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LIBRI SCHEIWILLER
1ENCICLOPEDIADELLE ECONOMIE TERRITORIALI
QUADERNI FONDAZIONE FIERA MILANO
GIUGNO 2007
IL DISTRETTO DEL LEGNO-ARREDO IN BRIANZAProspettive future tra rischi e opportunitàa cura di Alberto Bramanti
LIBRI SCHEIWILLER
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ENCICLOPEDIADELLE ECONOMIE TERRITORIALI
Questo primo volume dell’Enciclopedia delle Econo-mie Territoriali è dedicato alla Brianza, che accoglieuno dei più importanti distretti italiani del legno-arredo,con performance quantitative e qualitative di granderilievo. Primo per numero di addetti e di imprese; primoper numero di medie imprese oltre i 50 milioni di eurodi fatturato; primo per ampiezza di gamma, tipologia diprodotti e per diffusione e rilevanza dell’industrialdesign (che tanta parte ha nel successo del mobilemoderno made in Italy); secondo per livello assoluto diexport e che registra un significativo e recente miglio-ramento: una nota di ottimismo quindi sulle dinamichea breve del distretto.Fondazione Fiera Milano nel 2005 ha commissionatoal CERTeT – Bocconi questa importante ricerca, coor-dinata dai professori Alberto Bramanti dell’UniversitàBocconi e Mario A. Maggioni dell’Università Cattolicasu “Distretti, competitività e percorsi di internazionaliz-zazione”.La ricerca, nata per comprendere a fondo l’evoluzionedei principali distretti italiani, analizza le strategie dicrescita, posizionamento e internazionalizzazione delleaziende dei sistemi produttivi locali. Un’attenzione par-ticolare è stata rivolta all’innovazione acquisita dai for-nitori di tecnologie, in quanto tale elemento costituisceuna delle chiavi per il successo delle manifestazioni diFiera Milano. La ricerca fornisce infine importanti indi-cazioni su come si sta evolvendo il modello di svilupposocio-economico di questi territori, offrendo spunti diriflessione originali per tutta la comunità economica.
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ALBERTO BRAMANTIProfessore Associato di Economia Applicata presso ilDipartimento di Economia Politica dell’Università LuigiBocconi di Milano e responsabile dell’area EconomiaRegionale del CERTeT – Bocconi (Centro di EconomiaRegionale, Trasporti e Turismo). Si è occupato e si occupa di: modelli di sviluppo e anali-si territoriale; politiche regionali; analisi delle governancestructures e valutazione; strumenti di analisi e metodolo-gie quantitative; ICTs e competitività dei territori; econo-mia urbana e dei servizi.Tra i più recenti volumi pubblicati: La dinamica dei Siste-mi Produttivi Territoriali: teorie, tecniche, politiche (acura di, con Mario A. Maggioni), 1997; The Dynamic ofInnovative Regions: The GREMI Approach (edited by,with Remigio Ratti and Richard Gordon), 1997; Istruzio-ne, formazione, lavoro: una filiera da (ri)costruire.L’esperienza lombarda e la sfida della riforma (a cura di,con Dario Odifreddi), 2003; ICT e distretti industriali.Una governance per la competitività di imprese e territo-ri (con Andrea Ordanini), 2004; Capitale umano e suc-cesso formativo. Strumenti, strategie, politiche (a curadi, con Dario Odifreddi), 2006.
CERTeT – Università BocconiIl CERTeT nasce nel 1995 consolidando e ampliandouna ricca tradizione di ricerca che negli anni ha toccatouna molteplicità di tematiche con il comune denominato-re di una specifica attenzione alla dimensione territorialedei fenomeni economici.La sua mission è promuovere, coordinare e svolgere attivi-tà di ricerca di base e applicata sulle dinamiche di sviluppoterritoriale, con particolare riferimento all'economia regio-nale, dei trasporti, del turismo e alla valutazione di politicheregionali, locali e di coesione comunitaria.
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IL DISTRETTO DEL LEGNO-ARREDO IN BRIANZAProspettive future tra rischi e opportunitàa cura di Alberto Bramanti
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ENCICLOPEDIADELLE ECONOMIE TERRITORIALI
Questo primo volume dell’Enciclopedia delle Econo-mie Territoriali è dedicato alla Brianza, che accoglieuno dei più importanti distretti italiani del legno-arredo,con performance quantitative e qualitative di granderilievo. Primo per numero di addetti e di imprese; primoper numero di medie imprese oltre i 50 milioni di eurodi fatturato; primo per ampiezza di gamma, tipologia diprodotti e per diffusione e rilevanza dell’industrialdesign (che tanta parte ha nel successo del mobilemoderno made in Italy); secondo per livello assoluto diexport e che registra un significativo e recente miglio-ramento: una nota di ottimismo quindi sulle dinamichea breve del distretto.Fondazione Fiera Milano nel 2005 ha commissionatoal CERTeT – Bocconi questa importante ricerca, coor-dinata dai professori Alberto Bramanti dell’UniversitàBocconi e Mario A. Maggioni dell’Università Cattolicasu “Distretti, competitività e percorsi di internazionaliz-zazione”.La ricerca, nata per comprendere a fondo l’evoluzionedei principali distretti italiani, analizza le strategie dicrescita, posizionamento e internazionalizzazione delleaziende dei sistemi produttivi locali. Un’attenzione par-ticolare è stata rivolta all’innovazione acquisita dai for-nitori di tecnologie, in quanto tale elemento costituisceuna delle chiavi per il successo delle manifestazioni diFiera Milano. La ricerca fornisce infine importanti indi-cazioni su come si sta evolvendo il modello di svilupposocio-economico di questi territori, offrendo spunti diriflessione originali per tutta la comunità economica.
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ALBERTO BRAMANTIProfessore Associato di Economia Applicata presso ilDipartimento di Economia Politica dell’Università LuigiBocconi di Milano e responsabile dell’area EconomiaRegionale del CERTeT – Bocconi (Centro di EconomiaRegionale, Trasporti e Turismo). Si è occupato e si occupa di: modelli di sviluppo e anali-si territoriale; politiche regionali; analisi delle governancestructures e valutazione; strumenti di analisi e metodolo-gie quantitative; ICTs e competitività dei territori; econo-mia urbana e dei servizi.Tra i più recenti volumi pubblicati: La dinamica dei Siste-mi Produttivi Territoriali: teorie, tecniche, politiche (acura di, con Mario A. Maggioni), 1997; The Dynamic ofInnovative Regions: The GREMI Approach (edited by,with Remigio Ratti and Richard Gordon), 1997; Istruzio-ne, formazione, lavoro: una filiera da (ri)costruire.L’esperienza lombarda e la sfida della riforma (a cura di,con Dario Odifreddi), 2003; ICT e distretti industriali.Una governance per la competitività di imprese e territo-ri (con Andrea Ordanini), 2004; Capitale umano e suc-cesso formativo. Strumenti, strategie, politiche (a curadi, con Dario Odifreddi), 2006.
CERTeT – Università BocconiIl CERTeT nasce nel 1995 consolidando e ampliandouna ricca tradizione di ricerca che negli anni ha toccatouna molteplicità di tematiche con il comune denominato-re di una specifica attenzione alla dimensione territorialedei fenomeni economici.La sua mission è promuovere, coordinare e svolgere attivi-tà di ricerca di base e applicata sulle dinamiche di sviluppoterritoriale, con particolare riferimento all'economia regio-nale, dei trasporti, del turismo e alla valutazione di politicheregionali, locali e di coesione comunitaria.
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IL DISTRETTO DEL LEGNO-ARREDO IN BRIANZAProspettive future tra rischi e opportunitàa cura di Alberto Bramanti
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1ENCICLOPEDIADELLE ECONOMIE TERRITORIALIGIUGNO 2007
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IL DISTRETTO DEL LEGNO-ARREDO IN BRIANZAProspettive future tra rischi e opportunitàa cura di Alberto Bramanti
LIBRI SCHEIWILLER
1ENCICLOPEDIADELLE ECONOMIE TERRITORIALIGIUGNO 2007
QUADERNI FONDAZIONE FIERA MILANO
Enciclopedia delle Economie Territoriali, vol. 1supplemento a Quaderni di Fondazione Fiera Milano
n° 11, anno VII, marzo 2007
Proprietario: Fondazione Fiera Milano Largo Domodossola 1, 20145 Milano
Tel. 02/499771 www.fondazionefieramilano.it www.fieramilanoedintorni.it www.svilupposistemafiera.it
Direzione editoriale: Libri Scheiwiller,24 ORE Motta Cultura srl, Milano
www.motteditore.it www.librischeiwiller.it
Direttore responsabile: Mariella Governo
Direttore Enciclopedia delle Economie Territoriali: Enrica Baccini
1° volume: Il distretto del legno-arredo in Brianza
Direzione scientifica: Alberto Bramanti e Mario A. Maggioni
Autore: Alberto Bramanti
Coordinamento scientifico: Antonia Ventura Kleissl
Coordinamento di redazione: Ersinija Galin
Credits
Fotografie Archivio Storico Fondazione Fiera Milano: pp. 16, 36-37, 110-111, 160-161
Per gentile concessione di Cosmit spa, foto di Alessandro Russotti: p. 8e foto di Saverio Lombardi Vallauri: p. 12
Fotografie Olycom, Milano: pp. 64-65, 130-131, 190-191
Foto di Copertina:Elaborazione fotografie Archivio Storico Fondazione Fiera Milano / Olycom, Milano
© Fondazione Fiera Milano, 2007
Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Milano, n. 680 del 30 novembre 2001
9 Prefazione
di Luigi Roth
13 Fondazione Fiera Milano
e l’Enciclopedia delle Economie Territoriali
di Enrica Baccini
17 “Fare sistema” per il futuro del distretto
di Alberto Bramanti
1. Per molti, ma non per tutti
2. Tre esemplificazioni, un metodo comune
2.1 Il tema innovazione
2.2 Il tema formazione
2.3 Il tema comunicazione-commercializzazione
3. Il ruolo alto delle politiche di distretto
39 CAPITOLO 1
Il distretto del legno-arredo:
una storia che viene da lontano
di Alberto Bramanti e Massimiliano Riggi
1.1 Territorio e specializzazione produttiva
1.2 La dinamica intercensuaria: un lento ridimensionamento
1.3 La vivacità imprenditoriale
67 CAPITOLO 2
La multiforme varietà del distretto
di fronte alle due grandi sfide competitive
di Alberto Bramanti e Massimiliano Riggi
2.1 Le sfide competitive: manufacturing e presidio dei mercati
IL DISTRETTO DEL LEGNO-ARREDO IN BRIANZAProspettive future tra rischi e opportunità
1ENCICLOPEDIADELLE ECONOMIE TERRITORIALIGIUGNO 2007
QUADERNI FONDAZIONE FIERA MILANO
2.2 La ri-organizzazione della filiera produttiva
2.2.1 Make or buy: quale delocalizzazione?
2.2.2 Rapporto coi fornitori: verso una gerarchizzazione?
2.2.3 L’innovazione: un must ineludibile
2.2.4 Il capitale umano
2.2.5 Verso una dimensione aziendale adeguata
2.3 Quale presidio dei mercati?
2.3.1 L’internazionalizzazione commerciale
2.3.2 Il ruolo dei canali distributivi
2.3.3 Lo strumento fieristico
2.4 Prime conclusioni e il prosieguo della ricerca
113 CAPITOLO 3
I protagonisti del distretto:
imprese leader e PMI indipendenti
di Andrea Martignano e Michele Scarpinato
3.1 Criteri di selezione delle imprese leader
3.1.1 Organizzazione produttiva e vantaggi competitivi
3.1.2 Dalle imprese leader alle PMI indipendenti
3.2 Le motivazioni della scelta delle PMI indipendenti
3.3 Alcune caratteristiche del panel di imprese
3.3.1 Il profilo competitivo delle PMI indipendenti
133 CAPITOLO 4
I grandi assi del cambiamento:
il manufacturing
di Andrea Martignano e Michele Scarpinato
4.1 L’organizzazione della produzione nelle PMI indipendenti
4.2 Le scelte organizzative delle imprese leader
4.3 I rapporti PMI indipendenti-fornitori
4.3.1 Stabilità e concorrenza nel parco fornitori
4.4 Imprese leader e subfornitura
4.5 Lo sforzo innovativo nelle PMI indipendenti
4.6 Ricerca e innovazione nelle imprese leader
4.7 Relazioni di distretto e capitale umano
163 CAPITOLO 5
Reggere la competizione globale:
il presidio dei mercati
di Andrea Martignano e Michele Scarpinato
5.1 Internazionalizzazione commerciale delle PMI indipendenti
5.1.1 Le strategie di internazionalizzazione perseguite
5.2 Le imprese leader del distretto: un’internazionalizzazione robusta ma non completa
5.3 Dai mercati alle strategie: le scelte delle PMI indipendenti
5.4 Servizi e clienti: strategie distributive delle imprese leader
5.5 Dall’outsorcing alla delocalizzazione
5.5.1 Prospettive di delocalizzazione tra le imprese leader
5.6 Dalla vendita alla comunicazione: la partecipazione alle fiere
193 CAPITOLO 6
Sfide future, opportunità e minacce
di Alberto Bramanti e Mario A. Maggioni
6.1 Dinamiche e percorsi di sviluppo tra eccellenza, crisi e imitazione
6.2 Opportunità e minacce: il manufacturing
6.3 Il presidio dei mercati: consolidare e ampliare
6.4 Crescere dimensionalmente, aggregarsi territorialmente
209 BIBLIOGRAFIA
215 FONDAZIONE FIERA MILANO
9
PrefazioneLUIGI ROTH
Presidente Fondazione Fiera Milano
Capacità di anticipazione e discontinuità: sono due
ingredienti che fanno la differenza tra il sopravvi-
vere e l’essere riconosciuti come leader sia per un’attività
imprenditoriale, così come per un evento fieristico. L’in-
tuito di riconoscere in anticipo quello che sarà e il corag-
gio di muoversi in controtendenza rispetto agli altri non
nasce dal talento né dal caso. Nasce dall’ascolto, dallo
studio, dall’osservazione attenta e costante dei fenomeni.
Oggi si parla di “economia dell’attenzione” come fattore
chiave per creare valore: in un mondo tanto ricco di infor-
mazione e sollecitazioni di diversa natura e velocità, biso-
gna saper cogliere e trattenere l’attenzione di chi entra in
contatto con noi, per generare un’interazione proficua e
costante, orientata all’utilità reciproca.
Guardare in profondità a un mondo come quello dei
distretti industriali, conoscerlo, ascoltarlo e infine realiz-
zarne un’Enciclopedia ha per Fondazione Fiera Milano
due significati molto importanti. Il primo è di capire come
e quanto si stia evolvendo un fenomeno che pesa circa
un terzo dell’economia italiana e che ne rappresenta una
peculiarità economica, sociale e territoriale.
Il secondo significato è più strettamente legato al core
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business e alla tradizione fieristica della Fondazione e del
suo Gruppo: nei distretti, come nelle imprese, si fa inno-
vazione – anche se spesso non dichiarata – e i cambia-
menti avvengono veloci, per adattarsi alla rapidità del
mercato.
In fiera, le evoluzioni e le trasformazioni dell’economia si
colgono prima che altrove: le imprese che investono nel
media fieristico ci segnalano gli spostamenti di interesse,
le nuove strategie, la fiducia che hanno nei mercati o in
se stessi sin dal momento in cui decidono di esporre – o
non esporre – in una delle nostre fiere. Ecco, la capacità
di anticipazione. Quella di chi sente le piccole variazioni
del proprio mercato e agisce in risposta ad esse e quella
di chi, come noi, raccoglie i segnali di tanti diversi merca-
ti e analizza le tendenze generali, per offrire al mondo
economico informazioni utili e conoscenze concrete.
L’Enciclopedia delle Economie Territoriali, così come altri
studi compiuti dalla Fondazione, vuole essere una busso-
la. Per raggiungere nuove mete, per orientarsi nel cam-
biamento o per coglierlo per primi.
13
I grandi progetti per essere realizzati con successo han-
no bisogno di consenso, partecipazione, ma soprattutto
di un grande e diversificato apporto di idee da parte del-
la comunità in cui tali progetti nascono. L’ascolto delle
istanze e delle esigenze del territorio in cui si opera sono
elementi divenuti imprescindibili del modus operandi di
Fondazione Fiera Milano.
Il nuovo quartiere fieristico è stato inaugurato con suc-
cesso, ma affinché si realizzino le ipotesi di sviluppo è
importante continuare ad ascoltare la base produttiva
nazionale per cui tale progetto è stato realizzato.
Fondazione Fiera Milano, attraverso l’Area Studi Sviluppo
e Formazione, è per tradizione impegnata nella riflessio-
ne sul mondo dell’economia regionale, nazionale e mon-
diale che transita dalle manifestazioni di Fiera Milano.
Mantiene così da sempre un osservatorio privilegiato in
grado di fornire uno sguardo non convenzionale sulle
evoluzioni dei mercati.
Le ricerche socio-economiche che Fondazione Fiera
Milano svolge in collaborazione con i più qualificati
Fondazione Fiera Milano e l’Enciclopediadelle EconomieTerritoriali ENRICA BACCINI
Responsabile Area Studi Sviluppo e Formazione
Fondazione Fiera Milano
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esperti dei diversi settori che si trova ad approfondire,
permettono di mantenere e monitorare il core business –
le fiere – e di svolgere a pieno la funzione di volano di
sviluppo già messo in evidenza dalla realizzazione del
progetto del nuovo sistema fieristico milanese.
In particolare nel 2005 ha commissionato al CERTeT –
Bocconi un’importante ricerca, coordinata dai professori
Alberto Bramanti dell’Università Bocconi e Mario A. Mag-
gioni dell’Università Cattolica su “Distretti, competitività e
percorsi di internazionalizzazione”. La ricerca è nata dal-
l’esigenza di comprendere a fondo le grandi derive del-
l’evoluzione distrettuale: l’internazionalizzazione e la
gerarchizzazione, ovvero l’emergere di soggetti di dimen-
sioni rilevanti potenzialmente indipendenti dal distretto.
Un’attenzione particolare è stata rivolta all’innovazione
acquisita dai fornitori di tecnologie, in quanto tali dimen-
sioni sono indubbiamente alcune delle chiavi per il suc-
cesso delle manifestazioni di Fiera Milano. La ricerca for-
nisce importanti indicazioni su come si stia evolvendo il
modello di sviluppo socio-economico di questi territori,
offrendo spunti di riflessione originali per tutta la comuni-
tà economica.
Dalla ricerca nasce il progetto editoriale Enciclopedia
delle Economie Territoriali. Il progetto prevede la pubbli-
cazione di monografie relative ai sistemi produttivi presi
in esame. Questo primo volume dell’Enciclopedia è rela-
tivo al distretto del legno-arredo della Brianza.
Crediamo che la diffusione delle conoscenze sia un altro
tassello importante per creare sviluppo per il Paese.
17
“Fare sistema” per il futuro del distretto
ALBERTO BRAMANTI
Il modello di specializzazione italiano è sotto stress e con esso
quello distrettuale. I volumi produttivi decrescono: si fanno
meno scarpe, meno capi di abbigliamento, meno piastrelle,
meno mobili di quanti venivano prodotti complessivamente in
Italia ai tempi d’oro della produzione manifatturiera leggera.
Un dato su tutti fa riflettere: l’interscambio della UE-15 con Ita-
lia e Cina nei prodotti del sistema arredo-casa si è andato
modificando pesantemente nel periodo recente (1996-2003),
come mostrato dalla tabella seguente.
Valori in milioni di euro correnti Fonte: (Fortis, 2005, tab. 5, p. 133)
Importazioni della UE-15
provenienti dalla Cina e dall’Italia
Comparti produttivi 1996 2003 Variazione %
Sistema “arredo-casa”, di cui:
Totale dell’import dall’Italia 6.402 7.835 22
Totale dell’import dalla Cina 1.466 6.187 322
Mobili e cucine
Totale dell’import dall’Italia 1.752 2.025 16
Totale dell’import dalla Cina 136 1.027 657
Divani e sedie
Totale dell’import dall’Italia 1.352 1.827 35
Totale dell’import dalla Cina 77 809 945
Ferramenta, cerniere per mobili, porte, finestre
Totale dell’import dall’Italia 473 674 42
Totale dell’import dalla Cina 38 339 790
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Questa pressione competitiva è fortemente sentita dalle
imprese distrettuali italiane che vedono progressivamente
contrarsi gli spazi di mercato “consolidati” e non espandersi
adeguatamente gli spazi sui nuovi mercati emergenti1: non rie-
scono, da un lato, a competere efficacemente sul lato dei costi
e, dall’altro, a sfruttare compiutamente i vantaggi competitivi
legati alla differenziazione dei prodotti.
La filiera del legno-arredo è da sempre una specializzazione
importante della manifattura leggera nazionale – l’Italia è il quar-
to produttore mondiale e il primo esportatore fino al 2000, anno
in cui viene superata dalla Cina che diviene così il primo espor-
tatore mondiale di mobili – e le scelte e le strategie di risposta al
nuovo contesto competitivo devono pertanto essere anche scel-
te di sistema e non esclusivamente di singola azienda.
Jim O’Neill, managing director e capo della ricerca economi-
ca di Goldman Sachs International, illustrando a Davos l’Ou-
tlook 2006 si è lasciato sfuggire giudizi molto severi sul nostro
sistema produttivo: «Le cose che sapeva fare bene il vostro
Paese ora le fanno a costi più bassi India e Cina, ormai forti
anche nelle produzioni di qualità. Se nelle manifatture di fascia
alta l’Italia non riesce nemmeno ad avere costi competitivi con
la ricca Germania, cosa le rimane da offrire? Solo cibo e un
po’ di calcio interessante».
Evidentemente O’Neill guarda ai dati statistici e non conosce
le produzioni distrettuali, non considera le significative artico-
lazioni che esistono all’interno delle differenti filiere tra i molte-
plici segmenti che fanno del made in Italy di punta un prodot-
to ancora fortemente competitivo, non distingue tra contenu-
to materiale e immateriale del bene venduto, non apprezza la
dimensione di creatività, innovazione, design, ergonomicità
contenute nelle produzioni di punta. Tocca certamente però –
in un linguaggio rozzo e approssimativo – uno snodo signifi-
1 Il mercato cinese, ad esempio, rimane ancora poco significativo per le imprese italiane seil nostro export nazionale nel territorio cinese è appena superiore a quello verso il Porto-gallo. Per contro: «si è aggravato il passivo bilaterale dell’Italia verso la Cina. Dai 930 milio-ni di euro del 1996 si è saliti nel 2004 alla cifra record di passivo di 7,4 miliardi di euro,con un peggioramento per l’Italia di 6,4 miliardi» (Quadrio Curzio, 2005, p. 24).
“FARE SISTEMA” PER IL FUTURO DEL DISTRETTO
19
cativo: posizionarsi sui top-end markets e sfruttare ogni pos-
sibile leva qualitativa sembra la principale strategia persegui-
bile/perseguita dalle imprese italiane in questi mercati, ma i
numeri non sono più quelli di una volta.
1. Per molti, ma non per tutti
Si è aperta una nuova fase distrettuale in cui la competizione
diviene più selettiva: il messaggio sintetico potrebbe essere “per
molti, ma non per tutti!”. Vincere la sfida delle produzioni “top di
gamma” non è alla portata di tutte le imprese distrettuali.
La Brianza, come area territoriale economicamente e cultural-
mente ben identificata2, ha però alcuni assets ulteriori da gio-
care in questa partita. Innanzitutto, la sua filiera del legno–mobi-
le è particolarmente ricca. Un’assenza relativa di specializzazio-
ne che, a tratti, è stata letta come motivo di minore visibilità
all’estero e di carente identificazione del made in Brianza, ma
che è invece motivo di ricchezza nel comporre un’offerta com-
pleta, come numerosi nuovi mercati richiedono. In secondo
luogo, a questa articolata differenziazione della produzione del
comparto legno-arredo si affianca un’altrettanto ricca articola-
zione del sistema produttivo nel suo complesso.
Il “mobile” è, per così dire, immerso e circondato da un tessu-
to produttivo dove la meccanica, la plastica, il tessile-abbiglia-
mento, la chimica e molte altre produzioni sono presenti con
un livello comparabile di creatività e innovazione. Uno dei van-
taggi indiscussi della Brianza è infatti quello di essere un siste-
ma manifatturiero dove si produce il nuovo.
Per innovare in un contesto frammentato non basta l’idea vin-
cente: occorre poter contare su un sistema produttivo orien-
tato al problem solving, in cui l’impresa possa rivolgersi
all’esterno, chiedere e ottenere un “su misura” nelle forniture
2 E oggi anche amministrativamente, con la costituzione della provincia di Monza e Brian-za, sebbene su un territorio più limitato rispetto a quello economico a cui si fa qui impli-citamente riferimento che rimane a “scavalco” delle attuali province di Milano e di Como.
20
industriali. Se un particolare va modificato o non esiste devo
poter trovare sul territorio chi lo fornisce: in tempi brevi, con
grande flessibilità, a un costo ragionevole.
Progetti innovativi di filiera e di distretto potrebbero alimentare
e irrobustire ulteriormente questa “predisposizione” del siste-
ma territoriale: questo è certamente un asset che va coltivato.
Vi è dunque una naturale interazione tra imprese che produce
efficienza nel sistema territoriale, a cui deve accompagnarsi una
cooperazione strategicamente perseguita a livello di sistema, che
tocchi gli snodi rilevanti della produzione di numerosi beni pub-
blici territoriali. Assets che entrano nella funzione di produzione
della singola impresa e la cui assenza, o scarsità, genera diseco-
nomie esterne che si ripercuotono sulle performance aziendali.
2. Tre esemplificazioni, un metodo comune
Prima di addentrarsi sulle strategie e sulle risposte dei singo-
li operatori della filiera legno-arredo, oggetto specifico dell’in-
tero Quaderno, è utile dedicare attenzione ad alcune questio-
ni “trasversali” che stanno a monte e a lato degli andamenti
della specifica filiera, oggetto di approfondimento. Si intende
qui toccare tre snodi particolarmente significativi, selezionati
per essere esemplificativi nel metodo:
• il tema dell’innovazione (§ 2.1);
• il tema della formazione (§ 2.2);
• il tema della comunicazione e commercializzazione (§ 2.3).
Questi tre snodi non esauriscono, certo, la complessità e l’artico-
lazione dei problemi che il territorio della Brianza e il distretto del
legno-arredo vivono, ma evidenziano dove può emergere quel
valore aggiunto di sistema che se entra in sinergia con quello, ben
più consistente, prodotto dalle centinaia di imprese che operano
sul territorio, può fare la differenza nella competizione globale.
Tutti e tre sono peraltro snodi su cui si è interrogato a lungo il
sistema territoriale, sia all’interno della Consulta della Brianza3,
Fare sistema per il distretto:
tre aree di esemplificazione di un metodo
Innovazione
Formazione
Comunicazione Commercializzazione
Progetti sulle tecnologie
Progettisull’industrial
design
Sensibilizzazione dei giovani
Manutenzione delle risorse umane
Progetti sulla logistica
Marchio made in vs. concept by
© AB – 2006
sia con le iniziative promosse dall’agenzia Sviluppo Brianza4.
Innovazione-formazione-comunicazione sono poi tre aree tra
loro fortemente collegate e nelle cui intersezioni si ritrovano
molteplici problemi sui quali il territorio e il distretto da tempo
sono impegnati, tutti problemi a forte componente sistemica.
Se la piccola e micro impresa distrettuale è quella più a “rischio
“FARE SISTEMA” PER IL FUTURO DEL DISTRETTO
21
3 La Consulta della Brianza è un organismo di tipo volontario attivato dalla Camera Com-mercio Industria Artigianato Agricoltura di Milano per accompagnare il passaggio allacreazione della CCIAA di Monza e Brianza. La Segreteria Scientifica della Consulta –su mandato del Comitato di Presidenza – ha approfondito, nel corso del 2005, nume-rosi punti di contenuto in interazione coi soggetti presenti nella Consulta. L’esito di taliapprofondimenti è documentato in alcune note di programma, documenti di lavorointerni della Consulta.
4 Sviluppo Brianza è un’agenzia per la qualità produttiva e sociale del territorio operan-te dal 1998. Si è fatta promotrice, tra gli altri progetti, del percorso di riflessione cheha portato alla realizzazione degli Stati Generali della Brianza. I materiali sono raccoltiin un volume (Sviluppo Brianza, 2003).
22
estinzione” occorre dunque aiutare in tutti i modi le micro impre-
se brianzole a mettersi insieme, a generare progetti comuni e con-
divisi, a collaborare per raggiungere soglie minime che consenta-
no anche investimenti non alla portata dei singoli imprenditori.
Ciò implica ed esige una crescita culturale importante, l’iden-
tificazione di alcuni progetti pilota, il supporto ai piccoli perché
ne colgano le convenienze, percorsi adeguati di tutoraggio, il
fare vetrina delle migliori esperienze. Occorre anche vincere
una diffidenza innata tra gli operatori e una resistenza che si
manifesta per iniziative “di parte”.
2.1 IL TEMA INNOVAZIONE
Questo “fare squadra” si declina certamente su di un tema
ampio e trasversale che è quello dell’innovazione, fortemente
strategico e percepito vitale anche dalle imprese di dimensio-
ni minori.
L’incrocio tra le esigenze del sistema delle imprese brianzole
– con uno sguardo privilegiato al comparto del legno-arredo,
ma non solo – e le esperienze lombarde recenti in materia di
progetti e azioni di supporto al sistema delle piccole imprese,
fa emergere tre possibili declinazioni specifiche – tra loro for-
temente complementari – che possono essere sintetizzate
nelle seguenti linee guida:
• stimolare le imprese a produrre idee innovative [Box 1];
• accompagnare le imprese nel percorso dell’innovazione di
prodotto e ricerca di nuovi materiali [Box 2];
• sostenere processi di up-grading delle aziende attraverso
il confronto con i propri competitors e il relativo posiziona-
mento [Box 3].
Dietro questi obiettivi, stanno tre progetti specifici, già attivati
in forme e modi differenti in Regione Lombardia e dunque, in
un certo senso, pronti per essere replicati anche nel distretto
brianzolo del legno-arredo.
Ovviamente dietro ad ogni progetto c’è un “soggetto attuato-
re” con adeguate competenze per implementarlo che deve
avere capacità di interlocuzione con le imprese, padronanza
“FARE SISTEMA” PER IL FUTURO DEL DISTRETTO
23
delle componenti tecnologiche-innovative, autorevolezza rispet-
to al sistema della rappresentanza in cui va ad operare, capa-
cità gestionale per portare a buon fine progetti operativi com-
plessi che coinvolgono le PMI. Tali soggetti non mancano sul
territorio lombardo e brianzolo – alcuni di essi sono espressio-
ne diretta dell’impegno regionale in materia – e sarà compito
della comunità territoriale identificarli e coinvolgersi nella “pro-
gettazione fine” degli interventi.
La ricerca di, e il confronto con, best practices in Lombardia
produce numerosi spunti di riflessione; i tre progetti identifica-
ti sono: “UN PROCESSO INTEGRATO PER LO SVILUPPO DI NUOVI
PRODOTTI NELL’AMBITO DELLE PMI LOMBARDE” per quanto concer-
ne il sostegno all’innovazione di prodotto; il progetto
“CARTI&R” per quanto attiene alla ricerca di nuovi materiali; il
progetto “BENCHART” per il sostegno ai processi di up-grading
attraverso il confronto con le altre aziende del comparto e le
loro performance.
UN PROCESSO INTEGRATO PER LO SVILUPPO DI NUOVI PRODOTTI
NELL’AMBITO DELLE PMI LOMBARDE — La PMI per anni ha privile-
giato l’innovazione di processo anche grazie a buone leggi –
quali la Sabatini – di facile utilizzo e stabilmente rifinanziate dal
Ministero, ma, quando la riduzione dei costi si è semplicemen-
te trasformata in un contenimento dei prezzi, si è innescata
una spirale che alla lunga produce solo erosione dei margini.
Occorre dunque tornare, e rapidamente, a innovare anche nei
prodotti, a produrre oggetti unici, che mantengano “sulla fron-
tiera” la capacità innovativa della piccola impresa lombarda.
Le azioni proposte per sostenere l’innovazione di prodotto
sono le due seguenti:
• promuovere l’innovazione all’interno delle aziende attraver-
so una consulenza specializzata ad hoc che, partendo dal-
l’analisi dei bisogni di ogni singola azienda, elabori strate-
gie puntuali finalizzate alla creazione di nuovi prodotti che,
puntando sulla qualità, consentano di differenziare la pro-
duzione. La consulenza specialistica dovrebbe porsi come
24
UN PROCESSO INTEGRATO PER LO SVILUPPO
DI NUOVI PRODOTTI NELL’AMBITO DELLE PMI LOMBARDE
Il progetto – finanziato dalla Convenzione Artigianato 2003-
2005 – ha come soggetto attuatore il Politecnico di Milano e
nasce dalla seguente analisi dei bisogni:
• le imprese, in particolare quelle artigiane di piccole dimensio-
ni, hanno difficoltà a tradurre le proprie esigenze in progetti
ben focalizzati, in cui siano definiti accuratamente obiettivi,
indicatori, fasi e costi: mancano cioè, frequentemente, una
cultura e una capacità progettuale;
• manca inoltre la capacità di generare prodotti nuovi come
esito di processi di ricerca a base tecnologica;
• ne discende, di conseguenza, una scarsa interazione con il
mondo dell’Università e dei centri di ricerca.
Il progetto è nato con un bando per imprese artigiane: un bando
per idee innovative di prodotto. Sono state raccolte 15 idee
innovative, un numero inaspettato e considerato lusinghiero per
la riuscita del progetto.
Nello sviluppo del progetto la Regione, apprezzandone la vali-
dità, ha deciso di trasformarlo in una sorta di “sportello aperto”
svincolandolo dal bando e lanciando in più riprese delle call for
idee innovative. Attraverso le Confederazioni artigiane sono
state comunque identificate alcune nuove imprese rispetto alle
prime 15 adesioni.
Delle 15 imprese iniziali, sottoposte a valutazione sulla base
obiettivo quello di studiare l’innovazione di prodotto, stimo-
lando la proposizione di idee innovative da parte delle
aziende stesse, per poi accompagnare ciascuna di esse
nell’applicazione;
• avviare forme di collaborazione con il mondo/sistema uni-
versitario e della ricerca per accedere a competenze tec-
niche e scientifiche.
Box 1 – Un esempio di innovazione di prodotto
“FARE SISTEMA” PER IL FUTURO DEL DISTRETTO
25
dell’idea innovativa presentata, ne sono state selezionate 11;
per queste 11 è stato realizzato un piano di fattibilità tecnico-
economica con il business plan completo.
La fase 2 ha comportato lo sviluppo del progetto, quindi l’attivi-
tà di consulenza su quelle aree specifiche nelle quali era emer-
sa la necessità per l’impresa di un supporto di natura varia: per
alcune, sfruttando le competenze presenti nel Politecnico, si è
trattato di consulenze tecniche sulle parti di meccanica ed elet-
tronica; per altre si è trattato di approfondire i temi della pro-
prietà industriale-brevettabilità, presenza di una prior art sul
tema, tutto ciò che concerneva la difendibilità del progetto inno-
vativo per quanto riguarda la proprietà industriale; altre ancora
hanno richiesto un’analisi di mercato approfondita, spesso svol-
ta attraverso questionari inviati a decine o centinaia di clienti e
potenziali clienti, quindi con un’analisi della domanda molto
puntuale.
Lo spettro è stato molto vario, perché ogni idea innovativa ha
incontrato problemi specifici.
CARTI&R — Ai materiali tradizionali oggi si sostituiscono i mate-
riali avanzati che hanno caratteristiche e proprietà specifiche
per svolgere funzioni prestabilite. Lo scenario futuro prevede
anche lo sviluppo di materiali multifunzionali nel senso di
dispositivi, componenti, strutture che consentiranno di rispon-
dere a una pluralità di stimoli attraverso diverse azioni. Essi
possono essere classificati in base alla loro natura, ai loro pro-
cessi di lavorazione e ai loro attributi.
Le azioni proposte nel progetto sono le seguenti quattro:
• fare una ricerca delle principali classi di materiali per evi-
denziare le loro caratteristiche tecnologiche e i principali
campi applicativi;
• creare sinergie con le associazioni di categoria per selezio-
nare le imprese adeguate cui destinare gli interventi e divul-
gare le iniziative attraverso un piano di comunicazione con-
cordato;
• offrire una consulenza personalizzata alle singole aziende
affinché conoscano e applichino i nuovi materiali all’inter-
no delle proprie specifiche produzioni;
• accompagnare le imprese nella selezione e nell’utilizzo dei
nuovi materiali.
26
PROGETTO CARTI&R
L’obiettivo principale di questo progetto, sviluppato da CESTEC-
Regione Lombardia, è quello di supportare concretamente l’av-
vio e l’attivazione dei progetti di innovazione presso imprese
artigiane del settore tessile e meccanico nelle quattro province
di Bergamo, Como, Lecco e Brescia.
Il progetto prevede 5 macroattività:
• analisi dei bisogni — concentrando i progetti nell’ambito dei
nuovi materiali per dare alle imprese indicazioni su quale sia
la “frontiera dell’innovazione”, indicando casi significativi di
attuazione dei progetti di innovazione inerenti i nuovi mate-
riali e la modalità/approccio per adottare nuovi materiali;
• promozione — l’obiettivo identificato è stato il coinvolgimento
di circa 160 imprese, 40 per ogni provincia coinvolta;
• attività di scouting — attraverso la somministrazione di un
questionario individuale per indagare la propensione delle
aziende nell’adozione dei nuovi materiali;
• assistenza e accompagnamento — attraverso una consu-
lenza personalizzata specialistica. Le competenze specifi-
che derivano dai centri di ricerca e dalle università e l’ac-
compagnamento riguarda anche l’individuazione delle
opportunità di agevolazione e la conoscenza dei canali di
finanziamento;
• verifica dei benefici per le imprese partecipanti e analisi del-
le problematiche per estendere il progetto ad altri ambiti ter-
ritoriali e ad altre province lombarde.
A fine anno (2005) il progetto Carti&R ha prodotto l’analisi e il
Box 2 – Un esempio di ricerca di nuovi materiali
BENCHART — Il terzo progetto richiamato ha per obiettivo un
percorso di miglioramento aziendale a tutto tondo e parte dalla
considerazione dell’importanza di conoscere il percorso di
altre imprese facendo in modo che i buoni esempi stimolino
l’emulazione e il miglioramento continuo.
Le azioni proposte nel progetto sono le seguenti quattro:
• identificare una griglia di lettura e di analisi comparata delle
performance e dei punti di forza e di debolezza adeguata
alle PMI;
• distribuire il report relativo al posizionamento delle impre-
se – una volta ultimato il percorso conoscitivo e di analisi
– attraverso le associazioni che rappresentano un veicolo
importante per questo genere di messaggi;
• dare visibilità ai risultati conseguiti. Si vorrebbero creare
momenti di trasmissione dei risultati coinvolgendo il mondo
imprenditoriale e non solo i beneficiari dell’iniziativa, favo-
rendo momenti di scambio diretto tra gli imprenditori;
• segnalare spazi e azioni di miglioramento in risposta al
posizionamento ottenuto.
“FARE SISTEMA” PER IL FUTURO DEL DISTRETTO
27
foresight tecnologico, mentre la fase di promozione e scouting
è stata ultimata nei primi mesi del 2006.
Per quanto riguarda l’accompagnamento si tratta di definire la
modalità dell’approccio. Per tutte le imprese sono a disposizio-
ne i risultati di analisi e foresight tecnologico e verrà completa-
to un report dei risultati ottenuti.
