Date post: | 09-May-2015 |
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Strategia di comunicazione
Gianni Florido e la Provincia di Taranto
Lavorare con i social media (quinta edizione)
Comunicazione, politica, economia, giornalismo: cosa cambia se tutto cambia su Internet
Febbraio-Giugno 2013Eurogiovani - Master in non-conventional marketing e social media
Dino Amenduni, Proforma
Chi parla?
Mi chiamo Dino Amenduni([email protected] - http://about.me/dinoamenduni)
Sono il responsabile dei nuovi media e consulente per la comunicazione politica a Proforma (Bari)
Sono collaboratore e blogger per Finegil-Gruppo Espresso e formatore (su social media marketing e comunicazione politica)
Tutte le mie presentazioni (download libero) sono su www.slideshare.net/doonie
Di che si parla?Più che un cambio di paradigma: cosa cambia con i social media
Cause e conseguenze teoriche del passaggio al social media marketing
Consigli operativi per organizzare un gruppo di lavoro sui nuovi media
Due case histories politiche: amministrative 2011, referendum 2011
Giornalismo e social media: minacce e opportunità
Cinque best practices: i video di Ted
TemiQuali sono le conseguenze, online e offline, della diffusione dei social media?
Quanta e quale tipo di professionalità è necessaria per lavorare sui social media?
Qual è la situazione italiana?
Qual è il rapporto tra nuovi media e (comunicazione) politica nel nostro Paese?
Quali sono le prospettive di sviluppo e le applicazioni possibili?
Ted – Video #1
Clay Shirky: come il surplus cognitivo
cambierà il mondo
TED, un’eccellenza del web-marketing
Proviamo ad applicare queste tecniche su noi stessi
Guardiamo insieme questo video tratto dall’archivio di Ted (http://www.ted.com)
Ted è una conferenza multidisciplinare la cui missione è riassunta nella formula "ideas worth spreading" (idee degne di essere diffuse) e, in effetti, le migliori conferenze sono state pubblicate gratuitamente sul sito web del TED. Le lezioni abbracciano una vasta gamma di argomenti che include scienza, arte, politica, temi globali, architettura, musica e altri saperi
TED, video #1
http://www.ted.com/talks/lang/ita/clay_shirky_how_cognitive_surplus_will_change_the_world.html
Clay Shirky indaga sul "surplus cognitivo", il lavoro condiviso online che eseguiamo con i nostri cicli mentali liberi. Mentre siamo occupati nel redarre Wikipedia, postare su Ushahidi (e sì, anche creando i lolcats), stiamo costruendo un mondo migliore e più cooperativo.
Il terreno di gioco
L’inizio dell’era biomediatica(indagine Censis, ottobre
2012)
1. La dieta mediatica degli italianiEvoluzione del consumo mediatico in Italia
(2007-2012)
1. La dieta mediatica degli italiani
1. Televisione e radio non arretrano, anzi
2. Cala l’accesso agli strumenti informativi, sia cartacei (molto) che elettronici (poco) = l’informazione sempre più di frequente passa per i social media
3. Avvento definitivo della connessione in mobilità anche in Italia
4. Quasi due italiani su tre sono utenti attivi di Internet
2. Tv ubiqua, connessione ubiquaFruizione della tv e accesso alla Rete da dispositivi
mobili
2. Tv ubiqua, connessione ubiqua
1. Youtube è il primo canale di fruizione video nella fascia 14-29 anni
2. Un italiano su tre si connette in mobilità
3. La connessione in mobilità non è più un’esclusiva dei più giovani
4. L’accesso a Internet si allarga non tanto per il miglioramento delle condizioni infrastrutturali, quanto per la diffusione dei dispositivi mobili
3. Un italiano su due è su Facebook
Gli usi della Rete
3. Un italiano su due è su Facebook
1. Tendenziale sovrapposizione tra Internet e Facebook
2. Due utenti di Internet su tre sono su FB (+17% in dodici mesi)
3. Facebook in Italia nel 2008: 600mila iscritti. Cinque anni dopo: 21 milioni
4. Youtube in Italia: 61.8% degli utenti attivi (Twitter, circa 2.5 milioni di iscritti)
4. Diete audiovisive e misteCultural divide e digital divide
4. Diete audiovisive e miste
1. Un italiano su quattro ha accesso esclusivo ai mezzi tradizionali
2. Un italiano su cinque, invece, ha abbandonato la comunicazione su stampa
3. Quasi un italiano due è “estraneo” a Internet come mezzo di informazione
4. Un italiano su tre si informa (anche) su Internet
5. Rete e comportamenti d’acquisto
Nuovi fattori di influenza
5. Rete e comportamenti d’acquisto
1. Due italiani su tre consultano Internet per valutare l’acquisto di un prodotto
2. Quasi un italiano su tre può convincersi leggendo un commento di un altro utente su forum o social media
3. Per un italiano su quattro Internet è il luogo dove si cercano offerte
4. Un italiano su dieci chiede espressamente aiuto nelle valutazioni attraverso i social media
6. La TV è sempre la TV, ma…Fonti di messaggi pubblicitari
6. La TV è sempre la TV, ma…1. Internet è il secondo mezzo più “influenzante” in termini pubblicitari, più dei giornali e della radio (giornali + riviste > Internet)
2. La televisione è sempre al primo posto, ma non esiste un dominio assoluto di un mezzo sugli altri
3. Tendenze stabili fino a 45 anni, poi Internet cede il passo ai mezzi tradizionali
4. Internet è più efficace tra i più istruiti
Infografica sul rapporto tra utenti e brand
(Lab42, settembre 2012)
1. La comunicazione di brand piace
L’87% degli utenti FB segue le pagine delle aziende
2. Perché Facebook è utile per i brand
Per il 50% degli utenti, Facebook è la prima porta d’accesso
3. A che serve FacebookLe offerte: Facebook diventa sempre più
piattaforma di e-commerce
Cinque ragioni per avere una
presenza sui social media
1. Allargare il pubblico potenzialeOnline è possibile interagire con una nuova forma di
pubblico, allo stesso tempo ‘di massa’ e ‘personalizzato’
Social media come Facebook permettono sia di raggiungere platee numericamente estese, sia nicchie specifiche, maggiormente motivate a ricevere informazioni sul brand o ad acquistare prodotti
Il pubblico del web, inoltre, può diventare esso stesso vettore di marketing e passaparola (positivo, ma anche negativo. Di certo spontaneo)
La connessione da dispositivi mobili rende ancora più importante la creazione di servizi attivi 24 ore su 24 (ad esempio il commercio elettronico)
2. RisparmiareA meno che un’azienda non distribuisca beni di largo consumo, non ha alcun vantaggio nel perseguire strategie di comunicazione di tipo massmediale classico (ad esempio: inserzioni sui giornali), perché in quel caso si investe per comprare uno spazio attraverso cui lanciare un messaggio necessariamente generico a un pubblico altrettanto generalizzato
Redistribuire i propri investimenti sui nuovi media vuol dire anche avere la possibilità di parlare solo con persone realmente interessate ad ascoltare cosa si ha da dire
La maggior parte degli investimenti sui social media dipendono, inoltre, dalla riuscita della campagna: senza click sugli annunci l’azienda non paga (mentre se compri uno spazio sui mass media o anche banner web, lo paghi a prescindere dal successo dell’azione di comunicazione)
3. AscoltareUn’esperienza di comunicazione sui social media realmente interattiva permette a un’azienda di valutare in tempo reale l’efficacia delle proprie azioni e anche di sondare gli umori dei propri clienti reali o potenziali in vista di successive decisioni
L’ascolto può avere due finalità:
a. migliorare la qualità del prodotto o del servizio risolvendo eventuali problemi prima che sia troppo tardi o puntando su ciò che funziona maggiormente in modo da ottimizzarne i profitti (esempio: ritirare un prodotto difettoso dal mercato o creare una strategia di marketing più aggressiva per un servizio di successo)
b. testare strategie di marketing o di comunicazione (esempio: se devo scegliere quale spot mandare in tv tra più opzioni, perché non dovrei provare l’efficacia di ogni proposta con una campagna web a costi più bassi?)
