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Dopo Saevecke - Faberlabla strage di Meina sul lago Maggiore del 22 settembre 1943, quando 54 ebrei...

Date post: 23-Jan-2021
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Condannato all’ergastolo il boia di piazzale Loreto Dopo Saevecke Theodor Saevecke, l’ottantottenne ex comandante della Gestapo di Milano, che ordinò il 10 agosto 1944 la fucilazione in piazzale Loreto di quindici prigionieri italiani, detenuti nel carcere di San Vittore, è stato condannato all’ergastolo. Gli articoli sono di Franco Giannantoni Le fotografie sono del Bundesarchiv, di Coblenza e dell’archivio dell’Aned di Milano è tempo di colpire gli altri assassini rimasti impuniti 26
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Page 1: Dopo Saevecke - Faberlabla strage di Meina sul lago Maggiore del 22 settembre 1943, quando 54 ebrei ven-nero massacrati da apparte-nenti alla Divisione corazza-ta “Adolf Hitler”.

Condannato all’ergastolo il boia di piazzale Loreto

Dopo Saevecke Theodor Saevecke,l’ottantottenne ex comandantedella Gestapo di Milano, cheordinòil 10 agosto 1944la fucilazione in piazzale Loretodi quindiciprigionieri italiani, detenuti nel carcere di San Vittore,è stato condannatoall’ergastolo.

Gli articoli sono di FrancoGiannantoni

Le fotografie sonodel Bundesarchiv,di Coblenza e dell’archivio dell’Aned di Milano

è tempo di colpire gli altri assassini rimasti impuniti

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Il volto dei carneficiCerimonia fascista inpiazza San Sepolcro a Milano durante la Rsi:Theodor Saevecke è il primo a sinistra. Si riconoscono, sempreda sinistra, il generaleDiamanti, comandante

della piazza di Milano(con il pizzetto) e all’estrema destraRenato Ricci,comandante della Gnraccanto al federale diMilano Vicenzo Costa.

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Saevecke

La sentenza emessa il 9 giugno scorso dal Tribunale mi-litare di Torino, al termine di un processo durato circaun anno, ha accolto la richiesta del procuratore militare

Gian Paolo Rivello. L’avvocato Gianfranco Maris ha rappre-sentato quale parte civile i familiari delle vittime, la Provinciadi Milano, il Comune di Sesto San Giovanni e l’Anpi. Il Comunedi Milano era rappresentato dall’avvocato Antonello Mandarano.A Theodor Saevecke, giudicato in contumacia (l’imputato, chevive a Bad Roithenfeld, in Germania, aveva inviato ai giudiciuna lettera nel dicembre del ‘96 nella quale disconosceva lacompetenza della magistratura militare italiana), il Tribunaleha riconosciuto le attenuanti generiche “subvalenti” alle ag-gravanti della premeditazione e della crudeltà. In virtù di que-sto meccanismo è scattato il carcere a vita. In caso contrariol’esito sarebbe stata la prescrizione.Theodor Saevecke, nato ad Amburgo il 22 marzo 1911, dove-va rispondere del reato di “violenza con omicidio in danno dicittadini italiani” (articoli 13 e 185 del Codice penale militaredi guerra in relazione agli articoli 575 e 577 del Codice pena-le) “per aver cagionato - come è scritto nella richiesta di rinvioa giudizio del Procuratore militare - quale capitano delle Forzearmate tedesche, nemiche dello Stato italiano, la morte di

