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E-book campione Liber Liber · 2018-12-12 · TITOLO: Utopia. Secondo Libro di quel parlamento che...

Date post: 10-May-2020
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Thomas More Utopia Secondo Libro di quel parlamento che fece Rafaello Hytlodeo de l'ottimo stato de la republica Utopiense, per Tomaso Moro, cittadino e visconte di Londra www.liberliber.it Thomas More Utopia Secondo Libro di quel parlamento che fece Rafaello Hytlodeo de l'ottimo stato de la republica Utopiense, per Tomaso Moro, cittadino e visconte di Londra www.liberliber.it
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Thomas MoreUtopia

Secondo Libro di quel parlamento chefece Rafaello Hytlodeo de l'ottimo statode la republica Utopiense, per Tomaso

Moro, cittadino e visconte di Londra

www.liberliber.it

Thomas MoreUtopia

Secondo Libro di quel parlamento chefece Rafaello Hytlodeo de l'ottimo statode la republica Utopiense, per Tomaso

Moro, cittadino e visconte di Londra

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Questo e-book è stato realizzato anche grazie al so-stegno di:

E-textWeb design, Editoria, Multimedia

(pubblica il tuo libro, o crea il tuo sito con E-text!)www.e-text.it

QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Utopia. Secondo Libro di quel parlamento chefece Rafaello Hytlodeo de l'ottimo stato de la repu-blica Utopiense, per Tomaso Moro, cittadino e vi-sconte di LondraAUTORE: More, Thomas <1478 - 1535>TRADUTTORE: Lando, OrtensioCURATORE: Firpo, LuigiNOTE: Questo classico del pensiero politico, il cuinome è entrato nel linguaggio comune a designareprogetti belli ma irrealizzabili, fu composto in la-tino e pubblicato nel 1516 con il titolo "Libellusvere aureus nec minus salutaris quam festivus de op-timo reipublicae statu deque nova insula Utopia".L'opera comprende due libri: il secondo, dedicatoalla presentazione dei costumi e degli ordinamentidell'isola di Utopia, fu composto per primo,nell'estate del 1515. L'opera venne completatal'anno successivo con la premessa, a mo' di introdu-zione, di un "libro primo" in cui si descrive la si-tuazione politico-sociale dell'Inghilterra del tem-po. La presente edizione elettronica riproduce laprima traduzione italiana del secondo libro, operadi Ortensio Lando, pubblicata a Venezia nel 1548 daAnton Francesco Doni.CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

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Questo e-book è stato realizzato anche grazie al so-stegno di:

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Utopia. Secondo Libro di quel parlamento chefece Rafaello Hytlodeo de l'ottimo stato de la repu-blica Utopiense, per Tomaso Moro, cittadino e vi-sconte di LondraAUTORE: More, Thomas <1478 - 1535>TRADUTTORE: Lando, OrtensioCURATORE: Firpo, LuigiNOTE: Questo classico del pensiero politico, il cuinome è entrato nel linguaggio comune a designareprogetti belli ma irrealizzabili, fu composto in la-tino e pubblicato nel 1516 con il titolo "Libellusvere aureus nec minus salutaris quam festivus de op-timo reipublicae statu deque nova insula Utopia".L'opera comprende due libri: il secondo, dedicatoalla presentazione dei costumi e degli ordinamentidell'isola di Utopia, fu composto per primo,nell'estate del 1515. L'opera venne completatal'anno successivo con la premessa, a mo' di introdu-zione, di un "libro primo" in cui si descrive la si-tuazione politico-sociale dell'Inghilterra del tem-po. La presente edizione elettronica riproduce laprima traduzione italiana del secondo libro, operadi Ortensio Lando, pubblicata a Venezia nel 1548 daAnton Francesco Doni.CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

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DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: Utopia / Thomas More ; a cura di LuigiFirpo. - Torino : UTET, [1971]. - 189 p., [11] p. ditav., [1] c. di tav. ripiegata : ill. ; 25 cm. -Nell'occhietto: Strenna UTET 1971.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 8 ottobre 2005

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:PHI019000 FILOSOFIA / Politica

DIGITALIZZAZIONE:Ferdinando Chiodo, [email protected]

REVISIONE:Alex (5630), [email protected]

IMPAGINAZIONE:Claudio Paganelli, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Claudio Paganelli, [email protected]

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DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: Utopia / Thomas More ; a cura di LuigiFirpo. - Torino : UTET, [1971]. - 189 p., [11] p. ditav., [1] c. di tav. ripiegata : ill. ; 25 cm. -Nell'occhietto: Strenna UTET 1971.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 8 ottobre 2005

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:PHI019000 FILOSOFIA / Politica

DIGITALIZZAZIONE:Ferdinando Chiodo, [email protected]

REVISIONE:Alex (5630), [email protected]

IMPAGINAZIONE:Claudio Paganelli, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Claudio Paganelli, [email protected]

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Liber Liber

Se questo libro ti è piaciuto, aiutaci a realizzarne altri.Fai una donazione: www.liberliber.it/online/aiuta.Scopri sul sito Internet di Liber Liber ciò che stiamorealizzando: migliaia di ebook gratuiti in edizione inte-grale, audiolibri, brani musicali con licenza libera, videoe tanto altro: www.liberliber.it.

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4UTOPIA..........................................................................6

SECONDO LIBRO di quel parlamento che fece Ra-faello Hytlodeo de l'ottimo stato de la republica Uto-piense, per Tomaso Moro, cittadino e visconte diLondra.........................................................................7De le città, e specialmente di Amauroto...................11Dei magistrati...........................................................14Degli artefici.............................................................16Del comercio tra i cittadini.......................................22Pellegrinaggi degli Utopiensi...................................28Dei servi....................................................................49De la guerra..............................................................58De le religioni degli Utopiensi..................................68

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4UTOPIA..........................................................................6

SECONDO LIBRO di quel parlamento che fece Ra-faello Hytlodeo de l'ottimo stato de la republica Uto-piense, per Tomaso Moro, cittadino e visconte diLondra.........................................................................7De le città, e specialmente di Amauroto...................11Dei magistrati...........................................................14Degli artefici.............................................................16Del comercio tra i cittadini.......................................22Pellegrinaggi degli Utopiensi...................................28Dei servi....................................................................49De la guerra..............................................................58De le religioni degli Utopiensi..................................68

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UTOPIA

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SECONDO LIBROdi quel parlamento che fece Rafaello Hytlodeode l'ottimo stato de la republica Utopiense,per Tomaso Moro, cittadino e visconte di Londra.

La isola degli Utopii, larghissima, nel suo mezzosi stende dugentomila passi e per lungo tratto non sistringe molto, ma ver la fine d'amendue i capi si va ri-stringendo, i quai piegati in cerchio di cinquecentomilapassi, fanno l'isola in forma de la nuova luna. Questisuoi corni dal mare combattuti sono distanti uno dal'altro circa undeci miglia, e il mare, tra queste bracciadai venti difeso, fa come un piacevol lago e commo-do porto, di onde per suo bisogno manda le navi aglialtri paesi; la bocca da una parte con guadi e secche,da l'altra con aspri sassi, mette spavento a chi pensas-se d'entrarvi come nimico. Quasi nel mezzo di questospacio è un'alta rupe, la quale per ciò non è perico-losa, sopra la quale in una torre da loro fabricata ten-gono il presidio; molte altre rupi vi sono nascoste e pe-rigliose. Elli solamente hanno cognizione dei canali;indi aviene di raro che alcuno esterno, che non sia dauno di Utopia guidato, vi possi entrare, quando che elli afatica v'entrano senza pericolo, non si reggendo acerti segni posti nel lito, i quai essendo mossi dailuochi soliti, guiderebbono ogni grande armata nimicain precipizio. Da l'altra parte è un porto assai frequen-tato e, dove si scende, fortificato da la natura e con

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SECONDO LIBROdi quel parlamento che fece Rafaello Hytlodeode l'ottimo stato de la republica Utopiense,per Tomaso Moro, cittadino e visconte di Londra.

La isola degli Utopii, larghissima, nel suo mezzosi stende dugentomila passi e per lungo tratto non sistringe molto, ma ver la fine d'amendue i capi si va ri-stringendo, i quai piegati in cerchio di cinquecentomilapassi, fanno l'isola in forma de la nuova luna. Questisuoi corni dal mare combattuti sono distanti uno dal'altro circa undeci miglia, e il mare, tra queste bracciadai venti difeso, fa come un piacevol lago e commo-do porto, di onde per suo bisogno manda le navi aglialtri paesi; la bocca da una parte con guadi e secche,da l'altra con aspri sassi, mette spavento a chi pensas-se d'entrarvi come nimico. Quasi nel mezzo di questospacio è un'alta rupe, la quale per ciò non è perico-losa, sopra la quale in una torre da loro fabricata ten-gono il presidio; molte altre rupi vi sono nascoste e pe-rigliose. Elli solamente hanno cognizione dei canali;indi aviene di raro che alcuno esterno, che non sia dauno di Utopia guidato, vi possi entrare, quando che elli afatica v'entrano senza pericolo, non si reggendo acerti segni posti nel lito, i quai essendo mossi dailuochi soliti, guiderebbono ogni grande armata nimicain precipizio. Da l'altra parte è un porto assai frequen-tato e, dove si scende, fortificato da la natura e con

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arte in tal guida che pochi uomini lo possono difende-re da copioso esercito. Ma, come si nara, e anco laqualità del luoco ne da indizio, quella terra anticamen-te non era dal mare circondata; ma Utopo, che le die-de il nome, perché prima si nomava Abraxa, costui ri-dusse quella turba da una vita rozza e vilesca a questafoggia di vivere umano e civile, nel quale vinconoquasi tutte le generazioni degli uomini. Egli, preso inun tratto questo luogo, tagliò quindecimila passi di ter-reno, col quale era la Utopia continuata a terra ferma, ela fece isola. E avendo astretto a tal'opera non sola-mente gli uomini de l'isola, ma i soldati suoi ancora,con tanto numero de uomini in brevissimo tempo fornìtale impresa, lasciando stupiti i vicini popoli, i quai diquesto prima ridevano.

Sono ne l'isola cinquantaquatro città grandi emagnifiche, di medesima favella, istituti e leggi, e qua-si a l'istesso modo situate quanto il luoco ha permes-so; le più vicine sono scostate una da l'altra migliaventiquatro, ma niuna è tanto luntana da l'altra chenon vi possa andare un pedone in un giorno. Tre vecchicittadini e prudenti di ciascuna città ogni anno con-corrono in Amauroto, città la quale, per esser nelmezzo de l'isola e a tutti commoda, è tenuta la pren-cipale, e ivi trattano de le commune bisogne de l'iso-la. Ogni città non ha meno di ventimila passi de terrenod'ogni intorno, e alcune più, come sono più scostateuna da l'altra. Niuna città brama di ampliare i suoi con-fini, riputandosi più tosto lavoratori dei campi che ten-

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arte in tal guida che pochi uomini lo possono difende-re da copioso esercito. Ma, come si nara, e anco laqualità del luoco ne da indizio, quella terra anticamen-te non era dal mare circondata; ma Utopo, che le die-de il nome, perché prima si nomava Abraxa, costui ri-dusse quella turba da una vita rozza e vilesca a questafoggia di vivere umano e civile, nel quale vinconoquasi tutte le generazioni degli uomini. Egli, preso inun tratto questo luogo, tagliò quindecimila passi di ter-reno, col quale era la Utopia continuata a terra ferma, ela fece isola. E avendo astretto a tal'opera non sola-mente gli uomini de l'isola, ma i soldati suoi ancora,con tanto numero de uomini in brevissimo tempo fornìtale impresa, lasciando stupiti i vicini popoli, i quai diquesto prima ridevano.

Sono ne l'isola cinquantaquatro città grandi emagnifiche, di medesima favella, istituti e leggi, e qua-si a l'istesso modo situate quanto il luoco ha permes-so; le più vicine sono scostate una da l'altra migliaventiquatro, ma niuna è tanto luntana da l'altra chenon vi possa andare un pedone in un giorno. Tre vecchicittadini e prudenti di ciascuna città ogni anno con-corrono in Amauroto, città la quale, per esser nelmezzo de l'isola e a tutti commoda, è tenuta la pren-cipale, e ivi trattano de le commune bisogne de l'iso-la. Ogni città non ha meno di ventimila passi de terrenod'ogni intorno, e alcune più, come sono più scostateuna da l'altra. Niuna città brama di ampliare i suoi con-fini, riputandosi più tosto lavoratori dei campi che ten-

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gono, che patroni.Hanno per le ville acconciamente le case di ogni

instrumento vilesco fornite; in queste vanno ad abitarei cittadini a vicenda. Niuna famiglia rusticana ha menodi quaranta persone, eccetto due villani. A questi è pre-posto un padre e una madre di famiglia per età e co-stumi ragguardevoli, e ad ogni trenta famiglie dassiun capo. Tornano ne la città ogn'anno vinti di ciascunafamiglia, i quai sono stati in villa due anni. In luoco diquesti vengono altri vinti da la città, perché siano nele opere vilesche ammaestrati da quei che, per esservistati un anno, sono di tali opere più sperti, e chel'anno vegnente ammaestrino gli altri a fine che non sitruovino tutti del lavorare i campi ignoranti, laonde nelraccogliere la vettovaglia commettessino errore. Ben-ché questa foggia di rinuovare gli agricoltori sia solen-ne, acciò che niuno fusse astretto di continuare la vitarusticana più lungamente, nondimeno molti, delettan-dosi de l'agricoltura, impetravano di starvi più anni. Gliagricultori coltivano il terreno, nodriscono gli animali,apparecchiano le legne e le portano a la città per terrao per mare come viene loro più in acconcio, fanno na-scere con mirabile artificio un'infinità de polli, perché,senza far covar le galline, con un caldo proporzionatosanno farli venire in vita, e gli uomini li accompagna-no e governano. Nodriscono pochi cavalli e feroci, deiquali si servono solamente per le imprese che si fannoa cavallo, perché ogni fatica di coltivare e condure lecose loro fanno con opera dei buoi, i quai, benché siano

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gono, che patroni.Hanno per le ville acconciamente le case di ogni

instrumento vilesco fornite; in queste vanno ad abitarei cittadini a vicenda. Niuna famiglia rusticana ha menodi quaranta persone, eccetto due villani. A questi è pre-posto un padre e una madre di famiglia per età e co-stumi ragguardevoli, e ad ogni trenta famiglie dassiun capo. Tornano ne la città ogn'anno vinti di ciascunafamiglia, i quai sono stati in villa due anni. In luoco diquesti vengono altri vinti da la città, perché siano nele opere vilesche ammaestrati da quei che, per esservistati un anno, sono di tali opere più sperti, e chel'anno vegnente ammaestrino gli altri a fine che non sitruovino tutti del lavorare i campi ignoranti, laonde nelraccogliere la vettovaglia commettessino errore. Ben-ché questa foggia di rinuovare gli agricoltori sia solen-ne, acciò che niuno fusse astretto di continuare la vitarusticana più lungamente, nondimeno molti, delettan-dosi de l'agricoltura, impetravano di starvi più anni. Gliagricultori coltivano il terreno, nodriscono gli animali,apparecchiano le legne e le portano a la città per terrao per mare come viene loro più in acconcio, fanno na-scere con mirabile artificio un'infinità de polli, perché,senza far covar le galline, con un caldo proporzionatosanno farli venire in vita, e gli uomini li accompagna-no e governano. Nodriscono pochi cavalli e feroci, deiquali si servono solamente per le imprese che si fannoa cavallo, perché ogni fatica di coltivare e condure lecose loro fanno con opera dei buoi, i quai, benché siano

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più lenti che i cavalli, tuttavia sono a la fatica più pa-zienti e meno soggetti a le infermità, oltre che sonodi minor spesa e, quando più non vagliono a la fatica, sipossono mangiare. Usano di seminare solamente ilformento, bevono vino di uva, de pomi o de peri, ove-ro l'acqua pura, o pure la cuocciono con mèle o licori-zia, de la quale hanno copia. E quantunque sappianoquanta vettovaglia si consuma ne le città e nel contado,nondimeno seminano di più, per darne ai vicini. Ogniistromento ricchiesto a l'agricoltura si piglia de la cittàdai magistrati, senza costo alcuno; e molti concorronoogni mese in la città a le feste solenni. Quando è tempodi tagliar il formento, i preposti dei lavoratori avisono imagistrati quanto numero de cittadini si debba manda-re, e concorrendovi tutti a tempo, in un giorno sere-no quasi tagliano tutto il formento.

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più lenti che i cavalli, tuttavia sono a la fatica più pa-zienti e meno soggetti a le infermità, oltre che sonodi minor spesa e, quando più non vagliono a la fatica, sipossono mangiare. Usano di seminare solamente ilformento, bevono vino di uva, de pomi o de peri, ove-ro l'acqua pura, o pure la cuocciono con mèle o licori-zia, de la quale hanno copia. E quantunque sappianoquanta vettovaglia si consuma ne le città e nel contado,nondimeno seminano di più, per darne ai vicini. Ogniistromento ricchiesto a l'agricoltura si piglia de la cittàdai magistrati, senza costo alcuno; e molti concorronoogni mese in la città a le feste solenni. Quando è tempodi tagliar il formento, i preposti dei lavoratori avisono imagistrati quanto numero de cittadini si debba manda-re, e concorrendovi tutti a tempo, in un giorno sere-no quasi tagliano tutto il formento.

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De le città, e specialmente di Amauroto.

Chi ha veduto una di quelle città le ha vedutotutte, tanto sono un' a l'altra simile, ove la natura delluoco lo consente. Ne dipingerò adunque una, e benchénon importi descrivere più questa che quella, nondi-meno ragionerò di Amauroto, la più degna, la qua-le per avervi il senato è da tutte le altre onorata, eio ho di quella maggior cognizione, perché vi sonostato cerca anni cinque.

Amauroto è situata in una costa di monte,quasi quadrata, perché la sua larghezza cominciapoco di sotto da la cima del colle e per duemila passisi stende al fiume Anidro, lungo la ripa del quale al-quanto più si stende. Anidro fiume sorge da picciolfonte ottanta miglia sopra Amauroto, ma, dal concorsod'altri fiumi accresciuto, passa avanti Amauroto largocinquecento passi, e indi poi slargandosi a seicento,mette ne l'Oceano. In questo spacio di alquante mi-glia tra el mare e la città, l'acqua va e torna con mol-ta fretta ogni sei ore. Il mare, quando v'entra, occupail letto del fiume per trenta miglia e caccia indietrole acque di quello, e a le fiate le corrompe col salso.Ma tornando poi adietro, il fiume a l'usato corre condolci acque irenanti la città; e un ponte non di travi olegnami, ma di pietra egregiamente lavorata, serveper passare il fiume a quella parte che è più dal mareluntana, acciò che le navi possino passare inanti a

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De le città, e specialmente di Amauroto.

Chi ha veduto una di quelle città le ha vedutotutte, tanto sono un' a l'altra simile, ove la natura delluoco lo consente. Ne dipingerò adunque una, e benchénon importi descrivere più questa che quella, nondi-meno ragionerò di Amauroto, la più degna, la qua-le per avervi il senato è da tutte le altre onorata, eio ho di quella maggior cognizione, perché vi sonostato cerca anni cinque.

Amauroto è situata in una costa di monte,quasi quadrata, perché la sua larghezza cominciapoco di sotto da la cima del colle e per duemila passisi stende al fiume Anidro, lungo la ripa del quale al-quanto più si stende. Anidro fiume sorge da picciolfonte ottanta miglia sopra Amauroto, ma, dal concorsod'altri fiumi accresciuto, passa avanti Amauroto largocinquecento passi, e indi poi slargandosi a seicento,mette ne l'Oceano. In questo spacio di alquante mi-glia tra el mare e la città, l'acqua va e torna con mol-ta fretta ogni sei ore. Il mare, quando v'entra, occupail letto del fiume per trenta miglia e caccia indietrole acque di quello, e a le fiate le corrompe col salso.Ma tornando poi adietro, il fiume a l'usato corre condolci acque irenanti la città; e un ponte non di travi olegnami, ma di pietra egregiamente lavorata, serveper passare il fiume a quella parte che è più dal mareluntana, acciò che le navi possino passare inanti a

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quel luoco de la città senza pericolo. Hanno ancoraun altro fiume, non già grande, ma tranquillo e pia-cevole, il quale, sorgendo del monte ove la città è fa-bricata, passa per mezzo di quella e mette ne l'Anidro.Amaurotani hanno tolto dentro ne la città la fonte diquesto fiume, che non era molto luntana, e fortifica-tola, acciò che non potesseno i nimici divertirel'acqua o corromperla. Indi con canoni di pietra cottaderivano l'acqua a le più basse parti, e ove per il luo-co non si può condure l'acqua, fanno cisterne in lequai si raccoglie la pioggia, e ne pigliano i popoli ilmedesimo commodo. Il muro largo e alto cinge lacittà con torri e revelini; la fossa secca, ma larga eprofonda e con spine e siepi; da tre bande ha le mura,e da la quarta il fiume li serve per fossa; le piazze sonofatte acconciamente, e per condurvi le cose necessa-rie, e perché siano secure da' venti; gli edificii nonvili e tirati al dritto quanto è lungo ogni borgo, con lecase a rimpetto una de l'altra. Le fronti dei borghihanno tra loro una via larga venti piedi. Dietro lecase quanto è largo il borgo è l'orto largo e rinchiusoda le muraglie di dietro dei borghi; ogni casa ha laporta di dietro e davanti, la quale si apre agevolmen-te in due parti e si chiude da sé stessa; ognuno vi puòentrare; tanto hanno ogni lor cosa commune, che an-cora mutano le case ogni dieci anni. Fanno gran sti-ma degli orti, nei quali piantano viti, fruti, erbe efiori con grande ordine e vaghezza. Garreggiano i bor-ghi uno con l'altro di aver orti più belli, né hanno cosa

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quel luoco de la città senza pericolo. Hanno ancoraun altro fiume, non già grande, ma tranquillo e pia-cevole, il quale, sorgendo del monte ove la città è fa-bricata, passa per mezzo di quella e mette ne l'Anidro.Amaurotani hanno tolto dentro ne la città la fonte diquesto fiume, che non era molto luntana, e fortifica-tola, acciò che non potesseno i nimici divertirel'acqua o corromperla. Indi con canoni di pietra cottaderivano l'acqua a le più basse parti, e ove per il luo-co non si può condure l'acqua, fanno cisterne in lequai si raccoglie la pioggia, e ne pigliano i popoli ilmedesimo commodo. Il muro largo e alto cinge lacittà con torri e revelini; la fossa secca, ma larga eprofonda e con spine e siepi; da tre bande ha le mura,e da la quarta il fiume li serve per fossa; le piazze sonofatte acconciamente, e per condurvi le cose necessa-rie, e perché siano secure da' venti; gli edificii nonvili e tirati al dritto quanto è lungo ogni borgo, con lecase a rimpetto una de l'altra. Le fronti dei borghihanno tra loro una via larga venti piedi. Dietro lecase quanto è largo il borgo è l'orto largo e rinchiusoda le muraglie di dietro dei borghi; ogni casa ha laporta di dietro e davanti, la quale si apre agevolmen-te in due parti e si chiude da sé stessa; ognuno vi puòentrare; tanto hanno ogni lor cosa commune, che an-cora mutano le case ogni dieci anni. Fanno gran sti-ma degli orti, nei quali piantano viti, fruti, erbe efiori con grande ordine e vaghezza. Garreggiano i bor-ghi uno con l'altro di aver orti più belli, né hanno cosa

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de la quale piglieno più diletto e commodo che di que-sti, dei quali pare che avesse più cura il loro autoreche di qualunque altra cosa, perché dicono Utopoda principio aver descritto questa forma de la città,lasciando poi la cura di ornarla ai descendenti. Ne leloro istorie, da quel tempo che fu preso l'isola, checomprende anni mille settecento e sessanta, le quaiconservano molto diligentemente, leggesi che le caseerano basse come tugurii, fatte di ogni sorte di le-gnami che potevano avere, i pareti lutati e la cuoper-ta de strami levata nel mezzo. Ma ora le case hannotre palchi, i muri di selice o mattoni con calce incro-stati e ripieni de rottami; i tetti, piani e rassodati inguisa che non portano pericolo del fuoco, sono cuo-perti di piombo per tollerar le piogge; le finistre di ve -tro, ch'hanno bellissimo, li defendono dai venti; usanoancora a questo tele sottili unte con oglio lucidissimoo di ambro, e indi hanno più chiara luce e sono dalvento meglio difesi.

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de la quale piglieno più diletto e commodo che di que-sti, dei quali pare che avesse più cura il loro autoreche di qualunque altra cosa, perché dicono Utopoda principio aver descritto questa forma de la città,lasciando poi la cura di ornarla ai descendenti. Ne leloro istorie, da quel tempo che fu preso l'isola, checomprende anni mille settecento e sessanta, le quaiconservano molto diligentemente, leggesi che le caseerano basse come tugurii, fatte di ogni sorte di le-gnami che potevano avere, i pareti lutati e la cuoper-ta de strami levata nel mezzo. Ma ora le case hannotre palchi, i muri di selice o mattoni con calce incro-stati e ripieni de rottami; i tetti, piani e rassodati inguisa che non portano pericolo del fuoco, sono cuo-perti di piombo per tollerar le piogge; le finistre di ve -tro, ch'hanno bellissimo, li defendono dai venti; usanoancora a questo tele sottili unte con oglio lucidissimoo di ambro, e indi hanno più chiara luce e sono dalvento meglio difesi.

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Dei magistrati.

Ogni trenta famiglie si eleggono ogn'anno unmagistrato, nomato da loro anticamente «sifogranto»e ora «fìlarco». Quello che è preposto a dieci sifo-granti con le loro famiglie si nomava «traniboro» eora «protofilarco». I filarelli, che sono dugento, giura-no sagramento di eleggere quello che giudicherano a lacommune utilità, e così eleggono per principe unodi quatto che sono proposti dal popolo, i quai si pi -gliano da le quatto parti de la città, uno de ciascuna, edanno le balotte secrete. Questo magistrato dura in vita,purché non venga in sospezione di voler tirannizare. Litranibori si eleggono ogn'anno, ma non li mutano sen-za causa. Tutti gli altri magistrati sono annuali. Itranibori ogni terzo dì, e talvolta più spesso, vengono aconsiglio col prencipe cerca le cose de la republica; e sev'è pure qualche controversia, l'achetano. Chiamanoogni dì in senato due sifogranti per ordine, e hannoper legge che niuno statuto sia di valore, del qualenon sia prima stato trattato tre dì nel consiglio. Gli èpena la testa a trattare consigli di cose publiche fuoridel senato, acciò che non potesse il principe, overo itranibori, ordire una congiura e opprimere il popolocon tirannia e mutare lo stato de la republica. Perciòogni cosa importante va al consiglio de' sifogranti, iquai, ragionatone con le sue famiglie, ne consiglianotra loro e del loro parere avisano il senato. Talvolta si

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Dei magistrati.

Ogni trenta famiglie si eleggono ogn'anno unmagistrato, nomato da loro anticamente «sifogranto»e ora «fìlarco». Quello che è preposto a dieci sifo-granti con le loro famiglie si nomava «traniboro» eora «protofilarco». I filarelli, che sono dugento, giura-no sagramento di eleggere quello che giudicherano a lacommune utilità, e così eleggono per principe unodi quatto che sono proposti dal popolo, i quai si pi -gliano da le quatto parti de la città, uno de ciascuna, edanno le balotte secrete. Questo magistrato dura in vita,purché non venga in sospezione di voler tirannizare. Litranibori si eleggono ogn'anno, ma non li mutano sen-za causa. Tutti gli altri magistrati sono annuali. Itranibori ogni terzo dì, e talvolta più spesso, vengono aconsiglio col prencipe cerca le cose de la republica; e sev'è pure qualche controversia, l'achetano. Chiamanoogni dì in senato due sifogranti per ordine, e hannoper legge che niuno statuto sia di valore, del qualenon sia prima stato trattato tre dì nel consiglio. Gli èpena la testa a trattare consigli di cose publiche fuoridel senato, acciò che non potesse il principe, overo itranibori, ordire una congiura e opprimere il popolocon tirannia e mutare lo stato de la republica. Perciòogni cosa importante va al consiglio de' sifogranti, iquai, ragionatone con le sue famiglie, ne consiglianotra loro e del loro parere avisano il senato. Talvolta si

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tratta nel consiglio di tutta l'isola. Usano i magistratidi non ragionare sopra cosa alcuna quél giorno che ellaviene proposta, ma la differiscono nel seguente gior-no, a fine che, pensandovi sopra, consiglino quelloche sia a la republica profitevole, e non s'abbino apentire del loro consiglio come poco considerato.

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tratta nel consiglio di tutta l'isola. Usano i magistratidi non ragionare sopra cosa alcuna quél giorno che ellaviene proposta, ma la differiscono nel seguente gior-no, a fine che, pensandovi sopra, consiglino quelloche sia a la republica profitevole, e non s'abbino apentire del loro consiglio come poco considerato.

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Degli artefici.

