1
DIZIONE E QUALITA’ DELLA VOCE
Prof. Guido Governale
Facoltà di Scienze della Mediazione Linguistica
Università Gregorio VII – Roma
Anno Accademico 2012-2013
2
Indice:
1. La voce
1.1 Gli organi di produzione dell’aria
1.2 Gli organi di produzione del suono
1.3 Gli organi di risonanza
1.4 Gli organi di articolazione della parola
2. La respirazione e l’articolazione
2.1 La zona della maschera e l’armonizzazione respirazione/voce
2.2 La muscolarità mimico-facciale
2.3 Esercizi per ottenere una buona articolazione
3. La dizione
3.1 L’accento tonico e fonico
3.2 Le sette vocali
3.3 Le consonanti
3.4 Le consonanti “s” e “z”
3.5 Gli omografi (omofoni e allofoni)
3.6 Regole generali di dizione
3.7 Il giusto posto dell’accento
3.8 Il rafforzamento
3.9 Gli scioglilingua
3.10 Il timbro e il volume
3.11 Appunti (verbi, numeri, giorni, mesi, nomi propri, la lingua italiana scritta)
3
1. La voce L’essere umano è in grado di parlare grazie all’azione combinata di almeno cinque, fondamentali funzioni:
_ produzione dell’aria (attraverso i polmoni)
_ produzione del suono (grazie alla laringe e alle corde vocali)
_ risonanza (faringe, naso e seni paranasali), per amplificare il suono laringeo
_ articolazione della parola, garantita dalla presenza dell’apparato fonatorio (labbra, denti, lingua..)
1.1 Gli organi di produzione dell’aria
Per una corretta organizzazione del suono l’essere umano produce, per mezzo dell’apparato polmonare, l’aria. In assenza di una corretta respirazione, cioè di un corretto alternarsi tra movimenti espiratori e inspiratori e di un pieno coinvolgimento degli organi toracici e diaframmatici, a risentirne è proprio la qualità e quantità della nostra fonazione. Requisito fondamentale quindi, per una buona produzione del suono, è il corretto uso dell’apparato respiratorio. Questo assomiglia ad un albero rovesciato, con il tronco costituito dalla “trachea”, i rami costituiti dai “bronchi”, e infine i polmoni e il torace paragonabili alle fronde dell’albero. A separare il torace dall’addome c’è il diaframma, un organo a forma di cupola che, durante l’inspirazione, si contrare e si appiattisce e, durante l’espirazione, al contrario, sale verso l’alto per riprendere la sua forma originaria.
1.2 Gli organi di produzione del suono
L’aria che inspiriamo dalle narici esce dalla bocca attraverso un “apparato di emissione”, al cui interno sono presenti la laringe, l’epiglottide e soprattutto le corde vocali.
La laringe, posta al di sopra della trachea, è paragonabile ad uno strumento a fiato. La laringe è assente in tutti quegli animali che sono privi di polmoni (ad esempio gli insetti) poiché l’emissione del suono è strettamente collegata agli atti espiratori polmonari e quindi possiamo dire che in assenza di polmoni non può esserci la laringe. Nell’essere umano la laringe varia in base al sesso dell’individuo e non in base alla sua corporatura. In altre parole, determinando l’altezza sonora e l’intonazione del soggetto, nelle voci “basse” avremo una laringe molto sviluppata, mentre nelle voci “alte” la laringe sarà più minuta. C’è poi l’età dell’individuo che conta: la laringe rimane sostanzialmente inalterata fino alla pubertà superata la quale nell’arco di due - tre anni raggiunge il suo grado di sviluppo, insieme alle corde vocali che si rafforzano e all’epiglottide che si allarga, e tutto questo determina quello che definiamo il “cambiamento di voce”.
4
Le corde vocali sono organi molto delicati, determinanti nel processo di fonazione. Esse si presentano come due fasce chiare, di un centimetro e mezzo circa nelle donne e di due centimetri circa negli uomini. La loro dimensione varia in funzione del tipo di voce di ogni singola persona. Sono del tutto aperte durante nel momento dell’inspirazione, tendono invece a chiudersi e a vibrare nel momento dell’espirazione. Le corde vocali sono dotate, all’interno, di piccole fasce muscolari le quali, in relazione al suono da produrre, si accorciano e si ispessiscono, accentuando la loro vibrazione, oppure si tendono diventando lunghe e sottili, e in tal caso riducono notevolmente la tensione vibratoria. Questo succede, nel primo caso, nelle consonanti chiamate “sonore”(b, di, gi, gh, l, m, n, r,”s” sonora, v, “z” sonora) mentre, nel secondo caso, succede con le consonanti chiamate “sorde” (ci, ch, f, p, q, “s” sorda, t, “z” sorda).
Per avere consapevolezza delle vibrazioni delle corde vocali nei suoni consonantici, è sufficiente poggiare la propria mano sul collo, all’altezza del pomo d’Adamo. Mentre nei primi suoni, quelli sonori, avvertiremo un evidente ronzio interno (una sorta di rimbombo per la vibrazione delle corde), nei suoni sordi tale ronzio sarà molto più attenuato.
La velocità delle vibrazioni è legata all’altezza del suono. Durante l’emissione della voce in falsetto ad esempio, le corde vocali si tenderanno facendo registrare una frequenza di vibrazione più alta; per un suono più grave invece le corde vocali si allenteranno producendo una frequenza vibratoria più bassa.
L’epiglottide è un organo in qualche modo legato (in modo sicuramente più marginale) alla produzione del suono. Posta a metà tra la base della lingua e la laringe, l’epiglottide è una lamina sottile molto mobile che tende verso l’alto a forma di “cappello da gendarme”. L’epiglottide contribuisce, in stretta sintonia con le corde vocali, a colorare, modulare e variare il suono rendendolo più secco, morbido, caldo, etc. Contraendosi in maniera netta partecipa, infine, alla vocalizzazione del falsetto.
1.3 Gli organi di risonanza
Perché il suono possa uscire forte e netto dalla bocca occorre che esso sia amplificato da un articolato “apparato di risonanza”. Questo è composto da una serie di cavità: faringe, naso, seni paranasali e bocca. La faringe è un muscolo a forma di tubo che varia la sua forma e il suo volume in relazione al suono da produrre. La faringe è a sua volta collegata, attraverso un muscolo, alle “fosse nasali”, ai “seni paranasali” e al “naso”. Il naso, a forma di piramide, è dotato di una base (coincidente con le narici) e di un apice (radice del naso) e sovrintende a tre diversificate, importanti funzioni: olfattiva, respiratoria, fonatoria.
Il perfetto equilibrio tra faringe, bocca e naso permette una corretta emissione della voce, mentre ogni sbilanciamento teso a privilegiare un organo a svantaggio degli altri produce “ingolfamenti” (se prevale la faringe) o sonorità nasali sgradevoli e fastidiose. Un ulteriore problema può nascere infine dall’alterazione di uno degli organi di risonanza (la deviazione del setto nasale) o da piccole patologie quali la presenza di ispessimenti della mucosa nasale.
5
1.4 Gli organi di articolazione della parola
Nel passaggio dalla produzione del suono a quello della produzione della parola, il ruolo centrale è senz’altro svolto da quella che, in modo generale, costituisce l’insieme delle formazioni dell’apparato di articolazione: la bocca.
La bocca si divide in: labbra, guance, lingua, pavimento della bocca (la regione sottostante la lingua) e palato.
Le labbra si dividono in “superiori” e “inferiori”. A caratterizzare dal punto di vista muscolare le labbra, è la preponderante presenza del muscolo cosiddetto “orbicolare della bocca”, una sorta di elastico a forma di ellisse che gira, uniformemente, attorno alle labbra. Ad esso, però, se ne aggiungono molti altri che, a raggiera, convergono verso l’obicolare. Anche questi muscoli sono decisamente importanti nei processi di fonazione: nella mimica facciale, nei movimenti armonici del viso e nella puntualità e chiarezza articolatoria. Si tratta, più in particolare, dei muscoli zigomali, risori, canini, buccinatori, del mento.
La lingua, organo fondamentale nella complessità della bocca, con il suo continuo movimento ricopre un ruolo fondamentale nell’articolazione dei suoni. E’ un organo muscolare estremamente mobile e può roteare nelle più varie direzioni e con diverse intensità di spinta.
2. La respirazione e l’articolazione Molte persone credono ancora saldamente nel vecchio detto “pancia in dentro e petto in fuori”: così facendo però queste persone escludono del tutto, inconsapevolmente, l’addome e il diaframma, essenziali per una corretta respirazione. In questo modo si genera un violento rapporto tra polmoni e laringe, e si riduce visibilmente la quantità di aria che riusciamo ad incamerare con una singolo movimento respiratorio. Se quindi noi, il più delle volte, respiriamo sollevando e irrigidendo il nostro torace, distendendolo e abbassandolo poi nell’espirazione, si tratterà di ribaltare questo tipo di modello: si tratterà, in altre parole, di sfruttare principalmente la parte inferiore del torace e il diaframma.
Per acquisire e consolidare questo modello di respirazione, occorre inizialmente un’esercitazione puntuale e costante. E’ necessario quindi che, per almeno una settimana, per venti minuti circa al giorno, ci si dedichi alla cura e alla reimpostazione della propria respirazione. Un primo, elementare esercizio consiste nel distendersi in posizione supina (con la pancia all’aria) e, subito dopo, nel provare a respirare sollevando l’addome ed espandendo la zona attorno ai fianchi. E’ consigliabile, per seguire meglio l’evolversi dell’esercizio, mettere una mano sull’addome e l’altra sul petto. Il petto non dovrà in alcun modo sollevarsi mentre, perché la nostra attività possa procedere in modo corretto, dovrà elevarsi la parte inferiore del busto: per l’appunto l’addome. E’ l’addome infatti che, spinto dalla base del diaframma, tenderà a “gonfiarsi” e ad andare verso l’alto. Dopo aver ripetuto più volte questo esercizio e quando sarete capaci di controllarlo, è opportuno scandire meglio i relativi movimenti respiratori dividendoli in quattro fasi: una di “inspirazione”, un’altra di “apnea
6
piena”, un’altra ancora di “espirazione”, e una infine di “apnea vuota”. L’esperimento deve poi continuare in posizione eretta, cercando sempre di fare attenzione a che la pancia si gonfi e le spalle non si sollevino.
