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Didattica Generale

Date post: 02-Jun-2017
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1 Didattica generale Prof. ass. dr. sc. Elvi Piršl Dr. sc. Marina Diković, assistente Università Juraj Dobrila di Pola Le dinamiche del processo dinsegnamento Introduzione Il processo d’insegnamento si svolge in un ambito sociale che influisce sui rapport i tra insegnanti e alunni, tra questi ultimi ecc. Questa influenza deriva dai rapporti socio-economici dal sistema di valori da cui trae origine, dai gruppi sociali ai quali appartengono gli alunni (la famiglia, il luogo di residenza) e il loro livello culturale, ma anche dallo sviluppo della scienza, dell’arte e della tecnologia. Si manifesta soprattutto nel programma che si articola in obiettivi didattici, in contenuti e in varie attività e che è il punto di partenza del processo d’insegnamento. Il raggiungimento dell’obiettivo del piano e programma richiede la collaborazione degli insegnanti e degli alunni, i quali si trovano a dover affrontare varie tappe in un determinato intervallo del tempo. Mettendo in atto, contemporaneamente, tutte le attività ed i contenuti, l’insegnante cerca di raggiungere l’obiettivo formativo, educativo e funzionale dell’insegnamento. Le tappe del processo d’insegnamento Abbiamo sottolineato che esistono diverse tappe del processo d’insegnamento – che si possono riferire alla microstruttura ed alla macrostruttura del processo d’insegnamento: introduzione realizzazione (l’acquisizione del sapere e delle abilità, formazione degli atteggiamenti) esercitazione ed applicazione del sapere acquisito e delle abilità ripetizione (l’accertamento) verifica (la valutazione) Abbiamo anche evidenziato che diversi autori, nel tentativo di definire le varie fasi dell’unità didattica, hanno sottolineato l’importanza di ogni singola fase dell’insegnamento, ovvero: motivazione, globalità, analisi, sintesi, riflessione, fase creativa. Essendo il processo d’insegnamento un’attività congiunta dei suoi partecipanti (alunni, insegnanti), e non solo un'attività orientata alla preparazione degli alunni ed alla pratica, le sue tappe principali (in termini di macrostruttura), possono essere anche: l’accordo l’attuazione la valutazione. 1. Laccordo L'accordo è la tappa iniziale del processo d’insegnamento e presuppone il raggiungimento di un accordo su quelli che saranno i contenuti e le attività del processo d’insegnamento, nonché sulle strategie, i metodi e le procedure da adottare. I contenuti e le attività fanno parte del piano e programma, ma spesso vengono modificate a seconda degli interessi e dei bisogni dei partecipanti.
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Didattica generale Prof. ass. dr. sc. Elvi Piršl

Dr. sc. Marina Diković, assistente Università Juraj Dobrila di Pola

LLee ddiinnaammiicchhee ddeell pprroocceessssoo dd’’iinnsseeggnnaammeennttoo

Introduzione Il processo d’insegnamento si svolge in un ambito sociale che influisce sui rapporti tra insegnanti e alunni, tra questi ultimi ecc. Questa influenza deriva dai rapporti socio-economici dal sistema di valori da cui trae origine, dai gruppi sociali ai quali appartengono gli alunni (la famiglia, il luogo di residenza) e il loro livello culturale, ma anche dallo sviluppo della scienza, dell’arte e della tecnologia. Si manifesta soprattutto nel programma che si articola in obiettivi didattici, in contenuti e in varie attività e che è il punto di partenza del processo d’insegnamento. Il raggiungimento dell’obiettivo del piano e programma richiede la collaborazione degli insegnanti e degli alunni, i quali si trovano a dover affrontare varie tappe in un determinato intervallo del tempo. Mettendo in atto, contemporaneamente, tutte le attività ed i contenuti, l’insegnante cerca di raggiungere l’obiettivo formativo, educativo e funzionale dell’insegnamento. Le tappe del processo d’insegnamento Abbiamo sottolineato che esistono diverse tappe del processo d’insegnamento – che si possono riferire alla microstruttura ed alla macrostruttura del processo d’insegnamento:

introduzione realizzazione (l’acquisizione del sapere e delle abilità, formazione degli atteggiamenti) esercitazione ed applicazione del sapere acquisito e delle abilità ripetizione (l’accertamento) verifica (la valutazione)

Abbiamo anche evidenziato che diversi autori, nel tentativo di definire le varie fasi dell’unità didattica, hanno sottolineato l’importanza di ogni singola fase dell’insegnamento, ovvero: motivazione, globalità, analisi, sintesi, riflessione, fase creativa. Essendo il processo d’insegnamento un’attività congiunta dei suoi partecipanti (alunni, insegnanti), e non solo un'attività orientata alla preparazione degli alunni ed alla pratica, le sue tappe principali (in termini di macrostruttura), possono essere anche: l’accordo l’attuazione la valutazione.

11.. LL’’aaccccoorrddoo L'accordo è la tappa iniziale del processo d’insegnamento e presuppone il raggiungimento di un accordo su quelli che saranno i contenuti e le attività del processo d’insegnamento, nonché sulle strategie, i metodi e le procedure da adottare. I contenuti e le attività fanno parte del piano e programma, ma spesso vengono modificate a seconda degli interessi e dei bisogni dei partecipanti.

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Dopo aver definito il contenuto e le attività, si decide quali forme di lavoro e quali metodi verranno usati. L’insegnante progetta le attività dell’insegnamento, spesso in collaborazione con gli alunni. Si distinguono i seguenti tipi di pianificazione e programmazione: il piano e programma annuale…mensile…settimanale e…la preparazione per ogni singola ora di lezione. La pianificazione e programmazione annuale Viene realizzata in modo tale che i requisiti previsti nel programma si trasformano in aree d’insegnamento – secondo gli interessi e le esigenze degli alunni (e del curriculum). Nelle scuole elementari gli alunni partecipano molto raramente alla pianificazione e alla programmazione annuale. Invece, gli studenti delle scuole medie dovrebbero avere parte attiva in tale forma di collaborazione. La pianificazione e programmazione mensile ... è spesso chiamata pianificazione e programmazione tematica perché si sceglie un tema e si realizza nella sua dimensione interdisciplinare. La pianificazione e programmazione settimanale Nel piano e programma settimanale si usano i contenuti, le forme ed i metodi d’insegnamento a seconda dei contenuti che verranno insegnati durante una settimana. L’insegnante dovrebbe tener conto della dimensione temporale. La preparazione per un ora singola – La programmazione di ogni singola unità didattica La programmazione di ogni singola unità didattica comprende gli aspetti organizzativi, sostanziali e metodologici. Una preparazione (tavola/scheda di programmazione) ben progettata rappresenta un prerequisito essenziale per il raggiungimento degli obiettivi dell’insegnamento.

22.. LL’’aattttuuaazziioonnee Quella dell’attuazione è la tappa centrale del processo d’ insegnamento. Questa fase implica: l’organizzazione e la realizzazione. 2.1. L’organizzazione L’organizzazione si realizza nell’articolazione annuale, settimanale e giornaliera. L’articolazione annuale viene realizzata all’inizio dell’anno scolastico, ma può subire modifiche nel corso dell’anno. Nel curriculum scolastico vengono pianificate le attività che verranno realizzate nel corso dell’anno. L’insegnante cerca di armonizzare queste attività con le attività della vita scolastica quotidiana. Nell’ambito della progettazione di classe – nell’articolazione annuale vengono pianificate: le uscite didattiche le gite scolastiche, le escursioni l’insegnamento fuori aula lo spazio adeguato ed anche

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il sostegno finanziario per le attività specifiche, ecc. Per l’articolazione settimanale ci sono diverse soluzioni organizzative. La progettazione dell’orario scolastico è un’attività molto complessa! Il sistema classe-materia è una caratteristica dell’organizzazione del processo didattico nella scuola elementare (soprattutto nelle classi superiori) e nella scuola media. Benché ci siano stati precedenti tentativi di organizzare l’insegnamento nel senso di una certa gradualità, tuttavia appena Komensky e Ratke (XVII secolo) hanno gettato le basi del sistema classe-materia, cioè di quel sistema in cui gli alunni nel corso di un anno scolastico elaborano un determinato quantum delle varie discipline quale presupposto per la continuazione degli studi, a un grado superiore, nella classe successiva. Quali sono le deficienze e quali sono i vantaggi del sistema classe-materia? Le deficienze Il mondo viene percepito direttamente, in alcune unità e in nessun caso per discipline differenziate (linguistiche, naturali, umanistiche ecc). Tra il sapere dell’alunno e la vita reale può formarsi un divario così grande da impedire l’applicazione creativa del sapere nella prassi giornaliera. Non favorisce l’approfondimento delle cognizioni e la penetrazione nelle materie. I vantaggi La ricca varietà del mondo (della natura, del pensiero umano) distinta nei campi delle singole discipline, favorisce un più facile orientamento in esso. Sono possibili una programmazione e una distribuzione più facili del contenuto. È pure resa possibile la gradualità della programmazione e della trattazione della materia, tenendo conto dei postulati didattici: dal facile al difficile, dal noto all’ignoto, dal semplice al complesso, da ciò che è vicino a quello che è lontano. Nelle classi superiori delle scuole elementari l’articolazione flessibile dell’orario scolastico è difficilmente attuabile, impedendo così il raggiungimento dei requisiti (pedagogici, organizzativi) dell’insegnamento. Per questo motivo vengono introdotti i blocchi di ore (90 minuti) che sono particolarmente adatti per i progetti di ricerca, i lavori sul campo, ecc. Il cosiddetto orario flessibile permette ad ogni insegnante di creare e realizzare delle correlazioni interdisciplinari. La realizzazione di questa forma d’insegnamento presuppone la determinazione dell'unità di tempo di base, in consultazione con gli altri insegnanti. Un’altra forma di organizzazione dell’insegnamento è quella della lezione integrata, che è facilmente realizzabile in una classe con uno o due insegnanti. Il lavoro è organizzato in modo tale che gli studenti lavorano sulle varie attività (di gruppo e / o individuali) che sono previste per la settimana. Tale forma di lavoro integrato (settimanale o giornaliero) nelle classi superiori della scuola elementare e nelle scuole medie richiede un’organizzazione dei docenti ben strutturata. Si dovrebbe tener conto del fatto che in tali forme di lavoro vengono ugualmente coinvolti tutti gli alunni – a seconda delle loro abilità fisiche e mentali e dei loro interessi. 2.2. La realizzazione Oltre all'organizzazione, la fase di realizzazione è molto importante nell’insegnamento. Nel processo d’insegnamento sono ugualmente applicabili tre aspetti della personalità umana: L’educazione come unità di tre aspetti: cognitivo, esperienziale e psicomotorio

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Gli alunni possono essere produttivamente impegnati in un'attività d’apprendimento solo se possiedono i relativi prerequisiti cognitivi ed affettivi. Gli insegnanti dovrebbero individuare le conoscenze, le abilità e le capacità degli alunni, come anche le motivazioni specifiche che questi possiedono in riferimento agli obiettivi da perseguire. La tappa di attuazione è composta da vari microelementi ed è molto complessa. Possiamo parlare dell’apprendimento e dell’insegnamento come di un processo mediante il quale la personalità giunge, in una varietà di opportunità, a situarsi con piena autocoscienza nel concreto della sua collocazione storica, culturale e soggettiva. L’apprendimento si può intendere (Titone, 1985) come un insieme variamente articolato e disposto nel quale hanno luogo sia acquisizione di carattere tattico (informazioni, nozioni puntuali, abilità specifiche) sia acquisizione di carattere strategico (regole, procedure, criteri) sia acquisizione di carattere egodinamico (riadattamenti esistenziali, mutamenti orientativi, maturazioni decisionali). Possiamo anche distinguere i tre modelli risalendo al paradigma comportamentale cui si rifanno: modello di carattere tecnologico (atteggiamento “produttivo) modello di carattere scientifico (atteggiamento “euristico”) modello di carattere psicodinamico. Da cui ricaviamo tre diverse raffigurazioni: l’insegnamento come programmazione di interventi l’insegnamento come conduzione di processi razionali di ricerca l’insegnamento come facilitazione di dinamiche personali. Per quanto numerose siano le difficoltà che un insegnante si trova ad affrontare e per quanto complesso sia il suo compito, una preoccupazione appare come fondamentale: quella di garantire ai propri alunni un itinerario di apprendimento davvero significativo. Il primo problema di chi insegna è di rispondere alle motivazioni profonde di crescita, di realizzazione di sé, di ricerca di senso presenti in ogni alunno. L’apprendimento é sempre il risultato di una relazione e l’opera dell’insegnante che consiste nel facilitare questo incontro, cioè, tra soggetto e oggetto della conoscenza. Pur nella differenza degli stili e delle modalità d’insegnamento, possiamo ritrovare una serie di “passaggi obbligati” che l’insegnante percorre, in quanto “facilitatore”, e che possiamo così indicare:

suscitare la motivazione mantenere e dirigere l’attenzione richiamare i prerequisiti presentare il contenuto da apprendere stimolare la risposta dell’alunno fornire all’alunno feedback favorire il “transfer” (cioè la capacità di utilizzare quanto appreso in una nuova situazione) controllare l’apprendimento.

Cosa si intende con l’espressione “apprendimento significativo”? … le idee espresse in forma simbolica vengono collegate in modo non arbitrario e soggettivo a ciò che il discente sa già, vale a dire agli aspetti già esistenti del suo

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bagaglio conoscitivo (ad esempio un’immagine, un simbolo già significativo di qualcosa, un concetto, un’affermazione). L’apprendimento di significati presuppone:

sia che l’alunno presenti una certa disposizione a porre in relazione il nuovo contenuto in modo non arbitrario e sostanziale alla sua struttura di cognizioni, sia che il contenuto sia potenzialmente significativo per lui/lei, vale a dire che si possa collegare a questo bagaglio conoscitivo appunto su basi non arbitrarie…

Occorre cioè che la significazione logica del contenuto si trasformi in significazione psicologica (quella peculiare dell’individuo che apprende). Perché tutto ciò avvenga è necessario che la struttura cognitiva del soggetto si attivi e si modifichi attraverso un processo che è prima di differenziazione e di integrazione. Si può sostenere l’esistenza di una unità didattica: implicita – l’itinerario di insegnamento/apprendimento seguito dagli insegnanti che lavorano senza un pertinente controllo delle loro procedure, costellando magari il cammino di approssimazioni disciplinari e didattiche ma sostanzialmente tendendo con una decenza professionale al conseguimento di risultati precisi e di un’unità didattica e esplicita – cioè del tutto consapevole delle proprie intenzioni e delle proprie movenze, messa a punto in aderenza a uno schema di sviluppo puntuale e articolato, elaborata a seconda dei vincoli e le opportunità di un funzionale modello procedurale.

In ogni caso, a prescindere dal grado di consapevolezza operativa e dalla tipologia di formalizzazione, ci sono alcuni cofattori dei quali un’unità didattica non può fare a meno: l’obiettivo da conseguire il contenuto da privilegiare l’attività in cui impegnare gli alunni le prove di misurazione per accertare gli esiti raggiunti.

33.. LLaa vvaalluuttaazziioonnee Il processo d’insegnamento è volto al raggiungimento di obiettivi specifici e di concreti risultati educativo-didattici, come anche alla valutazione del raggiungimento di tali obiettivi. Tale valutazione viene effettuata: in base agli obiettivi prefissati in base agli obiettivi cognitivi, affettivi e psicomotorici da sviluppare come pure in base agli obiettivi individuali e sociali d’ogni alunno, d’ogni insegnante… La valutazione interna si riferisce al monitoraggio, alla valutazione e alla gestione, all’ orientamento pedagogico. Avviene con una serie di situazioni psicologiche e pedagogico-didattiche e influenza in modo significativo l’acquisizione del sapere ed il risultato dell’alunno. Il monitoraggio e la valutazione sono legati agli aspetti cognitivi, esperienziali e di formazione psicomotoria, cioè all'aspetto biologico e sociale. La valutazione esterna si riferisce alla valutazione di soggetti esterni alla scuola. Tale valutazione consente di determinare i risultati finali (le finalità) degli alunni, i quali potrebbero segnalarci le aspettative della società o il modo di realizzare gli obiettivi esistenziali, sociali e umanistici d’insegnamento e di obiettivi individuali e sociali. I test con il monitoraggio adeguato aiutano l’applicazione del sapere acquisito nella vita e nel lavoro pratico.

