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DossierArte 2014

Date post: 23-Mar-2016
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Dossier Arte 2014 allegato al numero unico del LA VIRGOLA giornale del LICEO ARTISTICO Bruno Munari di Vittorio Veneto
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BIENNALE DI VENEZIA Un dado dalle molte sfaccettature Cosa si intende per ARTE? L’arte è come un dado: ha varie sfaccettature e ogni persona in base alla propria sensibili- tà e conoscenza l’associa a qualcosa che può essere condivisibile o meno da altri. Visitan- do la Biennale di Venezia 2013, ognuno di noi ha riconosciuto all’arte un senso ben de- finito ed individuale. Non a tutti è piaciuta questa esposizione in- ternazionale d’Arte che attrae milioni di per- sone da tutto il mondo e per questo non biso- gna sentirsi mediocri rispetto a chi ne esalta la valenza artistica: si ha semplicemente una concezione diversa di questa espressione. La sede della Biennale è un palazzo stori- co che rappresenta lo stile tardo gotico ve- neziano, quasi un’arte nell’arte. Il nostro viaggio artistico è iniziato nel Palazzo En- ciclopedico, è continuato all’Arsenale per concludersi ai Giardini dove sono dislo- cati ben 37 padiglioni tra cui il Padiglione Centrale(ex Padiglione Italia), una struttura versatile, polifunzionale e punto di riferi- mento per tutti gli altri. Passando la maggior parte della giornata a girovagare nell’arte, sono arrivata alla con- clusione che ciò da cui sono rimasta estre- mamente affascinata è stato il Padiglione Israeliano, progettato nel 1952 dall’architet- to Zeev Rechter: una struttura architettonica innovativa, suddivisa in tre piani espositivi, legati da un unico percorso logico ideato da Gilad Ratman, che ha voluto creare un vero e proprio Workshop documentando il percorso che gli artisti hanno fatto nel buio, attraver- so i sotterranei di Israele, diretti a Venezia. Giunti qui, emergendo dal pavimento del Padiglione, si sono quasi “appropriati” dello spazio e, usando l’argilla portata dal proprio Paese, hanno creato una copia del proprio viso, inserendovi a fine lavoro un microfono in cui emettevano lamenti. Penso che non si debba giudicare il gusto personale delle persone, soprattutto quello di carattere artistico. Io, ad esempio, ho trova- to senza senso molte elaborazioni di questa esposizione, senza bellezza né emozioni, ep- pure sono lì davanti agli occhi di tutti, magari ideate e realizzate da artisti di fama nazio- nale. Alcuni ne restano affascinati, altri si pongono mille perché; c’è chi è attratto dalle “cose belle” e chi da ciò che è enigmatico. Non è una questione di limiti o di scarsa cul- tura, ma di sensibilità personale e di diverse chiavi di lettura della stessa parola ARTE. Federica Ricchiuti
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BIENNALEDI VENEZIAUn dado dalle molte sfaccettature

Cosa si intende per ARTE? L’arte è come un dado: ha varie sfaccettature e ogni persona in base alla propria sensibili-tà e conoscenza l’associa a qualcosa che può essere condivisibile o meno da altri. Visitan-do la Biennale di Venezia 2013, ognuno di noi ha riconosciuto all’arte un senso ben de-finito ed individuale.Non a tutti è piaciuta questa esposizione in-ternazionale d’Arte che attrae milioni di per-sone da tutto il mondo e per questo non biso-gna sentirsi mediocri rispetto a chi ne esalta la valenza artistica: si ha semplicemente una concezione diversa di questa espressione.La sede della Biennale è un palazzo stori-co che rappresenta lo stile tardo gotico ve-neziano, quasi un’arte nell’arte. Il nostro viaggio artistico è iniziato nel Palazzo En-ciclopedico, è continuato all’Arsenale per concludersi ai Giardini dove sono dislo-cati ben 37 padiglioni tra cui il Padiglione Centrale(ex Padiglione Italia), una struttura versatile, polifunzionale e punto di riferi-mento per tutti gli altri.Passando la maggior parte della giornata a girovagare nell’arte, sono arrivata alla con-

clusione che ciò da cui sono rimasta estre-mamente affascinata è stato il Padiglione Israeliano, progettato nel 1952 dall’architet-to Zeev Rechter: una struttura architettonica innovativa, suddivisa in tre piani espositivi, legati da un unico percorso logico ideato da Gilad Ratman, che ha voluto creare un vero e proprio Workshop documentando il percorso che gli artisti hanno fatto nel buio, attraver-so i sotterranei di Israele, diretti a Venezia. Giunti qui, emergendo dal pavimento del Padiglione, si sono quasi “appropriati” dello spazio e, usando l’argilla portata dal proprio Paese, hanno creato una copia del proprio viso, inserendovi a fine lavoro un microfono in cui emettevano lamenti.

Penso che non si debba giudicare il gusto personale delle persone, soprattutto quello di carattere artistico. Io, ad esempio, ho trova-to senza senso molte elaborazioni di questa esposizione, senza bellezza né emozioni, ep-pure sono lì davanti agli occhi di tutti, magari ideate e realizzate da artisti di fama nazio-nale. Alcuni ne restano affascinati, altri si pongono mille perché; c’è chi è attratto dalle “cose belle” e chi da ciò che è enigmatico. Non è una questione di limiti o di scarsa cul-tura, ma di sensibilità personale e di diverse chiavi di lettura della stessa parola ARTE.

