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DIDATTICA.GEOPOLITICA E...

Date post: 16-Dec-2018
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1 DISPENSA INTEGRATIVA CORSO DI GEOPOLITICA E COMUNICAZIONE LM Prof. Giuseppe Bettoni La Geopolitica Il termine geopolitica apparve per la prima volta verso la fine del Diciannovesimo secolo. A inventarlo fu un professore svedese, Rudolf Kjéllen (1864‐1922), il quale nel suo Statem som Lifsform indicava con tale termine l’influenza che l’ambiente e i suoi fattori, come gli aspetti geografici, le forze sociali e culturali, le risorse economiche, ecc., avevano sulla politica di un determinato Stato. Nella visione del politologo, infatti, ogni Stato ha una precisa collocazione in un territorio dotato di tratti geografici unici che non possono non influire, almeno in parte, sull’organizzazione politica, sociale, economica, militare dello Stato che su di esso sorge. Ciò che in sostanza Kjéllen tentò di fare fu, dunque, di fornirci un metodo originale e senza dubbio innovativo con il quale analizzare la politica: il suo studio doveva, a suo avviso, essere messo in relazione con i condizionamenti esercitati dai fattori spaziali e ambientali e con la localizzazione degli altri soggetti politici nel contesto internazionale. Questo ultimo aspetto è di particolare importanza in quanto mostra come nella sua analisi lo studioso svedese non intendesse semplicemente costruire una disciplina in cui la politica fosse legata all’ambiente da una mera relazione di causa‐effetto, ma aspirasse a realizzare uno studio di più ampia portata nel quale le interrelazioni tra entità politiche territorialmente definite avesse lo stesso peso delle variabili ambientali. Ne consegue, dunque, che l’analisi geopolitica è inevitabilmente condizionata dalle visioni che i soggetti politici elaborano di queste interdipendenze nello scacchiere internazionale. È chiaro che queste interpretazioni non sono, e d’altronde non potrebbero mai essere, univoche e oggettive, in quanto la loro elaborazione è inevitabilmente, condizionata dai diritti storici di cui ognuno di tali soggetti è portatore. Questo punto, che sottolinea come l’analisi scientifica di ogni problema geopolitico sia sempre accompagnato da visioni divergenti e contraddittorie, è stato ben affrontato da Yves Lacoste, il primo a sottolineare l’importanza e il peso della storia per la geopolitica. Per Lacoste, infatti, le interpretazioni che i soggetti politici danno alle loro relazioni nel contesto internazionale devono necessariamente non coincidere e questo perché tali rappresentazioni non solo si fondano su dati spaziali e su situazioni storiche presenti di per sé già diverse, ma anche su visioni, interpretazioni, situazioni che vengono fondate e costruite nel passato. Si tratta in pratica della necessità di tener conto dello scorrere del tempo e degli eventi che hanno segnato l’esistenza di una data comunità influenzandone la capacità e la vocazione interpretativa. Per lo studioso francese si può considerare e definire la geopolitica come una disciplina dall’approccio prettamente scientifico solo nella misura in cui si riesce a mettere in evidenza il carattere contraddittorio e conflittuale delle interpretazioni date dai diversi soggetti coinvolti. A ciò è inoltre necessario aggiungere che tali visioni del passato, oltre a essere ideologicamente condizionate, sono anche funzionalmente strumentalizzate poiché,
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DISPENSA INTEGRATIVA  

CORSO DI GEOPOLITICA E COMUNICAZIONE LM  

Prof. Giuseppe Bettoni   La Geopolitica    Il termine geopolitica apparve per la prima volta verso la fine del Diciannovesimo secolo. 

A  inventarlo  fu  un  professore  svedese,  Rudolf  Kjéllen  (1864‐1922),  il  quale  nel  suo  Statem som Lifsform  indicava  con  tale  termine  l’influenza  che  l’ambiente  e  i  suoi  fattori,  come  gli aspetti geografici, le forze sociali e culturali, le risorse economiche, ecc., avevano sulla politica di un determinato Stato.   Nella visione del politologo, infatti, ogni Stato ha una precisa collocazione in un territorio 

dotato  di  tratti  geografici  unici  che  non  possono  non  influire,  almeno  in  parte, sull’organizzazione politica, sociale, economica, militare dello Stato che su di esso sorge. Ciò che in sostanza Kjéllen tentò di fare fu, dunque, di fornirci un metodo originale e senza dubbio innovativo con il quale analizzare la politica: il suo studio doveva, a suo avviso, essere messo in  relazione  con  i  condizionamenti  esercitati  dai  fattori  spaziali  e  ambientali  e  con  la localizzazione degli altri soggetti politici nel contesto internazionale. Questo ultimo aspetto è di  particolare  importanza  in  quanto mostra  come nella  sua  analisi  lo  studioso  svedese non intendesse semplicemente costruire una disciplina in cui la politica fosse legata all’ambiente da  una mera  relazione  di  causa‐effetto,  ma  aspirasse  a  realizzare  uno  studio  di  più  ampia portata nel quale le interrelazioni tra entità politiche territorialmente definite avesse lo stesso peso delle variabili ambientali.   Ne consegue, dunque, che l’analisi geopolitica è inevitabilmente condizionata dalle visioni 

che i soggetti politici elaborano di queste interdipendenze nello scacchiere internazionale. È chiaro che queste interpretazioni non sono, e d’altronde non potrebbero mai essere, univoche e oggettive, in quanto la loro elaborazione è inevitabilmente, condizionata dai diritti storici di cui ognuno di tali soggetti è portatore.   Questo  punto,  che  sottolinea  come  l’analisi  scientifica  di  ogni  problema  geopolitico  sia 

sempre accompagnato da visioni divergenti e contraddittorie, è stato ben affrontato da Yves Lacoste, il primo a sottolineare l’importanza e il peso della storia per la geopolitica.   Per Lacoste,  infatti,  le  interpretazioni  che  i  soggetti politici danno alle  loro  relazioni nel 

contesto  internazionale  devono  necessariamente  non  coincidere  e  questo  perché  tali rappresentazioni non solo si fondano su dati spaziali e su situazioni storiche presenti di per sé già diverse, ma anche su visioni,  interpretazioni,  situazioni  che vengono  fondate e  costruite nel passato. Si tratta in pratica della necessità di tener conto dello scorrere del tempo e degli eventi  che  hanno  segnato  l’esistenza  di  una  data  comunità  influenzandone  la  capacità  e  la vocazione interpretativa.   Per  lo studioso  francese si può considerare e definire  la geopolitica come una disciplina 

dall’approccio prettamente scientifico solo nella misura in cui si riesce a mettere in evidenza il carattere contraddittorio e conflittuale delle interpretazioni date dai diversi soggetti coinvolti. A  ciò  è  inoltre  necessario  aggiungere  che  tali  visioni  del  passato,  oltre  a  essere ideologicamente  condizionate,  sono  anche  funzionalmente  strumentalizzate  poiché, 

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sostanzialmente, servono a giustificare le ambizioni territoriali di uno specifico soggetto in un dato ambito.1 

 Viene considerata geopolitica quella situazione nella quale due o più attori politici si contendono un territorio.  In  questo  contendere,  le  popolazioni  che  abitano  il  territorio  conteso  devono  essere coinvolte in questo conflitto, attraverso l’uso degli strumenti di comunicazione di massa2.      Secondo Yves Lacoste, per geopolitica bisogna intendere tutte le rivalità di potere su di un 

territorio. La geopolitica non si limita ai conflitti tra gli Stati; essa analizza nello stesso modo le  rivalità  di  potere  all’interno  di  uno  stesso  Stato,  di  una  stessa  Nazione  e  nel  quadro  di procedure democratiche. Le poste in gioco territoriali di queste rivalità possono essere anche di una dimensione relativamente piccola.   Quale  che  sia  la  sua  estensione  territoriale  (planetaria,  continentale,  statale,  regionale, 

locale)  e  la  complessità  dei  dati  geografici  (rilievo,  clima,  vegetazione,  ripartizione  della popolazione e delle attività, ecc.), una situazione geopolitica si definisce, a un dato momento di urta evoluzione storica, attraverso delle rivalità di potere di maggiore o minor momento, e attraverso dei rapporti tra forze che occupano parti diverse del territorio in questione.  Per questo, ad esempio, si può parlare di “geopolitica delle periferie”, di “geopolitica della 

droga”,  di  “geopolitica  del  petrolio”,  ecc.  Condizione  essenziale  però  è  che  vi  sia  il coinvolgimento della popolazione.   Le  rivalità  di  potere  sono  anzitutto  quelle  tra  Stati,  grandi  e  piccoli,  che  si  disputano  il 

possesso o il controllo di certi territori. Si tratta di individuarne la localizzazione precisa e le ragioni  che  ciascuno  invoca  per  giustificare  il  conflitto,  spesso  legate  alle  risorse (appropriazione di un giacimento minerario o di una zona sottomarina non ancora esplorata, ecc.),  ma  talvolta  anche  a  cause  di  più  difficile  discernimento,  e  che  occorre  nondimeno cercare di definire.    Rivalità di potere, ufficiali e ufficiose, si sviluppano anche all’interno di numerosi Stati i cui 

popoli,  più  o meno minoritari,  rivendicano  la  propria  autonomia  o  indipendenza.  Infine,  in seno  a  una  stessa  Nazione,  esistono  rivalità  geopolitiche  tra  i  principali  partiti  politici,  che cercano  di  estendere  la  propria  influenza  nella  tal  regione  o  nel  tale  agglomerato,  e  di conquistare o conservare delle circoscrizioni elettorali.   Per  mostrare  le  ripartizioni  di  queste  forze  diverse,  anche  negli  spazi  relativamente 

ristretti,  occorrono  delle  carte  chiare  e  suggestive,  e  in  particolare  delle  carte  storiche  che permettano  di  capire  l’evoluzione  della  situazione  (attraverso  i  successivi  tracciati  delle frontiere),  come  pure  di  apprezzare  “diritti  storici”  su  un  determinato  territorio,  di  cui  si dotano  contraddittoriamente diversi  Stati.  Per  capire un  conflitto  o una  rivalità  geopolitica, non basta precisare e cartografare le poste in gioco, bisogna anche cercare di comprendere le ragioni e le idee dei principali attori.   Occorre sottolineare che tutte le opinioni geopolitiche che si affrontano o si confrontano, 

in quanto riferite a rivalità di poteri (ufficiali o ufficiosi, attuali o potenziali) su dei territori e sugli uomini che vi abitano, sono delle rappresentazioni caricate di valori, più o meno parziali e  più  o  meno  consapevolmente  di  parte,  relativi  a  situazioni  reali  le  cui  caratteristiche obiettive  sono  di  difficile  definizione.  Per squalificare  i rivali, alcune tesi geopolitiche si proclamano scientifiche e si riferiscono a “leggi” della storia, della natura o della geografia perché esse sembrano eterne e in grado di sfidare  i  secoli. Questo genere di discorso non deriva  affatto dalla  razionalità, né a maggior ragione dalla scienza, quando pretende di fondare un giudizio su un preteso rapporto diretto                                                         

1 Daclon M. C., Geopolitica dell’ambiente. Sostenibilità, conflitti e cambiamenti globali, Franco Angeli, Milano, 2008 

2 Lacoste Y. (a cura di), Dictionnaire de géopolitique, Preambolo, pagg. 1‐35, op. cit. 

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di casualità fra assiomi generali e una situazione particolare in cui si affrontano dei poteri nel quadro di una complessa evoluzione storica. Tuttavia, tali discorsi sedicenti “scientifici”, come pure  le  tesi  storiche  grossolanamente  articolate,  non  sono da prendere  alla  leggera,  perché hanno un potere di mobilitazione considerevole.     La sola maniera scientifica di affrontare qualsiasi problema geopolitico è di porre subito in 

chiaro,  come  principio  fondamentale,  che  esso  è  espresso  da  rappresentazioni  divergenti, contraddittorie e più o meno antagoniste3. Al  principio  la  geopolitica  entrò  nel  panorama  delle  relazioni  internazionali  e  degli 

interessi nazionali in un periodo piuttosto agitato per la scena politica occidentale: dapprima, al  momento  dell’unificazione  della  Germania,  poi  con  l’avvento  della  Seconda  Guerra Mondiale. In quella fase i conflitti scoppiavano per il controllo dei territori, delle popolazioni, delle materie prime e, dunque, dei mercati. Gli anni che vanno dal 1870 al 1920 sono quelli che possiamo definire della “geopolitica classica4”, in sui si formarono i concetti cardine della disciplina: quello di espansione dello stato, di frontiera, di senso dello spazio5, ecc. Nel 1945 la geopolitica fu bandita in Europa,  in quanto compromessa dal nazismo che ne 

fece un uso distorto e autoreferenziale, facendole, così, subire il peso di una censura morale e ideologica.    In  Germania,  infatti,  tra  il  1924  e  il  1944,  si  sviluppò  un  movimento  di  studi geopolitici  che  portò  alla  pubblicazione  della  rivista  “Zeitschrift  fur  Geopolitik6”,  che  con l’avvento del nazismo si  fece portavoce dell’espansionismo hitleriano7. Karl Haushofer8, uno dei maggiori  esponenti  degli  studi  geopolitica,  definisce  la  geopolitica  come  “il  fondamento 

                                                        3 Lacoste Y., Che cos’è la geopolitica, accessibile all’url http://www.eurasia‐rivista.org/yves‐lacoste‐che‐cose‐

la‐geopolitica/873/  4 Con  la  definizione  di  “geopolitica  classica”  si  rimanda  al  primo  periodo  di  formazione  della  disciplina, 

durante  il quale si andò sviluppando  la struttura della stessa attraverso  le  teorie (sopra citate) di: F. Ratzel  in Germania, H. Mackinder in Gran Bretagna, R. Kjellen in Svezia. 