Per concludere sottoponetevi a questo esperimento: prendete aria e leggete il testo che segue “tutto d’un fiato” (la punteggiatura è stata volutamente omessa).
LETTURA DI PROVA DELLA CAPACITA’ RESPIRATORIA:
SPESSO SI RITIENE CHE LA CAPACITA’ RESPIRATORIA DI UNA PERSONA NON ALLENATA CHE MAGARI FUMA SIA ESTREMAMENTE LIMITATA BEH DOVREMO RICONOSCERE INVECE CHE IL NOSTRO FISICO CI CONSENTE EXPLOIT CHE NEMMENO IMMAGINAVAMO E CHE CON UN PICCOLO SFORZO RIUSCIREMO A CONQUISTARE UN BEL NUMERO DI PAROLE E DI FRASI PRIMA DI SENTIRCI SCOPPIARE E DI DOVER INTERROMPERE PER RESPIRARE NUOVAMENTE.
Forse non riuscirete a leggerlo tutto d’un fiato la prima volta ma ci arriverete abbastanza in fretta, e a quel punto dovreste fare questo ragionamento: “Se riesco a leggere otto righe di testo senza prendere fiato perché non dovrei riuscire a gestire correttamente una frase normale che, di solito, non è più lunga di un paio di righe?”
2.1 La zona della maschera
E’ denominata zona della maschera tutta quella parte che, dalla gola fino alle sopracciglia, permette di amplificare il suono che le corde vocali inviano al fine di trasformarlo in voce. E’importante verificare che la nostra produzione vocale avvenga soprattutto in questa zona e che non sia invece “tentata” da una eccessiva laringizzazione e “ingolamento”.
Per regolare correttamente la propria voce, per verificare cioè che la nostra voce non sia alterata o innaturale, è sufficiente provare, concentrandosi sulle proprie narici, a emettere un qualsiasi suono nasalizzato: posso cioè provare a vocalizzare, a bocca chiusa, per qualche secondo, il suono “hmh-hmh”.
Sempre a bocca chiusa, per avere un’ulteriore conferma della correttezza del proprio timbro vocale, si può provare a toccare con la mano il proprio naso, sentendo in tal modo il pieno coinvolgimento di quest’ultimo nella emissione del suono “hmh-hmh”.
Per essere ancora più certi di non incorrere in nessun errore di ingolfamento, può essere utile infine porsi di fronte allo specchio controllando il proprio “pomo d’Adamo”. Se durante la vocalizzazione “hmh-hmh” questo tenderà ad abbassarsi (o semplicemente a non innalzarsi),
7
allora la nostra voce è sicuramente male impostata; essa, in assenza di un tempestivo rimedio, è destinata a logorarsi e a subire le conseguenti, connesse patologie.
Armonizzazione respirazione-voce
Prima fase: inspirazione (gonfiare l’addome e contrarre per un secondo l’intera parete addominale)
Seconda fase: rilassare e sgonfiare l’addome emettendo il suono hmh-hmh seguito da:
1- Numeri: hmh-uno-hmh-due-hmh-tre-hmh-quattro-hmh-cinque… 2- Giorni della settimana: hmh-lunedì-hmh-martedì-hmh-mercoledì-hmh-giovedì... 3- Mesi dell’anno: hmh-gennaio-hmh-febbraio-hmh-marzo-hmh-aprile-hmh-maggio….
Pronunciare i seguenti fonemi: NA – NE – NI – NO – NU MA – ME – MI – MO – MU MI – NI – MI – NI – MI – NI –MI … NIEN – NEAN – NOUN MIEM – MEAM – MOUM Pronunciare le seguenti parole: NINNA – NANNA – NONNO – MEGLIO - Alcuni consigli per usare al meglio l’apparato respiratorio e fonatorio:
1- Per le voci eccessivamente “basse”(problemi di raucedine o disfonia) è consigliabile esercitarsi con i suoni delle vocali più alte: la “i” e la “è”. Ripetere più volte sillabe tipo: ninni – dimmi – mimmi – gnimmi… oppure: èmme – ènne – nènne – gnègne…
2- Per le voci nasali, acute, “sottili” usare sillabe con vocali chiuse. Ripetere più volte: nunnu – mummu – mommo – nonno – gnogno (le “o” sempre chiuse)
3- Chi ha attacchi bruschi nell’uso della propria voce o per renderla più fluida e morbida:
8
inspirare e espirare più volte producendo “aria calda”. Dopo aver inspirato bisognerà, con la faringe rilassata, far uscire l’aria calda molto lentamente dalla bocca.
2.2 La muscolarità mimico-facciale
Molte persone frequentano le palestre, luoghi deputati al culto del fisico, e si allenano cercando di far crescere e potenziare i propri muscoli (bicipiti, tricipiti, pettorali…). Perché non proviamo a pensare che il nostro viso è formato, come il resto del corpo, da muscoli? E che i muscoli del nostro viso, se ben allenati possono consentirci di comunicare in maniera più efficace? Spesso ci dimentichiamo, o forse ignoriamo l’aspetto muscolare del nostro volto. Molte persone comunicano normalmente con la bocca “leggermente” socchiusa: questo fatto, probabilmente causato da insicurezze personali, si traduce in immobilità del viso, lieve atrofia muscolare e appannamento della specificità sonora delle singole parole. Per migliorare la muscolarità mimico-facciale occorre fare, per pochissimi minuti al giorno, questi esercizi:
esercizio composto da 5 movimenti: nel primo movimento faremo strisciare verso l’alto il labbro fino a mostrare i denti dell’arcata superiore e, il più possibile, le gengive. Nel secondo movimento occorre portare forzatamente all’interno la parete esterna del labbro nascondendo, ovviamente, denti e gengive. Nel terzo movimento portare verso l’alto il labbro superiore sovrapponendolo, per quello che ci è possibile, alle nostre narici. Con il quarto movimento tenderemo a spingere forzatamente verso l’interno il labbro inferiore mentre con il quinto movimento lo porteremo vistosamente in fuori, verso l’esterno.
Ci sono poi moltissimi altri esercizi quali la masticazione (riprodurre il movimento della masticazione immaginando di avere una pallina in bocca) oppure il sorriso-bacio (riprodurre il movimento della bocca quando sorridiamo e poi portare le labbra in avanti come per dare un bacio), etc.
Chi inizierà a praticare questi semplici esercizi, mentre è alla guida, o mentre sta guardando la televisione, si accorgerà in breve tempo dei miglioramenti che potrà verificare con un semplice test: prima di aver iniziato l’allenamento prendere un testo di venti/trenta righe e cronometrare il tempo impiegato nella lettura (ad alta voce) e fare lo stesso test dopo due settimane di allenamento muscolo-facciale attraverso gli esercizi sopra elencati. Una regola importante quando si eseguono gli esercizi è provare, soprattutto all’inizio, quel lieve dolore, necessario perché ciò significa che i nostri muscoli stanno lavorando, e faticando.
2.3 Esercizi per ottenere una buona articolazione
Di seguito troverete elencati una serie di esercizi per sciogliere e potenziare l’apparato muscolo-facciale.
9
Primo esercizio: è l’esercizio che impegna le labbra, per un minuto:
Ripetere: BA BA BA BA BA BA BA BA BA BA …
PA PA PA PA PA PA PA PA PA PA ….
Infine BA PA BA PA BA PA BA PA BA PA …
Secondo esercizio: impegna labbra e denti, per un minuto:
Ripetere: VA VA VA VA VA VA VA VA VA …
FA FA FA FA FA FA FA FA FA FA ….
Terzo esercizio: due minuti per esercitare la punta della lingua:
da ta za sa – da ta za sa – da ta za sa – da ta za sa – da ta za sa – da ta za sa ….
Quarto esercizio: punta della lingua e palato:
la ra la ra la ra la ra la ra la ra la ra la ra la ra ……
Quinto esercizio per esercitare insieme dorso della lingua, palato, denti e naso.
Gna gna gna gna na gna gna gna gna gna gna gna gna gna gna gna gna ….
Pronunciare i seguenti fonemi cercando di articolare e scandire ogni suono:
GHI - BAZ - FUB - IOC - SUG - ZIR - DAC - LEC - VUM - PID -
CAL - VAB - TUV - ZOB - GEC - CIV - ZUC - CUR - FON - BEG -
URB - SGNOC - MART - KRAB - SMURT - CIANG - RIGNOC - GNAO
BAU - GRRR - SQUIT - BEE - DRIN - BRRR - SPLASH - NOC.
____________________________________________________________________
ASTROLOGO - FIGLIOLANZA - DENTALE - STRETTAMENTE
MAGLIERIA - COGNIZIONE - MACROCOSMO - GLOBALE
SOLLECITUDINE - DISOCCUPAZIONE - BARBARIE - POTENZA
10
FANTOCCIO - GIOVANOTTO - GENEROSITA’
____________________________________________________________________
BLA - BRA - BSA - BTA - BCA - BGA
CLA - CRA - CSA - CTA - CZA
DRA - DSA - DTA
FLA - FRA - FSA - FTA
GLA - GRA - GSA - GTA
PLA - PRA - PSA - PTA - PCA - PGA
TLA - TRA - TSA
VLA - VRA - VSA - VTA
BULAM - BULEM - BULIM - BULOM - BULUM (ripetere come scioglilingua più volte)
CA X GA X CA X GA X CA X GA X CA X GA X…..