4. ModulareIl web e i social media possono permettere massima variabilità (nei modi, nei tempi e negli strumenti) della creazione di strategie di marketing e comunicazione
La stessa campagna può essere veicolata attraversi strumenti online diversi, nello stesso periodo di tempo e con lo stesso target, ma si possono diversificare target, investimenti e persino parole chiave in tempo reale e senza aspettare un periodo di tempo definito a priori
Esempio1: stesso prodotto in vendita attraverso un’inserzione su Facebook, stesso target, stesso budget, ma l’offerta parte con diversi messaggi in una prima fase e si punta sui più efficaci nella seconda
Esempio2: stesso prodotto in vendita, pubblico potenziale largo, creazione di una mini-campagna differente per ogni nicchia di pubblico
5. FidelizzareLa relazione con il cliente reale o potenziale (ma anche un non cliente) online ha un valore molto più alto rispetto a un cliente/non cliente non presente su Internet perché la sua esperienza di interazione con il brand non si limita semplicemente al comportamento d’acquisto e all’assistenza nelle varie fasi della vendita
L’interazione può avvenire infatti in contesti molto partecipati, con un grande numero di lettori dello scambio comunicativo. Soddisfare quell’interazione può rappresentare la più efficace azione di promozione di brand che si possa immaginare oggi, essendo quest’ultima a costi bassi, legata al reale soddisfacimento di un bisogno e potenzialmente virale (esempio: aiutare una persona può portarmi a informare potenzialmente tutte le altre persone che leggono lo scambio o si inseriscono nel dialogo)
L’interazione virtuosa, se sistematica e democratica (cioè fatta con tutti, a prescindere dal livello di complessità della richiesta), crea empatia e senso di sicurezza dei clienti verso il brand
Quando la presenza sui social media è
controproducente?
Meglio non esserci quando…1. Si teme che i commenti negativi
possano essere superiori ai positivi e che quei commenti abbiano un grande tasso di viralità (esempio: perché aziende come Ryanair non puntano con forza sui social media?)
2. Non si hanno le risorse umane ed economiche minime per gestire la relazione tra brand e cliente. Meglio l’assenza dell’abbandono
3. Si ha paura dei commenti negativi e si preferisce rimuoverli e non gestirli
4. La propria presenza online non aggiunge nulla alla propria immagine aziendale in termini di contenuti, offerte e interazione
Ted – Video #2
Dan ArielyAbbiamo il controllo
sulle nostre decisioni?
TED, video #2
http://www.ted.com/talks/lang/ita/dan_ariely_asks_are_we_in_control_of_our_own_decisions.html
L' economista comportamentale Dan Ariely, autore di Irrazionalità Prevedibile (Predictably Irrational), usa classiche illusioni ottiche e le sue scoperte controintuitive (ed a volte scioccanti) per dimostrare che non siamo così razionali come crediamo quando prendiamo le nostre decisioni.
I nuovi nuovi media
Web 2.0 e social mediaCosa sono e perché
nascono
Il web 2.0
Trattazione teorica originale di Tim O’Reilly. Traduzione integrale qui
Una breve definizione:
Il Web 2.0 è un termine utilizzato per indicare genericamente uno stato di evoluzione di Internet (e in particolare del World Wide Web), rispetto alla condizione precedente. Si tende a indicare come Web 2.0 l'insieme di tutte quelle applicazioni online che permettono uno spiccato livello di interazione tra il sito e l'utente
Il web 2.0 – modelli teorici di riferimento
Legge di ParetoModello Wikipedia
Coda lungaSaggezza della
folla
A. Legge di Pareto 80/20
Secondo la "legge 80/20" (i valori 80% e 20% sono ottenuti mediante osservazioni empiriche di numerosi fenomeni e sono solo indicativi), in genere l'80% dei risultati dipende dal 20% delle cause
A. Legge di Pareto 80/20
Questo principio può avere diverse applicazioni pratiche in diversi settori, ad esempio:
Economia: l'80% delle ricchezze è in mano al 20% della popolazione (ma ovviamente i valori reali variano a seconda dei paesi e dei periodi). Oppure: il 20% dei venditori fa l'80% delle vendite, ed il restante 80% dei commerciali fa solo il 20% delle venditeQualità: il 20% dei tipi possibili di guasto in un processo produttivo genera l'80% delle non conformità totali. Oppure: l'80% dei reclami proviene dal 20% dei clientiInformatica: l’80% del tempo di esecuzione è impiegato solo dal 20% delle istruzioni di un programma. Oppure: l'80% delle operazioni degli utenti sono dovute al 20% delle funzioni a disposizione di un applicativo. L'80% degli errori di codifica è riconducibile al 20% dei moduli (fonte: Wikipedia)
B. Modello Wikipedia – divisione disorganizzata
del lavoro1. Creazione di una voce (ad es. la parola “carta”)2. Prima bozza3. La voce viene individuata da altri utenti che aggiungono
o modificano la stessa voce perché competenti nella materia
4. Se sono riscontrate inesattezze (volontarie o meno, poco importa) vengono subito corrette
5. La voce sarà perfezionata con il contributo, anche minimo, di tanti utenti
Anche in Wikipedia è valido il principio di Pareto: il 20% degli utenti modificano l’80% delle voci totali presenti sul sito. Questa distribuzione vale, in media, anche per la singola voce
C. La coda lunga
La coda lunga è una teoria economica formulata da Chris Anderson (fondatore di Wired) nel 2004
È un modello che sembra poter spiegare i funzionamenti del mercato. È una teoria attuale per il mercato dei beni immateriali e “futuribile” perché pare essere in grado di teorizzare il cambiamento delle leggi che regolano il tradizionale meccanismo distributivo (produzione/stoccaggio/vendita al dettaglio)
C. La coda lunga
La diffusione di internet, il non-luogo dove chiunque in qualunque momento può consultare infiniti elenchi di prodotti, ha permesso di abbattere i costi di distribuzione e magazzino, spezzando il legame che vincolava il successo alla visibilità
La possibilità di gestire un catalogo virtuale pressoché illimitato ha rivoluzionato il modello economico dominante: semplicemente, vendere anche solo poche copie al mese di migliaia di titoli è più redditizio che vendere migliaia di copie di pochi titoli
Oggi: le corporazioni dei beni immateriali sono in profonda difficoltà (esempi: mercato discografico e pornografia)
C. La coda lunga - cause
Nuove tecnologie hardware e software a basso costo che permettono ai produttori di beni immateriali (grafica, musica, video, servizi) di farlo a costi contenuti o addirittura nulli
Servizi (Internet, archiviazione dati) a costi contenuti che forniscono banda e hosting illimitato ai produttori di beni immateriali
Possibilità di distribuire i propri prodotti a costo zero (es. attraverso Youtube), combinata alla possibilità che questi prodotti siano fruiti da chiunque attraverso Internet, anche senza pubblicità o senza conoscenza diretta del prodotto o dell’autore (es. attraverso Google o aggregatori di notizie)
C. La coda lunga - cause
Approcci di marketing e comunicazione più efficienti e misurati per la distribuzione di questi prodotti (niente più costi di stampa, di magazzino e di spedizione)
Possibilità per tutti di entrare in questo mercato (finisce la divisione tra produttore e consumatore: si parla di prosumer, ovvero di un utente che fa entrambe le cose in contemporanea)
C. La coda lunga - conseguenze
Dal broadcasting al narrowcasting: da una platea con milioni di persone come pubblico a milioni di platee con poche persone come pubblico
Questo modello economico, chiamato “coda lunga”, è economicamente sostenibile proprio perché non ha costi se non quelli (minimi) per produrre il contenuto e, in caso di contenuti professionali, ha costi nulli per la distribuzione
Gli utenti, avendo molte più alternative di scelta, abbandonano il mainstream e si rivolgono alle nicchie di mercato che più soddisfano le loro necessità
D. Saggezza della folla
È una teoria dimostrata da James Surowiecki attraverso un’infinità di prove empiriche (2005). Secondo questa teoria, una variabile è misurata in modo più preciso da una massa di persone inesperte che da un gruppo di specialisti
D. Saggezza della folla
Esempio (1): durante una fiera, Surowiecki fece scommettere 100 persone sul peso di un vitello. Le 100 persone dichiararono il loro peso stimato. A seguire, fece ripetere l’esperimento a 10 allevatoriIl peso del vitello fu indovinato con precisione assoluta dalla “massa” (il valore medio delle 100 valutazioni era precisamente il peso del vitello)Esempio (2): prediction markets – un istituto di ricerca universitario permise ai cittadini di scommettere sul vincitore alle elezioni. Nelle scommesse, le quote variano sulla base dell’orientamento della giocata (sia sulla base di chi viene scelto, sia su quanto si punta)Il risultato del prediction market fu più affidabile di quello dei sondaggi nel misurare la distanza tra i vincitori
Referendum 2011
Cambia il vento, Internet produce
energia rinnovabile
Habemus quorum, come mai?