5 Quando si parla di “senso dello spazio” si fa solitamente riferimento alle concezioni di Karl Schmitt, teorico e giurista  tedesco  studioso  di  diritto  pubblico  e  internazionale.  Schmitt  nel  libro  “Nomos  della Terra  nel  diritto internazionale  dello  jus publicum  europeaum”  (Adelphi,  1991)  affronta  proprio  il  tema  dello  spazio  e  della sovranità su di esso compiendo un’indagine sui rapporti di forza e di potenza tra gli stati. Il nomos della terra è un ordinamento giuridico primordiale, secondo cui si può ottenere la terra attraverso la sua occupazione, per cui è  legittimo  condurre  una  guerra  per  conquistare  il  territorio  ed  averne  sovranità.  In  “Terra  e  Mare.  Una riflessione sulla storia del mondo” (Adelphi, 2002, pp 73‐74) egli scrive: “ogni ordinamento fondamentale è un ordinamento  spaziale.  Quando  si  parla  della  costituzione  di  un  paese  o  di  un  continente,ci  si  riferisce  al  suo ordinamento  fondamentale,  al  suo nomos.  Ora,  il  vero,  autentico  ordinamento  fondamentale  si  basa,  nella  sua essenza, su determinati confini e delimitazioni spaziali, su determinate misure e su una determinata spartizione della Terra. Al principio di ogni grande epoca c’è quindi una grande conquista di  terra”. Dunque  il senso dello spazio  risulta  essere  un  elemento  fondamentale  all’interno  di  ogni  società  affinché  si  possano  comprendere  i conflitti che si verificano sia a  livello nazionale che internazionale,  le cui cause vengono spesso celate dietro le diverse sfere della vita sociale, come ad esempio l’economia o la religione, ecc. 

6  “Rivista di Geopolitica” (trad.  it.)  fondata negli anni venti del XX secolo da Karl Haushofer. Dall’uscita del primo  numero,  avvenuta  nel  1924,  molti  specialisti  di  relazioni  internazionali  vi  hanno  assiduamente collaborato.  Questa  rivista  era  destinata  a  fornire  ai  diplomatici  tedeschi  una  conoscenza  quanto  più approfondita possibile sui movimenti politici, economici e sociali che si verificavano nel mondo.    

7 Adolf Hitler (Braunau am Inn, 1889 – Berlino, 1945) fu Furher della Germania dal 1934 al 1945. Durante la sua dittatura perseguì una politica estera aggressiva, volta ad espandere  il Libensraum  tedesco a  scapito delle popolazioni dell’Europa orientale. Al centro dei suoi principi c’era un’utopia razzista e nazionalista: egli, infatti, credeva nell’esistenza di una razza  (quella ariana)  superiore e  conquistatrice,  i  cui  caratteri originari  si  erano conservati  solo nel popolo  tedesco,  che andava,  quindi,  depurato dalla  commistione  con  razze  “inferiori”. Una volta ricostituita la propria unità in un nuovo Stato, i tedeschi avrebbero dovuto recuperare i territori perduti in passato  ed  espandere  verso  est  il  proprio  “spazio  vitale”.  Si  delineò  così  un  programma  estremista  e guerrafondaio,  che  Hitler  espose  con  chiarezza  in  un  libro  intitolato Mein Kampf,  “La  mia  battaglia”.  (Cfr.  G. Sabbatucci, V. Vidotto, Il mondo contemporaneo. Dal 1848 a oggi, Roma‐Bari, Laterza, 2005, pp. 349‐350) 

8 Generale e politologo tedesco (Monaco di Baviera, 1869 – Berlino, 1946), le sue idee influenzarono molto le strategie di sviluppo della Germania nazista  .  

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scientifico  intorno  all'arte  dell'attività  politica  nella  lotta  per  l'esistenza  che  conducono  gli Stati  rispetto  alla  superficie  che  è  loro  necessaria”9.  Le  idee  fondamentali  della  geopolitica tedesca portarono, quindi, in discredito. Inoltre,  alla  fine  della  Seconda  Guerra Mondiale,  più  precisamente  a  partire  dal  1947,  si 

scatenò una guerra fredda10, combattuta senza armi, tra i due maggiori blocchi contrapposti: il mondo “libero”, imperialista e capitalista, rappresentato dagli USA, e il mondo socialista, o più semplicemente comunista, rappresentato dall’ URSS. Per gli Stati appartenenti alle due fazioni era  importante  che  non  ne  venisse  indebolita  la  propria  coesione:  nel mondo  socialista  gli stati erano considerati pressoché  fratelli grazie al socialismo11, quindi  la geopolitica,  fino ad allora  strettamente  legata  ai  conflitti  territoriali,  andava  vietata;  in  Occidente,  allo  stesso modo,  andava  bandita  la  geopolitica  in  quanto  evocatrice  dei  conflitti  che  avevano precedentemente portato a combattere così duramente le Nazioni.  Altro  fattore  che  portò  a  un  progressivo  disuso  della  geopolitica  fu  la  crisi  che  colpì 

l'Europa  dopo  la  fine  della  guerra:  i  popoli  avevano,  infatti,  ormai  perso  gran  parte  delle proprie risorse politiche, economiche e militari, cosicché si trovarono quasi del tutto privi di energie da confluire  in  temi quali  l'esercizio della sovranità.  In un contesto come questo    le riflessioni  sugli  interessi  nazionali  e  internazionali  perseguibili  persero  immediatamente valore e la geopolitica fu man mano “messa da parte”. Il processo di reinserimento della geopolitica avvenne intorno agli anni Settanta: periodo in 

cui si verificarono cruciali eventi storici  in  Indocina, nel violento scontro militare  tra Est ed Ovest, e in Asia centrale. Il conflitto che scoppiò tra i khmer rossi e i comunisti vietnamiti, per il controllo di una parte del delta del Mekong, ebbe un eco fortissima nell’opinione pubblica mondiale e contribuì al riapparire della parola “geopolitica” per designare dei conflitti molto meno ideologici e più prettamente territoriali12. Fu, però, soprattutto dopo  il 1985 che si verificò una notevole ripresa del  termine  inteso 

come nuovo modo di vedere il mondo. La geopolitica rinacque in un momento in cui la politica 

                                                        9 Dizionario di politica, a cura del Partito Nazionale Fascista, vol. II, Roma 1940, p.  250 10 Alla fine della Seconda Guerra Mondiale solo due Stati potevano, ormai, aspirare al ruolo di superpotenza: 

gli Stati Uniti e l’ Unione Sovietica. Entrambi erano entità continentali e multietniche dotate di risorse naturali e di un buon apparato industriale, ciascuna portatrice di una propria cultura. Il dialogo tra due potenze andò pian piano cessando in quanto gli Stati Uniti puntavano alla ricostruzione e alla ricerca di uno stabile ordine mondiale, l’Unione Sovietica,  invece,  esigeva  il  prezzo della  vittoria  in  termini politici,  economici  e di  sicurezza  (a  causa delle perdite e devastazioni che aveva subito). Si andò così creando una irriducibile ostilità tra i due blocchi che diede  origine  a  una  guerra  non  guerreggiata  (fredda),  che  durò  fino  al  1953.  L’equilibrio  fra  i  due  blocchi  si basava essenzialmente sul reciproco riconoscimento delle rispettive sfere d’influenza.   

(G. Sabatucci, V. Vidotto, op. cit., pp. 445‐450)    11La comparsa del termine si data intorno agli anni venti dell’Ottocento in Francia, ma l’idea stessa che i beni 

possano  essere  comuni  e  che  tutti  dovrebbero  usufruirne  in  egual misura  è  ancora  più  vecchia,  e  potremmo addirittura trovarla negli scritti filosofici greci e latini.    

Nel senso storicamente più vasto, con “socialismo” si intende ogni dottrina, teoria o ideologia che abbia come intendo quello di riorganizzare la società su basi collettivistiche e seguendo principi di uguaglianza sostanziale. In  epoca moderna,invece,  si  fa  riferimento  a  un  sistema  generalizzato  di  idee,  valori  e  credenze,  finalizzato  a guidare i comportamenti collettivi verso un nuovo ordine politico in grado di eliminare le disuguaglianze sociali attraverso la socializzazione dei mezzi di produzione e la distribuzione delle risorse economiche.  

(Per  una  definizione  più  dettagliata  si  rimanda  al  sito  http://www.treccani.it/enciclopedia/socialismo/ 04/09/2011 – 11:00) 

12 I  conflitti  territoriali  si  verificano  essenzialmente  per  il  possesso  delle  risorse  economiche,  naturali, spaziali,  ecc.  Queste  risorse,  generalmente  definite  “risorse  scarse”,  hanno  la  caratteristica  di  avere  una disponibilità  limitata, per questo motivo  sono molto  contese. Da  sempre  i  popoli  entrano  in  lotta  tra  loro per conquistare nuovi territori, non solo per espandere il proprio spazio, ma soprattutto per possedere e usufruire delle risorse di cui questi dispongono. 

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internazionale  si  trasformò  da  un  modello  ideologico  pressoché  bipolare13,  bastato  sullo scontro “capitalismo contro comunismo”, che durò dal 1945 al 1991, a quello che in un certo senso può definirsi  “unipolare” e  che vede gli  Stati Uniti  come unica potenza mondiale,  che grazie alla globalizzazione può imporre il proprio controllo a  livello planetario. Tale  assetto,  però,  fu  nuovamente  scardinato  agli  inizi  del  XXI  secolo  con  la  ricomparsa 

della Russia  in  veste di  superpotenza  concorrente  nelle  faccende  globali.  Allo  stesso  tempo anche  Cina  e  India,  le  due maggiori  potenze  presenti  sul  territorio  asiatico,  si  pongono  nel panorama mondiale  come possibili  sfidanti  economiche  e  strategiche.  Il mondo  occidentale cessa,  dunque,  di  rappresentare  il  perno  centrale    dello  sviluppo  e della  cultura del mondo moderno.  In  questo  contesto  si  innestano,  così,  nuovi  equilibri  nei  quali  va  preso  in considerazione  anche il peso crescente che acquisiscono nazioni come il Brasile, l'Argentina e il  Venezuela,  le  quali  intrattengono  buoni  e  importanti  rapporti  con  Cina,  Iran  e  Russia prefigurando in questo modo un nuovo sistema multipolare14.  La geopolitica è divenuta un' esigenza molto sentita  tra  i potenti per orientare  la politica 

degli Stati e far riscoprire la propria identità a molti popoli, che assoggettati dal volere delle superpotenze  stavano  accusando  le  conseguenze di  un  ruolo,  negli  assetti mondiali,  sentito come marginale: questi paesi, infatti, hanno la tendenza a praticare geopolitiche regionali nei confronti dei paesi vicini, in un contesto nel quale le loro azioni sono sempre, o quasi sempre, sostenute  dalle  principali  potenze  mondiali,  acquisendo  così  una  posizione  passiva  e subalterna.  Si  sente,  in  questo  modo,  sempre  più  la  necessità  di  liberare  i  popoli  da  ogni  possibile 

“catena” e far si che possano conservare i propri spazi e rivendicare la loro influenza politica in un mondo globalizzato nel quale ogni voce ha la sua importanza.   

