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e del teRR ItoRIo - CIMOStampa: Ugo Quintily S.p.A., Acilia (Roma) Finito di stampare nel mese di...

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In caso di mancato recapito rinviare a Roma Romanina Stampe per la restituzione al mittente previo pagamento resi ISSN 1722-7909 Anno X - N.3/2012 - Settembre - Trimestrale e del teRRItoRIo Il medIco ospedalIeRo Mobilitazione medica Roma, 27 ottobre Speciale sindacati: passato, presente, prospettive
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Page 1: e del teRR ItoRIo - CIMOStampa: Ugo Quintily S.p.A., Acilia (Roma) Finito di stampare nel mese di Luglio 2012 Copia omaggio. Il giornale viene inviato da CIMO-ASMD ai propri iscritti.

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e del teRRItoRIo

Il medIcoospedalIeRo

Mobilitazione medica Roma, 27 ottobre

Speciale sindacati: passato, presente, prospettive

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IL MEDICO ospedaliero e del territorio - Anno X - n. 3/2012 3

anno X (nuova seRIe) - n. 3 - settembRe 2012

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Mobilitazione medica Roma, 27 ottobre

Speciale sindacati: passato, presente, prospettive

Editoriale

Mobilitazione medica: tutti a Roma il 27 ottobre a difendere il SSN e la professione medica 4

Attualità

Governo tecnico o governo senz’anima? 6

Professione medica

La responsabilità professionale ed il ricorso alla medicina difensivaed evitativa 9

Organizzazione e gestione in sanità

ICT & e-Health: i medici sono pronti per la sanità elettronica? 12

Rapporto ospedale - territorio

Professioni sanitarie: quali competenze e quale integrazione con laprofessione medica 14

La parola agli avvocati

L’emorragia dei talenti 17Oltre il biopotere del medico 20

Previdenza medica

L’ulteriore cammino previdenziale 23

L’angolo delle specialità

Lo screening del tumore alla prostata: il dibattito continua 25I biomarcatori emergenti nella diagnosi, stadiazione e prognosi del cancro della prostata 28

Cultura e ambiente

La responsabilità della élite 30Fare ambiente in modo pacato, realistico, lucido 31

Il direttore risponde 33

Notizie e commenti brevi 35

Documenti 3/2012

Storia della rappresentanza e della rappresentatività nella P.A.I sindacati in Italia ed in Europa (passato, presente, possibili prospettive)

DirettoreCarlo Sizia

Vice direttoreMario Ferrera

Direttore responsabileRaffaele Salvati

Collaboratori e consulenti Rubriche specialiUmberto Celotto, Maurizio Dal Maso, Luigi Dal Sasso, Vania Cirese e Giancarlo Faletti,Mario Ferrera, Enrico Hüllweck, Carlo Sizia

Comitato di redazioneCarlo Sizia, Mario Ferrera, Stefano Biasioli, Riccardo Cassi, Carlo Cordella,Giuseppe Lavra, Guido Quici, Giuseppe Ricciardi, Paolo Trovato

Produzione editorialeAntonella [email protected]

Progetto grafico e impaginazioneDaniela Manunza

Area pubblicitàRoma: Patrizia Arcangioli [email protected]

Area marketing e sviluppoCarlo Bianchini, [email protected], Alfonso Dassogno, [email protected],Antonietta Garzonio, [email protected]

CIC Edizioni Internazionali s.r.l.Direzione, redazione e amministrazione:Corso Trieste, 42 - 00198 RomaTel. 06 8412673 - Fax 06 8412688e-mail: [email protected] - www.gruppocic.com

Aut. Trib. di Roma n. 709/02 del 30/12/2002R.O.C.: 6905/28541

Stampa: Ugo Quintily S.p.A., Acilia (Roma)Finito di stampare nel mese di Luglio 2012

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Ai sensi del Decreto Legislativo 30/06/03 n.196 (Art. 13)informiamo che l’Editore è il Titolare del trattamento e chei dati in nostro possesso sono oggetto di trattamenti infor-matici e manuali; sono altresì adottate, ai sensi dell’Art. 31,le misure di sicurezza previste dalla legge per garantirne lariservatezza.I dati sono gestiti internamente e non vengono mai cedutia terzi, possono esclusivamente essere comunicati ai proprifornitori, ove impiegati per l’adempimento di obblighi con-trattuali (ad es. le Poste Italiane). Informiamo inoltre che inqualsiasi momento, ai sensi dell’art. 7, si può richiedere laconferma dell’esistenza dei dati trattati e richiederne la can-cellazione, la trasformazione, l’aggiornamento ed opporsi altrattamento per finalità commerciali o di ricerca di mercatocon comunicazione scritta.Il contenuto degli articoli rispecchia esclusivamente l’espe-rienza degli autori. La pubblicazione dei testi e delle imma-gini pubblicitarie è subordinata all’approvazione della dire-zione del giornale ed in ogni caso non coinvolge la respon-sabilità dell’editore.Ogni possibile sforzo è stato compiuto nel soddisfare i dirit-ti di riproduzione. L’editore è tuttavia disponibile per consi-derare eventuali richieste di aventi diritto

© Copyright 2012

Il medIcoospedalIeRoe del teRRItoRIo

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al momento che le Istituzioni, Governo

soprattutto, ma anche le Regioni che sono i

nostri datori di lavoro e gli erogatori dei servi-

zi ai cittadini, continuano a rifiutare ogni tipo

di confronto con la categoria insistendo nell’imporre

tagli lineari sui servizi e sempre maggiori sacrifici ai

medici, le Organizzazioni sindacali mediche tutte, della

dipendenza e della convenzionata, si sono unite per

creare un fronte a difesa del Servizio Sanitario Na -

zionale e della professione medica.

A metà giugno è stato presentato un programma di ini-

ziative, la prima delle quali è stata il Sanità Day del 28

giugno, che ha visto in ogni Capoluogo di Regione le

OO.SS. presentare unitariamente le criticità della sanità

e che si concluderà con una grande manifestazione,

sempre unitaria, di tutti i medici, dipendenti pubblici e

privati, convenzionati e specializzandi, per le strade di

Roma, sabato 27 ottobre e che non sarà solo di protesta,

ma soprattutto propositiva.

I medici vogliono poter dare la propria attiva collabo-

razione per trovare una soluzione equa alla progressi-

va disgregazione del Servizio Sanitario Nazionale, che

ne sta mettendo a rischio l’universalità. Tutto questo

per effetto dell’incapacità delle Regioni a riorganizza-

re funzionalmente la propria rete ospedaliera e territo-

riale e per l’arroganza delle stesse a difendere quell’a-

ziendalizzazione, il cui fallimento è da addebitare uni-

camente a loro.

Ciò nonostante le stesse Regioni sono le uniche a non

volerne prenderne atto, perché strumentalizzano la pseu-

do qualifica dirigenziale, prevista dalle norme del

Pubblico Impiego, con nomine clientelari dei Direttori

di struttura o, ancor peggio, con sistemi di “spoil sy­-

stem”. La stessa FIASO ritiene inadeguato il sistema per

garantire la leadership di un’équipe di professionisti.

La categoria per troppo tempo ha accettato senza reagi-

re la progressiva emarginazione da scelte che condizio-

nano pesantemente le attività diagnostico-terapeutiche,

che sono di competenza esclusiva del medico, come ha

riconfermato la Corte di Cassazione. Non è possibile

infatti conciliare le responsabilità clinico-assistenziali

del medico, inclusi gli aspetti deontologici, con solo

logiche di economia sanitaria. Adesso è l’ora di reagire.

La crisi economica e sociale che stiamo subendo impe-

disce però il ritorno a vecchi schemi, che sono stati

superati dall’evoluzione tecnica ed organizzativa della

medicina; occorre inserirsi nel nuovo contesto con pro-

poste concrete ed innovative.

CIMO-ASMD in questi anni ha posto con forza la que-

stione medica, partendo dalla constatazione che occor-

ra nello stesso tempo rivedere l’inquadramento della

nostra professione attraverso:

• una definizione normativa dell’atto medico, resa

ancora più necessaria nel momento in cui l’atto Stato

- Regioni rimodula le competenze infermieristiche;

• un nuovo stato giuridico del medico pubblico, con

superamento dell’attuale sistema “dirigenziale” e

riconoscimento della peculiarità del lavoro medico

all’interno del pubblico impiego;

• una vera centralità del ruolo del Medico nel sistema,

perché torni ad essere “protagonista” della diagnosi

e cura dei cittadini.

Non sarà una battaglia facile, né rapida, ma quella che

all’inizio poteva sembrare un’iniziativa velleitaria, sta

raccogliendo sempre più consensi e condivisione. Un

nuovo stato giuridico non è più un tabù, dipendenti e

convenzionati non sono più due mondi ostili, ma occor-

re riscrivere insieme il D.Lgs. 502/92, e successive

modificazioni.

Come sempre, quando dalla protesta si passa alla pro-

posta le cose diventano difficili; c’è chi difende il pro-

prio particolare, chi non è completamente autonomo da

Il medIcoospedalIeRoe del teRRItoRIo

IL MEDICO ospedaliero e del territorio - Anno X - n. 3/20124

mobilitazione medica: tutti a Roma il 27 ottobre

­­­­editoriale

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editoriale

a difendere il ssn e la professione medica

scelte che vengono fatte sopra di lui. Il percorso neces-

sita quindi di molta pazienza e forse lascerà qualcuno

per strada, ma la macchina è partita e non credo si fer-

merà, soprattutto se i medici ritroveranno la forza di

difendere la propria categoria, consci del ruolo insosti-

tuibile nella tutela della salute dei cittadini.

In coerenza con il superamento della stessa logica di

divisioni e contrapposizioni ormai superate, CIMO-

ASMD ha fatto anche un’altra scelta che può sembrare

non strettamente collegata a quanto sopra, ma che per

noi lo è: ha aderito ad una nuova Confederazione

(CIDA Manager ed alte professionalità per l’Italia) che

raggruppa sia la dirigenza che l’alta professionalità

pubblica e privata. La Confederazione, forte di oltre

110.000 iscritti, nasce dall’esigenza di difendere, con

un blocco unico e coeso, la classe dirigente del Paese da

troppo tempo sottoposta a vessazioni fiscali, a blocco

e/o riduzioni delle retribuzioni, all’instabilità del posto

di lavoro, al peggioramento delle condizioni di lavoro,

all’aumento esponenziale delle responsabilità, al super-

ticket ed ISEE. Tali condizioni escludono dirigenti,

manager, alte professionalità e le loro famiglie dal wel-

fare ma, soprattutto, dalle scelte decisionali di un Paese

che non può fare a meno di una classe dirigente propo-

sitiva e propulsiva.

Non sappiamo cosa ci aspetta in autunno, non sono un

economista né uno stratega politico, mi auguro però che

l’Italia possa superare questa grave crisi economica e

sociale, che non è solo nostra. Certamente anche la

Sanità dovrà fare la sua parte nell’obbligatoria riforma

del nostro sistema ed, in questo contesto, la CIMO-

ASMD sarà in prima linea, non solo per difendere i dot-

tori in Medicina e chirurgia, ma per sostenerli in questo

nuovo “risorgimento” della classe medica, il cui obiet-

tivo primario è la centralità del medico quale vero pro-

tagonista di questo rinnovamento.

Riccardo­Cassi

Presidente­Nazionale­CIMO-ASMD

Riccardo Cassi

IL MEDICO ospedaliero e del territorio - Anno X - n. 3/2012 5

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attualità

Il medIcoospedalIeRoe del teRRItoRIo

IL MEDICO ospedaliero e del territorio - Anno X - n. 3/20126

Ormai il Governo tecnico non ha più alibi. Dopo 8/9

mesi di attività non può più giustificarsi con l’inespe-

rienza, con la non completa conoscenza dei problemi

(nascosti dai Predecessori) o con la storiella del preci-

pizio-burrone, su cui si sarebbe trovata l’Italia ante-

Monti.

L’Europa, ma ancor più la Merkel, ci hanno imposto

ferree regole economiche, che sono state affrontate da

Monti e C. con una caterva di tasse, dirette ed indirette.

Sono stati ottenuti discutibili benefici contabili (se si

tiene conto sia dello spread che dell’ulteriore aumento

del debito pubblico), tutti andati a favore dell’“affidabi-

lità di Monti in sede internazionale”, cioè a beneficio

delle Banche e del mondo finanziario.

Non certo a vantaggio dei cittadini, che hanno visto cre-

scere ulteriormente la pressione fiscale complessiva:

dalla benzina all’IMU fino al prossimo, inevitabile

aumento di 2 punti percentuali dell’IVA.

La pressione fiscale è da podio olimpico. Conseguenze?

Chi non può evadere, paga e vota Grillo, o si astiene.

Chi può evadere, continua a farlo.

I primi, riducono il loro tenore di vita e sono costretti ad

iniziare ad evadere, nel loro piccolo. Esempi? I lavori

domestici fatti fare da artigiani, meglio se già in pen-

sione; i prodotti alimentari acquistati ai mercatini; il

mancato pagamento del canone RAI; la tazzina di caffè

scontrino-priva, ecc.

I cittadini “comuni” fanno un po’ di evasione, riducono

i consumi non indispensabili, talvolta “tirano la cin-

ghia”, proprio in senso letterale.

I grossi evasori, loro, continuano ad evadere ed a truc-

care i conti. Non saranno le sceneggiate della Finanza

(Cortina, Milano, Venezia) a fermarli.

I giovani sono e rimangono disoccupati, anche grazie

alla riforma Fornero sulle pensioni, o tutt’al più sot-

tooccupati e comunque con impieghi precari che impe-

discono di progettare il futuro con un minimo di sicu-

rezza.

Paga sempre Pantalone: si tratta di un assioma sconta-

to. Ma l’aria sta cambiando, infatti una grossa fetta di

italiani (forse 8-9 milioni) non riesce più ad arrivare

decentemente a fine mese, il lavoro manca, ci sono gli

“esodati” senza più retribuzione ma ancora senza pen-

sione, i contratti pubblici sono e resteranno bloccati per

anni, se la sono presa anche con i pensionati, azzerando

l’indicizzazione delle loro pensioni, senza tener conto

Governo tecnico o governo senz’anima?

Stefano Biasioli

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attualità

7IL MEDICO ospedaliero e del territorio - Anno X - n. 3/2012

che essi rappresentano un vero “ammortizzatore socia-

le” per i giovani senza lavoro, ecc.

Monti evidentemente non gira per le strade, a piedi. E

non prende neppure il taxi, dove potrebbe verificare

l’umore popolare, come non va a fare la spesa ed a veri-

ficare quanto costi vivere, oggi.

Da mesi, dopo il rigore teutonico, aspettiamo lo svilup-

po. Dov’è lo sviluppo? Dov’è un nuovo “piano Mar -

shall” che faccia ripartire l’economia? Nuovi lavori

pubblici (carceri, strade, ospedali, manutenzione del

patrimonio ambientale e culturale), innanzitutto. Poi,

una politica per attirare il turismo, quello artistico e

quello vacanziero, con offerte pari almeno a quelle

dell’Egitto, o di altri Paesi similari.

Ma senza crescita e sviluppo l’Italia non può rispettare

il “fiscal­compact”, che Monti ha sottoscritto con leg-

gerezza, addirittura dichiarandosi “soddisfatto”.

Tuttavia, con la “ricetta Monti” (abuso delle tassazioni

di ogni tipo e misura) non solo non si ha sviluppo, ma

non si può che avere stagnazione e recessione, come

riconosce nella sua relazione annuale il Governatore

della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel commentare l’a-

mara realtà dell’Italia d’oggi.

E dove sono i tagli ai costi della politica, dove sta la

dismissione del patrimonio immobiliare pubblico inuti-

lizzato, per iniziare almeno a ridurre il nostro spavento-

so debito pubblico?

Ed ancora: a che punto sta la riforma della legge eletto-

rale, la lotta vera alla corruzione ed all’evasione, la

riforma della politica, che oggi non sa fare nulla di con-

creto, avvitata come è in sterili tatticismi, senza alcuna

progettualità e lungimiranza, quando non sia impegna-

ta addirittura in questioni di malaffare?

Ci sono voluti 6/7 mesi perché il Ministro Passera

capisse che lo Stato deve saldare i suoi debiti ai suoi

fornitori! Sono 70 miliardi di euro, finora mascherati.

Lo Stato non paga i suoi debiti, ma Equitalia massacra

i debitori, ed Equitalia è comunque “lo Stato”.

Ci voleva tanto a capire che crediti privati e debiti pub-

blici dovevano essere “compensati”? Ci voleva tanto a

capire che lo Stato non può pretendere – sui nostri debi-

ti – interessi 10 volte superiori a quelli che Lui stesso ci

riconosce, per i Suoi debiti?

L’immagine esteriore ci presenta un Premier “amimi-

co” in tutte le sue manifestazioni pubbliche, si trattasse

di festeggiare una vittoria o di celebrare un funerale,

vero soldatino della Merkel, rigido ed impacciato.

Un Premier siffatto, quasi fosse privo di umanità, non

può capire, ad esempio, che la povertà distrugge gli

individui, donde i suicidi a ripetizione di cui sono piene

le cronache.

Non può capire che l’assenza di lavoro può indurre ad

azioni estreme, come non può capire che ogni uomo

vive una sola volta, e che questa “unica” vita deve esse-

re vissuta in modo dignitoso, con un lavoro dignitoso.

Comunque, con un lavoro.

Non può capire che modificare brutalmente (cioè senza

la necessaria gradualità) le regole pensionistiche, ha

creato una categoria, purtroppo numerosa, di esodati

che, per tanti anni, vivrà in un “limbo”: né lavoratori,

né pensionati.

E tuttavia senza umanità e senza cuore non si può

affrontare la “questione Italia” oggi, a maggior ragione

dopo la catastrofe del terremoto, che ha sconvolto tanta

parte dell’Emilia Romagna e della bassa Lombardia.

E che dire della Ministra Fornero? Siamo d’accordo

con Michele Gentile (CGIL-Funzione pubblica): “la

Fornero dovrebbe essere Ministra del lavoro, non

Ministra dei licenziamenti (art. 18 dello Statuto dei

lavoratori), ossia dei licenziamenti e della disoccupa-

zione!”.

Non credo proprio che questo Monti amimico, freddo

vassallo della Merkel e della finanza privata, sia il “sal-

vatore” dell’Italia, come pretenziosamente ha autocerti-

ficato con il suo decreto di fine 2011. Anzi, se l’Italia si

salverà, credo che non sarà grazie a Monti, ma nono-

stante le ricette sbagliate di Monti-Merkel.

Anche la Ministra Fornero ha regalato più di una delu-

sione: presuntuosa, arrogante, algida e con le lacrime da

coccodrillo. Nonostante la delicatezza del suo ruolo, pare

anche poco aggiornata perché, giorno dopo giorno, con-

tinua a non conoscere le regole contrattuali del pubblico

impiego. Ignora, ma non vuole aggiornarsi, infatti non sa

che da noi sono già possibili i licenziamenti, si chiama-

no “recesso unilaterale” da parte del datore di lavoro, con

garanzie trascurabili a beneficio dei lavoratori.

Governo tecnico, quello di Monti? No, Governo senza

legittimazione democratica e senz’anima. Governo a

tempo, in piena recessione. Governo tenuto in piedi da

un parlamento (“p” minuscola) che cerca invano di sal-

varsi dal sicuro massacro elettorale del 2013.

Non sappiamo cosa succederà, dopo le politiche del

2013. Di certo, non vedremo più né Napolitano, né il

40% almeno dei parlamentari di oggi: da Brunetta in giù.

Speriamo almeno non finisca tutto in burla, con Grillo

e le sue 5 stelle.

Che Dio protegga l’Italia, anche dai terremoti di ogni

tipo, non solo dai sismi.

Stefano­Biasioli

Segretario­Generale­CONFEDIRMIT­PA

Past­president­CIMO-ASMD

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scheda adesione nuovi iscritti

ASSOCIAZIONE SINDACALEMEDICI DIRIGENTI

8 IL MEDICO ospedaliero e del territorio - Anno X - n. 3/2012

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professione medica

IL MEDICO ospedaliero e del territorio - Anno X - n. 3/2012 9

Non moriamo perché ci ammaliamo, ma ci ammaliamo

perché fondamentalmente dobbiamo morire (MichelFoucault).È sempre difficile accettare la morte, ma se colui che siammala meditasse sulla suddetta considerazione, accet-terebbe l’evento come possibilità insita nella proprianatura di essere mortale. Egli, invece, d’abitudine, è oggi indotto ad attribuirealla medicina una quasi onnipotenza nella risoluzionedi tutte le malattie, tanto da riconoscere all’attivitàmedica una radicata garanzia di guarigione. Ne derivache nelle evenienze d’insuccesso è sua propensioneavanzare il sospetto implicito o l’accusa esplicita dierrore diagnostico-terapeutico commesso dai medici,ritenuti infallibili in virtù delle moderne tecnologiesanitarie a loro disposizione (ma... la fallibilità fa partedell’uomo e delle attività umane e il rischio di sbaglia-re è intrinseco nell’attività medico-chirurgica). È per queste motivazioni che, nel corso degli ultimi 15anni, viene considerato sempre più inaccettabile, tantoda richiedere che venga perseguito e sanzionato, l’ope-rato del medico che non raggiunge il risultato sperato epreteso dal paziente (cultura della colpa del medico edella rivalsa nei suoi confronti). Atteggiamento che nonmanca di essere talora suffragato dalle continue evolu-zioni interpretative del rapporto medico-paziente forni-te dalla Suprema Corte in ambito di responsabilità pro-fessionale medica.Da qui, l’incremento sconsiderato del tasso di litigiositàin ambito sanitario: l’Associazione Nazionale ImpreseAssicuratrici, che considera sinistro ogni informazionedi garanzia e ogni richiesta di risarcimento, parla di unacrescita dal 1994 al 2007 del 200% delle denunce acarico dei medici. Ogni anno sono circa 30.000 i medici che, portati ingiudizio dai loro pazienti per presunta responsabilità damedical malpractice, vedono la propria vita, non soloprofessionale, gravemente compromessa.

In un siffatto contesto è quantificabile che oltre l’80%dei chirurghi riceva almeno un avviso di garanzia o unarichiesta di risarcimento durante il corso della vita lavo-rativa, la quale – tenuto conto della durata dei procedi-menti giudiziari – sarà dai medesimi trascorsa, per circaun terzo, nella trepidante attesa e nella febbrile prepara-zione (allestimento con avvocati e consulenti dellememorie difensive) delle udienze dibattimentali, al ter-mine delle quali, se ritenuti non colpevoli – il che siverifica in circa l’80% dei casi –, sarà forse troppo tardiottenere la riabilitazione professionale e morale per l’e-vento vissuto. Per i professionisti medici, ammesso che riusciranno adottenere l’integrazione delle spese sostenute per l’iterprocessuale (che dovrebbero essere coperte senza dirit-to di rivalsa – in assenza di dolo e di colpa grave – dallestrutture sanitarie ove hanno prestato l’opera professio-nale, direttamente o per il tramite di compagnie diAssicurazioni – in tal caso nei limiti dei massimali),sarà comunque impossibile riuscire ad avere il risarci-mento di eventuali danni patrimoniali da lucro cessantepatiti a seguito del procedimento giudiziario e noncoperti dalle polizze assicurative. Due gli effetti direttamente proporzionali al costanteaumento – peraltro con trend peggiorativo – dei con-tenziosi relativi alla responsabilità professionale percolpa medica:1. le Compagnie Assicurative, partendo dal presuppostoche la stipula di polizze di risarcimento dei danni daerrori in corsia e in sala operatoria è un rischio troppoelevato, fanno delle scelte coerenti con i propri obietti-vi di profitto e, nonostante l’aumentata richiesta, nondanno più la disponibilità a coprire la responsabilitàmedica (soprattutto con riferimento ad alcune categoriedi professionisti, quali i ginecologi, i chirurghi – plasti-ci, vascolari, cardiaci –, gli ortopedici, i radiologi);ovvero, per poter fare fronte al pagamento dei sinistri,incrementano notevolmente l’importo dei premi assicu-

La responsabilità professionaleed il ricorso alla medicina

difensiva ed evitativaL. Giuseppe Angiò, Elvira Ventura Spagnolo, Giulio Cardia

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rativi fino a toccare punte del 250% (è un dato di fattoche i costi delle polizze assicurative affrontati dai sin-goli operatori medici sono divenuti insostenibili, poten-do arrivare fino a 10.000 euro/anno; quelli complessi-vamente affrontati dal Servizio Sanitario Nazionaleammontano a 500 milioni di euro ogni 12 mesi); 2. i medici (il 92% dei più giovani versus il 67% dei piùanziani), per il timore – in caso d’insuccesso dell’operasvolta – di essere oggetto di azioni giudiziarie in ambi-to penale o civile (in particolare, prescindendo dalleinevitabili spese legali, di subire un lungo ed estenuan-te contenzioso legale - 80% – o di ricevere una richie-sta di risarcimento danni - 60% – da parte delle vittimedi errore medico o presunto tale), ovvero di riportare undanno d’immagine a causa dell’atteggiamento accusa-torio adottato dai mass-media (che, diffondendo inmodo intempestivo e inopportuno notizie spesso esclu-sivamente scandalistiche, mettono in cattiva luce l’ope-rato della classe medica agli occhi di un’utenza semprepiù sfiduciata - 44%), adottano un comportamento cli-nico che, frutto di un processo decisionale (non èinfluenzato dalle reali esigenze clinico-assistenziali delpaziente e, quindi, non è necessariamente basato sull’e-videnza scientifica; ha come primaria finalità non già latutela della salute del paziente, ma la tutela del sanita-rio medico dai citati potenziali rischi), privilegia le atti-vità clinico-assistenziali legalmente richieste a tuttosvantaggio di quelle medicalmente indicate.È questo da considerare, però, il comportamento piùsleale che un medico, guidato dalla paura di possibiliconseguenze giudiziarie, possa adottare nei confronti

del paziente che a lui si affida per essere curato: in ter-mini tecnici si chiama medicina difensiva.

Orbene, se è vero che alcune delle condotte cautelativedella medicina difensiva possono essere migliorative delmodo di praticare l’attività clinico-assistenziale (mag-giore accuratezza nella compilazione della cartella clini-ca, con l’inserimento di dettagli maggiori ma evitabili econ l’obiettivo di avere le carte a posto - 83%; maggio-re tempo e maggiore attenzione dedicati all’informazio-ne del paziente sulle procedure diagnostico-terapeuti-che, con miglioramento del rapporto medico-paziente),è anche vero che altre condotte si ritorcono, alla fine,negativamente sul paziente, sugli utenti in genere delServizio Sanitario Nazionale e su quest’ultimo. Il riferimento è fondamentalmente alla prescrizionecautelativa di prestazioni addizionali rispetto a quelleindicate in quanto utili e/o necessarie (consulenze spe-cialistiche - 58-68% – ovvero trasferimenti in nosocomidi maggiore prestigio; esami diagnostici innovativi esofisticati - 61-90% ; procedure diagnostiche invasive -54-60%; farmaci - 51%; taglio cesareo; ricoveri ospe-dalieri - 69%) -, che, pur talora nella loro marginalità,potrebbero offrire un beneficio, se non fosse a volteinsito in esse un potenziale di danno biologico sulpaziente (effetti collaterali indesiderati) e sugli altriutenti del Servizio Sanitario Nazionale (intasamento deigrandi centri ospedalieri e/o allungamento delle listed’attesa, con ridotta accessibilità a servizi sanitari fon-damentali da parte di chi ne ha maggiormente bisognoe/o con riduzione della qualità delle prestazioni eroga-te), causa di incremento degli eventi avversi.