Il supporto personalizzato consiste in 10 giornate di consulen-
za dedicate a ogni progetto avviato. Si riscontra la tendenza
delle aziende a unirsi e a partecipare nell’ambito di un unico
progetto, per avere a disposizione risorse superiori sotto forma
di un numero maggiore di giornate di consulenza. La collabo-
razione con le Associazioni è fondamentale per il rapporto
consueto che esse hanno con le imprese.
28
PROGETTO BENCHART
Le imprese artigiane e le piccole-medie imprese lombarde che
vi partecipano possono usufruire di servizi innovativi, gratuiti,
volti ad analizzare, valutare e migliorare le proprie prestazioni.
Applicando la metodologia del benchmarking – adeguata alla
realtà della piccola-media impresa – il progetto consente di
realizzare una preziosa esperienza di confronto e di scambio
con altre imprese del settore.
L’attuazione è stata affidata a ECIPA Lombardia.
Il percorso si articola in varie attività, tra loro interdipendenti.
Il primo step offre all’impresa la possibilità di effettuare un’auto-
analisi tramite la compilazione di un questionario che indaga i
principali ambiti della gestione aziendale e, per chi è interessato
ai temi, l’impatto ambientale e il livello di innovazione raggiunto.
L’elaborazione dei dati inseriti restituisce all’impresa un report
che identifica i punti di forza e di debolezza dell’azienda, il livello
delle proprie prestazioni e il posizionamento dell’impresa rispetto
a quelle dello stesso settore e/o territorio.
Le informazioni fornite vanno infatti a confluire in una banca
dati nazionale, consentendo di costruire indici di rendimento e
di efficacia che rappresentino la media del mercato: ciò con-
sente non solo alle imprese di confrontarsi con le prestazioni
di una platea di concorrenti con caratteristiche simili, ma
anche alle associazioni di affinare i propri servizi e alle istitu-
zioni di elaborare strategie mirate.
Il secondo step prevede la creazione di una comunità virtuale di
imprese interessate al confronto, allo scambio di informazioni e
all’approfondimento delle migliori pratiche.
Il profilo delle imprese che avranno conseguito i migliori risultati o
realizzato prodotti innovativi sarà pubblicato sul “Repertorio delle
Imprese eccellenti”, per garantire visibilità a chi si è maggiormen-
te impegnato nella ricerca della qualità e del miglioramento. Le
imprese più motivate verranno inoltre stimolate a intraprendere
percorsi di miglioramento, fino ad accedere a eventuali premi.
Box 3 – Un esempio di benchmarking
“FARE SISTEMA” PER IL FUTURO DEL DISTRETTO
29
2.2 IL TEMA FORMAZIONE
Emerge dal territorio della Brianza l’esigenza di indirizzare
maggiormente l’offerta formativa alle esigenze e alle specifici-
tà della realtà briantea stessa, costituita da una domanda
molto frammentata che nasce dalle innumerevoli piccole
imprese sparse sul territorio.
Pensare un’offerta formativa in linea con i reali fabbisogni for-
mativi espressi dal territorio richiede certamente, quale punto
di partenza, una ricognizione chiara ed esplicita dell’offerta for-
mativa esistente, nella prospettiva di favorire sinergie e la
messa in rete delle iniziative e dei soggetti che operano in que-
sta direzione. Si rileva, infatti, la mancanza di un raccordo tra
le iniziative finalizzate a erogare formazione e si auspica da
parte di numerosi interlocutori sul territorio la messa in rete di
tali soggetti.
In un secondo tempo, dopo aver censito l’offerta formativa, si
tratterebbe di incrociarla rispetto alla domanda da parte del
mondo produttivo e a quella dei ragazzi e delle loro famiglie.
L’azione di monitoraggio dell’offerta formativa locale e la valu-
tazione della sua rispondenza alle esigenze della domanda
sociale e del tessuto economico-produttivo diviene così il
primo e indispensabile step di una costruzione più vasta e
ambiziosa.
Per quanto attiene il conseguimento del primo step, ovvero il
censimento/mappatura dell’offerta formativa, le proposte degli
stakeholders territoriali convergono sull’idea di realizzare un
Osservatorio che funga da raccordo tra le esperienze e inizia-
tive spontanee che hanno trovato manifestazione più o meno
visibile sul territorio e che si costituisca come un punto di con-
fronto e attenzione verso i problemi che sorgono nei Centri di
Formazione Professionale (CFP) e nelle scuole, svolgendo una
funzione di collegamento tra Provincia-Regione-Stato.
L’idea di fondo è che ogni centro di formazione incluso nella
rete porti la propria esperienza, fornendo dati ed elaborando-
li. A questi contributi l’Osservatorio deve integrarsi offrendo un
servizio reale di accompagnamento.
30
L’Osservatorio deve inoltre garantire servizi di consulenza
aperti a tutti, perciò deve essere una struttura mista pubblico-
privata, finalizzata alle seguenti macroattività:
• censimento qualitativo dell’offerta formativa;
• analisi delle leggi sui finanziamenti;
• aiuto/consulenza in relazione a tutto ciò che ruota intorno
alla formazione.
L’Osservatorio – come sempre in realtà ricche e articolate –
dovrà inoltre mettere a rete ogni spezzone di conoscenza già
esistente sul territorio5. Il contesto in cui si inserisce la propo-
sta progettuale è infatti quello di un’area dove forte è la
domanda e l’offerta in ambito formativo.
Il processo in atto a livello nazionale e locale (regioni e provin-
ce) richiede sinergie e sistemi che consentano di soddisfare tra
l’altro importanti obblighi informativi derivanti da impegni comu-
nitari e la possibilità di supportare le linee di riforma del siste-
ma formativo, nei suoi collegamenti col mondo della scuola e
del lavoro. Basti ricordare lo sviluppo della Borsa Nazionale del
Lavoro, l’anagrafe nazionale degli studenti, il Libretto Formati-
vo, che richiedono tra l’altro uno sforzo di omogeneizzazione
delle informazioni, pur nel rispetto delle diverse realtà locali.
Dovrà essere possibile, in un futuro non lontano, reperire infor-
mazioni sui soggetti erogatori di formazione, nonché sui citta-
dini che abbiano partecipato e/o chiesto di partecipare ad atti-
vità formative.
Se quindi assistiamo a una forte richiesta di adeguamenti tec-
nologici e metodologici dei sistemi di raccolta dati sul lato isti-
tuzionale, da parte dei cittadini e dei soggetti operatori della
filiera è sempre più marcata l’esigenza di strumenti che forni-
scano, da un lato, informazioni in modo efficiente ed efficace
e, dall’altro, la possibilità di mantenere aggiornate queste infor-
mazioni in modo semplice e tempestivo.
Il sistema Osservatorio si compone così di tre sottosistemi logici:
5 Ad esempio, il Comune di Monza ha promosso a partire dall’anno 2004 un’iniziativacostituendo un “Gruppo sull’offerta formativa e territoriale”. Si tratta di un gruppo dilavoro interassessorile e interistituzionale per la definizione del POF territoriale.
“FARE SISTEMA” PER IL FUTURO DEL DISTRETTO
31
• una banca dati (Banca dati delle attività formative) che rac-
coglie informazioni sull’offerta formativa e le rende dispo-
nibili agli operatori del territorio;
• una “vetrina” dell’offerta formativa, tramite la quale poter
consultare la banca dati, ma anche richiedere/offrire infor-
mazioni e feedback tra utenti di vario livello (ad es. opera-
tori della formazione e cittadini);
• un’area redazionale che funga da “orientamento” alle poli-
tiche territoriali per la formazione.
L’ultimo sottosistema, in particolare, si prefigge di fornire le
informazioni e gli strumenti di ausilio all’utenza per la cono-
scenza del progetto e fungere da strumento di orientamento
e/o informazione a riguardo delle tematiche collegate alla filie-
ra formazione-istruzione.
2.3 IL TEMA COMUNICAZIONE–COMMERCIALIZZAZIONE
Lasciando ai capitoli successivi lo sviluppo dell’analisi del
tema della commercializzazione e delle strategie di penetrazio-
ne dei mercati attuate dalle imprese, ci si concentra qui su una
particolare strategia di comunicazione di sistema.
A intervalli ricorrenti si affaccia un dibattito interno al territorio
– ma simile nei contenuti a quello che si sviluppa in molti altri
contesti distrettuali – circa l’interesse e le modalità attuative di
un marchio di territorio, il classico made in distrettuale che
pure rimane difficile da realizzare.
Su questo dibattito se ne inserisce un secondo che tocca uno
snodo altrettanto problematico, ponendo la sottile differenza
tra il più noto made in e il nuovo concept by. Nel primo caso il
processo nel suo complesso è presidiato dal territorio: dal-
l’ideazione, alla prototipazione, alla realizzazione, alla distribu-
zione e commercializzazione, ai servizi post-vendita; nel secon-
do caso ciò che rimane brianzolo è l’ideazione ed eventual-
mente l’assemblaggio finale, o anche meno. L’aspetto proble-
matico del dibattito è ovviamente incentrato su dove si situi la
soglia tra il primo e il secondo. Visioni più conservative discu-
tono di un certo numero, significativo, di fasi produttive svolte
32
sul territorio, versioni più permissive concederebbero il made
in anche in presenza di due sole fasi.
Ovviamente il partito dei sostenitori delle versioni più restritti-
ve/permissive taglia trasversalmente leader e follower, picco-
le e grandi aziende, produttori finali e produttori di semilavora-
ti: a seconda delle convenienze e della specifica organizzazio-
ne della produzione.
Senza entrare nel merito di un dibattito che, in astratto, divie-
ne rapidamente nominalistico, si lancia qui una provocazione
che scioglie, almeno in parte, il nodo gordiano del preservare
l’autenticità del prodotto e delle modalità per farlo.
Si propone qui un duplice concorso, mirante a diffondere e
innalzare l’immagine e il riconoscimento del made in Brianza
nel mondo. Un concorso annuale rivolto ai principali designer
del settore (italiani ed esteri) perché progettino differenti
ambienti (cucina, camera, sala, studio, ecc.) da realizzarsi da
parte di imprese del distretto e, contestualmente, la selezione
di 10 PMI che si vincolino a seguire protocolli qualitativi molto
severi (si potrebbe persino puntare sulla certificazione d’azien-
da, ma il tema deve essere approfondito) e che producano un
numero prefissato, e piccolo, di pezzi firmati (dal designer di
grido). Questi pezzi – esposti in un’apposita mostra al Salone
del Mobile di Milano – vengono successivamente venduti, a
prezzo da estimatore, sul mercato internazionale con il marchio
made in Brianza – magari attraverso canali prestigiosi, come
le case d’asta specializzate – affiancato al nome del designer
e a quello dell’impresa.
L’iniziativa, riproposta di anno in anno, dovrebbe sortire due
effetti diretti importanti: quello di offrire una pubblicità istituzio-
nale di altissimo livello al distretto, pubblicità di cui potranno
giovarsi tutti gli operatori del distretto, e quello di far crescere
nel tempo PMI a un livello qualitativo superiore. A questi si può
aggiungere anche la rinnovata iniezione di prestigio/centralità
al Salone del Mobile che è oggi al vertice delle fiere di setto-
re e che deve quindi mantenersi a questo livello.
Dopo cinque anni ho un marchio consolidato – il made in Brian-
“FARE SISTEMA” PER IL FUTURO DEL DISTRETTO
33
za – che suggella il top della produzione mondiale d’autore e il
catalogo con le 50 PMI che hanno partecipato all’iniziativa e che
hanno pertanto realizzato il top della produzione mondiale.
Concorso di idee per 10 designer di fama
internazionale
Esposizione al Salone del Mobile di Milano
Rafforzamento del distrettoAlto posizionamento dei marchi
made in & concept by
Concorso di idee per giovani designer
lombardi
Selezione dei 10 migliori progetti
Selezione di 10 PMI (protocollo qualità)
che li producono
Vendita sui mercatiinternazionali con il marchio
made in Brianza
Modello: designer famoso impresa
sconosciuta
Selezione dei 10 migliori progetti
Vendita sui mercatiinternazionalicon il marchio
concept by Brianza
Modello: designersconosciuto impresa
famosa
© AB – 2006
Concorso di idee per designerdi fama internazionale
e giovani promesse lombarde
Selezione di 10 imprese leader
che li producono
Concorso internazionale per la promozione
del made in Brianza
34
Questa prima iniziativa viene affiancata da una seconda, spe-
culare e fortemente complementare, che, con un analogo con-
corso ad hoc, seleziona e premia 10 giovani designer lombar-
di. I progetti premiati vengono prodotti – anch’essi in serie limi-
tata – da 10 aziende leader di settore, ugualmente esposti in
apposito spazio al Salone del Mobile e quindi venduti sul mer-
cato internazionale.
Il significato è di scoprire giovani talenti che potranno continua-
re a lavorare per il distretto, come altrove, offrendo un’iniezione
di freschezza e di novità e mettendo una risorsa rara (il desi-
gner) a disposizione anche del tessuto delle PMI brianzole che
oggi non può permettersi di ingaggiare il designer di grido.
Un concorso internazionale per promuovere il made in e il con-
cept by Brianza. Il combinato disposto dei due concorsi dovreb-
be offrire, a regime, grande visibilità al distretto e effettive oppor-
tunità di mercato ai giovani professionisti, da un lato, e alle PMI
interessate a imboccare la strada della qualità elevata, dall’altro.
È inoltre, evidentemente, un’azione di sistema perché il succes-
so dell’iniziativa sta nella sua dimensione – concorso internazio-
nale più concorso regionale, selezione delle PMI e delle impre-
se leader, selezione dei giovani designer – e nella sua ripetizio-
ne nel tempo con un supporto significativo sul piano della comu-
nicazione, della diffusione, dei contatti internazionali coi desi-
gner e della loro remunerazione e del coinvolgimento del Salo-
ne del Mobile che avrebbe un ruolo centrale nell’operazione.
3. Il ruolo alto delle politiche di distretto
Alla luce delle considerazioni avanzate emerge un ruolo in
parte nuovo delle politiche di distretto che risultano strette,
ormai da tempo, tra una sottodotazione di risorse economiche,
relativamente alla dimensione dei sistemi territoriali su cui insi-
stono, e un cronico scarso coinvolgimento delle imprese nelle
iniziative proposte.
“FARE SISTEMA” PER IL FUTURO DEL DISTRETTO
35
Il nuovo ruolo non può che essere quello degli interventi di
sistema (con dei numeri target rapidamente crescenti di
imprese da coinvolgere nelle differenti iniziative) e quello di
player su scala internazionale per giocare su poche iniziative
di grande visibilità e prestigio, che puntino alto, che muovano
alleanze importanti, che si diano sempre orizzonti temporali
almeno di medio periodo (non avrebbe senso, ad esempio,
promuovere un concorso internazionale di cui si è parlato
come evento spot in un unico anno).
Altro ruolo decisivo può essere quello di attivare grandi siner-
gie e contatti tra differenti pezzi del “sistema Italia” che pos-
sono trovare al loro interno sinergie sconosciute, o al più
casuali, conquistabili solo occasionalmente sul piano dei con-
tatti personali. Si pensi, a puro titolo esemplificativo:
• alla cantieristica navale, segmento grandi navi da crociera,
e alle forniture che possono essere attivate nel comparto
mobile-arredo;
• al settore turistico, segmento villaggi e grandi alberghi;
• ai contratti che le grandi imprese di servizi pubblici locali
stanno cominciando a firmare nell’Europa dell’est e in Asia
per forniture complesse “chiavi in mano”;
• ai grandi ospedali e agli arredi sanitari.
Il futuro del distretto come boutique del mobile di lusso è già
realtà, i grandi nomi della Brianza costituiscono uno dei fili invi-
sibili che legano la memoria collettiva dell’industria lombarda in
quella parte che unisce gusto, eleganza, “saper vivere” ai valo-
ri dell’innovazione di prodotto. Il futuro del distretto come gran-
di numeri, come volumi produttivi e quote di mercato, come
qualità media che cresce, come contenuto di servizio che si
ritaglia un posto significativo e visibile nell’offerta mondiale è,
in larga parte, da riconquistare, ed è una sfida di sistema.
Capitolo 1IL DISTRETTODEL LEGNO-ARREDO: UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO
40
Il distretto del legno-arredo: una storia cheviene da lontano
ALBERTO BRAMANTI e MASSIMILIANO RIGGI
Il territorio della Brianza costituisce un esempio, tra i più inte-
ressanti, dei percorsi di nascita e consolidamento di un siste-
ma produttivo locale in forma distrettuale e dell’interazione
continua tra le singole unità aziendali e gli attori locali.
La genesi del distretto del mobile in legno risale agli inizi del-
l’Ottocento. L’economia era ancora prevalentemente agricola
e, a causa delle caratteristiche collinari del terreno, soprattut-
to nell’area del Comasco (Cantù), risultava poco redditizia ren-
dendo necessario sviluppare altre attività che integrassero i
redditi degli agricoltori.
Le caratteristiche paesaggistiche di pregio del territorio, con-
giuntamente alla vicinanza con Milano, ne fecero un luogo di
villeggiatura privilegiato da parte della nobiltà e della borghe-
sia milanese, che cominciò a esprimere una domanda di mobi-
li di qualità per arredare le proprie residenze, prima nell’area
più prossima a Milano (Lissone) e in seguito proseguendo
verso il lago di Como (Cantù). Si sviluppò così gradualmente
una produzione mobiliera di tipo artigianale, inizialmente affian-
cata e sostenuta da quella agricola. Il mercato inizialmente for-
nito era quello locale che, richiedendo una produzione “su
misura”, non giustificava ancora una organizzazione di tipo
industriale. Successivamente, a partire dalla zona di Lissone,
nacquero le prime iniziative di carattere industriale che “espor-
tarono” in tutta Italia e contribuirono significativamente a far
conoscere il prodotto brianzolo all’esterno del suo territorio.
41
La nuova concezione del mobile neoclassico – Chippendale
– che, definendo strutturalmente ogni singolo pezzo, permet-
teva la costruzione del mobile scomposto in parti, e poi assem-
blato per la vendita, favoriva la nascita di una varietà di specia-
lizzazioni: dagli intagliatori ai tornitori, dai lucidatori ai laccato-
ri, dai decoratori, ai tappezzieri, e via dicendo.
Già verso il 1830 l’artigianato lissonese del mobile era un
comparto produttivo riconoscibile.
Intorno al 1850 un processo simile di nascita e sviluppo del
comparto del mobile avvenne anche nell’area del Canturino,
dove mantenne però una dimensione più artigianale.
Il mercato era quello nord italiano e andava lentamente espan-
dendosi, già non mancavano “incursioni” degli artigiani mobi-
lieri brianzoli anche in mercati lontani, e persino esteri.
A mano a mano che la professione si consolidava, nacquero
specializzazioni di fase e la filiera produttiva andò articolando-
si e arricchendosi anche grazie al fatto che geograficamente
era immersa nell’area certamente più dinamica del Paese, che
procedeva speditamente nel nascente processo di industria-
lizzazione e che beneficiava dello spettacolare sviluppo della
meccanica.
Quest’ultimo aspetto non va mai dimenticato: una parte impor-
tante del successo del distretto (così come di molti distretti
italiani) è che sin dall’inizio si è sviluppata una filiera completa
e, in particolare, il distretto ha prodotto al suo interno i mac-
chinari per la lavorazione del legno.
La specifica tipologia di prodotto – il mobile “su misura” di
qualità – ha inoltre fortemente contribuito a coltivare e svilup-
pare creatività e innovazione. La ricerca del bello, dell’elegan-
za, del pezzo unico, la consuetudine a lavorare con architetti e
poi designer e stilisti si è sempre accompagnata con la ricer-
ca della soluzione tecnica.
Così la voglia di sperimentare ha costruito poco alla volta una
consuetudine e una predisposizione per l’innovazione. Ne è
emerso un distretto che viene giustamente considerato l’Uni-
versità italiana (e non solo) del mobile.
42
1.1 Territorio e specializzazioneproduttiva
Quello della Brianza è anche il più antico dei distretti del
legno-arredo in Italia; si estende nella zona dell’alto Milanese,
comprendendo 36 comuni (cfr. tabella 1.1) di cui 16 in provin-
cia di Como (Cantù ne è il centro) e 20 in provincia di Milano6
(Desio, Seregno e Lissone sono i centri principali), per una
superficie totale di 258 kmq e una popolazione residente di
circa mezzo milione di abitanti.
Tabella 1.1 – I 36 comuni del distretto della Brianza
del legno-arredo
Provincia di Milano (ora Monza e Brianza, eccetto*)
Albiate, Arcore, Barlassina, Biassono, Bovisio Masciago, Carate Brianza,
Cesano Maderno, Desio, Giussano, Lazzate, Lentate sul Seveso*, Lissone,
Macherio, Meda, Misinto, Seregno, Seveso, Sovico, Varedo, Verano Brianza.
Provincia di Como
Alzate Brianza, Anzano, Arosio, Brenna, Cabiate, Cantù, Carimate, Carugo,
Cucciago, Figino Serenza, Inverigo, Mariano Comense, Novedrate,
Rovellasca, Rovello Porro, Turate.
Nel distretto operano complessivamente 35.000 unità locali
con 130.000 addetti (dati Censimento 2001), di cui 4.476
unità locali nel settore di specializzazione del legno-arredo
(nei settori core, come identificati nella tabella 1.2); di queste,
l’80% opera nella produzione di mobili, mentre il restante
20% riguarda, in parti pressoché uguali, la fabbricazione di
prodotti di carpenteria e la lavorazione del legno e la
fabbricazione di “altri prodotti” in legno (IPI, 2003). Gli
addetti nella filiera sono circa 21.000, di cui quasi la metà
6 Oggi, in realtà, 19 nella nuova provincia di Monza e Brianza e 1 solamente – Lentatesul Seveso – in provincia di Milano.
43
appartenenti al settore artigiano (cfr. più oltre tabella 1.3); se
a ciò si aggiunge che la filiera rappresenta circa il 30% degli
addetti del manifatturiero del distretto, si comprende perché
la realtà distrettuale rivesta un ruolo significativo per l’intera
economia dell’area.
Dal punto di vista dei settori esaminati, l’identificazione della
filiera – che si avvale della classificazione NACE rev. 1 a 5 cifre
– riguarda due tipologie di settori; sono complessivamente 20
i settori considerati rilevanti nell’ambito del distretto del legno-
arredo:
• la fabbricazione in senso stretto di mobili e il loro commer-
cio all’ingrosso – si tratta di 14 settori che contribuiscono
significativamente al valore aggiunto dell’intera filiera di
specializzazione7 e che vengono qui considerati settori
core
• e altri 6 settori relativi alla produzione di macchine per il
legno, al commercio all’ingrosso di prodotti collegati alla
filiera e al commercio al dettaglio di mobili, che completa-
no l’insieme di 20 settori che segnano la specializzazione
produttiva del distretto della Brianza.
Tra i settori non core, potrebbero essere considerati anche
quelli che contribuiscono più marginalmente alla determinazio-
ne della filiera del valore e che spesso discendono dalla diver-
sificazione del distretto rispetto alla specializzazione iniziale.
Nel caso in specie, ciò si è manifestato talvolta con la fabbri-
cazione e installazione di macchine per la lavorazione del
legno e con lo sviluppo di alcuni settori di componentistica e
minuteria meccanica, che però sfuggono alle statistiche per-
ché confusi con altre produzioni despecializzate (e pertanto si
è deciso di trascurarli).
È appena il caso di segnalare come, mentre la dimensione ter-
ritoriale del fenomeno può ritenersi sufficientemente consolida-
ta dal punto di vista delle funzionalità economiche e riconosciu-
1. IL DISTRETTO DEL LEGNO-ARREDO: UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO
7 Altri settori sono stati trascurati (attinenti al chimico, meccanico e tessile), in quanto,pur essendo interrelati con la specializzazione prevalente (Lojacono, 2000), sono trop-po frammentati e non consentono una definizione di core operativa, soprattutto perchénon emergono con sufficiente chiarezza dalle rilevazioni statistiche.
44
Tabella 1.2 – I settori del distretto della Brianza
del legno-arredo
Codice Settori core
20.1 Taglio, piallatura e trattamento del legno
20.2 Fabbricazione di fogli da impiallacciatura; fabbricazione di compensato, pannelli stratificati (ad animalistellata), pannelli di fibre, di particelle ed altri pannelli
20.30.1 Fabbricazione di porte e finestre in legno (escluse porte blindate)
20.30.2 Fabbricazione di altri elementi di carpenteria in legno e falegnameria
36.11.1 Fabbricazione di sedie e sedili, inclusi quelli per aeromobili, autoveicoli, navi e treni
36.11.2 Fabbricazione di poltrone e divani
36.12.1 Fabbricazione di mobili metallici
36.12.2 Fabbricazione di mobili non metallici per uffici, negozi, ecc.
36.13 Fabbricazione di mobili per cucina
36.14.1 Fabbricazione di altri mobili in legno
36.14.2 Fabbricazione di mobili in giunco, vimini ed altro materiale simile
51.13 Intermediari del commercio di legname e materiali da costruzione
51.15 Intermediari del commercio di mobili, articoli per la casa e ferramenta
51.47.1 Commercio all’ingrosso di mobili di qualsiasi materiale
Codice Settori non core
29.56.4 Fabbricazione e installazione di macchine per la lavorazione del legno e materie similari (compresi parti e accessori,manutenzione e riparazione)
51.53.1 Commercio all’ingrosso di legname, semilavorati in legno e legno artificiale
51.53.4 Commercio all’ingrosso di vernici e colori
51.53.5 Commercio all’ingrosso despecializzato di legname e di materiali da costruzione, vetro piano, vernici e colori
51.61 Commercio all’ingrosso di macchine utensili per la lavorazione dei metalli e del legno
52.44.1 Commercio al dettaglio di mobili
45
ta in sede legislativa rispetto ai comuni interessati, l’identifica-
zione dei settori appartenenti alla filiera è materia più sfuocata.
Le scelte qui presentate sembrano un ragionevole compromes-
so – ampiamente discusso dal gruppo di lavoro – tra la dupli-
ce esigenza di esaustività del fenomeno, da un lato, e di auto-
contenimento delle connessioni produttive rilevanti, dall’altro.
Anche i semplici dati statistici (ISTAT, censimento 2001) testi-
moniano l’importanza del comparto legno-arredo per il mani-
fatturiero del territorio di riferimento (circa un terzo in termini
di addetti e metà in termini di unità locali). Il distretto della
Brianza conta per circa un quarto del settore di specializzazio-
ne in Lombardia (solo settori core), con imprese prevalente-
mente artigiane e attività economiche conseguentemente
molto frammentate. Se ciò offre da un lato il vantaggio di una
grande flessibilità nell’organizzazione del lavoro pone, dall’al-
tro, due ordini di problemi:
• la difficoltà/impossibilità di raggiungere una massa critica
adeguata a porsi in modo proattivo nella concorrenza inter-
1. IL DISTRETTO DEL LEGNO-ARREDO: UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO
Tabella 1.3 – Il distretto della Brianza del legno-arredo
Grandezze Addetti Unità localicaratteristiche
Non Totale Non Totale Artigiani artigiani addetti Artigiani artigiani unità
locali
Unità* 9.543 11.663 21.206 3.202 1.274 4.476
Peso sul manifatturiero del distretto 41,1 23,0 28,7 45,6 43,0 44,8
Peso sul manifatturiero provinciale 9,4 2,7 4,0 10,2 5,2 8,0
Peso del distretto sul settore regionale 27,7 21,7 24,0 26,1 11,7 19,3
Peso del distretto sul settore nazionale 5,4 4,1 4,6 5,0 2,0 3,5
* Solo settori core Fonte: ns. elaborazioni su dati del censimento
46
nazionale, in particolare per ciò che riguarda il presidio dei
canali commerciali;
• le difficoltà connesse al finanziamento esterno e al reperi-
mento del capitale di rischio.
Per quanto riguarda il problema finanziario le modificazioni alle
porte non preannunciano nulla di buono.
L’introduzione del protocollo di Basilea 28 ha reso infatti più
complessi i rapporti con le banche, attraverso l’introduzione di
severi parametri di rating che non corrispondono alle modali-
tà di gestione delle imprese minori. Le imprese brianzole, infat-
ti, quasi tutte fortemente sottocapitalizzate, anche a causa
della loro tendenza ad autofinanziarsi, appaiono, se valutate
con i nuovi criteri di Basilea 2, come clienti poco affidabili9.
La preoccupazione legittima è che, alla naturale riserva delle
imprese distrettuali al ricorso al credito, si sommino le difficol-
tà oggettive introdotte dai parametri di Basilea 2. A questi pro-
blemi si è posto, in parte, rimedio con i consorzi fidi che pro-
sperano, non a caso, sul territorio, ma rimane il nodo da scio-
gliere di un rapporto più maturo e trasparente tra sistema ban-
cario territoriale e sistema delle PMI distrettuali.
La scomposizione dei dati del distretto per i microsettori che
lo compongono, nonché la distinzione tra addetti e unità loca-
li, da un lato, e artigiani e non, dall’altro, evidenzia alcune delle
peculiarità proprie della filiera brianzola del legno-arredo (cfr.
tabella 1.4).
Le specializzazioni più rilevanti, sia in termini di addetti che di
unità locali, risultano quelle della fabbricazione di poltrone e
8 In estrema sintesi, Basilea 2 è il nuovo accordo internazionale sui requisiti patrimonialidelle banche. In base ad esso le banche dei paesi aderenti dovranno accantonare quotedi capitale proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti di credito assunti (maggiorrischio = maggiori accantonamenti, quindi, per la banca, maggiori costi). Le banchedovranno classificare i propri clienti in base alla loro rischiosità, attraverso procedure dirating più standardizzate rispetto al passato. Il timore, fondato, è che l’applicazione del-l’accordo possa tradursi in minor credito alle imprese più rischiose (valutate anche inbase al capitale sociale) e a tassi più elevati. Appare quindi evidente la necessità che leimprese, e in particolare le PMI, pongano in essere tutte quelle politiche, gestionali e dibilancio (prime fra tutte la ricapitalizzazione), atte a rafforzare la propria struttura e la pro-pria immagine per affrontare efficacemente l’esame dei rating bancari.
9 I criteri imposti da Basilea 2 portano a ritenere meno affidabili le imprese poco capita-lizzate, creando, così, un ulteriore elemento di difficoltà nell’accesso al credito da partedelle imprese brianzole, che si va ad aggiungere alla loro storica propensione ad auto-finanziarsi.
47
divani e quelle dei mobili in legno (non da cucina), che contri-
buiscono a quote rilevanti del manifatturiero del territorio di
riferimento; inoltre quasi il 30% degli addetti del manifatturie-
ro appartiene ai settori core della specializzazione (il 45%
circa delle unità locali). Il resto della filiera si articola in nume-
rose specializzazioni, molto frammentate. Tutti i settori della
specializzazione (sia core che non core) contribuiscono a un
terzo della manifattura in termini di addetti e a più del 70% in
termini di unità locali.
1.2 La dinamica intercensuaria: un lento ridimensionamento
Tra i due censimenti, si verificano variazioni significative nei
comparti della filiera, differenziati a seconda che si consideri
la variabile addetti o unità locali (cfr. tabella 1.5).
I settori “Taglio, trattamento del legno” e “Fabbricazione di
sedie e sedili” sono i due che hanno mostrato le contrazioni
più significative. I settori “Fabbricazione di pannelli”, “Fabbri-
cazione di altri elementi di carpenteria”, “Fabbricazione di
mobili non metallici”, “Fabbricazione di mobili per cucina”,
“Intermediari del commercio di legname” e “Commercio all’in-
grosso di mobili” hanno invece subito una contrazione degli
addetti, mentre sul fronte delle unità locali registrano persino
sensibili aumenti, segnalando un trend di ulteriore frammenta-
zione del comparto.
Tendenze analoghe di riduzione, sebbene più attenuate, si regi-
strano nel manifatturiero provinciale. In netta controtendenza è
invece l’economia delle due province, ma il dato è verosimilmen-
te distorto per via del peso della provincia di Milano. L’economia
del distretto, invece, registra un dato negativo solo sul fronte
degli addetti artigiani, mentre gli altri indicatori, in particolare le
unità produttive, evidenziano una dinamica positiva.
Questi dati sono anch’essi dei sintomi della rimodulazione in
atto nella filiera di specializzazione e, in particolar modo, della
1. IL DISTRETTO DEL LEGNO-ARREDO: UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO
48
fuoriuscita da quei sottosettori legati più strettamente all’ap-
provvigionamento di materie prime, probabilmente a minor valo-
re aggiunto e che pertanto tendono a essere delocalizzati.
Il nucleo del distretto è infatti composto da due principali sot-
Taglio, trattamento del legno
Fabbricazione di pannelli
Fabbricazione di porte e finestre in legno
Fabbricazione di altri elementi di carpenteria
Fabbricazione di sedie e sedili
Fabbricazione di poltrone e divani
Fabbricazione di mobili metallici
Fabbricazione di mobili non metallici
Fabbricazione di mobili per cucina
Fabbricazione di altri mobili in legno
Fabbricazione di mobili in giunco
Intermediari del commercio di legname
Intermediari del commercio di mobili
Commercio all’ingrosso di mobili
Totale settori core
Totale manifatturiero
Fabbricazione e installazione di macchine per legno e similari
Commercio all’ingrosso di legname e legno artificiale
Commercio all’ingrosso di vernici e colori
Commercio all’ingrosso despecializzato di legname, vetro piano e vernici
Commercio all’ingrosso di macchine per metalli e legno
Commercio al dettaglio di mobili
Totale settori core e non core
Totale economia
Tabella 1.4 – Addetti e unità locali per settore nel distretto
della Brianza del legno-arredo
Valori % su totale manifatturiero e su totale distretto, settori core e non core (2001)
Settori produttivi
Artigiani
0,8
0,2
1,7
2,2
1,0
11,3
0,8
1,7
1,0
20,2
0,2
—
—
—
9.543
23.193
0,36
—
—
—
—
0,51
9.911
42.024
49
tosettori, complementari nella filiera. Il primo, a monte, com-
prende imprese nell’industria del legno e dei prodotti del
legno, che operano la prima trasformazione alle materie grez-
ze. Il secondo, più a valle, comprende le imprese nel settore
1. IL DISTRETTO DEL LEGNO-ARREDO: UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO
Totale unità
locali
0,7
0,4
2,4
1,8
0,9
9,8
0,7
1,7
0,9
19,2
0,2
0,8
3,6
1,8
4.476
9.985
0,12
0,29
0,06
0,02
0,15
1,28
5.332
44.286
Unità localiAddetti
Non
artigiani
0,2
1,1
0,6
0,2
0,8
4,0
1,3
1,7
0,6
10,1
0,4
0,2
0,9
0,9
11.663
50.697
0,30
0,46
0,09
0,02
0,22
1,21
14.345
116.585
Totale addetti
0,4
0,8
0,9
0,8
0,9
6,3
1,2
1,7
0,7
13,3
0,3
0,1
0,6
0,6
21.206
73.890
0,32
0,34
0,06
0,02
0,16
1,03
24.256
158.609
Artigiani
0,7
0,2
3,1
2,4
0,9
11,7
0,6
1,6
1,0
23,3
0,1
—
—
—
3.202
7.023
0,20
—
—
—
—
0,57
3.329
16.533
Non
artigiani
0,7
1,0
0,6
0,5
0,8
5,4
1,0
1,7
0,6
9,5
0,3
2,6
12,2
6,0
1.274
2.962
0,08
0,47
0,10
0,04
0,24
1,71
2.003
27.753
Fonte: ns. elaborazioni su dati del censimento
del mobile-arredo, che contribuisce alla formazione della
quota più rilevante del valore aggiunto del distretto. La rilevan-
za nazionale del distretto è testimoniata dall’incidenza del set-
Artigiani
–51,5
–20,3
–20,7
72,2
–69,8
–23,7
29,3
92,0
—
–26,6
–20,6
—
—
–100,0
–23,9
–16,1
–8,4
–100,0
—
—
–100,0
–35,9
–24,4
–0,5
1,8
Taglio, trattamento del legno
Fabbricazione di pannelli
Fabbricazione di porte e finestre in legno
Fabbricazione di altri elementi di carpenteria
Fabbricazione di sedie e sedili
Fabbricazione di poltrone e divani
Fabbricazione di mobili metallici
Fabbricazione di mobili non metallici
Fabbricazione di mobili per cucina
Fabbricazione di altri mobili in legno
Fabbricazione di mobili in giunco
Intermediari del commercio di legname
Intermediari del commercio di mobili
Commercio all’ingrosso di mobili
Totale settori core
Totale manifatturiero provinciale
Fabbricazione e installazione di macchine per legno e similari
Commercio all’ingrosso di legname e legno artificiale
Commercio all’ingrosso di vernici e colori
Commercio all’ingrosso despecializzato di legname, vetro e vernici
Commercio all’ingrosso di macchine per metalli e legno
Commercio al dettaglio di mobili
Totale settori core e non core
Totale economia del distretto
Totale economia della provincia
50
Tabella 1.5 – Addetti e unità locali per settore nel distretto
della Brianza del legno-arredo
Variazioni % periodo 1991-2001
Settori di produzione
tore sui corrispettivi dati per l’Italia (cfr. tabella 1.6). La filiera
pesa attorno al 5% sia in termini di addetti che di unità locali,
ma esaminando più nel dettaglio la composizione industriale,
Non
artigiani
–62,5
–42,1
–6,1
7,9
–81,4
9,4
27,5
–14,6
–16,9
–10,9
615,4
—
24,5
3,2
–18,2
–20,3
–45,6
0,6
27,8
–20,0
–0,8
–4,9
–17,0
4,5
15,3
Artigiani
–69,3
20,0
22,3
80,6
–53,0
–23,5
34,5
208,1
47,8
–21,2
–52,6
—
—
–100,0
–17,5
–3,3
—
–100,0
—
—
–100,0
–26,6
–46,9
15,7
21,1
Non
artigiani
–22,2
–3,2
–47,1
–11,1
–76,8
–10,2
3,3
59,4
—
–28,6
400,0
20,0
39,9
97,8
0,1
–3,2
–38,2
8,3
3,8
150,0
50,0
12,0
–28,0
39,0
48,6
Totale unità
locali
–62,6
2,4
11,3
65,8
–63,1
–21,6
18,6
139,1
34,4
–22,4
–9,5
20,0
39,9
63,3
–13,2
–3,3
–19,4
–7,8
3,8
150,0
40,4
3,1
–41,1
29,1
40,9
51
1. IL DISTRETTO DEL LEGNO-ARREDO: UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO
Unità locali
Fonte: ns. elaborazioni su dati del censimento
Addetti
Totale addetti
–128,1
–68,5
–17,4
35,1
–361,5
–13,8
21,8
3,0
–11,5
–23,7
62,3
—
19,7
–9,4
–26,4
–19,5
–61,3
–12,2
21,8
–25,0
–4,3
–11,9
–25,4
3,1
13,4
52
si scopre che esistono specializzazioni (in particolare “Fabbri-
cazione di poltrone e divani” e “Fabbricazione di altri mobili in
legno”) che contano più del 10% degli addetti e delle unità
locali nazionali.
