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# 6 Mercoledì 31 Ottobre 2018 Corriere della Sera Primo piano La manovra La bozza Nella bozza del disegno di legge di Bilancio che il governo dovrebbe presentare oggi in Parlamento c’è una norma che prevede, al fine di incoraggiare l’aumento della popolazione in particolare nelle zone rurali, la concessione gratuita di terreni agricoli demaniali per almeno 20 anni alle famiglie «con terzo figlio nato negli anni 2019, 2020, 2021». Previsti anche mutui fino a 200mila euro a tasso zero alle famiglie che acquistino casa vicino i terreni. Terreni agricoli, fino a 10 miliardi alle coppie sposate o residenti da 10 anni La concessione ventennale a chi fa il terzo figlio LO SPORT I NCENTIVI ROMA Un premio in natura. Tra gli articoli della legge di Bilancio, la vecchia Finanzia- ria, ce n’è anche uno dal sapo- re antico: un terreno agricolo di proprietà dello Stato in re- galo alle famiglie che fanno il terzo figlio. La terra ai conta- dini, come si prometteva ad ogni riforma agraria. Ma solo a patto che si allarghi il nucleo familiare. L’idea viene dalla Lega. Il ministro delle Politi- che agricole Gian Marco Cen- tinaio la spiega così: «Si dice che in Italia si fanno pochi fi- gli e che serve un aiuto per in- vertire la tendenza. Per questo il ministero vuole dare un contributo favorendo in parti- colare le aree rurali, dove i fi- gli si fanno ancora». Facile a dirsi, un po’ meno a farsi. Tecnicamente si tratterà di una concessione gratuita per almeno 20 anni. E riguarderà i «nuclei familiari con terzo fi- glio nato negli anni 2019, 2020 e 2021». Il punto è capire cosa si intende di preciso per «nuclei familiari»? I dettagli arriveranno con un provvedi- mento ad hoc. Nella partita è coinvolto il ministro della Fa- miglia, l’ultracattolico Loren- zo Fontana, che preme per un’interpretazione restrittiva: solo coppie sposate, no alle unioni civili o alle coppie di fatto. Non è semplice, però, visto che in molti casi la legge equipara le unioni civili al matrimonio. E gli stranieri? La soluzione dovrebbe essere come quella per il reddito di cittadinanza: il terreno andrà a chi è residente in Italia da al- meno 10 anni. Escluderle del tutto gli stranieri sarebbe in- costituzionale. Resta da capire di quali ter- re parliamo. Coldiretti stima che i terreni agricoli in mano al pubblico coprano mezzo milione di ettari. Il loro valore teorico è di 9,9 miliardi di eu- ro. Perché regalarli, allora, e non venderli per di più in un momento in cui tutti quei sol- di servirebbero come il pane per finanziere i tanti (e costo- si) interventi promessi dal go- verno? Proprio perché si tratta di un valore teorico. È vero che i terreni agricoli italiani hanno un prezzo ele- vato rispetto agli altri Paesi perché in media la nostra ter- ra rende di più. Ma è anche ve- ro che nella maggior parte dei casi i terreni agricoli pubblici rappresentano il fondo di ma- gazzino, i pezzi meno pregiati difficili da piazzare. L’Agenzia del Demanio, con il progetto Terre vive che metteva in ven- dita o in affitto diversi appez- zamenti, ha già dato via i lotti più pregiati. Terreni che in molti casi sono stati acquista- ti da chi già possedeva le aree confinanti e così ha potuto ampliare la sua azienda agri- cola. Quelli che restano sono i terreni meno interessanti. A volte rappresentano addirit- tura un costo per i Comuni proprietari che ne devono cu- rare la manutenzione. Basterà regalarne qualche ettaro per risolvere il problema delle culle vuote nel nostro Paese? Oppure sarebbe meglio fare come in Francia dove, insie- me al terzo figlio, arriva anche un bello sconto sulle tasse? Lorenzo Salvia © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Fonte: Coldiretti, Istat Il costo medio dei terreni in Italia dati in euro Nord Ovest 26.200 Nord Est 40.500 Centro 14.800 Sud 12.900 Isole 8.500 500.000 ettari I terreni agricoli pubblici Valore 9,9 miliardi Valore medio in Italia 20.000 Una rivoluzione per lo sport italiano: il portafoglio passa dal Coni al governo La cassa di 400 milioni a una società pubblica «Revisione delle compe- tenze del Coni: il governo deve assumere il controllo delle modalità di assegnazione e spesa delle risorse». M5S e Lega lo avevano scritto nel contratto di governo, moti- vando la frase con la necessità di smantellare il sistema che, in passato, «è stato usato per costruire il consenso interno da riscuotere alle elezioni». Così nella bozza della legge di Bilancio, il governo giallover- de ha inserito un provvedi- mento che, se confermato, per lo sport italiano vale la ri- voluzione: la cassa non più nelle mani del Coni ma in quelle della Sport e Salute spa — una nuova società pubblica guidata da un uomo del go- verno — che andrebbe a rotta- mare la controllata Coni Servi- zi. Oggi il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, che quel- la bozza l’ha firmata da dele- gato allo Sport, si vedrà a Pa- lazzo Chigi con il presidente del Coni, Giovanni Malagò, in un’occasione già in calendario per un punto sulla candidatu- ra italiana ai Giochi invernali del 2026. Ma il tema centrale sarà la bozza che finanziaria- mente — e soprattutto politi- camente — depotenzia il Coni e mette in bilico l’indipenden- za dello sport dalla politica, requisito base per il Comitato Olimpico Internazionale che le Olimpiadi le assegna. La bozza è ancora ufficiosa, Coni e governo ci stanno lavorando alla ricerca di un compromes- so. Difficilmente, però, sarà smantellato l’impianto del do- cumento che va a fare della neonata Sport e Salute spa una sorta di ministero dello Sport con, in tasca, il portafo- glio del Coni. Sono centinaia di milioni: ad oggi lo Stato fi- nanzia direttamente il Coni per 416,9 milioni di euro, di cui 276 spesi per i «contributi istituzionali», vale a dire i fon- di dirottati alle federazioni fra «parte sportiva», personale e contributi per gli impianti. Il resto è dedicato a finanziare il «contratto di servizio annuale con Coni Servizi»: 122 milioni con cui coprire i costi di tutti i «beni e servizi» per il funzio- namento della struttura, dalle spese per la partecipazione agli eventi olimpici, fino agli stipendi dei 700 dipendenti. Con la rivoluzione firmata da Giorgetti, e spinta dal M5S, non si tocca il contributo del governo che per legge non può scendere al di sotto di 410 milioni di euro, ma sono le proporzioni a ribaltarsi: sa- rebbe la Sport e Salute spa, cioè il governo stesso, a distri- buire alle federazioni 370 mi- lioni, ovvero il 90% del budget complessivo; mentre al Coni sarebbero garantiti 40 milioni per il suo funzionamento e la preparazione olimpica. Certo, il nuovo sistema ha delle im- perfezioni: se i soldi arrivano dalla Sport e Salute e non dal Coni, le federazioni (preoccu- patissime) dovranno restitui- re allo Stato il 22% per l’Iva. Ma il problema più grosso si ri- flette sui Giochi 2026: accette- rà il Cio di assegnarli a Mila- no-Cortina visto che il Coni ri- schia di finire «commissaria- to» dalla politica? Andrea Arzilli © RIPRODUZIONE RISERVATA Il finanziamento allo sport L’Ego COME È OGGI COME POTREBBE CAMBIARE 276 contributi alle federazioni per il personale e gli impianti 18 altro 370 alla società Sport e Salute S.p.A 40 al Coni per il suo funzionamento dati in milioni di Euro 122 contratto annuale con Coni Servizi 416 410 La scheda Il Coni (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) è un ente pubblico non economico posto sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, ed è la confederazione delle federazioni sportive e delle discipline associate Nasce nel giugno 1914 come parte del Comitato Olimpico Internazionale (Cio), con lo scopo di curare lo sport azzurro attraverso le federazioni e, in particolare, la preparazione degli atleti per le Olimpiadi Corriere.it Sul sito web del Corriere, nel canale Economia, tutti gli approfondimen ti e le analisi sulla manovra Codice cliente: 123456789
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Page 1: DTl AO?HC=AC?;K;THKTDC` THHOQCAAKOl … · Mercoledì 31 Ottobre 2018 23 Bologna 7.11 novembre 2018 IL PRIMO GIORNALE DEGLI IMPRENDITORI, DEGLI OPERATORI E DEI PROFESSIONISTI DELLA

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6 Mercoledì 31 Ottobre 2018 Corriere della Sera

Primo piano La manovra

La bozza

● Nella bozzadel disegno dilegge diBilancio che ilgovernodovrebbepresentareoggi inParlamento c’èuna norma cheprevede, al finedi incoraggiarel’aumento dellapopolazione inparticolarenelle zonerurali, laconcessionegratuita diterreni agricolidemaniali peralmeno 20 annialle famiglie«con terzofiglio nato neglianni 2019,2020, 2021».Previsti anchemutui fino a200mila euro atasso zero allefamiglie cheacquistino casavicino i terreni.