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Conclusione Il processo d’insegnamento è molto complesso e strutturato, sia quello annuale che quello orientato ad un singolo giorno scolastico o all’unità didattica. La dinamica del processo educativo si realizza in varie tappe e presuppone un’attività congiunta dell’insegnante e dell’alunno/dello studente!

L’articolazione didattica e le tappe del processo d’insegnamento …l'azione educativa e didattica deve essere, non solo ispirata a validi criteri metodologico-didattici, ma anche personalizzata, cioè adeguata alle esigenze formative ed alle caratteristiche personali (ritmi, stili, livelli di sviluppo e di apprendimento) dei singoli alunni. 1. L’ interdisciplinarità della didattica All’ampliarsi degli apporti scientifico-disciplinari (inter-, multi-, trans-,) va aggiunto il graduale differenziarsi ed arricchirsi delle tematiche della didattica e delle discipline pedagogiche in riferimento: a nuovi orizzonti – comprende non solo, l’infanzia o l’adolescenza, ma anche altri soggetti: gli adulti, le donne, gli individui con necessità particolari, gli anziani, gli appartenenti a culture “altre”; a specifiche questioni teoriche – come i concetti di educazione, istruzione, formazione, informazione, insegnamento, apprendimento, come pure, alle nozioni connesse: le dinamiche inconsce, i processi cognitivi, gli atteggiamenti affettivi, le relazioni sociali, ecc.; a problemi sociali e culturali: i fenomeni della scolarizzazione, la rivoluzione tecnologica e informatica, la diversa organizzazione della società, le trasformazioni dell’istituto familiare, il confronto interculturale e generazionale, la globalizzazione del mercato e della tecnologia. La didattica studia l’insegnamento e lo configura come l’azione (complessa) intesa a creare tutte quelle condizioni favorevoli cioè: stabilire una relazione positiva fra insegnante e allievo; ottimizzare l’organizzazione strutturale: i tempi, gli spazi, i mezzi e i sussidi didattici, le dinamiche interattive ecc.; progettare il curricolo: la pianificazione e la programmazione educativa e didattica, l’individualizzazione dell’insegnamento, la ricerca, la valutazione, ecc. 2. L’analisi della situazione educativa Per analisi della situazione educativa si intende la raccolta e la valutazione della totalità dei dati relativi a ciascuna delle variabili direttamente e indirettamente implicate nel processo educativo scolastico: informazioni relative al territorio - collocazione geografica, struttura economica, andamento demografico, servizi, vita sociale, opportunità culturali, ecc.; informazioni relative al complesso scolastico - popolazione scolastica, insegnanti e altre figure professionali, spazi, mezzi e sussidi didattici a disposizione, ecc.;

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informazioni relative alla classe e ai singoli alunni - composizione, presenza di alunni in difficoltà, storia della classe, dinamiche relative all'apprendimento e ai rapporti interpersonali, rapporti con le famiglie, ecc. Macrodecisioni e microdecisioni nell’insegnamento potrebbero rivelarsi fondate e ad alta probabilità di successo – se vengono assunte sulla base di informazioni e dati quantitativi e qualificativi strutturati da un supporto al procedimento valutativo: nella prima fase – durante il processo educativo nella seconda fase – dopo lo svolgersi delle azioni stesse. 2. 1. La comunità locale Ecco alcuni esempi di variabili relative all’ambiente extrascolastico: Collocazione spazio-temporale dell’ambiente nel quale opera la scuola: configurazione geografica, viabilità, contesto storico, configurazione urbanistica, ecc. Struttura economica del territorio vista attraverso l’analisi delle realtà produttive presenti e delle tendenze trasformative in atto. Stratificazione professionale e sociale della popolazione come tasso di occupazione, fenomeni di pendolarismo, il doppio lavoro, il livello della scolarizzazione, le caratterizzazioni ideologiche e religiose, conflitti sociali, ecc. Provenienza geografica e andamento demografico – passato e presente della popolazione nelle sue connessioni con la realtà produttiva e con gli eventuali fenomeni di immigrazione-emigrazione che ne derivano. Struttura e organizzazione dei servizi di pubblica utilità nel territorio (trasporti, istituzioni scolastiche pubbliche e private, servizi sanitari e sociali, parchi pubblici, impianti per lo sport e il tempo libero, ecc.). Struttura e modalità dell’organizzazione della vita sociale nel territorio – come istituzioni civili e religiose, centri di ritrovo e di aggregazione, forme di associazioni politiche, religiose, sportive, culturali ecc., ed il loro ruolo ed incidenza nella vita sociale della comunità locale. Risorse culturali presenti sul territorio intese come strutture pubbliche o private che svolgono attività di promozione e diffusione della cultura nei suoi vari aspetti (cinema, teatri, biblioteche, musei, gallerie d’arte, ecc.) ed il loro ruolo e l’incidenza nella vita sociale e culturale della comunità. Caratterizzazione socio-culturale della comunità (tradizioni, costumi, usi, codici linguistici, cultura popolare locale, subculture, forme di religiosità popolare, ecc.), la sua origine politico-storico-geografica, la sua influenza attuale sulla vita sociale e culturale e le tendenze trasformative in atto. Caratterizzazione psico-sociale e valoriale della popolazione in riferimento anche alla sua stratificazione sociale: valori dominanti, atteggiamenti ed ideali generali più diffusi, stereotipi sociali, interessi comuni, livelli e forme di partecipazione alla vita sociale, politica, religiosa, culturale, rapporti tra diverse classi di età, atteggiamenti e livelli di aspirazione più diffusi nei confronti della cultura e dell’istruzione, ecc. 2. 2. L'analisi della situazione educativa Le più importanti variabili dell’ambiente familiare sono: gli aspetti culturali riguardanti fattori come ad esempio il livello d’istruzione dei genitori, le loro abitudini letterarie, e gli interessi sull’uso del loro tempo libero, ecc.

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gli aspetti materiali ed economici in cui rientrano i dati sul reddito dei membri del nucleo familiare, nonché le condizioni generali di vita, valutate in rapporto alle dimensioni della famiglia ed alle caratteristiche dell’ambiente; gli aspetti motivazionali concernenti l’atteggiamento dei genitori nei riguardi dei progressi scolastici e del futuro impiego del figlio, nonché l’incoraggiamento che questi gli offrono nel suo avvanzamento scolastico; stili educativi ed atteggiamenti nei confronti dell’allievo: quantità e qualità degli stimoli offerti dalla famiglia per favorire l’arricchimento intellettuale e culturale del figlio; livello di aspirazione nei confronti della sua riuscita scolastica; valore che la famiglia attribuisce all’istruzione ed alla cultura; progetti ed aspettative dei genitori nei confronti del futuro professionale e sociale dei figli; metodi e stimoli educativi dominanti; forme di disciplina adottati, ecc. gli aspetti emozionali comprendenti, ad esempio, il grado di armonia che si riscontra nella famiglia, la sicurezza emotiva del figlio e l’interesse dimostrato dai genitori per il suo benessere generale; caratteri dell’interazione diretta scuola-famiglia frequenza, modalità e contenuti dei colloqui individuali tra genitore ed insegnante; caratterizzazione complessiva degli atteggiamenti dei genitori nei confronti dell’insegnante e della scuola; caratterizzazione complessiva degli atteggiamenti manifestati dai genitori nei confronti del valore dell’istruzione scolastica, ecc. 2. 3. I compagni di classe – gli amici Anzitutto va riconosciuto che non è possibile considerare la situazione educativa scolastica come se l’azione dell’insegnante fosse indirizzata ad un solo individuo o ad una serie di individui singolarmente considerati. All’opposto, tale azione si colloca e si concretizza sempre in relazione all’interno di una classe, la quale secondo alla definizione di Herbart è sempre caratterizzata da 5 componenti specifici: un solo individuo adulto, (in) rapporti regolari, (con) un gruppo, (di) ragazzi, (la cui) presenza è obbligatoria. A questi fattori si aggiungono anche gli altri come: le caratteristiche generali del gruppo – rapporto maschi-femmine; distribuzione di età; livelli socio-economico-culturali di provenienza, ecc. le caratteristiche generali degli alunni dal punto di vista strettamente didattico – livello degli obiettivi generali conseguiti complessivamente dall’intero gruppo di alunni nei precedenti anni scolastici; abilità di espressione linguistica e la padronanza di abilità cognitive di base, ecc. fisionomia e struttura relazionale del gruppo – il livello complessivo di coesione e di integrazione del gruppo; suddivisione in sottogruppi “cricche” e la loro eventuale

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correlazione con variabili come il sesso, l’età, la zona di residenza, l’appartenenza a gruppi extrascolastici; configurazione gerarchica del gruppo, individuazione di eventuali leaders e/o emarginati, rifiutati, ecc. la struttura e le risorse materiali della scuola – offrono una vasta gamma di fattori che influenzano costantemente la qualità dell’insegnamento, tanto in senso positivo quanto in senso negativo. il “clima” e l’organizzazione istituzionale della scuola – la cultura scolastica – comprendono gli atteggiamenti del singolo insegnante e degli altri, i contenuti dell’insegnamento, le attitudini e le motivazioni degli allievi, ecc. 2. 4. L’ambiente scolastico La scuola interviene sull’apprendimento in modo esplicito ed intenzionale attraverso il controllo e l’adeguamento delle stimolazioni ambientali a cui l’alunno è soggetto in ambito scolastico. Quando si parla di analisi dell’ambiente scolastico, il primo e più appariscente ambito di esame è, senza dubbio, quello relativo alle condizioni oggettive, fisiche e materiali nelle quali ci si trova ad operare. 3. L’ ora di lezione Rappresenta quella unità di tempo che dovrebbe servire all’organizzazione quanto più efficace dell’insegnamento. La questione della durata di un ora è stata molto discussa. Infatti, la sua durata può estendersi da 20 minuti fino a 2 ore scolastiche, cioè 90 minuti, anzi fino ad un’intera giornata lavorativa (per esempio, l’escursione, l’insegnamento fuori aula, ecc.). Comunque, essa si può coordinare in funzione delle esigenze e della natura dell’insegnamento, come pure dell’età dei ragazzi. 4. L’organizzazione dell’insegnamento Il concetto di organizzazione dell’insegnamento comprende necessariamente anche l’organizzazione del tempo, cioè l’organizzazione dell’ora di lezione. L’organizzazione, la struttura, la composizione didattica della lezione sono comprese nei due termini: articolazione dell’ora di lezione (la microstruttura) o più generalmente articolazione dell’insegnamento (la macrostruttura). La struttura, l’articolazione o l’organizzazione dell’insegnamento dipenderanno, nella maggior misura possibile, dagli obiettivi che si pongono all’insegnamento. In ordine ai fini (agli obiettivi) si può parlare di una specifica classificazione delle ore di lezione. La classificazione più accettabile sarà quella che raggruppa le ore di lezione in due complessi fondamentali: le ore di acquisizione di nuovo sapere, di nuove abilità, e quelle di ripetizione e consolidamento. 4.1. Le tappe del processo d’insegnamento Esistono diverse tappe del processo d’insegnamento: introduzione realizzazione (l’acquisizione del sapere e delle abilità, formazione degli atteggiamenti)

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esercitazione ed applicazione del sapere acquisito e delle abilità ripetizione (l’accertamento) verifica (la valutazione) L’ora combinata, la quale è più frequente nell’insegnamento, include tutte le tappe precedentemente indicate. Queste tappe del processo d’insegnamento si possono riferire alla microstruttura – un ora di lezione e alla macrostruttura – un intero anno scolastico! Quali sono le fasi dell’unità didattica? Vari autori definendo le varie fasi dell’unità didattica sottolineano l’importanza d’ogni singola fase dell’insegnamento, quali: motivazione, globalità, analisi, sintesi, riflessione, fase creativa.

Le tappe del processo d’insegnamento sono mantenibili soltanto in quanto si prendono in considerazione le finalità della lezione. L’organizzazione del tempo dedicato all’insegnamento, ossia della lezione, delle ore in blocco o di un’intera giornata dipenderà dagli obiettivi che desideriamo effettuare. La parte principale del lavoro, ovvero la tappa più realizzata nell’insegnamento, sia per l’insegnante che per l’alunno, dovrebbe essere la valutazione dei risultati ottenuti. L’insegnante deve rendersi conto della misura in cui gli alunni hanno compreso la nuova materia, sia nella prima che nelle successive tappe del processo d’insegnamento. L’accertamento si effettua in più modi: con le interrogazioni, i lavori scritti e con le prove obiettive. In tale maniera, l’insegnante viene a sapere quali parti della materia sono state assimilate, quali devono esser approfondite e ulteriormente elaborate. Da parte degli alunni: loro vengono a sapere quanti compiti sono riusciti a risolvere correttamente, cosa devono studiare di più, ecc. Comunque, nel corso della progettazione, l’insegnante consulterà varie fonti che gli permetteranno di avere cognizioni e informazioni più ampie sull’argomento da trattare. Altrettanto, dovrebbe tenere conto delle capacità e degli interessi degli alunni, come pure della loro conoscenza iniziale.

Organizzazione delle ore in blocco (più ore contigue) Introduzione Uno studioso di problematiche curricolari, Denis Lawton, afferma che tutto il pensiero pedagogico riguardante le tematiche dell’insegnare e dell’apprendere possa venir organizzato secondo due diverse “teorie”, “classica” e “moderna”.

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Possiamo riassumere nel seguente quadro di sintesi le caratteristiche essenziali:

TEORIA “CLASSICA” TEORIA “MODERNA”

Centrata sulla materia di studio Privilegia l’istruzione Fornisce informazioni Persegue acquisizioni Richiede esecutività

Centrata sul discente Privilegia l’esperienza Favorisce la scoperta Sviluppa creatività Richiede autonomia

Per uno svolgimento efficace della cosiddetta “teoria moderna” nell’insegnamento serviranno: Un tempo d’insegnamento più lungo Una vasta gamma di metodi d’insegnamento e di forme di lavoro Degli insegnanti creativi Alunni con delle capacità … Un tempo d’insegnamento più lungo – potrebbero offrircelo le ore in blocco. Se venissero organizzate bene, potrebbero dare agli alunni: un apprendimento efficace, un apprendimento piacevole, risposte a domande complesse, attività con le quali gli alunni imparano a conoscere! Il blocco di ore Il blocco di ore serve anche per dare la possibilità di superamento del sistema classe-materia. Il blocco di ore può dare anche ad ogni alunno la possibilità di imparare a conoscere! Nelle ore contigue c’è tempo per usare un’ampia combinazione di metodi d’insegnamento e di forme di lavoro. Il blocco di ore rappresenta un periodo di tempo che si riserva a quelle forme di lavoro che lo richiedono, come ad esempio un lavoro di gruppo su una materia piuttosto ampia o un lavoro pratico o un’applicazione di lavoro nel laboratorio di lingua, ecc. I vantaggi dell’organizzazione durante le ore in blocco: 1. Gli insegnanti e gli alunni interagiscono più spesso durante l’insegnamento. 2. La possibilità di un approccio individualizzato nei confronti dell’alunno. 3. L’insegnante e l’alunno hanno più tempo sia per insegnare sia per apprendere. 4. La possibilità di organizzare delle lezioni fuori classe. 5. La flessibilità dell’organizzazione della vita scolastica cioè degli orari scolastici e delle correlazioni. 6. Gli alunni vengono chiamati a svolgere diverse attività e gli insegnanti danno a loro l’opportunità di fare ricerche. 7. Gli alunni hanno più tempo per le esercitazioni. 8. L’atmosfera in classe è rilassata e la funzionalità dell’alunno aumenta. Gli svantaggi dell’organizzazione delle ore in blocco: 1. L’impossibilità dell’interazione quotidiana (ogni giorno) degli insegnanti e degli alunni – gli alunni e gli insegnanti collaborano in due giorni invece di collaborare in quattro, per esempio. 2. Le ore in blocco, a causa della loro durata, non sono adatte per gli alunni diversamente abili (con disabilità), specialmente per gli alunni con difficoltà di concentrazione. Gli alunni con difficoltà di concentrazione possono concentrarsi per un

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massimo di 10 minuti nelle attività e per un massimo di 45 minuti nel corso di una lezione. 3. Lunghe distanze tra le lezioni (tra due blocchi di ore) possono influenzare la memorizzazione e l’apprendimento dei contenuti. Una programmazione ben progettata può essere la chiave di superamento degli svantaggi delle ore contigue! Nelle ore in blocco si usano i metodi, le forme, il lavoro e i mezzi e i sussidi didattici che offrono la possibilità di avviare attività creative da parte degli alunni e un insegnamento efficace. Durante un’ora in blocco gli alunni ascoltano, fanno le esercitazioni, conducono ricerche, danno proposte autonome, ecc. Preparazione di un’ora in blocco Per il successo nell’insegnamento durante le ore in blocco ogni insegnante dovrebbe tener conto delle seguenti componenti: Il tempo adatto per ogni attività – per la programmazione delle strategie d’insegnamento, dei metodi e delle forme di lavoro, per la realizzazione delle quantità dei contenuti, delle correlazioni … L’insegnamento – usando uno stile moderno di insegnamento – l’insegnante dovrebbe esser il conduttore o il collaboratore! Il curricolo – un nuovo stile d’insegnamento dovrebbe esser sottoposto all’ autovalutazione – Che cosa e come possiamo fare per la modernizzazione dell’insegnamento? Adeguamenti metodologici - ripetizioni dei contenuti e correlazioni con la vita quotidiana, pianificazione e programmazione delle attività che offrono divertimento (quiz, esercitazioni con giochi, ecc.), lezioni fuori aula esercitazioni con articoli da quotidiani e riviste, ricerche nelle biblioteche, lavoro in laboratori informatici, linguistici, orari flessibili, ecc. esercitazioni che seguono le lezioni per dare un aiuto agli alunni diversamente abili creazione di progetti, preparazione di mostre apprendimento in cicli d’insegnamento – gli alunni lavorano in gruppo su diversi compiti e si spostano fino all’ultimo compito … La regola metodologica principale nell’insegnamento durante le ore in blocco deve essere la modifica delle attività, adeguandole e ottimizzandole alle necessità degli alunni e degli insegnanti, per evitare la saturazione e la monotonia nel processo d’insegnamento! La varietà delle attività individuali danno la possibilità di evitare la saturazione e la stanchezza, che sono i motivi principali responsabili della diminuzione della motivazione, dell’attenzione, e degli effetti globalizzanti dell’apprendimento e dell’insegnamento. La modifica delle strategie d’insegnamento durante un’ora di blocco potrebbe favorire la motivazione, la creatività, la voglia di imparare a conoscere ecc. In tutto questo, è importante ridurre il ruolo predominante dell’ insegnante e aumentare il tempo in cui gli alunni sono insegnanti attivi.

