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è La Somma Che Fa Il Totale WP

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Cinema
94
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Totò

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(nome).

« Al mio funerale sarà bello assai perché ci saranno parole, paroloni, elogi,

mi scopriranno un grande attore: perché questo è un bellissimo paese, in

cui però per venire riconosciuti qualcosa, bisogna morire. »

(Franca Faldini, citando le parole del compagno Totò[1])

Antonio De Curtis, in arte Totò

Firma

Totò, pseudonimo di Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno

Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio,[2] più semplicemente Antonio

De Curtis (Napoli, 15 febbraio 1898 – Roma, 15 aprile 1967), è stato un

artista italiano. Attore simbolo dello spettacolo comico in Italia,

soprannominato «il principe della risata», è considerato, anche in virtù di

alcuni suoi ruoli drammatici, uno dei maggiori interpreti nella storia del

teatro e del cinema italiani,[3][4][5][6][7][8] campi dove si affermò

particolarmente, ma si distinse anche al di fuori della recitazione, lasciando

contributi come drammaturgo, poeta, paroliere, cantante.

Nato Antonio Vincenzo Stefano Clemente[9][10] da Anna Clemente

(Palermo, 2 gennaio 1881 - Napoli, 23 ottobre 1947) e dal marchese

Giuseppe De Curtis (Napoli, 12 agosto 1873 - Roma, 29 settembre 1944),

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fu adottato nel 1933 dal marchese Francesco Maria Gagliardi

Focas.[11][12][13]

Maschera nel solco della tradizione della commedia dell'arte, accostato a

comici come Buster Keaton e Charlie Chaplin,[14][15][16][17] ma anche ai

fratelli Marx e a Ettore Petrolini,[18][19] in quasi cinquant'anni di carriera

spaziò dal teatro (con oltre 50 titoli) al cinema (con 97 pellicole) e alla

televisione (con 9 telefilm e vari sketch pubblicitari), lavorando con molti

tra i più noti protagonisti dello spettacolo italiano e arrivando a sbaragliare

con numerosi suoi film i record d'ascolti.[20][21] Adoperò una propria

unicità interpretativa, che risaltava sia in copioni puramente brillanti sia in

parti più impegnate, sulle quali si orientò soprattutto verso l'ultima fase

della sua vita, che concluse in condizioni di quasi cecità a causa di una

grave forma di corioretinite, probabilmente aggravata dalla lunga

esposizione ai fari di scena.[22] Spesso stroncato dalla maggior parte dei

critici cinematografici, fu ampiamente rivalutato in seguito alla sua

scomparsa,[23][13] tanto da vantarsi tuttora del titolo di comico italiano

più popolare di sempre.[24]

Franca Faldini, sua compagna, diventata giornalista e scrittrice dopo la

morte dell'attore, scrisse nel 1977 il libro Totò: l'uomo e la maschera,

realizzato insieme a Goffredo Fofi, in cui raccontò sia il profilo artistico sia la

vita dell'attore fuori dal set, con l'intento principale di smentire alcune false

affermazioni riportate da scrittori e giornalisti riguardo alla sua

personalità.[1]

Indice [nascondi]

1 Biografia

1.1 Lo «scugnizzo» del rione Sanità

1.2 I primi esordi e il variété

1.2.1 Liliana Castagnola

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1.3 L'avanspettacolo e l'incontro con il cinema

1.4 La rivista

1.5 La Totò-mania

1.6 La malattia agli occhi e il rientro

1.7 Gli ultimi lavori

1.7.1 La televisione

1.8 La morte

1.8.1 I funerali

2 Nella cultura popolare

2.1 Tributi

3 La questione nobiliare

4 Teatrografia

5 Filmografia

5.1 Attore cinematografico

5.2 Doppiatore cinematografico

5.3 Sceneggiatore cinematografico

5.4 Film di montaggio

6 Riconoscimenti cinematografici

7 Televisione

7.1 Attore televisivo

7.2 Sketch pubblicitari

7.3 Apparizioni televisive

7.3.1 Interviste

7.4 Interviste Radiofoniche

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7.5 Programmi televisivi sull'attore

7.5.1 Documentari

8 Poesie

9 Canzoni

10 Galleria fotografica

11 Note

11.1 Annotazioni

11.2 Fonti

12 Bibliografia

12.1 Bibliografia di riferimento

12.2 Bibliografia di approfondimento

12.2.1 Raccolte di poesie di Totò

12.2.2 Raccolte di battute di Totò

12.2.3 Monografie e studi su Totò

13 Voci correlate

14 Altri progetti

15 Collegamenti esterni

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Lo «scugnizzo» del rione Sanità[modifica | modifica wikitesto]

« Signori si nasce e io lo nacqui, modestamente! »

(Totò, dal film Signori si nasce)

Totò nacque il 15 febbraio 1898 nel rione Sanità (un quartiere considerato il

centro della “guapperia” napoletana[25]), in via Santa Maria Antesaecula al

secondo piano del civico 109,[25][26] da una relazione clandestina di Anna

Clemente con Giuseppe De Curtis che, in principio, per tenere segreto il

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legame, non lo riconobbe, risultando dunque per l’anagrafe "Antonio