Taglio, trattamento del legno
Fabbricazione di pannelli
Fabbricazione di porte e finestre in legno
Fabbricazione di altri elementi di carpenteria
Fabbricazione di sedie e sedili
Fabbricazione di poltrone e divani
Fabbricazione di mobili metallici
Fabbricazione di mobili non metallici
Fabbricazione di mobili per cucina
Fabbricazione di altri mobili in legno
Fabbricazione di mobili in giunco
Intermediari del commercio di legname
Intermediari del commercio di mobili
Commercio all’ingrosso di mobili
Totale settori core
Totale manifatturiero
Fabbricazione e installazione di macchine per legno e similari
Commercio all’ingrosso di legname e legno artificiale
Commercio all’ingrosso di vernici e colori
Commercio all’ingrosso despecializzato di legname, vetro piano e vernici
Commercio all’ingrosso di macchine per metalli e legno
Commercio al dettaglio di mobili
Totale settori core e non core
Totale economia
Tabella 1.6 – Addetti e unità locali per settore nel distretto
della Brianza del legno-arredo
Settori di produzione
Peso % sul totale nazionale 2001
Artigiani
2,1
3,7
1,1
1,3
4,8
11,8
5,5
6,2
9,4
10,7
5,2
—
—
—
5,7
1,6
9,5
—
—
—
—
2,7
5,6
1,3
53
La preponderanza delle piccole e piccolissime imprese emer-
ge con evidenza dall’analisi della composizione delle imprese
per classe di addetti (cfr. tabella 1.7). Il 43% delle imprese
core ha al massimo 9 dipendenti, fino al caso estremo del set-
1. IL DISTRETTO DEL LEGNO-ARREDO: UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO
Unità localiAddetti
Non
artigiani
2,6
9,6
1,0
1,3
4,9
11,3
4,6
5,2
4,0
9,0
10,9
1,2
2,3
4,5
3,4
1,6
6,9
4,5
2,0
1,1
2,8
2,5
3,1
0,8
Totale unità
locali
3,0
7,8
1,3
1,2
6,3
10,0
5,4
6,7
8,1
10,5
5,4
1,2
2,3
4,5
4,6
1,7
8,4
4,5
2,0
1,1
2,8
2,5
4,2
1,0
Artigiani
3,2
5,4
1,3
1,2
7,1
9,8
6,4
7,7
11,3
10,8
3,4
—
—
—
5,3
1,7
9,8
—
—
—
—
2,7
5,2
1,4
Totale addetti
1,6
4,9
1,4
1,3
3,8
10,7
5,3
5,8
3,8
11,1
8,3
1,1
2,3
3,8
5,7
1,5
5,5
5,3
2,0
1,1
2,7
2,8
5,2
1,0
Non
artigiani
1,2
5,1
2,3
1,3
3,5
9,5
5,2
5,7
2,6
11,6
9,9
1,1
2,3
3,8
5,8
1,5
4,7
5,3
2,0
1,1
2,7
2,8
5,0
0,9
Fonte: ns. elaborazioni su dati del censimento
tore “Intermediari del commercio di mobili” in cui tutte le
imprese hanno da 1 a 9 addetti. I microsettori con la maggio-
re quota occupazionale sono anche quelli con imprese di
dimensioni medie e quindi strutturalmente più articolate; appe-
na l’1% delle imprese ha più di 250 dipendenti, mentre circa
il 20% ne ha tra i 50 e 249.
54
Settori di produzione
Tabella 1.7 – Addetti per settore e classe dimensionale
nel distretto della Brianza del legno-arredo
Valori % sul totale del settore 2001
Taglio, trattamento del legno
Fabbricazione di pannelli
Fabbricazione di porte e finestre in legno
Fabbricazione di altri elementi di carpenteria
Fabbricazione di sedie e sedili
Fabbricazione di poltrone e divani
Fabbricazione di mobili metallici
Fabbricazione di mobili non metallici
Fabbricazione di mobili per cucina
Fabbricazione di altri mobili in legno
Fabbricazione di mobili in giunco
Intermediari del commercio di legname
Intermediari del commercio di mobili
Commercio all’ingrosso di mobili
Totale settori core
Totale manifatturiero
Fabbricazione e installazione di macchine per legno e similari
Commercio all’ingrosso di legname e legno artificiale
Commercio all’ingrosso di vernici e colori
Commercio all’ingrosso despecializzato di legname, vetro piano e vernici
Commercio all’ingrosso di macchine per metalli e legno
Commercio al dettaglio di mobili
Totale settori core e non core
Totale economia
La dimensione media delle unità locali del comparto legno-
arredo è di 3,6 addetti (totale settori di filiera): l’area è infatti
caratterizzata non solo da un significativo numero di imprese
artigiane ma anche da una elevata frammentazione del ciclo
produttivo, peraltro tipica dei distretti.
Importanti considerazioni possono essere desunte dal con-
55
1. IL DISTRETTO DEL LEGNO-ARREDO: UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO
Classe di addetti
1-9
66,3
15,8
55,9
70,8
25,9
49,2
24,6
30,8
45,7
43,9
15,7
100,0
97,5
72,4
9.625
22.607
24,4
56,5
81,2
100,0
56,4
83,0
8.766
80.297
10-49
33,7
52,2
19,7
29,2
43,5
36,0
37,4
52,6
22,0
31,1
84,3
—
2,5
27,6
7.164
27.600
52,2
43,5
18,8
—
43,6
17,0
7.029
45.903
50-249
—
32,0
24,4
—
30,6
14,8
38,1
16,6
32,2
22,3
—
—
—
—
4.148
17.511
23,4
—
—
—
—
—
4.148
25.272
250 e oltre
—
—
—
—
—
—
—
—
—
2,7
—
—
—
—
269
6.172
—
—
—
—
—
—
269
7.137
Totale
288
588
700
624
637
4.642
875
1.244
549
9.829
236
98
447
449
21.206
73.890
504
533
101
28
257
1.627
20.212
158.609Fonte: ns. elaborazioni su dati del censimento
56
fronto tra i dati dei censimenti del 1991 e 2001. Analizzando
la dinamica dei tassi di crescita per classi dimensionali di
addetti (cfr. tabella 1.8), si osserva una contrazione generale
che ha investito molti dei microsettori core (con una minore
intensità per le classi dimensionali da 50 a 249 addetti10), ad
eccezione dei seguenti che hanno invece registrato un’espan-
Taglio, trattamento del legno
Fabbricazione di pannelli
Fabbricazione di porte e finestre in legno
Fabbricazione di altri elementi di carpenteria
Fabbricazione di sedie e sedili
Fabbricazione di poltrone e divani
Fabbricazione di mobili metallici
Fabbricazione di mobili non metallici
Fabbricazione di mobili per cucina
Fabbricazione di altri mobili in legno
Fabbricazione di mobili in giunco
Intermediari del commercio di legname
Intermediari del commercio di mobili
Commercio all’ingrosso di mobili
Totale settori core
Fabbricazione e installazione di macchine per legno e similari
Commercio all’ingrosso di legname e legno artificiale
Commercio all’ingrosso di vernici e colori
Commercio all’ingrosso despecializzato di legname, vetro piano e vernici
Commercio all’ingrosso di macchine per metalli e legno
Commercio al dettaglio di mobili
Totale settori core e non core
Totale manifatturiero del distretto
Tabella 1.8 – Addetti per settore e classe dimensionale
nel distretto della Brianza del legno-arredo
Variazioni % periodo 1991-2001
Settori di produzione
57
sione: “Fabbricazione di altri elementi di carpenteria”, “Fabbri-
cazione di mobili metallici”, “Fabbricazione di mobili non metal-
1. IL DISTRETTO DEL LEGNO-ARREDO: UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO
1-9
–54,2
43,1
–20,5
57,3
–66,5
–22,9
26,5
130,7
40,2
–29,2
–44,8
0,0
26,7
7,3
–20,7
–17,4
–27,1
20,6
366,7
29,5
–6,6
–18,7
–12,1
10-49
–59,6
–26,7
–41,0
46,8
–84,4
–5,2
4,5
56,8
–60,2
–15,4
804,5
—
–26,7
–34,0
–24,0
–36,0
25,4
72,7
–100,0
–28,2
–26,2
–23,8
–11,7
50-249
—
–62,9
78,1
—
–71,0
23,0
65,7
–41,9
37,2
–10,6
—
—
—
—
–16,5
–53,4
—
—
—
—
—
–18,3
–5,1
250 e oltre
—
—
—
—
—
—
—
–100,0
—
—
—
—
—
—
–0,4
—
—
—
—
—
—
—
–49,5
Totale
–56,2
–40,7
–14,8
54,1
–78,3
–12,1
27,9
3,1
–10,3
–19,1
165,2
0,0
24,5
–8,6
–20,9
–38,0
–10,9
27,8
–20,0
–4,1
–10,7
–20,2
–15,7
Fonte: ns. elaborazioni su dati del censimento
10 Alla perdita di tutte le unità oltre 250 dipendenti (–100%) nel microsettore “Fabbri-cazione di mobili non metallici” si contrappone un maggiore aumento nel settore della“Fabbricazione di altri mobili in legno”, che non viene registrata perché nel censimen-to del 1991 non erano rilevate unità. Ne consegue un leggero aumento dello 0,4%per quella classe dimensionale di tutti i settori nel core.
Classe di addetti
58
lici”, “Fabbricazione di mobili in giunco e simile”, “Intermediari
del commercio di mobili”. Eppure all’interno di ciascun micro-
settore il cambiamento è differenziato per classe dimensiona-
le: il settore “Fabbricazione di pannelli” ha sperimentato un
aumento di unità di minuscole dimensioni, assieme ai settori
“Intermediari del commercio di mobili” e “Commercio all’in-
grosso di mobili”. I settori “Fabbricazione di porte e finestre in
legno”, “Fabbricazione di poltrone e divani” e “Fabbricazione
di mobili per cucina” (che peraltro ha guadagnato unità di pic-
cole dimensioni) invece, nonostante una dinamica complessi-
va negativa, hanno sperimentato un riposizionamento verso le
unità con 50-249 addetti. Non solo le piccole imprese sono
qui diminuite, ma le medie sono le uniche che sono aumenta-
te, con un conseguente aumento del loro peso relativo.
I settori “Fabbricazione di altri elementi di carpenteria”, “Fab-
bricazione di mobili metallici” e “Fabbricazione di mobili in
giunco e simile” (quest’ultimo solo un accenno) mostrano
segnali positivi (aumentano in valori assoluti) per le imprese
medie e quelle artigiane (cfr. tabella 1.5). I settori legati al com-
mercio evidenziano al tempo stesso lacune (peso limitato nella
filiera) e potenzialità (dinamica intercensuaria positiva).
Le tendenze generali riscontrate nella struttura e dinamica del
distretto sono dunque riconducibili a:
• un ridimensionamento del distretto nei valori assoluti: la
dinamica delle esportazioni porta a escludere l’idea del
progressivo inaridimento del distretto, e fa piuttosto pen-
sare a qualche fenomeno di delocalizzazione in atto, spe-
cialmente sul fronte dell’approvvigionamento delle materie
prime;
• una rimodulazione del peso relativo dei sottosettori all’in-
terno della filiera;
• una stabilizzazione verso le imprese di media dimensione,
probabilmente come risposta al trade-off tra dimensione
ottima per il raggiungimento di economie di scala e mante-
nimento di importanti livelli di flessibilità.
59
1.3 La vivacità imprenditoriale
Alla stregua dei dati censuari, i dati Movimprese sulla natalità-
mortalità mettono in luce una persistente tendenza all’emorra-
gia di imprese almeno dal 2000 in avanti (cfr. tabella 1.9), così
come avviene per l’intero settore manifatturiero nelle province
di Milano e Como.
Passando all’esame dei tassi di natalità lorda delle imprese
(rispetto allo stock di imprese attive per ciascuno dei periodi
esaminati), si cerca di indagare più a fondo il fenomeno (cfr.
tabelle 1.10 e 1.11).
Entrambe le province presentano quasi sistematicamente una
dinamica dei settori di specializzazione negativa, anche se
confrontata con l’andamento del comparto manifatturiero, con
la sola eccezione della provincia di Como per i settori “Indu-
stria del legno”, esclusi mobili; “Fabbricati in paglia” e “Fabbri-
cazione di mobili”; “Altre industrie manifatturiere”, in cui i tassi
annui di contrazione si assestano su livelli inferiori rispetto
all’andamento del manifatturiero provinciale.
Leggermente diverso appare il fenomeno se si considerano le
sole imprese artigiane. I tassi di natalità sono sempre e di
molto inferiori rispetto alla stessa variabile per il manifatturiero
provinciale, mentre i tassi di mortalità si assestano su livelli
inferiori.
Questa situazione sembra molto preoccupante, ma l’analisi
più attenta sulle imprese del distretto e sui dati del censimen-
to ha rivelato un fenomeno più complesso e in particolare un
rimescolamento delle imprese rispetto alla loro classe dimen-
sionale. Per analizzare criticamente quella che recentemente
sembra una crisi di competitività del distretto (Franzosi et al.,
2003), bisogna distinguere le imprese per classe dimensiona-
le e microsettori di appartenenza.
Per quanto riguarda il primo punto (dimensioni aziende), va
osservato che l’evoluzione dei canali distributivi, la crescente
competizione estera e la valuta forte aprono alcuni interroga-
tivi sulla competitività di medio-lungo periodo dei modelli
1. IL DISTRETTO DEL LEGNO-ARREDO: UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO
Ind. legno, esclusi mobili; fabbr. in paglia, tot. CO
di cui: artigiane
Ind. legno, esclusi mobili; fabbr. in paglia, tot. MI
di cui: artigiane
Fabbric. mobili; altre ind. manifatturiere, tot. CO
di cui: artigiane
Fabbric. mobili; altre ind. manifatturiere, tot. MI
di cui: artigiane
Manifatturiero provinciale CO
Manifatturiero provinciale MI
60
Tabella 1.9 – Variazione dello stock di imprese
delle province di Milano e Como (2000 – 2003)
Nuove iscritte
Cessate
Nuove iscritte
Cessate
Nuove iscritte
Cessate
Nuove iscritte
Cessate
Nuove iscritte
Cessate
Nuove iscritte
Cessate
Tabella 1.10 – Natalità e mortalità del totale delle imprese
delle province di Milano e Como
Settori di produzione
Valori % su stock delle imprese attive
Settori di produzione
Ind. legno, esclusi mobili; fabbr. in paglia (MI)
Ind. legno, esclusi mobili; fabbr. in paglia (CO)
Fabbric. mobili; altre industrie manifatturiere (MI)
Fabbric. mobili; altre industrie manifatturiere (CO)
Attività manifatturiere (MI)
Attività manifatturiere (CO)
Variazione annua
2001/2000
–32
–28
–62
–56
–24
–43
–26
–56
–59
58
2002/2001
–12
–15
–116
–107
–51
–54
–100
–117
–102
–615
2003/2002
–6
–2
–73
–72
–22
–28
–105
–71
–107
–586
Totale periodo
2003/1999
–50
–45
–251
–235
–97
–125
–231
–244
–268
–1.143
61
1. IL DISTRETTO DEL LEGNO-ARREDO: UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO
Fonte: ns. elaborazioni su dati Movimprese
2000
2,6
5,4
2,0
5,3
3,4
4,9
2,6
5,4
3,8
5,0
4,1
5,8
2001
3,8
6,6
1,4
5,4
3,8
5,0
2,5
4,9
4,0
5,2
3,8
5,3
2002
2,2
7,3
2,3
4,1
4,0
6,5
2,0
4,9
3,5
6,2
3,5
5,9
2003
2,5
6,0
1,9
3,3
3,4
5,9
2,3
3,8
3,4
5,2
3,5
5,4
Variazione annua
Fonte: ns. elaborazioni su dati Movimprese
62
incentrati sulla microimprenditorialità; queste aziende devono
per lo meno essere affiancate da imprese leader di maggiore
dimensione, capaci di canalizzare il percorso di sviluppo del
distretto. Per quanto riguarda il secondo punto (settori di
appartenenza), si deve distinguere tra le imprese a monte della
filiera, che operano sulle fasi iniziali di trasformazione del
legno, la cui dinamica è sostanzialmente negativa, e le impre-
se a valle della filiera, coinvolte nella produzione del mobile
arredo, tra le quali si registrano sintomi di vivacità imprendito-
riale (tenuto conto della differenziazione dimensionale appena
accennata).
Settori di produzione (solo artigiani)
Ind. legno, esclusi mobili; fabbr. in paglia (MI)
Ind. legno, esclusi mobili; fabbr. in paglia (CO)
Fabbric. mobili; altre industrie manifatturiere (MI)
Fabbric. mobili; altre industrie manifatturiere (CO)
Attività manifatturiere (MI)
Attività manifatturiere (CO)
Nuove iscritte
Cessate
Nuove iscritte
Cessate
Nuove iscritte
Cessate
Nuove iscritte
Cessate
Nuove iscritte
Cessate
Nuove iscritte
Cessate
Tabella 1.11 – Natalità e mortalità delle imprese artigiane
delle province di Milano e Como
Valori % su stock delle imprese attive
63
1. IL DISTRETTO DEL LEGNO-ARREDO: UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO
2000
3,9
5,8
2,5
4,9
5,6
5,7
3,7
6,1
6,2
6,6
6,3
6,5
2001
4,8
7,1
2,1
6,2
5,0
5,8
3,2
6,2
6,7
6,6
5,5
6,8
2002
2,8
7,6
2,5
4,9
5,2
7,4
2,9
5,7
5,6
7,6
4,9
6,4
2003
3,2
6,6
2,1
2,5
5,4
6,8
2,8
4,3
6,1
6,7
4,7
5,9
Variazione annua
Fonte: ns. elaborazioni su dati Movimprese
Capitolo 2LA MULTIFORMEVARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDECOMPETITIVE
68
La multiformevarietà del distretto di fronte alle duegrandi sfidecompetitiveALBERTO BRAMANTI e MASSIMILIANO RIGGI
Come in tutti i sistemi complessi e articolati le differenziazioni
tra i numerosi attori che popolano il distretto sono rilevanti.
Incrociando le informazioni concernenti le tipologie organizza-
tive (artigianale, mista, industriale) e la taglia dimensionale
(micro aziende, PMI, grandi imprese) con l’osservazione relati-
va al differente posizionamento del prodotto sul mercato
(bassa, media e alta gamma)11, si può leggere il distretto del
legno-arredo della Brianza schematicamente articolato nelle
tre seguenti tipologie di imprese (cfr. figura 2.1):
• le micro imprese (2-3 addetti), di carattere artigiano12, che
svolgono la propria attività o come sub-fornitrici delle impre-
se di medie-grandi dimensioni operanti nella fascia alta del
mercato o come produttrici dirette per il cliente finale13, spe-
cializzate nella produzione “su disegno” in un mercato forte-
mente locale e organizzate, a volte, in piccole reti (o filiere) per
riuscire a rispondere alle differenti esigenze del mercato;
11 Non si prende in considerazione, in questa schematizzazione, la tipologia merceolo-gica dal momento che la classificazione proposta ha come riferimento la filiera dellegno-arredo nel suo complesso e, quindi, può essere applicata, pur con alcuni caveat, a tutte le categorie di prodotto (imbottito, soggiorni, sale da pranzo, camereda letto, ecc.).
12 Occorre tenere presente, come criterio generale, che le imprese artigianali nondispongono, in molti casi, di capacità commerciali e progettuali ma hanno comunquecapacità tecniche e creative elevate che consentono loro di operare per studi pro-fessionali di prestigio; in altri casi, invece, hanno anche capacità progettuali e com-merciali e fanno lavori su misura sui loro portafogli clienti; le rimanenti, infine, sonospecializzate su produzioni in serie di beni di media qualità, che commercializzanoattraverso enti consortili: queste ultime, tra le imprese artigiane, sono le più fragili.
13 Nel corso degli incontri con gli attori istituzionali, si è registrato qualche riferimento acasi di artigiani o di piccole imprese che, dopo aver sempre lavorato nel campo dellasub-fornitura, stanno cercando, per superare la crisi degli ultimi anni, di arrivare coni propri prodotti al cliente finale.
69
• le piccole-medie imprese (dai 15 ai 45 addetti circa), sud-
divise, a loro volta, in:
a) imprese che lavorano per terzi (rappresentati, in questo
caso, o da medie imprese che operano in una fascia di
mercato intermedia o dai “grandi nomi” del distretto);
b) imprese che producono con un proprio marchio, o diretta-
mente su ordinazione del cliente finale, un prodotto forte-
mente standardizzato, che fanno eventualmente persona-
lizzare da una rete di piccoli artigiani;
c) imprese, infine, che producono per un mercato di nicchia e
fortemente elitario e che si servono, nel loro processo pro-
duttivo, di piccole imprese artigiane altamente specializza-
te (ebanisti, intagliatori, ecc.);
• le imprese di medie e grandi dimensioni (dai 50 addetti in
POSIZIONAMENTO SUL MERCATO
Alto
Medio
Basso
Mic PMI
MODALITÀ PRODUTTIVA
Mista
Industriale
Micro impresa artigiana,
bassa gamma
Grande impresa industriale,
top di gamma
© AB – 2006
Artigianale
DIMENSIONE
Grandi
Figura 2.1 – Posizionamento sul mercato,
dimensione e categoria merceologica
70
su), i “grandi nomi” del distretto, impegnate in produzioni
di alta gamma, con una forte propensione all’export – che
rappresenta, solitamente, più del 50-60% del fatturato – e
che si servono, per la propria produzione, di piccole e
medie imprese specializzate in semilavorati o di artigiani
altamente specializzati, ma, per ragioni di qualità produtti-
va e di controllo diretto e costante sul processo produtti-
vo, sempre interne al distretto brianzolo.
Dal punto di vista dell’equilibrio industriale del distretto, le dif-
ferenti tipologie di imprese hanno reagito in modo diverso alla
crisi del settore che, manifestatasi in modo acuto a partire da
metà degli anni Novanta – quando i grandi gruppi industriali
hanno cominciato a introdurre massicciamente prodotti a
basso costo, ma altamente flessibili, combinabili e personaliz-
zabili – continua ancora oggi a influire fortemente sulle dina-
miche di sviluppo della filiera.
In questo scenario, le grandi imprese del settore del legno-
arredo hanno saputo affrontare lo stallo del mercato italiano
puntando molto sull’estero: l’Europa, in particolare, ma anche
gli Stati Uniti e il Giappone. Gli ampi sforzi profusi per conqui-
stare una fetta del mercato internazionale del mobile hanno
loro permesso di sopperire con l’export alla costante diminu-
zione delle vendite sul mercato nazionale, ormai maturo e in
forte ridimensionamento fino alla recente crisi congiunturale
intervenuta a livello internazionale dal 2000 a oggi.
In questo modo, l’eccellente qualità dei prodotti, il posiziona-
mento degli stessi in una fascia di mercato molto elevata (a
volte di nicchia) e l’accresciuto impegno verso i mercati inter-
nazionali hanno permesso alle imprese eccellenti del sistema
del legno-arredo made in Brianza di mantenere trend di svi-
luppo positivi, anche solo debolmente, in anni di crisi profon-
da per molti altri settori e di raggiungere, nel peggiore dei
casi, risultati di sostanziale stabilità in termini di fatturato e di
addetti14.
Non tutti gli attori del distretto, tuttavia, hanno vissuto allo stes-
so modo le difficoltà socio-economiche espresse dalle delu-
71
denti dinamiche della domanda, elaborando efficaci strategie
di reazione.
Nel contesto descritto, infatti, sia le imprese artigiane,, carat-
terizzate da una dimensione ancora familiare (con scarsa pos-
sibilità, quindi, di confrontarsi con un mercato locale sempre
più saturato dalla concorrenza internazionale) che le piccole
imprese, impegnate nella produzione di semilavorati a basso
valore aggiunto per le imprese operanti nella fascia medio-
bassa del mercato15, hanno subito pesantemente la crescen-
te concorrenza internazionale da parte di produttori capaci di
aggredire il mercato con politiche di prezzo efficacissime nelle
fasce di mercato intermedie, dove tra qualità e prezzo è il
secondo a determinare le scelte d’impresa.
Quest’ultima osservazione spiega gran parte della crisi di quel
tessuto di micro-imprenditorialità diffusa che è sempre stato
la forza e, insieme, il punto debole del distretto della Brianza.
Nell’attuale contesto economico, caratterizzato da una sempre
più intensa apertura dei mercati, risulta infatti sempre più dif-
ficile, per le imprese brianzole che realizzano prodotti di media
gamma, conservare le proprie quote di mercato; la forte con-
correnza dei grandi produttori e venditori di mobili componibi-
li e a basso prezzo ha messo in crisi quelle aziende e quegli
artigiani che producevano, per sé o per altre imprese, prodot-
ti con caratteristiche standard, intermedie, non di elevata qua-
lità costruttiva e, quindi, incapaci di posizionarsi in fasce di
mercato superiori. Queste imprese, proprio per sostenere la
concorrenza dei giganti del “componibile a basso prezzo”,
hanno dovuto esternalizzare gran parte della propria produzio-
ne, acquistando un prodotto quasi finito e ancor più standar-
dizzato fuori dal distretto (in Veneto e in Romania, principal-
mente), mantenendo al proprio interno, in alcuni casi limite,
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
14 Va detto, per chiarezza, che ci si riferisce, qui, alla sola variabile fatturato; per un’ana-lisi più complessa e completa delle dinamiche di sviluppo delle imprese del distret-to del legno-arredo occorrerebbe prendere in considerazione la redditività, ovvero ilfatturato al netto dei costi, per capire se il margine di profitto delle stesse è andatoaumentando o assottigliandosi.
15 Queste ultime, infatti, hanno progressivamente deciso di acquistare all’estero (ad es.in Romania), con costi minori, alcuni semilavorati che prevedevano fasi produttive abasso valore aggiunto.
72
solo poche fasi relative a eventuali personalizzazioni e nobili-
tazioni richieste dal cliente e l’assemblaggio; si sono così tra-
sformate, in sintesi estrema, in imprese-vetrina per sistemi di
arredo, sempre meno luoghi di produzione e sempre più punti
di riferimento di una micro-filiera orientata a prodotti di media
qualità. Tutta la Valassina “storica” di 20-30 anni fa, piena di
mobilifici veri, è ora principalmente costituita da rivenditori di
mobili.
Le motivazioni di questa politica aziendale, pur muovendo, cer-
tamente, dal tentativo di dare una risposta alla crescente dif-
ficoltà di competere sul prezzo con una concorrenza interna-
zionale sempre più agguerrita, sono varie e articolate.
Da un lato, la crescente presa di coscienza, da parte delle
imprese di media gamma, dell’importanza assegnata dal clien-
te non tanto alla zona di origine del mobile, ma alla riconosci-
bilità del marchio ha indotto molte di esse a concentrarsi
esclusivamente sulla fase della commercializzazione, investen-
do molto sull’immagine e, appunto, sul marchio, ed esternaliz-
zando quasi tutte le fasi produttive; dall’altro, la riduzione dei
costi di produzione e l’incremento della flessibilità, derivanti
dal fatto di appoggiarsi a una filiera produttiva composta da
molte piccole imprese, hanno permesso alle imprese vetrina di
rispondere con maggiore prontezza alle richieste del mercato
e di trasferire quasi interamente i disagi derivanti dalle oscilla-
zioni della domanda sui propri subfornitori.
2.1 Le sfide competitive:manufacturing e presidiodei mercati
Un aspetto interessante dell’analisi dei distretti del made in
Italy è che le sfide competitive che si trovano ad affrontare
sono largamente condivise. Per tutti, infatti, un’aumentata
pressione competitiva impone un continuo ridisegno delle pro-
prie scelte produttive. La prima e più rilevante opzione – mai
73
risolta una volta per tutte – è quella del make or buy, cosa pro-
durre in casa e cosa affidare all’outsorcing e ancora, una volta
scelto di affidare alcune forniture all’esterno, ricercare una
prossimità anche geografica (il distretto) o allungare molto le
reti della fornitura. Ecco allora che tutto il tema del rapporto coi
fornitori e la sua evoluzione recente risulta assolutamente cen-
trale per cogliere le derive in atto nei distretti.
La seconda sfida competitiva ha a che fare con il binomio inno-
vazione-capitale umano; creatività e saper fare sono infatti le
due grandi leve in mano alle imprese distrettuali che
poco/nulla governano invece le dinamiche di costo.
Anche il dibattito teorico è stato denso negli anni recenti sul
tema “sapere tacito” vs. “sapere codificato” segnalando un
punto ineludibile nei processi di riproduzione di quel capitale
umano così centrale nelle produzioni distrettuali.
Percorsi di crescita, accordi di collaborazione e processi di
delocalizzazione costituiscono altrettante dimensioni ben pre-
senti sia al dibattito di policy che alle scelte impegnative degli
imprenditori e che fanno da ponte logico verso la seconda
grande sfida competitiva: il presidio dei mercati.
Qui si legano le problematiche dell’export, della ricerca di
nuovi mercati di sbocco e del consolidamento degli stessi e,
dunque, delle strategie relative alla commercializzazione/inter-
nazionalizzazione dell’impresa. La ricerca di appropriati canali
distributivi e l’investimento in comunicazione e immagine è
cresciuto un po’ ovunque nei distretti: non basta più produrre
bene, occorre anche comunicarlo, occorre raggiungere i
clienti anche lontani, occorre parlare un linguaggio a loro com-
prensibile. L’utilizzo dello strumento fieristico è uno degli stru-
menti e sta evidenziando significativi e profondi cambiamenti
nel modo in cui è vissuto dalle medio-grandi imprese leader e,
frequentemente, non vissuto dalle PMI distrettuali.
Lo schema della figura 2.2 evidenzia questo percorso logico
e funge anche da indice del presente capitolo. Il taglio offerto
è ancora generale, quello che deriva dall’incrocio continuo tra
le riflessioni e i numerosi spunti presenti in letteratura e il con-
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
74
Figura 2.2 – Le grandi sfide competitive
e le opzioni strategiche
Manufacturing(riorganizzazione
della filiera produttiva)
Delocalizzazione
Gerarchizzazione
Allungamento reti
Innovazione
Risorse umane
Accordi e collaborazioni
Formazione
Coerenza dimensione, gamma produttiva,
strategia perseguita
Performance aziendale
ProdottoServizi
Organizzazione
Presidio dei mercati(raggiungere, comunicare,
consolidare)
© AB – 2006
Sostenibilità(azienda/distretto)
Make or Buy
Rapporto coi fornitori
Pressione competitiva crescente
Export
Penetrazione econsolidamento
Utilizzo strumentofieristico
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tatto diretto con numerosi interlocutori privilegiati che sono
stati direttamente coinvolti nella prima fase della ricerca. Con
loro infatti si è delineato un percorso del cambiamento in atto
che diviene poi oggetto di specifica analisi field condotta con
un insieme significativo di imprese leader e con un campione
di PMI indipendenti.
2.2 La riorganizzazione della filiera produttiva
Il distretto brianzolo è specializzato nella produzione di mobili
e oggetti in legno, nonché mobili in metallo e complementi di
arredamento: prodotti che tradizionalmente si distinguono sia
per la qualità dei materiali e delle rifiniture, sia per il design e
lo stile16. L’attività del comparto si concentra soprattutto nella
fabbricazione di mobili per l’arredamento della casa (imbottiti,
armadi, tavoli, sedie, camere da letto) e di articoli per la deco-
razione, arredamento per esterni, pavimenti, infissi, ecc.
Le diverse strategie di risposta alla crisi, maturate dalle diffe-
renti tipologie di imprese, si riflettono inevitabilmente sulla filie-
ra, in termini di riorganizzazione delle fasi produttive. Mentre i
“grandi nomi” del distretto, produttori di mobili di altissima
qualità, continuano a realizzare la quasi totalità delle lavorazio-
ni all’interno del distretto stesso, consci che gran parte del
fascino del proprio marchio è legato al concetto del made in
Italy, le imprese orientate a un mercato di fascia intermedia,
decisamente più sensibili alla variabile prezzo, ricorrono sem-
pre più frequentemente, per ridurre i costi, all’acquisto dal-
l’estero17 dei semilavorati a minore valore aggiunto; nel distret-
to, ad esempio, sono rimaste solo due o tre trancerie.
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
16 Grandinetti et al. (1994) individuano in tal senso una tendenza, attribuita unicamen-te alla domanda, alla polarizzazione verso profili qualitativi estremi e, al tempo stes-so, un appiattimento verso esigenze di qualità media.
17 I principali mercati di origine di questa tipologia di importazioni sono l’Africa e i Paesidell’Est Europa.
76
2.2.1 MAKE OR BUY: QUALE DELOCALIZZAZIONE?
In generale, una delle principali conseguenze dell’ingresso
nell’arena competitiva di operatori a basso costo è la deloca-
lizzazione produttiva di rilevanti fasi del processo produttivo.
La spiegazione va ricercata in due ragioni, profondamente
diverse circa le implicazioni sul futuro del distretto.
Da un lato, le imprese investono in Paesi in cui il costo della
manodopera e l’approvvigionamento degli altri input produtti-
vi hanno costi sensibilmente inferiori. In tal caso il distretto si
trova al bivio tra un suo sradicamento rispetto allo “spazio di
sostegno”18 a cui appartiene (Bontempi e Bramanti, 1995a,
1995b) e la sua capacità di cambiare ruolo e divenire quartie-
re generale, in cui le scelte produttive, strategiche e commer-
ciali vengono effettuate, controllando a distanza quei segmen-
ti della filiera a più basso valore aggiunto, creando un model-
lo con “la testa in casa e le mani fuori”.
Dall’altro, le imprese decidono di creare unità produttive in
mercati esteri finalizzate alla penetrazione in quegli stessi mer-
cati. In tal caso, la scelta di delocalizzazione è di tipo aggiun-
tivo, guidata da logiche di espansione del mercato, creando
quelle che alcuni studiosi (Barba-Navaretti e Castellani, 2004)
chiamano complementarietà tra sistema interno ed esterno. In
particolare, è possibile che gli investimenti aggiuntivi migliori-
no la produttività totale dei fattori controbilanciando il temuto
impatto negativo sull’occupazione locale. Seguendo questa
seconda modalità le scelte di delocalizzazione sono solo una
fase di internazionalizzazione e rappresentano un momento di
rafforzamento del posizionamento del distretto a livello inter-
nazionale.
Gli Investimenti Diretti Esteri (IDE) costituiscono così una possi-
bile modalità per perseguire l’internazionalizzazione del distret-
to, quale parte di una strategia di ricerca di efficienza che punta
a ridurre i costi di produzione (investimenti cost saving) e/o
18 Lo “spazio di sostegno” è costituito da quell’insieme di relazioni che producono eco-nomie esterne al sistema delle imprese, ma interne al distretto e quindi appropriabilida tutte le imprese che nel distretto operano.
77
punta a presidiare i mercati di sbocco o di approvvigionamento
(investimenti market seeking). Il primo caso presuppone che le
condizioni ambientali, e in particolar modo le competenze indi-
spensabili per realizzare il processo produttivo (con standard
qualitativi accettabili), siano disponibili nel Paese di destinazio-
ne; il secondo caso richiede piuttosto la capacità di monitorare
il mercato (cosa particolarmente onerosa se si pensa alla dimen-
sione familiare della maggior parte delle imprese brianzole).
Uno snodo rilevante e collegato, circa le possibili derive a cui
va incontro il distretto, è quello della scelta della localizzazione
del centro decisionale dell’impresa. È pensabile realizzare la
sola delocalizzazione del processo produttivo (o di alcune fasi
di esso), mantenendo i segmenti a più elevato valore aggiunto
nel distretto di origine? Oppure si indebolisce il radicamento
complessivo del distretto rendendo anche l’insediamento della
casa madre più soggetto a opportunità (incentivi a delocalizzar-
si, rendite contenute per la remunerazione di fattori fissi, vici-
nanza a mercati in crescita) mutevoli nel tempo?
In relazione a queste scelte localizzative alcune tendenze evo-
lutive sono rappresentabili in forma matriciale nella tabella 2.1.
Investimenti diretti relativi a tutto il processo produttivo e deci-
sionale, abbinati a una tendenza delocalizzativa finalizzata al
contenimento dei costi, sono espressione di una pericolosa
tendenza delle imprese a sradicarsi dal territorio di partenza.
Tipicamente queste imprese affrontano una feroce concorren-
za di prezzo e i benefici connessi al distretto in termini di ser-
vizi e infrastrutture disponibili e lavoro qualificato assumono
minore rilevanza. Si tratta in particolare di beni di largo consu-
mo in cui le imprese non hanno saputo/potuto ritagliarsi una
nicchia o un’identità di marca tale da consentire la sopravvi-
venza su fasce di domanda meno sensibili al prezzo.
Qualora l’impresa decidesse di delocalizzare unicamente
unità produttive, mantenendo la testa pensante in loco, si pro-
spetta una situazione in cui contenere i costi produttivi rimane
un’opzione interessante per reagire alla concorrenza interna-
zionale, ma i processi a elevato valore aggiunto rimangono
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
78
all’interno del distretto dove si sa di potere contare su espe-
rienza, fiuto, lavoro qualificato.
Quando le scelte di delocalizzare sono orientate alla ricerca di
nuovi mercati, si è di fronte a delle imprese di successo che
cercano di guadagnare terreno in campo internazionale supe-
rando i confini del proprio domestic market, ma il ruolo e il futu-
ro del distretto dipendono da quanto le imprese ritengano pro-
fittevole mantenere una base decisionale in loco.
Se i vantaggi derivanti dal mantenimento di un presidio strate-
gico sono ritenuti ancora significativi, si è infine innanzi a un
distretto che ha attuato una nuova strategia di flessibilità per
preservare le proprie condizioni di successo. Se le infrastrut-
ture e le infostrutture19 offerte dal distretto perdono smalto e
interesse nei confronti dei nuovi mercati si torna di fronte alla
prospettiva di crisi del distretto.
Sebbene non sia semplice delineare il posizionamento del
distretto del legno-arredo brianzolo rispetto alle alternative evi-
denziate esistono alcune tendenze evolutive – messe in luce
anche da recenti ricerche – che consentono di avanzare alcu-
ne ipotesi interpretative.
19 Con questo termine ci si riferisce a tutta una serie di condizioni quali il supporto eservizio alle imprese che complementano le infrastrutture e sono condizione neces-saria per il successo delle imprese nel loro contesto ambientale.
IDE imprese
IDE unità
produttive
Delocalizzazione
Cost reducing
Imprese difensive
Crisi del distretto
Imprese difensive
Distretto quartier generale
Delocalizzazione
Market seeking
Imprese proattive vincenti
Distretto con futuro in forse
Imprese proattive vincenti
Distretto con prospettive espansive
Tabella 2.1 – Delocalizzazione e strategia d’impresa.
Il futuro dei distretti
79
La tendenza prevalente nel distretto del legno-arredo brianzo-
lo è comune al settore: aziende italiane acquisiscono aziende
del settore legno-arredo operanti in Paesi UE (in Germania e
Francia specialmente), talvolta anche aziende di dimensioni
maggiori rispetto alla casa italiana, e adattano la produzione al
gusto e alle esigenze del mercato locale. Tale fenomeno, con-
trario alla delocalizzazione produttiva (la produzione resta
comunque anche in Brianza), corrisponde a una strategia di
inserimento nella competizione globale dei mercati (Garofoli,
2001). Tradizionalmente le imprese brianzole del legno-arredo
insistono su fattori competitivi legati alla qualità, al design piut-
tosto che al prezzo, mentre al tempo stesso, le imprese si sono
limitate a operare per il mercato nazionale, trovandosi adesso
a competere in un mercato saturo con una domanda matura.
Se a questo si aggiunge la rilevanza del lavoro specializzato e
un ceto imprenditoriale con una forte identità locale, è possi-
bile supporre che il distretto e le imprese possano guadagna-
re spazi di ulteriore crescita (quadrante in basso a destra della
tabella 2.1) senza “sradicamento”.
Nonostante le evidenti difficoltà degli ultimi anni, risultano
ancora decisamente modeste le esperienze di delocalizzazio-
ne produttiva. In questo senso, si tende a importare semilavo-
rati, ma molto difficilmente si va a produrre all’estero; nel caso
delle imprese che operano in una fascia di mercato molto ele-
vata, questo atteggiamento è motivato dall’impossibilità di tro-
vare, in altre realtà territoriali, quel mix di qualità e rapidità di
risposta di altissimo livello che tuttora fa premio sui competi-
tors che stanno crescendo, certamente, ma non sono ancora
all’altezza della professionalità del sistema brianzolo.