Federica Ricchiuti

IN GINOCCHIO ALLA BIENNALE D’ARTEQuesta è stata la mia prima biennale e, ad es-sere sincero, non sapevo precisamente cosa aspettarmi, dato che tutte le impressioni e le testimonianze raccolte erano imprecise e non del tutto chiare. Dopo esserci passato attra-verso e averla potuta osservare, ne ho capito il motivo: l’impatto è stato forte e in parte disorientante ma non in senso negativo. Le opere, nonostante il percorso in cui erano state inserite fosse semplice, pre-impostato e passasse attraverso l’Arsenale e il Palazzo Enciclopedico per terminare ai padiglioni nei Giardini, erano così varie e stranianti da dover essere per forza analizzate una per una per ri-uscire a coglierne il significato che, non sem-pre, era illustrato nelle targhette descrittive. Guardando le opere, si potevano unicamente percepire stimoli visivi: “Ah che bello! An-che questo è bello. Questo mi piace meno.” Il loro vero significato, se non descritto o non leggibile, era difficile o probabilmente impossibile da cogliere in alcuni casi. La li-bera interpretazione è un’ottima possibilità per stimolare la mente, ma basare la defini-zione di tutte le opere su supposizioni non è di certo il modo migliore per capire il senso della mostra o ciò che ogni artista voleva re-almente comunicare.Una delle opere che mi ha sicuramente col-pito di più si trovava nel padiglione russo di Zacharov Vadim dove il mito di Danae veni-va rivisto sotto la particolare reinterpretazio-ne dell’artista. La Danae di Zacharov non è una donna me-ravigliosa come vuole la tradizione icono-grafica, ma un’installazione ad alta valenza poetica: un buco nel soffitto della stanza principale da cui vengono fatte piovere mo-nete d’oro (finte ovviamente).Nella stanza in cui piovono le monete posso-no accedere solo le donne le quali, munite da ombrello per proteggersi da questa pioggia dorata, possono raccogliere delle monete e metterle in un secchio che le le riporterà nel punto da cui vengono fatte piovere. Gli uomini non possono accedere alla stanza dell’impluvium aureo perchè si macchiano troppo spesso di peccati contro la vita.

55a BIENNALE D’ARTE DI VENEZIA

“VENEZIANI”PAWEL ALTHAMER

(Arsenale) “… Finché non arrivai a questo padiglione, nel quale, di fronte a me, si stagliava una squadriglia disorganizzata di figure grigie, scarnificate, dai tratti umani riconoscibili solo nei volti.” ¬ (Dal mio quaderno di viag-gio)Questa è “Veneziani”, l’opera proposta alla 55a edizione della Biennale d’Arte di Vene-zia da Pawel Althamer, artista polacco già affermato nelle scene internazionali. Corpi a metà tra l’alieno e l’umano si muovono in un paradossale “caos armonioso”. Azioni fra le più disparate colgono sfaccettature della vita, più o meno comuni: abbiamo l’abbraccio

A loro è lasciata la possibilità di assistere alla pioggia di denaro, inginocchiandosi ai bordi del compluvium attraverso cui sono fatte ca-dere le monete, quasi a voler dire: “Voi uo-mini per tutta la vita siete stati superiori al vil denaro, ed ora se volete godere dell’effetto sorprendente della pioggia d’oro, potete farlo solo inginocchiandovi.”

Michele Augusto

fra due amanti e il loro lieve sfiorarsi in un dialogo che non avviene, ma che comunque noi percepiamo, altre figure che impugnano invece i propri strumenti da lavoro; l’azio-ne del pensiero, la preghiera, la stanchezza di un vecchio consunto dal tempo, ma anche quella di chi si adagia su una sedia o di chi si accascia sul pavimento. E molto altro. Vari sono i moti, sia dell’anima che del cor-po, attuati da questi manichini semi-umani. Stralci di vita, sia attiva che passiva. Il risul-tato? Un’ampia gamma di riflessioni. L’im-palcatura ossea, sopra la quale, frastagliate, sono talvolta visibili le fasce muscolari, vie-ne ricoperta da bende, che sciolgono e subli-mano ulteriormente le figure monocrome. Una moltitudine di corpi grigi, modellati a tratti morbidamente e realisticamente, a tratti

con più essenzialità e forme solo accennate, compongono una situazione che ci immerge in un altro mondo, definito dallo stesso Alt-hamer “paesaggio lunare abitato da alieni”. Ciò è reso possibile grazie all’utilizzo di plastiche industriali trattate chimicamente, attraverso un procedimento che l’artista ha precedentemente appreso dal padre, impe-gnato in questo settore. La composizione è, dunque, giocata sulla contrapposizione di antico e contempora-neo: all’innovativo utilizzo delle plastiche industriali si affianca quello del calco in ges-so, dalla tradizione millenaria. Come già in precedenza era stato fatto da Burri, artista italiano del ‘900, concentrato nell’indagine sulle qualità espressive della materia, Altha-mer sfrutta le plastiche sciolte, indurite e cri-stallizzate nel loro colare, dando adito ad un

certo dinamismo che sembra non collimare coi manichini bloccati nell’istantaneità delle loro azioni quotidiane. Entrambi alludono ad un concetto di consun-zione, di disfacimento. Burri, più esplicito nel suo messaggio (vedi serie “Combustio-ni”), Althamer più pacato, ma comunque le-gato a un concetto malinconico e nostalgico, esplicato attraverso l’intensità degli sguardi, spesso tristi, e lo stato dei corpi. Corpi con-sumati che fanno risaltare maggiormente i calchi dei volti. Althamer, infatti, per ren-dere partecipi i veneziani, arriva col suo staff nella città lagunare prima dell’inizio dell’esposizione, per realizzare alcuni calchi degli abitanti del posto. Solo un paio vengo-no selezionati e aggiunti agli altri corpi, per un totale di novanta soggetti. In questo modo

i personaggi dell’installazione diventano le persone comuni, diventiamo tutti noi. Pas-sando fra i diversi individui che fanno par-te di quella collettività grigia e scarnificata, abbiamo l’occasione di poter non solo fruire dell’opera, ma di innestarci in questa, anche fisicamente, di entrare a farne parte. Il messaggio, unico e universale, non c’è; lo stesso autore tiene a precisarlo. I volti defi-niti potrebbero sottintendere la soggettività della persona e l’unicità della sua anima. I corpi sciolti potrebbero alludere al disfaci-mento della concretezza, alla caduta del tem-pio dell’anima in un tempo di crisi; non però, dell’anima stessa, che si eleva sopra le ceneri del corpo e si fa vicaria della Speranza, sug-gerendo una rinascita.