Andrea Esposito, Domenico Fiorano, Umberto Fogagnolo,Giulio Casiraghi, Salvatore Principato, Eraldo Soncini,Renzo Del Riccio, Libero Temolo, Vitale Vertemati, VittorioGasparini, Andrea Ragni, Giovanni Galimberti, EgidioMastrodomenico, Antonio Bravin, Giovanni Angelo Poletti,

tutti detenuti nel reparto carcerario di San Vittore, inserendo iloro nominativi nella lista dei soggetti da fucilare, disponen-done il prelevamento dal predetto reparto ed ordinandone poila fucilazione, eseguita alle ore 6 del 10 agosto 1944 in piaz-zale Loreto, durante lo stato di guerra tra l’Italia e la Germania”.Sempre secondo la richiesta di rinvio a giudizio “la premedi-tata esecuzione di tali soggetti, che non prendevano parte alleoperazioni belliche, si caratterizzava per la crudeltà del suosvolgimento, successivamente al quale veniva ordinato che icorpi dei giustiziati rimanessero esposti nella piazza per l’in-tera giornata. La fucilazione rappresentava la rappresaglia con-seguente all’esplosione, dovuta ad un attacco dinamitardo, diun autocarro tedesco posteggiato in Milano in viale Abruzzi,l’8 agosto 1944. Poiché detta esplosione non cagionò il feri-mento di alcun militare tedesco, bensì la morte di numerosipassanti, civili italiani, l’ordine di fucilazione non rappresentòl’adempimento delle direttive emanate dal maresciallo Kesselringed in base alle quali per ogni tedesco ucciso dai partigiani do-vevano essere giustiziati dieci italiani”.

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La folla attonita davanti

ai corpi straziati

Il comunicato delComando tedesco in cuisi elencano gli ostaggi da fucilare

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Saevecke La carriera di un gerarca

Da feroce aguzzino della Gestapo a Milanoad agente della Ciae del governo di Bonn

Un potente gerarca delTerzo Reich. Comandante dell’Aus-

senkommando di Milano, ilcommissariato della Gestapo,spietato “governatore” di SanVittore e dell’Hotel Regina,l’SS-Hauptsturmfuehrer Theo-dor Emil Saevecke aveva 32anni quando arrivò per la pri-ma volta nel cuore dellaLombardia, culla dellaResistenza. In diciannove me-si e diciassette giorni, dal set-tembre del ‘43 all’aprile del‘45, tanto durò il suo regno ditremendo aguzzino, Milanovisse una stagione di terroree di sangue. Ex dirigente del-la Schilljugend di Rossbach,commissario della polizia cri-minale di Berlino, con le SSin Polonia, Libia ed in Tunisiaprima che il colonnello WalterRauff lo trasferisse in Italia,Theo Saevecke, classe 1911,è ora un tranquillo signore di88 anni che vive a BadRoithenfeld in Bassa Sassonia,pensionato dal 1971 dopo averprestato i propri servigi allaCia (1948) e aver percorsouna brillante carriera nella po-lizia di Bonn. Strappato al suoquieto vivere, ricacciato conil peso dei suoi crimini in unpassato che non aveva mai ri-mosso, davanti all’accusa del-l’eccidio di piazzale Loreto,aveva reagito infastidito: “E’una montatura, quel magistratoitaliano non ha alcun dirittodi frugare nelle pieghe dellamia vita. Sono già stato as-solto molti anni fa dai tribu-nali inglesi e tedeschi. E poirispetto ad altri sono un uo-mo piccolo così”.TheoSaevecke è stato tutt’altro cheuna rotellina nel micidiale in-granaggio nazista e, una vol-

ta smascherato, aveva godu-to di forti protezioni: il go-verno tedesco negli anni ses-santa aveva aperto un’inchie-sta contro di lui ma l’avevapoi chiusa senza conseguen-ze. Era il 15 marzo 1963 quan-do il consigliere di StatoGerhard Wiedemann fu in-viato in Italia per cercare difar chiarezza sullo scandaloche aveva spazzato laGermania come un uragano.Si trattò di un’istruttoria ric-ca di testimonianze che era-no state qualche anno primagià raccolte da GiovanniMelodia, segretario generaledell’Aned, nella faticosa ope-ra di ricostruzione della do-lente memoria storica dei so-pravvissuti. Una foto, ritro-vata in modo fortunoso dalComitato combattenti antifa-scisti di Berlino ed inviata aMilano per il riscontro, ave-va contribuito a togliere ognidubbio. Saevecke era emersoa tutto tondo dai ricordi del-le vittime come un criminaleche, direttamente o indiretta-mente, aveva coordinato ognirepressione a cominciare dal-la strage di Meina sul lagoMaggiore del 22 settembre1943, quando 54 ebrei ven-nero massacrati da apparte-nenti alla Divisione corazza-ta “Adolf Hitler”. Saeveckeaveva potuto contare su unarilevante struttura poliziesca:venti ufficiali, sessanta sot-tufficiali fra cui il sergenteWalter Gradsack, detto “il ma-cellaio”, il maresciallo capoHelmuth Klemm, il caporalmaggiore Franz Staltmayernoto come “il porcaro”, ven-ti soldati oltre ad un nutritonumero di militi italiani ad-detti alla sorveglianza. Il mo-