Terreni agricoli,fino a 10miliardialle coppie sposateo residenti da 10 anniLa concessione ventennale a chi fa il terzo figlio LO

SPORT

INCE

NTIVI

ROMA Un premio in natura.Tra gli articoli della legge diBilancio, la vecchia Finanzia-ria, ce n’è anche uno dal sapo-re antico: un terreno agricolodi proprietà dello Stato in re-galo alle famiglie che fanno ilterzo figlio. La terra ai conta-dini, come si prometteva adogni riforma agraria. Ma soloa patto che si allarghi il nucleofamiliare. L’idea viene dallaLega. Il ministro delle Politi-che agricole Gian Marco Cen-tinaio la spiega così: «Si diceche in Italia si fanno pochi fi-gli e che serve un aiuto per in-vertire la tendenza. Per questoil ministero vuole dare uncontributo favorendo in parti-colare le aree rurali, dove i fi-gli si fanno ancora». Facile adirsi, un po’ meno a farsi.Tecnicamente si tratterà di

una concessione gratuita peralmeno 20 anni. E riguarderà i«nuclei familiari con terzo fi-glio nato negli anni 2019,2020 e 2021». Il punto è capirecosa si intende di preciso per«nuclei familiari»? I dettagliarriveranno con un provvedi-mento ad hoc. Nella partita ècoinvolto il ministro della Fa-miglia, l’ultracattolico Loren-zo Fontana, che preme perun’interpretazione restrittiva:solo coppie sposate, no alleunioni civili o alle coppie difatto. Non è semplice, però,visto che in molti casi la leggeequipara le unioni civili almatrimonio. E gli stranieri?La soluzione dovrebbe esserecome quella per il reddito dicittadinanza: il terreno andràa chi è residente in Italia da al-meno 10 anni. Escluderle deltutto gli stranieri sarebbe in-costituzionale.Resta da capire di quali ter-

re parliamo. Coldiretti stimache i terreni agricoli in manoal pubblico coprano mezzomilione di ettari. Il loro valoreteorico è di 9,9 miliardi di eu-ro. Perché regalarli, allora, enon venderli per di più in un

momento in cui tutti quei sol-di servirebbero come il paneper finanziere i tanti (e costo-si) interventi promessi dal go-verno? Proprio perché si trattadi un valore teorico.È vero che i terreni agricoli

italiani hanno un prezzo ele-vato rispetto agli altri Paesiperché in media la nostra ter-ra rende di più.Ma è anche ve-ro che nella maggior parte deicasi i terreni agricoli pubblicirappresentano il fondo dima-gazzino, i pezzi meno pregiatidifficili da piazzare. L’Agenziadel Demanio, con il progettoTerre vive che metteva in ven-dita o in affitto diversi appez-zamenti, ha già dato via i lotti

più pregiati. Terreni che inmolti casi sono stati acquista-ti da chi già possedeva le areeconfinanti e così ha potutoampliare la sua azienda agri-cola. Quelli che restano sono iterreni meno interessanti. Avolte rappresentano addirit-tura un costo per i Comuniproprietari che ne devono cu-rare la manutenzione. Basteràregalarne qualche ettaro perrisolvere il problema delleculle vuote nel nostro Paese?Oppure sarebbe meglio farecome in Francia dove, insie-me al terzo figlio, arriva ancheun bello sconto sulle tasse?

Lorenzo Salvia© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere della SeraFonte: Coldiretti, Istat

Il costo medio dei terreni in Italiadati in euro

Nord Ovest26.200

Nord Est40.500

Centro14.800

Sud12.900Isole

8.500

500.000ettari

I terreni agricolipubblici

Valore9,9 miliardi

Valore medioin Italia

20.000

Una rivoluzioneper lo sport italiano:il portafoglio passadal Coni al governoLa cassa di 400milioni a una società pubblica

«Revisione delle compe-tenze del Coni: il governo deveassumere il controllo dellemodalità di assegnazione espesa delle risorse». M5S eLega lo avevano scritto nelcontratto di governo, moti-vando la frase con la necessitàdi smantellare il sistema che,in passato, «è stato usato percostruire il consenso internoda riscuotere alle elezioni».Così nella bozza della legge diBilancio, il governo giallover-de ha inserito un provvedi-mento che, se confermato,per lo sport italiano vale la ri-voluzione: la cassa non piùnelle mani del Coni ma inquelle della Sport e Salute spa—una nuova società pubblicaguidata da un uomo del go-verno—che andrebbe a rotta-mare la controllata Coni Servi-zi. Oggi il sottosegretarioGiancarlo Giorgetti, che quel-la bozza l’ha firmata da dele-gato allo Sport, si vedrà a Pa-lazzo Chigi con il presidentedel Coni, Giovanni Malagò, inun’occasione già in calendarioper un punto sulla candidatu-ra italiana ai Giochi invernalidel 2026. Ma il tema centralesarà la bozza che finanziaria-mente — e soprattutto politi-camente—depotenzia il Coniemette in bilico l’indipenden-za dello sport dalla politica,requisito base per il ComitatoOlimpico Internazionale chele Olimpiadi le assegna. Labozza è ancora ufficiosa, Conie governo ci stanno lavorandoalla ricerca di un compromes-so. Difficilmente, però, saràsmantellato l’impianto del do-cumento che va a fare dellaneonata Sport e Salute spauna sorta di ministero delloSport con, in tasca, il portafo-glio del Coni. Sono centinaiadi milioni: ad oggi lo Stato fi-nanzia direttamente il Coniper 416,9 milioni di euro, dicui 276 spesi per i «contributiistituzionali», vale a dire i fon-di dirottati alle federazioni fra

«parte sportiva», personale econtributi per gli impianti. Ilresto è dedicato a finanziare il«contratto di servizio annualecon Coni Servizi»: 122 milionicon cui coprire i costi di tutti i«beni e servizi» per il funzio-namento della struttura, dallespese per la partecipazioneagli eventi olimpici, fino aglistipendi dei 700 dipendenti.Con la rivoluzione firmata daGiorgetti, e spinta dal M5S,non si tocca il contributo delgoverno che per legge nonpuò scendere al di sotto di 410milioni di euro, ma sono leproporzioni a ribaltarsi: sa-rebbe la Sport e Salute spa,cioè il governo stesso, a distri-

buire alle federazioni 370 mi-lioni, ovvero il 90% del budgetcomplessivo; mentre al Conisarebbero garantiti 40 milioniper il suo funzionamento e lapreparazione olimpica. Certo,il nuovo sistema ha delle im-perfezioni: se i soldi arrivanodalla Sport e Salute e non dalConi, le federazioni (preoccu-patissime) dovranno restitui-re allo Stato il 22% per l’Iva.Mail problema più grosso si ri-flette sui Giochi 2026: accette-rà il Cio di assegnarli a Mila-no-Cortina visto che il Coni ri-schia di finire «commissaria-to» dalla politica?