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professione medica

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È evidente, quindi, che nelle ipotesi suddette, il ricorsoa prestazioni addizionali non fa altro che determinaresensibili e gravi ripercussioni sul Servizio SanitarioNazionale, che rischia di essere portato, a seguito deicosti aggiuntivi correlati alla cosiddetta medicina difen-

siva (si parla di 10 -20 miliardi di euro all’anno), chevanno a gravare sulle già scarse risorse economiche,alla bancarotta finanziaria con danni irreparabili.Ma il riferimento è anche – ed è questo l’effetto piùpericoloso della medicina difensiva – alla progressivaconversione dei medici alla convinzione della maggio-re opportunità che gli eventi clinici seguano il lorocorso naturale (garantendo, in rare occasioni la guari-gione, più frequentemente un peggioramento clinico oil decesso del paziente secondo natura) e al conseguen-ziale atteggiamento del non fare, dell’evitare cautelati-vamente, oltre le normali regole di prudenza, i pazientiad alto rischio per quanto riguarda il loro stato di salu-te - 26-54% – ovvero le procedure e/o gli interventicomplessi, difficili, in emergenza - 75% -: in terminitecnici si chiama medicina evitativa.

In questo scenario è da inquadrare la costante diminu-zione del numero degli specialisti che praticano disci-pline rischiose: soprattutto chirurghi (dal 2007 si regi-stra un calo del 30% e in alcune sedi universitarie i postidi specialità disponibili non sono a volte del tutto coper-ti), ortopedici, ginecologi e odontoiatri.Né va trascurato, nello stesso ambito, il tenersi a

distanza da quei pazienti litigiosi, rivendicativi, arischio denuncia. Emblematico nel merito è l’episodio di recente verifi-catosi in una clinica di Roma – e balzato agli onori dellecronache –, laddove il primario di chirurgia, partendodal condiviso presupposto che la chirurgia deve essere

affrontata con la mente libera e con il giusto animo,fondati su un rapporto di reciproca totale fiducia tra

medico e paziente, e non trovandosi in uno stato di sere-

nità, anzi sentendosi in tensione, per il pericolo di ritor-

sioni legali, condizioni che avrebbero messo a rischiol’intervento, ha ritenuto suo obbligo, a protezione dellapaziente, non compiere l’operazione elettiva a lui chie-sta in riparazione del danno alla stessa causato nel corsodi altra operazione riuscita male e per il quale avevadenunciato il medico. Il medico che ricorre alla medicina difensiva e, soprat-tutto, evitativa, non tutela la salute dei pazienti, oltre alfatto che non tutela neppure se stesso, ed è da conside-rare inaffidabile nell’esercizio della sua professione. L’unico modo efficace che egli ha per tutelare i suoipazienti e, conseguentemente, se stesso, è quello di

svolgere l’attività clinico-assistenziale di competenzasecondo scienza e coscienza: il che significa curare isuoi assistiti secondo lo stato dell’arte, con diligenza,prudentemente, nel contesto di un reciproco rapportofiduciario, che nella buona medicina si chiama alleanza

terapeutica, senza la quale non è possibile raggiungerei migliori risultati della cura. Ma per fare questo – e questo si può e si deve fare nel-l’interesse primario della salute dei cittadini-utenti delServizio Sanitario Nazionale – è necessario che i medi-ci operino il più serenamente possibile, liberi dal timo-re di essere coinvolti dal PM in accertamenti giudiziaricon caratteri di obbligatorietà, a conclusione dei quali,basati talora soltanto su elementi indiziari – emergentida un atto di informativa – vaghi, fumosi e connessi adun loro ruolo marginale nella vicenda in esame, accer-tata – dopo lungo tempo – la non colpevolezza dei pro-fessionisti, nulla è loro riconosciuto (ovvero dovuto).Obiettivo, questo, potenzialmente perseguibile conl’implementazione della cultura del risk management,che non è la ricerca del colpevole dell’errore medico,ma della criticità che ha favorito la commissione diquest’ultimo. Ma altrettanto raggiungibile con interven-ti di riforma legislativa che sanciscano nuove regolesulla responsabilità professionale del medico, sino allapossibile depenalizzazione per errori non intenzionali, icui fattori causali o concausali, talora latenti, possonoperaltro essere individuati in carenze organizzative egestionali ascrivibili alla responsabilità dei verticiaziendali. E ancora ottenibile agevolando, medianteun’adeguata rivisitazione delle regole attuative, dai piùallo stato per molti versi criticate, il ricorso al sistemadella mediazione civile – disciplina le cui fonti sono ilD. Lgs. 4 marzo 2010 n. 28 ed il D.M. 180/2010 e cheè entrata in vigore a far data dal 20 marzo 2011 – che,rispondendo prontamente alle pretese risarcitorie, chepoi sono quelle che spingono il danneggiato (o presun-to tale) a far ricorso al giudice penale, limiterebbe l’a-zione di quest’ultimo esclusivamente ai casi che ne pre-vedono l’obbligatorietà.

Luigi Giuseppe Angiò

Chirurgo generale - Facoltà di Medicina e Chirurgia

Università di Messina

Elvira Ventura Spagnolo

Medico legale - Facoltà di Medicina e Chirurgia

Università di Palermo

Giulio Cardia

Medico legale - Facoltà di Medicina e Chirurgia

Università di Messina

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In attesa di conoscere come si applicherà al mondo sani-tario la temuta e ormai prossima “spending review go -vernativa”, una cosa certa è che le Aziende sanitarie eospedaliere che non troveranno un bene nelle conven-zioni delle centrali d’acquisto regionali dovranno dasubito rivolgersi unicamente alla Consip, ovvero la cen-trale di acquisti del Mef. Questo è solo uno degli aspet-ti, forse nemmeno il principale (e-procurement), dell’u-so dell’Information & Com munication Technology

(ICT) in sanità. Per comprendere meglio l’importanzadell’ICT nella sanità moderna è sufficiente ricordarecosa scrive la Commissione Europea (e-Health Action

Plan 2012-2020):“L’assistenza sanitaria moderna non è fornita da una

struttura o da un gruppo di operatori sanitari da soli.

L’assistenza sanitaria moderna è fornita in stretta coo-

perazione tra molte strutture diverse e molti diversi

gruppi di specialisti. Tale intensa cooperazione è

impossibile senza un largo, diffuso e continuo impiego

dei servizi forniti dall’ICT.”

Ciò è coerente con l’evoluzione del rapporto medico-paziente, rapporto ormai stabilmente cambiato, come

evidenziato nella Tabella 1.Quando si parla di ICT in sanità è quindi in gioco l’in-tera essenza clinica del nostro agire. Basta pensare allacompleta informatizzazione dei percorsi di cura in cui sidovrà arrivare a capovolgere l’attuale situazione in cui

il paziente attraversa una serie di compartimenti produt-tivi, molto spesso stagni e impermeabili fra loro, chelavorano non considerando il processo di cura nella suaglobalità e per questo generano insoddisfazione degliutenti, criticità cliniche ed inefficienze gestionali,inconvenienti che con un’attenta e preventiva program-mazione si sarebbero potuti evitare.Appare ovvio che gli strumenti dell’ICT devono esse-re conosciuti, usati e migliorati giorno dopo giorno daparte degli utilizzatori finali, ovvero tutti i professio-nisti sanitari senza distinzione di ruoli e funzioni ma,soprattutto, senza inutili e ormai inaccettabili ritardi,perché tutto ciò si traduce in costi insostenibili per ilnostro SSN ovvero per tutti, nessuno escluso, dei 21SSR tra loro già oggi rigorosamente diversi in terminidi output/outcome e costi di gestione. L’intero settoredell’ICT del SSN vale circa 1,3 miliardi di euro secon-do uno studio recente del Poli tecnico di Milano e rap-presenta la principale leva di miglioramento per incre-mentare la qualità dei servizi, la loro efficienza e lasostenibilità economica del sistema: l’uso estensivo eintegrato dell’ICT potrebbe far ridurre la spesa sanita-ria di oltre 10 miliardi di euro all’anno già dal 2015, afronte di 3.5 miliardi di euro di investimenti nei pros-simi tre anni (Tab. 2).Da un’intervista con un campione rappresentativo diDirettori Generali di ASL e AO, è emerso che nei pros-simi 3 anni il 49% di loro ritiene che ci sarà una dimi-nuzione degli investimenti in ICT, il 14% non prevedealcuna variazione rispetto ad oggi e solo il 37% preve-de un aumento da lieve a moderato. Questo dato evi-denzia come la direzione strategica creda poco nellapossibilità di fare innovazione ed arrivare ad uno stabi-le cambiamento organizzativo, visto che solo il 5% deiDG intervistati prevede, ed auspica, un aumento rile-vante, oltre il 40% degli investimenti in ICT. Sorge spontanea una domanda: su quali settori i DGpensano di agire per migliorare stabilmente l’appro-priatezza, la sostenibilità, il fattore-sistema nelle loroAziende e l’innovazione con lo sviluppo delle organiz-zazioni? Ad esempio, come pensano di coordinareor

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san

ità Ict & e-Health: i medici sono

pronti per la sanità elettronica?Maurizio Dal Maso

Tabella 1.  

Tabella 1. Evolving Patient-Physician Relationship.

Magee M, D’Antonio M. The Best Medicine. New York, Spencer

Books, 2001.

Paternalism Partnership

One-on-one strategies Team approaches

Knowledge gap Educational empowerment

“Doctors orders” Mutual decision-making

Intervention Prevention

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organizzazione e gestione in sanità

senza investire pesantemente in “e-Health” alcuni deiprossimi temi prioritari della loro gestione, che toccheràinevitabilmente parti vitali dell’ICT: cartella clinicainformatizzata, fascicolo sanitario elettronico, cloud

computing, sistemi per la dematerializzazione e di ge -stione informatizzata dei farmaci, servizi digitali al cit-tadino, soluzioni per l’integrazione della medicina terri-toriale e l’assistenza domiciliare, telemedicina e home

monitoring? L’evoluzione sostenibile del SSN richiederà una varia-zione organizzativa capace di spingere tutti i profes-sionisti verso azioni coordinate che migliorino stabil-mente la prevenzione, l’appropriatezza, l’integrazionesocio-sanitaria e la continuità delle cure con un coin-volgimento attivo degli utenti. Appare evidente che gliattuali sistemi di cura obbligano ad una rapida circola-zione delle informazioni tra tutti i professionisti e perquesto motivo temo che non sarà più accettabile chel’ICT resti sottoutilizzata impedendo di raggiungeretutti i molteplici benefici attesi. Alcuni studiosi riten-gono che sia ormai prossimo il tempo di passare dallasanità elettronica (e-health) alla “salute in rete” (con-

nected health), cosa fattibile a patto di riuscire a coin-volgere tutte le figure interessate al processo sanitario,in linea con i futuri trend della medicina che sarà pre-dittiva, personalizzata, preventiva e partecipata.Attivando stabilmente l’innovazione ICT-guidata sipotrebbe arrivare in tempi rapidi, e a fronte di un inve-stimento contenuto e sopportabile, ad un mi gliore uti-lizzo delle risorse disponibili del SSN, contribuendo

contemporaneamente allo sviluppo sociale ed economi-co e al rilancio stesso del nostro Paese. È confortantesapere che uno studio, che ha interessato quasi 3.000medici europei, ha evidenziato come il 72% degli inter-vistati sia convinto che il miglioramento della qualitàdei processi di cura può venire solo attraverso l’impie-go della telematica, mentre l’83% è convinto che essapossa migliorare l’efficienza del servizio.Tutti questi progetti strategici richiedono un impiegomassiccio delle tecnologie ICT; in particolare, con illoro utilizzo si può far fronte alle lacune di conoscenzae competenza, reperendole ovunque esse siano disponi-bili “in rete”. Il miglioramento delle modalità comuni-cative e, conseguentemente, dei processi organizzativi,può portare a miglioramenti di qualità, efficacia del ser-vizio, efficienza ed economicità. Inoltre, la riduzionedei costi indiretti di comunicazione, stimati in circa il10% della spesa sanitaria nazionale, libererebbe note-voli risorse finanziarie che potrebbero essere meglioutilizzate, ovviamente dopo una necessaria fase di con-certazione per ottenere il consenso di tutti gli operatoriall’utilizzo delle tecnologie telematiche in sanità. Questo è il contesto professionale e gestionale prossimofuturo in cui dovremo muoverci e quindi, come medici,mettiamoci subito alla guida di questo cambiamento“senza se e senza ma”.

Maurizio Dal Maso

Esperto CIMO-ASMD in materia di

organizzazione e gestione in Sanità

Tabella 1. Regioni: investimenti e risparmi a regime con ICT (milioni di euro)

Regioni Risparmio totale Spesa Risparmio Regioni Risparmio totale Spesa Risparmio

netto netto

Piemonte 1.041,20 266,97 774,23 Marche 363,24 93,14 270,10

Val d’Aosta 29,11 7,47 21,64 Lazio 1.303,23 334,16 969,07

Lombardia 2.264,02 580,52 1.683,50 Abruzzo 309,17 79,27 229,90

Bolzano 113,69 29,15 84,54 Molise 74,87 19,20 55,67

Trento 119,23 30,57 88,66 Campania 1.292,14 331,32 960,82

Veneto 1.124,38 288,30 836,08 Puglia 917,81 235,34 682,47

Friuli V.G. 289,76 74,30 215,46 Basilicata 134,48 34,48 100,00

Liguria 397,90 102,03 295,87 Calabria 454,74 116,60 338,14

Emilia R. 1.030,11 264,13 765,98 Sicilia 1.132,70 290,44 842,26

Toscana 877,60 225,03 662,57 Sardegna 381,26 97,76 283,50

Umbria 212,12 54,39 157,73 Totale 13.898,31 3.554,55 10.343,76

(Fonte: Sole 24 Ore sanità, 15-21 maggio 2012, pagg. 16-19)

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Un tavolo di lavoro fra le Regioni e il Ministero dellaSalute ha elaborato una bozza di documento per la revi-sione dei profili di competenza dell’infermiere. Il titoloè “Evoluzione della professione infermieristica. Aree dicompetenza e responsabilità dei nuovi scenari sanitari esocio sanitari.”Questa bozza è stata preparata da funzionari delMinistero e delle Regioni e successivamente presentataagli Ordini professionali e alle Organizzazioni sindaca-li per cominciare un dibattito per la ridefinizione degliambiti di attività delle professioni sanitarie.Alla parte generale del documento si aggiunge poi unaserie di schede operative che elencano le competenzetecnico-professionali degli infermieri relativamente acinque aree: area delle cure primarie, area critica e del-l’emergenza urgenza, area chirurgica, area pediatrica earea della salute mentale e dipendenze.Ricordiamo che il documento è una bozza ed è stato ela-borato per affrontare un dibattito/confronto con gli inte-ressati partendo da qualcosa di scritto. Tuttavia questodocumento non è stato ben accolto nei contenuti neppu-re dalla categoria degli infermieri che, attraverso laPresidenza IPASVI ha fatto sapere che lo specifico delladisciplina infermieristica “si esplica nella definizione diun processo assistenziale alla risposta ai bisogni che lapersona presenta nell’ambito dei percorsi di prevenzio-ne o di cura... e nello sviluppo delle capacità educativorelazionali, di accompagnamento e di appropriata conti-nuità assistenziale”.La bozza presentata è invece ancora lontana da questaconcezione e molto più vicina ad una logica “mansio-nariale”, proponendo lunghi elenchi di attività, già orasvolte dagli infermieri, secondo quanto permesso daidisposti normativi attuali.Obiettivo ultimo del “tavolo Ministero - Regioni” saràdi investire nella professione infermieristica ponendo lebasi per una nuova autonomia e responsabilità profes-sionale.

Queste non sono fantasie di qualche spregiudicato fun-zionario, ma l’enunciato dell’articolo 1 della Legge n. 42del 1999 che sancisce la professione infermieristicacome professione autonoma e non più ausiliaria (o“paramedica” con un termine meno felice) e afferma che“il  campo  delle  attività  e  delle  responsabilità  delleprofessioni sanitarie è determinato dai contenuti dei

decreti ministeriali... fatte salve le competenze previ-

ste per le professioni mediche... nel reciproco rispet-

to delle specifiche competenze professionali”.Sono queste ultime affermazioni ad accendere il dibat-tito fra la professione infermieristica e quella medicaperché impongono di ridefinire i campi di attività edelle responsabilità nei percorsi diagnostico-terapeuticiassistenziali (PDTA), la continuità dell’assistenza e lapresa in carico territoriale.Poiché la caratteristica più evidente dell’assistenzaodierna è di rivolgersi a persone con polipatologia ecronicità, è necessario innovare i processi assistenzialicentrandoli sul lavoro interdisciplinare e multiprofes-sionale.A questo riguardo vogliamo ricordare ai lettori che ledue professioni – medica e infermieristica – non sonoun doppione in concorrenza l’una con l’altra, ma hannocompiti e mandati diversi e complementari: l’infermie-re è lo specialista dell’assistenza, per migliorare laquale bisogna ristrutturare l’organizzazione delle UnitàOperative, mentre il medico è lo specialista della dia-gnosi e della terapia, anche se lo stesso medico, conl’obbligo di rispettare gli obiettivi di budget troppo“ragionieristici”, rischia di trasformare i reparti didegenza e gli ambulatori solo in “luoghi di produzione”. Le due professioni allora possono trovare nel paziente enei suoi bisogni il luogo di incontro, il fattore unifican-te. Come? Perfezionando l’organizzazione con sceltecondivise, con riunioni di équipe frequenti perché tutticonoscano le direttive dell’Unità Operativa.Gli infermieri lamentano una scarsa disponibilità dei

professioni sanitarie: quali competenze e quale integrazione

con la professione medicaChiara Marangon, Luigi Dal Sasso

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rapporto ospedale-territorio

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medici a permettere autonomia e responsabilità. Ciòpotrà essere anche vero, ma solo in parte, e limitata-mente all’ambiente ospedaliero.Gli infermieri, che già da qualche decennio lavoranonelle Case di Riposo, nelle RSA, nelle medicine di grup-po della medicina generale, nei centri di salute mentalee delle dipendenze, possono confermare di parteciparemolto più attivamente alle iniziative organizzative eassistenziali per i singoli casi, andando ben oltre la vec-chia modalità burocratica e gerarchica di comando.E ciò perché nel territorio da anni si sperimentano inuo vi strumenti per la presa in carico: le Unità di Va lu -ta zione Multidimensionali (e pluriprofessionali), co -mun que chiamate nelle diverse Regioni, per progettareil “percorso assistenziale individualizzato” lungo la di -rettrice del percorso diagnostico terapeutico assisten-ziale.Ad oggi, sotto la direzione organizzativa del distretto eclinica del medico di medicina generale, il processo èassicurato con i vari attori dell’assistenza (infermiericompresi) gestori del ruolo loro riservato, da gestire conautonomia.Per l’Ospedale è più difficile oggi immaginare uno sce-nario sovrapponibile. Però anche la realtà ospedaliera èin movimento. Negli ospedali nei quali l’organizzazio-ne non è più basata rigidamente sui “reparti” tradizio-nali, ma su “aree omogenee per intensità di cura” (laRegione Emilia Romagna è molto avanti con questomodello) il ruolo degli infermieri è già molto cambiato,assegnando agli operatori l’assistenza in toto deipazienti delle stanze di riferimento e ai coordinatori(caposala) un ruolo di organizzazione e gestione delreparto reale e non fittizio.Cosa pensa il nostro Sindacato su questi argomenti?Quali sono le esperienze professionali – ospedaliere eterritoriali – di integrazione degne di essere menziona-te e proposte ai Colleghi di altre realtà regionali?Abbiamo sentito dire in ambito CIMO che questa“avanzata” degli infermieri sarà difficile da arginareperché sono tanto numerosi rispetto ai medici delladipendenza e soprattutto sono sindacalmente convinti ecompatti.Vorremmo non fossero queste le motivazioni per cui laCIMO accetta di riconsiderare il rapporto della profes-sione medica con quella infermieristica. Anzi, vorrem-mo dire che una tale proposta giunge opportuna e van-taggiosa anche per i medici, pur facendo tutte le osser-vazioni di merito e di sostanza che il nostro sindacatoha sicuramente da avanzare.Precisiamo che siamo assolutamente favorevoli a soste-nere questo nuovo ruolo delle professioni sanitarie (ve -

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di anche l’articolo sul numero della rivista precedente)e vogliamo suggerire al Presidente di tenere presentinelle sedi istituzionali di dibattito i seguenti aspetti.Vediamo un aspetto di debolezza nella numerosità deiprofili delle professioni sanitarie riconosciuti in questianni: 22, se non già cresciuti nel frattempo. Para -dossalmente, mentre tutti chiedono di sfumare il confi-ne di competenze fra le professioni sanitarie e i medici,le singole professioni fra loro sono molto severe neldefinire le proprie competenze per inibirle ad altri.Per fare solo un esempio: un infermiere che opera inNeurologia da anni e che con perizia ed esperienza regi-stra ottimi elettroencefalogrammi, perché deve per for -za di legge essere sostituito dal tecnico di neurofisiopa-tologia per la registrazione di un decesso ai fini dell’e-spianto? Gli esempi possono continuare mettendo aconfronto esperienze e competenze di ostetriche e fisio-terapisti con infermieri, solo per limitare la casistica.Quindi, varrebbe la pena considerare i numerosi profiliora esistenti in gruppi, massimo 5-6, all’interno deiquali immaginare una serie di competenze anche tra-sversali alle varie professioni e abbandonare definitiva-mente l’esclusiva autoreferenzialità di comodo.Sul piano dell’assistenza e dei processi di cura, siamoben favorevoli alla diffusione del lavoro di équipe. Maquando all’interno di un’Unità di Valutazione si condi-vidono i compiti, con pretesa di “rapporto alla pari” frai vari professionisti, saranno pari anche le responsabilitàmedico legali? In caso di non convergenza di opinioni(sempre possibili con pazienti cronici, multiproblemati-ci, terminali...) esiste ancora una gerarchia perché qual-cuno prenda una decisione? Finora quest’onere è tocca-to al medico, che si è anche assunto tutte le responsabi-lità. Le altre professioni sanitarie vogliono assumersianche maggiori responsabilità medico legali?Nei casi cronici e complessi i vari professionisti siincontrano per definire e concordare su quale “spicchiodi salute” insiste ciascuno, secondo le competenzeacquisite. C’è il rischio che si assista ad una “spartizio-ne” degli interventi, più che alla ricerca di una sinergia.C’è il rischio che venga a mancare una regia autorevo-le e riconosciuta. È quindi necessario definire bene ilruolo del “case manager”, le sue competenze e respon-sabilità.Revisione e riattribuzione delle funzioni organizzative.Da tempo è messa in discussione la formula “miglioreclinico = migliore manager”, pur non essendosi maiavviato il processo di distinzione delle carriere dei diri-genti medici in clinica e gestionale.Nella “bozza” del documento Stato - Regioni si pongo-no le basi anche per un’inclusione a pieno titolo delle

professioni sanitarie (al termine dell’articolato percorsouniversitario di base e master) nei sistemi di selezionedei ruoli manageriali.Anche questo è un argomento da definire bene, senzapregiudizi, e potrebbe trovare inizio nella sperimenta-zione degli ospedali per intensità di cura, dove il medi-co si muove su più Unità Organizzative, mentre rimanestabile l’équipe assistenziale che utilizza spazi, stru-menti, strutture. Conseguenza di questa variazione or -ganizzativa dovrebbe/vorrebbe essere l’affidare la re-sponsabilità delle risorse umane e strumentali ad undirigente delle professioni sanitarie. Poiché questa con-figurazione di dirigente delle professioni sanitarie è “dipiù” dell’attuale coordinatore, si definiscano bene iruoli, le competenze e le responsabilità. Non ultimo va chiarito il rapporto con il Direttore diUnità Operativa Complessa e con il Direttore diDipartimento.Va aggiunto, inoltre, che un ruolo simile a quello appe-na descritto è già in vigore in tante “strutture interme-die” residenziali e diurne nella filiera dei nosocomi chesta fra l’Ospedale e il domicilio del paziente. Per questenuove figure dirigenziali, quali saranno le fasce stipen-diali?Concludiamo, senza pretesa di aver considerato tutto,raccogliendo la sfida professionale per un’organizzazio-ne migliore per il prossimo futuro. Come CIMO ab bia-mo sicuramente molte proposte costruttive e valide.Senza timore di indebite intrusioni, ma con la consape-volezza che ci siano ancora molti aspetti sfumati da chia- rire, tutti possibili generatori di conflittualità, se nonsaranno dettagliatamente e consapevolmente chiariti.