3. La dizione
Che cos’è la dizione? Cosa significa avere una “buona dizione”? Non è semplice, dal mio punto di vista, trovare una esatta definizione del termine “dizione” poiché sono molti gli elementi che devono concorrere affinché si possa parlare di una dizione corretta. Proviamo ad elencarli. Un primo elemento necessario è la corretta gestione del “fiato”: se non utilizzo una corretta respirazione, coinvolgendo cioè il torace e il diaframma, rischio di “spezzare le frasi” perché sono in debito di ossigeno e questo può creare ansia e tensione nel mio interlocutore. Un secondo elemento è la corretta articolazione delle parole, senza la quale non riusciamo ad essere sufficientemente chiari nell’esposizione verbale di un qualsiasi concetto, e questo inevitabilmente genera nella persona che abbiamo davanti una difficoltà nel riuscire a seguire il nostro discorso. Non dimentichiamoci mai che stiamo parlando affinché qualcuno ci ascolti, e possa essere interessato a quello che stiamo dicendo! Il terzo elemento è la corretta pronuncia delle vocali e-o, che possono avere due diversi suoni, come vedremo più avanti, e la conoscenza dettagliata delle regole basilari della dizione, oltre che della grammatica italiana, una lingua sempre meno conosciuta. Manca un ultimo elemento, nonché a mio avviso uno dei più importanti, per completare il quadro del termine “dizione”. Per individuarlo vi invito a rispondere ad una semplice domanda: se racconto una favola ad un bambino lui mi ascolta? È interessato? Riesco ad attirare la sua attenzione? Se la risposta è sì allora
11
abbiamo superato anche l’ultimo “step” e possiamo affermare con sicurezza di conoscere quelle che vengono definite le tecniche “affabulatorie”. Come dice la parola stessa, che deriva dal latino fabula, affabulare altro non è che l’arte di saper raccontare una fabula, cioè una storia, un episodio qualunque o leggere un testo o una poesia utilizzando al meglio il dono della parola emozionando chi ci ascolta. Per fare questo occorre cercare di variare, all’interno del racconto, il ritmo, il volume e l’intensità della nostra voce.
3.1 L’accento tonico e fonico
Esistono due tipi di accenti: quello tonico e quello fonico.
L’accento tonico è quello che ci indica il tono della parola, cioè l’appoggiatura. In base all’accento tonico le parole sono divise in:
_ tronche (accento sull’ultima sillaba) es. caffè
_ piane (accento sulla penultima sillaba) es. signora
_ sdrucciole (accento sulla terzultima) es. àrbitro
_ bi-sdrucciole (accento sulla quartultima) es. persèverano
_tri-sdrucciole (accento sulla quintultima) es. rècitamelo
Es. utensìle e non utènsile; gratùito e non gratuìto, etc.
L’accento fonico è quello che ci indica il suono della parola. Ci sono due tipi di accento:
_ chiuso o acuto: es. pénna, corsa
_ aperto o grave: es. pèlle, mòlla
3.2 Le sette vocali
Nella dizione italiana le vocali sono sette e non cinque come ci hanno insegnato a scuola. Esistono due vocali, e - o ,che possono essere pronunciate in due modi differenti (aperte o chiuse), cosa che non succede invece per le altre tre vocali (a-i-u) il cui suono è sempre invariato.
Per questo motivo la scala delle vocali, in relazione al movimento di chiusura-apertura-chiusura della bocca è la seguente:
ì - é - è - a - ò - o – u
i massima chiusura
12
é semi - chiusura
è semi - apertura
a apertura
ò semi - apertura
o semi - chiusura
u chiusura
3.3 Le consonanti
Le consonanti, secondo la pronuncia, le distinguiamo in:
LABIALI: P – B – M (si pronunciano serrando il labbro inferiore contro quello superiore)
LABIODENTALI: F – V (si pronunciano appoggiando il labbro inferiore ai denti incisivi superiori)
ALVEOLO-DENTALI: D – T –N (si pronunciano appoggiando la punta della lingua sugli alveoli dei denti incisivi superiori)
ALVEOLARI: S – Z (la punta della lingua è posizionata verso il basso e la parte anteriore del dorso della lingua tocca gli alveoli degli incisivi inferiori)
PALATO-ALVEOLARI: C – G (DOLCI) (si pronunciano appoggiando la lingua nella parte anteriore del palato, vicino agli alveoli)
VELARI O GUTTURALI: C – G – Q (DURE) (si articolano sull’ultima regione del palato e si pronunciano ritirando la lingua indietro, verso la gola).
3.4 Le consonanti “s” e “z”
La “s” e la “z” sono le uniche due consonanti che possono avere due differenti suoni:
s aspra o sorda (es. casa, stanza, assalire, essere, cosa, così, naso)
S dolce o sonora (es. Sbadiglio, chieSa, diSgregare, viSo)
z aspra o sorda (es. zio, lezione, pozzo, zucchero)
Z dolce o sonora (es. orZo, ZanZara, ZuZZurellone)
13
Per convenzione grafica indicheremo la s sorda (sale) e la z sorda (pazzo) in carattere minuscolo, mentre la S sonora (Sbaglio) e la Z sonora (ZanZara) saranno rappresentate in carattere maiuscolo.
Di seguito una serie di parole con la z sorda a inizio parola: zampogna, zampata, zanna, zampone, zattera, zacchera, zampillo, zecca, zecchino, zéppo, zeppola, zio, zimbello, zoccolo, zoppo, zompare, zucca, zuffa, zufolo, zuppo…
z sorda in mezzo alla parola: aguzzo, bazzicare, bozzetto, bozzolo, calza, Enzo, fidanzato, guizzo, impazzire, mazzo, mazza, merluzzo, paranza, scherzo, spezia, schizzo, Venezia, azzannare, azzeccato, azzittire, azzoppare, lezione…
z sonora a inizio parola: Zavorra, Zaino, Zar, Zante, Zaffìro, Zeus, Zizzania, Zolla, Zona, Zabaione, Zinco, Zodiaco, Zoofilo, Zonzo, Zafferano, Zoologia, Zotico.
z sonora in mezzo alla parola: amaZZone, arZillo, aZZurro, aZZardo, aguZZino, aZienda, barZelletta, baZZecola, breZZa, aguZZino, doZZina, friZZante, garZone, pranZo, raZZo, schiribiZZo, sgabuZZino, trameZZo, roZZo…
Esistono alcune parole che se vengono pronunciate con la z sorda hanno un significato, se le pronunciamo invece con la Z sonora allora il significato cambia, eccole qui:
razza (stirpe) raZZa (pesce)
mézzo (bagnato) mèZZo (metà, modo)
mozzo (garzone) mòZZo (pezzo della ruota).
Passiamo ora alla consonante s.
Per quanto riguarda la s a inizio parola, se questa precede le consonanti sonore (quelle nella cui fonazione interviene il totale coinvolgimento delle corde vocali, quindi quelle che vibrano di più: b, d, gh, gi, l, m, n, r, s sonora, v, z sonora) allora sarà sempre sonora: es. Sbaglio, Sdentato, Slegare, Smania, ….).
La s a inizio parola è invece sempre sorda nei seguenti casi:
- se è seguita dalle consonanti non elencate, quelle aspre (ch, ci, f, p, q, s, t, z): es. scherzo, sfarzo, spina, squadra.
- quando è seguita da qualsiasi vocale: es. sapone, sedia, signore….
La s è sempre sorda anche quando è doppia interna a sostantivi: es. gesso, masso, lusso, passo, fesso….
Il discorso sulla s intervocalica (preceduta e seguita da una o più vocali) è invece più complicato:
14
è sorda in vocaboli come asino, casa, mese, cosa, peso, naso; nel suffisso oso (smanioso, scontroso), è quasi sempre sorda nel suffisso ese (genovese, ateniese), ad eccezione però delle parole franceSe, marcheSe, borgheSe, corteSe, paeSe, che hanno invece la s sonora.
E’ sempre sorda nelle desinenze dei predicati verbali terminanti in es (chiesi), is (risi), os (posi), us (chiusi).
E’ sempre sorda in parole composte o precedute da prefissi: buonasera, ventisei, risentire, risollevare.
Ecco di seguito un elenco di parole con la s sorda:
attesa, ascesa, asino, casa, casella, casino casinò, caserma, cosa, così, chiuso, desiderio, desistere, disegno, desumere, esteso, fusa, gelosia, impresa, intesa, mimosa, mese, naso, pisello, peso, posa, posata, posato, posare, presidio, presentimento, presa, presupporre, riso, raso, riserva, risoluto, risolvere, risultato, resa, rosicchiare, resoconto, resistere, resistenza, residuo, risiedere, residenza, rasoio, sorpresa, sorriso, spesa, téso, usato.
La s è invece sempre sonora quando corrisponde alla “X” latina: eSigere, eSame, eSercito, eSibire.
Ecco di seguito un elenco di parole con la s sonora:
avviSare, aSilo, applauSo, ASia, acquiSire, asceSi, abuSo, aSola, accuSa, baSe, baSetta, borgheSe, biSogno, biaSimo, caSacca, compoSizione, coeSione, criSi, corteSe, concluSione, conciSo, caSo, cauSa, caSeificio, chieSa, confuSione, diSertare, deSerto, deSolato, diffuSione, deciSo, diviSo, doSe, dioceSi, enfaSi, elemoSina, esploSione, entusiaSmo, faSe, fraSe, fantaSia, filoSofia, fuSo, fuSione, geneSi, GeSù, ginnaSio, improvviSo, impoSizione, inciSo, iSola, inviSo, inquiSizione, infuSo, intruSo, laSagna, leSo, laSer, leSinare, miSura, muSeo, muSica, marcheSe, miSero, narciSo, obeSo, occaSione, oSare, paeSe, paeSaggio, paleSe, paradiSo, poeSia, prepoSizione, preSente, previSione, preciSo, proSa, presuntuoSo, poSitivo, prognoSi, proteSi, quaSi, raSente, roSa, reSina, seSamo, spoSo, scuSa, scuSare, teSoro, tèSi, televiSione, uSo, ucciSo, ucciSione, viSo, viSone, viSita, viSione, viSivo.
3.5 Gli omografi (omofoni e allofoni)
Gli omografi sono tutte quelle parole che si scrivono nello stesso modo.
Gli omografi si distinguono in:
omografi – omofoni, parole che si scrivono e si pronunciano nello stesso modo, hanno cioè lo stesso suono ma un significato diverso: es. sette (numero, associazioni segrete), letto (divano, participio passato di leggere), retta (tassa, giusta)
omografi - allofoni, parole che si scrivono nello stesso modo ma un diverso suono: es. bòtte, botte / pèsca (frutto), pésca (verbo pescare) / ménto (parte del viso), mènto (verbo mentire) /
15
ésca (amo), èsca (verbo uscire) / tèma (argomento), téma (timore) / accétta (ascia), accètta (verbo accettare) / ….