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L’ex comandante dell’Aussenkommando di Milano commenta il verdetto:“E’ una montatura, sono un uomo piccolo così”.

Le fotografie dei quindi-ci fucilati sono conserva-te nella fototeca del Bun-desarchiv di Coblenza esono state presentate perla prima volta da CarloGentile in “Italia Contem-poranea”, dicembre 1996,n. 205. Furono scattatedal corrispondente diguerra Rauchwetter, ap-partenente ad unaPropagandakompaniedella Luftwaffe. E’ mol-to probabile che il mili-

tare si fosse trovato percaso o perché spinto dal-la curiosità sul posto delmassacro la mattina del10 agosto 1944. E’ infat-ti da escludere che fra icompiti delle compagniedi propaganda ci fossequello di riprendere im-magini di eccidi antipar-tigiani. In primo piano sinotano militi della“Muti” e della “Gnr”checomposero il plotone diesecuzione.

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dello dell’AK Mailand era si-mile a quello di Berlino: pun-ti di forza, l’Ufficio III (SD)per la repressione partigianaed operaia e l’Ufficio IV conla sezione B4 per la caccia agliebrei gestita dal marescialloOtto Kock (da non confonde-re con Pietro Koch, il massa-cratore italiano di Villa Triste).Saevecke non si era limitatoa impartire ordini, spesso ave-va preso parte ai pestaggi e al-le torture. Le carte del pro-cesso propongono scenari ag-ghiaccianti, l’elenco dei mar-tiri è lunghissimo, da PoldoGasparotto (caduto poi aFossoli) a Vittorio Bardini,combattente di Spagna; daManfredo Dal Pozzo adAntonio De Bortoli; dai gap-pisti Alfonso Cuffaro e AlfonsoMontuoro a don Achille Bolis;da Antonio La Fratta ad ErichWacthtor; da Salomone Rath,sbranato da una cane duranteun interrogatorio, a TullioColombo e Carlo Mallowanuccisi a bruciapelo, a EgistoRubini, a molti altri ancora.Basti il ricordo di Aldo Ravelli,agente di borsa, fermato il 23dicembre 1943 per favoreg-giamento degli ebrei, selvag-giamente percosso a SanVittore, poi trasferito nei cam-pi di Bolzano-Gries, Mauth-ausen, Gusen. “Tutti i giorni- aveva rivelato Ravelli al-l’inviato di Bonn GerhardWiedemann - c’erano dei pri-gionieri massacrati di botte daparte dei marescialli dell’HotelRegina. Klemm e Staltmayermantenevano l’ordine con ilterrore. Le bastonature eranocosì frequenti che per noi erauna novità quando non c’era-no dei massacri”. Ai sabotag-gi e alle azioni partigiane ave-