Valentina Fracassi

ALLIEVI SCULTORIIl tema proposto è stato “stilizzazione del corpo umano in movimento”. Partendo dalla ricerca di immagini di corpi umani in movi-mento, si è studiato il corpo e la forma dei suoi muscoli. Per passaggi successivi geo-metrizzando, deformando, semplificando, si è ottenuta una nuova forma che, pur per alcuni tratti ricordando la forma di partenza, è completamente frutto della creatività per-sonale e delle conoscenze delle leggi della composizione della forma (come l'equilibrio visivo di forme, di colore, ecc.). NELL’INDIRIZZO

FIGURATIVO SI COPIA LA MODELLA

VIVENTE

Per la prima volta nella nostra scuola, dall’11 Marzo per un mese, gli alunni della classe 4E (Indirizzo Figurativo) hanno avuto l’op-portunità di copiare la modella dal vivo, per confrontarsi ed esplorare, sia nel disegno che nella modellazione in argilla, il corpo umano nudo nelle sue proporzioni, muscoli, pieni e vuoti, chiaroscuri e tonalità della pelle. Nei prossimi anni continueremo quest’esperien-za con le future classi dell’indirizzo.

AN ALTERNATIVELONDONWorkshop in 2E: “Recicling London”

Un’idea nuova e decisamente originale: co-noscere i monumenti di Londra “ricostruen-doli” con materiali riciclati. Questo è stato fatto dalla classe 2E, all’interno della quale i ragazzi, dividendosi in gruppi, hanno rea-lizzato una nuova e particolare versione del Parlamento e del Big Ben, dando sfogo alla propria immaginazione e giocando con la fantasia.

This project was an innovative way to study the monuments in London.We studied some London’s monuments like: Big Ben, Westminster Abbey, Parliament Square, Buckingham Palace, Piccadilly Cir-cus, Trafalgar Square, Millennium Bridge, Hide Park and others. A week later we divi-ded the class in five groups and we decided a common monument for the project. We chose one of the most important London’s landmark: the Big Ben and the Parliament. Then we created an original version of the monument with recycled material. Every group had to choose a particular material like: paper, plastic bags, screw tops, pieces of clothes, natural materials, buttons, sequin and stick them with a strong glue.We used our fancy and imagination to do them, and at the end every picture resulted very colourful and particular. It was a funny and ecologic experience.

Erica Pani, Arianna Perna

LA FORMA DELLA PAROLASperimentazioni verbo – visuali dalla Sezione Grafica

A partire dagli anni Cinquanta, si sviluppa nel contesto delle Neoavanguardie la corrente arti-stica della poesia visiva, nella quale la scrittura prende vita esprimendosi attraverso l’unione con il suo spessore iconico in una ricerca che diventa “gesto poetico”, il quale si caratterizza per la simultaneità tra l’aspetto fonetico e quello iconico del segno.

Andrea D’Arsiè Andrea D’Arsiè

Erica AntoniazziMattia Meneghetti

LA MANO NELL’ARTEVersatilità, capacitàe sensibilità dell’essere

Le immagini qui proposte riguardano alcune esperienze didattiche che si sono svolte nella Sezione di Pittura e Decorazione Pittorica all’in-terno del Corso Michelangelo dell’ISA Munari.Questi elaborati evidenziano innanzitutto la vastità ed allo stesso tempo la bellezza dell’ambito disciplinare: da un lato esperien-ze didattiche di Progettazione nelle quali gli allievi sono chiamati a dimostrare capacità nell’elaborazione di idee raggiungendo ri-sultati del tutto originali sul piano formale e compositivo (il che significa arrivare a solu-zioni estetiche del tutto personali); dall’altro, percorsi effettuati nelle esperienze di Labo-ratorio dove le esercitazioni possono prende-re a modello opere più o meno note, o ana-lizzarne le soluzioni più varie e profonde sul piano tecnico e materiale. Questi lavori dei ragazzi possono quindi fa-cilmente esser intesi all’interno di ambiti di-versi della ricerca: alcuni fanno riferimento a realizzazioni pittoriche a carattere decorativo

eseguiti per Enti Pubblici o Privati in spazi esterni o interni, sostanzialmente lavori su commissione che nascono da un tema asse-gnato per un determinato contesto, richieste alle quali le classi rispondono con una pro-gettazione attenta ed efficace sia sotto il pro-filo tecnico/metodologico, sia sotto l’aspetto espressivo. Questi elaborati documentano esperienze anche particolari dove i nostri allievi sono stati chiamati a collaborare con alunni di altre scuole di grado inferiore, per offrire loro un coordinamento generale ai la-vori e garantirgli il raggiungimento di ade-guate soluzioni sul piano creativo. È il caso del murales realizzato dalla Sezione di Pittu-ra in collaborazione con i bambini dell’Asilo di Scomigo, una circostanza che ha visto i ragazzi dell’Isa impegnati nella realizza-zione di un disegno eseguito appunto da un bimbo, disegno che è stato sviluppato in di-mensioni giganti dagli allievi del Munari che lo hanno poi riportato e dipinto sulla facciata dell’Asilo. L’esperienza ha comportato che diverse lezioni di pittura si svolgessero in cantiere, all’aperto, condizione che permette ogni tanto agli studenti di completare tutta la loro esperienza artistica: eseguire il riporto dell’opera, operare una selezione dei colo-ri da preparare poi nella giusta diluizione e quantità, organizzare strumenti e materiali sul posto, infine, dipingere rispettando il pro-getto e stando dentro i tempi previsti. Un’altra esperienza di natura progettuale è rap-presentata da un’attività realizzata dalla Sezio-ne di Pittura per una scenografia: un fondale per la serata di premiazione di una esibizione di pattinaggio artistico avvenuta a Sedico. Altri lavori danno invece l’idea di elaborati grafici o pittorici che si caratterizzano per la loro tecnica (affresco, tempera, olio, acque-rello, acrilico, …), oppure manifestano inte-ressi per linguaggi narrativi come il fumetto e l’illustrazione, o, ancora, esibiscono abilità nella ricerca stilistica e nella sperimenta-zione delle diverse possibilità estetiche alle quali conducono, ad esempio, le esperienze dell’astrattismo nelle più recenti vicende dell’arte moderna o contemporanea, compre-se le avanguardie storiche, le neoavanguar-die e tutte le correnti successive che si sono sviluppate fino ai nostri giorni. Interessante a questo proposito può risultare l’elaborato “campi” di Arianna Gobbi che ha vinto il primo premio nazionale “Un mondo a colori” lo scorso dicembre, un’opera che

