; MEDAGLIA DELLE NAZIONI ALLEATE ED

ASSOCIATE E CROCE AL MERITO DI GUERRA.

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Il mio babbo erroneamente fu chiamato alle armi col nome di An-

tonio anziché Antero, e passò così tutta la sua vita militare della du-

rata di anni sette con il detto nome (Antonio).

Il suddetto Becchetti Antero di Giuseppe e di Barbara Tozzi, della

classe 1892 è nato il 20 maggio a Castiglione della Valle (Marsciano)

di Perugia. Allora era domiciliato a Piegaro, distretto Militare di Or-

vieto.

Veniva chiamato alle armi il 7 settembre 1912 col numero 25.436 di

matricola. Il giorno suddetto non appena passata la visita, venne in-

viato in licenza fino al 12 del mese suddetto.

Al termine della licenza ripresentato al distretto (Orvieto) il 13 gli

veniva consegnato: un sacchetto fuori uso, una gavetta e un berretto.

Allora incominciò a persuadersi di dovere essere sottoposto alla di-

sciplina Militare. Che tristezza!... . Il giorno 14 veniva indrappellato

per quattro, salutando il distretto di Orvieto perché destinato nel 69°

Reggimento Fanteria e perciò l’attendeva la bella Firenze dove arrivò

al destinato quartiere alle ore 22. Appena arrivato gli destinarono la

Compagnia, l’11A la quale era in distaccamento in Sicilia a Vizzini

(Catania). Per 3 o 4 giorni fu aggregato alla 3A Compagnia per aspet-

tare tutti i coscritti dei vari distretti per fare una sola spedizione.

Non solo l’11A Compagnia era in distaccamento, ma tutto il 3° Bat-

taglione il quale divideva le sue quattro compagnie in questo senso:

la 9à a Ragusa, la 10A a Modica, ove presiedeva il Comando del Bat-

taglione, l’11A a Vizzini e la 12A a Monterosso.

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Il giorno 16 settembre venne vestito da militare, armato e consegnato

tutto il corredo militare; la sera del suddetto giorno usciva per la

prima volta a conoscere Firenze ma non fu il caso. Il 18 partiva in-

sieme ai suoi compagni per Livorno, per poi lo stesso giorno essere

imbarcato nel piroscafo diretto per la Sicilia: il 19 alle 12 a Napoli,

alle ore 16 partenza di nuovo arrivando a Catania il giorno 21, fa-

cendo sosta tutta la notte successiva di modo che il 22 il drappello si

divideva raggiungendo ognuno la propria compagnia.

Il suo primo viaggio in mare fu buono, solo trovò il mare in burrasca

per pochi istanti nello stretto di Messina, però al mio babbo non recò

nessun disturbo.

Il mio babbo era così lontano a Vizzini (Catania) ma si rassegnò del

distacco della famiglia e pose il suo pensiero a fare il buon soldato;

le istruzioni erano un divertimento per lui perché era già abituato al

lavoro pesante; si era fatto benvolere dai suoi superiori perché ob-

bediente e rispettoso. Il mese di dicembre fu ammesso al plotone

degli allievi Caporali. La compagnia dava al paese di Grammichele il

N° di 10 soldati per l’ordine pubblico per il turno di un mese, e così

anche il Plotone degli allievi. In febbraio 1913 passavano un mese a

Grammichele ove si divertivano a far delle belle passeggiate fra gli

aranceti e mangiandone a soddisfazione.

Il 7 marzo partivano per i tiri collettivi diretti a Floridia (Siracusa)

ove si riuniva tutto il Battaglione del 69° Fanteria. Lì aumentarono

le fatiche, ma sempre bisognava farsi coraggio.

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Il 25 del mese ogni compagnia ritornava al proprio paese ove era de-

stinata a far servizio, anche il mio babbo ritornava a Vizzini ripor-

tando la medaglia di bronzo con relativo diploma, premio meritato

al tiro col fucile.

Il 10 aprile tutti gli allievi Caporali del Battaglione furono radunati a

Modica (Siracusa) presso il comando del Battaglione in sussistenza

alla 10à compagnia per dare gli esami da caporali trattenendosi due

giorni e poi di nuovo ognuno ritornò alla propria compagnia,così

pure il mio babbo il giorno 12 corrente mese andò nuovamente a

Vizzini.

Il giorno 18 venne da Firenze dal Comando del Reggimento la lista

di quelli che erano promossi Caporali ed i trasferimenti di Compa-

gnia, e su questa risultava anche il nome del mio babbo che fu pro-

mosso Caporale in data 15, ed il giorno 20 fu trasferito alla 9A

Compagnia a Ragusa (Siracusa) ove passava una vita discreta man-

giando abbondanti frutti: fichi d’India, arance, nespole del Giappone

ecc. Nel mese di luglio 1913 ci fu un po’ di disordine in questa citta-

dina: fecero sciopero i minatori delle cave delle pietra-costruzione, e

della pietrapece e catrame: in rinforzo alla 9A Compagnia del 69°

venne un battaglione del 75° Regg. Fant. da Siracusa. I segni non

erano buoni nel vedere quell’agglomeramento di gente davanti al Mu-

nicipio, ma quando il Delegato per la terza volta fece dare dal trom-

bettiere l’attenti con tre squilli di tromba, pronunciando ad alta voce:

<<In nome della legge scioglietevi!>>: e successivamente diede l’ordine

di far baionetta in canna, nello scrocchio delle lucenti baionette ci fu

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un po’ di panico e gli scioperanti si allontanarono senza fare altre

mosse. Il 7 settembre 1913 il Battaglione riceveva il cambio dal 1°

Battaglione dello stesso Reggimento proveniente da Firenze, il giorno

successivo il comando del 3° Battaglione radunò le sue compagnie a

Messina ove nel pomeriggio dello stesso giorno si imbarcarono sul

Piroscafo salutando Messina con tutta la Sicilia diretti per Livorno e

la mattina del giorno 10 il Piroscafo giunse a Napoli ove faceva sosta

di 8 ore. Il mio babbo con altri compagni ottennero due ore di per-

messo per andare a vedere il centro di Napoli. Nel pomeriggio ripartì

giungendo a Livorno il giorno 11 e subito partirono in treno giun-

gendo a Firenze all’imbrunire dello stesso giorno. Ancora il mio

babbo non aveva la soddisfazione di ammirare Firenze. Il giorno 12

insieme ad altri graduati ed ufficiali, non del solo Reggimento, ma di

tutti i reggimenti di fanteria dell’8° corpo d’Armata (di Firenze) fu-

rono mandati a Siena aggregati all’ 87° Regg.to Fanteria per istruire

la gran massa delle reclute, perché il Comando dell’87° Regg.to Fan-

teria trovatosi in Libia e quasi disfatto dagli Arabi , così queste reclute

non appena istruite dovevano servire per rifornire il detto Regg.to.

Il 16 corrente mese il mio babbo fu mandato a Torino a prendere le

reclute della classe 1893: nel viaggio di andata stette quattro ore

fermo a Genova così vide anche un po’ di questa città, il 22 ripartì

da Torino insieme alle reclute per Siena ove fu assegnato alla 5a Com-

pagnia bis.

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Il 15 ottobre gli vennero consegnati 10 soldati e fu mandato per

giorni 8 a Castelnuovo Berardegna (Siena) sotto la dipendenza del

Maresciallo R.R.C.C. per l’ordine pubblico durante le elezioni.

L’8 novembre gli venne concessa una breve licenza di 12 giorni, il

giorno 20 dovette subire un altro disturbo nel salutar la famiglia

e...compagni. Appena tornato a Siena trovò le camerate quasi vuote;

quei giovani militari della classe 1893 erano stati mandati a raggiun-

gere il Regg.to effettivo in Libia (all’87a), così in dicembre ogni ag-

gregato ritornò al proprio Regg.to.

Dopo breve tempo che il mio babbo si trovava a Firenze domandava

di nuovo la licenza dicendo che in 16 mesi di militare mai era stato a

casa, bugiardo!...sapeva bene che quella di Siena non figurava, e così

il 4 febbraio 1914 gli venne concessa una licenza di giorni 14; il 18

ritornò al corpo a riprendere con pazienza il suo solito mestiere da

capo posto alle carceri civili di Santa Teresa, alle murate ed al palazzo

Pitti (Reale).

Il 26 febbraio il Comando del 69° Regg.to Fanteria toglieva dalle sue

compagnie i nuclei di militari più scaltri formandone un Battaglione

per mandare a Massa Carrara per lo sciopero dei marmisti. Toccò

anche al mio babbo ove, tra la neve e la paura provocata dagli scio-

peranti, passava circa un mese. Il 22 marzo il Battaglione speciale sa-

lutava Massa e lasciava Carrara con la speranza di non rivederli più

in tale stato, e tornava nella gentile Firenze. In data 1 Aprile il mio

babbo fu promosso Caporal Maggiore e il servizio gli diminuiva spe-

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cialmente quello di guardia e gli veniva aumentata la paga di 10 cen-

tesimi al giorno; a quei tempi da caporale prendeva £ 0,25. Alla fine

di Aprile il Reggimento si portava a Vaglia (Firenze) ai tiri collettivi

e nel maggio ritornava a Firenze. Nei primi di giugno 1914 scoppiò

lo sciopero ad Ancona per la settimana rossa ed anche allora il mio

babbo fu incluso nel Battaglione per accorrere a ristabilire la calma

in Ancona.

Arrivò là il 9 sera dopo aver percorso da Falconara ad Ancona la

strada a piedi perché la linea ferroviaria era diroccata dagli sciope-

ranti. Passò dei giorni brutti nel vedere bruciare vagoni, buttare in

aria la ferrovia, tagliare i fili elettrici ecc. e il più doloroso era di doverli

lasciar fare per non incattivirli. (Oh se ci fosse stato a quell’epoca

Mussolini! Non avrebbero fatto tutto ciò.)

Passava circa un mese in Ancona poi il Battaglione del 69° fanteria

veniva trasferito a Jesi (Ancona) e vi stette tutto il mese di luglio.

Il 7 Agosto il Battaglione salutava Jesi e rientrava al Reggimento il

quale si trovava al Campo a Scarperia (Firenze). Dopo pochi giorni

al mio babbo veniva un ascesso ad un piede e il giorno 12 fu traspor-

tato all’ospedale militare di Firenze.

