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Docente Stefania Stefanelli 1 Responsabilità medica Istituto per gli Studi Economici e Giuridici...

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Docente Stefania Stefanelli 1 Responsabilità medica Istituto per gli Studi Economici e Giuridici “Gioacchino Scaduto”
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Docente Stefania Stefanelli

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Responsabilità medica

Istituto per gli Studi Economici e Giuridici “Gioacchino Scaduto”

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Violazione del diritto al consenso informatoCass. pen., Sez. IV, 11 luglio 2001 – 3 ottobre 2001: «La legittimità di per sè dell’attività medica richiede per la sua validità e concreta liceità, in principio, la manifestazione

del consenso del paziente, il quale costituisce un presupposto di liceità del trattamento medicochirurgico. Il consenso afferisce alla libertà morale del soggetto ed alla

sua autodeterminazione, nonché alla sua libertà fisica intesa come diritto al rispetto della propria integrità

corporea, le quali sono tutte profili della libertà personale proclamata inviolabile dall’art. 13 Cost.

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Ne discende che non è attribuibile al medico un generale diritto di curare, a fronte del quale non avrebbe alcun rilievo la volontà dell’ammalato che si troverebbe in una posizione di soggezione su cui il medico potrebbe ad libitum intervenire, con il solo limite della propria coscienza; appare, invece, aderente ai principi dell’ordinamento riconoscere al medico la facoltà o la potestà di curare, situazioni soggettive, queste, derivanti dall’abilitazione all’esercizio della professione sanitaria, le quali, tuttavia, per potersi estrinsecare abbisognano, di regola, del consenso della persona che al trattamento sanitario deve sottoporsi».

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Cass. pen., Sez. Un., 21 gennaio 2009, n. 2437: sono intervenute a risolvere un annoso conflitto giurisprudenziale insegnando che, pur sussistendo il consenso consapevole, può configurarsi lesione della salute se la prestazione terapeutica è stata eseguita in modo non adeguato, e che la lesione del diritto all’autodeterminazione non comporta necessariamente lesione del diritto alla salute, allorché l’intervento sortisca un esito positivo ma sia mancato il consenso del paziente

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Il consenso informato svolge dunque una funzione di sintesi di due diritti fondamentali della persona: «quello all’autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se è vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresì, il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonché delle eventuali terapie alternative; informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio per garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà personale, conformemente all’art. 32 Cost., comma 2».

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Il consenso informato svolge dunque una funzione di sintesi di due diritti fondamentali della persona: «quello all’autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se è vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresì, il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonché delle eventuali terapie alternative; informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio per garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà personale, conformemente all’art. 32 Cost., comma 2».

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«Discende da ciò, che il consenso informato deve essere considerato un principio fondamentale in materia di tutela della salute, la cui conformazione è rimessa alla legislazione statale». Parametro di legittimità del trattamento sanitario sono dunque le richiamate fonti costituzionali e internazionali, «con l’ovvia conseguenza che, ove manchi o sia viziato il consenso «informato» del paziente, e non si versi in situazione di incapacità di manifestazione del volere ed in un quadro riconducibile allo stato di necessità, il trattamento sanitario risulterebbe ex ipso invasivo rispetto al diritto della persona di prescegliere se, come, dove e da chi farsi curare»

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Responsabilità civile

Cass., Sez. III, 9 febbraio 2010, n. 2847: ha riconosciuto uno «spazio risarcitorio» allorché, non

sussistendo la lesione della salute perché l’intervento ha sortito un esito favorevole o se la lesione della

salute non è causalmente ricollegabile alla lesione di quel diritto, «siano configurabili conseguenze

pregiudizievoli (di apprezzabile gravità, se integranti un danno non patrimoniale) che siano derivate dalla

violazione del diritto fondamentale all’autodeterminazione in se stesso considerato»

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Cass., Sez. III, 12 marzo 2010, n. 6045: non è possibile dare una risposta univoca al quesito circa la configurabilità della responsabilità del medico, anche nel caso in cui non vi sia stato pregiudizio alla salute del paziente, in ipotesi di mancata informazione e prestazione di consenso.

«Deve ribadirsi che tutte le volte in cui la parte non abbia provato né allegato la esistenza di un diritto alla autodeterminazione, dalla cui violazione sia derivato - indipendentemente da un danno alla salute - un pregiudizio (derivante dalla condotta omissiva del sanitario) tale da superare i limiti della tollerabilità, deve escludersi la esistenza stessa del danno e dunque anche il diritto del paziente al risarcimento».

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La Corte di merito aveva negato la responsabilità del medico cui era stata richiesta una terapia ortodontica, preparatoria di un intervento chirurgico scelto dal paziente, ed effettuato da altro professionista, e la Corte di legittimità conferma che non è giuridicamente apprezzabile, ai fini del diritto al risarcimento del danno, uno «stato di sofferenza» del paziente.

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Pare dunque che – con l’unico temperamento derivante dal giudizio di apprezzabile gravità dei danni non patrimoniali – il medico che abbia praticato un intervento diverso da quello assentito dal paziente, ma che abbia avuto esiti favorevoli alla salute dello stesso, vada esente da responsabilità penale ma non dall’obbligazione risarcitoria civile.