L’IMPOSSIBILE DIVENTA POSSIBILE!Al VittorioVenetoFilmFestival 2014

Anche quest’anno la classe 4B ha partecipa-to alla V edizione del VittorioVenetoFilmFe-stival ovvero un festival creato per far cono-scere ai ragazzi una nuova forma emergente d’arte, il cinema. L’edizione di quest’anno è stata dedicata a Marcello Mastroianni per festeggiare i suoi 90 anni (l’attore, nato nel 1929, è mancato nel 1996) e per ricordare la sua importanza a livello internazionale nel mondo del cinema. Precedentemente una commissione scientifica, composta da esper-ti di cinema e comunicazione, aveva scelto, tra le decine di film che sono stati iscritti al concorso dalle case di produzione, dodici lungometraggi che sono stati presentati a noi giovani partecipanti, alla Giuria di Qualità e al pubblico esterno che ha assistito alle pro-iezioni serali. I ragazzi sono stati divisi in cinque fasce in base all’età, quindi cinque di-verse giurie a ciascuna delle quali sono stati presentati tre film, diversi sia nelle tematiche che nei linguaggi, ma tutti riconducibili ad un tema comune: l’IMPOSSIBILE. L’im-possibile che diventa possibile attraverso la voglia di credere nelle proprie potenziali-tà, capacità e nei propri sogni. La Giuria di Qualità era formata da un gruppo di persone che lavorano nell’ambito del cinema e del-le comunicazione, le quali hanno assegna-to il premio “400colpi” del vvfilmf al film che tra i dodici è spiccato per l’eccellenza. I giurati sono stati scelti dalla direttrice Elisa Marchesini per le competenze e conoscenze specialistiche necessarie alla valutazione dei lungometraggi. Questi erano: Carlo Branca-leoni (dirigente produzione film di esordio e sperimentali), Silvia D’Amico (produttore cinematografico), Maria Teresa De Grego-rio (direttore del dipartimento cultura della regione Veneto), Francesca Di Giamberar-dino (art director e post produzione), Dina D’Isa (giornalista e critico cinematografico), Elisa Fuksas (regista), Lucrezia Guidone (attrice), Cristiana Merli (produttore di rai radio2), Romano Milani (giornalista cine-matografico), Cristiana Sparvoli (redattore giornalistico), Marco Testoni (compositore e musicista), Fabio Troiano (attore), Antonio

esprime la capacità di saper utilizzare tecniche e linguaggi in termini personali ma, allo stesso tempo, significativi di una profonda acquisi-zione dei codici espressivi della pittura.“ …il disegno, la pittura e la scultura, corret-tamente concepiti, pongono problemi cogni-tivi degni di un buon cervello e esigono la stessa precisione che occorre per risolvere un problema matematico o scientifico.” (Rudolf Arnheim)

Paolo Geminiani

UN PUNTO DI VISTA SULL’EVENTO

«Il Vittorio Veneto Film Festival è nato per creare un grande Festival del Cinema per ragazzi che unisca ingegno e cultura e per proporre laboratori dedicati allo studio delle nuove forme d’espressione artistica». Questa definizione a noi ragazzi della 4B, che abbiamo partecipato per il secondo anno consecutivo al Festival, è apparsa quasi in-sufficiente per descrivere tale straordinario evento. Ragionando sull’esperienza appena vissuta, infatti, è risultato che il VittorioVene-toFilmFestival non è soltanto un momento di formazione ed educazione degli studenti, ma un’attività viva e coinvolgente che permet-te di riflettere su varie tematiche esistenzia-li. Dai dibattiti, seguiti alle proiezioni, sono emersi molteplici punti di vista che hanno portato a comprendere approfonditamente la trama e il messaggio delle opere in gara e ad interpretarle criticamente. Inoltre abbia-mo capito che gli incontri con autori, registi, musicisti e attori preparano gli studenti al mondo del lavoro e li rendono maggiormente consapevoli riguardo alle possibilità profes-sionali che possono loro presentarsi dopo gli anni dell’istruzione scolastica. Ascoltando e confrontandosi con diversi interlocutori

Urrata (direttore generale fondazione ente dello spettacolo). Nei quattro giorni in cui abbiamo partecipato al festival, la mattina ci recavamo al cinema Verdi di Vittorio Veneto per assistere alla proiezione dei film. Seguiva poi il dibattito riguardante tematiche, opinio-ni, chiarimenti e curiosità sul lungometrag-gio. Ci siamo confrontati direttamente con chi ha lavorato per realizzare i film: attori, registi, sceneggiatori.... Nel pomeriggio il festival si spostava al Teatro Da Ponte a Ser-ravalle dove noi ragazzi abbiamo incontrato molti ospiti i quali, dopo essersi presentati ed aver parlato della loro carriera, rispon-devano alle nostre domande sul loro ruolo nel cinema. Abbiamo incontrato: Barbara Mastroianni (figlia di Marcello) Elena Cotta (attrice), Carolina Crescentini (attrice), Gioia Magrini (regista), Roberto Meddi (direttore della fotografia), Marco Risi (regista), Vitto-rio Storaro (direttore della fotografia), Marco Bigiarini (digital artist), Gianni Galli (press agent), Francesca Rettondini (attrice), Eleo-nora Sergio (attrice), Saviano Zaba (condut-tore radiofonico), Mariapia Timo (comica), Omar Fantini (comico), e i membri del la Giuria di Qualità.L’evento si è concluso sabato 12 aprile con il galà di premiazione del film vincitore.