Il Referendum 2011 rappresenta un ulteriore caso di studio per la comunicazione politica italiana
Partiti in sordina e senza adeguata copertura comunicativa sui mezzi tradizionali (in particolare di servizio pubblico), i comitati e i gruppi di attivazione sono stati aiutati dal contributo spontaneo, caoticamente organizzato e virale degli elettori
Facebook è diventato strumento di autocomunicazione di massa: i ‘produttori’ e ‘consumatori’ di informazione hanno convissuto nello stesso ecosistema mediale
Alcuni dati per l’analisi: Atlante Politico Demos-Demetra (Link al sondaggio completo) del 27 giugno 2011
1. Referendum, motivazioni al voto
1. Referendum, motivazioni al voto
Il solo voto motivato dai quesiti sarebbe potuto non essere sufficiente per raggiungere il quorum
La volontà di dare un segnale al Governo non è stata esclusiva nell’area del centrosinistra (il 43% dell’elettorato della Lega, partito che ha espresso il voto più ‘politico’)
I segnali al Governo sono di tre tipi:- Manifestare distanza dal programma di Governo su questi temi;- Manifestare distanza dalla strategia del Governo sul referendum (astensione);- Criticare l’operato del Governo nel suo complesso
2. Referendum, il quesito più importante
2. Referendum, il quesito più importante
Il nucleare (e i fatti di attualità legati al quesito) ha certamente favorito il raggiungimento del quorum
Il secondo quesito sull’acqua (profitti) è stato trainato dal primo (privatizzazione): gli italiani hanno votato sì a entrambi senza approfondimento
Un italiano su otto ha ritenuto il legittimo impedimento più motivante del nucleare e dell’acqua, uno su cinque ha messo i quesiti alla pari
La combinazione dei tre temi (acqua + nucleare + legittimo impedimento) ha reso possibile il raggiungimento del quorum: due temi, forse, non sarebbero bastati
3. Il ruolo del passaparola
3. Il ruolo del passaparolaUna campagna non massificata: metà dell’elettorato attivo/persuasivo ha agito in modo personalizzato e su cerchie ristrette, meno del 10% ha usato volantini o animato banchetti
Una campagna portaUsb-a-porta: Internet non ha prodotto direttamente opinione, ma ha fornito gli strumenti informativi per attivare un passaparola maturo e consapevole
Internet è stato decisivo, ma (come sempre) non come agente attivo di cambiamento; piuttosto come strumento di formazione e organizzazione, come elemento di potenziamento di un sentimento già condiviso tra gli italiani
4. I nuovi influencer
4. I nuovi influencerGli attivisti referendari sono in gran parte ‘nuovi’, persone che non si erano mai attivate in campagna elettorale
Il 90% di questa nuova attivazione (leggera + reticolare) è legata alla presenza del web sulla scena mediatica. Senza Internet, in molti non avrebbero fatto campagna
Il 9% dell’elettorato complessivo (il 16% di elettori attivi al referendum) ha contribuito in modo decisivo al successo della campagna. È una èlite o è la prima campagna partecipata?
L’attivazione ‘leggera’ è ‘pesante’ a livello elettorale
5. I giovani tornano in politica
5. I giovani tornano in politica
I giovani attivisti sono raddoppiati (dal 16% al 32%)
Crescono le donne e i laureati, diminuisce l’impatto politico dell’appartenenza
Il 10% degli attivisti produce, filtra e sintetizza informazione per iI restante 90%, che se la scambia in modo leggero e reticolare: la coda lunga della militanza
Laureati + giovani = attivazione su Internet, decisiva per la vittoria. Il web è la causa o la conseguenza dell’attivazione? Sono laureato, dunque faccio opinione sul web, o il web dà voce a chi prima non ce l’aveva?
Habemus quorum, come mai?
In sintesi:
1.Il raggiungimento del quorum è figlio di una combinazione di fattori, tutti necessari e nessuno sufficiente2.I fattori più importanti sono: tipologia di quesiti, ruolo del web, nuove possibilità per nuove fasce di attivisti attraverso una partecipazione leggera;3.Il ruolo dei partiti appare marginale e lo sarà anche in futuro, se non accetteranno di entrare nel flusso ‘leggero’ e ‘colto’ della comunicazione politica virale4.I social media e il passaparola hanno aggirato la televisione e hanno portato le informazioni a tutti
Video #3
Jennifer PahlkaCodificare una migliore
amministrazione
Codificare una migliore amministrazione
http://www.ted.com/talks/lang/it/jennifer_pahlka_coding_a_better_government.html
Le amministrazioni possono funzionare come Internet, senza restrizioni e aperte? La programmatrice e attivista Jennifer Pahlka crede di sì - e che le app, create rapidamente e a basso costo, siano un nuovo e potente mezzo per connettere i cittadini alle amministrazioni - e ai loro vicini.
Social media al lavoro
Strumenti, metodi, strategie e tattiche al servizio del web-
marketing
Facebookmania?Social media per tutti?
Quasi tutti usano Internet per comunicare. Lo fanno
perché convinti di trovare nuovi mercati qualitativamente
differenti dai classici, perché intuiscono le potenzialità di
uno strumento che segue logiche indipendenti da quelle
che regolano i media tradizionali, perché ritengono sia un
modo più economico di fare marketing. O lo fanno perché
sono fruitori di questi strumenti e ne conoscono le
dinamiche
Qualunque sia il motivo per cui un’organizzazione usa i
social media, non ci si può più limitare allo spontaneismo.
Se tutti sono online bisogna fare di più e meglio per
emergere
Parliamoci onestamenteSocial media per tutti?
I social media più popolari, per loro natura, sono
strumenti egalitari. Ogni utente, che sia un capo di
Stato o un ragazzo di 15 anni, ha la stessa interfaccia
e le stesse opzioni. La retorica comunicativa è
condivisa e questo comportamento è atteso dagli
utenti: un’azienda, un’istituzione o un brand non può
rivendicare le gerarchie del mondo reale per marcare
una posizione di privilegio
La richiesta di feedback e di comunanza è
un’esplicita richiesta di onestà e di parità
Parliamoci onestamenteSocial media per tutti?
Non si può mentire perché tra amici o tra persone
emotivamente affiliate ci si aspetta, con forza,
l’onestà.
Se un’organizzazione decide di comunicare sui social
media, accetta questa regola. Se non sente il bisogno
di comunicare in modo leale, franco, accettando
critiche pubbliche (e l’onere della risposte a queste
critiche), sarebbe più onesto se NON usasse i social
media
La censura, nel web 2.0 è non solo vietata, ma
immediatamente controproducente
Per partire: i requisiti minimi e massimi
coincidono
Social media: Come partire
Il caso italiano semplifica lo scenario
L’accesso ai social media in Italia è piuttosto
anomalo e comunque assai differente rispetto alle
democrazie anglosassoni. Il quadro è infatti molto più
semplificato:
Facebook – 21 milioni di utenti (un italiano su 3,
l’80% circa degli italiani che usano Internet)
Youtube – un miliardo di video caricati nel mondo
Twitter – 3 milioni di iscritti in Italia (mondo: FB 800
milioni, TW: 500 milioni)
Facebook, Twitter e Youtube sono sufficienti?
