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dott. Maria Acierno dott. Pietro Curzio dott. Luigi Scarano · preliminare, deve esaminarsi la...

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Corte Suprema di Cassazione Ufficio dei Referenti per la Formazione Decentrata dott. Maria Acierno dott. Pietro Curzio dott. Luigi Scarano Dipartimento di Giurisprudenza DIRITTO PROCESSUALE CIVILE prof. Antonio Carratta prof. Giorgio Costantino prof. Giuseppe Ruffini Cass. 18 giugno 2012, n. 9943, per esteso e massimata Cass. 16 maggio 2012, n. 7679, massimata Cass. 11 maggio 2012, n. 7327, massimata App. Milano, ord. 18 aprile 2012, massimata Trib. Torino 30 aprile 2012, massimata Estratto da Foro italiano, 2012, parte I, colonne 3059 e ss. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VITRONE Ugo - Presidente - Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere - Dott. RORDORF Renato - Consigliere - Dott. FORTE Fabrizio - rel. Consigliere - Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere - ha pronunciato la seguente: ORDINANZA INTERLOCUTORIA sui ricorsi riuniti iscritti ai n.ri 9074 e 12379 del Ruolo Generale degli affari civili dell'anno 2009 di: COMUNE DI AVELLINO, in persona del sindaco p.t., autorizzato a stare in giudizio da Delib. G.M. 20 marzo 2009, n. 145 e determinazione dirigenziale n. 773 del 24 marzo 2009 ed elettivamente domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, unitamente all'avv. Preziosi Claudio, che lo rappresenta e difende, per procura a margine del ricorso. - ricorrente principale -
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Page 1: dott. Maria Acierno dott. Pietro Curzio dott. Luigi Scarano · preliminare, deve esaminarsi la eccezione della controricorrente d'inammissibilità del ricorso per cassazione proposto

Corte Suprema di Cassazione Ufficio dei Referenti per la Formazione Decentrata dott. Maria Acierno dott. Pietro Curzio dott. Luigi Scarano

Dipartimento di Giurisprudenza

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE prof. Antonio Carratta

prof. Giorgio Costantino prof. Giuseppe Ruffini

Cass. 18 giugno 2012, n. 9943, per esteso e massimata Cass. 16 maggio 2012, n. 7679, massimata Cass. 11 maggio 2012, n. 7327, massimata

App. Milano, ord. 18 aprile 2012, massimata Trib. Torino 30 aprile 2012, massimata

Estratto da Foro italiano, 2012, parte I, colonne 3059 e ss.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo - Presidente -

Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere -

Dott. RORDORF Renato - Consigliere -

Dott. FORTE Fabrizio - rel. Consigliere -

Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sui ricorsi riuniti iscritti ai n.ri 9074 e 12379 del Ruolo Generale degli affari civili dell'anno 2009

di:

COMUNE DI AVELLINO, in persona del sindaco p.t., autorizzato a stare in giudizio da Delib.

G.M. 20 marzo 2009, n. 145 e determinazione dirigenziale n. 773 del 24 marzo 2009 ed

elettivamente domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, unitamente

all'avv. Preziosi Claudio, che lo rappresenta e difende, per procura a margine del ricorso.

- ricorrente principale -

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contro

COMPAGNIA GENERALI SERVIZI E FINANZA s.p.a. in persona del Presidente del consiglio di

amministrazione sig. D.G.M., in qualità di cessionario, con scrittura autenticata il 15 giugno 2005

dal notar Tommaso D'Amaro da Scafati (rep. n. 47398, raccolta 14739 registrata il 1 luglio 2005, al

n. 737), del credito controverso della s.a.s. Rainone Costruzioni di Vinko Mladen & C, estinta per

cancellazione dal registro delle imprese del (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Nocera

Inferiore alla P.za D'Amora n. 3 presso l'avv. Castaldi Filippo, che la rappresenta e difende, per

procura a margine del controricorso;

- ricorrente -

e avv. R.G., procuratore di se medesimo, con domicilio eletto in Roma alla Via Calatafimi n. 11,

presso l'avv. BULDO Elisabetta, che ha notificato altro ricorso in data 14 maggio 2009;

- ricorrente incidentale -

e RAINONE COSTRUZIONI s.a.s. di Vinko Madlen & C, in liquidazione, già Rainone Costruzioni

di Angelo Rainone & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante p.t. già selettivamente

domiciliato nel giudizio di appello in Napoli, alla Via G. Carducci n. 19, presso l'avv. Magri Ennio,

unitamente ai procuratori costituiti avv. R., R. Rainone e Filippo Castaldi;

- intimata -

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Napoli n. 4406 del 5-23 dicembre 2008,

notificata in data 23 gennaio 2009, dalla cessionaria del credito controverso, al Comune di Avellino

in proprio, unitamente alla cessione di tale diritto del 15 giugno 2005;

Udita la relazione del Cons. FORTE Fabrizio e sentiti l'avv. Preziosi per il ricorrente, l'avv.

Castaldi, per la controricorrente e il P.M. Dott. FIMIANI Pasquale, che ha concluso per la

inammissibilità del ricorso principale e l'accoglimento di quello incidentale.

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 3 marzo 1995, il Comune di Avellino proponeva opposizione al decreto

ingiuntivo di pagamento alla s.a.s. Rainone Costruzioni di Angelo Rainone & C. di L..

1.143.457.512 e accessori, fondato su ricognizione di debito dell'ente locale, contenuta nella Delib.

consiglio comunale 10 luglio 1991, n. 199 e l'adito Tribunale di Nocera Inferiore revocava

l'ingiunzione per incompetenza territoriale.

Riassunta la causa dinanzi al Tribunale di Avellino dalla s.a.s.

Rainone Costruzioni con atto del 30 novembre 1998, che chiedeva la condanna del comune a pagare

all'attrice la somma di cui ai decreto ingiuntivo, l'ente locale eccepiva l'inesistenza del credito,

perchè sorto dal contratto di appalto del 15 settembre 1978, nullo per mancata copertura finanziaria.

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Il Tribunale di Avellino, con sentenza del 5 dicembre 2003, affermava che l'atto del 1978 era stato

sanato dal successivo contratto del 4 giugno 1980, approvato dal CO.RE.CO. nel dicembre dello

stesso anno e alla base della citata delibera ricognitoria del 1991, ed ha accolto, in ragione del rinvio

del nuovo contratto al D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 35 e 36 la domanda di condanna a pagare

la somma di cui sopra a titolo di interessi dovuti per i ritardi nei pagamenti, negando l'anatocismo

per essere stati gli accessori calcolati sempre e solo sulla sorta capitale.

Su gravame del comune, la Corte d'appello di Napoli, dopo la nomina di un c.t.u. per il computo del

dovuto per i ritardati pagamenti dei lavori, con sentenza del 23 dicembre 2008, in accoglimento

parziale dell'impugnazione, ha ritenuto unica fonte dell'obbligo il contratto del 4 giugno 1980 e

condannato il comune a pagare alla s.a.s. Rainone Euro 402.649,22, con gli interessi successivi fino

al saldo.

Questi ultimi si sono liquidati, in base ai tassi di cui al D.P.R. n. 1063 del 1962 fissati anno per

anno, a decorrere dal giugno 1980, con decreti del Ministero dei Lavori pubblici a tassi variabili dal

10 al 21%, in quanto richiamati nel nuovo contratto per il pagamento del prezzo dei soli lavori

d'esecuzione della fognatura e non di quelli per la costruzione della strada e della piazza.

Nessun rilievo, infatti, secondo il ricorrente, si è dato dai giudici di appello alla previsione, nello

stesso contratto del 1980, del più basso tasso convenzionale del 5% per i ritardi nei pagamenti del

corrispettivo del rapporto per costruire la piazza e la strada, che avrebbe determinato una notevole

riduzione di quanto preteso a controparte.

Nella pendenza del giudizio di appello, la società Rainone ha, con atto del 15 giugno 2005, ceduto il

credito controverso alla Compagnia generali servizi e Finanza s.p.a., controricorrente nel presente

giudizio, che ha notificato il 23 gennaio 2009 al comune di Avellino la avvenuta cessione del suo

diritto ai sensi dell'art. 1264 c.c., quando già dal 25 maggio 2007 la s.a.s. Rainone Costruzioni di

Vinko Mladen & C. si era cancellata dal registro delle imprese.

Per la cassazione della indicata sentenza di appello, il Comune di Avellino propone ricorso n.

9074/09 di quattro motivi, notificato il 9 aprile 2009, cui resiste, con controricorso notificato il 18 -

22 maggio successivo, la cessionaria del credito controverso già della s.a.s. Rainone, cioè la

Compagnia Generali Servizi e Finanza s.p.a..

Propone altro ricorso n. 12379/09 l'avv. R.G., già difensore della società esecutrice dei lavori, che

denuncia l'omessa pronuncia sulla sua istanza di attribuzione delle spese di giudizio nei gradi di

merito.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente devono riunirsi, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., i due ricorsi iscritti con diverso

numero di registro generale, avendo entrambi ad oggetto la medesima sentenza. Sempre in via

preliminare, deve esaminarsi la eccezione della controricorrente d'inammissibilità del ricorso per

cassazione proposto dall'ente locale, per essere stato notificato il 9 aprile 2009 alla s.a.s.

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Rainone quando già era estinta, perchè cancellata due anni prima dal registro delle imprese. Il

ricorso risulta notificato tra l'altro ai procuratori costituiti della creditrice in primo grado presso il

domicilio da loro eletto in quel grado (co. avv. Ennio Magri in Napoli Via Carducci n. 19) e, con

questi, anche alla Rainone Costruzione di Vinko Mladen & C. in liquidazione s.a.s., già Rainone

Costruzioni di Angelo Rainone, cancellata dal registro delle imprese in data (OMISSIS).

La società controricorrente, cessionaria prima del ricorso per cassazione del credito controverso,

aveva nelle more notificato la cessione, ai sensi dell'art. 1264 c.c., e, insieme a detto atto, la copia

della sentenza d'appello munita di formula esecutiva che lo liquida, in data 23 gennaio 2009 al

comune di Avellino, quale debitore ceduto, ponendo in essere in tal modo un comportamento che

serve ad escludere la liberazione del debitore in caso di pagamento al creditore cedente,

concorrendo in tal modo a indurre in errore la ricorrente circa la esistenza almeno alla data di detta

notificazione, della società che in fatto nessun pagamento avrebbe potuto ricevere, per essersi

cancellata dal registro delle imprese (sugli effetti della notificazione della cessione del credito, cfr.

Cass. 3 luglio 2011 n. 15364 e Cass. 5 novembre 2009 n. 23463).

La questione proposta con l'eccezione di inammissibilità della controricorrente non attiene al profilo

processuale della notificazione della impugnazione, ma a quello sostanziale della evocazione in

causa, nel giudizio di legittimità, di un soggetto privo della capacità giuridica, con errore che incide

sulla stessa identificazione del soggetto passivo della vocatio in jus e comporta quindi la mancata

instaurazione del contraddittorio in sede di legittimità (in tal senso, cfr. da Cass. 29 marzo 1995 n.

3762 a Cass. 18 gennaio 2010 n. 651).

Peraltro la controricorrente in questa sede, quale successore a titolo particolare dell'originario

creditore ormai estinto, in assenza di ogni altro successore, è anche l'unico soggette legittimato

passivo nella controversia (così, Cass. 11 maggio 2010 n. 1137 e 17 marzo 2009 n. 6444).

Nel caso concreto, si pone quindi l'ulteriore problema della successione a titolo particolare nel

rapporto controverso, essendosi costituita quale controricorrente la società cessionaria del credito,

che è unica legittimata a ricorrere o a controricorrere nel giudizio di cassazione vertente su tale

rapporto (Cass. 28 dicembre 2011 n. 29385, 21 marzo 2010 n. 6845 e 17 marzo 2009 n. 6444), con

conseguente possibile eventuale rilievo sanante del regolare contraddittorio, anche in rapporto alla

eccezione di inammissibilità della controricorrente, che ha notificato il suo atto difensivo in data 19

- 22 maggio 2009, quando ancora non era passata in giudicato la decisione impugnata del 23

dicembre 2008, non essendo decorso ancora alla data della notificazione il termine lungo di

cui all'art. 327 c.p.c. nella versione ratione temporis in concreto applicabile.

2. Con risoluzione dei precedenti contrasti sugli effetti della cancellazione delle società commerciali

di persone, questa Corte ha affermato che queste ultime si estinguono contestualmente alla loro

cancellazione dal registro delle imprese, che determina la immediata perdita della loro capacità

giuridica e/o soggettività limitata (S.U. 22 febbraio 2010 n. 4060).

In quanto il ricorso notificato a soggetto inesistente non può dar luogo a un contraddittorio sanato

dalla costituzione del successore (Cass. 1 aprile 2004 n. 6409 e 30 marzo 2007 n. 7981), non si

versa in una fattispecie di nuova interpretazione della giurisprudenza di norme processuali, che

possa giustificare una condotta violativa di queste e conforme alla precedente lettura delle stesse

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regole del processo (sul c.d. "overruling", cfr. da S.U. 11 luglio 2011 n. 15144 a Cass. 28 febbraio

2012 n. 3042). La questione appare perciò di speciale rilevanza, in riferimento alle società e ai modi

di estinzione di esse come quello effetto della cancellazione di esse dal registro delle imprese, nei

quali non vi è la individuazione preventiva ed ex lege dei soggetti che subentrano alla parte non più

esistente (come avviene, invece, per la incorporazione di società, che si ritiene in genere renda lecita

la notifica del ricorso all'incorporata e la sanatoria con la notifica del controricorso da questa ultima,

prima del passaggio in giudicato della sentenza impugnata: cfr., in tal senso, S.U. 14 settembre 2010

n. 19509 e 23 luglio 2010 n. 17383, sulla scia di vari analoghi precedenti).