Andrea Arzilli© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il finanziamento allo sport

L’Ego

COME È OGGI

COME POTREBBE CAMBIARE

276contributi

alle federazioniper il personale

e gli impianti

18altro

370alla societàSport e Salute S.p.A

40al Coni per il suofunzionamento

dati in milioni di Euro

122contratto annualecon Coni Servizi

416

410

La scheda

● Il Coni(ComitatoOlimpicoNazionaleItaliano) è unente pubbliconon economicoposto sotto lavigilanza dellaPresidenza delConsiglio deiministri, ed è laconfederazionedellefederazionisportive e delledisciplineassociate

● Nasce nelgiugno 1914come parte delComitatoOlimpicoInternazionale(Cio), con loscopo di curarelo sport azzurroattraverso lefederazioni e, inparticolare, lapreparazionedegli atleti perle Olimpiadi

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23Mercoledì 31 Ottobre 2018

Bologna 7.11novembre 2018

IL PRIMO GIORNALE DEGLI IMPRENDITORI, DEGLI OPERATORI E DEI PROFESSIONISTI DELLA TERRA E DELL’AGROINDUSTRIA

AgricolturaOPERATORI E DEI PROFESSIONISTI DELLA TERRA E DELL’AGROINDUSTRIAOPERATORI E DEI PROFESSIONISTI DELLA TERRA E DELL’AGROINDUSTRIA

7.112018

Bologna 7novembre 2OggiOggi

MANOVRA 2019/Tutte le misure per l’agroalimentare e il comparto ittico

E ora podere al popoloTerre gratis e mutui a tasso zero alle famiglie

DI LUIGI CHIARELLO

Le famiglie che avran-no a breve tre figli po-tranno avere un mutuo ventennale a tasso zero

per comprare in campagna la loro prima casa; questa sarà nei pressi di un terreno, che lo Stato concederà gratuitamente alla stessa famiglia, per essere coltivato. Per almeno 20 anni. La misura, tanto innovativa quanto chiacchierata e accat-tivante, è spuntata nell’ultima versione del disegno di legge di bilancio, varato il 15 ottobre dal consiglio dei ministri e oggi al vaglio del Parlamento. Ecco tut-te le novità per il primario.

Bonus verde: viene proro-gata a tutto il 2019 la detrazio-ne del 36% (fi no a 5 mila euro) per le spese di sistemazione di giardini e terrazzi. Il bonus è previsto dalla legge 205/2017.

Caporalato: la manovra istituisce un «tavolo caporala-to», presieduto dal ministro dal lavoro, al cui funzionamento destina un budget di 3 mln di euro. Al tavolo parteciperanno i rappresentanti delle regioni e dei ministeri dell’interno, delle politiche agricole e dei traspor-ti. Oltre ai rappresentanti di

Anpal, Ispettorato naziona-le del lavoro, Inps, Comando Carabinieri per la tutela del lavoro e Guardia di fi nanza. Alle riunioni parteciperanno i rappresentanti dei datori di lavoro, dei lavoratori di settore e delle organizzazioni non pro-fi t. Il tavolo dovrà individuare obiettivi strategici e misure per migliorare le condizioni di lavoro degli stagionali, addetti alla raccolta dei prodotti agri-coli. Ed anche misure per la loro sistemazione logistica.

Terreni e mutui a tasso zero per la prima casa alle famiglie con terzo fi glio: la manovra prevede la concessio-ne gratuita, per 20 anni, del 50% dei terreni agricoli già resi disponibili dal Demanio e del 50% dei terreni che le regio-ni mettono a disposizione della Banca delle terre agricole Ismea «ai nuclei familiari con terzo fi glio nato negli anni 2019, 2020, 2021». Corsia di favore anche per le società costituite da giovani imprendi-tori agricoli, che r i s e r v a n o una quota societaria

«pari al 30%» ai suddetti nuclei familiari. Questi, per lo svilup-po aziendale, potranno contare sulle agevolazioni all’autoim-prenditorialità in agricoltura (dlgs 185/2000). Per fi nanziare il tutto viene istituito, presso il Mipaaft, un fondo rotativo con dotazione iniziale di 5 mln per il 2019 e 15 mln per il 2020. In più, alle famiglie che ottengono questi terreni sarà concesso un mutuo ventennale a tasso zero, fi no a 200 mila euro, per acqui-stare la prima casa in prossimi-tà del terreno assegnato.

Xylella: il ddl di bilancio prevede che il reimpianto con piante tolleranti o resistenti al batterio Xylella fastidiosa non riguardi (oltre ai 20 km di zona cuscinetto) le aree interessate da programmi di rigenerazione agricola, in

cui si attua il recupero di colture storiche di qua-lità. In sostanza, le aree

in cui sono stati attivati contratti di distretto, a seguito dei danneg-

giamenti arrecati dal batterio.

Terra dei fuochi: il fondo per la bonifi ca verrà incrementa-

to di 20,2 mln di

euro l’anno, dal 2019 al 2024.Fondo per la montagna: in

dote arriveranno 10 mln di euro l’anno dal 2019 al 2021.

Chi fa pesca sportiva dovrà pagare un contributo annuale, la cui entità sarà sta-bilita da un futuro decreto in-terministeriale. Il gettito sarà destinato per l’80% al Mipaaft, che ne spenderà metà per at-tività di ricerca applicata alla pesca marittima e interventi a salvaguardia della risorsa itti-ca; l’altra metà dei fondi andrà alla promozione della pesca sportiva stessa. Il restante 20% del gettito, proveniente dai con-tributi, andrà a Capitanerie di porto e Guardia costiera, per il controllo della pesca.

Indennità pescatori. Sem-pre in fatto di pesca, questa vol-ta marittima, la manovra ridu-ce da 5 a 4,5 mln di euro i fondi per gli indennizzi da 30 euro al giorno, destinati ai dipendenti delle imprese ittiche alle prese col fermo pesca (legge 205/2017, art. 1, comma 135).

Supplemento a cura di LUIGI CHIARELLO

[email protected]

Coldiretti raggiunge il suo assetto definitivo in vista dell’Assemblea elettiva del 9 novembre. Confermatissima l’indicazione a presidente di Ettore Prandini (la cui nomina è stata anticipata da ItaliaOggi già a partire dal lontano 19/04/2017), di fatto candidato unico, nei corridoi di Palazzo Ro-spigliosi si sussurrano già i nomi di chi andrà ad af-fi ancare l’attuale presidente di Coldiretti Lombardia ed Enzo Gesmundo, che ver-rà confermato segretario ge-nerale della Confederazione. Le vicepresidenze di palazzo Rospigliosi andranno:

- all’Emilia Romagna, con Nicola Bertinelli, attuale presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano,

- al Lazio, con David Granieri, attuale presiden-te di Unaprol,

- e alla Campania, con Gennarino Masiello, con-fermato nel ruolo.

L’attuale presidente di Coldiretti, Roberto Mon-calvo, dovrebbe restare in giunta, come rappresentante del Piemonte. E in giunta en-treranno anche diversi volti nuovi, come i presidenti: delle Marche, Maria Leti-zia Gardoni (già delegata nazionale Coldiretti Giovani Impresa); del Veneto, Danie-le Salvagno; della Sicilia, Francesco Ferreri e della Puglia, Savino Muraglia. Su quest’ultimo, nel tacco d’Italia si è udita qualche polemica, avendo Muraglia aderito a Coldiretti solo pochi giorni prima della sua elezione a presidente provinciale di Bari e BAT (Bari-Andria-Trani) prima, regionale poi. Ora Muraglia si trova addirittura catapul-tato nell’organo decisionale nazionale di Coldiretti. Con la creazione della futura squadra entrerà nel vivo la nuova stagione dei berretti gialli, che avranno in giun-ta una forte presenza di im-prenditori olivicoli, con Da-niele Salvagno, presidente Federdop, l’associazione che riunisce le Dop dell’extraver-gine, David Granieri, pre-sidente dell’Op Latium e Sa-vino Muraglia, frantoiano da cinque generazioni.