Clemente, figlio di Anna Clemente e di N.N."[27][20][28][25]

Nato Antonio Clemente, ma conosciuto nel suo quartiere con il nomignolo di

"Totò", che gli fu attribuito dalla madre.[27][25] Qui fotografato all'età di

otto anni[29]

MarchesedeCurtis.jpg AnnaClemente.jpg

Il marchese Giuseppe De Curtis, il padre di Totò che, inizialmente, non lo

riconobbe come figlio naturale[28][25] Anna Clemente, la madre, che

tentò di introdurlo come sacerdote. «Meglio ‘nu figlio prevete ca ‘nu figlio

artista», affermava[30][29]

Totò durante il servizio militare, nel 1918

Solitario e di indole malinconica,[31][32][N 1][23] crebbe in condizioni

estremamente disagiate e fin da bambino dimostrò una forte vocazione

artistica che gli impediva di dedicarsi allo studio, cosicché dalla quarta

elementare fu retrocesso in terza. Ciò non creò in lui molto imbarazzo, anzi

intratteneva spesso i suoi compagni di classe con piccole recite, esibendosi

con smorfie e battute.[28][N 2] Il bambino riempiva spesso le sue giornate

osservando di nascosto le persone, in particolare quelle che gli apparivano

più eccentriche, cercando di imitarne i movimenti, e facendosi attribuire così

il nomignolo di «'o spione».[33] Questo suo curioso metodo di "studio" lo

aiutò molto per la caratterizzazione di alcuni personaggi interpretati durante

la sua carriera.[33]

Terminate le elementari, venne iscritto al collegio Cimino, dove per un

banale incidente con uno dei precettori, che lo colpì involontariamente con

un pugno, il suo viso subì una particolare conformazione del naso e del

mento; un episodio che caratterizzò in parte la sua "maschera".[33] Nel

collegio non fece progressi, decise di abbandonare prematuramente gli studi

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senza ottenere perciò la licenza ginnasiale.[34] La madre lo voleva

sacerdote,[28] in un primo tempo dovette quindi frequentare la parrocchia

come chierichetto, ma incoraggiato dai primi piccoli successi nelle recite in

famiglia (chiamate a Napoli «periodiche»)[13] e attratto dagli spettacoli di

varietà, nel 1913, ancora in età giovanissima, iniziò a frequentare i teatrini

periferici esibendosi - con lo pseudonimo di "Clerment" -[12] in macchiette

e imitazioni del repertorio di Gustavo De Marco, un interprete napoletano

dalla grande mimica e dalle movenze snodate, simili a quelle d'un

burattino.[35][13] Proprio su quei palcoscenici di periferia incontrò attori

come Eduardo De Filippo, Peppino De Filippo e i musicisti Cesare Andrea

Bixio e Armando Fragna.[36]

Durante gli anni della prima guerra mondiale si arruolò volontario nel Regio

Esercito venendo assegnato al 22º Reggimento fanteria, rimanendo di

stanza dapprima a Pisa e poi a Pescia.[37] Venne quindi trasferito al

CLXXXII Battaglione di milizia territoriale, unità di stanza in Piemonte, ma

destinate a partire per il fronte francese.[38] Alla stazione di Alessandria, il

comandante del suo battaglione lo armò di coltello e lo avvertì che avrebbe

dovuto condividere i propri alloggiamenti in treno con un reparto di soldati

marocchini dalle strane e temute abitudini sessuali. Totò a quel punto,

terrorizzato, fu colto da malore[31] (secondo alcune voci improvvisò un

attacco epilettico) e venne ricoverato nel locale ospedale militare, evitando

così di partire per la Francia.[39] Rimasto in osservazione per breve tempo,

quando fu dimesso dalle cure ospedaliere venne inserito nell'88º

Reggimento fanteria "Friuli" di stanza a Livorno;[40] proprio in quel periodo

subì continui soprusi e umiliazioni da parte di un graduato; da

quell'esperienza nacque il celebre motto dell'attore: «Siamo uomini o

caporali?».[40][41][31][N 3]

I primi esordi e il variété[modifica | modifica wikitesto]

Dopo il servizio militare, avrebbe dovuto fare l'ufficiale di marina ma, non

digerendo la disciplina,[42] scappò di casa per esibirsi ancora come

macchiettista; venne scritturato dall'impresario Eduardo D'Acierno (diventò

poi celebre la macchietta de Il bel Ciccillo, riproposta nel 1949 nel film

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Yvonne la nuit) e ottenne un primo successo alla Sala Napoli, locale minore

del capoluogo campano, con una parodia della canzone di E. A. Mario

Vipera, intitolata Vicolo,[43] che aveva sentito recitare dall'attore Nino

Taranto al teatro Orfeo e che chiese allo stesso se poteva "rubargliela".[44]