Dopo 4 giorni che fu operato fu condotto al convalescenziario di

Monte Oliveto (Firenze). Il 28, guarito, tornava al corpo ed anche il

Reggimento era ritornato al campo. In novembre, per il troppo af-

follamento delle classi richiamate (perché l’Europa era già in fer-

mento) il Reggimento distaccava i suoi Battaglioni: Il 1° restava a

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Firenze; il 2° a Prato e il 3° a San Giovanni in Valdarno. Al mio

babbo veniva concessa una breve licenza di giorni 8. Il 1 Gennaio

1915 il mio babbo fu mandato a Bergamo a prendere le reclute della

classe 1895. Non appena ritornato a Firenze, fu ammesso come

istruttore nel Plotone degli allievi Sergenti. Nei primi di Aprile in-

sieme al plotone degli allievi Sergenti andava a S. Piero Assieve ai tiri

collettivi; in questo frattempo il Reggimento si preparava a partire

per il fronte orientale perchè la guerra era prossima. Il 20 dello stesso

mese il plotone degli allievi Sergenti ritornava a Firenze.

Il mio babbo riportava il certificato di tiratore scelto. Nella prima de-

cina di Maggio il plotone degli allievi si scioglieva dividendosi in tutti

i reggimenti di Fanteria del corpo d’Armata di Firenze (8°) ed allora

anche ogni istruttore dovette raggiungere la propria compagnia.

Mio padre il giorno 14 raggiunse la sua compagnia a Domegge (Ca-

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dore). Il 24 cominciò la guerra ed anche egli cominciava a dormire

per terra. Però ai fanti del 69° ancora non era stabilita la loro posi-

zione. Il Comando del Reggimento fin dal momento della mobilita-

zione era a Pieve di Cadore, ed i rispettivi battaglioni per otto o dieci

giorni facevano il tiro e molla avanti e indietro. Il 3° Battaglione, al

quale apparteneva il mio babbo, partiva da Domegge e seguendo la

strada di Pieve di Cadore arrivava a Vado. Sostò due giorni, poi di

nuovo zaino in ispalla, sotto una pioggia lenta lenta, giungendo a S.

Vito di Cadore, ove i giovani fanti sentirono i primi colpi di cannone

da lontano.

Ancora però non era stata loro stabilita la posizione: dopo quattro

giorni di nuovo armi e bagaglio in ispalla, rifacendo la strada percorsa

prima, ripassando per Domegge si inoltrarono per Auronzo mentre

il comando del Reggimento rimaneva momentaneamente a Comelico

ed il 3° Battaglione si accampava presso Dosoledo (Cadore).

Nei primi di giugno il Reggimento veniva a trovarsi schierato per

sbarramento in Val Padula (Valico di Monte Croce di Comelico e

Monte Quaternà), il 3 ° Battaglione al quale apparteneva il mio babbo

si trincerò per la prima volta sul M. Quaternà

.

In data 15 giugno il mio babbo fu promosso Sergente. Nei mesi di

giugno, luglio, agosto, settembre 1915 il Reggimento dava il suo san-

gue migliore in continui e ripetuti attacchi fronteggianti formidabili

posizioni nemiche (Cima Frugoni - Monte Cavallino e il Boteh ).

In ottobre il Reggimento passava nella zona di Gorizia, e partecipava

ai combattimenti di Oslavia, Peuma e Graffemberg; Gorizia rimaneva

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di rimpetto a pochissima distanza e senza poter andare a visitarla per-

ché le porte erano ancora ben chiuse. Il 19 Dicembre il mio babbo

fu inviato in licenza di giorni 20 lasciando i suoi compagni nelle fan-

gose trincee, passando per Cormons si recò presso la stazione fer-

roviaria di S. Giovanni Manzano ove fu rimesso a nuovo, lasciando

i panni cenciosi e luridi, carichi di un mondo di insetti.

Nel gennaio 1916, al termine della licenza il mio babbo ritornava al

corpo incontrando il Reggimento a riposo accampato presso Car-

mons. Però non era lì che doveva passare il riposo.

Dopo pochi giorni si spostava e veniva a Dignano sul Tagliamento,

pur continuando ad inviare a turno i suoi Battaglioni nei settori di

Monfalcone e Gorizia per il rafforzamento delle linee di difesa re-

trostanti.

Nei primi di maggio il Reggimento passava a far parte della 35a Di-

visione in Val D’Astico.

Il mio babbo in data 5 maggio veniva tolto dalla 9A Compagnia e

trasferito alla 3A Sezione Mitragliatrici Fiat dello stesso Reggimento.

Fu ammesso alla I arma col titolo Capo-arma di istruzioni e manovra,

non ne sapeva nulla di quell’arma, però ci si trovava contento e prese

un’affezione alla mitragliatrice come alla persona più cara...tanto che

dopo due o tre giorni di istruzione la faceva manovrare come un an-

ziano. Il 10 maggio il Reggimento andava a presidiare la prima linea

sull’estesissimo fronte Maronia – Costa d’Agra.

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La 3A Sezione Mitragliatrice, della quale faceva parte il mio babbo,

stava con le armi piazzate a Piovernetta – nella vallata tra Maronia e

Costa d’Agra.

Il mattino del 15 maggio, dopo gigantesca preparazione di artiglieria,

ebbe inizio l’offensiva nemica. I tenaci difensori di Costa d’Agra fu-

rono travolti. Il mio babbo la prima volta che sparava con la mitra-

glietta in azione falciava le truppe nemiche sul fianco destro, cioè su

Costa d’Agra, che avanzavano vestite di bianco per essere meno vi-

sibili perché c’era la neve.