2.2.2 RAPPORTO COI FORNITORI:
VERSO UNA GERARCHIZZAZIONE?
Un punto fondamentale per comprendere la struttura delle
imprese del distretto in esame, nonché per interpretarne il posi-
zionamento competitivo sul mercato internazionale, è costitui-
to dal grado di gerarchizzazione delle relazioni tra imprese. La
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
80
riflessione sul tema deve partire dalla constatazione di un ele-
vato grado di frammentazione del processo produttivo; da un
lato, questo costituisce un enorme potenziale di flessibilità nelle
relazioni tra imprese – con il vantaggio di potere soddisfare una
domanda sempre più differenziata che dalla richiesta del
“mobile su misura” tende al “mobile su disegno” – dall’altro,
però, ciò comporta un’azione nei confronti di un’agguerrita con-
correnza internazionale con l’incapacità a soddisfare una
domanda elevata e differenziata20. La possibile risposta a que-
sto vecchio e ben noto dilemma tra massima flessibilità e rag-
giungimento di una massa critica è l’emergere, non da ieri, di
un qualche processo di concentrazione dei distretti con la
costituzione di gruppi tra imprese. Questo processo tende
sostanzialmente a sostituire i rapporti basati su fiducia e repu-
tazione con rapporti di proprietà al fine di superare il limite
dimensionale delle imprese di fronte ad alcune aree problema-
tiche quali: l’accesso al credito, i processi di innovazione, il pre-
sidio dei mercati e i servizi after care. La letteratura recente che
ha analizzato altre realtà distrettuali (Brioschi e Cainelli, 2001)
individua nella costituzione dei gruppi una strategia vincente
per i distretti nel nuovo contesto internazionale in cui operano.
Per avere un’idea della tipologia di gerarchizzazione che si è
verificata in Brianza nel distretto del legno-arredo, si può con-
siderare la distribuzione geografica delle imprese quotabili21
(Franzosi et al., 2003); la Lombardia ne conta un terzo. Si trat-
ta di imprese nate e cresciute all’interno di relazioni distrettua-
li che nel tempo hanno assunto ruoli di leadership.
Si ricavano così elementi che segnalano possibili forme di gerar-
chizzazione dal basso, da parte di imprese autoctone che crescen-
do assumono una potenziale funzione di guida per il sistema.
La crescita dimensionale delle imprese ha implicazioni anche
20 La tendenza della domanda è infatti sempre più quella di richiedere soluzioni integra-te di arredamento (tipo “zona giorno” e “zona notte”), mentre l’offerta è strutturalmen-te organizzata su produzioni monospecializzate (per esempio sedute, tavoli, armadi,ecc.).
21 Secondo un recente studio di Borsa Italiana SpA sono potenzialmente quotabilimedie imprese non appartenenti a gruppi che superano alcuni requisiti di base in ter-mini di dimensioni e di performance economiche (cfr. più oltre § 6.4).
81
sulla funzione commerciale, che viene centralizzata, aumenta
il potere contrattuale nei confronti del sistema distributivo,
consente di ampliare la gamma e di sfruttare al meglio siner-
gie di progettazione e di produzione.
Soluzioni alternative ai gruppi, nella gestione delle relazioni tra
imprese, possono essere poste con la creazione di marchi
comuni o consorzi o fiere che consentono di raggiungere una
dimensione operativa tale da affrontare tutti quegli investimen-
ti immateriali (comunicazione, promozione, pubblicità) per ren-
dere un prodotto riconoscibile rispetto al territorio di partenza
e innalzare le barriere all’ingresso al mercato (Cietta, 1999).
Con queste forme di aggregazione flessibili, compatibili con il
modello distrettuale, anche la piccola impresa è messa in con-
dizione di giocare un ruolo proattivo nella partita della concor-
renza e nel presidio di mercati non solo locali.
Anche se entrambe queste modalità (gerarchizzazione e forme
aggregative non equity) giocano un ruolo decisivo nella capa-
cità di sviluppo e trasformazione del sistema, dall’evidenza
empirica disponibile sembra emergere che i percorsi del primo
tipo – crescita delle imprese esistenti – stiano prevalendo. In
prospettiva, lo sviluppo dei sistemi di piccola impresa sarà
sempre più affidato alla capacità competitiva di un nucleo
esteso di medie imprese piuttosto che alla vivacità riprodutti-
va di un vasto tessuto di piccole e piccolissime imprese, tipi-
ca delle prime fasi di sviluppo dei distretti (o, più in generale,
delle fasi a domanda frammentata e crescente). I vincoli all’en-
trata diventano più stringenti e richiedono progetti d’impresa
più solidi e strutturati, sia dal punto di vista della dimensione
iniziale, sia dal punto di vista delle capacità imprenditoriali e
manageriali richieste ai nuovi imprenditori.
Pur nella complessità della trama di relazioni tra imprese, alcu-
ne di loro tendono ad assumere un ruolo di leader, con mag-
giore potere contrattuale da un lato, un maggiore ruolo di trai-
no per l’intero distretto dall’altro e in termini innovativi, di rela-
zioni commerciali e rapporti con le istituzioni del territorio.
Nonostante, in teoria, la crescita per vie esterne possa rappre-
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
82
sentare una opportunità appropriata anche alle PMI del distret-
to del legno, nella realtà si osservano, infatti, rarissimi casi di reti
e consorzi tra imprese, spesso creati ad hoc per un evento o
un’occasione e, quindi, tendenzialmente di breve durata; succe-
de, ad esempio, che imprese di piccole dimensioni creino una
rete provvisoria, una sorta di micro-filiera per fare dei contract.
Queste esperienze di micro-filiere integrate e fortemente flessi-
bili sono un fenomeno che caratterizza quasi esclusivamente gli
artigiani – favorito anche dall’esistenza di numerose aree artigia-
ne – ma poco le piccole e medie imprese.
A parte queste esperienze temporanee, in Brianza sono rare
le occasioni di cooperazione tra imprenditori attraverso allean-
ze e consorzi, teoricamente un’arma vincente per fornire un’of-
ferta complessiva e completa di sistema d’arredo (mobile,
divano, tendaggio, lampada, ecc.), specialmente in Paesi con
un gusto per l’arredamento diverso da quello affermatosi in
Europa (Russia, Cina, Stati Uniti, ecc).
2.2.3 L’INNOVAZIONE: UN MUST INELUDIBILE
Un’importante quota del fatturato del distretto brianzolo con-
siste in prodotti con caratteri di innovazione nello stile, nei
materiali impiegati e nelle funzioni. Ciò consente di rinnovare
il successo delle imprese e la loro flessibilità dinanzi al muta-
re delle condizioni di contesto e di domanda.
Se si considera il settore del legno-arredo a livello italiano, le
imprese innovatrici dedicano oltre l’80% delle risorse in attivi-
tà innovative per l’acquisto di nuovi macchinari; per la produ-
zione di mobili in senso stretto, invece, la quota R&S raggiun-
ge valori medi di circa il 15% (IPI, 2003).
Tra gli altri investimenti innovativi spiccano la progettazione
industriale, il design, le attività preliminari, l’ecocompatibilità dei
processi e l’ergonomicità dei componenti di arredo. Un ruolo
fondamentale è svolto dall’industrial design, un insieme di com-
petenze, processi e modalità comunicative alle innovazioni
estetiche e funzionali che accompagnano il prodotto dalla pro-
gettazione, passando dalla realizzazione, fino alla comunicazio-
83
ne (Franzosi et al., 2003). Questo fenomeno ha origine dalla
frammentazione della filiera e della conseguente specializzazio-
ne delle imprese nelle varie fasi del processo produttivo. In que-
sto contesto, il contributo dei designers è quasi sempre stato
esterno, offerto sotto forma di lavoro autonomo; il rincorrersi di
realizzazioni innovative nella filiera ha generato e genera una dif-
ferenziazione della gamma di prodotti, nello stile e nel design
particolarmente apprezzati nel mondo.
Nonostante ciò, esistono ampi spazi di miglioramento; è infat-
ti cruciale per le imprese che crescono continuare a sviluppa-
re la funzione innovativa e il design. Ancora una volta, precon-
dizione per tali realizzazioni è la possibilità di disporre di lavo-
ratori qualificati, organizzati in team, capaci di farsi promotori
di una continua attività innovativa. Il turnover di tali lavoratori,
continuo e frequente, rappresenta così la principale fonte di
trasferimento tecnologico tra le imprese.
I dati sul settore del legno e dei mobili confermano che sono
prevalentemente le imprese con almeno 100 addetti a investi-
re in ricerca, progettazione industriale o nell’acquisizione di
know-how tecnologico, mentre le piccole imprese innovano
acquisendo nuovi macchinari o nuove attrezzature di produzio-
ne. Ciò risulta evidente se si considerano i rischi connessi
all’appropriabilità dell’investimento. Spesso l’innovazione non
è brevettabile e le aziende considerano di avere al massimo un
vantaggio temporaneo (intorno ai sei mesi): verranno raggiun-
te e imitate e dovranno produrre nuove idee.
Le imprese del settore finalizzano l’innovazione tecnologica sia a
interventi di razionalizzazione dei processi22, sia al sostegno della
competitività sui mercati anche internazionali; ciò è attuato con l’in-
novazione dei prodotti e l’aumento della flessibilità del lavoro.
Lo stimolo all’innovazione, invece, avviene principalmente all’in-
terno della filiera produttiva, tramite i clienti, i fornitori, gli attori
del sistema in cui le imprese sono radicate, le fiere e le mostre.
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
22 Le innovazioni di processo hanno un ruolo chiave nella strategia di impresa, in un con-testo in cui la dimensione aziendale deve essere snella, flessibile ma al tempo stes-so non può fare a meno di pensare ai mercati internazionali verso cui deve sviluppa-re una massa critica spesso ancora insufficiente.
84
Ciò conferma l’interesse manifestato dalle imprese del settore
per il proprio territorio di appartenenza, nei confronti dell’alter-
nativa radicale di delocalizzare in toto il processo produttivo. Il
vantaggio competitivo del settore è infatti fortemente basato
sulla capacità di innovare continuamente, ma in un settore a
forte specializzazione di fase e bassa integrazione verticale ciò
può avvenire solo all’interno dello spazio relazionale fornito dal
distretto, se tutti gli attori partecipanti alla filiera sono in grado
di reggere il processo di innovazione continua.
Una conferma circa l’elevata propensione da parte delle
imprese del distretto a innovare, soprattutto i processi, viene
anche da una recente ricerca (Scarpinato, 2003). Le imprese
sono molto attente a mantenersi sulla frontiera tecnologica
quale principale fonte del loro vantaggio competitivo sui mer-
cati e quelle brianzole hanno il vantaggio di operare in un con-
testo che presenta tutte le caratteristiche di un sistema inno-
vativo locale, data la presenza di Università, qualificati centri di
servizi e la contiguità di Milano. Eppure, non tutti gli attori che
operano sul territorio riescono a valorizzare appieno questa
opportunità. Gli incentivi all’innovazione si sono finora limitati
ad aspetti finanziari, mentre sul fronte relazionale, vero noccio-
lo del problema, nulla è stato fatto, e si avverte un forte biso-
gno di costituire nuovi e proficui legami all’interno della filiera
produttiva e del sistema socio-economico.
Nel distretto del legno operano due strutture che forniscono
consulenza e assistenza alle imprese in campo ambientale e
di innovazione tecnologica (di processo e di prodotto):
• il CATAS – Centro di R&S e laboratorio di prove del settore
legno-arredo (a Lissone);
• il CLAC – Centro Legno-Arredo Cantù (a Cantù).
È inoltre presente sul territorio il solo ente di certificazione spe-
cifico per i settori dell’arredamento e del legno, l’ICILA, creato
dai produttori, commercianti ed enti di riferimento dei settori
dell’arredamento e del legno. Esso rilascia attestati il cui valo-
re è internazionalmente riconosciuto ed ha strutture locali in
varie regioni italiane.
85
Esistono peraltro alcuni elementi di criticità connessi all’attivi-
tà innovativa di cui è bene essere avvertiti per valutare le pro-
spettive di competitività del distretto brianzolo del legno-arre-
do. Il forte individualismo degli imprenditori è evidente anche
nei processi di innovazione, che vengono vissuti come attività
che riguardano solo ed esclusivamente la singola azienda;
inoltre, l’attività innovativa è finanziata per la maggior parte
attraverso strumenti tradizionali, in particolare autofinanzia-
mento e prestiti a breve termine. Lo stato di salute patrimonia-
le delle imprese è in media soddisfacente (Ilardo, 2002), ma
non risponde alle esigenze di una finanza più adeguata a
sostenere percorsi innovativi. Quest’ultimo punto pone alcune
ombre anche sulla capacità delle imprese a crescere. L’inde-
bitamento esterno è infatti sbilanciato verso esposizioni di
breve periodo, le imprese sono frequentemente sottocapitaliz-
zate e ciò pone vincoli ulteriori sul finanziamento dei percorsi
di crescita.
A complicare ulteriormente lo scenario esiste una serrata atti-
vità imitativa, da parte di tutti i concorrenti (Bontempi e Bra-
manti, 1995b), che provoca un accorciamento notevole del
ciclo di vita del prodotto, che diventa obsoleto nel giro di pochi
mesi, e la ricerca continua di elementi innovativi che possano
soddisfare una domanda differenziata, su misura o addirittura
su disegno.
2.2.4 IL CAPITALE UMANO
Il lavoro qualificato è indubbiamente una delle principali fonti
del vantaggio competitivo dei distretti. Rimane infatti il manu-
facturing la chiave di volta della sostenibilità nel tempo dei
distretti stessi e il legno-mobile non fa eccezione. La sua crea-
zione e accumulazione avviene tramite un mix complesso e
articolato di percorsi formativi strutturati, di duro tirocinio su
campo (apprendimento on-the-job), di interazione tra i diffe-
renti attori coinvolti nel processo produttivo, di poaching tra le
imprese, disposte ad attrarre i lavoratori più qualificati dei con-
correnti per imitarne i processi ritenuti rilevanti.
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
86
Gli elementi fondanti l’accumulazione di capitale umano sono,
da un lato, l’offerta formativa e, dall’altro, la domanda di profi-
li professionali da parte delle imprese.
Il sistema di formazione nella filiera del mobile in Brianza si
avvale di alcuni centri di eccellenza, tra cui spiccano:
• l’Istituto d’Arte;
• il Centro di Formazione Professionale;
• l’Ente Qualità Cantù;
• il Centro Legno-Arredo (CLAC) di Cantù.
Nonostante queste presenze il distretto brianzolo e, più in gene-
rale, il settore del legno-arredo nel suo complesso si sono carat-
terizzati, negli anni, per una scarsa attenzione verso il tema della
formazione, configurandosi, nel panorama industriale italiano,
come un caso a sé stante; infatti, mentre gli altri settori sono riu-
sciti a creare dei poli formativi e ad avere degli enti di riferimen-
to sul territorio cui riferirsi per la formazione continua, il legno-
arredo si è sempre mosso in “ordine sparso”, riuscendo a dare
vita ad alcuni centri di formazione ma non a generare, presso gli
attori locali del distretto (imprese, forza lavoro, istituzioni), un cir-
colo virtuoso tra mondo della formazione e mondo del lavoro, in
grado di rendere professionalmente appetibile, per i giovani, la
scelta di investire il proprio futuro in questo settore.
Questo ha prodotto una triplice distorsione nelle dinamiche
occupazionali del distretto brianzolo:
• innanzitutto, ha reso scarsamente attraente, agli occhi
degli studenti, un percorso di studio all’interno dei centri
formativi già citati;
• come conseguenza, questi soggetti territoriali hanno trova-
to sempre più arduo il compito di persuadere i giovani a fre-
quentare i propri corsi, con una conseguente caduta degli
iscritti e, quindi, dei diplomati;
• il tutto, poi, ha finito per raffreddare l’iniziale entusiasmo
delle imprese per questi centri di formazione (incapaci, ai
loro occhi, di fornire forza lavoro adeguata, sia da un punto
di vista numerico, che di reali competenze), rendendo,
così, ancora più arduo il compito di tali soggetti territoriali.
87
In ultima analisi, dunque, la mancanza di un adeguato sistema
formativo di riferimento e il progressivo indebolimento, con la
crisi degli ultimi dieci anni, di un tessuto capillare diffuso di pro-
duttività settoriale hanno fatto perdere ai giovani lo stimolo a
entrare nel settore, con una conseguente perdita, per il sistema
locale, delle professionalità in grado di esprimere e trasmettere
nel tempo la peculiare manualità del lavoro artigianale.
Più di recente, le Università operanti sul territorio (Politecnico
di Milano e Università dell’Insubria) hanno provato a coprire un
ventaglio di discipline connesse sia ai campi manageriali che
più propriamente tecnici, offrendo al territorio risorse qualifica-
te sebbene ancora ampiamente sottoutilizzate.
Nonostante l’esistenza di un’offerta formativa tutt’altro che pove-
ra permane dunque un mismatch strutturale tra domanda e
offerta del lavoro, sempre più marcato anche per via dell’allon-
tanamento delle nuove generazioni dalle attività artigianali che
hanno sempre costituito il perno della formazione su campo.
La carenza che più pesa è riconducibile, in particolare, alla
mancanza di formazione attinente alla filiera produttiva nel suo
insieme, mentre non mancano percorsi di specializzazione per
i singoli comparti produttivi che la compongono. A tal propo-
sito, FilcaCisl propone una progettazione distrettuale della for-
mazione professionale23.
Molto sentita è l’assenza in loco di qualsiasi tipo di formazio-
ne manageriale di settore, che consenta di colmare delle lacu-
ne conoscitive tipiche delle competenze di filiera; ciò consen-
tirebbe da un lato di formare una classe dirigente competen-
te in modo funzionale alle esigenze del distretto e dall’altro di
cogliere l’occasione per attuare un rinnovamento nella gestio-
ne delle aziende, che permane ancora incentrata sull’impresa
familiare e fatica a sviluppare competenze in aree gestionali
differenti da quella produttiva, lasciando il fianco scoperto su
aree fondamentali quali la finanza, il controllo di gestione, i rap-
porti con l’estero.
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
23 La proposta di un Osservatorio territoriale sulla formazione avanzata nel capitolointroduttivo (cfr. § 2.2) risulta così particolarmente appropriata anche per il settore.
Man
canz
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qual
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ive
Nes
suna
diff
icol
tà
Una certa disaffezione delle nuove generazioni verso il setto-
re del legno-arredo contribuisce a rendere problematico
anche il passaggio generazionale ai vertici delle imprese del
distretto, con un conseguente fenomeno di chiusura di molte
attività artigianali per la mancanza di un erede. Nelle piccole
aziende esistono di solito maggiori probabilità che non avven-
ga il passaggio generazionale. A questo va aggiunto che le
piccole-medie imprese brianzole rimangono sempre realtà
88
Tabella 2.2 – Totale assunzioni previste nel 2004 per grandi gruppi
e difficoltà di reperimento in provincia di Milano e Como
Figure professionali
Difficoltà
Valori % sul totale di ogni gruppo (Settori del legno, cod. 20 e 36)
100,0
33,3
80,8
95,1
16,0
34,6
78,8
400
—
66,7
15,4
—
39,2
26,4
20,2
318
—
—
1,3
—
3,8
—
—
18
Dirigenti e direttori
Professioni intellettuali scientifiche e di elevata specializzazione
Professioni tecniche
Professioni esecutive relative all’amministrazione e alla gestione
Operai specializzati
Conduttori impianti, operatori macchinari e operaimontaggio industriale
Personale non qualificato
Totale
Rid
otta
pre
senz
a, fo
rte
conc
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bilit
à a
fare
turn
i/not
te/f
estiv
i
Altr
o
Tota
le
molto legate all’imprenditore-fondatore; i figli subentrano, ma,
spesso, soprattutto nel caso di imprese di medie dimensioni,
si avverte la mancanza di un management intermedio, che sap-
pia collocarsi tra l’imprenditore e gli addetti alla produzione.
L’analisi della domanda di lavoro espressa dalle imprese aiuta a
meglio comprendere il mercato del lavoro distrettuale. Fonda-
mentali sono in proposito i dati Excelsior rielaborati per le pro-
vince di Milano e Como nei settori del legno (codici DD20 e
89
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
Fonte: Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema informativo Excelsior, 2003
di reperimento
—
—
2,6
4,9
19,7
33,6
1,0
230
—
—
—
—
2,9
—
—
13
—
—
—
—
0,2
4,2
—
18
—
—
—
—
18
1
—
87
7
3
78
41
451
405
99
1.084
90
DN36). Emerge una maggiore difficoltà di reperimento delle
figure professionali specializzate (cfr. tabella 2.2) per ragioni
legate fondamentalmente alla mancanza o alla scarsa presenza
delle necessarie qualificazioni o esperienze. Si tratta di carenze
che riguardano profili di skills specifici (acquisiti tipicamente
all’interno dell’impresa e con un grado di trasferibilità delle com-
petenze tra imprese limitato tipicamente al settore di apparte-
nenza) mentre si rileva, al tempo stesso, un’ampia offerta forma-
tiva da cui discende un capitale umano generico (acquisito tra-
mite istituzioni formative, con un elevato grado di fungibilità tra
imprese, e tipicamente con bassi costi per le imprese).
Se questa informazione viene incrociata con la dimensione
media d’impresa e la scarsità di collaborazioni orizzontali tra
imprese, emerge come, pur in presenza di strutture formative
adeguate (solo nel 3,8% dei casi gli operai specializzati non
sono reperibili a causa dell’assenza di strutture formative), le
imprese sono riluttanti a investire nella formazione di manodo-
pera specializzata, forse per il timore di non riuscire a interna-
lizzarne i vantaggi rischiando di perdere il lavoratore una volta
qualificato, a tutto vantaggio dei concorrenti.
Ciò pone in evidenza una volta in più la necessità per il distret-
to di maturare una visione e un agire comune, da cui il siste-
ma delle imprese potrebbe trarre vantaggi, dando spazio a
interventi in tal senso da parte del decisore pubblico. Eviden-
temente si pone qui un problema di raccordo pubblico-priva-
to oltre che tra mondo del lavoro e mondo della ricerca e del-
l’educazione.
A tal fine sono state create specifiche istituzioni di raccordo –
come il Centro Volta di Como – o si sono organizzate struttu-
re di coordinamento all’interno di istituzioni esistenti – come
“Politecnico Innovazione”. Si comincia così a parlare di gover-
nance del territorio e occorre guardare con grande attenzione
all’emergere di una nuova dimensione di concertazione socia-
le e di cooperazione pubblico-privato (Garofoli, 2001).
Per quanto riguarda, più da vicino, la difficoltà di reperire lavo-
ratori in base agli indirizzi formativi (cfr. tabella 2.3), l’indirizzo
91
del legno-arredo conferma in larga misura le conclusioni trat-
te in base ai grandi gruppi di figure professionali. Gli stessi
operatori del sistema ammettono che la formazione non può
riguardare solo il comparto, ma deve essere estesa alla filiera,
progettando soluzioni comuni che superino le inadeguatezze
del sistema nazionale, e stimolino una maggiore partecipazio-
ne al sistema.
Alla carenza di manodopera specializzata, si affianca una seria
difficoltà per le imprese a trattenere i lavoratori in azienda moti-
vandoli con una gestione delle carriere e con programmi di for-
mazione professionale continua. A ciò si aggiunge un vincolo
standard delle imprese familiari: non esistendo una distinzio-
ne tra proprietà e management, l’imprenditore ha una scarsa
propensione alla delega decisionale, e ciò innesca un circolo
vizioso tra un imprenditore che non riesce a liberarsi da attivi-
tà routinarie.
Ne discendono frequenti situazioni di lavoratori scarsamente
interessati al destino dell’impresa, con possibili ricadute nega-
tive sulla produttività del lavoro, peggiorata anche dall’elevato
tasso di turnover che ne discende.
Nei distretti di successo, il lavoro è sempre a un tempo:
• fattore competitivo – la ricerca dei migliori lavoratori com-
porta una lotta competitiva tra le aziende che alimenta il
numero degli eccellenti;
• fattore imitativo – in quanto il passaggio del lavoratore da
un’azienda all’altra favorisce il trasferimento di conoscenze;
• fattore culturale – la presenza di un nucleo di lavoratori
qualificati favorisce l’aumento del loro numero.
2.2.5 VERSO UNA DIMENSIONE AZIENDALE ADEGUATA
Da differenti fonti statistiche – Osservatorio IReR dell’Artigia-
nato; dati Unioncamere sul sistema delle imprese – emerge
che negli ultimi anni si sono registrati due movimenti di tenden-
za opposta. Da un lato, si evidenzia una lenta e costante ridu-
zione del numero di imprese, in particolare di quelle di picco-
le dimensioni, a fronte di un incremento del numero di azien-
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
Nes
suna
diff
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tà
Man
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qual
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sper
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a
Man
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str
uttu
refo
rmat
ive
92
Indirizzo di ingegneria meccanica
Indirizzo urbanistico, territoriale e architetti
Indirizzo economico-commerciale e amministrativo
Indirizzo linguistico, traduttori e interpreti
Indirizzo linguistico
Indirizzo grafico-pubblicitario
Indirizzo amministrativo-commerciale
Indirizzo informatico
Indirizzo edile
Indirizzo chimico
Indirizzo meccanico
Indirizzo elettrotecnico
Indirizzo legno, mobile e arredamento
Indirizzo tessile, abbigliamento e moda
Indirizzo non specificato
Totale
Valori % su totale di ogni indirizzo formativo (Settori del Legno, cod. 20 e 36)
Tabella 2.3 – Totale assunzioni previste nel 2004 per indirizzi formativi
e difficoltà di reperimento in provincia di Milano e Como
Indirizzi formativi
Difficoltà
20,0
—
—
—
—
—
—
—
—
—
—
—
2,7
—
—
18
—
—
17,6
—
—
—
12,3
—
—
—
26,0
—
35,1
29,3
19,1
318
80,0
100,0
82,4
—
100,0
100,0
87,7
100,0
100,0
100,0
62,3
100,0
21,4
16,5
78,2
400
Rid
otta
pre
senz
a, fo
rte
conc
orre
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Man
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bilit
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fare
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i/not
te/f
estiv
i
Altr
o
Tota
le
93
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
di reperimento
Fonte: Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema informativo Excelsior, 2003
—
—
—
100,0
—
—
—
—
—
—
11,7
—
33,5
0,8
2,7
230
—
—
—
—
–
—
—
—
—
—
—
—
2,0
—
—
13
—
—
—
—
—
—
—
—
—
—
—
—
2,8
—
—
18
—
—
—
—
—
—
—
—
—
—
—
—
2
53
—
87
5
3
17
2
2
1
81
5
5
1
77
1
641
133
110
1.084
94
de di medie dimensioni; dall’altro, le imprese artigiane lombar-
de sono cresciute di numero ma diminuite in dimensione
media e, al contempo, il distretto evidenzia una tendenza
“debole” – limitata ad alcuni comparti della filiera – a produr-
re risultati migliori in termini di crescita delle vendite e di red-
ditività conseguita, da parte di imprese artigiane più struttura-
te, ovvero quelle con 10 e più addetti.
Crescere, dunque, fa bene alla micro azienda anche se non
sono pochi gli ostacoli che le imprese artigiane ancora incon-
trano. Quelli maggiori riguardano (Balloni e Iacobucci, 2000):
• gli adempimenti legislativi e burocratici sempre più numerosi;
• alcune rigidità permanenti nella gestione del fattore lavoro
e la difficoltà a reperire manodopera qualificata;
• il problema della successione di impresa;
• la mancanza di capitali e strumenti atti a favorire la crescita.
Vi sono inoltre motivi soggettivi che frenano la crescita, ricon-
ducibili al rifiuto di accollarsi maggiori rischi e/o di modificare
il proprio profilo imprenditoriale. L’alternativa del ricorso alla
crescita per vie esterne a cui si è già accennato – reti di rela-
zioni e consorzi tra imprese – rimane l’eccezione piuttosto che
la regola.
Inoltre, questi percorsi, così come quelli genuinamente di cre-
scita della singola realtà aziendale, implicano livelli qualitativi
adeguati del fattore organizzativo-imprenditoriale richiesti nei
nuovi contesti competitivi. I processi di crescita delle imprese
esigono inevitabilmente doti di più alta managerialità accanto
ai tipici attributi di creatività.
Le nuove forme organizzative decentrate di gruppo e di rete,
che vanno affermandosi nei sistemi di piccola impresa, sembra-
no rispondere all’obiettivo di conciliare la gestione di strutture
organizzative complesse (che richiedono un elevato apporto di
competenze manageriali) con il mantenimento della tensione
imprenditoriale tipica delle piccole imprese accentrate.
Nel distretto del legno, come altrove, si sono verificate alcune
acquisizioni di imprese, ma non si può ancora parlare di ten-
denza alla gerarchizzazione. In provincia di Como sono 1.422
95
le società di capitale che risultano appartenere a un gruppo
(Unioncamere, 2003), pari al 27% del totale delle imprese
provinciali. Di queste 47 appartengono al macro comparto
legno-carta-editoria, pari al 30% del totale settoriale provincia-
le. Anche immaginando che solo una parte di queste imprese
sia classificabile nel comparto legno la diffusione della moda-
lità gruppo non è certamente insignificante, riguarda però le
società di capitale, cioè quelle tendenzialmente più grandi.
In questi casi le scelte proprietarie sono state messe in atto
per completare la gamma di offerta e aumentare così il pote-
re contrattuale nei confronti degli altri attori del sistema com-
petitivo. In controtendenza rispetto agli altri distretti, infine, si
è passati da alcuni casi di autonomia ai rapporti di subfornitu-
ra (Collutti, Melideo, 2004).
2.3 Quale presidio dei mercati?
Il ruolo che il distretto assume sui mercati, in particolare su
quelli esteri, fornisce ulteriori elementi interpretativi sul dinami-
smo del tessuto in esame oltre a costituire il secondo grande
asse logico – dopo il manufacturing – lungo il quale analizza-
re il distretto.
2.3.1 L’INTERNAZIONALIZZAZIONE COMMERCIALE
La qualità dei prodotti brianzoli del legno-arredo è conosciuta
in tutto il mondo, ma l’internazionalizzazione del distretto pone
in evidenza alcune criticità che rappresentano, al tempo stes-
so, un rischio e un’opportunità.
Un’interessante chiave di lettura per approfondire i fattori di
competitività e il posizionamento strategico sui mercati inter-
nazionali del sistema legno-arredo italiano è costituita dall’ana-
lisi del contributo dei distretti industriali alle esportazioni nazio-
nali di mobili e prodotti di arredamento.
Il comparto ha raggiunto, su base nazionale, un export pari a 10,5
miliardi di euro (dato 2002) confermandosi un esportatore netto,
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
96
con un grado complessivo di apertura elevato e una quota media
del 40% nelle esportazioni delle produzioni di mobili.
I 16 distretti italiani della filiera arredo-casa (un aggregato più
ampio del solo comparto legno-mobile) hanno esportato nel
2004 9,2 miliardi di euro e nel periodo gennaio-settembre
2005 si sono attestati su una dimensione assoluta di export di
6,4 miliardi di euro. Dentro questo aggregato la Brianza è
andata meglio della media del settore nazionale e questo
andamento è confermato dal dato del IV trimestre 2005 in cui
il distretto del mobile della Brianza ha registrato un significati-
vo +10,6% sul IV trimestre 2004 in termini di export.
Sebbene il distretto brianzolo sia caratterizzato da un denso reti-
colo di rapporti di collaborazione per la promozione e la vendita
dei mobili prodotti dal distretto (tra i quali le Esposizioni perma-
nenti), permane un forte individualismo dei singoli imprenditori
che si declina in una scarsa coesione critica sul fronte dei mer-
cati esteri e sulla realizzazione di azioni congiunte.
Sul totale della filiera, appena il 35% del fatturato è realizzato
all’estero24: 1,13 miliardi nel 2003 (Collutti, Melideo, 2004).
Ciò contribuisce a delineare una situazione di scarsa interna-
zionalizzazione relativa del distretto (Mor, 2001).
Tradizionalmente il settore non ha mai affrontato il problema,
in quanto la domanda interna ha sempre sostenuto il mercato.
Ma da quando la domanda interna è satura, il distretto si trova
a fronteggiare la sfida di un’internazionalizzazione più spinta
anche grazie al consolidamento di alcune grandi catene distri-
butive di fascia media che erodono quote di mercato interno,
ma con un ostacolo in più, costituito dall’ingresso di nuovi
operatori stranieri. Con l’arrivo sul mercato internazionale dei
Paesi emergenti (Asia ed Europa orientale), il peso delle
esportazioni dei Paesi avanzati si è ridotto e l’Italia (i distretti
del nord est, in particolare) si è specializzata in produzioni a
24 Sebbene l’interpretazione non cambi, questo dato è controverso. Fonti meno recen-ti (Brunetti et al., 2000) riportano una propensione all’export pari al 22% (contro unamedia del 56% del settore in Italia). Occorre peraltro notare che questa misura è sen-sibile, oltre che alla fonte dei dati sul fatturato, alla filiera considerata nella definizio-ne di distretto.
97
elevato contenuto qualitativo e di design. La contrazione delle
esportazioni dal 2001 al 2003, comune al manifatturiero e
all’intera economia delle province di Milano e Como, si è regi-
strata peraltro in misura sensibilmente minore nei settori core
del distretto, come evidenziato nella tabella 2.4.
Le importazioni nei settori del legno sono aumentate negli ulti-
mi 10 anni, segno che la struttura della domanda interna sta
evolvendo verso esigenze qualitative differenti da quelle tradizio-
nalmente conosciute (tendenza particolarmente accentuata nel
comparto del mobile); al tempo stesso, nonostante la perdita di
competitività che ha interessato il distretto nel suo insieme, le
esportazioni nette hanno mantenuto un trend discontinuo ma
positivo tra il 1991 e il 2003, mentre il resto del manifatturiero e
dell’economia del distretto subiva una pesante battuta d’arresto.
Interessante è la lettura della scomposizione delle esportazio-
ni per mercati di destinazione (cfr. tabella 2.5). I mercati del-
l’Europa occidentale risultano stabili (con un segnale forte di
apertura alle importazioni) e costituiscono l’area in cui si rea-
lizzano le principali quote di mercato estero per la maggioran-
za delle imprese brianzole del legno-arredo che operano nel-
l’alta gamma, sia pure con risultati differenti a seconda del
Paese: permangono molte difficoltà in Francia, a causa della
struttura distributiva imperniata sulla grande distribuzione e in
Gran Bretagna, per problemi legati alla forte rigidità dei para-
metri tecnici relativi ai materiali; si è assistito, negli ultimi anni,
alla crisi del mercato tedesco, storicamente molto aperto al
prodotto italiano del mobile di design.
L’Europa orientale mostra importanti segni di vivacità: oltre alle
importazioni, anche le esportazioni verso tali aree sono
aumentate, con un saldo che è passato da negativo a positi-
vo tra gli ultimi due censimenti. Altri segnali di sviluppo proven-
gono dall’America (soprattutto centro-meridionale) dove, a
fronte di importazioni pressoché costanti, le esportazioni sono
raddoppiate dal 1991 al 2003. Per quanto riguarda l’Asia, a
fronte di un aumento di circa sei volte (sia pure su valori mode-
sti) del volume di importazioni, le esportazioni sono raddoppia-
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
98
te (raggiungendo valori ragguardevoli), specialmente per
impulso della Cina e dei Paesi NICs.
Va infine rilevato come, benché residuali, i mercati dell’Ocea-
nia e dell’Africa abbiano fatto registrare un aumento degli
scambi commerciali.
Una sfavorevole congiuntura ha provocato un calo del 6% nel
2002 rispetto all’anno precedente, sebbene il sistema mobile
in Italia abbia vissuto una situazione di gran lunga peggiore.
La tenuta sui mercati internazionali passa peraltro anche dal
raggiungimento di soglie critiche minime che consentano di
soddisfare la domanda estera nella sua crescente esigenza di
servizio e di soluzioni “chiavi in mano”. Ciò non può che impli-
care la creazione di forme consortili e la ricerca di standard
comuni per consentire di offrire risposte che le singole impre-
se non possono soddisfare e di diversificare le forme di inter-
nazionalizzazione.
* Dati provvisori
** Valori in milioni di euro (eurolire per il 1991 e il 2001). Deflatore usato: indice dei prezzi alla produzione
dei prodotti industriali
201-Legno tagliato, piallato e/o trattato
202-Fogli da impiallacciatura; compensato, pannelli stratificati, pannelli di truciolato ed altri pannelli di legno
203-Prodotti di carpenteria in legno e di falegnameria per l’edilizia
361-Mobili
Totale settori core
Totale manifatturiero
Totale economia
1991Categorie prodotti
Peso % sul totale nazionale 2001
Export
16
37
11
753
816
27.222
27.795
Import
133
72
11
114
330
38.856
41.875
Tabella 2.4 – Importazioni ed esportazioni nella province di Milano e Como
(Valori a prezzi costanti 2000**) per tipologie prodotti
99
L’allargamento a est dell’Unione Europea e il fenomeno della
globalizzazione produttiva impongono un ripensamento pro-
fondo nell’organizzazione della catena del valore. Data la dif-
ferenza strutturale nei costi (del lavoro, del suolo e dell’ener-
gia) tra l’Italia e i Paesi emergenti, è assolutamente impropo-
nibile una strategia di medio-lungo periodo che miri a compe-
tere sul prezzo. Alla luce dell’esperienza e della maestria matu-
rata all’interno del distretto, vanno ripensati i fattori critici del
successo, creando nicchie di mercato solide, specializzando-
si sul design, innovazione e qualità dei prodotti, competendo,
dunque, sulla fascia alta della filiera produttiva.
La strategia di successo da implementare non può peraltro
prescindere dall’individuazione di un (gruppo di) attore/i capa-
ce/i di guidare il cambiamento per riaffermare il distretto (Col-
lutti, Melideo, 2004).
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
Fonte: ns. elaborazioni su dati del censimento
2003*2001
Import
81
137
16
238
472
15.075
16.877
Export
13
105
28
1213
1.358
9.119
9.202
Import
90
137
18
246
490
63.484
70.427
Export
15
98
17
1433
1.564
42.086
42.766
100
2.3.2 IL RUOLO DEI CANALI DISTRIBUTIVI
I canali distributivi con cui le imprese raggiungono i clienti rap-
presentano molto più che non una mera funzione logistica, e
meritano pertanto un approfondimento che tocca direttamen-
te le potenzialità per lo sviluppo futuro della filiera. Negli ultimi
anni la distribuzione ha giocato un ruolo importante nel defini-
re nuove modalità di posizionamento competitivo e di organiz-
zazione di filiera, sia sul mercato nazionale che estero (Franzo-
si et al., 2003). Una delle peculiarità del distretto, la frammen-
tazione del ciclo produttivo, ha notevoli implicazioni nell’orga-
nizzazione della distribuzione. La filiera di creazione-produzio-
ne-comunicazione-distribuzione diventa sempre più integrata:
EUROPA, di cui:
EU 15
Europa centro orientale
AMERICA, di cui:
USA e Canada
America centro meridionale
ASIA, di cui:
Medio Oriente
Giappone
Cina
NIES
AFRICA
OCEANIA
Totale
Import
210,76
191,53
19,23
45,54
38,34
7,20
0,60
0,07
0,53
1,47
3,28
18,05
0,06
275,01
Export
524,30
514,00
10,30
63,35
58,83
4,53
83,85
48,33
35,52
0,08
19,19
15,17
5,23
691,91
1991
Tabella 2.5 – Importazioni ed esportazioni delle province
di Milano e Como, per mercati geografici
Classe: settori DD20 e DN36 (legno e mobili) Valori a prezzi costanti 2000**
* Dati provvisori** Valori in milioni di euro (eurolire per il 1991 e il 2001). Deflatore usato: indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali
101
le aziende in questo modo si assicurano non solo che il pro-
dotto mantenga la stessa personalità nei diversi passaggi, ma
che a ciascuna fase produttiva corrisponda un incremento del
suo valore. Inoltre, è tipico porre in essere delle attività promo-
zionali in collaborazione con i punti di vendita per evitare
ingenti investimenti pubblicitari e creazione di mercatoni spe-
cializzati e forme in franchising (Terracina, 1994).