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Il criterio che funge da discrimine è quello della vita: se, durante l’intervento, il paziente si viene a trovare in pericolo di vita il medico potrà operare anche senza il consenso all’intervento variato rispetto a quello programmato, illustrato al paziente e consentito

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Solo in questo caso interviene la scriminante dello stato di necessità, e non ogni qualvolta il professionista prenda conoscenza, sul tavolo operatorio, di un qualsiasi pericolo di menomazione, perché se non è a rischio la vita, spetta al paziente la libertà di attuare il proprio personale bilanciamento tra la prospettiva di vivere con quella menomazione, o affrontare le conseguenze di un intervento che la eliminasse, ma da cui potrebbero derivare conseguenze che egli ritiene insopportabili, più della menomazione stessa.

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Cass., 29 maggio 2002-11 luglio 2002, n. 26446, V., in Cass. pen., 2003, p. 2659,ha ritenuto che il medico sia legittimato a sottoporre il paziente al trattamento medico che giudica necessario alla salvaguardia della sua salute, nonostante manche il consenso del paziente, operando lo stato di necessità. Cfr. anche Cass. pen., Sez. Un., 18 dicembre 2008-21 gennaio 2009, cit.

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Se è un errore diagnostico la ragione per cui il sanitario prende conoscenza solo in camera operatoria, quando il paziente è sedato e non può esprimere la propria volontà, delle condizioni che rendono opportuno il differente intervento, non ha luogo ad applicarsi la disciplina del consenso informato, e la situazione di fatto va sussunta in una fattispecie di responsabilità professionale per condotta colposa, per non avere il sanitario o la struttura operato con la diligenza richiesta dalle leges artis. E, salvo ancora il caso di necessità, l’intervento va sospeso, in attesa di conoscere la determinazione del paziente.

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Decreto Balduzzi

Decreto-legge 13 settembre 2012

Convertito con Legge 08 novembre 2012

Art. 3: Responsabilita' professionale dell'esercente le professioni sanitarie

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«L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si

attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo

di cui all'articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del

risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo

periodo»

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In giurisprudenza:Cass. Pen., n. 10454 del 28 febbraio 2010, n. 38154 del 29 settembre 2009: le indicazioni terapeutiche contenute nelle linee guida non vincolano, incapienti rispetto alla multiformità dei casi clinici sottoposti al vaglio giudiziale,Giurisprudenza più rigorista, che anzi da quelle indicazioni dichiarava di non prescindere, in via quasi assoluta, al momento di valutare la liceità di una condotta sanitaria

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L’art. 3 del D.L. Balduzzi conferma la disciplina codicistica (art. 2236 cod.

civ.) che esonera l’esercente sanitario da responsabilità nel caso in cui la

commissione/omissione sia seguente ad una condotta solo lievemente

colpevoleTra le condotte integranti colpa non

lieve, quelle corrispondenti a protocolli definiti dalle guidelines escludono la

colpa grave

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La versione precedente disponeva: «Il giudice, ai sensi dell’art. 1176 del

codice civile, tiene conto in particolare dell’osservanza, nel caso concreto,

delle linee guida e delle buone pratiche accreditate dalle comunità

scientifiche nazionale ed internazionale»

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Critica: al sanitario non può essere demandata una funzione meramente

“protocollare” o di burocrate dei trattamenti sanitari indicati od impostiAnche successivamente alla modifica

intervenuta al testo normativo, le guidelines costituirebbero criterio concorrente, ma è il caso concreto

ad imporre i comportamenti correttamente attivabili e non

viceversa

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Quindi costituisce condotta sussumibile sotto il criterio di colpa

grave anche il comportamento sanitario ligio alle guidelines che

tuttavia – per le specificità del caso concreto, tenendo conto della

professionalità media – risulta essere palesemente distante dalla condotta clinica ottimale applicabile al caso

specifico.

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Consenso informato al trattamento medico

Il consenso, che rovescia la gerarchia tra medico e paziente nel rapporto di cura e sottrae la persona al potere

decisione del terapeuta e subordina alla libera (e informata) determinazione del paziente la pratica clinica e

diagnostica, giungendo fino alla possibilità di rifiuto di cure necessarie alla conservazione della vita negli stati

terminali, ha fatto nascere «un nuovo soggetto morale, nel senso proprio dell’attribuzione all’interessato del pieno

potere di governo del corpo fisico» (S. RODOTÀ, La vita e le regole, Tra diritto e non diritto, Feltrinelli,

Milano, 2006, p. 85)

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Attrazione della capacità decisionale all’essenza stessa della persona umana, fondata sulla dignità e sulla libertà;

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Il consenso non è valido se non libero, meditato e fondato su

un’adeguata, completa, informazione;

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Il consenso prestato per il passato non vincola per il futuro, ed è

sempre revocabile.

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Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

Articolo 3 - Divieto della tortura.

Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.

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Articolo 8 - Diritto al rispetto della vita privata e familiare.

1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua

corrispondenza.