In rapporto alla cancellazione delle società di persone, appare pertanto opportuno investire le

sezioni unite della questione di massima, di particolare importanza (art. 374 c.p.c.), della esistenza,

all'atto della estinzione, di eventuali rapporti ancora pendenti delle società alla data in cui esse si

sono cancellate, ovvero di sopravvenienze attive o passive o di altri rapporti in qualsiasi modo o

comunque collegati al patrimonio societario in astratto estinto e concretamente ancora in vita. Le

soluzioni possibili della questione possono essere almeno tre: a) inammissibilità del ricorso, per la

notifica di esso a soggetto inesistente; b) la mancata estinzione sul piano processuale del soggetto

societario anche in ragione dell'affidamento nella sua esistenza dell'altra parte, determinato dalla

stessa condotta processuale e sostanziale della società cancellata, in sede di merito; c) il perdurare,

dopo la estinzione della società, di un patrimonio di scopo della società, costituito dai rapporti

pendenti o controversi alla data dell'estinzione e da sopravvenienze, da assimilare all'eredità

giacente (art. 528 c.c. e segg.), con facoltà del ricorrente di chiedere la nomina d'un curatore

speciale, cui notificare la impugnazione, per il conflitto di interessi sul bene già appartenuto al

patrimonio della società cancellata, insito nella stessa causa in corso.

2.1. La prima delle indicate soluzioni è quella comunemente accolta da questa Corte, dopo la

sentenza citata delle S.U. n. 4060 del 2010;

con essa si afferma la inammissibilità del ricorso per cassazione, notificato ad una società cancellata

e estinta (così: Cass. 8 ottobre 2010 n. 20878 e 16 maggio 2012 n. 7679, relative a società di

persone, e Cass. 5 novembre 2010 n. 22548 per le società di capitali, tra altre).

In relazione alla seconda soluzione prospettata della questione, anche se si afferma che il principio

generale della apparenza del diritto e dell'affidamento non può avere rilievo quando vi siano

strumenti di pubblicità idonei a rendere edotto il ricorrente della intervenuta estinzione del soggetto

intimato (così Cass. 29 aprile 2010 n. 10297), varie pronunce di questa Corte hanno applicato tale

principio, in rapporto all'ignoranza incolpevole di una parte sulla sopravvenuta capacità o incapacità

giuridica dell'altra (cfr., ad es. S.U. 28 luglio 2005 n. 15783). Si è già ritenuto inapplicabile l'art.

2193 c.c. in sede processuale, con conseguente inopponibilità della iscrizione nel registro delle

imprese della cancellazione della società, alla parte non resa edotta dell'evento estintivo nel

processo con i mezzi in questo previsti (art. 300 c.p.c.), dichiarandosi ammissibile il ricorso per

cassazione per essere inopponibile al ricorrente l'evento estintivo non dichiarato in udienza nè

notificato nel giudizio di merito alla parte ricorrente (cfr., tra altre, Cass. 6 agosto 2008 n. 21161,

Cass. 2 marzo 2006 n. 4652, relativa ad una società in accomandita, Cass. 15 giugno 2004 n. 11269,

Cass. 22 agosto 2003 n. 12350 e Cass. 10 marzo 2001 n. 4741).

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Anche tale soluzione non è in astratto incompatibile con la sentenza n. 4060 del 2010, che afferma

la esistenza di una presunzione di estinzione della società di persone in caso di cancellazione di

questa dal registro delle imprese, comunque superabile dalla prova della esistenza di rapporti ancora

pendenti, ostativa a detta estinzione.

In particolare la società si è cancellata prima di avere liquidato ogni suo pregresso rapporto, come

avrebbe dovuto essere in base agli artt. 2312 e 2315 c.c., anche se tale condotta fa presumere la

rinuncia dalla società ad ogni azione, non potendo nessun socio surrogarla nella richiesta di tutela

giurisdizionale di tali rapporti (sul tema, cfr. Cass. 16 luglio 2010 n. 16758). Nella concreta

fattispecie la società, quale parte costituita nel merito e i suoi procuratori, hanno omesso, nel

giudizio di appello, di dare notizia dell'evento estintivo della capacità giuridica della società

verificatosi nel 2007, prima del passaggio in decisione della causa, così impedendo la interruzione

del processo.

Sì è così esercitato il diritto di difesa della s.a.s. Rainone con un comportamento dei patrocinanti

della stessa che, in caso di costituzione del contraddittore successore universale nei rapporti, si

ritiene possa sanare persino la notificazione dell'impugnazione alla persona fisica defunta presso il

difensore, se questo non abbia nel merito comunicato in udienza o notificato all'altra parte la morte

della parte (cfr. Cass. 30 marzo 2007 n. 7981 e Cass. 16 aprile 2003 n. 6045).

Quando la società si cancelli, pur avendo azioni o rapporti in corso, ovvero avendoli ceduti a terzi,

anche dopo la notifica di tale cessione ai sensi dell'art. 1264 c.c., può dubitarsi, che, per

l'affidamento ingenerato della sua esistenza con il permanere nel processo di rapporti ad essa

riferibili, possa darsi poi rilievo all'effetto estintivo della cancellazione di cui, nell'esercizio del

diritto di difesa, non si è resa edotta la controparte, salvo che non si provi la consapevolezza del

notificante della avvenuta estinzione della società notificata. Si tratterebbe di una perpetuatio del

soggetto societario ai soli finì processuali, generalmente ammessa prima della citata risoluzione del

contrasto sulla cancellazione delle società dal registro delle imprese da parte delle sezioni unite nel

2010, con cui non necessariamente è incompatibile, per quanto già detto. In ordine, infine, alla

esistenza del conflitto di interessi sul credito implicito nell'azione in corso, che potrebbe legittimare

la richiesta di nomina di un curatore speciale dei beni e rapporti della società estinta, e la notifica a

questo dell'impugnazione, tale soluzione appare, sul piano logico, la più coerente con l'effetto

estintivo della cancellazione. Le censure proposte in ricorso che tendono a ridurre l'entità del credito

controverso confliggono con l'interesse del titolare del diritto a vederne confermata la misura,

quando la identità di quest'ultimo non sia stata comunicata nella causa di merito o non possa

desumersi nel corso del processo di merito.

Nell'incertezza determinata dalla mancata identificazione per legge del successore nel rapporto

controverso, si potrebbe configurare un diritto a chiedere la nomina di un curatore speciale cui

notificare il ricorso, per sanare il contraddittorio (Cass. 15 luglio 2009 n. 16477 e 9 marzo 2006 n.

5082).

3. E' quindi opportuno rimettere le cause riunite al Primo presidente, perchè le assegni alle sezioni

unite per risolvere la questione degli effetti della cancellazione della società nei processi in corso

nei quali essa è costituita, soprattutto se i difensori non abbiano notificato o comunicato in udienza,

nel giudizio di merito, la perdita della capacità giuridica di tale parte societaria; chiara è infatti la

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particolare importanza di massima della questione stessa, in assenza di successori automaticamente

individuabili del soggetto venuto meno.

P.Q.M.

La corte ordina trasmettersi gli atti al Primo presidente della Corte di Cassazione, per la

assegnazione eventuale alle sezioni unite, ai fini di risolvere la questione di massima di particolare

importanza, di cui in motivazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte di cassazione,

il 23 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2012

Massima

Va rimessa al primo presidente della corte di cassazione, perché valuti l’opportunità

dell’assegnazione alle sezioni unite, la questione di massima di particolare

importanza relativa agli effetti della cancellazione della società dal registro delle

imprese nei processi in corso, in particolare se i difensori non abbiano notificato o

comunicato in udienza, nel giudizio di merito, la perdita della capacità giuridica

dell’ente.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza, 16-05-2012, n. 7679

La cancellazione dal registro delle imprese della società equivale alla morte della

persona fisica, con conseguente soggezione dei processi in corso alle regole generali

dettate dagli art. 299 ss. c.p.c., sicché a seguito della cancellazione è inammissibile il

ricorso proposto nei confronti della società estinta. (2)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza, 16-05-2012, n. 7679

A seguito della cancellazione di una società dal registro delle imprese è

inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti dell’ex liquidatore,

atteso che questi non riveste la qualità di successore processuale dell’ente estinto,

ma risponde quale soggetto gravato da responsabilità risarcitoria per l’illecito

derivante dall’aver chiuso la liquidazione senza aver provveduto al previo

soddisfacimento di un creditore sociale. (3)

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CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza, 16-05-2012, n. 7679

L’estinzione della società derivante dalla sua cancellazione dal registro delle

imprese intervenuta dopo la sentenza presuppone la successione nel processo dei

soci ai sensi dell’art. 110 c.p.c. e impone che il ricorso per cassazione vada proposto

soltanto nei confronti di questi; tuttavia, il socio diviene successore della società

esclusivamente a condizione che abbia riscosso la propria quota in base al bilancio

finale di liquidazione e risponde entro tale limite, diversamente dovendosi affermare

il difetto di legittimazione processuale del socio alla prosecuzione del processo

originariamente instaurato contro la società e l’inammissibilità del ricorso per

cassazione proposto nei suoi confronti. (4)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza, 11-05-2012, n. 7327

È inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti di società estinta a

seguito di cancellazione dal registro delle imprese, né il processo può proseguire nei

confronti della società stessa ovvero nei confronti dell’ex liquidatore o dell’ex socio

amministratore, poiché le norme tributarie e civilistiche non prevedono alcun

subentro automatico di questi nei rapporti con l’amministrazione finanziaria. (5)

CORTE D’APPELLO DI MILANO; ordinanza, 18-04-2012

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.

2495 c.c. e 328 c.p.c., nella parte in cui non prevedono, in caso di estinzione della

società per effetto di volontaria cancellazione dal registro delle imprese, che il

processo prosegua o sia proseguito nei gradi di impugnazione da o nei confronti

della società cancellata, sino alla formazione del giudicato, in riferimento agli art. 3,

24 e 111 Cost. (6)

TRIBUNALE DI TORINO; sentenza, 30-04-2012

In caso di cancellazione di una società dal registro delle imprese, i singoli soci non

sono legittimati all’esercizio di azioni giudiziarie la cui titolarità sarebbe spettata

alla società prima della cancellazione, ma che essa ha scelto di non esperire,

sciogliendosi e facendosi cancellare dal registro (nella specie, è stata dichiarata

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inammissibile la domanda relativa a diritti di credito derivanti da un inadempimento

contrattuale verificatosi anteriormente alla cancellazione). (7)

Nota di richiami

(1, 2, 3, 4, 5, 6, 7) I. - Le pronunce in epigrafe affrontano a vario titolo la

problematica dell’estinzione della società quale conseguenza della cancellazione dal

registro delle imprese, disciplinata dall’art. 2495, 2° comma, c.c., nel testo risultante

dalla novella compiuta con l’art. 4 d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6.

In particolare, i provvedimenti in rassegna affermano o presuppongono l’adesione

all’interpretazione prospettata da Cass., sez. un., 22 febbraio 2010, nn. 4060, 4061 e

4062, Foro it., 2011, I, 1498, con nota di richiami, più volte richiamate, nella parte in

cui ritengono che la cancellazione delle società di capitali e delle cooperative dal

registro delle imprese, avendo natura costitutiva, estingue le società, pur ove risultino

pendenti rapporti giuridici sostanziali o processuali.

In termini, v. anche Cass. 16 maggio 2012, n. 7676, id., Mass., 405, e Fisco 1, 2012,

3772, con nota di A. BORGOGLIO; ord. 3 novembre 2011, n. 22863, Foro it., Rep.

2011, voce Riscossione delle imposte, n. 112, e Fisco 1, 2011, 7049, richiamata da

Cass. nn. 7679, 7327 e Trib. Torino in epigrafe; 4 maggio 2011, n. 9744, Foro it.,

Rep. 2011, voce Società, n. 781, in motivazione, differenziando sul punto la

disciplina delle vicende estintive della qualità di imprenditore individuale; 5

novembre 2010, n. 22548, id., Rep. 2010, voce cit., n. 877, richiamata da Cass. nn.

9943, 7679 e 7327 in epigrafe; Comm. trib. prov. Bologna 30 maggio 2011, id., Rep.

2011, voce Riscossione delle imposte, n. 111; Comm. trib. reg. Basilicata 5 gennaio

2012, n. 3, <http://pluris-cedam.utetgiuridica.it/>; Comm. trib. prov. Genova 3

febbraio 2011, Foro it., Rep. 2011, voce Tributi in genere, n. 1741, e Riv. giur. trib.,

2011, 515, con nota di C. GLENDI, Cancellazione-estinzione delle società e

cessazione della materia del contendere nei giudizi in corso; Comm. trib. prov.