Chiara Marangon, Luigi Dal Sasso,

CIMO-ASMD Vicenza

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la parola agli avvocati

Anni fa Alberto Sordi sullo schermo vestiva i panni delDr. Tersilli, medico della mutua sbrigativo, avido e arri-vista che faceva incetta di pazienti. Sorvolando sugliobiettivi della satira dell’epoca, quel che può di sicuroaffermarsi oggi è che quell’esemplare è in via di estin-zione. La medicina generale è in crisi di vocazioni,mentre nel 2021 il pensionamento raggiungerà punte ditremila unità. Non v’è dubbio che il numero chiuso per l’accesso allaFacoltà di medicina e chirurgia, la totale aleatorietà deitest di selezione, lo scoraggiamento per il lungo impe-gnativo percorso di studi a fronte delle scarse prospetti-ve occupazionali, demotivino le giovani matricole cheoptano per altre discipline o, se decidono di fare i medi-ci, espatriano per iscriversi in altri Atenei europei (spe-cie in Inghilterra o Spagna) con scarse probabilità dirientro in Italia.Secondo le previsioni, tra il 2015 e il 2025 avremo25.000 medici di medicina generale in pensione che nonverranno sostituiti per mancanza di laureati e che lasce-ranno senza assistenza più di 11 milioni di italiani. Non si comprende perché i vari Ministri che si sonoalternati e che sempre hanno avuto a cuore l’ottica deirisparmi (che non risponde solo alla logica dei tagli!),non prendano in considerazione che nella (necessaria)riorganizzazione dei servizi sanitari, la medicina di basegioca un ruolo infungibile. Non trascurarla e potenziarla significa decongestionare iPronto-soccorsi che scoppiano, alleviare i reparti ospeda-lieri da ricoveri inutili o almeno evitabili o rinviabili, evi-tare i conseguenti aumenti di spesa, costi della medicinadifensiva per l’incubo del contenzioso, prevenire il dete-rioramento del rapporto medico-paziente per l’eccessivocarico di prestazioni imposte ai medici ospedalieri, sotto-posti a turni massacranti e costretti ad occuparsi anche dicasi trattabili a domicilio o in strutture territoriali ade-guate a patologie meno gravi, croniche, e non acute.Che ne è delle intenzioni che ispirarono la L.833/78,che intendeva concretizzare e attuare lo sviluppo delle

cure sul territorio, la prevenzione, l’assistenza domici-liare, le strutture extra ospedaliere?L’assistenza di base non è adeguata ed a farne le spesesono gli ospedali che restano nel mirino (facili prede!)per i tagli al personale, per il sovraffollamento, per itempi spropositati delle liste d’attesa, per le cattive con-dizioni igieniche o logistiche che causano infezioninosocomiali, ecc. Gli ospedali crollano sotto il peso del sovraffollamentoe per la carenza di personale, ma anche per i costi chenon vengono tenuti sotto controllo. Quasi 10 miliardi dieuro l’anno si dissolvono per sprechi e inefficienze, 11milioni di giornate di degenza evitabili, circa 25% diricoveri inutili, 2 miliardi di euro l’anno buttati perincauti acquisti di apparecchi biomedicali, che vengonopagati il 30% in più del necessario, ingrossando il debi-to a carico delle ASL.L’emorragia dei talenti ha l’aspetto allarmante di unaguerra non dichiarata, strisciante, inesorabile, armata,dei colpi inferti da tagli indiscriminati, dal blocco delturnover, dalla paralisi degli investimenti che corrodedall’interno il SSN.Molti assessori denunciano una vera e propria “emer-genza” per il personale sanitario, pesantemente inferio-re al minimo vitale, con rallentamento delle cure eallungamento delle liste d’attesa, tuttavia nella totaleassenza di programmazione, le autorità competenti con-tinuano ad ignorare la grave carenza di medici che avre-mo tra pochi anni in Italia od ignorare il preoccupantefenomeno di migrazione dei nostri giovani più promet-tenti e volenterosi, che dopo aver investito nella loroformazione, partono: UK, Francia, Belgio, ognuno perrealizzare legittime aspirazioni che qui non hanno pos-sibilità di realizzazione.Secondo le stime dei sindacati, i medici in organicoscenderanno entro il 2025 da 350.000 a 250.000; 22.000mancheranno all’appello già entro il 2018 per carenzadi laureati. C’è da chiedersi come si potrà far fronte allatempestività e qualità delle cure verso i pazienti, specie

L’emorragia dei talenti(emergenze-urgenze ed

integrazione ospedale-territorio)Vania Cirese

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nelle situazioni di particolare gravità delle Regioni sog-gette a piani di rientro.In molti ambiti si cerca di colmare il vuoto con l’entra-ta in scena di nuove figure professionali. Ma il ruolodegli operatori sanitari non medici, il cui profilo profes-sionale si è accresciuto di più ampie competenze e fun-zioni in base ai nuovi percorsi formativi universitari,dovrebbe essere destinato ad integrare sinergicamente illavoro d’équipe con i medici non certo a sostituirli inattribuzioni non delegabili.Facendo un confronto con i dati del decennio passato, ditaglio in taglio i posti letto negli ospedali italiani sonodiminuiti del 30%, circostanza che spiega perché sigiace in barella parcheggiati nei Pronto soccorso. Afronte di una perdita di 120.000 posti letto e un’offertascesa da 300.000 a 180.000 posti letto, non bastano iday hospital, day surgery, day service ambulatoriali, i“setting assistenziali”, a sgravare i reparti, sebbenecomprendano circa il 45% delle chirurgie. Gli ospedali scoppiano, la popolazione sempre più an -ziana vede al 1° posto per occupazione di posti letto gliover 75, ovvero il 13% degli italiani, con un tasso dioccupazione particolarmente alto al Sud, dove con 200ricoveri ogni 1.000 abitanti si supera la media naziona-le di 137. Troppo spesso l’ospedale è l’unica possibilitàdi cura nella rete smagliata dell’assistenza sanitaria.Ogni anno 42.000 calabresi fuggono in altre Regioniper curarsi. Di sanità si parla tanto. Non sempre a proposito. Nonsempre con cognizione di causa (specie in tv), non sem-pre con notizie genuine, non contaminate da esigenzedell’uno o dell’altro schieramento politico. I sondaggici sommergono. I risultati non concordano, ma il pro-dotto non cambia: per la Sanità si fa poco e male.Salvare la sanità pubblica garantendo a tutti un adegua-to e medesimo livello di cura non è impresa facile, maresta doverosa. Occorrono politiche mirate, approccimultidisciplinari e sinergici, investimenti certi, compor-tamenti responsabili.Il problema demografico e quello dell’invecchiamentodella popolazione renderà impossibile per una questio-ne logistica e di costi, curare tutti presso le struttureospedaliere.I nuovi approcci diagnostico-terapeutici hanno permes-so di ridurre la mortalità lì dove qualche decennio fa perle persone colpite non si riusciva a scongiurare l’even-to letale. Oggi riescono a salvarsi, ma spesso diventanodisabili o malati cronici. Questo fenomeno è in costan-te crescita, proprio grazie ai progressi della scienzamedica, che causano però un totale mutamento di pro-blematiche, spesso non più legate ad un’unica patologia

principale, bensì a comorbilità, patologie concatenate afattori di rischio che necessitano di approcci multidisci-plinari. In tali contesti le cure non possono più esaurir-si all’interno dell’ospedale e l’attenzione deve necessa-riamente spostarsi ad una serie di modelli alternativicapaci di “abbracciare” il paziente nella sua globalità.In altre parole il problema dell’integrazione ospedale-ter-ritorio, con particolare riferimento alle emergenze, restaun nodo cruciale per una sanità sicura ed efficiente.La deospedalizzazione e la riorganizzazione del sistemaper coordinare le strutture ospedaliere con i servizi ter-ritoriali polispecialistici e l’assistenza domiciliare sonotemi che chiamano in causa programmazione e concre-te soluzioni non più rinviabili.Il problema delle emergenze è stato per troppo tempoconfinato in un ambito sempre più insidioso. Ci simuove come sulle sabbie mobili: comunque e ovunquesi procede, si affonda. Da un lato c’è il sovraffollamen-to dei pazienti in ospedale, dall’altro la carenza di medi-ci di base; da una parte la chiusura di ospedali e i taglidei posti letto, dall’altra misure alternative come la tele-medicina, l’assistenza domiciliare, il fascicolo sanitarioelettronico che non decollano. Su tutto il sistema incombe l’improrogabile necessità diriorganizzare la medicina territoriale. Da tempo lesocietà scientifiche e le organizzazioni sindacali hannorichiamato l’attenzione sul problema irrisolto dei DEAper l’eccesso di domande di ricoveri a cui si accompa-gna la progressiva riduzione dei posti letto per acuti e dipersonale dedicato.L’obiettivo di contrastare la tendenza tutta italiana ausufruire inappropriatamente dei DEA: per le carenzedi strutture, di servizi affidabili, di disponibilità econo-miche ma anche per un’indotta “cultura” sbagliata delPronto soccorso, postula l’imperativo della riorganizza-zione della medicina territoriale.Il coordinamento tra Ospedale e territorio sui versanti cheinteressano l’integrazione sia nella fase di pre-ricovero(codici bianchi in PS, tempi di attesa per le prestazioniambulatoriali, ecc.), sia in fase di dimissione (farmaceu-tica, assistenza domiciliare, implementazione di DRGper pazienti cronici, ecc.), presuppone trattative e dialo-go all’interno di tavoli tecnici al Ministero, con rappre-sentanti competenti per giungere ad indirizzi condivisi.L’ambito delle cure primarie necessita indubbiamentedi un adeguato sviluppo affinché possa espletare a pienoe con maggiore efficacia il proprio ruolo nell’assistenzasanitaria e sociale rivolta a tutti i pazienti. I medici con-venzionati debbono poter svolgere il loro ruolo attra-verso una partecipazione attiva e responsabile nel siste-ma di gove rno clinico, garantendo qualità ed efficacia

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dell’assistenza sanitaria di base, continuità delle cure eintegrazione con il livello specialistico di riferimento.Il raggiungimento di questi obiettivi mira a rendere lecure primarie un sistema unitario ed integrato nei con-fronti dei bisogni sanitari del cittadino e nell’ambito delSSN, sviluppando il livello organizzativo dei mediciconvenzionati e prevedendo il loro coordinamento pro-fessionale. Non v’è dubbio che a fronte dell’accresciutadomanda di salute sia indispensabile procedere a razio-nalizzare il progressivo trasferimento dei processi dicure dall’ospedale al territorio per la sostenibilità com-plessiva del SSN attraverso lo sviluppo della governan-

ce da una parte e dei livelli organizzativi dall’altra. Occorre rafforzare il ruolo dei medici (MMG, PLS, spe-cialisti ambulatoriali) grazie all’integrazione tra loro econ il setting ospedaliero, affinché concorrano alla defi-nizione e alla realizzazione dei percorsi assistenziali,garantiscano la continuità dell’assistenza superandol’attuale frammentazione di interventi in ambiti diversi.In questo contesto deve essere previsto il superamentodell’attività singola del professionista, sostituendolacon l’inserimento in una effettiva organizzazione fun-zionale e professionale.Per rendere possibile e realizzabile il cambiamentoauspicato appare indispensabile un’adeguata riorganiz-zazione del sistema di emergenza ed urgenza al fine digarantire una continuità tra ospedale e territorio, evi-denziando la necessità del passaggio alla dipendenzadei medici di emergenza sanitaria o comunque l’esigen-za di un’univocità di ruolo giuridico e contrattuale deimedici operanti nei servizi di emergenza. Occorre ridi-segnare il sistema. Non da ultimo occorre riformare la formazione dei pro-fessionisti: definire i percorsi formativi in maniera fun-zionale ai ruoli operativi specifici nell’ambito dell’inte-grazione professionale senza determinare sovrapposizio-ni, concorrenzialità o utilizzo in funzioni improprie.Rimodulare il percorso formativo per facilitare l’inseri-mento nel mondo del lavoro dei giovani medici, comple-tando lo stesso nelle strutture sanitarie ospedaliere e ter-ritoriali, comprese le forme organizzative evolute dellamedicina generale e assistenza domiciliare, ad integra-zione e perfezionamento del percorso universitario.Favorire lo sviluppo dei percorsi assistenziali ospedale-territorio per garantire la formazione continua dei medicianche attraverso processi formativi integrati che preve-dono la partecipazione dei medici dipendenti e dei medi-ci convenzionati. In questo contesto il sistema di emer-genza ed urgenza deve rappresentare il fulcro della sanitàitaliana ovvero la “cerniera” tra ospedale e territorio.Secondo i più recenti studi il modello organizzativo più

rispondente dovrebbe prevedere l’attivazione di diparti-menti di emergenza che comprendono: il 118 (centraleoperativa e Unità Mobile di Soccorso), il ProntoSoccorso (PS), i Punti di Primo Intervento (PPI), la BreveOsservazione (OBI) e la Medicina di Urgenza. Sarebbeauspicabile implementare una Rete di Emergenza secon-do i modelli HUB & Spoke, il Pronto Soccorso dovrebbeincludere una gestione multidisciplinare dei percorsi cli-nici prestabiliti con permanenza dei pazienti, non desti-nati all’OBI, entro un periodo non superiore a 5/6 ore(fasi di stabilizzazione, primo inquadramento diagnosti-co-terapeutico, avvio percorso assistenziale), viceversa lapermanenza in OBI e/o Medicina di Urgenza non dovreb-be superare le 72 ore nell’80% dei casi con livello diintensità di cure di tipo medio-alto.In questo assetto il medico dell’emergenza urgenzapotrebbe farsi carico di seguire il percorso assistenzialedel paziente dalla richiesta di soccorso, alla stabilizza-zione, al primo inquadramento diagnostico, al tratta-mento dell’emergenza, fino al ricovero nella strutturasanitaria più appropriata.La continuità dell’assistenza tra fase preospedaliera efase intraospedaliera del paziente critico consentirebbedi evitare la “demedicalizzazione” del territorio assicu-rando che l’Unità Mobile di Soccorso Avanzato (ALS)preveda nel team sempre la presenza del medico, sareb-be possibile garantire un’univocità di ruolo giuridico econtrattuale dei medici operanti nei servizi di emergen-za e per il governo delle fasi di transizione definire mec-canismi di equiparazione legislativa di ruoli giuridici econtrattuali, promuovere soluzioni organizzative chefavoriscano l’impiego dei medici a rotazione in tutti iservizi del dipartimento.La spesa per la salute non costituisce solo un costo, marappresenta piuttosto un investimento. Le nuove tecno-logie possono rivoluzionare l’assistenza sanitaria e con-tribuire alla futura sostenibilità del sistema.Legge, morale, etica, economia e marketing sono lecomponenti nevralgiche in questione. Ma soprattuttoconta la componente politica. È lei che manovra le leveche alzano o abbassano il livello qualitativo della nostrasanità, sia nel bene che nel male.Di fronte a un divario che imprime solchi profondi traRegioni di uno stesso Paese, separando chi ha cure ade-guate e chi non le ha, chi deve emigrare per guarire e chilascia l’Italia per essere un medico felicemente inseritoin una struttura efficiente, tutti dobbiamo fare la nostraparte. La posta in gioco è alta perché con la Salute, oltrealla vita umana, ci sono in ballo le sorti della nostrastessa democrazia.

Avv. Vania Cirese

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L’essere umano è l’oggetto d’osservazione e azionedella scienza medica. Ma come intenderlo? Le prospet-tive aperte alla scienza fanno ipotizzare una prossima (epossibile) trasformazione dell’essere umano o addirittu-ra un futuro post-umano o trans-umano. Sembra cheoggi la visione dell’uomo sia largamente tributaria diun’immagine biotecnologica.La categoria recente e amplissima di “biologico” nondesigna esseri viventi, né il loro specifico modo di esse-re ma l’ambito della loro sostanza fisica, così come puòessere manipolata e riprodotta in laboratorio.Il campo della riproduzione biotecnologica (procreazio-ne artificiale, ingegneria genetica) diventa la griglia dilettura, il filtro attraverso il quale si guardano gli esseriviventi, compreso l’uomo, oggetto egli stesso di fabbri-cazione. Da un punto di vista scientifico è senz’altrolegittimo studiare i corpi viventi scendendo nelle com-ponenti, laddove si congiungono clinica, fisica, biologiamolecolare. Tuttavia bisognerebbe sempre considerarel’uomo come persona e non ridurre l’essere vivente allesue particelle elementari.L’arretramento dei viventi verso lo status di prodottifabbricati attraverso la biotecnologia, comporta unaconfusione ontologica molto inquietante tra i frutti dellanatura e le opere d’arte. Ogni essere umano generato èil discendente di altri esseri viventi rispetto ai qualivaria leggermente. Come dimostrava Darwin le somi-glianze specifiche non derivano dalla riproduzione diun modello ma sono il risultato di una “discendenza”con le sue “variazioni” fluttuanti, selezionate a secondache siano più o meno “vantaggiose” per gli individui.Sotto questo aspetto può affermarsi che il genere nonnasce dalla riproduzione di un modello a partire da unprototipo ma è il risultato della differenza generaziona-le o meglio ancora della differenza agenerazionale, poi-ché da una generazione all’altra il genere umano si col-loca nel tempo.Nella fabbricazione invece l’essere fabbricato è un arte-fatto, un prodotto tecnico realizzato da ingegneri secon-do un progetto preliminare, con l’ausilio dei materiali.L’individuo realizzato in base ad un modello potrebbeessere riprodotto in più esemplari. Pensando agli effetti

della “riproducibilità tecnica” delle opere d’arte, perestensione analogica, oggi si dovrebbe parlare dellariproducibilità tecnica degli esseri viventi e umani, poi-ché nella generazione naturale non c’è mai stata una“riproduzione” dei viventi, eccettuato il caso dei gemel-lini omozigoti. Solo la biotecnologia consente per clo-nazione di riprodurre artificialmente il patrimonio gene-tico di un individuo: le tecniche di riproduzione, sele-zione degli embrioni e manipolazione genetica, messe adisposizione del medico, superano oggi di gran lungal’ambito delle tecniche mediche. Si estendono all’insieme dei mezzi cosiddetti “antropo-tecnici”: ossia ai procedimenti non medici di trasforma-zione del corpo umano. Si supera quel “biopotere” inte-so come potere politico di “gestire la vita”, un potereche si gestisce dall’alto come controllo dei corpi, attra-verso la medicina e gli imperativi di salute pubblica.Se prima “l’amministrazione della vita” poteva rispon-dere ad un progetto politico di assoggettamento deicorpi, con le biotecnologie, il biopotere ha cambiatonatura, toccando la possibilità di “fabbricare” il viventee non solo di controllarlo. Inoltre è passato di mano.Accanto al potere dello Stato, l’esercizio del biopoterediventa privato, liberale, economico. Si offre e si compra sul mercato bioindustriale, in rispo-sta ad una domanda persino sollecitata dalla pubblicità.Sono i privati a reclamare l’utilizzo delle “tecnichemediche” di trasformazione di sé o trasformazioni arti-ficiali di bambini, requisendo allo scopo anche corpialtrui.L’uso privato di un biopotere richiede in realtà materia-li prelevati da altri, sia nell’ambito della procreazioneassistita, sia in quello del trapianto di organi. Con l’in-gegneria genetica è la formattazione degli embrioni adiventare tecnicamente possibile e a poter essere eserci-tata sulle generazioni future.Il biopotere dunque pone numerosi problemi etici e giu-ridici, del tutto nuovi. Da una parte si pone il problemadell’utilizzo del corpo altrui come risorsa biologica.Talvolta si tratta di donatori volontari, come in Francia,che forniscono i materiali, ma per rispondere alladomanda di un mercato globalizzato si sta sviluppando

oltre il biopotere del medico

Vania Cirese

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I concetti di rappresentanza e rappre-sentatività sono molto usati per quali-ficare natura, caratteristiche e funzionidel sindacato: si tratta tuttavia di con-cetti dinamici, nella loro evoluzionestorica, sia per quanto riguarda la rap-presentanza e la rappresentatività, siaper quel che attiene al sindacato, ed alsuo modo di essere.Il sindacalismo italiano è nato pratica-mente dopo l’Unità d’Italia, alla finedel XIX secolo, in contemporanea conil rapido processo di industrializzazionedel Paese e con lo sviluppo dei primiPartiti politici a larga base operaia,favorito dal nuovo codice penaleZanardelli (1890), che riconobbe lalibertà di coalizione e di sciopero,prima negati e puniti.E così gli abbozzi delle rappresentanzedei lavoratori si sono evolute dalleSocietà di mutuo soccorso, attraversole Società di miglioramento e leSocietà di resistenza, fino alle primeCamere del lavoro (Organismi regio-nali senza distinzioni tra mestieri, checontrollavano il collocamento, forniva-no indicazioni sulla richiesta di mano-dopera, promuovevano la formazioneprofessionale) per arrivare alleFederazioni di mestiere, organizza-te su base professionale, con il compi-to di elaborare e contrattare richiestecomuni all’intera categoria e gestire gliscioperi.Nel ventennio fascista (1925-1944), ladottrina sindacale corporativa haimposto l’esistenza di un solo organi-smo sindacale di diritto pubblico perciascuna parte contrattuale e così lesingole organizzazioni sindacali sonoconfluite in due sole Confederazioni: laConfederazione nazionale delle corpo-razioni fasciste, per i lavoratori, e laConfederazione nazionale dell’Indu -stria italiana, per i datori di lavoro, trale quali le relazioni dovevano peraltroessere improntate alla “collaborazionee cooperazione per l’interesse superio-re dell’economia italiana”.Il sindacato è nato nelle aziende e gliinteressi collettivi dei lavoratori in taliambiti, già dai primi anni del 1900 efino al 1960, sono stati rappresentatidalle Commissioni interne che,

diversamente dal sindacato, eranocostituite elettivamente da tutti i lavo-ratori dell’azienda. Le commissioniinterne, prima investite del solo pote-re della contrattazione collettiva inambito aziendale, hanno poi assuntoanche prerogative di controllo deilicenziamenti, entrando così in conflit-to con le tre maggiori ConfederazioniCGIL, CISL e UIL.Le Commissioni interne sono statesostituite, nei primi anni ’70, dalleSezioni sindacali aziendali, struttu-re rappresentative per lo più unitarie.Rappresentanti di base erano i dele-gati, eletti liberamente, solitamentecome espressione di un certo numerodi lavoratori in ragione della loro collo-cazione nei vari processi produttivi(catene di montaggio, verniciatura,presse, ecc.). A loro volta tutti i dele-gati confluivano nel Consiglio di fab-brica, che poteva eleggere al suointerno il Comitato esecutivo.I Consigli di fabbrica ed i delegati(anche laddove erano nati fuori dal-l’imprimatur sindacale) furono pro-gressivamente sindacalizzati, diven-tando la struttura sindacale di base piùdiffusa nell’industria.L’Assemblea dei lavoratori, invece,ha sempre rappresentato la forma piùlarga di partecipazione dei lavoratori,iscritti o meno al sindacato, per discu-tere ed approvare le linee rivendicati-ve generali (piattaforme) e per ratifi-care gli accordi raggiunti.Questo assetto delle rappresentanzesindacali, nato nell’industria e nell’im-piego privato, ha largamente influen-zato modelli e strutture organizzativeanche dei sindacati rappresentativi delmondo del lavoro dei pubblici dipen-denti.Il vero salto di qualità sul riconosci-mento del sindacato, sulla sua rappre-sentanza e rappresentatività, si èavuto con l’emanazione delle unichevere norme sindacali del nostro ordi-namento:- artt. 39 e 40 della Costituzione;- legge 300/1970 “Statuto dei lavora-tori”, in particolare artt. 14-18 sullelibertà sindacali e artt. 19-27 sull’atti-vità sindacale, che è una vera legge di

promozione dell’attività sindacale;- leggi 146/1990 e 83/2000 di regola-mentazione del diritto di sciopero neiservizi pubblici essenziali;- decreti legislativi 29/1993,396/1997, 80/1998, confluiti nel165/2001, e 150/2009, riforma dellavoro alle dipendenze delle pubblicheamministrazioni, cosiddetta “contrat-tualizzazione-privatizzazione” del rap-porto di lavoro (pur con numerosecontraddizioni e retromarce), decretiche complessivamente contengonofino ad oggi l’unica disciplina di leggedella rappresentanza-rappresentati-vità sindacale, anche se limitatamenteal settore pubblico.Anche le Regioni hanno potestà legi-slativa in materia sindacale, potestàconcorrente con lo Stato in materia di“tutela e sicurezza del lavoro”, potestàesclusiva in materia di “disciplina delmercato del lavoro”.Tuttavia l’art. 39 della Costituzione,che consta di 4 commi, non è statocompiutamente sviluppato attraversola normativa di attuazione. Infatti soloil 1° comma “L’organizzazione sinda-cale è libera” è norma precettiva,quindi immediatamente e direttamen-te applicabile.Le norme contenute nei successivi trecommi, invece, hanno natura pro-grammatica e quindi necessitano dinorme legislative di attuazione.Questo è il loro contenuto:- 2° comma: le organizzazioni sinda-cali sono soggette esclusivamente“all’obbligo della registrazione”;- 3° comma: per ottenere la registra-zione è necessario che gli Statuti deiSindacati prevedano “un ordinamentointerno a base democratica”;- 4° comma: a seguito della registra-zione, il sindacato acquista “persona-lità giuridica e la capacità di stipularecontratti collettivi validi per tutti gliappartenenti alla categoria cui il con-tratto si riferisce”. La stipulazione deicontratti con efficacia “erga omnes” èriconosciuta ad una rappresentanzaunitaria, costituita da tutti i sindacatiin proporzione al numero di iscritti(criterio proporzionale).L’inattuazione dei commi da 2 a 4 del-

Storia della rappresentanza e della rappresentatività nella P.A.

a cura di Carlo Sizia

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l’art. 39 della Costituzione sono dipesi,secondo la dottrina (e modestamenteanche secondo il mio parere):- dal timore delle organizzazioni sinda-cali di essere sottoposte a controllipenetranti da parte dei pubblici poteri;- dal timore di rafforzare il potere con-trattuale del sindacato maggioritario,a discapito di quello minoritario;- dall’estensione in concreto del con-tratto collettivo di diritto comuneanche ai soggetti che non siano statiparte della sua stipulazione;- dalla volontà delle Confederazioni dimantenere rendite di posizione egemo-nica, storicamente attribuita a CGIL,CISL e UIL, a dispetto del calo dellaloro rappresentatività effettiva, e comedeterrente al riconoscimento di nuovisoggetti sindacali rappresentativi.Proprio la carenza della legislazionestatale in materia di organizzazione edi azione sindacale ha determinato lacreazione, ad opera della dottrina edella giurisprudenza, di indirizzi inter-pretativi, e addirittura di criteri attua-tivi e costitutivi.Oltre al nutrito novero delle Sentenzedella Corte costituzionale in materia disciopero, anche la giurisprudenza ordi-naria è stata, ed è, spesso chiamata apronunciarsi su questioni attinenti levicende sindacali.Gli indirizzi applicativi più significativi,specie dopo l’introduzione dello Sta -tuto dei lavoratori, sono stati: quellirelativi all’inderogabilità del contrattocollettivo di lavoro di diritto comunetramite il meccanismo dell’art. 2077c.c.; quelli diretti ad estendere l’effica-cia dei contratti collettivi di dirittocomune ai soggetti non iscritti alleOO.SS. stipulanti, attraverso un’inter-pretazione combinata dell’art.36 dellaCostituzione e dell’art. 2099 c.c.;quelli sui diritti e libertà sindacali inazienda, nonché sulla reintegrazionenel posto di lavoro (art. 18 Statutolavoratori) e sulla repressione dellacondotta antisindacale (art. 28 Statutolavoratori).La Costituzione, pur sancendo lalibertà di organizzazione sindacale,nulla dice in merito al significato di taleespressione, né vi provvede il legisla-tore. La dottrina ha cercato di supplirea tali carenze attraverso l’individuazio-ne di alcuni criteri interpretativi: crite-

rio teleologico (per giudicare la “sinda-calità” di un’organizzazione occorreve rificare se essa persegua il fine digarantire e proteggere un interessecollettivo connesso all’attività lavorati-va); criterio strumentale (oltre al fine,rileva anche il tipo di attività svolta, lemodalità di svolgimento, gli strumentiadoperati, ad esempio lo sciopero),criterio soggettivo (per parlare di eser-cizio dell’attività sindacale, bisogna

che ci sia un’investitura diretta, nonmediata, da parte dei lavoratori inquanto tali); criterio strutturale (laqualificazione di “sindacale” deve es-sere attribuita ad un’organizzazione ocoalizione di soggetti).Il sindacato, nell’ordinamento attua-le, è un’associazione di fatto priva diper sonalità giuridica. Nonostante ciòè evidente che i sindacati svolganocompiti che investono le funzioni pub-bliche e, in genere, la sfera del dirittopubblico.Infatti il sindacato, soprattutto quellopiù rappresentativo, svolge non solol’ordinaria attività negoziale, ma ancheattività politico-istituzionale.Oltre alla possibilità di integrare, oderogare, alla disciplina legislativa dideterminati istituti, è significativa lapartecipazione di rappresentanti sin-dacali nel CNEL (art. 99 della Co -stituzione), essendo il Consiglio Na -zionale dell’Economia e del Lavoro unOrgano ausiliario dello Stato, con fun-zioni di consulenza nei confronti delleCamere e del Governo e con possibilitàdi iniziativa legislativa e di apporto allaelaborazione della legislazione econo-mica e sociale, nonché in altri Or -ganismi pubblici (ad esempio, la Com -missione di conciliazione delle contro-versie di lavoro presso le Direzioniprovinciali del lavoro, ex. art. 410c.p.c.) e la concertazione con il Go -verno per la definizione degli indirizzidi politica economica, ecc.Da qui la necessità di rinvenire unostrumento tecnico-giuridico che sele-zionasse i sindacati chiamati a parteci-pare in veste e con conferimento uffi-ciale a tali funzioni, strumento che èstato individuato nella rappresentati-vità.Il vecchio concetto di rappresentanzasindacale, intesa come attitudine asvolgere attività di tutela del lavorato-re e di rappresentanza volontaria sumandato dell’iscritto, è entrato in crisi.Infatti se si costruisce il rapporto trasindacato e lavoratore come un man-dato con rappresentanza, potere que-st’ultimo che il secondo attribuisce alprimo, non si considera che l’interesseindividuale di cui è portatore il lavora-tore (mandante e rappresentato), puònon coincidere con l’interesse colletti-vo di cui è portatore il sindacato (man-datario e rappresentante). Ebbene,l’interesse collettivo (secondo GinoGiugni, che ha studiato a lungo questeproblematiche) è il risultato della com-posizione dei diversi interessi deimembri del gruppo; quest’ultimo, poi,non è dato dalla somma dell’interessedei singoli, ma ha una sua autonomia.Per tale ragione il rapporto fra lavora-tore e sindacato non va inteso in ter-mini statici di rappresentanza, bensì

dinamici di rappresentività intesacome la capacità dell’organizzazione diunificare i comportamenti dei lavora-tori in modo che gli stessi operino nonciascuno secondo scelte proprie, maappunto, come gruppo.Oggi la dottrina collega strettamenteal concetto di rappresentanza l’attribu-zione e l’esercizio dei poteri contrat-tuali (Mattia Persiani).Il concetto di rappresentatività ha tro-vato un’applicazione concreta neirichiami frequenti del legislatore aisindacati maggiormente rappresenta-tivi, soprattutto nell’intento di intro-durre un criterio selettivo dei soggetticollettivi cui attribuire le prerogativepreviste dalla legislazione di sostegnodella attività sindacale (L. 300/1970) ea cui riconoscere l’importante ruolo diintegrare o derogare, mediante la con-trattazione collettiva, alle disposizionidi legge.I criteri individuati dalla dottrina edalla giurisprudenza per qualificarecome maggiormente rappresentativoun sindacato sono:- la presenza del sindacato in un

ampio arco di categorie (pluricate-gorialità);

- la presenza diffusa sul territorio na -zionale;

- l’effettivo svolgimento dell’attivitàsindacale;

- la capacità di interloquire con i pub-blici poteri.