Ecco una filastrocca che contiene una serie di allofoni:
C’era una volta un ré
Col volto color di céra
amava gli accordi in rè
crédo che recitasse il crèdo
ogni vénti ore
si lasciava cullare dai vènti del nord
e a volte pareva che corrésse, cosa che presto corrèsse, verso delle fòsse come se fosse un atleta che pensa solo a vincere delle còppe / la coppa era la parte del maiale che egli preferiva.
Di seguito un elenco dettagliato di omografi allofoni:
abbàino (vèrbo abbaiàre) abbaìno (soffìtta)
àbitino (vèrbo abitàre) abitìno (àbito, diminutìvo)
affàscino (vèrbo affascinàre) affascìno (vèrbo, preparàre fascìne)
‘Alice (nóme di città) Alìce (nóme pròprio)
àltero (vèrbo alteràre) altèro (aggettìvo, orgoglióso)
àmbito (spàzio delimitàto) ambìto (vèrbo ambìre)
àncora (sostantìvo) ancóra (avvèrbio)
àrbitri (pluràle di àrbitro) arbìtri (pluràle di arbìtrio)
àrista (schièna dél maiàle) arìsta (spìga)
armeggìo (affaccendaménto confùso) arméggio (armaménto)
àuguri (pluràle di àugure) augùri (pluràle di augùrio)
àuspici (pluràle di àuspice) auspìci (pluràle di auspìcio)
‘Avena (nóme di città) avéna (piànta erbàcea)
16
bàcino (vèrbo baciàre) bacìno (recipiènte)
bàlia (nutrìce) balìa (potére)
bàlzano (vèrbo balzàre) balzàno (stràmbo)
bécchino (vèrbo beccàre) becchìno (addétto àlla sepoltùra)
benèfici (pluràle di benèfico) benefìci (pluràle di benefìcio)
bùchino (vèrbo bucàre) buchìno (pìccolo bùco)
càpitano (vèrbo capitàre) capitàno (gràdo militàre)
càpito (vèrbo capitàre) capìto (vèrbo capìre)
Càscina (nóme di città) cascìna (insediaménto agrìcolo)
circùito (spazio delimitàto) circuìto (vèrbo circuìre)
colonìa (contràtto agràrio) colònia (comunità, profùmo)
còmpito (esecuzióne) compìto (garbàto, vèrbo compìre)
crògiolo (vèrbo crogiolàre) crogiòlo (recipiènte)
cùpido (àvido) Cupìdo (dìo déll’amóre)
dècade (dièci giórni) decàde (vèrbo decadére)
dèmoni (pluràle di dèmone) demòni (pluràle di demònio)
desìderi (vèrbo desideràre) desidèri (pluràle di desidèrio)
dèstino (vèrbo destàre) destìno (fàto, vèrbo destinàre)
diménticati (vèrbo dimenticàre) dimenticàti (oméssi)
esàmino (vèrbo esaminàre) esamìno (pìccolo esàme)
èstimo (valutazióne di bèni) estìmo (vèrbo estimàre)
frùstino (vèrbo frustàre) frustìno (pìccola frùsta)
gorghéggio (sostantivo
e vèrbo gorgheggiàre)
gorgheggìo (sequènza di gorghéggi)
17
gorgóglio (brève gorgogliaménto) gorgoglìo (gorgogliaménto insistìto)
ìmpari (disuguàle) impàri (vèrbo Imparàre)
ìndice (dìto, sìntomo) indìce (vèrbo indìre)
ìntimo (àmbito privàto) intìmo (vèrbo intimàre)
intùito (perspicàcia) intuìto (vèrbo intuìre)
lèggere (vèrbo) leggère (aggettìvo)
lìnceo (aggettìvo, délla lìnce) Lincèo (nóme pr. e mèmbro accadèmia dei lincèi)
malèdico (maldicènte) maledìco (vèrbo maledìre)
malèfici (capàce di provocàre il màle) malefìci (pluràle di malefìcio)
màrtiri (pluràle di màrtire) martìri (plurale di martìrio)
mèndico (vèrbo mendicàre) mendìco (mendicànte)
móndano (da mondàre:
togliere buccia)
mondàno (frìvolo)
móntano (vèrbo montàre) montàno (di montàgna)
nòcciolo (interno legnoso dei frutti) nocciòlo (àlbero)
òccupati (imperativo del
vèrbo occupàre)
occupàti (aggettìvo, impegnàti)
òmero (spàlla) Omèro (nóme pròprio)
òvvio (aggettìvo, evidènte) ovvìo (vèrbo ovviàre)
pàgano (vèrbo pagàre) pagàno (aggettìvo)
pàttino (vèrbo pattinàre) pattìno (imbarcazióne)
prèdico (vèrbo predicàre) predìco (vèrbo predire)
prèsidi (pluràle di prèside) presìdi (pluràle di presìdio)
prìncipi (pluràle di prìncipe) princìpi (pluràle di princìpio)
18
pùntino (vèrbo puntàre) puntìno (diminutìvo di pùnto)
rasségnati (vèrbo rassegnàre) rassegnàti (pluràle di rassegnàto)
règia (aggettìvo, reàle) regìa (méssa in scèna)
rèsina (sostànza plàstica) Resìna (nóme di città)
rètina (membràna déll’òcchio) retìna (diminutìvo di réte)
ricòrdati (imperatìvo del
vèrbo ricordàre)
ricordàti (paricìpio passàto di ricordàre)
rùbino (vèrbo rubàre) rubìno (piètra preziósa)
séguito (sostantìvo e vèrbo seguitàre) seguìto (vèrbo seguìre)
Sòfia (nóme di città) Sofìa (nóme pròprio)
Spàlato (nóme di città) spalàto (vèrbo spalàre)
spìano (vèrbo spiàre) spiàno (vèrbo spianàre)
sùbito (avvèrbio) subìto (vèrbo subìre)
Tàrsia (nóme di città) tarsìa (decorazióne dél légno o délla piètra)
tèmperino (vèrbo temperàre) temperìno (sostantìvo)
tèndine (terminazióne mùscolare) tendìne (diminutìvo pluràle di tenda)
tènere (pluràle di tènera) tenére (vèrbo)
tùrbine (vòrtice) turbìne (pluràle di turbìna)
vìola (vèrbo violàre) viòla (fióre)
vìolino (vèrbo violàre) violìno (struménto musicàle)
vitùperi (vèrbo vituperàre) vitupèri (pluràle di vitupèrio)
vólano (vèrbo volàre) volàno (òrgano rotànte)
19
3.6 Regole generali di dizione
Di seguito troverete una serie di regole generali che riguardano le vocali e-o e le consonanti s-z.
La vocale e è sempre aperta (è) nei seguenti casi:
1 – Nelle terminazioni verbali dei condizionali in ei, èbbe, èbbero
Es. vorrèi, potrèi, saprèi, saprèbbe, partirèbbero…
2 – Nei diminutivi in ello e nei nomi che terminano in ello,ella
Es. bambinèllo, somarèllo, anèllo, novèlla, favèlla
3 – Nei nomi che terminano in èma
Es. tèma, problèma, teorèma…
4 - Nei nomi che terminano in ènda
Es. agènda, aZiènda, faccènda, tènda…
5 - Negli infiniti in èndere
Es. accèndere, attèndere, difèndere…
6 – Negli aggettivi in èndo
Es. orrèndo, stupèndo, tremèndo…
7 – Nel gerundio in èndo
Es. salèndo, potèndo, volèndo…
8 – Negli aggettivi in ènse, ènso, ènte, ènto
Es. circènse, dènso, coerènte, furènte, attènto, contènto…
9 – Nel participio presente in ènte
Es. accogliènte, esauriènte, fervènte…
10 – Nei nomi che terminano in ènza
Es. concorrènza, paziènza, potènza…
11 – Nei nomi e aggettivi in èrio, èria
Es. critèrio, artèria, matèria…
12 – Nei numerali in èsimo
20
Es. dodicèsimo, ventèsimo, centèsimo…
13 – Nei nomi e aggettivi in èstre, èstro, èstra
Es. alpèstre, canèstro, finèstra…
14 – Nelle terminazioni verbali in ètti, ètte, èttero
Es. io dètti (dare), egli dovètte (dovere), essi stèttero (stare)…
15 – Nei nomi in èzio, èzia
Es. trapèzio, scrèzio, inèzia…
16 – Nel dittongo iè
Es. cièlo, pièno, chièsa, carrièra, vièni…
17 – Nei nomi tronchi d’origine straniera (es. bignè, caffè…)
La vocale e è sempre chiusa (é) nei seguenti casi:
1 – Nei monosillabi
Es. che, me, re (sovrano)
2 – Nei polisillabi tronchi in é accentata
Es. finché, poiché, giacché…
3 – Nei nomi e aggettivi terminanti in éccio
Es. casaréccio, cicaléccio, libéccio…
4 - Nei nomi in éfice
Es. artéfice, carnéfice, Pontéfice…
5 -Nei nomi (o voci verbali) in éggio, éggia
Es. postéggio, disorméggia, villéggia…
6 – Nelle forme verbali in éi, ésti, é, éste, émmo, éste, érono (pass.remoto)
Es. teméi, volésti, poté, dovémmo, sapéste, credérono…
7 – Nell’infinito dei verbi in ére
Es. sedére, bére, cadére, vedére…
8 – Nei nomi in ésa
21
Es. attésa, imprésa, sorprésa…
9 – Negli aggettivi in ésco
Es. giullarésco, pazzésco…
10 – Nei nomi in ése
Es. cortése, francése, inglése…
11 – Nei nomi in éssa
Es. dottoréssa, contéssa, professoréssa…
12 – Nelle forme verbali in éte
Es. faréte, potréte…
13 – Nelle forme verbali in éssi, ésse, éssero
Es. sapéssi, credésse, voléssero…
14 – Nei nomi e aggettivi in étto, étta
Es. architétto, casétta, civétta…
15 – Nelle forme verbali in éva
Es. credéva, sapéva, voléva…
16 – Negli aggettivi in évole
Es. sociévole, amorévole, piacévole…
17 – Nei nomi in ézza
Es. tristézza, dolcézza…
18 – Negli avverbi in ménte
Es. agilménte, dolceménte, serenaménte…
19 – Nei nomi in ménto
Es. fidanzaménto, abbigliaménto…
20 – Nelle forme verbali in rémo, réte
Es. dirémo, faréte, potréte…
21 – Nella terminazione in ésimo dei nomi astratti
Es. cristianésimo, incantésimo…
22
La vocale o è sempre aperta (ò) nei seguenti casi:
1 – Nei nomi che terminano in iòlo
Es. figliòlo, vaiòlo, paiòlo…