Elena Prosdocimo

c’è stata anche l’opportunità di notare gli atteggiamenti e le opinioni degli stessi, che potevano rivelarsi, nonostante la loro noto-rietà, umili e condivisibili oppure esagerati e noiosi. Particolarmente interessante la riflessione fi-nale sul significato dell’espressione: «Siamo tutti artisti» detta da un ospite. Ci ha lasciati un po’perplessi perché, secondo noi, anche se potenzialmente ciascuno può esserlo, lo si diventa solo dopo anni di lavoro, di apprendi-mento e applicazione delle tecniche; a nostro parere non basta avere l’ispirazione, bisogna anche saperla comunicare, renderla fruibile agli altri, tradurla in una forma significativa.La partecipazione a quest’evento è stata, quindi, positiva perché ha consentito di pren-der parte a un’esperienza che permette di ap-profondire le proprie conoscenze, confron-tarsi, analizzare varie situazioni, condividere valori, insomma CRESCERE.

Antonella De March

MEMORIES OF NETHERLANDHere I’ve really breathed the Lightness.A Lightness which is hide in everything:In the speed running of the bikes, in the small garden in which we spent our evenings or in a drawing lesson at the park.Light are the houses and the people with their smiles and light is also the school, that seems more like factory or a laboratory than a school in which the mind can work without rules.It was strange to see the art also coupled to the buildings and strange traffic lights are those that just will not let you cross the road!In the Netherlands the skies resemble those of Turner, the fields are paintings of Mondrian but with elegant, impressive and artificial white “flowers”.Lightness even in the landscape, which is transformed into an angry force on the nocturne beach of the North Sea.Here only the Imagination has the power.Here there is Art in Everyone and in Everything.

Sharon Colli

RICORDI D’OLANDA E FRAMMENTI ROMANIIl viaggio d’istruzione diventa occasione di esperienza poetica

Opere inedite degli allievi di 4A e 4B

Il respiro di Amsterdam

Quel grigiore leggero,quell’atmosfera dimenticata,quel segreto ricordo di casa propria.Un suono si muove.Mille biciclette investono il mattino,travestono i ponti intiepiditi di luce.E’il primo respiro di Amsterdam.Un quieto ticchettio, un alito musicale.Passano ore, scorrono ruote, si snodano catene.La città vive,canta la sua anima,drin drin.

Valentina Pagotto, Guglielmo Turbian Mohamede El Ouajjajy

Famiglie olandesi

L’umiltà si fa padronala gentilezza riscalda il cuoree la disponibilità colora di sicurezza.L’energia e l’amore abbondanoin quelle vite pronte per collaboraree sollevare gli animi in difficoltà.La leggerezza di una vita amatasi offre accogliente e famigliarea dissolvere una nuvola di aria impaurita.

Marta Dei Tos, Klea Shahini,Calvin Geronimo

Frammenti romani

Tonalità d’antico, dentro un eco infinitodi un vecchio respiro.Restiamo soli,aggrappati ai pallidi marmiche fanno ombra al cieloemozioni di carta che volano alteoltre un desiderio infinitoche si è fatto cittàscalinate rosa tintinnano sotto i tacchidi mille cenerentole,al plauso della storiafioriscono segreti denudatiocchi di bambini in piazzasigarette senza fine sul selciatotutto prende formanell’attimo in cui la pietra diventa città;per sempre eternatenuta insieme dal palpitare delle acqueche tagliano il voltocome l’ombra sul tuo visouna donna Romala più bella di tuttema la più sola.

Alice Piccin, Elisa Pizzin, Elena Prosdocimo

Fontane romane

Dissetati dell’energia del popolo tuo, o Romanell’immensità delle tue secrete vieodi lamenti, sospiri e lacrimedi quella nostalgica gioia ardere nella seravedo fra tutte in Roma la fontanafascino che fugge il tempotra le tue limpide braccias’annega il mio cuoree il fuoco, e l’ardor e il bruciar delle tue acquerisveglia i miei spiriti sopitinella quiete tempesta della tua meraviglia

Giada Barbon, Diana Bernardi, Nicole Chiaradia, Lara Varaschin

Lei

E una stanca lucel’avvolse, debole ma serenacome l’acqua scende dalla roccialeggiadra, come un petalo si culla nel vento;cade un’orchestra di suonisi confondono tra i rumori della follae segretamente scatenal’animo di chi la guarda;mortali voci mormoranotra le vie della città eterna,una stella le oscuranell’ultimo fremito della sua bellezza.

Rita Spinazzè, Giulia Dal Vecchio, Roberta De Min, Alessia Balliana

Cinecittà

Vuote illusioni, deterioramento di costruzioni, scricchiolii, boati lievi che irrompono nel silenzio delle immobili azioni. Appare vivibile l’ambiente ma nessuno varca la soglia della finzione prorompente e le grandi città in spazi ristretti sono riassunte. Le pareti trasudano passato l’invisibile diventa visibile perché dalla mente inventato. Tutto riposa in un sonno forte, non vita, soltanto morte.

Alessia Posocco, Giampietro Dal Cin, Valentina Papanikolaou,

Antonella De March

Fori imperiali

Oh fermo sasso, che’l dì tutta scrutila scatenata gente, fulcro sei tudel tempo fuggente di avi mutivoce narrante i principi e le virtùOh pietra, che emblema di gloria fostiora macigno di valore estinto,se tutti a lodarti son ben dispostiignavia si cela in lor parlar finto.Oh lode italica! Perpetua forza.Se il tuo esistere volge a seraquanto ancora subirai la sferza?A chi ti ignora concedi perdonopoichè di fronte a tanta indifferenzaflutti di sangue e inchiostro scompaiono.