Catania 27 gennaio 2011, Foro it., Rep. 2011, voce cit., n. 1742, e Riv. giur. trib.,

2011, 517, con nota di C. GLENDI, Cancellazione-estinzione, cit.; App. Roma 15

marzo 2012, <http://pluris-cedam.utetgiuridica.it/>; App. Napoli 27 febbraio 2012,

ibid.; Trib. Modena 20 marzo 2012, ibid.; Trib. Napoli 8 febbraio 2012, ibid.; Trib.

Ravenna 20 gennaio 2012, <www.ilcaso.it>; Trib. Piacenza 14 aprile 2011, ibid.;

Trib. Bari 3 giugno 2009, Foro it., Rep. 2011, voce Società, n. 792, e Trib. Lucca,

decr. 12 gennaio 2009, id., Rep. 2009, voce Impresa, n. 31, entrambe in Riv. dir. soc.,

2010, 826, con nota sul punto adesiva di A. DELL’OSSO, Osservazioni

sull’estinzione delle società di capitali e sul rapporto tra gli art. 2191 e 2495, 2°

comma, c.c. Da ultimo, analogamente, in relazione a società di persone, Cass. 7

febbraio 2012, n. 1677, Corriere giur., 2012, 1075, con nota adesiva di V.S. DE

CARO, Un altro tassello per la teoria della natura costitutiva della cancellazione dal

registro delle imprese di società di persone.

Page 10: dott. Maria Acierno dott. Pietro Curzio dott. Luigi Scarano · preliminare, deve esaminarsi la eccezione della controricorrente d'inammissibilità del ricorso per cassazione proposto

In dottrina, sull’effetto estintivo-costitutivo della cancellazione, v., da ultimo, V. DE

CAMPO, Estinzione della società: presupposti necessari per la tutela del creditore

insoddisfatto, in Società, 2011, 1143; G. DELLA PIETRA, Fusione e cancellazione:

la Spoon River delle società commerciali, ibid., 585, critico sulla soluzione

prospettata dalla Suprema corte in relazione alla diminuita tutela dei creditori sociali;

V. SANGIOVANNI, Cancellazione delle società di capitali e responsabilità di soci e

liquidatori, in Danno e resp., 2011, 1137; F. FIMMANÒ-F. ANGIOLINI, Gli effetti

della cancellazione della società alla luce delle pronunce delle sezioni unite della

Cassazione, in Riv. not., 2010, 1467 ss. e 1479 ss.; nonché, anche in relazione ai

profili fiscali, V. FICARI, Cancellazione dal registro delle imprese delle società di

capitali, «abuso della cancellazione» e buona fede nei rapporti tra amministrazione

finanziaria e contribuente, in Riv. dir. trib., 2010, I, 1038. Diversa la ricostruzione di

G.P. ALLECA, Le sezioni unite e l’estinzione delle società a seguito della

cancellazione, in Riv. dir. civ., 2010, II, 648 ss. (e già Iscrizione della cancellazione,

estinzione e fallimento, in Riv. società, 2010, 720 ss.), per il quale in virtù del

novellato art. 10, 2° comma, l. fall., tutte le società cancellatesi volontariamente

cessano da quel momento di essere centri di imputazione di nuova attività, e tuttavia

non sono del tutto scomparse in quanto possono ancora essere insolventi e dichiarate

fallite. Sicché, l’iscrizione determina la perdita della personalità giuridica dell’ente e

con essa della capacità da quel momento di essere titolare di nuovi rapporti giuridici,

ma non della responsabilità per le obbligazioni contratte sino a quel momento, per la

durata del termine annuale entro il quale può essere dichiarato il fallimento ai sensi

della norma citata ovvero in caso di apertura della procedura per i cinque anni che

seguono la sua chiusura. Pertanto, entro questo intervallo, la società deve sempre

considerarsi titolare sia dei beni ancora presenti o sopravvenuti nel suo patrimonio,

sia dei valori che le disposizioni concorsuali possono consentire di riportare nella

massa fallimentare, e conserva la capacità sostanziale e processuale necessaria alla

cura dei propri rapporti ancora pendenti, sicché la società come contratto e

patrimonio autonomo si estingue definitivamente soltanto con il decorso del termine

suddetto.

Ancora difforme l’interpretazione di taluna giurisprudenza per la quale l’estinzione

resta ferma ove sussistano rapporti giuridici passivi pendenti, ma non in presenza di

attività, perché ciò implicherebbe che non vi è stato il completamento delle

operazioni di liquidazione; pertanto, deve cancellarsi l’iscrizione della cancellazione

dal registro delle imprese ai sensi dell’art. 2191 c.c. Così, Trib. Milano 21 novembre

2011, Giur. it., 2012, 841, con nota di S. LUONI, Vecchie e nuove questioni in tema

di cancellazione di società e di rapporti pendenti; Trib. Padova 2 marzo 2011, Foro

it., Rep. 2011, voce cit., n. 39, e Società, 2011, 900, con nota di G. ZAGRA,

Cancellazione della cancellazione di società di capitali dal registro delle imprese,

richiamata da Trib. Torino in epigrafe, per la quale presupposto della cancellazione

della società dal registro delle imprese è l’effettivo compimento della liquidazione,

sicché, qualora il soggetto a ciò legittimato (nella specie, il liquidatore) dimostri che

la liquidazione non è terminata, è possibile provvedere, ai sensi dell’art. 2191 c.c.,

alla cancellazione dal registro delle imprese dell’iscrizione della cancellazione della

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società; Trib. Milano 26 maggio 2010, <www.ilcaso.it>; Trib. Como, decr. 18

maggio 2007, Foro it., Rep. 2008, voce Società, n. 903, e Giur. comm., 2008, II, 700,

con nota adesiva di A. PANDOLFI, L’estinzione delle società di capitali e il

problema delle sopravivenze e delle sopravvenienze attive, e Trib. Como, decr. 24

aprile 2007, Foro it., Rep. 2008, voce cit., n. 907, e Società, 2008, 889, con nota

adesiva di P. D’ALESSANDRO, Cancellazione della società e sopravvivenze attive:

opportunità e legittimità della riapertura della liquidazione, entrambe anche in Giur.

comm., 2008, II, 1247, con nota sul punto parzialmente adesiva di A. ZORZI,

Sopravvenienze attive e cancellazione ex art. 2191 c.c. della cancellazione della

società; cfr. Comm. trib. reg. Milano 15 giugno 2011, n. 79, <www.fiscoediritto.it>.

In dottrina, in termini, v. M.S. SPOLIDORO, Nuove questioni sulla cancellazione

delle società davanti alle sezioni unite, in Notariato, 2010, 650 s. (e già Seppellimento

prematuro. La cancellazione delle società di capitali dal registro delle imprese ed il

problema delle sopravvenienze attive, in Riv. società, 2007, 823 ss., spec. 832 ss.); V.

SANGIOVANNI, Cancellazione delle società di capitali, cit., 1134 ss., e Estinzione

delle società di capitali e attività e passività residue, in Notariato, 2009, 682 ss. e 686

s., in relazione alle sopravvivenze attive, mentre le sopravvenienze attive

ricadrebbero in una comunione tra i soci, verificandosi un mutamento soggettivo e

non oggettivo del credito sociale; E. GABELLINI, L’estinzione delle società: prime

riflessioni sulle ricadute processuali conseguenti al revirement della Corte suprema,

in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2011, 342 s.

Contra, nel senso che a fronte della cancellazione della società dal registro delle

imprese, pur in presenza di attività, si ha l’estinzione della società alla quale consegue

una comunione tra i soci sui beni eventualmente residuati dalla liquidazione ovvero

sopravvenuti, v., in motivazione, Cass. n. 7327 in epigrafe; e, in termini, Cass., ord. 3

novembre 2011, n. 22863, cit.; Trib. Bologna 8 ottobre 2010, Foro it., Rep. 2011,

voce cit., n. 793, e Società, 2011, 271, con nota parzialmente adesiva di E.E.

BONAVERA, Sopravvenienze attive di società estinta in seguito alla cancellazione

dal registro delle imprese, per la quale la cancellazione (nel caso di specie di società

cooperativa) resta ferma nonostante le sopravvenienze attive rispetto alla

cancellazione, le quali danno luogo ad un fenomeno di successione in capo ai soci,

che ne comporta il riparto tra loro, in regime di comunione ordinaria ai sensi degli art.

1100 s. c.c., mentre deve escludersi per tale ragione la possibilità di nominare un

curatore speciale per la persona giuridica ormai estinta; e, in dottrina, F. TEDIOLI,

Riflessi processuali della equiparazione tra la cancellazione della società dal registro

delle imprese e la sua estinzione, in Giusto processo civ., 2011, 1248 ss.; F.

FIMMANÒ-F. ANGIOLINI, Gli effetti della cancellazione, cit., 1477 ss., per i quali

si realizza una comunione sul diritto reale e una solidarietà attiva tra gli ex soci per i

crediti; G. IACCARINO, Sopravvenienze attive alla cancellazione della società:

soluzioni operative dopo l’ultimo orientamento della Cassazione, in Società, 2009,

550 ss.; A. BASSO, in Codice commentato delle s.p.a. diretto da G. FAUCEGLIA e

G. SCHIANO DI PEPE, Torino, 2007, II, sub art. 2495, 1590; C. PASQUARIELLO,

in Il nuovo diritto delle società a cura di A. MAFFEI ALBERTI, Padova, 2005, sub

art. 2495, 2294; M. VAIRA, in Il nuovo diritto societario diretto da COTTINO,

Page 12: dott. Maria Acierno dott. Pietro Curzio dott. Luigi Scarano · preliminare, deve esaminarsi la eccezione della controricorrente d'inammissibilità del ricorso per cassazione proposto

BONFANTE, CAGNASSO e MONTALENTI, Bologna, 2004, III, sub art. 2492-

2496, 2146; ASSOCIAZIONE PREITE, Il nuovo diritto delle società a cura di G.

OLIVIERI-G. PRESTI-F. VELLA, Bologna, 2003, 366; A. SANTUS-G. DE

MARCHI, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali nella riforma del

diritto societario, in Riv. not., 2003, 632; nonché M. SPERANZIN, L’estinzione delle

società di capitali in seguito alla iscrizione della cancellazione nel registro delle

imprese, in Riv. società, 2004, 537 ss., e P. D’ALESSANDRO, Cancellazione della

società, cit., 894, sulla base di un fenomeno successorio; e, nel senso della efficacia

costitutiva con irreversibilità degli effetti della cancellazione e preclusione della sua

riviviscenza, v. anche G. ZAGRA, Cancellazione della cancellazione di società di

capitali dal registro delle imprese, in Società, 2011, 907.

Cfr. anche, nel senso che l’estinzione resta ferma nonostante la presenza di attività

della società, Trib. Piacenza 14 aprile 2011, cit.; Trib. Catania, decr. 9 aprile 2009,

Foro it., Rep. 2010, voce cit., n. 891, e Società, 2010, 88, con nota cit. adesiva di A.

ZANARDO, Cancellazione di s.r.l. dal registro delle imprese e ruolo del

conservatore; Trib. Treviso, decr. 20 febbraio 2009, Foro it., Rep. 2010, voce

Impresa, n. 46, e Corriere giur., 2010, 1012, con nota di M. PEDOJA, Fine della

«immortalità»: per le sezioni unite la cancellazione della società dal registro delle

imprese determina la sua estinzione; Trib. Bari 3 giugno 2009, cit., e Trib. Lucca,

decr. 12 gennaio 2009, cit., per le quali la cancellazione della società dal registro

delle imprese possiede effetti costitutivi ex art. 2495, 2° comma, c.c., anche se

avvenuta in difetto dei presupposti necessari, e pertanto non è consentito utilizzare il

procedimento di cui all’art. 2191 c.c. per eliminare l’effetto estintivo oramai

prodottosi. In dottrina, v. A. ZANARDO, Cancellazione di s.r.l., cit., 94 nota 14; G.

FERRI, Manuale di diritto commerciale, 12a ed. a cura di C. ANGELICI e G.B.

FERRI, Torino, 2006, 429; nonché V. SALAFIA, Sopravvenienza di attività dopo la

cancellazione della società dal registro imprese, in Società, 2008, 931, e conformi G.

NICCOLINI, La liquidazione volontaria delle società tra passato e presente, in Le

liquidazioni aziendali a cura di S. ADAMO e G. NICCOLINI, Torino, 2010, 52 ss.

— e Giur. comm., 2010, I, 517 — e M. PEDOJA, Fine della «immortalità», cit., 1018

s., per i quali l’ipotesi specifica delle sopravvenienze attive può essere disciplinata

analogamente ad un’eredità giacente, con conseguente nomina di un curatore speciale

e distribuzione tra i soci. Cfr. App. Napoli 26 gennaio 2011, <http://pluris-

cedam.utetgiuridica.it/>, per cui a seguito del venir meno della capacità e della

legittimazione della società per cancellazione volontaria, pur nella permanenza di

rapporti o azioni in cui essa era parte, non può riconoscersi ai singoli soci la

legittimazione a far valere in giudizio diritti la cui titolarità era di competenza della

società prima della cancellazione, in quanto unicamente esercitabili da parte di un

curatore speciale, nominato ex art. 78 c.p.c., deputato al completamento delle attività

non ultimate dal liquidatore prima della cancellazione.