All'inizio degli anni Venti il marchese Giuseppe De Curtis riconobbe Totò

come figlio e regolarizzò la situazione familiare sposandone la

madre.[28][45][13] Riunita, la famiglia si trasferì a Roma, ove Totò, con la

disapprovazione totale dei genitori, fu scritturato come "straordinario"[46] -

cioè un elemento da utilizzare occasionalmente e senza nessun compenso -

nella compagnia dell'impresario Umberto Capece, un reparto composto da

attori scadenti e negligenti.[47] Si affacciò così alla commedia dell'arte e

guadagnò un particolare apprezzamento del pubblico impersonando sul

palco l'antagonista di Pulcinella.[47][48][N 4] Tuttavia, il giovane si

sacrificava non poco per raggiungere il teatro: dal momento che non aveva

i soldi neanche per un biglietto del tram, doveva partire da Piazza

Indipendenza per arrivare a Piazza Risorgimento, che si trovava dall'altra

parte della città; a tal proposito, nella stagione invernale, chiese qualche

moneta all'impresario Capece che, in modo esageratamente brusco e

inaspettato, lo esonerò e lo sostituì all'istante con un altro

"straordinario".[47][48] L'episodio fu un duro colpo per Totò, che rimase

esterrefatto e dopo aver raccolto i suoi effetti si allontanò a malincuore dal

teatro.[47]

Il Teatro Ambra Jovinelli

Il Teatro Ambra Jovinelli

L'impresario Giuseppe Jovinelli, che fu il primo a credere nel talento comico

di Totò

L'impresario Giuseppe Jovinelli, che fu il primo a credere nel talento comico

di Totò

In quel breve periodo di disoccupazione, Totò piombava nello sconforto

totale, il suo morale si alzava solo quando riusciva a racimolare qualche

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soldo esibendosi in piccoli locali; nel corso di quelle esperienze, decise di

puntare al genere teatrale a lui più congeniale: il varietà (variété, nella

declinazione francese).[35] Progettò di presentarsi al capocomico

napoletano Francesco De Marco (famoso per delle stravaganti esibizioni

teatrali), ma ebbe un ripensamento - causa probabilmente l'insicurezza -

all'ultimo minuto.[35]

L'attore iniziò a ponderare l'idea di esibirsi da solo e dunque decise di

mantenere come modello d'ispirazione Gustavo De Marco (omonimo, ma

non parente del capocomico Francesco), che Totò, esercitandosi davanti allo

specchio, riusciva ad imitare senza particolari sforzi.[35] Appena sentitosi

pronto, decise di tentare al Teatro Ambra Jovinelli, che al tempo era la

massima rappresentazione dello spettacolo di varietà, dove erano passati

artisti come Ettore Petrolini, Raffaele Viviani, Armando Gill, Gennaro

Pasquariello, Alfredo Bambi e lo stesso De Marco.[35] Emotivamente teso,

si presentò al titolare del teatro, Giuseppe Jovinelli, un uomo rude

conosciuto e rispettato per un suo passato scontro con un piccolo boss della

malavita locale. Il breve colloquio andò inaspettatamente bene e Totò, per

sua gioia e incredulità, venne preso.[35] Debuttò con tre macchiette di De

Marco: Il bel Ciccillo, Vipera e Il Paraguay, che ebbero un buon successo di

pubblico e un impensabile entusiasmo da parte di Jovinelli.[35] Il comico

firmò un contratto prolungato col titolare, che lo usò spesso in varie parti

dello spettacolo e che organizzò addirittura un finto match tra lui e il pugile

Oddo Ferretti.[35][N 5]

Il consenso del pubblico ottenuto al teatro non compensava però lo stile di

vita dell’artista: la paga era molto bassa e non poteva neanche permettersi

abiti eleganti e accessori raffinati (ai quali lui teneva molto) o un taglio di

capelli caratteristico, con le basette come quelle di Rodolfo Valentino.[49]

In quell’arco di tempo fece appunto amicizia con un barbiere, Pasqualino, il

quale, avendo conoscenze in campo teatrale e impietosito dalle ristrettezze

economiche del giovane, riuscì a farlo scritturare da Salvatore Cataldi e

Wolfango Cavaniglia, i proprietari del Teatro Sala Umberto I.[49]

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Totò rinnovò il suo corredo teatrale (che fino a quel momento era composto

da un singolo abito di scena sempre più consumato): una logora bombetta,

un tight troppo largo, una camicia lisa con il colletto basso, una stringa di

scarpe per cravatta, un paio di pantaloni corti e larghi a zompafosso, calze

colorate e comuni scarpe basse e nere.[13][50] La sera dell'esordio l’attore

diede il meglio di sé, lasciandosi andare in mimiche facciali, piroette, doppi

sensi e le immancabili macchiette di Gustavo De Marco. Tra grida di bis ed

applausi,[49] l’esperienza al salone Umberto I segnò per Totò

l’affermazione definitiva nello spettacolo di varietà.[50]

Fotografia di Totò risalente agli anni Venti

« ... bazzecole, quisquilie, pinzellacchere! »

(Un modo di dire tipico di Totò)