Mattia Pizzaia, Eros Basei,Matteo Da Frè

EVOCAZIONI

Disegnando

Sei tuche nel non mostrare chi seilasci a chi non èesser vόlto

Carichiamo con linee sottiliil vuoto che in noisi riflette.E cominciamo ad esser tutt’uno

Cresciamo uniti in lineeed ombre, esaltano forse più loroche noiumili servi di un’emozione a venire

In lungo abito neroed eleganti motivispegni la rabbia che non vedoSei tu immagine

Tonon Riccardo

Farfalla

Gaia allegrezza tecogiovine brezza pari.Oh Hermes de li elisi!Lieta svolazzi errandoOve ivi il fiore schivi;Osi, ti posi, riposi;‘sì vai pascolandoGiorni tuoi giulivi.Retti sti dì avari?Nom tuo ti fa eco.

Matteo Da Frè

La pioggiaPiove;arde il fuoco,l’anima si riscalda;apro un vecchio libro,le pagine emanano passato;la quiete mi abbraccia,nelle sue grandi braccia mi tiene;un alito di vento gelido apre la finestra,sul muro sbatte il legno; piccoli battiti si odono là fuori,cadono specchi bagnati;il presente sembra essersi fermato,piove.

Arianna Perna

Il comodinoHo riapertoil cassetto del comodinodi legno rugosoricoperto di polvereed ho riconosciutol’aspro rumore scricchiolante.Sbirciorovistoritrovotutti quei sogniun tempo urlantia giacere spenti.

Guendalina Gatto

SI PUO’FARE POESIA ANCHE TRA I BANCHI DI SCUOLAVersi scelti dal “Quaderno delle figure retoriche” della classe 2E

La primaveraNon era baccano,era musica soave.Non era solo colore,era un’esplosione di verde.Non era pioggia,era un polverio luminoso.Non erano foglie svolazzanti,era una nube di farfalle danzanti.Non era un sogno,era primavera.

Sara Bedin

Il sabato seraUna strada, un’auto, una sera di felicità,ma una luce si avvicinòe improvvisamente rumore, energia, vivacitàin tragedia si trasformò

Elisa Moretti

LA MIA FRONTIERAEstratto di testi in commento ad un saggio di Claudio Magris da “Infinito viaggiare”

Le frontiere non sono solo linee, barriere che ci dividono da un determinato luo-go. Sono “politiche, linguistiche, sociali, culturali, psicologiche”, spesso invisibi-li; sono barriere interne all’uomo, alla sua mente, perché non è, di per sé, la linea di confine su di una cartina geogra-fica a spaventarci, ma il popolo stesso, il non-sapere cosa sta dietro al confine che creiamo noi.E così, il più delle volte, l’uomo costru-isce una frontiera molto più incisiva e solida nella sua mente.Mi è capitato diverse volte di sentire per-sone lamentarsi del luogo in cui viveva-no. Si lamentavano continuamente.Allo stesso tempo però, discriminavano i luoghi estranei al loro, si riempivano la testa di pregiudizi su interi popoli e luo-ghi mai neanche visti.Erano tutte giustificazioni portate a loro stessi. La realtà è che molto spesso que-ste persone hanno la paura dentro, la paura che magari qualcosa al di fuori di ciò che conoscono possa distruggere ogni loro convinzione.Ma è proprio questo che deve accadere.Anzi, non bisognerebbe mai partire con le proprie “verità”, soprattutto se riferite a qualcosa che non conosciamo proprio, in quanto non ne abbiamo avuto l’espe-rienza.Viaggiare dev’essere il modo giusto per pensare davvero alle cose, alle persone, alle situazioni.Un viaggio dev’essere affrontato a men-te libera: dimentica le tue origini, dimen-tica ciò che hai sempre saputo, quello a cui hai sempre creduto, solo per un po’.

Riparti da zero e lasciati invadere e per-vadere da atmosfere convenzionalmente diverse ma che nutrono il tuo animo.Viaggiare è ricominciare ogni volta un’esperienza con se stessi e il Mondo.Tornare a casa è ordinare ciò che si è, e se necessario, farlo ogni volta.[…]Un uomo che sa amare il mondo per quello che è, ama perché scopre, perché è in continuo movimento sia fisico che mentale, perché dedicarsi e legarsi per lungo tempo ad un proprio pensiero o sentimento, spesso causa dolore.Così lui assimila come delle scosse vitali dal mondo, scosse momentanee che lo tengono in vita. È affamato di mondo.

Irene Ambrogi

Sono frontiere non solo fisiche, ma anche politiche, linguistiche, sociali, culturali e psicologiche quelle che l’uomo valica quan-do parte alla volta di un viaggio. Frontiere che sono amabili all’uomo proprio per la loro caducità. Frontiere vive, quasi palpabili, che sembrano respirare. Frontiere labili, frontiere periture. Come l’uomo che le attraversa. È una sorta di PANTA REI quella che gover-na l’idea di frontiera. Infatti, è una frontie-ra sempre in movimento, che oggi c’è, ed è così, e domani... Chi lo sa! [...]Il viaggio amplifica i sensi, e ci fa rivolgere al mondo, a noi noto e ignoto, con curiosità. Spiccata ed estrema. Il vero viaggio, però, parte da dentro. Solo se lo si vive con l’anima diventa costruttivo: fare i turisti per la maggior parte del tempo ha ben poco a che fare col viaggio. Vero viaggio.Bisogna mettersi a girare su e giù per un ponte, mescolandosi alle persone che vi tran-sitano e andando da una riva all’altra fino a non sapere più bene da quale parte o in quale Paese si sia [...]. Bisogna liberarsi dai pregiudizi, bagagli inutili e specialmente pesanti che rischiano di farci pagare all’aeroporto una sovrattassa d’ignoranza, e mischiarsi con le altrui cultu-re fino a non capire da quale riva o in quale Paese si sia. Solo dopo avere fatto questo si è in grado di riscoprire la propria persona, nelle sue radici e nelle sue nuove esperienze, e concepire il mondo per quella meraviglia continua che esso è.