Luigi Chiarello

NOMINE IN VISTA

Ecco i nomi della giunta di Coldiretti

CONCENTRAZIONE NEL SETTORE ORTO-FRUTTICOLO. Il gruppo cooperativo Orto-romi, terzo player nel settore delle insala-te di I e IV gamma con un fatturato 2017 di 93 mln euro, accoglie un undicesimo socio. È Cofruta, il rovighese consorzio futticoltori del Tataro, che conta 160 soci produttori e che coltiva ortofrutta su 700 ha. In particolare il neosocio conferirà a Ortoromi frutta per la produzione di centrifugati di frutta e verdure.

IL GRUPPO FERRERO ha stretto una partnership con la multinazionale anglo-olandese Unilever per affi darle la distribuzione in Italia dei gelati Kin-der, già lanciati con successo in Austria, Francia, Germania e Svizzera. Sul mer-cato americano intanto Ferrero investirà poco meno di 8 mln euro per ampliare il suo stabilimento di Franklin (New Jersey-Usa) dove appena due anni fa ave-va speso altri 10,5 mln euro per sostenere il lancio degli ovetti Kinder negli Stati Uniti. Ovetti che hanno avuto superato negli Usa i 90 mln di pezzi venduti da novembre 2017 a oggi.

IL GRUPPO COOPERATIVO AGRINTESA ha chiuso l’esercizio 2017-2018 con un va-

lore della produzione superiore ai 311 milioni di euro, un utile netto che ha sfi orato 1,5 mln euro e 161,2 mln euro di liquidazioni erogate ai soci. Risultati ottenuti attraverso la commercializza-zione della produzione ortofrutticola e dell’uva da vino, per il 93% conferita dai soci della cooperativa.

PASSI AVANTI VERSO UN MAGGIORE COORDINAMENTO fra quattro Op orto-frutticole europee. Settimana scorsa a Fruit Attraction Italia Ortofrutta, Interfel (Francia), Hortiespaña e Fruitbev (Ungheria) hanno fi rmato una dichiarazione d’intenti a sigillo di ciò. Intanto cambia nome Eucofel, l’associazione europea del commercio di frutta e verdura. D’ora in poi si chiamerà FruitVegetables Europe (Eucofel) per essere più immediatamente riconoscibile al vasto pubblico come l’associazione che rappresenta gli interessi dei produttori e distributori ortofrutticoli dell’Ue.

VENTO IN POPPA PER FAIRTRADE. Le vendite di prodotti equi e solidali sono cresciute dell’8% a livello globale nel 2017 raggiungendo gli 8,5 mld euro. Per le organizzazioni di agricoltori e lavora-

tori del circuito Fairtrade ossia per gli oltre 1,6 mln agricoltori e lavoratori di 75 paesi, ne è derivato un premio di 178 mln euro in aggiunta al reddito ricavato dalla vendita dei prodotti. Premio supe-riore del 19% rispetto a quello del 2016, che potrà essere investito in progetti di sviluppo scelti dagli agricoltori stessi.

LA MULTINAZIONALE SVIZZERA DEL CIOCCOLATO BARRY CALLEBAUT (6,3 mld euro) punta a crescere in Russia, il secondo maggior mercato al mondo per il consumo di dolci a base cioccolato, dove è già presente con un impianto pro-duttivo nell’oblast di Mosca dal 1990. Ha siglato un accordo per acquisire la russa Inforum Prom, specialista nella fornitura di prodotti a base cioccolato all’industria dolciaria nazionale e dei paesi della Comunità degli stati In-dipendenti, che produce nell’impianto di Kasimov, oblast di Ryazan (285 km a sudest di Mosca) generando con un fatturato di 77 mln euro. Il closing dell’operazione, soggetto al via libera delle competenti Autorità antitrust, è atteso entro fi ne anno.

Luisa Contri

RISIKO AGRICOLO

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24 Mercoledì 31 Ottobre 2018 M E R C AT O A G R I C O L OL’assenza di una regia di fi liera ha generato eccessi produttivi. Ora i prezzi sono in ripresa

La semina di riso va pianificataI produttori: basta import a dazi zero dall’Asia o salta tutto

Pagina a cura DI ANDREA SETTEFONTI

Puntare al mercato estero, programmare le semine con scelte opportune delle varietà

per rispondere alla domanda, magari in collaborazione con la parte industriale, caratte-rizzazione del prodotto italia-no attraverso le denominazioni d’origine. È quanto emerge dal-la voce dei produttori italiani di riso, sentiti da ItaliaOggi per fare il punto su una coltivazio-ne che fa dell’Italia il maggior produttore europeo, con 1,5 mln di tonnellate prodotte nel 2017. Silvano Saviolo della cooperativa Op ri-sicoltori Piemon-te aderente a Con-fcooperative e consigliere dell’Ente Risi evidenzia come «adesso la situazio-ne si sia riequilibrata con i prezzi in salita. Questo grazie ad una produzione con rese più basse, grazie al caldo. E con un mercato in cresci-ta, che lascia ben sperare. Soprattutto se riusciamo a guardare all’estero». Ma per Saviolo la vera sfida è la caratterizzazione del prodotto: «Dobbiamo con-notare la nostra produzio-ne. Piemonte e Lombardia insieme producono il 95% del

riso italiano. Se non diventia-mo riconoscibili, se restiamo una commodity, non andiamo avanti». Nonostante rimanga-no numerosi problemi, anche Giovanni Perinotti, risicolto-re di Vercelli e presidente della Federazione Nazionale Riso di Confagricoltura, parla di situazione in ripresa: «I prezzi si sono alzati, ma ciò che man-ca è la programmazione. Negli scorsi anni ognuno seminava quel che credeva più redditizio. E allora si sono avuti eccessi, come per il tondo. Se sceglie l’agricoltore in base ai prezzi,

si avranno sur-plus». Il ri-equilibrio della pro-

duzione ha por-tato alla crescita

dei prezzi, che seppur non ancora remunera-

tivi vanno meglio dello scorso anno. Per esem-

pio, l’Indica quest’anno viene quotato 29-30

euro al quintale; nel 2017 veniva pagato 24-25 euro. I risi da

mercato interno (come Via-lone Nano e Carnaroli) sono arrivati a 50 euro contro i 35 dello scorso anno.

Anche la Cia Lombardia, parla dell’importanza di avere un piano programmato per le semine: «Le importazioni da Paesi meno avanzati (Pma) avevano squilibrato il mercato

e i prezzi. Gli agricoltori si sono spostati sul mercato interno e si è squilibrato anche questo. Se si risolve il problema dei Pma si avrà meno pressione sui prezzi sull’Indica e si migliorerà an-che il mercato interno», spiega l’organizzazione. Tra i proble-mi del settore, infatti, c’è quello delle importazioni a dazio zero dai Paesi dell’Asia.

Per Coldiretti, occorre «fermare le importazioni di riso asiatico a dazio zero che stanno facendo concorrenza sleale alle produzioni naziona-li e comunitarie». Inoltre «deve scattare al più presto la clau-sola di salvaguardia prevista dall’Unione Europea relativa alle importazioni di riso origi-nario dalla Cambogia e dalla Birmania». Quello che vuole ottenere la Confederazione gialla «è fermare la possibili-tà di esportare verso l’Unione Europea quantitativi illimitati di riso a dazio zero da questi Paesi, perché la crisi dei prez-zi mette a rischio la soprav-vivenza e il futuro dell’intera filiera risicola europea. Un passo importante ed urgente nei confronti dell’invasione da Paesi come la Cambogia e la Birmania», spiega palazzo Ro-spigliosi, «da dove sono tripli-cate nell’ultimo anno le impor-tazioni in Italia di riso greggio, raccolto anche sui campi della minoranza Rohingya costret-ta a fuggire, a causa della vio-lenta repressione».