va risposto il Comando SS conuna serie di stragi in un lugliodi sangue: il 15 tre fucilati aGreco, il 20 altri tre a Corbetta,il 21 cinque fucilati e cin-quantotto deportati a Robeccosul Naviglio, il 31 sei fucila-ti al Forlanini.Ma perché il 10agosto la carneficina di piaz-zale Loreto se nell’esplosio-ne del camion della Wermachtin viale Abruzzi due giorni pri-ma non c’erano state vittimetedesche? Perché l’ordine al-la Gnr e alla “Muti” di forni-re un plotone d’esecuzione perquel gruppo di antifascisti in-nocenti? La risposta era nellapaura: se da una parte i tede-schi temevano assai vicina l’in-surrezione, i fascisti vedeva-no i gappisti di Giovanni Pescein ogni strada. Piazzale Loretocon i quindici caduti strappa-ti da San Vittore, Greco,Robecco e Forlanini, era sta-ta la tappa di un piano preci-so.“All’escalation del clima in-surrezionale - scrive LuigiBorgomaneri nel suo esem-plare Hitler a Milano - devecorrispondere l’escalation delterrore prima che l’aggressi-vità partigiana dia fuoco allepolveri della combattività ope-raia. Non a caso nell’arco dipoco più di tre settimane sicomincia con tre fucilati, poisi passa a sei ed infine a quin-dici”. Una strategia che nonavrebbe retto alla verifica delcampo. La guerriglia parti-giana, infatti, pur segnata daperdite dolorose, alla fine sisarebbe imposta. Mussolini,del resto, informato dell’ec-cidio di Milano, pare abbiacommentato a caldo: “Il san-gue di piazzale Loreto lo pa-gheremo molto caro”.

Saevecke Il procuratore militare Rivello

“La Gnr e la Muti sgherri dei tedeschi.”Fu eccidio,non rappresaglia

Due i piloni su cui il pro-curatore militare del-la Repubblica di Torino

Pier Paolo Rivello ha poggiatola sua richiesta di condannaa vita per Theodor Saevecke:le dettagliate affermazioni deisopravvissuti, oltre alle nu-merose testimonianze raccol-te subito dopo la Liberazionedall’Ufficio investigativo al-leato che hanno descritto ilclima di terrore e le tortureche accompagnavano gli in-terrogatori e la vasta docu-mentazione che ha dimostra-to come nella tragica opera-zione “vi sia stato un totalescavalcamento delle autoritàfasciste italiane (...) ed unaideazione e preparazione pro-venienti direttamente dall’Au-sennkommando di Milano”.

Questo in sintesi il percorso della requisitoria

Primo L’eccidio di piazzaleLoreto non fu una rappresa-glia perché l’esplosione di via-le Abruzzi dell’10 agosto 1944non fece vittime fra i milita-ri del Reich. L’istituto della rappresaglia,ha ricordato il Pm, secondola costante dottrina interna-zionalista, si fonda sull’attri-buzione allo stato, vittima diun illecito, della possibilità diaggredire gli interessi delloStato autore dell’illecito in-ternazionale. Occorrono poicriteri di proporzionalità e dirispetto dei valori umani, con-dizioni carenti nell’eccidio del10 agosto.

Secondo L’eccidio non co-stituì una “repressione col-

lettiva” come è disciplinatodalla Convenzione dell’Ajadel 1907. Detta norma si in-serisce all’interno di una se-rie di prescrizioni che disci-plinano misure di natura me-ramente patrimoniale. Deve dunque ritenersi che lasanzione collettiva non possacolpire persone fisiche e tan-to meno provocarne la morte.

Terzo Saevecke è responsa-bile di “violenza con omici-dio plurimo” come previstodal codice penale militare diguerra, avendo provocato lamorte di cittadini italiani “chenon hanno preso parte ad ope-razioni militari”.

Quarto Le circostanze atte-nuanti generiche sono inap-plicabili e, nell’eventualità diun riconoscimento delle stes-se, non si possono ritenereprevalenti o equivalenti alleaggravanti. Il numero dellevittime (15) e le modalità del-l’evento lo escludono. Ma non basta tener conto del-la gravità del delitto: occorrevalutare la capacità a delin-quere che assume livelli ele-vatissimi se si fa riferimentoall’epoca dei fatti, all’uso del-la tortura ed attualmente, “al-le frasi minacciose contro ilPubblico ministero inquiren-te contenute nel memorialedifensivo dell’imputato”. Un indubbio rilievo hanno avu-to inoltre le affermazioni del-l’imputato secondo cui du-rante la repressione antiparti-giana non sarebbe stato com-piuto tutto quanto era possi-bile fare, il che dimostra “l’as-soluta mancanza di una ri-meditazione in chiave auto-critica del passato”.