L'agricoltura è commune arte a maschi e feminee niuno è di quella inesperto. Tutti da la fanciullezzal'imparano, parte in scola, ove se ne danno i precetti,parte nei campi a la città più vicini, ove sono con-dotti quasi a giuocare, acciò che non solamente veg-gano l'arte, ma piglino occasione di esercitare il corpo.Oltre l'agricoltura, a tutti (come dicemo) commune,ciascuno impara un'arte, o a lavorare di lana o di lino,o muratore, o magnano o legnaiolo, perché non è apoloro altro arteficio nel quale si occupino molte persone.Le vesti sono di una forma, eccetto che variano quantobasta a discernere il sesso e i maritati da' non marita-ti. Questa usano per ogni età et è vaga da vedere ecommoda al muovimento del corpo, oltre che è com-moda a l'estate e al verno. Ogni famiglia fa le sue ve-sti. E ognuno impara alcuna di quelle arti, non solo imaschi, ma le femine ancora, le quai perché sono menrobuste, si danno a la lana e al lino, lasciando aimaschi le arti faticose. La maggior parte impara l'artedel padre; tuttavia s'alcuno ad altra arte s'inchina, egliimpara l'arte de la famiglia ne la quale viene adotta-to, il che si fa per opera del magistrato insieme col pa-dre di quello. Se uno, imparata un'arte, brama d'impa-rarne un'altra, parimente se gli concede; e poi eser-cita qual più gli agrada, se la città non ha più bisognodi una che de l'altra.

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Degli artefici.

L'agricoltura è commune arte a maschi e feminee niuno è di quella inesperto. Tutti da la fanciullezzal'imparano, parte in scola, ove se ne danno i precetti,parte nei campi a la città più vicini, ove sono con-dotti quasi a giuocare, acciò che non solamente veg-gano l'arte, ma piglino occasione di esercitare il corpo.Oltre l'agricoltura, a tutti (come dicemo) commune,ciascuno impara un'arte, o a lavorare di lana o di lino,o muratore, o magnano o legnaiolo, perché non è apoloro altro arteficio nel quale si occupino molte persone.Le vesti sono di una forma, eccetto che variano quantobasta a discernere il sesso e i maritati da' non marita-ti. Questa usano per ogni età et è vaga da vedere ecommoda al muovimento del corpo, oltre che è com-moda a l'estate e al verno. Ogni famiglia fa le sue ve-sti. E ognuno impara alcuna di quelle arti, non solo imaschi, ma le femine ancora, le quai perché sono menrobuste, si danno a la lana e al lino, lasciando aimaschi le arti faticose. La maggior parte impara l'artedel padre; tuttavia s'alcuno ad altra arte s'inchina, egliimpara l'arte de la famiglia ne la quale viene adotta-to, il che si fa per opera del magistrato insieme col pa-dre di quello. Se uno, imparata un'arte, brama d'impa-rarne un'altra, parimente se gli concede; e poi eser-cita qual più gli agrada, se la città non ha più bisognodi una che de l'altra.

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L'officio de' sifogranti è specialmente di prove-dere che niuno stia ocioso, ma eserciti con sollecitudi-ne l'arte sua, non già da la mattina per tempo sin a lasera, che è miseria estrema, e usasi in ogni paese eccettoche apo gli Utopii, i quai, di ventiquatr'ore tra il dì ela notte, sei ne assegnano al lavorare, tre innanti desi-nare, dopo el quale riposano due ore, e poi lavorano lealtre tre; dipoi cenano. Annoverando la prima oradopo ' desinare, dopo l'ottava vanno a dormire, e dor-mono poi otto ore. Il tempo ch'avancia tra le opere e ildesinare, ognuno lo dispensa a suo modo, pur inopere vir_ tuose; e molti si occupano in lettere. Leg-gesi ogni dì innanti giorno, e vi vanno specialmentecoloro che sono eletti a lo studio.

Ma vi concorrono assai altri, maschi e femine,come è il desio loro. S'alcuno, a cui non aggrada lo stu-dio, vuole in questo tempo esercitarsi ne l'arte sua, niu-no lo vieta, anzi viene laudato come persona utile a larepublica.

Dopo cenna stanno a diporto un'ora, la statenei giardini, el verno ne le sale ove mangiano. Ivicantano overo ragionano." Non sanno giuochi di for-tuna e perniziosi, ma usano due giuochi, non dissimilial giuoco degli scachi: uno è il contrasto dei denari,nel quale un numero vince l'altro nuinero; ne l'altrole virtù combattono con i vizii. In questo giuoco ac-cortamente si può vedere la discordia tra essi vizii e laloro concordia contra le virtù; quai vizii a quai virtù sioppongano; con quai forze combattino apertamente,

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L'officio de' sifogranti è specialmente di prove-dere che niuno stia ocioso, ma eserciti con sollecitudi-ne l'arte sua, non già da la mattina per tempo sin a lasera, che è miseria estrema, e usasi in ogni paese eccettoche apo gli Utopii, i quai, di ventiquatr'ore tra il dì ela notte, sei ne assegnano al lavorare, tre innanti desi-nare, dopo el quale riposano due ore, e poi lavorano lealtre tre; dipoi cenano. Annoverando la prima oradopo ' desinare, dopo l'ottava vanno a dormire, e dor-mono poi otto ore. Il tempo ch'avancia tra le opere e ildesinare, ognuno lo dispensa a suo modo, pur inopere vir_ tuose; e molti si occupano in lettere. Leg-gesi ogni dì innanti giorno, e vi vanno specialmentecoloro che sono eletti a lo studio.

Ma vi concorrono assai altri, maschi e femine,come è il desio loro. S'alcuno, a cui non aggrada lo stu-dio, vuole in questo tempo esercitarsi ne l'arte sua, niu-no lo vieta, anzi viene laudato come persona utile a larepublica.

Dopo cenna stanno a diporto un'ora, la statenei giardini, el verno ne le sale ove mangiano. Ivicantano overo ragionano." Non sanno giuochi di for-tuna e perniziosi, ma usano due giuochi, non dissimilial giuoco degli scachi: uno è il contrasto dei denari,nel quale un numero vince l'altro nuinero; ne l'altrole virtù combattono con i vizii. In questo giuoco ac-cortamente si può vedere la discordia tra essi vizii e laloro concordia contra le virtù; quai vizii a quai virtù sioppongano; con quai forze combattino apertamente,

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con quai machine da traverso resistono, con quaiagiuti le virtù vincano le forze dei vizii, con quai artiribattano ogni loro sforzo e con quai modi una parteresti vittoriosa.

Ma perché non pigliate quivi errore, bisogna con-siderarvi attentamente. Potresti pensare che elli, lavo-rando solamente sei ore, patisseno disagio de le cosenecessarie, il che non aviene; anzi, lavorando solamentequel tempo, guadagnano quanto fa loro bisogno ad ognicommodo e anco di più; e questo potrete comprendere,considerando quante persone apo le altre nazioni stianoocciose. Primieramente quasi tutte le femine, che sonola metà del popolo; e ove le femine si affaticano, ivigli uomini si danno al riposo. Quanta turba de preti ereligiosi non lavora? I ricchi e nobili con le copiosefamiglie de' servi, spadacini e parasiti; aggiugnivi iforfanti, che si fingono infermi per dapocagine, e truo-verai che picciol numero apparechia quello che da tut-ti gli uomini si consuma. Considera in questi quantearti non necessarie si fanno per servire a la vita lussu-riosa, da le quai si piglia gran guadagno. Se questipochi che lavorano fusseno divisi in così poche arti alvivere umano commode, la vettovaglia sarebbe a sì viiprezzo, che gli uomini avanzarebbono assai oltre il lorvivere. Se consideri quei che esercitano arti inutili e chistanno ociosi, vivendo de le altrui fatiche, comprende-rai quanto poco tempo basterebbe per guadagnarequanto bastasse non solo al vivere, ma eziandio a le vo-luttà, con avantagio ancora, il che si vede manifesta-

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con quai machine da traverso resistono, con quaiagiuti le virtù vincano le forze dei vizii, con quai artiribattano ogni loro sforzo e con quai modi una parteresti vittoriosa.

Ma perché non pigliate quivi errore, bisogna con-siderarvi attentamente. Potresti pensare che elli, lavo-rando solamente sei ore, patisseno disagio de le cosenecessarie, il che non aviene; anzi, lavorando solamentequel tempo, guadagnano quanto fa loro bisogno ad ognicommodo e anco di più; e questo potrete comprendere,considerando quante persone apo le altre nazioni stianoocciose. Primieramente quasi tutte le femine, che sonola metà del popolo; e ove le femine si affaticano, ivigli uomini si danno al riposo. Quanta turba de preti ereligiosi non lavora? I ricchi e nobili con le copiosefamiglie de' servi, spadacini e parasiti; aggiugnivi iforfanti, che si fingono infermi per dapocagine, e truo-verai che picciol numero apparechia quello che da tut-ti gli uomini si consuma. Considera in questi quantearti non necessarie si fanno per servire a la vita lussu-riosa, da le quai si piglia gran guadagno. Se questipochi che lavorano fusseno divisi in così poche arti alvivere umano commode, la vettovaglia sarebbe a sì viiprezzo, che gli uomini avanzarebbono assai oltre il lorvivere. Se consideri quei che esercitano arti inutili e chistanno ociosi, vivendo de le altrui fatiche, comprende-rai quanto poco tempo basterebbe per guadagnarequanto bastasse non solo al vivere, ma eziandio a le vo-luttà, con avantagio ancora, il che si vede manifesta-

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mente ne l'Utopia.In tutta quella città e nel contado non sono cin-

quecento tra uomini e donne che stiano in ocio e sia-no gagliardi. Tra questi sono i sifogranti, i quai, benchésiano per le leggi dal lavoro essenti, tuttavia lavoranoper invitare col loro essempio gli altri al lavoro. Sonoparimente essenti coloro i quai, comendati dai sa-cerdoti al popolo, sono per secreta ballotazione deisifogranti applicati agli studii, e in perpetuo da la fati-ca essenti. Quei, poi, che non riescono negli studii,sono rimandati a imparare l'arte: e aviene sovente, al'incontro, che qualche mecanico a quelle ore che non la-vora fa tanto profitto in lettere, che viene levato dal'arte e posto ne l'ordine dei letterati. Di quest'ordinede' letterati si eleggono i sacerdoti, i tranibori e ancoil principe, nomato anticamente «barzane» e ora «ade-mo». L'altra moltitudine non ociosa, né occupata inesercizii inutili, fa in poch'ore grand'opere. Vi s'aggiu-gne questo: che in molte arti necessarie fanno minoropera che le altre genti, perché ne li altri luochi il fi -gliuolo, non curando di mantenere quello ch'ha fabri-cato suo padre, lascia venire gli edificii a tale, che ilsuo erede è astretto a rifare con gran spesa quello chesi poteva prima con poco ristorare. E alcuni sontuosi,non si contentando de la casa fabricata da un altro, needificano un'altra e lasciano andare quella in rovina.

Ma ne la republica utopiense, così bene ordina-ta, di raro si edifica di nuovo, anzi si prevede ad ognimancamento che possa avenir ne le case prima che

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mente ne l'Utopia.In tutta quella città e nel contado non sono cin-

quecento tra uomini e donne che stiano in ocio e sia-no gagliardi. Tra questi sono i sifogranti, i quai, benchésiano per le leggi dal lavoro essenti, tuttavia lavoranoper invitare col loro essempio gli altri al lavoro. Sonoparimente essenti coloro i quai, comendati dai sa-cerdoti al popolo, sono per secreta ballotazione deisifogranti applicati agli studii, e in perpetuo da la fati-ca essenti. Quei, poi, che non riescono negli studii,sono rimandati a imparare l'arte: e aviene sovente, al'incontro, che qualche mecanico a quelle ore che non la-vora fa tanto profitto in lettere, che viene levato dal'arte e posto ne l'ordine dei letterati. Di quest'ordinede' letterati si eleggono i sacerdoti, i tranibori e ancoil principe, nomato anticamente «barzane» e ora «ade-mo». L'altra moltitudine non ociosa, né occupata inesercizii inutili, fa in poch'ore grand'opere. Vi s'aggiu-gne questo: che in molte arti necessarie fanno minoropera che le altre genti, perché ne li altri luochi il fi -gliuolo, non curando di mantenere quello ch'ha fabri-cato suo padre, lascia venire gli edificii a tale, che ilsuo erede è astretto a rifare con gran spesa quello chesi poteva prima con poco ristorare. E alcuni sontuosi,non si contentando de la casa fabricata da un altro, needificano un'altra e lasciano andare quella in rovina.

Ma ne la republica utopiense, così bene ordina-ta, di raro si edifica di nuovo, anzi si prevede ad ognimancamento che possa avenir ne le case prima che

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avenga. Così durano lungamente gli edificii con pocafatica, laonde non hanno i muratori molte volte chelavorare, se non squadrano legnami e lavorano le pie-tre per aver la materia ad ordine di fabricare quandofa mestieri.

Vedi quanto poca fatica usano ne l'apprestarsi ilvestire! Quando sono al lavoro, usano vesti di cuoio odi pelle, e queste durano anni sette; quando vanno inpublico, si mettono una vesta che cuopre quelli abitirozi, e le usano tutte d'un colore nativo ne l'isola.Così i panni de lana meno costano apo loro che apressole altre nazioni. Il lino poi, che meno costa, è più inuso, e si considera nel lino solamente la candidezza, ene la lana la mondizia, né si aprecia più il filo perché siapiù sottile. Così ognuno si contenta di una vesta quasiper due anni, quando che altruove non si contentano gliuomini di quatro e di cinque, né anco di dieci, di"seta e di lana. Ma Utopiensi, avendo abito che li difendedal freddo, non sono astretti desiderarne più, quandoche ivi niuno è de l'altro più ornato.

Pertanto, essercitandosi in vili arti, aviene che inpoche ore guadagnano assai, e quanto avanza loro dalvivere dispensano a ristorare le opere publiche. Equando non fa bisogno di questo, lavorano ancorameno per publico editto. Non vogliono i magistrati oc-cupare i loro cittadini a la fatica contra lor voglia, quan-do che l'istituzione de la loro republica a questo miraspecialmente: che quanto per le publiche necessità è le-cito, si diano a le occupazioni intellettuali, ne le quai

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avenga. Così durano lungamente gli edificii con pocafatica, laonde non hanno i muratori molte volte chelavorare, se non squadrano legnami e lavorano le pie-tre per aver la materia ad ordine di fabricare quandofa mestieri.

Vedi quanto poca fatica usano ne l'apprestarsi ilvestire! Quando sono al lavoro, usano vesti di cuoio odi pelle, e queste durano anni sette; quando vanno inpublico, si mettono una vesta che cuopre quelli abitirozi, e le usano tutte d'un colore nativo ne l'isola.Così i panni de lana meno costano apo loro che apressole altre nazioni. Il lino poi, che meno costa, è più inuso, e si considera nel lino solamente la candidezza, ene la lana la mondizia, né si aprecia più il filo perché siapiù sottile. Così ognuno si contenta di una vesta quasiper due anni, quando che altruove non si contentano gliuomini di quatro e di cinque, né anco di dieci, di"seta e di lana. Ma Utopiensi, avendo abito che li difendedal freddo, non sono astretti desiderarne più, quandoche ivi niuno è de l'altro più ornato.

Pertanto, essercitandosi in vili arti, aviene che inpoche ore guadagnano assai, e quanto avanza loro dalvivere dispensano a ristorare le opere publiche. Equando non fa bisogno di questo, lavorano ancorameno per publico editto. Non vogliono i magistrati oc-cupare i loro cittadini a la fatica contra lor voglia, quan-do che l'istituzione de la loro republica a questo miraspecialmente: che quanto per le publiche necessità è le-cito, si diano a le occupazioni intellettuali, ne le quai

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pensano che consista la vera felicità.

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pensano che consista la vera felicità.

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Del comercio tra i cittadini.

È ragionevole che si dicchiari in che guisa i cit-tadini hanno comercio insieme e trattano le loro biso-gne. Essendo la città composta di famiglie, elli le fannograndi col maritar le figliuole, perché vanno le giovanimaritate in casa dei mariti, ma i figliuoli maschi e idescendenti rimangono ne la famiglia e ubidiscono alpiù vecchio, al quale si sostituisce un altro per età prossi-mo a quello, se egli mancasse di giudicio. Ma perché lacittà non venga meno de cittadini, né cresca oltre modo,vietasi che niuna famiglia (perché in ogni città nesono seimillia, eccetto il senato) abbia più che sedecifanciulli, perché negli adulti non si può tener misura. Efassi questo agevolmente, dando ne le famiglie piùrare quei figliuoli che nascono ne le più copiose, equando crescono oltre modo, li mandano ne le altre cit-tà meno populose. Quando poi multiplicano per tuttal'isola, mandano le colonie ai luochi vicini, ove sianolarghi terreni non coltivati dagli abitatori, i quai piglia-no in compagnia a vivere con le loro leggi, se si conten-tano, perché con loro buoni istituti rendeno fertile il ter-reno, il quale forse era giudicato sterile e maligno. Mase non vogliono abitare con loro, li cacciano di queiconfini che si pigliano. Combattono come contro nemi-ci, parendo loro che sia causa giustissima di guerreg-giare contra coloro i quai non lasciano lavorare ad al-tri quel terreno ch'avanza loro e se ne possono nodri-

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Del comercio tra i cittadini.

È ragionevole che si dicchiari in che guisa i cit-tadini hanno comercio insieme e trattano le loro biso-gne. Essendo la città composta di famiglie, elli le fannograndi col maritar le figliuole, perché vanno le giovanimaritate in casa dei mariti, ma i figliuoli maschi e idescendenti rimangono ne la famiglia e ubidiscono alpiù vecchio, al quale si sostituisce un altro per età prossi-mo a quello, se egli mancasse di giudicio. Ma perché lacittà non venga meno de cittadini, né cresca oltre modo,vietasi che niuna famiglia (perché in ogni città nesono seimillia, eccetto il senato) abbia più che sedecifanciulli, perché negli adulti non si può tener misura. Efassi questo agevolmente, dando ne le famiglie piùrare quei figliuoli che nascono ne le più copiose, equando crescono oltre modo, li mandano ne le altre cit-tà meno populose. Quando poi multiplicano per tuttal'isola, mandano le colonie ai luochi vicini, ove sianolarghi terreni non coltivati dagli abitatori, i quai piglia-no in compagnia a vivere con le loro leggi, se si conten-tano, perché con loro buoni istituti rendeno fertile il ter-reno, il quale forse era giudicato sterile e maligno. Mase non vogliono abitare con loro, li cacciano di queiconfini che si pigliano. Combattono come contro nemi-ci, parendo loro che sia causa giustissima di guerreg-giare contra coloro i quai non lasciano lavorare ad al-tri quel terreno ch'avanza loro e se ne possono nodri-

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re molti.Se alcune città loro tanto si sciemano d'uomi-

ni, che non se gli possa supplire da le altre (il che amemoria loro è acaduto solamente due fiate, per la pe-stilenza), ricchiamano i cittadini da le colonie per farl'isola loro populosa, volendo più tosto disfare le colo-nie che lasciar venir meno le città de l'isola.

Ma torno a la foggia del viver loro. Il più vec-chio è preposto a la famiglia, le moglie servono aimariti e i figliuoli ai padri, e universalmente i mi-nori ai maggiori. Ogni città se divide in quatro partiuguali, e nel mezzo di ciascuna è una piazza ov'ogni fa-miglia porta i suoi lavori e li dispone per ordine in certigranari. Ogni padre di famiglia piglia di qui ciò che fabisogno a' fatti suoi senza prezzo alcuno, quando chehanno copia di ogni cosa, né alcuno teme che glimanchi, e si contenta solamente di quanto gli fa me-stiero, essendo manifesto che, dove non è il timore didover mancare de le cose necessarie, né superbia divolersi aumentare di ricchezze soverchie, le quaicose fanno l'uomo avido e rapace, il che non avieneagli Utopii, ivi è un viver tranquillo.

Evvi il mercato dei cibi, ove si portano erbe,frutti, pane, pesci, carni di ogni animale, e questofuori di la città vicino al fiume, ove si possono lavarele immondizie. Indi portano gli animali uccisi e lavatiper mano di famigli, perché non lasciano contamina-re i lor cittadini ad uccidere gli animali, parendo loroche la umanità e clemenza a l'uomo naturale con

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re molti.Se alcune città loro tanto si sciemano d'uomi-

ni, che non se gli possa supplire da le altre (il che amemoria loro è acaduto solamente due fiate, per la pe-stilenza), ricchiamano i cittadini da le colonie per farl'isola loro populosa, volendo più tosto disfare le colo-nie che lasciar venir meno le città de l'isola.

Ma torno a la foggia del viver loro. Il più vec-chio è preposto a la famiglia, le moglie servono aimariti e i figliuoli ai padri, e universalmente i mi-nori ai maggiori. Ogni città se divide in quatro partiuguali, e nel mezzo di ciascuna è una piazza ov'ogni fa-miglia porta i suoi lavori e li dispone per ordine in certigranari. Ogni padre di famiglia piglia di qui ciò che fabisogno a' fatti suoi senza prezzo alcuno, quando chehanno copia di ogni cosa, né alcuno teme che glimanchi, e si contenta solamente di quanto gli fa me-stiero, essendo manifesto che, dove non è il timore didover mancare de le cose necessarie, né superbia divolersi aumentare di ricchezze soverchie, le quaicose fanno l'uomo avido e rapace, il che non avieneagli Utopii, ivi è un viver tranquillo.

Evvi il mercato dei cibi, ove si portano erbe,frutti, pane, pesci, carni di ogni animale, e questofuori di la città vicino al fiume, ove si possono lavarele immondizie. Indi portano gli animali uccisi e lavatiper mano di famigli, perché non lasciano contamina-re i lor cittadini ad uccidere gli animali, parendo loroche la umanità e clemenza a l'uomo naturale con

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tale uccisioni a puoco a puoco venga meno; né lascia-no portare in la città cosa alcuna sporca o corrotta, ac-ciò che non si corrompa l'aria e indi nasca pestilenza.

Ogni borgo ha certe spaciose sale, distantiugualmente una da l'altra e con i loro proprii nomi.In queste abitano i sifogranti con le trenta famiglie aloro commesse, quindeci da una parte e quindeci dal'altra, le quai hanno a venire a mangiare in quelluoco. Quei che hanno cura di apparecchiare i cibiper ciascuna sala vengono in piazza a chiedere i cibiper quante persone si truovano avere. Hanno specialcura degli infermi, i quai sono governati in publichi al-berghi, perché hanno fuori di la città quatro stanzeM

tanto capaci che paiono quatro picciole città, perchévi stiano molti infermi acconciamente e perché gli infer-mi contagiosi possino stare dagli altri luntani. Sonoqueste stanze ad ogni commodo degli infermi arteficio-samente fabricate, e tanta diligente cura si usa nel medi-carli con assidua cura di medici, che ognuno inferman-do si contenta più tosto di esser governato in questiluochi che ne la casa propia; ma niuno vi si mandacontra sua voglia. I cibi secondo l'ordine dei medicisono assignati ai dispensieri, che li dividano tra quei diciascuna sala, se non si ha riguardo al principe, al pon-tefice, ai tranibori o agli ambasciatori, i quai vi van-no di raro, e se pure vi si truovano, si provede loro dicerte stanze a sofficienza fornite.

Concorrono ad ora di mangiare a suono ditromba di metallo tutte le famiglie ricomandate ad

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tale uccisioni a puoco a puoco venga meno; né lascia-no portare in la città cosa alcuna sporca o corrotta, ac-ciò che non si corrompa l'aria e indi nasca pestilenza.

Ogni borgo ha certe spaciose sale, distantiugualmente una da l'altra e con i loro proprii nomi.In queste abitano i sifogranti con le trenta famiglie aloro commesse, quindeci da una parte e quindeci dal'altra, le quai hanno a venire a mangiare in quelluoco. Quei che hanno cura di apparecchiare i cibiper ciascuna sala vengono in piazza a chiedere i cibiper quante persone si truovano avere. Hanno specialcura degli infermi, i quai sono governati in publichi al-berghi, perché hanno fuori di la città quatro stanzeM

tanto capaci che paiono quatro picciole città, perchévi stiano molti infermi acconciamente e perché gli infer-mi contagiosi possino stare dagli altri luntani. Sonoqueste stanze ad ogni commodo degli infermi arteficio-samente fabricate, e tanta diligente cura si usa nel medi-carli con assidua cura di medici, che ognuno inferman-do si contenta più tosto di esser governato in questiluochi che ne la casa propia; ma niuno vi si mandacontra sua voglia. I cibi secondo l'ordine dei medicisono assignati ai dispensieri, che li dividano tra quei diciascuna sala, se non si ha riguardo al principe, al pon-tefice, ai tranibori o agli ambasciatori, i quai vi van-no di raro, e se pure vi si truovano, si provede loro dicerte stanze a sofficienza fornite.

Concorrono ad ora di mangiare a suono ditromba di metallo tutte le famiglie ricomandate ad

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un sifogrante, eccetto gli infermi che giacciono neglialberghi ó ne le propie case, benché, satisfatto a le sale,non si niega il cibo de la piazza a chi lo chiede, sapendo-si di certo che questo non faccia senza causa ragionevo-le. Perché, quantunque non sia vietato ad alcuno il man-giare in casa, tuttavia niuno vi sta volontieri, per nonesser tenuto per cosa onesta, et è pazia pigliar la faticadi aprestare un magro disinare, puotendo truovarlo de-licato ne la sala. I servi qui ministrano in quelle coseche sono di fatica o di qualche sporchezze Ma le fe-mine di queste famiglie a vicenda cuocciono i cibi eapparechiano il convito. Mangiano a tre tavole o più,come porta il numero loro, i maschi con la schena almuro e le femine di fuori, acciò che, volendosi levareper qualche disconcio, come suole avenire a le gravi-de, non turbino gli ordini, e anco possino andare arivedere le baile, che stanno in una stanza sempre colfuoco e l'acqua monda per governare i bambini a vo-glia loro.

Ognuna latta i suoi figliuoli, se non è impeditada infermità, e quando aviene questo, le mogli dei si-fogranti agevolmente proveggono di baila, perché chisono atte di far questo si offeriscono spontaneamente,specialmente che tutti le comendano di clemenza, equello che da lei è lattato la riconosce per madre.Ne la stanza de le baile stanno i fanciulli da cin-que anni in giù. Gli altri sinché sono a l'età di mari-tarsi, e maschi e femine, servono a le tavole, e chi nonpuò servire sta presente con sommo silenzio, e mangiano

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un sifogrante, eccetto gli infermi che giacciono neglialberghi ó ne le propie case, benché, satisfatto a le sale,non si niega il cibo de la piazza a chi lo chiede, sapendo-si di certo che questo non faccia senza causa ragionevo-le. Perché, quantunque non sia vietato ad alcuno il man-giare in casa, tuttavia niuno vi sta volontieri, per nonesser tenuto per cosa onesta, et è pazia pigliar la faticadi aprestare un magro disinare, puotendo truovarlo de-licato ne la sala. I servi qui ministrano in quelle coseche sono di fatica o di qualche sporchezze Ma le fe-mine di queste famiglie a vicenda cuocciono i cibi eapparechiano il convito. Mangiano a tre tavole o più,come porta il numero loro, i maschi con la schena almuro e le femine di fuori, acciò che, volendosi levareper qualche disconcio, come suole avenire a le gravi-de, non turbino gli ordini, e anco possino andare arivedere le baile, che stanno in una stanza sempre colfuoco e l'acqua monda per governare i bambini a vo-glia loro.