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Ogni insegnante deve tener conto che un mutamento è essenziale per il riposo; si è dimostrato che non tutti i mutamenti significano al tempo stesso anche riposo, ma che per riposarsi è necessario attivare altri organi rispetto a quelli precedentemente attivi. Alcune ricerche hanno rilevato che certi ragazzi accusano sintomi di stanchezza prima ancora che finiscano i 45 minuti dell’ora scolastica o non possono condurre un’attività per più di 20 minuti. L’organizzazione metodologica del blocco di ore – un esempio Primi 10-15 minuti – motivazione con la tendenza ad “alzarsi” 20 minuti – lavoro in gruppo, a coppie – il metodo dei lavori pratici 15 minuti – il metodo dell’esposizione e della dimostrazione del lavoro pratico 5 minuti – attività individuale (o in gruppo) di ogni alunno 15 minuti – lavoro in gruppo, a coppie – il metodo dei lavori pratici 10 minuti – il metodo dell’esposizione e della dimostrazione del lavoro pratico Ultimi 10 minuti – sistematizzazione delle attività realizzate durante il processo d’insegnamento Tali attività dipendono da vari fattori: l’efficacia lavorativa degli alunni non è uguale per tutti i giorni della settimana, e anche la settimana, come ogni giorno, ha un suo ritmo. L’andamento giornaliero della curva dimostra che, il tempo compreso tra le 9 e le 11 all’incirca, sono le più efficaci, poi subentra un rilassamento fino alle 13, per aumentare nuovamente nel pomeriggio tra le 15 e le 17. Neanche questo andamento può essere considerato una regola senza eccezioni. È noto infatti che sulla capacità lavorativa dell’uomo influisce anche il fattore clima, cui si aggiungono le preoccupazioni e i problemi della vita quotidiana. Tutto questo vale anche e maggiormente per l’organizzazione dei blocchi di ore. Nei blocchi di ore il sistema di insegnamento della materia richiede necessariamente un orario delle lezioni – il lavoro ne riesce avvantaggiato considerevolmente in ordine: all’alternanza del lavoro e del riposo, alla distribuzione di ogni singola materia alla luce delle esigenze che scaturiscono dal piano e dal programma di insegnamento, alla cura che si pone verso la potenzialità lavorativa degli alunni, alla ripartizione degli insegnanti nell’ambito di una sezione nelle condizioni proprie dell’insegnamento di una materia. L’orario fisso e l’orario flessibile L’orario fisso delle lezioni presenta le sue debolezze. Può capitare di dover interrompere il lavoro degli alunni nel momento in cui la loro attività è al livello massimo, poiché bisogna lasciare il posto all’insegnante e alle ore che seguono. Ci sono stati dei tentativi di ovviare a questa situazione instaurando la cosiddetta ora pedagogica, la cui durata è condizionata dall’entità e dalla difficoltà dell’unità didattica, dalle forme di lavoro previste, dai metodi, ecc. Di conseguenza l’ora pedagogica, protraendosi nel tempo in maniera molto diversa, provocherebbe determinate difficoltà nella determinazione del regime lavorativo di tutta la scuola. Tenendo conto del pericolo insito nell’interruzione del lavoro nel momento meno adatto, si tenta di compilare l’orario delle lezioni in modo da permettere all’insegnante di fissare il blocco di due ore consecutive (l’orario flessibile) quando ne ha bisogno, concordemente con il suo piano e programma operativo, non trascurando la possibilità

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di procedere alla concentrazione e correlazione di quelle parti di materia che sono affini, cosa questa che spetta al consiglio di classe. Per quanto riguarda le pause in un blocco di ore, Meumann (noto psicologo tedesco) è dell’opinione che lo spezzamento frequente del lavoro (pause più frequenti) sia adatto agli alunni più piccoli, mentre gli alunni delle scuole medie superiori devono adattarsi e concentrarsi nuovamente per il lavoro con maggior frequenza. I didatti e gli psicologi hanno constatato che il riposo è efficace se subentra prima della stanchezza, prima cioè che si avverta un calo nell’effetto lavorativo! Solo un insegnante esperto può sapere quando e come organizzare un’attività adatta ai propri alunni! ESEMPI: Primo esempio: SCUOLA ELEMENTARE – LINGUA ITALIANA Classe IV – Lingua: La lingua letteraria e la parlata regionale Concetti chiave: la lingua letteraria, la parlata regionale (dialetto) Fini istruttivi: saper cogliere le differenze tra il dialetto e la lingua letteraria a) Prima attività: Gli alunni ascoltano un brano nella lingua letteraria (la parte di uno spettacolo teatrale, la parte di una trasmissione radiofonica, ecc.) Gli alunni ascoltano un brano nella parlata regionale del proprio territorio e in quella di un altro territorio Devono scrivere cinque parole ascoltate in ogni brano Gli alunni leggono le parole scritte e concludono che non hanno scritto o hanno scritto poche parole ascoltate nella lingua dell’altro territorio (5-7’) b) Seconda attività Gli alunni lavorano in gruppi: sul testo che riguarda il brano ascoltato nella lingua letteraria sul testo che riguarda il brano ascoltato nella parlata regionale: rispondono alle domande proposte e scrivono i riassunti (20’) UN’ATTIVITÀ RILASSANTE – IL QUIZ SULLE PAROLE DELLA PARLATA REGIONALE (10’) c) Terza attività Gli alunni fanno il lavoro pratico – con il materiale preparato dall’insegnante creano un poster che riguarda sia la lingua letteraria sia la parlata regionale (25’) d) Quarta attività Gli alunni preparano in gruppo una recita del testo in lingua letteraria e del testo nella parlata regionale (dialetto) (30’) Secondo esempio: SCUOLA ELEMENTARE – LINGUA ITALIANA Classe VIII – Cultura dei media: I generi cinematografici: il documentario Concetti chiave: generi cinematografici, documentario Fini istruttivi: distinguere il documentario dagli altri generi cinematografici, distinguere i generi e i mezzi d’espressione usati (sequenze e montaggio) a) Prima attività: Gli alunni spiegano i generi cinematografici (il film d’animazione, il film per ragazzi, il film a soggetto), i mezzi d’espressione cinematografica (il quadro, il piano, l’angolazione) (10’)

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b) Seconda attività Gli alunni discutono tra di loro sulla storia del paese (correlazione con i temi della storia) e argomentano i fati in base della storia contemporanea (15’) c) Terza attività L’insegnante spiega, usando la presentazione Power Point, che cosa sia il documentario: L’insegnante informa gli alunni che andranno a guardare un documentario al cinema L’insegnante spiega che il compito per il lavoro a casa sarà: la creazione di un fumetto sul documentario! (25’) UN’ATTIVITÀ RILASSANTE – VISITA AL CINEMA (10’) d) Quarta attività Gli alunni guardano un documentario sulla storia del loro paese (30’) Terzo esempio: SCUOLA MEDIA SUPERIORE – LINGUA E LETTERATURA ITALIANA Classe III – La satira e Giuseppe Parini a) Prima attività: L’insegnante spiega e descrive la vita, l’ideologia e la formazione di Giuseppe Parini (15’) b) Seconda attività Un gruppo di allievi si reca nella biblioteca scolastica ed un altro gruppo va al laboratorio di informatica. Il primo gruppo svolgerà il lavoro pratico sulla vita e sull´ideologia di Giuseppe Parini ed il secondo farà il lavoro pratico sulla sua poesia didattico-satirica, sulla fama e sulla fortuna, con una ricerca sulle sue opere, le odi ecc. (40’) UN’ATTIVITÀ RILASSANTE – LETTURA DELLA SATIRA DI GIUSEPPE PARINI (20’) c) Terza attività Presentazione delle attività fatte in gruppi (15’) Voi siete favorevoli o contrari all’uso delle ore in blocco? Perché favorevoli? Perché contrari? Spiegatelo? Scrivete qualche punto a favore/contro (individualmente) ed ogni studentessa esprima la sua opinione! Potete riflettere qualche minuto su queste domande ed esprimere la vostra opinione oralmente! Le conclusioni L’organizzazione delle ore in blocco richiede una pianificazione e programmazione dell’insegnamento lunga e complessa. Con un clima positivo a scuola, le ore in blocco e la loro preparazione potrebbero modernizzare sia l’insegnamento sia l’apprendimento degli alunni!

L'importanza di un’esperienza completa nell’insegnamento

Il termine correlazione Paul Barth introduce il termine correlazione quale nuova definizione didattica a indicare il collegamento della materia in un senso più funzionale. Oltre al nesso tra le parti del contenuto delle varie discipline, viene posta in rilievo pure l’importanza dei metodi d’insegnamento chiamati a concorrere a un più efficace legame funzionale della materia nel sistema del sapere e della concezione del mondo.

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L’insegnamento integrato La tendenza a un collegamento quanto migliore e più funzionale della materia d’insegnamento e all’adozione dei procedimenti che a tale fine concorrono, ha fatto nascere l’idea del cosiddetto insegnamento integrato, l’idea della globalità: La materia non dovrebbe essere suddivisa né in singole discipline né in gruppi di discipline, ma dovrebbe essere trattata in complessi unitari, contemporaneamente da più punti di vista: geografico, storico, fisico, linguistico, letterario …. L’insegnamento integrato o interdisciplinare è un modello didattico che sta suscitando attenzione nell’ambito dell’educazione curricolare e specializzata. Certi autori definiscono l’insegnamento integrato come un’educazione organizzata in modo tale da essere trasversale a tutte le materie, collegando così i vari aspetti delle discipline in un’associazione significativa, per focalizzare l’attenzione su ampie aree di studio. L’apprendimento e l’insegnamento sono integrati e riflettono il mondo reale, che è interattivo. Generalmente, l’insegnamento integrato viene definito come un insieme di programmi flessibili e di modalità didattiche che prevedono il lavoro in gruppi di alunni, le relazioni tra idee e l’intreccio di materie. Nell’insegnamento integrato l’accento è posto sull’apprendimento che ha come base la ricerca e l’uso di unità tematiche interdisciplinari per organizzare l’insegnamento. L’insegnamento interdisciplinare ha molte caratteristiche che si prestano all’educazione specializzata: si focalizza su un apprendimento significativo e su abilità trasversali e dovrebbe aiutare gli alunni ad acquisire gli strumenti necessari per un’educazione permanente. Per gli alunni disabili, alcuni aspetti dell’insegnamento interdisciplinare possono porre difficoltà che richiedono un supporto aggiuntivo o degli adattamenti. In particolare, è importante un raccordo sistematico tra le attività individualizzate e il programma della classe, per evitare che il loro apprendimento risulti frammentario; inoltre, occorre tenere conto del fatto che questi allievi non sempre applicano spontaneamente quello che imparano in una situazione e in altre situazioni o materie. Il concetto di insegnamento integrato è stato introdotto dal pedagogo tedesco Berhtold Otto (lo chiamò “insegnamento d’insieme” – Gesamtuntericht) direttore di una scuola privata di Berlino. Otto aveva avvertito la necessità di discutere con gli alunni anche dei problemi, che suscitano il loro interesse, e non sono compresi nei programmi ufficiali d’insegnamento delle singole materie. Perciò iniziò la prassi di raccogliere ogni sabato mattina tutti gli alunni e i professori nell’aula magna della scuola rendendo così possibile l’ottenimento di risposte ad argomenti di loro interesse. Le unità tematiche L’insegnante come può sviluppare un curricolo integrato e una didattica interdisciplinare più efficace? Crediamo che una strategia sia quella di realizzare delle unità tematiche che si focalizzino su argomenti specifici e di usare le risorse fornite dalla tecnologia informatica. L’insegnamento tematico o integrato è un approccio interdisciplinare nel quale i temi o gli argomenti della materia vengono presentati in ampie unità, in modo che gli alunni abbiano abbastanza tempo per comprenderli e trovare le connessioni con ciò che sanno e che interessa loro.

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Questo approccio integra le conoscenze delle varie discipline e incoraggia gli allievi a esplorare in profondità gli argomenti, consultando molte fonti diverse e impegnandosi in varie attività. Rispetto al tradizionale uso del solo libro di testo, il ricorso a più fonti stimola l’impegno nella pianificazione, nell’individuazione dei materiali e nel pensiero più attivo e profondo. Le unità tematiche interdisciplinari costituiscono un’opportunità per guidare lo studio degli elementi fondamentali del curricolo, nonché una modalità per combinare gli interessi degli allievi con le abilità essenziali, al fine di motivarli a svolgere anche le attività per loro meno piacevoli. In virtù del fatto che interessano tutto il curricolo, tali unità forniscono una possibilità più ampia di lavorare su obiettivi individuali nel contesto del curricolo standard. Le unità tematiche offrono numerose opportunità di collaborazione tra gli insegnanti curricolari e quelli specializzati al fine di esaminare, adattare e incorporare le abilità di base nell’argomento. È importante che gli insegnanti scelgano una strategia appropriata al loro programma in classe e al loro stile di svolgimento della lezione. L’integrazione delle tecnologie nelle unità tematiche richiede molto di più del semplice uso di strumenti tecnologici in un’unità: richiede un processo di pianificazione intenzionale dell’insegnamento per ottenere dei risultati specifici collegati all’unità. In questa prospettiva, l’uso delle tecnologie non è fine a se stesso, ma è sorretto e preceduto da un’analisi critica degli elementi didattici che compongono un’unità e dalla ricerca dei punti in cui la tecnologia può effettivamente favorire l’apprendimento. Esistono alcune attività e applicazioni delle tecnologie che possono arricchire il contenuto delle unità tematiche. Gli esempi e la discussione si concentreranno sulle varie aree tecnologiche generali che includono le applicazioni per creare le presentazioni multimediali, i software a tema, e le attività con la rete-Internet. Nello sviluppo di unità tematiche, non esiste una regola standard per l’uso della tecnologia e le attività possono essere estremamente varie. In ogni caso, esse — così come la stessa struttura dell’unità — servono principalmente a potenziare il contenuto.

Strategia Descrizione Esempio

“Centri di apprendimento”

In classe vengono allestiti alcuni “centri di apprendimento”, costituiti da gruppi di alunni che utilizzano uno o più computer. L’insegnante propone lezioni e attività a tema, nell’ambito delle quali gli alunni — individualmente o in piccoli gruppi cooperativi — lavorano sulle unità durante momenti programmati per una settimana o due.

I centri potrebbero riguardare l’area linguistica, l’area letteraria, ecc. Gli alunni ruotano su tutte le attività.