Superfi ci in calo, ma maggior equilibrio della produzione con vantaggi sul rapporto domanda offerta. È il quadro del mondo del risicolo tracciato per ItaliaOggi da Paolo Carrà, presidente di Ente Nazionale Risi. «La campagna appena conclusa ha segnato un calo di 10 mila ettari di superfi ci ri-spetto ai 229 mila ettari dello scorso anno. Un trend questo che caratterizza l’ultimo periodo tanto che quattro anni fa erano stati seminati a riso 247 mila ettari», commenta Carrà. «Tutta-via, in questa rescissione di superfi ci abbiamo assistito ad un miglior equilibrio delle varietà; si è scelto in modo più oculato. È stato registrato un calo dei tondi, per un aumento del riso Indica e una diminuzione delle varietà da risotto. Questo ha portato a un maggior equilibrio tra domanda e offerta». Ad una scelta più consapevole delle semine si è aggiunto anche il caldo, che ha portato ad una minor produzione. «Ad una prima analisi, in questa campagna abbiamo una produzione più bassa di quella dello scorso anno a causa dell’andamento cli-matico, specie in estate e poi a settembre, che ha favorito l’insorgere di alcune malattie e abbassato le rese alla trasformazione». Dati che, tuttavia, non scalzano l’Italia dalla leadership della produzione in Europa: è italiano il 52.2% del riso eu-ropeo. In fatto di esportazioni «si è avuto un -30% dell’exprt e un aumento delle importazioni del 20%», chiosa Carrà. E a proposito di import, resta aperto il fronte delle importazioni di riso dai Pae-si meno avanzati (Pma). «Siamo in attesa della decisione della Commissio-ne europea sulla richiesta di clausola di salvaguardia. Se dovesse essere concessa sa-rebbe un unicum in ambiti Spg (Sistemi di preferenze generalizzate)». Sarebbe la prima volta».

Carrà: nel 2018 un raccoltomeno ricco e più equilibrato

Il riso resta protagonista anche al cinema. Sono due le pellicole più famose che hanno per trama la dura vita delle mondine nelle risaie del Nord Italia, Riso Amaro (1949) di Giuseppe De Santis e La Risaia (1956) di Raffaello Mata-razzo. Due fi lm che testimoniano in presa diretta un mondo con la presenza umana dentro la risaia per la monda o il trapianto, oggi soppiantato dalla tecnologia. A parlare di riso e di attività agricola c’è poi Corto e Fieno, la rassegna di cinema rurale che si tiene sul lago d’Orta, nei comuni di Omegna e Miasino, giunta quest’anno alla nona edizione. Si tratta di un festival dedicato ai cortometraggi, con produzio-ni da ogni parte del mondo; le proiezioni si tengono anche all’interno di un caseifi cio (Caseifi cio Baragiooj) e dentro una stalla. Due le sezioni per conquistare il «ruralés» del Festival, il Frutteto, per cortometraggi internazionali, e Germogli, la selezione dedicata ai più piccoli. Nato nel 2010 da un’idea dell’Associazione Culturale Asilo Bianco, Corto e Fieno è cu-rato da Paola Fornara e Davide Vanotti.

Da Riso Amaro al festivalsul lago del cinema rurale Per l’Unione europea le varietà ottenute at-

traverso mutagenesi, come il riso Clearfi eld di Basf per combattere il riso crodo, o riso rosso, un infestante delle risaie, sono da considerar-si Ogm. Una sentenza del luglio scorso della Corte di Giustizia europea, infatti sostie-ne che, «gli organismi ottenuti mediante mu-tagenesi costituiscono Ogm e, in linea di principio, sono soggetti agli obblighi previsti dalla di-rettiva sugli Ogm. Tuttavia, gli organismi ottenuti attraverso tecniche di mutagenesi utilizzate convenzionalmente in varie appli-cazioni con una lunga tradizione di sicurezza sono esentati da tali obblighi, fermo restando che gli Stati membri sono liberi di as-soggettarli, nel rispetto del diritto dell’Unione, agli obblighi previsti dalla direttiva o ad altri obblighi». A settembre la Basf ha tuttavia precisato, an-che in seguito ad alcune polemiche sollevate nel consiglio regionale del Piemonte, che «le varietà e gli ibridi di riso a marchio Clearfi eld sono stati ottenuti mediante metodi di mutagenesi convenzionale e non sono quindi soggetti alla direttiva Ue sugli Ogm, non facendone parte». Anche il presidente di Ente Nazionale Risi, Paolo Carrà, evidenzia la diversità: «Non è una tecnologia Ogm. Si tratta di una opportunità importante, ma da utilizzare in modo corret-to. C’è un protocollo cui attenersi, va seguito», dice. Carrà sottolinea come «il problema delle resistenze esiste su tantissime infestanti e deve essere trovata una soluzione da quando la Ue

ha vietato alcuni vecchi principi attivi. I nuovi determinano resistenza». Il riso Clearfi eld ha trovato spazio in Italia specialmente in quelle varietà destinate alle esportazioni, come l’In-dica. «Siamo ben lontani dal discorso Ogm, ci sentiamo tranquilli. Oggi in Italia l’80% del riso Indica viene prodotto con ibridi Clearfi eld,

mentre solo una piccola parte sono impiegati per i «tondi» e nulla per le varietà da risotto», commenta Giovanni Daghetta, risicoltore pavese. La ricerca ha visto nel 2003 la colla-borazione tra Ente Nazionale Risi e Basf per eseguire alcune prove di valutazione in campo della varietà CL161 cui seguì l’avvio dell’iter di iscrizione di questa varietà al Registro Nazio-nale con la denominazione Libero, permetten-do dal 2006 la coltivazione in Italia di varietà tolleranti agli imidazolinoni. L’impiego di riso Libero consente così l’utilizzo in campo di un erbicida la cui prerogativa è proprio quella di colpire in modo selettivo il «riso rosso» senza conseguenze per la coltura.

Dalla biologia molecolare al riso mutante

Paolo Carrà

ropeo, con 1,5 te prodotte nel Saviolo della ri-

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mercato interno (come Via-lone Nano e Carnaroli) sonoarrivati a 50 euro contro i 35dello scorso anno.

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Tempi duri per il riso europeo. La cre-scita esponenziale delle importazioni a dazio zero di prodotti provenienti dal Sud est asiatico (ultimo paese ad

aggiungersi all’elenco, pochi giorni fa, il Vie-tnam) non facilita certo le produzioni locali. E se è vero che l’Italia è di gran lunga la maggiore produttrice di riso nel continente (raggiunge da sola quasi il 50% della pro-duzione europea), è facile capire perché è anche il paese che risente maggiormente di questa situazione. «Ma non fasciamoci la te-sta», tranquillizza Dario Scotti, presidente e amministratore delegato di Riso Scotti Spa e quinta generazione alla guida dell’azienda di famiglia nata nel 1860. «La risicoltura eu-ropea e italiana non ha davanti a sé un futuro già definito e, anche se ad oggi non ci sono le clausole di salvaguardia che ci aspettiamo, il tema è al centro di ogni discussione. Nei prossimi mesi mi aspetto che si vari qualche azione protezionistica».Le aziende però non possono aspettare. Qual è la strada tracciata da Riso Scotti per difen-dere e valorizzare il riso italiano?«Per un’azienda come la nostra, ma credo per tutte, il futuro consiste nel darsi un ruolo, una caratterizzazione. Il segreto è vendere i pro-pri prodotti, e non quelli del mercato, prodotti con un know-how, un valore aggiunto. Noi in Italia, per esempio, ci caratterizziamo per aver riaffermato la cultura dei varietali, portando i consumatori alla riscoperta delle caratteristi-che diverse di ogni qualità e dunque dei suoi differenti utilizzi in cucina. Parlo dell’Arborio e del Carnaroli, ma anche del Vialone, del Roma, dell’Originario…».E all’estero?«All’estero esportiamo in 85 paesi, puntando in particolare alle varietà di riso per risotti, come l’Arborio o il Carnaroli, che, per clima, terreno e tradizioni, crescono solo da noi. In questo modo ci presentiamo legando in modo forte il prodotto alla cultura dell’italian food che ha grande appeal in tutto il mondo».Rispetto alla pasta, che è associata da tutti alla tradizione gastronomica italiana, che re-azione incontra il riso italiano all’estero?«Esportare pasta è più semplice perché ci si presenta subito con la carta d’identità della tradizione gastronomica italiana, anche se magari la materia prima di quella pasta vie-ne dall’estero. Con il riso esportiamo un vero prodotto made in Italy, cresciuto qui dal primo istante alla fine, e che si presenta come parte della ricchissima cultura alimentare italiana attraverso un piatto tipico come il risotto. È un percorso lungo, basti dire che, anche all’inter-no dei confini italiani, non è molto tempo che il risotto ha superato i confini del Nord Italia per entrare nelle abitudini di tutte le altre regio-ni. All’estero stiamo creando un’esportazione che non esisteva, per ora siamo ancora in una nicchia e, a parte in paesi geograficamente molto vicini ai confini italiani, come Albania o