La grande distribuzione mobiliera italiana copriva circa il 15%
del mercato nel 2002, risultando così articolata (Collutti, Meli-
deo, 2004):
• catene di franchising e gruppi di acquisto;
• Grande Distribuzione Organizzata;
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
2003*
Fonte: ns. elaborazioni su dati del censimento
Import
317,67
277,57
40,10
43,61
35,52
8,09
6,37
6,24
0,13
14,71
6,30
26,14
0,01
393,81
Export
864,04
740,13
123,91
242,21
217,44
24,78
158,87
100,59
58,28
6,35
54,08
27,16
16,45
1.308,74
Import
325,19
271,54
53,65
32,56
25,45
7,11
5,33
4,90
0,43
21,15
4,10
22,45
0,10
385,64
Export
754,85
623,51
131,34
213,67
199,32
14,35
119,35
70,51
48,85
13,99
46,57
29,90
17,66
1.135,43
2001
102
• grandi magazzini;
• grandi punti vendita indipendenti (oltre i 10 mila metri qua-
drati) e piccole catene locali.
Le Esposizioni permanenti storicamente sono state il canale
privilegiato per raggiungere il consumatore, soprattutto in
periodi in cui l’espansione dei mercati nazionale ed europeo
ha consentito alle imprese brianzole di concentrarsi sui soli
aspetti legati alla produzione, delegando quelli commerciali
alle esposizioni permanenti (CENSIS, 1995); alla luce delle ten-
denze evolutive della domanda e della congiuntura, tale stru-
mento appare oggi largamente insoddisfacente. Le imprese
hanno tradizionalmente prestato scarsa attenzione nei con-
fronti della funzione commerciale. Come risultato il canale
distributivo ha acquistato un forte potere contrattuale e ha
saputo imporre significative riduzioni ai prezzi richiesti dai pro-
duttori. È pur vero, però, che la distribuzione è stata recente-
mente promotrice di importanti cambiamenti25. Tutto ciò ha sti-
molato le imprese nella ricerca di nuovi canali commerciali:
una recente ricerca (Scarpinato, 2003) segnala che il 44,7%
degli operatori intervistati dichiara di voler effettuare investi-
menti commerciali nei prossimi due anni.
In particolare, le imprese del distretto hanno così sviluppato
dei propri canali commerciali, tra cui hanno assunto un peso
significativo i contract, cioè quegli operatori che acquisiscono
commesse di grandi dimensioni offrendo soluzioni “chiavi in
mano”, fornendo al cliente finale non solo il prodotto, ma anche
tutti i servizi relativi, dalla progettazione all’installazione, e
facendo lavorare a questo progetto numerosi produttori indi-
pendenti, anche piccoli, coordinandoli sulla base della cono-
scenza passata e della comune appartenenza al sistema
distrettuale. In questo modo il distretto ha potuto riposizionar-
si verso una parte della filiera a più alto valore aggiunto. Ciò
25 Cronicamente in ritardo rispetto al resto d’Europa, la distribuzione svolgeva, neglianni Settanta, una mera funzione logistica; ha poi cominciato ad avere un ruolo diinterazione tra domanda e offerta, pur essendo solamente reattiva rispetto alle con-dizioni di domanda; recentemente il modello sta evolvendo verso una funzione pro-attiva nelle relazioni tra produttore e consumatore, facendosi portatore di interessi enecessità di ambo le parti.
103
ha consentito di raggiungere nuovi clienti, addirittura in circa
un terzo dei casi per le imprese che hanno partecipato a pro-
getti contract (Scarpinato, 2003).
Questo non è indifferente alla tipologia di impresa leader che
si sta affermando: tipicamente di medie dimensioni, fortemen-
te innovativa, di buone capacità organizzative, con un servizio
post vendita curato, capace di assecondare esigenze del
cliente assicurando rapidità di consegna. Più in generale, la
distribuzione può avere un ruolo strategico nella realizzazione
di iniziative comuni di promozione e distribuzione, soprattutto
su mercati esteri altrimenti difficilmente raggiungibili dalla sin-
gola impresa26.
Nel complesso, però, la distribuzione appare frammentata in
punti di vendita di ridotte dimensioni. Il distributore tipo intrat-
tiene rapporti con una molteplicità di fornitori che non perse-
guono strategie mirate di vendita; ciò comporta forti limiti allo
sviluppo e all’internazionalizzazione del distretto e mette in
luce un potenziale ruolo di volano per innovare e sviluppare la
filiera con strategie di sistema. Ancora una volta, ciò si scon-
tra con l’incapacità di molte imprese, ancora troppo piccole, a
coordinarsi guadagnando potere contrattuale e visibilità.
2.3.3 LO STRUMENTO FIERISTICO
I dati Fiera Milano sulle esposizioni del settore legno-arredo
(cfr. tabella 2.6) per il quinquennio 1995-2000 evidenziano
una presenza pressoché costante da parte degli operatori
brianzoli a esposizioni del mobile-arredo; presenza che, seb-
bene segnali un trend crescente in percentuale del totale delle
presenze registrate, rimane in valore assoluto ancora esigua
(meno del 2% del totale delle unità produttive di settore).
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
26 È doveroso ricordare che qualsiasi azione atta a rafforzare il sistema distributivo, seb-bene necessaria, non partirebbe da zero. Il dinamismo in tal senso sia del cetoimprenditoriale sia degli attori istituzionali che operano sul territorio è infatti testimo-niato da una serie di interventi atti a promuovere la distribuzione e la presenza deldistretto nel mondo. Tra le differenti iniziative in tal senso, ad esempio (per una ras-segna dettagliata vedi Collutti, Melideo, 2004), si può menzionare il Progetto di Coo-perazione tra lo Stato del Parà (Brasile) e CCIAA di Como in rappresentanza deldistretto del legno-arredo (“Il Sole 24 Ore”, 6/5/99), con la duplice finalità di amplia-re i mercati e creare un legame con una possibile fonte di approvvigionamento dellamateria prima.
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1)
104
Ciò è certamente esito del gioco incrociato di tre principali
cause: la prima è relativa al “plafonamento” dell’offerta: il Salo-
ne del Mobile di Milano è la fiera per eccellenza a cui tutte le
imprese vorrebbero partecipare, molte però rimangono esclu-
se e non è detto che decidano di andare altrove; la seconda
è che i costi da sostenere per le manifestazioni fieristiche sono
elevati, la ricostruzione di ambienti d’arredo necessita di spazi
grandi e i costi di trasporto incidono significativamente; la
terza spiegazione, complementare, ha a che fare, in parte, con
l’importanza ancora assegnata dagli operatori a manifestazio-
ni alternative quali le esposizioni permanenti e/o alla mancata
percezione da parte degli operatori dei benefici e delle oppor-
tunità derivanti dalle Fiere.
20
14
16
17
18
16
17
132
118
134
178
152
143
857
91
73
79
101
88
81
187
2.660
1.646
2.119
3.035
2.685
2.357
14.503
3,42
4,66
5,63
6,87
7,41
6,60
2,21
4,55
6,06
7,49
8,59
7,05 1,81
Fonte: ns. elaborazione su dati Fondazione Fiera Milano
1995
1996
1997
1998
1999
2000
Totale
Tabella 2.6 – Il distretto della Brianza del legno-arredo
Anni
Esposizioni in Fiera, dati in milioni di lire correnti
105
A ciò si aggiunga la dimensione minima di molte imprese che
non consente loro di sopportare i costi di partecipazione.
Manca però una strategia di aggregazione tra imprenditori che
potrebbero perseguire la strada del rafforzamento internazio-
nale utilizzando anche il volano delle esposizioni fieristiche e
ampliando ulteriormente una partecipazione a eventi ad altri
operatori brianzoli del settore, che è già salita dal 3,4% sul
totale presenze nel 1995 al 6,6% nel 2000.
Una fiera di settore che sta diventando interessante è il Salo-
ne di Mosca al quale difficilmente le PMI brianzole possono
partecipare se non aggregandosi.
Questi semplici dati pongono in evidenza una dimensione pro-
blematica delle piccole imprese del legno-arredo brianzolo. Se
si pensa che tra gli strumenti di marketing idonei per una azien-
da di piccola o media dimensione il costo per contatto procu-
rato mediante una fiera specializzata è molto contenuto, è evi-
dente come l’utilizzo della fiera possa rappresentare un’oppor-
tunità non da poco. Tale considerazione è meritevole di ulte-
riore approfondimento, nella misura in cui si possa conferma-
re il dato (non ufficiale) che l’80% del fatturato delle piccole e
medie imprese italiane si realizza attraverso contatti, incontri e
accordi che vengono innescati in una fiera specializzata
(Mastromo, 2002).
Delle cinque principali fiere internazionali del mobile e dell’ar-
redo, solo il Salone del Mobile di Milano appare davvero
riscuotere un successo unanime da parte degli imprenditori
forse anche per una prossimità che facilita la partecipazione e
per la massiccia presenza di aziende italiane che facilita il con-
fronto e il posizionamento della propria azienda.
Sul fronte della promozione collettiva certamente un grande
lavoro rimane ancora da fare dal momento che anche nel caso
di manifestazioni all’estero, raramente, come già si è detto, si
assiste alla creazione di forme di consorzio che permettano di
dare maggiore peso e impatto alla produzione italiana nel suo
complesso.
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
106
2.4 Prime conclusioni e il prosieguo della ricerca
Il mercato del legno-arredo è ormai un mercato globale e
anche il distretto della Brianza deve muoversi rapidamente e
programmaticamente verso esso per consolidare le posizioni
già raggiunte e penetrare stabilmente nuovi mercati. La dire-
zione di una più spinta internazionalizzazione commerciale
dipende da tre considerazioni congiunte:
• il mercato italiano è certamente un mercato “saturo” ed è
probabile che le nuove coppie si muovano verso modelli di
consumo più minimalisti che nel passato;
• il mercato estero è dominato da grandi players sia sul fron-
te produttivo che su quello distributivo. Per accreditarsi
presso questi canali distributivi occorre un’organizzazione
fortemente industriale (volumi, logistica, servizi, polmone
finanziario). Anche il mercato contract (quello delle soluzio-
ni d’arredo “chiavi in mano”) richiede capacità di gestire
commesse di grandi dimensioni;
• la terza considerazione riguarda il nostro sistema distribu-
tivo frammentato che non potrà fare da traino nel vendere
il prodotto della Brianza all’estero.
Le riflessioni fin qui sviluppate delineano alcune delle tenden-
ze evolutive del distretto del legno-arredo della Brianza, evi-
denziando anche “finestre” di opportunità che si aprono, peral-
tro non esenti da rischi.
L’evoluzione della competizione internazionale e la profonda
modificazione dei canali distributivi gettano però altrettante
ombre sulla competitività di medio-lungo periodo del modello
distrettuale brianzolo basato su un tessuto frammentato.
Nel distretto brianzolo, alcune aziende sono cresciute e stan-
no affrontando scelte delicate – sia a livello di distribuzione
che di innovazione – per rigenerare quelle condizioni che
hanno finora garantito loro il successo. Altre, benché flessibi-
li, non riescono più a stare sul mercato.
Quanto all’innovatività, il distretto si contraddistingue per un
107
buon livello complessivo, continua fucina di sperimentazione;
al tempo stesso, il processo e la sua organizzazione presenta-
no alcune carenze. Logistica, presidio dei mercati, forniture
complete “chiavi in mano” sono altrettanti punti da tenere con-
tinuamente sotto controllo.
Da questo punto di vista appare certamente utile e forse neces-
saria un’attività di supporto esterna di sistema, che stimoli il
confronto tra imprese, che miri a un problem setting efficace,
che identifichi un problem solving con soluzioni comuni.
Un certo “affaticamento” dei mercati internazionali, che pure
stanno mostrando incoraggianti segnali di ripresa, sottolinea
che sul presidio dei mercati la Brianza giocherà la partita deci-
siva del prossimo futuro, alla luce:
• del consolidato posizionamento del prodotto brianzolo sul
mercato nella fascia qualitativa alta con prodotti di nicchia
e, gradualmente, sempre più personalizzati;
• della saturazione del mercato nazionale verso cui le impre-
se distrettuali sono prevalentemente dedicate, che stimola
la ricerca di nuovi mercati esteri27.
Alla luce di queste considerazioni e reinterpretando la matrice
della tabella 2.1, il fenomeno della delocalizzazione nelle
imprese sembra prevalentemente finalizzato ad attuare strate-
gie market seeking. Gli imprenditori, coscienti delle potenzia-
lità dei nuovi mercati, vi si localizzano adattando la produzione
alle esigenze locali.
Anche la distribuzione riveste un ruolo proattivo nella selezio-
ne dei mercati, nella progettazione e nella personalizzazione
del prodotto, nel canalizzare quel flusso di informazioni che dal
consumatore finale risalgono fino al produttore. In questa dire-
zione anche le manifestazioni fieristiche possono offrire un
contributo significativo con momenti in Italia e all’estero in cui
gli operatori realizzano contatti orizzontali (con i concorrenti) e
verticali (con fornitori, clienti e operatori della distribuzione).
2. LA MULTIFORME VARIETÀ DEL DISTRETTO DI FRONTE ALLE DUE GRANDI SFIDE COMPETITIVE
27 Questa necessità è ancor più accentuata in Brianza perché il vantaggio competitivodelle imprese è basato su un mercato di nicchia, con conseguente restringimento delpotenziale sbocco a livello nazionale.
108
Si percepisce allora la rilevanza di un’istituzione coordinatrice
che si faccia portatrice degli interessi del sistema e che sia in
grado di perseguire opzioni strategiche anche impegnative nei
campi della formazione, dell’innovazione, della comunicazione
e del presidio dei mercati. Come richiamato in precedenza
risulta necessario ragionare di una nuova governance di
distretto che si faccia carico delle sfide, vecchie e nuove, di
sistema.
È un ruolo tipico di imprenditore di sistema che abbia come
sua mission specifica una più solida e duratura integrazione
della filiera e che incoraggi l’incontro e il coinvolgimento tra dif-
ferenti operatori della filiera offrendo loro opportunità più lun-
gimiranti rispetto al semplice contatto commerciale.
Persino di più, una governance che sia sede privilegiata della
definizione di strategie innovative; un luogo in cui si creino ten-
denze di moda e in cui gli operatori confrontino esigenze reci-
proche e vengano stimolati a ricercare soluzioni comuni, sia
orizzontalmente, tra produttori, sia verticalmente, con operato-
ri a monte e a valle della catena del valore.
Queste considerazioni divengono oggetto di confronto speci-
fico con le due tipologie di attori che questa ricerca ha voluto
privilegiare: le imprese leader del distretto e un campione di
una sessantina di PMI indipendenti.
Dopo un capitolo (Cap. 3) che richiama la metodologia di sele-
zione e una sintetica presentazione degli attori indagati, il Qua-
derno prosegue riprendendo il filo rosso dello schema inter-
pretativo riportato nella figura 2.2 e organizzato lungo i due
focus specifici dei processi di riorganizzazione produttiva
(manufacturing) (Cap. 4) e di presidio dei mercati (Cap. 5).
Capitolo 3I PROTAGONISTI DEL DISTRETTO: IMPRESE LEADER E PMIINDIPENDENTI
114
I protagonisti del distretto: imprese leader e PMI indipendenti
ANDREA MARTIGNANO e MICHELE SCARPINATO
Su un insieme di circa 4.500 imprese del distretto (solo set-
tori core), di cui 1.274 industriali, l’attenzione è posta su circa
75 imprese (15 leader e 60 PMI indipendenti); altrettante
potrebbero essere analizzate alternativamente a quelle consi-
derate. Si tratta dunque di un universo di 150-200 imprese di
cui circa la metà viene indagata in profondità. Tra le 30 e le 50
imprese leader a cui si aggiunge un insieme di 100-150 PMI
che realizzano un prodotto proprio; il nucleo manifatturiero del
distretto attorno a cui ruota una galassia di piccole e micro
imprese, industriali e artigiane (sono 3.200), di subfornitori e
contoterzisti, fino alle ditte individuali dove un bravo falegna-
me opera quasi esclusivamente per il “su misura” di singoli
clienti finali o del mondo degli architetti e arredatori.
È dunque la punta di un iceberg in termini numerici, ma è il
cuore delle performance del distretto: fatturato, valore aggiun-
to, investimenti, export si concentrano massicciamente in que-
sto segmento. Non solo, l’effetto trainante è anche sulle stra-
tegie, sulle risposte date alle sfide competitive, sui grandi temi
di creatività e innovazione.
È per questo che nella ricerca l’attenzione è concentrata su
queste due tipologie di attori protagonisti, senza nulla togliere
al grande numero di fornitori il cui apporto, in termini di quali-
tà, servizio e costi, contribuisce significativamente al succes-
so delle grandi e delle medio-piccole indipendenti.
115
3.1 Criteri di selezione delle imprese leader
Anche all’interno delle imprese leader sono distinguibili diffe-
renti tipologie.
• Alcune sono imprese con un ridotto grado di integrazione
verticale e con un orientamento all’estero più limitato e di
recente acquisizione; sono spesso aziende leader in mer-
cati di nicchia, specializzate in segmenti più sensibili al
design, alla qualità del prodotto e alla capacità propositiva,
anche in termini di comunicazione.
• Un secondo raggruppamento è rappresentato dalle azien-
de a struttura di gruppo, che beneficiano dei vantaggi lega-
ti all’integrazione a monte e delle sinergie dal punto di vista
tecnologico e distributivo.
• Esistono, infine, piccole e medie imprese, a più intensa
caratterizzazione artigiana, specializzate o nella produzione
su disegno di mobili di altissima gamma o nelle realizzazio-
ni, in subfornitura, di particolari fasi di lavorazione (vernicia-
tura, lavorazione compensato o compositi, assemblaggio).
In questo scenario articolato, non è agevole delineare una let-
tura complessiva delle dinamiche di sviluppo del distretto in
grado di tener conto delle differenti strategie produttive che
caratterizzano le tipologie di imprese indicate. Diventa allora
importante selezionare un campione non necessariamente
rappresentativo di tutte le fasi produttive che compongono la
filiera del legno-arredo (cfr. figura 3.1), né esaustivo delle dif-
ferenti tipologie di imprese, ma tuttavia in grado di tracciare le
principali dinamiche che caratterizzano la realtà distrettuale.
Con questi caveat, si è proceduto alla selezione di 15 impre-
se ritenute leader nel distretto brianzolo adeguate a rappre-
sentare – attraverso la specificità, l’originalità e il successo
delle proprie esperienze e delle proprie scelte strategiche – il
presente e il futuro del distretto stesso28. Insieme a questo
selezionato gruppo di imprese, si è costruito un percorso di
indagine e interpretazione delle dinamiche del distretto del
116
legno-arredo, i cui risultati sono illustrati nei due capitoli
seguenti anticipando qui poche considerazioni circa l’organiz-
zazione produttiva di queste imprese.
3.1.1 ORGANIZZAZIONE PRODUTTIVA
E VANTAGGI COMPETITIVI
La filiera produttiva del legno-arredo comprende sia i settori a
monte (industria del legno per i mobili e l’edilizia, dei semilavo-
rati e dei componenti dell’arredamento), sia i settori a valle del-
l’industria dell’arredamento (mobili per uso domestico e non,
gli apparecchi per l’illuminazione e i complementi di arredo)
(cfr. figura 3.1).
Il distretto gestisce nel suo complesso più fasi produttive, tra
le quali non solo l’assemblaggio dei mobili, ma anche l’intaglio,
l’intarsio, la lucidatura, la laccatura, la doratura, la lavorazione
di vetri, metalli, plastiche e imbottiture. Molte imprese, inoltre,
si sono specializzate con gli anni nei complementi d’arredo.
La diversificazione della tipologia e della gamma di prodotti è
divenuta, per le imprese brianzole, non solo un efficace stru-
mento di penetrazione nel mercato, ma una vera necessità,
indotta dalle sempre più complesse e differenziate esigenze
della domanda, guidate da una richiesta crescente di perso-
nalizzazione del prodotto.
La continua ricerca, da parte delle imprese, di nuovi prodotti
ha generato un flusso costante di innovazioni sia nel campo
della progettazione e del design, che in quello della ricerca di
nuovi materiali. In entrambi i casi, il risultato è stato un incre-
mento del numero di lavorazioni necessarie per produrre l’in-
tera gamma di prodotti proposti dall’impresa e, di conseguen-
za, un’accresciuta difficoltà per l’impresa stessa di realizzare
internamente tutte queste differenti fasi produttive su ordinati-
vi, molto spesso, di ridotte dimensioni.
28 Si coglie l’occasione per ringraziare nuovamente gli interlocutori contattati che hannosupportato l’equipe di ricerca nella selezione e nel contatto delle imprese leader dasottoporre a intervista, nonché di tutti gli imprenditori e i manager che ci hanno dedi-cato una parte del loro prezioso tempo per discutere alcuni snodi competitivi delleloro realtà aziendali.
117
Questo fenomeno ha generato la necessità di affidare a terzi
alcune lavorazioni (generalmente, quelle a elevato contenuto
artigianale e quelle legate alla lavorazione di materiali diversi
3. I PROTAGONISTI DEL DISTRETTO: IMPRESE LEADER E PMI INDIPENDENTI
Fonte: Adattata da IPI (2003)
Figura 3.1 – Schema della filiera produttiva del legno-arredo
Legno e prodotti in legno
Mobili
• Fabbricazione sedie e sedili• Fabbricazione poltrone e divani• Fabbricazione mobili per ufficio
in legno e non• Fabbricazione mobili per cucina• Fabbricazione altri mobili• Fabbricazione materassi
Meccanica strumentale
Meccanica strumentale
Risorse naturali
Distribuzione
LEGNO e MOBILE
Settori a monte
Settori a valle
Chimica tessile
Distribuzione edilizia
• Taglio, piallatura e trattamento del legno
• Compensato, pannelli stratificati e impiallacciature
• Fabbricazione di elementi per l’edilizia (pavimenti, porte,finestre, scale)
• Imballaggi in legno• Cornici, giocattoli, e altri prodotti
in legno
118
dal legno, come le plastiche e i metalli), incrementando, di
fatto, l’integrazione della filiera.
Questo grado di integrazione della filiera produttiva introduce
alcune riflessioni relative ai punti di forza dell’impresa brianzo-
la rispetto ai competitors.
Il vantaggio competitivo delle imprese leader del legno-mobi-
le si basa innanzitutto sulla qualità del prodotto (anche a sca-
pito di prezzi decisamente alti), un contenuto derivante da
almeno tre importanti aspetti connessi al processo produttivo:
• l’ottima conoscenza dei materiali e il livello eccellente delle
finiture, dal momento che la qualità del prodotto finito non
è spiegata solo dalle materie prime impiegate, ma anche
dalla sapienza e dall’esperienza della manodopera che la
lavora;
• la particolare sensibilità estetica maturata negli anni e l’abi-
lità di tradurre in prodotti di successo le idee e gli schizzi
dei designer nazionali e internazionali29; in questo senso,
infatti, l’idea è spesso diversa dal prodotto finito, perché gli
artigiani e gli imprenditori lavorano molto (insieme ai propri
subfornitori, nella fase di industrializzazione30) sulla model-
lizzazione delle idee e sui prototipi;
• la continua sperimentazione nell’utilizzo dei nuovi materia-
li, che permette di studiare e realizzare prodotti con esteti-
ca e caratteristiche strutturali fortemente innovative.
Strettamente correlato a quest’ultimo aspetto è il secondo
vantaggio competitivo delle imprese brianzole del legno-arre-
do: l’offerta molto ampia e la possibilità di un’elevata persona-
lizzazione del prodotto, che arriva, spesso, fino al “disegno su
misura”.
La varietà dell’offerta, se costituisce un elemento a favore delle
imprese della Brianza ai fini della differenziazione, è, nel con-
tempo, un problema, poiché «sta spingendo le imprese a ope-
29 Occorre non dimenticare, a questo proposito, che la Brianza ha rappresentato la“culla” del design italiano, grazie al connubio tra manualità e spiccata cultura di pro-dotto degli artigiani, da un lato, e creatività dei progettisti, dall’altro.
30 Da qui, come si vedrà più avanti, la tendenza delle imprese leader a mantenere rap-porti fortemente collaborativi con i propri subfornitori.
119
rare in nicchie sempre più ristrette e a realizzare innovazioni
squisitamente formali, cadendo nella logica del decoro»; que-
sto genera un effetto appiattimento dell’offerta, dal momento
che risulta sempre più difficile innovare, soprattutto nel caso
di armadi e sedute, ossia la specializzazione della Brianza.
Una terza variabile rilevante per competere efficacemente sul
mercato è certamente il servizio al cliente e l’assistenza post-
vendita. Nel caso delle imprese leader, questo aspetto si
fonde, in ultima analisi, con il concetto di qualità totale, in virtù
del quale sia il prodotto che il servizio devono trasmettere, al
cliente, come corrispettivo dell’investimento economico che
gli viene richiesto, una sensazione di esclusività, di lusso e di
personalizzazione: in una parola, appunto, qualità.
In questo contesto, i tempi di consegna, pur avendo comun-
que rilevanza, come in tutti i rapporti commerciali, non rivesto-
no quella centralità che si registra nel caso di produzioni di
media gamma o in altri settori. Benché, infatti, per alcune
imprese costituisca una variabile importante, mentre per altre
meno, rimane il fatto che l’artigianalità del prodotto, l’elevato
livello di personalizzazione e la sua qualità complessiva rappre-
sentano delle variabili che incidono, in modo rilevante, sulle
aspettative del cliente, «disposto a sopportare tempi di attesa
a volte anche molto lunghi per poter ottenere la materializza-
zione di un suo desiderio»; quest’ultimo aspetto è ancora più
accentuato nel caso di produzioni su misura e disegno del
cliente.
3.1.2 DALLE IMPRESE LEADER
ALLE PMI INDIPENDENTI
Questi connotati, sia pure con differenziazioni applicative tra i
differenti leader del distretto, costituiscono un minimo comune
denominatore molto rilevante che caratterizza questo nucleo di
interlocutori e lo rende complessivamente compatto.
Differente è invece la connotazione delle PMI indipendenti che
rappresentano un insieme certamente più variegato tanto da
suggerire, come verrà introdotto più avanti, una segmentazio-
3. I PROTAGONISTI DEL DISTRETTO: IMPRESE LEADER E PMI INDIPENDENTI
120
ne del campione in alcuni sottoinsiemi caratteristici che espri-
mono elementi strutturali anche sensibilmente differenti.
3.2 Le motivazioni della scelta delle PMI indipendenti
Se i “nomi storici” del distretto sembrano aver reagito con suc-
cesso alla crisi economica e settoriale degli ultimi anni, diven-
ta decisivo domandarsi quali siano le performance e le strate-
gie adottate da quel nutrito universo di imprese indipendenti31
che non è riuscito, negli anni del “grande boom” della cresci-
ta brianzola, a entrare nel club delle imprese leader:
• per caratteristiche strutturali, competenze dell’imprendito-
re, risorse finanziarie a disposizione;
• per la mancata capacità di investire in innovazione, qualità
e design;
• perché ancora troppo artigiane per poter competere in un
mercato caratterizzato da una concorrenza sempre più
internazionale.
In questo senso, l’insieme di imprese sottoposte a indagine
CATI appare fortemente differenziato al suo interno dal punto
di vista dimensionale sebbene la maggioranza di esse sia
accomunata dal fatto di produrre esclusivamente con marchio
proprio (68,3%) prodotti di fascia media (73%).
Le PMI esaminate sono sostanzialmente differenti dalle lea-
der, sia dal punto di vista dimensionale, che da quello strate-
gico: alcune di esse, di piccolissima dimensione, riescono a
operare efficacemente su mercati di nicchia, senza però rag-
giungere, per la stessa tipologia di prodotti, una capacità pro-
duttiva tale da fare il salto definitivo verso una posizione di
leadership visibile e riconosciuta; altre, più numerose e di
dimensioni più importanti – raramente però superiori ai 50
addetti – si concentrano, al contrario, su produzioni di fascia
31 Ci si riferisce, qui, alle imprese che realizzano almeno il 65% della loro produzionecon marchio proprio, rivolgendosi, quindi, direttamente al cliente finale.
121
media, che permettono di raggiungere una fetta più ampia di
mercato.
Diviene interessante capire se, e quanto, le PMI sottoposte a inda-
gine CATI siano spinte, nonostante le differenze richiamate, a imi-
tare le strategie delle leader. Il confronto tra questi due specifici
universi diviene così centrale nel formulare valutazioni aggiornate
sulle dinamiche evolutive del distretto in termini di rapporti con il
mercato, di organizzazione produttiva e di relazioni interaziendali.
Per realizzare questo tipo di analisi si è scelto di selezionare
un gruppo di PMI indipendenti del distretto – alcune delle quali
producono quote residuali in conto terzi e in subfornitura – tra
le quali sono totalmente assenti, per scelta, le imprese che non
dispongono di un marchio proprio, un proprio catalogo pro-
dotti e un proprio mercato.
Quest’ultimo gruppo di imprese – i subfornitori puri –, pur
molto importante nelle dinamiche distrettuali, è rimasto voluta-
mente sullo sfondo, ripreso peraltro abbondantemente in tema
di rapporti leader-fornitori e PMI-fornitori.
Il campione di PMI indipendenti selezionato finisce per rappre-
sentare, da molti punti di vista, il vero cuore del distretto, quel
solido tessuto produttivo che concorre in modo significativo a
determinare le dinamiche complessive che caratterizzano la
filiera brianzola del legno-arredo.
3.3 Alcune caratteristiche del panel di imprese
Le PMI indipendenti sono, dunque, tutte aziende che produco-
no per lo più a marchio proprio (68,3%) e questa produzione
copre sistematicamente una parte fortemente maggioritaria
del loro fatturato (cfr. tabella 3.1). Accanto al marchio proprio
coesistono le attività più tradizionali: quasi un terzo di esse
lavora anche in conto terzi (16,7%) o in subfornitura (15%) per
altre imprese, ma, nella totalità dei casi, la percentuale di fat-
turato derivante da tali attività non supera il 33%, attestando-
3. I PROTAGONISTI DEL DISTRETTO: IMPRESE LEADER E PMI INDIPENDENTI
122
si addirittura, per due terzi del campione, al di sotto del 20%.
Le imprese selezionate si trovano al centro di una fitta e artico-
lata trama di rapporti all’interno del distretto, derivanti proprio
da questa loro duplice collocazione – produzione con marchio
proprio, ma anche per altre imprese. Questo connotato le
rende particolarmente interessanti ai fini di una migliore com-
prensione delle dinamiche di evoluzione del distretto e, soprat-
tutto, di quella parte del distretto che non ha interazioni produt-
tive dirette con le imprese leader; solo il 12% di esse, infatti,
dichiara di lavorare anche per i “grandi nomi” del distretto.
Dal punto di vista dimensionale, quasi la metà del campione è
costituito da micro imprese, con meno di 10 dipendenti; per
un altro terzo sono imprese di piccole dimensioni (10-19
addetti), mentre il restante 20% è composto da medie impre-
se (20-49 addetti): le imprese che superano i 50 dipendenti
sono, invece, un numero estremamente esiguo (cfr. figura 3.2).
Come già precedentemente segnalato, il tessuto produttivo
del distretto è composto, oltre che dai “grandi nomi”, da una
fitta rete di imprese di piccole e medie dimensioni, che può
essere suddivisa, schematicamente, in tre macro categorie:
• le micro imprese che producono prevalentemente con
marchio proprio (e, solo secondariamente, in conto terzi)
dei prodotti di fascia media o alta; in quest’ultimo caso, si
50%-
80%
—
—
—
Numero
41
10
9
60
%
68,3
16,7
15,0
100,0
0-49%
—
100,0
100,0
Oltre
l’80%
100,0
—
—
Tipologia mercato
Solo marchio proprio
Anche lavorazione conto terzi
Anche in subfornitura
Imprese intervistate
Impreseintervistate
Classe di incidenza sul fatturato
Tabella 3.1 – Distribuzione delle imprese per tipologia di mercato
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
123
tratta di piccole aziende a carattere fortemente artigianale
(ebanisti, intagliatori, ecc.) che operano su mercati di nic-
chia (ad es. mobili in stile), producendo, solo su ordinazio-
ne, per pochi clienti, prodotti di elevata qualità;
• le micro (1-9 dipendenti) e le piccole imprese (10-19
dipendenti), più propense a produrre semilavorati per altre
aziende, e, nel caso della produzione a marchio proprio, a
collocarsi sulla fascia bassa o media del mercato;
• le medie imprese (20-49 addetti), che producono, preva-
lentemente a marchio proprio, prodotti di fascia medio-alta.
I dati rilevati nell’indagine diretta offrono riscontro alla consi-
derazione che le imprese che operano sulla fascia alta del mer-
cato sono, prevalentemente, micro imprese, che operano in
mercati di nicchia, o imprese di media dimensione (20-49
addetti).
La fascia bassa è, invece, presidiata da imprese di piccole o
piccolissime dimensioni, mentre quella media, numericamen-
te maggioritaria rispetto al campione considerato (cfr. figura
3.3), è composta per l’85% da imprese con meno di 20 dipen-
denti, di cui solo un terzo lavorano in subfornitura o in conto
terzi.
Nonostante la dimensione media ridotta, le PMI intervistate
sembrano aver reagito con efficacia alle sfide competitive; se
3. I PROTAGONISTI DEL DISTRETTO: IMPRESE LEADER E PMI INDIPENDENTI
Figura 3.2 – Distribuzione delle imprese per classi dimensionali
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
20-49 dipendenti20%
50 dipendenti e oltre2%
1-9 dipendenti43%
10-19 dipendenti35%
si esclude quel quarto di imprese che hanno visto diminuire
addetti e fatturato, la maggioranza del campione ha registra-
to, nel corso degli ultimi 5 anni, un andamento stabile in termi-
ni di fatturato e addetti, se non addirittura, in un 25% dei casi,
un miglioramento (cfr. figura 3.4).
Questa capacità di resistere su un mercato caratterizzato da
124
Figura 3.3 – Distribuzione delle imprese
per posizionamento di prodotto
Fascia bassa5%
Fascia alta22%
Fascia media73%
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Figura 3.4 – Andamento del fatturato e degli addetti
nell’ultimo triennio
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%
È aumentato
È rimasto costante
È diminuito
23,7%
28,6%
55,9%
42,9%
20,3%
28,6%
addetti
fatturato
% su imprese rispondentiAndamento dipendenti
crescenti pressioni competitive può essere, in prima ipotesi,
attribuita alla nota flessibilità tipica delle piccole dimensioni,
ancora un importante fattore di competitività.
In realtà, i risultati appaiono differenziati a seconda della fascia
di posizionamento del prodotto delle imprese considerate: nel
caso della fascia alta, solo un quinto delle imprese ha fatto
registrare una flessione del fatturato, mentre quasi la metà di
esse ha dichiarato di averne sperimentato, negli ultimi 5 anni,
l’incremento. Tra le imprese che operano nelle altre fasce,
diversamente, sono più frequenti i casi di una sostanziale sta-
bilità del fatturato.
Fatte queste necessarie premesse, va rilevato come il 95%
del campione sia composto da imprese che si posizionano
nella fascia media e in quella alta del mercato, collocazione
che condiziona inevitabilmente, quindi, il risultato sostanzial-
mente positivo delle dinamiche relative al fatturato.
Osservazioni analoghe possono essere sviluppate in riferi-
mento all’andamento degli addetti, aggiungendo, come unico
elemento di differenziazione, una più evidente tendenza delle
imprese di alta e media gamma a una sostanziale stabilità delle
proprie dinamiche occupazionali e un evidente assottigliamen-
to dei casi di sofferenza (cfr. tabella 3.2).
Questa differenza, senza implicare effetti ritardati nelle dinami-
È aumentato
È rimasto costante
È diminuito
Totale imprese rispondenti
Totale
24,1
55,2
20,7
58
Fascia
alta
30,8
61,5
7,7
13
Fascia
media
23,3
51,2
25,6
43
Fascia
bassa
—
100,0
—
2
125
3. I PROTAGONISTI DEL DISTRETTO: IMPRESE LEADER E PMI INDIPENDENTI
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Tabella 3.2 – Distribuzione delle imprese secondo l’andamento
dei dipendenti e il posizionamento del prodotto
126
che di variazione delle due variabili, sostanzialmente allineate,
evidenzia, più semplicemente, la maggiore inerzia tipica del
mercato occupazionale, che, rispetto al fatturato, tende a regi-
strare con più lentezza i cambiamenti.
3.3.1 IL PROFILO COMPETITIVO
DELLE PMI INDIPENDENTI
Nel caso delle PMI indipendenti la qualità è giudicata, dai tre
quarti del campione, come il fattore più importante per affron-
tare con efficacia la concorrenza, seguito, a breve distanza,
dalla dimensione di servizio al cliente. Questa visione è coe-
rente con l’immagine di un distretto che ha da sempre fatto
della qualità e dell’artigianalità della produzione, da una parte,
e della capacità di fornire un servizio personalizzato al cliente,
dall’altra, due elementi distintivi e differenziali rispetto ad altre
realtà nazionali. Si tratta, effettivamente, di due elementi che
caratterizzano una competenza produttiva frutto di secoli di
specializzazione e di un patrimonio di esperienza diffuso capil-
larmente su tutto il territorio. Due elementi che mantengono un
ruolo forte all’interno delle strategie aziendali perché gli unici
che possono contrastare la sempre più intensa concorrenza
delle economie emergenti, contro le quali il prezzo e la diver-
sificazione non possono più garantire, da soli, margini di com-
petizione sufficienti.
L’elemento che differenzia con maggiore evidenza le imprese
leader dalle PMI indipendenti è la scarsa importanza attribuita
da parte di queste ultime all’innovazione di prodotto, indicato
come il meno importante tra i fattori competitivi e che costitui-
sce, invece, per le prime, una leva di mercato irrinunciabile (cfr.
figura 3.5).
Una prima interpretazione sintetica degli elementi evidenziati
permette di tracciare un’importante differenza tra le imprese
leader e quelle indipendenti dell’indagine CATI (cfr. tabella 3.3).
Nel caso di queste ultime, infatti, la presenza, importante, tra i
fattori competitivi, della qualità e la relativa debolezza della
propensione a innovare processi e prodotti lascia intravedere
127
un insieme di attori in cui è possibile riconoscere almeno due
tipologie di imprese:
• le aziende impegnate in produzioni di qualità medio-alta,
ma dalle linee mature, scarsamente innovative, capaci di
soddisfare efficacemente la fascia media del mercato,
attenta alla qualità costruttiva del mobile piuttosto che al
design di tendenza; un pubblico che trova in un rapporto
personale e fiduciario con l’impresa (“servizio” e “capacità
di risposta alle esigenze del cliente”) e in un prezzo “ade-
guato e ragionevole”, più che nell’innovatività e nella varie-
tà del prodotto, la soddisfazione delle proprie necessità;
• le piccole imprese, alcune delle quali specializzate nella
produzione di mobili in stile, focalizzate su mercati di nic-
chia, e, quindi, attente a mantenere standard qualitativi ele-
vatissimi (fascia alta), con un’attenzione ridottissima, al
contrario, per il prezzo e, ovviamente, nel caso dei mobili in
stile, per l’innovazione di prodotto.