Nel senso che la richiesta di cancellazione della cancellazione ex art. 2191 c.c. può

derivare soltanto dalla circostanza che siano mancanti le condizioni richieste dalla

legge per la cancellazione della società, ossia l’approvazione del bilancio finale di

liquidazione e la circostanza che la cancellazione sia stata richiesta dai soggetti a ciò

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legittimati, mentre l’esistenza di rapporti giuridici pendenti determina soltanto

l’insorgenza di una tutela risarcitoria dei creditori sociali, v. A. DELL’OSSO,

Osservazioni sull’estinzione, cit., 841 ss. Ritiene Trib. Milano 1° agosto 2011, Giur.

it., 2012, 841, con nota cit. di S. LUONI, Vecchie e nuove questioni, che

l’approvazione del bilancio finale di liquidazione è presupposto essenziale per la

cancellazione della società dal registro delle imprese, sicché in sua mancanza

l’iscrizione della cancellazione può essere cancellata ex art. 2191 c.c.

II. - L’estinzione quale conseguenza della cancellazione volontaria dal registro delle

imprese involge numerosi problemi, molti dei quali sono stati affrontati dai

provvedimenti in rassegna.

In primo luogo, l’estinzione della compagine societaria in tale fattispecie determina a

parere delle decisioni riportate la perdita della capacità giuridica e processuale attiva

e passiva della società cancellata. Sicché essa non può promuovere nuovi processi né

essere convenuta in giudizio, nella persona del liquidatore, il quale a sua volta ormai

decaduto dalle funzioni con la cancellazione della società, non può più agire in

giudizio né essere convenuto.

Così, in dottrina, v., da ultimo, F. TEDIOLI, Riflessi processuali della equiparazione,

cit., 2011, 1243; G. PAGANI, Estinzione di società. Modalità di azionamento della

pretesa erariale, in Fisco 1, 2011, 368; V. SANGIOVANNI, Cancellazione delle

società di capitali, cit., 1143, e Estinzione delle società di capitali, cit., 687 s.; F.

FIMMANÒ-F. ANGIOLINI, Gli effetti della cancellazione, cit., 1494 s. Sulla perdita

della legittimazione passiva sostanziale e processuale della società di capitali a

seguito della sua cancellazione, v. App. Roma 8 gennaio 2009, <http://pluris-

cedam.utetgiuridica.it/>; App. Napoli 22 settembre 2008, ibid.; Trib. Napoli 9

dicembre 2009, ibid.

In tal senso si esprimono Trib. Bologna (relazione riportata infra) e Cass. n. 7679,

nonché in motivazione nn. 9943 e 7327, in epigrafe. Conformi, Cass., ord. 3

novembre 2011, n. 22863, cit., la quale ha disposto, a norma dell’art. 382, 3° comma,

c.p.c., la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata per improponibilità della

causa, essendo stato il giudizio tributario introdotto dal liquidatore di una società a

responsabilità limitata cancellata contro una cartella di pagamento per Iva; 5

novembre 2010, n. 22548, Foro it., Rep. 2010, voce Società, n. 877, per la quale è

irritualmente introdotto il ricorso per cassazione nei confronti della società cancellata,

il cui liquidatore è ormai sprovvisto della legittimazione a rappresentare l’ente in

giudizio; sul punto, v. altresì, relativamente ad ipotesi di procedimento di ingiunzione

instaurato da società cancellata, Trib. Lodi 5 dicembre 2010 e Trib. Milano 17

maggio 2010, <http://pluris-cedam.utetgiuridica.it/>.

Cfr. però, sia pur giustificata dal disposto di cui all’art. 10 l. fall., Cass. 5 novembre

2010, n. 22547, Foro it., Rep. 2010, voce Fallimento, n. 592, richiamata da Cass. n.

7327, per la quale in tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento di una

società di capitali cancellata dal registro delle imprese, la legittimazione al

contraddittorio spetta al liquidatore sociale, poiché, pur implicando detta

cancellazione l’estinzione della società, ai sensi del novellato art. 2495 c.c.,

nondimeno entro il termine di un anno da tale evento è ancora possibile, ai sensi

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dell’art. 10 cit., che la società sia dichiarata fallita, con procedimento che deve

svolgersi in contraddittorio con il liquidatore, il quale, anche dopo la cancellazione, è

altresì legittimato a proporre reclamo avverso la sentenza di fallimento, tenuto conto

che, in generale, tale mezzo di impugnazione è esperibile, ex art. 18 l. fall., da parte

di chiunque vi abbia interesse.

III. - Una delle dirette conseguenze della perdita di capacità processuale della società

estinta riconosciuta da Cass. nn. 7679 e 7327 è la inammissibilità del ricorso per

cassazione proposto nei confronti di società estinta, nella persona dell’ex liquidatore,

a seguito di cancellazione dal registro delle imprese.

Sul punto, v. anche Cass. 6 giugno 2012, n. 9110, id., Mass., 467; sez. un. 22

febbraio 2010, n. 4062, cit.; 5 novembre 2010, n. 22548, cit., richiamata da Cass. nn.

9943 e 7679 e 7327; 18 settembre 2007, n. 19347, id., 2008, I, 2953, con nota di

A.M. PERRINO, relativa a ricorso per cassazione proposto nei confronti di consorzio

con attività esterna cancellato dal registro delle imprese.

Si noti che anche nel caso deciso da Cass. n. 9943 era stata sollevata l’eccezione di

inammissibilità del ricorso per cassazione in quanto notificato a società estinta. Nel

caso di specie la peculiarità si incentra sulla circostanza che la controversia verteva su

un diritto di credito ceduto, prima del ricorso per cassazione, a società che aveva

proposto controricorso, quale successore a titolo particolare dell’originario creditore

ormai estinto. La corte (rel. Forte) tuttavia non ha deciso in merito all’ammissibilità

della costituzione del successore a titolo particolare ovvero della presenza di

successori a titolo universale ma ha ritenuto opportuno investire le sezioni unite della

questione di massima di particolare importanza del regime di eventuali rapporti

ancora pendenti delle società alla data in cui esse si sono cancellate.

Identica soluzione di inammissibilità è stata adottata dalla Corte di cassazione anche

sulla speculare ipotesi di ricorso proposta dalla società estinta in persona del

liquidatore, nella quale rileva altresì la perdita in capo al liquidatore del potere di

rilasciare la procura al difensore: così, Cass. 10 novembre 2010, n. 22830, id., Rep.

2010, voce Procedimento civile, n. 284, richiamata da Cass. n. 7679 e Trib. Torino,

per la quale la cancellazione intervenuta in fase d’appello avrebbe dovuto escludere

una pronuncia nei confronti della società, ma ove tale pronuncia sia stata emessa, il

ricorso contro di essa è inammissibile; 13 ottobre 2010, n. 21195, ibid., voce Società,

n. 876, e Giur. it., 2011, 699; 8 ottobre 2010, n. 20878, Foro it., Rep. 2011, voce cit.,

n. 790, e Società, 2011, 583, con nota di G. DELLA PIETRA, Fusione e

cancellazione, cit., richiamata da Cass. n. 9943; 12 dicembre 2008, n. 29242, Foro it.,

Rep. 2008, voce Cassazione civile, n. 103, richiamata da Cass. n. 7679 e Trib. Torino

in epigrafe; 15 ottobre 2008, n. 25192, ibid., voce Società, n. 904, richiamata da Cass.

n. 7679 e App. Milano in epigrafe; Trib. Monza 22 giugno 2009, <http://pluris-

cedam.utetgiuridica.it/>; Trib. Roma 11 maggio 2009, Foro it., Rep. 2010, voce cit.,

n. 890.

Vedi anche App. Roma 13 luglio 2010, <http://pluris-cedam.utetgiuridica.it/>, la

quale ha dichiarato inammissibile l’appello — con conseguente passaggio in

giudicato della sentenza di primo grado — proposto contro società cancellatasi dal

registro delle imprese in pendenza di quest’ultimo giudizio senza che l’evento fosse

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ivi dichiarato, per difetto della capacità processuale della società inesistente, e ha

però condannato quest’ultima al pagamento delle spese di lite.

IV. - Ulteriore corollario legato alla cancellazione della società indicato da App.

Milano in epigrafe (sull’ordinanza — ancorché erroneamente attribuita alla Corte

d’appello di Roma — v. Società, 2012, 715) è l’inesistenza della notifica dell’atto di

appello effettuata alla società estinta, pur se presso il procuratore costituito nel

giudizio di primo grado, a causa dell’inesistenza del soggetto destinatario della

notificazione (viene richiamata, in motivazione, Cass. 16 settembre 2011, n. 18983,

id., 2011, 1339 (m), relativa però a fattispecie affatto differente di notifica effettuata a

società incorporata).

Attesa, poi, la conoscenza in capo all’appellante della estinzione della società

appellata, la corte milanese esclude che nel caso di specie trovi applicazione il

principio sancito da Cass., sez. un., 14 settembre 2010, n. 19509, Foro it., 2011, I,

472, con nota di D. DALFINO, richiamata anche da Cass. n. 9943, per cui

l’impugnazione notificata presso il procuratore costituito di una società che,

successivamente alla chiusura della discussione o alla scadenza del termine di

deposito delle memorie di replica, si sia estinta per incorporazione (fattispecie

anteriore alla modifica dell’art. 2504 bis c.c. ad opera del d.leg. 17 gennaio 2003 n.

6), deve ritenersi valida se l’impugnante non abbia avuto notizia dell’evento

modificatore della capacità della persona giuridica, mediante notificazione di esso.

Cfr. Cass. 7 gennaio 2011, n. 259, ibid., 2808, con note di M. D’AMBROSIO e R.

CAPONI.

Vedi tuttavia Cass. 20 ottobre 2010, n. 21510, id., Rep. 2011, voce cit., n. 783, la

quale — e al riguardo si legga anche quanto affermato in motivazione — sostiene

che, dopo la modifica dell’art. 2495 c.c., l’atto di impugnazione non solo deve essere

rivolto, così come è accaduto, direttamente nei confronti della società in liquidazione

— in realtà già cancellata — in persona del suo liquidatore pro tempore, essendo

quest’ultimo il soggetto effettivamente legittimato in quanto, giusta l’insegnamento

delle sezioni unite, il processo di gravame deve essere instaurato tra i soggetti reali

del rapporto; ma dovrebbe essere notificato presso la sede del soggetto effettivamente

legittimato e non già presso il difensore della società in bonis; sicché, la notificazione

di un atto di appello ad una società cancellata dal registro delle imprese, effettuata

presso la sede del difensore domiciliatario in primo grado, è nulla, ma la nullità deve

ritenersi sanata in virtù del raggiungimento dello scopo, ove la consegna sia avvenuta

mediante rilascio di copia dell’atto a persona ed in luogo aventi un qualche

riferimento con il destinatario della notificazione, che mostri di aver avuto piena

conoscenza dell’atto costituendosi in giudizio.

Parimenti inesistente, per App. Milano, deve considerarsi la costituzione in giudizio

della società cancellata a mezzo del procuratore che ha ricevuto il mandato difensivo

successivamente all’estinzione della società, atteso il difetto di ius postulandi del

detto professionista che consegue al difetto di soggettività giuridica della parte

rappresentata al momento del rilascio della procura. Sulla nullità della procura

conferita al difensore dalla società cancellata nella persona del suo ex liquidatore, v.,

oltre alla giurisprudenza richiamata sub § III che anche sulla base di tale principio ha

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dedotto l’inammissibilità del ricorso proposto dalla società, anche C. GLENDI,

Cancellazione delle società, cit., 752.

V. - Così uniformemente risolta la questione dell’estinzione della società e della

sottrazione alla stessa di ogni capacità (sostanziale e) processuale, come conseguenza

della sua cancellazione dal registro delle imprese, i provvedimenti in parola

affrontano la problematica della eventuale prosecuzione del processo pendente in cui

sia parte una società cancellata e dei soggetti ai quali spetti di proseguirlo.

In relazione alla posizione del liquidatore, giurisprudenza e dottrina — e con esse le

pronunce in epigrafe — hanno facilmente escluso che possa esservi una qualsivoglia

successione nella posizione giuridica della società. Il liquidatore risponde, non già di

somme trasmessegli dalla società, ma a titolo di responsabilità aquiliana derivante

dall’aver colposamente distribuito somme che erano destinate al soddisfacimento dei

creditori sociali. Così cfr. G. NICCOLINI, Gli effetti della cancellazione della società

di capitali dal registro delle imprese: recenti sviluppi e questioni ancora irrisolte

(considerazioni sparse in occasione della presentazione di un volume), in Nuovo dir.

soc., 2012, 25 s.; GLENDI, Cancellazione delle società, attività impositiva e processo

tributario, in Corriere trib., 2010, 751; D. DALFINO, Le sezioni unite e gli effetti

della cancellazione della società dal registro delle imprese, in Società, 2010, 1012 s.;

F. FIMMANÒ-L. TRAVERSA, Scioglimento, liquidazione, cit., 699; V.

SANGIOVANNI, Cancellazione delle società di capitali, cit., 1140. Conformi, in

giurisprudenza, Cass. 10 novembre 2006, n. 24039, Foro it., Rep. 2007, voce

Competenza civile, n. 55; Trib. Prato 18 novembre 2010, <www.ilcaso.it>, per cui

l’azione nei confronti del liquidatore della società prevista dall’art. 2495, 2° comma,

c.c., non può di conseguenza essere introdotta nelle forme della riassunzione del

processo instaurato nei confronti della società e poi interrotto a seguito di

cancellazione, non essendovi alcuna successione del liquidatore nel rapporto

originariamente dedotto in giudizio. Cfr., sulla responsabilità risarcitoria del

liquidatore, anche Trib. Milano 8 marzo 2011, Foro it., Rep. 2011, voce Società, n.