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Strategia Descrizione Esempio

Attività giornaliere

Ogni giorno viene dedicato del tempo a un’unità, nella quale gli alunni lavorano su abilità connesse alle scienze, agli studi sociali, alla matematica, alla letteratura, attraverso attività interdisciplinari.

Unità sulle parole omonime e polisemiche: per due settimane gli alunni lavorano ogni giorno su un’attività. Alla fine espongono alla classe una relazione o una presentazione in PowerPoint.

Strategia Descrizione Esempio

Abilità trasversali

Le attività basate su abilità apparentemente indipendenti l’una dall’altra vengono presentate in forma integrata, in riferimento a un tema. Per ogni disciplina (ad esempio, matematica, letteratura, scienze, studi sociali, educazione artistica/musicale, ecc.) viene sviluppata un’attività.

Unità sui film a soggetto: – Prima: leggere il libro – l’opera letteraria - Secondo giorno: guardare un film a soggetto (scritto in base all’opera letterarira già letta) - Terzo giorno: scrivere il diario – Quarto giorno: discutere sulle caratteristiche del film, individuare le idee e i mezzi espressivi, distinguere i generi e confrontare il film con l’opera letteraria.

Strategia Descrizione Esempio

Abilità di base

Viene sviluppata un’unità sulle abilità di base della lettura, individuando nel libro di testo alcuni argomenti da collegare poi agli studi sociali, alle scienze e alla matematica. L’unità consolida le abilità di lettura e può fornire settimanalmente del tempo per imparare a utilizzare programmi di videoscrittura, con o senza funzioni di assistenza.

Dopo la lettura di “Ventimila leghe sotto il mare” (J. Verne) si propongono attività relative alle scienze, alla storia, agli studi sociali, ecc.

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Strategia Descrizione Esempio

Attività periodica

Per tutto l’anno scolastico, una volta alla settimana (o ogni 15 giorni) si dedica del tempo a un’unità tematica relativa ad abilità funzionali essenziali, proponendo attività che gli studenti devono completare per la volta successiva.

Unità sulla produzione autonoma di testi (in forma scritta): per un mese, gli alunni registrano ogni giorno ciò che hanno scritto; alla fine del mese mostrano all’insegnante che cosa hanno fatto.

Strategia Descrizione Esempio

Abilità tecnologiche

Si sceglie un tema che permetta agli studenti di lavorare su un processo di ricerca e di apprendimento di nuove abilità e che fornisca un aggancio per l’apprendimento di specifiche abilità tecnologiche.

Unità sui generi cinematografici: il documentario: attraverso lo studio di questo argomento, gli alunni sviluppano abilità di ricerca in rete, di videoscrittura, di raccolta dati, di presentazione di informazioni.

Il progetto didattico 1. FASE: Scelta del problema o del tema dibattito sul problema e scelta del tema 2. FASE: Ricerca del problema ricerca dei dati dai mass media uso della bibliografia raccolta dei dati preparazione delle mappe 3. FASE: Progettazione delle soluzioni possibili dibattito con coloro che dovrebbero aiutare nella risoluzione del problema divisione degli alunni in gruppi 4. FASE: Selezione del migliore approccio per la risoluzione del problema (il tema) discussione sui vantaggi e sugli svantaggi delle soluzioni scelte (la mappa mentale) scelta da parte degli alunni della soluzione migliore 5. FASE: Attuazione del piano d'azione raccolta dei dati interviste 6. FASE: Concordanze sulla presentazione del piano d'azione alla comunità organizzazione della presentazione (dove, quando, chi…) realizzazione della riunione dei genitori informazioni ai mass media preparazione della presentazione pubblica 7. FASE: Presentazione pubblica della soluzione del problema (tema)

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preparazione dell’esposizione orale sugli argomenti della soluzione presentazione pubblica in seno alla scuola e a livello delle istituzioni locali creazione della mappa con i dati raccolti e presentati durante la preparazione e la realizzazione del progetto didattico Le mappe mentali Il metodo delle mappe mentali è stato creato (e ideato) dallo psicologo inglese Tony Buzan, che coniò alla fine degli anni '60 questo termine e lo descrisse così: "... una mappa mentale consiste di una parola o idea principale; intorno a questa parola centrale si associano 5 - 10 idee principali relazionate con questo termine. Di nuovo si prende ognuna di queste parole e ad essa si associano 5 - 10 parole principali relazionate con ognuno di questi termini. Ad ognuna di queste idee discendenti se ne possono associare tante altre". Le mappe mentali sono conosciute anche come: Mappe di parole Mappe di idee I termini e le mappe simili sono: Mappe concettuali (J. Novak, 1970) Reti semantiche Le mappe mentali Rappresentano graficamente il pensiero e la conoscenza mediante associazioni. Aiutano agli alunni ad imparare: Ricordate…in quale percentuale impariamo da ciò che vediamo e da ciò di cui abbiamo esperienza diretta? IMPARIAMO IL… 10% di ciò che leggiamo 20% di ciò che ascoltiamo 30% di ciò che vediamo 50% di ciò che vediamo e sentiamo 70% di ciò di cui discutiamo con gli altri 80% di ciò di cui abbiamo esperienza diretta (il lavoro pratico) 95% di ciò che spieghiamo ad altri Le mappe mentali sono lo strumento efficace per promuovere la creatività. Se venissero fatte a mano, potrebbero essere vere e proprie opere d’arte! Oggi esistono anche applicazioni web e i software che aiutano ad usarle professionalmente: ad esempio: MindManager, Free Mind Map Editor ecc. Conclusioni Le caratteristiche della didattica basata sulle unità tematiche — attività di ricerca, contenuti interdisciplinari e significativi per l’alunno, lavoro cooperativo, varietà di stili d’insegnamento — la rendono efficace per l’insegnamento non solo agli allievi con difficoltà, ma a tutti gli alunni. L’integrazione significativa delle risorse informatiche nella didattica e nell’insegnamento integrato presenta numerosi vantaggi: in particolare, fornisce modalità alternative di apprendimento, permette di acquisire abilità cognitive e conoscenze importanti ai fini dell’educazione permanente, favorisce la motivazione, l’interdisciplinarità ecc.

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Tuttavia, l’uso della tecnologia non va considerato come l’unica soluzione per raccordare l’educazione curricolare con quella specializzata, bensì come una delle molte strategie possibili.

Il concetto di curriculum e le sue determinanti

Bruner è stato primo ad introdurre l’espressione curriculum come sinonimo di programma e sosteneva che “un curriculum dovrebbe implicare la padronanza di determinate capacità che a loro volta conducono all’acquisizione di nuove capacità più elevate, al costituirsi di sequenze che potremmo definire autoremuneratrici”. Il curriculum coinvolge: la pianificazione e la programmazione, la struttura e la valutazione del processo d’insegnamento e la realizzazione per quanto riguarda gli obiettivi didattici, gli elementi del contenuto, il controllo del raggiungimento della pianificazione e programmazione globale come dei presupposti per un’efficace realizzazione del processo d’insegnamento (Vladimir Jurić, 2009). Il ciclo curricolare • gli obiettivi • il contenuto • le strategie, i metodi (come fare) • i titolari (responsabilità) • la realizzazione • la valutazione Il curricolo può essere un itinerario che indica come raggiungere le mete prefissate, tenendo conto di più elementi: i contenuti disciplinari e interdisciplinari i metodi e le strategie didattiche l’organizzazione scolastica e il contesto socio – educativo l’integrazione tra scuola, famiglia ed altre realtà territoriali il sistema di valutazione. Il curricolo implicito … diversi autori lo definiscono “il curricolo nascosto” (ingl. hidden curriculum) cioè l’apprendimento degli atteggiamenti, delle credenze, dei valori, degli ipotesi, tutto ciò di solito espresso in termini delle regole, dei rituali e dei regolamenti (Seddon, 1983). … l’organizzazione scolastica e il contesto socio – educativo l’integrazione tra scuola, famiglia ed altre realtà territoriali… Il curricolo esplicito … i contenuti del Programma per l’insegnamento gli obiettivi i metodi e le strategie didattiche la valutazione… Gli insegnanti sono direttamente responsabili di una efficace realizzazione curricolare esplicita. Invece, per la realizzazione curricolare implicita sono indirettamente responsabili!

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Chi è, secondo la vostra opinione, accanto agli insegnanti responsabile per il curricolo implicito? Il curricolo chiuso … il contenuto del Piano e del programma già determinato senza alcuna possibilità della modificazione dove l’insegnante non ha la possibilità dell’individualizzazione del processo d’insegnamento Il curricolo aperto … la metodologia del processo d’insegnamento è flessibile esiste la possibilità della scelta dei contenuti e dei metodi e delle forme di lavoro sul livello interdisciplinare gli alunni sono produttivamente impegnati nelle attività d’apprendimento e d’insegnamento la scuola provvede alla comunicazione l’insegnante – l’alunno – i parenti … Il termine curricolo, tradizionalmente inteso come itinerario di formazione individuale (curriculum studiorum), viene ad assumere il significato di un modello operativo che serve a descrivere e a mettere in relazione tra loro le varie componenti di un procedimento didattico, introducendo elementi di razionalità e di certezza (categorie, criteri organizzatrici e metodologie) nell’esperienza quotidiana del fare scuola che appare tumultuosa e disorganica. Tale caratteristica razionalizzatrice o formalizzante del curricolo è messa da diversi autori in secondo piano mentre viene sottolineato l’aspetto contenutistico: il curricolo in effetti punta a recuperare il valore formativo dell’istruzione puntando sulla forte omologia tra strutture di pensiero e organizzazione delle conoscenze. Su questa strada, per degradazioni successive, si ha pure un significato che diciamo “volgare” del curricolo, nel senso di schema rigido che segna tempi, ritmi e modalità dell’apprendimento in esclusivo rapporto ai contenuti delle materie di studio, e si hanno quindi modelli curricolari (per singole materie) astrattamente individuati: le cosiddette materie curricolari si contrappongono pertanto alle attività integrative. Le varie elaborazioni teoriche intorno alle tematiche del curricolo si differenziano tra loro per vari aspetti: per il valore (prescrittivo o semplicemente descrittivo) da dare ad un modello; per le categorie degli elementi considerati; per le relazioni che legano tra loro tali categorie (ordine sequenziale ovvero interazione dinamiche), ecc. Una corretta descrizione di un modello curricolare non può prescindere dai seguenti punti: a) Analisi della situazione di partenza, condizioni socioculturali (ambientali e familiari), cultura dell’insegnante, organizzazione della scuola e relative regole implicite di comportamento, motivazioni generali allo studio, livelli di abilità e conoscenza degli allievi; b) Individuazione degli obiettivi didattici, intendendo per obiettivi non le finalità generali dell’educazione ma le modificazioni desiderabili nel modo di agire (obiettivi educativi), di pensare (obiettivi funzionali) e di sapere (obiettivo formativo) come pure le competenze; c) Scelta dei contenuti, cioè delle materie di studio che appaiono funzionali agli obiettivi. Vengono qui in considerazione i problemi della correttezza e significatività scientifica e della validità e accessibilità didattica, in relazione alle ricerche epistemologiche e psicologiche; fra i contenuti possono entrare anche le attività integrative, nonostante l’errata opinione corrente che contrappone queste attività alle cosiddette materie curricolari;

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d) Scelta delle procedure didattiche e dei metodi di insegnamento, in cui entrano pure le modalità della comunicazione, l’organizzazione della classe e dei ritmi di lavoro, i materiali di lavoro, sussidi e mezzi didattici ecc.; e) Messa a punto del sistema di valutazione adeguato all’oggetto sotto controllo; f) Analisi dei rapporti con i livelli di scolarità precedente e successiva e con le esperienze formative extracurricolari ed extrascolastiche. Curricolo fondato sulle competenze “Finita l’età dell’ enciclopedismo non serve una scuola-spugna ma una scuola che sappia mettere ordine, dare senso alle cose, faccia ragionare gli alunni su quello che sanno. Una scuola che abbia meno ansia di contenuti, che sappia focalizzarsi su conoscenze e problemi non minimali ma essenziali, basati sui nuclei fondanti delle discipline e generativi di competenze. Una scuola che si fondi non solo sull’epistemologia ma anche sull’ermeneutica e che si proponga di dare agli allievi la capacità di interpretare e trattare gli argomenti con la propria testa” (Gambula, 2009). L'epistemologia è quel ramo della filosofia che si occupa delle condizioni sotto le quali si può avere conoscenza scientifica e dei metodi per raggiungere tale conoscenza. L'ermeneutica è la metodologia dell‘interpretazione. Possiamo dire che ci serve una scuola che può aiutare gli alunni a “trovare il sapere” o ad “avere la conoscenza che gli potrebbe servire nella vita quotidiana” invece di fornirgli “le conoscenze già trovate “. Competenza… …”capacità di attivare e coordinare le proprie risorse interne (conoscenze, abilità e disposizioni interne stabili) e quelle esterne disponibili per portare a termine validamente ed efficacemente i compiti richiesti o le sfide da affrontare” (Pellerey, 2007). Otto competenze in base al Quadro europeo delle competenze chiave (2006) Comunicazione nella madrelingua; Comunicazione nelle lingue straniere; Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; Competenza digitale; Imparare a imparare; Competenze sociali e civiche; Spirito di iniziativa e imprenditorialità; Consapevolezza ed espressione culturale Sviluppare una o più competenze comporta mettere l’allievo al centro di un processo, al termine del quale il prodotto consiste, sul piano teorico: possedere in maniera significativa, stabile e fruibile concetti e quadri concettuali; aver raggiunto adeguate abilità intellettuali e pratiche sapendo come, quando e perché valorizzarle; disporre di adeguati significati, valori, motivazioni, atteggiamenti, concezioni di sé e forme di rapporto con il sapere da acquisire, capacità di concentrazione e di perseveranza nel portare a termine gli impegni, ecc. …sul piano pratico: affrontare e saper inquadrare correttamente situazioni problematiche mettere in moto le risorse richieste gestire se stessi in maniera adeguata per conseguire il risultato atteso controllare e valutare bene sia il risultato ottenuto, sia come lo si è ottenuto. Lo scenario delineato dalla ‘società della conoscenza’ (Memorandum di Lisbona, 2000) è caratterizzato da alcuni elementi fondamentali che ruotano intorno all’ esigenza di spostare il focus dell’ azione didattica: dall’ insegnamento all’ apprendimento dal programma al curricolo

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dalle nozioni alle competenze. Il CIDREE (Consortium of Institutions for Development and Research in Education in Europe) ha promosso una significativa serie di confronti e di documentazioni sul rapporto fra scuola e valori. “Quando educhiamo o insegnamo – si afferma in un documento del 1991 – comunichiamo valori”. L’esistenza stessa di una scuola o di una struttura sistematizzata di istruzione è una affermazione di valore, che dimostra la nostra fede che è necessario o doveroso insegnare ai nostri giovani ad apprendere.

Finalità educative Obiettivi generali Obiettivi specifici Obiettivi

comportamentali Competenze Che cosa sono le finalità educative? Con il termine “finalità” si intendono gli scopi, le mete formative generali che la comunità sociale stabilisce come riferimenti di fondo dell’azione della scuola. Le finalità educative sono comportamenti generali attesi che riguardano la formazione dell'uomo e del cittadino. La scuola basa i fondamenti della sua attività sullo sviluppo e la promozione di aspetti della personalità essenziali per la formazione dell’uomo e del cittadino: Imparare a conoscere; Imparare a fare; Imparare a vivere insieme; Imparare ad essere (UNESCO) Le finalità non sono di per sé operative, nel senso che non è possibile, tramite osservazioni o prove di misurazione, accertarne il raggiungimento da parte degli alunni; esse pertanto fungono da orientamenti ideali i quali implicano, in quanto indicatori basilari dell’attività educativa, una capillare traduzione in forma di obiettivi progressivamente più specifici e misurabili. Perché le finalità perdano il loro carattere di vaghezza indeterminatezza e discrezionalità, devono essere tradotte in obiettivi che vengono articolati in finali, intermedi e operativi o immediati. Che cosa sono gli obiettivi? … l’intenzione e le modifiche nell’apprendimento e nello sviluppo dell’alunno … … ed hanno un significato reale solo se sono resi operativi … Gli obiettivi finali sono gli scopi del processo educativo; scopi generali che devono essere verificati nei risultati finali, ma anche nel processo per mezzo dei quali si cerca di raggiungere. Essi diventano visibili e verificabili quando vengono definiti in termini di comportamento, cioè di obiettivi intermedi, che articolano gli obiettivi finali, grazie all'uso di tassonomie, le quali rappresentano, appunto, l'organizzazione gerarchica di tali obiettivi: è sugli obiettivi intermedi che si esercita la valutazione periodica e finale. Gli obiettivi operativi o immediati indicano espressamente l'azione da compiere, cioè le operazioni: obiettivo = operazioni = comportamento

Obiettivi specifici Obiettivi comportamentali Il comportamento è una serie di operazioni circoscritte, osservabili, esattamente descrivibili e controllabili nei risultati che compongono un'azione del tipo “fare questo”. Un obiettivo, tradotto nelle sue operazioni, significa la "cosa da fare” o la "serie di cose da fare“: obiettivi formativi, obiettivi educativi, obiettivi funzionali. Non dobbiamo, quindi, confondere gli obiettivi con le finalità!