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Si trattò di un eccidio e non di una rappresaglia.Infatti nell’attentato dell’8 agosto ‘44 ad un autocarro della Wermacht,non ci furono vittime fra i soldati del Reich -. Le attenuanti generiche concesse all’imputato sono state dichiarate “subvalenti”rispetto alle aggravanti della crudeltà e della premeditazione.

L’Hotel Regina (in basso)di Milano sede delle SS di Theodor Saevecke.Da qui partì l’ordine per la strageQui sotto:il capo della Provincia di Milano Piero Parini.

Alle spalle il colonnelloFrancesco Colombo,comandante della“Muti”. Parini in un“promemoria”,indirizzato a Mussoliniprese formalmente le distanze dall’eccidio.

Quinto Il reato non è pre-scritto dal momento che perla sussistenza della crudeltà edella premeditazione, la penaprevista dalla legge è quelladell’ergastolo. “Affinché l’i-stituto della prescrizione ri-sponda alle ragioni di oppor-tunità politica - ha ricordatoil Pm Rivello - è necessarioche si sia quasi perduta la me-moria del fatto criminoso oche l’allarme sociale da essosuscitato, sia scomparso.”Ciò non è accaduto, tanto che“il ricordo di piazzale Loretoè destinato a rimanere impe-rituro presso tutto il popoloitaliano”.

Le SS e i fascisti ecco gli autori

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Saevecke L’avvocato Gianfranco Maris, parte civile

“Una sentenza che aiuta a capire la storia”“Un paese non è civile se nonha tra i principi fondamenta-li che regolano la sua convi-venza l’obbligatorietà dell’a-zione penale perché i delittisiano sempre puniti, in ognitempo ed in ogni luogo”. Conqueste parole l’avvocatoGianfranco Maris, parte civi-le per i familiari dei caduti inpiazzale Loreto, per laProvincia di Milano e perl’Anpi, ha iniziato il propriointervento al Convegno sullasentenza contro TheodorSaevecke svoltosi a Milano il24 giugno nel salone di viaMascagni, presenti il procu-ratore militare Pier PaoloRivello, il professor LuigiBorgomaneri, consulente sto-rico del Pm, Sergio Fogagnoloper i familiari dei quindicimartiri, l’avvocato AntonelloMandarano, parte civile per ilComune di Milano e il presi-dente dell’Anpi lombarda TinoCasali.Un principio, quello dell’ob-bligatorietà dell’azione pena-le, che non è stato sempre ri-spettato. Ha detto infatti Maris:“Ora sappiamo per il rappor-to che il Consiglio della ma-gistratura militare ha pubbli-cato di recente che tremila fal-doni che contenevano le no-tizie dei delitti commessi du-rante l’occupazione nazista inItalia sono stati occultati nel-l’archivio del Tribunale su-premo militare di Roma in ungrande armadio con le ante ri-volte verso il muro. (ndr: lascoperta è avvenuta nel 1994e alcuni fascicoli sono già sta-ti affidati per lo svolgimentodei processi alle Procure mi-litari competenti per territo-rio.) Su ogni faldone c’era lascritta ‘archiviazione provvi-