Ognuna latta i suoi figliuoli, se non è impeditada infermità, e quando aviene questo, le mogli dei si-fogranti agevolmente proveggono di baila, perché chisono atte di far questo si offeriscono spontaneamente,specialmente che tutti le comendano di clemenza, equello che da lei è lattato la riconosce per madre.Ne la stanza de le baile stanno i fanciulli da cin-que anni in giù. Gli altri sinché sono a l'età di mari-tarsi, e maschi e femine, servono a le tavole, e chi nonpuò servire sta presente con sommo silenzio, e mangiano

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quello che gli viene sporto da quei che sentano, senzaaver ora alcuna assignata al loro desinare. Nel mezzoè la prima tavola a traverso del cenaculo, da la qualesi mirano tutte le tavole. A quella tavola sentano i si-fogranti e la moglie e due de' più vecchi. Sentano aquatro a quatro per tutte le tavole. Se in quella sifo-granzia è tempio alcuno, il sacerdote e la moglie diquello sentano a tavola col sifogrante. Si pongonod'amendue le parti i più giovani, dipoi i vecchi, dimaniera che si truovano insieme di età dissimili, acciòche la gravita e riverenza dei vecchi raffreni i giovanida ogni sconvenevole atto o parlare. Le vivande piùdelicate sono portate primieramente ai più vecchi, iluochi dei quali sono ragguardevoli; dipoi si serveagli altri ugualmente. I vecchi dispensano a chi loropiace quei delicati cibi, dei quali non era tanta copiache se ne potesse dare a tutti. Così vengono onorati ivecchi, e nondimeno il commodo a tutti perviene. Inogni desinare e cena si legge brevemente qualchecosa che vaglia a formare i costumi. Da questa lezionei vecchi pigliano occasione di onesti parlamenti, masollazevoli e grati. Non però tanto sono prolissi nelparlare, che non vogliano udire ragionare i giovani,anzi a studio li pruovocano per comprendere ne la li-bertà del convito la prontezza e disposizione di cia-scuno. Il desinare è di corto tempo, perché si va al la-voro, ma la cena tengono più lunga, perché segue poiil dormire, che giudicano molto efficace per il padi-re. Non cenano senza canti, e copia de frutti o confezioni;

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quello che gli viene sporto da quei che sentano, senzaaver ora alcuna assignata al loro desinare. Nel mezzoè la prima tavola a traverso del cenaculo, da la qualesi mirano tutte le tavole. A quella tavola sentano i si-fogranti e la moglie e due de' più vecchi. Sentano aquatro a quatro per tutte le tavole. Se in quella sifo-granzia è tempio alcuno, il sacerdote e la moglie diquello sentano a tavola col sifogrante. Si pongonod'amendue le parti i più giovani, dipoi i vecchi, dimaniera che si truovano insieme di età dissimili, acciòche la gravita e riverenza dei vecchi raffreni i giovanida ogni sconvenevole atto o parlare. Le vivande piùdelicate sono portate primieramente ai più vecchi, iluochi dei quali sono ragguardevoli; dipoi si serveagli altri ugualmente. I vecchi dispensano a chi loropiace quei delicati cibi, dei quali non era tanta copiache se ne potesse dare a tutti. Così vengono onorati ivecchi, e nondimeno il commodo a tutti perviene. Inogni desinare e cena si legge brevemente qualchecosa che vaglia a formare i costumi. Da questa lezionei vecchi pigliano occasione di onesti parlamenti, masollazevoli e grati. Non però tanto sono prolissi nelparlare, che non vogliano udire ragionare i giovani,anzi a studio li pruovocano per comprendere ne la li-bertà del convito la prontezza e disposizione di cia-scuno. Il desinare è di corto tempo, perché si va al la-voro, ma la cena tengono più lunga, perché segue poiil dormire, che giudicano molto efficace per il padi-re. Non cenano senza canti, e copia de frutti o confezioni;

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fanno perfumi odoriferi, spargono unguenti e nonsparagnono a cosa alcuna che possa rallegrare il con-vito, non parendo loro che sia vietata alcuna voluttà,purché non ne riesca qualche incommodo.

In questa guisa vivono ne la città; ma in villa,ove sono le famiglie una da l'altra luntane, tuttemangiano a casa sua, né li manca cosa alcuna, per-ché gli viene portato di quello che si mangia dagli al-tri ne la città.

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fanno perfumi odoriferi, spargono unguenti e nonsparagnono a cosa alcuna che possa rallegrare il con-vito, non parendo loro che sia vietata alcuna voluttà,purché non ne riesca qualche incommodo.

In questa guisa vivono ne la città; ma in villa,ove sono le famiglie una da l'altra luntane, tuttemangiano a casa sua, né li manca cosa alcuna, per-ché gli viene portato di quello che si mangia dagli al-tri ne la città.

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Pellegrinaggi degli Utopiensi.

S'alcuno brama di vedere qualche suo amicoche stia in altra città, o pure di vedere quel luoco, ot-tiene facilmente licenza di andarvi dai suoi sifograntie tranibori, purché non sia qualche bisogno de l'operasua. Mandasi alcun nuncio con una epistola che signifi-ca loro aver licenza di andarvi, e li assegnano ilgiorno del ritornare. Se gli da un carro con un servopublico, che guidi e governi i buoi. Se non hanno fe-mine in compagnia, rimandano il carro, per non averseco tale impedimento; quantunque non portino secoalcuna cosa, tuttavia non gli manca per via, perchéovonque si truovano, sono in casa sua. Se stanno inun luoco più che un dì, ciascuno ivi esercita l'arte suaet è trattato umanamente dagli artefici a lui simili.S'alcuno da sé stesso, senza la licenza in scritto delprincipe, è truovato andare fuor dei suoi confini e vienepigliato, è come fugitivo riduto ne la città, ove sivede grevemente punire. Se da nuovo commette taleerrore, è punito con servitù. Nondimeno ognuno puòandar diportandosi per i campi de la sua regione, aven-done licenza dal padre e consentendolo la moglie.Ma in qualunque villa perviene, non gli è dato man-giare se prima non fa quant'opera è tenuto di fare in-nanti desinare o innanti cena. Con questa legge può cia-scuno andare per i campi tra i suoi confini, perciò chetanto gioverà a la città quanto se fusse in quella.

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Pellegrinaggi degli Utopiensi.

S'alcuno brama di vedere qualche suo amicoche stia in altra città, o pure di vedere quel luoco, ot-tiene facilmente licenza di andarvi dai suoi sifograntie tranibori, purché non sia qualche bisogno de l'operasua. Mandasi alcun nuncio con una epistola che signifi-ca loro aver licenza di andarvi, e li assegnano ilgiorno del ritornare. Se gli da un carro con un servopublico, che guidi e governi i buoi. Se non hanno fe-mine in compagnia, rimandano il carro, per non averseco tale impedimento; quantunque non portino secoalcuna cosa, tuttavia non gli manca per via, perchéovonque si truovano, sono in casa sua. Se stanno inun luoco più che un dì, ciascuno ivi esercita l'arte suaet è trattato umanamente dagli artefici a lui simili.S'alcuno da sé stesso, senza la licenza in scritto delprincipe, è truovato andare fuor dei suoi confini e vienepigliato, è come fugitivo riduto ne la città, ove sivede grevemente punire. Se da nuovo commette taleerrore, è punito con servitù. Nondimeno ognuno puòandar diportandosi per i campi de la sua regione, aven-done licenza dal padre e consentendolo la moglie.Ma in qualunque villa perviene, non gli è dato man-giare se prima non fa quant'opera è tenuto di fare in-nanti desinare o innanti cena. Con questa legge può cia-scuno andare per i campi tra i suoi confini, perciò chetanto gioverà a la città quanto se fusse in quella.

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Vedete già quanto sia loro vietato lo stare inocio, senza niuno colore di darsi a la dapocagine;non hanno magazeni da vino, né da cervosa, né luocopublico da meretrici, niuno luoco da nascondersi, niu-no riduto de vizii; anci, la presenza di tanti occhi fa lafatica onesta parer necessaria. A lo costume di que-sto popolo segue di necessità l'abondanza, la qualetra tutti si divide, e così non può essere tra loro alcu-no bisognoso. Nel senato amaurotico, ove (come di-cemmo) ogn' anno concorrono tre di ogni città, essendomanifesto che una città abbia copia di qualche rendita,de la quale un'altra sia bisognosa, si provede che la co-pia di una sopplisca a la povertà de l'altra, senzaprezzo alcuno. Anci, la città che de la sua copia ave-rà agiutato l'altra, senza pigliar da quella cosa alcu-na, ricorre ad un'altra per qualche cosa di che ellaha bisogno, quantunque non le abbia dato cosa alcu-na. Così tutta l'isola è come una sola gran famiglia.Poi che è proveduto a questi, il che non giudicanoaver fatto, se non poi che in due anni hanno vedutoqual rendita loro riesce, quanto avancia, cioè gran copiadi formento, melle, lana, lino, zaferano, porpore, veli,cera, sevo e cuoio e anco animali, portano ad altreregioni, a le quai donano del tutto la settima parte, eil rimanente vendono per mediocre prezzo. Di questocomercio riportano a casa non solamente le merci, dele quai hanno bisogno ne l'isola, ch'è per lo più il fer-ro, ma eziandio buona somma di argento e d'oro. E datale continua consuetudine sono di tai cose mirabilmen-

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Vedete già quanto sia loro vietato lo stare inocio, senza niuno colore di darsi a la dapocagine;non hanno magazeni da vino, né da cervosa, né luocopublico da meretrici, niuno luoco da nascondersi, niu-no riduto de vizii; anci, la presenza di tanti occhi fa lafatica onesta parer necessaria. A lo costume di que-sto popolo segue di necessità l'abondanza, la qualetra tutti si divide, e così non può essere tra loro alcu-no bisognoso. Nel senato amaurotico, ove (come di-cemmo) ogn' anno concorrono tre di ogni città, essendomanifesto che una città abbia copia di qualche rendita,de la quale un'altra sia bisognosa, si provede che la co-pia di una sopplisca a la povertà de l'altra, senzaprezzo alcuno. Anci, la città che de la sua copia ave-rà agiutato l'altra, senza pigliar da quella cosa alcu-na, ricorre ad un'altra per qualche cosa di che ellaha bisogno, quantunque non le abbia dato cosa alcu-na. Così tutta l'isola è come una sola gran famiglia.Poi che è proveduto a questi, il che non giudicanoaver fatto, se non poi che in due anni hanno vedutoqual rendita loro riesce, quanto avancia, cioè gran copiadi formento, melle, lana, lino, zaferano, porpore, veli,cera, sevo e cuoio e anco animali, portano ad altreregioni, a le quai donano del tutto la settima parte, eil rimanente vendono per mediocre prezzo. Di questocomercio riportano a casa non solamente le merci, dele quai hanno bisogno ne l'isola, ch'è per lo più il fer-ro, ma eziandio buona somma di argento e d'oro. E datale continua consuetudine sono di tai cose mirabilmen-

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te copiosi. Perciò non fanno differenza dal dare in cre-denza a toccare il denaro, anzi hanno il più in crediti,benché fanno publichi istromenti e vogliono che viconcorra l'autorità di quelle città ove danno in creden-za; e quella, riscuotendo a tempo i denari dai debito-ri, li mette ne l'erario; e ne cavano l'usura fin a chegli Utopiensi li dimandano, i quai non mai riscuotonodi quelli la maggior parte, non parendo loro cosa giu-sta pigliare dagli altri quello di che elli non si accom-modano e i debitori ne pigliano frutto. Quando avie-ne che vogliano prestare ad altra città denari, li pi-gliano da quella che è loro debitrice, overo, accadendoguerregiare, al che riservano tutto quel tesoro che ten-gono ne l'erario per servirsene negli estremi pericoli esùbiti casi, specialmente quando sòldano con grossi sti-pendii soldati esterni, i quai più volontieri mettono inpericolo che i loro cittadini, perché sanno di certo chegl'inimici ancora si suogliono comperare con denari. Aquest'effetto conservano un tesoro inestimabile, nongià come tesoro; ma mi vergogno narrare in chemodo lo tengono, temendo che non mi sia creduto,specialmente che io non lo crederei a me stesso, secogli occhi propii non l'avesse veduto. Et è necessa-rio che ogni cosa sia meno credibile, quanto ella è daicostumi de chi la stanno ad udire luntana; benchél'uomo prudente forse meno si maraviglierà, vedendoi loro istituti tanto dai nostri dissimili, se ancora l'usode l'oro e de l'argento più s'accommoda ai loro costu-mi che ai nostri. Certamente, non usando elli il dena-

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te copiosi. Perciò non fanno differenza dal dare in cre-denza a toccare il denaro, anzi hanno il più in crediti,benché fanno publichi istromenti e vogliono che viconcorra l'autorità di quelle città ove danno in creden-za; e quella, riscuotendo a tempo i denari dai debito-ri, li mette ne l'erario; e ne cavano l'usura fin a chegli Utopiensi li dimandano, i quai non mai riscuotonodi quelli la maggior parte, non parendo loro cosa giu-sta pigliare dagli altri quello di che elli non si accom-modano e i debitori ne pigliano frutto. Quando avie-ne che vogliano prestare ad altra città denari, li pi-gliano da quella che è loro debitrice, overo, accadendoguerregiare, al che riservano tutto quel tesoro che ten-gono ne l'erario per servirsene negli estremi pericoli esùbiti casi, specialmente quando sòldano con grossi sti-pendii soldati esterni, i quai più volontieri mettono inpericolo che i loro cittadini, perché sanno di certo chegl'inimici ancora si suogliono comperare con denari. Aquest'effetto conservano un tesoro inestimabile, nongià come tesoro; ma mi vergogno narrare in chemodo lo tengono, temendo che non mi sia creduto,specialmente che io non lo crederei a me stesso, secogli occhi propii non l'avesse veduto. Et è necessa-rio che ogni cosa sia meno credibile, quanto ella è daicostumi de chi la stanno ad udire luntana; benchél'uomo prudente forse meno si maraviglierà, vedendoi loro istituti tanto dai nostri dissimili, se ancora l'usode l'oro e de l'argento più s'accommoda ai loro costu-mi che ai nostri. Certamente, non usando elli il dena-

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ro, ma tenendolo per quei casi che forse non aven-gono mai, l'oro e l'argento non è più stimato diquanto elli merita per sua natura, la quale a giudiciodi tutti è inferiore del ferro, il quale a noi è tantonecessario quanto il fuoco e l'acqua. E veggiamol'oro e l'argento non aver da la natura virtù alcuna, dela quale non possiamo mancare, se non che la scioc-chezza umana l'ha tenuto in prezzo perché si truovadi raro. Anzi, la natura come pia madre ha posto ne-gli occhi di tutti quelle cose che sono ottime, comel'aria, l'acqua e la terra, e ha nascosto quelle che pocogiovano. Se elli rinchiudessino questi metalli in unatorre, puotrebbe il popolo sospettare che il principe o ilsenato ne pigliasse qualche commodo, ingannando inqualche guisa il popolo. Se poi ne facesseno vasi,quando venisse occasione di volerne far moneta per pa-gare i soldati, forse spiacerebbe a molti privarsi diquei vasi che avessino usato a' lor commodi.

Elli per provedere a tai cose hanno, sì come nele altre cose, truovato una via molto simile ai loroistituti e dai nostri dissimile, i quai con tanta diligenzalo guardiamo, la quale non sarà facilmente creduta, senon dagli uomini sperti. Elli bevono in vasi di terrae di vetro belissimi, e fanno vasi da immondizie eda orinare d'oro e d'argento, e anco catene e ceppi. Aquei che sono infami attaccano a le orecchie anneli, e indetto, con catene d'oro al colo, e con oro gli cingonoil capo. Così pongono ogni loro studio che l'oro el'argento apo i suoi popoli sia vilipeso. Così aviene

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ro, ma tenendolo per quei casi che forse non aven-gono mai, l'oro e l'argento non è più stimato diquanto elli merita per sua natura, la quale a giudiciodi tutti è inferiore del ferro, il quale a noi è tantonecessario quanto il fuoco e l'acqua. E veggiamol'oro e l'argento non aver da la natura virtù alcuna, dela quale non possiamo mancare, se non che la scioc-chezza umana l'ha tenuto in prezzo perché si truovadi raro. Anzi, la natura come pia madre ha posto ne-gli occhi di tutti quelle cose che sono ottime, comel'aria, l'acqua e la terra, e ha nascosto quelle che pocogiovano. Se elli rinchiudessino questi metalli in unatorre, puotrebbe il popolo sospettare che il principe o ilsenato ne pigliasse qualche commodo, ingannando inqualche guisa il popolo. Se poi ne facesseno vasi,quando venisse occasione di volerne far moneta per pa-gare i soldati, forse spiacerebbe a molti privarsi diquei vasi che avessino usato a' lor commodi.

Elli per provedere a tai cose hanno, sì come nele altre cose, truovato una via molto simile ai loroistituti e dai nostri dissimile, i quai con tanta diligenzalo guardiamo, la quale non sarà facilmente creduta, senon dagli uomini sperti. Elli bevono in vasi di terrae di vetro belissimi, e fanno vasi da immondizie eda orinare d'oro e d'argento, e anco catene e ceppi. Aquei che sono infami attaccano a le orecchie anneli, e indetto, con catene d'oro al colo, e con oro gli cingonoil capo. Così pongono ogni loro studio che l'oro el'argento apo i suoi popoli sia vilipeso. Così aviene

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che questi metalli, tanto grati a le altre nazioni, sonotanto vili apo gli Utopiensi, che perdendoli tutti nonparebbe loro di aver perduto un denaro. Raccogliononei litti perle e ne le rupi diamanti e piropi, i quai nonvanno cercando, ma, avendoli truovati, li poliscono. Conquesti ornano i fanciulli, i quai si gloriano di tai orna-menti e ne divengono arroganti; ma poi che sono cre-sciuti e veggono che solamente i fanciulli usano simileinezie, senza esser dai padri ammoniti, per vergogna lelasciano, sì come i nostri poi che sono grandicelli gitta-no le noci, i puerelli e simile inezie.

Quanti diversi effetti partoriscano negli uominiquesti diversi istituti, non mai mi è parato vedere tantomanifestamente quanto negli ambasciatori degli Ane-molii. Questi erano venuti ad Amauroto mentre ch'iov'era; e perché venivano a trattare di gran cose,quei tre cittadini di ogni città avevano prevenuto illoro venire, e parimente gli ambasciatori de le gentivicine, che erano venuti prima; i quai, sapendo i costu-mi degli Utopiensi, che non onorano gli abiti sontuosi epoco prezzano l'oro, anzi è tra loro biasimato, usavanodi venire in abiti quanto meno puotevano sontuosi.Ma gli Anemolii, che erano popoli luntani e pocoaveano comercio cogli Utopiensi, intendendo come tuttivestivano rozamente, si diedero a credere che facesseroquesto per povertà, così, più arroganti che savi, deter-minarono di mostrarsi come dèi, cogli abiti ornati, emuovere i miseri Utopiensi a maraviglia. Così entra-rono ne la città tre ambasciatori con cento in com-

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che questi metalli, tanto grati a le altre nazioni, sonotanto vili apo gli Utopiensi, che perdendoli tutti nonparebbe loro di aver perduto un denaro. Raccogliononei litti perle e ne le rupi diamanti e piropi, i quai nonvanno cercando, ma, avendoli truovati, li poliscono. Conquesti ornano i fanciulli, i quai si gloriano di tai orna-menti e ne divengono arroganti; ma poi che sono cre-sciuti e veggono che solamente i fanciulli usano simileinezie, senza esser dai padri ammoniti, per vergogna lelasciano, sì come i nostri poi che sono grandicelli gitta-no le noci, i puerelli e simile inezie.

Quanti diversi effetti partoriscano negli uominiquesti diversi istituti, non mai mi è parato vedere tantomanifestamente quanto negli ambasciatori degli Ane-molii. Questi erano venuti ad Amauroto mentre ch'iov'era; e perché venivano a trattare di gran cose,quei tre cittadini di ogni città avevano prevenuto illoro venire, e parimente gli ambasciatori de le gentivicine, che erano venuti prima; i quai, sapendo i costu-mi degli Utopiensi, che non onorano gli abiti sontuosi epoco prezzano l'oro, anzi è tra loro biasimato, usavanodi venire in abiti quanto meno puotevano sontuosi.Ma gli Anemolii, che erano popoli luntani e pocoaveano comercio cogli Utopiensi, intendendo come tuttivestivano rozamente, si diedero a credere che facesseroquesto per povertà, così, più arroganti che savi, deter-minarono di mostrarsi come dèi, cogli abiti ornati, emuovere i miseri Utopiensi a maraviglia. Così entra-rono ne la città tre ambasciatori con cento in com-

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pagnia, vestiti a varii colori, e molti di seta. Gli amba-sciatori, che erano nobili nel paese loro, aveano mantie collane d'oro, anneli d'oro, pendenti da le orecchiee altre collane pendenti dai capelli con gioie e perlelampeggianti, e insomma erano ornati di quelle coseche sono apo gli Utopiensi o sopplicii de servi, o bia-simi d'uomini infami, overo inezie de fanciulli. Era ungiuoco mirare come erano divenuti arroganti, quandofecero comparazione dal loro ornamento al vestire de-gli Utopiensi, perché tutto il popolo s'era ridotto inpiazza. Considerate ora quanto si truovarono ingannatide la loro speranza e come si truovarono luntani daquello che speravano di ottenire! Questo loro orna-mento fu giudicato cosa vergognosa dagli Utopiensi,eccetto da pochi, i quai per giuste cause erano stati avedere altre nazioni, per il che salutando per signoriogni minimo servo di quegli, pensarono che gli amba-sciatori fossero servi e non li onorarono ponto. Arestiveduto i fanciulli eh'aveano gittato le perle e le gioie,quando le videro pendere dai capelli degli ambascia-tori, mostrarli a le madri dicendo: — Eccoti, o ma-dre, quel sciocco, che usa perle e gioie come se fusseun banbino! — La madre da do vero diceva: — Taci,figliuolo, perché forse colui è un borione degli amba-sciatori. — Altri biasimavano quelle catene d'oro condire che erano tanto sottili che un servo le puotrebberompere, e tanto larghe che se le puotrebbe levare dalcollo e fuggire. Gli ambasciatori, stati ivi due giorni evedendo quanto a vile v'era tenuto l'oro, anzi più

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pagnia, vestiti a varii colori, e molti di seta. Gli amba-sciatori, che erano nobili nel paese loro, aveano mantie collane d'oro, anneli d'oro, pendenti da le orecchiee altre collane pendenti dai capelli con gioie e perlelampeggianti, e insomma erano ornati di quelle coseche sono apo gli Utopiensi o sopplicii de servi, o bia-simi d'uomini infami, overo inezie de fanciulli. Era ungiuoco mirare come erano divenuti arroganti, quandofecero comparazione dal loro ornamento al vestire de-gli Utopiensi, perché tutto il popolo s'era ridotto inpiazza. Considerate ora quanto si truovarono ingannatide la loro speranza e come si truovarono luntani daquello che speravano di ottenire! Questo loro orna-mento fu giudicato cosa vergognosa dagli Utopiensi,eccetto da pochi, i quai per giuste cause erano stati avedere altre nazioni, per il che salutando per signoriogni minimo servo di quegli, pensarono che gli amba-sciatori fossero servi e non li onorarono ponto. Arestiveduto i fanciulli eh'aveano gittato le perle e le gioie,quando le videro pendere dai capelli degli ambascia-tori, mostrarli a le madri dicendo: — Eccoti, o ma-dre, quel sciocco, che usa perle e gioie come se fusseun banbino! — La madre da do vero diceva: — Taci,figliuolo, perché forse colui è un borione degli amba-sciatori. — Altri biasimavano quelle catene d'oro condire che erano tanto sottili che un servo le puotrebberompere, e tanto larghe che se le puotrebbe levare dalcollo e fuggire. Gli ambasciatori, stati ivi due giorni evedendo quanto a vile v'era tenuto l'oro, anzi più

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biasimato apo gli Utopiensi che non era apo loro inprezzo, e mirando le catene e i ceppi di un servofuggitivo, nei quai era più oro e argento che non va-leva ogni ornamento di tutti tre, deposero ogni lor vagoportamento, del quale prima andavano arroganti. Poiche parlarono cogli Utopiensi, compresseno come si ma-ravigliavano che un uomo potesse mirare una gioia lam-peggiante, al quale fusse lecito di mirare le stelle, ilsole, e che alcuno si riputasse più nobile per il filodi lana più sottile, quando che quello pure è statoportato da una pecora, la quale per ciò non è più chepecora. Si maravigliano ancora che l'oro, di sua natu-ra così inutile, tanto venga stimato da le altre genti,che l'uomo, per causa del quale l'oro è in precio, siameno stimato che l'oro, in tanto che alcuno rozzo e stu-pido tenga in servitù molti uomini da bene e savi, so-lamente perché possedè molti denari; i quai se per for-tuna o per qualche sottilità de le leggi fussero con-dotti in mano del peggior servo di quello, colui saràastretto farsi servo del suo servo, solamente per que-sto mutamento di posseder denari. Mi maraviglio e abo-mino quei che danno ai ricchi quasi gli onori divi -ni, non perché gli siano obligati né debitori, ma so-lamente perché sono ricchi, benché non sperino, vi-vendo quelli, aver pur un denaro di quei tanti chepossedeno i ricchi, conoscendoli miseri e avari.

Queste simili opinioni hanno bevuto parte co' latene la fanciullezza, parte negli istituti de la republica, iquai da simili inezie sono molto alieni, e parte da la

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biasimato apo gli Utopiensi che non era apo loro inprezzo, e mirando le catene e i ceppi di un servofuggitivo, nei quai era più oro e argento che non va-leva ogni ornamento di tutti tre, deposero ogni lor vagoportamento, del quale prima andavano arroganti. Poiche parlarono cogli Utopiensi, compresseno come si ma-ravigliavano che un uomo potesse mirare una gioia lam-peggiante, al quale fusse lecito di mirare le stelle, ilsole, e che alcuno si riputasse più nobile per il filodi lana più sottile, quando che quello pure è statoportato da una pecora, la quale per ciò non è più chepecora. Si maravigliano ancora che l'oro, di sua natu-ra così inutile, tanto venga stimato da le altre genti,che l'uomo, per causa del quale l'oro è in precio, siameno stimato che l'oro, in tanto che alcuno rozzo e stu-pido tenga in servitù molti uomini da bene e savi, so-lamente perché possedè molti denari; i quai se per for-tuna o per qualche sottilità de le leggi fussero con-dotti in mano del peggior servo di quello, colui saràastretto farsi servo del suo servo, solamente per que-sto mutamento di posseder denari. Mi maraviglio e abo-mino quei che danno ai ricchi quasi gli onori divi -ni, non perché gli siano obligati né debitori, ma so-lamente perché sono ricchi, benché non sperino, vi-vendo quelli, aver pur un denaro di quei tanti chepossedeno i ricchi, conoscendoli miseri e avari.

Queste simili opinioni hanno bevuto parte co' latene la fanciullezza, parte negli istituti de la republica, iquai da simili inezie sono molto alieni, e parte da la

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dottrina. E benché non molti sono in ciascuna cittàessenti da le fatiche e applicati a le lettere, cioè quel-li che da la fanciullezza mostrano acuto ingegno el'animo inclinato a le buone arti, tuttavia tutti i fanciullivengono ammaestrati ne le lettere, e buona parte delpopolo, maschi e femine, occupano in studii quelle orech'avanzano loro da lavorare. Imparano le scienze ne laloro favella, la quale è copiosa di parole, suave ad udiree innanti ogn'altra fedelissima interprete de l'animo.Questa istessa, benché in molti luoghi corrotta e diver-sa, in buona parte di quel clima è in uso.

Prima che v'andasse, non aveano pur udito ilnome di quei filosofi che sono di qua illustri; nondi-meno elli hanno truovato in musica, loica, aritmetica ematematica quasi le istesse cose che truovarono i nostriantichi; ma sì come ragguagliano quasi in ogni cosagli antichi, così ne le nuove invenzioni di loica sonomolto inferiori, perché non hanno truovato niuna re-gola de le restrizioni, amplificazioni e supposizioni,truovate acutamente ne la loica che tra noi dai fan-ciulli s'impara. Le seconde intenzioni tanto sono dalloro discorso luntane, che non possono comprenderel'uomo in commune e universale, quantunque noil'abbiamo fatto grande come un gigante e quasi lo mo-striamo a deto. Ma nel corso de le stelle e muovimentodei cieli sono peritissimi. E hanno truovato istromentidi figure diverse, con li quai comprendono a pieno imuovimenti del sole, de la luna e de le stelle che sononel loro orizonte. Non sanno cosa alcuna de l'amicizia

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dottrina. E benché non molti sono in ciascuna cittàessenti da le fatiche e applicati a le lettere, cioè quel-li che da la fanciullezza mostrano acuto ingegno el'animo inclinato a le buone arti, tuttavia tutti i fanciullivengono ammaestrati ne le lettere, e buona parte delpopolo, maschi e femine, occupano in studii quelle orech'avanzano loro da lavorare. Imparano le scienze ne laloro favella, la quale è copiosa di parole, suave ad udiree innanti ogn'altra fedelissima interprete de l'animo.Questa istessa, benché in molti luoghi corrotta e diver-sa, in buona parte di quel clima è in uso.