Poiché il solo riferimento numerico ecomparativo tenderebbe a favorire leassociazioni dotate di maggioreespansione e forza, a discapito dialtre, è maggiormente rappresentativaquell’organizzazione dotata della con-sistenza e delle caratteristiche deli-neate dalla giurisprudenza e dalla dot-trina prevalente.Tra le varie nozioni di “maggiore rappre-sentatività”, la più importante è quel ladell’art. 19 dello Statuto dei la voratori inmateria di “Costituzione delle rappre-sentanze sindacali aziendali”, che rico-nosceva (fino all’11/06/1995) il dirittodi istituire in azienda rappresentanzesindacali solo nell’ambito: “a) delleassociazioni aderenti alle confedera-zioni maggiormente rappresentativesul piano nazionale; b) delle associa-zioni sindacali, non affiliate alle pre-dette confederazioni, che siano firma-tarie di contratti collettivi nazionali oprovinciali di lavoro applicati nell’unitàproduttiva”.L’esito referendario del 1995 ha abro-gato la lettera a) e le parole “naziona-le o provinciale” della lettera b), con ilrisultato che oggi “Le rappresentanzesindacali aziendali possono essere co -stituite ad iniziativa dei lavoratori inogni unità produttiva nell’ambito delleassociazioni sindacali che siano firma-

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tarie di contratti collettivi di lavoroapplicati nell’unità produttiva”.Viene così abbassata a livello azienda-le la soglia di verifica della rappresen-tatività sindacale ed eliminato il requi-sito dell’affiliazione alle Confederazionisindacali maggiormente rappresenta-tive, o presunte tali, per la costituzio-ne delle RSA.Non è tuttavia sufficiente la mera ade-sione formale ad un contratto negozia-to da altri sindacati, ma occorre unapartecipazione attiva alla formazionedel contratto.C’è però da dire che i contratti nazio-nali di categoria vincolano, ai fini dellagestione aziendale dei contratti nazio-nali, nonché della partecipazione allacontrattazione aziendale integrativa,alla preventiva sottoscrizione del con-tratto nazionale di categoria.Cosicché, se si vuole gestire il contrat-to in sede periferica e sottoscrivere icontratti integrativi, bisogna ancheaderire, volenti o nolenti, al contrattonazionale.Nonostante l’esito dei quesiti referen-dari, che certo ha riguardato il concet-to di “maggior rappresentatività”, essocontinua ad avere la sua rilevanza inforza del nuovo dettato della normache fa riferimento “alle associazionisindacali che siano firmatarie dei con-tratti di lavoro applicabili nell’unitàproduttiva”.Pertanto “l’effettività dell’azione sinda-cale – desumibile dalla partecipazionealla formazione della normativa con-trattuale collettiva – diviene indice dipresunzione della maggiore rappresen-tatività” (Cassazione, n. 12584/2002).Dalla seconda metà degli anni ’90 illegislatore, per l’esigenza di privilegia-re, nel complesso delle sigle sindacali,quelle effettivamente rappresentative,ha usato la nozione di “sindacato com-parativamente più rappresentativo”. Sitratta di quei sindacati che, dopo unprocedimento di comparazione, risulti-no dotati di maggior rappresentatività,cioè quelli più forti degli altri.Bisognava infatti contrastare l’insor-genza del fenomeno dei cosiddetti“contratti pirata”, ossia di contrattazio-ni al ribasso sottoscritte da associazio-ni sindacali meno rappresentative.Su queste normative si è innestata ladisciplina delle “rappresentanze sinda-cali unitarie” (RSU), previste dalProtocollo 23/07/1993, accordo trila-terale sottoscritto da CGIL, CISL e UIL,oltre che da Governo e Confindustria.In base a tale accordo, le OO.SS. fir-matarie dello stesso, o quelle che suc-cessivamente vi aderiscono, acquista-no il diritto di formare RSU, chesubentrano alle RSA “nella titolaritàdei diritti, dei permessi e libertà sinda-cali” del Titolo III dello Statuto dei

lavoratori, nonché “nella titolarità enell’esercizio delle funzioni attribuitedalla legge”.Se l’esito dei quesiti referendari avevaspezzato l’egemonia dei sindacati con-federali, le RSU tentano di ripristinarlae rafforzarla.Infatti le RSU possono essere costitui-te ad iniziativa:- delle associazioni sindacali firmatariedel Protocollo del Luglio 1993 (CGIL,CISL e UIL);- delle associazioni firmatarie del con-tratto collettivo nazionale di lavoroapplicato nell’unità produttiva;- di tutte le associazioni sindacali, for-malmente costituite ed aderenti alcontenuto dell’accordo, che riescano afar sottoscrivere la lista presentata dal5% dei lavoratori aventi diritto al voto.La RSU dura in carica tre anni e le ele-zioni sono valide se alle stesse abbiapreso parte più della metà dei lavora-tori aventi diritto al voto. Possonovotare tutti i lavoratori (elettorato atti-vo) e possono candidarsi tutti i lavora-tori ed essere votati (elettorato passi-vo), purché in forza nell’unità produt-tiva, nell’ambito di liste presentate daisindacati legittimati.Dopo la votazione la RSU viene costi-tuita:a) per i 2/3 dei suoi componenti, dailavoratori nell’ambito di tutte le listepresentate (criterio proporzionale inrelazione ai voti conseguiti dalle singo-le liste);b) per il restante 1/3, dai lavoratoriappartenenti alle liste presentate delleassociazioni sindacali firmatarie delcontratto collettivo applicato nell’unitàproduttiva in proporzione ai voti otte-nuti (clausola di salvaguardia o riservadi 1/3).Si procede poi alla copertura dei postispettanti alle varie liste mediante ele-zione o designazione.La composizione numerica minimadelle RSU varia in rapporto al numerodei dipendenti: - 3 componenti fino a 200 dipendenti;- ulteriori 3 ogni trecento (o sua fra-zione) da 200 a 3000 dipendenti;- ulteriori 3 ogni 500 (o sua frazione)oltre i 3.000 dipendenti.Le RSU sono state aspramente com-battute dalla CIMO-ASMD perché rap-presentano la morte del pluralismosindacale a livello di azienda, nonchédel criterio associativo su cui devebasarsi l’organizzazione sindacale rap-presentativa, principi entrambi di rilie-vo costituzionale, essendo esplicita-mente richiamati dall’art. 39.L’estensione dello Statuto dei lavora-tori anche ai dipendenti delle pubbli-che amministrazioni (già previstodall’art. 37 dello Statuto) si è concre-tizzata con il D.Lgs. 29/93. In partico-

lare l’art. 51 del D.Lgs. 165/2001dispone che “lo Statuto dei lavoratorisi applica alle pubbliche amministra-zioni a prescindere dal numero deidipendenti”.Peraltro l’art. 46-bis del d.l. 112/2008,convertito in legge 133/2008, ha ope-rato la revisione dei distacchi, delleaspettative e dei permessi sindacali.In attuazione della citata disposizioneil decreto 23 febbraio 2009 delMinistro per la pubblica amministrazio-ne e innovazione ha ridotto del 15%sia i distacchi sindacali che i permessiretribuiti.Nel pubblico impiego (cioè per il per-sonale dipendente delle pubblicheamministrazioni) ai fini dell’ammissio-ne alle trattative negoziali per la stipu-lazione e/o il rinnovo dei contratti col-lettivi, opera il seguente meccanismoselettivo (art. 43 D.Lgs. 165/2001):- le organizzazioni sindacali devonoavere nel Comparto (o nell’area diri-genziale) considerati una rappresenta-tività non inferiore al 5%, consideran-do la media tra il dato associativo equello elettorale;- il dato elettorale è calcolato in riferi-mento ai risultati conseguiti da ciascu-na associazione sindacale alle elezioniper le rappresentanze unitarie del per-sonale (numero di voti ottenuti sultotale dei voti espressi alle elezioni); ildato associativo è calcolato rilevando ilnumero di lavoratori iscritti ad ogniassociazione (deleghe per il pagamen-to dei contributi sindacali in favore del-l’associazione sul totale delle delegherilasciate da tutti i lavoratori delComparto, o dell’area dirigenziale);- alla contrattazione collettiva nazio-nale di Comparto (o area) possonopartecipare anche le Confederazionisindacali, purché ad esse risultino affi-liate organizzazioni sindacali giàammesse a negoziare in quanto inpossesso dei requisiti di rappresentati-vità suddetti.La rilevazione dei dati, associativi edelettorali, necessari ai fini dell’accerta-mento dei requisiti di rappresentati-vità, è effettuata da un appositoComitato paritetico istituito pressol’ARAN, con il compito di verificare idati relativi alle deleghe ed ai voti e dirisolvere eventuali controversie.Tale Comitato ha, inoltre, il potere diescludere, ai fini della misurazione deldato associativo, le deleghe a favoredelle OO.SS. che richiedano ai lavora-tori un contributo inferiore di più dellametà rispetto alle altre organizzazionidi Comparto, od area.La norma tende chiaramente ad evita-re che tra le organizzazioni vi sia unasorta di concorrenza sleale volta aguadagnarsi una percentuale di rap-presentatività superiore alle altre.

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Esistono dei vincoli di rappresentati-vità anche per considerare validamen-te raggiunta l’ipotesi di accordo:l’ARAN sottoscrive i contratti con leorganizzazioni sindacali che rappre-sentino nel loro complesso almeno il51% come media tra dato associativoe dato elettorale, o almeno il 60% deldato elettorale nel medesimo ambito.È evidente tuttavia che la rappresen-tatività delle OO.SS. di categoria,quantomeno la rappresentativitànumerica, vari sulla base del numerodei Comparti di contrattazione colletti-va, e delle relative aree dirigenziali,nonché dell’addensamento del relativopersonale.In tal senso l’art. 40, c. 2, del D.Lgs.165/2001, come modificato dal D.Lgs.150/2009, prevede che, sulla base diaccordi tra l’ARAN e le Confederazionirappresentative, “sono definiti fino adun massimo di quattro Comparti dicontrattazione collettiva nazionale, cuicorrispondono non più di quattro sepa-rate aree della dirigenza. Un’appositasezione contrattuale di un’area diri-genziale riguarda la dirigenza del ruolosanitario del Servizio sanitario nazio-nale, per gli effetti di cui all’articolo 15del decreto legislativo 30 dicembre1992, n. 502, e successive modifica-zioni. Nell’ambito dei Comparti di con-trattazione possono essere costituiteapposite sezioni contrattuali per speci-fiche professionalità.”I 4 Comparti oggi ipotizzati sonoMinisteri, Scuola, Regioni e S.S.N., Entilocali. Ad oggi non è garantita la distin-zione, nell’ambito del ruolo sanitario,tra le Sezioni contrattuali dell’area diri-genziale medica e veterinaria e dell’a-rea della dirigenza dei ruoli sanitario,professionale, tecnico ed amministrati-vo. Per quanto riguarda l’individuazio-ne dei rappresentanti sindacali dei

lavoratori ai fini della contrattazioneintegrativa, il comma 5 dell’art. 43 delD.Lgs. 165/2001, come modificato dalD.Lgs. 150/2009, demanda ai contrat-ti collettivi nazionali la funzione di defi-nire i soggetti e le procedure, fermorestando quanto previsto dall’art. 42,c. 7, per gli organismi di rappresen-tanza unitaria del personale.E per fortuna che i sindacati medici (equelli della dirigenza in genere) hannofinora fatto blocco perché non venisse-ro attivate le RSU nell’ambito dellecategorie dirigenziali, perché altrimen-ti le specificità della nostra area diri-genziale sarebbero state annegate nelmare magnum delle logiche ed inte-ressi appiattenti del Comparto di rife-rimento.Ci si è posto, da parte di qualche stu-dioso, il problema se anche per procla-mare gli scioperi occorra una soglia dirappresentatività del sindacato. Se -condo la maggior parte degli Autori (inparticolare Tiziano Treu) non si puòsostenere che per proclamare unosciopero bisogna essere rappresentati-vi e, se non si è rappresentativi, non sipuò scioperare. Infatti lo sciopero è undiritto individuale, almeno in Italia.Terminata questa carrellata sulla rap-presentanza-rappresentatività sinda-cale, osservo questa singolarità: dopotutte queste imponenti regolamenta-zioni sui sindacati, sulla loro credibilitàed effettività del loro ruolo ed azione,la legge 122/2010, e poi la legge111/2011, entrambe opera di Tre -monti, bloccano di fatto per 5 anni (fi -no al 31/12/2014) le retribuzioni deipubblici dipendenti, medici compresi,e ciò significa azzerare il contratto e lacontrattazione per 5 anni (2010-2014).E allora mi viene in mente questametafora “calcistica”: abbiamo dei gio-

catori (medici e loro sindacati) abilitati,tesserati, qualificati ed allenati, sotto-posti a verifiche periodiche idoneizzan-ti, con tanto di disciplina ed autodisci-plina anche ai fini di un uso moderatodi quella fondamentale forma di auto-tutela che è lo sciopero, ma ci viene poinegato il campo di gioco (il contratto) el’arena della negoziazione.C’è di più: l’ex Ministro Brunetta si èaffannato a prometterci carote (nonsolo bastone) attraverso l’attivazionein sede aziendale, mediante contrattiintegrativi, di nuove modalità di valu-tazione delle performance (individualie collettive), a cui far seguire “premi almerito” in base ai goal fatti. Brunettail campo di gioco ce l’avrebbe anchedato, ma senza reti e palloni perché ilpremio sarebbe stato legato ai goal,cioè alle risorse, inesistenti.Io avverto in tutto ciò un rischio mor-tale: andando avanti di questo passo,non solo si distruggono la figura delmedico, i sindacati medici, il S.S.N., lasalute dei cittadini, ma anche tutto ilpubblico impiego e, con esso, il cetomedio del nostro Paese.

Carlo Sizia

BibliografiaARAN Newsletter n. 3/2003, Insertomaggio-giugno 2003 relativo alSeminario su “Rappresentanza e rap-presentatività nel mondo del lavoro”,tenutosi il 13/02/2003 in Roma, pres-so la Facoltà di Scienze Politichedell’Università di Roma La Sapienza (inoccasione della premiazione dei vinci-tori del concorso bandito dall’ARAN inmemoria del prof. Massimo D’Antona).Compendio di Diritto Sindacale, a curadi F. del Giudice e. F. Mariani, XVIEdizione, Gruppo Editoriale Esselibri –Simone, 2011.

Il mondo sindacale vive una stagio-ne piuttosto grigia per effetto deiprofondi cambiamenti che hannointeressato lo stato sociale ed ilmondo del lavoro. Oggi la globaliz-zazione, la finanza e l’evoluzionetecnologica richiedono forme dilavoro altamente qualificate conmodelli contrattuali estremamentediversificati, per cui il lavoratorenon è più quello della “catena dimontaggio” o il dipendente dellapubblica amministrazione “intocca-bile” ed “inamovibile”.Questa condizione interessa tutta laclasse dirigente italiana, sia pubbli-

ca che privata e, di conseguenza,anche il mondo sindacale che larappresenta attraverso le proprieConfederazioni. Ma per poter comprendere cosasuc cede nel mondo sindacale dioggi e quali sono i possibili scenarifuturi, è necessario tornare indietrodi circa 30 anni, epoca nella qualela metà dei lavoratori italiani (il46,6%) risultava iscritto ad unSindacato. Da allora si è assistito adun progressivo ed inesorabile calo,tanto che nel 2006 il tasso di sinda-calizzazione italiana era sceso al31,6%.

Molto interessante appare il conte-sto europeo, anche esso caratteriz-zato dal raggiungimento di un piccomassimo alla fine degli anni ’70, macon successiva riduzione del nume-ro di iscritti, fatta eccezione che peri Paesi scandinavi, dove si è regi-strata una controtendenza al trendin discesa. Ad esempio in Svezia il tasso di sin-dacalizzazione è pari al 70% deilavoratori attivi, ovvero 2,4 milionidi iscritti su 4,0 milioni di lavoratorioltre, poi, a 800 mila iscritti tradisoccupati e pensionati. Nel Belgiodal 1999 al 2007 il tasso di sinda-

I sindacati in Italia ed in Europa(passato, presente, possibili prospettive)

a cura di Guido Quici

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calizzazione è passato dal 52% al57% e la ripartizione tra i lavorato-ri iscritti è la seguente: 59% nellaP.A., il 44% nel Privato ed il 95% tragli Operai. In Gran Bretagna iltasso è sceso al 28% dei lavoratoriattivi, ovvero a 7 milioni nel 1997rispetto ai 13 milioni del 1979. InGermania gli iscritti ai Sindacatisono il 21,2% della popolazioneattiva, ovvero 7 milioni su 33 milio-ni occupati, cui si aggiungono 2milioni di iscritti tra pensionati edisoccupati. In Francia il tasso disindacalizzazione è particolarmentebasso e si aggira sull’8%. Per l’Italia i dati sono molto etero-genei e poco affidabili. Un reportelaborato dalla “triplice”, mostra untrend in discesa del tasso di sinda-calizzazione totale, inteso qualerapporto tra iscritti dipendenti edipendenti totali, che passa dal38,8% (1986) al 31,6% (2006);ma, soprattutto, emerge un nettoincremento del tasso di sindacaliz-zazione dei pensionati (iscritti pen-sionati/popolazione over 64 aa) chepassa dal 37,2% (1986) al 49,3%(2006).Per quanto riguarda i sindacatiautonomi un vecchio studio pubbli-cato da Di Nicola nel 1991 ritenevache circa il 20% dei lavoratori eraiscritto a sindacati extra-confedera-li, di cui il 33% nel pubblico impie-go ed il 25% nel privato.

I modelli contrattuali nei paesi UENei Paesi della UE il mercato dellavoro ha spinto verso un decentra-mento dei contratti di lavoro sia neiPaesi tradizionalmente caratterizza-ti da una contrattazione intersetto-riale e/o di categoria, sia nei Paesiorientati verso una contrattazionedi impresa. In entrambi i casi, tra letematiche oggetto di accordi decen-trati, rientrano anche l’orario dilavoro ed i salari. In particolare ilmodello anglosassone è totalmentedecentrato a livello aziendale oesclusivamente a livello di posto dilavoro, cui si rifanno anche i nuoviPaesi membri più piccoli, che predi-ligono la contrattazione aziendale(Cipro, Lituania, Lettonia, Estonia)ed, in parte, i nuovi Paesi membripiù grandi (Bulgaria, Polonia,Ungheria, Romania) anche essidecisamente orientati al decentra-mento contrattuale. Da evidenziareche il grado di copertura della con-trattazione collettiva nei nuovi 10Paesi UE, è del 35%.Discorso diverso per i 15 vecchiPaesi della UE, il cui grado di coper-tura è dell’80%, dove il modellocontrattuale è orientato prevalente-

mente sulla contrattazione interset-toriale o di categoria (si aggiungesolo la Slovenia con centralizzazio-ne e copertura del 100%). Adesempio Svezia e Danimarca con-servano un modello di contrattazio-ne intersettoriale.In Belgio l’accordo intersettorialecentralizzato regola elementi nor-mativi quali la formazione, glistraordinari ed i prepensionamenti,l’invecchiamento attivo, le riduzionifiscali, ecc. Viceversa i contrattinazionali di categoria riguardano imeccanismi di indicizzazione deisalari e sussidi di prepensionamen-to per i lavoratori più anziani.In Spagna la contrattazione inter-settoriale è stata realizzata conlinee guida sulla moderazione sala-riale anche se si registrano segnalidi decentramento con contratti disettore/provinciali il cui grado dicopertura raggiunge il 55% deilavoratori.In Finlandia, nel 2006, è stato rag-giunto un accordo nazionale di poli-tica dei redditi con promozione dellabanca delle ore di lavoro; in Grecia,invece, tra i temi oggetto di accordinazionali vi sono: il telelavoro, lapromozione del lavoro femminile, laformazione professionale. Infine Austria, Francia, Germania,Italia, Olanda, Portogallo, Sloveniaconservano un modello di contratta-zione di categoria.In Austria prevale il contratto dicategoria ma la tendenza è verso ilcontratto di settore o sub settore oarea. La percentuale di copertura èdel 99%.In Germania, dal 2006, si riscontrauna certa tendenza al decentra-mento attraverso accordi collettividi associazioni; viceversa gli accor-di di categoria interessano il settorepubblico, del credito, della siderur-gia e della distribuzione al dettaglio.

Un primo elemento di riflessioneDal confronto dei dati tra i PaesiEuropei emerge che l’incrementodel tasso di sindacalizzazione nelPaesi scandinavi trova, tra le moti-vazioni più valide, il fatto che ilSindacato è maggiormente coinvol-to nella gestione dei sussidi di disoc-cupazione (“modello di Gand”). Inparticolare, se nei Paesi Scandinavila ripartizione degli investimenti nelsistema di protezione sociale finaliz-zati alla disoccupazione varia tra il7,2% e l’8,5%, in Europa la stessapercentuale scende al 5,1% ed inItalia è solo dell’1,8%. Sembrerebbe, quindi, che il coinvol-gimento dei sindacati nella gestionedei sussidi di disoccupazione abbia

attenuato gli effetti negativi eserci-tati sul tasso di sindacalizzazione daparte del crescente numero di per-sone in cerca di lavoro.Diverso è, invece, il modello italia-no, maggiormente incentrato sulladifesa del posto di lavoro, ovvero suquello che l’OCSE definisce “ecces-so di copertura” della contrattazio-ne collettiva. In realtà le cause sonoda attribuire, da un lato, agli scarsiinvestimenti in tema di ammortiz-zatori sociali e, dall’altro lato, alledifficoltà di ricollocare coloro cheperdono il posto del lavoro. Il risultato è che anche in Italia siregistra una riduzione del numerodi lavoratori iscritti al sindacato. Mail fenomeno potrebbe essere legatoalla diversa tipologia di lavoro e aidiversi livelli di contrattazione. Tra il1996 ed il 2006, sempre secondoalcuni dati della “Triplice” i lavorato-ri del privato iscritti ai sindacatisono scesi del 20,6% (da 4,33 mil.a 3,44 mil.), mentre quelli pubblicisono saliti del 4,44% (da 1,39 mil.a 1,46 mil.); saldo negativo di n.823.000 lavoratori per gli iscritti aisindacati della “Triplice”. Appare, tuttavia, interessantequanto emerge nel pubblico impie-go dal confronto tra numero di di -pendenti pubblici, rilevati dal ContoAnnuale 2008, ed il numero di dele-ghe espresse e rilevate in ARAN nelbiennio 2008-2009. Si osserva untasso di sindacalizzazione, nellaPubblica Amministrazione, del40,46% con punte fino al 54,96%(sanità) e 48,07% (scuola).Il fenomeno evidenzia come, finoad oggi, l’influenza del sindacatonella determinazione del salario edei livelli di “protezione” dei dipen-denti, soprattutto pubblici, abbiafrenato ma non arrestato un trendin discesa del tasso di sindacalizza-zione in Italia.

Un secondo elemento di rifles-sioneIl mercato del lavoro sta cambiandoprofondamente e l’attuale contestorischia di accentuare il calo del nu -mero di iscritti al sindacato. Ci tro-viamo, infatti, in presenza di unaumento del tasso di disoccupazio-ne, di una riduzione del numero didipendenti della P.A. e di profondicambiamenti nella struttura dell’oc-cupazione, caratterizzata dall’au-mento dei contratti di lavoro tempo-raneo (vedi co.co.co. e co.co.pro.),dalla maggiore femminilizzazionedel mercato del lavoro (le donnesono meno interessate al mondosindacale), dall’evoluzione tecnolo-gica e dal maggior grado di istruzio-

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ne del lavoratore, che crede di poterrisolvere autonomamente i propriproblemi.Il cambiamento tecnologico in attoindubbiamente premia il lavoroqualificato e questo ha portato, inmolti Paesi occidentali, a crescentidifferenziali salariali a favore deilavoratori con livelli di istruzione piùelevati ma, al tempo stesso, ad unaumento della disoccupazione fralavoratori non qualificati. Nuove op -portunità di carriera, maggioriresponsabilità e competenze poli-funzionali e maggiore flessibilità deicontratti hanno spinto il lavoratorea proporsi, a dettare modalità eforme con cui prestare le propriecompetenze, anziché essere l’im-presa a imporre le sue condizioni allavoratore.Nel passato i sindacati sono riuscitia conciliare gli interessi dei lavora-tori più qualificati con quelli deilavoratori con basse qualifiche onon-qualificati. Oggi la ricerca diquesta compatibilità è più difficileperché è aumentata la divaricazionein termini di produttività e di poterecontrattuale fra le due tipologie dilavoratori. Il Sindacato si trova,quindi, a difendere “il posto di lavo-ro” dei lavoratori meno qualificati,ma deve rinunciare a salari più alti.Da qui la de-sindacalizzazione dellaforza lavoro (vedi Gran Bretagna)legata al fatto che tutti sono delusi:i lavoratori qualificati che devonorinunciare ad un salario più alto persostenere la protezione sindacaleed i lavoratori meno qualificati che,viceversa, ritengono la protezionestessa sempre meno “efficace”. È necessario, pertanto, renderepossibile la tutela del lavoro nonqualificato, senza perdere di vista lamanodopera con produttività piùelevata e questo può avvenire se leimprese investono nella formazioneprofessionale dei propri dipendenti.Proprio l’esperienza dei Paesi nordi-ci suggerisce che la fornitura diret-ta di servizi ai disoccupati è unadelle principali ragioni del manteni-mento di alti tassi di sindacalizza-zione. L’azione sindacale consistenella sua capacità di assistere i pro-pri iscritti a reintegrarsi nel mondodel lavoro con evidenti ripercussionipositive sulla collettività e sull’inte-ro sistema produttivo.