Geopolitica e comunicazione  Le rappresentazioni geopolitiche15 hanno una grande capacità di  influire sulle percezioni, 

quindi  sulle  scelte  e  sul  consenso:  possiedono  una  notevole  valenza  propagandistica, informativa e “disinformativa”. Proprio da questo “potere” deriva la loro importanza politica, nonché il favore che godono nei media. L'utilizzazione della geografia per giustificare il perseguimento di certi obiettivi politici ha 

costituito una costante nella storia politica, non solo europea. Per questo motivo l'importanza dell'insegnamento  della  geografia  va  di  pari  passo  con  quello  della  storia.  La  geografia costituisce una disciplina indispensabile per l'analisi dei fenomeni geopolitici. Sin dalle origini i geografi sono stati, infatti, strumento del potere. 

                                                        13 Dopo il 1945, negli assetti  internazionali, si andò via via instaurando un sistema bipolare con a capo due 

superpotenze  capaci  di  influenzare  politicamente,  militarmente  ed  economicamente  tutti  gli  altri  Stati internazionali. Le potenze in questione erano gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, entrambe egemoni nelle proprie sfere di influenza.    

14 Con  il  termine multipolarismo,  o  sistema multipolare,  si  intende  un  governo  di  grandi  potenze  su  scala planetaria:  dunque  un mondo  spartito  tra  alcuni  grandi  Stati  in  grado  di  esercitare  il  proprio potere  a  livello globale. La nascita di un mondo multipolare è  la conseguenza di una doppia crisi: una crisi di risorse (gli Stati Uniti hanno  iniziato ad avere difficoltà a  reperire  le  risorse  finanziarie necessarie per continuare a  svolgere  il ruolo  di  unica  superpotenza  globale),  una  crisi  del modello  culturale  (gli  Stati  Uniti,  infatti,  in  quanto  società “aperta,  libera”  stanno  perdendo  sempre  più  interesse  da  parte  degli  altri  paesi  del  mondo).  La  fine  della contrapposizione bipolare e un allentamento del poter statunitense stanno dando  la possibilità a vari paesi di intrecciare nuovi rapporti. Il mondo ora è un unico mercato, una singola comunità multi‐ sfaccettata.    

15 Con  il  termine  rappresentazioni  geopolitiche  si  intende  far  riferimento  alle  cartografie  che  vengono prodotte per mostrare, o meglio per rappresentare graficamente determinate situazioni di carattere geopolitico, appunto, con il preciso scopo di veicolare un determinato messaggio al destinatario. 

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La comunicazione sta diventando un perno centrale per chi fa geopolitica perché, proprio grazie  all’uso  dei mezzi  di  comunicazione  di massa,  e  delle  carte  geografiche  all’interno  di questi, si può rendere noto un determinato tipo di messaggio politico piuttosto che un altro. Siamo ormai  giunti nell’era della  società dell’informazione16,  in  cui  gran parte dei problemi che popolano il nostro vivere quotidiano hanno a che fare con la comunicazione in tutte le sue declinazioni. Il  ruolo  dei  media  è  di  particolare  importanza  in  quanto  rappresenta  un  elemento 

fondamentale  per  la  configurazione  della  carta  geopolitica  del  mondo:  attraverso  il  lavoro svolto dai media si costruiscono immaginari condivisi delle comunità geopolitiche, si offrono paesaggi identitari e una storia in cui riconoscersi. Ci troviamo sempre più spesso di fronte alla necessità di reperire informazioni, che siano il 

più dettagliate possibile, oppure di fronte al bisogno di organizzare in modo logico e  preciso, soprattutto  a  livello  spazio‐temporale,  quelle  che  già  possediamo.  Insomma,  comunicare significa  possedere  un'adeguata  conoscenza,  tale  da  permettere  di  elaborare  un messaggio che sia facilmente fruibile dal nostro destinatario, e che ci permetta di decodificare in modo adeguato i messaggi che, invece, ci giungono dal mondo esterno. Affinché ci sia informazione è essenziale che vi sia comunicazione, ossia che si “metta in comune”, si condivida un significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali che prenderanno poi la forma di linguaggi più o meno articolati. Tra gli interlocutori deve esserci reciproca intenzionalità  e un certo livello di consapevolezza. In  geopolitica  questo  concetto  è  di  fondamentale  importanza  in  quanto  bisogna  essere 

sempre  molto  attenti  a  ciò  che  i  potenti  vogliono  dirci  attraverso  le  informazioni  che  ci trasmettono;  dobbiamo  essere  in  grado  di  comprendere  il  significato  latente  di  ogni messaggio, di tutto ciò che ci viene comunicato, soprattutto oggi che siamo giunti in un era in cui  le  guerre,  ormai,  vengono  combattute  su  due  fronti:  il  terreno  reale  e  quello  della comunicazione. Il ragionamento geopolitico17 aiuta a comprendere meglio le cause, più o meno odierne, di 

ogni  conflitto  e  permette  di  rendere  più  chiare  le  controversie  tra  popolazioni  rivali. Dobbiamo  conoscere  la  storia  per  meglio  comprendere  come  si  è  arrivati  a  una  certa situazione, ma ancor di più dobbiamo essere in grado di osservare il presente e cogliere tutte le  informazioni  a  noi  disponibili  per  poter  prevedere  in  quale  direzione  evolverà  e  per mettere in atto una propria presa di posizione a riguardo.  È nostro compito  fare molta attenzione a  ciò che ci viene detto e presentato attraverso  i 

media, perché ogni informazione è filtrata dal sistema di conoscenze e credenze  che struttura la società nella quale viviamo. Affinché si possa interpretare una cartografia nella sua interezza, riuscendo a comprendere 

più a fondo il messaggio che veicola, bisogna tenere conto di molte componenti: innanzitutto si deve tener presente  l’ente che  l’ha commissionata o, comunque, gli  intenti dell’autore che l’ha prodotta; di qui bisogna considerare ogni aspetto iconografico nel dettaglio e individuare la ragion d’essere di ogni elemento che compone la carta; infine la si deve contestualizzare per poter,  poi,  individuare  le motivazioni  per  le  quali  è  stata  prodotta  e  per  quale  tipologia  di 

                                                        16 Nuova società in via di sviluppo, è caratterizzata  dalla  diffusione delle nuove tecnologie telematiche e 

dall’affermarsi dell’informatica. Elemento principale che la contraddistingue è la rapida circolazione delle informazioni, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione di massa, quali ad esempio internet. 

17 Con il termine “ragionamento geopolitico” Yves Lacoste vuole intendere che non basta essere informati per poter comprendere quanto accade nel mondo, ma bisogna  saper individuare tutte le implicazioni, a più livelli di scala, che hanno portato o porteranno al verificarsi di un dato fenomeno, in modo tale da poter osservare con un certo occhio critico le situazioni presenti e quelle future. Bisogna mettere in atto, dunque, un ragionamento, un processo analitico che tenga conto dei diversi aspetti che costituiscono ogni situazione geopolitica. 

Y. Lacoste, Atlas géopolitique, LAROUSSE, 2007, pp.6‐7 

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“utenti”  è  stata  commissionata  al  fine  di  raggiungere  gli  scopi  preposti.  In  geopolitica  le rappresentazioni  cartografiche  non  sono  mai  ingenue,  ma  sono,  anzi,  oggetto  di manipolazione e  strumento di  comunicazione  tutt’altro che di  facile  fruizione. Nel  corso del tempo  erano,  infatti,  divenute  quasi  un mezzo  di  comunicazione  di  nicchia,  uno  strumento riservato  agli  specialisti  in  materia,  soprattutto  a  coloro  in  grado  di  promuovere  strategie territoriali come i governanti o i burocratici. Dagli anni ’90 del secolo scorso, invece, è andato via via rinnovandosi un forte interesse per 

le  questioni  geopolitiche  in  diverse  parti  del  mondo.  Questa  riscoperta  della  geopolitica  è coincisa  con  una  riscoperta  dell’elemento  geografico  all’interno  delle  dinamiche internazionali; ciò fu dovuto principalmente alle nuove aspirazioni e disponibilità economiche dei ceti medi che si poterono così avvicinare alla cultura e dunque al sapere geografico, a una maggiore diffusione della scolarizzazione e ai progressi  tecnici nel campo del  rilevamento e della  stampa.  Adottare  diversi  punti  di  vista  (geografico,  politico,  economico,  culturale, ideologico) permette di poter mostrare il reale aspetto di ciò che si sta osservando e dunque di  sviluppare  una  conoscenza  più  approfondita.  Centrale  nell’analisi  geopolitica  divengono, dunque, le rappresentazioni e le percezioni che gli uomini hanno in riferimento a se stessi e al mondo in cui vivono. Per fare un esame sul rapporto fra comunicazione di massa e geopolitica occorre precisare 

che  quest'ultima  ha  sempre  dedicato  una  grande  importanza  al  ruolo  politico  della comunicazione,  come  dimostrano  le  riflessioni  teoriche  di  autori,  quali,  Mahan, Mackinder, Gilpin. Oggi  il principale apporto teorico per analizzare  il significato geopolitico dei media è quello della cosiddetta "geopolitica critica" (O’ Tuathail – 1996). Questo approccio, emerso nel mondo  anglosassone  a  metà  degli  anni  Novanta  del  secolo  scorso,  ha  come  obiettivo principale  quello  di  capire  il  discorso  geopolitico,  ossia,  di  ben  interpretare  il  senso geopolitico del mondo. La geografia diviene così non  solo una descrizione del mondo, ma una pratica di ricostruzione.   I sociologi canadesi Harold Innis (1950) e Marshall McLuhan (1962) evidenziarono come i 

mezzi di comunicazione, attraverso le differenti caratteristiche tecniche (stampa, televisione), potessero  esercitare  un  impatto  sugli  spazi  organizzati  politicamente.  Secondo McLuhan  di particolare  importanza  non  è  ciò  che  viene  trasmesso,  ma  le  modalità  in  cui  avviene  la comunicazione  stessa:  in  passato  la  comunicazione  era  connessa  al  trasporto,  oggi l'introduzione  di  nuove  tecniche  di  comunicazione  consente  di  favorire  le  dimensioni  delle comunità politiche18.   Grazie alla stampa si  formarono,  infatti,   sempre più un maggior numero di persone che 

condividevano  un  certo  tipo  di  idee,  persone  che  si  riconoscevano  come  membri  di  una comunità nazionale. Oggi i mezzi di comunicazione elettronica possono permettere il nascere di  un  nazionalismo  "a  lunga  distanza",  capace  di  andare  al  di  fuori  dei  limiti  dello  Stato‐nazione. Tracciare un rapporto definito tra media e geopolitica è divenuto oggi, con l’avvento delle nuove tecnologie, ancora più difficile.   La Cartografia    La  carta,  strumento  privilegiato  della  conoscenza  geografica,  appartiene  al  mondo 

dell’immagine,  rende  visibile  l’informazione.  L’immagine  cartografica  si  costruisce  con  un linguaggio  specifico,  grafico,  fondato  sulla  percezione  visuale.  La  carta,  particolarmente  in Geopolitica, deve essere chiara, immediata e d’effetto.  