Social media: Come partire
Per il momento sì
Conviene concentrare gli sforzi su questi tre strumenti, essendo
gratuiti ed avendo raggiunto una massa critica o un livello di
semplicità di utilizzo tale da non richiedere grossi sforzi cognitivi
e organizzativi
Vanno tenuti d’occhio, però, altri strumenti, più o meno
emergenti:
LinkedIn - social media che mete in rete professionisti
Foursquare – social media che geolocalizza la posizione
dell’utente
Flickr – social media dedicato alle foto
Friendfeed – aggregatore di aggiornamenti su tutti i social
media degli utenti
Prima dei social media: il gruppo di lavoro
Social media: Lo scheletro
Gestire la comunicazione web di un’organizzazione richiede uno
sforzo non dissimile dalla creazione di un ufficio stampa o di un
team che si occupa di media planning ed organizzazione eventi
Affidare tutto il peso di questo lavoro a una sola persona è
dunque impossibile e talvolta nocivo. Allo stesso tempo un
singolo coordinatore può gestire tutti i profili “2.0” di un
candidato, sia dal punto di vista dei contenuti sia in termini
strategici. Bisogna, dunque, individuare una figura di
coordinatore di questa area di lavoro
Le risorse necessarie per comunicare sui nuovi media
sono umane, non economiche
Un buon team sui social media
Social media: L’organizzazione
Un uomo solo al comando non è sufficiente. I social media
vivono di contenuti ed aggiornamenti costanti, che spesso
un’organizzazione può (e deve) creare internamente. Le figure
indispensabili per comunicare in modo efficace sono:
Responsabile video: deve essere in grado di coordinarsi con
tutti i produttori di contenuti similari, interni (campagne) o
esterni (registrazioni di presenze in TV, gruppi spontanei di
utenti o sostenitori). Non è necessario che abbia competenze di
web-marketing, specie se lavora in tandem col coordinatore:
sarà quest’ultimo a suggerire le strategie per il montaggio e il
caricamento dei video su Youtube
Un buon team sui social media
Social media: L’organizzazione
Responsabile foto: può anche coincidere con il responsabile
video o un’altra figura di staff. Deve dare testimonianza della
vita quotidiana dell’organizzazione (anche il lavoro di tutti i
giorni), quello che i media tradizionali non raccontano e quello di
cui ha bisogno un luogo di lavoro per creare interesse attorno
alle attività ed “umanizzare” chi o cosa vogliamo comunicare. Il
mezzo fotografico è assai colorato emotivamente e questo può
aiutare nel raggiungimento dell’obiettivo generale
Un responsabile foto può anche gestire un profilo su Flickr o
utilizzare foto di archivio o da fonti esterne. Può aiutare anche
nella realizzazione di manifesti e campagne
Un buon team sui social media
Social media: L’organizzazione
Responsabile web: deve essere in grado di costruire un sito e
gestirne i contenuti. Se possibile, deve poter programmare
applicazioni per Facebook, strumenti che possono favorire
moltissimo la distribuzione dei contenuti, specie se associati a
giochi o a elementi più “leggeri”, che semplifichino la
complessità di certi argomenti. Possono essere videogiochi, quiz,
premi, contest di creatività. All’occorrenza può essere anche web
editor ed inserire contenuti redazionali sul sito di riferimento
Le quattro figure devono avere competenze minime nei
reparti che non sono di loro competenza diretta. Il coordinatore
deve anche essere dotato di capacità di analisi strategica per
orientare lo sviluppo dei contenuti
Un blog aziendale:
perché?
Cinque motivi per cui a un’azienda può servire
uno strumento di comunicazione
istituzionale online
Premessa anti-panico: chi lo aggiorna?
Per avere un buon blog aziendale non è necessario creare nuovo lavoro redazionale, soprattutto se l’azienda è già presente sui social media
I contenuti, infatti, potranno essere facilmente ripresi dal feed di Facebook o dai link su Twitter con la differenza che saranno sempre disponibili sul nostro sito e facilmente condivisibili dagli utenti
All’ordinaria amministrazione si potranno aggiungere almeno cinque nuovi elementi che aumentano il potenziale della comunicazione istituzionale dell’azienda
1. Perché alcuni prodotti costano?
Per chi non conosce le dinamiche interne a un’azienda e le difficoltà legate ai processi produttivi, specie se compiuti da più persone contemporaneamente e in intervalli di tempo molto limitato (“entro ieri”), può apparire non sufficiente a giustificare alcuni tipi di richieste economiche
Spiegare i processi e non illustrare solo i prodotti finali può aumentare il gradimento di un lavoro all’esterno e mostra la mole di lavoro prodotta nella fase di analisi, elaborazione, produzione, verifica dei risultati, feedback formali e informali dei clienti
La comunicazione istituzionale non è più solo di prodotto, ma diventa sempre più di processo
2. Se ci chiedono un parere, dove lo forniamo?
Per fortuna o purtroppo, le aziende con una forte esposizione mediatica hanno una soggettività pubblica. Le aziende, in particolare quelle medio-grandi o quelle che operano nel mondo della comunicazione, sono composte ma un gruppo di persone che, anche a causa della loro personale esposizione sui nuovi media, hanno un’identità molto marcata. Per questo l’azienda è spesso chiamata in causa in diversi modi, su diversi argomenti, da diversi interlocutori
Un blog può aiutare a:
- comunicare alla stampa senza comunicati stampa;- prendere posizione su polemiche che riguardano l’azienda;- lanciare campagne istituzionali estemporanee per promuovere una causa;- lanciare vere e proprie campagne di ascolto, sensibilizzazione e fundraising per specifiche attività;- raccogliere altrui posizioni pubbliche sull’azienda e sul suo lavoro (commenti, recensioni, valutazioni, articoli di giornale)
3. Ma dov’è finito quel link che ho visto sulla
bacheca?Il ciclo di vita dei contenuti sui social media è infinitamente più breve rispetto a ciò che si scrive su siti e blog. Se è possibile ritrovare un link di anni prima attraverso una ricerca su Google e un po’ di pazienza, è molto più complicato recuperare gli aggiornamenti di Facebook o gli scambi di Twitter creati molto tempo prima
Avere un blog vuol dire anche avere una banca dati, un archivio di ciò che l’azienda fa per la propria comunicazione istituzionale offline, sul web e sui social media. Vuol dire avere tutto il proprio lavoro quotidiano, i processi e non solo i prodotti finiti a portata di link
Stimolo: pubblicare sul blog genera automaticamente un contenuto buono per Facebook, ma non è vero il contrario. Se pubblico su Facebook, poi dovrei ripubblicare a mano sul blog
4. Sì, il capo lo conosco, ma che mi dite dell’ufficio
marketing?Le aziende con forte esposizione pubblica sono percepite come un gruppo e anche come una somma di storie personali. Alcuni componenti di un’azienda hanno una loro riconoscibilità per ciò che fanno su giornali e web. Altri possono sono ‘famosi’ per i motivi più disparati
In un blog aziendale ci può essere spazio per la voce di tutti, su temi specifici, relativi alla propria attività personale in azienda, ma anche su temi legati ai propri hobby, alle proprie attività professionali extra, o a una specifiche ragioni di interesse personale (ad esempio petizioni o campagne politiche)
Un gruppo unito e allo stesso tempo eterogeneo è il gruppo di lavoro ideale, anche per un cliente indeciso sull’azienda da scegliere a parità di servizi offerti