Tra il 1923 e il 1927 si esibì nei principali caffè-concerto italiani, facendosi

conoscere anche a livello nazionale.[50] Grazie ai maggiori guadagni, poté

finalmente permettersi di vestire abiti eleganti e di curare maggiormente il

suo aspetto fisico, con i capelli impomatati e le desiderate basette alla

Rodolfo Valentino;[51] fu un periodo roseo soprattutto per quanto riguarda

le donne, con le quali ebbe una serie di avventure (per lo più con sciantose

e ballerine), tanto che acquisì presto il titolo di un vero

«sciupafemmene».[51] Prima di iniziare un suo spettacolo, sbirciava

sempre tra il pubblico alla ricerca della "bella di turno" alla quale dedicare la

sua esibizione,[52][44] che il più delle volte, dopo varie serate, lo

raggiungeva nel suo camerino durante l'intervallo o al termine dello

spettacolo.[44]

Nel 1927 fu scritturato da Achille Maresca, titolare di due diverse

compagnie; Totò entrò a far parte prima della compagnia di cui era

primadonna Isa Bluette, una delle soubrette più in voga del periodo, e poi,

dal 1928 di quella di Angela Ippaviz; gli autori erano "Ripp" (Luigi Miaglia) e

"Bel Ami" (Anacleto Francini).[53] Nella prima compagnia conobbe Mario

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Castellani, destinato a diventare in seguito una delle sue "spalle" più fedeli

ed apprezzate.[53][54]

Nel 1929, mentre si trovava a La Spezia con la compagnia di Achille

Maresca, venne contattato dal barone Vincenzo Scala, il titolare del

botteghino del teatro Nuovo di Napoli, che fu mandato dall’impresario

Eugenio Aulicio per scritturarlo come "vedette" in alcun spettacoli di Mario

Mangini e di Eduardo Scarpetta, tra cui Miseria e nobiltà, Messalina e I tre

moschettieri (dove impersonò d'Artagnan), accanto a Titina De

Filippo.[53][55] Messalina rimase particolarmente impresso negli occhi del

pubblico, in quanto Totò improvvisò una scenetta in cui si arrampicò su per

il sipario e fece smorfie e sberleffi agli spettatori, i quali andarono

totalmente in visibilio.[56][53]

Liliana Castagnola[modifica | modifica wikitesto]

Negli anni Trenta

Le soddisfazioni professionali dell'attore non andavano però di pari passo

con quelle sentimentali. Nonostante il suo successo con le donne e le

numerose avventure, si sentiva inappagato. Fino a quando non irruppe nella

sua vita Liliana Castagnola, che Totò notò su alcune sue fotografie in un

provocante abito di scena, rimanendone subito colpito.[52] La sciantosa,

fino a quel momento, era stata costante oggetto delle cronache mondane:

fu espulsa dalla Francia con l'accusa di aver indotto due marinai al

duello,[53] e un suo amante geloso si tolse la vita dopo averle sparato due

colpi di pistola, uno dei quali l'aveva ferita al viso lasciandole un frammento

di proiettile che le causava forti dolori e per i quali assumeva

tranquillanti.[57] A causa della cicatrice, sebbene lieve, ella adottò la

pettinatura "a caschetto" che le copriva guance e fronte.[52] La donna

giunse a Napoli nel dicembre 1929 scritturata dal Teatro Nuovo, e

incuriosita dal veder recitare l’artista napoletano, si presentò una sera ad un

suo spettacolo. Totò non si lasciò sfuggire l’occasione e iniziò a corteggiarla

mandandole, alla pensione degli artisti dove lei abitava, mazzi di rose con

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un biglietto d’ammirazione, al quale lei rispose con una lettera

d’invito.[52][53] Furono questi gli inizi di un'intensa (seppur breve e

tormentata) storia d’amore. Sebbene fosse una donna fatale sia sul

palcoscenico sia nella vita reale, la Castagnola aveva per l'artista

napoletano un sentimento sincero e passionale, cercando una relazione

stabile e sicura.[57]

Dopo il primo periodo iniziarono i problemi legati alla gelosia: Totò non

sopportava l'idea che Liliana, durante le sue tournée, fosse corteggiata dagli

ammiratori, e ciò lo indusse a pensare a eventuali tradimenti,[52] che

diedero origine a continui litigi. Entrambi furono poi vittime di malelingue e

pettegolezzi, la donna entrò in un profondo stato di depressione e la loro

relazione iniziò sempre più a deteriorare. Liliana, accrescendo un senso di

attaccamento morboso al suo uomo, pur di restargli accanto propose di farsi

scritturare nella sua stessa compagnia;[52] ma Totò, sentendosi oppresso

dal comportamento della donna, fu più volte sull'orlo di lasciarla, fino a

quando decise di accettare un contratto con la compagnia della soubrette

"Cabiria", che lo avrebbe portato a Padova.[53]

Liliana Castagnola in abito di scena, fu una delle foto che provocarono la

gelosia di Totò[58]

L'epilogo fu che Liliana, sentitasi abbandonata dall’amato, si suicidò

ingerendo un intero tubetto di sonniferi.[52] Fu trovata morta nella sua

stanza d’albergo, con al suo fianco una lettera d'addio a Totò:

« Antonio,

potrai dare a mia sorella Gina tutta la roba che lascio in questa pensione.