2 – Nei nomi che terminano in òccio
Es. bambòccio, cartòccio…
3 – Nel participio passato in òsso
Es. commòsso, promòsso…
3 – Nelle terminazioni verbali in òlsi, òlse, òlsero
Es. còlsi, sciòlse, tòlsero…
4 - Nei nomi in òtto
Es. decòtto, pancòtto…
5 – Nei nomi in òzio
Es. negòzio, sacerdozio…
6 – Nei nomi in òzzo, òzza
Es. abbòzzo, tòzzo, tavolòzza…
7 – Nei nomi in sòrio
Es. accessòrio, illusòrio, provvisòrio…
8 – Nel dittongo uò
Es. buòno, cuòre, muòre, ruòta, scuòla…
9 – Nei monosillabi
Es. nò, so, dò…
10 – Nei polisillabi tronchi in ò accentata
Es. dirò, però, pagherò…
La vocale o è sempre chiusa nei seguenti casi:
1 – Nelle parole che terminano in oce
Es. atroce, foce, croce…
23
2 – Nei nomi in ogna, ogno
Es. carogna, menzogna, vergogna, bisogno sogno…
3 – Nei nomi che terminano in oio
Es. avvoltoio, accappatoio, rasoio, vassoio…
4 – Nelle parole in onda, ondo
Es. baraonda, fecondo, mondo, tondo…
5 – Nei nomi che terminano in one
Es. bottone, carbone, educazione…
6 – Nelle forme verbali che terminano in ono
Es. abbandono, ispeziono, seleziono…
7- Nei nomi in ore
Es. ambasciatore, calore, compositore, cultore…
8 – Nelle forme verbali in osi, ose, osero
Es. posi, nascose, riposero…
9 – Negli aggettivi in oso
Es. delizioso, affettuoso, chiassoso…
La consonante s è sempre sorda (come in “sasso”) nei seguenti casi:
1 – Quando è doppia
Es. rosso, masso, passo, assai…
2 – Quando si trova in principio di parola ed è seguita da una vocale
Es. sale, sole, superare, silenzio, salute…
3 – Quando è seguita, sia all’inizio sia nel corpo della parola, dalle consonanti: c, f, p, q, t
Es. scansare, aspetto, astio…
4 – Quando è preceduta da un’altra consonante
Es. psicanalisi, falso, corsa, borsa…
24
La consonante S è invece sempre sonora (cioè vibrante) nei seguenti casi:
1 – Davanti alla “b” (Sbaciucchiare, Sbaglio, Sberla…)
Davanti alla “d” (Sdegno, Sdentato…)
Davanti alla “g” (Sgabello, Sgabuzzino…)
Davanti alla “l” (Slancio, Slitta…)
Davanti alla “m” (Smania, Smacco…)
Davanti alla “n” (Snello, Snob…)
Davanti alla “r” (Sragionare, Sradicare…)
Davanti alla “v” (Sveglia, Svenire…)
2 – Nella maggioranza dei casi la S intervocalica è sonora
Es. aSilo, aSola, auSilio, baSe, baSilica, biaSimo, biSunto, cauSa, caSo, ceSello, ceSoie, clauSura, criSi, eSempio, fiSica, iSola, marcheSe, miSeria, muSo, paeSe, paradiSo, pauSa, proSa, poeSia, scuSa, spoSo, teSoro, vaSo, viSo…
La consonante z è sempre sorda nei seguenti casi:
1 – Nelle parole che terminano in:
azia (grazia, disgrazia…)
azie (grazie…)
azio (strazio…)
èzia (inezia, facezia…)
èzio (screzio, trapezio…)
izia (pigrizia, furbizia…)
izie (calvizie…)
izio (comizio, fittizio…)
òzio (negozio, sacerdozio, ozio…)
uzia (astuzia, arguzia…)
uzie (balbuzie…)
2 – Nelle parole che terminano in ézza, òzza, uzzo
Es. bellezza, carrozza, merluzzo…
25
La Z è sempre sonora (come in biZZarro) nei seguenti casi:
1 – Nelle parole che terminano in:
iZZare (elettriZZare, sintetiZZare…)
iZZire (imbiZZire…)
iZZatore (vaporiZZatore, sonoriZZatore…)
3.7 Il giusto posto dell’accento
L’accento tonico ci indica il tono della parola, l’appoggiatura, cioè la sillaba su “appoggiamo” la voce. Spesso ignoriamo l’esatta posizione di questo accento. Di seguito troverete un elenco di parole che abbastanza comunemente vengono pronunciate in maniera scorretta; l’accento tonico qui sarà evidenziato in neretto.
Pronuncia sbagliata Pronuncia corretta
abrogo abrogo
acchito acchito (soltanto una “t”)
agglutino agglutino
alchimia alchimia
amaca amaca
caduco caduco
catodo catodo
centellino centellino
codardia Codardia
cognac cognac
cosmopolita cosmopolita
constato constato
cuculo cuculo
edile Edile
evapora evapora
faida faida
26
Friuli Friuli
gomena gomena
guaina guaina
inclito inclito
infingardia infingardia
incavo incavo
invadere invadere
istigo istigo
leccornia leccornia
Nobel Nobel
persuadere persuadere
pudico pudico
rubrica rubrica
salubre salubre
sguaino sguaino
violo violo
3.8 Il rafforzamento
Alcune consonanti, quando si trovano ad inizio parola, devono essere “rafforzate”, cioè pronunciate come se fossero doppie. Questo rafforzamento avviene nei seguenti casi:
-Dopo tutte le parole polisillabe tronche perché no --> perché-nnò città santa --> città-ssanta sarò tua --> sarò-ttua
-Dopo i monosillabi accentati o tonici né, già, quà, là, fa, più, sì, ma, sa, fra, se, a, e, o… già detto > già-ddetto là sotto > là-ssotto fra noi > fra-nnoi se dici > se-ddici e poi > e-ppoi
27
a noi > a-nnoi
-Dopo la forma è del verbo essere è vero > è-vvero è falso > è-ffalso
3.9 Gli scioglilingua
Lo scioglilingua rappresenta una successione di parole i cui suoni, spesso ripetuti all’interno della stessa frase, risultano difficili da pronunciare, soprattutto se articolati velocemente. Sono un buon esercizio di articolazione. Ne proponiamo alcuni:
In un coppo poco cupo poco pepe cape.
Se il coniglio gli agli ti piglia, togligli gli agli e tagliagli gli artigli.
Sette scettici sceicchi sciocchi con la sciatica a Shanghai.
La ruota rotonda ruotava rovente, restando rasente la rete.
L'amata Mita a metà ammattita mise metà matita e la matita in tasca.
Chi porta in porto le porte, parta dai porti e porti in porto le porte aperte.
Sessantasei assassini andarono ad Assisi tutti e sessantasei assassinandosi.
Quanti rami di rovere roderebbe un roditore se un roditore potesse rodere rami di rovere?
Sopra un sasso messo stava su se stesso un sasso stava.
Sedendo carponi cogliendo foglioni, foglioni cogliendo carponi sedendo.
Nel giardin di Frate Andrea, Fra` Simon foglion cogliea. Nel giardin di Fra` Simon, Frate Andrea cogliea foglion.
28
In via dell'agnolo c'era un pizzicagnolo che aveva un frignolo sul dito mignolo.
Ti ci stizzisci? E stizziscitici pure!
Sul mare ci sono nove navi nuove una delle nove non vuole navigare.
Tu che attacchi i tacchi, attaccami i tacchi. Io? attaccare i tacchi a te che attacchi i tacchi? Ma attaccateli tu i tuoi tacchi!
Un limone, mezzo limone due limoni, mezzo limone tre limoni, mezzo limone…. Etc
Ho un campo di lupini da diradare; chi me li diraderà?
Chi seme di senapa secca semina sempre seme di senapa secca raccoglie.
Chi tocca di zucca la zucca di Checca fa zucca barucca e la zucca si ammacca. Che pacca che schiocca!
Scopo la casa, la scopa si sciupa;ma se non scopo sciupando la scopa, la mia casetta con cosa la scopo?
Due dadi Dado ha avuto in dono ma Ida e Ada gelose sono.
Prendi questa barca e impegolamela e quando l'avrai impegolata disimpegolamela senza impegolarmi.
Treno troppo stretto e troppo stracco stracca troppi storpi e stroppia troppo.
Sa chi sa che non sa non sa chi non sa che non sa.
Caro conte chi ti canta tanto canta che t'incanta.
In un conca nuotano a rilento tre trote, cinque triglie e tinche cento.
Tigre intriga tigre.
Tre tigri contro tre tigri.
Lucio e Decio lisciano dodici gatti felici.
29
Filastrocca sciogligrovigli con la lingua ti ci impigli ma poi te la sgrovigli basta che te la pigli.
È passato lo stracciatoppe e non m'ha stracciatoppato. Quando ripasserà mi stracciatopperà.
Filo fine dentro il foro se l'arruffi non lavoro, non lavoro e il filo fine fora il foro come un crine.
Pio Pietro Paolo Pula, pittore palermitano pinse pittura per poco prezzo. Prepotente popolo, pagate presto Pio Pietro Paolo Pula per partire per Palermo propria patria.
Il cuoco cuoce in cucina e dice che la cuoca giace e tace perché sua cugina non dica che le piace cuocere in cucina col cuoco.
O schiavo con lo schiaccianoci, che cosa schiacci? Schiaccio sei noci del vecchio noce con lo schiaccianoci.
Un pezzo di pizza che puzza nel pozzo del pazzo di pezza.
"C'è il questore in questura a quest'ora?" "No, non c'è il questore in questura a quest'ora, perché se il questore fosse in questura a quest'ora sarebbe questa la questura!"