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Diritto del paziente di scegliere come trascorrere gli ultimi istanti della propria esistenza e di chiedere che tale scelta sia rispettata, legittimando quindi il rifiuto al trattamento medico, purché tale rifiuto provenga

da persona adulta, informata e sana di mente

(CEDU, sent. 29 aprile 2002, Pretty c. Regno Unito)

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Convenzione di Oviedo per la protezione dei Diritti dell'Uomo e della dignità dell'essere umano nei confronti dell'applicazioni della biologia e della medicina (4 Aprile 1997)

(Convenzione sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina)

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Art. 5 Regola generale

Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata

abbia dato consenso libero e informato.

Questa persona riceve innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e

sulle sue conseguenze e i suoi rischi.

La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso.

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Consenso

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Art. 9 Desideri precedentemente espressi

I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al

momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in

considerazione.

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In una materia così delicata, perché attiene all’espressione della persona nelle comunicazioni che ne realizzano la partecipazione sociale e nel

governo del proprio corpo, non si può prescindere dall’attribuire valore alla volontà del soggetto

interessato, titolare dei diritti assoluti che vengono in considerazione, anche se questi non abbia capacità di

agire.

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Capacità al consenso

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L’esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali, anche in applicazione del fondamentale principio di eguaglianza sostanziale tra i soggetti di diritto (art. 2 Cost.), è tradizionalmente ricondotto nell’alveo della

capacità di intendere e di volere, ritenendosi irrilevante la capacità di agire dell’interessato.

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Capacità al consenso

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Artt. 12 e 13, l. 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione

volontaria della gravidanza): rilevanza della volontà della donna minorenne o interdetta in una

materia così delicata e importante. L’intervento del giudice è volto, attraverso un procedimento

sostanzialmente equitativo, ad appurare l’esistenza in capo all’incapace di agire della consapevolezza e

ponderazione della scelta compiuta.

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IVG della minorenne

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La decisione di interrompere la gravidanza è rimessa soltanto alla responsabilità della donna, non

potendosi configurare quale potestà codecisionale l’intervento del giudice tutelare, nell’ipotesi in cui non vi sia l’assenso degli esercenti la potestà o la tutela sulla minore, o vi siano pareri difformi da

parte di costoro, o ancora sussistano seri motivi che impediscano o sconsiglino la loro consultazione.

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Corte cost., 15 marzo 1996, n. 76

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«Il consenso volontario del soggetto umano è assolutamente necessario. Ciò significa che la persona in questione deve avere capacità legale di dare consenso,

deve essere in grado di esercitare il libero arbitrio senza l’intervento di alcun elemento coercitivo, inganno, costrizione, falsità o altre forme di imposizione o

violenza; deve avere sufficiente conoscenza e comprensione degli elementi della situazione in cui è

coinvolto, tali da metterlo in posizione di prendere una decisione cosciente e illuminata

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Codice di Norimberga (1946) Associazione medica mondiale

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Principi etici per la ricerca medica che coinvolge soggetti umani

§ 10. È dovere del medico proteggere la vita, la salute, la riservatezza e la dignità del soggetto umano

§ 20. I soggetti devono essere volontari e partecipare informati al progetto di ricerca.

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Dichiarazione di Helsinky (1960

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Art. 32:• La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.•Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

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Costituzione italiana

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On. Aldo Moro: «si pone anche un limite al legislatore, impedendo pratiche sanitarie lesive della dignità umana. Si vuole soltanto vietare che la legge, per considerazioni di carattere generale e di male intesa tutela degli interessi

collettivi, disponga un trattamento del genere [sterilizzazione] i casi invece di carattere generale da applicarsi a tutti i cittadini devono essere disposti per

legge entro quei determinati limiti di rispetto della dignità umana»

(Assemblea Costituente, 28 gennaio 1947)

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Corte cost., n. 293/2000

«Quello della dignità della persona umana è valore costituzionale che permea di sé il diritto positivo».

Art. 36: diritto del lavoratore alla retribuzione «in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé ed alla sua

famiglia un’esistenza libera e dignitosa»

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Libertà e dignità non è

un’endiadi pleonastica

Art. 13: La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione

della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti

dalla legge.

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«Il diritto soggettivo alla salute deve essere tutelato tanto nei suoi aspetti positivi, e così nel potere di consentire

l’attività sanitaria su di sé, quanto con riguardo al riflesso negativo, integrato dal potere di rifiutare cure, terapie e

interventi sanitari. Come tutti i diritti di libertà implica la tutela del suo risvolto negativo: il diritto di perdere la

salute, di ammalarsi, di non curarsi di vivere le fasi finali della propria esistenza secondo canoni di dignità umana

propri dell’interessato, finanche di lasciarsi morire».(Cass. 16 ottobre 2007, n. 21748)

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Il bene salute è dunque liberamente disponibile da parte del paziente che sia «in possesso delle

proprie capacità intellettive e volitive, secondo una totale autonomia di scelte che può comportareil sacrificio del bene stesso della vita e che deve

essere sempre rispettata dal sanitario»

(Cass., 16 gennaio 2008, n. 21335)

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