Meglio che se la goda lei, anziché chi mai mi ha voluto bene. Perché non sei

voluto venire a salutarmi per l'ultima volta? Scortese, omaccio! Mi hai fatto

felice o infelice? Non so. In questo momento mi trema la mano... Ah, se mi

fossi vicino! Mi salveresti, è vero? Antonio, sono calma come non mai.

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Grazie del sorriso che hai saputo dare alla mia vita grigia e disgraziata. Non

guarderò più nessuno. Te l'ho giurato e mantengo. Stasera, rientrando, un

gattaccio nero mi è passato dinnanzi. E, ora, mentre scrivo, un altro gatto

nero, giù per la strada, miagola in continuazione. Che stupida coincidenza,

è vero?... Addio. Lilia tua »

(La lettera[52][59])

Totò, che ritrovò il corpo esanime della donna il mattino seguente, ne

rimase sconvolto: il peso della responsabilità, il non aver capito l'intensità

dei sentimenti di lei e i rimorsi per aver pensato «ha avuto molti uomini,

posso averla senza assumermi alcuna responsabilità»,[60] lo

accompagnarono per tutta la vita, tanto che decise di seppellirla nella

cappella dei De Curtis a Napoli, nella tomba sopra la sua,[N 6] e decretò

che, qualora avesse avuto una figlia, invece di battezzarla col nome della

nonna paterna Anna (secondo l'uso napoletano), le avrebbe dato il nome di

Liliana, cosa che poi effettivamente fece con la figlia Liliana De

Curtis.[57][52][61] Totò volle inoltre conservare un fazzoletto intriso di

rimmel che raccolse la mattina del ritrovamento del corpo di Liliana, con il

quale probabilmente ella si asciugò le lacrime in attesa della morte.[N 7][N

8][57][61]

In merito all'impegno già preso, la sera stessa partì per la tournée con la

compagnia a Padova. Era il marzo del 1930. Tornato a Roma il mese

successivo, si esibì nuovamente in numerosi spettacoli alla Sala Umberto I,

dove ripropose il suo repertorio di macchiette e nuove creazioni,

impersonando anche Charlot, come umile omaggio a Chaplin.[53] Tornò poi

a lavorare con l’impresario Maresca, dove iniziò una nuova tournée

riproponendo i successi degli anni precedenti.[53]

L'avanspettacolo e l'incontro con il cinema[modifica | modifica wikitesto]

Totòprovinocinema.jpg Totò provino.jpg

Totò nel 1930, nel suo primo provino cinematografico, con la Cines

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Sempre nel 1930, anno dell’avvento del sonoro, Stefano Pittaluga, che

produsse con la Cines La canzone dell'amore (il primo film italiano sonoro),

era alla ricerca di nuovi volti da portare sul grande schermo. Le doti

comiche di Totò non gli sfuggirono e, dato che era in procinto di produzione

un film chiamato Il ladro disgraziato, gli fece fare un provino.[62] La

pellicola non vide mai la luce, anche per il fatto che il regista avrebbe voluto

che Totò imitasse Buster Keaton, idea che all’attore non garbava.[63]

Momentaneamente accantonata l’eventualità di entrare nel cinema, nel

1932 diventò capocomico di una propria formazione, proponendosi

nell'avanspettacolo,[55] un genere teatrale che continuò a diffondersi in

Italia fino al 1940.[64] In tournée a Firenze conobbe l'allora sedicenne

Diana Rogliani (la giovane età della ragazza suscitò inizialmente qualche

riluttanza da parte di Totò[65]), dalla quale ebbe una figlia che, in onore

della compianta Castagnola, battezzò Liliana.[64]

Gli anni Trenta furono un periodo di grandi successi per il comico che,

malgrado il guadagno non molto alto, si sentiva affermato: portò in scena,

insieme alla sua prima spalla Guglielmo Inglese (più avanti fu Eduardo

Passarelli),[63] numerosi spettacoli in tutta Italia. Sulla traccia di copioni

spesso approssimativi, Totò ebbe modo di dare sfogo alle risorse creative

della sua comicità surreale, con mimiche grottesche e

deformazioni/invenzioni linguistiche, interpretando anche Don Chisciotte e

travestendosi addirittura da soubrette;[64] imparò così l’arte dei guitti,

ossia quegli attori che recitavano senza un copione ben impostato (molte

macchiette le ripropose poi nel suo repertorio cinematografico: "Il pazzo",

"Il chirurgo", "Il manichino”),[64] arte alla quale Totò aggiunse

caratteristiche tutte sue, pronto a sbeffeggiare i potenti quanto a esaltare i

bisogni e gli istinti umani primari: la fame, la sessualità, la salute

mentale.[66] Naturalmente, come si confà allo stile di Totò, tutto espresso

con distinti doppi sensi senza mai trascendere nella

volgarità.[67][68][33][N 9] A plasmare questa sua forma d'espressione, fu

il fatto di aver vissuto per anni in povertà, difatti lui stesso era del pensiero

che "la miseria è il copione della vera comicità..." che "non si può essere un

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vero attore comico senza aver fatto la guerra con la vita".[69][33] Acquisì

quindi una sua originale personalità recitativa, diventando uno dei maggiori

protagonisti della stagione dell'avanspettacolo.[64]