Prima che v'andasse, non aveano pur udito ilnome di quei filosofi che sono di qua illustri; nondi-meno elli hanno truovato in musica, loica, aritmetica ematematica quasi le istesse cose che truovarono i nostriantichi; ma sì come ragguagliano quasi in ogni cosagli antichi, così ne le nuove invenzioni di loica sonomolto inferiori, perché non hanno truovato niuna re-gola de le restrizioni, amplificazioni e supposizioni,truovate acutamente ne la loica che tra noi dai fan-ciulli s'impara. Le seconde intenzioni tanto sono dalloro discorso luntane, che non possono comprenderel'uomo in commune e universale, quantunque noil'abbiamo fatto grande come un gigante e quasi lo mo-striamo a deto. Ma nel corso de le stelle e muovimentodei cieli sono peritissimi. E hanno truovato istromentidi figure diverse, con li quai comprendono a pieno imuovimenti del sole, de la luna e de le stelle che sononel loro orizonte. Non sanno cosa alcuna de l'amicizia

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e inimicizia de le stelle, né de l'astrologia indovinatri-ce, anzi ingannatrice. Conoscono molto avanti lepiogge, i venti e le tempesta per certi lor segni. Macerca le cause di tutte le cose, del corso e salso del mare,e insomma de l'origine e natura del cielo e del mon-do, dicono parte come i nostri filosofi, parte son, comequelli, di vario parere. Cerca la filosofia morale, disputa-no de le istesse cose come noi. Ragionano dei beni del'anima, del corpo e degli esterni, se tutti si possonochiamar beni o solamente quei de l'animo. Disputanode la virtù e de la voluttà, ma la principale contro-versia tra di loro è disputare in qual cosa consista lavera felicità de l'uomo, overo se consiste in più cose.Ma inchinano più del giusto a credere che ne la voluttàconsista il viver felice. E si servono a questo de lareligione, la quale però appresso di loro è greve e se-vera; né mai disputano de la felicità, che non uniscanoinsieme alcuni principii tolti da la religione e da la filo-sofia, senza i quali pensano che la ragione umana siatronca e debole ad investigar la vera felicità. Queiprincipii sono tali: che l'anima è immortale, nata per labenignità di Dio a la felicità; che a le virtù e buoneopere nostre sono assignati i premii e a le sceleragini isopplicii. Benché tai principii vengano da la religione,tuttavia pensano che siano con ragioni e fondamentiumani condotti a crederli e a concederli; e, levati viaquesti, confermano arditamente che ciascuno, quantun-que stupido, è astretto di cercare la voluttà a dritto e atorto e solamente ha da mirare che un minor diletto non

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e inimicizia de le stelle, né de l'astrologia indovinatri-ce, anzi ingannatrice. Conoscono molto avanti lepiogge, i venti e le tempesta per certi lor segni. Macerca le cause di tutte le cose, del corso e salso del mare,e insomma de l'origine e natura del cielo e del mon-do, dicono parte come i nostri filosofi, parte son, comequelli, di vario parere. Cerca la filosofia morale, disputa-no de le istesse cose come noi. Ragionano dei beni del'anima, del corpo e degli esterni, se tutti si possonochiamar beni o solamente quei de l'animo. Disputanode la virtù e de la voluttà, ma la principale contro-versia tra di loro è disputare in qual cosa consista lavera felicità de l'uomo, overo se consiste in più cose.Ma inchinano più del giusto a credere che ne la voluttàconsista il viver felice. E si servono a questo de lareligione, la quale però appresso di loro è greve e se-vera; né mai disputano de la felicità, che non uniscanoinsieme alcuni principii tolti da la religione e da la filo-sofia, senza i quali pensano che la ragione umana siatronca e debole ad investigar la vera felicità. Queiprincipii sono tali: che l'anima è immortale, nata per labenignità di Dio a la felicità; che a le virtù e buoneopere nostre sono assignati i premii e a le sceleragini isopplicii. Benché tai principii vengano da la religione,tuttavia pensano che siano con ragioni e fondamentiumani condotti a crederli e a concederli; e, levati viaquesti, confermano arditamente che ciascuno, quantun-que stupido, è astretto di cercare la voluttà a dritto e atorto e solamente ha da mirare che un minor diletto non

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impedisca il maiore, laonde ne segua qualche affannoche ricompensi l'avuto solazzo. Perché dal seguire lavirtù così aspra e malagevole, e non solamente cacciarda sé il vivere soave, ma sofferire ancora spontanea-mente i dolori, non porta frutto alcuno, se dopomorte non ne segue alcun premio, avendo passato lavita miseramente: e questo giudicano estrema pazzia.Tuttavia non pongono la felicità in ogni voluttà, ' masolamente ne l'onesta, perché la natura è tratta a quel-la come ad un sommo bene da la virtù, ne la qualesola la parte adversa mette la felicità. Questi diconoche la virtù è un vivere secondo la natura, e che siamocreati a questo disposti, e che segue la natura colui ilquale nel bramare e fuggire le cose ubidisce a la ra-gione, la quale primieramente muove gli animi uma-ni ad onorare la divina Maestà, a la quale siamo tenu-ti de l'essere e che siamo capaci de la felicità. Seconda-riamente ci ammonisce e desta, che cerchiamo di viverelietamente con minore ansietà che si può e che agiutia-mo gli altri ad ottenere questo bene per la naturai com-pagnia che è tra noi. Niuno mai ha seguito tanto ri -gidamente la virtù, né datosi tanto ostinatamente ale fatiche e vigilie, che egli non sia stato pronto adallegerire le altrui miserie e a commendare per cosaumana che l'uomo studii a giovare a l'uomo e, miti-gando i travagli di quello, ricondurlo da le miserie avita tranquilla e sollazzevole. E perché non debbe la na-tura istigarci che facciamo l'istesso officio verso noistessi: Perciò che, overo che la vita sollazzevole e gio-

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impedisca il maiore, laonde ne segua qualche affannoche ricompensi l'avuto solazzo. Perché dal seguire lavirtù così aspra e malagevole, e non solamente cacciarda sé il vivere soave, ma sofferire ancora spontanea-mente i dolori, non porta frutto alcuno, se dopomorte non ne segue alcun premio, avendo passato lavita miseramente: e questo giudicano estrema pazzia.Tuttavia non pongono la felicità in ogni voluttà, ' masolamente ne l'onesta, perché la natura è tratta a quel-la come ad un sommo bene da la virtù, ne la qualesola la parte adversa mette la felicità. Questi diconoche la virtù è un vivere secondo la natura, e che siamocreati a questo disposti, e che segue la natura colui ilquale nel bramare e fuggire le cose ubidisce a la ra-gione, la quale primieramente muove gli animi uma-ni ad onorare la divina Maestà, a la quale siamo tenu-ti de l'essere e che siamo capaci de la felicità. Seconda-riamente ci ammonisce e desta, che cerchiamo di viverelietamente con minore ansietà che si può e che agiutia-mo gli altri ad ottenere questo bene per la naturai com-pagnia che è tra noi. Niuno mai ha seguito tanto ri -gidamente la virtù, né datosi tanto ostinatamente ale fatiche e vigilie, che egli non sia stato pronto adallegerire le altrui miserie e a commendare per cosaumana che l'uomo studii a giovare a l'uomo e, miti-gando i travagli di quello, ricondurlo da le miserie avita tranquilla e sollazzevole. E perché non debbe la na-tura istigarci che facciamo l'istesso officio verso noistessi: Perciò che, overo che la vita sollazzevole e gio-

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conda è cattiva, e se così è, non solamente non dèi porge-re agiuto ad alcuno di ottenerla, anzi quanto puoi pri-varne ciascuno come de cosa perniziosa e mortifera, etanto più dèi privarne te stesso, a cui non meno sei te-nuto di pruovedere che agli altri.

Dicono, adunque, la natura ci assegna la vitagioconda, cioè la voluttà, come un fine di tutte leopere nostre, e vogliono che il viver secondo la na-tura sia il vivere virtuoso. Ma invitandoci la naturaad agiutare uno l'altro (il che fa ella meritamente),quando che niuno è di tanta dignità che la natura sipigli cura di lui solo, perché essa porge il seno a tuttiquei ai quali ha dato una forma commune, ella istessaveramente ti ammonisce che non procuri i tuoi com-modi con l'altrui incommodo.

Vogliono, adunque, che si osservino le conven-zioni fatte tra privati uomini e anco le publiche leggifatte da buono principe o da un popolo che non siaoppresso da tirannia, le quai assegnino il modo acommunicare i commodi e godere le voluttà. Gli è poigran prudenza se, non offendendo queste leggi, sicerca il proprio commodo, et è singolare pietà studiareal commodo universale. Ma gli è strana e spiacevole in-giuria volersi pigliare solazzo con altrui dispiacere, et èsingolare benignità spogliare sé medesimo di qualchesolazzo per accomodarne altri. Il che tuttavia riportauguale commodo al danno che se ne sente, perché vienecon beneficii ricompensato, e la conscienza de l'operabuona, con la memoria de la carità e benivolenza di

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conda è cattiva, e se così è, non solamente non dèi porge-re agiuto ad alcuno di ottenerla, anzi quanto puoi pri-varne ciascuno come de cosa perniziosa e mortifera, etanto più dèi privarne te stesso, a cui non meno sei te-nuto di pruovedere che agli altri.

Dicono, adunque, la natura ci assegna la vitagioconda, cioè la voluttà, come un fine di tutte leopere nostre, e vogliono che il viver secondo la na-tura sia il vivere virtuoso. Ma invitandoci la naturaad agiutare uno l'altro (il che fa ella meritamente),quando che niuno è di tanta dignità che la natura sipigli cura di lui solo, perché essa porge il seno a tuttiquei ai quali ha dato una forma commune, ella istessaveramente ti ammonisce che non procuri i tuoi com-modi con l'altrui incommodo.

Vogliono, adunque, che si osservino le conven-zioni fatte tra privati uomini e anco le publiche leggifatte da buono principe o da un popolo che non siaoppresso da tirannia, le quai assegnino il modo acommunicare i commodi e godere le voluttà. Gli è poigran prudenza se, non offendendo queste leggi, sicerca il proprio commodo, et è singolare pietà studiareal commodo universale. Ma gli è strana e spiacevole in-giuria volersi pigliare solazzo con altrui dispiacere, et èsingolare benignità spogliare sé medesimo di qualchesolazzo per accomodarne altri. Il che tuttavia riportauguale commodo al danno che se ne sente, perché vienecon beneficii ricompensato, e la conscienza de l'operabuona, con la memoria de la carità e benivolenza di

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coloro ai quali hai fatto beneficio, porta a l'animo piùdiletto che non arebbe dato quella voluttà corporale,da la quale ti sei astenuto. Finalmente (come la reli-gione persuade a l'animo umano) Iddio con perpetuaallegrezza ricompensa una breve voluttà. Così voglio-no che si considerino le operazioni nostre e tra questele virtù, mirando finalmente a le voluttà che sono dela felicità il fine.

Chiamano elli voluttà ogni muovimento o fer-mezza di animo e di corpo, nel quale l'uomo, da lanatura guidato, si diletta di truovarsi. Né senza causavi aggiongono l'appetito de la natura, perché, sì comenon solamente il sentimento, ma la dritta ragione segueogni cosa che è per natura gioconda, a la quale non sivada con ingiuria altrui, né si perde maggior solazzo,e non gli segue fatica. Così quelle cose reputano inutilia la felicità che sono dagli uomini contra l'ordine dinatura riputate dolci, anzi le tengono per nocive,quando che, avendo una fiata occupato l'uomo, tantolo adescano con falso diletto, che non lo lasciano pi-gliare piacere dei veri solazzi. Sono veramente assaicose che di loro natura non hanno alcuna soavità, anzinon poc'amaritudine, ma per il diletto de' tristi piacerinon solamente sono annoverate tra le più gioconde vo-luttà, ma eziandio tra le prencipai cause de la vita no-stra.

Tra queste sorte di falsa voluttà annoverano co-loro i quai per esser meglio vestiti si reputano migliori,ma pigliano doppio errore, riputando migliore la loro

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coloro ai quali hai fatto beneficio, porta a l'animo piùdiletto che non arebbe dato quella voluttà corporale,da la quale ti sei astenuto. Finalmente (come la reli-gione persuade a l'animo umano) Iddio con perpetuaallegrezza ricompensa una breve voluttà. Così voglio-no che si considerino le operazioni nostre e tra questele virtù, mirando finalmente a le voluttà che sono dela felicità il fine.

Chiamano elli voluttà ogni muovimento o fer-mezza di animo e di corpo, nel quale l'uomo, da lanatura guidato, si diletta di truovarsi. Né senza causavi aggiongono l'appetito de la natura, perché, sì comenon solamente il sentimento, ma la dritta ragione segueogni cosa che è per natura gioconda, a la quale non sivada con ingiuria altrui, né si perde maggior solazzo,e non gli segue fatica. Così quelle cose reputano inutilia la felicità che sono dagli uomini contra l'ordine dinatura riputate dolci, anzi le tengono per nocive,quando che, avendo una fiata occupato l'uomo, tantolo adescano con falso diletto, che non lo lasciano pi-gliare piacere dei veri solazzi. Sono veramente assaicose che di loro natura non hanno alcuna soavità, anzinon poc'amaritudine, ma per il diletto de' tristi piacerinon solamente sono annoverate tra le più gioconde vo-luttà, ma eziandio tra le prencipai cause de la vita no-stra.

Tra queste sorte di falsa voluttà annoverano co-loro i quai per esser meglio vestiti si reputano migliori,ma pigliano doppio errore, riputando migliore la loro

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vesta che l'altrui e sé medesimi degli altri più degni.Che maggior dignità ha il filo di lana più sottile cheil grosso, considerando l'uso de la vesta; Tuttaviamolti si tengono da più per esser più pomposamentevestiti e si sdegnono quando non si veggono stimarepiù che gli altri. Il che è una sciocchezza, considerandoquanto sia vano l'onore dagli abiti causato. Che naturaidiletto porge che alcuno si cavi la beretta e pieghile ginocchia ad onorarti; Ti gioverà forse questo a le-varti il dolore del capo o dei ginocchi; Quanto soave-mente impaciscono in questa falsa imagine di voluttàcoloro che si tengono nobili per essere nasciuti di pro-genie la quale per molte età sia stata ricca, quandoche non conoscono altra nobilita, benché non si ten-gono men nobili, ancora che non gli avessero lasciato iloro maggiori facultà, overo che essi l'avessero consu-mata! Tra questi annoverano coloro che si dilettano digioie e si reputano dèi quando aviene che ne abinoqualcuna di gran prezzo e molto stimato a sua età. Nonla comprano ligata in oro, anzi la vogliono nuda econ segurtà che sia buona, tanto si temono di essereingannati. Nondimeno a l'occhio umano tanto dilettauna gioia fina quanto una finta, non discernendo unada l'altra. Doverebbe tanto valere la gioia fina come lafinta appresso di te che non sei in questo giudicio diffe-rente da un cieco! Che diremo noi di coloro che con-servano soverchie ricchezze solamente per mirarle alor solazzo; Godono elli la vera felicità, o pur si truo-vano ingannati da falsi diletti? Ma quei che nascondo-

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vesta che l'altrui e sé medesimi degli altri più degni.Che maggior dignità ha il filo di lana più sottile cheil grosso, considerando l'uso de la vesta; Tuttaviamolti si tengono da più per esser più pomposamentevestiti e si sdegnono quando non si veggono stimarepiù che gli altri. Il che è una sciocchezza, considerandoquanto sia vano l'onore dagli abiti causato. Che naturaidiletto porge che alcuno si cavi la beretta e pieghile ginocchia ad onorarti; Ti gioverà forse questo a le-varti il dolore del capo o dei ginocchi; Quanto soave-mente impaciscono in questa falsa imagine di voluttàcoloro che si tengono nobili per essere nasciuti di pro-genie la quale per molte età sia stata ricca, quandoche non conoscono altra nobilita, benché non si ten-gono men nobili, ancora che non gli avessero lasciato iloro maggiori facultà, overo che essi l'avessero consu-mata! Tra questi annoverano coloro che si dilettano digioie e si reputano dèi quando aviene che ne abinoqualcuna di gran prezzo e molto stimato a sua età. Nonla comprano ligata in oro, anzi la vogliono nuda econ segurtà che sia buona, tanto si temono di essereingannati. Nondimeno a l'occhio umano tanto dilettauna gioia fina quanto una finta, non discernendo unada l'altra. Doverebbe tanto valere la gioia fina come lafinta appresso di te che non sei in questo giudicio diffe-rente da un cieco! Che diremo noi di coloro che con-servano soverchie ricchezze solamente per mirarle alor solazzo; Godono elli la vera felicità, o pur si truo-vano ingannati da falsi diletti? Ma quei che nascondo-

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no il tesoro, il quale forsi non più vedranno, stando inpensiero di non perderlo, lo perdono mettendolo sot-terra, ove né a te né agli altri può servire; nondimenotu ti rallegri poi ch'hai nascosto il tesoro, e stai conl'animo sicuro. S'alcuno te lo rubasse dieci anni primache tu moresti, che ti è vagliuto quel tesoro in queidieci anni che non l'avevi; Aggiongono a queste alle-grezze i giuocatori de dadi o di carte, i quai giuochisolamente per nome conoscono, e parimente i cac-ciatori e gli uccellatori, e dicono che solazzo è gittarei dadi, poi che gittandoli spesso l'uomo dovrebbe sa-ziarsi. Non è più tosto un fastidio udir bagliare i cani eChe maggior diletto è veder un cane seguire la lepre,che un cane l'altro cane? Perché veramente si vede lavelocità del correre a questo e a quel modo. Se tidiletta veder straziare e uccidere quell'animaletto, do-vresti più tosto muoverti a pietà vedendo la lepre im-potente, fugitiva, timida e innocente esser straciata dalcane gagliardo, feroce e crudele. Così gli Utopiensihanno rifiutato al tutto quest'esercizio del cacciarecome arte conveniente ai beccari, la quale hanno com-messa ai servi, e giudicano che il cacciare sia di quellala più infima parte. Ma le altre giudicano più utili e one-ste, quando si amazzano gli animali per la necessità delvivere umano, e il cacciatore solamente si piglia piace-re de la morte del misero animale, il qual desideriopensano elli che nasca da un animo a la crudeltà dispo-sto. Queste e altre cose innumerabili, de le quai gli uo-mini altruove pigliano diletto, sono apo gli Utopiensi

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no il tesoro, il quale forsi non più vedranno, stando inpensiero di non perderlo, lo perdono mettendolo sot-terra, ove né a te né agli altri può servire; nondimenotu ti rallegri poi ch'hai nascosto il tesoro, e stai conl'animo sicuro. S'alcuno te lo rubasse dieci anni primache tu moresti, che ti è vagliuto quel tesoro in queidieci anni che non l'avevi; Aggiongono a queste alle-grezze i giuocatori de dadi o di carte, i quai giuochisolamente per nome conoscono, e parimente i cac-ciatori e gli uccellatori, e dicono che solazzo è gittarei dadi, poi che gittandoli spesso l'uomo dovrebbe sa-ziarsi. Non è più tosto un fastidio udir bagliare i cani eChe maggior diletto è veder un cane seguire la lepre,che un cane l'altro cane? Perché veramente si vede lavelocità del correre a questo e a quel modo. Se tidiletta veder straziare e uccidere quell'animaletto, do-vresti più tosto muoverti a pietà vedendo la lepre im-potente, fugitiva, timida e innocente esser straciata dalcane gagliardo, feroce e crudele. Così gli Utopiensihanno rifiutato al tutto quest'esercizio del cacciarecome arte conveniente ai beccari, la quale hanno com-messa ai servi, e giudicano che il cacciare sia di quellala più infima parte. Ma le altre giudicano più utili e one-ste, quando si amazzano gli animali per la necessità delvivere umano, e il cacciatore solamente si piglia piace-re de la morte del misero animale, il qual desideriopensano elli che nasca da un animo a la crudeltà dispo-sto. Queste e altre cose innumerabili, de le quai gli uo-mini altruove pigliano diletto, sono apo gli Utopiensi

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sprezzate come cose di niuna soavità, e benché piac-ciano al volgo, il quale, prevertendo la natura, reputadolci le cose amare, sì come le femine gravide, le quaitengono la pece e il sevo per più dolce che il mèleperch'hanno corrotto il gusto, il quale però non puòmutare la natura di niuna cosa e specialmente de lavoluttà.

Fanno diverse specie di voluttà: alcune asse-gnano al corpo, alcune a l'anima. A l'anima dannol'intelletto e quella dolcezza che nasce da contempla-re la verità. Vi s'aggiunge la gioconda memoria di avervivuto bene. La voluttà del corpo dividono in due for-me, una che diletta il sentimento e ristora quelle partiche sono in noi da calor naturale consumate, il che si facol cibo e col bere, perché, evacuandosi il corpo nelmandar fuori le cose soverchie scaricando il ventre, ogenerando, o col gratare qualche parte del corpo, èdi mestiere che sia riempiuto. Evvi un'altra voluttà,che non dona ai sentimenti nostri cosa alcuna daloro bramata, né d'alcuna li priva, ma solamente conocculta forza porge loro diletto, come è la musica.Metteno un'altra forma di corporal voluttà, la qualeconsiste nel quieto e tranquillo stato del corpo e no-masi da tutti sanità. Questa non essendo da qualchedolore afflitta per sé stessa, diletta senz'altro solazzoesteriore. E quantunque ella non si mostri così manife-stamente ai sentimenti come la voluttà del mangiare edel bere, tuttavia tutti l'hanno per grandissima voluttà,e gli Utopiensi la tengono per fondamento di ogni so-

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sprezzate come cose di niuna soavità, e benché piac-ciano al volgo, il quale, prevertendo la natura, reputadolci le cose amare, sì come le femine gravide, le quaitengono la pece e il sevo per più dolce che il mèleperch'hanno corrotto il gusto, il quale però non puòmutare la natura di niuna cosa e specialmente de lavoluttà.

Fanno diverse specie di voluttà: alcune asse-gnano al corpo, alcune a l'anima. A l'anima dannol'intelletto e quella dolcezza che nasce da contempla-re la verità. Vi s'aggiunge la gioconda memoria di avervivuto bene. La voluttà del corpo dividono in due for-me, una che diletta il sentimento e ristora quelle partiche sono in noi da calor naturale consumate, il che si facol cibo e col bere, perché, evacuandosi il corpo nelmandar fuori le cose soverchie scaricando il ventre, ogenerando, o col gratare qualche parte del corpo, èdi mestiere che sia riempiuto. Evvi un'altra voluttà,che non dona ai sentimenti nostri cosa alcuna daloro bramata, né d'alcuna li priva, ma solamente conocculta forza porge loro diletto, come è la musica.Metteno un'altra forma di corporal voluttà, la qualeconsiste nel quieto e tranquillo stato del corpo e no-masi da tutti sanità. Questa non essendo da qualchedolore afflitta per sé stessa, diletta senz'altro solazzoesteriore. E quantunque ella non si mostri così manife-stamente ai sentimenti come la voluttà del mangiare edel bere, tuttavia tutti l'hanno per grandissima voluttà,e gli Utopiensi la tengono per fondamento di ogni so-

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lazzo, senza il quale ogni voluttà è nulla, perché man-care di dolore senza sanità è più tosto uno stupore cheun solazzo. Quella opinione che dice la sanità non es-sere voluttà, perché non si sente se non con qualcheesterno muovimento, è da loro al tutto rifiutata.Anzi, tutti concordevolmente affermano la sanità es-sere una speciale e primaria delettazione. E, dicono,se ne la infermità è il dolore, mortai nimico de lavoluttà, perché non sarà ne la tranquillità de la sanitàuna giocondità singolare? Non fanno differenza che sidica l'infermità istessa esser dolore, overo il doloreesser ne l'infermità, perché ne riesce la medesima sen-tenza. Ma se la sanità è la voluttà istessa, overo neces-sariamente parturisce voluttà, come il fuoco producecaldo, veramente ad ogni modo segue che a la fermasanità riesca una vita gioconda. Oltre di questo, dico-no, quando mangiamo, ristorarsi col cibo la sanità, laquale per la fame cominciava ad indebolirsi, e quandoè tornata al solito vigore, sentiamo la giocondità delmangiare tanto maggiormente, quanto la sanità è piùrobusta. Così appare esser falso quello che dicono, chela sanità non si sente, il che non può avenire in uomoche non sia stupido e, per conseguente, non sano. Ab-bracciano adunque primieramente quelle voluttà del'animo (che sono apo loro le prencipali), le quai sannoche nascono da virtù e da la buona conscienza. Ma fan-no la sanità un principal sollazzo innanti agli altri dimaggior diletto. Né vogliono che si brami il mangiaree il bere e ogn'altra voluttà, se non per conservare

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lazzo, senza il quale ogni voluttà è nulla, perché man-care di dolore senza sanità è più tosto uno stupore cheun solazzo. Quella opinione che dice la sanità non es-sere voluttà, perché non si sente se non con qualcheesterno muovimento, è da loro al tutto rifiutata.Anzi, tutti concordevolmente affermano la sanità es-sere una speciale e primaria delettazione. E, dicono,se ne la infermità è il dolore, mortai nimico de lavoluttà, perché non sarà ne la tranquillità de la sanitàuna giocondità singolare? Non fanno differenza che sidica l'infermità istessa esser dolore, overo il doloreesser ne l'infermità, perché ne riesce la medesima sen-tenza. Ma se la sanità è la voluttà istessa, overo neces-sariamente parturisce voluttà, come il fuoco producecaldo, veramente ad ogni modo segue che a la fermasanità riesca una vita gioconda. Oltre di questo, dico-no, quando mangiamo, ristorarsi col cibo la sanità, laquale per la fame cominciava ad indebolirsi, e quandoè tornata al solito vigore, sentiamo la giocondità delmangiare tanto maggiormente, quanto la sanità è piùrobusta. Così appare esser falso quello che dicono, chela sanità non si sente, il che non può avenire in uomoche non sia stupido e, per conseguente, non sano. Ab-bracciano adunque primieramente quelle voluttà del'animo (che sono apo loro le prencipali), le quai sannoche nascono da virtù e da la buona conscienza. Ma fan-no la sanità un principal sollazzo innanti agli altri dimaggior diletto. Né vogliono che si brami il mangiaree il bere e ogn'altra voluttà, se non per conservare

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la sanità, perché non sono tai cose da loro istesse gio-conde, ma in quanto mantengono la sanità. Però debbeil savio più tosto cercare di non esser occupato dal'infermità che bramare la medicina, per non aver biso-gno di questa voluttà, la quale si conviene temperare.S'alcuno di questa sorte di voluttà si tiene beato, egliè astretto di confessare che a l'ora sarà felicissimo,quando da fame, sete e piccicore da mangiare, bere egratarsi sarà travagliato, le quai cose veggiamo manife-stamente esser sozze e misere. Queste, adunque, sonole meno sincere voluttà, le quai ci avengono solamenteper medicare ai contrarii dolori, perché col diletto dimangiare s'accompagna la fame, e con legge nonuguale, perché il dolore tanto è più lungo quanto èmaggiore, e nascendo innanti al piacere, non si estinguese non insieme col piacere. Stimano elli poco queste vo-luttà, se non quando la necessità si strigne di usarli.Nondimeno godono queste ancora e ne ringraziano lanatura madre, la quale adesca con soavità i suoi fi-gliuoli a quello che era necessità che si facesse. Conquanto fastidio viveressimo, s'avessimo a cacciar lafame e la sete con pozioni e veleni sì come cacciamole altre infermità; Ma abbracciano lietamente la bel-lezza, le forze e la destrezza, come doni giocondi epropii de la natura. Gli altri solazzi che per le orec-chie, per gli occhi e per le nari passano a l'anima, iquai sono propii de l'uomo (perché niuno animaleconsidera la bellezza del mondo, né sente gli odori senon quanto fa mestiero per discernere il cibo, né si di-

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la sanità, perché non sono tai cose da loro istesse gio-conde, ma in quanto mantengono la sanità. Però debbeil savio più tosto cercare di non esser occupato dal'infermità che bramare la medicina, per non aver biso-gno di questa voluttà, la quale si conviene temperare.S'alcuno di questa sorte di voluttà si tiene beato, egliè astretto di confessare che a l'ora sarà felicissimo,quando da fame, sete e piccicore da mangiare, bere egratarsi sarà travagliato, le quai cose veggiamo manife-stamente esser sozze e misere. Queste, adunque, sonole meno sincere voluttà, le quai ci avengono solamenteper medicare ai contrarii dolori, perché col diletto dimangiare s'accompagna la fame, e con legge nonuguale, perché il dolore tanto è più lungo quanto èmaggiore, e nascendo innanti al piacere, non si estinguese non insieme col piacere. Stimano elli poco queste vo-luttà, se non quando la necessità si strigne di usarli.Nondimeno godono queste ancora e ne ringraziano lanatura madre, la quale adesca con soavità i suoi fi-gliuoli a quello che era necessità che si facesse. Conquanto fastidio viveressimo, s'avessimo a cacciar lafame e la sete con pozioni e veleni sì come cacciamole altre infermità; Ma abbracciano lietamente la bel-lezza, le forze e la destrezza, come doni giocondi epropii de la natura. Gli altri solazzi che per le orec-chie, per gli occhi e per le nari passano a l'anima, iquai sono propii de l'uomo (perché niuno animaleconsidera la bellezza del mondo, né sente gli odori senon quanto fa mestiero per discernere il cibo, né si di-

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letta de la varietà dei suoni), questi, dico, volontieriaccettano. In tutti questi tengono tal misura che ilmaggior sollazzo non sia dal minore impedito. Masprezzare la bellezza, minuire le forze, mutare la de-strezza in pigrizia, estenuare con digiuni il corpo, fareingiuria a la sanità e rifutare gli altri sollazzi de lanatura a noi concessi, se non fusse per giovare a larepublica, reputano una sciocchezza e che questo na-sca da un animo crudele e ingrato a la natura, i cuibeneficii rifuta come sdegnandosi di esserlene debito-re, e specialmente facendosi questo per una vana om-bra di virtù, overo per sopportare con minor dispia-cere le adversità, le quai forse non mai verranno.Questo è il loro parere cerca la virtù e la voluttà; ese Dio non gli ispira miglior parere, elli credono chenon se ne truovi altro migliore. Io non mi occuperò adisputare de la verità de la loro opinione, perché nonlo concede il tempo, e io mi sono posto a narrare gliistituti degli Utopiensi, non a difenderli. E siano questidecreti qual si vogliano, io tengo di certo che non sitruovi più degno popolo, né republica più felice.