Il giorno successivo (16) il nemico concentrò i suoi sforzi su Val Ce-

ragnolo e strinse ai fianchi l’eroico presidio di M. Maronia.

I superstiti del Reggimento dovettero ripiegare sul M. Maggio, ove

in mattinata del 17 la 2a arma della 3A sezione alla quale apparteneva

il mio babbo fu presa in pieno da una granata e messa fuori uso,

mentre il mio babbo con la sua arma piazzata sulla vetta di M. Mag-

gio sparava senza interruzione tutta la giornata sulle squadre nemi-

che, che venivano all’assalto sotto la protezione del bombardamento

dell’artiglieria. La sera all’imbrunire una granata piombava sulla vetta,

mettendo fuori uso anche la mitragliatrice del mio babbo; così armi

e soldati fuori uso, non c’era più nessuna speranza.

Accorreva in aiuto il 92° Reggimento Fanteria ma invano: durante la

notte dal 17 al 18 i nostri dovettero ritirarsi a sbalzi, trattenendo il

nemico in modo da proteggere le artiglierie allo sgombero, per il tra-

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sporto dei pezzi; e successivamente in ritirata fino al giorno 20 a Roc-

chette e Piovene.

Alla fine del mese di maggio il Reggimento si portava a Torrebelvi-

cino presso Schio per riordinarsi e pure la 3A Sezione, alla quale ap-

parteneva il mio babbo, furono consegnate due nuove mitragliatrici

Fiat-Revelli.

Il Reggimento, sempre con la 35a Divisione, andava il 10 giugno ad

occupare la linea M. Giove – M. Brazone. Il 12 e 13 un uragano di

fuoco si abbatteva sui nostri, seguiti da impetuosi attacchi di fanteria:

per ben sette volte il nemico, sostenuto da un bombardamento spa-

ventoso, veniva in massa all’attacco, sempre ributtato con perdite

sanguinose. In questa epica lotta la gloriosa bandiera del Reggimento,

portata in primissima linea, fra le rocce dilaniate e i morenti, ebbe

una gloriosa ferita, di cui tuttora porta la traccia.

Sull’asta del Vessillo venne apposta per ricordo un’artistica targa con

la seguente epigrafe dettata da S. E. il Generale Petitti di Roreto

“Dove segnava il sacro termine – sul quale si infranse la furia

delle orde nemiche bagnata dal sangue dei suoi difensori – ri-

portava gloriosa ferita” M. Giove 13.VI.1916.

Il Reggimento venne proposto, per l’eroica condotta dei suoi figli,

per la medaglia d’Argento al valor militare.

Il 69° infranse l’urto delle orde barbariche che con avidità famelica

e artiglio rapace tendevano alle pingui messi della bella pianura vi-

centina.

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S.E. il Generale Petitti in una sua visita ad un reparto del reggimento

disse: “Vicenza e Schio dovrebbero fare una statua d’oro a Voi, bravi soldati

del 69°!”.

Alla 3a Sezione mitragliatrice, alla quale apparteneva il mio babbo, il

giorno 12 suddetto circa alle ore 9, oltre ai soldati, gli venne a man-

care anche il Tenente comandante la Sezione al quale, in apposta-

zione presso la 2à arma, giunse una granata di grosso calibro

distruggendo la mitragliatrice con tutto il personale li presente.

Il mio babbo nell’angoscia per i suoi compagni colpiti, rimaneva con

la sua mitragliatrice a capo della Sezione e invelenito da quell’orrore

benché anche lui contuso alla tempia sinistra dal rimbalzo d’una spal-

letta di sotrapnel, falciava quei ceffi Austriaci fino a tutto il giorno

13, cioè fino a che il nemico si persuase di trovare le porte di ferro.

Dopo breve riposo, riordinato il Reggimento e rifornendolo di armi,

veniva condotto in Vallarsa, ove concorse alla generale nostra con-

troffensiva del 1916 occupando la posizione del Parmesan, di M.

Trappola, e le pendici di M. Corno e di M. Spill. Il mio babbo, il 10

Luglio 1916, si trovava appostato con la sezione sulle pendici di M.

Spill sparando sulla vetta di detto monte, ed osservava alla distanza

di 1 chilometro la triste sorte degli alpini su M. Corno, sul quale fu

catturato dagli Austriaci il martire Tirolese Cesare Battisti.

Alla fine di detto mese il mio babbo scendeva da M. Spill e fu co-

mandato di eseguire lo sbarramento sulla strada di Rovereto oltre

Valmorbia, presso l’imponente forte Pozzacchio.

Page 33: Diario di guerra

Per comandante di Sezione gli fu mandato un Sottotenente triestino

col nome di Cantoni Emilio, mentre il suo vero nome era Sauli Sergio

ed il mio babbo possiede ancora un suo biglietto da visita. Il suo vero

nome non era a conoscenza dei soldati affinché non gli toccasse la

sorte di Cesare Battisti, e stette in sezione per circa due mesi. Nella

metà di agosto la Sezione fu mandata sul M. Trappola, indi sulle pen-

dici di sinistra di M. Corno divertendosi a controbattere le vedette

austriache. Nella metà di Dicembre gli Austriaci, dal forte Pozzac-

chio, si vollero vendicare dell’appostazione dell’arma del mio babbo

e con una granata di medio calibro gli ridussero la mitragliatrice fuori

uso. Il giorno 23 il mio babbo fu mandato a Verona per la riparazione

di detta arma, così passò le feste di Natale fuori pericolo e in città.