5. Ma quindi, i retroscena?
Backstage, dietro le quinte, emozioni e scazzi. Quando l’azienda parla di sé in giro, la sua comunicazione istituzionale è spesso accompagnata da retroscena, aneddoti, tutto quello che è accaduto attorno alla storia di un prodotto. Questo è vero sia nella difficoltà di una situazione complessa, sia nel divertimento dei momenti migliori
Ogni giorno c’è qualcosa da raccontare, e non tutte le aziende lo fanno sistematicamente. Con Facebook e i social media sono stati fatti numerosi passi in avanti, ma non è sufficiente
Prodotti di successo, proposte bocciate, idee sgonfiate nel tempo, bozze da migliorare (anche con l’aiuto di clienti e utenti): tutto fa comunicazione su un blog aziendale collettivo
--
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
Le parole chiave della comunicazione sui social media
sono:
Contenuti: il silenzio è più assordante sui social
media. In un contesto dove tutti parlano, chi non dice (o dice
male) fa più rumore
Feedback: Tutti parlano, tutti ci parlano, tutti si
aspettano risposte. I social media non sono strumenti
unidirezionali. L’onore e l’onere dell’interazione sono valori non
discutibili né negoziabili
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
1. Comunicare con costanza e frequenza
È importante tenere l’attenzione sempre viva sulla Rete
Gli spazi di un’organizzazione sul web corrispondono ad un
mezzo di comunicazione istituzionale o personale. Non parlare,
dunque, vuol dire non avere niente da dire
Se non ci sono contenuti o opinioni fresche, cercarle fuori dalla
nostra organizzazione. Articoli di giornale, stimoli per il dibattito
e la discussione, contenuti di altre organizzazioni a noi prossime.
Così facendo è possibile costruire e descrivere il nostro universo
valoriale di riferimento
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
2. Non pubblicare esclusivamente
contenuti relativi all’organizzazione
Gli utenti dei social media si aspettano di parlare con altri
utenti, che siano direttamente i “capi” o persone del loro staff o
appartenenti ad aziende, partiti o organizzazioni
Così come ognuno di noi condivide gusti, passioni e interessi sui
social media, ci si aspetta che le persone che compongono le
organizzazioni con cui interagiamo facciano lo stesso. Anche la
condivisione di una passione, di un hobby, persino di una
debolezza, di un singolo o di un gruppo di lavoro può
generare attenzione e consenso
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
3. Citare esplicitamente (o taggare) i nostri
interlocutori
Taggare una persona vuol dire associarla ad un contenuto. Molti
social media permettono agli amministratori dei profili di taggare o
linkare altri profili personali, gruppi ed altre fanpage quando si pubblica
un contenuto o un aggiornamento di stato
Taggare un contenuto ha due vantaggi: includere le persone o i gruppi
taggati all’interno della comunità creata attorno al candidato; auto-
includersi nella comunità che viene taggata, duplicando la quantità di
lettori di un contenuto. Per questo motivo è importante che chi si
occuperà dell’amministrazione della fanpage si iscriva ai profili, ai gruppi
e alle pagine vicini, competitor o co-protagonisti di iniziative
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
4. Gestire i due flussi di feedback
Vuol dire gestire e interpretare la comunicazione che giunge
dall’utente al candidato, al politico o all’organizzazione, al fine di
rimodulare agenda e proposta politica e socializzare le innovazioni con i
nostri sostenitori
Questa attività di monitoraggio costante ha due vantaggi: il primo è
l’anticipazione dei tempi della politica e la possibilità di correggere
la strategia in corsa; la seconda è la creazione di link sui profili, le
pagine o i gruppi con cui è stata stabilita un’interazione. Questo
aumenta la visibilità della pagina e la rende più facilmente rintracciabile,
oltre a generare meccanismi di networking e di costruzione del consenso
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
5. Evitare censure
La tracciabilità e la memorabilità l’attività sul web rende impossibile una
rimozione totale e indolore dei contenuti. Se cancelliamo un contenuto
scomodo, gli utenti lo denunceranno pubblicamente
Sono da evitare anche rimproveri e punizioni ufficiali. Se avremo
costruito una comunità solida di sostenitori, saranno gli stessi utenti a
stigmatizzare i comportamenti spiacevoli, ribattendo agli attacchi in
nostra difesa fino alla segnalazione di comportamenti inappropriati a
Facebook che, in caso di numerose indicazioni, sospenderà
provvisoriamente l’accesso alla pagina all’utente molesto
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
6. Coltivare e crescere la propria rete di
relazione
Stimolare la maggior quantità possibile di meccanismi di networking: con
gli opinion leader, con i consumatori e i loro amici sui social media. Non
esistono molti modi altrettanto efficaci per lavorare sulla brand
awareness in tempo reale
Per ottenere questo obiettivo è sufficiente stringere relazioni, scambiare
contenuti, condividerli in contemporanea, tributare i meriti di iniziative o
anche polemizzare. O più semplicemente, posizionandosi, prendendo
decisioni e avendo cura delle reazioni generate dalle nostre azioni
In questo senso, Facebook è una risorsa chiave: permettere di fare
tutto questo in tempi brevi e in modo pressochè gratuito
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
7. Tutto online, per tutti
Rendere disponibili tutti i contenuti e le informazioni
sull’organizzazione: dalle campagne alle brochure, dagli organigrammi
ai dati (salvo quelli realmente sensibili), bisogna mettere ogni utente
nella condizione di “poterci fare pubblicità” senza complicare i processi
con meccanismi di controllo ed approvazione dall’alto
I flussi di comunicazione sono tali e tanti da impedirne un controllo
metodico e totale, che sarebbe comunque controproducente perché
contrario alle retoriche “orizzontali” di Facebook. Perché, allora, non
delegare i processi di creazione del contenuto alla Rete? Spesso gli
utenti sono più bravi di noi
Social media: buone pratiche per il successo
Social media: Cosa dire e cosa fare
8. Trarre vantaggio sui media tradizionali
Se le condizioni di questa analisi sono soddisfatte per la maggior parte,
usare Facebook e i social network come strumento esplicito di
comunicazione anche sui media tradizionali (manifesti, locandine,
campagne specifiche sostenute da uffici stampa ibridi, online+offline)
Questo principio è ancora più solido nei sistemi mediatici locali, dove
si può approfittare della relativa scarsezza di informazioni “autonome”,
che non provengono da uffici stampa e altre redazioni, per veicolare
contenuti di comunicazione nati sul web e che lì hanno ottenuto un
buon successo, in particolare video e dichiarazioni, mediante
comunicati stampa.
Ted – Video #4
Kevin Allocca: perché i video
diventano virali
TED, video #4
http://www.ted.com/talks/kevin_allocca_why_videos_go_viral.html?lang=it
Kevin Allocca è responsabile dei trend di YouTube, e ha opinioni profonde sui video stupidi che si trovano in rete. In questo discorso a TEDYouth, espone i 3 motivi per cui un video diventa virale
Social media: come costruire contenuti
interessanti
Social media: Come comunicare
1. Costruire un racconto, una storia, una
narrazione
I contenuti, quando coerenti tra loro devono inseguirsi l’un
l’altro nella proposta, nei temi e nello stile di
comunicazione
Devono assecondare l’attualità quando possibile, devono
andare in “alto” e spostarsi sui temi di interesse pubblico
(attualità, dati economici…) quando se ne ha competenza,
devono andare in “basso” e occuparsi delle emozioni e
dei sentimenti delle persone quando il mittente ha
genuinamente empatizzato con questo genere di contesti
Social media: come costruire contenuti
interessanti
Social media: Come comunicare
2. Comunicare tutto in diretta
Il modo migliore per comunicare sui social media è usarlo esattamente
come tutti gli altri. Così come tutti noi aggiorniamo lo status raccontando
episodi della nostra vita, carichiamo le foto di una festa o di un luogo che
ci ha emozionato, allo stesso modo dobbiamo amministrare una pagina.