Totò nel suo primo film, Fermo con le mani! (1937), dove i caratteristici

occhi e la bocca dell'attore, fortemente marcati dal trucco di scena,

ricordano Ridolini del cinema muto[33]

Nel 1933 si fece adottare dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas, per

ereditarne così la lunga serie di titoli nobiliari.[11][12][13] L'anno

successivo mise su casa a Roma insieme alla figlia Liliana e alla compagna

Diana Rogliani (per la quale nutriva un'ossessiva gelosia), che sposò

nell’aprile del 1935.[64]

Fu in quel periodo che alcune personalità importanti tentarono di imporlo

nel cinema: tra di loro Umberto Barbaro e Cesare Zavattini,[64] che cercò

infatti di inserirlo nella parte di “Blim" nel film Darò un milione di Mario

Camerini - ruolo andato poi a Luigi Almirante.[63] Non realizzandosi questi

progetti, il vero debutto avvenne nel 1937 con Fermo con le mani!: il

produttore Gustavo Lombardo, fondatore della Titanus, scritturò Totò dopo

averlo notato mentre era a pranzo in un ristorante di Roma.[70] La

direzione fu affidata al regista Gero Zambuto. Il film però non ebbe gran

successo; concepito con mezzi molto scarsi, l'intenzione primaria era

proporre al pubblico italiano un'alternativa del personaggio di Charlot, di

Chaplin.[33]

Nel 1938 Totò fu vittima di un infortunio: ebbe un distacco di retina

traumatico e perse la vista dell'occhio sinistro,[68][71][67] cosa di cui

erano al corrente soltanto i familiari stretti e l’amico Mario Castellani.[71]

Nonostante l'incidente, trovò la forza di riaffacciarsi per un breve periodo al

teatro d’avanspettacolo, la cui epoca, per lui gloriosa, giunse purtroppo al

termine.[63] In quel frattempo, causa il fatto che si sentiva come soffocato

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dal matrimonio e causa anche la sua opprimente gelosia nei confronti della

giovane consorte (si parla che la tenesse perfino chiusa nel camerino

mentre lui si esibiva[72][73]), la sua vita coniugale entrò in crisi. Decise

dunque di ritornare scapolo e si accordò con Diana per la separazione. In

Italia non c’era la possibilità di divorzio, così dovettero chiedere lo

scioglimento all’estero, in Ungheria, per far sì che fosse poi annullato in

Italia. Dopo l’annullamento, i due continuarono comunque a vivere insieme,

trasferendosi in Viale dei Parioli, insieme alla figlia e ai genitori di lui.[63]

Totò con Guglielmo Inglese, che fu una delle sue "spalle" teatrali più

presenti insieme a Eduardo Passarelli e Mario Castellani. I primi due

parteciparono anche ad alcuni film con Totò, Castellani invece affiancò il

comico in quasi tutta la sua carriera cinematografica

Dopo Fermo con le mani!, del quale Totò non si ritenne molto

soddisfatto,[63] ci fu, nel 1939, un secondo tentativo, che ebbe

inizialmente problemi per i costi di produzione: Animali pazzi di Carlo

Ludovico Bragaglia, dove Totò interpretò un doppio ruolo. Pure questo suo

secondo film non fu del tutto riuscito, sebbene l'attore sfruttò al massimo le

sue potenzialità "marionettistiche".[63]

Alla fine del 1939, andò in tournée a Massaua e Addis Abeba, in Etiopia,

accompagnato da Diana Rogliani, Eduardo Passarelli e la soubrette Clely

Fiamma, presentando lo spettacolo 50 milioni... c'è da impazzire!, scritto

insieme a Guglielmo Inglese e già mostrato al pubblico italiano anni

prima.[74][63] Una volta rientrato in patria interpretò la sua terza pellicola,

San Giovanni decollato, che fu sceneggiata, tra gli altri, da Cesare Zavattini,

al quale venne affidata la regia dal produttore Liborio Capitani. Zavattini

però non se la sentì e il compito passò ad Amleto Palermi.[75] Il film fu un

successo di critica: alcuni commenti sulla rivista Cinema e su L'Espresso

elogiarono proprio la recitazione di Totò, la sua capacità espressiva, i suoi

giochi di parole e i suoi movimenti snodati.[70] Zavattini, che nutriva

ammirazione artistica verso l'attore, scrisse per lui il soggetto Totò il

Page 17: è La Somma Che Fa Il Totale WP

buono,[13] che non diventò mai un film ma servì allo sceneggiatore per la

realizzazione del film Miracolo a Milano (1951), di Vittorio De Sica, con il

quale instaurò uno dei sodalizi più celebri del neorealismo cinematografico

italiano.[76] Il quarto film fu L'allegro fantasma sempre di Amleto Palermi,

dove a Totò vennero affidati tre ruoli differenti. Girato nell’autunno del 1940

(uscito poi a ottobre del ’41), fu l’ultimo film che interpretò prima del suo

ritorno a teatro.[76]