Sono di corpo agile e vigoroso e di maggiorforze che non promette la loro statura, la quale perònon è picciola. E quantunque il lor terreno sia mal fer-tile e l'aria poco sana, tuttavia con temperato vivere simantengono contra l'aria, e con l'industria vincono laterra, di maniera che in niuno luoco vengono più co -piosi ricolti, né animali meglio nodriti, e i corpi uma-ni più vivaci e meno a le infermità soggetti. Perciò

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letta de la varietà dei suoni), questi, dico, volontieriaccettano. In tutti questi tengono tal misura che ilmaggior sollazzo non sia dal minore impedito. Masprezzare la bellezza, minuire le forze, mutare la de-strezza in pigrizia, estenuare con digiuni il corpo, fareingiuria a la sanità e rifutare gli altri sollazzi de lanatura a noi concessi, se non fusse per giovare a larepublica, reputano una sciocchezza e che questo na-sca da un animo crudele e ingrato a la natura, i cuibeneficii rifuta come sdegnandosi di esserlene debito-re, e specialmente facendosi questo per una vana om-bra di virtù, overo per sopportare con minor dispia-cere le adversità, le quai forse non mai verranno.Questo è il loro parere cerca la virtù e la voluttà; ese Dio non gli ispira miglior parere, elli credono chenon se ne truovi altro migliore. Io non mi occuperò adisputare de la verità de la loro opinione, perché nonlo concede il tempo, e io mi sono posto a narrare gliistituti degli Utopiensi, non a difenderli. E siano questidecreti qual si vogliano, io tengo di certo che non sitruovi più degno popolo, né republica più felice.

Sono di corpo agile e vigoroso e di maggiorforze che non promette la loro statura, la quale perònon è picciola. E quantunque il lor terreno sia mal fer-tile e l'aria poco sana, tuttavia con temperato vivere simantengono contra l'aria, e con l'industria vincono laterra, di maniera che in niuno luoco vengono più co -piosi ricolti, né animali meglio nodriti, e i corpi uma-ni più vivaci e meno a le infermità soggetti. Perciò

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non vedrai solamente fare da loro quelle opere chefanno i lavoratori altruove per vincere la malignitàdel terreno, anzi ivi si vede una selva cavata da le ra-dici con mano del popolo e un'altra piantata altruove,nel che non s'è considerato la fertilità del terreno,ma il commodo di condure i frutti o altre cose, acciòche fusseno le legne più commode al mare o al fiumeovero a le città. Sono gente benigne e piacevole cheama il riposo e, quando fa mestieri, paziente de la fatica especialmente negli studii che ornano l'animo.

Elli, avendo da me inteso de le lettere e dottri-na de' Greci, perché de le cose latine altro non com-mendano che le istorie e i poeti, si mostrarono moltobramosi ch'io di quelle lettere gli ammaestrasse. Così iocominciai a leggerli, più tosto acciò non credessinoch'io schivasse la fatica, che ch'io ne sperasse fruttoalcuno. Ma avendo letto alquanti giorni, la loro diligen-za mi diede ardire che non sarebbe vana la mia solleci-tudine, perché cominciarono scrivere le lettere, pronun-ciare le parole e mandarle con tanta prestezza a memo-ria, che mi parve cosa miracolosa; e molti per ordinedel senato furono destinati a questo studio, cioè queidel numero de' studianti che erano di più acuto inge-gno e di matura età. Così in tre anni leggevano spedi-tamente ogni autore greco, pur che non fusse corrottoil libro. Elli così per mio aviso tanto agevolmente im-pararono quelle lettere, perch'io credo che derivasseroda' Greci, quando che ne la loro favella, che è persia-na, sono molte parole greche, specialmente nel no-

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non vedrai solamente fare da loro quelle opere chefanno i lavoratori altruove per vincere la malignitàdel terreno, anzi ivi si vede una selva cavata da le ra-dici con mano del popolo e un'altra piantata altruove,nel che non s'è considerato la fertilità del terreno,ma il commodo di condure i frutti o altre cose, acciòche fusseno le legne più commode al mare o al fiumeovero a le città. Sono gente benigne e piacevole cheama il riposo e, quando fa mestieri, paziente de la fatica especialmente negli studii che ornano l'animo.

Elli, avendo da me inteso de le lettere e dottri-na de' Greci, perché de le cose latine altro non com-mendano che le istorie e i poeti, si mostrarono moltobramosi ch'io di quelle lettere gli ammaestrasse. Così iocominciai a leggerli, più tosto acciò non credessinoch'io schivasse la fatica, che ch'io ne sperasse fruttoalcuno. Ma avendo letto alquanti giorni, la loro diligen-za mi diede ardire che non sarebbe vana la mia solleci-tudine, perché cominciarono scrivere le lettere, pronun-ciare le parole e mandarle con tanta prestezza a memo-ria, che mi parve cosa miracolosa; e molti per ordinedel senato furono destinati a questo studio, cioè queidel numero de' studianti che erano di più acuto inge-gno e di matura età. Così in tre anni leggevano spedi-tamente ogni autore greco, pur che non fusse corrottoil libro. Elli così per mio aviso tanto agevolmente im-pararono quelle lettere, perch'io credo che derivasseroda' Greci, quando che ne la loro favella, che è persia-na, sono molte parole greche, specialmente nel no-

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minare le città e i magistrati. Io, la quarta fiata chenavicai, mi posi in nave buon numero di libri in luocodi mercatanzie, avendo meco disposto di non tornarmai, più tosto che tornar presto. Così lasciai a quellimolte opere di Piatone e di Aristotile, Teofrasto deipianetti, ma troncato in più luochi, perché, essendotenuto con poca cura ne la nave, una simia ne cavòfuori alquante carte e, stracciatele giuocando, le ave-va sparte qua e là. Hanno in grammatica CostantinoLascari. Non aveva portato meco Teodoro Gaza, né altrodizionario che Esichio e Dioscoride. Tengono carissi-mi i libretti di Plutarco e si dilettano de le piacevolez-ze di Luciano; de' poeti hanno Aristofane, Omero,Euripide e Sofocle in forma picciola di Aldo; degliistorici Tuccidide, Erodoto et Erodiano; in medicina, Tri-cio Arpino, mio compagno, aveva portato alcune opered'Ippocrate e la Microtechne di Galeno, i quai libritengono carissimi, e quantunque meno sono bisognoside la medicina che qualunque altra nazione, tuttaviaè appresso di loro onorata più che in altro paese,perché l'annoverano tra le parti principali e utilissimede la filosofia. E investigando le cose di natura con loagiuto di questa, si danno a credere non solamente diprendere gran diletto, ma eziandio di aggradirsi som-mamente a l'autore e artefice di quella, pensando cheegli (come fanno gli altri artefici) abbia posto innantiagli occhi de l'uomo, il qual solo ha fatto di tal cogni-zione capace, questa machina, acciò che la consideri, eche più gli sia caro l'uomo che considera con admira-

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minare le città e i magistrati. Io, la quarta fiata chenavicai, mi posi in nave buon numero di libri in luocodi mercatanzie, avendo meco disposto di non tornarmai, più tosto che tornar presto. Così lasciai a quellimolte opere di Piatone e di Aristotile, Teofrasto deipianetti, ma troncato in più luochi, perché, essendotenuto con poca cura ne la nave, una simia ne cavòfuori alquante carte e, stracciatele giuocando, le ave-va sparte qua e là. Hanno in grammatica CostantinoLascari. Non aveva portato meco Teodoro Gaza, né altrodizionario che Esichio e Dioscoride. Tengono carissi-mi i libretti di Plutarco e si dilettano de le piacevolez-ze di Luciano; de' poeti hanno Aristofane, Omero,Euripide e Sofocle in forma picciola di Aldo; degliistorici Tuccidide, Erodoto et Erodiano; in medicina, Tri-cio Arpino, mio compagno, aveva portato alcune opered'Ippocrate e la Microtechne di Galeno, i quai libritengono carissimi, e quantunque meno sono bisognoside la medicina che qualunque altra nazione, tuttaviaè appresso di loro onorata più che in altro paese,perché l'annoverano tra le parti principali e utilissimede la filosofia. E investigando le cose di natura con loagiuto di questa, si danno a credere non solamente diprendere gran diletto, ma eziandio di aggradirsi som-mamente a l'autore e artefice di quella, pensando cheegli (come fanno gli altri artefici) abbia posto innantiagli occhi de l'uomo, il qual solo ha fatto di tal cogni-zione capace, questa machina, acciò che la consideri, eche più gli sia caro l'uomo che considera con admira-

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zione le dignissime opere di quello, che colui il qualecome animale senza intelletto e stupido non si cura dimirare questo mirabile spettacolo. Così gli ingegnidegli Utopiensi, ne le lettere esercitati, vagliono mi-rabilmente a truovare le arti utili ai commodi de lavita. Ma sono a noi debitori di due, cioè di imprimere li-bri e fare la carta bambacina, benché in buona parte daloro stessi ne vennero a perfetta cognizione di quelle.Perché mostrando le lettere di Aldo impresse in cartabambacina e ragionando con loro de lo stampare libri,intesero assai più oltra di quello che dicevamo, perchéniuno di noi era molto esperto di una né di altra. Elli disubito fecero congettura come si potesseno fare cotalarte; e perché scrivevano per adietro in pelli, in scorzae in papero, tentarono subito di fare la carta e stampa-re, ma non riuscendo da principio, fecero tante fiatel'esperienza che appresero amendue queste arti, e se nonmancasseno loro copie, averebbono già stampato assailibri greci. Ma non hanno altri libri che li sopradetti, edi questi hanno stampato gran numero. Ognuno che siadi singulare ingegno, overo ch'abbi veduto buona partedel mondo, il quale pervenga a loro per mirare gliistituti di quelli, è raccolto benignamente, perchéodono volontieri ciò che si fa negli altri paesi. Pochimercanti vi vanno. Che altro vi possono portare cheferro? E che vorebbono portar via altro che oro; Maelli vogliono in persona portar via le cose loro per avercognizione degli altri paesi e non si scordare la periziadel navicare.

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zione le dignissime opere di quello, che colui il qualecome animale senza intelletto e stupido non si cura dimirare questo mirabile spettacolo. Così gli ingegnidegli Utopiensi, ne le lettere esercitati, vagliono mi-rabilmente a truovare le arti utili ai commodi de lavita. Ma sono a noi debitori di due, cioè di imprimere li-bri e fare la carta bambacina, benché in buona parte daloro stessi ne vennero a perfetta cognizione di quelle.Perché mostrando le lettere di Aldo impresse in cartabambacina e ragionando con loro de lo stampare libri,intesero assai più oltra di quello che dicevamo, perchéniuno di noi era molto esperto di una né di altra. Elli disubito fecero congettura come si potesseno fare cotalarte; e perché scrivevano per adietro in pelli, in scorzae in papero, tentarono subito di fare la carta e stampa-re, ma non riuscendo da principio, fecero tante fiatel'esperienza che appresero amendue queste arti, e se nonmancasseno loro copie, averebbono già stampato assailibri greci. Ma non hanno altri libri che li sopradetti, edi questi hanno stampato gran numero. Ognuno che siadi singulare ingegno, overo ch'abbi veduto buona partedel mondo, il quale pervenga a loro per mirare gliistituti di quelli, è raccolto benignamente, perchéodono volontieri ciò che si fa negli altri paesi. Pochimercanti vi vanno. Che altro vi possono portare cheferro? E che vorebbono portar via altro che oro; Maelli vogliono in persona portar via le cose loro per avercognizione degli altri paesi e non si scordare la periziadel navicare.

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Dei servi.

Non tengono per servi quei che sono presi inguerra, ancora che fusse fatta da loro, né i figliuoli deiservi, né alcuno che serva apo altre nazioni, i quai pos-sino comperare, ma quei che per qualche mancamentosono da loro dannati a la servitù, overo altri diesterne nazioni che gli sono dati a tale supplicioper qualche loro mancamento; il che aviene sovente,e molti ne hanno per vilissimo prezzo. Tengono que-sti servi in continua fatica e in catene, ma trattano iloro propii più duramente, giudicando che siano incorri-gibili e degni di più greve sopplicio, poiché, essendo tan-to egregiamente nodriti a la virtù, non s'hanno potu-to raffrenare dal vizio. Evvi un'altra sorte di servi:quando alcuno di altra nazione avezzo a la fatica, pove-ro e di bassa condizione elegge di servire a quelli. Que-sti (eccetto che li danno alquanto più fatica) trattanobenignamente e li tengono poco meno che per lorocittadini. S'alcuno vuole partirsi (il che di raro aviene)non lo tengono contra sua voglia, né lo mandano viasenza doni.

Gli infermi (come dicemmo) trattano con grancarità, non tralasciando cosa alcuna cerca le medicinee il governo del vivere, che vaglia a rendere a quelli lasanità. S'alcuno è incurabile, tenendoli compagnia, par-lando con lui e servendolo, allegeriscono la sua calamità.Ma se l'infermità è incurabile e di perpetuo dolore, i

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Dei servi.

Non tengono per servi quei che sono presi inguerra, ancora che fusse fatta da loro, né i figliuoli deiservi, né alcuno che serva apo altre nazioni, i quai pos-sino comperare, ma quei che per qualche mancamentosono da loro dannati a la servitù, overo altri diesterne nazioni che gli sono dati a tale supplicioper qualche loro mancamento; il che aviene sovente,e molti ne hanno per vilissimo prezzo. Tengono que-sti servi in continua fatica e in catene, ma trattano iloro propii più duramente, giudicando che siano incorri-gibili e degni di più greve sopplicio, poiché, essendo tan-to egregiamente nodriti a la virtù, non s'hanno potu-to raffrenare dal vizio. Evvi un'altra sorte di servi:quando alcuno di altra nazione avezzo a la fatica, pove-ro e di bassa condizione elegge di servire a quelli. Que-sti (eccetto che li danno alquanto più fatica) trattanobenignamente e li tengono poco meno che per lorocittadini. S'alcuno vuole partirsi (il che di raro aviene)non lo tengono contra sua voglia, né lo mandano viasenza doni.

Gli infermi (come dicemmo) trattano con grancarità, non tralasciando cosa alcuna cerca le medicinee il governo del vivere, che vaglia a rendere a quelli lasanità. S'alcuno è incurabile, tenendoli compagnia, par-lando con lui e servendolo, allegeriscono la sua calamità.Ma se l'infermità è incurabile e di perpetuo dolore, i

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sacerdoti e il magistrato lo confortano che, essendogià inetto agli ufFicii de la vita e molesto agli altri egreve a sé stesso, che non voglia sopravivere a la pro-pia morte e nodrire seco la pestifera infermità, e che,essendogli la vita un tormento, non dubiti di morire;anzi, ch'avendo buona speranza che sarà libero datale acerba vita, uccida sé stesso o si lasci dagli altriuccidere; e che farà opera da prudente, quando chele calamità saranno da lui lasciate morendo, non icommodi; oltre che, seguendo il consiglio dei sacerdotiinterpreti dei dèi, farà opera santa e pia. Chi sono aquesto persuasi, overo con astinenza finiscono la vita,overo dormendo sono uccisi. Ma non ne fanno morirealcuno contra sua voglia, né mancano di servirlo nel'infermità, parendo loro che questa sia onorata impre-sa. Ma s'alcuno s'uccide senza il consentimento dei sa-cerdoti e del magistrato, egli, senza esser sepolto, vie-ne gittato in una palude.

Le femine non si maritano innanti anni dodici, ei maschi de sedici. Se il maschio o la femina sonotruovati a lussuriare innanti al matrimonio, vengonopuniti grevemente e privati in perpetuo del matrimo-nio, se il principe non si muove a pietà di perdonarloro tal fallo. Il padre e la madre di famiglia sotto ' go-verno dei quali aviene tal mancamento sono infamiati diesser stati poco attenti a governare le creature a lorocommesse. Puniscono questa colpa tanto atrocemente,prevedendo che pochi si mariterebbono volontieri pernon vivere tutti gli anni con una sola e non tollerar le

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sacerdoti e il magistrato lo confortano che, essendogià inetto agli ufFicii de la vita e molesto agli altri egreve a sé stesso, che non voglia sopravivere a la pro-pia morte e nodrire seco la pestifera infermità, e che,essendogli la vita un tormento, non dubiti di morire;anzi, ch'avendo buona speranza che sarà libero datale acerba vita, uccida sé stesso o si lasci dagli altriuccidere; e che farà opera da prudente, quando chele calamità saranno da lui lasciate morendo, non icommodi; oltre che, seguendo il consiglio dei sacerdotiinterpreti dei dèi, farà opera santa e pia. Chi sono aquesto persuasi, overo con astinenza finiscono la vita,overo dormendo sono uccisi. Ma non ne fanno morirealcuno contra sua voglia, né mancano di servirlo nel'infermità, parendo loro che questa sia onorata impre-sa. Ma s'alcuno s'uccide senza il consentimento dei sa-cerdoti e del magistrato, egli, senza esser sepolto, vie-ne gittato in una palude.

Le femine non si maritano innanti anni dodici, ei maschi de sedici. Se il maschio o la femina sonotruovati a lussuriare innanti al matrimonio, vengonopuniti grevemente e privati in perpetuo del matrimo-nio, se il principe non si muove a pietà di perdonarloro tal fallo. Il padre e la madre di famiglia sotto ' go-verno dei quali aviene tal mancamento sono infamiati diesser stati poco attenti a governare le creature a lorocommesse. Puniscono questa colpa tanto atrocemente,prevedendo che pochi si mariterebbono volontieri pernon vivere tutti gli anni con una sola e non tollerar le

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molestie del matrimonio, quando fussero avezzi digiacersi ora con questa, ora con quella.

Ne l'eleggere le mogli tengono un modo a mioparere ridiculoso, ma riputato da loro prudentissimo.Una onesta matrona mostra la virgine, o vedova chesia, nuda a lo sposo, e parimente un uomo di gravitamostra il giovane nudo a la giovanetta. E biasimando ioquesto costume come inetto, elli a l'incontro risposeroche si maravigliavano assai de la pazzia de le altregenti, le quali nel comperare un cavallo, ove si tratta depochi denari, vanno tanto cautamente che lo voglionovedere senza sella, acciò che sotto quella non avessequalche piaga, e ne l'elegger la moglie, la quale puòdare a quelli o solazzo o dispiacere mentre che dura lavita, sono tanto negligenti che si contentano di vederla donna quasi tutta cuoperta, quando che vedeno sola-mente il volto di quella, e tuttavia puotrebbe ella nascon-dere qualche diffetto per lo quale non mai si contente-rebbe d'averla presa. Né tutti sono di tanta sapienzache mirino solamente ai costumi; anzi, nei matrimoniidei savi uomini le doti del corpo fanno più grati i donide l'animo. Veramente tale bruttura puotrebbe nascon-dersi sotto gli abbiti, che la moglie sempre fosse odiosaal marito, e a questo si debbe provedere con leggi primache segua l'inganno, quando che elli soli di tutte le al-tre nazioni sono contenti di una sola moglie, né si scio-glie il matrimonio se non per l'adulterio o per altra in-tollerabile molestia. In tai casi il senato concede al'innocente di rimaritarsi e il colpevole resta infame e

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molestie del matrimonio, quando fussero avezzi digiacersi ora con questa, ora con quella.

Ne l'eleggere le mogli tengono un modo a mioparere ridiculoso, ma riputato da loro prudentissimo.Una onesta matrona mostra la virgine, o vedova chesia, nuda a lo sposo, e parimente un uomo di gravitamostra il giovane nudo a la giovanetta. E biasimando ioquesto costume come inetto, elli a l'incontro risposeroche si maravigliavano assai de la pazzia de le altregenti, le quali nel comperare un cavallo, ove si tratta depochi denari, vanno tanto cautamente che lo voglionovedere senza sella, acciò che sotto quella non avessequalche piaga, e ne l'elegger la moglie, la quale puòdare a quelli o solazzo o dispiacere mentre che dura lavita, sono tanto negligenti che si contentano di vederla donna quasi tutta cuoperta, quando che vedeno sola-mente il volto di quella, e tuttavia puotrebbe ella nascon-dere qualche diffetto per lo quale non mai si contente-rebbe d'averla presa. Né tutti sono di tanta sapienzache mirino solamente ai costumi; anzi, nei matrimoniidei savi uomini le doti del corpo fanno più grati i donide l'animo. Veramente tale bruttura puotrebbe nascon-dersi sotto gli abbiti, che la moglie sempre fosse odiosaal marito, e a questo si debbe provedere con leggi primache segua l'inganno, quando che elli soli di tutte le al-tre nazioni sono contenti di una sola moglie, né si scio-glie il matrimonio se non per l'adulterio o per altra in-tollerabile molestia. In tai casi il senato concede al'innocente di rimaritarsi e il colpevole resta infame e

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privo in perpetuo de matrimonio. Non vogliono chela moglie non colpevole sia ripudiata contra sua vo-glia, ancora che cadesse in qualche calamità del corpo,parendo loro una crudeltà che si abbandoni la personaquando ha maggior bisogno di consolazione, perché lavecchiezza, che porta le infermità et è l'infermità istessa,sarebbe da la compagnia abbandonata. Aviene a lefiate che, non si confacendo de costumi e truovandoamendue altri con i quai sperano di vivere più soave-mente, si separano e maritansi tutti due, con l'autoritàperò del senato, il quale non ammette il divorzio seprima non conosce le cause di quello, e anco le fa in-vestigare da le propie mogli. E anco si rendono diffi-cili a questo, acciò che non si speri di mutar facilmen-te il matrimonio. Gli adùlteri puniscono con durissimaservitù, e se erano amendue adùlteri, si concede che, la-sciato l'adulterio, si maritino insieme, overo con al-tri. Ma se quello che è offeso tanto ama l'offendito-re che non voglia fare divorzio, non gli è vietato dimantenere il matrimonio, pur che voglia seguire nel'opera il dannato. E sovente è avenuto che la sollecitapazienza de l'innocente ha ottenuto la libertà al colpe-vole. Ma chi adultera dopoi questo perdono, è punitone la testa. A le altre colpe non è assignato determinatosopplicio, ma secondo il mancamento segue il soppli-cio più o men greve, come pare al senato. I mariti ca-stigano le mogli, i padri i figliuoli, se non fusse qualcheenorme mancamento che si dovesse punire pubica-mente. Ma quasi tutte le grevi colpe sono punite con

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privo in perpetuo de matrimonio. Non vogliono chela moglie non colpevole sia ripudiata contra sua vo-glia, ancora che cadesse in qualche calamità del corpo,parendo loro una crudeltà che si abbandoni la personaquando ha maggior bisogno di consolazione, perché lavecchiezza, che porta le infermità et è l'infermità istessa,sarebbe da la compagnia abbandonata. Aviene a lefiate che, non si confacendo de costumi e truovandoamendue altri con i quai sperano di vivere più soave-mente, si separano e maritansi tutti due, con l'autoritàperò del senato, il quale non ammette il divorzio seprima non conosce le cause di quello, e anco le fa in-vestigare da le propie mogli. E anco si rendono diffi-cili a questo, acciò che non si speri di mutar facilmen-te il matrimonio. Gli adùlteri puniscono con durissimaservitù, e se erano amendue adùlteri, si concede che, la-sciato l'adulterio, si maritino insieme, overo con al-tri. Ma se quello che è offeso tanto ama l'offendito-re che non voglia fare divorzio, non gli è vietato dimantenere il matrimonio, pur che voglia seguire nel'opera il dannato. E sovente è avenuto che la sollecitapazienza de l'innocente ha ottenuto la libertà al colpe-vole. Ma chi adultera dopoi questo perdono, è punitone la testa. A le altre colpe non è assignato determinatosopplicio, ma secondo il mancamento segue il soppli-cio più o men greve, come pare al senato. I mariti ca-stigano le mogli, i padri i figliuoli, se non fusse qualcheenorme mancamento che si dovesse punire pubica-mente. Ma quasi tutte le grevi colpe sono punite con

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servitù, il che non meno spiace agli scelerati et è piùcommodo a la republica che ucciderli, perché giovanopiù con la fatica che con la morte, e con l'essempiocontinuo ammoniscono gli altri a guardarsi da similicolpe. Se in tal stato sono perversi e inobedienti, alloracome bestie indomite gli uccidono; li pazienti non sonofuori di speranza che, tollerando i travagli e le fatiche,e mostrando che più loro spiacia il peccato che la pe-nitenza, non siano francati, o mitigata la servitù perautorità del prencipe o suffragii del popolo.

Non meno puniscono chi ha provocato alcunapersona a lussuria che s'avesse commesso l'errore, pa-rendo loro che la volontà determinata a peccare, ancorache non possi venire ad effetto, sia de l'istesso suppli-cio degna.

Si pigliano piacere de' boffoni, ma non è lecitofargli ingiuria, né gli danno in governo a chi non sidiletta de le loro facezie, temendo che non siano bentrattati. Non si concede di schernire alcuno che siatronco o sciancato, parendo sconvenevole schernire quelvizio che è venuto in l'uomo senza sua colpa. Sì cometengono per dapoco chi non hanno cura di conservarsila bellezza naturale, così biasimano quel che con bel-letti studia di aumentarla, avendo per certo che labontà dei costumi assai più vale a render grata lamoglie al marito che alcuna bellezza corporale. Nonsolamente si rimangono da le sceleragini per tema deisopplicii, ma sono invitati a le virtù con egregii onori.Rizzano ne la piazza statue agli uomini che per la repu-

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servitù, il che non meno spiace agli scelerati et è piùcommodo a la republica che ucciderli, perché giovanopiù con la fatica che con la morte, e con l'essempiocontinuo ammoniscono gli altri a guardarsi da similicolpe. Se in tal stato sono perversi e inobedienti, alloracome bestie indomite gli uccidono; li pazienti non sonofuori di speranza che, tollerando i travagli e le fatiche,e mostrando che più loro spiacia il peccato che la pe-nitenza, non siano francati, o mitigata la servitù perautorità del prencipe o suffragii del popolo.

Non meno puniscono chi ha provocato alcunapersona a lussuria che s'avesse commesso l'errore, pa-rendo loro che la volontà determinata a peccare, ancorache non possi venire ad effetto, sia de l'istesso suppli-cio degna.

Si pigliano piacere de' boffoni, ma non è lecitofargli ingiuria, né gli danno in governo a chi non sidiletta de le loro facezie, temendo che non siano bentrattati. Non si concede di schernire alcuno che siatronco o sciancato, parendo sconvenevole schernire quelvizio che è venuto in l'uomo senza sua colpa. Sì cometengono per dapoco chi non hanno cura di conservarsila bellezza naturale, così biasimano quel che con bel-letti studia di aumentarla, avendo per certo che labontà dei costumi assai più vale a render grata lamoglie al marito che alcuna bellezza corporale. Nonsolamente si rimangono da le sceleragini per tema deisopplicii, ma sono invitati a le virtù con egregii onori.Rizzano ne la piazza statue agli uomini che per la repu-

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blica hanno fatto qualche degna impresa, acciò che siconservi la memoria de le opere illustri e i loro discen -denti siano a la virtù incitati. Chi cerca di avere al-cuno magistrato, ne viene privato al tutto. Vivono in-sieme amichevolmente, perché i magistrati non sonoterribili, si chiamano padri e si portano da padri, e i po-poli gli onorano spontaneamente. Il prencipe non èdagli altri conosciuto con diadema o corona, ma con unmanipolo di formento, che gli viene portato innanti, eil pontefice con un torchio.

Hanno poche leggi e biasimano gli altri popoliche empiono de leggi e d'interpreti smisurati volumi,parendo loro che sia iniquità obligare a tante leggil'uomo, che non si possino leggere, e tanto oscure, chenon siano intese. Non ammettono avocati, anzi voglio-no che ognuno in giudicio dica la sua ragione, per-ché in tal guisa si ragiona meno e meglio si cava laverità senza ornamento di parole. Il giudice sollecita-mente espedisce ogni causa e favorisce agli ingegnisemplici contro i malvagi e accorti, il che a fatica sipuò osservare apo le altre nazioni tra tante dubiose leg-gi. Apo loro ciascuno è giureconsulto, perch'hannopochissime leggi, e commendano sommamente la piùsemplice interpretazione che se le dia, perché la sotti-le interpretazione non può esser da tutti intesa, il cheè contra la intenzione de le leggi, le quai si danno ac-ciò che siano a tutti manifeste.

I popoli vicini, che sono liberi, perché moltihanno sofferto la tirannia, mossi da queste virtù,

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blica hanno fatto qualche degna impresa, acciò che siconservi la memoria de le opere illustri e i loro discen -denti siano a la virtù incitati. Chi cerca di avere al-cuno magistrato, ne viene privato al tutto. Vivono in-sieme amichevolmente, perché i magistrati non sonoterribili, si chiamano padri e si portano da padri, e i po-poli gli onorano spontaneamente. Il prencipe non èdagli altri conosciuto con diadema o corona, ma con unmanipolo di formento, che gli viene portato innanti, eil pontefice con un torchio.

Hanno poche leggi e biasimano gli altri popoliche empiono de leggi e d'interpreti smisurati volumi,parendo loro che sia iniquità obligare a tante leggil'uomo, che non si possino leggere, e tanto oscure, chenon siano intese. Non ammettono avocati, anzi voglio-no che ognuno in giudicio dica la sua ragione, per-ché in tal guisa si ragiona meno e meglio si cava laverità senza ornamento di parole. Il giudice sollecita-mente espedisce ogni causa e favorisce agli ingegnisemplici contro i malvagi e accorti, il che a fatica sipuò osservare apo le altre nazioni tra tante dubiose leg-gi. Apo loro ciascuno è giureconsulto, perch'hannopochissime leggi, e commendano sommamente la piùsemplice interpretazione che se le dia, perché la sotti-le interpretazione non può esser da tutti intesa, il cheè contra la intenzione de le leggi, le quai si danno ac-ciò che siano a tutti manifeste.