779, e Società, 2011, 1138, con nota cit. adesiva di V. DE CAMPO. Tuttavia, nel

senso che il 2° comma dell’art. 2495 c.c. ha stabilito una vera e propria successione

ex lege ai sensi dell’art. 111 c.p.c. (dei soci e) dei liquidatori in via subordinata per

l’esercizio dei diritti facenti capo alla società, v. Trib. Torino 5 settembre 2008, Foro

it., Rep. 2009, voce cit., n. 811, e Giur. merito, 2009, 1578, con nota di A.

MIRENDA, Verso l’eutanasia surrettizia della società di persone?

In particolare, Cass. n. 7679 ha ritenuto inammissibile, a seguito della cancellazione

di una società dal registro delle imprese, il ricorso per cassazione proposto nei

confronti dell’ex liquidatore, atteso che questi non riveste la qualità di successore

processuale dell’ente estinto, ma risponde quale soggetto gravato da responsabilità

risarcitoria per l’illecito derivante dall’aver chiuso la liquidazione senza aver

provveduto al previo soddisfacimento di un creditore sociale. Per le medesime

ragioni, App. Milano ha ritenuto inammissibile l’appello proposto nei confronti

dell’ex liquidatore.

Si noti la probabilistica ricostruzione di G. DELLA PIETRA, Fusione e

cancellazione, cit., 587 s., il quale, presupponendo che vi sia successione, prospetta

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l’applicazione della rimessione in termini per gli ex amministratori/liquidatori, e gli

ex soci, che, prima degli arresti della Suprema corte, rispettivamente abbiano

intestato l’impugnazione alla compagine societaria cancellata ovvero si siano astenuti

dal proporre impugnazione, e, in generale, per quanti siano subentrati alla società nei

rapporti oggetto del processo ed abbiano solo successivamente scoperto che spettava

a loro di impugnare la sentenza per evitare il giudicato.

VI. - Esclusa la legittimazione attiva o passiva della società cancellata e del

liquidatore, tanto quale rappresentante della società medesima quanto in proprio,

quale successore della società, residua esclusivamente la verifica dell’ammissibilità

della prosecuzione in capo al socio del processo azionato da o nei confronti della

società, inscindibilmente connessa alla qualificazione del socio quale successore della

società.

Sul punto, non prende posizione Trib. Torino in epigrafe, adìto dall’ex socio di

società cancellata dal registro delle imprese con domande aventi ad oggetto

l’adempimento o il risarcimento del danno da relativo inadempimento di contratto

stipulato dalla medesima società cancellata con un terzo. Il provvedimento aderisce

alla decisione già assunta da Cass. 16 luglio 2010, n. 16758, Foro it., Rep. 2011, voce

cit., n. 777, e Società, 2011, 5, con nota adesiva di A. FUSI, Estinzione delle società

di persone, azioni giudiziarie e legittimazione degli ex soci, richiamata da Cass. n.

9943 e Trib. Torino, per la quale, in caso di cancellazione di una società (di persone

nel caso di specie) dal registro delle imprese, i singoli soci non sono legittimati

all’esercizio di azioni giudiziarie la cui titolarità sarebbe spettata alla società, ma che

questa ha scelto di non esperire sciogliendosi e facendosi cancellare dal registro,

trattandosi di un comportamento inequivocabilmente inteso a rinunciarvi, facendo

venir meno l’oggetto stesso dell’ipotizzata trasmissione successoria. In tal senso,

anche in motivazione, Cass. n. 9943; App. Napoli 25 gennaio 2012, <http://pluris-

cedam.utetgiuridica.it/>.

Una chiara posizione è invece assunta da App. Milano, che, alla luce della disciplina

esistente, esclude la sussistenza di un fenomeno successorio a seguito della

cancellazione della società (nel caso di specie si trattava di s.a.s. ma la conclusione

viene estesa anche alle società di capitali).

In particolare, nel caso considerato, a seguito di pronuncia di primo grado che

l’aveva vista vittoriosa, una società di persone si cancella dal registro delle imprese.

Successivamente a tale cancellazione, il soccombente in prime cure notifica atto di

appello nei confronti della estinta società presso il difensore in primo grado, nonché,

dando atto della cancellazione in parola, della socia accomandataria e liquidatrice

della società. La società estinta e appellata si costituisce in giudizio con mandato

conferito al proprio difensore in tempo successivo alla cancellazione per eccepire

l’inammissibilità dell’appello per intervenuta estinzione della società.

D’altro canto, la socia accomandataria si costituisce affermando l’inammissibilità

dell’appello nei suoi confronti, non essendo stata parte del processo di primo grado,

né potendo essere riconosciuta successore a titolo universale o particolare della

società nei termini di cui agli art. 110 e 111 c.p.c.

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Anche nel caso deciso da Cass. n. 7327, a fronte di una sentenza favorevole ad una

s.r.l. appellata dall’agenzia delle entrate, quest’ultima propone ricorso per cassazione

nei confronti della società contribuente già cancellatasi dal registro delle imprese, in

persona del liquidatore pro tempore, della (ex) socia e legale rappresentante della

società e del (ex) liquidatore. La Suprema corte accoglie la preliminare eccezione di

inammissibilità del ricorso sollevata nei controricorsi, poiché proposto allorquando la

società aveva da tempo cessato di esistere ai sensi dell’art. 2495 c.c.

A fronte di tale decisione, la corte affronta la problematica inerente alla possibilità,

paventata dall’avvocatura dello Stato, che alla estinta società contribuente succedano

ex lege l’ex liquidatore e l’ex socio-amministratore evocati in giudizio con la notifica

del ricorso effettuata personalmente e regolarmente costituitisi con autonomo

controricorso.

Una simile successione è però esclusa dalla Suprema corte, in virtù delle disposizioni

tanto civilistiche quanto tributarie.

Per quanto attiene in particolare alle seconde, la corte rileva che con riguardo ai

crediti per imposta sul reddito delle persone giuridiche i cui presupposti si siano

verificati a carico della società, è riconosciuta all’amministrazione finanziaria

dall’art. 36 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, azione di responsabilità nei confronti del

liquidatore, nel caso in cui egli abbia esaurito le disponibilità della liquidazione senza

provvedere al pagamento delle imposte. Tale responsabilità non è equiparabile

all’obbligazione derivante dalla responsabilità verso i creditori di cui all’attuale art.

2495 c.c. mentre è riconducibile alle norme di cui agli art. 1176 e 1218 c.c.

Nel senso che il cit. art. 36 non è stato implicitamente abrogato dal novellato art.

2495 c.c., rispetto al quale mantiene un suo proprio ambito di applicazione, v., oltre a

Cass. n. 7327, in dottrina, C. GLENDI, Cancellazione delle società, cit., 752. A

differenza della norma civilistica, quella fiscale prevede che l’azione di recupero

crediti del fisco possa essere esperita anche contro gli amministratori e variano i casi

e le condizioni perché l’azione possa essere esperita validamente: G. PAGANI,

Estinzione di società. Modalità di azionamento della pretesa erariale, in Fisco 1,

2011, 368. Nel senso che la responsabilità per i crediti nei confronti del fisco è più

ampia rispetto alle norme civilistiche, v. F. FIMMANÒ-F. ANGIOLINI, Gli effetti

della cancellazione, cit., 1475 s.

Date tali premesse, non essendovi a carico del liquidatore alcuna successione o

coobbligazione nei debiti tributari, ma responsabilità per obbligazione propria ex

lege, la corte conclude che il processo tributario non può proseguire nei confronti

dell’ex liquidatore della società estinta e dell’ex amministratore.

Ancora ad analoghe conclusioni giunge il giudice di legittimità in relazione ai soci,

rispetto ai quali dagli art. 36, 3° comma, cit. e 2495 c.c. deduce che, una volta

cancellata la contribuente società di capitali, non si realizza una semplice

modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio con il fisco, dovendo questo

accertare in capo ai soci i requisiti prescritti dalla legge per la responsabilità diretta, il

che comporta un ampliamento del thema decidendum e del thema probandum del

tutto non consentito nel giudizio di legittimità. Sicché, in tal caso la Cassazione

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sembra escludere la successione a qualsiasi titolo dei soci prospettando

l’ammissibilità di un’azione nuova nei loro confronti.

Nel senso che il creditore erariale insoddisfatto a seguito della cancellazione della

società dovrebbe attivarsi con un autonomo procedimento accertativo nei confronti

del singolo socio, v. V. FICARI, Cancellazione dal registro, cit., 1042 ss., per il

quale, peraltro, poiché l’accertamento dell’esistenza dell’obbligazione tributaria può

trovare risoluzione soltanto nella definitività dell’atto correttamente notificato o nel

passaggio in giudicato di una sentenza favorevole all’erario, l’inesistenza della

società cancellata destinataria dell’atto rende impossibile la definitività o il giudicato.

Ciò, ritiene l’a., emerge altresì dalla circostanza che l’art. 36 cit. menziona le imposte

dovute dalla società, determinandosi tale debenza non già in modo autoreferenziale

da una delle parti ma come esito di un atto ritualmente notificato o di un processo

ritualmente svoltosi e conclusosi con una sentenza passata in giudicato.

Escludono che vi sia successione a titolo universale o particolare nei confronti della

società cancellata dal registro delle imprese, sicché non vi sono eredi e tali non sono

certamente i soci, né tanto meno i liquidatori o gli ex amministratori, F. TEDIOLI,

Riflessi processuali della equiparazione, cit., 2011, 1238 s.; C. GLENDI,

Cancellazione-estinzione delle società, cit., 519, e Cancellazione delle società, cit.,

751; F. CORSI, Le nuove società di capitali, Milano, 2003, 280.

In giurisprudenza, conformi App. Napoli 28 maggio 2008, Foro it., Rep. 2009, voce

cit., n. 810, richiamata da Trib. Torino; Trib. Torino 17 maggio 2010,

<www.ilcaso.it>.

All’esclusione di ogni fenomeno successorio, App. Milano, qui riportata, e Trib.

Bologna, infra, affiancano l’ulteriore conclusione che dalla estinzione della società

per i creditori sorge una nuova azione contro gli ex soci — con riconducibilità agli

estremi dell’arricchimento senza causa — ed ex liquidatori della società estinta, nella

quale diversa è la fattispecie costitutiva, diverso il petitum formulabile e l’obiettivo

concretamente conseguibile dalla parte interessata. Ove la cancellazione avvenga in

corso di giudizio, i soci acquistano l’eventuale attivo che residua al termine della

liquidazione non per successione a titolo universale, sia pur pro quota, o particolare

nel patrimonio della società, ma in forza di un atto interno alla compagine sociale, di

distribuzione del residuo attivo ovvero di assegnazione, proporzionale alle quote

possedute, di beni nella titolarità della società.

L’art. 2495 c.c. contiene, pertanto, un riferimento alla sola proposizione ex novo

della domanda giudiziale dei creditori sociali nei confronti dei soci e dei liquidatori,

prevedendosi che, se essa è proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere

notificata presso l’ultima sede della società.

Nel senso che trattasi di un’azione iniziata ex novo, non già della prosecuzione di un

processo in corso, v. F. TEDIOLI, Riflessi processuali della equiparazione, cit., 2011,

1239 ss.; C. GLENDI, Cancellazione-estinzione delle società, cit., 519; V.

SANGIOVANNI, Cancellazione delle società di capitali, cit., 1143, e Estinzione

delle società di capitali, cit., 687; R. WEIGMANN, La difficile estinzione delle

società, in Giur. it., 2010, 1627; A. ZORZI, Sopravvenienze attive, cit., 1261; F.

FIMMANÒ-F. ANGIOLINI, Gli effetti della cancellazione, cit., 1495; F. CORSI, Le

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nuove società di capitali, cit., 280. L’azione nei confronti degli ex soci sembra

sussumibile piuttosto nell’alveo dell’indebito arricchimento o dell’arricchimento

senza causa, tanto che i soci rispondono esclusivamente nei limiti delle somme che

indebitamente il liquidatore abbia loro distribuito nonostante l’esistenza di crediti

sociali insoddisfatti: in tal senso, G.P. ALLECA, Le sezioni unite e l’estinzione delle

società, cit., 650; ASSOCIAZIONE PREITE, Il nuovo diritto delle società, cit., 365.

Cfr., anche, F. FERRARA JR.-F. CORSI, Gli imprenditori e le società, 14a ed.,

Milano, 2009, 1013 s. V., sul punto richiamata da Trib. Bologna (e da Trib. Torino

che vi aderisce in motivazione), App. Napoli 28 maggio 2008, cit. Per riferimenti in

ordine all’inquadramento dell’azione in esame, quale azione di arricchimento senza

causa, o di indebito arricchimento ovvero derivante dalla responsabilità del socio

nella compagine sociale, ovvero, come azione proponibile nei confronti degli ex soci

in virtù di un fenomeno successorio rispetto alla società, v. A. ZORZI, Cancellazione

della società, cit., 107 ss.; M. SPERANZIN, L’estinzione delle società, cit., 532 n. 64;

ID., Recenti sentenze in tema di estinzione di società: osservazioni critiche, in Giur.

comm., 2000, II, 303 ss.