soria’, un istituto giuridicoinesistente. Queste archivia-zioni sono state operate nelperiodo dell’immediato do-poguerra sicuramente con ilconcerto tra il procuratore ge-nerale presso il Tribunale su-premo militare ed i vari mi-nistri della Giustizia e dellaDifesa. Una vera e propria cri-si etica di istituzioni che han-no subordinato il loro doverealle loro valutazioni politiche,gestendo in prima persona edirettamente la ‘politica’, nondi loro competenza, per fa-vorire la ricostruzione ed i rap-porti di mercato tra i vari pae-si d’Europa nel timore che lacelebrazione dei processi po-tesse compromettere i rapportieconomici tra ‘vincitori e vin-ti’ di un tempo”.Una crisi etica non superata.Maris ha speso parole ama-rissime per il silenzio dei massmedia in occasione del pro-cesso a Saevecke: “Informa-zione poca e scarna. Persino‘l’Unità’ e lo dico perché èl’assenza che più mi dilania,non ha scritto del processo edella sua conclusione. Spetteràa noi, con le nostre scarne for-ze, sopperire a questa omis-sione”.Una sentenza quella controTheodor Saevecke che se fos-se stata emessa nel 1946 avreb-be avuto un altro valore. Manon sarebbe stata, come è sta-ta quella del giugno 1999, por-tatrice di nuovi valori ed infor-mazioni. Maris li ha definiti“valori addizionali”, un iti-nerario nuovo per la ricercastorica. Il primo è che nel ‘44la Patria non era morta al pun-to che “tanti uomini e tantedonne sentirono il bisogno,proprio in quel momento, di

Alfonso Gatto dedicò ai fucilati una breve poesia, edita po-co dopo clandestinamente, intitolata:“Per i compagni fucilati in piazzale Loreto”.

Ed era l’alba, poi tutto fu fermoLa città, il cielo, il fiato del giorno.Restarono i carnefici soltantoVivi davanti ai morti.Era silenzio l’urlo del mattino,Silenzio il cielo ferito:Un silenzio di case, di Milano.

Una poesia di Alfonso Gatto

Dopo la sentenza di condanna di Saevecke, un caloroso mes-saggio è stato inviato dal presidente nazionale dell’Anpi,Arrigo Boldrini, al presidente dell’Aned Gianfranco Maris.

“A nome del Comitato nazionale e mio personale, desideroringraziarti vivamente per il grande contributo “scriveBoldrini” quale patrono di parte civile dell’Anpi e dei fa-miliari dei Caduti, a determinare la sentenza di condannaall’ergastolo di Theodor Emil Saevecke, colpevole di averordinato l’esecuzione di 15 partigiani in piazzale Loreto aMilano.La sentenza del Tribunale militare è di grande valore mo-rale e civile. Essa, infatti, come tu hai sottolineato nell’au-la del Tribunale, afferma ‘una linea di condotta etica’ chegli uomini devono avere in qualsiasi situazione di vita, inguerra come in pace, nel proprio Paese, come in qualsiasialtro Paese”.“Siamo grati della tua sensibilità e lieti per il successo ot-tenuto”.

Il messaggiodi Boldrini

In memoria dei fucilati

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Sono iniziati altri processiper le stragi naziste in Italia fra il ‘43 e il ‘45:ritrovati nelle cantine di Palazzo Cesi di Roma, sede della magistratura militare d’appello, migliaia di fascicoli “provvisoriamente”archiviati nell’immediato dopoguerra per “opportunità politiche”.

I tedeschi, sconfitti,abbandonano Milanoil 30 aprile 1945.

La Resistenza ha vinto. gli occupanti se ne vanno

assumersi impegni di lotta cheimplicavano il pericolo dellavita stessa”.La sentenza di Torino giungedunque puntuale a smentirecoloro che in questa inaccet-tabile e pericolosa stagionedel revisionismo hanno par-lato e parlano dell’8 settem-bre del ‘43 come della tom-ba della nazione, delle me-morie divise, di perdita del-l’identità del popolo italiano.“Sui corpi straziati dei fuci-

lati di piazzale Loreto - ha ag-giunto Maris - furono trova-te fotografie di figli e di mo-gli, come per gli impiccati diBassano del Grappa e per gliassassinati della Benedicta, sucui, con grafia spezzata, que-sti martiri, prima di morire,scrissero Viva l’Italia. Dopol’8 settembre, ci dicono que-ste scritte, la Patria, distruttaper lo scempio retorico che ilfascismo ne aveva fatto, de-gradandola a strumento di mo-