3. I PROTAGONISTI DEL DISTRETTO: IMPRESE LEADER E PMI INDIPENDENTI
Figura 3.5 – Fattori di competitività
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
0% 20% 40% 60% 80%
Qualità
Servizio
Prezzo
Innovazione di prodotto
Ampiezza dellagamma di prodotti
Capacità di rispostaalle esigenze
del cliente
75%
51%
29%
20%
14%
10%
% su imprese rispondentiAndamento dipendenti
128
Queste due tipologie, tuttavia, non esauriscono la varietà di “tipi
aziendali” presenti che opera, in particolare, nella fascia interme-
dia del mercato e lasciano spazio, quindi, a una categoria resi-
duale, più difficilmente schematizzabile, che va a completare quel
73% del campione impegnato in produzione di fascia media.
Un’analisi dinamica relativa al posizionamento delle imprese
indipendenti sul mercato permette di rilevare una sostanziale
stabilità nelle strategie imprenditoriali: quasi l’80% di esse, infat-
ti, non sta attuando alcun riposizionamento del proprio prodot-
to sul mercato; una percentuale che sale a oltre il 90% nel caso
delle imprese di fascia alta. Nessuna di queste ultime, inoltre, si
sta spostando su fasce di mercato più basse, anzi se un cam-
biamento emerge è quello nella direzione di un up-grading.
Valori leggermente differenti si riscontrano nel caso delle impre-
se operanti nella fascia intermedia del mercato, senza peraltro
implicare differenze apprezzabili nelle strategie adottate: anche
in questo caso, infatti, la maggioranza assoluta delle imprese
non sta attuando alcun riposizionamento sul mercato, mentre
aumenta, di quasi tre volte, la percentuale di quelle che stanno
tentando di spostarsi su segmenti più alti (cfr. tabella 3.4).
Totale
8
13
25
1
8
3
58
Fascia
media
6
11
17
1
6
2
43
Fascia
bassa
1
0
1
0
1
0
3
Prezzo
Servizio
Qualità
Innovazione di prodotto
Capacità di risposta al cliente
Ampiezza gamma prodotti
Totale imprese rispondenti
Tabella 3.3 – Distribuzione delle imprese secondo la fascia
di mercato ricoperta e i fattori di competitività
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Fascia
alta
1
2
7
0
1
1
12
% su imprese rispondentiRiposizionamento
prodotti
129
Quest’ultimo fenomeno può essere spiegato facendo riferi-
mento alla flessione di fatturato e di addetti che ha caratteriz-
zato proprio questa categoria di imprese e che ha generato,
presumibilmente, una più accentuata tendenza a spostarsi su
fasce di mercato più alte, dove si registrano, anche a giudica-
re dalla bassissima propensione al cambiamento strategico,
performance migliori.
3. I PROTAGONISTI DEL DISTRETTO: IMPRESE LEADER E PMI INDIPENDENTI
Totale
20,3
1,7
78,0
59
Fascia
alta
7,7
—
92,3
13
Fascia
media
25,6
2,3
72,1
43
Fascia
bassa
—
—
100,0
3
Spostamento su fasce
di qualità più elevate
Spostamento su fasce
di qualità meno elevate
Nessun cambiamento
Totale imprese rispondenti
Tabella 3.4 – Distribuzione delle imprese secondo le azioni
di riposizionamento dei prodotti
e il posizionamento attuale del prodotto
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Capitolo 4I GRANDI ASSI DEL CAMBIAMENTO: IL MANUFACTURING
134
I grandi assi del cambiamento: il manufacturing
ANDREA MARTIGNANO e MICHELE SCARPINATO
La gamma molto ampia di prodotti, la tendenza a offrire una per-
sonalizzazione estrema degli stessi e il continuo incremento, nel
corso degli ultimi 20 anni, del numero e della varietà delle lavo-
razioni necessarie per rispondere alle richieste del cliente hanno
posto le imprese brianzole nella condizione di dover decidere se
sviluppare all’interno tutte le competenze necessarie – in termini
di professionalità e di macchinari – a completare il proprio pro-
cesso produttivo o se, diversamente, esternalizzare una parte
delle lavorazioni, affidandole alle molte piccole e medie imprese
che compongono il tessuto imprenditoriale del distretto.
Le scelte di make or buy interessano dunque tutti gli attori del
distretto, dalle micro imprese indipendenti alle leader di medio-
grande dimensione. Come illustrato della figura 2.2 (cfr. Capitolo
2), la ri-organizzazione del manufacturing tocca una serie di snodi,
tra loro fortemente interconnessi e con significative ripercussioni
sia sulle singole imprese che sulla trama delle relazioni di distretto.
4.1 L’organizzazione della produzione nelle PMI indipendenti
Il distretto brianzolo, nel suo insieme, sembra avere trovato
negli anni recenti, almeno nella sua componente più attiva ed
eccellente, una propria strada per reagire alla crisi degli anni
135
Duemila individuando nella qualità e nella customer satisfac-
tion le leve strategiche da opporre a una pressione internazio-
nale sui prezzi non più sostenibile.
Vi è forte coerenza tra questo orientamento distrettuale e gli
obiettivi strategici delle PMI indipendenti così come sono
emersi dall’indagine diretta: qualità e servizio rappresentano
infatti priorità assolute e vengono perseguite all’insegna di una
relativa stabilità organizzativa.
Ben il 58% del campione – senza significative differenze con-
nesse alla variabile dimensionale – non attua strategie di cam-
biamento della propria organizzazione produttiva, segno che
ha già effettuato tali trasformazioni nel passato, magari recen-
te, o che non le ritiene convenienti per il miglioramento della
propria performance complessiva.
Al di là dunque delle specifiche scelte aziendali è prevalente,
a livello di distretto, una sostanziale stabilità del grado di inte-
grazione verticale dei processi produttivi, con una preferenza,
nel caso di cambiamenti realizzati, a esternalizzare alcune fasi
della produzione (cfr. figura 4.1). In quest’ultimo caso, l’incro-
cio con la variabile dimensionale sembra suggerire, come si
dirà anche nel seguito, una maggiore presenza di imprese di
medie dimensioni (cfr. tabella 4.1).
Figura 4.1 – Cambiamenti del grado di integrazione verticale
delle aziende
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
0% 20% 40% 60% 80%
Internalizzazionifasi produttive
Esternalizzazionifasi produttive
Nessun cambiamento 58%
30%
13%
136
Contestualmente, è in atto un significativo riposizionamento
delle imprese verso fasce qualitative più elevate (coinvolge circa
il 20% delle PMI indipendenti) e questo percorso di up-grading
qualitativo comporta, a sua volta, qualche modifica nella struttu-
ra organizzativa delle imprese (cfr. tabella 4.1). Questo è vero,
in particolare, per quelle imprese che hanno deciso di spostar-
si su fasce più alte del mercato e che hanno optato, nel 42% dei
casi, per l’esternalizzazione di singole fasi della produzione alla
ricerca – a seconda del fattore competitivo prescelto, rispettiva-
mente, la qualità o la capacità di risposta alle esigenze del clien-
te – o di imprese subfornitrici specializzate in particolari lavora-
zioni (e quindi in grado di realizzarle con maggiore accuratezza)
o di una maggiore flessibilità produttiva.
L’osservazione della relazione fra il cambiamento del grado di
integrazione verticale e i principali elementi di competitività
(cfr. tabella 4.2) indicati dalle imprese permette di sviluppare
qualche ulteriore considerazione sui fenomeni evidenziati: si
osserva, infatti, che la qualità e il servizio rappresentano, com-
plessivamente, i principali fattori competitivi sia per le imprese
Spostamentosu fasce di qualità
meno elevate
—
—
100,0
1
Internalizzazioni
fasi produttive
Esternalizzazioni
fasi produttive
Nessun cambiamento
Totale imprese
rispondenti
Tabella 4.1 – Cambiamenti del posizionamento sul mercato
secondo il grado di integrazione verticale
% su imprese rispondenti
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Spostamentosu fasce di qualità
più elevate
8,3
41,7
50,0
12
Totaleimprese
rispondenti
13,6
30,5
55,9
59
Grado di integrazioneverticale Nessun
cambiamento
15,2
28,3
58,7
46
% su imprese rispondenti
137
che hanno esternalizzato, che per quelle che hanno portato
all’interno alcune fasi della produzione. Mentre le prime, tutta-
via, sembrano più propense a concentrarsi su questi due fat-
tori, le seconde paiono guardare, con maggiore interesse
rispetto alle altre, anche alla variabile prezzo, puntando, pro-
babilmente, a sviluppare know-how interno per evitare di
acquistare all’esterno lavorazioni particolarmente complesse
e, quindi, costose.
Alcuni di questi risultati appaiono forse contro-intuitivi: ci si
potrebbe aspettare che la qualità sia meglio assicurata da
strategie di internalizzazione, che permettono di ottenere un
controllo più diretto ed efficace sul processo produttivo.
Occorre ricordare, tuttavia, che la forte specializzazione di
alcune imprese di subfornitura permette alle stesse di realiz-
zare lavorazioni con livelli qualitativi superiori, difficilmente rag-
giungibili da piccole imprese impegnate su molteplici tipolo-
gie di lavorazioni.
È necessario inoltre considerare che non sempre è possibile
individuare una correlazione univoca tra assetto organizzativo
4. I GRANDI ASSI DEL CAMBIAMENTO: IL MANUFACTURING
Internalizzazioni fasi produttive
25,0
25,0
37,5
—
12,5
—
8
Nessun cambiamento
9,1
21,2
42,4
3,0
18,2
6,1
33
Prezzo
Servizio
Qualità
Innovazione di prodotto
Capacità di risposta
alle esigenze del cliente
Ampiezza della gamma
di prodotti
Totale imprese rispondenti
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Esternalizzazionifasi produttive
16,7
27,8
44,4
—
5,6
5,6
18
Fattori di competitività
Tabella 4.2 – Cambiamenti del grado di integrazione verticale
secondo i principali fattori di competitività
138
ed elementi di competitività: è possibile, infatti, perseguire le
medesime strategie con i più diversi profili produttivi.
In quest’ottica, la tendenza a esternalizzare alcune fasi della
produzione da parte delle imprese che pongono al primo
posto la qualità potrebbe essere correlata al problema di fati-
care a rintracciare, sul mercato del lavoro, operai specializzati
da introdurre in azienda per sviluppare all’interno nuove fasi
della produzione; o, ancora, potrebbe dipendere dalla scarsa
attitudine delle imprese brianzole a finanziare l’acquisto di
nuovi macchinari attraverso l’accesso al credito.
Ne discende, in sintesi, che al di là delle strategie organizzati-
ve adottate, fortemente firm specific, tutte le imprese nel modi-
ficare la propria struttura produttiva si pongono l’obiettivo di
migliorare i livelli di qualità e di servizio.
Le dinamiche relative all’organizzazione dei processi produtti-
vi si chiariscono ulteriormente nel momento in cui si chiede alle
imprese di esplicitare le ragioni alla base delle scelte sul grado
di integrazione verticale del processo produttivo aziendale.
L’internalizzazione di alcune fasi produttive appare così chiara-
mente indirizzata a un miglior controllo sui tempi di consegna
e a una riduzione dei costi; ciò è vero peraltro anche nel caso
dell’esternalizzazione: rapidità, flessibilità e controllo dei costi
appaiono gli obiettivi principali di ogni cambiamento della
struttura produttiva dell’azienda.
In entrambi i casi, è inoltre evidente lo scarso peso della qua-
lità quale fattore determinante delle scelte di integrazione pro-
duttiva32. In questo senso, il prezzo, indicato come fattore com-
petitivo prioritario solo da un quinto delle PMI indipendenti,
appare, invece, determinante nell’indirizzare le scelte produtti-
ve delle stesse: oltre il 60% delle aziende che operano modi-
fiche alla propria organizzazione produttiva le finalizzano, infat-
ti, alla riduzione dei costi (cfr. figure 4.2 e 4.3).
L’apparente contraddizione tra la forte sottolineatura della leva
32 A meno di adottare una definizione “allargata” di qualità, nel senso di “qualità del ser-vizio” offerto al cliente, che ricomprende al suo interno maggiore certezza dei tempidi consegna e una migliorata rapidità di risposta alle esigenze del cliente.
139
strategica “qualità” (cfr. tabella 4.2) e la segnalazione della
ricerca di riduzione di costi quale più forte ragione per
l’outsourcing delle fasi produttive (cfr. figura 4.3) può essere
in parte spiegata considerando la differente valenza delle que-
stioni sottoposte al campione di imprese indipendenti.
Diverso è infatti indicare quali sono i fattori sui quali si basa la
4. I GRANDI ASSI DEL CAMBIAMENTO: IL MANUFACTURING
Figura 4.2 – Ragioni dell’internalizzazione delle fasi produttive
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
0% 20% 40% 60% 80%
Controllare meglio i tempi di consegna
Riduzione dei costi
Conservare e riprodurre il know-how
Maggiore controllosulla qualità
Evitare la diffusionedel know-how
75%
63%
13%
13%
13%
Figura 4.3 – Ragioni dell’esternalizzazione delle fasi produttive
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
0% 20% 40% 60% 80%
Avvalersi di competenze o macchinari
Riduzione dei tempi di risposta
Riduzione dei costi 67%
56%
39%
140
strategia competitiva delle imprese del distretto dal chiedere
di declinare le ragioni che hanno portato alle scelte produttive
affrontate dalle imprese. Nel primo caso, si chiede all’impresa
di indicare degli obiettivi strategici, il cui controllo permette di
aumentare la competitività sul mercato dell’impresa stessa.
Nel secondo caso, invece, si raccolgono indicazioni sugli
obiettivi tattici cui l’impresa guarda per sopravvivere alle diffi-
coltà contingenti e più pressanti della quotidianità: un’intensa
competitività sui prezzi e la richiesta di una sempre più spinta
flessibilità, sia dal lato della domanda che dell’offerta.
4.2 Le scelte organizzativedelle imprese leader
Di fronte a queste stesse sfide competitive la risposta delle
imprese leader è risultata maggiormente differenziata. Alcune
imprese hanno scelto di realizzare al proprio interno quasi tutto
il processo produttivo, sviluppando una struttura caratterizza-
ta da una forte integrazione verticale; altre hanno optato, inve-
ce, per un’esternalizzazione – moderata o profonda – di buona
parte delle fasi della produzione, mantenendo un fortissimo
controllo sulla conformità delle lavorazioni intermedie agli stan-
dard stabiliti dall’impresa e riservandosi, comunque, la fase
terminale di verifica della qualità del prodotto finito.
La crisi che, a partire dagli anni Novanta, ha colpito il distretto
del legno-arredo ha generato, da questo punto di vista, due
principali tendenze: la prima verso una rinnovata internalizza-
zione di alcune fasi produttive, causata dalla chiusura di un
numero rilevante di piccole imprese artigiane e dalla conse-
guente necessità, da parte delle grandi imprese, di ricreare al
proprio interno le professionalità necessarie alle lavorazioni
precedentemente commissionate all’esterno; la seconda,
innescata dalla crescente competizione internazionale, verso
una nuova esternalizzazione sia delle lavorazioni a basso valo-
re aggiunto che di quelle a fortissima specializzazione, con
141
l’obiettivo di incrementare la flessibilità complessiva del pro-
cesso produttivo.
Il processo appena descritto sembra essere arrivato, negli ulti-
mi 5 anni, a una fase di sostanziale equilibrio tra fasi produtti-
ve esternalizzate e internalizzate, che non permette, di fatto, di
individuare una prevalenza netta delle due dinamiche.
Analoghe a quelle segnalate dalle PMI sono invece, da più
punti di vista, le ragioni addotte per tali scelte. Nel primo caso
vanno ricercate in politiche di contenimento dei costi, in parti-
colare di fronte a fasi della produzione che, per essere econo-
micamente sostenibili, richiedono economie di scala rilevanti
e, quindi, una forte specializzazione produttiva.
Nel secondo caso, quello dell’internalizzazione, occorre inve-
ce fare riferimento alla volontà di conseguire un controllo più
accurato sulla qualità del processo produttivo o, in alternativa,
alla chiusura dei subfornitori cui ci si rivolgeva.
4.3 I rapporti PMIindipendenti-fornitori
I cambiamenti riguardanti la struttura produttiva delle imprese
hanno un riflesso evidente sui rapporti inter-distrettuali e, in par-
ticolare, su quelli tra imprese e fornitori. L’analisi dell’intensità,
della stabilità e della tipologia dei rapporti tra committenti e for-
nitori permette dunque di tracciare interessanti scenari sulle
dinamiche interne al distretto e su come queste mutino per rea-
gire alla sempre più intensa concorrenza internazionale.
L’indagine, in proposito, ha permesso di rilevare che la quasi
totalità delle imprese intervistate (90%) mantiene rapporti sta-
bili con i propri fornitori; per oltre il 50% di esse, addirittura,
questo tipo di rapporti coinvolgono più della metà del parco
fornitori (cfr. tabella 4.3).
In linea con quanto già rilevato dalla lettura della figura 4.1, si
osserva, per la maggioranza del campione (64%), una sostan-
ziale stabilità nel numero dei fornitori; circa un terzo del cam-
4. I GRANDI ASSI DEL CAMBIAMENTO: IL MANUFACTURING
142
pione, invece, dichiara di averne acquisiti di nuovi negli ultimi
cinque anni (cfr. figura 4.4).
Ne discende la valutazione di una rete di rapporti distrettuali
piuttosto stabili e saldi tra impresa e fornitore. Queste relazioni
riguardano, oltre agli aspetti commerciali, varie modalità di inte-
razione, che vanno, in un’ipotetica scala tra controllo e collabo-
razione, dalla visita degli stabilimenti fino alla co-progettazione.
In questo contesto, le più diffuse modalità di interazione con il
fornitore risultano i suggerimenti offerti dall’impresa committen-
te su come migliorare la qualità (34%) e la visita agli stabilimen-
Imprese (Valori %)
90,0
1,9
14,8
11,1
18,5
53,7
Fornitori stabili
Imprese che hanno rapporti con i fornitori da più di 5 anni
Peso % medio dei fornitori con rapporto stabile su totale fornitori
0%-9%
10%-20%
21%-30%
31%-50%
Più del 50%
Tabella 4.3 – Stabilità dei rapporti con i subfornitori
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Figura 4.4 – Cambiamenti nel numero di fornitori
negli ultimi 5 anni
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
In diminuzione5%
In aumento31%
Costante64%
Spesso In alcuni
casi
Mai Totale
143
ti (28%): attività entrambe indirizzate a un migliore controllo, da
parte dell’impresa committente, sulla qualità delle lavorazioni
effettuate (cfr. tabella 4.4). Questi strumenti di controllo, utilizza-
ti anche dalle imprese leader, derivano la loro efficacia dalla
natura stessa del distretto, che, grazie alle sue “reti corte”, faci-
lita un contatto diretto ed efficiente tra committente e fornitori.
In un contesto come quello analizzato – sempre più orientato a
produzioni di fascia medio-alta e che vede nella qualità il fattore
competitivo più importante per poter affrontare con successo la
concorrenza internazionale – si vanno affermando modalità di
interazione con il fornitore che vanno ben oltre il semplice con-
trollo, volte piuttosto a instaurare efficaci dinamiche di collabo-
razione. In tale direzione va letta l’abitudine di suggerire ai pro-
pri fornitori alcune soluzioni per incrementare la qualità della pro-
duzione (66% delle imprese analizzate) e, in modo ancora più
rilevante, la tendenza a coinvolgerli nella fase di progettazione e
di ingegnerizzazione del prodotto (45%) (cfr. tabella 4.4).
4. I GRANDI ASSI DEL CAMBIAMENTO: IL MANUFACTURING
60
60
59
60
60
60
28,3
16,7
33,9
5,0
1,7
18,3
40,0
21,7
32,2
1,7
3,3
26,7
31,7
61,7
33,9
93,3
95,0
55,0
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Visita e controllo
degli stabilimenti
Suggerimento di soluzioni
per ridurre i costi
Suggerimento di soluzioni
per incrementare la qualità
Fornitura di parte
dei macchinari necessari
Offerta di finanziamenti/sostegno
nella ricerca di finanziamenti
Coinvolgimento nelle fasi
di progettazione e ingegner.
Attività svolta
dal committente
Tabella 4.4 – Relazioni con i fornitori
% su imprese rispondenti
Esternalizzazionefasi produttive
Attività svolta
dal committente In alcunicasi
Nessuncambiamento
23,3
11,7
25,0
3,3
3,3
15,0
60
13,3
8,3
10,0
1,7
3,3
6,7
60
31,7
18,3
30,0
1,7
—
23,3
60
144
Il tipo di rapporto tra impresa e fornitore è scarsamente
influenzato dalle priorità dell’impresa stessa in termini di fatto-
ri competitivi. In questo senso, le modalità di interazione più
orientate a un rigido controllo dei fornitori sono adottate sia
dalle imprese che perseguono un miglioramento del servizio,
sia da quelle che puntano sulla qualità.
In linea di massima, è poco diffusa la tendenza a intervenire in
modo diretto in aiuto del fornitore attraverso finanziamenti o
fornitura dei macchinari necessari alla produzione; gli interven-
ti più frequenti consistono, invece, nella visita agli stabilimen-
ti, come già evidenziato, e nell’indicazione di soluzioni idonee
per incrementare la qualità della produzione.
È interessante notare, inoltre, come siano proprio le imprese
che hanno adottato strategie di esternalizzazione a cercare
con maggiore forza un rapporto collaborativo con i fornitori,
benché le visite di controllo presso gli stabilimenti rimangano,
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
% su imprese rispondenti
Tabella 4.5 – Distribuzione delle imprese secondo il grado
di integrazione verticale e l’interazione con i fornitori
Visita e controllo degli stabilimenti
Suggerimento di soluzioni
per ridurre i costi
Suggerimento di soluzioni
per incrementare la qualità
Fornitura di parte
dei macchinari necessari
Offerta di finanziamenti/sostegno
nella ricerca di finanziamenti
Coinvolgimento nelle fasi
di progettazione e ingegner.
Totale imprese intervistate
145
anche in questo caso, la modalità più utilizzata (cfr. tabella
4.5). Decisamente più desuete rimangono le modalità di inte-
razione più dirette, come il finanziamento diretto, il sostegno
alla ricerca di finanziamenti o la fornitura di macchinari.
4.3.1 STABILITÀ E CONCORRENZA
NEL PARCO FORNITORI
La ricerca di una più efficiente definizione dei rapporti con i
propri fornitori viene perseguita, oltre che attraverso le artico-
late leve del controllo e della collaborazione, anche per mezzo
della competizione. Tuttavia, solo poco più di un quinto delle
imprese intervistate mette regolarmente in competizione tutti i
fornitori, mentre il 42% lo fa solo con alcuni (cfr. tabella 4.6).
In particolare, sembrano puntare su questa politica le imprese
che intendono migliorare l’efficienza del servizio offerto al
cliente: solo il 16,7%, in questo caso, non mette alcun fornito-
re in competizione. I rapporti si invertono nel caso delle impre-
4. I GRANDI ASSI DEL CAMBIAMENTO: IL MANUFACTURING
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Tabella 4.6 – Attitudine a mettere in competizione dei fornitori
secondo i fattori di competitività
% su imprese rispondenti
Tutti i fornitorisono messi incompetizione
Solo alcunifornitori
sono messi incompetizione
Nessunfornitore èmesso in
competizione
Totale
Fattori di competitività
Prezzo
Servizio
Qualità
Innovazione di prodotto
Capacità di risposta
alle esigenze del cliente
Ampiezza della gamma
dei prodotti
Totale imprese
rispondenti
37,5
16,7
44,0
—
37,5
33,3
35,1
8
12
25
1
8
3
57
50,0
50,0
36,0
—
50,0
33,3
42,1
12,5
33,3
20,0
100,0
12,5
33,3
22,8
146
se che desiderano raggiungere migliori livelli di qualità del pro-
dotto: il 44% di esse, infatti, decide di non attuare specifica
pressione competitiva sui propri fornitori (cfr. tabella 4.6).
Quest’ultimo dato è agevolmente interpretabile se si pensa
che non tutti i fornitori di un’impresa sono strategici ai fini di
un’elevata qualità della propria produzione. Alcuni di essi
saranno comunque connessi alla fornitura di beni intermedi
standardizzati, provenienti da processi produttivi non partico-
larmente complessi e in riferimento ai quali, quindi, la variabi-
le prezzo acquisisce un’importanza superiore.
Occorre comunque osservare che, complessivamente, il rap-
porto instaurato è piuttosto saldo e stabile con la maggioran-
za dei fornitori, valutazione rafforzata dal fatto che anche chi
compete puntando sul fattore prezzo mantiene una quota di
propri fornitori stabili nel tempo.
Le politiche di interazione con i fornitori non sembrano particolar-
mente influenzate, invece, dal posizionamento dell’impresa sul
mercato: le imprese di fascia media e alta hanno infatti un com-
portamento del tutto simile e, in entrambi i casi, solo un quinto di
esse mette in competizione tutti i fornitori (cfr. tabella 4.7).
Osservazioni analoghe possono essere avanzate con riferimen-
3
42
12
57
—
23,8
25,0
22,8
33,3
40,5
41,7
40,4
66,7
35,7
33,3
36,8
Posizionamento del prodotto
Fascia bassa
Fascia media
Fascia alta
Totale imprese
rispondenti
% su imprese rispondenti
Tutti i fornitori
sono messi in competizione
Solo alcunifornitori
sono messi in competizione
Nessun fornitore è messo
in competizione
Totale
Tabella 4.7 – Attitudine a mettere in competizione dei fornitori
secondo il posizionamento del prodotto
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
147
to alle performance dell’impresa in termini di fatturato, che non
influenzano affatto le modalità di interazione con i fornitori.
L’analisi CATI evidenzia un sostanziale equilibrio fra le differen-
ti strategie di interazione, con una generale propensione a
mettere in competizione solo una parte di fornitori. Quest’ulti-
mo atteggiamento, in particolare, mette in evidenza una
sostanziale uniformità di comportamento con le leader (cfr. §
4.4), che raramente mettono in concorrenza tra loro i propri
fornitori, scoraggiate, in questo, da almeno tre fattori:
• il rapporto di forte collaborazione che solitamente caratte-
rizza l’interazione;
• la scarsità di fornitori in grado di produrre con qualità suf-
ficientemente elevata;
• l’importanza decisiva della qualità della lavorazione, più che
del prezzo.
A questa lettura si associa la scarsa tendenza (27,6%) alla
sostituzione di fornitori interni al distretto con quelli esterni,
accompagnata da una generale propensione a mantenere
costante il loro numero complessivo. La sola eccezione inte-
ressante è rappresentata dalle imprese (poco più del 15% del
campione) che hanno visto aumentare il numero dei propri for-
nitori e che, in maggioranza, hanno evidenziato fenomeni di
sostituzione (cfr. tabella 4.8).
4. I GRANDI ASSI DEL CAMBIAMENTO: IL MANUFACTURING
Numero di fornitori
In aumento
Costante
In diminuzione
Totale imprese rispondenti
% su imprese rispondenti
Hanno sostituito i fornitori
Non hanno sostituito i fornitori
Totale
44,4
83,8
100,0
72,4
55,6
16,2
—
27,6
18
37
3
58
Tabella 4.8 – Fenomeni di sostituzione dei fornitori del distretto
con fornitori esterni secondo la dinamica dei fornitori
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
148
Le imprese che indicano il prezzo come principale fattore di
competitività e quelle che operano nella fascia bassa di mer-
cato fanno registrare una maggiore propensione a cercare for-
nitori esterni al distretto (cfr. tabelle 4.9 e 4.10).
Prezzo
Servizio
Qualità
Innovazione di prodotto
Capacità di risposta
alle esigenze del cliente
Ampiezza della gamma
dei prodotti
Totale imprese rispondenti
Fattori di competitività
Tabella 4.9 – Fenomeni di sostituzione dei fornitori del distretto
con fornitori esterni al distretto secondo
i principali fattori di competitività
% su imprese rispondenti
Hanno sostituito i fornitori
Non hanno sostituito i fornitori
Totale
50,0
64,3
72,0
100,0
87,5
66,7
72,4
50,0
35,7
28,0
—
12,5
33,3
27,6
8
14
25
1
8
3
58
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Tabella 4.10 – Fenomeni di sostituzione dei fornitori del distretto
con fornitori esterni al distretto secondo
il posizionamento del prodotto
% su imprese rispondenti
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Non hanno sostituito i fornitori
TotaleHanno sostituito i fornitori
Posizionamento del prodotto
Fascia bassa
Fascia media
Fascia alta
Totale imprese rispondenti
60,0
32,6
9,1
27,6
40,0
67,4
90,9
72,4
5
43
11
58
149
Al contrario, chi ricerca una migliore qualità, unita a un’eleva-
ta capacità di risposta alle esigenze del cliente, e le imprese
che lavorano nella fascia alta del mercato mostrano una netta
propensione (tra il 70% e il 90% del campione) a rivolgersi a
fornitori interni al distretto (cfr. tabella 4.9); un fenomeno,
peraltro, ampiamente rilevato nel corso degli incontri con le
imprese leader e gli attori istituzionali e che conferma la persi-
stenza di una forte specificità, in termini di know-how artigia-
nale e di manualità, delle imprese brianzole, estremamente dif-
ficile da riprodurre all’esterno.
Di scarsa rilevanza, invece, la performance aziendale quale
possibile spiegazione delle scelte delle imprese riguardanti la
sostituzione di fornitori locali con fornitori esterni.
Focalizzando l’attenzione su quel 30% di imprese intervistate
che hanno sostituito i fornitori interni al distretto con altri ester-
ni, è interessante rilevare che in oltre l’80% dei casi questi ulti-
mi si trovano in altre regioni italiane e in un 15% circa nei Paesi
dell’Europa occidentale (cfr. figura 4.5). Questo scenario con-
ferma, una volta di più, la netta prevalenza, nelle dinamiche del
distretto brianzolo, delle reti corte, derivante dall’importanza
attribuita dalle imprese (soprattutto quelle che operano nella
fascia medio-alta del mercato) alla specificità, in termini di con-
tenuto artigianale e di qualità, della produzione made in Italy.
L’analisi delle motivazioni che hanno indotto una ridotta parte del
campione di imprese a ricercare fornitori all’esterno del distret-
to fornisce un’ulteriore conferma di quanto è andato emergen-
do: la variabile che ha guidato questo tipo di scelta è stata, infat-
ti, nella maggioranza dei casi, la ricerca di costi di produzione
più ridotti (come già si intuiva dalla tabella 4.9). Una motivazio-
ne, questa, che spiega anche perché il ricorso a fornitori ester-
ni cresca al ridursi della qualità della produzione (cfr. tabella
4.10), dove più importante si rivela la concorrenza sul prezzo.
In questo contesto, stupisce solo in parte la presenza, fra le
motivazioni alla base del turnover tra fornitori interni ed ester-
ni, della ricerca di una qualità produttiva più adeguata, difficil-
mente comprensibile se si pensa al livello elevato della produ-
4. I GRANDI ASSI DEL CAMBIAMENTO: IL MANUFACTURING
150
zione brianzola. Questa riposta è motivata da una considera-
zione in realtà molto semplice: le imprese che si sono rivolte a
fornitori esterni al distretto, pur muovendosi con l’obiettivo di
ridurre i costi di produzione, non hanno optato per le produ-
zioni dei Paesi emergenti; un chiaro segnale, questo, della
contemporanea tensione verso prodotti che permettessero
all’impresa di collocarsi nella fascia medio-alta del mercato.
Figura 4.5 – Localizzazione di nuovi fornitori
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
0,0% 20,0% 40,0% 60,0% 80,0% 100,0%
Altre aree geografiche
Unione Europea (a 15)
Altre regioni italiane 81,0%
14,3%
4,8%
Figura 4.6 – Motivi sottostanti la sostituzione dei fornitori
del distretto
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
0% 20% 40% 60% 80%
Incapacità ad assecondare
i processi innovativi
Qualità non adeguata
Costi troppo elevati 72%
50%
11%
Scarsa affidabilità 22%
151
La tendenza, da parte di poco meno di un terzo delle imprese
intervistate, a rivolgersi a mercati meno cari rispetto a quello
brianzolo, ma comunque europei, può essere allora letta come il
risultato di una complessa mediazione tra la necessità di conte-
nere i prezzi (per poter sostenere la concorrenza presente sulla
fascia media del mercato) e la volontà di rimanere ancorati alla
realtà e all’immagine di un sistema distrettuale “di eccellenza”, pur
senza potersi permettere di sostenere una competizione diretta
con i “grandi nomi” del made in Brianza (cfr. figura 4.6).
4.4 Imprese leader e subfornitura
Le valutazioni maturate nel corso dell’analisi sulla struttura pro-
duttiva (cfr. § 4.2) suggeriscono alcune considerazioni utili per
una riflessione più approfondita sul complesso rapporto delle
imprese leader con il mondo della subfornitura. Le dinamiche
di reciproca interazione, infatti, sono state strettamente
influenzate, negli anni, dall’evolversi dei processi di internaliz-
zazione ed esternalizzazione.
Nel corso degli ultimi 5 anni, si rileva una sostanziale stabilità
nel numero di fornitori, grazie a flussi in entrata e in uscita che
si equivalgono.
Questi cambiamenti riguardano, solitamente, una quota fisio-
logica di subfornitori (20%-30%) considerati “occasionali”,
ovvero ai quali si ricorre con frequenza variabile e a seconda
di specifiche necessità legate a lavorazioni particolari e spora-
diche. Con i rimanenti subfornitori, invece, i rapporti sono
estremamente stabili, basati, spesso, su collaborazioni decen-
nali e su un reciproco interesse a lavorare insieme, dettato, nel
caso del committente, dalla certezza di ottenere lavorazioni di
qualità eccellente e, da parte del subfornitore, dall’indubbio
vantaggio di lavorare per imprese capaci non solo di genera-
re volumi d’affari ingenti, ma anche un flusso continuo di inno-
vazioni di prodotto.
4. I GRANDI ASSI DEL CAMBIAMENTO: IL MANUFACTURING
152
In un contesto caratterizzato da un’elevata personalizzazione del
prodotto finale, il rapporto con i subfornitori finisce per essere,
necessariamente, fortemente collaborativo, spingendosi, in mol-
tissimi casi, fino alla co-progettazione di materiali e prodotti.
In questo senso, la richiesta, da parte di un mercato finale sem-
pre più esigente e dinamico, di sviluppare continue modifiche
e innovazioni sui prodotti ha condotto le imprese a una sempre
più stretta collaborazione con i subfornitori, limitando i rappor-
ti di tipo gerarchico ai casi, rari, di ordinativi standardizzati (pan-
nelli nobilitati, minuterie metalliche, cerniere, ecc.)
Il mantenimento di un rapporto collaborativo e non-rigido, tra
l’altro, è nell’interesse sia dell’impresa committente, interessa-
ta alle specifiche competenze produttive che il subfornitore
possiede, sia di quest’ultimo, che da questa interazione finisce
per trarre un indubbio vantaggio in termini di allargamento
della propria gamma di prodotti33.
È del tutto evidente che l’intensità e l’ampiezza di tale collabo-
razione dipendono fortemente dalle caratteristiche dell’impre-
sa committente e dal tipo di prodotto:
• le imprese che operano in mercati di nicchia, di fascia alta,
offrono generalmente prodotti fortemente personalizzati,
da studiare in base alle esigenze di ciascun cliente e, quin-
di, per definizione, incompatibili con rapporti di tipo gerar-
chico tra committente e subfornitore;
• nel caso delle imprese che operano nella fascia intermedia
del mercato, invece, caratterizzate da un ricorso più frequen-
te a produzioni standardizzate, i rapporti con i subfornitori si
riducono spesso alla comunicazione delle specifiche tecni-
che del prodotto, che viene poi, eventualmente, rifinito e per-
sonalizzato a cura dell’impresa che lo commercializza.
I rapporti con i subfornitori abituali, spesso caratterizzati da
una forte componente interpersonale di conoscenza e di fidu-
cia reciproca, vengono raramente formalizzati attraverso con-
33 Occorre ricordare, infatti, che il diritto di esclusiva che il committente impone al pro-prio subfornitore ha una durata limitata nel tempo (di solito, non più di un anno); fini-to questo periodo, il subfornitore può vendere il prodotto in questione (ormai matu-ro) anche ad altri suoi clienti, arricchendo, in questo modo, la propria offerta.
153
tratti di esclusiva e, comunque, quando succede, sempre con
riferimento a poche tipologie di prodotti34. Va detto, tuttavia,
che, molto spesso, l’impresa leader finisce per saturare la
capacità produttiva di molti suoi subfornitori, trasformando di
fatto il rapporto in esclusivo.
Un’analisi della composizione dell’insieme dei subfornitori, dal
punto di vista della loro collocazione geografica rispetto all’im-
presa committente, evidenzia una prevalenza assoluta (nell’ordi-
ne dell’85%-90%) di soggetti ubicati all’interno del distretto o,
al più, in Italia, soprattutto nel caso di lavorazioni di particolare
complessità, che richiedano un’elevata professionalità e un con-
trollo diretto e continuo dell’impresa sul processo produttivo.
Si registra invece un maggiore ricorso a fornitori esterni solo
per l’acquisto di stoffe per imbottiti (Francia) e di semilavorati a
più basso valore aggiunto: legno massello (Friuli-Venezia-Giu-
lia, Europa dell’Est, Sud America, Asia), pannelli truciolati
(Veneto, Romania), minuterie metalliche. Anche in questo caso,
tuttavia, tra il fornitore estero e l’impresa si registra, molto spes-
so, l’intermediazione di un grossista collocato sul territorio
nazionale.
4.5 Lo sforzo innovativo nelle PMI indipendenti
I dati relativi ai percorsi innovativi disegnano un distretto all’in-
terno del quale il 60% delle imprese non investe in R&S (cfr.
figura 4.7). Questa considerazione preliminare, peraltro scon-
tata, va completata con due osservazioni, che offrono un qua-
dro più efficace delle reali dinamiche innovative del distretto:
• esiste un nucleo di PMI indipendenti (circa un quinto del
campione) che investe una porzione rilevante del proprio
fatturato in R&S;
4. I GRANDI ASSI DEL CAMBIAMENTO: IL MANUFACTURING
34 Una particolare stoffa ideata dall’impresa committente, che consente al fornitore laproduzione della stessa con obbligo di esclusiva per i primi 2-3 anni; un particolaremeccanismo o cerniera ecc.
154
• le imprese brianzole sono spesso orientate a non fare inve-
stimenti ad hoc per la ricerca, anche perché la maggioran-
za delle innovazioni nascono quotidianamente nel proces-
so produttivo, in risposta alle esigenze del cliente.
Le spese per l’innovazione più facilmente definibili sono per-
tanto quelle legate all’introduzione di nuove soluzioni informa-
tiche e organizzative, mentre quelle connesse a innovazioni di
prodotto e di processo sono spesso frutto di un processo di
learning by doing, soprattutto nelle imprese di piccole e medie
dimensioni.
In questo senso, la valutazione dei reali investimenti delle pic-
cole e medie imprese brianzole in attività di ricerca e sviluppo
rischia di scontrarsi con la difficoltà di quantificare il non-quan-
tificabile: tutto quel lavoro quotidiano di sperimentazione, idea-
zione, invenzione e applicazione che svolge un ruolo fonda-
mentale senza che le imprese siano in grado di quantificarlo.
È interessante rilevare, comunque, che il 56% delle imprese
intervistate dichiara innovazioni di prodotto finalizzate alla crea-
zione di prodotti nuovi per il mercato (cfr. figura 4.8); un indice
reale, questo, del fatto che l’innovazione, pur difficilmente quan-
tificabile in termini di investimenti in R&S, rimane uno dei fattori
competitivi più importanti per le imprese del distretto brianzolo.