Un terzo elemento di riflessioneQuale livello di contrattazione èsostenibile in un contesto socialeche vede un mercato del lavoroprofondamente modificato? Si parte da un vecchio principio: piùampia è l’adesione al sindacato, più

solide sono le rivendicazioni salaria-li, più forte è la partecipazione alleiniziative promosse dal sindacato,più credibile è la minaccia nei con-fronti dei datori di lavoro di poterloro infliggere un danno in caso dimancato accordo. Di norma l’aumento del tasso di sin-dacalizzazione è legato ad una fortecontrattazione centrale; tuttaviaoggi la politica monetaria europeadefinisce, a priori, la politica mone-taria dei vari Paesi e, quindi, i pro-cessi di determinazione dei salari.Ne consegue che la contrattazionenazionale ha perso il proprio peso ela tendenza generalizzata è quelladi decentrare ulteriormente la con-trattazione a livello imprenditorialee/o territoriale. Il rischio è, pertan-to, quello di accentuare l’attualecalo degli iscritti in presenza di unrafforzamento della contrattazionedecentrata. Pur tuttavia l’adesioneformale ad un sindacato si misuracon il consenso verso la politica sin-dacale, ovvero verso gli accordi conla Controparte, per cui tutto dipen-derà dalla capacità contrattuale deldirigente sindacale locale. In Olanda, le OO.SS. hanno avutosuccesso perché hanno fortementeinciso sul livello centrale di contrat-tazione attraverso una moderazionesalariale, in cambio di sgravi fiscalied hanno impedito, con il proprioveto, modificazioni dei sistemi diprotezione sociale (accordo diWaassenar). Viceversa nellaGermania, che è stata per decennila patria del modello della contrat-tazione centralizzata, da diversianni si è introdotta la regola checonsente al contratto aziendale disostituire il contratto nazionale inparte o anche del tutto.In Italia esiste una contrattazionecentralizzata ma anche un decen-tramento regionale/aziendale peralcuni aspetti contrattuali, pur tut-tavia 2/3 dei lavoratori italiani nonsono coperti da una contrattazioneaziendale, quindi sono scoperti suretribuzione ed inquadramento pro-fessionale. Certamente, in Italia, la tendenzasarà quella di indirizzare la contrat-tazione verso un decentramentoperiferico e la vicenda FIAT ha, difatto, anticipato i tempi facendosuperare anche i primi timidi accor-di del 2009 tra CISL, UIL eConfindustria in tema di deroghealla contrattazione nazionale. Le riforme del mercato del lavoro(promosse da Treu e da Biagi)hanno aperto la strada verso il lavo-ro flessibile ma con risultati delu-denti per i lavoratori (precarietà,

scarse retribuzioni). In Germania lamoderazione salariale ha fattoaumentare le esportazioni ma sonoaumentati i lavoratori poveri (22%del totale dei dipendenti).Occorre, pertanto, definire qualicondizioni ed entro quali limiti ilcontratto aziendale può sostituirequello nazionale. Oggi quasi tuttiritengono che il contratto nazionaledi lavoro vada snellito pur conser-vandone l’inderogabilità, ma valasciato più spazio alla contrattazio-ne aziendale.In questo contesto, se consideriamol’art. 18 dello Statuto dei La -voratori, si ritiene che il sindacatodebba entrare a pieno titolo nellarevisione degli ammortizzatorisociali che consentano, alle personeche perdono il posto di lavoro, diessere accompagnate ad un nuovolavoro senza ingenerare insicurezzaed abbandono. Diventano, così,importanti strumenti quali la forma-zione, il sussidio e l’inserimento chepotrebbero vedere il sindacato pro-tagonista anche per la definizione diun nuovo Statuto dei Lavoratori chesi adatti alle nuove dimensioni dellavoro.

Come cambia il sindacato ri -spetto al mercato del lavoroOggi ci troviamo di fronte ad unmercato del lavoro dove il cosiddet-to lavoro tradizionale è stato pro-gressivamente sostituito da decinedi lavori atipici e questo ha creatoincertezza, insicurezza ed indivi-dualismo. Il Sindacato ancora non siè adeguato e la classe dirigente nonè ancora stata formata secondo unanuova logica di servizio e partecipa-zione. Lo sviluppo di nuove tecnologie ha,ulteriormente, accentuato il divariotra lavoratori a posto fisso e preca-ri per cui il sindacato deve riorga-nizzarsi e rivedere i propri contenu-ti attraverso nuove forme di tutelacollettiva che coniughino l’indivi-dualità del lavoratore con la dimen-sione sociale e collettiva del lavoroattraverso forme contrattuali e legi-slative che accompagnino il lavora-tore durante la propria carriera per-sonale e lo proteggano dalla flessi-bilità selvaggia, dalla mobilità e danuove forme di sfruttamento.Il sindacato deve, quindi, adeguarsie compiere delle scelte. Innanzitutto deve dare maggiorascolto alle esigenze della periferiain modo tale che, dalle richiesteindividuali, possano emergere dirit-ti validi per tutti. Questo dovevaessere lo spirito delle RSU che, tut-tavia, si è risolto solo in una corsa

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periodica alle elezioni di componen-ti, peraltro, con scarsa esperienzasindacale.Altra necessità consiste nel decide-re quale linea di condotta il sinda-cato deve attuare. Di norma esisto-no due modelli: il sindacato chepersegue la sicurezza attraversoun alto livello di protezione ma conlivelli retributivi più bassi, che com-prendono un’elevata percentualedella quota fissa di retribuzioneassociata ad una bassa percentualedella retribuzione di risultato. Questo modello vede il datore dilavoro come controparte, rivendicae difende i diritti acquisiti ed attuauna concertazione “difensiva”. Viceversa il secondo modello consi-ste in un sindacato che gestisce ilrischio attraverso un più bassolivello di protezione ma con livelliretributivi più alti e con retribuzionevariabile del salario più elevata elegata al raggiungimento degliobiettivi. Questo modello vede la condivisio-ne dei rischi con il datore di lavoro,tende a fare dei lavoratori un im -prenditore collettivo ed attua unaconcertazione “aggressiva”. È necessario, oggi, trovare un giu-sto equilibrio tra i due modelli con-trattuali perché si contrappone l’esi-genza di favorire l’inserimento nelmondo del lavoro dei giovani, chevivono una condizione di profondodisagio con forti speculazioni daparte di coloro che hanno creatoquel precariato a basso costo e chenon offre nessuna garanzia per ilfuturo. Al tempo stesso si avvertel’esigenza di tutelare coloro cherischiano di perdere il lavoro e nonhanno un sufficiente “paracadutesociale”. Quindi la necessità di unmercato del lavoro elastico, in in -gresso (modello di rischio), edaffiancato da un sistema di prote-zione sociale adeguato all’attualefase congiunturale (modello di sicu-rezza). Questo è il motivo per il quale nonè proponibile, nell’immediato, unmo dello di “contratto unico” so -prattutto per i rischi connessi allamodifica dell’articolo 18 delloStatuto dei lavoratori. Il rischio dellicenziamento “senza giusta causa”accentua gli effetti distorsivi dellospoil system anche nel pubblico,dove l’ingerenza della politica èmaggiore. Allo stato è ipotizzabile la previsio-ne di pochi modelli contrattuali chepotrebbero essere: il tempo inde-terminato, il tempo determinatocome forma residuale, il part time,l’apprendistato ed il tirocinio per i

giovani. Ad esempio nella P.A. ed, inparticolare in sanità, gli ultimi duemodelli potrebbero servire comeingresso nel mondo del lavoro per ineo laureati o per gli specialisti, conun salario d’ingresso che nel corsodegli anni si rivaluta in base allaprogressione di carriera e alla espe-rienza maturata; analogo discorsoper altri settori quali la scuola o altrienti pubblici.Sempre nella P.A., è possibile utiliz-zare forme contrattuali quali iltempo determinato o la riduzionedell’orario di lavoro come formaresiduale ed il potenziamento diistituti quali la mobilità tra i varicomparti con regole chiare ed attra-verso un processo di riqualificazionedel lavoratore finalizzati al reimpie-go del lavoratore stesso in settoridiversi da quello di provenienza.Per quanto riguarda il costo dellavoro, il sindacato deve sostenereil principio secondo il quale il verorilancio della P.A. non avvieneesclusivamente attraverso i rispar-mi derivanti dalla restrizione dellaforza lavoro, ma attraverso forme diincentivo a favore del personaledipendente, che si può concretizza-re con ipotesi quali la detassazionedella parte variabile dello stipendio,in analogia al privato, e/o la parte-cipazione a progetti di rilancio edammodernamento della P.A. conforme di compartecipazione regio-nale. Questo perché il decentra-mento di importanti settori dellaP.A., per effetto della riforma delTitolo V della Costituzione, puòfavorire l’implementazione di mo -delli contrattuali maggiormenteflessibili sia in ingresso che in usci-ta dal mondo del lavoro e, per leRegioni virtuose, stimolare la cre-scita del proprio PIL attraverso pro-gettualità tese ad incentivare laforza lavoro.

Proposte per un nuovo sindacatoAlla luce di quanto detto fino ad ora,si impone una revisione delle stra-tegie e degli obiettivi del sindacato.Se da un lato la ripresa della sinda-calizzazione è legata alla ripresadell’occupazione, ed in questa fasecongiunturale non è ipotizzabile taleevenienza, la sfida sindacale piùimportante consiste nel rendere piùmoderno il sindacato attraverso dueazioni: capacità di concertare nuovimodelli contrattuali in sintonia aicambiamenti del mercato del lavoroe alle esigenze dei lavoratori/datoridi lavoro e capacità di raggiungere,organizzare e soddisfare le aspetta-tive dei disoccupati o di chi è preca-rio o di chi lavora nel terziario o a

progetti o di chi ha un’elevata sco-larizzazione, ma è deluso dall’attua-le contesto lavorativo. Queste esigenze sono valide sia peril pubblico che per il privato; sonovalide soprattutto per quei dirigentie quadri ultra 50anni che lavoranonel privato, dove il rischio di uscitadal mondo del lavoro è elevatissimoe dove i servizi di ricollocazione e glistrumenti di reimpiego, unitamentealle iniziative e agevolazioni volte afavorire il reimpiego dei manager inmobilità, rappresentano obiettivistrategici per un sindacato moder-no.Analogamente per i dirigenti dellaP.A., sempre più spesso oggetto dispoil system, la sfida sindacale nonè tanto finalizzata alla conservazio-ne del posto di lavoro (almeno per ilmomento), quanto alla difesa diun’autonomia professionale, sem-pre di più virtuale per la mancataseparazione tra organo politico edorgano dirigenziale, e per normelegislative penalizzanti, ad iniziaredalla riforma “Brunetta” che, difatto, ha eliminato importanti istitu-ti contrattuali, quali la concertazio-ne e la consultazione rendendo pos-sibile anche la soppressione di inca-richi dirigenziali con perdita deibenefici economici e giuridici deldirigente pur in presenza di unavalutazione positiva. In realtà, se per la Pubblica Am -ministrazione le tutele per il diri-gente sono maggiori, molte condi-zioni contrattuali del privato saran-no presto mutuate nel pubblico percui occorre attrezzarsi in tempoimmaginando un sindacato piùmoderno ma anche più forte inalcune scelte decisionali. Ciò presuppone che il sindacato siadegui alle mutate esigenze attra-verso un nuovo modello organizza-tivo che estenda, al di fuori dellasua base di iscritti, il raggio di appli-cazione dei contratti collettivi; adot-ti livelli di contrattazione più vicinialle esigenze del lavoratore, pro-ponga sistemi elastici di ingressonel mondo del lavoro, assicuri ga -ranzie a chi esce dal mondo dellavoro ponendo, al centro dei propriinteressi, la formazione del perso-nale e la mobilità/ricollocazione deilavoratori; concerti i sistemi di pro-tezione sociale inclusi gli ammortiz-zatori sociali a garanzia dei piùdeboli.In questo contesto, dovrà essererinforzata la contrattazione nazio-nale su tematiche quali: lo statogiuridico del dirigente, le modalitàdi affidamento e revoca degli incari-chi, le modalità di accesso al lavoro

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2 con relativo salario di ingresso, laprogressione di carriera e la sogliaminima uniforme del salario deldirigente. Il sindacato dovrà esseremaggiormente coinvolto, a livellocentrale, anche nei processi di for-mazione, ricollocazione e mobilitàdel personale, nonché nella gestio-ne dei sussidi di disoccupazione enella concertazione sugli ammortiz-zatori sociali. Al tempo stesso il sindacato puòassumere un ruolo fondamentalenella contrattazione decentrata intema di organizzazione del lavoro,partecipazione dei rappresentantidei lavoratori a procedure o adorgani congiunti di proposizione everifica delle scelte aziendali, com-partecipazione agli utili della stessaazienda ed alla definizione dellaparte variabile del salario.

Proposte per il mondo sindacaledel SSN:

Il PrecariatoL’età media dei medici che lavoranonel SSN è particolarmente alta e, diconseguenza, lo è anche l’età mediadei sindacalizzati. Difficilmente unmedico ultra 50enne abbandona ilsindacato perché, tra alti e bassi, isindacati medici hanno garantitoimportanti diritti economici e giuri-dici in tema di indennità di specifi-cità medica ed esclusività di rappor-to (vera differenza retributiva con lealtre dirigenze sanitarie) ed inmateria di orario di lavoro.I sindacati, tuttavia, non sono riu-sciti a portare a casa risultati utili intermini di progressione di carriera evalutazione dei dirigenti. Ed, allora,un giovane medico che entra tardinel mondo del lavoro e non ha nes-suna prospettiva di carriera, nonavverte più l’esigenza di essere rap-presentato dal sindacato perché lasua vita lavorativa sarà “piatta”.Il sindacato deve, quindi, estendereil proprio interesse verso i giovaniperché il ricorso a forme di preca-riato sempre più spinte sono l’evi-denza di una sanità italiana lowcost. Il sindacato deve dimostrareche il turn-over di medici precarinon favorisce la continuità assisten-ziale, con evidente danno ai pazien-ti ma, paradossalmente, costa dipiù al SSN perché, nel frattempol’azienda ha provveduto a formarlosul campo in sostituzione del -l’Università ed, alla fine, rischia diperdere una professionalità giàacquisita. Occorre, quindi, che il sindacato sifaccia carico di una proposta nondemagogica che ridefinisca le

modalità di accesso alla dirigenza,distingua le competenze professio-nali dalle gestionali, individui unsalario minimo di ingresso per ilmedico in formazione con successi-va stabilizzazione, formuli una pro-posta di progressione di carrierabasata sulla reale capacità profes-sionale del medico e verifichi il rag-giungimento degli obiettivi clinico-assistenziali.

I Livelli di contrattazioneLa riforma del titolo V della Co -stituzione deve spingere le OO.SS.a chiedere la formalizzazione di unlivello intermedio di contrattazione,quello regionale, in funzione del-l’autonomia di ciascuna Regione intema bilancio e di organizzazionesanitaria. Ne consegue uno “snelli-mento” del livello contrattualenazionale ed una ridistribuzionedegli argomenti oggetto di contrat-tazione. È possibile immaginare come ele-menti oggetto di contrattazionenazionale: lo stato giuridico, lemodalità di accesso al SSN, lemodalità di affidamento e valutazio-ne degli incarichi, il codice discipli-nare ed il livello minimo salariale. Per la contrattazione regionale: laformazione, la libera professione, laprevenzione del rischio, incluso leassicurazioni e le risorse aggiuntive. Infine, per la contrattazione azien-dale: il piano delle emergenze, l’or-ganizzazione del lavoro incluso l’o-rario di lavoro, la sicurezza dellastruttura e delle cure, il salarioaccessorio e la regolamentazioneaziendale della libera professione.Resta, inoltre, da chiarire qualidevono essere gli interlocutori delleOrganizzazioni sindacali, cioè dovee con chi sancire gli accordi.Certamente la regionalizzazione ela necessità di dover uscire dalla“tela burocratica” del pubblicoimpiego, potrebbero spingere ilSindacato a confrontarsi con laSISAC e non più con l’ARAN. Tuttoquesto, per l’area medica vuol diremigliorare il dialogo tra dipendentipubblici e convenzionati nell’otticadi un comune interesse che è quel-lo di una maggiore tutela della pro-fessione.

La ProfessioneLa specificità della professione me -dica deve essere sostenuta, nontanto come esclusività di una pro-fessione rispetto all’intero mondosanitario, ma come la centralitàdella stessa nei processi di diagnosie cura dei cittadini.

Le nuove professioni sanitarie e lacommistione di attività e funzionitra i vari “attori” della sanità, pereffetto della mancata definizione dichi fa cosa, l’implementazione distrumenti pseudo gestionali, l’au-mento esponenziale del contenziosorivolto soprattutto contro la profes-sione medica, rende necessario unsostegno convinto del Sindacato sutematiche quali: lo stato giuridicodel medico, l’atto medico, i livelli diresponsabilità professionale egestionale, la colpa professionale,la progressione di carriera, l’auto-nomia professionale, il nuovo ruolosociale in sintonia con il nuovo wel-fare, ecc. Sono tutti temi, questi, che devonointeressare il Sindacato non solo inambito contrattuale ma secondoun’ottica di rete e di filiera che vadaoltre il momento negoziale attraver-so un “consensus” tra organismi dirappresentanza del mondo pubbli-co, privato e convenzionato su que-stioni professionali comuni.

BibliografiaRecenti tendenze del Sindacato inEuropa: la forbice tra presenza edinfluenza. Tito Boeri, UniversitàBocconi Milano, Daniele Checchi,Università Bicocca, Milano.Il Sindacato del prossimo futuro:flessibile, innovativo e sempre piùrosa? Primo piano dicembre 2009n.7.Il futuro dei Sindacati nel mondoglobalizzato. Mario Regini, Nuvolen.34 ottobre 2008.Il declino del Sindacato tra crisi dirappresentanza e sfide future.Luciano Gallino.Prospettive di evoluzione delle rela-zioni industriali in Italia dopo gliaccordi FIAT. Seminario Convenia8-14 maggio 2011.Attualità e futuro del Sindacato.Centro Cardijn, Rimini 2003.Ricerca tasso di sindacalizzazione in5 paesi europei. INGA 29.10.10.Lettera sul lavoro. Contratti: chi hapaura del modello tedesco? Corrieredella Sera 20.06.11.Evoluzione del dialogo sociale, degliassetti contrattuali e dell’attivitànegoziale in Europa. SerafinoNegrelli, Università Bicocca, Milano.

Guido Quici

Vice Presidente nazionale

CIMO-ASMD

Consigliere nazionale CONFEDIR

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la parola agli avvocati

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un sottoproletariato biologico. D’altra parte si pone ilproblema del diritto degli ascendenti sulla natura deiloro discendenti o successori. Secondo quali criteri,secondo quali norme si può esercitare il potere antropo-tecnico? I criteri di selezione o modifica degli esserifuturi possono essere lasciati alla valutazione indivi-duale oppure implicano una responsabilità agli occhidell’umanità futura che ricade sull’umanità presente? Si profila un eugenismo liberale, rafforzato da un indi-vidualismo libertario, senza altra ambizione che la dife-sa della libertà dei genitori “intenzionali” di avere unfiglio su misura. Qual è il ruolo del medico?Ebbene: se le biotecnologie sono in grado di produrreindividui le cui modificazioni genetiche siano trasmis-sibili, allora in gioco non c’è solo il futuro della specienella sua determinazione biologica, ma anche il sensodel rapporto dell’uomo con il proprio corpo e la propriaconcezione dell’essere umano. E questo rapporto chia-ma in causa anche il medico.In teoria l’intervento sul genoma umano è finalizzato ascopi terapeutici. Si tratta, attraverso la terapia genica,di correggere determinate anomalie genetiche e dirisparmiare agli individui o ai loro discendenti malattieseriamente invalidanti. Tuttavia, come già avviene perpiante e animali, esso consente anche di produrre, attra-verso procedimenti transgenici, varietà di umani inedi-ti, rispondenti ai sogni di artisti plastici di un tiponuovo, l’annuncio di un futuro trans-umano o post-umano. Un certo modo del trans-umano s’insedia senzache ci si chieda cosa debba intendersi per “essereumano”.Certo gli scettici rispondono con una provocazione: per-ché mai l’umanità dovrebbe temere di andare alla deri-va dal momento che non hai mai smesso di farlo attra-verso processi di adattamento anche sotto l’influenzadelle proprie tecniche?Forse occorrerebbe rammentare che “essere umano”vuol dire “vivere in un dato modo”, “comportarsi in unadata maniera” nel mondo e con gli altri. Non è mai pre-sentare un certo difetto, tale o tal’altra morfologia,conformarsi a un modello o ad un tipo.“Essere umano” dovrebbe piuttosto intendersi comeverbo: “vivere da umano” e nei confronti dei medici edei pazienti: “curare ed essere curati da umani”; ciòcoinvolgendo prima di tutto le relazioni che gli uominiinstaurano tra loro.A tale proposito si può dire con Aristotele che la manie-ra umana di vivere, quella maniera specifica, deriva dalfatto che l’anthropos si rappresenta il tempo ed è capa-ce di discorso, logos. La vita umana è quella che gliuomini conducono parlando tra loro del modo migliore

di vivere insieme. Ed è proprio perché si rappresenta iltempo che l’animale umano e anche politico ha intessu-to relazioni “orizzontali” con i contemporanei e “verti-cali” con ascendenti e discendenti. Tali relazioni eranofinora tra le generazioni che si succedevano, ciascunacon il compito di trasmettere alla successiva la vitaorganica, tradizione, saperi e usanze.Ciascuna era cosciente di esistere come ponte naturaleed istituzionale, tra la vita di ieri e quella di domani.In rapporto a tale trasmissione, a tale tradizione lo sche-ma tecnico dell’uomo “fabbricato”, effettua un taglioradicale poiché il supporto fisico della trasmissionegenerazionale, l’essere vivente, diventa modificabile apiacimento. Scivolare dalla generazione dell’uomo allasua fabbricazione da un punto di vista etico pone il dub-bio se un essere umano prodotto tecnicamente e pro-grammato geneticamente dai predecessori sia in teoriameno libero di un essere nato in maniera naturale. Ciònon è detto, poiché egli continuerebbe ad agire da sé, apartire dalla propria condizione. Ma la programmazio-ne della sua “natura” creerebbe sicuramente una muta-zione della condizione umana. Ci sarebbe, di fatto, l’e-sercizio di un biopotere non solo su se stesso, secondola rivendicazione liberale e libertaria individualistica,ma sugli uomini futuri, selezionati e modellati dai pre-decessori.La condizione dell’uomo prefabbricato senza dubbiomodificherebbe profondamente il suo rapporto concoloro che lo hanno concepito come fosse un’opera, unastatua e che non solo ne vogliono l’esistenza, ma addi-rittura la finanziano segnando ciò che gli toccherà“nascendo”, spezzando la continuità aleatoria dellagenerazione e dei legami che essa implica. L’ingegneriagenetica, producendo un intervento esterno sul genoma,viene ad introdurre dall’alto un progetto e una volontànel corso delle generazioni, a introdurre una rappresen-tazione di un fine nell’esistenza fisica degli uomini cheverranno.Il modo in cui i nuovi venuti si discosteranno dai pre-decessori non tenderebbe più a variazioni aleatorie maall’interpolazione di quel progetto e di quella fine nelmovimento biologico naturale. Non ci sarebbero piùascendenti e discendenti ma fabbricanti e fabbricati,produttori e prodotti, tanto più che i primi dovrebberofinanziare la venuta dei secondi, per non dire la lorouscita, come per un libro o un film. Si potrebbe imma-ginare una varietà di bambini, ovviamente brevettatisecondo la qualità del genoma come oggi si fabbricanonuove varietà di piante o di animali.È evidente che l’ambito dell’antropotecnia procreativasupera di gran lunga quello della libertà, per ciascuno di

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fare ciò che vuole del proprio corpo o di quello di con-temporanei consenzienti, poiché qui non si tratta piùdella scelta individuale di cambiare il proprio corpo, dicambiare l’età cancellando le rughe, rimodellare il senoo cambiare sesso, si tratta di cambiare la condizione diesseri che domani non discenderebbero più gli uni daglialtri. Quello che è in discussione non è la libertà di sce-gliere o di agire, di codecidere insieme al medico, piut-tosto la libertà di essere ossia di nascere senza che qual-cun’altro ne abbia fissato in anticipo le caratteristiche.Il biopotere pone la questione di un’etica e di un dirittoapplicato alle relazioni tra ascendenti e discendenti maanche il problema del ruolo del medico di fronte allenuove sfide.Benché i dualismi tradizionali non siano più d’attualità,il corpo resta ancora una realtà da cui si pensa di poter-si allontanare, sia attraverso i mezzi offerti dall’evolu-

zione della tecnica (medicina, realtà virtuale, ecc.), siaattraverso l’onnipotenza di una volontà disincarnata.Da una parte, il corpo sembra ormai accettato nella suarealtà materiale, nelle sue sofferenze e nei suoi bisogni,anche nella sua bellezza, al punto che gli si tributa unvero culto. D’altra parte è “asservito”, poiché lo si mettea servizio delle nostre costruzioni culturali e sociali. Lamaggiore parte dei dibattiti sul corpo e sulla salute sem-bra così trovarsi in un vicolo cieco: da un lato il corpoè analizzato come materia da forgiare a seconda dellenostre voglie mutevoli e sempre insoddisfatte; dall’altroviene identificato con il destino o la fatalità.Forse sta sempre al medico ricordare al paziente ladignità della persona, trattandolo come “essere” e nonsolo corpo, quando eroga cure e trattamenti.

Avvocato Vania Cirese

Autori

Dallapiccola B, Novelli G

Pagine: 520

Prezzo: € 65.00

Copertina: cartonata

Formato: 17x24

genetIcamedIcaessenzIale

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previdenza medica

È ormai incontrovertibile che la produzione normativadi fine 2011, in materia, ha ridimensionato la tutela pre-videnziale per pensionati attuali e futuri. Il ridimensio-namento è stato drastico, tanto da annullare gran partedei benefici che nell’ultimo cinquantennio erano statiassicurati alla categoria interessata dietro impulsi sinda-cali e sociali.Quanto alle modifiche più recenti, sono già stati illu-strati gli effetti più recenti relativamente alle cessazionigià a far tempo dal 2012 ed anche degli anni immedia-tamente successivi, sulla maturazione e sul godimentospettante in relazione alle varie ipotesi.Resta, tuttavia, opportuno allungare lo sguardo sull’ul-teriore cammino della previdenza a raggio più ampio(non meno di 20 anni o più) perché ogni singolo inte-ressato abbia almeno conoscenza degli ulteriori svilup-pi della riforma nella predetta epoca ad evitare scelte ecomportamenti non previsti, come per le difficoltàinsorte di recente per l’ipotesi dei cosiddetti “esodati”.Una situazione, questa, che resta, tuttora, di difficilesoluzione sul piano giuridico, oltre che per gli aspettieconomici ed equitativi.L’indagine dedotta interessa, ovviamente, gli iscritti piùrecenti della gestione e, più precisamente, quelli chenon hanno anzianità contributiva anteriore al 1996 (chesono stati già obbligati al calcolo interamente contribu-tivo), quelli assunti dal 2001 (ai quali è stato sottratto ilbeneficio della buonuscita di vecchio tipo) e, ovvia-mente, quelli assunti dal 2012 nonché, a maggior ragio-ne, quelli delle epoche successive che cominceranno apervenire al termine della prestazione, in via ordinaria,nel corso dei prossimi decenni.Il problema ha minore incidenza per gli iscritti conmaggiore anzianità, ai quali resta tuttora riservato, indiversa misura, il retaggio della più favorevole norma-tiva pregressa.L’esame medesimo verrà condotto sia in relazione all’e-volversi dei requisiti per il conseguimento del tratta-mento in rapporto alle pensioni ordinarie e sia in rela-zione all’entità del trattamento maturabile in rapporto aidistinti sistemi di calcolo. In via generale si ritiene utile

ribadire che il conseguimento della pensione rappresen-ta soltanto un interesse legittimo del singolo, modifica-bile in qualsiasi momento, da Governo e Parlamentomediante provvedimento normativo che prevale, ovvia-mente, su atti amministrativi o accordi di parte.Ma andiamo con ordine.Per quanto riguarda il primo aspetto, va ribadito subitoche la pensione ordinaria non è più conseguibile in viaanticipata, restando determinante il raggiungimento dellimite di età per il trattamento di vecchiaia, che va a pre-valere sul servizio e sulle quote complessive finora pre-viste. In concreto, ora è necessario raggiungere il limitedei 66 anni che, tuttavia, assorbe l’ulteriore rallenta-mento di un anno per la ex finestra. È un requisito diparticolare incidenza – ben oltre anche il limite di ser-vizio dei 65 anni dei dipendenti pubblici e privati – cheimporrà, specie ai nuovi iscritti, assunzioni di attività oscelte di vita in rapporto alla garanzia ora ritardata.Cosa importante è che lo stesso limite è stato già codi-ficato, in elevazione, ai 67 anni per le cessazioni a par-tire dal 2021 ma, altresì, previsto esplicitamente in pro-gressione ulteriore fino ai 70 anni, nell’arco dei succes-sivi decenni. E, per tale previsione, va tenuto conto delcontesto in essere già da qualche anno (ed ancora pre-vedibile, a causa della crisi economica che graveràanche sul prossimo futuro) di un ritardato ingresso incarriera dei giovani e dei lavoratori precari o intermit-tenti, di cui potranno essere costellate le categorie deidipendenti in avvenire. Unica deroga ancora consentita è concessa a requisitoservizio se disponibile in misura cospicua, e cioè, nonpiù il precedente limite di 40 anni ma, già dal 2012, perun minimo di 42 anni (41 per le donne), con l’ulterioreaggiunta di un mese già operante ed in progressiva ele-vazione nell’arco del successivo decennio, con prevedi-bile attestazione ai 45 anni poco dopo il 2030. Come sivede, una deroga, certo, ma di difficile realizzazione,considerati i rapporti di lavoro cui prima si accennava. Rimangono integri gli attuali limiti di conseguimentoper le pensioni di invalidità.Di converso, si riduce a 5 anni il limite della pensione

L’ulteriore cammino previdenziale

Umberto Celotto

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di vecchiaia consegui-bile alle nuove età, inpiena omogeneità conil lavoro autonomo.Per quanto riguardal’entità del trattamen-to conseguibile, vaoperata, per gli attualiiscritti, una distinzio-ne in tre gruppi. Ilprimo grup po riguardai dipendenti con mag-giore anzianità cheabbiano maturato 18anni contributivi al31/12/1995 (e, cioè,assunti dal 1978 incaso di continuitàininterrotta di accredi-ti fino al 1995). A dettidipendenti che aveva-no maturato il prece-dente limite dei 15anni utili alla pensione all’epoca del decreto Amato(1992) – poi elevato a 18 anni al 1995 – rimane attribui-bile il calcolo interamente retributivo della prestazione,che poggia appunto sulle ultime retribuzioni per quote diservizio garantendo, al momento, un rendimento pariall’80% delle stesse al limite di 40 anni di servizio. È ungruppo minoritario che verrà ad esaurirsi nelle cessazio-ni fino al 2020 o poco oltre, surrogate con le particola-rità indubbiamente più favorevoli della vecchia normati-va, ad eccezione di quanto espressamente revocato.Il secondo gruppo, che presuppone già avvenuta l’iscri-zione contributiva prima del 1996, concede, viceversa,solo in parte, l’aggancio al calcolo retributivo. E ciò sol-tanto limitatamente agli anni accreditati prima dellapredetta data ed inferiori ai 18 anni al 31/12/1995. Sonoristorati dal calcolo più gratificante, pertanto, i periodida 18 anni meno un giorno fino a tutto il 1995 con tute-la che, quindi, verrà ad esaurirsi, al più nel 2035. È unagaranzia di entità molto più ridotta per un periododecrescente da 17 ad uno con valutazione del residuoperiodo con il calcolo retributivo, garantendo, così unbeneficio di ridotta entità ed in progressiva diminuzio-ne nel prossimo decennio, con valore pressoché simbo-lico per il residuo periodo. La durata della previsioneper un così lungo periodo, peraltro, può legittimare iltimore per una revisione della norma in argomento inrapporto all’accelerazione o meno del processo di rifor-ma in corso.