I popoli vicini, che sono liberi, perché moltihanno sofferto la tirannia, mossi da queste virtù,

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dimandano dagli Utopiensi i magistrati per un annoe anco per cinque, e quando hanno fornito il loro uf-ficio li rimandano onorevolmente e ne conduconoseco degli altri; e in vero questi popoli ottimamenteproveggono a la loro republica, la cui salute o rovi-na depende dai costumi dei magistrati, né potevanofar migliore elezione, quando che sono gli Utopiensid'una tale costanza, che non si piegano con prezzo alcu-no, e avendo da ritornare a la patria, non hanno occa-sione di far ingiustizia, massimamente che, non cono-scendo quei cittadini, non possono da alcuno agevol-mente esser persuasi di contravenire a la giustizia.Questi due mali, amore e avarizia, quando hanno po-tere nei giudicii pervertono ogni giustizia e indeboli-scono ogni nervo de la republica. Utopiani chiamanocompagni quei popoli ai quali danno magistrati, eamici quei a chi hanno fatto beneficii. Elli non fannocon altre genti confederazioni, le quai tanto soventeapo altri popoli sono fatte e rinuovate. Perché s'han-no da fare (dicono elli) confederazioni alcune, bastan-do ad amicarsi l'uomo la commune natura umana, laquale non giovando, che puotranno più valere le paro-le? Sono in questo parere, perché le convenzioni e pat-ti tra prencipi in quei paesi poco fedelmente si os-servano. Ma in Europa, e specialmente dove regna lafede di Cristo, si conservano inviolabilmente le confe-derazioni, parte per giustizia e bontà dei prencipi, par-te per reverenza e timore dei sommi pontefici, i quai,sì come non commettono cosa alcuna, che contraven-

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dimandano dagli Utopiensi i magistrati per un annoe anco per cinque, e quando hanno fornito il loro uf-ficio li rimandano onorevolmente e ne conduconoseco degli altri; e in vero questi popoli ottimamenteproveggono a la loro republica, la cui salute o rovi-na depende dai costumi dei magistrati, né potevanofar migliore elezione, quando che sono gli Utopiensid'una tale costanza, che non si piegano con prezzo alcu-no, e avendo da ritornare a la patria, non hanno occa-sione di far ingiustizia, massimamente che, non cono-scendo quei cittadini, non possono da alcuno agevol-mente esser persuasi di contravenire a la giustizia.Questi due mali, amore e avarizia, quando hanno po-tere nei giudicii pervertono ogni giustizia e indeboli-scono ogni nervo de la republica. Utopiani chiamanocompagni quei popoli ai quali danno magistrati, eamici quei a chi hanno fatto beneficii. Elli non fannocon altre genti confederazioni, le quai tanto soventeapo altri popoli sono fatte e rinuovate. Perché s'han-no da fare (dicono elli) confederazioni alcune, bastan-do ad amicarsi l'uomo la commune natura umana, laquale non giovando, che puotranno più valere le paro-le? Sono in questo parere, perché le convenzioni e pat-ti tra prencipi in quei paesi poco fedelmente si os-servano. Ma in Europa, e specialmente dove regna lafede di Cristo, si conservano inviolabilmente le confe-derazioni, parte per giustizia e bontà dei prencipi, par-te per reverenza e timore dei sommi pontefici, i quai,sì come non commettono cosa alcuna, che contraven-

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ga a la religione, così commandano che gli altri prencipimantengano le loro promesse e con scommuniche seve-rissime sforzano i contumaci a servare la loro fede. Emeritamente in vero tengono per biasimo vituperevoleche non si osservi fede ne le confederazioni da coloroche specialmente si nomano fideli. Ma in quel nuovomondo, tanto dal nostro distante quanto sono ancorai costumi dissimili, non si fidano di confederazione,quando che non si possono fare con tante cerimonie esagramenti, che non si truovi ne le parole qualche ca-lumnia postavi a studio; e così non si può fare con-federazione alcuna che non vi sia un uncino da rom-perla. Ma se truovano i prencipi simile accortezza oinganno nei contratti degli uomini privati, li dannanocome sacrilegi e degni di morte; e questo farebbonospecialmente i consiglieri dei prencipi, i quai sono talfiata stati autori de le fraudolenti confederazioni acciòche si potessino rompere. Indi aviene che non vi siaaltra giustizia se non la umile e plebea, e molto infe-riore da la regale maestà. Come se vi fusseno due giu-stizie, una del volgo, umile e bassa, la quale, avinta conmolti nodi, non ardisca levarsi; l'altra dei prencipi, altae magnifica, a la quale tanto sia lecito quanto loropiace. Io credo che gli Utopiensi non facciano alcunaconfederazione, perché i prencipi di quel paese tantosono a contravenire ad ogni loro promessa disposti. Tut-tavia, se vivessero in queste parti, muterebbono proposi-to. Benché elli giudicano, ancora che fusseno osservatele confederazioni ottimamente, che non sia bene fare

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ga a la religione, così commandano che gli altri prencipimantengano le loro promesse e con scommuniche seve-rissime sforzano i contumaci a servare la loro fede. Emeritamente in vero tengono per biasimo vituperevoleche non si osservi fede ne le confederazioni da coloroche specialmente si nomano fideli. Ma in quel nuovomondo, tanto dal nostro distante quanto sono ancorai costumi dissimili, non si fidano di confederazione,quando che non si possono fare con tante cerimonie esagramenti, che non si truovi ne le parole qualche ca-lumnia postavi a studio; e così non si può fare con-federazione alcuna che non vi sia un uncino da rom-perla. Ma se truovano i prencipi simile accortezza oinganno nei contratti degli uomini privati, li dannanocome sacrilegi e degni di morte; e questo farebbonospecialmente i consiglieri dei prencipi, i quai sono talfiata stati autori de le fraudolenti confederazioni acciòche si potessino rompere. Indi aviene che non vi siaaltra giustizia se non la umile e plebea, e molto infe-riore da la regale maestà. Come se vi fusseno due giu-stizie, una del volgo, umile e bassa, la quale, avinta conmolti nodi, non ardisca levarsi; l'altra dei prencipi, altae magnifica, a la quale tanto sia lecito quanto loropiace. Io credo che gli Utopiensi non facciano alcunaconfederazione, perché i prencipi di quel paese tantosono a contravenire ad ogni loro promessa disposti. Tut-tavia, se vivessero in queste parti, muterebbono proposi-to. Benché elli giudicano, ancora che fusseno osservatele confederazioni ottimamente, che non sia bene fare

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tai confederazioni, perché si puotrebbono tenere pernimici quei popoli che sono divisi con un rivo o conun colle, non avendo tra loro tai segni de parti, e indiguerreggiare insieme; anzi, che, fatte le confederazio-ni, non si strigne però l'amicizia e resta la licenza disaccheggiare, non si avendo per imprudenza potutoporre ne la confederazione ogni cautela somciente a ri-battere l'ingiuria. Ma elli a l'incontro giudicano chenon si tenga alcuno per nimico, dal quale non s'abbiaricevuto ingiuria, e che basti la compagnia naturale inluoco di confederazione, perché gli uomini più volon-tieri e con maggior fermezza si uniscono cogli animi,che per confederazioni o parole.

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tai confederazioni, perché si puotrebbono tenere pernimici quei popoli che sono divisi con un rivo o conun colle, non avendo tra loro tai segni de parti, e indiguerreggiare insieme; anzi, che, fatte le confederazio-ni, non si strigne però l'amicizia e resta la licenza disaccheggiare, non si avendo per imprudenza potutoporre ne la confederazione ogni cautela somciente a ri-battere l'ingiuria. Ma elli a l'incontro giudicano chenon si tenga alcuno per nimico, dal quale non s'abbiaricevuto ingiuria, e che basti la compagnia naturale inluoco di confederazione, perché gli uomini più volon-tieri e con maggior fermezza si uniscono cogli animi,che per confederazioni o parole.

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De la guerra.

Hanno sommamente in abominazione la guerracome cosa d'animali, dei quai però niuno così lunga-mente guerreggia come l'uomo, né tengono altra cosapiù biasimevole che la gloria acquistata in guerra. Equantunque si esercitino ne la milizia, non solamente imaschi, ma le femine ancora, a certi giorni, per nonessere al guerregiare inetti quando fusse il bisogno, tut-tavolta non si mettono a guerreggiare inconsiderata-mente se non per difendere i lor confini o per liberareda la tirannia e servitù qualche misero popolo. Benchétalvolta porgono agiuto agli amici, non solamenteperché si difendono, ma eziandio perché recompensi-no le avute ingiurie; ma questo fanno, essendone di-mandato loro consiglio, prima che si venga a le armi eche sia pruovata la causa per giusta, cioè quando gli ini-mici di quelli facendo correrie abbino condotto via ilbottino, et essendogli stato ridomandato, non l'abbi-no voluto rendere; ma fanno guerra più atroce quan-do i loro mercanti sono maltrattati o calunniati ingiu-stamente apo le altre nazioni. Tale fu la guerra che fece-ro poco avanti la nostra memoria per Nefelogiti con-tra Alaopoliti, i quai avendo maltrattato i mercanti de'Nefelogiti sotto colore di osservare le lor leggi, furonocon la guerra sanguinosa però d'ambe le parti di manie-ra afflitti, che, multiplicando le calamità, caddero in ser-vitù de' Nefelogiti, perché gli Utopiensi combatterono

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De la guerra.

Hanno sommamente in abominazione la guerracome cosa d'animali, dei quai però niuno così lunga-mente guerreggia come l'uomo, né tengono altra cosapiù biasimevole che la gloria acquistata in guerra. Equantunque si esercitino ne la milizia, non solamente imaschi, ma le femine ancora, a certi giorni, per nonessere al guerregiare inetti quando fusse il bisogno, tut-tavolta non si mettono a guerreggiare inconsiderata-mente se non per difendere i lor confini o per liberareda la tirannia e servitù qualche misero popolo. Benchétalvolta porgono agiuto agli amici, non solamenteperché si difendono, ma eziandio perché recompensi-no le avute ingiurie; ma questo fanno, essendone di-mandato loro consiglio, prima che si venga a le armi eche sia pruovata la causa per giusta, cioè quando gli ini-mici di quelli facendo correrie abbino condotto via ilbottino, et essendogli stato ridomandato, non l'abbi-no voluto rendere; ma fanno guerra più atroce quan-do i loro mercanti sono maltrattati o calunniati ingiu-stamente apo le altre nazioni. Tale fu la guerra che fece-ro poco avanti la nostra memoria per Nefelogiti con-tra Alaopoliti, i quai avendo maltrattato i mercanti de'Nefelogiti sotto colore di osservare le lor leggi, furonocon la guerra sanguinosa però d'ambe le parti di manie-ra afflitti, che, multiplicando le calamità, caddero in ser-vitù de' Nefelogiti, perché gli Utopiensi combatterono

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per Nefelogiti e non per propio interesse. Così gli Uto-piensi fanno atroce vendetta de le ingiurie fatte agliamici anco nei denari, ma non così fieramente vendi-cano le propie, perché, se gli uomini loro per qualcheinganno perdono i loro beni, pur che non sia lor fattoviolenza nei corpi, si contentano che si satisfaccia aldanno, e non più tengono comercio di quella gente.Non però che meno curino i loro cittadini che i loroconfederati, ma perché i mercanti di quelli, essendoingannati, perdeno del propio avere, laonde sentenomaggior danno. Ma i cittadini utopiensi altro non posso-no perdere che dei beni de la republica, i quai simandano ad altri paesi quando avanzano loro, e indiquasi niuno sente di questo danno. Perciò reputano chesia una crudeltà voler punir con morte di molti queldanno dal quale niuno senta incommodo nel vivere one la vita. Ma s'alcuno dei loro cittadini viene ferito omorto ingiuriosamente, sia fatto per consiglio publico oprivato, mandano ambasciatori a dimandare i colpevoli,e non essendo loro dati, muovono guerra contra quelpopolo. I colpevoli, che gli sono dati, overo uccidono,o tengono per servi.

Si vergognano e pentono de la vittoria sangui-nosa, parendo loro d'aver comperato troppo caro lemercatanzie, ancora che fusseno di gran prezzo. Sigloriano d'aver vinto i nimici con arte o con inganno;di questo trionfano pomposamente e ne rizzano untrofeo. E allora si vantano arditamente, quando han-no vinto con quella industria con la quale l'uomo so-

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per Nefelogiti e non per propio interesse. Così gli Uto-piensi fanno atroce vendetta de le ingiurie fatte agliamici anco nei denari, ma non così fieramente vendi-cano le propie, perché, se gli uomini loro per qualcheinganno perdono i loro beni, pur che non sia lor fattoviolenza nei corpi, si contentano che si satisfaccia aldanno, e non più tengono comercio di quella gente.Non però che meno curino i loro cittadini che i loroconfederati, ma perché i mercanti di quelli, essendoingannati, perdeno del propio avere, laonde sentenomaggior danno. Ma i cittadini utopiensi altro non posso-no perdere che dei beni de la republica, i quai simandano ad altri paesi quando avanzano loro, e indiquasi niuno sente di questo danno. Perciò reputano chesia una crudeltà voler punir con morte di molti queldanno dal quale niuno senta incommodo nel vivere one la vita. Ma s'alcuno dei loro cittadini viene ferito omorto ingiuriosamente, sia fatto per consiglio publico oprivato, mandano ambasciatori a dimandare i colpevoli,e non essendo loro dati, muovono guerra contra quelpopolo. I colpevoli, che gli sono dati, overo uccidono,o tengono per servi.

Si vergognano e pentono de la vittoria sangui-nosa, parendo loro d'aver comperato troppo caro lemercatanzie, ancora che fusseno di gran prezzo. Sigloriano d'aver vinto i nimici con arte o con inganno;di questo trionfano pomposamente e ne rizzano untrofeo. E allora si vantano arditamente, quando han-no vinto con quella industria con la quale l'uomo so-

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lamente può vincere, cioè con le forze de l'ingegno, equesto reputano una egregia virtù. Dicono elli: i leoni,gli orsi, i lupi, i cingiali, i cani e le altre bestie combatto-no con le forze del corpo, ma sì come assai di quelle civincono per valore e ferocità corporale, così noi le su-periamo tutte con l'ingegno e con la ragione. Nel loroguerreggiare mirano di ottenire quella cosa per ca-gion de la quale hanno mosso guerra; ma s'alcuno gliresiste, ne fanno così atroce vendetta, che gli altri perl'avenir non ardiscono da contraporsi a loro. A questecose mirano elli prencipalmente e in fretta ne ven-gono a l'effetto, avendo però l'occhio prencipalmentepiù tosto a schivare il pericolo che di farsi gloriosi.Perciò, intimata la guerra, fanno porre segretamente mol-ti scritti col bollo publico nei luochi più frequenti de' ni-mici, facendo intendere come promettono gran pre-mio a chi amazza il prencipe, e minore poi per la testadegli altri che proscrivono, e sono questi i consiglieri, iquai dopo ' prencipe sono autori de la guerra. Ma dan-no dopio premio a chi presenta vivi quei ch'hannoproscritto, e anco invitano con larghi premii gli istes-si proscritti in andare contra i loro popoli e perdo-nano a quelli ogni passato fallo. Così l'inimici in brevetempo hanno sospetto di tutti gli uomini, né si fidanotra loro medesimi, laonde si truovano in gran pericoloe timore. Et è più volte avenuto che buona parte diloro, e tra questi il prencipe, siano stati traditi da co-loro nei quai aveano maggior speranza. Tanto facilmen-te sono spinti ad ogni sceleragine gli uomini con i doni,

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lamente può vincere, cioè con le forze de l'ingegno, equesto reputano una egregia virtù. Dicono elli: i leoni,gli orsi, i lupi, i cingiali, i cani e le altre bestie combatto-no con le forze del corpo, ma sì come assai di quelle civincono per valore e ferocità corporale, così noi le su-periamo tutte con l'ingegno e con la ragione. Nel loroguerreggiare mirano di ottenire quella cosa per ca-gion de la quale hanno mosso guerra; ma s'alcuno gliresiste, ne fanno così atroce vendetta, che gli altri perl'avenir non ardiscono da contraporsi a loro. A questecose mirano elli prencipalmente e in fretta ne ven-gono a l'effetto, avendo però l'occhio prencipalmentepiù tosto a schivare il pericolo che di farsi gloriosi.Perciò, intimata la guerra, fanno porre segretamente mol-ti scritti col bollo publico nei luochi più frequenti de' ni-mici, facendo intendere come promettono gran pre-mio a chi amazza il prencipe, e minore poi per la testadegli altri che proscrivono, e sono questi i consiglieri, iquai dopo ' prencipe sono autori de la guerra. Ma dan-no dopio premio a chi presenta vivi quei ch'hannoproscritto, e anco invitano con larghi premii gli istes-si proscritti in andare contra i loro popoli e perdo-nano a quelli ogni passato fallo. Così l'inimici in brevetempo hanno sospetto di tutti gli uomini, né si fidanotra loro medesimi, laonde si truovano in gran pericoloe timore. Et è più volte avenuto che buona parte diloro, e tra questi il prencipe, siano stati traditi da co-loro nei quai aveano maggior speranza. Tanto facilmen-te sono spinti ad ogni sceleragine gli uomini con i doni,

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i quai sono dati dagli Utopiensi in questi casi senza mi-sura alcuna; ma considerando a quanto pericolo li con-fortano, studiano di ricompensare con la copia dei be-neficii la grandezza del pericolo. Perciò promettono, e at-tendono poi con effetto, non solamente gran sommad'oro, ma eziandio grandi rendite in luochi securi apogli amici. Questa foggia di apprezzare e mercare il ni-mico, biasimato apo le altre nazioni, e riputato di ani-mo vile e crudele, apo loro è tenuta per gloriosa impresa,riputandosi in questo prudenti, che forniscano guerregrandissime senza venire a conflitto, e pietosi, perchécon la morte di pochi salvano la vita di molti, chemorirebbono nel fatto d'arme, parte dei suoi, parte deinimici, dei quali hanno quasi tanta pietà come dei loropropii, sapendo che non vengono a la guerra spontanea-mente, ma spinti dal furore dei loro prencipi.

Se questo non gli riesce, seminano e nodri-scono discordie tra' nimici, dando speranza di otte-nere il regno al fratello del prencipe o a qualcunoche vi possa aspirare. Quando non vagliono questesedizioni, eccitano i popoli vicini a guerregiare contra inimici con mostrare loro qualche ragione che abbinonel paese di quelli e, promettendo di favorirli ne laguerra, gli danno denari copiosamente. Ma di raro vimandano i lor cittadini, i quai tengono tanto cari, chenon ne cangierebbono uno col prencipe de la parte ni-mica. Ma danno l'oro e l'argento più facilmente, perchélo conservano a questo effetto, perché non viverebbonomeno commodamente, ancora che lo dispensasseno tut-

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i quai sono dati dagli Utopiensi in questi casi senza mi-sura alcuna; ma considerando a quanto pericolo li con-fortano, studiano di ricompensare con la copia dei be-neficii la grandezza del pericolo. Perciò promettono, e at-tendono poi con effetto, non solamente gran sommad'oro, ma eziandio grandi rendite in luochi securi apogli amici. Questa foggia di apprezzare e mercare il ni-mico, biasimato apo le altre nazioni, e riputato di ani-mo vile e crudele, apo loro è tenuta per gloriosa impresa,riputandosi in questo prudenti, che forniscano guerregrandissime senza venire a conflitto, e pietosi, perchécon la morte di pochi salvano la vita di molti, chemorirebbono nel fatto d'arme, parte dei suoi, parte deinimici, dei quali hanno quasi tanta pietà come dei loropropii, sapendo che non vengono a la guerra spontanea-mente, ma spinti dal furore dei loro prencipi.

Se questo non gli riesce, seminano e nodri-scono discordie tra' nimici, dando speranza di otte-nere il regno al fratello del prencipe o a qualcunoche vi possa aspirare. Quando non vagliono questesedizioni, eccitano i popoli vicini a guerregiare contra inimici con mostrare loro qualche ragione che abbinonel paese di quelli e, promettendo di favorirli ne laguerra, gli danno denari copiosamente. Ma di raro vimandano i lor cittadini, i quai tengono tanto cari, chenon ne cangierebbono uno col prencipe de la parte ni-mica. Ma danno l'oro e l'argento più facilmente, perchélo conservano a questo effetto, perché non viverebbonomeno commodamente, ancora che lo dispensasseno tut-

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to. E anco, oltre le ricchezze che tengono in casa, han-no infinito tesoro che gli debbono molte nazioni. Man-dano a la guerra soldati di altra nazione, e specialmentedei Zapoleti. Questo popolo è luntano da l'Utopia cin-quanta miglia verso oriente, orrido, rusticano e fero-ce, il quale abita le selve, dove ancora è nodrito.Questa è gente dura, atta a patire il freddo, il caldo ela fatica, senza alcuna delicatezza; non si da a l'agricol-tura, né studia come si vesta o fabrichi; solamentegoverna gli animali e vive di cacciagione e di rapi-na. Sono nati solamente a guerreggiare, e cercano laguerra studiosamente, offerendosi per vii prezzo achi li ricerca. Hanno per sostentamento de la lorovita questa sola arte, con la quale si cerca la morte, maservono fedelissimamente e virilmente a chi li sòldano;si obligano sin ad un certo giorno, con patto che, pas-sato quel giorno, possino andare al soldo del nimico;tuttavia ritornano con poco maggior prezzo. Si fannopoche guerre che non vi sia di questo popolo d'amen-due le parti. Così aviene che i parenti e gli amici soldatida questa e da quella parte sono condotti a stipendio [e]concorrano insieme a mortale uccisione, scordandosi del'amicizia e del parentato, solamente mossi da questaoccasione: che sono stipendiati da la parte contrariacon poco soldo, al quale tanto mirano che, potendoaver un denaro di più al giorno, passano a la parte nimi-ca. Tanto sono immersi ne l'avarizia! La quale perònon giova punto a quelli, perché consumano a viverlussuriosamente in breve tempo quanto hanno acqui-

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to. E anco, oltre le ricchezze che tengono in casa, han-no infinito tesoro che gli debbono molte nazioni. Man-dano a la guerra soldati di altra nazione, e specialmentedei Zapoleti. Questo popolo è luntano da l'Utopia cin-quanta miglia verso oriente, orrido, rusticano e fero-ce, il quale abita le selve, dove ancora è nodrito.Questa è gente dura, atta a patire il freddo, il caldo ela fatica, senza alcuna delicatezza; non si da a l'agricol-tura, né studia come si vesta o fabrichi; solamentegoverna gli animali e vive di cacciagione e di rapi-na. Sono nati solamente a guerreggiare, e cercano laguerra studiosamente, offerendosi per vii prezzo achi li ricerca. Hanno per sostentamento de la lorovita questa sola arte, con la quale si cerca la morte, maservono fedelissimamente e virilmente a chi li sòldano;si obligano sin ad un certo giorno, con patto che, pas-sato quel giorno, possino andare al soldo del nimico;tuttavia ritornano con poco maggior prezzo. Si fannopoche guerre che non vi sia di questo popolo d'amen-due le parti. Così aviene che i parenti e gli amici soldatida questa e da quella parte sono condotti a stipendio [e]concorrano insieme a mortale uccisione, scordandosi del'amicizia e del parentato, solamente mossi da questaoccasione: che sono stipendiati da la parte contrariacon poco soldo, al quale tanto mirano che, potendoaver un denaro di più al giorno, passano a la parte nimi-ca. Tanto sono immersi ne l'avarizia! La quale perònon giova punto a quelli, perché consumano a viverlussuriosamente in breve tempo quanto hanno acqui-

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stato col sangue. Questo popolo serve ne la guerraagli Utopiensi contra ogni mortale, perché li dannomaggior stipendio che qualunque altro. Sì come gliUtopiensi cercano gli uomini da bene per accommo-darsene, così pigliano gli uomini malvagi per servirsenea la guerra, e quando fa mestieri con gran promesse glispingono a gran pericoli, laonde spesse volte una granparte di loro non torna a dimandar le promesse. Tutta-via gli Utopiensi attendono fìdelmente ogni loro pro-messa a quelli che rimangono vivi per accenderli a si-mili imprese. Né si pigliano cura se ne muoiono grannumero, parendo loro di giovare a la natura umana,se potesseno purgare il mondo di quella feccia d'un po-polo tanto scelerato e malvagio.

Dopo questi, mandano le squadre di quei popoliper i quai combatteno, e dietro a questi la gente degliamici che porge loro agiuto. Finalmente v'aggiongonoi loro cittadini, dei quali uno che sia per virtù illustrefanno di tutto lo esercito capitano. A costui sostituisco-no due, i quai, vivendo prosperamente il capitano, sianouomini privati, ma, morto lui o rimanendo prigione,uno di loro gli succede come per eredità, e così il terzoper simile modo, acciò che, pericolando il capitano(come aviene in la guerra), non si turbi tutto lo eserci-to. Di ogni città si esercitano i soldati che spontanea-mente vogliono militare, perché niuno è mandatofuori a la guerra mal suo grado, avendo per cosacerta che l'uomo timido, oltre che non si porterà vi-rilmente, darà timore agli altri. Ma avendo guerra

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stato col sangue. Questo popolo serve ne la guerraagli Utopiensi contra ogni mortale, perché li dannomaggior stipendio che qualunque altro. Sì come gliUtopiensi cercano gli uomini da bene per accommo-darsene, così pigliano gli uomini malvagi per servirsenea la guerra, e quando fa mestieri con gran promesse glispingono a gran pericoli, laonde spesse volte una granparte di loro non torna a dimandar le promesse. Tutta-via gli Utopiensi attendono fìdelmente ogni loro pro-messa a quelli che rimangono vivi per accenderli a si-mili imprese. Né si pigliano cura se ne muoiono grannumero, parendo loro di giovare a la natura umana,se potesseno purgare il mondo di quella feccia d'un po-polo tanto scelerato e malvagio.

Dopo questi, mandano le squadre di quei popoliper i quai combatteno, e dietro a questi la gente degliamici che porge loro agiuto. Finalmente v'aggiongonoi loro cittadini, dei quali uno che sia per virtù illustrefanno di tutto lo esercito capitano. A costui sostituisco-no due, i quai, vivendo prosperamente il capitano, sianouomini privati, ma, morto lui o rimanendo prigione,uno di loro gli succede come per eredità, e così il terzoper simile modo, acciò che, pericolando il capitano(come aviene in la guerra), non si turbi tutto lo eserci-to. Di ogni città si esercitano i soldati che spontanea-mente vogliono militare, perché niuno è mandatofuori a la guerra mal suo grado, avendo per cosacerta che l'uomo timido, oltre che non si porterà vi-rilmente, darà timore agli altri. Ma avendo guerra

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contra la patria, mettono ne le navi quei che sono ti-midi, pur che siano di corpo gagliardi, e li mescolanocon uomini arditi e valorosi, overo su la muraglia, inguisa che non possino fuggire. Così la vergogna deisuoi, l'aver l'inimico a fronte e il non poter fuggire, fache vincono il timore, e la estrema necessità spessevolte si muta in virtù.

E sì come niuno è tratto a guerra esterna contrasua voglia, così confortano e con laudi incitano lemogli a seguire i mariti a la guerra, e nel conflittopongono le mogli che sono ne l'esercito vicino ai mari-ti, e d'intorno i figliuoli e altri loro prossimi, i quaisono mossi da la natura a porgersi agiuto insieme. Ilmarito che torna senza la moglie è biasimato, così il fi-gliuolo perduto il padre; indi aviene che, se non fugge ilnimico, si combatte sin a l'esterminio. Perché, sì comeschivano quanto possono di fare fatto d'arme e condu-cono a questo effetto soldati forastieri, così, quandosono astretti di combattere, vi vanno tanto arditamen-te, quanto prima hanno schivato di andarvi. Nons'infuriano da prencipio, ma a poco a poco piglianovigore, con animo fermo di morire più tosto che darele spalle. Quella securezza de le cose al vivere neces-sarie, senza l'affanno dei loro descendenti (il che inogni luoco indebolisce gli animi generosi) fa gli Uto-piensi d'animo altiero e che si sdegna di esser vinto.Si fidano ancora ne la perizia ch'hanno ne la guerra, eanco le dritte opinioni [e] buoni istituti de la republica,ch'hanno imparato da la fanciullezza, gli aumentano la

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contra la patria, mettono ne le navi quei che sono ti-midi, pur che siano di corpo gagliardi, e li mescolanocon uomini arditi e valorosi, overo su la muraglia, inguisa che non possino fuggire. Così la vergogna deisuoi, l'aver l'inimico a fronte e il non poter fuggire, fache vincono il timore, e la estrema necessità spessevolte si muta in virtù.