Se una persona non entra in sintonia con noi, se non gli
comunichiamo umanità ed empatia, il nostro lavoro e quello
dell’organizzazione per cui lavoriamo non basterà a convincerci
La qualità dei contenuti prodotti è meno importante del timing
scelto per proporli. Una foto realizzata con un iPhone e caricata
durante un incontro pubblico è da preferire ad una foto professionale
condivisa a distanza di giorni (per quanto un contenuto non escluda
l’altro)
Social media: come costruire contenuti
interessanti
Social media: Come comunicare
3. Evitare la routine
I contenuti vanno alternati sia per tipologia sia per stile
comunicativo. Anche in questo caso, si tratta di usare Facebook così
come lo usano i nostri interlocutori, il nostro modo di usare lo strumento.
A intervalli di tempo compresi tra i 60 e i 120 minuti la pagina dovrebbe
essere aggiornata. Si può inserire un aggiornamento di stato su un
evento, poi un articolo di giornale, poi una foto del passato, poi un link su
un’attività dell’organizzazione, poi un video Youtube del proprio canale,
poi un aggiornamento di stato sul calcio, e così via
Bisogna offrire di tutto seguendo dei fili logici e narrativi ben riconoscibili
che garantiscono la coerenza dello strumento senza sacrificare
l’eterogeneità dei contributi proposti
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interessanti
Social media: Come comunicare
4. Editare i contenuti
Il successo di un’azione sui social media può dipendere da 30
secondi di lavoro in più. Ogni contenuto può essere personalizzato nel
titolo e nella descrizione e può essere inserito un commento a qualsiasi
contenuto, anche a un link esterno
L’importanza di un lavoro preciso di editing è forse ancora più
determinante per Youtube, dove il titolo e la descrizione sono i primi
elementi che un utente osserva. Inoltre bisogna preparare un
contenuto pensando che questo verrà condiviso da persone
anche molto lontane da noi. Suggeriamo, dunque, di inserire sempre
il nome del mittente nel titolo e sempre i link del sito e di Facebook
all’interno della descrizione
Social media: come costruire contenuti
interessanti
Social media: Come comunicare
5. Comunicare le esclusive
Nel 2008 Obama comunicò il nome del suo candidato vicepresidente
attraverso un SMS agli iscritti alla sua newsletter e solo dopo fece
pervenire la notizia alla stampa. Lo ha fatto per far sentire la propria
comunità parte di un percorso politico e di vita
Dobbiamo fare nostro questo principio: il rapporto con i media tradizionali
è fondamentale, ma chi decide il successo di un progetto, di un
prodotto, di un’organizzazione sono le persone e sono loro il
nostro interlocutore privilegiato. Tutto ciò che può essere condiviso
prima con gli utenti e poi con la stampa (a partire dai racconti in diretta
degli eventi) è da preferire nella scelta dei contenuti da veicolare sui
social media
Social media: come costruire contenuti
interessanti
Social media: Come comunicare
6. Far dialogare vecchi media e nuovi media
Tutti gli interventi sui media tradizionali devono diventare contenuti per il
web. Se si interviene in televisione, l’intervento deve finire su Youtube; se
parla in radio si deve caricare e condividere il contributo audio. I social
media sono come il maiale: non si butta via niente
Questo è vero sia per non disperdere i contenuti, sia perché è possibile
creare affiliazione e condivisione da parte di chi ha visto l’intervento
sui media tradizionali, lo ha trovato convincente, lo vorrebbe condividere
con i suoi amici e, se viene messo nelle condizioni di poterlo fare, si attiva
per farlo conoscere
Social media: come costruire contenuti
interessanti
Social media: Come comunicare
7. Far dialogare nuovi media e vecchi media
La transizione vecchi-nuovi media richiede solo un lavoro redazionale. Il
passaggio inverso, ben più affascinante, non è poi così
impossibile. Spesso i media locali hanno “fame” di storie da raccontare.
Un comunicato stampa ben confezionato, un video corto e di alta qualità,
una curiosità o un aneddoto possono entrare nell’agenda setting dei
giornali e delle TV senza sforzo
Inoltre i social media permettono di testare contenuti video prima che
diventino “ufficiali”. Se il miglior video prodotto durante una
campagna (per visualizzazioni e feedback) è stato prodotto da un
utente/sostenitore, perché non si può immaginare che diventi il
video ufficiale?
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interessanti
Social media: Come comunicare
8. Parlare alle nicchie
La comunità virtuale di sostenitori o di potenziali
interlocutori/utenti/acquirenti è fatta di esperienze diverse, di tante
piccolissime nicchie di pubblico: gli ambientalisti, gli architetti, gli
abitanti del centro, i commercianti, gli sportivi, gli omosessuali, gli
apocalittici e gli integrati
Per questo bisogna sforzarsi di cogliere le occasioni per dire una cosa a
ognuna di queste categorie, seguendo l’attualità o una richiesta esplicita
di attenzione. La gestione del feedback è la chiave del successo della
comunicazione sui social media. Dare feedback a tutti vuol dire
mostrarsi attento agli interessi di tutti, dunque essere credibile
come organizzazione che non vuole limitarsi a messaggi unidirezionali
Social media: come costruire contenuti
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Social media: Come comunicare
9. Parlare quando c’è gente online
Un aggiornamento di stato illuminante scritto in piena notte rischia di non
essere valorizzato pienamente perché non c’è nessuno online che può
condividerlo in tempo reale e può generare l’effetto palla di neve e il
passaparola anche fuori dalla Rete
Per questo motivo va contemplata l’ipotesi di scrivere una scaletta
quotidiana dei contenuti da condividere per poter gestire tutto e far
uscire i contenuti migliori quando il pubblico potenziale è più ricettivo
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Social media: Come comunicare
10. Essere flessibili in caso di crisi
comunicative
Se un contenuto offre lo spunto per critiche e controversie, non è un
immorale proporre in breve tempo (e non aspettare, dunque, la cadenza
canonica di pubblicazione) un altro stimolo per distrarre i fan della pagine
e riattivarli positivamente
Questa regola è valida, al contrario, in caso di intervento comunicativo
particolarmente riuscito. Se un aggiornamento esalta i sostenitori, forse è
il caso di tenerlo in evidenza per più tempo, salvo necessità di caricare
contenuti nuovi perché sono tanti, perché c’è un evento o perché
l’attualità impone un intervento o una correzione di strategia
Amministrative 2011
I perché di una campagna elettorale
storica
Amministrative 2011
Cosa ricorderemo di queste elezioni Amministrative?
Se la risposta è:
#morattiquotes#sucateRed RonnieSatira politica
Vuol dire che la comunicazione politica italiana è cambiata in modo irreversibile
Verso la comunicazione politica generativa
I processi comunicativi di maggior successo di questa campagna elettorale sono nati:
In rete, in particolare, su Twitter. Poi sono diventate notizie e sono finiti sui mezzi tradizionali;
Grazie agli utenti e non nei comitati elettorali o nei partiti (che nel caso di Pisapia e De Magistris sono stati bravi a riprendere e valorizzare i processi spontanei)
Non necessariamente nelle città dove si andava a votare: alla campagna elettorale ha partecipato tutta l’Italia. Come voleva Berlusconi, ma per la prima volta con effetti per lui nefasti
A costo zero
Quasi mai grazie al lavoro di attivisti politici “puri”
Verso la comunicazione politica generativa
Per queste ragioni le campagne elettorali cambieranno irreversibilmente, in presenza di queste variabili:
- Entusiasmo attorno alla candidatura;- Utilizzo esplicito della Rete come strumento di attivazione e organizzazione dei sostenitori;- Ascolto e feedback sistematico delle istanze degli utenti (sia per la costruzione del programma che per creatività e scelte di comunicazione) il web visto non come raccatta-voti, ma come elemento di costruzione di senso di comunità
In presenza di queste condizioni, cambia anche il ruolo di chi lavora alle campagne elettorali
La nuova comunicazione politica: da spin doctor a
ricercatoriI manager di campagna elettorale, i consulenti, i ghost writer, i creativi non dovranno più basare le loro scelte sulla base di precedenti esperienze, di intuito o attraverso presunte doti sciamaniche
Le campagne saranno guidate dai dati, prodotti ogni giorno e in grande quantità dagli utenti della Rete che non faranno altro che continuare la loro attività di aggiornamento e condivisione dei contenuti
Più che scrivere e pensare sarà importante leggere e interpretare
La variabile decisiva (e non esistente fino a 10 anni fa) è la possibilità degli utenti di utilizzare il surplus cognitivo
I nuovi comunicatori politici: tutti
Saltano alcuni schemi classici dell’impegno politico
- Per fare (comunicazione) politica bisogna essere esperti di politica
- Per fare politica bisogna stare nei partiti o nelle associazioni
- Per fare politica bisogna partecipare alle riunioni (magari fissate in orario d’ufficio, dunque inaccessibili)
- Per fare politica bisogna assecondare i ritmi della politica
- Il consenso è regolato solo dai mezzi tradizionali
I nuovi comunicatori politici: tutti
Si fanno strada nuovi paradigmi
- Si può fare (comunicazione) politica anche con un tweet;
- Si fa politica scegliendo lo strumento più adatto alle proprie attitudini;
- Si fa politica a qualsiasi ora del giorno;
- Si fa politica quando si ha un minuto libero;
- Si fa politica anche parlando di altro, o usando altri linguaggi (la satira, ad esempio)
Ma il web sostituirà la TV?