                                                        18 Lizza G., Geopolitica delle prossime sfide, UTET Università editore, 2011, diffusamente. 

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  Volendo fare un sintetico elenco delle caratteristiche comuni a tutte le tipologie di carte, possiamo evidenziare  i  seguenti punti.  Le  carte  sono  rappresentazioni di  tutta o  (molto più frequentemente) parte della superficie terrestre e di fenomeni o oggetti (naturali o artificiali) che su di essa esistono, nel senso che una carta fornisce in generale: posizioni di punti in uno spazio a due dimensioni (x, y) e attributi, che possono essere sia di tipo qualitativo che di tipo quantitativo.  Inoltre,  le  carte  sono  ottenute  tramite  una  trasformazione  che  consente  di determinare  le coordinate cartografiche dei punti di  interesse a partire dalle corrispondenti coordinate  misurate  sulla  superficie  terrestre.  La  trasformazione  cartografica  è modernamente  intesa  come  trasformazione analitica,  ottenuta attraverso  la  soluzione di un  sistema di equazioni che consente di determinare  le coordinate cartografiche nel sistema di riferimento. La trasformazione cartografica può essere anche intesa nel senso geometrico di proiezione:  la  costruzione  di  alcune  carte  può  essere  cioè  spiegata  come  trasformazione geometrica. I fenomeni e gli oggetti sono rappresentati sulle carte in modo astratto, quindi si può affermare che  le carte sono astrazioni della  realtà; una carta  infatti  rappresenta solo  le informazioni necessarie al  suo  scopo:  tali  informazioni vanno  classificate  e  semplificate per renderle  più  comprensibili.  Per  rappresentare  gli  elementi  di  interesse  della  realtà  la cartografia fa uso di una opportuna simbologia, e in questo senso si può affermare che le carte sono rappresentazioni convenzionali19.  La cartografia è il prodotto di sintesi culturale ove l’eliminazione della complessità del mondo reale è possibile grazie al ricorso a un linguaggio semiologico, oggettivo e immaginario, di facile lettura e universalmente comprensibile poiché richiama forme metaforiche fortemente radicate nella pratica quotidiana20.  L'utilizzazione della geografia per giustificare il perseguimento di certi obiettivi politici ha 

costituito una costante nella storia politica, non solo europea. Per questo motivo l'importanza dell'insegnamento  della  geografia  va  di  pari  passo  con  quello  della  storia.  La  geografia costituisce una disciplina indispensabile per l'analisi dei fenomeni geopolitici. Sin dalle origini i geografi sono stati, infatti, strumento del potere.  La cartografia, in quanto rappresentazione della realtà fisica che ci circonda, dunque della 

superficie terrestre, è stata fin dall'antichità un'esigenza sentita dall'uomo che vuole tracciare e segnare i luoghi in cui vive.   Questo tipo di rappresentazione costituisce come è noto una forma di comunicazione  iconica, dal momento  che  stabilisce  con  il  soggetto  rappresentato  una  correlazione  di  somiglianza  tale  che, osservando la rappresentazione l'uomo è indotto a collegarla con l'oggetto reale dal quale deriva21.   Gli  studiosi  definiscono  la  cartografia  come  un  complesso  di  studi  e  di  operazioni 

scientifiche,  tecniche  e  artistiche  che  si mettono  in  atto  a  partire  da  osservazioni  dirette  o documentazioni,  con  lo  scopo  di  elaborare  carte  che  rappresentino  un'immagine  che  sia  il quanto più vicina possibile alla realtà.  L'elemento  tecnico‐scientifico  è  quello  che  oggi  risulta  più  frequentemente  d'aiuto  per 

studi di  vario genere, non  solo prettamente geografici, per  la  caratteristica di veridicità  che conferisce  alle  carte.  Tra  gli  elementi  scientifici  si  possono  menzionare  le  proiezioni  che, basandosi su principi matematici e geometrici, permettono di riprodurre in piano e in modo piuttosto  preciso  la  realtà.  Tra  le  caratteristiche  tecniche,  invece,  vi  sono  il  rilevamento  sul terreno  e  l'allestimento  delle  carte,  grazie  soprattutto  all'uso  delle  strumentazioni                                                         

19 Migliaccio F., Sistemi informativi territoriali e cartografia, Maggioli Editore, Rimini, 2008, pagg. 8‐9  20 A. Catizzone, Fondamenti di cartografia, Roma, Gangemi Editore, 2007, p. 9 21A. Catizzone, op. cit., p. 9    

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informatiche  e dei satelliti. Esempi di carte tecnico‐scientifiche sono: la Carte de la Suisse del 1839, oppure il Massiccio del Pelvoux del 1925. L'elemento  artistico,  invece,  è  dato  dalla  resa  grafica  della  carta:  le  prime  carte,  infatti, 

presentavano per lo più aspetti artistici e si basavano sulle capacità artistiche del cartografo. Alcuni  esempi  di  carte  artistiche  sono:  la  Carta  Pisana  del  1311,  oppure  il  Bacino  del Mediterraneo nel 1670, entrambe carte nautiche. La carta geografica è, dunque, una rappresentazione:  - grafica22 - piana23  - ridotta24  - approssimata25  - simbolica26           Alla carta geografica viene spesso attribuito il valore di “metafora della conoscenza e della 

comunicazione”,  soprattutto  per  la  forma  di  simbolizzazione  che  assume  il  disegno cartografico nel linguaggio topologico27. La conoscenza umana ha sempre avuto bisogno delle carte per  georeferenziare28 dei  fenomeni,  degli  oggetti,  delle  culture nello  spazio  che questi “abitano”. 

 La  cartografia  diviene  l'espressione  più  alta  della  conoscenza  perché  confluiscono  in  essa  anche interpretazioni  filosofiche  e  cosmologiche  che  arricchiscono  le  rappresentazioni  geografiche  di differenti espressioni culturali29.   

Da  una  carta  topografica  si  può  rilevare  l'identità  storica  di  un  territorio,  le  vie  di comunicazione, la presenza di vegetazione. Per capire in che cosa i metodi e i ragionamenti geografici siano indispensabili a qualsiasi 

analisi  geopolitica,  bisogna  sottolineare  che,  contrariamente  a  un'opinione  assai  diffusa,  i fenomeni detti  fisici non  sono  che una parte delle molteplici  categorie di  fenomeni presi  in considerazione dalla geografia. Ogni  fenomeno “cartografabile” deriva dalla geografia, che si tratti  di  dati  geologici  e  della  localizzazione  di  giacimenti  petroliferi,  del  tracciato  dei  corsi d'acqua  e  dei  rilievi,  ma  anche,  della  ripartizione  della  popolazione,  di  una  determinata opinione  politica,  o  della  localizzazione  delle  attività  economiche,  ecc.  Le  differenti  tesi geopolitiche che si affrontano utilizzano ciascuna, tale o talaltro dato geografico per provare il loro  buon  diritto,  ed  è  dunque  utile  avere  una  visione  di  insieme  e  una  visione  precisa  di ciascuno  di  questi  dati.  Così,  la  rivendicazione  o  la  difesa  delle  “frontiere  naturali”  si  fonda sulla  presentazione  delle  forme  del  rilievo; ma  ciascuna  delle  forze  in  campo  sceglie  come                                                         

22In quanto espressione di un tratto grafico. 23In quanto è una superficie sferica rappresentata su un piano, su una superficie bidimensionale. 24In quanto utilizza le scale numeriche o grafiche per riportare le distanze. 25In quanto la superficie sferica della Terra è viene deformata per poterla riprodurre su un piano. 26In quanto è basata su simboli che rappresentano elementi reali del territorio. 27In geografia il “codice topologico” è l’insieme dei segni di cui si serve la topologia (lo studio del paesaggio e 

delle sue caratteristiche per individuare e definire i varî tipi di forme del suolo) per rappresentare i vari tipi di forme del suolo. 

28Tecnica di attribuzione di coordinate geografiche a un oggetto grafico, usata nelle procedure di cartografia computerizzata e nella costruzione di basi cartografiche digitali.  

www.treccani.it/enciclopedia/georeferenziazione/  (04/09/2011 ‐ 19:00) 29A. Catizzone, op. cit., p. 22.

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linea legittima, fra i tracciati dei corsi d'acqua e gli spartiacque, quello che è posto più “avanti”, in modo da estendere il proprio territorio.   Lo  studio  delle  differenti  rappresentazioni  e  dei  diversi  argomenti  geopolitici  deve 

prendere  in  considerazione  carte  attuali  e  carte  storiche  che  rappresentino,  per  una  stessa porzione di spazio terrestre, la ripartizione di queste diverse categorie di fenomeni. Presa in considerazione  attenta  e  critica,  giacché  queste  carte  hanno  origini  e  significati  politici. Inoltre,  in materia di geopolitica,  l'uso delle carte è oggetto di  trucchi che sfuggono ai meno esperti: ciascuna delle rappresentazioni geopolitiche che si confrontano per il controllo dello stesso territorio fonda i suoi argomenti sulla carta che meglio le conviene, mentre la tesi rivale sceglie, senza dirlo, un'altra carta che rappresenta altri fenomeni e che pare confortare le sue rivendicazioni. Queste tattiche cartografiche contraddittorie sono rese possibili dal fatto che ciascuno dei 

fenomeni che isoliamo nel pensiero ha la sua particolare configurazione spaziale su una stessa porzione  di  territorio.  Così  la  maggior  parte  dei  differenti  insiemi  spaziali  che  si  possono tracciare  su  una  stessa  carta  per  rappresentare  le  diverse  caratteristiche  di  uno  stesso territorio  (risorse  geologiche,  forme  del  rilievo,  insiemi  di  vegetazione,  distribuzione  della popolazione, ripartizione delle lingue, delle religioni, ecc.) ha dei limiti che non coincidono con quelli  di  altri  insiemi  spaziali.  Questi  insiemi  spaziali  formano  una  serie  di  intersezioni. L'analisi  delle  intersezioni  degli  insiemi  è  molto  difficile  quando  tali  insiemi  spaziali appartengono a ordini di grandezza molto differenti. Conviene allora per comodità chiamare insiemi del primo ordine quelli che si misurano in decine di migliaia di chilometri; del secondo ordine,  quelli  che  si  misurano  in  centinaia  di  chilometri,  e  così  via  fino  alle  decine  di chilometri, ai chilometri ecc. Il metodo è di classificare per ordine di grandezza i molteplici insiemi di qualsiasi taglia che 

bisogna prendere in considerazione, che siano geologici o religiosi, e di rappresentare questi diversi ordini (dal locale al planetario) come una serie di piani sovrapposti, e per ciascuno di essi  la  carta  che  mostri  le  intersezioni  degli  insiemi  di  dimensioni  simili,  cartografati  alla stessa scala.     È combinando i dati che appaiono su ciascuno dei piani di un tale schema, che alcuni  definiscono  “multiscalare”,  che  si  potrà  condurre  il  ragionamento  ai  diversi  livelli  di analisi spaziale. Un tale approccio costituisce, con lo studio delle intersezioni degli insiemi, la forma  più  operativa,  più  strategica  del  ragionamento  sui  territori,  cioè  il  ragionamento geografico  nella  sua  definizione  epistemologica  più  efficace.  Così  si  possono  avere rappresentazioni più complete di quelle delle parti in causa.  In effetti la geopolitica non si limita all'esame delle rappresentazioni contraddittorie. Essa 

deve  sforzarsi  di  costruire  una  rappresentazione  più  globale  e  molto  più  obiettiva  delle situazioni, per proporre soluzioni agli  scontri  in atto ma anche per cercare di prevedere gli scenari futuri30.            

                                                        30 Lacoste Y., Unité et diversité du Tiers Monde: des représentations planétaires ou stratégies sur le terrain, 

Edition La Découverte/Hérodote, Paris, 1984 

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Specificità delle carte geografiche  Caratteristiche essenziali che devono presentare le carte sono:  - chiarezza, ovvero la capacità delle carte di comunicare in modo immediato e completo 

le informazioni che contengono - completezza, ovvero il massimo delle informazioni che possono esprimere la realtà del 

territorio secondo gli scopi richiesti dalla cartografia in questione - precisione,  ovvero  la  corrispondenza  biunivoca  tra  la  posizione  assoluta  e  quella 

relativa degli elementi  dei punti cartografici e quella che occupano nello spazio reale.      Il sistema di riferimento più utilizzato per identificare i punti sulla superficie terrestre è 

quello delle coordinate geografiche: latitudine, longitudine e altitudine. La latitudine e la longitudine sono angoli misurati a partire dal centro della Terra verso un 

punto sulla superficie terrestre. La latitudine varia da nord a sud, la longitudine varia da est a ovest. Come si può vedere dall’immagine riportata nella pagina seguente, per rappresentarle viene generalmente costruita una griglia ideale sulla superficie terrestre.    31       Le  linee  della  latitudine,  denominate  paralleli,  circondano  il  globo  attraverso  anelli 

paralleli;  le  linee della  longitudine,  denominate meridiani,  iniziano  e  terminano  ai  due poli. Entrambe vengono tradizionalmente misurate in gradi, minuti e secondi (DMS).   