Valentina Fracassi

Il viaggio è un invito a oltrepassare ogni frontiera palpabile o astratta che sia, superar-le ma anche sentire e afferrare ciò che esse danno; respirarle e piegarle, farne uso a pro-prio piacimento, talvolta correndo, talvolta trascinandosi attraverso di esse.Viaggiare, non come inanimati, solamente traslati, ma come individui che si “appropria-no” dei confini e che possono “essere sempre pure dall’altra parte”; il viaggio sta dunque in questa mescolanza di idee, culture, colori e respiri che porta a ritrovare la “benevolen-za per se stessi e il piacere del mondo”.Un mondo che torna ad essere veramente Umano.Un ritorno ad un roussoniano “Amore per se stessi” in cui l’individuo si ama e brama la comunione armonica con il Tutto.È dunque questo l’Infinito Viaggiare: una perpetua ricerca di sé.Un viaggio che deve partire dalla mente e una mente che deve essere priva di confini, mentre leggera e duttile, in grado di farsi mo-dellare e contaminare dal Nuovo.Un viaggiare eterno e inesorabile come la curiosità del pellegrino scalzo che mangia la strada e la vive; e nel viaggio cercare, cerca-re un’emozione, respirarla a pieni polmoni e formare l’impulso in idea.Forse è così che dovremmo essere tutti, un po’Alfieri e un po’Kerouac: sempre con l’Anima in fiamme e andar cercando paglia e non acqua.

Sharon Colli

VIVI, DISEGNA... SCRIVIViaggio interiore tra sogni e segni

Della serie: anche gli insegnanti scrivono!

Martedì 25 febbraio gli insegnanti del Munari, assieme a colleghi di altre scuole, hanno partecipato ad un’attività di scrittura creativa tenuta da Nino Ferrara, scrittore e illustratore di Novara. In pochi minuti e con precisi vincoli, hanno improvvisato un breve testo, tentando di dar voce alla propria anima. Ecco qualche risultato.

Tentoni

“Tentoni, in cerca di una striscia di luce, di un raggio solitario - o di un pallido filo di fuoco - riesco ad afferrare un barlume di verità. Talvolta il passato, la paura sono pietre che colpiscono quella mano, ma il coraggio e la voglia di toccare leniscono il pianto…è un pianto diverso, ora: è bianco latte buono che scava il sentiero del destino”.

Primo senso

E invece io uso la lingua. L’ho sempre fatto. Non la lingua delle parole: la lingua delle papille gustative. Quella che ha conosciuto il latte materno e il Bactrin frantumato nel cucchiaio con lo zucchero ma l’amaro lo sentivi lo stesso. Quella che mi ha aiutato a ingoiare tutto. Che muscolo, la lingua! Un giorno mi è apparsa un’immagine e “chi-ero-io” era una cuccia di cane. Fuori. Nel cortile. L’estraneo. Lo straniero. Quello che era rosso mentre gli altri erano tutti verdi. Rosso. Non c’è colpa ad essere rosso, adesso lo so. Ma nella cuccia del cane, mica lo sapevo. E non so nemmeno se ero il cane o la cuccia o il fuori. Ma che ero rossa, sì. Che ero fuori, sì.C’era il fumo delle braciole, di fianco alla cuccia. E anche i cani lo riconoscono. E’il fumo della domenica, che arriva insieme con le campane di mezzogiorno. Oggi si fa festa. A me arriverà l’osso. E’buono, l’osso.

La mano nascosta

Guardavo davanti a me con quello sguardo straniero di chi sa dove si trova, ma non sa dov’è.Straniero a se stesso; diverso da come gli altri lo vedono, lo immaginano, lo vogliono.La gioia era lontana, come la corrente da uno stagno; il fuoco sopito sotto nuvole di abitudine, di assuefazione.Immaginavo quella mano nascosta, che ancora non vedevo: ci speravo senza entusiasmo, come di pietra.

Infanzia

Da piccolo invidiavo quel tuo sorriso che non si spegneva anche quando i tuoi genitori te le davano di santa ragione per la tua presunta colpa.Poi per i sentieri della vita mi hai mostrato il blu e il rosso delle nuvole e ho pianto con te la gioia di un passato.

A mio padre

Ho corso sulla scogliera, ho amato il vento sulla criniera scompigliataho cercato il profumo del mare, il fuoco amico del silenzioho dormito nei sentieri freschi del bosconella paura ho preso coraggioFino a quando il velo del destinoha interrotto il mio sorrisoallora ho mangiato pane straniero eho abbassato lo sguardoLo avevo perso per sempree ancora vacillo

Il superimperatore

In realtà non sono sempre stato così, in realtà c’è stato un tempo in cui preferivo stare da solo, giocare da solo, parlare da solo, quasi fossi l’unico abitante di questa terra.Ed avevo un Mondo tutto mio, di cui ero il superimperatoreassolutodelmondoconosciu-toesconosciuto. In questo Mondo non c’erano genitori, che ti dicevano cosa dovevi fare o non fare, dove gli amici non ti prendevano in giro, dove gli insegnanti non ti costringevano a studiare cose che non ti erano per niente uti-li, nel tuo mondo.In quel Mondo ogni tanto entrava mia so-rella, era un grande onore per lei quando, fianco a fianco, camminavamo sulla sabbia della spiaggia, oppure seguivamo il sentiero che portava alle grandi pietre sul mare, dove si trovava il “Castello”, una grotta scavata dal mare, blu, che per secoli aveva lavorato, come fosse nostro schiavo.Non avevamo gelati che ci rendessero felici, solo lo stare vicini, re e regina del nostro Mondo.Finché il treno non ci portò via, altrove

IL NOSTRO INCONTRO CON LA

DIVINA INUN VIAGGIO

SENZA TEMPO

È un viaggio iniziato l’anno scorso, non per caso, imposto. Un percorso programmato da altri, “esperti tour operators”, da cui dipende la nostra avventura, la nostra formazione. Un viaggio rivelatosi strepitoso, an-che se non privo di difficoltà! Vi proponiamo alcune nostre libere (si fa per dire!) riflessioni.