In gennaio 1917 la Sezione e tutto il Reggimento salutarono la Val-

larsa e andarono a riposo a Valdagno e a Recoaro. Il mio babbo da

Valdagno fu inviato in licenza per 20 giorni. In febbraio, al termine

della licenza ritornava al corpo, che aveva lasciato a Valdagno, ma

non lo trovò più lì e dovette proseguire per le Dolomiti e ritornare

di nuovo in Vallarsa, raggiungendo la sua Sezione sul Canalone Ce-

sare Battisti. Il giorno 2 Aprile al mio babbo venne conferita l’ono-

rificenza Inglese (medaglia d’Argento) per essersi distinto sul campo

con la seguente dedica del Comando del Battaglione:

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69° Reggimento Fanteria

3° Battaglione

Al Comando 3A Sez. Mitragliatrice

Sono lieto di annunciare a V.S. che è stata conferita al

Sergente Becchetti Antonio

L’onorificenza Inglese

“For distinguished conduct in the field”

Trasmetto a V.S. detta onorificenza perché voglia consegnarla

in forma solenne all’interessato, in presenza della Sezione tutta.

Nell’occasione condono le punizioni inflitte ai militari della se-

zione negli ultimi giorni.

2 Aprile 1917

Il Maggiore

Comandante del Battaglione

A. Valentini

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Il giorno 13 corrente mese fu mandato di nuovo a Verona per la ri-

parazione di una nuova mitragliatrice, logorata dal troppo attrito, cosi

anche in questa occasione passava la S. Pasqua in città. Nella seconda

quindicina di Aprile la Sezione si spostava ed andava sulla destra del

M. Corno. Al mio babbo oltre all’encomio fecero pervenire dal Co-

mando del Reggimento £. 15, per la capacità di aver ucciso, con un

caricatore di 6 colpi di fucile, cinque Austriaci che approfittando della

nebbia venivano a spiare le nostre posizioni.

Un suo collega, Sergente di Firenze, gli rivolse queste parole: “Oh, si

Beetti te li han paati tre franchi l’uno ome beccaccini!” Nei primi di maggio

il mio babbo mitragliò un nucleo di austriaci i quali, approfittando

della nebbia, credevano di non essere visti e venivano a dare il cambio

a un loro posto avanzato. Il giorno successivo due soldati triestini si

dettero nelle mani dei nostri annunciando che 37 morti aveva fatto

quell’arma, indicando la postazione che occupava mio babbo, anche

allora ebbe l’encomio dal Colonnello comandante del Reggimento e

fu proposto per il grado di Aiutante di Battaglia.

Il Reggimento sopra queste posizioni conquistate con slancio gari-

baldino, e saldamente tenute fino al maggio 1917 generosamente im-

molava il fior fiore dei suoi figli, distinguendosi in modo tale da essere

proposto per una nuova ricompensa al valore (Medaglia di Bronzo).

Il Carso l’attendeva alla fine del Maggio 1917. Le sezioni mitragliatrici

non erano più reggimentali, venivano formate la compagnie e cioè

ogni tre sezioni formavano una compagnia e queste dipendevano dal

Deposito di Brescia.

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Il mio babbo che aveva in corso la promozione di Aiutante di Batta-

glia venne tolto dalla sezione, prestando servizio sempre al 3° Batta-

glione fu assegnato all’11A Compagnia, perché il Maggiore

Comandante del Battaglione lo volle ad un suo reparto. Il mio babbo

fu molto dispiaciuto non avendo più quelle armi, ma il Maggiore gli

procurò una mitragliatrice e dal plotone al quale apparteneva il mio

babbo doveva istruire una squadra di soldati, e difatti appena furono

sul Carso, tra Ronchi e Monfalcone, accellerava, le istruzioni da mi-

tragliere alla detta squadra. L’Hermada vedeva il Reggimento davanti

alle sue pendici sulla via contrastata e gloriosa di Trieste.

Erano appena giunti sulle nuove posizioni di Flondar, il 1° e 2° Bat-

taglione in prima linea, il 3° di rincalzo oltre il ponte ferroviario di

Duino, nella stessa notte dal 3 al 4 giugno, l’avversario si slanciava

all’attacco con impeto travolgente. Il Reggimento oppose tenace re-

sistenza falciando ed arrestando l’assalitore. Il mio babbo sparò sette

cofanetti (cassette) di cartucce, logorava due nuove canne per sparare

senz’acqua perché ne era sprovvisto. Morirono al suo fianco il Co-

mandante della Compagnia ed altri ufficiali, mio padre era quasi ri-

masto solo, e sparava meravigliosamente contro quelle squadre

nemiche che venivano all’impazzata, quando un soldato gli disse:

“Sergente! Per ordine del sig. Maggiore, dobbiamo ritirarci e lasciare armi e ba-

gaglio; siamo presi al fianco sinistro, il nemico tenta un accerchiamento, i reparti

si sono già ritirati presso il ponte della ferrovia!”