Pietro Perrone, pregiato pittor perugino, pinse pittura per poco prezzo. Poi, pentitosi pel poco prezzo percepito, partì per Perugia, proseguì per Palestrina, però per perfidia pagana. Pregategli perpetua pace.
Avevo una graticola da ringraticolare. La portai dal capo ringraticolatore delle graticole, ma il capo ringraticolatore delle graticole non c'era. Allora me la ringraticolai da me e me la ringraticolai meglio del capo ringraticolatore delle graticole.
Sei tu quel barbaro barbiere che barbaramente barbasti la barba a quel povero barbaro barbone?
30
Sotto le frasche del capanno quattro gatti grossi stanno; sotto quattro grossi sassi, quattro gatti grossi e grassi.
Vedo un ragno nel suo regno, che lavora con impegno; e uno gnomo che fa il bagno con un cigno nello stagno.
La marmotta, quando annotta, nella grotta già barbotta che la pappa non è cotta! Quando è cotta ribarbotta, perché scotta!
C'era una volta una cincibiriciaccola, che aveva centocinquanta cincibiriciaccolini. Un giorno la cincibiriciaccola disse ai suoi centocinquanta cincibiriciaccolini: "Smettetela di cincibiriciaccolare sempre, altrimenti un giorno non cincibiriciaccolerete più".
Eva dava l'uva ad Ava; Ava dava l'uova ad Eva; ora Eva è priva d'uva, mentre Ava è priva d'uova.
Ciò che è, è; ciò che non è, non è; ciò che è, non è ciò che non è; ciò che non è, non è ciò che è.
Ho in tasca l'esca ed esco per la pesca, ma il pesce non s'adesca, c'è l'acqua troppo fresca. Convien che la finisca, non prenderò una lisca! Mi metto in tasca l'esca.
3.10 Il timbro e il volume
Nella maschera facciale risiede la chiave per arrivare al timbro della voce, ossia a quella sensazione di corposità della voce. Occorre fare attenzione però al termine corposità, con il quale non si intende la qualità più o meno scura della voce (ossia il registro), ma la sua capacità di rendersi perfettamente risonante e perciò ben udibile. L’udibilità della voce non è quindi un fattore legato al volume, cioè alla quantità di suono emesso, ma al timbro, cioè alla
31
qualità della risonanza. Pensiamo ad esempio ad un impianto stereo: se questo avesse gli altoparlanti rotti, anche se alzassimo il volume al massimo, il suono che ne verrebbe fuori sarebbe estremamente povero. Se però cambiamo gli altoparlanti allora la corposità del suono sarà tale da permetterci di godere della musica anche ad un volume bassissimo.
Proponiamo un esercizio per rinforzare la risonanza.
Inspirare, prendere aria dalla pancia e pronunciare i seguenti suoni:
NA – NO - NA - NO
MA – MO – MA - MO
DA – DO – DA – DO
Nì – Né – Né – NA – Nò – NO – NU
MI – Mé – Mè – MA – Mò – MO – MU
TI – Tè – Tè – TA – Tò – TO – TU
BI – Bé – Bè – BA – Bò – BO – BU
EA – EI – EO – EU
IA – IE – IO – IU
OA – OE – OI – OU
UA – UE – UI – UO
AE – AI – AO – AU
Esercizio per il volume e il timbro. Provare a leggere questi testi cercando di rimanere fedeli, con le variazioni di timbro e di volume, a quanto suggerito dalla lettura.
“PUNTO PRIMO IL VOLUME
NELLE SUE VARIETA’
SI PARLA AD ALTA VOCE
E SE PARLI AD UN TAL CHE PASSA
IL VOLUME CAMBIERA’
TU PUOI PARLARE AGLI ALTRI
O PUOI PARLAR PER TE
32
PARLARE AD UN GRANDE PUBBLICO
PARLARE A DUE O A TRE
PUO’ SEMBRARE MOLTO FACILE
MA FACILE NON E’”
“PUNTO SECONDO IL TIMBRO
NELLE SUE MODALITA’
SI PARLA RAUCHI O LIMPIDI
DI GOLA OPPUR SI VA
CERCANDO ANCHE NEL NASO
ALTRE SONORITA’
UN SOFFIO APPENA UDIBILE
UN URLO UN CRA CRA CRA
DI PETTO DALLE VISCERE
DI TESTA E ANCOR CE N’è””
3.11 Appunti (verbi, numeri, giorni, mesi, nomi propri, la lingua italiana scritta)
I verbi ausiliari (essere e avere) Modo/Tempo Verbo essere Verbo avere Indicativo/Presente sóno, sèi, è, siète, sóno hò, avéte Indicativo/Imperfetto èro, èri, èra, èrano avévo, avévi, avéva, avévano Indicativo/Fut. semplice sarò, sarémo, saréte avrò, avrémo, avréte Indicativo/Passato remoto fósti, fóste èbbi, avésti, èbbe, avémmo,
avéste, èbbero
Condizionale/Presente sarèi, sarésti, sarèbbe, sarémmo, saréste, sarèbbero
avrèi, avrésti, avrèbbe, avrémmo, avréste, avrèbbero
Congiuntivo/Imperfetto fóssi, fósse, fóssimo, fóste, fóssero avéssi, avésse, avéste, avéssero
Participio/Presente -------- avènte
33
Gerundio/Presente essèndo avèndo Le principali desinenze dei verbi non ausiliari Modo/Tempo Singolare Plurale 1^ pers. 2^ pers. 3^ pers. 1^ pers. 2^ pers. 3^ pers. Indicativo/Presente ----- ----- ----- ----- -éte ----- Indicativo/Imperfetto -évo -évi -éva ----- ----- -évano Indicativo/Futuro semplice -ò ----- ----- -émo -éte ----- Indicativo/Passato remoto -éci ----- -éce ----- ----- -écero -éi -ésti -é -émmo -éste -érono -élsi ----- -élse ----- ----- -élsero -énni ----- -énne ----- ----- -énnero I numeri, i mesi, i giorni I numeri cardinali ùno sèi ùndici sédici trénta dùe sètte dódici diciassètte ----- tré òtto trédici diciòtto cènto quàttro nòve quattórdici diciannòve ----- cìnque dièci quìndici vénti milióne I numeri ordinali prìmo sèsto undicèsimo sedicèsimo secóndo sèttimo dodicèsimo diciassettèsimo tèrzo ottàvo tredicèsimo diciottèsimo quàrto nòno quattordicèsimo diciannovèsimo quìnto dècimo quindicèsimo ventèsimo I mesi dell'anno gennàio febbràio màrzo aprìle màggio giùgno lùglio agósto settèmbre ottóbre novèmbre dicèmbre
34
I giorni della settimana lunedì martedì mercoledì giovedì venerdì sàbato doménica
I nomi propri Abèle, Adèlchi, Adèle, Adòlfo, Adóne, Albèrto, Agnèse, Alèssio, Alfrédo, Alighièro, Ambrògio, Amedèo, Amèlia, Amlèto, Anaclèto, Andrèa, Angèlica, Antònio, Antonèllo, Ansèlmo, Arnòldo, Auròra;
Benedétto, Bèrta, Bòris;
Carlòtta, Carmèlo, Celèste, Césare, Clèlia, Clemènte, Cornèlio, Còsimo, Cristòforo;
Danièle, Demètrio, Desidèrio, Diègo, Doménico, Dòra, Donatèlla, Èbe, Edmóndo, Ègle, Èlena, Eleonòra, Elèttra, Èlio, Elisabètta, Elisèo, Élsa, Emanuèle, Èmma, Ènnio, Ènzo, Ernèsto, Èster, Èttore, Eugènio, Eusèbio, Èva;
Fedéle, Fedòra, Filibèrto, Fiorènzo, Francésco, Fulgènzio;
Gabrièle, Gabrièlla, Galilèo, Gaudènzio, Gastóne, Gèmma, Genèsio, Genovèffa, Gilbèrto, Ginévra, Gigliòla, Giórgio, Giosuè, Giròlamo, Gisèlla, Giusèppe, Goffrédo, Gregòrio, Gualtièro, Guglièlmo;
Innocènzo, Irène, Isabèlla, Isòtta, Ippòlito;
Leopòldo, Lambèrto, Lorènzo;
Maddalena, Marcèllo, Mattèo, Michèle, Milèna, Mirèlla, Mònica;
Nicòla, Nòra, Nòrma;
Ofèlia, Olivièro, Òlga, Omèro, Orèste, Ornèlla, Órsola, Òscar, Otèllo;
Perpètua, Piètro, Pompèo;
Rachèle, Raffaèle, Raimóndo, Rebècca, Rèmo, Robèrto, Romèo, Ròcco, Ròmolo, Ròsa, Ruggèro;
Salvatóre, Secóndo, Sèrgio, Sèsto, Sèttimo, Sevèro, Silvèstro, Simóne, Simonétta, Stéfano, Sònia;
Taddèo, Telèmaco, Teodòro, Terènzio, Terèsa, Tesèo;
Umbèrto;
Valèrio, Verònica, Vincènzo, Vittòrio.
35
La lingua italiana scritta (errori più frequenti)
Con o senza accento?
Le parole di questa lista sono, a due a due, identiche. Le distingue solo l'accento: su una ci vuole, sull'altra no.
L'accento va messo su: L'accento non va messo su:
dà (verbo dare) Es. Luigi mi dà la mano
da (preposizione) Es. Vengo da Roma
là (avverbio di luogo) Es. Vai là
la (articolo o pronome) Es. La chitarra la suoni?
Lì (avverbio di luogo) Es. Stai lì
Li (pronome) Es. Li senti?
è (verbo essere) Es. Il tavolo è di legno
e (congiunzione) Es. Il gatto e la volpe
Sé (pronome)* Es. Pensa solo per sé
Se (congiunzione) Es. Se sei stanco, dormi
Né (congiunzione negativa) Es. Né carne, né pesce
Ne (avverbio e pronome) Es. Me ne vado; Ne vuoi ancora?
Sì (affermazione) Es. Stai bene? Sì.
Si (pronome) Es. Il piatto si è rotto.
Tè (bevanda) Es. Ti piace il tè?
Te (pronome) Es. Parlo con te!