“La Commedia trasmette una sensazione di appartenenza, passione e orgoglio, alla nostra Italia. Leggerla significa conoscere ed interpretare il mondo”.

(Elisa)

“Si può parlare di opera senza tempo per l’analisi dei principi morali, delle virtù e dei vizi che affliggono ancora l’uomo …”

(Antonella)

“Leggendo i versi del poema, ci possiamo immedesimare nei personaggi, i cui problemi, vizi o virtù possono rispecchiare la nostra situazione; il poeta narra storie vere un tempo come oggi: l’amore senza freni che travolge due giovani, la disperazione di un padre impotente che vede morire i figli e i nipoti, la presunzione dell’intelletto umano, l’invidia e l’ingordigia che attanagliano l’anima”.

(Roberta)

“La penna ferisce più della spada! E la penna di Dante svolge bene questa funzione: collocare i propri nemici e le persone fastidiose all’inferno tra i dannati, sapendo che verranno ricordati come tali nel corso dei secoli è una delle migliori forme di vendetta, se non la migliore”.

(Mattia)

“L’impatto sotto l’aspetto dell’immaginazione è fortissimo … Dante è un grandissimo poeta proprio per il fatto che percepisce le vibrazioni al di là della portata degli uomini comuni, ed è capace di ricrearle facendole sentire e vedere… Egli è colui che, liberatosi delle catene che lo trattengono come tutti gli altri uomini nel fondo della caverna, riesce ad osservare ciò che sta al di fuori del mondo per poi porre la sua conoscenza a disposizione di ognuno”.

(Enrico)

“Il poeta è atterrito davanti alla visione dell’inferno: si interroga sulle cose, chiede spiegazioni alla sua guida. Dante ha paura, ma non è un codardo, attraverso la sua paura ci induce a credere nell’Inferno”.

(Giada)

“Il nostro non è stato un semplice incontro nel quale ci si conosce e poi, forse, ci si rivede. La Commedia si addentra in ognuno di noi e non se ne va più. Quando avviene un tale incontro, si rimane semplicemente sbalorditi, catturati dalla sua maestà”.

(Giulia)

“La modernità di Dante sta nell’aver aperto il mondo concreto con una chiave spirituale”.

(Giampietro)

“La Divina Commedia è fatta di visioni che qualche volta stupiscono ed altre volte incantano lo spettatore, in ogni caso lo catturano in una salita di emozioni”.

(Alessia B.)

“Io sono proprio così: penso sempre che dietro l’angolo mi aspetti la selva oscura, ma allo stesso tempo so di avere una guida che sa come aiutarmi”.

(Alessia P.)

“La Commedia è il libro della vita, un libro di istruzioni”.

(Diana)

“Dante Alighieri e Jack Kerouac: due scrittori figli di due epoche storiche quasi agli antipodi a testimoniare che è comune nei secoli la voglia di essere felici, di cambiare ed essere migliori, di oltrepassare i propri limiti e di non perdere la speranza anche quando la diritta via è smarrita”.

(Lara)

L’ARCANA MELODIAPITTRICEdi Giovanni FilardoPer eternare i più profondi sentimenti dell’uomo

L’abbandonoSi dilata la mia solitudinenei giorni di sole.Mi aggredisce la tua assenza,brace che nell’anima discende. Improvvisa mi avvolge la follia,vento impetuoso oltre la ragione. Nell’intenso frastuono, inquieta,la parola si confonde. Malinconici si assopiscono i ricordi. Fragile si frantuma il mio racconto,confine che allo sguardo si nasconde. Si infrange l’onda e non passa oltre.

A mia madreMi piego salice sull’acqua e attendodell’imbrunire, l’ora di passaggio.Anche la tua voce, priva di colore,s’attarda nel bisbiglio dell’ombra.Mi sorprende il tuo invernocome schiaffo dato all’improvviso.L’eco del silenzio rapisce i tuoi pensieri;foglie cadute dopo il temporale. Declina il miglior tempo tra i ricordi;dettagli sparsi, frammenti di giornale. Affamata di voci mi avvolge la tua solitudine. Assonnata la stanza accoglie il tuo respiro. Maschera deforme tramonta la parola.

In memoria di mia madreOltre la soglia lo sguardo si sottrae.Migranti scolorano i pensieri.Attonita soccombe la parola.Illimitata la tua permanenzanel silenzio dei giorni morenti.Nel frastuono molesto dei ricordisi smarrisce la voce narrante del tempo.Fremente il mio desideriosulla traccia infinita della tua eco.

Alcune brevi considerazioni per compren-dere nel modo migliore la trilogia poetica di Giovanni Filardo che vi propongo, senza cercarne un significato trascendente; de-sidero che voi, come me, possiate apprez-zare la loro concreta e personale realtà.Famiglia: nucleo sociale composto da due o più individui legati tra loro da ma-trimonio, rapporti di parentela, di san-gue, di affinità o fisionomia spirituale.Legame: rapporto o vincolo affettivo, che comporta reciproca fedeltà, oppu-re limitazione della libertà individuale.Ma pur sempre di affetto si tratta, amore incon-dizionato e doveroso, specie verso la famiglia.E quando si spezza nella dimensione fisica, a volte il dolore è un livido tangibile che abbia-mo bisogno di curare, attraverso noi stessi, il nostro cuore, la nostra mente elevata alla dimensione poetica. Forte e profonda tanto quando leggera e delicata, quasi un sussurro, la poesia è un pensiero che si alza e si libera del suo stesso peso, e finalmente si placa l’animo.

Francesca Perencin


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