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Diversi autori, nel tentativo di definire gli obiettivi, hanno evidenziato che l’insegnamento dovrebbe, ad esempio, “educare gli alunni a: SAPERE (obiettivi cognitivi), SAPER FARE (obiettivi operativi), SAPER ESSERE (obiettivi di conquista di sé; nel rapporto con gli altri e con la realtà)”. Che cosa sono i fini istruttivi? … Il concetto ‘fini istruttivi’ rappresenta il sinonimo del concetto ‘obiettivi’ o del concetto ‘finalità’? Un piano e programma per l’insegnamento, in genere, esordisce con l’esplicitazione delle competenze che gli insegnanti debbono prefiggersi di attuare man mano come comportamenti morali, capacità operative, conoscenze culturali degli alunni. Che cos’ è la competenza? Il concetto ‘competenza’ (ingl. competence) si può definire come: competenza in un’attività ambito nel quale una persona possiede il sapere, l’esperienza, la familiarità e la professionalità, oppure competenza per un area, attività o mestiere che coinvolge delle adeguate conoscenze, capacità, abilità, atteggiamenti e pratiche. (dal Interdisciplinarni rječnik, Spajić-Vrkaš, Kukoč, Bašić, 2001) Le competenze – sono i risultati del processo d’insegnamento e indicano la conoscenza, la comprensione e le abilità che gli alunni potrebbero dimostrare dopo aver seguito il corso, cioè quello che gli alunni saranno in grado di fare una volta finito il processo d’insegnamento! Conclusione GLI OBIETTIVI → orizzonte a breve termine – vengono definiti all’inizio del processo d’insegnamento nel tentativo di raggiungere le competenze. LE COMPETENZE → orizzonte a lungo termine – vengono definite prima del processo d’insegnamento ma indicano quello che l’alunno sarà in grado di fare una volta finito il processo d’insegnamento. Nel progettare per competenze e/o nella realizzazione del curricolo fondato sulle competenze si deve tenere conto di entrambi gli orizzonti! Quali sono le identificazioni criteriali fondamentali dell’idea di curricolo? Realtà – Un curricolo indica la programmazione nel concreto di una situazione educativa. Razionalità – Una programmazione curricolare si distingue per la giustificabilità piena e continua di ogni suo momento e passaggio, in un clima di iniziativa consapevole e non di abitudinaria esecutività. Socialità – Un curricolo è sempre il risultato di una serie complessa ed articolata di apporti e competenze, collocati in un’atmosfera di collegialità e di decisionalità aperta ed effettiva. Pubblicità – Un curricolo è una progettazione comunicabile, aperta al controllo ed alla verifica, non una realizzazione di timbro privatistico ed individualistico. Riprendendo una pertinente definizione di L. Stenhouse: “un curricolo è un tentativo per comunicare i principi e le connotazioni essenziali di una proposta educativa in una forma tale che la renda aperta all’analisi critica e passibile di essere tradotta in pratica”, il che vuol dire che una programmazione curricolare intende collocarsi a pieno titolo nell’ambito della conduzione operativa di processi aperti, controllabili e comunicabili.

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Confronto tra il Piano e programma d'insegnamento e il Curriculum orientativo nazionale (croato)

I documenti dell’educazione Piano e programma d’insegnamento per la scuola elementare (croata). (2006). Zagabria: Ministero della scienza, dell'educazione e dello sport. Piano e programma d’insegnamento per la scuola media superiore (croata). Programma per l’insegnamento della lingua italiana per le scuole elementari italiane. (2010). Zagabria: Ministero della scienza, dell'educazione e dello sport. Programma per l’insegnamento della lingua e letteratura italiana per le scuole medie superiori italiane. (2010). Zagabria: Ministero della scienza, dell'educazione e dello sport. Curricolo nazionale per l’educazione prescolare e per la scuola dell’obbligo e la scuola superiore (2011). Zagabria: Ministero della scienza, dell'educazione e dello sport. Il piano e programma per la scuola elementare italiana… …coinvolge: i concetti chiave i fini istruttivi/gli obiettivi Il piano e programma per la scuola media superiore …non coinvolge i concetti chiave e gli obiettivi in modo esplicito! Curricolo orientativo nazionale Il contenuto si ramifica nei cicli d’insegnamento! Primo – 1, 2, 3, 4 classe Secondo – 5, 6 classe scuola elementare Terzo – 7, 8 classe Quarto – 1,2,3,4 classe – scuola media superiore L’area linguistico-comunicativa 1. Lingua croata 2. Lingue straniere 3. Lingue classiche 4. Lingue delle minoranze come lingue materne Fino ad oggi non è stato costituito il curricolo della materia per la lingua italiana come lingua della minoranza! L’area delle lingue straniere è divisa in: Ascolto Parlato Lettura Scritto Attività interculturali Da ricordare! Le competenze – sono i risultati del processo d’insegnamento e indicano la conoscenza, la comprensione e le abilità che gli alunni potrebbero dimostrare dopo aver seguito il corso, cioè quello che gli alunni saranno in grado di fare una volta finito il processo d’insegnamento!

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Ad esempio! Il secondo ciclo (comprende la 5 e 6 elementare) L’area: Scritto Gli alunni: • acquisiranno un atteggiamento positivo nei confronti dello scritto … • osserveranno le differenze tra il parlato, i testi scritti semplici e più complessi … • avranno padronanza delle regole ortografiche… Invece di: Gli alunni: • saranno in grado di scrivere in lingua straniera e nella scrittura avranno fiducia in se

stessi • saranno in grado di distinguere le differenze tra il parlato, i testi scritti semplici e più

complessi e di distinguere le differenze tra lo scritto in lingua materna e in quella straniera

• utilizzeranno le regole ortografiche in lingua straniera Nel Curricolo orientativo nazionale ci sono anche degli esempi buoni!! Gli alunni: • useranno le strategie cognitive, metacognitive e socio-affetive… • saranno in grado di usare i vocabolari bilingui e utilizzeranno fonti diverse, come pure i

media elettronici e i programmi istruttivi …

Dall’introduzione…

Reperibile sul sito: www.ncvvo.hr

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Conclusione In gran parte del Curricolo nazionale sono definiti gli obiettivi invece delle competenze per un ciclo (per una o più classi scolastiche). Nel Piano e programma per l’insegnamento della lingua italiana per le scuole elementari italiane (e croate) sono definiti – in forma esplicita – i concetti chiave e gli obiettivi o i fini istruttivi per un tema singolo di ogni campo d’insegnamento (struttura della lingua, comprensione della lingua orale e scritta, produzione orale e scritta, letteratura, cultura dei media).

La pianificazione e la programmazione nell'insegnamento Introduzione Ormai da molti anni, programmazione è un termine (e un complesso di operazioni) entrato nel campo scolastico da altri settori operativi, in particolare dai sistemi organizzativi aziendali e industriali e dalle consuetudini politiche. Significa, in linea generale, un insieme di scelte e di decisioni, nell’ordine di compimento di una qualsiasi attività, collocate secondo una precisa sequenza operativa, connesse tra di loro, legate a scadenze prefissate per quanto concerne la loro attuazione. In campo scolastico la programmazione va distinta dal Piano e programma (documento del Ministero), anche se tra le due strumentazioni operative i nessi sono stretti e polivalenti. È infatti peculiare del Piano e programma (documento del Ministero) la sua configurazione di documento orientativo della prassi, caratterizzato da una certa congenita rigidità delle sue formulazioni e prospettive, nonché da connotati di generalità e astrattezza. Una programmazione adeguatamente dimensionata però non può prescindere dal programma, che ne costituisce anzi il referente, la matrice, l’ambito di esplicitazione. “Senza un preciso Piano e programma al quale ancorarsi, la programmazione rischia di disperdersi, di frantumarsi, di veder proliferare all’impazzata linee operative, procedure e varianti, finendo così con il perdere di vista la sua funzione fondamentale, vale a dire la regolamentazione sistematica e capillare della prassi” (Ghelfi, Lelli, 2000). La coniugazione tra programmazione e curricolo legittima una locuzione di vasto corso in questo contesto operativo, quella della programmazione curricolare: Il programma didattico può essere considerato curricolo nazionale. Il curricolo nazionale tramite la programmazione, si concretizza in una vastissima serie di documenti: i curricoli d’insegnamento delle singole materie – i curricoli locali elaborati da/per ciascun Circolo didattico, costituiti a loro volta da tanti curricoli disciplinari quante sono le discipline argomentate nel Piano e programma; il curricolo scolastico, ecc. La programmazione La programmazione è un processo operativo strumentale, vale a dire che si riferisce sempre a delle pratiche, a delle modalità concrete di insegnamento. Se in relazione ad esse evidenzia una buona funzionalità, ciò significa che la prefigurazione progettuale è di buona caratura, può essere utilmente adoperata.

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“Nel caso invece in cui i risultati di apprendimento e i comportamenti degli alunni non siano quelli ipotizzati nella programmazione, è eticamente corretto convenire che non sono “sbagliati” gli allievi bensì è l’attività progettuale predisposta a contenere in sé sanabili o insanabili anomalie, a seconda della cospicuità dell’insuccesso registrato” (Ghelfi, Lelli, 2000). Per programmazione si intende un processo finalizzato a definire un piano d’intervento. Il processo coinvolge: la fase decisionale, la fase di realizzazione, la misurazione e la valutazione dei risultati. Il percorso progettuale Nel percorso progettuale si possono identificare le seguenti fasi: 1. l’ideazione, può nascere dalla presa di coscienza di un problema e dalla volontà di affrontarlo. È necessario riconoscere i problemi quando si presentano (le prove iniziali), analizzarli e cercare di trovare le soluzioni; I testi inerenti l’organizzazione (ideazione) fanno distinzione tra cooperazione e coordinamento dando ai due termini i seguenti significati: cooperazione significa stabilire delle relazioni tra soggetti che possono lavorare insieme, ma per raggiungere ognuno il proprio obiettivo; coordinamento significa prendere insieme delle decisioni per realizzare azioni congiunte e coerenti per raggiungere il medesimo obiettivo. 2. la decisione è il momento della definizione e della condivisione. La decisione può essere di: tipo formale, se presa dagli organi istituzionalmente preposti, o di tipo informale, se si considerano i processi reali che portano ad assumere la decisione. Molte volte la formalizzazione è preceduta e predeterminata da un processo di condivisione che arriva in seconda battuta a coinvolgere l’organo preposto; 3. la realizzazione. Si guarda agli obiettivi proiettandosi “in avanti” per identificare le modalità d’azione ritenute idonee a raggiungere gli obiettivi e, decisa la strategia, si identificano i compiti, i tempi, la quantità e l’uso delle risorse da collocare nel progetto. Il termine programmazione, nell’uso continuo, ha perso il suo significato semantico. Molte volte al termine programmazione è stato sostituto il termine progettazione, altre volte si è visto nell’idea di progettazione il superamento dell’idea di programmazione. I concetti non sono tra loro sovrapponibili, ma sono complementari! La programmazione prevede procedure di intervento e di governo che permettano di raggiungere i risultati precedentemente stabiliti. Essa tende a definire un modello in cui sono prese in considerazione le variabili in gioco in funzione del raggiungimento degli obiettivi predefiniti. Nella progettazione, partendo dalla considerazione che le situazioni reali non corrispondano a schemi astratti, si tiene conto delle variabili che si presentano nelle differenti situazioni. La progettazione è l’espressione dell’autonomia e della complessità, pronta a ridefinirsi in situazioni problematiche; è, quindi, legata alla capacità di affrontare un problema o un compito che si presenta, utilizzando, di volta in volta, le strategie più idonee. Si può dire che il progetto nasca da un atto di volontà, d’intuizione e d’immaginazione.

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La programmazione nasce dalla razionalità, da un’attenta valutazione delle opportunità, dei limiti e del rapporto costi-benefici. Pellerey (2007) distingue la progettazione dalla programmazione sulla base dei seguenti criteri: criterio temporale: la progettazione si stende su un arco di tempo più ampio del solo anno o un semestre scolastico, in generale ha un respiro pluriennale; criterio sostanziale: la progettazione riguarda il quadro generale di identificazione educativa o formativa che la comunità intende assumere come riferimento stabile per la sua azione mentre la programmazione si riferisce a scelte più puntuali e di natura prevalentemente organizzativa.

La progettazione è un’azione da sempre presente nella scuola ed è stata sempre compito specifico degli insegnanti ed espressione della libertà d’insegnamento. Si può, infatti, affermare che l’insegnante, anche quando era chiamato a seguire programmi minutamente prestabiliti, abbia sempre progettato la propria azione formativa quando ha voluto esprimere la propria professionalità e non essere solo un trasmettitore meccanico di conoscenze o un addestratore. La progettazione scolastica, quindi, si realizza in un contesto scolastico organizzato, responsabile nel suo insieme dell’offerta formativa che intende promuovere. L’assunzione di responsabilità condivisa, per la qualità del servizio offerto da parte di tutte le componenti scolastiche, richiede da parte di tutti gli attori del processo non solo cooperazione ma anche coordinamento. Dopo aver progettato, si passa alla pianificazione che consiste nel: definire le risorse umane e materiali necessari definire i tempi e le scadenze mettere a punto un piano di monitoraggio per raccogliere tutte le informazioni che possano servire a descrivere il progetto e permette di superare i problemi che possono essere evidenziati in fase di attuazione. La messa a punto di un piano è il momento più pragmatico, ma una buona pianificazione è l’elemento necessario, accanto alle azioni delle altre fasi, per aver successo nel raggiungimento degli obiettivi (la programmazione). Le fasi della programmazione La programmazione si sviluppa, quindi, attraverso diverse fasi:

- individuazione degli obiettivi, - determinazione delle strategie più idonee alla loro realizzazione, - individuazione delle risorse, dei centri di responsabilità, dei procedimenti, - misurazione e valutazione dei risultati. Tali fasi prevedono: 1) Definizione: - degli obiettivi: - generali, destinati ad ispirare e dare coerenza interna al lavoro educativo; - specifici, destinati ad esprimere in termini operativi le prestazioni raggiunte dall'alunno nel suo processo di apprendimento (obiettivi formativi, obiettivi educativi, obiettivi funzionali). - delle competenze: - quello che gli alunni saranno in grado di fare una volta finito il processo d’insegnamento.

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2) Scelta del metodo, inteso come procedura ritenuta più adeguata al raggiungimento degli obiettivi. 3) Scelta delle tecniche (i mezzi e sussidi didattici) utilizzate per l'attuazione del metodo. 4) Scelta dei contenuti attraverso i quali attuare l'insegnamento, per il raggiungimento degli obiettivi. 5) Valutazione dell'apprendimento. La valutazione è l'accertamento sistematico del perseguimento, da parte degli alunni, di quei comportamenti e quelle abilità indicati negli obiettivi e ritenuti indispensabili alla formazione. Tale verifica si configura soprattutto come flusso di informazioni valutative di ritorno (feed-back) che consentono l'analisi e la modifica della programmazione, caratterizzandola così nelle sue specifiche proprietà autocorrettive ed autoregolative, secondo un andamento non più lineare. Gli atti decisionali che fissano le finalità e gli obiettivi programmati, sono prescrittivi e diventano vincolanti per coloro ai quali sono destinati – agli alunni e alle competenze! Programmazione è la parola chiave che si riferisce alle finalità: educative per definire i criteri pedagogici generali. Le scuole si impegnano nella programmazione educativa quando definiscono le finalità valoriali (morali, etiche e civili) che perseguono e che propongono ai loro alunni; didattiche per la previsione dei percorsi didattici calati nella situazione operativa. La programmazione didattica considera le discipline ed i percorsi scandendo gli obiettivi (formativi, educativi, funzionali) proposti agli allievi e che essi devono impegnarsi a raggiungere. La programmazione trova un’altra sua specifica definizione nel curricolare, ad indicare, nell’attuazione operativa dei programmi nazionali, la realizzazione del processo d’insegnamento aderente alle attese ed alle motivazioni degli allievi, passando dall’astratto ad un contesto reale. Una distinzione largamente accettata è quella tra programmazione scolastica e programmazione formativa… Nella prima, la programmazione scolastica, vengono prese in considerazione tutte le attività organizzative e istituzionali collegate alla realizzazione della programmazione con riferimento all’ambiente, alle condizioni istituzionali, culturali e sociali con attenzione ai problemi legati alle risorse umane e finanziarie, ai tempi ed agli strumenti. Si può dire che la programmazione scolastica riguardi tutto l’insieme delle attività, organizzative e didattiche, che permettono la realizzazione del servizio. La seconda, la programmazione formativa, trova applicazione: nella descrizione di un percorso di formazione finalizzato al raggiungimento di determinati obiettivi che sono desunti dalle richieste provenienti, in un determinato momento storico, dal mercato del lavoro e dal contesto culturale; nei problemi legati generalmente alla formazione/istruzione; negli interventi didattici; in tutte le attività educative inserite nel piano d’insegnamento/apprendimento. Le nuove modalità di organizzazione scolastica determinano tutta una serie di cambiamenti:

- la professionalità degli insegnanti, prima centrata sul lavoro individuale, deve arricchirsi di competenze relative alla gestione del lavoro di gruppo, alle capacità relazionali e negoziali;

- la collaborazione di tutte le componenti scolastiche per una gestione unitaria in funzione del raggiungimento dei risultati fissati dal piano e programma;

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- la professionalità del dirigente scolastico, responsabile dell’istituzione e snodo centrale dei diversi processi e responsabile dei risultati, ecc.