Il terzo gruppo riguarda, invece, i più recenti iscritti,quelli con accrediti dal 1996, già obbligati dalla prece-dente normativa al sistema interamente contributivo. Èl’ipotesi prevista a periodo di regime ma anche quellameno garante dal momento che pone a base del calcolodella prestazione i contributi dell’intera carriera, il cui“monte” viene volturato in rendita vitalizia a mezzo diindici di trasformazione periodicamente rideterminabiliin rapporto a dati “rischi” tra cui, in primo luogo, l’al-lungamento della vita umana. È un’operazione che inci-de notevolmente sulle future prestazioni dal momentoche gli stessi indici già rivalutati dopo il primo varo, eprossimi a nuova rideterminazione, condenseranno untrattamento che può ipotizzarsi inferiore al 50% delleultime retribuzioni in presenza di 40 o più anni di servi-zio. Anche qui è da segnalare che lo stesso calcolo con-tributivo è già operante anche per le pensioni di invali-dità e per quelle a favore dei superstiti, con la conse-guenza che il trattamento erogabile risulterà non suffi-ciente per i trattamenti solidaristici in argomento.In conclusione, è in previsione un trattamento ancorapiù ritardato nel tempo e con contenuti progressiva-mente più ridotti rispetto agli attuali livelli. Il tuttosegnala, ormai, lo scadimento del carattere mutualisticoe sociale del trattamento pensionistico, a beneficio diuna tutela di natura assicurativa o privatistica, pur perun così delicato periodo di vita.

Umberto Celotto

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l’angolo delle specialità

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Lo screening basato sul dosaggio del PSA ridu-

ce il rischio di morte cancro-specifica?

Per la US Preventive Services Task Force

(USPSTF) lo screening non è raccomandabile.

Lo screening per il cancro alla prostata basato suldosaggio dell’antigene prostatico specifico (PSA) nonsarà più raccomandato negli Stati Uniti, dove è utilizza-to più che in qualunque altro Paese al mondo. Alla rac-comandazione (una raccomandazione di grado “D”)contro lo screening di routine del cancro alla prostataper gli uomini di tutte le età, utilizzando il test del PSA,è giunto il panel di esperti non federali in materia diprevenzione e di medicina basata sull’evidenza apparte-nenti alla U.S.  Preventive  Services  Task  Force(USPSTF),  un Organismo indipendente composto damedici di famiglia, internisti ed esperti che, sulla scortadi prove scientifiche, di studi clinici e di prevenzionebasati su programmi di screening, sviluppa raccoman-dazioni per i medici di assistenza primaria e per i siste-mi sanitari degli Stati Uniti. La Review dal titolo “Screening for Prostate Cancer: A

Review of the Evidence for the U.S. Preventive

Services Task Force “ è apparsa il 6 dicembre 2011 inAnnals of Internal Medicine (Ann  Intern Med 2011;

155:762-771), ma la recensione era stata anticipata sulsito Web Lettera cancro (www.annals.org) il 7 ottobre2011, ed è polemica. La raccomandazione di grado D indica una proceduranon raccomandata per la quale “non vi è certezza che

abbia un beneficio e vale per la popolazione maschile

degli Stati Uniti che non ha sintomi altamente sospetti

per cancro alla prostata senza distinzione di età, razza

o storia familiare”.

La Task Force non ha valutato l’uso del test del PSAcome parte integrante di una strategia diagnostica negliuomini con sintomi altamente sospetti per un tumorealla prostata così come non prende in considerazionel’uso del test PSA per la sorveglianza dopo diagnosi e/otrattamento di un tumore della prostata.

Le reazioni, avverse o favorevoli alla raccomandazionedell’Ente statunitense non si sono fatte attendere, alcontrario hanno scatenato tutta una serie di prese diposizione nel mondo scientifico sulla scia delle stessepolemiche sorte dopo le “raccomandazioni” sulloscreening del carcinoma della mammella nelle donneamericane. La USPSTF non è, infatti, nuova a questo genere di dra-stiche decisioni in grado di scatenare scintille e scalpo-re nel mondo medico. Va infatti ricordata la raccoman-dazione del 2009 (della quale parlammo in questoGiornale) contro la mammografia di routine per il can-cro al seno nelle donne al di sotto dei 50 anni di età.Anche allora non tardarono le reazioni da parte degliesperti di tumori della mammella, di associazioni dipazienti e di società professionali avverso una decisio-ne, si disse, che aveva tutto il sapore di un vero e pro-prio “razionamento” delle cure sanitarie. Negli Stati Uniti, il disegno di legge annuale per loscreening del tumore della prostata, basato anche sultest del PSA, stanzia 3 miliardi di dollari, sottolineaRichard Ablin immunologo alla University of ArizonaCollege of Medicine di Tucson, aggiungendo che: “il

test del PSA è poco più efficace del lancio di una mone-

tina”.

Di parere opposto è Skip Lockwood del progetto ZERO(Il progetto di fine cancro alla prostata), sponsorizzatoda molte Case farmaceutiche e dall’American Urolo -gical Association (AUA): “La decisione di sfiducia nei

confronti del test del PSA da parte del Governo degli

Stati Uniti condanna decine di migliaia di uomini a

morire”.

La “missione” della US Preventive Services Task Force(USPSTF) è quella di migliorare la salute dei cittadinidegli Stati Uniti facendo evidence-based delle racco-mandazioni cliniche sui servizi di prevenzione. Ogniraccomandazione USPSTF si basa su una revisionesistematica delle evidenze e richiede che le prove sianosufficienti per stimare con certezza che i danni sianoinferiori ai benefici. In questo caso la USPSTF ha sta-bilito che i benefici dello screening con l’utilizzo del-

Lo screening del tumore allaprostata: il dibattito continua

Mario Ferrera

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l’antigene prostatico specifico (PSA) per il cancro allaprostata sono stati superati dai danni (complicanze lega-te alla biopsia o all’intervento precoce, come inconti-nenza, disfunzione erettile ecc.). Nella sostanza, a pic-coli cambiamenti nella mortalità specifica da tumore sicontrappongono molti fattori di rischio per i pazienti,alcuni legati a trattamenti non necessari, altri alle com-plicanze degli stessi. Overdiagnosing e overtreating delcancro alla prostata sono, pertanto, i principali rischiravvisati dalla USPSTF nelle campagne di screening,tali da scoraggiare l’uso del PSA nello screening tra gliuomini asintomatici senza distinzione di età, razza oanamnesi familiare. Queste le conclusioni alle quali è giunta la USPSTF, masu che basi e su quali studi ha basato le proprie racco-mandazioni?

Diagnosi precoce e screening del carcinoma prostatico

È il tumore più diagnosticato negli uomini negli StatiUniti, con un rischio di diagnosi nel corso della vita sti-mato al 15,9%. Nella maggior parte dei casi è un tumo-re a buona prognosi, ma alcuni sono aggressivi conrischio di morire di cancro alla prostata nel corso dellavita del 2,8%. Raro prima dei 50, pochi uomini muoio-no prima dei 60 anni mentre la maggior parte dei deces-si si verifica dopo i 75 anni (1). La prevenzione primaria non è in grado di ottenere,almeno in tempi brevi, un’effettiva riduzione dell’inci-denza della malattia. Rimane la prevenzione secondariaper eventualmente incidere sulla storia naturale dellamalattia e ridurre la mortalità, ed il mezzo utilizzabile èlo screening di tipo individuale-opportunistico o dipopolazione ed il test di screening più utile allo scopoper costi, convenienza, ed accuratezza diagnostica èquello della misurazione dei livelli sierici di PSA, asso-ciando altri metodi di rilevazione come l’esplorazionerettale e/o l’ecografia. Negli Stati Uniti la maggior parte degli uomini di etàsuperiore ai 50 anni ha fatto un test del PSA nonostan-te la mancanza di prove in grossi studi randomizzati diun beneficio netto. È però vero che i tassi di mortalitàda tumore alla prostata sono diminuiti di circa il 4%l’anno a decorrere dal 1992, cinque anni dopo l’intro-duzione del dosaggio del PSA sierico (2). La validità deltest del PSA nei programmi di screening per il rileva-mento di molti casi di tumori alla prostata asintomaticiè un dato di fatto. Lo è anche la considerazione che inmolti casi si tratti di forme istologiche di tumori che nonandranno in progressione, o sono indolenti, o a lentacrescita tali da non influenzare la vita per cui sarannoaltre le cause che porteranno a morte.

Anche se risulta difficile determinare l’entità dellasovradiagnosi associata a programmi di screening nonvi è dubbio che essa è direttamente collegata al nume-ro di soggetti sottoposti a biopsia. In uno studio del2003 (Prostate Cancer Prevention Trial) 18.882 uomi-ni di età pari o superiore ai 55 anni, con un esame ret-tale normale ed un PSA non superiore a 3,0 ng per mil-lilitro, furono in modo casuale assegnati ad un gruppocon trattamento con 5 mg di finasteride al giorno (ini-bitore della 5a-reduttasi) o trattati con placebo per setteanni. Tutti erano sottoposti a biopsia se il PSA annualecorretto per l’effetto della finasteride era superiore a4,0 ng per millilitro o se l’esame rettale era anormale.Ebbene, un tumore alla prostata è stato rilevato nel18,4% nel gruppo con finasteride e nel 24,4% nel grup-po placebo (3).Il rischio di sovradiagnosi dipende anche dall’età in cuiè fatta la diagnosi: più anziani con una aspettativa divita più breve, maggiore sarà il rischio.Un altro aspetto da considerare è che il test del PSAspesso produce risultati falsi-positivi: circa l’80% deipositivi al test PSA sono falsi positivi quando il cut-off

del PSA usato è tra 2,5-4,0 ng/ml (4). Tali falsi positivisono associati ad effetti psicologici negativi quale il per-sistente dubbio di avere un tumore e la maggiore proba-bilità di essere sottoposti ad altre biopsie con tutte lecomplicanze possibili dell’esame (febbre, infezioni,emorragie, disturbi minzionali). Adeguate prove dimo-strano come il 90% dei pazienti nei quali un PSA eleva-to ha condotto alla biopsia e quindi alla diagnosi ditumore, subiscono un trattamento precoce quale chirur-gia piuttosto che radioterapia o trattamento ormonale(deprivazione androgenica). Tutti i trattamenti sono gra-vati da complicanze, per non parlare del fatto che la tera-pia ormonale in stadio precoce, soprattutto negli uominianziani, non ha dimostrato di migliorare la prognosi ditumori della prostata localizzati, ed è gravata da compli-canze che vanno dalla disfunzione erettile alla gineco-mastia, alle vampate di calore, ad infarto del miocardio,malattia coronaria, diabete, fratture. Tutte prove convin-centi che lo screening basato sul dosaggio del PSA portisia ad una sovradiagnosi che ad un overtreatment.

La revisione della U.S. Preventive Services Task Force

Roger Chou et al. su Ann Intern Med (2011;155:762-

711), per aggiornare le raccomandazioni della Task

Force Services di prevenzione sullo screening dei tumo-ri della prostata, hanno consultato le banche datiMedline e Cochrane, dal 2002 al luglio 2011, analizzan-do tut ti gli studi randomizzati di screening specifici dellaprostata basati su prove e studi di coorte relativi a speci-

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fici trattamenti del carcinoma prostatico quali prostatec-tomia e radioterapia, nonché gli studi osservazionalilegati alle complicanze e ai danni associati a queste tera-pie. In base a questa ricerca sono stati identificati studiche, da un lato documentano e provano come l’utilizzodel dosaggio del PSA porti ad una maggiore identifica-zione di tumori della prostata in una fase precoce, madall’altro come ciò comporti una piccola o nessuna ridu-zione della mortalità per cancro alla prostata. La percezione, alla quale pervengono gli Autori dellaUSPSTF è che non esistono prove scientifiche in grado disupportare il fatto che la diagnosi precoce del tumore pro-statico, basata sul dosaggio del PSA sierico, sia in gradodi prolungare la vita di questi pazienti. I risultati dei duestudi maggiori e di più alta qualità, presenti in letteratura,hanno portato la Preventive Task Force Services ad affer-mare che se qualche beneficio esiste esso è molto picco-lo anche dopo un follow-up di 10 anni.L’età rappresenta il più forte fattore di rischio per lo svi-luppo di un tumore alla prostata insieme alla etnia edalla storia familiare. Pur tuttavia le differenze di rischioosservate per razza/etnia o la storia familiare sono rela-tivamente piccole se confrontate con la differenza dirischio osservata con l’aumentare dell’età (1), e non cisono dati che suggeriscono che il beneficio dello scree-ning con il PSA sia alterato dal fattore razza o storiafamiliare.I due studi presi in considerazione hanno pubblicato iloro dati nel 2009. Hanno arruolato oltre 200.000 sog-getti di età superiore ai 50 anni e sono in corso, il primoin Europa (ERSPC), il secondo negli USA (PLCO). Lo Studio Europeo (ERSPC) (4) di screening per iltumore della prostata è stato avviato nel 1990 per valu-tare l’effetto dello screening con il test del PSA sui tassidi mortalità per cancro alla prostata. Sono stati esami-nati 182.000 uomini di età tra i 50 e 74 anni attraverso iregistri di sette Paesi europei inseriti nello studio. Inmodo casuale venivano assegnati ad un gruppo in cuiera offerto lo screening PSA una volta ogni 4 anni o algruppo che non riceveva lo screening. Il parametro daprendere in considerazione era il tasso di morte pertumore della prostata. La conclusione fu che la mortalità era identica per i duegruppi di studio. Durante il follow-up di 9 anni l’inci-denza cumulativa di tumore alla prostata è statadell’8,2% nel gruppo sottoposto a screening e del 4,8%nel gruppo di controllo. Il rate ratio di morte per cancroalla prostata nel gruppo soggetto a screening, rispetto algruppo di controllo, è stato 0,80. La differenza dirischio assoluto è stata di 0,71 morti per 1000 uomini.Ciò significa che 1410 uomini avrebbero bisogno di

essere sottoposti a screening e 48 casi di tumore allaprostata dovrebbero essere trattati per prevenire undecesso per tumore alla prostata. La conclusione dellavoro europeo è che il PSA screening ha ridotto il tassodi morte del 20%, ma che era associato ad un rischioelevato di sovradiagnosi. Negli Stati Uniti il Prostate, Lung, Colorectal e Ova -

rian (PLCO) Cancer Screening Trial (5) non trovaalcun beneficio ai fini di una riduzione della mortalitànello screening combinato con il test del PSA e l’esamedigito-rettale nel corso di un follow-up mediano di 11anni. Nello studio europeo, che non prevedeva l’esplo-razione rettale, la riduzione della mortalità era di 7morti per tumore alla prostata ogni 10.000 uomini sot-toposti a screening. La considerazione che fa Michael JBarry (2) è che entrambi gli studi non forniscono risul-tati definitivi, in pratica “non vi era né una chiara

dichiarazione di inutilità nello studio PLCO né un

beneficio netto ed inequivocabile nello studio ERSPC”.Lo studio europeo (ERSPC) è in realtà una raccolta didati provenienti da Paesi diversi e quindi con criteridiversi di ammissibilità, di randomizzazione, di strate-gie per lo screening ed il follow-up. Le biopsie eranoeseguite in presenza di valori di PSA superiori a 3,0 ngper millilitro indipendentemente dall’esplorazione ret-tale non prevista e forse non eseguita. Malgrado un piùlungo follow-up mediano (11 contro 9) lo studio PLCOpresenta numeri più piccoli rispetto allo studio ERSPCcon 174 morti. Le considerazioni della Task Force èche in realtà il test del PSA ha un modesto effetto sullamortalità per tumore della prostata anche se il problemanon è tanto il fatto che lo screening sia efficace o meno,quanto piuttosto se faccia più bene che male (2). Sulla base di questi due grossi studi, europeo ed ameri-cano, la USPSTF giunge alla conclusione che “l’utiliz-

zo del PSA nello screening del carcinoma prostatico

comporta una piccola o nessuna riduzione della morta-

lità specifica per questo tumore, anzi è associato a

danni derivanti dalla successiva valutazione e dai trat-

tamenti, alcuni dei quali possono essere inutili”.

Se è vero il fatto che con lo screening l’anticipazionediagnostica che ne deriva può anche essere notevole,anche di 10 anni, è pur vero il fatto che una buona partedi questi tumori non avrebbe potuto manifestarsi clini-camente, sia in quanto forme a lenta progressione siaper l’aspettativa di vita limitata dei soggetti possibilicandidati allo screening. Nonostante le conclusioni della USPSTF alcuni autore-voli gruppi scientifici come l’Associazione Americanadi Urologia (AUA) e l’Associazione Americana per ilCancro (ACS) continuano a produrre raccomandazioni

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I biomarcatori emergenti nella diagnosi, stadiazione

e prognosi del cancro della prostata

Mario Ferrera

favorevoli al dosaggio del PSA nei maschi di età supe-riore ai 50 anni pur in mancanza di evidenze scientifiche.La maggiore obiezione rivolta all’organismo statunitense(USPSTF) è la drastica raccomandazione di tipo D (pro-cedura di screening scoraggiata) e non di tipo C a favoredi uno screening, se vogliamo “opportunistico” o su basevolontaria, molto presente sia in Europa che in USA inlinea con l’American Cancer Society e l’American

Urological Association, che raccomandano lo screening. Attualmente, al di fuori di studi clinici prospettici ed inattesa di conferme ulteriori, non appare lecito sottopor-re indiscriminatamente la popolazione maschile a testcome quello del PSA, i cui valori soglia attualmenteconsigliati tendono a sottodiagnosticare il carcinomaprostatico in circa il 50% degli individui esaminati, cosìcome valori soglia più bassi porterebbero ad un aumen-to del numero delle biopsie, con tutto quello che ciòcomporta (6, 7).

Mario Ferrera, Oncologo

Vice direttore del Giornale CIMO-ASMD

Bibliografia

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Sono passati 40 anni dalla scoperta dell’antigene pro-

statico specifico (PSA) ed il suo utilizzo nella praticaclinica ha rivoluzionato il modo in cui il carcinoma pro-statico è diagnosticato e trattato. Nonostante ciò sonovenuti fuori i due limiti principali del PSA: sovra-dia-gnosi e sovra-trattamento che hanno influito sul suo uti-lizzo ai fini dello screening del tumore alla prostata. A tale riguardo due grandi studi, quello europeo(ERSPC) e quello statunitense (PLCO) hanno dimostra-to, pur con risultati discordanti, come il PSA non sia ingrado, nell’ambito di uno screening di massa, di ridurrela mortalità specifica. Ed è per questo motivo che, a livel-lo europeo, la maggioranza delle Associazioni urologichenon raccomanda lo screening di massa del tumore alla

prostata. La divulgazione delle conoscenze mediche(vedi internet o articoli su riviste non scientifiche) hafatto sì che molti pazienti ricorrano al test del PSA nel-l’ottica di uno screening individuale e personale, contutte le conseguenze di sovra-diagnosi e di sovra-tratta-mento che abbiamo descritto nel precedente articolo.Nonostante si siano man mano perfezionati derivati delPSA totale, non è migliorato il suo valore predittivo, per-tanto nuovi biomarcatori sono in fase di studio e di spe-rimentazione clinica allo scopo di associarsi o sostituirsial PSA, sia in fase di diagnosi che di trattamento.

Forme derivate di PSA

Negli anni sono stati utilizzati, allo scopo di migliorar-

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l’angolo delle specialità

IL MEDICO ospedaliero e del territorio - Anno X - n. 3/2012 29

ne le capacità diagnostiche, dei derivati del PSA in fun-zione dell’età, della velocità e della densità (tasso delPSA/volume prostatico). È stato identificato il PSAlibero ed il suo rapporto con il PSA totale.

Il PSA libero, a sua volta, è presente nel siero in tre isofor-me: il proPSA, il BPSA ed il PSA libero intatto. La primadi queste tre isoforme è una pre-proteina di 261 aminoa-cidi, che sotto l’azione della Human Kallicrein-related

peptidase 2 (hK2), che funge da proteasi, dà origine allaforma matura di PSA, formato da 237 aminoacidi. Esistono studi che mettono in relazione tassi elevati delproPSA con il tumore della prostata. A sua volta, un rap-porto elevato tra proPSA e PSA libero, viene messo inrelazione con forme tumorali istologicamente aggressi-ve e con una riduzione della sopravvivenza senza reci-diva biologica dopo prostatectomia totale (1, 2). L’ipotesi che viene formulata è che l’aumento del rap-porto proPSA sierico/PSA libero possa essere dovuto adun aumento della produzione di proPSA da parte dellecellule “precancerose” (3).Il BPSA è invece l’isoforma associata all’ipertrofia pro-statica benigna ed è un marcatore promettente ai finidella differenziazione tra carcinoma (pCa) ed ipertrofiaprostatica benigna (HBP).

Human Kallicrein-related peptidase 2 (hK2)

Si tratta di una proteasi sierica simile al PSA ed èsecreto in modo specifico dalla prostata, anche se lasua concentrazione nel tessuto prostatico, nello sper-ma e nel siero è inferiore al 2% della concentrazionedel PSA. È presente nel sangue in due forme: unaforma legata ad inibitori di proteasi ed una forma libe-ra che è prevalente. Utilizzata insieme al dosaggio delPSA totale e libero migliora la capacità di screeningdel carcinoma. Alcuni studi suggeriscono che l’hK2 possa essereassociato ad un Gleason score più alto, ad una mag-giore capacità di diffusione extracapsulare del tumoreprostatico e ad un maggiore rischio di recidiva biolo-gica dopo prostatectomia radicale (4).

Early prostate cancer antigen (EPCA)

Si tratta di una proteina direttamente espressa dalla car-cinogenesi prostatica. La presenza di anticorpi anti-EPCA nei frustoli di biopsie prostatiche, negativi all’e-same istologico, permette di predire la comparsa di uncarcinoma su biopsie eseguite dopo 5 anni (5). Un testElisa per misurare l’EPCA nel sangue come marcatoretumorale ha mostrato in pazienti che presentano un pCauna sensibilità del test del 92% ed una specificità del94% (6).

Prostate cancer antigen 3 (PCA3)

È un RNA prodotto esclusivamente dalla prostata esovra espresso nel tessuto prostatico sede di neoplasiacomprese le localizzazioni metastatiche, a differenzadella prostata sede di ipertrofia prostatica benigna(HBP). Sono disponibili diversi test che ne permettonoil dosaggio nelle urine dopo massaggio prostatico. Èstato visto, attraverso studi di amplificazione genica,che il 95% dei pazienti con carcinoma avevano dei tassielevati di PCA3 prima della chirurgia.Rispetto al PSA, il PCA3 presenta una maggiore sensi-bilità e specificità nei riguardi del carcinoma prostaticoe pertanto migliora la specificità diagnostica del PSA.Si tratta di un biomarcatore importante, anche se lanecessità di realizzazione di un massaggio prostaticopotrebbe limitarne il grado di accettazione da parte delpaziente.In pazienti con una prima serie di biopsie prostatichenegative, nel sospetto di un pCa, il PCA3 potrebbe esse-re di aiuto nello stabilire la necessità di realizzare unaseconda serie di biopsie.

Conclusione

Sono allo studio numerosi altri biomarcatori a testimo-nianza del fatto che un test assoluto, in atto, non siadisponibile: Attivazione del plasminogeno urokinasi

(uPA), Transforming growth factor-beta 1(TGFb-1) e

l’Interleukina-6 (IL-6),

Endoglin, Auto-anticorpi specifici del cancro della pro-

stata e a-methylacyl-CoA racemasi (AMACR), Le fusio-

ni di geni TMPRSS2:ERG e TMPRSS2:ETV1.

Tra i marcatori in studio ben pochi saranno quelli cheraggiungeranno lo stadio della commercializzazione edell’uso nella pratica clinica. L’orientamento attuale èquello di avere, piuttosto che un unico biomarcatore, ingrado di orientare nelle decisioni cliniche e terapeuti-che, un panel di biomarcatori in combinazione tra loroo con il PSA.

Mario Ferrera

Oncologo

Vice direttore del Giornale sindacale CIMO-ASMD

Bibliografia

Catalona WJ et al. J Urol 2003; 170(6Pt1): 2181-5.Peyromaure M et al. Prog Urol 2004; 14(4Suppl): 8-11.Hans Lilja et al. Nature Review 2008 ; 8:268-78.Haese A et al. Prostate 2001;49 (2):101-9.Dhir R et al. J Urol 2004 ;171(14):1419-23.Urology 2007; 69(4) :714-20.