E sì come niuno è tratto a guerra esterna contrasua voglia, così confortano e con laudi incitano lemogli a seguire i mariti a la guerra, e nel conflittopongono le mogli che sono ne l'esercito vicino ai mari-ti, e d'intorno i figliuoli e altri loro prossimi, i quaisono mossi da la natura a porgersi agiuto insieme. Ilmarito che torna senza la moglie è biasimato, così il fi-gliuolo perduto il padre; indi aviene che, se non fugge ilnimico, si combatte sin a l'esterminio. Perché, sì comeschivano quanto possono di fare fatto d'arme e condu-cono a questo effetto soldati forastieri, così, quandosono astretti di combattere, vi vanno tanto arditamen-te, quanto prima hanno schivato di andarvi. Nons'infuriano da prencipio, ma a poco a poco piglianovigore, con animo fermo di morire più tosto che darele spalle. Quella securezza de le cose al vivere neces-sarie, senza l'affanno dei loro descendenti (il che inogni luoco indebolisce gli animi generosi) fa gli Uto-piensi d'animo altiero e che si sdegna di esser vinto.Si fidano ancora ne la perizia ch'hanno ne la guerra, eanco le dritte opinioni [e] buoni istituti de la republica,ch'hanno imparato da la fanciullezza, gli aumentano la

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virtù, con la quale non tanto sprezzano la vita che lagittino, né tanto l'hanno cara che, richiedendolo onestacausa di esporla a la morte, se la vogliono avaramentee con biasimo conservare.

Essendo più fiero il fatto d'arme, alquanti giova-ni congiurati attendono ad uccidere il prencipe nimi-co, ora a faccia aperta, ora con inganno dì luntano, e dapresso con lunga e continuata squadra; e di raro aviene(se non fugge) che non rimanga morto o prigione. Sesono vittoriosi, non attendono ad uccidere inimici chefuggono, ma più tosto li pigliano. Né mai perseguita-no tanto il nimico; tengono una squadra in ordinan-za; e più tosto lasciano fuggire il nimico, che guasta-re i suoi ordini, avendo memoria che molte fiate, es-sendo rotto il campo nimico, i vittoriosi, spargendosiqua e là e lasciando pochi per retroguarda, hannodato occasione al nimico di farsi di vinto vittorioso.

Non saprei narrare se siano più astuti a di-sporre le insidie o più accorti a schivarle. A le voltepenserai che fugano, quando sono più ostinati di nonfuggire, né si può con segno alcuno indovinare quandoda dovero si dispongono di fuggire. Perché, sentendosiin disvantagio nel numero o per sito del luogo, si lievanodi notte tacitamente o fingono qualche astuzia, overodi giorno si parteno, ma con tal ordine che non è mino-re il pericolo assalirli quando se ne vanno, che quandostanno fermi. Fortificano i loro allogiamenti con largae profonda fossa, né si servono in questo dei vili servi,anz'i soldati a lor mano la cavano, gittando la terra

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virtù, con la quale non tanto sprezzano la vita che lagittino, né tanto l'hanno cara che, richiedendolo onestacausa di esporla a la morte, se la vogliono avaramentee con biasimo conservare.

Essendo più fiero il fatto d'arme, alquanti giova-ni congiurati attendono ad uccidere il prencipe nimi-co, ora a faccia aperta, ora con inganno dì luntano, e dapresso con lunga e continuata squadra; e di raro aviene(se non fugge) che non rimanga morto o prigione. Sesono vittoriosi, non attendono ad uccidere inimici chefuggono, ma più tosto li pigliano. Né mai perseguita-no tanto il nimico; tengono una squadra in ordinan-za; e più tosto lasciano fuggire il nimico, che guasta-re i suoi ordini, avendo memoria che molte fiate, es-sendo rotto il campo nimico, i vittoriosi, spargendosiqua e là e lasciando pochi per retroguarda, hannodato occasione al nimico di farsi di vinto vittorioso.

Non saprei narrare se siano più astuti a di-sporre le insidie o più accorti a schivarle. A le voltepenserai che fugano, quando sono più ostinati di nonfuggire, né si può con segno alcuno indovinare quandoda dovero si dispongono di fuggire. Perché, sentendosiin disvantagio nel numero o per sito del luogo, si lievanodi notte tacitamente o fingono qualche astuzia, overodi giorno si parteno, ma con tal ordine che non è mino-re il pericolo assalirli quando se ne vanno, che quandostanno fermi. Fortificano i loro allogiamenti con largae profonda fossa, né si servono in questo dei vili servi,anz'i soldati a lor mano la cavano, gittando la terra

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dentro, eccetto quei che per ogni sùbito caso stannoarmati a la guardia. Così, adoperandovisi tanto nume-ro, fortificano gran campo in pochissimo tempo. Usa-no arme a pigliare i colpi ferme e non inette da por-tare e muovere, in tanto che non gli impacciano nuo -tando, perché tra gli ammaestramenti de la miliziasi avezzano a nuotare armati. Per arme di luntanousano le saette, e sono a lanciar quelle ove dissegnanogagliardi e sperti, non solamente i pedoni, ma eziandio icavallieri. Da presso non usano spade, ma accette chetagliano e pungono accutissimamente e col peso ancorasono mortali. Fanno certe machine, le quali tengononascoste finché fa mestiero di usarle, perché non sianodagli altri schernite, e mirano specialmente a farle cheagevolmente si possino condure e girare come porta ilbisogno.

Osservano le tregue tanto santamente che, essen-do ancora ingiuriati, non le violano. Non saccheggianoil paese nimico, né ardono le biade, anzi a lor poterenon le lasciano calpestare da' pedoni né da' cavallieri,facendo presupposto che crescano per loro. Non ucci-dono alcuno disarmato, se non è qualche spia. Di-fendono le città che se gli rendono e non saccheggia-no quelle che pigliano a forza, ma uccidono solamen-te quei che non lasciavano rendere la città, e gli altriche la difendeano fanno servi. Ma non offendono laturba inetta a guerreggiare. Danno parte dei beni deidannati a coloro che persuadevano che la città sirendesse, e il rimanente, che si vende il bottino, do-

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dentro, eccetto quei che per ogni sùbito caso stannoarmati a la guardia. Così, adoperandovisi tanto nume-ro, fortificano gran campo in pochissimo tempo. Usa-no arme a pigliare i colpi ferme e non inette da por-tare e muovere, in tanto che non gli impacciano nuo -tando, perché tra gli ammaestramenti de la miliziasi avezzano a nuotare armati. Per arme di luntanousano le saette, e sono a lanciar quelle ove dissegnanogagliardi e sperti, non solamente i pedoni, ma eziandio icavallieri. Da presso non usano spade, ma accette chetagliano e pungono accutissimamente e col peso ancorasono mortali. Fanno certe machine, le quali tengononascoste finché fa mestiero di usarle, perché non sianodagli altri schernite, e mirano specialmente a farle cheagevolmente si possino condure e girare come porta ilbisogno.

Osservano le tregue tanto santamente che, essen-do ancora ingiuriati, non le violano. Non saccheggianoil paese nimico, né ardono le biade, anzi a lor poterenon le lasciano calpestare da' pedoni né da' cavallieri,facendo presupposto che crescano per loro. Non ucci-dono alcuno disarmato, se non è qualche spia. Di-fendono le città che se gli rendono e non saccheggia-no quelle che pigliano a forza, ma uccidono solamen-te quei che non lasciavano rendere la città, e gli altriche la difendeano fanno servi. Ma non offendono laturba inetta a guerreggiare. Danno parte dei beni deidannati a coloro che persuadevano che la città sirendesse, e il rimanente, che si vende il bottino, do-

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nano ai compagni venuti loro in agiuto. Niuno di loropiglia cosa alcuna del bottino. Finita la guerra, nonpigliano dagli amici quello che v'hanno speso, ma daquei che sono vinti per questa causa riscuotono partedenari, parte si appropiano alcuni terreni, dei quali ipopoli vinti gli pagano ogn'anno certe rendite, le quaisono cresciute in tal guisa che ne pigliano ogn'annopiù di settecentomila ducati. Mandano in questi luo-chi alcuni lor cittadini per camerlenghi, acciò che vi-vano magnificamente e vi stiano come nobili. Tutta-via se ne riporta buona somma ne l'erario, overo gliprestano a quei popoli, né li riscuotono se non quandolo ricerca il bisogno, e di raro riscutono tutta la som-ma. Di questi campi assegnano parte a quei che fan-no per loro qualche pericolosa impresa, com'è so-pra detto. S'alcuno prencipe apparecchia di assalirecon arme il loro paese, con grande esercito li vannosubito contra fuori dei loro confini per non guerreg-giare nel propio paese; né mai vengono a tanta neces-sità, che accettino ne l'isola agiuto alcuno dagli amici.

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nano ai compagni venuti loro in agiuto. Niuno di loropiglia cosa alcuna del bottino. Finita la guerra, nonpigliano dagli amici quello che v'hanno speso, ma daquei che sono vinti per questa causa riscuotono partedenari, parte si appropiano alcuni terreni, dei quali ipopoli vinti gli pagano ogn'anno certe rendite, le quaisono cresciute in tal guisa che ne pigliano ogn'annopiù di settecentomila ducati. Mandano in questi luo-chi alcuni lor cittadini per camerlenghi, acciò che vi-vano magnificamente e vi stiano come nobili. Tutta-via se ne riporta buona somma ne l'erario, overo gliprestano a quei popoli, né li riscuotono se non quandolo ricerca il bisogno, e di raro riscutono tutta la som-ma. Di questi campi assegnano parte a quei che fan-no per loro qualche pericolosa impresa, com'è so-pra detto. S'alcuno prencipe apparecchia di assalirecon arme il loro paese, con grande esercito li vannosubito contra fuori dei loro confini per non guerreg-giare nel propio paese; né mai vengono a tanta neces-sità, che accettino ne l'isola agiuto alcuno dagli amici.

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De le religioni degli Utopiensi.

Sono varie le religioni, non solo per l'isola, maper le città ancora. Altri onorano il Sole, altri laLuna, altri alcuna de le stelle erranti. Alcuni onora-no per sommo dio qualche uomo che sia stato egre-gio per virtù. Ma la maggior parte, i più prudentidico, non adora alcuna di queste cose, ma pensa chevi sia una occulta, eterna, immensa e inesplicabile di-vinità, sopra ogni capacità umana, la quale con la virtù,non con la grandezza, si stenda per questo mondo, e que-sto Dio chiamano padre. Da lui riconoscono l'origine,l'aumento, i mutamenti e il fine di tutte le cose e a luisolo danno i divini onori. Gli altri tutti, benché ado-rino cose diverse, in questo parere concorrono, chevi sia un sommo Dio, il quale abbia creato il tutto econ sua prudenza lo conservi, e chiamatilo in lorolinguaggio Mytra. Ma discordano in questo: che unoafferma che questo sommo Dio sia una cosa e alcunoun'altra. Affermano, però, che quel sommo, il qualtengono per Dio, ha il governo del tutto. Ma tutti apoco a poco si scostano da la varietà de le sopersti-zioni e concorrono in quella religione che con più ra-gioni et evidenze si pruova. E già sarebbono tutti diuna religione, se non che ogni disgrazia che loro ac-cade nel mutare la religione si pensano che gli siamandata dal Cielo per castigo e che quel Dio, il qualevogliono abbandonare, si vendichi di questa loro em-

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De le religioni degli Utopiensi.

Sono varie le religioni, non solo per l'isola, maper le città ancora. Altri onorano il Sole, altri laLuna, altri alcuna de le stelle erranti. Alcuni onora-no per sommo dio qualche uomo che sia stato egre-gio per virtù. Ma la maggior parte, i più prudentidico, non adora alcuna di queste cose, ma pensa chevi sia una occulta, eterna, immensa e inesplicabile di-vinità, sopra ogni capacità umana, la quale con la virtù,non con la grandezza, si stenda per questo mondo, e que-sto Dio chiamano padre. Da lui riconoscono l'origine,l'aumento, i mutamenti e il fine di tutte le cose e a luisolo danno i divini onori. Gli altri tutti, benché ado-rino cose diverse, in questo parere concorrono, chevi sia un sommo Dio, il quale abbia creato il tutto econ sua prudenza lo conservi, e chiamatilo in lorolinguaggio Mytra. Ma discordano in questo: che unoafferma che questo sommo Dio sia una cosa e alcunoun'altra. Affermano, però, che quel sommo, il qualtengono per Dio, ha il governo del tutto. Ma tutti apoco a poco si scostano da la varietà de le sopersti-zioni e concorrono in quella religione che con più ra-gioni et evidenze si pruova. E già sarebbono tutti diuna religione, se non che ogni disgrazia che loro ac-cade nel mutare la religione si pensano che gli siamandata dal Cielo per castigo e che quel Dio, il qualevogliono abbandonare, si vendichi di questa loro em-

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pia intenzione.Ma poi ch'io gli predicai il nome di Cristo, la

dottrina di quello, i miracoli e la costanza di tanti santimartiri, che spontaneamente volsero spargere il sangue,e come tante nazioni si sono a lui convertite, mirabil-mente vi s'inchinarono, ovcr per divina ispirazione,overo che parve loro questa via molto simile a la lororelig[i]one, e valse questo assai perch'avevano compre-so che la foggia del loro vivere piaceva a Cristo e chei veri cristiani avevano monasteri molto simili ai loroistituti. Ma sia avenuto per qual causa si voglia, moltisi convcrtirono a la fede cristiana e volsero esser batte-giati. Ma di noi quatto, che ivi eravamo, niuno era sa-cerdote, perché due erano morti. Tuttavia quei popoliancora desiderano avere quei sagramenti che s'apperten-gono di ministrare solamente ai sacerdoti; e disputanotra loro sovente se sia lecito senza commissione delpontefice eleggere sacerdote uno di loro; e stavanoper eleggerlo, ma non ancora l'avevano eletto, quan-do io mi parti[i] da loro. Quei che ancora non hanno ap-preso la fede cristiana, non biasimano chi la crede. Senon che uno di nuovo battezzato cominciò ardente-mente (quantunque io lo ammoniva che tacesse) acommendare la fede cristiana e dannare ogni altra set-ta, chiamando empii coloro che adoravano altro che lasantissima Trinità e degni del fuoco eterno. Costui fupreso non già come violatore de la religione, ma comecolui ch'aveva levato nel popolo tumulto, allegando gliantichissimi loro istituti che ognuno possi tenere qual

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pia intenzione.Ma poi ch'io gli predicai il nome di Cristo, la

dottrina di quello, i miracoli e la costanza di tanti santimartiri, che spontaneamente volsero spargere il sangue,e come tante nazioni si sono a lui convertite, mirabil-mente vi s'inchinarono, ovcr per divina ispirazione,overo che parve loro questa via molto simile a la lororelig[i]one, e valse questo assai perch'avevano compre-so che la foggia del loro vivere piaceva a Cristo e chei veri cristiani avevano monasteri molto simili ai loroistituti. Ma sia avenuto per qual causa si voglia, moltisi convcrtirono a la fede cristiana e volsero esser batte-giati. Ma di noi quatto, che ivi eravamo, niuno era sa-cerdote, perché due erano morti. Tuttavia quei popoliancora desiderano avere quei sagramenti che s'apperten-gono di ministrare solamente ai sacerdoti; e disputanotra loro sovente se sia lecito senza commissione delpontefice eleggere sacerdote uno di loro; e stavanoper eleggerlo, ma non ancora l'avevano eletto, quan-do io mi parti[i] da loro. Quei che ancora non hanno ap-preso la fede cristiana, non biasimano chi la crede. Senon che uno di nuovo battezzato cominciò ardente-mente (quantunque io lo ammoniva che tacesse) acommendare la fede cristiana e dannare ogni altra set-ta, chiamando empii coloro che adoravano altro che lasantissima Trinità e degni del fuoco eterno. Costui fupreso non già come violatore de la religione, ma comecolui ch'aveva levato nel popolo tumulto, allegando gliantichissimi loro istituti che ognuno possi tenere qual

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religione più gli piace.Gli Utopiensi, avendo inteso che i primi abita-

tori di quella regione esser stati cerca la religione dipareri diversi e considerando che queste varie sette,combattendo tra loro per la religione, gli aveano datooccasione di vincerli tutti, fecero un editto che ognu-no potesse tenere quella religione qual più gli aggradi-va a l'animo, e s'alcuno bramava di tirare l'altro ne lasua religione, poteva con modestia e ragioni studiare apersuaderlo, ma non usare in questo alcuna violenza oingiuria; e chi contendeva di questo importunamente erapunito con l'esilio o con servitù. Fecero gli Utopiensitale statuto non solamente per rispetto di conservarela pace, la quale con la contenzione e con l'odio siestingue, ma eziandio pensando che piacesse a Dio ilculto vario e diverso e che perciò ispirasse varii riti aquesto e a quello. Ma giudicarono che non fusse con-venevole voler con forza e minacce sforzare alcuno acredere quello che tu credi per vero. E quantunqueuna di quelle loro religioni fusse vera, tuttavia volsenoche fusseno persuasi i loro cittadini a quella con mo-destia, sperando che la verità, quando che sia, debbiarimaner vittoriosa; e che, contendendosi con arme, gliuomini ostinati puotrebbono con le loro vane supersti-zioni oppriinere la vera religione, come avienc che ifrutti vengono affogati da le spine. Così, da tai ragionimossi, lasciarono libero ad ognuno di credere quelloche più gli piaceva. Solamente vietarono che niuno af-fermasse le anime morire con i corpi e che il mondo

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religione più gli piace.Gli Utopiensi, avendo inteso che i primi abita-

tori di quella regione esser stati cerca la religione dipareri diversi e considerando che queste varie sette,combattendo tra loro per la religione, gli aveano datooccasione di vincerli tutti, fecero un editto che ognu-no potesse tenere quella religione qual più gli aggradi-va a l'animo, e s'alcuno bramava di tirare l'altro ne lasua religione, poteva con modestia e ragioni studiare apersuaderlo, ma non usare in questo alcuna violenza oingiuria; e chi contendeva di questo importunamente erapunito con l'esilio o con servitù. Fecero gli Utopiensitale statuto non solamente per rispetto di conservarela pace, la quale con la contenzione e con l'odio siestingue, ma eziandio pensando che piacesse a Dio ilculto vario e diverso e che perciò ispirasse varii riti aquesto e a quello. Ma giudicarono che non fusse con-venevole voler con forza e minacce sforzare alcuno acredere quello che tu credi per vero. E quantunqueuna di quelle loro religioni fusse vera, tuttavia volsenoche fusseno persuasi i loro cittadini a quella con mo-destia, sperando che la verità, quando che sia, debbiarimaner vittoriosa; e che, contendendosi con arme, gliuomini ostinati puotrebbono con le loro vane supersti-zioni oppriinere la vera religione, come avienc che ifrutti vengono affogati da le spine. Così, da tai ragionimossi, lasciarono libero ad ognuno di credere quelloche più gli piaceva. Solamente vietarono che niuno af-fermasse le anime morire con i corpi e che il mondo

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fussc governato a caso, senza previdenza divina, laondevolevano che dopo questa vita fussero puniti i viziie premiate le virtù. Quei che negavano tai cose eranotenuti peggio che bestie, volendo assimigliarc l'animaumana a le pecore; ma ne anco lo riputavano loro cit-tadino, come colui il quale (non essendo da timoreraffrenato) sprezzerebbe ogni buono costume e isti-tuto. Et è da credere che costui contrafaccia di na-scosto a le leggi o studii di annullarle per servire alsuo appettito, non avendole in riverenza né sperandoo temendo cosa alcuna dopo questa vita. A chi tienetale opinione non danno onore alcuno né magistrato;così è lasciato da parte, come uomo inetto e da poco.Non però viene punito, dandosi a credere che non siain potere di alcuno credere quello che gli piace. Non losforzano con minacce che tenghi secreto il suo parere,fingendo di credere come gli altri; gli vietano però ildisputare di questa opinione, specialmente apo il vol-go. Ma confortano gli uomini di gravita e i sacerdoti chene ragionino, sperando che tale pazzia debbia esservinta da la ragione. Altri in gran numero tengono chele anime ancora de le bestie siano immortali, ma de lenostre men degne e non ad uguale felicità nasciute.Tanto sono persuasi de l'immensa felicità de le animenostre, che piangono gli infermi e non i morti, se nonquei che veggono mal volontieri lasciar questa vita. Equesto hanno per cattivo augurio, come se l'anima,senza speranza di bene alcuno, spaventata da la propiaconscienza, temesse il sopplicio. E pensano che non

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fussc governato a caso, senza previdenza divina, laondevolevano che dopo questa vita fussero puniti i viziie premiate le virtù. Quei che negavano tai cose eranotenuti peggio che bestie, volendo assimigliarc l'animaumana a le pecore; ma ne anco lo riputavano loro cit-tadino, come colui il quale (non essendo da timoreraffrenato) sprezzerebbe ogni buono costume e isti-tuto. Et è da credere che costui contrafaccia di na-scosto a le leggi o studii di annullarle per servire alsuo appettito, non avendole in riverenza né sperandoo temendo cosa alcuna dopo questa vita. A chi tienetale opinione non danno onore alcuno né magistrato;così è lasciato da parte, come uomo inetto e da poco.Non però viene punito, dandosi a credere che non siain potere di alcuno credere quello che gli piace. Non losforzano con minacce che tenghi secreto il suo parere,fingendo di credere come gli altri; gli vietano però ildisputare di questa opinione, specialmente apo il vol-go. Ma confortano gli uomini di gravita e i sacerdoti chene ragionino, sperando che tale pazzia debbia esservinta da la ragione. Altri in gran numero tengono chele anime ancora de le bestie siano immortali, ma de lenostre men degne e non ad uguale felicità nasciute.Tanto sono persuasi de l'immensa felicità de le animenostre, che piangono gli infermi e non i morti, se nonquei che veggono mal volontieri lasciar questa vita. Equesto hanno per cattivo augurio, come se l'anima,senza speranza di bene alcuno, spaventata da la propiaconscienza, temesse il sopplicio. E pensano che non

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piaccia a Dio l'andare di colui il quale non corre vo -lontieri quando è chiamato, ma sta ritroso. Se veg-gono alcuno morire in questa guisa, se ne smansconoe lo portano a sepelire tacitamente, e pregano Dio cheperdoni a la sua dapocagine. Niuno piange quei chemuoiono lietamente e con buona speranza, anzi, se-guendo le essequie ca[n]tando, ricomandano affettuosa-mente le anime di quelli a Dio; ardeno i corpi con rive-renza più tosto che con ramarico. Rizzano una colon-na ove sono scolpite le lodi del defonto e, tornati acasa, ricontano i costumi e la vita di quello e specialmen-te commendano la sua morte. Tengono che tale comme-morazione di bontà sia a' vivi uno stimolo a la virtù egratissimo culto ai defonti, dandosi a credere che imorti invisibilmente si truovmo presenti a simili par-lari. Perché non sarebbono felici, quando non potessenoandare ove piace loro, e sarebbono ingrati se non bra-masseno di rivedere i suoi amici, con i quali erano uniticon rispondente carità, la quale, essendo uomini da bene,più tosto debbe essere accresciuta che scemata. Credo-no, adunque, che i morti pratichino tra' vivi, mirandoquanto si fa e dice; perciò si metteno arditamente a leimprese, fidandosi di tali agiuti; e portando onore ala presenza dei loro maggiori, si guardano da commet-tere cosa disonesta anche segretamente.

Sprezzano gli augurii e le altre superstizionid'indovinare, le quai sono apo le altre nazioni tanto ri-putate. Onorano quei miracoli che vengono senzaagiuto alcuno di natura come testimoni de la divina

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piaccia a Dio l'andare di colui il quale non corre vo -lontieri quando è chiamato, ma sta ritroso. Se veg-gono alcuno morire in questa guisa, se ne smansconoe lo portano a sepelire tacitamente, e pregano Dio cheperdoni a la sua dapocagine. Niuno piange quei chemuoiono lietamente e con buona speranza, anzi, se-guendo le essequie ca[n]tando, ricomandano affettuosa-mente le anime di quelli a Dio; ardeno i corpi con rive-renza più tosto che con ramarico. Rizzano una colon-na ove sono scolpite le lodi del defonto e, tornati acasa, ricontano i costumi e la vita di quello e specialmen-te commendano la sua morte. Tengono che tale comme-morazione di bontà sia a' vivi uno stimolo a la virtù egratissimo culto ai defonti, dandosi a credere che imorti invisibilmente si truovmo presenti a simili par-lari. Perché non sarebbono felici, quando non potessenoandare ove piace loro, e sarebbono ingrati se non bra-masseno di rivedere i suoi amici, con i quali erano uniticon rispondente carità, la quale, essendo uomini da bene,più tosto debbe essere accresciuta che scemata. Credo-no, adunque, che i morti pratichino tra' vivi, mirandoquanto si fa e dice; perciò si metteno arditamente a leimprese, fidandosi di tali agiuti; e portando onore ala presenza dei loro maggiori, si guardano da commet-tere cosa disonesta anche segretamente.

Sprezzano gli augurii e le altre superstizionid'indovinare, le quai sono apo le altre nazioni tanto ri-putate. Onorano quei miracoli che vengono senzaagiuto alcuno di natura come testimoni de la divina

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presenza, e ne le gran cose con publiche supplicazio-ni studiano a placare Dio. Pensano che contemplare lecose di natura sia un culto a Dio gratissimo. Moltiancora, mossi da religione, sprezzano le lettere, non sidanno a contemplare cosa alcuna, ma solamente pen-sano di acquistare la felicità perpetua con buone ope-razioni. Così servono agli infermi, altri riconciano levie, altri purgano le fosse, altri rifanno i ponti, cava-no sabbia e pietre, conducono ne le città legne e frut-ti, altri tagliano alberi e li segano; e come fossero ser-vi si pongono volontieri ad ogni impresa difficile,strana o sozza, la quale dagli altri per la fatica o perfastidio è lasciata. Faticano continuamente perché glialtri riposino, non biasimando, però, alcuno che viva al-trimenti. Questi, quanto più si portano da servi, tantovengono dagli altri più onorati. Ma sono di due sorti:alcuni vivono casti e non mangiano carni; altri al tuttonon mangiano di animale alcuno e lasciano da parteogni diletto carnale con speranza de la vita futura, esono sani e prosperosi. L'altra sorte di questi, data pa-rimente a le fatiche, si marita per esseguir l'opera dela natura e generare figliuoli a la republica. Non fug-gono quei sollazzi che non li ritirino da la fatica. Man-giano carni d'animali di quatro piedi, dandosi a credereche con quel cibo si mantenghino più robusti a le fati-che. Utopiani tengono questi per più prudenti e queiper più santi. Ma quando più apprezzano il celibatoch'il matrimonio e la vita austera che la deliziosa, libeffano; nondimeno, dicendo che sono mossi a questo

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presenza, e ne le gran cose con publiche supplicazio-ni studiano a placare Dio. Pensano che contemplare lecose di natura sia un culto a Dio gratissimo. Moltiancora, mossi da religione, sprezzano le lettere, non sidanno a contemplare cosa alcuna, ma solamente pen-sano di acquistare la felicità perpetua con buone ope-razioni. Così servono agli infermi, altri riconciano levie, altri purgano le fosse, altri rifanno i ponti, cava-no sabbia e pietre, conducono ne le città legne e frut-ti, altri tagliano alberi e li segano; e come fossero ser-vi si pongono volontieri ad ogni impresa difficile,strana o sozza, la quale dagli altri per la fatica o perfastidio è lasciata. Faticano continuamente perché glialtri riposino, non biasimando, però, alcuno che viva al-trimenti. Questi, quanto più si portano da servi, tantovengono dagli altri più onorati. Ma sono di due sorti:alcuni vivono casti e non mangiano carni; altri al tuttonon mangiano di animale alcuno e lasciano da parteogni diletto carnale con speranza de la vita futura, esono sani e prosperosi. L'altra sorte di questi, data pa-rimente a le fatiche, si marita per esseguir l'opera dela natura e generare figliuoli a la republica. Non fug-gono quei sollazzi che non li ritirino da la fatica. Man-giano carni d'animali di quatro piedi, dandosi a credereche con quel cibo si mantenghino più robusti a le fati-che. Utopiani tengono questi per più prudenti e queiper più santi. Ma quando più apprezzano il celibatoch'il matrimonio e la vita austera che la deliziosa, libeffano; nondimeno, dicendo che sono mossi a questo

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da religione, gli onorano, perché si guardano somma-mente di non dannare la religione di alcuno. Ellichiamano questi tai «butreschi», che apo noi significareligiosi.

Hanno sacerdoti di vita santissima, ma sola-mente tredeci per ogni città, secondo ' numero deitempii. Ma quando vanno a la guerra ne conduconoseco sette di quelli e ne creano altri sette in luocoloro, fin che si torna da la guerra, e alora gli ultimi ac-compagnano il pontefice, sin che per morte dei primisuccedono al sacerdozio. Sono eletti dal popolo, comei magistrati, segretamente, acciò che non nascano odiitra loro, e dal loro collegio vengono sagrati. Questisono preposti ai divini misteri. Hanno cura de le reli-gioni, sono giudici dei costumi et è biasimato coluiche sia ripreso da quelli. Sì come è loro ufficio ammo-nire i malfattori, così ai magistrati conviensi di casti-garli. Solamente scommunicano gli ostinati, il che èapo loro sommamente biasimevole e tenuto per grevesopplicio, perché temono l'infamia e la religione, oltreche non sono sicuri del corpo, perché, se tardano apentirsi e satisfare ai sacerdoti, sono puniti dai magistra-ti. Questi sacerdoti ammaestrano i fanciulli, avendo mag-gior cura a formarli ne le lettere che nei buoni costu-mi. E pongono ogni studio che imparino buone opi-nioni e piglino desiderio di esser utili a la republica,acciò che gli animi giovenili in questo formati ne l'etàvirile siano disposti a mantenere lo stato de la republi-ca, il quale solamente vien meno per i vizii che na-

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da religione, gli onorano, perché si guardano somma-mente di non dannare la religione di alcuno. Ellichiamano questi tai «butreschi», che apo noi significareligiosi.