Dalla precedente affermazione la relazione del Tribunale di Bologna (riportata infra)

deduce che la cancellazione della società non determina l’interruzione del processo e

la sostituzione nel rapporto processuale degli ex soci. Il giudice dovrà, invece,

dichiarare in relazione alle domande proposte da o nei confronti della società estinta

la cessazione della materia del contendere.

Va peraltro sottolineata la peculiarità del provvedimento bolognese, consistente in

una relazione ex art. 47 quater ord. giud. del presidente della seconda sezione del

Tribunale di Bologna, finalizzata a «provvedere alla predisposizione di un calendario

delle attività decisionali coerente con il reale e concreto interesse delle parti alla

sollecita definizione delle cause pendenti e del pari, con le risorse professionali ed

organizzative ad oggi disponibili» e ad «addivenire ad un orientamento comune».

La relazione evidenzia che attraverso l’analisi di dati statistici predisposti dalla

cancelleria, integrati dalle interrogazioni incrociate — operate per il tramite della

consolle del magistrato — per materia del contendere, stato dei processi, produttività

sentenziale e cautelare assicurata nel biennio, e l’esperienza maturata, soprattutto

nell’ultimo anno, dalla sezione impegnata nello smaltimento di cause di risalente

iscrizione (first in-first out), è emersa «la sempre maggiore incidenza del fenomeno

— ad oggi non governato — della cancellazione dal registro delle imprese di società

che sono costituite in giudizio. In particolare, si registra con sempre maggiore

frequenza che: i) siano promossi giudizi da liquidatori di società per le quali sia già

intervenuta la cancellazione dal registro delle imprese; ii) in udienza di precisazione

delle conclusioni, i difensori richiedano la spedizione a sentenza nonostante la società

da loro assistita sia stata cancellata dal registro delle imprese, circostanza questa che

con rilevante frequenza, non gli è stata resa nota; iii) è difficile dare corso alla

registrazione della sentenza emessa ex art. 8, tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 26

aprile 1986 n. 131, con aggravio ingiustificato per una delle parti, chiamata ad

assolvere un tributo spesso elevato quand’anche non giustificato dall’intervenuta

perdita ‘della capacità e della legittimazione processuale’ di una delle parti in causa

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(così Cass. 22 febbraio 2010, n. 4062, cit.)». È da tali premesse, affiancate alla

riconosciuta insussistenza di legittimazione processuale né in capo alla società né ai

soci o ai liquidatori, che è derivata, nell’ottica dello smaltimento dell’arretrato, la

soluzione della relazione ex art. 47 quater cit. di ritenere che i processi in corso

debbano essere definiti mediante una pronuncia di cessazione della materia del

contendere.

Nel senso che va escluso che vi sia interruzione del processo, che postula l’esistenza

di un fenomeno successorio a titolo universale, v. F. TEDIOLI, Riflessi processuali

della equiparazione, cit., 1243 s.; C. GLENDI, Cancellazione delle società, cit., 752.

Sul punto, Trib. Bologna richiama App. Napoli 28 maggio 2008, cit. Contra, v.

riferimenti sub § VIII.

In ordine alla formula terminativa appropriata del giudizio in corso nei confronti

della società, C. GLENDI, Cancellazione delle società, cit., 752, e Cancellazione-

estinzione delle società, cit., 520 ss., ritiene che sia la cessazione della materia del

contendere per inesistenza del soggetto e dell’oggetto del giudizio, la quale ha

carattere assolutamente pregiudiziale ed assorbente, finanche rispetto ad una dedotta

inammissibilità dell’atto introduttivo del processo, che comporterebbe invece, nel

caso, un effetto consolidativo dell’atto impugnato. Conforme anche App. Napoli 28

maggio 2008, cit. Diversamente parla di estinzione del processo, F. TEDIOLI,

Riflessi processuali della equiparazione, cit., 1243 ss., specificando che nel caso in

cui il processo sia introdotto ex novo nei confronti della società il giudice dovrà

dichiarare l’inesistenza della materia del contendere, mentre ove venga proseguito

quello originario, ne dovrà pronunciare la cessazione, circostanza che ha natura

assolutamente pregiudiziale e assorbente.

Nel senso che a seguito della cancellazione della società dal registro delle imprese e

conseguente estinzione, il provvedimento di recupero di credito d’imposta notificato

dall’ufficio a società cancellata dal registro delle imprese e, quindi estinta, è da

considerarsi giuridicamente inesistente e privo di ogni effetto giuridico, con

conseguente estinzione del giudizio per sopravvenuta cessazione della materia del

contendere, v. Comm. trib. prov. Genova 3 febbraio 2011, cit.; Comm. trib. prov.

Catania 27 gennaio 2011, cit., nella quale la cancellazione della società era

intervenuta dopo la presentazione del ricorso ad opera della stessa.

Contrari alla chiusura in rito del processo, M. BINA, Le conseguenze processuali

della cancellazione della società dal registro delle imprese, in Riv. dir. proc., 2011,

207 ss.; D. DALFINO, Le sezioni unite e gli effetti della cancellazione, cit., 1014.

Ritiene Trib. Torino 17 maggio 2010, cit., che, mancando un fenomeno successorio,

sul piano processuale non vi sono soggetti cui spetta proseguire il processo di cui la

società estinta sia stata parte e sulla domanda proposta contro la società cancellatasi

in corso di causa il giudice non può più statuire nel merito e deve dichiarare

l’inammissibilità delle domande proposte nella causa eventualmente riassunta nei

confronti dei soci e del liquidatore.

VII. - Date le premesse suddette, App. Milano rileva che, se il processo si interrompe

solo per effetto di volontaria cancellazione, non rinvenendosi un successore della

società estinta legittimato a proseguirlo, questa potrebbe agevolmente sottrarsi alle

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obbligazioni e finanche impedire la valida interposizione di un gravame, provocando

in tal modo la formazione del giudicato per inammissibilità dell’impugnazione rivolta

ad un soggetto non più esistente. Né la corte milanese ritiene possa fornirsi

un’interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina.

La conseguenza è la denuncia di incostituzionalità degli art. 2495 c.c. e 328 c.p.c.

nella parte in cui non prevedono, in caso di estinzione della società per effetto di

volontaria cancellazione dal registro delle imprese, che il processo prosegua o sia

proseguito nei gradi di impugnazione da o nei confronti della società cancellata, sino

alla formazione del giudicato, così violando:

— il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., per l’irragionevole disparità di

trattamento nella gestione delle cause fra persone fisiche e persone giuridiche,

potendo il rapporto processuale instauratosi con le persone fisiche trasferirsi in capo

agli eredi, al contrario di quanto accade, in virtù del novellato art. 2495 c.c., in

riferimento alle persone giuridiche, rispetto alle quali il rapporto processuale si

estingue senza la possibilità dell’esame dei crediti in discussione;

— i canoni fondamentali del diritto alla difesa e alla tutela giurisdizionale di cui

all’art. 24 Cost., in quanto viene concessa la facoltà a una parte di sottrarsi ai propri

obblighi con un semplice atto formale di cancellazione dal registro delle imprese,

impedendosi alla parte soccombente, alla stregua dei ricordati principî delle sezioni

unite, di instaurare un valido rapporto processuale d’impugnazione, adeguando il

processo alle modificazioni intervenute nel campo sostanziale (come impone Cass.,

sez. un., 16 dicembre 2009, n. 26279, Foro it., 2010, I, 56, con nota di R. CAPONI,

richiamata da Cass. n. 7679 e App. Milano in epigrafe);

— i canoni fondamentali del giusto processo di cui all’art. 111 Cost., in quanto viene

costretta una parte processuale ad instaurare un nuovo giudizio, ripercorrendo gradi

già esauriti, così determinandosi un indubbio dispendio di energie nella rivalutazione

di fatti già in precedenza vagliati e con l’ulteriore conseguenza dell’inevitabile

protrarsi della durata del processo.

VIII. - Diversamente, tuttavia, la stessa sez. trib. nella pronuncia n. 7679 (ma v.

altresì l’analoga Cass. 16 maggio 2012, n. 7676, cit.) a distanza di pochi giorni da

Cass., sez. trib., n. 7327 adotta una decisione difforme e dai tratti rivoluzionari. Essa

ritiene che, quanto ai rapporti processuali pendenti, la cancellazione della società

resta equiparata alla morte della parte persona fisica, con conseguente soggezione dei

processi in corso alle regole generali dettate dagli art. 299 ss. c.p.c. La conferma di

tale conclusione si rinviene nella disciplina della notificazione delineata dal 2°

comma dell’art. 2495 c.c., in quanto chiaramente ispirata alla prescrizione di cui

all’art. 303 c.p.c. e sintomatica dell’essersi il legislatore mosso nell’ottica di

equiparare l’estinzione della persona giuridica alla morte della persona fisica.

Conforme, M. PORZIO, La cancellazione, in Il nuovo diritto delle società diretto da

P. ABBADESSA e G.B. PORTALE, Torino, 2007, 93 s. Contra, però, nel senso che

non è possibile inferire che nel caso di specie si verifichi un fenomeno successorio

dalla novellata disciplina della notificazione, poiché la norma, solo in parte analoga

all’art. 303 c.p.c., non consente la notifica collettivamente e impersonalmente ai soci

e liquidatori presso l’ultima sede della società, v. F. SANTAGADA, Fusione e

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cancellazione di società e vicende del processo, in Giusto processo civ., 2010, 600

ss., la quale, sulla scorta dell’esistenza di una successione universale tra soci e società

cancellata, ritiene debba farsi applicazione analogica della norma da ultimo

richiamata; C. PASQUARIELLO, sub art. 2495, cit., 2292; M. VAIRA, sub art.

2492-2496, cit., 2146; F. CORSI, Le nuove società di capitali, cit., 279 s.; L.

PARRELLA, in Società a responsabilità limitata - Liquidazione - Gruppi -

Trasformazione - Fusione - Scissione, in La riforma delle società a cura di M.

SANDULLI e V. SANTORO, Torino, 2003, II, sub art. 2495, 307, il quale esclude

che tale norma possa ritenersi indice di una successione a titolo universale tra soci e

società, anche perché la regola vale anche per l’azione che i creditori intendano

esercitare nei confronti dei liquidatori (nel senso che essa si applica anche alla

notifica nei confronti dei liquidatori, v. anche M. SPERANZIN, L’estinzione delle

società, cit., 532 s.); nonché V. SANGIOVANNI, Cancellazione delle società di

capitali, cit., 1143, il quale evidenzia che, pertanto, viene semplificata la località della

notifica senza ridurne però i destinatari che rimangono tutti i soci, con la precisazione

che la diversità di disciplina è giustificata dalla circostanza che ci si trova di fronte a

situazioni differenti: nel primo caso si tratta di proseguire un processo già iniziato,

mentre nell’ipotesi dell’art. 2495 c.c. si tratta di iniziarne uno nuovo. In quest’ultimo

senso, v. anche F. TEDIOLI, Riflessi processuali della equiparazione, cit., 1234; F.

FIMMANÒ-F. ANGIOLINI, Gli effetti della cancellazione, cit., 1495; A. ZORZI,

Sopravvenienze attive, cit., 1261, per cui la norma in esame non si riferisce alla

notifica del ricorso per riassunzione dell’eventuale processo pendente nei confronti

della società ma alla (nuova) domanda dei creditori rivolta a far valere i loro crediti

nei confronti dei soci e, dubitativamente, nei confronti dei liquidatori per loro

responsabilità. Diversamente, F. FIMMANÒ-F. ANGIOLINI, Gli effetti della

cancellazione, cit., 1495, ritengono che l’art. 2495 c.c. regola la sola proposizione di

una nuova domanda, con conseguente necessità di individuare singolarmente i soci,

mentre l’art. 303 c.p.c. trova applicazione nel caso di giudizio pendente, poiché vi è

successione ex art. 110 c.p.c.

Vedi, nel senso che trovi applicazione la disciplina dell’interruzione del processo, in

motivazione anche Cass. n. 9943, la quale afferma che nel caso di specie la mancata

comunicazione nel giudizio da parte della società dell’evento aveva impedito la

interruzione del processo (analogamente, cfr. Cass. 6 giugno 2012, n. 9110, cit.);

nonché App. Milano in epigrafe, nonostante la stessa escluda l’esistenza di un

fenomeno successorio derivante dal medesimo evento estintivo; Trib. Verona 30

maggio 2011, <www.ilcaso.it>; Trib. Modena, ord. 17 luglio 2008, <www.platinum-

online.com>. Vedi anche sull’applicazione della disciplina dell’interruzione del

processo, M. BINA, Le conseguenze processuali, cit., 207 ss.; M. PORZIO, La

cancellazione, cit., 93 s.; F. SANTAGADA, Fusione e cancellazione di società, cit.,

596 s.; SANGIOVANNI, Estinzione delle società di capitali, cit., 688; C.