bilitazione, per mandare i gio-vani a rapinare lontano, erarinata. E questo è già un va-lore nuovo che oggi può espri-mere una sentenza che esa-mina quei fatti lontani”. Altrochiarimento: piazzale Loretofu un tragico eccidio e nonuna rappresaglia. Lo dirà inmodo articolato la motivazionedella sentenza fra qualche me-se. “La rappresaglia - ha so-stenuto Maris - non esiste, nonè un diritto perché uno Stato

che ne occupa un altro, nonpuò ucciderne i cittadini perincutere quel terrore diffusoche induce all’obbedienza ser-vile. Chi sostiene il contrariodistorce la verità”.Infine una riflessione che can-cella alla radice la disinvoltainterpretazione che diede adesempio Renzo de Felice, deifascisti “patrioti” né più némeno come i partigiani nelpreservare l’Italia da più fe-roci azioni tedesche. “In que-

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Saevecke L’annotazione sul registro-matricola di S. Vittore

“Trasferiti per Bergamo”Ma andavanoalla morte

sto processo - ha commenta-to Maris - è emerso che gliarmati in camicia nera, la‘Muti’ e la Gnr, erano strut-ture alle dipendenze dei te-deschi. Il plotone di esecu-zione formato da militi ita-liani era stato convocato perordine di Saevecke. La sen-tenza è esemplare: la Re-pubblica sociale italiana è sta-ta solo una struttura di ma-scheramento e di supporto del-l’occupazione tedesca, se èvero com’è vero, che le suemilizie politiche armate era-no direttamente sottoposte agliordini dell’Aussenkommando

delle città occupate”.L’avvocato Maris ha infine se-gnalato che, sempre alTribunale militare di Torino,il 23 maggio, ha avuto inizio(Pubblico ministero il dottorRivello) il processo per unadelle più spietate stragi tede-sche in Italia, quella del col-le della Benedicta dove furo-no fucilati 75 giovani inermi.Il responsabile è il tenente co-lonnello Siegfried Engel, ca-po della Gestapo di Genova.L’omologo di Saevecke. Comeil suo camerata, vive tranquilloin una cittadina tedesca.

Il colonnello GiovanniPollini, comandante pro-vinciale della Gnr di

Milano, aveva ricevuto la se-ra del 9 agosto 1944 l’ordinedel comando tedesco di met-tere a disposizione per il gior-no successivo un plotone dimiliti della Rsi da utilizzareper la fucilazione di quindiciostaggi “in base al recentebando del maresciallo Kes-selring”.Il bando prevedeva l’esecu-zione di dieci ostaggi per ognivittima tedesca. Ma nell’at-tentato all’autocarro dellaWermacht alle 8.15 dell’8 ago-sto 1944 in viale Abruzzi,spunto per la carneficina dipiazzale Loreto, non era de-ceduto nessun tedesco: i seimorti ed i dieci feriti eranostati tutti italiani. Che sensoallora aveva richiamare l’or-dine di Kesselring e per qua-le ragione il capitano TheodorSaevecke si era rivolto al co-lonnello Walter Rauff, re-sponsabile della Sipo-SDdell’Italia nord-occidentaleperché strappasse al generaleWilly Tensfeld, comandantegenerale delle SS, l’autoriz-zazione per una feroce re-pressione? Apparentementenessuno. Ma fra i tedeschialeggiava in quei giorni il ter-rore di una prossima insurre-zione popolare ed occorrevareplicare con un’ulteriore esca-lation di segno terroristico do-po le precedenti fucilazioni diGreco, Robecco e del campoForlanini. Ai fascisti a quelpunto non era restato che ub-bidire, interpretando il ruolodi freddi esecutori, vincolaticom’erano, a loro volta, dauna circolare del comandan-te generale della Gnr Renato