 L'altitudine,  infine,  indica  la    distanza, misurata  lungo  la  verticale  del  punto  considerato 

sulla superficie terrestre, dal livello del mare.  Il massiccio  utilizzo,  da  parte  degli  Stati  o  di  enti  territoriali,  dei  documenti  cartografici 

come strumento d'indagine e di conoscenza del territorio, ha portato a un'ingente produzione                                                         

31Rappresentazione delle coordinate geografiche.

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di carte geografiche con svariati obiettivi: da quelli di natura prettamente geografica a scopi di cultura naturalistica e antropica, sino ai fini turistici e  di progettazione urbanistica.   I  prodotti  cartografici  risultano,  quindi,  essere  molteplici  e  diversi,  per  questo  vengono 

classificati in vario modo secondo:  a) il contenuto b) la scala c) l'aspetto cronologico d) le modalità di esecuzione e) il fondo cartografico f) il sistema di proiezione  

 

a) Il contenuto 

I  contenuti  delle  carte  geografiche  sono  vari  e  in  genere  seguono  obiettivi  e  necessità diversi a seconda degli enti che  le realizzano. Sulla base di questa classificazione si possono distinguere le carte di base, generali, e le carte tematiche. Le prime rispondono all'esigenza di rappresentare  la maggior quantità di  informazioni sulle caratteristiche più  importanti di un determinato  luogo;  il  loro  scopo  è  essenzialmente  pratico.  Le  carte  tematiche,  invece, rappresentano temi particolari, fenomeni fisici, biologici, umani, ecc. Queste hanno come base di  riferimento  spaziale  la  carta  geografica  o  topografica  su  cui  vengono  poi  sovrapposte  le informazioni  necessarie  per  rappresentare  il  fenomeno  richiesto.  Le  carte  tematiche realizzabili sono praticamente illimitate e possono essere a loro volta suddivise in:  

- qualitative, quando rappresentano un fenomeno nelle sue peculiari caratteristiche; - quantitative, quando mostrano la grandezza assoluta o relativa di uno o più fenomeni; - analitiche, quando riportano uno o più elementi per evidenziare dettagliatamente un 

singolo fenomeno; - sintetiche, quando sintetizzano più temi mettendoli in correlazione; - statiche, quando presentano un fenomeno stabile nel  tempo; - dinamiche, quando presentano un fenomeno variabile nel tempo.   b)  La scala 

Per quanto riguarda la classificazione secondo la scala, si usa suddividere le carte in:  - mappe, piani e piante (scala maggiore di 1:5000);  - carte tecniche (scala compresa tra 1:5000 e 1:10.000);  - carte topografiche (scala inferiore a 1:10.000e fino a  1:100.000);  - carte corografiche (scala inferiore a 1:100.000 e fino a 1:1.000.000);  - carte generali (scala inferiore a 1:1.000.000);  - planisferi  e  mappamondi  (rappresentano  aree  continentali  o  l’intera  superficie 

terrestre).  

Di seguito un esempio concreto di come fare un’analisi in base alla scala: 

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 De nos jours, de très grandes puissances interviennent à plusieurs milliers de kilomètres de 

leurs frontières dans de conflits très localisés (comme celui du Kosovo, dans l’ex­Yougoslavie) ou dans des pays comme  l’Irak, où  les  tensions géopolitiques étaient déjà grandes entre  les différentes groups religieux ou nationaux. Aussi faut­il examiner non seulement des situations géopolitiques fort éloignées les unes des autres, mais aussi de dimensions très différentes: par exemple, celle du très grand État que sont les États­Unis, qui a des enjeux très différent hors de ses frontières et dont l’armée se tient en mesure d’intervenir à 13000 km de sa capital dans un très petit État comme Israël. Il faut donc raisonner à différents niveaux d’analyse spatial. La  méthode  des  diatopes  permet  d’y  voir  plus  clair,  de  poser  plus  distinctement  les 

problèmes.  Le  plus  délicat  est  d’envisager  les  interactions  entre  ces  différent  niveaux d’analyse32. 

 LA METHODE DES DIATOPES 

[…] Je  propose  d’appeler  “diatope33”  le  type  de  représentation  schématique  formée  par  la 

superposition de cartes vues en perspective cavalière et d’échelle différentes. La carte à très petite échelle qui forme, pourrai­t­on dire, le sommet du diatope “montre” en haut de la page (vedi  schema  di  seguito)  ce  que  l’on  pourrai  voir  ou  imaginer  depuis  un  satellite d’observation  terrestre.  La  carte  qui  forme  en  bas  de  la  page,  le  bas  du  diatope,  est  à relativement grande échelle et correspond à une observation à relativement basse altitude. Entre le haut et le bas du diatope, il y a des niveaux d’observation intermédiaires. Il n’est pas obligatoire de commencer par le niveau supérieur du diatope et il est préférable de se soucier d’abord du niveau où se pose le problème le plus préoccupant.  Pour reprendre la comparaison avec le pilote d’avion et ce qu’il voit à plus ou moins haute 

altitude, il faut surtout s’intéresser au territoire qui est l’objet de sa mission et, ensuite, voir de plus  haute  pour  mieux  comprendre  ce  qui  s’y  passe  ou  aller  plus  bas  pour  avoir  des informations plus précise34.  

                                                        32 Y. Lacoste, op. cit., p. 10. È utile qui riportare un passo del testo di Yves Lacoste, tratto dal suo “Atlante geopolitico”, nel quale afferma 

che giunti in un’era in cui le grandi potenze intervengono a migliaia di chilometri di distanza dai loro confini o in luoghi  come  l’Irak,  dove  le  tensioni  geopolitiche  sono  già  internamente molto  articolate,  è  bene  esaminare  le situazioni geopolitiche a diversi livelli di scala e ragionare, dunque, in base a differenti livelli di analisi spaziale. 

33 Il  “diatopo”  è  un  tipo  di  rappresentazione  cartografica  costituito  dalla  sovrapposizione  schematica  di diversi piani, dal più grande al più piccolo. Questo termine trae origine dalle parole greche topos, che significa luogo, e dia, che significa separazione,distinzione e attraverso. Il diatopo in geografia può essere comparato alla diacronia in storia ed è un approccio che combina tempi brevi, medio e lungo termine in una stessa analisi; viene utilizzato  essenzialmente  per  illustrare  la  complessità  di  diversi  tipi  di  situazioni,  le  ripercussioni  di  una situazione su un’altra e per rendere più esplicito il groviglio di problemi che è andato maturando nel tempo.  

34 Y. Lacoste, Atlas géopolitique, LAROUSSE, 2007, p. 8.  

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      35 

 

 

 

                                                        35Y. Lacoste, op. cit., p.9.

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c) L’aspetto cronologico 

Le  classificazioni  secondo  l’aspetto  cronologico  fanno  riferimento  al  grado  di  attualità rispetto  agli  oggetti  o  i  fenomeni  presi  in  esame.  In  questo  senso  le  carte  possono  essere suddivise in: 

- attuali, ovvero carte che riportano dati che sono ancora tutti validi; - di previsione, che riguardano la probabile evoluzione in un dato periodo; - storiche,  quelle  che  documentano  la  rappresentazione  di  dati  fenomeni  precedenti 

all’epoca di produzione della carta stessa; - vecchie, ovvero le carte non più attuali; - antiche, le carte che costituiscono cimeli dell’attività  storica della cartografia. 

  

d) Le modalità di esecuzione 

L’acquisizione  dei  dati  e  la  loro  rappresentazione  cartografica  può  avvenire  secondo diverse modalità,  dirette  o  oggetto  di  rielaborazione.  Secondo  questa  duplice  distinzione  si possono individuare:  - le carte costruite o rilevate, che sono quelle ottenute, direttamente alla scala  in cui si 

presentano, per mezzo di procedimenti topografici, foto grammatici di rilevamento; - le carte derivate, ovvero quelle ricavate da carte precedenti per riduzione o spoglio di 

tutti i particolari attraverso una generalizzazione delle rappresentazioni degli oggetti non più compatibili con le nuove scale. 

  

e) Il fondo cartografico 

A  differenza  delle  carte  di  una  volta,  che  venivano  disegnate  interamente  su  un  foglio bianco, oggi le cartografie vengono sempre più rappresentate su un’immagine fotografica del territorio. Si distinguono così:  - le  carte  disegnate,  ottenute  tramite  la  graficizzazione  su  carta  di  tutti  i  dati  che  si 

ritengono importanti per la scala e per gli scopi che vi sono alla base della rappresentazione cartografica; 

- le cartografie fotografiche, realizzate per mezzo di una elaborazione molto accurata dei fotogrammi  aerei  in  modo  da  annullare  le  deformazioni  delle  immagini  e  conseguire  una buona precisione geometrica.   f) Il sistema di proiezione 

La difficoltà di  rappresentare  su di  un piano  la  superficie  convessa della  terra  senza  che questa  risulti deforme ha comportato  la necessità di adottare delle  transazioni geometriche che  danno  la  possibilità  di  minimizzare  le  possibili  alterazioni.  A  seconda  del  tipo  di deformazione si possono ottenere carte caratteristiche diverse:  

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- carte  conformi  (dette  anche  isogoniche  o  ortogonali),  in  cui  si  ha  corrispondenza biunivoca tra angoli reali ed angoli misurati sulla carta; 

- carte equidistanti, in cui la proporzionalità tra le distanze  lineari misurate sulla carta e quelle misurate sul terreno è diretta; 

- carte  equivalenti  (o  autaliche),  in  cui  si  ha  proporzionalità  tra  le  distanze  lineari misurate sulla carta e le  corrispondenti sul terreno (carte catastali). 

      La simbologia cartografica 

 Come  si  è  accennato  in precedenza,  le  carte geografiche,  oltre a presentare qualità  come 

l’approssimazione e la riduzione su scala, hanno un aspetto molto importante che è bene non tralasciare: quello simbolico. La  cartografia  è  simbolica  su  due  livelli:  il  primo,  quello  prettamente  inerente  al  tratto 

grafico,  è  il  livello  della  forma,  costituito  da  segni  convenzionali  o  dall’uso  di  colorazioni specifiche, che rappresentano elementi fisici e antropici della Terra (come ad esempio i mari, le città, i fiumi, i rilievi, ecc.), il cui significato viene comunemente spiegato nella legenda che affianca la carta o è posta ai margini di questa.  Nelle  carte  moderne  per  raffigurare  uno  specifico  elemento  sulla  carta  geografica  si  fa 

ricorso a una serie di tratti ben distinti tra loro, ognuno con un proprio significato: - il tratto forte, costituito da linee molto marcate; - il tratteggio, consiste nel disporre sulla carta dei trattini a forma di triangolo esoscele 

allungato, uno accanto all’altro; - la  sfumatura,  ovvero  mettere  in  risalto.  Ad  esempio  evidenziando  le  parti  più 

prominenti di un rilievo con un’ ombreggiatura di uno stesso colore, più o meno estesa; - le tinte altimetriche, consistono in variazioni di colore a seconda di uno specifico dato; - le curve di  livello, dette anche  isoipse, sono  linee che uniscono tutti  i   punti aventi  la 

stessa  altezza sul livello del mare; - i diagrammi, sono rappresentazioni grafiche utili per il confronto immediato di valori 

diversi o per illustrare l’andamento di un dato fenomeno nel tempo; - i  cartogrammi,  consistono  in  rappresentazioni  che  indicano  la  distribuzione  spaziale 

dei fenomeni e la loro varia intensità nelle diverse parti dell’area considerata; - ideogrammi,  sono  figure  stilizzate  che  richiamano  immediatamente  alla  mente  la 

figura di cui si parla.  Il secondo livello attraverso il quale una carta geografica esprime  il suo carattere simbolico 

è quello dei significati latenti che a essa sottendono, nello specifico è il  livello del contenuto. Infatti,  la  rappresentazione  simbolica non viene  resa  soltanto dal  tratto grafico, ma anche e soprattutto dall’uso che di questo ne fa chi produce la carta o commissiona di farla per i propri scopi comunicativi. Ai fini di una comunicazione chiara e dettagliata risulta, dunque, indispensabile una buona 

capacità  di  lettura  ed  interpretazione  della  carta  per  comprendere  come  questa  sia  stata costruita, in modo da saper cogliere il messaggio che questa vuole trasmettere e soprattutto in modo tale da individuare i significati sottintesi.   