Il monitoraggio dei processi organizzativi, la verifica dei risultati, la valutazione sui processi messi in atto dall’organizzazione scolastica e la valutazione dei risultati raggiunti in rapporto ai risultati attesi, sono indispensabili per modificare, correggere e migliorare l’organizzazione scolastica (per l’autovalutazione). La costruzione dei Piani e programmi di studio personalizzati tra individualizzazione e personalizzazione L’ “individualizzazione”: attiene alle procedure didattiche volte a fare perseguire a tutti gli alunni le abilità strumentali di base e le competenze comuni attraverso una diversificazione dei percorsi d’apprendimento; assume il principio che non tutti i soggetti possono seguire lo stesso ritmo e conquistare allo stesso tempo e allo stesso livello di approfondimento gli apprendimenti ed i concetti. La “personalizzazione”: attiene alle procedure didattiche volte a permettere a ogni alunno di sviluppare le proprie peculiari potenzialità intellettive, differenti per ognuno, sempre attraverso forme di differenziazione degli itinerari d’apprendimento; risponde alla ricerca del ‘metodo di lavoro’ che più si adatta alle propensioni, alle strategie, alle modalità di elaborazione, agli interessi profondi dei singoli alunni senza preoccuparsi di garantire a “chi ha di meno” il “di più” necessario per assicurare pari opportunità formative. Oltre a queste accezioni concettualmente antitetiche si può indicare una terza via che cerca di integrare e rendere complementari due strategie: quella che mira a obiettivi comuni per tutti (l’individualizzazione) e quella che si basa su traguardi diversi e personali per ognuno (la personalizzazione). Infatti, l’uso dei termini “individualizzazione” e “personalizzazione” è relativamente simile, nel senso che entrambi riconoscono l’opportunità di abbandonare pratiche didattiche uniformi e indifferenziate per assicurare un intervento educativo e didattico che tenga conto delle diversità tra gli alunni. Centrare il focus sulla persona che apprende, in una società complessa, dove i saperi si costruiscono attraverso l’uso condiviso di linguaggi e significati storicamente dati e in perenne trasformazione, sottintende un approccio sistemico ai saperi: l’ esigenza di costruire un sistema di relazioni tra i saperi, che si tengano insieme tramite un gioco di rimandi reciproci e coerenze. Concetti chiave

Momento Organo emittente Contenuto

Programma Commissione nazionale (Ministero)

Prescrizioni ed indicazioni assolutamente generali

Programmazione curricolare

Consiglio di classe Progettazione educativa e didattica complessiva in una situazione concreta

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Piano e programma operativo

Team di insegnanti, un singolo insegnante

Attuazione specifica per ambito e materia delle scelte e delle determinazioni curricolari di classe

Che cos’ è un piano e che cos’ è un programma? Il piano si riferisce alle ore d’insegnamento previste per: l’introduzione la realizzazione l’esercitazione la ripetizione la valutazione riguardanti sia la microstruttura (un’ora di lezione) sia la macrostruttura (un intero anno scolastico) dell’insegnamento. Il programma si riferisce al contenuto del Piano e programma (i campi, i temi, le unità didattiche)

Come pianificare e programmare a scuola?

Fasi Questioni

Analisi della situazione Quali funzioni si attribuiscono all’educazione nella scuola?

Selezione dei contenuti Che cosa trascegliere come campo di indagine nell’infinito universo dei prodotti culturali?

Organizzazione del contenuto Quali aree e quali temi proporre agli alunni? Quanto tempo di tema selezionato serve per l’apprendimento, le esercitazioni e la valutazione?

Definizione degli obiettivi e elaborazione di un criterio tassonomico per la definizione degli obiettivi

Quali obiettivi si ritengono prioritari? A quale livello i nostri alunni apprenderanno il sapere?

Scelta, selezione ed organizzazione dei metodi e delle forme di lavoro

Metodo della ricerca, del problem solving, euristico, ecc.? Lavoro in gruppo, individuale o individualizzato?

Mezzi e sussidi didattici Quali mezzi e sussidi didattici serviranno per la realizzazione dei temi?

Definizione delle connessioni interdisciplinari

Quali temi si potrebbero correlare con un altro tema e come?

Realizzazione Quali forme organizzative di orari, spazi, raggruppamenti di alunni e di docenti si ritengono più utili?

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Verifica – Valutazione Quali modalità di verifica si intendono adottare per l’apprendimento degli alunni?

Lezioni fuori aula e attività extracurricolari

Quali attività coinvolgere? Chi, che cosa, quando, dove?

Creazione del piano e programma d’insegnamento: Piano e programma operativo o Piano e programma esecutivo Si crea usando: Curricolo nazionale per l’educazione prescolare e per la scuola dell’obbligo e la scuola superiore (2011). Zagabria: Ministero della scienza, dell'educazione e dello sport. Piano e programma d’insegnamento per la scuola elementare (croata). (2006). Zagabria: MSES. Piano e programma d’insegnamento per la scuola media superiore (croata). Programma per l’insegnamento della lingua italiana per le scuole elementari italiane. (2010). Zagabria: MSES. Programma per l’insegnamento della lingua e della letteratura italiana per le scuole medie superiori italiane. (2010). Zagabria: MSES. I libri di testo di lingua e letteratura italiana per le scuole elementari e le scuole medie (croate ed italiane) ed i manuali. Il Piano e programma operativo può essere realizzato, in modo più efficace, usando assieme al Piano e programma d’insegnamento del Ministero, i libri di testo (e i manuali per gli insegnanti) – si usano i testi già proposti. Il Piano e programma (del Ministero) coinvolge solo le aree ed i temi – usando i libri di testo si possono programmare pure le unità didattiche, anche quelle simili ai temi! Il piano e programma operativo mensile Il piano e programma operativo mensile si realizza di solito solo nelle scuole elementari. Si realizza nello specifico per instaurare correlazioni tra le materie: gli insegnanti propongono i temi per un mese e stabiliscono consensualmente come e quando realizzare queste correlazioni! Le correlazioni si possono svolgere nella microstruttura, nella macrostruttura, in un progetto didattico, nell’insegnamento fuori aula come pure nell’insegnamento extracurricolare! Il piano e programma operativo settimanale Il piano e programma operativo settimanale non è obbligatorio – lo può creare ogni insegnante per le proprie esigenze! Creazione della tavola di programmazione dell’unità didattica Si crea usando: Curricolo nazionale per l’educazione prescolare e per la scuola dell’obbligo e la scuola superiore (2011). Zagabria: Ministero della scienza, dell'educazione e dello sport. Piano e programma d’insegnamento per la scuola elementare (croata). (2006). Zagabria: MSES. Piano e programma d’insegnamento per la scuola media superiore (croata).

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Programma per l’insegnamento della lingua italiana per le scuole elementari italiane. (2010). Zagabria: MSES. Programma per l’insegnamento della lingua e della letteratura italiana per le scuole medie superiori italiane. (2010). Zagabria: MSES. I libri di testo di lingua e letteratura italiana per le scuole elementari e le scuole medie (croate ed italiane) ed i manuali. Le fasi dell’unita didattica – della microstruttura:

- motivazione, globalità, analisi, sintesi, riflessione, fase creativa

La valutazione nel processo d’insegnamento

1. Che cos’è la docimologia? La docimologia è una scienza che ha per oggetto tutto ciò che è connesso alla misurazione e alla valutazione in ambito educativo. La parola docimologia significa appunto: scienza dell’esaminare, del valutare. L’obiettivo – eliminazione dei fattori soggettivi nella valutazione e miglioramento del processo valutativo. La scienza della valutazione, più propriamente docimologia (da gr. dikmazein – esaminare ), è nata nel 1922 e prese avvio proprio dall’esigenza di analizzare la validità e la coerenza dei giudizi espressi dagli insegnanti nella valutazione. La docimologia si è inizialmente concentrata sull’analisi delle ragioni della diversità dei giudizi attribuiti ad una stessa prova, non solo da insegnanti diversi, ma anche dallo stesso insegnante in tempi diversi. Gli studi si sono via via approfonditi, attraverso indagini sempre più raffinate sulla validità e sull’attendibilità delle misurazioni e valutazioni delle conoscenze e competenze. La docimologia studia scientificamente i criteri di valutazione scolastica e i fattori soggettivi che agiscono negli esaminatori. Altrettanto elabora le tecniche per la valutazione del profitto degli allievi. In questo quadro hanno assunto grandissima importanza gli strumenti o prove di verifica. In particolare, la misurazione rappresenta il momento della rilevazione e della rappresentazione delle informazioni riguardanti i risultati di un percorso formativo; la valutazione riguarda il momento della loro elaborazione, dell’interpretazione e del giudizio. La valutazione è un processo sistematico e continuo che si fonda su criteri autonomi rispetto ai metodi e agli strumenti di cui si serve la misurazione; considera le prestazioni dell’alunno, l’efficacia degli insegnamenti e la qualità dell’offerta formativa e fornisce le basi per un giudizio di valore che consente di prendere decisioni sul piano pedagogico e sul piano sociale. Diciamo subito che l’oggettività, in realtà, non è realizzabile ed è perciò necessario imparare ad accettare questo dato di fatto senza troppi sensi di colpa! Dobbiamo, in ogni caso, cercare di raggiungere la massima obiettività possibile, ossia il più alto grado di imparzialità ed equità, lavorando con la soggettività. Solo così i risultati possono essere comparabili. Nella tradizione scolastica, la valutazione è stata per lungo tempo considerata come il naturale ed imprescindibile epilogo del processo d’insegnamento.

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È stata sempre ritenuta un momento fondamentale ma, per molti aspetti, estraneo alla dinamica dell’insegnare e dell’apprendere. Perché? Per il semplice fatto che è rivolta a sanzionare e certificare i livelli di rendimento scolastico degli allievi. 2. Il concetto della valutazione scolastica

Per poter valutare è necessario raccogliere una serie d’informazioni, di effettuare una serie di evidenze, di verifiche, di misurazioni, di votazioni – attraverso le quali giungeremo alla formulazione del giudizio qualitativo. Prima di tutto dobbiamo distinguere il processo dell’accertamento o misurazione – assessment dal processo della valutazione propriamente detto evaluation. La misurazione si riferisce alla rilevazione dei vari livelli di apprendimento, mentre la valutazione esprime il giudizio qualitativo rispetto ad una determinata misurazione effettuata. Misurare per Guildford è assegnare un numero a un oggetto e a un avvenimento secondo una regola logicamente accettabile (nelle nostre scuole: dall’ 1 al 5). Comunque, nella concreta realtà scolastica la misurazione e la valutazione giungono ad essere difficilmente differenziabili. Secondo Gronlund la valutazione è un processo sistematico per determinare il grado in cui gli obiettivi sono stati raggiunti dagli allievi. In questa definizione possiamo individuare due aspetti molto importanti: “come si valuta” – cioè l’esigenza di sistematicità ed attendibilità dei controlli; “cosa si valuta” – si riferisce agli obiettivi didattici precedentemente determinati; Il terzo aspetto mancante, è quello relativo alle funzioni della valutazione: ovvero il “perché si valuta” – ciò consiste nella raccolta e nell’uso di informazioni concernenti i cambiamenti nel comportamento degli alunni allo scopo di prendere decisioni riguardanti il programma d’insegnamento. Dunque, abbiamo tre aspetti fondamentali della valutazione: Le sue funzioni (perché valutare) Il suo oggetto (cosa valutare) Le sue modalità ed i suoi strumenti (come valutare). 2.1. Le funzioni della valutazione scolastica Da un punto di vista formale è possibile distinguere, nel processo d’insegnamento, quattro momenti:

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gli obiettivi che in funzione del processo stesso s’intendono realizzare; gli strumenti che in relazione a quegli scopi sono utilizzati; l’organizzazione concreta secondo cui è articolato l’uso di quegli strumenti; il controllo, inteso ad accertare se e fino a qual punto gli scopi proposti sono stati raggiunti mediante l’utilizzazione degli strumenti prescelti. Cosa bisogna intendere col concetto: scopi del processo d’insegnamento? In relazione ai contenuti e alle direzioni del processo d’insegnamento, si può parlare, tra gli altri, di scopi sociali, religiosi, intellettuali, professionali, estetici, ecc. In funzione dell’importanza degli scopi nel processo d’insegnamento, possono essere classificati in finali e immediati, subordinando i secondi ai primi. In rapporto alla giustificazione culturale della presenza, si può parlare di scopi presenti per richieste ed esigenze sia di carattere sociale, sia di carattere psicologico o propriamente pedagogico (esempio: l’apprendimento delle capacità di leggere e scrivere). La scelta degli strumenti da utilizzare per la realizzazione degli scopi del processo d’insegnamento è evidentemente in funzione primaria degli scopi medesimi, nel senso di una loro subordinazione a questi ultimi. Sarebbe assurda la scelta di uno strumento che impedirà il raggiungimento degli scopi prefissati. L’ organizzazione degli strumenti educativi dipenderà da diversi livelli di complessità. Un livello più semplice sarebbe quello dell’ organizzazione della lezione da parte dell’insegnante, mentre un livello più complesso è quello dell’organizzazione del “curriculum” degli studi di un qualsiasi tipo di scuola. Quello che il controllo educativo deve compiere, s’identifica con l’accertamento di quanto gli strumenti utilizzati secondo l’organizzazione educativa prescelta, abbiano permesso e fino a qual punto di raggiungere gli scopi proposti. 2.2. L’oggetto della valutazione scolastica … sono innanzitutto gli apprendimenti intellettuali e poi la condotta, cioè le modalità di comportamento dell’alunno. I cosiddetti “apprendimenti intellettuali” possono esser ulteriormente specificati, come ad esempio l’acquisizione di abilità elementari o di base, le capacità di comprendere e di applicare. Quello che viene definito come “condotta” può meglio essere chiarito ed identificato nei comportamenti socialmente accettabili (rispetto alle norme che regolano la vita scolastica), nello sviluppo di atteggiamenti socialmente positivi (spirito di collaborazione, di tolleranza, l’assenza di pregiudizi, ecc.) e nella sollecitazione di interessi significativi (per la lettura, per la pratica di attività sportive, ecc.). La valutazione del profitto scolastico è stabilita dal confronto degli obiettivi conseguiti dagli alunni con i risultati attesi: in base alla loro vicinanza o distanza si desume il grado di apprendimento. Uno degli aspetti più negativi della valutazione tradizionale consiste nel fatto che, col tempo, sia la valutazione formativa (che dovrebbe mirare a monitorare il processo d’apprendimento per poi apportare gli opportuni correttivi all’insegnamento/apprendimento), sia la valutazione sommativa (che dovrebbe verificare il raggiungimento finale, al termine di un modulo, di un ciclo semestrale o di un anno scolastico di obiettivi d’apprendimento)