Ricci che imponeva, se fossestata richiesta, la collabora-zione coi comandi germanicidi piazza “per gli impieghi dipolizia militare”.A nulla era servito il preoc-cupato attivismo del capo del-la Provincia Piero Parini, ilquale aveva tentato invano dimettersi in contatto con i co-mandanti tedeschi nel tenta-tivo di impedire l’eccidio e,nello stesso tempo, di salva-re gli ultimi brandelli di cre-dibilità della vacillante so-vranità repubblichina. Tutti sinegarono, Saevecke compre-so. Era fallito anche il tenta-tivo, sempre di Parini, di in-viare in nottata il comandan-te Pollini dal colonnelloKolberck, responsabile mili-tare della piazza di Milano,“per fargli presente che le vit-time di viale Abruzzi eranotutte italiane e che se rappre-saglia si fosse fatta anche leautorità italiane dovevanoesprimere il loro avviso”.Alle 5 del mattino del 10 ago-sto Pollini aveva informato ilcapo della Provincia cheKolberck non si era fatto tro-vare. Più o meno negli stessimomenti i quindici morituristavano per lasciare SanVittore. Nel “Pro memoria peril Duce” Parini aveva riferitoche gli ostaggi erano stati sve-gliati alle 4.30 ed in cortileavevano consegnato a ciascu-no una tuta per dar loro l’il-lusione della partenza per illavoro in Germania. Sul regi-stro del carcere era apparsoannotato: “Trasferiti per Ber-gamo”. Dal diario di OttavioRapetti, un giovane di 21 an-ni detenuto a San Vittore, siera saputo che Vitale Vertematiera apparso conscio della pros-

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Ai quindici prigionieri era stata consegnata una tuta da lavoro perché si illudessero di essere destinati in Germania

“Un abbraccio dal vostro Libero”

sima fine: “Entra la guardiacon un milite e chiama la ma-tricola 2742- scrive Rapetti -E’ la matricola Vitale. Si alzamortalmente pallido, ci guar-diamo negli occhi. Ha capito.Vedo che ha molto coraggio.Ci abbracciamo e dice di sa-lutare sua madre”.I quindici prigionieri (il cri-terio della loro scelta, a partela comune matrice politica,resterà ignoto, anche se in unprimo momento era stato sti-

lato e comunicato con mani-festi murali e con i giornaliun elenco di ventisei personeda eliminare, fra cui anche unadonna di 50 anni) arrivaronoin piazzale Loreto alle 5.45dove ad attenderli c’erano unufficiale tedesco con quattrosoldati. Il colonnello Polliniassistette alla disordinata ese-cuzione dei quindici martiridisposti a semicerchio, affi-data ad un plotone misto del-la Gnr e della Legione auto-

noma “Ettore Muti”. Ci fu chicome Eraldo Soncini, un mi-lanese di 43 anni, tentò unadisperata fuga ma venne rag-giunto dai colpi dei fascisti inuna casa vicino alla chiesa divia Palestrina. Per ordine te-desco i corpi rimasero sul ter-reno, esposti fino al pome-riggio inoltrato. Scrisse il ca-po della Provincia Parini peril duce: “Cominciarono a tran-sitare per piazzale Loreto glioperai che si recavano al la-

voro e tutti si fermavano adosservare il mucchio dei ca-daveri che era raccapriccian-te oltre ogni dire perché i ca-daveri erano in tutte le posi-zioni, cosparsi di terribili fe-rite e di sangue. Avvenivanoscene di spavento da parte didonne svenute e in tutti eraevidente lo sdegno e l’orro-re”. Uno spettacolo tremendoche avrebbe dovuto servir damonito, piegare la Milano an-tifascista.

Nelle riproduzioni sottoe nella pagina accanto,il messaggio di LiberoTemolo, operaio dellaPirelli, scritto a San Vittore prima della fucilazione. Si legge: “Temolo,coraggio e fede,sempre fede.

Libero. Ai miei adoratisposa e figlio e fratelli.Coraggio, coraggio.Ricordatevi che io vi hosempre amato. Un abbraccio dal vostroLibero. RaccomandoSergio, educatelo. Baci a te e sposa e fratelli, Temolo”.


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