Figura 4.7 – Diffusione e intensità degli investimenti in R&S
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Tra il 6% e il 9%2%
Il 10% o più21%
Non investono
in R&S59%
Meno del 3%7%
Tra il 3% e il 5%11%
155
A ciò si aggiunge una forte propensione a introdurre innova-
zioni nel campo tecnologico e informatico, a testimonianza
della crescente centralità delle nuove tecnologie per migliora-
re le performance dell’impresa, anche in relazione al loro sem-
pre più intenso utilizzo nel campo della R&S.
4.6 Ricerca e innovazione nelle imprese leader
Se il tema dell’innovazione è già centrale nelle imprese di
minore dimensione, ulteriore rilevanza acquista tra le imprese
leader che hanno anche assunto il ruolo nel distretto di ricer-
care e sperimentare il nuovo in modo più strutturato.
Ugualmente, non risulta agevole nemmeno in questo caso
definire la quota di fatturato delle imprese leader destinata alla
R&S; questo deriva dal fatto che, spesso, le imprese, pur aven-
do del personale specificamente dedicato allo studio di nuovi
prodotti e materiali, non programmano attività di “ricerca pura”.
4. I GRANDI ASSI DEL CAMBIAMENTO: IL MANUFACTURING
Figura 4.8 – Innovazioni introdotte
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
0% 20% 40% 60%
Di prodotto (nuovi per il mercato)
Introd. tecnol.informatiche
Organizzative
Di processo
Di prodotto (nuovi per l’azienda)
55,9%
37,3%
35,3%
25,4%
16,9%
156
La ricerca e le innovazioni, sia di tipo incrementale che radica-
le, di conseguenza, nascono come risposta a problemi speci-
fici legati alla produzione e, in alcuni casi, come risposta a
necessità derivanti da richieste particolari di un cliente.
Una parte rilevante del processo di innovazione è certamente
rintracciabile nell’attività di progettazione e design, che dà
contenuto estetico e tecnico ai prodotti. Il sistema distrettua-
le gioca, in questo senso, un ruolo molto importante: il rappor-
to di collaborazione-competizione che caratterizza i legami fra
imprese tende a favorire un processo di innovazione continuo
e una capillare e veloce diffusione dell’innovazione e del
design. Attraverso rapporti di collaborazione di diversa natura
(dal semplice contatto al più complesso design congiunto di
prodotti e processi) si generano flussi di informazioni e cono-
scenze di stimolo per le imprese. Gli attori del processo di dif-
fusione dell’informazione sono molteplici: dai rappresentanti di
prodotti, ai produttori di macchinari, ai designer.
In questo processo, hanno giocato un ruolo chiave l’industrial
design, tramite il ricorso a designer esterni al distretto, e la vici-
nanza con Milano (complice anche l’annuale Salone del Mobi-
le), che ha da sempre rappresentato un fattore critico di suc-
cesso. Infine, appare rilevante, nel processo di disseminazio-
ne delle conoscenze e delle competenze, anche il turnover di
personale tecnico tra i produttori.
Vi sono, poi, le innovazioni legate alla ricerca sui nuovi mate-
riali, che forniscono un ulteriore impulso allo sviluppo di nuove
professionalità necessarie a far fronte alle sempre più com-
plesse e specifiche lavorazioni.
Dalle innovazioni nei materiali e nel design, derivano poi le
necessarie innovazioni di processo. In alcuni casi, poi, queste
ultime sono rese necessarie dal fisiologico rinnovo dei macchi-
nari di produzione.
Come già segnalato, tutte le imprese leader individuano nella
capacità di innovare l’estetica dei propri prodotti uno dei più
importanti punti di forza.
La maggioranza di queste innovazioni nasce all’interno dell’im-
157
presa stessa; spesso dall’interazione tra gli architetti cui l’im-
presa si rivolge35 e gli artigiani interni all’azienda stessa.
Nello scenario descritto, le collaborazioni con Università o
centri di ricerca finalizzate all’ideazione di nuovi prodotti o
materiali sono estremamente rare. Le imprese partecipano
sovente a seminari e interviste, ma non esiste un rapporto di
scambio di informazioni e di idee con soggetti esterni all’im-
presa (siano essi Università, come si diceva, o altre imprese)
che non siano i subfornitori della stessa.
4.7 Relazioni di distretto e capitale umano
Proprio perché l’innovazione ha una dimensione poco codifi-
cata e avanza attraverso processi di learning molto “esperien-
ziali” e “relazionali” il ruolo del distretto e delle risorse umane
è decisivo.
Il distretto è percepito, dalla maggioranza delle imprese brian-
zole, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, come
un milieu nel quale sono inserite, che offre soprattutto beni
immateriali: una cultura del lavoro, una concezione di servizio
e di attenzione al cliente, una certa etica degli affari che con-
sente frequenti e ripetute interazioni anche non formalizzate.
Non emerge invece una percezione netta di “struttura di ser-
vizio alle imprese”; differentemente dalle grandi imprese, non
riescono a sfruttarne il potere di richiamo presso le istituzioni
e la politica, si sentono escluse da qualsiasi processo di
governo del territorio in un’area in cui le scelte di carattere
urbanistico, infrastrutturale e di organizzazione della logistica
toccano nervi scoperti.
4. I GRANDI ASSI DEL CAMBIAMENTO: IL MANUFACTURING
35 È molto raro che il design dei prodotti venga studiato e realizzato dall’imprenditorestesso o da dipendenti dell’impresa; questa fase iniziale della progettazione di nuoviprodotti è abitualmente affidata a designer esterni, legati all’impresa da rapporti diconsulenza; questo non ha impedito, negli anni, la nascita di relazioni stabili di alcu-ne imprese con due o tre designer, che hanno così fortemente caratterizzato lo stiledei relativi prodotti, conducendo, quasi, a una identificazione dello stesso con la “filo-sofia” dell’impresa.
158
Le iniziative di marketing territoriale sono molto rare e vengo-
no percepite quasi sempre legate a eventi specifici (come la
partecipazione a manifestazioni fieristiche), prive di un’ottica di
medio-lungo periodo.
Finisce per prevalere un forte individualismo delle imprese
brianzole, orientate giustamente a considerare il proprio suc-
cesso dipendente da scelte aziendali vincenti prima e più che
da strategie di sistema sviluppate in un’ottica di medio-lungo
periodo.
Un po’ di questo scetticismo verso una dimensione aggrega-
ta dell’agire si ripercuote anche sui temi del lavoro e della for-
mazione. Sono infatti rare le occasioni di formazione “struttu-
rata” persino all’interno delle imprese leader; la strada percor-
sa è piuttosto quella della formazione on-the-job, basata sulla
quotidiana esperienza all’interno degli stabilimenti produttivi
dell’azienda.
I momenti più importanti di formazione degli addetti alla pro-
duzione coincidono spesso con la sostituzione dei vecchi
macchinari con i nuovi; in questo caso, tuttavia, sono gli stes-
si fornitori delle attrezzature a offrire momenti di istruzione sul-
l’utilizzo delle stesse.
Dal punto di vista dell’offerta formativa del territorio, l’Ipsia-
Meroni di Lissone36 e il Terragni di Meda37 sono gli unici attori
locali del settore dell’istruzione e della formazione che le
imprese considerano capaci di fornire figure professionali ade-
guate alle loro esigenze, anche se in numero molto minore
rispetto alle reali necessità del settore. Questa insufficienza
numerica non discende da carenze nelle scuole, ma da dina-
miche più complessive, che vedono i giovani allontanarsi sem-
pre più da una prospettiva di lavoro nell’ambito della lavorazio-
ne del legno per l’arredo.
Da un lato, si sperimenta una progressiva perdita di know-how
e di “artigianalità”, che rende sempre più complesso il reperi-
mento di subfornitori e di operai in grado di eseguire le com-
36 www.ipsiameroni.it/index.htm37 www.cfpmeda.com
159
4. I GRANDI ASSI DEL CAMBIAMENTO: IL MANUFACTURING
plesse lavorazioni richieste dalle imprese che producono
mobili di alta gamma, una tipologia di prodotto che prevede
ancora una forte dose di manualità e personalizzazione del
prodotto finale.
Una conseguenza di questa situazione è un’acuita competizio-
ne orizzontale sul mercato del lavoro che porta a sottrarsi gli
operai. Questa carenza progressiva di manodopera specializ-
zata viene indicata dagli imprenditori come il vero problema
del distretto, in grado di portarlo, in un futuro non troppo lon-
tano, alla crisi. Una previsione, questa, che è sottolineata con
maggiore intensità dalle imprese che producono mobili in stile;
chi si muove nel mercato dell’arredo di design, invece, pur
avvertendo, periodicamente, il problema, è più orientato a pen-
sare che la frequente introduzione di nuovi materiali e di mac-
chinari sempre più efficienti finirà per rendere complessiva-
mente sufficienti, a livello di sistema distrettuale, gli artigiani
che riusciranno a sfuggire alle dinamiche evidenziate.
Capitolo 5REGGERE LA COMPETIZIONEGLOBALE: IL PRESIDIO DEI MERCATI
164
Reggere la competizioneglobale: il presidio dei mercati
ANDREA MARTIGNANO e MICHELE SCARPINATO
Dopo aver discusso approfonditamente la riorganizzazione
della produzione – a livello di impresa e di distretto – viene il
momento di toccare lo snodo dei mercati dove, a tratti, più
chiaramente emergono alcune difficoltà connesse proprio alla
piccola dimensione aziendale.
Il punto di partenza del ragionamento è certamente l’interna-
zionalizzazione commerciale che nel segmento delle PMI indi-
pendenti è un po’ più sviluppata rispetto alla media delle
imprese minori del distretto che frequentemente lavorano per
altre imprese o per intermediari nazionali.
5.1 Internazionalizzazionecommerciale delle PMI indipendenti
L’osservazione dei dati relativi alle esportazioni consegna
peraltro un’apertura ai mercati internazionali decisamente
inferiore a quella indicata dalle imprese leader, generalmente
attestata su valori superiori al 60%. Le PMI indipendenti che
non esportano rappresentano un quarto del campione, men-
tre quelle che esportano meno del 50% della propria produ-
zione sono poco più del 34%; solo un terzo delle imprese
intervistate fa registrare una percentuale di export sul fattura-
to superiore al 70% (cfr. figura 5.1).
Le dinamiche evidenziate appaiono peraltro solo in parte lega-
te a cambiamenti recenti; l’osservazione dell’evoluzione del
peso dell’export sulle imprese nel corso dell’ultimo quinquen-
nio (cfr. figura 5.2) rivela infatti una sostanziale stabilità (55%)
delle imprese, affiancata, però, da alcuni fenomeni di muta-
mento: il 26% delle PMI intervistate, infatti, ha registrato un
aumento della quota delle esportazioni sul proprio fatturato;
circa un quinto del campione, invece, una sua diminuzione.
165
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
È rimasta costante55%È diminuita
19%
È aumentata26%
Figura 5.1 – Distribuzione delle imprese per quota
di esportazioni sul fatturato
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
50% - 69%7%
70% o più33%
0%26%
1% - 19%17%
20% - 49%11%
Figura 5.2 – Andamento della quota di esportazione
sul fatturato negli ultimi 5 anni
Un fenomeno, quello indicato, che permette di ipotizzare,
ancora una volta, la complessiva tendenza della parte più dina-
mica del distretto – corrispondente a un terzo circa delle
imprese intervistate – ad attuare strategie di crescita partico-
larmente dinamiche e attive.
I mercati serviti con una frequenza regolare sono quello regio-
nale (68%) e quello nazionale (58%), seguiti dall’europeo e
dall’americano; più sporadica la presenza in Asia, anche se
sono in crescita le esperienze, ancora occasionali, nell’area
indiana e medio-orientale e in Cina, mercato verso il quale per-
mane ancora una certa diffidenza (cfr. tabella 5.2).
166
Questo dato preliminare va letto congiuntamente a quello relati-
vo al posizionamento sul mercato delle imprese intervistate: la
metà delle imprese che hanno fatto registrare un incremento della
quota di export sul fatturato operano, infatti, sulla fascia alta del
mercato e le restanti su quella intermedia, anche se la maggio-
ranza delle imprese di fascia media mostra una sostanziale sta-
bilità della propria quota di export sul fatturato (cfr. tabella 5.1).
Particolarmente interessante, poi, il risultato ottenuto dalle
imprese di fascia alta, dal momento che solo il 7% di esse ha
visto calare la quota di esportazioni sul fatturato.
Quota di esportazioni sul fatturato negli ultimi 5 anni
Aumentata
Costante
Diminuita
Totale imprese rispondenti
Tabella 5.1 – Distribuzione delle imprese secondo il posizionamento
di prodotto e l’andamento delle esportazioni
% su imprese rispondenti
Fascia alta Fascia media
19,4
55,6
25,0
36
Fascia bassa
—
100,0
—
3
53,8
38,5
7,7
13
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Nota: i valori assoluti relativi alla suddivisione in fasce differiscono da quelli riportati in altre tabelle a causa
del minor numero di imprese che hanno risposto alla domanda relativa alla quota di esportazioni sul fatturato
167
La propensione a esportare mostra una certa relazione con le
dimensioni dell’impresa; non si tratta, tuttavia, di una sempli-
ce correlazione tra dimensione dell’impresa e varietà dei mer-
cati serviti. In particolare, appaiono assai propense a differen-
ziare in modo crescente i propri mercati di sbocco le micro
imprese, con meno di 10 addetti, e quelle di medie dimensio-
ni (20-49 addetti): queste due classi congiuntamente vanno a
costituire l’insieme delle imprese di fascia alta.
Ancora una volta, è possibile evidenziare la presenza, all’inter-
no del campione, di una tipologia di imprese che appare par-
ticolarmente dinamica e che si caratterizza:
• per una produzione di alto livello;
• per una continua tensione verso la qualità quale fattore
competitivo principale;
• per la conseguente tendenza a rivolgersi a fornitori interni
al distretto con un atteggiamento collaborativo finalizzato a
risolvere i problemi di qualità della lavorazione;
• per una crescente propensione a estendere i propri mer-
cati di sbocco.
È un insieme, quello evidenziato, costituito da imprese che ten-
5. REGGERE LA COMPETIZIONE GLOBALE: IL PRESIDIO DEI MERCATI
Aree geografiche
Tabella 5.2 – Mercati serviti
% su imprese rispondenti
Abituale Occasionale Mai
Regionale
Nazionale
Unione Europea (a 15)
Europa Orientale ed ex URSS
America
Cina
Resto dell’Asia
(incluse Medio Oriente e India)
Altre aree geografiche
Totale imprese intervistate
13,3
25,0
23,3
18,3
20,0
8,3
18,3
16,7
60
18,3
16,7
30,0
45,0
53,3
86,7
66,7
78,3
60
68,3
58,3
46,7
36,7
26,7
5,0
15,0
5,0
60
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
168
dono sempre più ad adottare strategie simili a quelle delle azien-
de leader del distretto; strategie basate sulla volontà di affron-
tare la crescente concorrenza internazionale con prodotti che
siano visibilmente legati a un superiore concetto di qualità.
Restano escluse da questa dinamica, o si muovono con mag-
giore lentezza, le piccole imprese (10-19 dipendenti), più lega-
te alla produzione in subfornitura o in conto terzi, come eviden-
ziato dal peso ancora molto elevato, sul loro fatturato, del mer-
cato regionale e nazionale.
Interessante, invece, segnalare la propensione delle micro-
imprese verso i mercati extra-europei, in gran parte collegabi-
le alla presenza in questo gruppo di imprese operanti su mer-
cati di nicchia con prodotti di elevatissima qualità e ad alto
contenuto artigianale, che riescono a raggiungere una cliente-
la internazionale e selezionatissima.
L’andamento del fatturato fornisce un’ulteriore chiave di lettu-
ra, peraltro coerente con le osservazioni fin qui esposte (cfr.
tabella 5.3): le imprese che fanno registrare, negli ultimi tre
anni, un incremento del fatturato mostrano anche una maggio-
re propensione ad affacciarsi su un ventaglio di mercati este-
ri più ampio. Questo è coerente con l’andamento complessi-
vo dal momento che le imprese con un fatturato in crescita
operano, in buona parte, su mercati di fascia alta.
Un mercato particolarmente difficoltoso – che necessita per
essere approcciato di strategie aggressive – è quello cinese,
molto sensibile alle potenzialità economiche dell’impresa e alla
dinamicità della sua crescita. Una connotazione differente
rispetto a quella che sembra assumere il resto dell’area asiati-
ca, sulla quale cominciano a puntare, con strategie probabil-
mente differenti, sia le imprese in crescita, che quelle in difficol-
tà; alcune di queste ultime, in particolare, spinte, almeno in
parte, dalla necessità di ampliare il proprio mercato di riferimen-
to più in senso quantitativo, garantendosi adeguati volumi.
L’alternativa nella direzione di un pubblico facoltoso e qualifi-
cato è di fatto preclusa per queste aziende in ragione dei note-
voli investimenti che quest’ultimo tipo di target richiede della
169
necessità di continui miglioramenti e di mantenimento dell’ec-
cellenza del prodotto. Non è possibile escludere, d’altronde,
che alcune delle imprese in difficoltà scelgano, coerentemen-
te con una decisione di investimento forte nella riqualificazio-
ne del proprio prodotto, di cercare proprio nei mercati emer-
genti nuove nicchie di utenza facoltosa e qualificata.
A conferma di quanto si è sin qui detto, le imprese di fascia alta
mostrano una maggiore propensione a esportare su mercati
extra-europei, seguite dalle imprese più dinamiche che operano
nella fascia intermedia, ma molto lontane dal sostanziale “euro-
centrismo” della fascia bassa del mercato (cfr. tabella 5.4).
È particolarmente interessante osservare, in questo senso, che
un quinto delle imprese di fascia alta esporta in Cina, una perfor-
mance paragonabile a quella realizzata dalle imprese di fascia
media in America e che evidenzia, nel caso cinese, la crescente
apertura verso il mercato del lusso, del design e del made in Italy
di una nuova classe di ricchi, cui le imprese di fascia alta del
distretto brianzolo cominciano a guardare con interesse.
5. REGGERE LA COMPETIZIONE GLOBALE: IL PRESIDIO DEI MERCATI
Aree geografiche
Tabella 5.3 – Andamento del fatturato negli ultimi tre anni
secondo i mercati serviti abitualmente
% su imprese rispondenti
Fatturato in crescita
Fatturato stabile
Fatturato in contrazione
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Regionale
Nazionale
Unione Europea (a 15)
Europa Orientale ed ex URSS
America
Cina
Resto dell’Asia
(incluse Medio Oriente e India)
Altre aree geografiche
Totale imprese rispondenti
79,2
50,0
29,2
33,3
12,5
4,2
8,3
—
24
56,3
62,5
56,3
31,3
37,5
—
25,0
12,5
16
62,5
62,5
62,5
50,0
37,5
12,5
18,8
6,3
16
170
5.1.1 LE STRATEGIE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE
PERSEGUITE
L’analisi delle strategie di internazionalizzazione delle PMI indi-
pendenti restituisce l’immagine di un distretto ancora forte-
mente concentrato sul consolidamento del mercato nazionale
e dei mercati esteri già presidiati, in particolare l’Europa occi-
dentale. È tuttavia possibile rilevare la presenza di un nucleo
forte di imprese (53%) che stanno puntando anche alla con-
quista di nuovi mercati esteri (cfr. figura 5.3).
Quest’attività di penetrazione di nuovi mercati e di espansio-
ne del proprio bacino di utenza si concentra, principalmente,
sui Paesi dell’Europa, sia occidentale che orientale, e sul mer-
cato americano.
Non vanno sottovalutati, tuttavia, i tentativi rivolti verso Asia e
Cina: nel primo caso, si è di fronte a un mercato che fa già regi-
strare una buona attività di consolidamento delle posizioni
acquisite; nel caso cinese, invece, è evidente la presenza di
iniziative più isolate e puntuali (cfr. figura 5.4), dettate da una
Aree geografiche
Tabella 5.4 – Distribuzione delle imprese secondo
il posizionamento di prodotto e i mercati
serviti abitualmente
% su imprese rispondenti
Fascia alta Fascia media Fascia bassa
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Regionale
Nazionale
Unione Europea (a 15)
Europa Orientale ed ex URSS
America
Cina
Resto dell’Asia
(incluse Medio Oriente e India)
Altre aree geografiche
Totale imprese rispondenti
74,4
62,8
44,2
30,2
18,6
—
9,3
4,7
43
100,0
66,7
33,3
33,3
—
—
—
—
3
38,5
46,2
61,5
61,5
61,5
23,1
38,5
7,7
13
171
politica certamente di maggiore prudenza nei confronti di un
mercato ancora tutto da scoprire, come del resto risulta già
evidente dal fatto che quasi solamente le imprese più struttu-
rate (20-49 addetti), di fascia alta e con un fatturato in cresci-
ta si arrischiano, per ora, a lavorare su questo mercato (cfr.
tabelle 5.3, 5.4).
Il mercato cinese sta rivivendo, in questo senso, il percorso già
sperimentato dalle aree dell’Europa orientale e dall’area asia-
tica, nelle quali sono ormai attive diverse iniziative di consoli-
damento.
Quasi un terzo (28%) delle PMI del campione ha attuato, negli
ultimi tre anni, strategie di penetrazione focalizzate alla conqui-
sta di nuove aree geografiche e, solo in misura minore (13%),
di nuovi segmenti o nicchie di mercato; a queste si aggiunge
un 12% di imprese che hanno attuato entrambe le strategie.
Le imprese posizionate sulla fascia alta del mercato attuano,
in particolare, entrambe le strategie in eguale misura, mentre
quelle che operano nella fascia intermedia si concentrano
maggiormente sulla ricerca di nuove aree geografiche nelle
quali esportare i propri prodotti (cfr. tabella 5.5), segno eviden-
te, tra le altre cose, di una ridotta propensione ad attuare inno-
vazioni di prodotto.
5. REGGERE LA COMPETIZIONE GLOBALE: IL PRESIDIO DEI MERCATI
Figura 5.3 – Diffusione delle strategie di penetrazione
e consolidamento
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
48% 50% 52% 54% 56% 58% 60% 62% 64%
Consolidamento dei mercati esteri
Penetrazione dei mercati esteri
Consolidamento del mercato nazionale
63%
55%
53%
172
Aree mercato % su imprese intervistate
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%
Europa Orientale ed ex URSS
Unione Europea (a 15)
America
Cina
Resto dell’Asia (con Medio
Oriente e India)
Altre areegeografiche
38%48%
55%35%
35%
5%
5%
23%
23%
18%
20%
33%
Consolidamento
Penetrazione
Figura 5.4 – Diffusione delle strategie di penetrazione
e di consolidamento secondo i mercati esteri
Tabella 5.5 – Distribuzione delle imprese secondo le azioni
di penetrazione di nuovi mercati e posizionamento
del prodotto
Fascia alta
Fasciamedia
Fasciabassa
Totale
Solo nuove aree
geografiche
Solo nuovi segmenti/
nicchie di mercato
Entrambe
Nessuna penetrazione
Totale imprese rispondenti
33,3
—
—
66,7
3
30,8
30,8
15,4
23,1
13
25,6
9,3
11,6
53,5
43
27,1
13,6
11,9
47,5
59
173
La mancanza di strategie di penetrazione, dell’uno e dell’altro
tipo, si fa infine evidente con il passaggio dalla fascia media a
quella bassa, in corrispondenza della quale solo un terzo delle
imprese assume un atteggiamento più dinamico.
La propensione delle imprese operanti nella fascia medio-alta
del mercato ad attuare strategie di penetrazione su nuove aree
geografiche o nicchie di mercato è influenzata, almeno in
parte, dalla consistente presenza, all’interno di questo gruppo,
di imprese di medie dimensioni. Allo stesso modo, la forte
componente di piccole e micro imprese (da 1 a 19 addetti)
all’interno della fascia media può spiegare la tendenza, in que-
sto gruppo, a non attuare alcuna strategia di penetrazione di
nuovi mercati.
Le scelte di internazionalizzazione sembrano sortire un effetto
evidente sulle performance complessive delle imprese in ter-
mini di fatturato e di addetti (cfr. tabella 5.6). Le imprese che
aggrediscono muovi mercati mostrano infatti un fatturato e un
andamento dell’occupazione o in crescita o, per lo meno, sta-
bile; questo conferma, indirettamente, che questo tipo di stra-
tegia richiede investimenti tali da poter essere sostenuti solo
da imprese caratterizzate da una buona situazione economica
complessiva.
Nel caso di azioni rivolte alla conquista di nuovi segmenti di
mercato, invece, è più frequente la presenza di imprese carat-
terizzate da un fatturato in leggera o forte contrazione; in que-
st’ultimo caso, la decisione di operare su nuovi segmenti di
mercato appare come un tentativo di risollevare le sorti dell’im-
presa, fornendo nuovo ossigeno.
La lettura dei dati appare ancora più netta per le imprese che
non hanno adottato alcuna strategia di penetrazione: si tratta,
in questo caso, di imprese di piccole e micro dimensioni, ope-
ranti nella fascia bassa e medio-bassa del mercato e con un
mercato di riferimento prevalentemente regionale e nazionale
(cfr. tabelle 5.3, 5.4)
Esiste, in altre parole, una relazione complessa tra strategie
di internazionalizzazione, dimensione aziendale, posiziona-
5. REGGERE LA COMPETIZIONE GLOBALE: IL PRESIDIO DEI MERCATI
174
mento dell’impresa sul mercato e andamento delle variabili
economiche aziendali, che disegna, all’interno del distretto,
differenti categorie di imprese, cui è possibile attribuire, come
si è visto nel corso dell’analisi, strategie e comportamenti ad
esse coerenti.
5.2Le imprese leader del distretto:un’internazionalizzazionerobusta ma non completa
Il ruolo di “teste d’ariete” per raggiungere i mercati internazio-
nali è sostanzialmente affidato ai “grandi nomi” del distretto,
che proprio nelle esportazioni hanno trovato un’efficace via
d’uscita dalla crisi profonda del mercato nazionale. È vero che
vi sono alcuni artigiani “eccellenti”, di medie dimensioni, che
Fatturato e occupazione
Tabella 5.6 – Distribuzione delle imprese secondo le azioni di
penetrazione di nuovi mercati e performance aziendali
% su imprese rispondenti
Solo nuove aree
geografiche
Solo nuovisegmenti/
nicchie di mercato
Entrambe Nessuna penetrazione
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
28,6
28,6
42,9
7
25,0
62,5
12,5
8
43,8
18,8
37,5
16
41,2
41,2
17,6
17
57,1
42,9
–
7
28,6
57,1
14,3
7
11,5
61,5
26,9
26
10,7
60,7
25,0
28
Andamento del fatturato
In crescita
Stabile
In contrazione
Totale imprese rispondenti
Andamento dell’occupazione
In crescita
Stabile
In contrazione
Totale imprese rispondenti
175
lavorano molto per l’estero, specializzati in produzioni elitarie e
fortemente di nicchia (sono quelli che poi espongono anche al
Salone del Mobile di Milano), ma tutti gli altri, quelli che parte-
cipano solo al MIA (Salone di Monza), si muovono prevalente-
mente sul mercato locale, con produzioni di gamma intermedia.
In questo senso, la qualità dei prodotti e la notorietà del mar-
chio sono le principali variabili che permettono alle imprese
leader di penetrare efficacemente nei mercati internazionali.
Le piccole-medie imprese, operanti nella produzione di prodot-
ti di media qualità, e gli artigiani, se, da una parte, non hanno la
forza o la volontà di attaccare i mercati esteri, dall’altra, tuttavia,
subiscono fortemente sul mercato locale la concorrenza di pro-
dotti esteri a medio-basso costo, che li spingono a loro volta ad
acquistare semilavorati dalle imprese italiane (Veneto) e stra-
niere (Romania) del mobile di qualità inferiore.
Il paradosso, nel caso di quest’ultima tipologia di imprese
brianzole, consiste nel subire sul proprio mercato locale la
concorrenza internazionale, senza riuscire ad attrezzarsi ade-
guatamente per competere con le stesse modalità e con
uguale efficacia.
Nel caso delle imprese leader, invece, l’errore di fondo sta nel
non essere riuscite a elaborare una strategia di internaziona-
lizzazione compiuta e, in altri termini, nell’essersi rifugiate in un
atteggiamento difensivo, invece che aggressivo, sui nuovi mer-
cati, attraverso la pianificazione di investimenti di carattere sia
produttivo che distributivo38, con un orientamento strategico di
tipo market seeking.
I mercati di sbocco più importanti per le imprese del distretto
rimangono quello nazionale e quello europeo. Quest’ultimo
evidenzia notevoli differenze tra i vari Paesi:
• in Francia, le specificità strutturali del sistema distributivo
– caratterizzato dalla presenza predominante della grande
distribuzione, poco adatta a rappresentare una “vetrina”
5. REGGERE LA COMPETIZIONE GLOBALE: IL PRESIDIO DEI MERCATI
38 L’approccio delle grandi imprese del distretto del legno-arredo ai mercati internazio-nali è stato, finora, di tipo puramente commerciale, orientato alla vendita dei propriprodotti sui mercati internazionali, senza strategie di medio-lungo periodo finalizzateall’acquisizione stabile di ampie quote della domanda.
176
adeguata per marchi posizionati in fasce di mercato estre-
mamente elevate – hanno costituito una barriera notevole
alla penetrazione del prodotto brianzolo di qualità;
• nel Regno Unito, i parametri tecnici relativi ai materiali,
estremamente rigidi, hanno costituito, negli anni, una forte
barriera all’entrata, che solo ultimamente ha perso parte
della sua efficacia; il mercato britannico, inoltre, è caratte-
rizzato dalla presenza molto importante di internal desi-
gners che intervengono nella fase della costruzione dei
nuovi appartamenti, dotandoli di gran parte dell’arredo
(cucina, mobili per il soggiorno e la camera da letto) e
facendo così da tramite verso le grandi imprese produttri-
ci di arredamento per interni;
• la Germania costituisce un mercato di sbocco storico per
le imprese brianzole del legno-arredo; a partire dal 2001,
tuttavia, si è assistito a un brusco calo della domanda, lega-
to a una situazione di crisi generalizzata del sistema eco-
nomico tedesco; solo nell’ultimo anno il mercato teutonico
sembra far rilevare i primi segni, seppur deboli, di ripresa;
• il mercato spagnolo manifesta, da qualche anno, una sem-
pre più intensa attenzione verso la produzione brianzola;
l’apertura, su questo mercato, di nuovi spazi per le impre-
se del distretto, tuttavia, si accompagna alla rapida cresci-
ta, quantitativa e qualitativa, dei competitors locali;
• si registra, negli ultimi 3-4 anni, qualche segnale interes-
sante nell’area dell’Est Europa, la cui progressiva parteci-
pazione alle dinamiche del sistema economico internazio-
nale sta conducendo alla nascita di una classe di “nuovi
ricchi”, per ora molto ristretta, dotata di un livello di ricchez-
za che consente loro di accedere a una serie di status
symbol mutuati dalla cultura occidentale (auto di lusso,
moda, arredamento di alta gamma, ecc.).
Focalizzando l’attenzione sui mercati extra-europei, si rileva
che:
• le imprese leader del distretto brianzolo ottengono risulta-
ti discreti, ormai da molti anni, in Giappone e negli Stati
177
Uniti, con qualche difficoltà in più nel caso di quest’ultimo
mercato39;
• tra i mercati emergenti, la Russia e l’Estremo Oriente
hanno fatto rilevare, negli ultimi due anni, buone prospetti-
ve di crescita; tuttavia, soprattutto nel caso dell’ex Repub-
blica Sovietica, gli imprenditori mantengono alcune per-
plessità sul livello di sicurezza complessivo del Sistema-
Paese, anche a causa di persistenti difficoltà nel campo
della normativa contrattualistica;
• un mercato di ancora difficile penetrazione, invece, è quel-
lo dell’America Latina, a causa, soprattutto, delle difficoltà
a individuare le professionalità adatte cui affidare la distri-
buzione e l’assistenza post-vendita; nel caso del Brasile,
poi, si aggiunge la presenza di elevatissimi dazi sull’impor-
tazione di mobili40;
• la quota dell’export sul fatturato delle imprese leader del
distretto è molto variabile, ma non scende quasi mai sotto
il 40%, con una diffusa tendenza a incrementi nell’ordine
del 5%-10% anno, da riferire, principalmente, alla penetra-
zione in nuovi mercati (Europa dell’Est, Russia, Asia).
5.3 Dai mercati alle strategie: le scelte delle PMI indipendenti
La necessità, da parte delle imprese che operano nel settore
del legno-arredo, di affrontare una competizione che si gioca
sempre di più su scala internazionale, ha generato un crescen-
te interesse verso il canale distributivo e la funzione commer-
ciale, considerati ormai, anche da parte delle piccole imprese,
degli ambiti strategici determinanti per conservare e incremen-
tare la propria posizione sul mercato.
5. REGGERE LA COMPETIZIONE GLOBALE: IL PRESIDIO DEI MERCATI
39 Negli USA riescono a lavorare con buoni risultati solo le grandi imprese. È un merca-to particolare e difficile, caratterizzato da una mentalità e un gusto che mal si adatta-no a un prodotto poco standardizzato e a forte caratterizzazione artigianale.
40 Una soluzione per penetrare in questo mercato, ad esempio, potrebbe essere l’assem-blaggio in loco, ma occorrerebbe trovare figure professionali adatte a quest’attività.
178
In questo contesto, le PMI intervistate, in modo analogo alle
imprese leader, stanno dedicando risorse crescenti allo svilup-
po del canale commerciale e distributivo.
Il significativo incremento delle azioni rivolte al rafforzamento
del brand e della rete di agenti da parte di più della metà del
campione, allora, va visto proprio nell’ottica di una strategia
volta a consolidare l’immagine dell’azienda presso il consuma-
tore, una scelta di grande importanza e che richiede forti inve-
stimenti e molta fiducia nel proprio prodotto (cfr. figura 5.5).
Nella stessa prospettiva, il 40% delle imprese del campione
sta realizzando accordi con nuovi distributori, con un notevo-
le incremento rispetto al passato (16%). Rimane poco diffusa,
anche per una questione di costi elevatissimi, l’apertura di pro-
pri negozi monomarca.
Questo cambio di prospettiva, tuttavia, non è stato sufficien-
Figura 5.5 – Strategie commerciali e distributive
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%
Rafforzamento del brand
Rafforzamento rete di agenti
Accordi con nuovidistributori
Costituzione show-room all’estero
Accordi e jointventure per puntivendita all’estero
Costituzione proprinegozi monomarca
20%53%
18%49%
16%39%
4%12%
10%10%
4%6%
In passato
Ora
179
temente forte da indurre le imprese brianzole ad abbandona-
re il loro storico individualismo, facendo rilevare, in questo
senso, una riconfermata diffidenza verso possibili accordi con
altre imprese rivolti all’apertura di punti vendita all’estero (cfr.
figura 5.5) o alla commercializzazione dei rispettivi prodotti
(cfr. figura 5.6).
Quest’ultimo aspetto potrebbe trovare una giustificazione di
natura meno culturale e più economica nella considerazione
degli ingenti investimenti richiesti da una strategia commerciale
orientata al mantenimento di una forza di vendita sia all’estero
che in Italia. Tuttavia, questa interpretazione non sembra spie-
gare in modo del tutto soddisfacente l’incremento non irrilevan-
te delle strategie rivolte all’apertura di show-room all’estero.
Le dinamiche evidenziate vengono confermate, nelle loro linee
generali, dall’analisi che focalizza l’attenzione sulle principali
aree geografiche di riferimento (cfr. tabella 5.7), benché, come
già evidenziato con riferimento alle esportazioni, ciascun mer-
cato finisca per influenzare l’intensità, in termini di azioni, delle
strategie messe in campo, in base al grado di affidabilità, matu-
rità e ampiezza della domanda potenzialmente intercettabile.
5. REGGERE LA COMPETIZIONE GLOBALE: IL PRESIDIO DEI MERCATI
Figura 5.6 – Realizzazione di accordi con altre imprese
per la commercializzazione dei prodotti
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Non hanno realizzatoaccordi
84%
Accordi con altre imprese del distretto
5%
Accordi con altre imprese interne
ed esterne al distretto3%
Accordi con altre impreseesterne al distretto
8%
180
5.4 Servizi e clienti: strategie distributive delle imprese leader
La competitività delle imprese nel settore del mobile tende a
basarsi sempre più non solo sulle caratteristiche intrinseche del
prodotto (qualità, innovazione, design, ecc.), ma anche sul ruolo
rilevante della fase a valle del processo produttivo: la rete di distri-
buzione e le modalità e capacità con cui si arriva al cliente finale.
In un contesto caratterizzato da un’elevata frammentazione dei
modelli di acquisto e consumo, le modalità di interazione fra il
consumatore finale e il produttore e, in ultima analisi, la capa-
cità di quest’ultimo di vendere in modo da valorizzare il prodot-
to diventano cruciali nel determinare la risposta del mercato.
La rete di distribuzione si configura, in questo senso, come
efficace strumento per aumentare il valore dell’offerta del pro-
duttore stesso, veicolando, nel contempo, informazioni sia dal
produttore al consumatore che viceversa, aiutando il primo a
delineare il pattern di consumo e le esigenze del cliente.
Per quanto nel settore del legno-arredo si vada progressiva-
mente affermando un nuovo modello di interazione fra indu-
Tabella 5.7 – Relazione tra strategie commerciali e distributive
e aree geografiche di penetrazione dei mercati
42,9
50,0
7,1
14,3
21,4
7,1
50,0
44,7
7,9
36,8
7,9
7,9
Rafforzamento del brand
Rafforzamento della rete di agenti
Costituzione di propri negozi monomarca
Accordi con nuovi distributori
Accordi e joint venture per punti vendita all’estero
Costituzione di show-room all’estero
Strategie commerciali
Mercato nazionale
UE-15
181
stria e distribuzione41, attualmente il passaggio non si è anco-
ra completato e il modello distributivo continua ad apparire
frammentato e poco competitivo.
Nella maggioranza dei casi, infatti, gli investimenti rivolti verso
l’estero si concentrano sulla commercializzazione dei prodotti
tramite agenti e rivenditori42 e sullo sviluppo di specifici corner
all’interno di punti vendita tradizionali multiprodotto; solo rara-
mente si registra l’apertura di show-room monomarca e, nella
maggioranza dei casi, queste esperienze si traducono in una
sorta di “vetrine”, di esposizioni permanenti, dei propri prodot-
ti, con scarso successo dal punto di vista delle vendite.
La risposta del distretto alla nuova sfida competitiva posta dalla
crescente concorrenza internazionale è per ora, dunque, molto
limitata: produzione e distribuzione continuano a essere, nella
maggioranza dei casi, disgiunte e il produttore brianzolo continua
a non avere un accesso diretto realmente efficace al mercato.
5. REGGERE LA COMPETIZIONE GLOBALE: IL PRESIDIO DEI MERCATI
63,2
63,2
5,3
36,8
10,5
15,8
69,2
53,8
7,7
15,4
23,1
15,4
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
44,4
22,2
—
33,3
—
22,2
5,6
5,6
—
2,2
—
2,2
1,4
8,6
—
4,3
—
2,9
41 La concentrazione delle reti distributive è in corso, ma la distribuzione di mobili in Ita-lia continua a essere fortemente frammentata (circa 20.000 punti vendita) e domina-ta dai tradizionali negozi multi-prodotto, che pesano per circa il 75%. In questo sce-nario, la grande distribuzione riveste un peso ancora modesto (5% del mercato),mentre sono ancora poco diffusi gli show-room monomarca.
42 Ai quali è affidata l’assistenza post-vendita e che spesso vengono invitati, dall’impre-sa, a partecipare a iniziative di formazione sui prodotti.
% su imprese rispondenti
EuropaOrientale
ed ex URSSAmerica Cina
Resto dell’Asia(con Medio
Oriente e India)
Altre aree geografiche
182
La distribuzione, infatti, avviene per lo più attraverso un agente (il
più delle volte plurimandatario) o, in alcuni casi, attraverso un rap-
porto diretto con il rivenditore; sono assai sporadici i casi, inve-
ce, in cui viene affidata interamente a un distributore locale.