La rivista[modifica | modifica wikitesto]

Totò a teatro con Anna Magnani, nella parte finale della rivista Quando

meno te l'aspetti, presentata al pubblico nella stagione 1940-1941

Questi primi esperimenti cinematografici surreali non ottennero il successo

di pubblico che Totò aveva invece sul palcoscenico. Quando tornò a teatro,

alla fine del 1940, l'avanspettacolo era già tramontato, sostituito dalla

"rivista", un genere teatrale sorto a Parigi e dal carattere (almeno nel primo

periodo) esclusivamente satirico - per quanto concesso dal regime fascista

-[76] presentato sotto forma di azioni sceniche ricche di allusioni e di

accenni piccanti.[77] In quel periodo l’Italia era da poco entrata in guerra e

la ferrea censura del fascismo era attentissima a qualsiasi battuta ambigua

o accenno negativo sul Governo di Mussolini.[76]

Totò debuttò al teatro Quattro Fontane di Roma insieme a Mario Castellani

(da quel momento la sua "spalla" ideale) ed Anna Magnani (primadonna),

con i quali instaurò un solido rapporto artistico e umano.[54] La rivista era

Quando meno te l'aspetti di Michele Galdieri,[76][78] uno tra i grandi

scrittori di riviste teatrali degli anni Quaranta. Totò strinse con Galdieri un

sodalizio durato nove anni, con spettacoli scritti anche dall’attore stesso e

messi in scena dagli impresari Elio Gigante e Remigio Paone; tra le riviste

più note: Quando meno te l'aspetti, Volumineide, Orlando Curioso, Che ti

sei messo in testa? e Con un palmo di naso.

Page 18: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Causa la guerra, furono tempi difficoltosi anche per il teatro, per la

mancanza di mezzi di trasporto, il divieto di circolazione delle auto private e

soprattutto per i bombardamenti, in particolare a Milano, dove gli spettacoli

venivano spesso interrotti e gli attori erano costretti ad allontanarsi verso il

rifugio più vicino, senza avere il tempo di togliersi gli abiti di scena.[79] Fu

il periodo in cui Totò venne scritturato dalla Bossoli Film per riaprire una

fessura nel cinema e prendere parte ad una nuova pellicola che

comprendeva nel cast anche il pugile Primo Carnera, Due cuori fra le belve

(ridistribuito dopo la guerra col titolo Totò nella fossa dei leoni), del regista

Giorgio Simonelli, che venne girato con animali autentici.[79]

Nel maggio del '44, la rivista Che ti sei messo in testa (che avrebbe dovuto

chiamarsi Che si son messi in testa?, un chiaro accenno ai tedeschi

occupanti)[79] creò problemi al comico napoletano, che dopo le prime

rappresentazioni al teatro Valle di Roma,[80] venne dapprima intimorito con

una bomba all'entrata dal teatro,[42][81] poi denunciato dalla polizia,

insieme ai fratelli De Filippo, con un telegramma dal Comando Tedesco

indirizzato al teatro Principe, che Totò non lesse mai; venne avvertito però

da una telefonata anonima.[80] Per evitare l'arresto, Totò, dopo aver

allertato i fratelli De Filippo, si rifugiò con la ex moglie Diana e la figlia a

casa di un amico in via del Gelsomino nei pressi della via Aurelia,

all'estrema periferia ovest di Roma, mentre i De Filippo si nascosero in via

Giosuè Borsi.[80] Passati alcuni giorni Totò dovette comunque lasciare

l'abitazione, per il fatto che molti suoi ammiratori lo avevano riconosciuto e

quindi il nascondiglio non era più sicuro.[42][82] Tornò a Roma, dove erano

rimasti i genitori, e si segregò in casa fino al 4 giugno,[80] il giorno della

liberazione della capitale (secondo varie testimonianze avrebbe anche

notevolmente contribuito ai finanziamenti della Resistenza romana[13]).