Croazia, dove la distribuzione dei nostri pro-dotti è capillare, i nostri interlocutori sono in prima battuta i ristoratori italiani. L’obiettivo è quello di portare il riso per risotti nella grande distribuzione, ma già oggi andare a Nuova Del-hi e sapere di poter mangiare al ristorante un risotto con riso italiano lo considero un buon successo».Oggi Riso Scotti raccoglie anche i frutti di un’intuizione nata in anticipo sui tempi, quella di trasformare un’antica e semplice commodity come il riso in un ingrediente di-versificato presente in molte categorie mer-ceologiche dell’alimentare«In Scotti siamo stati i primi a utilizzare il riso per creare le gallette, l’olio, il latte, la pasta, i crackers... Non si è trattato solo di una brand extension, abbiamo capito le potenzialità del-la materia prima e anticipato alcuni trend nell’alimentazione. Con queste linee abbiamo potuto proporre sul mercato prodotti con po-co o senza glutine, con poco o senza lattosio, una richiesta che è cresciuta molto negli anni, tanto che per noi oggi in Italia questi prodotti pareggiano in volumi il riso classico». In azienda è già presente la sesta genera-

zione della famiglia Scotti. L’espansione dell’azienda passerà anche dai nuovi progetti che sapranno realizzare?«Due delle mie tre figlie, Valentina e France-sca, sono già inserite all’interno di aziende del gruppo con progetti innovativi e che sentono molto loro, come nuovi format di ristorazione e punti vendita di prodotti bio vocati al be-nessere. Per me questo è importante, perché considero la famiglia al servizio dell’azienda, e non viceversa. Riso Scotti ha più di 150 anni di storia, sta attraversando tre secoli, e non può essere considerata patrimonio mio e della mia famiglia, ma piuttosto di tutti quelli che ci lavorano e vi hanno lavorato, oltre che un tempio del sistema agricolo e dell’industria alimentare italiana».

Tutti i dati e le informazioni contenuti nel presente focus sono stati forniti da Riso Scotti Spa, che ne garantisce la correttezza e veridicità, a soli fini informativi

Varietali, retail e nuovi prodotti, così Riso Scotti valorizza la risicoltura nazionale

Riso italiano, più che una semplice commodity

In alto, Dario Scotti, presidente e a.d. di Riso Scotti. Qui sopra, da sinistra, l’arrivo del risone in azienda e la linea di confezionamento.

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LACITTA’ELAPOLITICA

LOAVEVA annunciato il sitoWi-nenews.it, che sull’argomento Bru-nello è il più informato. A novem-bre si apre un nuovo capitolo dellastoria della Tenuta il Greppo diBiondi Santi, là dove il Brunello diMontalcino è nato ed è stato codifi-cato il suo disciplinare. Con unanota il gruppo Epi, della famigliafrancese Descours che, nel 2017,ha rilevato la cantina, celebrandole nozze tra champagne e Brunel-lo, conferma i rumors e annunciala scelta diGiampieroBertolini co-

me nuovo amministratore delega-to. Ad assicurare la continuità del-la famiglia Biondi Santi nell’azien-da sarà Tancredi, figlio di Jacopo enipote del mitico Franco BiondiSanti, inflessibile custode dell’inte-grità del Brunello.«Epi è lieta di annunciare l’arrivodi Giampiero Bertolini in qualitàdi amministratore generale diBiondi Santi, una delle più presti-giose aziende viticole italiane chevanta, tra le altre cose, l’invenzio-ne del Brunello di Montalcino.Questa nomina - è scritto nella no-ta - segna l’inizio di un nuovo capi-tolo e sottolinea il desiderio di Epidi potenziare Biondi Santi a livellointernazionale.A fianco della fami-glia fondatrice Giampiero Bertoli-ni avrà la missione di elaborareuna strategia coerente al fine di ac-celerare lo sviluppo dell’azienda,pur preservando la sua unicità, lasua capacità di innovazione e l’ec-cellenza dei suoi vini». GiampieroBertolini, è stato direttore delmar-keting edelle vendite a livellomon-diale della Marchesi Frescobaldi.

PASSAGGIO importante oggiper gli assetti istituzionali ma an-che per il quadro politico senese.I 449 tra sindaci e consiglieri co-munali sono chiamati a eleggere

il presidente della Provincia, nonpiù sottoposto al vaglio popolaredalla riforma Delrio che avrebbedovuto portare all’abolizionedell’ente, poi rimasta ametà dopo

la bocciatura del referendum co-stituzionale. Si voterà fino alle 23,poi si saprà chi avrà prevalso tra ilsindaco di Montalcino SilvioFranceschelli, su cui i vertici Pdhanno trovato la convergenza, e ilprimo cittadino di Siena LuigiDeMossi, che punta a rappresen-tare le istanze civiche e di centro-destra. Il primo parte favorito,manon tutto è così granitico dalleparti del centrosinistra. Come di-mostra la nota dell’associazioneConfronti diffusa ieri, nella qualesi chiede a Franceschelli «se elet-to, di assumersi l’impegno a rimet-tere il mandato a disposizione delcorpo elettorale al fine di «forza-re» l’approvazionedi unanormati-va che riconsegni all’ente pienadi-gnità politica e istituzionale».Una posizione simile a quella giàannunciata da De Mossi, che purcandidandosi ha sollevato molteperplessità sulla norma che limita-va a sei i possibili candidati, per-ché dai 29 Comuni in scadenza inprimavera non potevano essereespresso il candidato. Il risultatodi questa sera avrà una valenzanon solo di rilevanza istituziona-le, perché la Provincia ha comun-que ancora le importanti compe-

tenze su scuola e strade,ma anchepolitica. Una vittoria di DeMossiavrebbe l’effetto di unnuovo scos-sone, dopo quello del 24 giugnoscorso. Con la prospettiva degliappuntamenti di primavera, am-ministrative ed europee.

SUL FRONTE del centrodestrala Lega, dopo il cambio al verticeregionale, si riorganizza sul terri-torio. La nuova guida Susanna

Ceccardi ha indicato per SienaTi-ziana Nisini. Residente a San Gi-mignano, 43 anni, è senatrice e as-sessore alla casa al Comune diArezzo. Già presente più volte incittà anche nella campagna eletto-rale per le comunali, prende ora ilposto diMarcoLandi, che era sta-to nominato commissario da Ma-nuelVescovi all’indomani dell’az-zeramento dei vertici senese cheavevano tentato la fuga in avanticonunapropria candidatura in so-litario.

Orlando Pacchiani

LEGATiziana Nisini, senatoree nuovo responsabile di Siena

LA POLEMICAL’AssociazioneConfrontichiederà al nuovo presidentedi dimettersi dopo l’elezione

Provincia, Pd al voto tra le faideLa senatriceNisini guida laLegaI 449 sindaci e consiglieri scelgono traFranceschelli eDeMossi

NOMINEDAFRESCOBALDIALLACULLADEL BRUNELLO

Biondi Santi cambia l’adEpi punta suBertolini

BRUNELLO Jacopo Biondi Santi

•• 10 CRONACASIENA MERCOLEDÌ 31 OTTOBRE 2018

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33MERCOLEDÌ31 OTTOBRE 2018

Div no sapore La religione del brindisi a convegno

TOKYOREDUCE dagli eventi di ottobre negliStates il Consorzio Tutela Lugana Docvola dall’altra parte del globo peraffrontare una nuova sfida: il Giappone.Paese di recente tradizione enologica,negli ultimi anni ha sviluppato grandevivacità e curiosità soprattutto neiconfronti di nuove denominazioni.«Nutriamo grandi aspettative sul mercatonipponico – spiega Luca Formentini,presidente del Consorzio di Tutela – Igiapponesi hanno tutte le caratteristicheper essere il nostro consumatore ideale».