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sono state ricondotte ad un unico scopo: verificare il conseguimento o meno di determinati apprendimenti. La valutazione tradizionale si basa su tipi di prestazione che richiedono di scegliere una risposta tra una serie preparata dall’insegnante, o di ricordare, riconoscere e riprodurre conoscenze e procedure all’interno di compiti e prove oggettive, legati da contesti reali e significativi. Tali prove mirano a fare emergere indirettamente l’ampiezza e la profondità dell’apprendimento! La valutazione tradizionale non funziona quando bisogna verificare l’acquisizione di conoscenze, abilità e competenze complesse, non circoscrivibili in ambiti chiusi, definitivi, astratti dal reale. Un curricolo innovativo: ridefinire la distinzione tra valutazione dell’apprendimento e valutazione per l’apprendimento …la valutazione dell’apprendimento registra il livello di competenza raggiunto, propone prove d’ingresso per una collocazione iniziale o valutazioni a ciclo breve o esami conclusivi, documenta la padronanza degli standard per decidere il passaggio alla classe successiva. Di fronte a questo tipo di valutazione l’allievo studia per raggiungere gli standard e i risultati più alti, svolge prove il cui superamento costituisce la fine dello studio. …la valutazione per l’apprendimento mette in condizione gli allievi di comprendere lo stadio di sviluppo nel quale collocare il loro livello di padronanza, aiuta gli allievi a conseguire tutti gli obiettivi già previsti, sostiene e promuove il miglioramento continuo verso il successo. Si fonda su feedback descrittivi degli allievi, prevede la costruzione di strumenti concordati e condivisi tra docenti e allievi per la definizione delle caratteristiche dei prodotti attesi (rubriche), per il sostegno all’autovalutazione e per lo sviluppo delle competenze metacognitive, ovvero il livello più alto del settore cognitivo. Di fronte alla valutazione per l’apprendimento l’alunno è coinvolto nella costruzione di un sistema di auto/etero valutazione ed opera sui risultati di valutazione della classe per migliorare le proprie prestazioni. 2.3. Gli strumenti di controllo – proposte per la valutazione formativa nell’insegnamento … le tabelle di registrazione (check list), gli schemi di categorie osservazionali, le griglie di correzione, ecc. Tabella di registrazione – due esempi a) Nome e cognome dell’alunno: __________________________________ Tema/Unità didattica: _________________________________________

CRITERIO PER LA VALUTAZIONE SEGNO

Riconosce … X

Spiega … X

Usa …

Commenta …

Decide …

Organizza … X

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b) Mentre si sta svolgendo un lavoro di gruppo, una discussione o una libera conversazione durante la ricreazione, l’osservatore (l’insegnante) con lo schema alla mano può tenere sotto controllo il comportamento verbale di un alunno (quando è più esperto può anche badare a due o tre alunni contemporaneamente) e registra nelle varie ripartizioni le espressioni o gli atteggiamenti comunicativi. Nell’esempio riportato qui di seguito, le lettere A, B, C, ecc. indicano gli alunni di una classe e le crocette il tipo di comportamento osservato in ogni singolo alunno.

Descrizione della categoria e tipo d’intervento

A B C D E F

1. Dimostra stima, incoraggia XX

X

2. Riduce le tensioni, scherza X

3. Offre suggerimenti, idee alternative X XX

4. Chiede pareri, opinioni, valutazioni X

5. Chiede aiuto, si estrania dal gruppo X

XX

6. Chiede consigli e istruzioni X

X

7. È in disaccordo, rifiuta, mette in dubbio

XX

8. Mostra antagonismo, aggredisce, fa valere se stesso

X

Lo schema di categorie osservazionali – un esempio Nome e cognome dell’alunno: ______________________________ Classe: ______ Corso: ____________________ Tema/Unità didattica: __________________________

CRITERIO PER LA VALUTAZIONE MAI A VOLTE NE SÌ NE NO

SPESSO SEMPRE

CLASSE DEL SAPERE

Riconosce … 1 2 3 4 5

Spiega … 1 2 3 4 5

Usa … 1 2 3 4 5

Commenta … 1 2 3 4 5

Decide … 1 2 3 4 5

Organizza … 1 2 3 4 5

IN RELAZIONE AGLI OBBLIGHI

È attivo nelle prove 1 2 3 4 5

RAPPORTI NEI CONFRONTI DEGLI ALUNNI E DEGLI INSEGNANTI

Collabora con gli alunni

1 2 3 4 5

Incoraggia l’atmosfera durante l’insegnamento

1 2 3 4 5

ATTIVITÀ Svolge i compiti a casa

1 2 3 4 5

Collabora nell’insegnamento

1 2 3 4 5

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La griglia di correzione – un esempio Esistono più tipi di griglie: di seguito ho preparato l’esempio per la griglia di correzione del tema scritto. Griglia di correzione del tema scritto

Nome dell’alunno

Tema n. 1 data

Tema n. 2 data

Tema n. 3 data

Tipo di errore ecc.

Ortografia

Correttezza morfologica

Correttezza sintattica

Padronanza del lessico

Leggibilità (presentazione grafica)

È una griglia molto semplice, adatta per la correzione di temi di livello elementare: si riferisce ad errori chiaramente identificabili e che possono quindi essere oggettivamente rilevati. Non vengono, invece, considerati altri problemi connessi con la composizione scritta (creatività, atteggiamento critico, stile, ecc.) che sfuggono a precise rilevazioni e schematizzazioni e per le quali è necessario ricorrere a forme di correzione più personali e complesse. Ogni insegnante deve tener conto di quanto segue: gli indicatori nelle griglie, nelle tabelle e negli schemi devono essere formulati in modo chiaro e inequivocabile devono riferirsi a qualcosa di realmente osservabile non devono essere troppo numerosi devono essere sufficienti per consentire di segnalare tutte le possibili soluzioni. I dati da rilevare possono riferirsi a svariati aspetti che interessano l’attività dell’insegnante: controllare l’andamento generale di una classe o quello individuale relativamente a particolari settori di studio; analizzare le principali difficoltà che la classe incontra nell’ambito di specifici apprendimenti; ma anche mettere a fuoco i problemi della scuola: ad esempio – l’attrezzatura didattica a disposizione e l’impiego che ne viene fatto. L’oggettività del controllo è garantita dalla predeterminazione degli elementi di osservazione e dalla predisposizione delle modalità di monitoraggio del sapere o degli atteggiamenti. 2.3. La necessità della valutazione La valutazione si chiarisce come il momento della verifica, del controllo, dell’accertamento al fine di introdurre modifiche nell’itinerario educativo.

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La valutazione si caratterizza come un atto complesso di accertamento e di giudizio globale, ma anche come una funzione retroattivante la quale deve rivedere le situazioni che non hanno prodotto gli esiti attesi, in modo da correggerle. 3. I fattori che minacciano l’affidabilità e la validità della valutazione 1. Fattori in correlazione con le risposte: la chiarezza della risposta, le abilità verbali dell’alunno, le competenze di osservazione dell’insegnante e la resistenza emotiva dell’alunno. 2. Fattori soggettivi di valutazione dell’insegnante secondo Grgin sono: un’equazione personale (diversi criteri della valutazione interna tra gli insegnanti/tra le scuole); halo-effetto (influenza l’impressione generale della valutazione degli alunni); un errore logico (l’insegnante pensa che le funzionalità delle materie diverse siano in connessione; ad esempio: i contenuti della lingua italiana e della lingua inglese); un errore del voto medio (tendenza di dare i voti medi); un errore di differenza (tendenza dell’insegnante di fare troppa differenza del sapere tra gli alunni); un errore di contrasto (una risposta dell’alunno può influenzare la valutazione da parte dell’insegnante su una risposta successiva, essendo questa migliore o peggiore della precedente); la tendenza d’adeguare i criteri di valutazione alla qualità del gruppo degli alunni. 3. Fattori tecnici d’interrogazione: l’attività dell’insegnante… durante l’interrogazione misura solamente il sapere invece di misurare anche le abilità dell’alunno, le competenze … durante l’interrogazione misura solo il primo o il secondo livello del sapere… suggerisce le risposte… sceglie le domande difficili per dimostrare il suo potere, ecc. Verso la conclusione La valutazione deve essere centrata sull’alunno! Ogni volta che l’alunno non soddisfa gli obiettivi prefissati dalla scuola, sia nello studio sia nel comportamento, l’insegnante gli dà la possibilità di recupero. La valutazione, infatti, rappresenta lo strumento fondamentale di progettazione, attuazione, controllo, regolazione e modifica di ogni azione finalizzata e consapevole, di come sia connotata l’azione di insegnamento e di apprendimento, soprattutto di tipo formale. La valutazione riguarda non solo l’agire complesso e articolato di media e lunga durata che può riferirsi ad un cospicuo itinerario curricolare, ma anche di quello a breve termine che, pur all’interno di un intervento strategico più generale, ha luogo, momento per momento, nella pratica formativa quotidiana. 4. La classificazione delle prove oggettive o strutturate Uno dei criteri di classificazione delle prove è il grado di strutturazione che presentano, in un continuum che va dal minimo di strutturazione, ad esempio del tema e delle

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interrogazioni tradizionali, al massimo di strutturazione delle cosiddette “prove oggettive di verifica”. 4.1. Prove non strutturate Le risposte non sono univoche e non sono predeterminabili. Sono le prove tradizionali quali l’interrogazione, il riassunto, il tema, la relazione, ecc. (stimolo aperto, risposta aperta). Limiti: Effetto alone (condizionamento a valutazioni negative o positive precedenti); Creano sfiducia negli alunni che percepiscono l’alto livello di soggettività della correzione, ecc. Vantaggi: Le prove tradizionali consentono di verificare i livelli più alti di competenze, quali analisi, sintesi, valutazione; Permettono altrettanto di verificare l’abilità di riformulare, riorganizzare, riutilizzare i materiali di studio in situazioni nuove. 4.2. Prove semistrutturate Le risposte non sono univoche ma sono in grande misura predeterminabili grazie ai vincoli posti negli stimoli. Le tipologie, con alcune eccezioni, sono le stesse delle prove non strutturate. Vantaggi: Le prove tradizionali possono essere uno strumento insostituibile di valutazione ad alcune precise condizioni, se valutiamo ciò che abbiamo insegnato, se stabiliamo precisi criteri per la valutazione, se definiamo gli standard di misurazione ed i relativi punteggi. Le prove semistrutturate uniscono i pregi delle prove oggettive e di quelle tradizionali. Esempio Tema: Lo sviluppo socio-economico del tuo paese Trattazione semistrutturata: Descrivi in ordine di importanza i tre fattori principali che hanno favorito lo sviluppo socio-economico del nostro paese a partire dal secondo dopoguerra con particolare riferimento agli effetti più immediati dello sviluppo economico sulla organizzazione sociale secondo: a) l’organizzazione dei ruoli all’interno della famiglia b) la modifica dei consumi familiari. 4.3. Prove strutturate Le risposte sono univoche e predeterminabili. Le prestazioni possono essere misurate con precisione. Sono anche chiamate prove oggettive di verifica. Sono i quesiti: vero/falso; corrispondenze, scelta multipla, completamento. Limiti: Non sono adatte a verificare livelli alti e complessi di apprendimento. I tempi necessari per la costruzione sono lunghi rispetto alle prove tradizionali. Vantaggi: La correzione è semplice e veloce. La misurazione è oggettiva. Lo studente è facilitato nell’autovalutazione e non comportano situazioni di sfiducia da parte degli alunni. L’oggettività consiste nella possibilità di predeterminare l’esattezza delle risposte e nell’attribuzione del punteggio uguale da parte di tutti gli insegnanti. Rimane comunque

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un dato di soggettività che sta nelle decisioni relative alla scelta e alla costruzione della prova. Conclusione In conclusione possiamo dire che non ci sono prove di per sé buone né cattive. Le prove sono buone se sono adatte a verificare con buona approssimazione le finalità e gli obiettivi posti. È bene, in ogni caso, che ciascuno di noi prenda familiarità con i diversi strumenti di verifica e che ne usi una gamma abbastanza ampia, così da aumentare il grado di attendibilità delle nostre valutazioni. 5. Struttura dei diversi tipi di quesiti - esempi I. Scelta multipla – questa domanda prevede una risposta esatta e tre sbagliate (distrattori). Questa tipologia di item è molto flessibile nell’impiego e, al tempo stesso, molto impegnativa nella risoluzione da parte degli alunni. La strutturazione consiste generalmente in un’affermazione, in una domanda o nella presentazione di un problema, cui fa seguito una serie di risposte o soluzioni alternative tra le quali va scelta quella ritenuta esatta. Con questo tipo di domanda è possibile rilevare una vasta gamma di obiettivi valutativi: dalla semplice conoscenza o comprensione di fatti, regole, principi, ai processi tassonomici superiori (capacità di compiere analisi, valutazioni, applicazioni in situazioni nuove, ecc). Esempio: Sciame è un nome: composto comune derivato collettivo II. Vero - falso – consente di verificare l’acquisizione di conoscenze. Il quesito è costituito da un’affermazione che deve essere giudicata corretta oppure errata. Per non creare equivoci, ciascuna affermazione deve essere assolutamente vera o assolutamente falsa.

Esempio: Carlo Goldoni è considerato uno dei padri della commedia italiana, come recita una targa affissa su Palazzo Poli, a Chioggia, città nella quale visse per qualche tempo e nella quale ambientò una delle sue opere più conosciute: Le baruffe chiozzotte. V F Il verbo non è la "parola" più importante del discorso. V F Con i quesiti V/F è possibile costruire una prova che consenta di toccare un gran numero di argomenti, ma in genere non è possibile verificare altro che i livelli di pura conoscenza. Vi è inoltre una forte probabilità che siano fornite risposte del tutto casuali. Dato che per ciascun quesito la probabilità di “indovinare” la risposta corretta è del 50% (Perché?), per diminuire il rischio complessivo di ottenere risposte casuali è necessario predisporre una prova formata da un numero molto alto di quesiti. III. Corrispondenze – consente di verificare conoscenze e comprensioni. La struttura è la seguente: risposta per accoppiamento tra gli elementi di due liste: serie di termini o di

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dati, premesse e risposte. L’alunno in pratica deve mettere in corrispondenza biunivoca i termini o dati della prima serie con quelli della seconda. Per rendere trascurabile il fattore “risposta a caso” è necessario che la seconda lista contenga uno o due elementi più della prima. Esempio: A ciascun autore attribuisci il numero corrispondente dalla colonna sinistra che indica l’opera scritta: Pinocchio ______ Pitzorno Marcovaldo ______ Nanetti Sulle tracce del tesoro scomparso ______ Calvino Cambio di stagione ______ Collodi

______ Bertocci IV. Completamenti – l’alunno completa un discorso che gli viene proposto, in ciò che esso presenta di mancante. Le modalità concrete secondo cui tale compito può essere proposto sono fondamentalmente due: una prima, che prevede già la presenza delle risposte da dare, assieme ad alternative errate, con funzione distraibile; una seconda, in cui la presenza delle risposte esatte e delle alternative inesatte è esclusa. Esempio: Gli articoli sono parole che non possono stare da sole, perché non hanno un significato proprio; devono sempre stare ___________al nome e hanno alcune funzioni importanti. (davanti) Gli aggettivi sono parole che servono a descrivere meglio __________, spiegando le sue qualità e caratteristiche. (il nome) Esempio: Italo Svevo fu autore di alcune raccolte di racconti, in gran parte uscite postume (tra i quali: _________________________________________), di testi teatrali e di tre romanzi "maggiori": _________________________________________________________________. Italo Giovanni Calvino Mameli è stato uno scrittore italiano. I numerosi campi d'interesse toccati dal suo percorso letterario, sono meditati e raccontati attraverso capolavori quali ____________________________________________________________. Una vita, Marcovaldo, La coscienza di Zeno, La novella del Buon Vecchio e della Bella Fanciulla, Le cosmicomiche, Il Vecchione, Senilità

La disciplina nell'ambito scolastico e la comunicazione (l'atmosfera) in classe

Introduzione Per “clima” organizzativo della scuola (la cultura scolastica) si intende: natura e forme dei rapporti interpersonali e professionali tra docenti; gestione dei rapporti di lavoro fra personale dirigente, docente e non docente; stili di leadership e modalità di coordinamento adottati dai dirigenti scolastici; forme di comunicazione tra il personale della scuola; livelli di soddisfazione nel lavoro; sentimenti di appartenenza al gruppo degli operatori della scuola, ecc.