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La  scelta  di  utilizzare  un  tipo  di  rappresentazione  cartografica  piuttosto  che  un’altra,  di rappresentare uno specifico elemento o  fenomeno geografico che si  è deciso di prendere  in considerazione, non è mai casuale ma sempre ben studiata, in ogni suo passaggio. 

  

La cartografia e la soggettività del messaggio cartografico  

“Persino  le carte topografiche più dettagliate sono oggetto di un pensiero e di una costruzione minuziosa,  ciascuno  dei  loro  elementi  è  scelto  con  cura:  alcuni  vengono  maggiormente evidenziati, altri scompaiono. Una simile selezione di oggetti e avvenimenti, come d’altronde  la scelta  delle  figure  che  li  simboleggiano,  dipende  esclusivamente  dalla  responsabilità  dei produttori  della  carta,  che  vedono  aprirsi  innanzi  a  sé  le  porte  dell’immaginazione  e  della creatività, ma anche quelle della menzogna e della manipolazione”.36     Dalla  selezione di una variabile,  in  valori  assoluti  o  relativi,  dal modo di  classificare  i  dati, dalla scelta semiologica, si può presentare una distribuzione secondo una particolare visione o,  peggio,  si  possono  veicolare  in  veste  grafica  informazioni  tendenziose  o  false.  A  ciò  si aggiunge l’esagerazione dimensionale di certi particolari per “drammatizzare” i  fenomeni e i loro significati.    Il rapporto tra la rappresentazione dello spazio geografico e il potere spesso è un rapporto molto  stretto.  La  carta  geografica  è  un  canale  che,  mediante  un  linguaggio  risultante  da processi  di  selezione,  semplificazione  e  simbolizzazione  effettuati  dal  cartografo,  mira  alla trasmissione di messaggi  riguardanti  la realtà esistente, prevista o  immaginata.  Il passaggio dalla  realtà  alla  rappresentazione  è  frutto  di  una  mediazione  compiuta  dal  cartografo  che opera come filtro tra il reale e l’informazione contenuta ed evincibile dalle carte che realizza. Una  carta  non  deve  essere  per  forza  di  cose  realistica,  bensì  efficace.  La  rappresentazione cartografica funge dunque come una leva sull’immaginario del lettore, risveglia un’immagine della realtà37.    Dietro alla rappresentazione cartografica di un fenomeno c’è dunque una finalità politica. In  particolare  le  carte  tematiche  sono  molto  in  voga  nel  settore  della  politica  perché rappresentano un forte strumento di comunicazione e possono essere utilizzate come oggetto di propaganda.   Moltissime istituzioni pubbliche si sono dotate nel tempo di software per l’analisi geostatica con  un  duplice  obiettivo:  per  agevolare  l’elaborazione  dei  dati  territoriali,  spinti  da  una necessità  di  conoscenza  e  di  ricerca  di  soluzioni  ai  problemi  del  territorio;  per  poter supportare, attraverso strumenti statistici, il loro processo decisionale.   Di  fronte  a  un  elaborato  cartografico,  per  capire  cosa  rappresenta  una  determinata  carta, bisogna  chiedersi  allora,  chi  è  l’autore  o,  meglio,  a  quale  sfera  disciplinare  appartiene:  a seconda di  tale  sfera  infatti  si  avrà una determinata  rappresentazione  che vorrà mettere  in risalto la finalità della ricerca. Bisogna anche interrogarsi su qual è il metodo teorico applicato per  l’ottenimento  dei  dati  rappresentati  sulla  carta,  la  scelta  delle  operazioni  infatti  viene effettuata per permettere il raggiungimento degli obiettivi fissati e quindi è fatta in funzione dei risultati che si vogliono ottenere. Infine, bisogna interrogarsi sul perché è stata prodotta una determinata carta. Ci si pone questa domanda nel momento in cui si ha la consapevolezza che  dietro  ogni  un  dato  c’è  una  finalità  specifica;  una  personale  visione  del  fenomeno 

                                                        36 Rekacewicz P., La cartografia tra scienza, arte e manipolazione, in Le Monde Diplomatique/ Il Manifesto, 

numero 2, XIII, febbraio 2006  37 Prospettiva Internazionale, La battaglia cartografica parte 1: sionismo e cartografia, accessibile all’url 

http://www. meridianionline.org/2011/06/17/la‐battaglia‐cartografica‐parte‐1‐sionismo‐e‐cartografia/ 

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analizzato.  Si  enfatizza  la  rappresentazione  facendo emergere un determinato  concetto,  che diventa un vero e proprio messaggio politico.   L’obiettivo di una rappresentazione cartografica è dunque quello di attribuire al risultato di un fenomeno analizzato una certa scientificità, ma le carte in sé non hanno nulla di scientifico proprio perché sono frutto di una serie di scelte. La carta geografica non rappresenta altro che l’idea del cartografo che l’ha disegnata.  

 

Critical Cartography 

   Il dibattito sulla natura delle carte geografiche e sul loro utilizzo non è mai stato estraneo 

all'ambito geografico; una riflessione critica sul proprio operato è sempre stata all'ordine del giorno  per  i  cartografi.  Leggere  criticamente  le  carte  permette  di  analizzare  il  rapporto dialettico dell'uomo e della natura sulla superficie  terrestre, nonché  l'utilizzo e  la diffusione delle nuove tecnologie (GIS) in ambito geografico.   All’interno  della  Critical  Cartography  numerosi  autori  affermano  che  il  lavoro  di 

realizzazione delle carte non ha mai fine, queste vengono prodotte ininterrottamente, sono in continuo  divenire  grazie  anche  alle  molteplici  possibilità  offerte  oggi  dai  GIS  e  alla  loro diffusione  tra  il  pubblico  meno  esperto  in  materia.  Le  carte  non  sono  definibili  a  un  dato momento,  né  sono  il  solo  prodotto  dell’autorità  politica  che  le  commissiona;  le  carte  sono molto di più, non si esauriscono nel supporto col quale vengono prodotte  e offrono molteplici possibilità di lettura. La Critical Cartography nasce proprio per mettere in evidenza la criticità di queste, per poterle comprendere e per mettere in risalto le possibilità di uso e consumo che offrono.  Le  carte,  quindi,  devono  in  un  certo  senso  essere  teorizzate  e  analizzate  come  un “processo” distaccabile, reversibile, suscettibili di continue modifiche.   La  Critical  Cartography  nasce  prevalentemente  dai  lavori  di  Brian Harley,  specialista  di 

geografia  storica.  Secondo  l’autore  lo  sviluppo  di  questa  disciplina  è  legato  anche all’ampliamento dei campi di applicazione e teorizzazione della geografia umana in generale. Egli afferma che la cartografia, come pratica, e le carte, come prodotto, sono inestricabilmente legate in sistemi di potere e conoscenza. Esattamente come lo storico, il cartografo ha sempre giocato un ruolo retorico nella configurazione del potere all’interno della società.  La sua  History of Cartography (1987), curata assieme a David Woodward, rappresenta un 

passaggio obbligato per chiunque si occupi della materia. Si tratta difatti di un lavoro fondante nell’ambito degli studi storico‐cartografici per la rottura che esso propone rispetto agli schemi tradizionali. Come sostiene lo stesso Harley, negli anni Sessanta del Novecento, alcuni geografi ancora  paragonavano  la  storia  della  cartografia  alla  filatelia,  tanta  era  la  sua  tendenza all’enumerazione acritica di “pezzi” più o meno pregiati. L’idea  di  Harley  e  Woodward  di  studiare  un  corpus  di  rappresentazioni  a  partire  dalla 

preistoria  e  dalla  protostoria,  dunque  precedenti  la  scrittura  e  comunque  non  codificabili secondo precisi concetti geometrici, aveva creato non poche polemiche, come anche l’idea di studiare le carte alla stregua di un linguaggio. Un altro aspetto innovativo di quest’opera era il tentativo di considerare non solo la cartografia europea, ma anche le diverse rappresentazioni dello  spazio  prodotte  da  altre  culture.  Vi  è  dunque  la  rottura  con  il  modello  eurocentrico tradizionale,  funzionale  alle  esigenze  politiche  degli  Stati  del  Vecchio  Continente.  A  ciò  si aggiunge un’idea molto ampia della definizione di “carta”.   Gli  scritti dello studioso  inglese che hanno acceso maggiormente  il dibattito,  sono quelli 

usciti  in The New Nature of maps,  comparsi  solo  nel  2001,  ad  un  decennio  dalla  prematura scomparsa  dell’autore.  Dal  punto  di  vista  concettuale  si  parte  dalla  critica  di  un’idea positivista  alla  storia  della  cartografia,  che  la  vedrebbe  come  un  percorso  lineare  col 

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progredire della “perfezione tecnica”. Per Harley, e questo è forse il principale collegamento fra  la  sua  storia  della  cartografia  e  The New Nature of maps,  la  carta  non  è  “specchio”  del mondo, ma il prodotto della storia sociale, e in quanto tale necessita di essere studiata proprio in  quel  contesto. Arrivando a porsi  il problema del potere come spiegazione,  come  logica  interna della  carta, con  una  analisi  basata  sulle  sue  competenze di  storico molto  documentato, Harley  cerca  di riempire quel vuoto che c’è dietro le carte. I tre punti di partenza sono la lettura della carta come: un linguaggio, che in quanto tale ha 

una propria costruzione di significato e di ruolo sociale; come una iconologia leggibile su più livelli  di  significazione;  come  un  prodotto  anche  interpretabile  attraverso  la  sociologia  del sapere di  Foucault,  dunque  con un diretto  collegamento  fra  potere  e   conoscenza. A  questo proposito Harley  ritiene che  la  funzione delle  carte  ricada nella  categoria  foucaultiana degli atti di controllo, con riferimento in particolare alla guerra, alla sorveglianza delle frontiere ed al  mantenimento  dell’ordine  pubblico.  In  questo  senso  le  carte  sono  un’invenzione  per  il controllo dello spazio, sono uno strumento del potere dello Stato.  Data però la  loro pretesa obiettività scientifica,  le carte sono anche il sapere di un potere 

dissimulato,  e  mancano  gli  strumenti  concettuali  per  decifrare  questo  aspetto,  visto  che l’analisi che se ne fa è di solito tecnica. Harley  propone  dunque  come  strumento  di  indagine  la  decostruzione  della  carta  per 

demistificarla e rompere la pretesa di oggettività e atemporalità del prodotto cartografico. La decostruzione  vuole  superare  la  credenza  di  oggettività  e  il  vuoto  concettuale  ed epistemologico degli ambienti anche accademici della cartografia, che per Harley procedono ancora con abbondanti “paraocchi” rispetto alla realtà sociale. Harley  lo  fa  sulla  scorta  di  Foucault  nella  definizione  delle  regole,  e  di  Derrida  nella 

dimensione  retorica.  Le  regole  sono  storicamente  e  culturalmente  definite:  a  partire  dal Diciassettesimo  secolo  hanno  cominciato,  segnatamente  in  Europa,  a  definirsi  standard geometrici  e  “oggettivi”,  sui  quali  poi  a  partire  dal  Diciannovesimo  secolo  hanno  vigilato appositi  organi  istituzionali,  con  precisi  meccanismi  di  esclusione  di  tutto  quello  che  non segue le stesse regole geometriche, e dunque, che non è considerato “carta”,  e con una serie di valutazioni  basate  sull’utilizzo  disinvolto  di  categorie  come  “vero”  e  “falso”,  “oggettivo”  e “soggettivo”. In altri termini, la cartografia si spiega,  si risolve in primo luogo con le sue regole,  perché 

saranno esse a venire in ultima istanza rappresentate. Regole tecniche, che derivano da una struttura  politica  e  dal  relativo  modo  di  pensare. Poiché  la decostruzione  in  sé non può darci  tutti  i  contenuti di un documento allo  studio, è ancora  più  importante  che  la  carta  venga  letta  come  un  testo  il  cui   linguaggio  è  da comprendere  perché  con  esso  si  può  anche  e  soprattutto  mistificare:  la  funzione  retorica, appunto.   Il potere della carta diventa quindi un concetto universale, come se si citasse un concetto 

tipo “il potere della parola”, proprio per la sua capacità di costruire un potere su qualcosa o qualcuno38.   Negli  ultimi  dieci  anni  all’interno della  cartografia  critica  è  nato  un movimento  volto  al 

ripensamento  della  carta  secondo  una  prospettiva  “post‐rappresentativa”.  Si  è  trattato  di adottare un punto di vista che non privilegi modi di pensare mimetici, i quali assumono cioè la certezza  ontologica  della  carta  come  specchio  del  mondo,  ma  che  al  contrario  destabilizzi queste  nozioni.  Questa  nuova  teorizzazione  si  spinge  oltre  la  posizione  di  Harley.  Come  ha 