Già sulle tavole degli italianiil primo assaggio della vendemmia 2018Ideale da sorseggiare con le caldarroste

È tempo di NovelloÈ tempo di NovelloLetiziaGamberiniBOLOGNA

ALZILAMANOchi, sesiparlad’au-tunno, non pensa al fermento incantina. E nella stagione del ribol-lir de’ tini e dell’aspro odor de i vini,

il primo vero brindisi all’annata si fa colnovello.Ormai,dunque, è iniziata la festa,cometestimonia il fioriredieventidedica-ti al vinonuovo in tutta Italia.Sicuramen-tec’èattesa inFrancia,per l’arrivodel ‘fra-tello’ maggiore Beaujolais nouveau, dauve gamay. In Italia, invece, per il novellosi usano diversi vitigni a bacca rossa, main ogni caso nel bicchiere c’è da aspettarsiun inno ai vivaci colori e profumi autun-nali.

«E’UNVINO che viene dalla tradizione –spiegailpresidentedell’AisAntonelloMa-ietta– chehacomecaratteristiche la vino-sità, la morbidezza e l’esuberanza: l’abbi-namento classico è con le caldarroste.

Non ha le prerogative delle tipologie piùstrutturate,ma avvicina lepersone al vinocon la sua piacevolezza. A volte perun’azienda è l’occasione di concretizzaresubito il risultato della vendemmia». No-nostante il nome brioso e le caratteristi-

chebeverine, ilNovelloè figliodiuna tec-nica complessa (e costosa), lamacerazionecarbonica. I grappoli interi vengonochiu-si in contenitori ermetici pieni di anidri-de carbonica: inquesto ambiente privo diossigenosiavviaunafermentazione intra-cellulareesi sprigionano iprofumi. I tem-pisonorapidi (sivadai7ai20giorni), tan-te le regole.Lanormativa in vigorepreve-

de l’immissione in commercio dopo lamezzanotte del 30 ottobre, fino al 31 di-cembredell’annodella vendemmia. I vinidevonoessereDocoIgt,vistochevaripor-tata l’annata. «Il record di produzione èstato nel 2005, con 18milioni di bottiglie– continuaMaietta –. Sembravache si po-tessero raggiungere i 20 milioni, ma inrealtà già dall’anno successivo iniziò unlento declino. Nel 2017 furono prodottemenodi2milionidibottigliee lasituazio-ne non si preannuncia migliore per il2018. Eppure le aspettative erano elevate,sepensiamochelaprimaaziendasulmer-cato fu Gaja nel 1975 con il ‘Vinot’, ogginonpiù prodotto».Nello stesso anno, in Toscana, debuttò il‘San Giocondo’, di cui oggi vengono pro-dotte 55mila bottiglie dall’azienda SantaCristina (inprovinciadiArezzo). «Inque-gli anni – spiega il direttore marketingSanta Cristina, Enrico Chiavacci –, stava-no nascendo nuove tendenze da parte deiconsumatori. In Francia per il Beaujolaisc’era una vera festa. In Italia ogni aziendaha cercato una sua interpretazione con gliuvaggi rappresentativi del territorio: noiusiamo le uve tipiche toscane a bacca ros-sa, per avere vini con bei riflessi violacei.IlNovello è stato un vino importante, poil’attenzioneèunpo’ scemata ed è cambia-to anche l’atteggiamento delle aziende».

ALTREAZIENDEnonrinuncianodamol-to tempoaquesta tipologia.AdesempioleCantine di Castignano, in provincia diAscoliPiceno.«Supportiamomolto il ‘Ga-io Rosso’ – spiegano dall’azienda –, di cuiabbiamo giàmolte prenotazioni dall’este-ro, soprattutto dal Nord Europa. La baseè Merlot e produciamo circa 5mila botti-glie». A Imola (Bologna), i Poderi delleRocchecommercializzanodaanni il ‘Vol-pino Rosso’, blend di Ciliegiolo,Merlot eSangiovese. «Siamo rimasti in pochi –spiegaEttoreTamburini–,macontinuia-mo a produrne 7/8mila bottiglie perchéda noi c’è la corsa ad assaggiarlo: è untrionfo di profumi di gioventù e sottobo-sco».

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PEPPONEEDONCAMILLOBRINDAVANOAFORTANA

ERANO i primissimi anni ’50quandouna troupeinvadevaBrescello eBoretto, in provincia diReggioEmilia, per girareDonCamillo, una

fortunatapellicola italo-francese ispirataalle storie,scritte sul finire degli anni ’40, dal giornalista escrittoreGiovanninoGuareschi (1908-1968). Vicendepost bellichedi unpiccolopaesedella Bassaedisputebonarie fraDonCamillo, parroco energico e risoluto,interpretatodaFernandel, eGiuseppeBottazzi, dettoPeppone, sindacodel paese, prestatoal volto diGinoCervi. Storie di vita quotidianadi un Italia inginocchio, che si rialzavadal Secondo conflitto, dovele contrapposte ideologie, qualchevolta venivanomessedaparte, per finire tutti a tavola conquel pocoche c’era. Lo scrittoreamava i semplici e convivialivini di casa sua, «…sia nel Lambrusco comenelTrebbiano, lemigliori idee si trovanonel fondo…», –diceva – ed era statoanche viticoltore, producendonel poderedi SanSecondo15.000 bottiglie diFortanella eLambrusco (di cui disegnava l’etichetta),cheveniva vendutonel suo ristorante. Rispettava ivini piemontesi «…èBarbera stravecchiad’annata enonpuò essere bevuta in bicchieri di carta!», e nondisdegnava ilMoscato, a cui dabambino, avevadedicatounapoesia,ma inetàmatura bevevavolentieri Bardolino eChiaretto, soprattutto nellatantoattesa tavoladomenicale, e gli piaceva ilSassella, cheaveva conosciutonei crotti diChiavenna, Livigno eSondrio.

NONERANOdameno,DonCamillo ePeppone, neiromanzi e nella finzione filmica, spesso ritratti intentia cercare refrigerio dal sole implacabile dellaBassa,conqualche buonbicchieredi Fortana,meglio seappena toltadal frescodel pozzo, insiemea salumicaserecci: «Per poter bere come si deve, non c’è nientedimeglio che far la puntaaunbuon salame chemetteaddossounasete tremenda» (nella raccolta diracconti TuttoDonCamillo). Si raccontadi qualchescaramuccia sul set, oltre chenei film, tra i dueprotagonisti,machepoi svanivaa tavola conunpiatto di spaghetti (ma in realtà eranobigoli) elambrusco.Oppurepoteva essereAlbana, «con cuicapitalisti, proletari, clericali,militari, intellettuali –affermava–dimenticano tutto»,maancheTrebbiano,da sposare agli immancabili anolini in brodoealbollito dimanzo, o ancora laMalvasiadolce, il Rosèinvecchiato, il Porto, dabersi con la spongata, iltradizionaledolce locale.

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VERONA

«L’APPROVAZIONE del Testo Unico hagettato le basi per una normativa snella e hadotato il comparto vitivinicolo italiano di unostrumento indispensabile, garantendo qualitàe trasparenza per il consumatore e vantaggioper le imprese italiane». Con queste paroleErnesto Abbona (nella foto a destra),presidente di Unione Italiana Vini, ha aperto ilavori del convegno dal titolo: ‘Le normevitivinicole alla prova dei fatti: attuazione delTesto Unico del Vino e novità legislative Ue’,che si è tenuto a Verona.