*Quando il pronome sé è seguito da stesso o medesimo, l'accento può essere tralasciato perché non c'è rischio di confusione con la congiunzione se. Si può scrivere dunque sia se stesso, sia sé stesso
36
Vanno scritte sempre senza accento le seguenti parole:
qui (avverbio) Es. Sono qui qua (avverbio) Es. Sono qua so (prima persona dell'indicativo presente del verbo sapere) Es. Io so leggere sa (terza persona dell'indicativo presente del verbo sapere) Es. Lui sa ascoltare fa (terza persona dell'indicativo presente del verbo fare) Es. Lui fa molto sport va (terza persona dell'indicativo presente del verbo andare) Es. Marco va in piscina fu (terza persona del passato remoto del verbo essere) Es. Leopardi fu un grande poeta blu (sostantivo o aggettivo) Es. Il cielo è blu re (sostantivo) Es. Il leone è il re della foresta tre (numero) Es. I tre moschettieri Su (avverbio e preposizione) Es. Vieni su; L'ho visto su una barca Do (prima persona singolare del verbo dare) Es. Ti do una mano; Ti do un consiglio
Vanno scritte sempre con l'accento:
già, giù, più, ciò.
37
Con o senza apostrofo? Quando l'apostrofo si usa preferibilmente, ma non obbligatoriamente
esempi
Con l'articolo la e con le preposizioni composte con la La impronta e l'impronta Con questa e quella
Questa immagine e quest'immagine, quella immagine e quell'immagine
Con le parole di una sola sillaba
T'amo e ti amo, m'ha detto e mi ha detto, d'essere e di essere
Con l'articolo gli e con le preposizioni articolate composte con gli (degli, agli, dagli, ecc.) si può usare l'apostrofo solo se la parola successiva comincia per i (è però un'abitudine rara)
Gli Italiani e gl'Italiani, degli Italiani e degl'Italiani
Quando l'apostrofo non si usa mai esempi
Con ci, davanti a parola che comincia per a, o, u
Ci aveva detto (NON c'aveva detto), ci udì (NON c'udì)
Con da (tranne che nelle frasi elencate sopra) Il treno proviene da Ancona Con i pronomi personali le e li
Le accadde (=accadde a lei), li osserva (= osserva quelli)
Se la parola successiva comincia con i, y o j seguita da un'altra vocale
Lo iodio (NON l'iodio), lo yemenita (NON l'yemenita)
L'apostrofo dopo l'articolo indeterminativo un, uno, una
Se la parola che segue l'articolo inizia per vocale ed è maschile non c'è bisogno dell'apostrofo, perché per il maschile esiste la forma autonoma un non apostrofata. Se invece la parola che segue l'articolo inizia per vocale ed è femminile, bisogna usare l'apostrofo, perché, in questo caso, la forma un deriva da una, dove la vocale a cade per elisione davanti ad altra vocale. Dunque si dovrà scrivere un altro e un'altra.
38
Si scrive qual'è o qual è?
Maschile e femminile hanno sia la forma piena quale, sia la forma ridotta qual senza apostrofo. Quindi non dovremo mettere l'apostrofo né con una parola maschile né con una parola femminile. Dunque si dovrà scrivere: "Qual è la casa che ti piace?" e "Qual è il colore che ti piace?"
Si può andare a capo con l'apostrofo?
Sì, si deve. La presenza dell'apostrofo in fondo alla riga non dà alcun fastidio a chi legge. Darebbe fastidio invece una forma innaturale e grammaticamente scorretta come "dello oggetto". Per cui, per andare a capo, è consigliabile usare una forma come la seguente: "....dell' oggetto...."
Gli avverbi in "ora"
Tutti gli avverbi che finiscono in "ora" si scrivono senza apostrofo: finora; sinora; tuttora; allora, ecc. E' sbagliato scrivere, ad esempio, "fin'ora" non ho avuto sue notizie…
39
Con o senza “i”
I verbi con la radice in "gn" I verbi con la radice in gn (accompagnare, assegnare, bagnare, consegnare, guadagnare, segnare, sognare, vergognare, ecc.), secondo la norma tradizionale, presentano la i nella desinenza della 1a persona plurale dell'indicativo e del congiuntivo presente e nella desinenza della 2a persona plurale del congiuntivo presente. Quindi si scrive: "guadagniamo", "sogniamo", "bagniamo", ecc. Accanto a questo tipo di grafia si è diffusa col tempo anche quella senza la i.
Le parole in ce, ge, sce e cie, gie, scie
Non esiste una regola che ci dica con certezza quali parole si scrivano con ce, ge, sce e quali parole si scrivano con cie, gie e scie. La cosa migliore, in questi casi, è consultare sempre il dizionario. Di seguito elenchiamo solo alcune parole di uso comune nella loro grafia corretta.
Si scrivono con la i: cosciente coscienza sufficiente sufficienza artificiere braciere cartucciera formaggiera cielo scienziato scienza...ecc. Si scrivono senza la i: innocente confacente indecente indecenza
40
carcere pancetta megera celo (verbo celare) scendere...ecc.
Il plurale dei nomi femminili in cia e gia
Le parole piane (quelle cioè con l'accento sulla penultima sillaba) che finiscono in cia e gia possono formare il plurale con o senza la i.
Le parole che hanno il plurale con la i
Se la c e la g sono precedute da una vocale (es. ciliegia, camicia, fiducia), il plurale si forma con la i.
Singolare Plurale La camicia Le camicie
La ciliegia Le ciliegie
La fiducia Le fiducie
La malvagia Le malvagie
La socia Le socie
La valigia Le valigie
Le parole che hanno il plurale senza la i
Se la c e la g sono precedute da una consonante (es. pioggia, pancia, pronuncia), il plurale si forma senza la i.
Singolare Plurale L'arancia Le arance
La boccia Le bocce
La buccia Le bucce
La doccia Le docce
41
La focaccia Le focacce
La frangia Le frange
La freccia Le frecce
La goccia Le gocce
La mancia Le mance
L'orgia Le orge
La pancia Le pance
La parolaccia Le parolacce
La pelliccia Le pellicce
La pioggia Le piogge
La pronuncia Le pronunce
La provincia Le province
La rinuncia Le rinunce
La roccia Le rocce
La scheggia Le schegge
La spiaggia Le spiagge
Il plurale dei nomi femminili in scia I nomi femminili in scia hanno il plurale in sce.
Singolare Plurale L'ambascia Le ambasce
L'angoscia Le angosce
L'ascia Le asce
La biscia Le bisce
La fascia Le fasce
La striscia Le strisce
42
MAIUSCOLA o minuscola?
Quando la maiuscola è obbligatoria
All'inizio di una frase, dopo il punto. Es. Ho sonno. Vado a dormire.
All'inizio di un discorso diretto, dopo le virgolette o la lineetta. Es. - Sei stanco? - Andiamo a casa
Con i nomi propri di persona e di animale, reali e immaginari. Es. Luca, Francesca, Pinocchio, Fido...
Con i soprannomi. Es. il Parmigianino, l'Africano...
Con i nomi geografici, reali e immaginari. Es. Roma, Tevere, Topolinia, Cervino...
Con i nomi di Dio e della Madonna e con altri termini che li designano. Es. il Creatore, l'Onnipotente, la Vergine...
Con i nomi di divinità e di oggetti di culto di tutte le religioni. Es. Buddah, Shiva, la Sindone, la Croce...
Con i nomi di corpi celesti. Es. Marte, Saturno...
Con i nomi di feste civili e religiose. Es. Natale, Pasqua, Ferragosro, il Primo maggio...
Con i nomi dei secoli. Es. il Trecento, il Cinquecento...
Con i titoli di un'opera artistica (un libro, un quadro, un'opera musicale) e dei giornali. Es. I Promessi sposi, I girasoli, la Venere di Milo, Il Resto del carlino, Il Corriere della sera...
Con i nomi degli avvenimenti storico-culturali o di movimenti e scuole di pensiero. Es. la Prima guerra mondiale, la Rivoluzione del Milla, lo Stoicismo, il Simbolismo, la Riforma protestante...
Con i nomi dei periodi storici. Es. Il Medioevo, il Fascismo...
Con i nomi delle istituzioni. Es. lo Stato, la Provincia...
Con i nomi di cariche istituzionali. Es. il Segretario generale dell'ONU, il Presidente della Repubblica...
Con i nomi delle materie d'insegnamento. Es. il Latino
43
Quando la maiuscola è facoltativa
Con i nomi piazza, strada, via, viale, vicolo. Es. Piazza Duomo o piazza Duomo, Via Cavour o via Cavour.
I nomi terra, sole e luna, se sono usati come termini generici, vogliono la minuscola; se invece sono usati come termini astronomici, vogliono la maiuscola. Es. Oggi c'è un bel sole; la distanza dalla Terra al Sole è...
I sostantivi di popolo vogliono la maiuscola; gli aggettivi di popolo, invece, vogliono la minuscola. Es. gli Italiani, gli uomini italiani.
Con i titoli professionali e le cariche (più spesso useremo la maiuscola per ragioni di convenienza sociale o di rispetto). Es. il Dottor Rossi; il dottor Rossi
N.B. nei nomi composti da più parole si scrive maiuscola solo la prima. Es. il Consiglio dei ministri, l’Università degli studi, ecc.