                                                        38 Ferretti F., La «doppia voce» di Brian Harley. Immagine e potere nella storia della cartografia, 

«Storicamente», 3 (2007), accessibile all’url http://www.storicamente.org/03ferretti.htm 

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sottolineato  Jeremy  Crampton,  l’approccio  di  Harley  ha  determinato  un  allargamento epistemologico nella carta, ma lascia ancora aperta la questione dell’ontologia della carta.   Lavori  più  recenti  hanno  iniziato  ad  approfondire  proprio  l’ontologia  della  cartografia. 

John  Pickles  concepisce  le  carte  come  iscrizioni,  piuttosto  che  come  rappresentazioni  o costruzioni. La sua attenzione si concentra sul lavoro che le carte fanno, su come esse operano nel dare forma alla nostra comprensione del mondo e su come esse codificano questo mondo. Uno dei suoi obiettivi è dunque quello di registrare pratiche, istituzioni e discorsi delle carte e dei loro ruoli sociali all’interno dei contesti storici, sociali e politici, usando un approccio post‐strutturalista che vede le carte come oggetti complessi e non univoci, e che rifiuta la nozione di  una  certa  “verità”  data  semplicemente dalla  dichiarazione dell’intento  ideologico.  Pickles afferma che la cartografia non descrive semplicemente il mondo; essa è parte dell’interazione tra il mondo e noi stessi, pertanto descrive il mondo così come si manifesta al nostro modo di indagarlo.  Pickles  interpreta  dunque  le  carte  come  testi  instabili  e  complessi,  testi  che  non sono scritti  e  letti  in modo semplice. Piuttosto  che una determinata  lettura del potere delle carte che cerca di rivelarne in senso letterale l’intento autoriale e ideologico , Pickles esprime una  certa  cautela  nell’individuare  e  fissare  la  responsabilità  del  cartografo,  riconoscendo  la natura multipla, istituzionale e contestuale del mappare. Analogamente, il potere delle carte è diffuso, detenuto da attori situati in contesti locali. “Tutti i testi sono radicati all’interno di un sistema  di  significazione:  il  significato  è  dialogico,  polifonico  e  multivocale  –  aperto,  ed esigente,  un  processo  incessante  di  contestualizzazione  e  ricontestualizzazione”.  Il  suo approccio produce storie snaturate fatte di genealogie di come la cartografia è stata introdotta ed  istituzionalizzata  attraverso  spazio  e  tempo  come    particolare    forma  di  pratica  e conoscenza scientifica.         Analogamente Wood e Fels  affermano  che  le  carte non  rappresentano  semplicemente  il 

mondo: esse producono il mondo, costruendo proposizioni che sono situate nello spazio della carta.  Le  carte  svolgono  il  proprio  lavoro  “esclamando”  delle  proposizioni,  i  due  autori definiscono  questo  processo  come  “postare”  informazioni  sulla  carta.  “Postare”  è  l’atto  per mezzo del quale un attributo è riconosciuto come valido.    James  Corner  scrive  che  la  teoria  cartografica  è  stata  bloccata  dalla  preoccupazione  di 

vedere le carte nei termini di ciò che esse rappresentano e vogliono dire, piuttosto che di ciò che esse fanno. Costruendo una teoria post‐strutturalista, Corner problematizza la concezione delle  carte  come  rappresentazioni  che  sono  separate  e  derivano  dal  territorio.  Dato  che  i luoghi sono pianificati e costruiti sulla base delle carte, lo spazio in sé è una rappresentazione della  carta,  “la  differenziazione  tra  il  reale  e  la  rappresentazione non  è molto  significativa”. Carte  e territori sono co‐costruiti. Lo spazio è costituito, tra l’altro, da pratiche di mappatura, per  cui  la  carta  non  è  un  riflesso  del mondo, ma  una  sua  ri‐creazione;  il mappare  attiva  il territorio. Corner  inoltre  sviluppa una concezione delle  carte come potenziale aperto; come strumento  di  possibilità;  come  siti  dell’immaginazione    e  dell’azione  nel  mondo.  Per  lui  le carte  “ricostruiscono il territorio più e più volte, ogni volta con nuove e diverse conseguenze”.   Del Casino e Hanna  muovono dalle idee di Deleuze, Guattari e Judith Butler, per sostenere 

che le carte sono in divenire continuo, “soggetti mobili”  il cui significato emerge da pratiche socio‐spaziali d’uso che mutano con il contesto. La carta non è fissa al momento della iniziale costruzione, è in costante modificazione laddove ciascun incontro con la carta produce nuovi significati  e  relazioni  con  il  mondo.  Del  Casino  e  Hanna    affermano  che  “le  carte  sono  sia rappresentazioni  che  pratiche,  simultaneamente.  Esse  non  si  caratterizzano  esclusivamente per  il  loro  significato  rappresentativo,  né  si  esprimono  totalmente  come  pratiche.”  Carte  e spazi sono le une e gli altri co‐prodotti attraverso pratiche spaziali che creano quello che loro chiamano  “spazio  della  carta”,  in  cui  è  impossibile  distinguere  totalmente  il modo  in  cui  la carta opera nel mondo, dal modo in cui il mondo determina la forma della carta, essi sono co‐costituiti.  

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  Questi  nuovi  modi  di  pensare  alla  cartografia  aprono  il  dibattito  sull’ontologia  della mappa,  creando nuovi modi  di  comprensione,  post‐rappresentativi  e  processuali.  Si  aprono nuove  questioni  epistemologiche,  incentrate  sulle  pratiche  di  mappatura  in  senso  ampio, piuttosto che semplicemente sul “fare la carta”, sull’ “usare la carta” o sulla natura delle carte. L’attenzione è quindi rivolta al modo in cui le carte nascono in diversi modi, per scopi diversi, e prendono forma in funzione dei diversi contesti.39   Dato  che  le  carte  non  sono  definite  in  un  dato momento  e  non  sono  semplicemente  il 

prodotto  dell’autorità  politica  che  guida  il  cartografo,  non  è  sufficiente  dimostrare  la  sua criticabilità per comprendere quali e quante sono le possibilità offerte da una carta. Le carte devono essere teorizzate come un processo distaccabile, suscettibili di modifiche costanti. In questo  senso  esse  permettono  delle  connessioni  con  altre  rappresentazioni,  con  altre esperienze spaziali e territoriali.   La Critical Cartography è parte di un processo di  lungo periodo di critica alla cartografia 

che è sfociato, fondamentalmente, in due sviluppi principali: uno teorico e uno pratico.   Dal punto di vista teorico la principale critica fatta alla cartografia accademica è quella di 

voler realizzare una rappresentazione della realtà che sia quanto più veritiera possibile, anche di  più  della  realtà  preesistente.  Ma  la  Critical  Cartography  afferma  che  le  carte  più  che rappresentare  la realtà  la creano.  In questo senso Wood, osservando come le carte vengono prodotte  e  come  si  iscrivono  nel  potere,  afferma  che  queste  esprimono  interessi  che  sono spesso  avvertiti  come  invisibili  e  partecipano  alla  attivamente  alla  costruzione  della conoscenza. Inoltre, Harley e Woodward affermano che “le carte sono delle rappresentazioni grafiche  che  facilitano  la  comprensione  spaziale  di  cose,  concetti,  condizioni,  processi  o avvenimenti nel mondo umano”, pertanto queste risultano essere importanti nell’esperienza dell’uomo.  Gli  sviluppo  teorici  dunque  mettono  in  evidenza  il  ruolo  sociale  giocato  dalla cartografia, la sua etica e i suoi rapporti con il potere.   Dal punto di vista pratico, invece, molti artisti indagarono su come le carte possano essere 

politiche e come  la cartografia possa essere interpretata come un atto politico. Si  tratta  di  un  percorso  d’indagine  molto  lungo  che  cominciò  con  l’avanguardia  dei 

movimenti  artistici  di  inizio  ‘900  fino  ai  psicogeografi  degli  anni  Cinquanta  e  Sessanta,  che cercavano di proporre una cartografia come forma di resistenza alla profonda trasformazione urbana e quindi come resistenza politica. Uso strumentale della cartografia venne fatto anche grazie a quel processo di democratizzazione dell’uso della carta geografica messo in atto dai media, che hanno portato a una vera  e propria cartografia culturale. Ora la cartografia non è più  parte  soltanto  della  conoscenza  accademica,  non  è  più  legata  al  ristretto  ambito universitario, ma con l’utilizzo di applicazioni open­source si presta a una pratica generica più diffusa, destinata non più solo alla geografia.   Crampton  ha  individuato  cinque  possibili  sviluppi  che  rappresentano  il  futuro  della 

ricerca per la Critical Cartography:  - quello  degli  artisti  che  appropriandosi  dell’uso  delle  carte  geografiche  hanno  aperto 

nuove possibilità di realizzazione, di lettura e di critica; - le  carte  metereologiche,  ludiche,  che  permettono  di  mettere  in  rilievo  il  ruolo  della 

mobilità e del territorio nella vita quotidiana; - la  cartografia  militare  e  d’opposizione,  che  permette  letture  alternative  da  quelle 

ufficiali di molteplici fenomeni; 

                                                        39 Kitchin R., Post­representational cartography, Lo Squaderno, 15 marzo 2010, accessibile all’url 

http://www.losquaderno.professionaldreamers.net/wp‐content/uploads/2010/02/losquaderno15.pdf  

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- il map hacking, ovvero l’utilizzo delle applicazioni open­source per la cartografia in una pratica generica non destinata solamente all’ambito geografico; 

- la  critica  teorica,  che  permette  di  criticare  gli  assunti      per  poterli  mettere  in  una prospettiva storica. 