«TestoUnicoUe,unagaranziadi qualità e trasparenza»

Il LuganaDoc vola inGiappone«È il nostromercato ideale»

Il vino nelle religioni nello scenario della Chiesadi San Francesco della Vigna a Venezia. Voluto daifrati-vignerons, un convegno degustazionemetterà a confronto relatori internazionali il 17novembre

LE REGOLEProdotto con vini Doc o Igtdeve essere venduto entro la finedell’annodella vendemmia

Calici& calici

di LUCABONACINI

Per informazioni e segnalazioni scrivere a [email protected]

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Page 8: DTl AO?HC=AC?;K;THKTDC` THHOQCAAKOl … · Mercoledì 31 Ottobre 2018 23 Bologna 7.11 novembre 2018 IL PRIMO GIORNALE DEGLI IMPRENDITORI, DEGLI OPERATORI E DEI PROFESSIONISTI DELLA

luca serranò

Danni e disagi sulla costa e in montagna, in città come in pro-vincia. Dopo la tempesta che lu-nedì scorso si è abbattuta su tut-ta la regione, con pioggia batten-te e raffiche di vento che hanno superato i 100 chilometri orari, il governatore Enrico Rossi ha fir-mato lo stato di emergenza. La decisione è maturata dopo una prima analisi della situazione, ma sarà una delibera della giunta a individuare nel dettaglio i Co-muni colpiti e le iniziative da prendere. I vigili del fuoco resta-no intanto impegnati sulle centi-naia di richieste di intervento an-cora da “smaltire”, il più delle vol-te per alberi e rami pericolanti o per verifiche sulla stabilità delle strutture; anche per questo moti-vo la protezione civile ha attivato la colonna mobile regionale, al la-voro con una ventina di squadre del volontariato proprio in sup-porto ai pompieri. In particolare, spiega la protezione civile, i vo-lontari si sono rivelati fondamen-tali nei territori di Massa, Livorno e Grosseto dove sono concentra-te la maggior parte delle segnala-zioni. Le difficoltà più forti sulle isole, dove almeno sono ripresi i collegamenti: a Marina di Cam-po, all’Isola d’Elba, la mareggiata

ha distrutto per 30 metri parte della diga e c’è stato un cedimen-to di circa 30 centimetri del molo grande. In tutta l’Elba e anche a Capraia restano problemi diffusi lungo gli arenili e per tutta la co-sta con danni a spiagge, stabili-menti e infrastrutture. Nel com-plesso in tutta la regione non si contano le richieste di aiuto per alberi crollati, su auto parcheg-giate o in mezzo alla strada. E pro-prio le cadute di alberi sono tra le cause dei guasti che in più provin-ce hanno coinvolto il servizio elettrico: alle 15 di ieri, spiega Enel, in Toscana si contavano an-cora 8.000 persone al “buio”, in particolare nelle province di Mas-sa Carrara, Siena, Grosseto e Fi-renze. Cinquecento gli uomini messi in campo dall’azienda. Il maltempo non ha di certo rispar-miato neanche Firenze, con alla-gamenti, auto danneggiate e una ventina di alberi crollati. “Abbia-mo assistito all’ennesimo tempo-rale violento, quasi tropicale- commenta l’assessore ad ambien-te e protezione civile Alessia Bet-tini- un fatto anomalo fino a po-chi anni fa ma che nel futuro prossimo sarà sempre più fre-quente. I danni sarebbero potuti essere ben più gravi se in questi anni non avessimo fatto una co-stante politica di prevenzione e riduzione del rischio. Ringrazio il personale di protezione civile, polizia municipale, vigili del fuo-co e direzione ambiente nonché il centinaio di volontari che non si sono risparmiati”.

Maurizio Bologni

Qualità ottima. E quantità superio-re all’anno scorso, ma sempre sot-to gli standard produttivi regiona-li e largamente inferiore al fabbiso-gno dei consumatori toscani. È l’i-dentikit della produzione 2018 di olio extravergine d’oliva, quando la raccolta ha superato la metà dei quantitativi totali e prima dell’on-data di maltempo di questi giorni. Quanti danni abbiano provocato vento e pioggia è tutto da stimare. «Sicuramente c’è stata cascola di olive, speriamo solo di quelle me-no sane ma non si segnalano dan-ni strutturali alle piante», dice Fa-brizio Filippi, presidente sia del Consorzio olio Igp che della Coldi-retti regionale. «Al momento quel-la delle olive è l’unica produzione messa a rischio dal maltempo di questi giorni perché sugli alberi c’era ancora un 40% da raccoglie-re», sostiene Paolo Rossi, direttore Confagricoltura Livorno e Grosse-to, associazione che valuta alme-no 5 milioni di euro i danni totali all’agricoltura toscana. «Di molti frutti caduti e raccolta compro-messa» parla Coldiretti Siena.

Peccato. Perché dopo i frettolo-si allarmi d’inizio settembre, fortu-natamente il quadro era molto mi-gliorato. «Stando alle comunica-zioni informatiche — spiega Filip-pi, presidente di Coldiretti Tosca-na e del Consorzio olio Igp — rite-niamo che sia stato già raccolto ol-tre il 50% delle olive. Stimiamo una produzione annuale di olio ex-travergine d’oliva di 150mila quin-

tali contro i 130mila dell’anno scor-so, ma ancora assai inferiore allo standard regionale che si aggira in-torno ai 200mila quintali. Un obiettivo che non viene raggiunto anche per l’allarmante progressi-vo abbandono delle colture causa scarsa redditività: i coltivatori che conferiscono ai grandi frantoi rica-vano 10 euro al chilo per una pro-duzione che a loro è costata 9 euro al chilo, solo chi vende al dettaglio cerca di spuntare margini legger-

mente migliori». Soprattutto, però, la quantità

della produzione toscana è lonta-na dalle necessità della regione, che esporta il 60% della suo Igp — che rappresenta una parte del 150mila quintali prodotti — e con-suma extravergine addirittura per 400mila quintali. Inevitabile, quin-di un’importazione da fuori regio-ne. E su questo fenomeno si inne-sta ora un problema d’annata: il crollo della produzione in alcune

regioni di riferimento per la Tosca-na. «A livello nazionale — sostiene Giorgio Franci, produttore di Mon-tenero d’Orcia, nel Grossetano — si stima un calo del 50% dei quantita-tivi rispetto al 2017 che peraltro fu anno record. Elevata la criticità in Puglia, regione che da sola produ-ce quasi la metà dei volumi italiani e che preventiva una perdita di cir-ca il 60% a causa delle gelate tardi-ve». Una situazione che espone i consumatori toscani alla contraf-fazione. «È un problema endemi-co, purtroppo succede che per ma-giche triangolazioni olio estero non di qualità divenga italiano — dice Fabrizi — Il rischio è alto, chie-diamo che l’importazione sia tra-sparente».

A fronte del calo della produzio-ne nazionale, e cercando di combi-nare trasparenza e mantenimento di buoni livelli di qualità, si muove Unicoop Firenze. «Raddoppiamo la promozione ai soci — dicono dal-la coop della grande distribuzione organizzata — A novembre sarà di-sponibile la dama da cinque litri di olio extra-vergine di oliva Coop, che consiste in una miscela di oli di oliva originari dell’Unione Euro-pea e in particolare dei Paesi più vi-cini a noi per cultura “mediterra-nea” come Spagna e Portogallo. A dicembre l’appuntamento è con la dama da 3 litri di olio extravergine di oliva Fior Fiore Coop, 100% ita-liano. Così vogliamo garantire a tutti i soci olio di qualità, nono-stante il minor raccolto di olive a cui stiamo assistendo in Italia».

La raccolta

Olio, ottimo ma non abbondante La quantità prodotta in Toscana è superiore a quella dello scorso anno ma insufficiente a soddisfare la domanda

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Le piogge di questi giorni hanno avuto effetti ancora impossibili da calcolare: sulle piante il 40% delle olive

Il maltempo

Ancora danni e disagiil governatore dichiaralo stato di emergenzaUna delibera di giuntaindividuerà le iniziative daprendere. La maggior partedei problemi causatidagli alberi caduti

La raccolta e la spremitura hanno superato la metà dei quantitativi totali dell’extravergine d’oliva in Toscana

IX

Mercoledì31 ottobre

2018

CRONACA


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