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1. Che cosa si intende per un buon rapporto insegnanti – alunni? Il rapporto tra insegnante e alunno può essere fruttuoso quando si fonda su: franchezza o trasparenza, in modo tale che ciascuno possa essere del tutto sincero e leale con l’altro; considerazione, quando ognuno sa di contare molto per l’altro; interdipendenza “in quanto opposta alla dipendenza” tra l’ uno e l’ altro; distinzione, per permettere di crescere e di svilupparsi nella propria unicità, creatività e individualità; rispetto delle reciproche necessità, in modo che le necessità dell’uno non vadano a scapito dell’altro. 2. Che cos’è la comunicazione? La comunicazione – psicologia degli animali Il termine “comunicazione” è stato definito come “il passaggio di informazioni da un animale a un altro (del quale condiziona pertanto il comportamento) per mezzo di segnali che a tal fine hanno subito una particolare evoluzione” (Deag, 1980). Gli animali comunicano tra loro per i più vari motivi, nei modi più diversi e con gli effetti più disparati. Oltre alla comunicazione nell’ambito della specie, esistono molti strani tipi di comunicazione che caratterizzano i rapporti tra predatore e preda. Essi riguardano prevalentemente le modalità di inganno e di sorpresa. Considerando infine i sistemi di comunicazione dei nostri parenti più prossimi e di noi stessi, i primati che vivono in gruppi, come i macachi e gli scimpanzè, ricorrono ad un’ampia gamma di segnalazioni facciali-visive nonché a una gamma più ridotta di segnali tattili, uditivi e olfattivi. Le espressioni facciali di questi primati superiori assomigliano, sotto molti aspetti, a quelle dell’uomo. La comunicazione nell’uomo Sebbene il termine “comunicazione” sia di fondamentale importanza nelle scienze sociali e del comportamento, non c’è accordo sulla sua definizione. Vi sono tre diversi approcci alla comunicazione, rispettivamente dal punto di vista dell’informazione, dell’interazione e della relazione. Comunicazione – trasmissione di informazioni mediante strumenti di interazione diversi, come la forma parlata, scritta e quella comportamentale (non verbale). Il processo della comunicazione inizia quando una persona parla ad un’altra perché ne sente il bisogno - perché qualche cosa sta accadendo dentro di lei. Il parlare è un tentativo di comunicare all’esterno ciò che sta accadendo dentro noi stessi. 3. Il linguaggio: un mezzo di comunicazione conscio La comunicazione umana può avvenire per mezzo di due sistemi diversi, ma complementari: il linguaggio verbale e il linguaggio (o comportamento) non verbale. Il linguaggio è il mezzo principalmente utilizzato per l’educazione dei bambini e attraverso questa, per l’apprendimento della cultura. Il linguaggio è innanzitutto uno strumento comunicativo, un sistema simbolico di comunicazione estremamente potente, che permette di scambiare informazioni e idee, esprimere sentimenti, risolvere problemi e dare ordini.

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Inoltre, a differenza del linguaggio non verbale, permette di dare e ottenere informazioni su un numero molto ampio di argomenti; di comunicare con persone che non sono presenti nello spazio fisico dominato dal parlante; di fare riferimenti a situazioni e fatti del tempo passato o di quello futuro. Il linguaggio ha numerose funzioni. Una di esse è la funzione ideativa, che permette di esprimere le conoscenze relative al mondo esterno e al mondo interno di un individuo. Poi abbiamo una funzione interpersonale, che contribuisce a stabilire e mantenere i rapporti fra le persone e permette di esprimere i loro ruoli attraverso le varie forme verbali. Comunque, il linguaggio può essere giustamente considerato come lo strumento principale per esprimere se stessi e per comunicare con gli altri, ma tutti noi sappiamo quanto di noi stessi rimane inesprimibile e incomunicabile. Il nostro lessico e il vocabolario di qualsiasi lingua non contengono tutti i segni utili ad essere assegnati ai nostri pensieri, alle nostre emozioni, alle nostre percezioni. Il linguaggio è, dunque, un mezzo di comunicazione limitato. 3.1. Il linguaggio del rifiuto La maggior parte degli insegnanti riesce a capire se gli alunni hanno dei problemi. Tuttavia il riconoscere che ci sono dei problemi non è sufficiente. Gli insegnanti non si comportano in modo adeguato perché non sanno come affrontare positivamente il problema che si pone. Come si rivolgono gli insegnanti ai loro alunni quando hanno un problema? Come parlano con loro? La maggior parte degli insegnanti manda messaggi che comunicano all’alunno un atteggiamento di rifiuto – cioè, l’insegnante pretende che l’alunno muti atteggiamento, che si comporti come se non avesse alcun problema, che sia diverso, che smetta di lamentarsi e di comportarsi in modo infantile. Per comunicare come ci sentiamo dentro o quello che ci preoccupa, dobbiamo selezionare un codice e cioè quello che gli esperti della comunicazione definiscono il processo di “codifica”. Certe volte i messaggi codificati sono abbastanza chiari. “Ho fame” si capisce facilmente. Sfortunatamente i messaggi chiari e lampanti sono abbastanza rari. La maggior parte dei messaggi che le persone inviano è codificata in modo particolare. Questo significa che il contenuto del messaggio può essere collegato ai sentimenti, ma il sentimento in se stesso non è chiaramente espresso. Invece di dire: “Ho fame” qualcuno potrebbe anche dire “quando si mangia ?” oppure “che ora è?”. Alcuni messaggi possono essere non correttamente interpretati dall’insegnante, perché sono stati codificati in un modo particolare e il codice non identifica chiaramente che cosa stia accadendo all’alunno, dentro di lui, cosa lo preoccupi o che cosa stia provando. ESEMPI: “Perché dobbiamo imparare tutto questo sui personaggi nelle opere letterarie?” Ansia per il compito imminente. “Questo è troppo difficile, proprio non capisco niente.” Preoccupazione per i troppi compiti assegnati. “Io odio gli aggettivi! È dispiaciuto per i risultati conseguiti durante l’ultima verifica sugli aggettivi.

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Il linguaggio del rifiuto: le dodici barriere della comunicazione Tutti i possibili messaggi del rifiuto possono essere classificati in dodici barriere. Questi 12 tipi di messaggio tendono a bloccare ogni ulteriore comunicazione; essi rallentano, inibiscono o fermano completamente il processo di comunicazione nei due sensi, che è così indispensabile nell’aiutare gli alunni a risolvere i problemi che interferiscono con l’apprendimento.

1. Ordinare, comandare, esigere. 2. Avvertire, minacciare. 3. Rimproverare, far la predica. 4. Consigliare, offrire soluzioni o suggerimenti. 5. Ammonire, fare argomentazioni logiche. 6. Giudicare, biasimare, criticare, disapprovare. 7. Apprezzare, concordare, dare valutazioni negative. 8. Definire, stereotipare, ridicolizzare. 9. Interpretare, analizzare, diagnosticare. 10. Mostrare comprensione. 11. Indagare, fare delle domande sbagliate. 12. Fare del sarcasmo, dello spirito, distrarre.

3.1.1. Ordinare, comandare, esigere Questi messaggi comunicano all’alunno che i suoi sentimenti, le sue esigenze e i suoi problemi non sono importanti, egli deve adeguarsi ai sentimenti e alle necessità dell’insegnante. Esempio: “Non mi importa niente se hai sete, siediti e resta lì finché non te lo dico io.” Questi messaggi fanno capire all’alunno che in un dato momento non è accettato così com’è. Esempio: “Smettila di piagnucolare, non sei un bambino.” Provocano paura del potere dell’insegnante. Gli studenti recepiscono una minaccia di punizione da parte di qualcuno più forte di loro. Esempio: “Andate via immediatamente dall’atrio!” (le conseguenze sono sottintese). Provocano negli alunni risentimento o rabbia e possono anche spingerli ad esprimere sentimenti ostili. Comunicano che l’insegnante non ha fiducia nella competenza o nella capacità di giudizio dell’alunno. Esempio: “Prepara un programma di studio stasera e portamelo domani.” 3.1.2. Avvertire, minacciare Questi messaggi sono molto simili a quelli che contengono ordini, comandi e obblighi, ma le conseguenze, se non si ubbidisce, sono esplicite. Esempio: “Smettila di piangere altrimenti ti faccio piangere sul serio.” Fanno capire all’alunno che l’insegnante ha poco rispetto per le sue esigenze o per i suoi desideri. Esempio: “Se non finisci quella verifica resti qui finché non avrai finito.” Come gli ordini e i comandi, questi avvertimenti e minacce evocano sentimenti di ostilità. Gli alunni, certe volte, rispondono agli avvertimenti o alle minacce in modo esattamente opposto a quello che è stato loro detto. 3.1.3. Far la predica, rimproverare, dire cosa si deve o non si deve fare

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Questi messaggi costringono l’alunno a sottostare al potere esercitato da un’altra persona. Gli alunni generalmente rispondono alle costrizioni resistendo e difendendo i propri atteggiamenti. I messaggi moralistici comunicano agli alunni che l’insegnante non ha fiducia nelle loro capacità, che farebbero bene ad accettare ciò che gli altri ritengono giusto. Esempio: “Dovresti dire al preside quello che sai.” 3.1.4. Consigliare, offrire soluzioni o suggerimenti L’insegnante può consigliare gli alunni in modo positivo e in modo negativo. Se un insegnante consiglia in modo negativo, l’alunno potrebbe sentirsi male, cioè in quel momento l’insegnante dimostra il potere. Esempio: “Potresti scrivere due-tre versi in più in modo da dimostrarmi come scrivi una poesia.” 3.1.5. Ammonire, fare argomentazioni logiche Ammonire nell’insegnamento significa allo stesso momento fare argomentazioni logiche. Se le argomentazioni logiche non hanno senso l’alunno non è in grado di capire quello che l’insegnante sta dicendo. Esempio: “Perché non hai fatto il compito? Tu dovresti sapere che questo compito è molto importante per l’unità didattica successiva.” 3.1.6. Giudicare, biasimare, criticare, disapprovare Esempio: “Non so perché, ma l’anno scorso leggevi molto più velocemente e con un’esattezza molto più profonda!” L’insegnante confronta il lavoro di un alunno, critica, giudica in modo negativo. Ma la critica dell’insegnante non ha una soluzione. L’alunno, dopo una critica simile, non sa perché legge così male! Non sa neanche come potrebbe risolvere il problema della lettura! 3.1.7. Apprezzare, concordare, dare valutazioni negative Un insegnante potrebbe dare valutazioni negative ed apprezzare solamente gli alunni dotati o appoggiare gli alunni che hanno un’opinione simile alla sua. Esempio: “Hai visto lui come si comporta bene e dà sempre le risposte giuste. Tu dovresti fare i compiti e studiare di più. Vedi che hai sbagliato tutto, proprio tutto!” 3.1.8. Definire, stereotipare, ridicolizzare Esempio: “Gli alunni che abitano in un paese piccolo sono sempre meno bravi. Hm, hm, si vede che non abiti in una grande città, che non hai frequentato una grande scuola. Così anche il tuo sapere della lingua e letteratura italiana è troppo povero.” L’insegnante ha l’abitudine di stereotipare le cose della vita quotidiana e di offendere gli alunni che non condividono la sua opinione. 3.1.9. Interpretare, analizzare, diagnosticare Si fanno troppe analisi dell’atteggiamento e dell’apprendimento di un alunno. Le analisi possono essere sia positive sia negative. L’insegnante tende a fare diagnosi e sembra che abbia sempre ragione, anche se gli altri insegnanti non condividono questa opinione e ne propongono una propria! Esempio: “Quest’alunno non ha l’intelligenza necessaria per svolgere questo lavoro di seminario. Non si comporta bene e le sue abilità sono ridotte; non è in grado di studiare come sua sorella. Lei aveva maggiori competenze.”

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3.1.10. Mostrare comprensione L’insegnante mostra comprensione però affida compiti complessi oppure realizza le unità didattiche in modo troppo facile (senza spiegazioni) o in modo troppo astratto (senza spiegazioni concrete). Esempio: “Come non hai capito? Ho già spiegato tante volte! Adesso dovresti trovare una conclusione da solo!” 3.1.11. Indagare, fare delle domande sbagliate L’insegnante fa delle domande che non sono connesse con i contenuti della materia. Queste domande non sono poste per aiutare gli alunni nell’apprendimento. Di solito confondono gli alunni nell’apprendimento. Esempio: “Di solito, quando e come scrivi i compiti domestici? Chi ti aiuta?” 3.1.12. Fare del sarcasmo, dello spirito, distrarre Nell’insegnamento si fa del sarcasmo con della prudenza. Perché? Se un insegnante non è abituato a fare battute di spirito, sarebbe meglio non farle, perché succede che le domande o le conferme sarcastiche provochino indisciplina. 4. Gestione degli alunni – Disciplina Gli insegnanti efficaci hanno una strategia chiara per gestire gli alunni. Nelle loro classi prevale l'ordine e gli alunni percepiscono sicurezza e stabilità. Questa strategia è un mezzo per raggiungere un fine: non disperdere tempo ed energie, far sì che gli alunni abbiano il maggior tempo possibile per concentrarsi e massimizzare le opportunità di apprendimento. Gli insegnanti efficaci stabiliscono confini precisi per il comportamento degli alunni ed esercitano la loro autorità in modo trasparente e leale fin dall'inizio. Alcuni insegnanti efficaci hanno sottolineato l'importanza del cosiddetto '"effetto faro": l'avere sempre una visione a 360 gradi di quello che avviene in classe! Nelle scuole dove è prevedibile un'alta incidenza di devianze, gli insegnanti efficaci sanno adottare strategie adeguate, come ad esempio: aspettare gli alunni all’inizio della lezione e salutarli uno ad uno quando entrano, prendere provvedimenti per chi arriva in ritardo, assumere misure dirette e immediate di fronte a comportamenti inappropriati, ecc. Gli insegnanti più efficaci hanno una lunga esperienza nel riconoscere i ragazzi con problemi di comportamento e riescono a gestirli in modo da minimizzare i tempi di interruzione e di disturbo delle lezioni e da garantire un ambiente sicuro. Domande chiave: "L'insegnante tiene impegnati gli alunni per tutta la durata della lezione?" "L'insegnante corregge immediatamente i cattivi comportamenti?" "L'insegnante elogia i buoni risultati e l'impegno?" "L'insegnante tratta gli alunni in modo equanime, assegnando compiti in base alle capacità e necessità singole? "L'insegnante si rapporta correttamente con il restante personale della scuola?" 5. Le cause dell’indisciplina La noia. Se le attività organizzate nell’insegnamento non danno agli alunni l’opportunità di acquisire il sapere con leggerezza, se le attività sono troppo lunghe, l’insegnamento sarà troppo noioso.

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Un lavoro mentale troppo lungo e difficile. Ci sono dei lavori lunghi e difficili nell’insegnamento, che suscitano esaurimento causa poi dell’indisciplina. L’impossibilità della realizzazione di un’attività. Gli alunni non possono realizzare un compito troppo difficile a causa dell’incapacità. L’amicizia. Gli alunni nelle scuole hanno una vita sociale – si creano amicizie, emergono conflitti, si sviluppano interessi comuni. Gli aspetti di queste relazioni tra gli alunni possono riflettersi nell’insegnamento. La mancanza della fiducia in se stessi. Spesso gli alunni non hanno fiducia in se stessi a causa di un fallimento nel passato scolastico. Accade che questi alunni rifiutino gli incarichi scolastici, i lavori in gruppo, a coppie o semplicemente non hanno nessuna motivazione nel fare i compiti, né quelli facili né quelli che richiedono un lavoro mentale più difficile. I problemi emozionali. Gli alunni possono avere dei problemi a livello emotivo. Questi problemi possono suscitare dei problemi nell’apprendimento. I problemi di solito accadono se gli insegnanti dimostrano potere sugli alunni o se vengono ignorati dai genitori a casa. Questi alunni hanno l’intenzione di attirare l’attenzione degli insegnanti e degli alunni in classe. Un rapporto negativo. Gli alunni non accettano una valutazione positiva ed efficace a scuola – se per loro i compiti sono difficili, non li svolgono, arrivano tardi a scuola o fanno solo i compiti obbligatori. Alcuni alunni non fanno consapevolmente niente con l’intenzione di suscitare un po’ di attenzione. Possono essere anche insolenti nei confronti degli insegnanti. Conclusione L’autorità dell’insegnante dipende da quattro fattori determinanti: l’espressione dello status dell’insegnante l’insegnamento competente il controllo organizzativo un’efficace risoluzione della disobbedienza degli alunni. Complessivamente, gli insegnanti efficaci riescono ad ottenere la concentrazione di oltre il 90% degli alunni durante la lezione, e il ritmo delle loro lezioni procede, in modo molto naturale, con un giusto equilibrio tra: l'interattività con l'intera classe, la lezione frontale, il lavoro individuale, il lavoro collaborativo di gruppo, la gestione della classe, le verifiche e le valutazioni.


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