44
Nomi composti: come si forma il plurale? In italiano trova largo impiego il procedimento della composizione, che consiste nell'unire due o più parole diverse per dar vita a una nuova parola. I nomi ottenuti in questo modo si chiamano nomi composti. Il comportamento dei nomi composti, per quanto riguarda il passaggio dal singolare al plurale, cambia secondo il tipo di parole da cui sono costituiti. Ecco i casi più comuni. Sostantivo + sostantivo I nomi formati da due sostantivi mutano nel plurale soltanto la desinenza del secondo termine.
l'arcobaleno gli arcobaleni la banconota le banconote il cavolfiore i cavolfiori la ferrovia le ferrovie la madreperla le madreperle l'autostrada le autostrade
I nomi composti con la parola capo
I nomi composti con la parola capo non si comportano sempre allo stesso modo. 1. Se la parola capo significa 'colui che è a capo di qualcosa', il plurale si forma volgendo al plurale solo la parola capo:
Singolare Plurale il capobanda i capibanda il capobarca i capobarca il capocellula i capicellula il capocordata i capicordata il capofabbrica i capifabbrica il capofamiglia i capifamiglia il capofficina i capofficina il capogabinetto i capigabinetto il capogruppo i capigruppo il capopartito i capipartito
45
il capopopolo i capipopolo il caporeparto i capireparto il caposezione i capisezione il caposquadra i capisquadra il capostazione i capistazione il capotreno i capitreno il capoufficio i capiufficio
In alcuni composti di questo tipo, però, si modifica solo la desinenza della seconda parola:
Singolare Plurale il capocomico i capocomici il capocontabile i capocontabili il capocuoco i capocuochi (o i capicuoco) il capomastro i capomastri (o i capimastri) il caporedattore i caporedattori
2. Se la parola capo indica 'posizione di preminenza o di inizio di qualcosa', il plurale si forma modificando solo la desinenza del secondo elelemento:
Singolare Plurale il capodanno i capodanni il capogiro i capogiri il capolavoro i capolavori il capoluogo i capoluoghi il capostipite i capostipiti il capoverso i capoversi
3. Se il composto è di genere femminile e il nome capo si riferisce a una donna che è a capo di qualcosa, il plurale è invariabile:
Singolare Plurale la capofamiglia le capofamiglia la capolista le capolista la capopopolo le capopopolo la cporedazione le caporedazione la caposala le caposala
46
la caposquadra le caposquadra la capoufficio le capoufficio
Ovviamente, anche in questo caso, non mancano le eccezioni:
Singolare Plurale la capocronista le capocroniste la capocuoca le capocuoche la caporedattrice le caporedattrici
Sostantivo + aggettivo I nomi formati da un sostantivo seguito da un aggettivo trasformano in plurale entrambe le parole componenti.
il caposaldo i capisaldi la cartastraccia le cartestracce la cassaforte le casseforti il pellerossa i pellirosse la piazzaforte le piazzeforti
Aggettivo + sostantivo I nomi formati da un aggettivo seguito da un sostantivo prendono il plurale solo nel secondo elemento.
l'altoparlante gli altoparlanti il bassorilievo i bassorilievi il francobollo i francobolli il mezzogiorno i mezzogiorni
I nomi composti con le parole alto- e basso-
Sono ammesse due forme di plurale:
Singolare Plurale l'altoforno gli altoforni o gli altiforni l'altopiano gli altopiani o gli altipiani il bassofondo i bassofondi o i bassifondi
47
il bassopiano i bassopiani o i bassipiani il bassorilievo i bassorilievi o i bassirilievi
Verbo + sostantivo I nomi formati da un verbo e un sostantivo si comportano in maniera diversa a seconda che il sostantivo sia singolare o plurale. 1. Se il sostantivo è plurale, il nome composto resta invariato:
l'accendisigari gli accendisigari il cavatappi i cavatappi il guastafeste i guastafeste il lustrascarpe i lustrascarpe il portaombrelli i portaombrelli lo stuzzicadenti gli stuzzicadenti
2. Se il sostantivo è singolare, il nome composto può assumere la desinenza del plurale o rimanere invariato. Assume la desinenza del plurale quando il sostantivo componente è di genere maschile.
il battibecco i battibecchi il parafango i parafanghi il parafulmini i parafulmini il passaporto i passaporti
Rimane invece invariato quando il sostantivo componente è di genere femminile.
l'aspirapolvere gli aspirapolvere il cacciavite i cacciavite il portacenere i portacenere il salvagente i salvagente
Verbo + verbo e verbo + avverbio I nomi costituiti da due forme verbali o da una forma verbale e un avverbio sono invariabili al plurale.
48
l'andirivieni gli andirivieni il dormiveglia i dormiveglia il parapiglia i parapiglia il saliscendi i saliscendi il posapiano i posapiano il viavai i viavai
Preposizione o avverbio + sostantivo I nomi formati da una preposizione o un avverbio e un sostantivo non sono in realtà nomi composti ma prefissati. Essi non seguono una regola costante; alcuni rimangono invariati, altri mutano la desinenza del secondo elemento.
il doposcuola i doposcuola il retroterra i retroterra il senzatetto i senzatetto il sottoscala i sottoscala il dopopranzo i dopopranzi la soprattassa le soprattasse il sottopassaggio i sottopassaggi la sottoveste le sottovesti
Vi sono anche nomi composti da più di due elementi; tra questi ricordiamo i nomi composti con due sostantivi uniti da una preposizione, come ficodindia, fiordaliso, messinscena, che fanno rispettivamente fichidindia, fiordalisi, messinscene. Un caso particolare è rappresentato dal nome pomodoro, che ha ben tre plurali: pomodori, pomidori (popolare), pomidoro (regionale).
49
Si scrive staccato o attaccato?
Parole che si scrivono solamente attaccate
Si scrive NON si scrive
Abbastanza A bastanza
Affatto A fatto
Allora All'ora
Allorché Allor che, all'or che
Almeno Al meno
Altrimenti Altri menti
Ancorché Ancor che
appunto A punto
Benché Ben che
Bensì Ben sì
Chissà Chi sa
Davvero Da vero, davero
Dinanzi, dinnanzi Di nanzi, d'inanzi
Dopodomani Dopo domani
Dovunque D'ovunque
Ebbene E bene
Eppure E pure
Fabbisogno Fa bisogno
Finché Fin che
Finora Fin ora, fin'ora
Giacché Già che
Infatti In fatti
Inoltre In oltre
Invano In vano
50
Invero In vero
Laggiù Là giù
Lassù Là su
Malgrado Mal grado
Neanche Né anche
Nemmeno Né meno
Neppure Né pure
Nonché Non che
Oppure O pure
Ossia O sia
Ovvero O vero
Ovverosia O vero sia, ovvero sia
Perciò Per ciò
Perfino Per fino
Pertanto Per tanto
Piuttosto Più tosto
Poiché Poi che
Pressappoco Press'a poco, pressa poco, pressapoco
Purtroppo Pur troppo
Quaggiù Qua giù
Qualcosa Qual cosa
Quassù Qua su
Sebbene Se bene
Sennonché, senonché Se non che
Seppure Se pure
Sicché Sì che
Siccome Sì come
51
Sissignore Sì signore
Soprattutto Sopra tutto, sopratutto
Sottosopra Sotto sopra
Talmento Tal mente
Talora Tal ora, tal'ora
Taluno Tal uno, tal'uno
Talvolta Tal volta
Tuttavia Tutta via
Tuttora Tutt'ora
Parole che si scrivono solamente staccate
Si scrive NON si scrive
A proposito Approposito
Al di là Aldilà (a meno che non si intenda l'aldilà, il regno dei cieli)
Al di sopra, al disopra Aldisopra
Al di sotto, al disotto Aldisotto
All'incirca Allincirca
D'accordo Daccordo
D'altronde Daltronde
In quanto Inquanto
L'altr'anno Laltranno, l'altranno
Per cui Percui
Senz'altro Senzaltro
Tutt'e due Tuttedue, tutteddue
52
Parole che si scrivono sia attaccate sia staccate
Si scrive ...ma si scrive anche...
Anzitempo Anzi tempo
Anzitutto Anzi tutto
Casomai Caso mai
Ciononostante Ciò nonostante
Controvoglia Contro voglia
Dappertutto Da per tutto (ma NON si scrive dapertutto)
Dappoco Da poco
Dappresso Da preso
Dapprima Da prima
Dapprincipio Da principio
Disotto Di sotto
Dopotutto Dopo tutto
Nondimeno Non di meno
Nonostante Non ostante
Oltremisura Oltre misura
Oltremodo Oltre modo
Perlomeno Per lo meno
Perlopiù Per lo più
Quantomeno Quanto meno
Quantopiù Quanto più
Suppergiù Su per giù
Tantomeno Tanto meno
Tantopiù Tanto più
Tuttalpiù Tutt'al più
53
“Z”, semplice o doppia??
Le parole che al loro interno contengono una “z” sono sempre causa di dubbi amletici. Perché, per esempio, “pazzia” ha due “z” e “direzione”, invece, una sola? Si ha doppia zeta (zz) davanti a vocale semplice: corazza, pazzo. Si ha una sola zeta (z), invece, davanti a due vocali: azione, abbazia. Le eccezioni sono quasi inesistenti: razzìa e pochissime parole derivate da altre che al loro interno ne contengono due per la “regola” sopra citata: pazzia (da ‘pazzo’); corazziere (da ‘corazza’).
Impossibile o inpossibile?
La n si muta in m davanti alle lettera b e p. in-battibile e in-possibile, per motivi eufonici, cioè di miglior suono, diventano imbattibile e impossibile.
G (doppia o no?)
Perché alcune parole hanno una doppia g (stupidaggine, testardaggine) e altre no (voragine)? Come regolarsi nel dubbio? Lombaggine o lombagine? Immagine o immaggine? Una regola empirica (valida nel 95 per cento dei casi: propaggine, infatti, rientra nel restante 5) può essere di aiuto. Alla parola testardaggine, per esempio, se si toglie ggine e resta un vocabolo di senso compiuto, vuol dire che ci vogliono due g: testarda ha un senso compiuto, quindi, due g. Da immaggine (?) togliamo ggine e resta imma che non ha alcun senso; quindi, una sola g: immagine. Cartagine, ovviamente, fa eccezione perché è una città, anche se togliendo ggine resta carta che è una parola di senso compiuto.
54
Gli errori più comuni
Un'indagine svolta fra i redattori e i collaboratori della casa editrice Zanichelli ha identificato gli errori più frequenti e insidiosi nello scrivere italiano. Eccone l'elenco. Grafia delle parole
Errato Corretto accellerare accelerare a gratis gratis anedottico aneddotico appropiato appropriato avvallo avallo areoporto aeroporto biricchino birichino Caltanisetta Caltanissetta
collutazione colluttazione colluttorio collutorio conoscienza conoscenza coscenza coscienza efficenza efficienza essicare essiccare esterefatto esterrefatto ingegniere ingegnere interpetrare interpretare Macchiavelli Machiavelli Missisipi Mississippi metereologia meteorologia pressocché pressoché scenza scienza scorazzare scorrazzare