Il mio babbo non aveva cuore di lasciar la sua amica sul posto,sfilò

l’arma dal treppiede per eseguire l’ordine ricevuto, ma fu ferito da

una pallottola di fucile alla gota destra. Era il primo sangue che dava

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alla Patria bagnando le terre sacre del Carso. Non appena medicato

ritornava al suo posto di combattimento, deciso a dare il contrat-

tacco; la mattina del giorno successivo (il 5) riprese il treppiedi della

sua mitragliatrice, il bagaglio e facendo del nemico 70 prigionieri. Per

questi due giorni di combattimento il mio babbo fu decorato di Me-

daglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione:

Becchetti Antonio da Marsciano (Perugia)

n. 25436 di matricola,

ferito, non appena medicato, tornava al suo posto

di combattimento,

dando ai propri dipendenti mirabile esempio

di fermezza e di coraggio.

Flondar, 4 e 5 giugno 1917

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Nella metà di giugno il reggimento andava a riposo a Fauglis presso

Palmanova, al mio babbo veniva la conferma di Aiutante di Battaglia

in data 1° giugno 1917 con la seguente motivazione:

Comando del V Corpo d’Armata

Foglio d’ordine N° 131 del 16 giugno 1917

Oggetto: Conferimento del Grado di Aiutante di Battaglia

per merito di guerra.

Sergente Becchetti Antonio,

classe 1892 matr. 25436 distretto 69;

“Valoroso combattente dall’inizio della campagna fu sempre

fulgido esempio di valore militare, intrepido e tenace lottatore,

sprezzante del pericolo, seppe sempre infondere nei suoi di-

pendenti il valore e l’energia che lo chiamano costantemente.”

In questo frattempo di riposo il mio babbo rinunciava alla mitraglia-

trice perché gli era impossibile comandare il plotone e agire con la

mitragliatrice.

Il 15 Luglio 1917, dopo breve periodo di riposo, il Reggimento passò

a fare parte della 35A Divisione sul fronte Wolcovngah-Vipacco e la

compagnia ove ora apparteneva il mio babbo era trincerato a destra

di Villaggio Gandolfo, passando una vita senza sonno.

Il 15 Agosto, dopo intenso periodo di lavori di rafforzamento in 1à

linea, il Reggimento scendeva di nuovo a riposo a Romans, per ri-

tornare il 25 dello stesso mese in linea al Faiti con la 58A Divisione.

Page 41: Diario di guerra

Il periodo di trincea che ne seguì, fu particolarmente penoso per le

perdite causate dal continuo tormento dell’artiglieria nemica.

Il 6 settembre, il Reggimento, ricevuto il cambio, si recava a Bor-

gnano, indi a Sdraussina, per riordinarsi, il 15 ottobre ritornava in

linea sul Faito, ove fino il 24 lavorò intensamente per rafforzare e

migliorare le difese, mentre con largo ed attivo servizio di pattuglie

teneva sotto continuo controllo il nemico. Tale periodo fu eccezio-

nalmente penoso e disagiato per la lotta continua contro il tempo

avverso, contro il fango e per l’incessante tambureggiamento dell’ar-

tiglieria nemica.

Dal 24 al 26 il 3° Battaglione del quale faceva parte il mio babbo era

di rincalzo e la compagnia sua era appostata sul caposaldo del Faito;

mentre gli altri due Battaglioni (1° e 2° )erano in prima linea, il 24 di

detto mese, dopo intensa preparazione di artiglieria, il nemico si slan-

ciò all’attacco; attacco che ripeteva sempre più violento e in massa,

nelle successive giornate. Il 25, le truppe resistettero meravigliosa-

mente, e così il 26 fino al pomeriggio. Verso le ore 15 di detto giorno,

i reparti schierati sulla sinistra del Reggimento cedettero, così che

questo venne ad essere formidabilmente minacciato d’avvolgimento

sul fianco sinistro. Fu il tempestivo impiego del Battaglione di rin-

calzo, che salvò le posizioni insanguinate dai prodi difensori e il Reg-

gimento.

Il 27 mattina l’11A Compagnia, della quale faceva parte il mio babbo,

si inoltrava verso la dolina Vittoria ove fu fornita di munizioni e viveri

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di riserva, indi andava a prendere collegamento col 2° Battaglione il

quale schierato fu decimato in prima linea. Il nemico, accortosi del

movimento di rinforzo, cominciò con l’artiglieria a minacciare, a tutta

oltranza, provocando gravissime perdite, e anche il mio babbo, circa

alle ore 11, riceveva una scheggia di granata sul dorso provocandogli

una contusione, e non bastava ancora, perché successivamente gli

giungeva un’altra scheggia alla testa e se non c’era il riparo dell’el-

metto certo non lo raccontava.