Hanno sacerdoti di vita santissima, ma sola-mente tredeci per ogni città, secondo ' numero deitempii. Ma quando vanno a la guerra ne conduconoseco sette di quelli e ne creano altri sette in luocoloro, fin che si torna da la guerra, e alora gli ultimi ac-compagnano il pontefice, sin che per morte dei primisuccedono al sacerdozio. Sono eletti dal popolo, comei magistrati, segretamente, acciò che non nascano odiitra loro, e dal loro collegio vengono sagrati. Questisono preposti ai divini misteri. Hanno cura de le reli-gioni, sono giudici dei costumi et è biasimato coluiche sia ripreso da quelli. Sì come è loro ufficio ammo-nire i malfattori, così ai magistrati conviensi di casti-garli. Solamente scommunicano gli ostinati, il che èapo loro sommamente biasimevole e tenuto per grevesopplicio, perché temono l'infamia e la religione, oltreche non sono sicuri del corpo, perché, se tardano apentirsi e satisfare ai sacerdoti, sono puniti dai magistra-ti. Questi sacerdoti ammaestrano i fanciulli, avendo mag-gior cura a formarli ne le lettere che nei buoni costu-mi. E pongono ogni studio che imparino buone opi-nioni e piglino desiderio di esser utili a la republica,acciò che gli animi giovenili in questo formati ne l'etàvirile siano disposti a mantenere lo stato de la republi-ca, il quale solamente vien meno per i vizii che na-

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scono da sinistre opinioni.Danno ai sacerdoti elettissime mogli del popolo

loro; fanno sacerdotesse ancora le femine, ma di rarose non sono vedove o di età matura. Sono più onorati isacerdoti apo gli Utopiensi che qualunque magistrato, ese commettono qualche rea opera, non vengono punitid'alcuno, ma lasciati al divino giudicio e a la propiaconscienza, perché non par loro giusta cosa di toccare conmano mortale colui che è a Dio sagro. Questo costu-me possono osservare agevolmente, perché eleggonosacerdoti quei che sono di ottima vita, i quai de rarocadcno nei vizii, vedendosi con tanto favore elettiperché osservino la virtù. E se pure aviene chepecchino, come avien ne l'umana natura, tuttavia,perché sono pochi e senza potestà alcuna, non si temeche possino a modo alcuno infestare la republica. Ene fanno pochi, acciò che sia tale dignità più rag-guardevole e perché tengono che sia diffidi cosa truo-vare gran numero de buoni che possino esser di taledignità degni.

Questi e dai loro popoli e dagli stranieri sonomolto onorati, il che per mio aviso è causato da que-sto: che facendosi il fatto d'arme, elli, separati daglialtri, stanno in ginocchione vestiti con i sagri abiti; econ le mani al cielo levate, pregano prima per lapace e poi per la vittoria al loro popolo, senza spargi-mento di sangue d'amendue le parti. Vincendo i suoi,corrono ne le squadre, vietando l'uccisione degli sconfit-ti, né alcuno gli offende: tanta riverenza portano a quel-

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scono da sinistre opinioni.Danno ai sacerdoti elettissime mogli del popolo

loro; fanno sacerdotesse ancora le femine, ma di rarose non sono vedove o di età matura. Sono più onorati isacerdoti apo gli Utopiensi che qualunque magistrato, ese commettono qualche rea opera, non vengono punitid'alcuno, ma lasciati al divino giudicio e a la propiaconscienza, perché non par loro giusta cosa di toccare conmano mortale colui che è a Dio sagro. Questo costu-me possono osservare agevolmente, perché eleggonosacerdoti quei che sono di ottima vita, i quai de rarocadcno nei vizii, vedendosi con tanto favore elettiperché osservino la virtù. E se pure aviene chepecchino, come avien ne l'umana natura, tuttavia,perché sono pochi e senza potestà alcuna, non si temeche possino a modo alcuno infestare la republica. Ene fanno pochi, acciò che sia tale dignità più rag-guardevole e perché tengono che sia diffidi cosa truo-vare gran numero de buoni che possino esser di taledignità degni.

Questi e dai loro popoli e dagli stranieri sonomolto onorati, il che per mio aviso è causato da que-sto: che facendosi il fatto d'arme, elli, separati daglialtri, stanno in ginocchione vestiti con i sagri abiti; econ le mani al cielo levate, pregano prima per lapace e poi per la vittoria al loro popolo, senza spargi-mento di sangue d'amendue le parti. Vincendo i suoi,corrono ne le squadre, vietando l'uccisione degli sconfit-ti, né alcuno gli offende: tanta riverenza portano a quel-

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li, che non tocherebbono le vesti. Perciò sono in tantavenerazione apo le esterne nazioni, ancora che moltefiate hanno salvato non meno i nimici da le mani deicittadini, che questi da le mani de' nimici. A le volte èavenuto ch'essendo sconfitto il campo loro e mettendosiil nimico a saccheggiare, sopravenendo i sacerdoti, èstata raffrenata l'uccisione e fatta la pace con onestipartiti. Non mai è stata gente alcuna tanto feroce ecruda, la quale non abbia onorato il corpo di quellicome sagrosanto e inviolabile. Celebrano solenne-mente il primo e l'ultimo del mese, e parimente del'anno, il quale dividono secondo il corso de la Luna. Iprimi giorni chiamano «cinemerni» e gli ultimi «trape-merni», cioè prime feste, ultime feste.

Hanno egregii tempii non molto lavorati, il chenon era loro necessario, essendo pochi, ma ben capa-ci; sono alquanto scuri, per consiglio dei sacerdoti,perché la molta luce distrae i pensieri nostri e la me-diocre li raccoglie e fa l'uomo a la religione più de-dito. Benché siano di varie forme, nondimeno tuttisono a la religione accommodati quasi ad una communefoggia. Li sacrificii particolari di ciascuna setta sonotenuti ne le case particolare. Fanno con tale ordine ipublichi sacrificii, che non aviliscono i privati e parti-colari. Così non tengono nei tempii alcuna imaginedei dèi, acciò che possa ognuno liberamente imagi-narsi Dio in qual forma più gli piace. Chiamano Diosolamente per questo nome: Mytra; e tutti per questavoce intendono la natura de la divina Maestà. Non si

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li, che non tocherebbono le vesti. Perciò sono in tantavenerazione apo le esterne nazioni, ancora che moltefiate hanno salvato non meno i nimici da le mani deicittadini, che questi da le mani de' nimici. A le volte èavenuto ch'essendo sconfitto il campo loro e mettendosiil nimico a saccheggiare, sopravenendo i sacerdoti, èstata raffrenata l'uccisione e fatta la pace con onestipartiti. Non mai è stata gente alcuna tanto feroce ecruda, la quale non abbia onorato il corpo di quellicome sagrosanto e inviolabile. Celebrano solenne-mente il primo e l'ultimo del mese, e parimente del'anno, il quale dividono secondo il corso de la Luna. Iprimi giorni chiamano «cinemerni» e gli ultimi «trape-merni», cioè prime feste, ultime feste.

Hanno egregii tempii non molto lavorati, il chenon era loro necessario, essendo pochi, ma ben capa-ci; sono alquanto scuri, per consiglio dei sacerdoti,perché la molta luce distrae i pensieri nostri e la me-diocre li raccoglie e fa l'uomo a la religione più de-dito. Benché siano di varie forme, nondimeno tuttisono a la religione accommodati quasi ad una communefoggia. Li sacrificii particolari di ciascuna setta sonotenuti ne le case particolare. Fanno con tale ordine ipublichi sacrificii, che non aviliscono i privati e parti-colari. Così non tengono nei tempii alcuna imaginedei dèi, acciò che possa ognuno liberamente imagi-narsi Dio in qual forma più gli piace. Chiamano Diosolamente per questo nome: Mytra; e tutti per questavoce intendono la natura de la divina Maestà. Non si

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fanno orazioni, le quai non si possino prononciarc sen-za offendere le altre sette.

Concorrono al tempio ne le ultime feste, al ve-spro e diggiuni, per rendere grazie a Dio d'aver passa-to quel mese prosperamente; il giorno seguente, ch'èla prima festa, la mattina concorrono al tempo a sop-plicare felice successo per il seguente mese. Ne l'ulti-me feste, prima che si vada al tempio, le mogli ai mari-ti, i figliuoli ai padri, si mettono in ginocchione, chie-dendo perdono di ogni mancamento. Così ogn'odio na-scosto o dispiacere nasciuto tra loro si estingue, e sitruovano ai sacrificii con animo candido e puro, per-ché temono di andare ai sacrificii non avendo l'animoda ogni odio e ira purgato.

I maschi vanno a la destra parte del tempio e lefemine a la sinistra, e ogni padre e madre di famigliasi mette innanti a tutti i suoi per vedere i gesti di colo-ro ch'hanno in governo e potergli correggere di ogni er-rore che commettessero. Attendono che i giovani stia-no vicini ai vecchi, acciò che non si diano a cosepuerili se stanno tra fanciulli o garzoni, parendo loroche in quel tempo debbano, col levare la mente a Dio,esser incitati a la virtù. Non sacrificano animali, dando-si a credere che la divina clemenza non si plachi consangue o uccisioni, avendo quella dato la vita aglianimali perché vivano. Ardono incenso e altre coseodorifere, portano assai torchi, non già che non tenga-no per certo come tai cose niente vagliono a placarela divina natura, né anco le orazioni degli uomini, ma

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fanno orazioni, le quai non si possino prononciarc sen-za offendere le altre sette.

Concorrono al tempio ne le ultime feste, al ve-spro e diggiuni, per rendere grazie a Dio d'aver passa-to quel mese prosperamente; il giorno seguente, ch'èla prima festa, la mattina concorrono al tempo a sop-plicare felice successo per il seguente mese. Ne l'ulti-me feste, prima che si vada al tempio, le mogli ai mari-ti, i figliuoli ai padri, si mettono in ginocchione, chie-dendo perdono di ogni mancamento. Così ogn'odio na-scosto o dispiacere nasciuto tra loro si estingue, e sitruovano ai sacrificii con animo candido e puro, per-ché temono di andare ai sacrificii non avendo l'animoda ogni odio e ira purgato.

I maschi vanno a la destra parte del tempio e lefemine a la sinistra, e ogni padre e madre di famigliasi mette innanti a tutti i suoi per vedere i gesti di colo-ro ch'hanno in governo e potergli correggere di ogni er-rore che commettessero. Attendono che i giovani stia-no vicini ai vecchi, acciò che non si diano a cosepuerili se stanno tra fanciulli o garzoni, parendo loroche in quel tempo debbano, col levare la mente a Dio,esser incitati a la virtù. Non sacrificano animali, dando-si a credere che la divina clemenza non si plachi consangue o uccisioni, avendo quella dato la vita aglianimali perché vivano. Ardono incenso e altre coseodorifere, portano assai torchi, non già che non tenga-no per certo come tai cose niente vagliono a placarela divina natura, né anco le orazioni degli uomini, ma

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piace loro questo culto senza nocumento alcuno; e contali odori e lumi si sentono muovere a devozione ver-so Iddio e doventare più pronti ad onorarlo. Il popo-lo nel tempio si veste di bianco e i sacerdoti de variicolori, ma non di preciosa materia, perché sono quellevesti quasi ricamate non di pietre preziose, ma di variepenne de uccelli, in tal modo con ordine disposte, chel'opera oltre ogni stima più assai vale che la materia.Dicono ancora che in quel variare di penne che sivede in le vesti dei sacerdoti sono compresi alcuni se-creti misteri, la interpretazione dei quali, imparata daisacerdoti che diligentemente la insegnano, fa lorocomprendere i divini bcneficii che ricevono e qualepietà debbano usare verso Dio e il prossimo.

Quando il sacerdote ornato esce del santuario,tutti si piegano con la faccia in terra con tanto silen-zio che muove agli animi timore, come se Dio fussepresente. Poi che sono stati alquanto in terra, ad un se-gno del sacerdote si lievano e cantano a Dio laudecon musicali istromenti di forma assai differenti daquelli che si veggono apo noi, ma nel suono alcu-ni più, alcuni meno soavi che i nostri. Ma ci vinco-no di gran lunga in questo: ch'ogni lor musica, o conorgani o con voce umana, imita et esprime gli affettinaturali, e accommodasi il suono a la materia; sia orazio-ne supplicatoria, lieta, placabile, turbata, lugubre osdegnata, la melodia rappresenta in tal guisa il senti-mento di questa tal cosa, che gli animi di tutti sono aquella disposti e accesi. In fine dei sacrificii, tutti ad

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piace loro questo culto senza nocumento alcuno; e contali odori e lumi si sentono muovere a devozione ver-so Iddio e doventare più pronti ad onorarlo. Il popo-lo nel tempio si veste di bianco e i sacerdoti de variicolori, ma non di preciosa materia, perché sono quellevesti quasi ricamate non di pietre preziose, ma di variepenne de uccelli, in tal modo con ordine disposte, chel'opera oltre ogni stima più assai vale che la materia.Dicono ancora che in quel variare di penne che sivede in le vesti dei sacerdoti sono compresi alcuni se-creti misteri, la interpretazione dei quali, imparata daisacerdoti che diligentemente la insegnano, fa lorocomprendere i divini bcneficii che ricevono e qualepietà debbano usare verso Dio e il prossimo.

Quando il sacerdote ornato esce del santuario,tutti si piegano con la faccia in terra con tanto silen-zio che muove agli animi timore, come se Dio fussepresente. Poi che sono stati alquanto in terra, ad un se-gno del sacerdote si lievano e cantano a Dio laudecon musicali istromenti di forma assai differenti daquelli che si veggono apo noi, ma nel suono alcu-ni più, alcuni meno soavi che i nostri. Ma ci vinco-no di gran lunga in questo: ch'ogni lor musica, o conorgani o con voce umana, imita et esprime gli affettinaturali, e accommodasi il suono a la materia; sia orazio-ne supplicatoria, lieta, placabile, turbata, lugubre osdegnata, la melodia rappresenta in tal guisa il senti-mento di questa tal cosa, che gli animi di tutti sono aquella disposti e accesi. In fine dei sacrificii, tutti ad

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una voce dicono certe parole col sacerdote, le quai,benché siano dette in commune, ognuno può applicare asé medesimo. In queste riconoscono Iddio autore dela creazione e del governo e di tutti gli altri beni, e ditanti beneficii gli rendono grazie, ma particolarmenteche sian nati in republica felicissima e abbino religio-ne a loro parere d'ogn'altra più vera. E se pigliano erro-re in questo, che ispiri loro la miglior via, offerendo-si pronti a seguirla. Ma la republica loro è ottima e lareligione verissima; e che dia loro costanza a perse-verare in quella e conduca tutti gli uomini a quellafoggia di ben vivere e in quel parere cerca la religio-ne, se però non si diletta più di questa varietà di reli -gione per la sua inscrutabile sapienza. Sopplicanopoi che li ricevi a sé dopo la morte, che non sia cru-dele, né strana. Fatta quest'orazione, da nuovo si pie-gano in terra, e poco appresso levati, vanno a mangia-re. Il rimanente del giorno consumano in giuochi etesercizii militari.

Hovvi descritto quanto più veracemente mi èstato possibile la forma di quella republica, la qualenon solamente giudico ottima, ma eziandio sola la qua-le possi con ragione esser chiamata republica. Perchéaltruove si ragiona veramente del publico commodo,ma si attende al particolare. In questa da dovero simira al ben publico, lasciando al tutto da parte ognipropio utile. Chi è ne le altre republiche, ancor chesiano fiorite e prospere, il quale non si tema di morirsiper fame se non procura più tosto a' suoi privati commodi

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una voce dicono certe parole col sacerdote, le quai,benché siano dette in commune, ognuno può applicare asé medesimo. In queste riconoscono Iddio autore dela creazione e del governo e di tutti gli altri beni, e ditanti beneficii gli rendono grazie, ma particolarmenteche sian nati in republica felicissima e abbino religio-ne a loro parere d'ogn'altra più vera. E se pigliano erro-re in questo, che ispiri loro la miglior via, offerendo-si pronti a seguirla. Ma la republica loro è ottima e lareligione verissima; e che dia loro costanza a perse-verare in quella e conduca tutti gli uomini a quellafoggia di ben vivere e in quel parere cerca la religio-ne, se però non si diletta più di questa varietà di reli -gione per la sua inscrutabile sapienza. Sopplicanopoi che li ricevi a sé dopo la morte, che non sia cru-dele, né strana. Fatta quest'orazione, da nuovo si pie-gano in terra, e poco appresso levati, vanno a mangia-re. Il rimanente del giorno consumano in giuochi etesercizii militari.

Hovvi descritto quanto più veracemente mi èstato possibile la forma di quella republica, la qualenon solamente giudico ottima, ma eziandio sola la qua-le possi con ragione esser chiamata republica. Perchéaltruove si ragiona veramente del publico commodo,ma si attende al particolare. In questa da dovero simira al ben publico, lasciando al tutto da parte ognipropio utile. Chi è ne le altre republiche, ancor chesiano fiorite e prospere, il quale non si tema di morirsiper fame se non procura più tosto a' suoi privati commodi

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che al publico bene? E anco la necessità ne le altrerepubliche strigne l'uomo a far questo. In questa,ove ogni cosa è commune, niuno teme di patire, purche siano pieni i granari publichi. Perché ivi non si di-stribuisce con malvagità, né vi è alcuno povero, equantunque niuno posseda in particolare, tutti sononel publico ricchi, perché veramente, non avendopensieri cerca l'acquistare particolarmente, menano lietavita con tranquillo animo. Non stanno in affanno del lorovivere, non sono con dimande continue da le mogli tra-vagliati, non temono che i figliuoli impoveriscano, né diindotare la figliuola stanno in pensiero. Anzi, sono se-curi del vivere felice de' figliuoli, nipoti e d'ogni lordescendente e anco di loro stessi, perché parimente siprovede a chi non può più lavorare come a quei chelavorano.

Ardirà alcuno di comparare la equità di altregenti, le quai a mio parere non ne tengono ombra alcu-na, con la equità di questa republica? Che equità è que-sta, eh'un nobile, overo orefice, o usuraro, o pure qua-lunque altro, che non opera cosa alcuna, overo cheogni suo fatto è poco necessario a la republica, si ac-quisti il vivere delicato e splendido, quando che unservo, un lavoratore de' campi, un fabro, un carretiericon tanta fatica dì e notte, che non la patirebbono ibuoi, si guadagna parcamente il vivere, quasi peg-giore che quello degli animali, che non faticano tantoassiduamente, né stanno in timore de le cose a venire?Ma questi sono afflitti da la poco fruttuosa fatica, e ri-

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che al publico bene? E anco la necessità ne le altrerepubliche strigne l'uomo a far questo. In questa,ove ogni cosa è commune, niuno teme di patire, purche siano pieni i granari publichi. Perché ivi non si di-stribuisce con malvagità, né vi è alcuno povero, equantunque niuno posseda in particolare, tutti sononel publico ricchi, perché veramente, non avendopensieri cerca l'acquistare particolarmente, menano lietavita con tranquillo animo. Non stanno in affanno del lorovivere, non sono con dimande continue da le mogli tra-vagliati, non temono che i figliuoli impoveriscano, né diindotare la figliuola stanno in pensiero. Anzi, sono se-curi del vivere felice de' figliuoli, nipoti e d'ogni lordescendente e anco di loro stessi, perché parimente siprovede a chi non può più lavorare come a quei chelavorano.

Ardirà alcuno di comparare la equità di altregenti, le quai a mio parere non ne tengono ombra alcu-na, con la equità di questa republica? Che equità è que-sta, eh'un nobile, overo orefice, o usuraro, o pure qua-lunque altro, che non opera cosa alcuna, overo cheogni suo fatto è poco necessario a la republica, si ac-quisti il vivere delicato e splendido, quando che unservo, un lavoratore de' campi, un fabro, un carretiericon tanta fatica dì e notte, che non la patirebbono ibuoi, si guadagna parcamente il vivere, quasi peg-giore che quello degli animali, che non faticano tantoassiduamente, né stanno in timore de le cose a venire?Ma questi sono afflitti da la poco fruttuosa fatica, e ri-

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cordandosi de la povertà, ch'aspettano in vecchiezza, re-stano vinti dal dolore, vedendo che, non potendo tantoguadagnare che basti loro di giorno in giorno, perdonoogni speranza di riporre cosa alcuna per la vecchiez-za. Non è ingiusta questa republica e ingrata, la qualeda liberamente tanti doni ai nobili, agli ociosi, ad arte-fici de vani diletti e agli adulatori, e non provede a'lavoratori di terreno, a' carbonarii, a' servi, a' car-rettieri e a' fabri, senza i quali non può stare alcu-na republica; anzi, avendosi de le loro fatiche servitomentre che erano giovani, poi che invecchiano, li lasciadi disaggio morire in estrema povertà! Che dirò, che iricchi pigliano ancora del salario diurno dei poveri nonsolamente con violenza o fraude, ma con publiche leg-gi?

Considerando adunque tutte le republiche cheora fioriscono, così mi ami Dio che non veggo altroche una congiura de ricchi, la qual, tratta dai propiicommodi, sotto nome di repu[b]lica ricercano ognimodo e arte con la quale possino fare grandi acquisti etenerseli senza timore, dipoi come possino con picciolisalarii aver le fatiche de' poveri e servirsene a lorvoglia. Questi truovamenti de' ricchi, sotto colore direpublica, do ventano leggi! Tuttavia questi pessimi uo-mini, poi ch'hanno con insaziabile appetito diviso traloro quello che a tutti dovea bastare, sono degli Uto-piensi inferiori quanto a la felicità de la republica loro,da la quale essendo levata via la cupidigia del denaro,quante molestie e sceleragini sono da quella rimosse!

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cordandosi de la povertà, ch'aspettano in vecchiezza, re-stano vinti dal dolore, vedendo che, non potendo tantoguadagnare che basti loro di giorno in giorno, perdonoogni speranza di riporre cosa alcuna per la vecchiez-za. Non è ingiusta questa republica e ingrata, la qualeda liberamente tanti doni ai nobili, agli ociosi, ad arte-fici de vani diletti e agli adulatori, e non provede a'lavoratori di terreno, a' carbonarii, a' servi, a' car-rettieri e a' fabri, senza i quali non può stare alcu-na republica; anzi, avendosi de le loro fatiche servitomentre che erano giovani, poi che invecchiano, li lasciadi disaggio morire in estrema povertà! Che dirò, che iricchi pigliano ancora del salario diurno dei poveri nonsolamente con violenza o fraude, ma con publiche leg-gi?

Considerando adunque tutte le republiche cheora fioriscono, così mi ami Dio che non veggo altroche una congiura de ricchi, la qual, tratta dai propiicommodi, sotto nome di repu[b]lica ricercano ognimodo e arte con la quale possino fare grandi acquisti etenerseli senza timore, dipoi come possino con picciolisalarii aver le fatiche de' poveri e servirsene a lorvoglia. Questi truovamenti de' ricchi, sotto colore direpublica, do ventano leggi! Tuttavia questi pessimi uo-mini, poi ch'hanno con insaziabile appetito diviso traloro quello che a tutti dovea bastare, sono degli Uto-piensi inferiori quanto a la felicità de la republica loro,da la quale essendo levata via la cupidigia del denaro,quante molestie e sceleragini sono da quella rimosse!

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Chi non sa quante fraudi, rapine, risse, tumulti, con-tenzioni, sedizioni, uccisioni, tradimenti, incantesimi,puniti più tosto che raffrenati con i sopplicii, col sprez-zare i denari se ne vanno, e con questi la sollecitudine,i pensieri, fatiche e vigilie con la pecunia si portano,e anco se ne va la povertà, la qual sola pare che siabisognosa de denari?

E per meglio considerarla, pensati di qualcheanno sterile, nel quale siano morti per fame gli uoini-ni a migliaia, e truoverai che nel fine di quella care-stia era tanto formento nei granari dei ricchi, ch'areb-be nodrito quei che morirono di fame, né alcuno areb-be sentito la sterilità di quel tempo. Così facilmentes'acquisterebbe il vivere, se il desio di accumulare de-nari non impoverisse gli altri. I ricchi veramente com-prendono che sarebbe migliore partito non mancare dicose necessarie, ch'abondare di tante soverchie. E iotengo certo che overo il rispetto del conimodo, overol'autorità del salvator Cristo, il quale per sua sapienza ebontà seppe e puoté consigliare quello ch'era meglio,arebbe già ridotto il mondo tutto sotto queste leggi, senon si contrapones[s]e la superbia, la quale si tiene fe-lice non per i propii commodi, ma per gli incommodialtrui, delettandosi col suo pompeggiare di affligere ipoveri. Questa serpe infernale ritarda gli uomini da lavera via! Ma essendo ella oggimai radicata negli umanipetti, mi rallegro che tengano gli Utopiensi questa otti-ma forma di republica felicissima e, quanto può l'umanacognizione prevedere, ancora perpetua, perch'essendo

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Chi non sa quante fraudi, rapine, risse, tumulti, con-tenzioni, sedizioni, uccisioni, tradimenti, incantesimi,puniti più tosto che raffrenati con i sopplicii, col sprez-zare i denari se ne vanno, e con questi la sollecitudine,i pensieri, fatiche e vigilie con la pecunia si portano,e anco se ne va la povertà, la qual sola pare che siabisognosa de denari?

E per meglio considerarla, pensati di qualcheanno sterile, nel quale siano morti per fame gli uoini-ni a migliaia, e truoverai che nel fine di quella care-stia era tanto formento nei granari dei ricchi, ch'areb-be nodrito quei che morirono di fame, né alcuno areb-be sentito la sterilità di quel tempo. Così facilmentes'acquisterebbe il vivere, se il desio di accumulare de-nari non impoverisse gli altri. I ricchi veramente com-prendono che sarebbe migliore partito non mancare dicose necessarie, ch'abondare di tante soverchie. E iotengo certo che overo il rispetto del conimodo, overol'autorità del salvator Cristo, il quale per sua sapienza ebontà seppe e puoté consigliare quello ch'era meglio,arebbe già ridotto il mondo tutto sotto queste leggi, senon si contrapones[s]e la superbia, la quale si tiene fe-lice non per i propii commodi, ma per gli incommodialtrui, delettandosi col suo pompeggiare di affligere ipoveri. Questa serpe infernale ritarda gli uomini da lavera via! Ma essendo ella oggimai radicata negli umanipetti, mi rallegro che tengano gli Utopiensi questa otti-ma forma di republica felicissima e, quanto può l'umanacognizione prevedere, ancora perpetua, perch'essendo

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tra loro estirpati i vizii de l'ambizione e le radici dele sette, non v'è pericolo di discordia, la qual solabasta a rovinare le ben fortificate città. Ma, vivendo incon[c]ordia con salutiferi istituti, non puotrà l'invidiade' vicini prìncipi, già più volte ribattuti, crollarequell'imperio.

Poi che Raffaello ebbe così detto, quantunquemi parevano esservi molte sconvenevolezze nei costu-mi e leggi loro, non solo cerca il guerregiare, come an-cora ne la religione, ma specialmente che questo viverein commune senza denari pare ch'estingua la nobilita,la magnificenza e lo splendore, che sono per communeopinione i veri ornamenti de la republica, tuttavia,vedendolo già stanco e temendo di non offenderlo nelriprendere questa republica tanto affetuosamente da luicommendata, laudai il suo parlare e, presolo per mano,lo menai a cena, dicendo che ad altro tempo potressi-mo de le istesse cose pensare e ragionare. Il che piac-cia a Dio che avenga.

IL FINE DEL SECONDO E ULTIMO LIBRO

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tra loro estirpati i vizii de l'ambizione e le radici dele sette, non v'è pericolo di discordia, la qual solabasta a rovinare le ben fortificate città. Ma, vivendo incon[c]ordia con salutiferi istituti, non puotrà l'invidiade' vicini prìncipi, già più volte ribattuti, crollarequell'imperio.

Poi che Raffaello ebbe così detto, quantunquemi parevano esservi molte sconvenevolezze nei costu-mi e leggi loro, non solo cerca il guerregiare, come an-cora ne la religione, ma specialmente che questo viverein commune senza denari pare ch'estingua la nobilita,la magnificenza e lo splendore, che sono per communeopinione i veri ornamenti de la republica, tuttavia,vedendolo già stanco e temendo di non offenderlo nelriprendere questa republica tanto affetuosamente da luicommendata, laudai il suo parlare e, presolo per mano,lo menai a cena, dicendo che ad altro tempo potressi-mo de le istesse cose pensare e ragionare. Il che piac-cia a Dio che avenga.

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