Non è necessario
Ogni programma sarà oggetto di una narrazione parallela sul web. Questo è già molto visibile nei programmi di approfondimento politico (Annozero, Ballarò, Exit) e nelle trasmissioni di maggior successo (Vieni via con me, Festival di Sanremo), seguiti con dirette su siti, blog, Facebook e Twitter
Ogni diretta porta alla produzione di tantissimi contenuti, specie qualitativi, sui programmi: cosa piace, cosa no, cosa può essere migliorato (i social media come Auditel qualitativo?)
La diretta web è un’evoluzione (o involuzione, a seconda dei gusti) della visione della TV a casa con la famiglia e con gli amici: l’esperienza di visione è più ricca ed emozionante
Non più web versus tv, ma tv più web
Il web, dunque, permette agli spettatori di analizzare ciò che accade in televisione, di valutarne l’attendibilità e di aumentare il valore dell’esperienza in termini di informazioni acquisite e divertimento
Il web, inoltre, permette di vedere la TV senza vederla. Non è più necessario essere davanti al televisore per seguire un programma, se quest’ultimo è oggetto di una diretta web
Queste opportunità, però, sono parimenti a portata di mano
per chi costruisce programmi televisivi
I dati possono entrare nel programma: sovraimpressione di tweets, infografiche in tempo reale su ciò che è detto in diretta, feedback della Rete con possibili colpi di scena
Da politica pop a pop politico
I programmi cosidetti di ‘infotainment’, ritenuti da molti alla base dei modelli di costruzione del consenso di Silvio Berlusconi, sembrano i format ideali per ospitare questa nuova integrazione crossmediale tra vecchi e nuovi mezzi
Un politico sbugiardato in diretta o una grandissima approvazione della Rete in seguito a un botta e risposta può regolare l’andamento del programma, rendendolo potenzialmente più spettacolare e certamente imprevedibile
Questo potrebbe portare a una nuova stagione dell’informazione politica, ancora più soft e legata all’intrattenimento ma non per questo meno ricca di contenuti e approfondimento
Se tutto è politica, quest’ultima entra nelle vite quotidiani di ognuno: è dunque ‘pop’ (nell’accezione classica del termine, popular)
Cattive pratiche di comunicazione
(politica) online
Cosa non fare su Internet se si è personaggi pubblici,
organizzazioni o aziende
Cos’è un cattiva praticaUn’azione di comunicazione (politica) (online) non funziona se:
-non è compresa dai destinatari-diventa un boomerang;-mette in evidenza l’incoerenza tra immagine reale e immagine percepita del mittente;-aumenta il livello di crisi comunicativa invece di diminuirlo;-trasforma una non-notizia in notizia;-non tiene conto della natura del pubblico;-non tiene conto della natura dello strumento;-è un errore così grande da cancellare i meriti (politici) del mittente
1. Messaggi incomprensibili
Un aggiornamento di Vendola su Facebook
(è colpa mia, è colpa mia)
1. Messaggi incomprensibiliNichi Vendola su Facebook, 13 agosto 2012
(post di Francesco Nicodemo)
1. Messaggi incomprensibiliCaso: utilizzo di un estratto di una lettera aperta di Nichi Vendola (sull’ILVA, pubblicata dal Manifesto) su Facebook
Errore: l’utilizzo di un linguaggio complesso per esprimere un concetto generico e non necessario (da parte di un politico spesso oggetto di ironie per l’eccessiva complessità e vaghezza del suo eloquio pubblico (errore di chi scrive: la pubblicazione dell’aggiornamento è stata decisa da me)
Buona pratica: post più brevi (lunghi solo quando necessario), concetti chiari, meglio se inediti. Niente acronimi o gergo tecnico, meglio essere didascalici
2. Boomerang
PDL: la campagna pro-Berlusconi
(#9anni) su Twitter
2. BoomerangAndamento dell’hashtag #9anni, 8 dicembre
2012(screenshot da Twitter)
2. BoomerangCaso: utilizzo di un hashtag da parte del PDL per promuovere una campagna di racconto di 9 anni del governo Berlusconi
Errore: l’utilizzo di un hashtag legato a una domanda aperta (e generica) da parte di un partito con livelli di consenso e fiducia molto bassi, soprattutto su Internet
Buona pratica: evitare hashtag scelti “dall’alto” (perché dividono e non sono utilizzati da tutti), evitare domande aperte, valutare il clima di opinione sui social media prima di coinvolgere gli utenti in un’azione collettiva
3. Incoerenza reale-percepito
L’UFO di Roberto Formigoni e l’iperumanizzazione
3. Incoerenza reale-percepitoAvvistamento di un UFO a Parigi,
il tweet di Roberto Formigoni (22 novembre 2012)
3. Incoerenza reale-percepitoCaso: Il Presidente della Regione Lombardia
Formigoni twitta una notizia inverosimile (l’avvistamento di un UFO)
Errore: Formigoni eccede in ‘umanizzazione’: pur di sembrare uguale a tutti gli altri, diventa inverosimile (perché comunque presidente di Regione e al centro di una grande pressione mediatica per le indagini in Lombardia)
Buona pratica: ignorare le pressioni dell’opinione pubblica e far finta di niente sui social media crea l’effetto di aumentare la pressione (evocando l’assenza di risposte), non la riduce né distrae
4. Allargamento della crisi
comunicativa
Letizia Moratti e la moschea di Sucate
4. Aumento della crisi comunicativa
Letizia Moratti risponde a un utente Twitter: nessuna moschea a Sucate, in via Puppa (
23 maggio 2011)
4. Aumento della crisi comunicativa
Caso: L’account ufficiale di Twitter di Letizia Moratti (allora sindaco di Milano) risponde seriamente a un tweet satirico
Errore: Moratti (o meglio, il suo staff) non riconosce la trappola geografica (il quartiere di Sucate non esiste): così facendo comunica di non conoscere la città e favorisce un’onda satirica (ancora più forte dopo #ècolpadipisapia)
Buona pratica: leggere con attenzione tutti i tweet, rispondere a tutti (o ignorare quelli evidentemente irridenti), utilizzare satira e ironia come risposta a satira e ironia
5. Da non-notizia a notizia
1. Gasparri e i quarantotto follower
2. Cetica e ‘tua sorella’
5. Da non-notizia a notizia
Maurizio Gasparri litiga con un utente su Twitter: la notizia diventa un caso nazionale (1
ottobre 2012)
5. Da non-notizia a notizia
Caso: Maurizio Gasparri, capogruppo del PDL al Senato, risponde su Twitter a un utente provando a delegittimarlo perché aveva “solo” 48 follower
Errore: Gasparri si rivolge all’utente ma non considera che il suo tweet sarà letto non solo dai 48 follower del suo interlocutore, ma anche dai suoi e da quelli di Franco Bechis (nella conversazione)
Buona pratica: non utilizzare il numero di follower dell’interlocutore come argomento per delegittimarlo, specie se si usa il proprio profilo (di personaggio pubblico) per farlo
5. Da non-notizia a notizia
L’assessore al bilancio della Regione Lazio e la sorella del capogruppo del PD alla Regione (11
dicembre 2012)
5. Da non-notizia a notizia
Caso: Stefano Cetica, assessore al bilancio della Regione Lazio, giunta Polverini, risponde in modo poco elegante al capogruppo del PD in Regione Montino
Errore: Cetica dimentica che lo scambio non avviene in privato tra lui e Montino ma che c’è un pubblico. Questo pubblico può trasformare (sui blog o sui giornali) uno scambio anche violento in notizia, a prescindere dai contenuti dello scambio
Buona pratica: in generale, non coinvolgere i familiari (in modo greve) negli scambi con valore politico. Nello specifico, non farlo in pubblico