  La  Critical  Cartography  spinge  la  cartografia  ben  oltre  i  suoi  confini  tradizionali:  fa riferimento  a  nuovi  mondi  e  nuove  società.  In  questo  la  pratica  del  cartografo  è eminentemente politica.   Rappresentare il Mondo: commenti alle cartografie    Fin’ora si è analizzato il perché possono essere prodotte delle cartografie, dove possiamo 

trovarle  in  quanto  mezzo  di  comunicazione,  ma  soprattutto  si  è  mostrato  come  vengono prodotte  le  carte  geografiche  e  le  loro  diverse  tipologie.  Questo  però  non  basta  la compitazione e la lettura tecnico‐formale dei simboli per comprendere una carta, ma occorre che  si  risalga  alla  “filosofia”  dell’ente  (o  persona)  che  l’ha  prodotta,  dalla  quale  discende  la selezione  dei  dati  rappresentati  e  la  realtà  sottesa  alla  rappresentazione  di  quella  parte del”visibile” considerata nel disegno (comunemente detta “paesaggio geografico”).   Per  afferrare  l’invisibile,  ossia  le  strutture  portanti  dei  fenomeni  fisico‐naturali,  sociali, 

economici e culturali nelle loro reciproche relazioni occorrerà diventare ricercatori, andando a indagare tutte le possibili fonti non cartografiche40.   Le carte che si andranno, di seguito, ad osservare e commentare sono uno strumento per 

le future41 prese di posizione, e  il modo in cui vengono rappresentate non è affatto ingenuo, ma  è  sempre  una  scelta  culturale,  legata  a  una  storia.  Le  carte  geografiche  esprimono  una determinata  visione  del  mondo  che,  attenzione!,  è  incompleta  in  quanto  espressione  della volontà di qualcuno, in quanto rappresentazione soggettiva e parziale del mondo.  Ad esempio di quanto fin’ora affermato si andranno a mostrare le diverse rappresentazioni 

dei  planisferi.  Le  cartografie  che  rappresentano  planisferi,  infatti,  vengono  genericamente percepite  come  l’oggettiva  rappresentazione  della  terra:  sono  considerate  perciò  come  una riproduzione  su  scala dell’effettiva  realtà. Ma a un occhio più attento, però, non  risulta  così semplice  la situazione:  infatti ogni cartografia del mondo può avere diverse  interpretazioni, diversi  modi  di  essere  prodotta  e  dunque  può  offrire  molteplici  visioni  della  stessa  che possono essere messe in dubbio e criticate. Elemento importante da tenere sempre presente nel  corso  di  questa  analisi  è  che  ogni  planisfero  ha  lo  scopo  di  proiettare  su  una  carta bidimensionale  qualcosa  che  nella  realtà  presenta  una  forma  sferica.  Metaforicamente parlando, potremmo dire che è come sbucciare un’arancia cercando di ottenere la superficie della  buccia  intera,  facendo  soltanto  un  taglio  per  poterla  aprire.  Così  facendo,  però,  sarà inevitabile non tirare la buccia e dunque deformare  la superficie sferica fino a renderla piatta. A  sua volta, questa  superficie  risulterà  compressa  in altre parti: questa deformazione viene definita “distorsione42” ed esistono diversi modi di distribuirla sulla superficie della carta.  

                                                        40 V.  Aversano,  Leggere  carte  geografiche  di  ieri  e  di  oggi.  Come  e  perché,  Gutemberg  Edizioni,  2010, 

Introduzione. 41 Future alla loro produzione. 42 Le rappresentazioni cartografiche sono trasformazioni geometriche da una superficie sferica a una piana. 

La distorsione che si viene a creare quando riportiamo in piano la superficie sferica è dovuta al fatto che alcune zone,  per  riprodurre  in proporzione  le distanze  reali,  devono essere dilatate più di  altre  e  viceversa. Esistono diversi  modi  di  distribuire  questa  distorsione  sulla  superficie  cartografica,  in  alcuni  casi  si distribuisce omogeneamente, in altri a vantaggio di una parte piuttosto che di un’altra, che sarà di conseguenza più distorta. 

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È  proprio    questo  diverso modo  di  distribuire  la  distorsione  che  dà  origine  alle  diverse proiezioni.  

 Proiezione di Mercatore 

Partiamo da un planisfero “classico”, la proiezione di Mercatore43. Questa cartografia è una delle più diffuse in Europa, utilizzata in tutti gli atlanti scolastici e 

presente  praticamente  in  ogni  scuola.  Nonostante  sia  riconosciuto  il  fatto  che  da  questa visione del mondo i  territori dell’emisfero Nord risultino sovradimensionati, è ancora molto utilizzata oggi.  Il  suo  difetto  principale  consiste  nel  concentrare  la  distorsione  prevalentemente    nella 

parte alta e bassa della rappresentazione: più si guarda verso i poli, più la dimensione viene distorta ingrandendosi. Inoltre, il centro della cartografia è solitamente l’Europa, in particolar modo il meridiano di Greenwich44. Questo planisfero fu fatto per i navigatori dell’epoca; ai tempi in cui furono fatti i calcoli fu 

preso  in  considerazione  il  territorio  più  noto,  più  abitato,  che  era  il  centro  del mondo  per Mercatore,  dunque  l’Europa.  Fu,  perciò,  naturale  per  l’autore  della  carta  scaricare  la distorsione  su  una  parte  del mondo  poco  nota.  Così  facendo,  però,  si  è  andata  a  creare  un dimensione normale delle terre emerse situate nell’emisfero Sud, attribuendo una dimensione visiva  estremamente  ridotta  di  luoghi  come  il  Sudamerica,  l’Africa,  in  particolar  modo  se paragonati al Canada e/o  alla Groenlandia.  

                                                         

43 Gerar  de  Cremer  (Rupelmonde,  5  marzo  1512  –  Duisburg,  2  dicembre  1594),  in  Italiano  Gerardo Mercatore: matematico, astronomo e cartografo fiammingo. 

44 Linea di longitudine passante attraverso l’Osservatorio di Greenwich in Inghilterra, corrisponde al circolo massimo meridiano avente per convenzione longitudine pari a zero. 

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Proiezione di Peters 

In contrapposizione alla forma che Mercatore dà alle terre emerse, la proiezione di Peters45 rappresenta il Mondo rispettando sia gli angoli sia la proporzionalità delle superfici.   Entrando  nel  dettaglio  possiamo  vedere  che  la  carta  presenta  una  distorsione  in  modo alternato,  ma  omogeneo;  si  basa  su  una  proiezione  cilindrica  equivalente46 e  utilizza  come meridiano zero di riferimento, non più quello di Greenwich, che pone  l’Europa al centro del mondo, ma, la linea di cambiamento di data che passa in mezzo allo stretto di Bering; inoltre restituisce  a  ciascun  paese  la  sua  precisa  dimensione  a  livello  territoriale.  Ma  l’esatta proporzione  delle  superfici  va  a  scapito  dell’esattezza  delle  distanze  facendo  assumere  ai continenti una forma allungata. Questa cartografia viene anche definita “vendetta del sud” in quanto, da un punto di vista 

d’impatto visivo, l’emisfero Sud appare più importante rispetto alla visione di Mercatore (che dà  una  posizione  dominante  all’emisfero  Nord)  che  molti  paesi  dell’emisfero  Sud  non accettavano in quanto percepivano minimizzata la loro importanza.  

  

 

                                                        45 Arno Peters (Berlino, 22 maggio 1916 – Brema, 2 dicembre 2002). È stato uno storico e cartografo tedesco, 

si interessò in particolare alle problematiche dell'equità economica e politica per tutte le popolazioni mondiali. È celebre per aver creato una nuova proiezione cartografica della terra, denominata appunto "Carta di Peters". 

46 Una proiezione si definisce equivalente quando sono proporzionali le superfici rappresentate.

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Proiezione di Eckert47 

Questo  tipo  di  proiezione  permette  una  grande  precisione  ed  è  piacevole  da  vedere,  in quanto rispetta equamente  le proporzioni dei  territori.  In questa cartografia  l’Europa non è altro che uno dei centri del mondo. Mantenendo  con  precisione  l’equivalenza  delle  aree,  questa  proiezione  viene  sempre  più usata oggi per realizzare carte del mondo o, comunque, fondi cartografici sui quali produrre arte tematiche. 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                        47Max Eckert  (Chemnitz  1868  ‐ Aquisgrana 1938),  geografo  e  cartografo  tedesco,  è  stato uno dei maggiori 

cultori  della  cartografia  da  lui  considerata  come  scienza  autonoma,  basata  su  conoscenze  matematiche, linguistiche, artistiche, ecc. 

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Proiezione di Postel: “visione polare” 

Questa proiezione scardina completamente gli  abituali  schemi mentali, prodotti  a partire dal planisfero di Mercatore, secondo cui si “legge” il mondo da sinistra verso destra: partendo, a  sinistra,  dall’America  andando  verso  l’estremità  destra  dove  ci  sono  la  Russia Asiatica,  la Cina, la Nuova Zelanda. Al centro di questi due “schieramenti48” troviamo l’Europa. La proiezione di Postel, invece, ci fa vedere che le due ripartizioni (Usa/Urss), nel periodo 

della guerra fredda si scontravano frontalmente, con nel mezzo il polo Nord. nel periodo della guerra  fredda  si  è  sempre  avuta  l’immagine  del  conflitto  nucleare  con missili  balistici  che andavano  da  una  parte  all’altra  attraversando  i  cieli  dell’Europa.  Nella  realtà  dei  fatti  la minaccia nucleare europea era equivalente ad altri scacchieri planetari, uno tra i tanti. Questa  rappresentazione  polare,  seppur  distorcendo  l’emisfero  Sud,  ci mostra  più  vicine 

cose  che  solitamente  consideriamo  e  siamo  abituati  a  vedere  come  lontane,  e  ci  è estremamente utile per una nuova e più completa visione dei rapporti geopolitici mondiali.  

  

 

 

 

 

 

                                                        48In  questo  passaggio  si  fa  riferimento  al  linguaggio  utilizzato  nel  periodo  della  Guerra  Fredda,  che  vede 

schierate e contrapposte le due superpotenze: Usa e Urss. 

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Rappresentazione Cinese 

La  rappresentazione  del  planisfero  cinese  è  molto  interessante  in  quanto  ci  mette  a contatto con un diverso modo di osservare  il mondo.  Infatti,  in questa cartografia possiamo notare  come  il  centro  non  sia  l’Europa,  bensì  il  mondo  pacifico  dove  la  Cina  ne  è  quasi  il centro. Nei  nostri  planisferi  (ad  esempio  quello  di  Mercatore)  l’Oceano  Pacifico  è  sempre 

posizionato in fondo a destra, questa cartografia, invece, dà la misura della reale grandezza di questa distesa d’acqua,due volte più grande dell’ Oceano Atlantico.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Rappresentazione Giapponese 

La visione del mondo che si ha attraverso il planisfero giapponese non è quella classica a 360°, ma  una  veduta  più  ampia  a  540°:  la  carta,  infatti,  presenta  due  continenti  americani, posti ai due margini estremi. In questo modo si ha un’altra modalità di mostrare la rotondità, la continuità della Terra. Si 

può immaginare di “viaggiare” andando dalla costa occidentale Sudamericana attraverso tutto il Mondo per arrivare dall’altra parte sulla costa orientale sudamericana. Questa cartografia permette, dunque, uno spostamento visivo sferico, completo, e mostra 

che l’area desertica più vasta al mondo non è il Sahara, ma lo spazio di mare del Pacifico che va dalla costa Sudamericana all’Oceania. Un altro aspetto originale di questo planisfero è quello di rendere visibili  i  fondali marini 

mettendoli  in  rilievo:  il  Giappone  è  un  arcipelago  situato  su  grandi  fosse  sottomarine,  è dunque  normale  per  un  popolo  di  marinai  e  navigatori,  nonché  abitanti  di  zone  dove  le problematiche  sismiche  sono  frequenti,  dare  importanza  a  un  aspetto  importante  come  le distese marine, la parte più vasta del mondo.   

  

 

 

 

 

 

 

 

 

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Rappresentazione Australiana 

Questo planisfero non è certo attendibile da un punto di vista pedagogico‐educativo della geografia, non ha una valenza scientifica, ma se non altro è bene osservarla in quanto mette chiaramente  in evidenza  il  fatto che  la posizione della Terra è arbitraria, è una convenzione data  dalla  consuetudine,  ormai  consolidata,  di mettere  il  Polo Nord  in  alto  e  il  Polo  Sud  in basso. Con questa cartografia gli australiani, da sempre rilegati ai margini dei planisferi, vogliono 

rinforzare l’impressione della centralità dell’Australia.  Una visione inusuale come questa non è necessariamente giusta o sbagliata, il posizionare 

un continente piuttosto che un altro al centro della carta è una decisione soggettiva, attuata per il volere di un cartografo, e dunque può non essere universalmente condivisa.  

 

  

 Questo lavoro è stato redatto grazie alla cortese collaborazione della dott.ssa Isabella Tamponi dalla cui tesi di Laurea magistrale gran parte di queste pagine è stata estratta, e dalla Sig.na Fabiola Chilelli che ha contribuito a integrarla con parte del suo lavoro.         


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