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IL MEDICO ospedaliero e del territorio - Anno X - n. 3/201230

Secondo Adalberone di Laon, poco dopo l’anno 1000, edEadmero di Canterbury, circa un secolo dopo, che cosa equali fossero le élite era abbastanza chiaro: “triplice è lacasa di Dio: pregano gli uni, combattono altri, altri infinefaticano”, per il primo. “Triplice è l’ordine degli uomini,l’ordine di quelli che pregano, di quelli che lavorano laterra, di quelli che portano le armi”, per il secondo.L’ordine civile di quella società medievale era reso pos-sibile da una differenza, se non gerarchica, quanto menofunzionale. I laboratores (seppure rivalutati in chiave disalvezza fideistica da San Benedetto) potevano solo spe-rare che i preposti all’attività spirituale (gli oratores, cetopoliticamente dirigente) riuscissero a difenderli (secondostrategie di contrapposizione, di tutela, di educazione)dalla violenza dei bellatores (altro ceto, per altro verso,dirigente) (cfr. C. Galli. I riluttanti. Laterza 2012).Ma le tre funzioni, i tre ceti non sono rimasti staticamen-te immobili e la reciproca loro interdipendenza ne hacostituito – tra l’altro – la ragione della progressiva tra-sformazione: gli oratores, nelle loro variegate famiglie(ordini, chierici, laici, eruditi e cortigiani, filosofi e giuri-sti; politologi, sociologi ed economisti), sono titolari dicapacità discorsiva che consente di fondare una sensatalegittimazione del potere o una sua critica argomentata; ibellatores sono cresciuti sviluppando, della funzioneguerresca, gli aspetti di maggiore responsabilità politica,di reggenza e gestione del potere; i laboratores hannoacquisito maggiore consapevolezza di sé mano a manoche le forme di produzione, fattesi più complesse e fina-lizzate allo sviluppo della società, ne hanno giustificatouna più qualificata presenza nei gangli decisionali delpotere economico, politico, di direzione.La storia ha contribuito a forgiarne, nel tempo, caratteri evirtù. Il filo conduttore della loro crescita si poteva age-volmente individuare nel senso di responsabilità dirigisti-ca che ne sottolineava l’azione o la prospettiva. Le élite erano, per definizione, le classi dirigenti ed allaloro elaborazione critica, capacità manageriale, sensodell’intrapresa si deve – in senso rigorosamente descritti-vo – lo sviluppo della società.Oggi, nel recente, all’esasperato interrogarsi che la straor-dinarietà della situazione contingente impone, le élitesono precipitate al buio del pauroso ritrarsi: la crisi, nellasua accezione di opportunità, ha almeno consentito dicomprendere che una società di divisi, frammentata, per-

corsa dall’illegalismo non è economica; l’intereresse dicorta veduta, cieco ed immediato è, in realtà, un danno; lafaccenderia è un cattivo affare; le forzature sono unadebolezza; gli eroi (i capi, i predestinati) sono un proble-ma, non la soluzione. Oggi, più che mai, la crisi della clas-se dirigente è crisi di cultura, di visione, di prospettiva, diindirizzo, di (in)capacità leaderistica. È crisi di riferimen-ti e di valori. È crisi di spirito di appartenenza, di sensodella comunità, di condivisione, di ethos, di “come si staal mondo”. È crisi di autonomia morale, di incapacità di“prendere posizione”, di relazionarsi con la verità, di “rin-novarsi”, cioè di verificare quotidianamente, attraversoesperienza e critica, il rispetto dei valori condivisi, larispondenza dell’agire all’interesse comune, la fondazio-ne della civiltà nella coscienza e ragionevolezza degliindividui liberi e responsabili (R. De Monticelli, La que-stione morale. Raffaello Cortina Editore 2010).Riflessioni di quel genere mi percorrevano la mentetentando di “farmi un’idea” sul senso della politicanazionale più recente, con particolare riguardo a quelfenomeno di intervento sulla spesa pubblica, ormai notocon l’anglicissima “spending review”, sui tagli o ridu-zioni della spesa pubblica che – per una sua componen-te importante – si riverberanno nell’ambito della sanità,specie della sanità pubblica, di quella – per intenderci –che, direttamente o indirettamente, fa capo al SSN. E midomandavo, ancora una volta, di come fosse possibileoperare quegli interventi senza la consapevolezza delprioritario “perché” della spesa e sul consequenziale“quanto” spendere, rinvenendo i necessari dati dellaconoscenza del fenomeno appresa da chi, giorno pergiorno, ne calca i tavoli e le corsie, ne fa umana espe-rienza, ne tasta le diuturne esigenze. E così, cercandoargomenti utili ad affinare la mia personale “coscienzae ragionevolezza”, ho avuto modo di apprendere che;- con l’euro (dal 2001 al 2010), secondo dati Eurostat,la spesa totale a prezzi correnti è aumentata in Italia del30,6%. In termini percentuali, la voce di spesa aumen-tata di più dal 2001 è quella per la difesa (+ 55%), poiquella sanitaria (+ 50,6%), poi le spese sociali (+ 46%);- il forte incremento di spesa sanitaria giustifica l’atten-zione che le si dedica nell’ambito della spending re -

view; essa, però, non è legata al ciclo economico e, pro-prio per questo, dovrebbe avere un andamento relativa-mente simile tra Paesi demograficamente, socialmente e

La responsabilità delle éliteGiancarlo Faletti

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tecnologicamente simili, quali – ad esempio – i mag-giori Paesi europei;- in realtà, non sembra sia andata così. Dal 2001 al 2010,la spesa sanitaria nell’eurozona è mediamente aumentatadel 51%; nello stesso arco temporale, però, la spesa sani-taria tedesca è cresciuta del 26%, quella greca del 128%,quella spagnola del 96%, quella islandese dell’83%,quella portoghese solo del 40%, quella francese del 42%;- dunque, una qualche relazione tra andamento dellacrisi economica e spesa sanitaria sembra poterci essere;- se però si raffrontano quei dati con altri indicatori, nonmancano le sorprese. Nel rapporto con il Paese virtuosoper eccellenza (la Germania), emerge che la spesa pub-blica pro capite per la sanità è maggiore in Germania chein Italia: nel 1995 (primo dato disponibile), 1855 dollaripro capite in Germania contro 1088 dollari in Italia; nel2008, 2837 dollari in Germania; 2187 in Italia. Il settorepubblico italiano spende, in raffronto al PIL, meno diquello tedesco (7 punti di PIL contro 8), peraltro offren-do (secondo la World Health Organization) servizi sani-tari migliori (si spende meno ma meglio). Se, poi, si con-sidera anche la spesa sanitaria privata, tra il 1995 ed il2008 essa è cresciuta di mezzo punto di PIL in Germania

ed è rimasta inalterata (sostanzialmente) in Italia (dove,in assoluto, è comunque più bassa);- ovviamente ciò non significa che l’andamento nonnegativo di quei dati sia generalizzabile all’intero terri-torio nazionale, riferendosi esso all’efficienza ed allaspesa media delle Regioni italiane, senza considerarel’enorme scarto, in termini sia di spesa che di efficien-za, tra aree geografiche diverse (per una riflessione suidati esposti, cfr www.lavoce.info “sanità”);- in quest’ambito, e non con i tagli lineari e indifferen-ziati, la spending review avrebbe il suo da fare.Ed allora, qui c’è spazio per saldare i due ragionamenti.La salute resta un diritto e la garanzia del suo manteni-mento grava sullo Stato e, comunque, sulla spesa collet-tiva. Il contributo professionale (laboratores), di rifles-sione critica (oratores), di capacità direttiva (bellatores)della élite medica non può mancare nell’orientare le scel-te (perché si spende) e del dosarne gli interventi (quantosi spende), avendo quali parametri valutativi l’ethos col-lettivo e l’autonomia di giudicare (coscienza e ragione-volezza degli individui). Con il coraggio di rivendicare laresponsabilità connessa all’essere classe dirigente.

Avv. Giancarlo Faletti

Come è noto, la non conoscenza spinge, per paura, astare lontano da tutto ciò che non si conosce. La cono-scenza, al contrario, permette di scegliere ciò che non famale e di respingere ciò che fa male. Accade quindi che,quando si parla di salute, di ambiente, di alimentazione,di paesaggio e di modelli di vita, ci sia chi non sa faraltro che dire “NO” a tutto, atteggiandosi in questomodo a difensore dell’ambiente, mentre c’è chi, consa-pevolmente, sa che la tutela ambientalistica del nostroterritorio e della nostra salute comporta la necessità disaper fare interventi mirati, seri, scientificamente pro-vati e in grado di salvare l’ambiente anche se, a primavista, possono non essere capiti. Come dire che, se per salvare un uomo malato dallamorte, bisogna a volte accettare di curarlo con farmacidelicati e non facili da maneggiare, anche per l’ambien-te occorre saper scegliere con lucidità. Chiudere sempregli occhi e tapparsi le orecchie, come fanno certiambientalistici, può essere chic, ma non sempre salva

l’ambiente. L’ambiente è qualcosa di vivo: qualcosache, quando è a rischio di malattia, ha bisogno dell’in-tervento dell’uomo per essere curato.Eravamo abituati, fino a qualche tempo fa, alla presenzadi Associazioni Ambientalistiche votate al “NO ATUTTO” e pronte a sfruttare il loro proselitismo fin trop-po spesso per campagne a sfondo politico. Ci incuriosi-sce positivamente, pertanto, la recente nascita di unmovimento ambientalista maturo, responsabile, fondatosu principi scientifici, che ha rapidamente tesserato più dicentomila iscritti. Questo Movimento, denominato“FARE AMBIENTE – MOVIMENTO ECOLOGISTAEUROPEO”, è un’associazione di Protezione Am bien -tale riconosciuta ai sensi dell’Art. 13 della Legge 349/86,dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio edel Mare e accreditata presso l’Unione Europea.Il Movimento è presieduto da Vincenzo Pepe, docente diDiritto costituzionale italiano e comparato presso laSeconda Università degli Studi di Napoli e Presidente

cultura e ambiente

IL MEDICO ospedaliero e del territorio - Anno X - n. 3/2012 31

Fare ambiente in modopacato, realistico, lucido

Intervista del dott. E. Hüllweck al prof. Vincenzo Pepe

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della Fondazione Giambattista Vico. FARE AMBIENTE,creato nel 2007, nasce dall’esigenza di creare un ambien-talismo di tipo maturo e positivo, lontano dai “no a prio-ri” e dalle logiche esageratamente vincolistiche, chehanno caratterizzato gran parte dell’ambientalismo tradi-zionale. Una domanda centrale nella visione di FAREAMBIENTE è quale sia il rischio minore per una buonaqualità della vita. L’obiettivo del movimento è quello diporsi come propositivo e antropocentrico, considerandol’uomo al centro di tutto per salvaguardare la sopravvi-venza umana e la qualità della vita.Siamo andati quindi a intervistare il prof. Pepe, che ciha accolto con grande entusiasmo, rispondendo concompetenza alle nostre 5 domande.1. Prof. Pepe, in Italia non mancano associazioni am -bientalistiche eppure, da quando FARE AMBIENTE èstata fondata, molte sono le adesioni che le provengono.Qual è il segreto del vostro successo?Perché siamo un’associazione al di fuori degli schemidell’ambientalismo tradizionale, quello dei ciechi “no”e delle teorie che la salvaguardia della natura consistenel bloccare le attività umane. Siamo per un ambienta-lismo pacato e responsabile, antropocentrico che mettel’uomo al centro dell’ambiente e la salvaguardia di que-st’ultimo serve a garantire all’umanità una buona qua-lità della vita.2. Voi vi battete per una concezione dell’Ambientemolto estesa. Cosa può dirci dei rapporti fra ambiente ecultura, fra ambiente e turismo?Noi siamo non solo per i diritti, ma anche per i doveridell’ambiente. Non a caso, una delle prime leggi cheabbiamo spinto per far approvare è stata quella dell’in-segnamento obbligatorio delle materie ambientali nellescuole. Perché per tutelare l’ambiente e il territorio ènecessario che il cittadino sia educato fin da adolescen-te, tra i banchi di scuola, a uno stile di vita ecososteni-bile e ad essere responsabilizzato nei suoi comporta-menti. Un esempio è quello dei rifiuti a Napoli, ove iveti incrociati di pseudo ambientalisti, che hanno con-dotto vere e proprie campagne di terrorismo mediatico,hanno fatto in modo di non riuscire a smaltirli, per cuisi è deciso di mandarli all’estero. Ritengo sia mortifi-cante per una società evoluta non riuscire a coniugaresviluppo e sostenibilità. Non dobbiamo essere contro latecnologia perché è grazie ad essa se sono aumentate leaspettative di vita degli uomini. È il caso delle tecnolo-gie mediche. Alcune di esse producono rifiuti legger-mente radioattivi, questo però serve a curare e prolun-gare la vita dell’uomo ed è pura demagogia non per-mettere la costruzione di un sito di stoccaggio naziona-le in cui depositare tali materiali, che invece finiscononelle discariche ordinarie. In quanto al turismo è facile

capire che in un ambiente degradato e inquinato il turi-smo non è proponibile. 3. A voi interessano anche la cultura alimentare e latutela del consumatore. Cosa intendete fare su questosettore?Annualmente presentiamo un rapporto sulle frodi perfotografare la situazione del sistema Italia su tale que-stione e informarne i cittadini.Siamo stati inoltre promotori di una proposta di leggesulla tracciabilità dei cibi, ma non solo di quelli eti-chettati dei supermercati, bensì anche di quelli dei risto-ranti. Credo sia diritto del consumatore sapere la prove-nienza degli ingredienti con cui vengono preparati i cibiche consumiamo. Un esempio per tutti: la pizza. Il con-sumatore deve sapere la provenienza dell’olio utilizza-to, dei latticini. Sapere se il pomodoro è di importazio-ne cinese o nostrano. Senza nulla togliere al pomodorocinese, ma l’importante è la trasparenza.4. Finalmente, quindi, possiamo dire di aver trovato invoi un movimento con la volontà di migliorare l’am-biente a tutto campo proteggendolo, curandolo, senzalimitarsi al vecchio concetto ambientalistico del “nonfare nulla per paura di sbagliare”. È così?Esatto. Noi ci chiediamo di continuo qual è il rischiominore per una buona qualità della vita dell’uomo. Èdemagogico pensare di lasciare inalterato l’ambiente incui si vive. Qualunque attività umana lo modifica, daquelle dei cavernicoli alle moderne civiltà industriali.Non si ferma il progresso perché non si ferma l’uomo.L’importante è non far collassare l’ecosistema e punta-re tutto su uno sviluppo sostenibile.5. Penso che molti Colleghi medici saranno attirati dall’i-dea di aderire a FARE AMBIENTE: come possono farlo?Possono aderire contattando FARE AMBIENTE me -diante il nostro sito www.fareambiente.it, oppure rivol-gendosi ai nostri Coordinatori regionali e provinciali.Il prof. Pepe ci saluta cordialmente, ben consapevoleche il mondo della medicina (e in particolar modo quel-lo ospedaliero) non può che essere d’accordo con le tesidi FARE AMBIENTE. Ed è così vero questo concettoche io stesso, cari Colleghi medici degli ospedali di tuttaItalia, mi sono fatto affascinare dalla vivacità e dai pro-grammi di FARE AMBIENTE, tanto da chiedere di ade-rire a questo Movimento, all’interno del quale mi è giàstato dato un ruolo importante. Vorrei quindi estenderea tutti Voi, cari Colleghi, l’invito a contattarmi per ade-rire a FARE AMBIENTE, partecipando così alle suemeravigliose battaglie, dalla difesa della natura allalotta alle frodi alimentari.

Vi aspetto sul mio sito [email protected]

Enrico Hüllweck

già parlamentare e sindaco di Vicenza

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IL MEDICO ospedaliero e del territorio - Anno X - n. 3/2012 33

Come  comportarsi  con  le  terapie  prescritte  da  altri

Colleghi

Il­dott.­N.­A.­ci­scrive:­“Vorrei­un’informazione­più­deon-

tologica­che­sindacale,­se­è­possibile.­Vale­a­dire,­i­medi-

ci­ospedalieri­possono­rifiutarsi­di­praticare­sul­paziente

terapie­prescritte­da­altri­Colleghi­e­non­condivise­?”

L’estrema sinteticità del quesito non può che riflettersi

sulla necessaria genericità della risposta, sperando tra l’al-

tro di interpretare correttamente anche i Suoi silenzi.

Con ciò voglio dire che:

- se gli “altri Colleghi” sono gli specialisti di branca

chiamati in consulenza sul paziente ricoverato (ad

esem pio: consulenza cardiologica, od urologica, od

oncologica, su paziente ricoverato in medicina o chi-

rurgia generale), è ben difficile che il medico del

Reparto richiedente la consulenza se la senta poi di dis-

sentire rispetto alle indicazioni terapeutiche di stretta

competenza specialistica suggerite dal Collega;

- se gli “altri Colleghi” sono invece dello stesso Reparto,

e dello stesso livello di competenza ed esperienza, è

meglio chiarire prima verbalmente e civilmente i moti-

vi del contendere e, se non si giunge ad un’intesa con-

divisa, è opportuno coinvolgere il superiore gerarchico

per arrivare ad un’indicazione terapeutica definitiva e

ponderata. Se invece “l’altro Collega” è il Primario

stesso, o comunque il Superiore di fatto nell’organiz-

zazione del Reparto, solitamente se ne accetta l’indica-

zione terapeutica, salvo annotare in cartella l’Autore

dell’indicazione terapeutica potenzialmente contesta-

bile. Non depone bene, infatti, in caso di incidenti pro-

fessionali, danni o lesioni ai pazienti, che il Giudice

istruttore che indaga sul caso trovi in cartella annota-

zioni polemiche, o radicali cambi di terapia, salvo che

il medico “correttore” se ne assuma poi la piena

responsabilità, con tutte le possibili sequele, anche sul

piano disciplinare. ...Medico-madre in allattamento e libera professione in -

tramoenia

La­dott.ssa­M.B.­ci­scrive:­“Avrei­bisogno­di­sapere­se­una

madre-medico­con­incarico,­svolgendo­orario­ridotto­per

allattamento,­può­passare­una­giornata­(sempre­con­ora-

rio­ridotto)­a­svolgere­libera­professione­intramoenia”.

Non mi risulta che ci sia un’incompatibilità formalmente

sancita a livello contrattuale tra l’orario ridotto della

donna-madre medico-dipendente in periodo di allattamen-

to (e quindi beneficiaria dei permessi giornalieri di cui

all’art. 39 del D.Lgs. 151/2001 durante il 1° anno di vita

del bambino) e l’esercizio della libera professione intra-

moenia. Tuttavia una contraddizione c’è tra la riduzione

oraria richiesta (e goduta) per l’allattamento e la libera

professione intramoenia, che comporta invece un extrao-

rario di lavoro, con riduzione quindi del tempo da dedica-

re complessivamente al figlio o alla figlia di piccola età.

Chieda, comunque, per sicurezza, al Responsabile della

UOC Gestione risorse umane della sua ASL se non ci sono

difficoltà alla realizzazione del suo obiettivo, visto che,

purtroppo, le posizioni radicali ed estreme non mancano

nel nostro Paese e nelle nostre ASL e, in questo caso, qua-

lora l’orario ridotto per l’allattamento venisse assimilato in

via analogica al part-time, l’inibizione della libera profes-

sione (sia intra che extramoenia) sarebbe automatica....Convenienza o meno del riscatto degli anni di studio

Un­Collega-dirigente­CIMO-ASMD­ci­chiede,­a­beneficio

dell’iscritto­ C.A.:­ “Il­ Collega­ ha­ prestato­ servizio­ per

circa­9­mesi­all’inizio­degli­anni­’90­con­rapporto­a­tempo

determinato­ e,­ dal­ gennaio­ 1992­ ad­ oggi­ continuativa-

mente­ a­ tempo­ indeterminato.­ Il­ quesito­ è­ se­ convenga

riscattare­ gli­ anni­ di­ Università­ e­ specializzazione­ (in

totale­ anni­ 8,­mesi­ 9­ e­ giorni­ 13)­ con­ spesa­ prevista­ di

circa­21.000­euro­più­gli­interessi.”

Ritengo che nel caso del Collega dott. C.A. il riscatto degli

8 anni e 9 mesi circa del periodo di studi possa essere con-

veniente per le seguenti ragioni, pur non essendo utile per

una pensione di anzianità o anticipata (pressoché elimina-

te dalla riforma Monti-Fornero). Infatti:

- col riscatto anzidetto arriverebbe a poter conteggiare

circa un terzo della Sua vita contributiva complessiva

IL DIRETTORERISPONDE

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il­direttore­risponde

Il medIcoospedalIeRoe del teRRItoRIo

IL MEDICO ospedaliero e del territorio - Anno X - n. 3/201234

con il sistema retributivo, più vantaggioso;

- accrescerebbe quindi in modo sensibile la Sua futura

pensione;

- gli oneri del riscatto sono interamente deducibili ai fini

fiscali;

- l’onere del riscatto non è, in questo caso, particolar-

mente gravoso;

- in caso malaugurato di invalidità e premorienza, sareb-

bero ben maggiori le tutele assicurative per sé e/o per

la famiglia;

- infine, operando il riscatto, è un po’ come se il Collega

aderisse ad un Fondo di previdenza complementare,

ma avendo meno rischi e maggior rendimento, oltre

che minori spese.

Unico rischio è che, da oggi all’età della pensione, possa-

no intervenire ulteriori processi di riforma previdenziale

capaci di vanificare i sacrifici sostenuti col riscatto....Incompatibilità  all’esercizio  libero  professionale  in

strutture sanitarie accreditate

Il­dott.­N.W.­ci­scrive:­“Sono­medico­ospedaliero­con­rap-

porto­extramoenia­da­molti­anni.­Recentemente­ho­chiesto

all’amministrazione­ l’autorizzazione­ ad­ eseguire­ visite

spe­cialistiche­presso­strutture­sanitarie­accreditate.­L’au­-

torizzazione­ tuttavia­mi­è­ stata­negata.­Chiedo­conferma

sulla­regolarità­di­questa­decisione­ed­eventualmente­vor-

rei­sapere­se­posso­ricorrere­e­su­quali­basi”.

La Sua amministrazione l’ha informata correttamente,

infatti a prescindere dal rapporto di lavoro esclusivo o non

esclusivo, ai medici dipendenti è inibito l’esercizio libero

professionale presso strutture sanitarie convenzionate o

accreditate con il SSN.

Tutto ciò ai sensi del D.Lgs. 502/92 e successive modifi-

cazioni ed integrazioni, per evidenti ragioni di conflitto di

interessi e/o illegittima concorrenza.

Carlo­Sizia

Il Dottor Carlo Sizia fornisce risposte alle richieste di pareri

su problemi sindacali, inviate, complete di tutte le informazioni necessarie a:

Segreteria nazionale CIMO-ASMD, Via Nazionale 172 - 00184 Roma

Fax 06.6780101E-mail: [email protected]

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Editors: M.G. Balzanelli, A. Gullo

Volume di 2016 pagineF.to 13x19,5 - € 110,00

Principi di scritturascientifica

PRINCIPI DI SCRITTURA SCIENTIFICADaniele Canestrelli • Daniele Porretta

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Autori: D. Canestrelli, D. Porretta

Volume di 118 paginef.to cm 15x21€ 25,00

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Ai primi di marzo è scoppiata la buferagiudiziaria sulla Lega Nord. Le Procuredi Milano e Napoli e la Direzione distret-tuale di Reggio Calabria hanno iscrittonel registro degli indagati il tesoriere,Francesco Belsito. L’accusa è di appro-priazione indebita aggravata, truffa aidanni dello Stato e riciclaggio. Soldiprovenienti dai rimborsi elettorali sareb-bero stati usati per spese private deifamiliari di Umberto Bossi e del VicePresidente del Senato, Rosy Mauro. Il5/04 Umberto Bossi ha rassegnato ledimissioni da Segretario della Lega e ladirezione del Partito è stata momenta-neamente affidata ad un Triunvirato,cioè a Maroni, Calderoli e Del Lago.Anche Renzo Bossi ha rassegnato ledimissioni dai suoi incarichi politici pres-so la Regione Lombardia. È triste laparabola discendente di Umberto Bossi(e dell’immagine della sua famiglia),uomo a cui parecchi politologi hannoriconosciuto un certo intuito politico, manel contesto non esaltante dei politici,anzi dei politicanti, “all’italiana”.. . . .Il 4/04 la Camera ha definitivamenteapprovato il decreto legge 5/2012,recante “disposizioni urgenti in materiadi semplificazione e sviluppo”. Contienedisposizioni: sulla velocizzazione deiprocedimenti amministrativi (ancheattraverso modifiche alla legge 241/90sulla correttezza e trasparenza ammini-strativa); novità su patenti ed autotra-sporto, sullo snellimento relativo allepratiche di assunzione di lavoratori sta-gionali, nonché in materia di ambiente,appalti e ricerca; sulla nuova sperimen-tazione della social card e sulla prorogadi un anno del bonus per le assunzioninelle Regioni del Sud, ecc.. . . .Il 4/04 il Governo ha presentato lariforma del lavoro, attraverso specifico

disegno di legge. Torna il reintegronell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori,se il motivo economico del licenzia-mento è palesemente insussistente.Lo deciderà il Giudice nei casi previstidalla legge. L’indennizzo invece potràarrivare a 24 mesi. Per i dipendentipubblici è prevista una delega ad hoc.Per attuare la stretta su partite IVA eco.co. pro. ci sarà un periodo transito-rio di 12 mesi. Saranno più cari i con-tratti a termine, con regole per evitar-ne l’uso scorretto, così come vengonoriviste le regole sul contratto intermit-tente, a tempo parziale, sui lavori aprogetto e sulle altre forme di flessibi-lità in entrata. Trattandosi di un dise-gno di legge, tutti i soggetti interessa-ti (sindacati, Confindustria, forze poli-tiche, lobby, ecc.) hanno forzato perintrodurre qualche modifica, con ilrisultato che nessuno sa più quale siala “logica” del provvedimento, cheavrebbe dovuto favorire l’occupazio-ne, più che il licenziamento, fornendotutele a chi oggi ne è privo. Finora, ildisegno di legge è stato solo approva-to da un ramo del Parlamento(Senato). È previsto anche un riordinocomplessivo degli ammortizzatorisociali, ma con effetti a regime dilazio-nati nell’arco di qualche anno.. . . .Su “Il Sole-24 Ore” del 17/04 si èappreso della Sentenza del Consigliodi Stato n. 2104 del 13 aprile 2012,che riabilita politici e sindacalisti nelleCommissioni di concorso, dopo i ripe-tuti “no” di vari TAR. Se questa è lanuova filosofia (e se sarà confermata),è da prevedere che le incompatibilitàper coloro che ricoprono cariche politi-che e sindacali vengano sensibilmenteridimensionate. Il nuovo criterio po -trebbe riguardare anche la nomina deicomponenti degli Oiv (Organismi indi-pendenti di valutazione), per i qualil’art. 14, c. 8, del D.Lgs. 150/2009 (ri -

forma Brunetta) prevede oggi incom-patibilità di nomina per cariche politi-che e sindacali.. . . .Il 20 aprile, a Washington, il G20 hapreso l’impegno di aumentare di oltre430 mld di dollari le risorse a disposi-zione del Fondo monetario internazio-nale per affrontare le emergenze eco-nomiche dei Paesi membri, in aggiuntaalle quote previste dalla riforma del2010. Le risorse, erogate attraversoprestiti bilaterali temporanei, sarannodisponibili per tutti i membri del Fondostesso. Importante il contributo anchedi Cina e Russia, per almeno 72 mld didollari. . . . .Il 24 aprile, in terza lettura, è statoapprovato definitivamente dal Senato ilcosiddetto “decreto fiscale”, n. 16/2012,recante “Disposizioni urgenti in materiadi semplificazioni tributarie, di efficienta-mento e potenziamento delle procedu-re di accertamento. È il provvedimentoche contiene, tra l’altro: le modifiche alpagamento dell’IMU (in due o tre rate, agiudizio del proprietario), con l’accontodi giugno (entro il 18) pagato sull’ali-quota base (4% sulla prima casa;10,6% dalla seconda in su) e congua-glio entro il 17/12 sulla base delle ali-quote fissate da Stato e Comuni; lapossibilità della cessione dei crediti alleBanche nella modalità pro-solvendo; loslittamento al 16 luglio del termine perpagare l’imposta di bollo sui capitaliscudati e al 1° luglio dell’addio al con-tante per stipendi e pensioni oltre i 1000€; l’abbandono del vecchio sistema diassegnazione (beauty contest) dellefrequenze TV, sostituito dall’asta com-petitiva delle frequenze TV liberate conil passaggio dall’analogico al digitale,ecc. Il provvedimento spazia altresìdagli interventi per il contrasto all’eva-