CONEDERA, La rilevanza dell’iscrizione della cancellazione nel registro delle

imprese alla luce delle modifiche intervenute nell’art. 2495 c.c. e l’applicabilità

dell’art. 10 l. fall. alle società di fatto, in Dir. fallim., 2008, II, 265; A. BASSO, sub

art. 2495, cit., 1590.

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Inoltre, Cass. n. 7679 collega alla estinzione della società derivante dalla sua

cancellazione dal registro delle imprese la successione nel processo dei soci ai sensi

dell’art. 110 c.p.c., sia pur intra vires, e impone che il ricorso per cassazione vada

proposto soltanto nei confronti di questi. Tuttavia, il socio non è riconosciuto erede

della società in quanto tale, ma lo diventa soltanto a condizione che abbia riscosso la

propria quota in base al bilancio finale di liquidazione, rispondendo entro il

medesimo limite dei debiti sociali; diversamente, il socio difetta della legittimazione

processuale alla prosecuzione del processo originariamente instaurato contro la

società, conseguendone nel caso di specie l’inammissibilità del ricorso per cassazione

proposto nei suoi confronti. Peraltro, precisa Cass. 16 maggio 2012, n. 7676, cit., che,

affinché il processo instaurato dalla società successivamente estinta contro l’atto a lei

notificato continui, è necessario che la controparte — nella specie l’amministrazione

finanziaria — dimostri il presupposto per la successione del socio nel processo,

costituito come detto dall’aver riscosso somme in base al bilancio finale di

liquidazione.

Cfr., per un’analoga posizione, Trib. Milano 8 marzo 2011, Foro it., Rep. 2011, voce

cit., nn. 713, 779, e Società, 2011, 1138, con nota adesiva di V. DE CAMPO. Cfr.

altresì Cass. 10 novembre 2010, n. 22830, cit., per la quale, mentre va dichiarata

l’inammissibilità del ricorso proposto avverso società cancellata dal registro delle

imprese, è corretta l’evocazione in giudizio dei soci, che sempre hanno agito o si

sono costituiti in proprio, ai quali le azioni, attive e passive, fanno capo dopo

l’estinzione delle società, sia di capitale che personali.

In relazione a società di persone, Cass. 23 luglio 2012, n. 12796, <http://pluris-

cedam.utetgiuridica.it/>, ha affermato che in caso di cancellazione della società si

presume il venir meno della capacità e soggettività limitata della società stessa,

analogamente a quanto accade con riferimento alle società capitali; ne consegue che

nell’ipotesi in cui perdurino rapporti o azioni in cui la società di persone è parte, la

legittimazione a proseguire le azioni stesse, una volta intervenuta la cancellazione dal

registro delle imprese, si trasferisce in capo al socio illimitatamente responsabile.

Ancora la sez. trib. (Cass. 6 giugno 2012, n. 9110, cit.), però, ha affermato poco

tempo dopo che la cancellazione dal registro delle imprese di una società di persone,

analogamente a quanto avviene con riferimento ad una società di capitali, determina

l’estinzione del soggetto giuridico e la perdita della sua capacità processuale, sicché,

nei processi in corso, anche se essi non siano interrotti per mancata dichiarazione

dell’evento interruttivo da parte del difensore, la legittimazione sostanziale e

processuale, attiva e passiva, si trasferisce automaticamente, ex art. 110 c.p.c., ai soci,

che, per effetto della vicenda estintiva, divengono partecipi della comunione in ordine

ai beni residuati dalla liquidazione o sopravvenuti alla cancellazione, e, se ritualmente

evocati in giudizio, parti di questo, pur se estranei ai precedenti gradi giudizio.

Contra, D. DALFINO, Le sezioni unite e gli effetti della cancellazione, cit., 1012 ss.,

nel senso che deve escludersi il verificarsi di una successione a titolo universale, ma i

soci acquisiscono dopo la cancellazione l’eventuale attivo che residua al termine della

liquidazione, non a titolo universale pro quota nel patrimonio della società, bensì,

ammesso che si tratti di operazione che rinviene la propria fonte in un meccanismo di

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tipo derivativo-successorio, a titolo particolare, sicché anche la responsabilità è

limitata alla quota di liquidazione percepita. Cfr. App. Napoli 26 gennaio 2011, cit.,

nel senso che non può riconoscersi ai singoli soci la legittimazione a far valere in

giudizio diritti la cui titolarità era di competenza della società prima della

cancellazione, in quanto unicamente esercitabili da parte di un curatore speciale,

nominato ex art. 78 c.p.c., deputato al completamento delle attività non ultimate dal

liquidatore prima della cancellazione.

Una parte della dottrina ha ritenuto che l’art. 2495, 2° comma, c.c. configuri la

cancellazione della società dal registro delle imprese come un evento idoneo a

determinare una successione a titolo universale dei soci nei termini di cui all’art. 110

c.p.c.: F. SANTAGADA, Fusione e cancellazione di società, cit., 597 ss.; C.

CONEDERA, La rilevanza dell’iscrizione della cancellazione nel registro delle

imprese alla luce delle modifiche intervenute nell’art. 2495 c.c. e l’applicabilità

dell’art. 10 l. fall. alle società di fatto, in Dir. fallim., 2008, II, 265; M. SPERANZIN,

L’estinzione delle società, cit., 537 ss., per il quale si tratta di successione a titolo

universale per atto tra vivi, in quanto avvenuta prima della estinzione della persona

giuridica. Fanno applicazione degli art. 110 e 111 c.p.c. anche F. FERRARA JR.-F.

CORSI, Gli imprenditori, cit., 325. V. anche A. BASSO, sub art. 2495, cit., 1590, per

il quale i soci succedono nelle liti. Nel senso che vi è successione ex art. 110 c.p.c.

poiché la liquidazione può essere individuata come «altra causa», v. F. FIMMANÒ-

F. ANGIOLINI, Gli effetti della cancellazione, cit., 1495; V. SANGIOVANNI,

Estinzione delle società di capitali, cit., 688. Così anche, limitatamente alle società di

capitali, E. GABELLINI, L’estinzione delle società, cit., 333 ss., mentre, con

riguardo alle società di persone l’obbligazione della società è allo stesso tempo

obbligazione diretta del socio illimitatamente responsabile, per cui si verificherà il

subentro dei soci quale mera modificazione nominale del soggetto giuridico. Cfr.

anche M. BINA, Le conseguenze processuali, cit., 207 ss., e G. BALDASSARRE, La

cancellazione dal registro delle imprese e le società di persone: un nuovo indirizzo

giurisprudenziale, in Notariato, 2009, 272; e, nel senso che i soci non sono eredi della

società ma la vicenda processuale sarà necessariamente influenzata dalla vicenda del

rapporto sostanziale, che si fa valere in giudizio: per i giudizi di accertamento o

condanna relativi a rapporti passivi della società, per i quali i creditori potranno far

valere i loro diritti ormai soltanto verso i soci, il giudizio interrotto dovrà proseguire

nei loro confronti, mentre per i rapporti attivi, il giudizio dovrà proseguire ad

iniziativa dei soci, secondo le regole proprie della contitolarità dei diritti, M.

PORZIO, La cancellazione, cit., 93 s. In generale, nel senso che si verifichi la

successione dei soci, v. Trib. Modena, ord. 17 luglio 2008, cit. V. anche Tar Veneto,

sez. II, 19 aprile 2010, n. 1411, Foro amm.-Tar, 2010, 1227, per il quale i soci di una

s.r.l. sono legittimati a proseguire il giudizio instaurato dalla società cancellata,

poiché dall’art. 2495 c.c. si evince che in relazione ai rapporti non ancora esauriti i

soci conservano la legittimazione passiva, come testualmente previsto dalla norma,

ma anche attiva a conseguire pro quota i crediti della società; in motivazione, Trib.

Como, decr. 24 aprile 2007, cit., nel senso che la prosecuzione di un giudizio in cui

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fosse parte la società cancellata è assicurata dall’applicazione della disciplina

processuale prevista in caso di morte o di estinzione della parte.

Cfr. Cass., ord. 3 novembre 2011, n. 22863, cit., ove testualmente si legge in

motivazione che è connaturato all’effetto estintivo la successione dei soci alla società

ai fini dell’esercizio, nei limiti e alle condizioni dalla legge stabiliti (art. 2495, 2°

comma, c.c.), delle azioni dei creditori insoddisfatti (nella specie, l’amministrazione

erariale), e ferma restando l’eventuale responsabilità del liquidatore.

Rileva, invece, D. DALFINO, Le sezioni unite e gli effetti della cancellazione, cit.,

1014, che qualora la cancellazione dell’ente avvenga in corso di causa, deve

escludersi che il processo si chiuda in rito ovvero sia interrotto, poiché per un verso

occorre evitare che all’estinzione della parte segua automaticamente quella del

processo, per l’altro la cancellazione costituisce un fatto non involontario e, pertanto,

inidoneo a determinare l’applicazione degli art. 299 ss. c.p.c. (al riguardo, v. anche,

per riferimenti, ID., La successione tra enti nel processo, Torino, 2002, 219 ss. e 391

ss.). Il processo dovrà dunque proseguire nei confronti dei soci in qualità di

successori a titolo particolare. Cfr. sul punto anche A. ZORZI, Sopravvenienze attive,

cit., 1259 ss. In tale ultimo senso, anche Trib. Verona 30 maggio 2011, cit.; Trib.

Torino 5 settembre 2008, cit. Conforme sulla circostanza che i soci (e i liquidatori in

via subordinata) subentrino ex lege nei rapporti debitori che facevano capo alla

società e di conseguenza nel processo in quanto successori a titolo particolare, v. M.

PEDOJA, Fine della «immortalità», cit., 1020. [D. LONGO]

Nota di commento

Nuove incertezze giurisprudenziali sulle conseguenze della cancellazione della

società dal registro delle imprese, in attesa di una decisione delle sezioni unite o

della Corte costituzionale.

I. - Con la novella dell’art. 2495 c.c., ad opera dell’art. 4 d.leg. n. 6 del 2003, il

legislatore è intervenuto stravolgendo decenni di sedimentati insegnamenti in materia

di estinzione della società a seguito di cancellazione volontaria dal registro delle

imprese. L’intento appariva quello di assicurare la certezza dei rapporti giuridici,

superando il precedente orientamento che privilegiava la tutela dei creditori e

stabiliva che la società cancellata restasse in vita sino all’effettiva estinzione di ogni

rapporto giuridico sostanziale o processuale.

Tuttavia, l’analisi della giurisprudenza (per la quale si rinvia alla precedente nota di

richiami) evidenzia che la novella non ha centrato il suo obiettivo e la certezza manca

affatto nella nuova disciplina della cancellazione delle società dal registro delle

imprese.

In particolare, limitandoci solo ad alcune delle pronunce più interessanti:

— Cass., sez. un., nn. 4060-4062 del 2010, est. Forte (Foro it., 2011, I, 1498), hanno

ritenuto che in virtù del novellato art. 2495, 2° comma, c.c., la cancellazione della

società di capitali e cooperativa dal registro delle imprese ne produce l’estinzione,

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con efficacia costitutiva, indipendentemente dall’esistenza di crediti insoddisfatti o di

rapporti ancora non definiti; tale effetto estintivo è estensibile altresì, sia pur con

diversa efficacia, alle società commerciali di persone;

— e tuttavia, Cass., sez. un., n. 8426 del 2010, ancora est. Forte (id., Rep. 2010, voce

Società, nn. 875, 880), richiamata da Trib. Torino, ha sostenuto che il giudice del

registro che ritenga insussistenti le condizioni di legge per l’estinzione della società

di capitali oggetto della cancellazione iscritta su istanza degli amministratori (quale

conseguenza però del trasferimento all’estero della compagine societaria) può

ordinare che l’iscrizione di tale vicenda sia a sua volta cancellata con pubblicità

dichiarativa dell’inesistenza dell’estinzione (1);

— Cass., sez. trib., n. 7327 del 2012, in epigrafe, est. Cirillo, ha dichiarato, al pari

della prevalente giurisprudenza di legittimità, l’inammissibilità del ricorso per

cassazione proposto contro la società estinta, i suoi liquidatori e i soci, che sono

legittimati passivi di una nuova azione e non successori;

— Cass. 5 novembre 2010, n. 22547, est. Didone (ibid., voce Fallimento, n. 592), in

virtù dell’art. 10 l. fall. ha riconosciuto al liquidatore la legittimazione al

contraddittorio nel procedimento per la dichiarazione di fallimento di una società di

capitali cancellata, pur implicando detta cancellazione l’estinzione della società;

— Cass. n. 9943 del 2012, in epigrafe, nuovamente est. Forte, ha rimesso alle sezioni

unite la questione di massima di particolare importanza circa gli effetti della

cancellazione della società dal registro delle imprese nei processi in corso.

Questa ricognizione, se pur non esaustiva, ben evidenzia le incertezze presenti nella

interpretazione della nuova disciplina in ordine ai suoi punti nodali: il rilievo della

cancellazione e la possibilità di procedere alla sua cancellazione con eventuale

riviviscenza della società, il destino dei procedimenti pendenti e, in particolare, la

loro conseguente chiusura o prosecuzione, i soggetti ai quali spetti di proseguire il

processo in cui era parte una società, la conseguente qualificazione della domanda

proposta contro i soci e/o i liquidatori dai creditori ex art. 2495, 2° comma, c.c.