6. Chi mi legge?
1. Marta Vincenzi e lo sfogo dopo le Primarie a Genova
2. Giuseppe Ripa e la “signorina Vendola”
6. Chi mi legge?
Lo sfogo dell’ex sindaco di Genova Marta Vincenzi (su Twitter dopo aver perso le
Primarie del centrosinistra (14 febbraio 2012)
6. Chi mi legge?
Caso: Marta Vincenzi, sindaco uscente di Genova, perde le Primarie (Amministrative 2012) e si sfoga su Twitter
Errore: Vincenzi produce moltissimi tweet a breve distanza l’uno dall’altro: è evidentemente uno sfogo istintivo. Ma ogni tweet ha un suo peso e una sua notiziabilità (e la combinazione di quei tweet è una notizia in sé)
Buona pratica: va bene sfogarsi, va bene farlo online. Ma bisogna sempre tenere conto delle conseguenze mediatiche di ciò che si fa. Meglio scrivere un unico post, magari lungo, a freddo
6. Chi mi legge?
Giuseppe Ripa, assessore al bilancio del Comune di Lecce, parla così (su Facebook) del
presidente della Regione Puglia Vendola (9 gennaio 2012)
6. Chi mi legge?
Caso: Giuseppe Ripa, assessore al Bilancio del Comune di Lecce, chiama Vendola ‘signorina’ attaccandolo sulla sanità. Nel tentativo di rettificare insiste con ragionamenti omofobi
Errore: Ripa prima si lascia andare a un commento infelice. A post oramai circolato cancella il contenuto, creando un effetto boomerang. A quel punto prova a spiegarsi ma facendolo “motiva” il commento infelice. Sarà costretto a dimettersi.
Buona pratica: non cancellare il commento infelice e chiedere scusa. Ci sarà tempo e modo per spiegarsi (Ripa sarà poi rieletto consigliere pochi mesi dopo)
7. Beffati dallo strumento
1.Il retweet anti-Pisapia di Guido Podestà
2. Il retweet anti-nomadidi Gianni Alemanno
7. Beffati dallo strumento
Guido Podestà retweeta un commento su Pisapia, poi si scusa e parla di ‘retweet
sbagliato’ e di ‘errore dello staff’ (20 marzo 2012)
7. Beffati dallo strumento
Gianni Alemanno retweeta una richiesta ‘particolare’ di un utente (14 settembre 2012)
7. Beffati dallo strumento
Casi (speculari): Guido Podestà, presidente della Provincia di Milano, e Gianni Alemanno, sindaco di Roma, retweetano contenuti prodotti da altri utenti ad alto coefficiente di controversia
Errore: Podestà e Alemanno non considerano che un retweet, pur prodotto da altri, è comunque da considerare un tweet ‘personale’. Retweet non sempre è endorsement, ma in questi casi è difficile fare un chiaro distinguo
Buona pratica: evitare il RT di contenuti controversi. Se la si pensa in un modo (che potrà generare polemiche), meglio dirlo con parole proprie
8. L’errore fatale
Antony Weiner e quel messaggio privato
inviato a tutti
8. L’errore fatale
Antony Weiner, parlamentare democratico americano (sposato), invia pubblicamente una sua foto intima a tutti i followers invece che in
privato a una ragazza di 21 anni (27 maggio 2011)
8. L’errore fatale
Caso: Antony Weiner, deputato democratico, invia per sbaglio una foto (destinata a un messaggio privato) a tutti i suoi follower. L’errore è avvenuto attraverso la piattaforma Tweetdeck.
Errore: La foto era un autoscatto del proprio pene in erezione, inviato a una ragazza di ventuno anni. Quanto basta per obbligarlo alle dimissioni (che arrivano solo tre settimane dopo l’episodio e dopo aver tentato di minimizzare l’accaduto)
Buona pratica: ogni ulteriore commento è ovviamente superfluo
9. L’extra: la satira
La satira ‘interna’: i profili fakeLa satira ‘esterna’: la notizia che esplode sui social media
9. Extra: la satira ‘interna’
Il profilo Twitter fake di Gianni Alemanno
9. Extra: la satira ‘interna’
Caso: Creato il profilo ‘fake’ di Gianni Alemanno. Lo scopo è attaccarlo politicamente attraverso l’uso della satira Molti personaggi pubblici e politici ricevono questo tipo di attenzioni, in Italia e nel mondo
Errore: Non esiste un errore nello specifico, ma spesso la nascita di questi profili fake deriva dall’insorgenza di comportamenti (comunicativi) molto discutibili, ridicoli o iperbolici
Buona pratica: prima di tutto, non gridare allo scandalo o alla lesa maestà. In secondo luogo riflettere sui comportamenti oggetto di satira
9. Extra: la satira ‘esterna’
Il tunnel dei neutrini di Maria Stella Gelmini
/
9. Extra: la satira ‘esterna’
Caso: il MIUR (Ministero dell’Università e della Ricerca) pubblica un comunicato stampa che parla della costruzione di un tunnel tra il Cern di Ginevra e il Gran Sasso, finanziato anche con soldi italiani
Errore: Il comunicato è pubblicato sul sito ufficiale e commentato dal Ministro Gelmini. A quel punto bastano le osservazioni di un gruppo di blogger per creare una contro-ondata satirica (che costringerà il portavoce del Ministro alle dimissioni)
Buona pratica: un comunicato su Internet è, in ogni caso, la voce dello Stato (e del Governo): prima di digitare invio, pensarci dieci volte
In sintesi: cosa non farePiccolo vademecum per evitare figuracce (vale anche per la comunicazione commerciale, istituzionale, pubblica: la politica, in questo caso, insegna)
-Meglio parlare poco e bene che tanto e male;-Meglio sopravvalutare che sottovalutare il peso mediatico del contesto (e dunque, meglio la prudenza);-Umani sì, ma non troppo umani;-Ogni atto di comunicazione sui social media è pubblico: bisogna scrivere ciò che si potrebbe sostenere anche in una piazza gremita;-Non fare tutto da soli
La paranoia uccide la conversazione. Questo è il punto. Ma la mancanza di
conversazione uccide le aziende.
(Cluetrain Manifesto, tesi #52, 1999)
Ted – Video finale
Sherry Turkle: connessi ma soli?
TED, video finale
http://www.ted.com/talks/lang/it/sherry_turkle_alone_together.html
Mentre ci aspettiamo di più dalla tecnologia, ci aspettiamo meno l'uno dall'altro? Sherry Turkle studia come i nostri dispositivi elettronici e i nostri profili online stiano ridefinendo le connessioni umane e la comunicazione, e ci chiede di riflettere approfonditamente sui nuovi tipi di connessione che vorremmo avere
Grazie!Un grande abbraccio
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