Rifiutò di andare al posto di medicazione, ma l’oppressione nemica

era sempre più intensa, i nostri gloriosi fanti resistettero fino alle ore

17 di detto giorno, ma per la forza maggiore da parte del nemico, fu-

rono travolti ed accerchiati dal fianco sinistro, e vergognosamente

dovettero darsi nelle mani degli ungheresi; così pure mio babbo fu

condotto nella tristezza lontana, nel campo dei prigionieri di guerra

di Sigmundsherberg (Austria), portando la matricola N°83848. Pas-

sava circa cinque mesi dentro il recinto di filo spinato tra l’orrenda

disciplina di quei ceffi Austriaci e tra il freddo e la fame, la maggior

parte di questo periodo lo passò all’ospedale ammalato nel marzo

ü1918 il mio babbo insieme ad altri sottufficiali fecero domanda di

andare al lavoro benché non erano obbligati, ma pur di scappare dalla

gabbia, accordatagli, il 27 di detto mese partirono per la Moravia (Ce-

coslovacchia) ove lo attendeva l’amministrazione del Sig. Wainer a

Lodenitz provincia di Brün. Il lavoro era sopportabile, come pure la

fame e gli spari perché il vitto era sufficiente, essendoci molta pro-

duzione di patate. Dopo qualche settimana il mio babbo fece cono-

scenza con un Signore, direttore delle scuole primarie di Pola,

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Bancher Antonio,il quale con tutta la sua famiglia era stato internato

là, perché sospettato di essere contro l’Austria, col quale facevano

colloquio tutte le domeniche essendo a 6 km in un paese chiamato

Walfromitz, il quale animava il cuore degli Italiani, dicendo: “Coraggio

miei cari patrioti che questa vacca Austria deve arrendersi dalla fame, perché ha

finito paglia e fieno, dovrà perdere le gambe e la coda, sarà di grazia se le rimar-

ranno le corna, vi assicuro che alla più lunga per le feste di Natale saremo in

Patria nelle nostre case”.

Il suddetto direttore gli annunciava sempre gli avvenimenti del fronte

e delle Nazioni, in giugno si scatenò l’offensiva Austriaca sul Piave,

e correva voce dalla popolazione Morava che gli Austriaci avevano

oltrepassato il Piave e che fra pochi giorni sarebbero giunti a pren-

dere il caffè a Milano.

Il mio babbo ed altri suoi compagni accorsero dal direttore per avere

notizie più chiare, infatti gli disse: “Non vi allarmate miei camerati, il

Piave in un tratto l’hanno oltrepassato, ma no come dicono loro, e per andare a

prendere il caffè a Milano, si dovranno prima munire di zucchero perché è pro-

babile che lo trovino amaro”.

Alla fine dello stesso mese si videro arrivare nascostamente il diret-

tore annunciando l’inondazione del Piave: “Ve lo dicevo io che questi mo-

stri avrebbero trovato il caffè amaro!...Han perduto settanta reggimenti, è stata

una terribile sconfitta, gli ha servito per rimettere la bandiera in custodia, così

non gli si sciupa alle intemperie”. In Ottobre i prigionieri venivano ancora

confortati del direttore: “Coraggio amici miei, la Bulgaria ha dato le dimis-

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sioni, la Turchia sta dicendo: me, molo non ne posso più, ed anche questa vacca

(Austria) non si regge più in piedi...”

Il 4 novembre un’altra notizia gli giungeva dal direttore: “C’è l’armi-

stizio, corre voce che gl’Italiani siano giunti a Trieste, i giornali non arrivano,

però ci deve essere qualcosa di buono a favor nostro”. Si dettero una guardata

in faccia, e mormorarono: “vogliamo disertare da qui?”

Il direttore, rispose: “Provate, la fuga è lecita, andate alla stazione ferroviaria

chiedetegli il biglietto per Vienna, dato che siamo nel buio almeno saprete qualche

cosa”. Si salutarono baciandosi (col direttore).

La notte dal 5 al 6 c.m. il mio babbo con altri quattro suoi compagni

Lombardi e Toscani abbandonarono la baracca e si recarono alla sta-

zione ferroviaria di Porlitz ove circa alle ore 7 salirono in treno, senza

biglietto perché non gli occorreva, e giungevano a Vienna alle ore

17, ove presero un altro treno per Trieste giungendo il giorno 9 Trat-

tenuti sull’arsenale del porto, il giorno 19 dello stesso mese furono

imbarcati su un piroscafo arrivando ad Ancona il 20 sera, ove di

nuovo in treno giunsero a Francavilla a Mare (Chieti) indi a Pescara

ove il 22 dicembre il mio babbo fu inviato in licenza di giorni 20.

Aveva ragione il direttore, di far Natale a casa!

Il 12 gennaio 1919 il mio babbo al termine della licenza ritornava a

Firenze al deposito del 69° Regg.Fanteria (suo Reggimento) ove fu

annesso ad un battaglione marciante; in questo periodo gli giunge-

vano notizie dal suo amico di Pola, cioè dal direttore, il quale era ri-

tornato anch’esso a Pola e si congratulava di essere Italiano e non

più Austriaco.

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Il 15 marzo il Battaglione marciante lasciava Firenze e si recava a S.

Maria in Stelle (Verona). Il 22 c.m. di nuovo in partenza (sempre in

treno) facendo la linea da Verona, Rovereto, Trento, indi si ferma-

rono a Bolzano, ove il Battaglione venne ad essere sciolto per rifor-

nire vari reggimenti, così il mio babbo in data 25 dello stesso mese

passò al 130° Reggimento Fanteria, il quale presidiava a Bolzano e

in questo reggimento fu ammesso alla 7A Compagnia in distacca-

mento a Cardano (a 4 km.)

Il mio babbo si divertiva a dar riscossa a quelli che gli restava fatica

di essere Italiani, e gli diceva: “Avete finito di sfotterci,dicendoci Italia Kaput!