II. - Avendo particolare riguardo alla problematica degli effetti della cancellazione

della società sui processi pendenti, anteriormente all’ordinanza interlocutoria n. 9943

e a distanza di pochi giorni dalla difforme Cass. n. 7327 cit., la Cassazione, con la

pronuncia n. 7679, in epigrafe (e la coeva n. 7676, id., Mass., 405), ha rinvenuto nella

cancellazione della società dal registro delle imprese un evento estintivo equiparabile

alla morte della persona fisica che determina l’interruzione del processo con

conseguente applicazione delle norme di cui agli art. 299 ss. c.p.c. Inoltre ha

sostenuto, per la prima volta, che l’art. 2495, 2° comma, individuerebbe un’insolita

fattispecie di successione a titolo universale pro quota e condizionata all’acquisizione

da parte del successore in pectore di un diritto patrimoniale dalla società al momento

della chiusura della sua liquidazione, e quindi in realtà quando ancora in vita, sicché i

soci sarebbero successori a titolo universale della società, ma esclusivamente se e

nella misura in cui gli stessi abbiano ricevuto somme in sede di liquidazione (2).

La tesi sostenuta da Cass. n. 7679 è affatto singolare.

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Lo si comprende appieno esaminando la motivazione nella parte in cui afferma che

«il legislatore, nell’art. 110 c.p.c., ha scelto il successore universale al solo fine di

proseguire l’attività processuale della parte venuta meno, perché una successione

universale c’è in ogni ipotesi di venir meno della parte, a prescindere dal fatto che il

successore sia anche tale quanto al diritto controverso. E tuttavia resta fermo che, in

linea generale, il socio — a differenza, per esempio, dell’erede che, in morte della

persona fisica, ha accettato l’eredità intra vires, con beneficio d’inventario — non è,

in quanto tale, un successore universale della società». Lo diventa, seppure intra

vires, nella specifica ipotesi disciplinata dalla legge, in cui egli abbia riscosso la quota

in base al bilancio finale di liquidazione.

Sembra, quindi, che la Suprema corte ritenga che nella sola ipotesi di cancellazione

della società non vi sia ragione di tutelare la parte processuale che non abbia dato

corso all’evento che ha determinato il mutamento soggettivo, come avviene in linea

di principio ad opera della disciplina della successione nel processo.

III. - La tesi, se pur opportunamente volta a individuare un successore del processo,

evitando che questo possa chiudersi con una pronuncia in rito o di cessazione della

materia del contendere, desta non poche perplessità.

In primo luogo, non può prescindersi dall’evidenziare le incolmabili differenze tra

morte della persona fisica e cancellazione della compagine societaria dal registro

delle imprese, che, lungi dal rappresentare un fatto naturale involontario determinante

conseguenze sulla stessa esistenza fisica del soggetto, è un evento volontario, al quale

consegue non già l’inesistenza fisica ma meramente giuridica di un ente e la perdita

della sua autonomia patrimoniale.

In secondo luogo, deve rilevarsi che la tesi della sez. trib. risolve esclusivamente il

problema dei processi pendenti in cui la società sia soggetto passivo e il socio abbia

effettivamente ricevuto una ripartizione al termine della liquidazione.

Diversamente, in ogni altra ipotesi sembra difettare una qualsivoglia successione,

così consentendo ad una società di estinguersi volontariamente pur nella piena

consapevolezza della sussistenza di un processo pendente. A parere dei

provvedimenti in epigrafe ciò porterebbe, ove l’estinzione dovesse intervenire in fase

di impugnazione, alla cessazione della materia del contendere (così la relazione del

Tribunale di Bologna qui riportata) ovvero ad una ancor più grave pronuncia di

chiusura in rito del processo (così App. Milano in epigrafe, ma anche Cass. n. 7327 e

le altre anteriori conformi che hanno affermato l’inammissibilità del ricorso per

cassazione proposto da o contro società estinta) con conseguente passaggio in

giudicato della sentenza impugnata, consentendo alla società di influire sul processo

attraverso un evento volontario indipendentemente da qualsivoglia diversa intenzione

della controparte (3). È evidente che tale situazione confligge con il senso di giustizia

sostanziale e con i principî della tutela giurisdizionale dei diritti (4).

Cass. n. 7679 consente la prosecuzione dei soli processi volti alla restituzione di

quanto ingiustamente ottenuto dai soci in sede di liquidazione e, quindi,

verosimilmente di quei processi aventi ad oggetto un’azione di condanna esperita nei

confronti della società successivamente cancellata. Sicché, al di là della stravaganza

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di una simile ricostruzione e della circostanza che l’art. 2495, 2° comma, c.c. sembra

disciplinare una nuova azione proposta dai creditori nei confronti dei soci o dei

liquidatori (sul punto, v. sub § IV), la soluzione offerta è destinata ad un’esigua

cerchia di soggetti creditori della società mentre ritiene l’interesse del terzo diverso

da quello di ottenere la restituzione di una somma di denaro sacrificabile sull’altare

della certezza dei rapporti giuridici.

Un esempio chiarirà a quali soggetti si intende fare riferimento.

Ipotizzando che la società sia parte in un giudizio in cui si controverte circa la

proprietà di un bene, nel momento in cui intervenga la cancellazione della società, in

mancanza dell’attribuzione di una quota ad alcun socio, stando alla tesi di Cass. n.

7679, dovrebbe concludersi che la cancellazione della società ne ha determinato

l’estinzione in mancanza di un successore.

Sicché, non potrebbe il processo, per ipotesi giunto in fase di gravame, proseguire.

La definizione di questo processo potrebbe, stando alle pronunce in rassegna,

assumere una duplice forma: la chiusura in rito ovvero la cessazione della materia del

contendere.

Il primo caso, sostenuto dalla corte milanese (ma come rilevato conseguente alla

pronuncia di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto contro la società, i

liquidatori o i soci effettuata da Cass. n. 7327, in epigrafe), determinerebbe il

passaggio in giudicato della sentenza impugnata, conclusione che giustifica una

dichiarazione di incostituzionalità della disciplina. In particolare, ove la sentenza

fosse favorevole alla società, alla controparte sarebbe sottratto il potere di impugnare

la sentenza ottenendone la riforma; inoltre, si aprirebbe la problematica delle

sopravvenienze attive, con conseguente valutazione della riapertura della liquidazione

ovvero comunione tra i soci; infine, poiché si configurerebbe un’attribuzione

patrimoniale dalla società ai soci, potrebbe ipotizzarsi a seguito del formarsi del

giudicato il realizzarsi di una successione di questi ultimi. Ove, invece, la sentenza

fosse sfavorevole alla società, certamente difetterebbe il requisito della successione

dei soci e, quindi, la sentenza che avesse disconosciuto il diritto di proprietà della

società passerebbe in giudicato, senza possibilità per i soci né tanto meno per i

creditori sociali di impugnare (per questi ultimi neppure potendosi configurare una

surroga rispetto ad un soggetto estinto).

Aderendo a tale tesi, opportunamente App. Milano ha, pertanto, sollevato la

questione di costituzionalità degli art. 328 c.p.c. e 2495 c.c. indicata nella massima in

epigrafe.

Escludendo, invece, che tale chiusura possa determinare il passaggio in giudicato

della sentenza impugnata per le ragioni ora evidenziate, ove si accolga la tesi

sostenuta dalla relazione del Tribunale di Bologna di chiusura del processo con

pronuncia di cessazione della materia del contendere, dovrebbe ritenersi che venga

meno ogni decisione precedente. In tal caso, la cancellazione determinerebbe un

pregiudizio per i creditori sociali, che perderebbero un bene suscettibile di rientrare

nel patrimonio della società e sul quale avrebbero potuto soddisfarsi.

Altri esempi non sfuggiranno certamente all’accorto operatore del diritto (5).

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IV. - L’incertezza sulle conseguenze (sostanziali e) processuali della cancellazione

hanno, infine, condotto la Suprema corte (est. Forte, lo stesso estensore delle storiche

sentenze delle sezioni unite del febbraio 2010 e di altre pronunce successive in

materia) a rimettere, con l’ordinanza interlocutoria n. 9943 in epigrafe, gli atti al

primo presidente per una nuova pronuncia delle sezioni unite, affermando che su tale

questione vi sono almeno tre possibili soluzioni:

— l’inammissibilità del ricorso, per la notifica di esso a soggetto inesistente;

— la mancata estinzione sul piano processuale del soggetto societario anche in

ragione dell’affidamento nella sua esistenza dell’altra parte, determinato dalla stessa

condotta processuale in sede di merito e sostanziale della società cancellata. In

particolare, la Cassazione sembra ipotizzare problematicamente che l’omessa

comunicazione da parte della società costituita dell’evento estintivo della sua capacità

giuridica impedisca il verificarsi dell’interruzione del processo, determinando

un’ignoranza incolpevole dell’evento. Sembra emergere, tuttavia, il contrasto tra tali

conclusioni e il regime di pubblicità degli atti societari nel registro delle imprese, pur

ove a tale pubblicità voglia riconoscersi una mera valenza dichiarativa, e soprattutto

con la riconosciuta valenza costitutiva della cancellazione affermata dalla Suprema

corte con l’arrêt del febbraio 2010;

— il perdurare dopo l’estinzione di un patrimonio di scopo della società, costituito

dai rapporti pendenti o controversi alla data dell’estinzione e da sopravvenienze, da

assimilare all’eredità giacente, con facoltà del ricorrente di chiedere la nomina di un

curatore speciale, cui notificare l’impugnazione.

Premesso che appare ormai ius receptum la possibilità per la società di provocare la

propria estinzione attraverso la cancellazione volontaria anche in presenza di rapporti

giuridici pendenti, deve però escludersi che i rapporti giuridici in essere con la società

abbiano carattere intrasmissibile e quindi i processi pendenti si estinguano a seguito

della cancellazione volontaria con conseguente chiusura in rito.

La soluzione circa la prosecuzione dei processi pendenti è, tuttavia, difficilmente

individuabile sul piano positivo, posto che diversi indici inducono a ritenere che l’art.

2495, 2° comma, c.c. contenga la disciplina di una nuova azione, che i creditori

sociali possono esperire per ottenere la restituzione di quanto sia stato indebitamente

percepito dai soci in sede di liquidazione ovvero il risarcimento del danno subìto a

causa dell’ingiusto operato del liquidatore (6).

D’altro canto, sembra che la differenza tra estinzione della società e morte della

persona fisica sia ben presente al legislatore e alla Suprema corte. E infatti, l’art. 10 l.

fall. consente che sia dichiarata fallita anche una società cancellata riconoscendo al

liquidatore la rappresentanza processuale della società nel relativo procedimento,

invece esclusa in ogni altro procedimento in cui sia parte la società dopo la sua

estinzione. Inoltre, più volte, a fronte di pronunce di chiusura in rito del processo che

non avrebbe dovuto essere introdotto da o nei confronti di società ormai inesistente,

la società medesima è stata condannata alla rifusione delle spese.

Né va dimenticato che la società è cancellata d’ufficio dal registro delle imprese con

i medesimi effetti di cui all’art. 2495 c.c. anche ove per oltre tre anni consecutivi non

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venga depositato il bilancio in fase di liquidazione (art. 2490, ultimo comma, c.c.,

come novellato dal d.leg. 6/03).

Appare allora quanto mai opportuna una pronuncia delle sezioni unite che faccia

chiarezza delle contrastanti affermazioni contenute nelle pronunce della Suprema

corte a sezioni semplici e a sezioni unite, al fine di delineare una disciplina coerente e

costituzionalmente orientata dell’evento estintivo.

La questione posta dallo stesso estensore delle pronunce che hanno codificato il

principio della estinzione con efficacia costitutiva a seguito della cancellazione della

società anche in pendenza di rapporti giuridici non è solo quella di comprendere chi

succeda alla società ma quella di verificare se la cancellazione della società determini

effettivamente un fenomeno estintivo sotto ogni profilo, con conseguente ma non

necessariamente connessa interruzione dei processi pendenti e successione di altro

soggetto nel diritto controverso, se invece debba escludersi qualsivoglia fenomeno

successorio, con conseguente estinzione di ogni rapporto giuridico pendente e

chiusura in rito del processo, ovvero infine se trattandosi di fenomeno volontario esso

debba essere trattato diversamente dalla morte della persona fisica ed escludere

l’interruzione del processo ovvero il sottrarsi dell’ente, sia pur formalmente estinto, al

processo pendente ed all’efficacia del conseguente giudicato, consentendone la

prosecuzione nei confronti del precedente liquidatore ovvero di un curatore speciale.

Ove alla luce delle nuove prospettazioni avanzate dall’ordinanza interlocutoria si

giunga alla conclusione che la cancellazione non è irreversibile o che i rapporti

giuridici sono gestibili al pari dell’eredità giacente, pur rinnegando in parte le novità

legislative e giurisprudenziali degli ultimi anni, potrà dirsi assicurata la tutela

giurisdizionale dei soggetti estranei alla cancellazione.

Diversamente, si ritiene urgente la dichiarazione di incostituzionalità della norma.

Va, però, rilevato che a fronte di Cass. n. 9943, è fondato il pericolo che la Corte

costituzionale dichiari inammissibile la questione, per non aver la corte milanese

rimettente vagliato tutte le possibili interpretazioni conformi a Costituzione.

DANIELA LONGO


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