In questo campo, sono rarissime le alleanze tra imprese brian-
zole per gestire congiuntamente la rete distributiva. Questo
rappresenta, certamente, un forte punto di debolezza del
sistema del legno-arredo, soprattutto nel momento in cui Paesi
come la Spagna stanno facendo passi da gigante in questo
senso, agendo con molta aggressività sul mercato, attraverso
ingenti investimenti collettivi, di sistema, nel marketing del pro-
dotto spagnolo.
La tendenza per il futuro, almeno nelle intenzioni espresse
dalle imprese intervistate, è di migliorare e potenziare43 la rete
distributiva all’estero.
Il compito di gestire i rapporti dell’impresa con i propri merca-
ti di riferimento (nazionali o esteri) è affidata all’unità commer-
ciale, strutturata, al suo interno, in “area manager”, a ciascuno
dei quali sono affidate una o più aree di mercato, riaggregate
in base a criteri sia geografici che economici.
5.5 Dall’outsorcingalla delocalizzazione
La discreta diffusione di strategie volte alla penetrazione di
nuovi mercati non trova corrispondenza nell’attuazione di azio-
ni di internazionalizzazione produttiva. Solamente cinque PMI
indipendenti infatti, sulle 60 intervistate, hanno dichiarato di
aver realizzato investimenti produttivi all’estero (cfr. figura 5.7).
Anche in questi pochi casi le imprese si sono mosse con un
atteggiamento di forte prudenza, optando, tranne in un solo
caso, per investimenti di tipo aggiuntivo, che non hanno, quin-
43 Il potenziamento della rete distributiva non è visto tanto in un’ottica di incremento delnumero dei rivenditori, quanto in una loro più attenta selezione, secondo criteri piùseveri di qualità e professionalità.
183
di, comportato un fenomeno di “abbandono”, anche solo par-
ziale, dell’originale localizzazione produttiva dell’impresa.
L’obiettivo principale delle pochissime imprese che hanno
deciso di attuare investimenti produttivi all’estero è la penetra-
zione di nuovi mercati. Alcune di queste perseguono anche il
reperimento di conoscenze e tecnologie e, in un unico caso,
la riduzione dei costi di produzione (cfr. figura 5.8).
5. REGGERE LA COMPETIZIONE GLOBALE: IL PRESIDIO DEI MERCATI
Figura 5.8 – Obiettivi sottostanti la realizzazione
degli investimenti produttivi all’estero
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
0% 20% 40% 60% 80% 100%
Riduzione dei costi di produzione
Reperimento di conoscenze e tecnologie
Penetrazione di nuovi mercati 80%
40%
20%
Figura 5.7 – Realizzazione di investimenti produttivi all’estero
negli ultimi 5 anni
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Non hanno realizzatoinvestimenti produttivi
all’estero84%
Hanno realizzatoinvestimenti sostitutivi
all’estero2%
Hanno realizzato investimentiaggiuntivi all’estero
7%
184
Si sta parlando, indubbiamente, di un insieme ridottissimo di
casi, che rivestono, tuttavia, un’importanza fondamentale ai fini
della comprensione dei cambiamenti in atto nell’organizzazio-
ne produttiva del distretto brianzolo. Proprio in quanto ecce-
zioni a un atteggiamento di sostanziale cautela verso ipotesi
di delocalizzazione produttiva, infatti, diventa interessante riu-
scire a tracciare un sintetico identikit di queste imprese.
Si tratta, in estrema sintesi, di imprese di dimensioni molto dif-
ferenti, operanti nella fascia medio-alta del mercato, che pro-
ducono principalmente con marchio proprio e che basano la
propria strategia competitiva sulla qualità; hanno attuato, inol-
tre, negli ultimi anni, strategie di consolidamento sui mercati
europei e di penetrazione in nuove aree geografiche, forti tra
le altre cose di una performance aziendale, in termini di addet-
ti e di fatturato, di sostanziale crescita.
5.5.1 PROSPETTIVE DI DELOCALIZZAZIONE
TRA LE IMPRESE LEADER
Anche tra le imprese leader la diffusione dei percorsi di delocaliz-
zazione è ancora rara e sono poche le imprese che hanno pianifi-
cato la propria presenza internazionale in termini di risorse umane
e finanziarie coinvolte, di mercati da presidiare, di modalità di distri-
buzione e promozione. Negli “anni del boom” (anni ’50, ’60 e ’70),
gli imprenditori brianzoli del legno-arredo non hanno realizzato
“postazioni stabili” nei Paesi strategici, ma hanno preferito essere
presenti, in modo anche destrutturato, in tutto il mondo.
In rarissimi casi, le imprese hanno deciso di investire in alcune
aree geografiche specifiche con obiettivi di medio-lungo termi-
ne, ricercando alleanze con soggetti locali e creando punti di
presenza sul territorio (impianti produttivi e filiali commerciali).
Si registrano, infatti, solo due o tre esperienze di investimenti
produttivi di tipo aggiuntivo, che hanno portato all’apertura di
impianti produttivi localizzati all’estero (Canada, Australia,
Giappone); tutte esperienze, tuttavia, che non hanno raccolto
i risultati sperati e che, quindi, nelle intenzioni degli imprendito-
ri, non sembrano destinate a essere replicate.
185
Scarsa o nulla, dunque, la volontà di delocalizzare all’estero
parte della produzione, aggredendo i nuovi mercati dall’inter-
no, in un’ottica di tipo resource and market seeking; le moti-
vazioni di questa scelta risiedono nella convinzione che il pro-
dotto di qualità sia, per il momento, producibile solamente in
Brianza, grazie a un più facile controllo complessivo sulla qua-
lità delle fasi produttive e alla presenza di manodopera forte-
mente specializzata, impossibile da reperire o formare, in
tempi brevi, in un altro contesto territoriale.
L’atteggiamento più diffuso, invece, è quello finalizzato all’espor-
tazione nei mercati che si presentano, a seconda del momento,
più redditizi, concentrando gli sforzi sulla commercializzazione
dei prodotti tramite agenti, rivenditori e punti vendita multipro-
dotto; nel caso di alcune imprese la politica di commercializza-
zione si spinge fino all’apertura di show-room monomarca.
5.6 Dalla vendita alla comunicazione: la partecipazione alle fiere
La partecipazione alle fiere per le imprese brianzole ha una
lunga tradizione. Quando nacque, la Campionaria di Milano
aveva un occhio privilegiato per il tessuto produttivo lombar-
do e tra questo anche per i mobili della Brianza. Poi la Cam-
pionaria venne affiancata e sostituita dalle fiere di settore e il
Salone del Mobile di Milano si accreditò rapidamente come
una delle manifestazioni più importanti a livello mondiale. Negli
anni però il Salone del Mobile è divenuto molto selettivo e non
sono poche le PMI che pur volendo parteciparvi ne rimangono
escluse.
Numericamente la partecipazione coinvolge il 52% delle PMI
indipendenti. Anche a causa della forte propensione delle
imprese intervistate a operare sui mercati stranieri, il grado di
partecipazione alle fiere estere (60%) non si discosta molto da
quello delle fiere italiane (cfr. figura 5.9).
5. REGGERE LA COMPETIZIONE GLOBALE: IL PRESIDIO DEI MERCATI
186
È altrettanto evidente che le fiere appaiono sempre più uno
strumento pensato per chi intende confrontarsi con il merca-
to internazionale; non a caso, il 52,6% delle imprese che si
concentrano sul mercato regionale e nazionale non partecipa
ad alcun avvenimento fieristico (cfr. tabella 5.8).
Figura 5.9 – Grado di partecipazione alle fiere in Italia e all’estero
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
0% 20% 40% 60% 80%
Nessunapartecipazione
a fiere
Fiere a cui sipartecipa in Italia 73%
60%
48%
Fiere a cui sipartecipa all’estero
Tipologia di partecipazione
Partecipanti solo a fiere italiane
Partecipanti solo a fiere estere
Partecipanti a fiere italiane
ed estere
Non partecipanti ad alcuna fiera
Imprese rispondenti
Tabella 5.8 – Relazione tra azioni di penetrazione e consolidamento
dei mercati e partecipazione alle fiere
% su imprese rispondenti
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
Tota
le im
pres
eris
pond
enti
Raf
forz
amen
to e
cons
olid
amen
to s
uim
erca
ti es
teri
Raf
forz
amen
to e
cons
olid
amen
to s
uim
erca
ti ita
liani
—
2,6
44,7
52,6
38
2,5
—
67,5
30,0
40
3,3
1,7
46,7
48,3
60
187
Nell’ultimo quinquennio questa partecipazione è rimasta sostan-
zialmente costante (68% delle imprese), ma nella residua parte
che ha modificato le proprie scelte in proposito prevale signifi-
cativamente la quota che ha aumentato tale partecipazione (cfr.
figura 5.10).
La fiera, dunque, viene ancora vissuta come un’importante occa-
sione per migliorare la visibilità dell’impresa (57%) e per conso-
lidare e incrementare i rapporti e le alleanze commerciali (cfr. figu-
ra 5.11); due dati, questi, che confermano una tendenza, ormai
in atto da anni, che vede le manifestazioni fieristiche divenire sem-
pre più luoghi ed eventi con forte valenza di “vetrina” per la pre-
sentazione delle nuove collezioni.
Questa funzione di visibilità e comunicazione è persino più svi-
luppata tra le imprese leader che guardano alle fiere come a uno
strumento di comunicazione efficace per l’impresa, non tanto per
acquisire nuovi rivenditori (sui quali, anzi, alcune imprese deside-
rano attuare una maggiore selezione), quanto per stabilire rela-
zioni con nuovi designer e potenziare l’immagine del proprio mar-
chio presso il grande pubblico.
La tendenza in atto è quella di ridurre la partecipazione alle fiere,
concentrandosi su 4-5 grandi manifestazioni: il Salone del Mobile
di Milano è giudicata la migliore e la presenza è assolutamente irri-
5. REGGERE LA COMPETIZIONE GLOBALE: IL PRESIDIO DEI MERCATI
Figura 5.10 – Distribuzione delle imprese secondo la variazione
nella partecipazione alle fiere
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
È rimasta costante68%
È diminuita6%
È aumentata26%
188
nunciabile; seguono l’Imm di Colonia, in forte crisi, negli ultimi anni,
al pari del mercato tedesco; Mosca, dove la storica Mebel è stata
affiancata, a partire da quest’anno, dal Crocus, un’iniziativa del
Cosmit che ha già riscosso grande successo nell’esportare nel
mondo (Mosca e New York in testa) il modello del Salone del Mobi-
le di Milano; l’IFFT di Tokyo, infine, che, arrivata alla sua ventunesi-
ma edizione, rappresenta per le imprese un efficace strumento di
presidio di un mercato storicamente attento al design italiano.
La scelta di ridurre e concentrare l’impegno su un ridotto numero
di manifestazioni fieristiche è motivata, soprattutto, da una questio-
ne di costi: le imprese preferiscono investire bene su poche mani-
festazioni, evitando gli eventi a prevalente carattere locale; le
poche eccezioni a questo comportamento si registrano nei casi in
cui l’impresa decide di dedicarsi con particolare attenzione a uno
specifico mercato nazionale.
Nel panorama futuro sta dunque una maggiore selettività,
un’attenzione per i mercati su cui è in corso un’azione di con-
solidamento e una sostanziale indisponibilità a sostituire le
grandi fiere con manifestazioni minori, di scala più locale,
anche nel momento in cui si rimane esclusi dalle manifestazio-
ni di livello.
Figura 5.11 – Benefici ottenuti dalla partecipazione alle fiere
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
0% 20% 40% 60%
Miglioramento della visibilità
Spunti per strategie e innovazioni
Rafforzamentoalleanze con imprese
del distretto
Rafforzamento/creazione di alleanze
commerciali
57%
33%
7%
3%
Capitolo 6SFIDE FUTURE, OPPORTUNITÀ E MINACCE
194
Sfide future,opportunità e minacce
ALBERTO BRAMANTI e MARIO A. MAGGIONI
Il distretto della Brianza rimane uno dei più importanti distret-
ti italiani del legno-arredo, con performance quantitative e qua-
litative di rilievo. Primo per numero di addetti44 e di imprese;
primo per numero di medie imprese oltre i 50 milioni di euro di
fatturato45; primo per ampiezza di gamma e tipologia di prodot-
ti e per diffusione e rilevanza dell’industrial design (che tanta
parte ha nel successo del mobile moderno made in Italy);
secondo per livello assoluto di export ma registrando un signi-
ficativo recente miglioramento46 che consegna una nota di otti-
mismo circa le dinamiche a breve del distretto.
La complessità della struttura produttiva del distretto e delle
dinamiche che ne caratterizzano lo sviluppo hanno condotto a
focalizzare l’indagine su due principali research questions:
• l’individuazione e la comprensione dei cambiamenti inter-
venuti, negli ultimi anni, nell’organizzazione produttiva delle
principali imprese del distretto, indice della mutata intera-
zione tra queste ultime e il tessuto di piccole e medie
imprese subfornitrici operanti sul territorio47;
44 I 16 distretti del legno-arredo, individuati dalle 13 regioni che si sono avvalse dellalegge 317/91 o della legge 140/99 sono (IPI, 2001):Lombardia – Brianza; Casalasco-Viadanese; Veneto – Legno e mobile della BassaPianura Veronese, Legno e mobile della Sinistra Piave, Materiali per l’arredamento diBassano del Grappa; Friuli V. Giulia – Della sedia, Del mobile; Toscana – Poggibon-si, Sinalunga; Marche – Piandimeleto, Fossombrone, Pesaro, Treia; Puglia – Murgia-no; Basilicata – Sant’Angelo Le Fratte, Matera.
45 Si tratta delle imprese “potenzialmente quotabili” di Borsa Italiana (cfr. più oltre § 6.4).46 Il IV trimestre 2005 ha fatto registrare un incremento del 10,6% sul IV trimestre del-
l’anno precedente.47 L’indagine si è focalizzata, in altre parole, sulla struttura e sull’organizzazione tecno-
logico-produttiva delle imprese intervistate: integrazione verticale della produzione;
195
• la comprensione dei mutamenti registrati nelle dinamiche
di gestione dei mercati di sbocco da parte delle imprese
del distretto che operano per il cliente finale, attraverso la
modifica delle proprie strategie di distribuzione e la pene-
trazione in nuovi mercati e settori48.
La possibilità di indagare e comprendere le due macro-dina-
miche indicate è passata attraverso un’analisi complessa e
dettagliata, articolata in tre fondamentali passaggi analitici:
• una serie di interviste preliminari con i rappresentanti dei
principali attori istituzionali operanti sul territorio, volte a
ottenere una visione d’insieme del distretto e delle sue dina-
miche, visione che confluisce largamente nel Capitolo 2;
• un insieme ristretto di interviste dirette e approfondite a un
campione di imprese leader (una dozzina), volte a definire
ed analizzare le strategie presenti e future dei più importan-
ti operatori del settore e del distretto;
• interviste telefoniche a 60 PMI indipendenti, finalizzate a
indagare i comportamenti di tutti quegli imprenditori del
distretto che producono per il mercato finale ma che, dif-
ferentemente dalle imprese leader, non riescono diretta-
mente a influenzarne le dinamiche di evoluzione e di cam-
biamento.
Entrambe le analisi dirette sono largamente confluite nei Capi-
toli 4 e 5 di questo volume.
6.1Dinamiche e percorsi di sviluppo tra eccellenza, crisi e imitazione
Come è noto, il distretto del mobile-arredo della Brianza ha
una grande ampiezza di gamma – sia per fasi (intagliatori, luci-
datori, ebanisti, ecc.), sia per ambienti di arredo (giorno, notte,
organizzazione della rete di fornitura; innovazione e capitale umano; dislocazione spa-ziale delle unità produttive (cfr. Capitolo 4).
48 Si è trattato di indagare, in particolare, la dimensione commerciale interna e interna-zionale: caratteristiche dell’export; strategie distributive e commerciali (cfr. Capitolo 5).
196
cucine, bagni, ecc.), sia per materiali (legno, giunco, ferro, pla-
stica, alluminio, ecc.) – e questa diversificazione è diventata
per le imprese brianzole non solo un efficace strumento di
penetrazione in nuovi mercati, e di consolidamento delle posi-
zioni competitive già detenute, ma una vera e propria necessi-
tà, indotta dalle sempre più complesse e differenziate esigen-
ze della domanda.
Questo processo di continua diversificazione ha ampiamente
contribuito alla nascita, all’interno del distretto stesso, di diffe-
renti tipologie di imprese: diverse per dimensioni, fascia di
mercato, qualità della produzione e del servizio offerto al clien-
te, modalità produttive e molto altro.
Se il punto di forza del distretto è sempre stato, innegabilmen-
te, l’elevato grado di integrazione delle reti relazionali tra
imprese che operano nelle più diverse fasi produttive della
filiera del legno-arredo, con una fortissima e documentata divi-
sione del lavoro, negli ultimi anni la crescente maturità del mer-
cato nazionale del mobile e la crisi economica internazionale
hanno contribuito a evidenziare i successi e gli insuccessi dei
singoli “nodi”: le imprese all’interno di questa rete distrettua-
le. Si potrebbe dire che l’inasprirsi della concorrenza ha
aumentato la varianza comportamentale.
La crescente concorrenza e la derivante pressione esterna, inve-
ce di rinsaldare i legami di distretto tra competitors – per identifi-
care strategie comuni di risposta alla crisi emergente – ha spes-
so prodotto un effetto differente: ha rafforzato i legami tra le impre-
se e i propri fornitori, ma ha reso ancora più aspra la concorrenza
tra imprese del distretto alimentando quell’atteggiamento indivi-
dualista e un po’ diffidente dell’imprenditore brianzolo.
Queste dinamiche centrifughe hanno prodotto un triplice effetto:
• da una parte, hanno contribuito a evidenziare l’eccellenza
dei “grandi nomi” del distretto, capaci – attraverso un effi-
cace mix di qualità, servizio e politiche di marketing – di
superare gli anni della crisi mantenendo performance eco-
nomiche (in termini di addetti e di fatturato) sempre positi-
ve (ordine di grandezza: 50 imprese);
197
• dall’altra, hanno prodotto un importante “atteggiamento
imitativo” da parte delle PMI più dinamiche e intraprenden-
ti che, nel tentativo di sopravvivere alla crisi e di rilanciarsi,
hanno adottato politiche produttive e distributive sempre
più simili, dove possibile, a quelle delle loro sorelle maggio-
ri (ordine di grandezza: 150 imprese);
• in terzo luogo, hanno messo di più sotto pressione l’insie-
me delle piccole e micro aziende artigiane dipendenti (ope-
ratori di fase, subfornitori, contoterzisti) più schiacciate dal
lato dei prezzi riconosciuti loro e meno certi in termini di
continuità delle forniture loro commissionate (ordine di
grandezza: 4.200 imprese).
Complessivamente, il distretto si trova a sperimentare un
momento di profonda trasformazione; superata la fase della
crisi economica più acuta (2001-2002) – non senza aver
lasciato sul campo un numero rilevante di imprese che non
hanno retto alla durezza del confronto economico49 – il distret-
to sembra riavviato su un percorso di sviluppo. Il contenuto di
questo sviluppo si differenzia, in parte, dai cicli passati, mani-
festandosi in significativi cambiamenti, tuttora in atto, che
hanno condotto a una crescente presa di coscienza:
1. dell’importanza della competizione nell’arena internaziona-
le prima che locale e della qualità di prodotto e di servizio
oltre che del prezzo;
2. della necessità di sviluppare, anche per questa ragione, un
maggiore controllo diretto sulle fasi più a valle della filiera;
controllo finalizzato a un progressivo avvicinamento al con-
sumatore finale – attraverso una maggiore attenzione agli
aspetti distributivi – anche nella consapevolezza che il pro-
cesso di acquisto dei mobili attribuisce un valore crescen-
te alle componenti estetiche e funzionali; alla personalizza-
zione estrema del prodotto; a una comunicazione accatti-
vante e differenziata; ad ampi servizi complementari;
3. della necessità di estendere progressivamente la propria pre-
6. SFIDE FUTURE, OPPORTUNITÀ E MINACCE
49 Nel decennio intercensuario (1991-2001) –13,2% nei soli settori core, pari a 681aziende, di cui 679 artigiane.
198
senza a nuovi mercati, accostandosi ad altre aree geografi-
che o penetrando nuovi segmenti di mercato, in modo da
bilanciare la “maturità” del mercato regionale e nazionale con-
frontandosi con una concorrenza che non conosce più con-
fini nazionali;
4. della necessità di investire, ben oltre quanto si è finora
fatto, in R&S e nel processo di industrial design struttura-
to, in modo che l’innovazione non solo nasca dalla risposta
alle esigenze del cliente, ma sappia anticiparle.
Se queste sono le principali dinamiche e tendenze in atto, è anche
vero che ogni impresa si è attrezzata per rispondere con modalità
differenti ai problemi che questo futuro le pone di fronte:
• alcune delle imprese intervistate, quelle che operano nella
fascia alta del mercato, provano a seguire, pur con qualche
distinguo, le orme delle imprese leader, investendo in qua-
lità, servizio, design e preparandosi a operare, con qualche
buon tentativo già avviato, su scala internazionale;
• altre imprese, invece, si stanno muovendo sulla fascia
intermedia del mercato, mediando le esigenze della quali-
tà con quelle del prezzo.
In entrambi i casi non sembrano discendere modelli organiz-
zativi omogenei nel perseguire l’una o l’altra strategia: né verso
una marcata esternalizzazione, né, al contrario, processi di
integrazione verticale (o di gruppo) con il recupero di fasi pro-
duttive prima affidate all’esterno.
L’unico elemento emergente, comune anche alle imprese leader,
è la scarsa propensione verso iniziative di delocalizzazione. Il
distretto sembra ancora costituire, sia per le PMI indipendenti
che per le leader, un irrinunciabile patrimonio di know-how,
conoscenze, manualità, artigianalità e legami:
• cui nessuno sente di poter rinunciare;
• che nessun imprenditore pensa di poter efficacemente
sostituire;
• che molti vogliono conservare, perché rappresenta ancora
il vero biglietto da visita del made in Italy nel campo del
mobile-arredo.
199
In questo contesto, si conferma centrale, sia per le leader che per
le PMI del campione, il rapporto con i fornitori (cfr. figura 6.1),
caratterizzato da una sostanziale stabilità, da un elevato livello di
collaborazione, testimoniato anche dalla ridotta percentuale di
imprese che mettono i propri fornitori in competizione tra loro.
Se le “reti lunghe” della competizione internazionale sono
ormai lo skyline di riferimento per vendere e comunicare i pro-
pri prodotti, le “reti corte” sembrano ancora le uniche ad assi-
curare quella qualità superiore che permette di rimanere com-
petitivi nel medio-lungo periodo.
6. SFIDE FUTURE, OPPORTUNITÀ E MINACCE
Figura 6.1 – Dinamiche nel rapporto con i fornitori:
ultimo quinquennio, PMI indipendenti
Dinamica Make or buy
Nell’impresa
Nel distretto
Motivazioni internalizzazione
Motivazioni esternalizzazione
Pressione competitiva sui
fornitori
Ricerca di fornitori esterni
Controllo tempiconsegna (75%)
Controllo tempiconsegna (67%)
Tutti i fornitori in competizione
(22,8%)
Italia (80,3%)Ue-15 (14,5%)
Riduzione costi(63%)
Riduzione costi(76%)
Nessun fornitorein competizione
(36,8%)Altre aree (5,2%)
Fuori distretto
Situazione invariata
Fuori impresa
43,8%
13,3% 30,5% 72,4% 27,6%
56,2%
Fonte: ns. elaborazioni su indagine CATI
200
6.2 Opportunità e minacce: il manufacturing
Lo stato di salute del distretto brianzolo del legno-arredo sembra
complessivamente buono, la sfida competitiva potrebbe essere
riassunta in uno slogan: tenere sui mercati maturi, espandersi su
quelli emergenti. La filiera ha le carte in regola per vincere que-
sta sfida che non è, ovviamente, scontata.
Il punto da cui il distretto parte – connotato da una relativa-
mente bassa penetrazione estera della produzione di mobili
brianzoli e da un’offerta completa in cui l’alto di gamma è a
livelli di vertice assoluto – consente di ipotizzare margini di cre-
scita interessanti.
Ciò sarà possibile se, sul doppio fronte del manufacturing (cfr.
Capitolo 4) e del presidio dei mercati (cfr. Capitolo 5), verran-
no perseguite strategie mirate e coerenti.
Per quanto riguarda la produzione, il distretto mostra i propri
punti di forza più rilevanti: profondità di gamma, elevata quali-
tà, massima flessibilità e buon servizio al cliente, innovatività e
creatività del design, punte di specializzazione e di eccellenza
in ogni singola fase della filiera. Tra le ombre che si allungano
sul futuro del distretto certamente una importante riguarda la
riproduzione delle competenze lavorative, quella manualità del
legno che ha consentito sin qui di realizzare qualsiasi prodot-
to: dal restauro, all’antico in stile, al classico, al moderno di
design, al “su misura”. Si è lungamente discusso delle difficol-
tà incontrate nei percorsi formativi (cfr. §§ 2.2.4 e 4.7) e della
scarsa e decrescente attrattività che il settore esercita nei
confronti dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro.
Questo è peraltro uno snodo più generale che tocca tutti i
distretti e che riguarda, in particolare, il futuro degli operai spe-
cializzati: innalzare il livello e il contenuto formativo delle gio-
vani leve (lauree brevi per il legno) può essere una direzione
verso cui costruire; un’altra può essere quella di preservare e
incrementare contenuti di creatività anche in chi lavora alle
macchine; la terza è un lavoro in profondità, di taglio culturale
201
e di lungo periodo, che recuperi la nobiltà del lavoro manuale
nella società attuale, riavvicinando ad esso nuove generazioni
che non hanno alcuna consuetudine con qualsiasi strumento
che non sia il computer; rispetto a questi percorsi è certamen-
te meglio posizionato un contesto distrettuale rispetto a un
contesto metropolitano.
Quello delle risorse umane e del mercato del lavoro rimane tra
l’altro uno dei terreni privilegiati per l’espressione di un’azione
genuinamente distrettuale e sul quale si è fatto poco e certa-
mente meno di quanto sarebbe stato necessario.
Una seconda ombra che si allunga sul distretto riguarda il futu-
ro della micro impresa artigiana – cioè quelle 3.200 imprese al
2001 che erano 3.880 dieci anni prima – in particolare quella
che produce mobili in stile. Qui le competenze manuali, che esi-
stono e sono ben solide, possono essere preservate se queste
aziende sono aiutate a salire di gamma: la micro impresa arti-
giana deve trasformarsi in una boutique del “su misura di qua-
lità e di alta gamma”; in un distretto dove l’industrial design (ID)
è ben sviluppato sembrano esistere i prerequisiti per provarci.
Se il distretto riuscirà a controllare queste due minacce nel-
l’area del manufacturing potrà pienamente sviluppare l’oppor-
tunità che lo connota sopra ogni altra e che riguarda proprio
l’ID. La riflessione più compiuta e sistematica sul tema (CLAC-
CSIL, 2003) ha ben mostrato la rilevanza che questa variabile
assume nei confronti della domanda estera del prodotto italia-
no. La Brianza ha tutte le caratteristiche per essere, tra i
distretti italiani del legno, uno dei più avanzati nella diffusione
di una concezione allargata e sistemica di ID50.
Gli investimenti in ID sono positivamente correlati alla capaci-
tà di esportazione e nella loro triplice declinazione – di qualità
dei materiali impiegati, di qualità delle finiture e di qualità este-
tiche dei prodotti – sono fortemente apprezzate e ricercate
6. SFIDE FUTURE, OPPORTUNITÀ E MINACCE
50 Una concezione che cioè tocca, accanto ai contenuti squisitamente tecnici della pro-gettazione, anche contenuti economico-sociali relativi alla cultura e agli stili di vita deiconsumatori; alle prestazioni in termini di durata, resistenza, leggerezza; alla compa-tibilità ecologica e alla scelta dei materiali; alle modalità di produzione e di packaging;ai canali commerciali e alle modalità di esposizione.
202
dalla distribuzione estera. La fortunata combinazione tra ID e
distretto alimenta inoltre specifici elementi positivi:
• un processo di innovazione di prodotto più rapido e continuo;
• una superiorità dei contenuti progettuali;
• una maggiore gamma di prodotti offerti51.
Ecco allora che la Brianza potrebbe investire come distretto su
questo specifico asset ampliando e diffondendo il collega-
mento sistematico tra giovani designer e imprese del territo-
rio, inventandosi forme di interazione di lungo periodo in cui i
giovani professionisti si facciano le ossa in azienda e le azien-
de – quelle che già non lo fanno – si abituino a:
• internalizzare l’attenzione per l’ID nelle proprie strategie;
• pensare all’ID non solo in funzione “imitativa” ma anche
genuinamente innovativa e di ricerca;
• sviluppare progetti di più lungo respiro e di vasta portata.
Rendano, in sintesi, più sistematica e strutturata un’attività già
largamente presente ma che deve rafforzarsi ulteriormente ed
eventualmente espandersi, permeando anche alcune aree della
produzione brianzola che sono sin qui rimaste ai margini.
È proprio in questa direzione che va letta la proposta/provo-
cazione di un concorso internazionale ampiamente tratteggia-
ta in precedenza.
6.3 Il presidio dei mercati: consolidare e ampliare
Il distretto nel suo complesso – anche qui si generalizza un
discorso che ha numerose e interessanti eccezioni sul piano
di singole specificità aziendali, in parte documentate nello svol-
gimento del Capitolo 5 – risulta decisamente più debole sul
fronte del marketing e della distribuzione, rispetto alla sua forza
produttiva, e certamente più soggetto a sfide competitive che
51 Come richiamato dalla ricerca già citata (CLAC–CSIL, 2003: 38): «nella fascia alta delmercato godiamo di un’immagine di grande prestigio e da primato: da sottolineareinoltre anche l’importanza della prestazione competitiva rappresentata dalla vastitàdella gamma dei prodotti offerti, ovvero: sono tanti quelli belli».
203
non dominerà e rispetto alle quali dovrà invece rispondere con
prontezza e flessibilità, come peraltro ha sempre fatto.
Innanzitutto, come già richiamato, deve crescere nei suoi volu-
mi di export; se l’Italia nel suo complesso è il quarto produttore
mondiale di mobili e prodotti d’arredo e il secondo esportatore,
la Brianza si colloca in posizione più “arretrata”, con quote di
export su fatturato52 più basse rispetto al dato medio italiano.
Questo dato, lungi dall’essere preoccupante, segnala interes-
santi margini di miglioramento nelle performance esportative
distrettuali. Più problematico è cogliere appoggiandosi a quali
canali commerciali ciò può avvenire.
Da un lato, le imprese del sistema produttivo brianzolo sono di
un ordine di grandezza inferiore sul piano dimensionale rispet-
to ai grandi competitors di settore. Tra le prime 35 imprese
europee del settore mobile-arredamento due sole sono italia-
ne e nessuna brianzola. La prima impresa brianzola, con un fat-
turato 2001 di 166 milioni di euro53, si situa intorno alla cin-
quantesima posizione su scala europea.
Se la dimensione dei produttori non è tutto – sebbene molto
rilevante in termini di investimenti dedicabili al presidio dei
mercati – anche più preoccupante è il confronto con la gran-
de distribuzione di settore.
I grandi consorzi di acquisto tedeschi superano nettamente il
miliardo di euro e solo il 3,7% delle vendite avviene in modo
diretto da parte dei produttori. In Francia i primi quattro distri-
butori controllano una quota superiore al 35% del mercato;
non differentemente accade in Gran Bretagna, dove il 30%
del mercato è coperto dalla grande distribuzione specializza-
ta e un altro 26% da distributori non specializzati.
In Italia la quota della GDO54 si attestava intorno al 13% nel
2001 segnalando un trend di crescita significativo ma ancora
6. SFIDE FUTURE, OPPORTUNITÀ E MINACCE
52 Questa percezione non risulta direttamente nello studio qui presentato perché leimprese oggetto di analisi – sia il gruppo di leader, sia le PMI indipendenti – rappre-sentano certamente la “punta alta” del distretto e si connotano per valori anche del-l’export decisamente superiore alla media di distretto.
53 Le prime due imprese europee fatturano oltre il miliardo di euro (dato 2001).54 Le principali imprese italiane distributrici di mobili e prodotti per l’arredamento erano,
al 2000, otto, di cui le prime due con un’offerta ampia in cui i prodotti del mobile costi-tuiscono solo una parte.
204
molto distante dalle dimensioni – per azienda e per quote di
mercato – dei competitors europei. Ciò significa, in particola-
re, che la GDO italiana difficilmente potrà essere veicolo e trai-
no per le esportazioni italiane sui mercati europei così come
la GDO estera è sul mercato italiano nei confronti dei propri
produttori.
Questo breve inciso dedicato ai players in campo distributivo
segnala che alle imprese brianzole rimane la strada, difficile e
impegnativa, di una presenza diretta sui mercati. Diviene dun-
que vitale un presidio della catena che porti fino al cliente fina-
le con investimenti diretti:
• nella comunicazione aziendale;
• nella gestione selettiva dei canali distributivi utilizzati;
• nello sviluppo coordinato di politiche commerciali di vendi-
ta coerenti con la selezione dei canali;
• nell’utilizzo congiunto di quelle grandi vetrine di promozio-
ne del prodotto e di comunicazione con i buyers che sono
le fiere, prima tra tutte il Salone del Mobile.
Non si può inoltre esimersi dall’incrementare le relazioni con
la GDO, italiana e soprattutto estera, che rappresenta il model-
lo di acquisto più diffuso e ancora in fase crescente55.
6.4Crescere dimensionalmente,aggregarsi territorialmente
La spinta congiunta esercitata da queste necessità (maggiori
investimenti in ID; ripensamento e ristrutturazione dei canali
commerciali) pongono a tema l’esigenza di percorsi di cresci-
ta anche dimensionali delle imprese leader e di nuove modali-
tà di aggregazione, anche su base territoriale, per presentarsi
con una massa adeguata ad alcuni di questi appuntamenti
strategici.
55 È inoltre facilmente ipotizzabile che i grandi gruppi distributivi a livello europeo di muo-vano rapidamente e aggressivamente anche sui nuovi mercati emergenti divenendointerlocutori obbligati anche per la penetrazione in aree nuove dalle grandi opportunità.
205
Ovviamente queste scelte sono totalmente e definitivamente
aziendali, attengono agli assetti proprietari, alla volontà degli
imprenditori di fare progetti seri per la crescita e di reperire le
risorse finanziarie adeguate a sostenerli. Stimolante risulta in
proposito la segnalazione di un potenziale di medie imprese –
4 in Brianza e 31 a livello nazionale – che hanno i requisiti pre-
liminari per pensare a un percorso di accesso al mercato azio-
nario56. Le imprese identificate in Brianza si connotano per i
seguenti criteri (peraltro non particolarmente stringenti) sulla
base dei quali è stata effettuata la selezione:
• fatturato superiore ai 50 milioni di euro e almeno 50 dipen-
denti;
• risultati reddituali positivi con un margine operativo lordo
(MOL) positivo in almeno uno dei tre anni di analisi (1998-
2000);
• indipendenza della struttura proprietaria e, dunque, società
non appartenenti a gruppi in cui vi è già una società quotata.
In conclusione, percorsi di crescita per vie esterne – di tipo
equity, o con accordi o con la partecipazione ad aggregazio-
ni territoriali con finalità specifiche – sembrano una strada da
prendere seriamente in considerazione. La leadership italiana
sul fronte esportativo viene progressivamente erosa dall’avan-
zata di altri produttori in Paesi emergenti che riescono più
facilmente a ritagliarsi uno spazio della concentrata distribu-
zione del settore sui mercati europei, creando ulteriori difficol-
tà al procedere in ordine sparso delle imprese brianzole sui
mercati in cui da sempre sono presenti. Inoltre, si prospetta-
no nuovi pressioni di import penetration sul mercato italiano
che come tutti i mercati maturi a domanda ciclica e sempre più
sofisticata è anche più propenso a guardare all’estero e a
lasciarsi sedurre da prodotti esterni.
Ecco, dunque, che si apre una fase del distretto in cui riemer-
ge prepotente un’esigenza di governo che faccia perno sulle
buone relazioni istituzionali che esistono e che le usi per inter-
6. SFIDE FUTURE, OPPORTUNITÀ E MINACCE
56 Le considerazioni a riguardo sono riprese da uno studio recente di Borsa Italianadedicato al settore del legno-arredamento (Franzosi, Negro, Pellizzoni, 2003).
206
loquire seriamente con i protagonisti interni e con i policy
makers nazionali.
Si riapre così il tema dell’aggregazione territoriale che trova
sempre un suo limite strutturale nella proverbiale (e aneddoti-
ca) indipendenza e scarsa propensione al coordinamento/col-
laborazione degli imprenditori. Occorre dunque iniziare da ope-
razioni che consentano di verificare rapidamente i ritorni di
qualche investimento comune: sul fronte della logistica di
distretto; sul fronte della partecipazione congiunta a missioni,
incontri, work-shop, road-show; sul fronte più impegnativo ma
a più elevati ritorni attesi della commercializzazione di offerte
complementari di arredo su mercati esteri.
La “piccola” dimensione, anche delle grandi imprese, di
distretto non consente infatti di pensare a strategie troppo
“solitarie”. Diviene però indispensabile che emergano nuovi
ruoli di integratori di sistema, ruoli che nel passato sono stati
giocati anche dalla scuola di arti e mestieri e dalle esposizioni
permanenti, e che oggi devono ritrovare il momento anche a
partire dal nuovo contesto istituzionale che tocca il territorio,
quello della provincia di Monza e Brianza che si sta avviando,
e che rappresenta un naturale catalizzatore di una molteplici-
tà di snodi tra attori attorno a cui costruire la nuova govern-
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È una fondazione di diritto privato, azionista di controllo del Gruppo
Fiera Milano e di Sviluppo Sistema Fiera. È inoltre azionista di mag-
gioranza relativa di Villa Erba.
Nata il 7 febbraio 2000, Fondazione Fiera Milano opera con un
ampio spettro di attività – a partire dal sistema fieristico milanese –
nella direzione dello sviluppo economico e del territorio, nell’inte-
resse della collettività.
Innovazione, managerialità, trasparenza e tradizione sono i principi
guida alla base di tutti i suoi progetti.
È proprietaria dei due quartieri espositivi – Fieramilanocity a Milano
e la nuova Fieramilano a Rho-Pero – e rappresenta un punto di rife-
rimento per l’intero sistema economico nazionale, oltre che regio-
nale. Oltre ad aver trasformato l’infrastruttura della Fiera di Milano,
nei suoi primi anni di vita la Fondazione ha riorganizzato il proprio
Archivio Storico, che raccoglie documenti unici sulla storia della
Fiera e la storia d’Italia dell’ultimo secolo, e ha creato l’Accademia
di Management Fieristico.
Attraverso l’Area Studi Sviluppo e Formazione ha costituito un
osservatorio privilegiato dei flussi di utenti del sistema fieristico, svi-
luppando un approccio integrato e multidisciplinare all’analisi terri-
toriale e allo studio delle professioni del settore.
Grazie a un allargamento della propria missione, Fondazione Fiera
Milano può oggi operare a sostegno delle imprese, realizzare gran-
di progetti come infrastrutture, servizi, iniziative culturali, scientifiche
e sociali, sviluppo delle reti e dei grandi sistemi territoriali, a fianco
delle istituzioni, delle associazioni o di enti pubblici e privati.
Fondazione Fiera Milano
Finito di stampare nel mese di luglio 2007presso TAP Grafiche spa, Poggibonsi (SI)