(Italia rovinata); ora siamo noi a dirvi Austria Kaput; durante la prigionia non

mi avete dato poso”. Il 10 Luglio la Brigata Perugia (129° e 130° Regg.

Fanteria) salutava Bolzano e il Tirolo, per recarsi in Sicilia, perché in

sciopero per il calmiere. Il 130° Reggimento del quale faceva parte il

mio babbo giungeva a Palermo il giorno 14 c. m., ma già la calma

era ristabilita però le migliori vetrine delle vie principali erano tutte

in pezzi. Il mio babbo è stato sempre incluso ad accorrere al disordine.

(eppure non è un uomo da essere temuto, non arriva al peso di 60

kg...).

Il 9 agosto gli fu concessa una licenza di giorni 15 più il viaggio, il 27

al termine della licenza ritornava a Palermo (al corpo), il 30 dello stesso

mese fu inviato in congedo illimitato, il giorno 5 settembre giungeva a

Perugia a firmare il congedo, ma i suoi incartamenti ancora erano ad

Orvieto, e così dovette andare là e gli servì per compiere i precisi sette

anni di servizio militare senza interruzione, compresa la prigionia.

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Lettori!...La storia del suddetto è una piccola parte,troppo ci vorrebbe per descrivere tutto!

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Cartolina postale della Croce Rossa Italiana inviata dal padre Giuseppe al figlioAntonio prigioniero di guerra in Austria.

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Interno della cartolina postale

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Foto Ricordo

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Foto 1. Antero Antonio alla mitragliatrice attorniato da alcuni commilitoni nel campo dibattaglia in Vallarsa sul monte Corno il 15.11.1916.

Foto Ricordo

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Foto Ricordo

Foto 2. Antero Antonio (in alto a destra) con alcuni commilitoni. La foto-cartolina è in-dirizzata al fratello Dante, militare anch’egli.

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Foto Ricordo

Foto 3. I “cucinieri” hanno riempito la pentola per fare il caffè la Domenica mattina.

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Foto Ricordo

Foto 4. Momento di relax dedicato alla pesca (14 Maggio 1914)

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Foto Ricordo

Foto 5.Foto con amici. Sul retro sono indicati i nomi ed i luoghi di residenza dei commi-litoni. (10 Novembre 1912).

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Foto Ricordo

Certificato degli esami di proscioglimento dall’obbligo dell’Istruzione Elementareinferiore. (Marsciano, 25 Giugno 2004).

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Foto Ricordo

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Foto Ricordo

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Foto Ricordo

Foto 6.Antero Antonio (in basso al centro) in visita con alcuni amici nei luoghi di battaglia.

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Fotografie di Documenti

Autentici

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Fotografie di documenti autentici

Documento 1REGIO ESERCITO ITALIANO - DIPLOMA DI MEDAGLIA DI BRONZO peruna gara di tiro col fucile tra caporali e soldati tiratori di prima classedel III Battaglione. Firmato dal Colonnello Santangelo, Comandantedel 69° Reggimento Fanteria.

Firenze, 30 Aprile 1913

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Fotografie di documenti autentici

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Fotografie di documenti autentici

Documento 2MINISTERO DELLA GUERRA - conferimento della MEDAGLIA D’AR-GENTO AL VALOR MILITARE. Firmato dal Ministro della Guerra.

Roma, 15 Marzo 1919

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Fotografie di documenti autentici

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Fotografie di documenti autentici

Documento 3REGIO ESERCITO ITALIANO - IL MINISTRO DELLA GUERRA decreta l’au-torizzazione a fregiarsi della MEDAGLIA ISTITUITA A RICORDO DELLLA

GUERRA MCMXV – MCMXVIII. Firmato dal Ministro della Guerra

Roma, 20 Gennaio 1921

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Fotografie di documenti autentici

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Fotografie di documenti autentici

Documento 4REGIO ESERCITO ITALIANO – IL MINISTRO DELLA GUERRA concedela CROCE AL MERITO DI GUERRA.Firmato dal ministro della guerra Diaz.

Roma, 16 novembre 1923

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Fotografie di documenti autentici

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Fotografie di documenti autentici

Documento 5ISTITUTO DEL NASTRO AZZURRO TRA COMBATTENTI DECORATI al valormilitare. Autorizzazione a fregiarsi dell’emblema azzurro. Firmato dal primo consigliere presidente.

Roma, 08 dicembre 1934

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Fotografie di documenti autentici

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Fotografie di documenti autentici

Documento 6IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA - CAPO DELL’ORDINE DI VITTO-RIO VENETO ha conferito l’onorificenza di cavaliere dell’ordine divittorio veneto. firmato dal presidente del consiglio dell’ordine.

Roma, 31 marzo 1971

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Fotografie di documenti autentici

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Fotografie di documenti autentici

Documento 7L’ex combattente Becchetti Antero Antonio, tornato a casa, ha co-struito una bacheca contenente: foto ricordo, medaglie, croci diguerra, mostrine e fregi. In alto una cartolina di STADT KANITZin Moravia – sede della sua prigionia dal 27 ottobre 1917 al 5 no-vembre 1918. Sullo sfondo carta geografica d’Italia dell’epoca.

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Fotografie di documenti autentici

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Particolari

della Bacheca

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