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sione alle novità sugli studi di settore;dal nuovo catasto agli accertamentiesecutivi; dagli interventi sul contenzio-so alle modifiche delle sanzioni ammini-strative; dal potenziamento dei controllisui giochi alle novità sulle indaginidoganali, ecc.. . . .Il 30/04 Enrico Bondi (ex ad diParmalat) è stato nominato Com -missario per razionalizzare gli acqui-sti di beni e servizi e, in sostanza, perpresiedere ai criteri per la “spending

review”, mentre Giuliano Amato èstato nominato “consigliere” per lariforma del finanziamento dei Partiti eFrancesco Giavazzi per le agevola-zioni alle imprese. Noto almeno duecontraddizioni: se il Governo Monti èun Governo “tecnico” (come dimo-strato dal fatto che non ha legittima-zione politico-democratica), non pote-va aver bisogno di “tecnici di suppor-to”; inoltre, come può Giuliano Amato,con la sua storia politica, essere con-siderato un tecnico, per giunta conresponsabilità in materia di finanzia-mento dei Partiti?. . . .Il 2/05 il Governo è stato battuto su unemendamento, presentato dall’Idv, cheha abrogato un articolo con una normaa favore dei manager pubblici: la normastabiliva che il taglio degli stipendi deimanager anzidetti sarebbe stato inin-fluente per la definizione della pensionenella quota calcolata con il sistemaretributivo.. . . .Tra il 4 ed il 5 maggio è stato sotto-scritto un protocollo tra Funzione pub-blica, Regioni, Enti locali e sindacatisulla riforma del pubblico impiego. Insostanza: vengono superate, ancorprima di essere state concretamenteattuate, le tre fasce di merito imposted’autorità dalla riforma Brunetta;saranno rivisti i criteri rigidi che impo-nevano l’accorpamento degli attuali12 settori della contrattazione del pub-blico impiego in soli 4 Comparti, erelative aree dirigenziali; sono ripristi-nate regole di buon senso e di parte-cipazione dei lavoratori in materia diorganizzazione degli uffici pubblici. Icontenuti del protocollo verranno tra-

dotti in un disegno di legge che colle-ga il pubblico impiego a due direttive-chiave del programma dell’attualeGoverno: la riforma del lavoro, curatadal Ministro Fornero; la spending

review, coordinata e diretta da EnricoBondi. . . . .Il 6-7 maggio (1° turno) ed il 20-21(ballottaggi), si sono svolte le elezioniamministrative in un campione signifi-cativo di realtà locali: crollo del Pdl (-14 punti); perdita del Pd (- 5%),dimezzamento della Lega (con l’unicavittoria significativa della lista Tosi aVerona), l’Udc ha tenuto. Unico verosuccesso, quello del “Movimento 5Stelle” (7-8 %). Paurosamente au mentato l’astensio-nismo. Simbolo dei ballottaggi è la vit-toria del Movimento 5 Stelle a Parma:Pizzarotti sindaco con il 60,2% deivoti. Pur non potendosi fare raffrontiprecisi con le precedenti consultazio-ni per il gran numero di liste civiche, sipuò dire che il Cen trosinistra vince in14 Capoluoghi, mentre 6 vanno al Pdle 1 alla Lega. Nelle elezioni comuna-li, il Pd vince in 93 casi, il Pdl solo in34. Singolare, poi, come il Pd, anchequando vince il Centrosinistra, nonriesca a piazzare i suoi candidati(come è avvenuto con Marco Doria, aGenova, e Leoluca Orlando, aPalermo). Se il Presidente Napolitanopensava che i Partiti si ri prendessero,e sapessero autoriformarsi, nel perio-do di “interregno” del Governo tecnicodi Monti, direi che l’obiettivo è fallitoclamorosamente.. . . .Il 15 di maggio, in Grecia, le forze poli-tiche hanno dovuto prendere atto cheera impossibile formare un nuovoGoverno, dopo che le elezioni politichedei primi di maggio avevano dato unrisultato incerto, con spaventoso frazio-namento del quadro politico. Si ritor-nerà al voto il 17 giugno.. . . .Il 15/05 il Sottosegretario alla Giustizia,Andrea Zoppini, ha dato le dimissionidopo aver appreso di essere statoiscritto nel registro degli indagati dallaProcura della Repubblica di Verbania.Da consulente, secondo l’accusa,

avrebbe aiutato un’azienda del No -varese ad eludere il fisco.. . . .Il 19/05 un ordigno, confezionato contre bombole di gas attivate da un timer,ha ucciso una ragazza davanti allaScuola professionale Morvillo-Falconedi Brindisi, ferendone altre. Già assicu-rato alla giustizia il responsabile, reoconfesso.. . . .Il 20/05, e poi ancora il 29/05, un vio-lento terremoto, con epicentro nelmodenese, ha colpito al cuore l’Emilia-Romagna. Più di 30 morti, migliaia i feri-ti, incalcolabili i danni al patrimonio arti-stico ed al tessuto economico-produtti-vo di una zona tra le più laboriosed’Italia. Le repliche del sisma, anche sedi minore intensità, sono ancora oggipresenti. È proprio vero che le disgrazienon vengono mai da sole: se c’era unmomento in cui l’Italia non aveva biso-gno di calamità ulteriori, questo è pro-prio quello attuale!. . . .Il 30/05, su “Il Sole-24 Ore”, si è appre-so che Massimo Ponzellini, exPresidente di Bpm, è stato posto agliarresti domiciliari. Secondo l’accusa,sarebbero state promesse o versateconsistenti tangenti per sbloccare finan-ziamenti.. . . .Nella tradizionale relazione del 31/05, ilneo-Governatore della Banca d’Italia,Ignazio Visco, ha indicato al Governoed al Paese la via per uscire dall’attua-le crisi economico-sociale: tagli e rimo-dulazione della spesa; riduzione dellapressione fiscale; unione politica euro-pea più vera e con minori sudditanze, oprepotenze, di singoli Paesi; un Fondoper i debiti sovrani eccessivi. Ha altresìindicato tra le riforme urgenti: istruzio-ne, giustizia, sanità. Tutti si son dettid’accordo; mi stupisce invece come aiPartiti politici, e all’attuale Governo, nonsiano “fischiate le orecchie”.. . . .Tra l’8 e il 9 di giugno la Spagna hachiesto l’aiuto dell’Europa per ricapita-

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Carlo Sizia

lizzare le proprie Banche, attraverso ilricorso ai prestiti dell’Efsf (Fondosalva-Stati). La richiesta è stata accol-ta, in linea di massima, fino alla misu-ra di 100 mld di euro (forse ne baste-ranno 70-80).. . . .L’8/06 il Governo Monti, prendendo incontropiede i Partiti e forse con qualcheforzatura sul piano formale, ha nomina-to Anna Maria Tarantola (già ViceDirettore Generale della Banca d’Italia)Presidente del Cda Rai, annunciando la“candidatura” di Luigi Gubitosi qualedirettore generale. Il Consigliere delTesoro sarà Marco Pinto. Gli altri com-ponenti del Cda Rai saranno eletti dallaCommissione parlamentare di vigilan-za. La Presidenza dell’Agcom andrà adAngelo Maria Cardani.. . . .L’11/06 l’ISTAT ha certificato la reces-sione in atto nel nostro Paese: - 0,8%del PIL nel 1° trimestre 2012, rispetto altrimestre precedente; - 1,4% in terminitendenziali, nei confronti del 1° trime-stre 2011. Per l’intero 2012, il Governoha previsto, nel Documento economicofinanziario, una contrazione del PILdell’1,2%, ma è più probabile che ci siavvicini all’ultima stima della Com -missione europea (- 1,4%). Il Centro-studi Confindustria ha altresì docu-mentato come, in tre anni, nella clas-sifica mondiale del manifatturiero,l’Italia abbia perso 3 punti, passandodal 5° all’8° posto, anche se rimane inEuropa al 2° posto, dopo la Germania(da “Il Sole-24 Ore”, rispettivamentedel 12/06 e del 7/06).. . . .Il 14/06, alla Camera, con ripetuti votidi fiducia e con crescente numero diastenuti, è passato il ddl anticorruzio-ne. Notevole insoddisfazione haespresso il Pdl che, per bocca diCicchitto, ha anticipato che al Senato(sarà già la terza lettura) lavorerà persignificative correzioni al testo e nonaccetterà voti di fiducia. In particolare,il Pdl lamenta che non ci sia ugualeattenzione del Governo e delParlamento in materia di nuova e piùrigorosa disciplina di legge sulle inter-cettazioni telefoniche e sulla respon-sabilità civile delle toghe. In pari data

è stato dichiarato il fallimento delleholding di Salvatore Ligresti.. . . .Il 15/06 il Consiglio dei Ministri haapprovato faticosamente (nella for-mula “salvo intese”) il decreto svilup-po (“Misure urgenti per la crescita delPaese”). Ci sono voluti circa 10 giorniper la firma del Presidente Napolitanoe la pubblicazione in G.U. del dl83/2012 (in Gazzetta 147 del 26/06).Il provvedimento contiene, tra l’altro:l’innalzamento dal 36 al 50% delbonus fiscale per le ristrutturazioni incasa; l’incentivo per il risparmio ener-getico (55%) varrà fino al 31/12/2012,poi dal 2013 si ridurrà al 50%; è intro-dotto un filtro di ammissibilità degliappelli per velocizzare la giustiziacivile; in materia ambientale il Sistri èsospeso sino al 30/06/2013; la costi-tuzione di una Srl con procedurasemplificata non si limiterà più agliunder 35; l’istituzione dell’Agenziaper l’Italia digitale; un nuovo avviodella dismissione del patrimonio pub-blico inutilizzato o mal gestito; taglialle spese di Palazzo Chigi e delMinistero dell’Economia “per dare l’e-sempio”, ecc., ecc. A mio giudiziosono “fuorvianti” le parole del MinistroPassera, secondo il quale gli investi-menti avviati dal provvedimento “arri-vano a 80 miliardi di euro”. Non misarei aspettato da un ex alto dirigentedi Banca Intesa un uso così disinvol-to delle cifre, che dovrebbero essere“oggettive”, non presunte, ipotetiche,immaginifiche. E poi, chi li fa gli “inve-stimenti”: lo Stato o i singoli cittadini?. . . .Il 17/06 è stata una giornata di elezio-ni politiche “internazionali”: in Franciail Partito socialista ha ottenuto lamaggioranza assoluta nel rinnovodelle Camere; in Grecia hanno vintole forze moderate “pro euro” e così inpochi giorni è stato formato il nuovoGoverno, con nomina a Premier diAntonis Samaras, sostenuto da NeaDemokratia, Pasok e Sinistra demo-cratica; le elezioni presidenziali inEgitto hanno visto, dopo molte incer-tezze, vincitore Mohamed Morsi, deiFratelli musulmani. Tuttavia in Greciail nuovo Governo ha già chiesto allatroika (Ue, Bce, Fmi) una dilazione di

due o tre anni per i nuovi tagli di spe -sa chiesti dall’Europa ed in Egittostenta a farsi da parte il vecchio “regi-me dei generali”.. . . .Il 18/06 il pm De Pasquale ha chiestola condanna a tre anni e otto mesi perSilvio Berlusconi, accusato di frodefiscale per i presunti “fondi neri”, otte-nuti “gonfiando” i costi degli acquistidei diritti Tv da parte di Mediaset. Il20/06 via libera del Senato all’arrestodell’ex tesoriere della Margherita,Luigi Lusi. Nell’occasione, il Pdl si èastenuto. Il 28/06 (da “Il Sole-24 Ore”)si è invece appreso della dichiarazio-ne di prescrizione e di assoluzione diSilvio Berlusconi e figlio, ed altri impu-tati, coinvolti nel filone romano dell’in-chiesta Mediatrade-Mediaset.. . . .Al vertice del G 20 di Los Cabos(Messico) si sono nuovamente fatte“molte parole” (18-19/06). Questi irisultati modesti, nonostante le pres-sioni USA: “I Paesi del G 20 si impe-gnano ad adottare le misure necessa-rie per rafforzare la domanda, soste-nere la crescita globale e ristabilire lafiducia”. Stop.. . . .Il 20/06 Ben Bernanke (FederalReserve) ha annunciato una seconda“operazione twist”, che durerà fino afine anno, con interventi per 267 miliar-di di dollari. La Fed venderà titoli abreve per comprare titoli a lungo perio-do, abbassandone così i rendimenti,fornirà più liquidità alle Banche, agevo-lerà prestiti e spesa.. . . .Il Ministro Fornero ha finalmenteammesso che gli “esodati” non sonosolo i 65.000 “salvaguardati” dal de -creto interministeriale Lavoro-Eco -nomia da lei predisposto (cioè i lavo-ratori che al 4/12/2011 risultavano giàin mobilità e con i requisiti per il pen-sionamento in maturazione nei tre an -ni successivi, quattro nel Mez zo-gior -no). Si tratta di almeno altri 55.000(anche se non i 300.000 dell’INPS),

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cioè lavoratori con data di licenziamen-to successiva al 4/12/2011 ed in mobi-lità a seguito di accordi sindacali sti-pulati entro il 31/12/2011. La patatabollente per questi ulteriori “salva-guardandi” passerà direttamente alPresidente Monti, che dovrà trovarele risorse necessarie. Non è peròdetto che per tutti debba valere la“deroga previdenziale”, potendosiprevedere per i meno anziani l’esten-sione del sussidio di disoccupazione,o formule di sostegno all’occupazio-ne, o il ricorso a lavori socialmenteutili, ecc. Tutto ciò secondo quantoco municato e deciso fino al20/06/2012.. . . .Nell’incontro romano a 4 (Italia,Germania, Francia, Spagna) del22/06 si è deciso di andare avanti conla Tobin tax finanziaria (anche senzaLondra) e di presentare al ConsiglioUe del 29 e 30/06 un pacchetto di 130mld per la crescita. Nuovo “no” dellaMerkel, oltre che per gli euro bond,anche per l’uso dei Fondi Ue per aiutidiretti alle Banche. Quindi un “quasino” anche alla proposta Monti diusare le risorse del Fondo salva-Statiper interventi diretti sui mercati al finedi “calmierare gli spread”. Dato chenon costava nulla, è stato ribadito chela scelta dell’euro “è irreversibile”.. . . .Tra il 23 e il 24/06 si è appreso amezzo stampa che Roberto For -migoni è indagato per corruzione efinanziamento illecito, in concorsocon Pierangelo Daccò, nell’ambitodell’inchiesta sulla Fondazione Mau -geri. Poiché a pensar male si fa pec-cato (Andreotti), ma talvolta ci si az -zecca, si potrebbe anche ritenere(indagini sulla sanità lombarda, sulSan Raffaele, nuovo affondo anti-Ber -lusconi del pm De Pasquale, ecc.)che la magistratura lombarda ritengaimminenti le elezioni politiche.. . . .Tra il 26 e il 27/06 la Camera, con unavalanga di voti di fiducia, ha definiti-vamente approvato il ddl di riformadel Lavoro, presentata dal Ministro

Fornero, per evitare che Monti andas-se “a mani vuote” al vertice Ue di finemese. Le novità essenziali sono: l’ap-prendistato diventa il canale abitualed’ingresso dei giovani al lavoro; ladurata del primo “contratto a tempo”sarà di 1 anno, senza dover specifi-care i requisiti per i quali viene richie-sto, con pause che crescono tra uncontratto e l’altro per evitare abusi;misure per evitare che le “partite IVA”nascondano in realtà un rapporto dilavoro subordinato; rimane il reinte-gro per i licenziamenti discriminatori;per i licenziamenti disciplinari ci saràl’indennizzo (massimo di 24 mesi),salvo che il giudice scelga il reintegro,ma solo sulla base dei casi previstidai contratti collettivi (cosiddetta“tipizzazione”); i licenziamenti econo-mici potranno dar luogo a reintegrosolo in caso di manifesta insussisten-za delle ragioni (economiche) addot-te; l’ASPI (Assicurazione Sociale Perl’Impiego) dal 2013 sostituirà leindennità di disoccupazione e dimobilità, ecc. I Partiti che sostengonoil Governo, pur votando la fiducia,chiedono modifiche urgenti: il Pdl, perl’allentamento dei vincoli sulla flessi-bilità in entrata; il Pd, per l’estensionedella copertura degli ammortizzatorisociali e per l’ampliamento della pla-tea degli “esodati”. Il Presidente diConfindustria, Squinzi, ha definito lariforma “una boiata”, il MinistroFornero “il miglior testo possibile”. Aprescindere dal giudizio, non ritengoche il provvedimento abbia poterimiracolistici capaci di “creare occupa-zione”. La nuova legge (n.92/2012) èstata pubblicata sul suppl. ord. n.136alla G.U. del 03/07/2012 ed entrerà invigore il 18 luglio, anche se la decor-renza di alcuni istituti è scaglionatanel tempo.. . . .Il 28/06 (G.U. n. 149) è stato pubbli-cato il decreto legge 28/06/2012, n.89, che proroga al 31 ottobre 2012 lapossibilità dell’intramoenia allargata(il termine precedente, di cui all’art.10, commi 2 e 3, del dl 216/2011, con-vertito in legge 14/2012, scadeva il30/06/2012). Ridicolo che si continuia procedere con proroghe così stret-te, anziché impegnarsi (una volta pertutte) in un riassetto organico e dura-

turo della libera professione dei medi-ci dipendenti.. . . .Il 28 e 29/06 il Consiglio europeo diBruxelles ha deciso: di rendere possi-bile l’utilizzo del Fondo salva-Stati(Efsf-Esm), in funzione “calma-spread, mediante acquisto sui merca-ti dei titoli di Stato italiani e spagnolifino a 80 mld di euro nel 2012; di tra-sferire entro un anno alla BCE il con-trollo centralizzato unico sulleBanche; di consolidare entro fino2012 l’unione economica, monetariae di bilancio dell’Europa; di ricapitaliz-zare di 10 mld di euro la Bei (Bancaeuropea degli investimenti) e di libe-rare più di 100 mld di investimentisupplementari, ripartiti in tutta Eu -ropa, compresi i Paesi più vulnerabili,per sviluppo, infrastrutture, ecc. Lastampa compiacente, ed i mercati del29/06, hanno accreditato a Monti la“vittoria di tappa”. Io sarei più pruden-te, nutrendo relativa maggior fiduciain Mario Draghi che in Mario Monti.Solo il tempo dirà se quella di Monti èstata “vittoria vera”.. . . .Siamo alla vigilia di nuovi tagli (sottospecie di “spending review”) per cer-care di evitare l’aumento di 2 puntidell’IVA, dal prossimo autunno (cosache sarebbe catastrofica per consu-mi, occupazione e svalutazione); in -quietudini profonde attraversano iPartiti (il Pdl e la Lega, in particolare);anche il Vaticano produce “scandali”;Berlusconi rilascia dichiarazioni in -quietanti (in contraddizione con ilSegretario del Pdl); i Partiti (tutti)sono praticamente “inguardabili” e,solo che magistrati e Corte dei Contivolessero, si dimostrerebbe che nes-suno di loro “agisce secondo legge ecorrettezza”; Beppe Grillo ride e faridere (in fondo, è il suo mestiere);l’America di Obama non sta bene;meglio non parlare di Medio Oriente,di Egitto, di Siria, dell’Afghanistan,ecc. Anche la nostra categoria nonsta bene, ma forse il nostro Paese nelsuo complesso sta ancora peggio.Meglio, quindi, vivere alla giornata,sperando nella fortuna o, per chicrede, in Dio. Buone vacanze 2012!

Carlo Sizia

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B. I SERVIZI

1. PROGRAMMA DI PROTEZIONECIMO-ASMD offre ai propri iscritti, in col-laborazione con Willis e lo Studio LegaleFaletti di Torino, la possibilità di coprire,ad un costo vantaggioso, i tre ambiti ditutela che sono maggiormente richiesti:1. un immediato contatto telefonico ovia web con professionisti legali persapere il da farsi in frangenti delicati incui potrebbe essere coinvolta la respon-sabilità personale del dirigente medicononché una risposta tempestiva scritta,nell’arco di 24 ore, ai quesiti in materiadi responsabilità professionale che so -pravvengono ed incalzano il medico neimomenti topici delle sue scelte (PROTE-ZIONE IMMEDIATA)2. una assistenza professionale legaleper tutta la durata delle controversiegiudiziarie che dovessero coinvolgere,sia in sede civile che penale, il singolodirigente medico per fatti che interessi-no la sua responsabilità professionale,compreso l’esercizio della libera profes-sione intramoenia (anche allargata)(PROTEZIONE LEGALE)3. una polizza assicurativa per il casodella “colpa grave” che intervenga nelmomento in cui il soggetto che ne hatitolo contrattuale (Azienda Sanitaria osuo assicuratore) ovvero legale (la Pro -cura presso la Corte dei Conti) chiede aldirigente medico di “rimborsare” lasomma già liquidata al terzo danneggia-to a titolo di risarcimento del danno (lacd rivalsa dell’Azienda e l’azione della

Corte dei Conti) (PROTEZIONE ASSICU-RATIVA COLPA GRAVE)Per approfondimenti e costi consultare ilsito www.cimoasmd.it2. SERVIZIO QUESITIIl dott. Carlo Sizia fornisce risposte allerichieste di pareri su problemi sindacali,inviate, complete di tutte le informazio-ni necessarie, alla Segreteria nazionaleCIMO-ASMD, Via Nazionale 172 - 00184Roma (Fax 06/6780101; e-mail:[email protected]), indican-do il proprio recapito; per una rispostapiù immediata occorre indicare il nume-ro di fax personale o la propria e-mail.3. SERVIZIO DI ASSISTENZA LEGALEIl servizio di tutela legale per le contro-versie di lavoro degli iscritti CIMO-ASMDè affidato alle singole FederazioniRegionali CIMO-ASMD; l’iscritto devequindi rivolgersi alla propria SegreteriaRegionale per accedervi.4. VERIFICA BUSTA PAGA E CALCO-LO PENSIONE TEORICAPer richiedere tale servizio occorre invia-re, a CIMO-ASMD, Via Btg. Val Leogra,38/R, 36100 Vicenza (Tel. 0444/966131;Fax 0444/964265), la seguente docu-mentazione: a) fotocopia busta pagaattuale; b) stato di servizio, o dichiara-zione con precisa indicazione di tutti iperiodi e qualifiche ricoperti; c) schedarelativa ad inquadramento economico inatto (stipendio, IIS, ISM, RIA, salario diposizione e risultato); d) in caso di pas-saggio di qualifica presso ente o entidiversi: produrre anche la scheda d’in-quadramento economico nella qualificadi provenienza, con indicazione delleanzianità; e) in caso di verifica stipendiocon riferimento a tutti i servizi resi: pro-durre tutte le schede di inquadramentodisposte in applicazione dei vari accordidi lavoro. La risposta richiede almeno 30giorni dal ricevimento della documenta-zione completa.5. SERVIZI DI PATRONATO E ASSI-STENZA FISCALEConvenzione con il Patronato S.I.A.S.Servizio di assistenza e di consulenzatecnica medico legale, gratuito agliiscritti CIMO-ASMD ed ai loro familiari,per il conseguimento delle prestazioni diqualsiasi genere, previste dalla normati-va regolante la previdenza, la quiescen-za e la malattia professionale, fornite daivari Enti (INPDAP, INAIL, INPS, ecc.),nonché l’assunzione del patrocinio nelleopportune sede giurisdizionali. L’iscritto, e/o il suo familiare, può recar-si direttamente, dichiarando di essereassociato CIMO-ASMD, presso la sededel patronato della sua città, i cui indi-rizzi sono reperibili sul sito internetwww.patronatosias.it.Convenzione con i CAF MCL Presso tutte le sedi periferiche dei Centridi Assistenza Fiscale MCL, gli iscrittiCIMO-ASMD possono ottenere gratuita-mente il visto di conformità al modello730 già compilato oppure l’assistenzaalla compilazione ed all’elaborazione delmodello stesso, pagando una tariffaconvenzionata. Il CAF è in grado di dareassistenza anche nella compilazione delmodello Unico e nella denuncia ICI.

Il recapito del CAF della propria città èreperibile nel sito www.cafmcl.it. 6. FORMAZIONECIMO-ASMD offre a tutti i propri iscrittil’adesione alla S.P.E.ME., una societàscientifica che consente loro di parteci-pare, gratuitamente o con forti riduzioni,agli eventi formativi, accreditati E.C.M.da questa organizzati. Il calendario èdisponibile nel sito ww.speme.com.7. PUBBLICA “IL GRANDANGOLO”Quaderni di cultura sanitaria. Rivista tri-mestrale, edita da SPEME, inviata agliiscritti che ne fanno richiesta allaSegreteria nazionale.

C. LE CONVENZIONI

1. CONVENZIONI CON ALBERGHIBETTOJA HOTELSCentro Prenotazioni Tel. 06.4814798Fax 06.4824976E mail: [email protected]: www.bettojahotels.itHotel Mediterraneo**** superiore Via Cavour 15 - 00184 Roma Tel. 06 488 4051Hotel Massimo D’Azeglio****

Via Cavour 18 - 00184 Roma Tel. 06 487 0270Hotel Atlantico **** Via Cavour 23 - 00184 Roma Tel. 06 485 951Hotel Nord *** Via G. Amendola 3 - 00185 Roma Tel. 06 488 5441

STARHOTELS Tariffe particolari in tutti gli alberghidella catena. www.starhotels.comLe prenotazioni devono avvenire esclusi-vamente attraverso il numero verde800.860.200 identificandosi come iscrit-ti CIMO (codice CIMOAS)

LA CONCHIGLIABest Western***

84064 Palinuro (Sa)Via Indipendenza 52Tel. 0974/931018 – Fax 0974/931030www.hotellaconchiglia.ite-mail: [email protected]

GRAND HOTEL CROCE DI MALTA****

Viale IV Novembre 1851016 Montecatini TermeTel ++39 0572 9201 Fax ++39 0572767516 http://www.crocedimalta.comPer la convenzione consultare il sitowww.cimoasmd.it nella sezione servi-zi/convenzioni.

2. SERVIZI DI AUTONOLEGGIO CONCONDUCENTECIMO-ASMD ha concordato con IP CARSERVICE una tariffa di € 45,00 per il tra-sferimento da o per l’aeroporto di Fiu -micino-Roma centro. Per prenotare l’au-to telefonare al 347/99711.3. CONVENZIONE CON CLUB MEDICITariffe particolari a tutti gli iscritti CIMO-ASMD che usufruiranno delleofferte di Club Medici (tutte le info su www.cimoasmd.it e suwww.clubmedici.it)

Page 48: e del teRR ItoRIo - CIMOStampa: Ugo Quintily S.p.A., Acilia (Roma) Finito di stampare nel mese di Luglio 2012 Copia omaggio. Il giornale viene inviato da CIMO-ASMD ai propri iscritti.

PrinciPi e valori della cimo-asmd, da semPre:

1. libertà, dignità e responsabi-

lità del ruolo del medico nel

s.s.n.

2. essenzialità dell’area ne goziale

medica per il rico no scimento

del le nostre pe culiarità.

3. valorizzazione delle funzioni

cli nico-professionali, organiz-

zative e sociali dell’intera cate-

goria nel la gestione del bene-

sal ute.

4. lotta contro la burocrazia e

l’os sessione economicistica,

che mi nano qualità e si cu rezza

del sistema.

MENO MALECHE LA CIMO C’È!


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