La Magnani, fu probabilmente l'unica interprete femminile in grado di

misurarsi con la recitazione di Totò[33]

Page 19: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Il 26 giugno riprese a recitare: tornò al teatro Valle con la Magnani nella

nuova rivista Con un palmo di naso, in cui diede libero sfogo alla sua satira

impersonando il Duce (sotto i panni di Pinocchio), e Hitler,[83][84][13][80]

che dissacrò ulteriormente dopo l'attentato del 20 luglio 1944,

rappresentandolo in un atteggiamento ridicolo, con un braccio ingessato e i

baffetti che gli facevano il solletico, e mandando l'intera platea in

estasi.[80]

Totò mentre interpreta Pinocchio con Anna Magnani e Mario Castellani, nella

rivista Volumineide (1941-1942)

« Io odio i capi, odio le dittature... Durante la guerra rischiai guai seri

perché in teatro feci una feroce parodia di Hitler. Non me ne sono mai

pentito perché il ridicolo era l'unico mezzo a mia disposizione per contestare

quel mostro. Grazie a me, per una sera almeno, la gente rise di lui. Gli feci

un gran dispetto, perché il potere odia le risate, se ne sente sminuito. »

(Totò[85])

Nel 1945, dopo alcune esibizioni nella capitale, a Siena e a Firenze,

portando in scena la rivista Imputati, alziamoci! (in cui faceva la caricatura

di Napoleone),[80] Totò fu avvicinato al termine dello spettacolo da un

partigiano che, indispettito da una sua battuta di risposta che accomunava

ironicamente fascisti e partigiani, lo colpì al viso con un pugno.[80][54]

Totò, corso immediatamente al commissariato per denunciare il fatto,

decise poi di lasciar correre senza sporgere querela.[N 10]

In quel periodo il sodalizio artistico con Anna Magnani si interruppe, quando

l'attrice si rivelò al grande pubblico internazionale interpretando il ruolo

della popolana Pina nel film Roma città aperta, diretto dal suo compagno

Roberto Rossellini. Totò invece proseguì per la sua strada continuando col

cinema e con il teatro e incidendo anche il suo unico disco 78 giri come

cantante, interpretando canzoni non sue: Marcello il bello nel lato A e Nel

Page 20: è La Somma Che Fa Il Totale WP

paese dei balocchi - dove venne coadiuvato da Mario Castellani - nel lato

B.[86]

La Totò-mania[modifica | modifica wikitesto]

Massoneria

Totò fu membro della Loggia massonica "Fulgor" di Napoli dal luglio 1945 e,

in seguito, della Loggia "Fulgor Artis" di Roma, da lui stesso fondata.

Entrambe le Logge appartenevano alla "Serenissima Gran Loggia Nazionale

Italiana" di Piazza del Gesù, oggi Gran Loggia d'Italia degli Alam.[87][88]

Dopo la morte del padre (avvenuta nel settembre del '44),[89] Giuseppe De

Curtis, tra il 1945 e gli anni successivi Totò alternò teatro e cinematografia,

dedicandosi anche alla creazione di canzoni e poesie, ma anche ad una

buona lettura, diligendo in particolar modo Luigi Pirandello.[90] Interpretò

la sua sesta pellicola, Il ratto delle Sabine, con il regista Mario Bonnard, film

che venne accolto da alcune critiche avverse, come quella di Vincenzo

Talarico, che stroncò l'attore "augurandosi che rientrasse al più presto nei

ranghi del teatro di rivista."[80] Poi ci fu I due orfanelli,[91] scritto da

Steno e Agenore Incrocci e diretto da Mario Mattòli, con il quale Totò

interpretò altri tre film tra il '47 al '49: Fifa e arena, Totò al giro d'Italia (il

primo film in cui compariva il suo nome nel titolo) e I pompieri di Viggiù

(tutti di buon successo e incasso[91]); inoltre, era il tempo della rivista

C'era una volta il mondo di Galdieri, composta da sketch rimasti famosi,

come quello del Vagone letto,[N 11] con Totò al fianco di Isa Barzizza, la

soubrette che debuttò nel film I due orfanelli e che proprio lui volle nella

rivista,[84] e Mario Castellani, la fedele "spalla" teatrale che lo accompagnò

anche nel cinema, prendendo parte a quasi tutte le sue pellicole proprio per

volere di Totò che, quando non c'erano ruoli disponibili, lo imponeva come

aiuto-regista.[92]

La rivista C'era una volta il mondo ebbe tanto successo che venne

presentata anche a Zurigo,[92] recitata in italiano ma acclamata

ugualmente dal pubblico svizzero per la genialità comica degli sketch.[92]

Page 21: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Spesso gli spettacoli di rivista di Totò si concludevano con la classica

"passerella", col comico che correva tra il pubblico con una piuma sulla

bombetta, al ritmo della fanfara dei Bersaglieri (scenetta riproposta nel film

I pompieri di Viggiù).[93][94] Nell'ottobre 1947, durante le repliche della

rivista, la madre di Totò morì.[89] Malgrado il grande dolore per la perdita

di entrambi i genitori, l’attore non mischiò il lavoro con la vita privata,

continuando ad essere il comico Totò nello spettacolo, e il malinconico

Antonio De Curtis al di fuori.

Aprì anche una piccola parentesi come doppiatore, prestando la voce al

cammello Gobbone nel film La vergine di Tripoli.[95] Prima di riaffacciarsi al

cinema, partì per alcune tournée a Barcellona, Madrid e altre città spagnole,

dove recitò in spagnolo (senza avere padronanza della lingua) con Mario

Castellani nella rivista Entre dos luces (Tra due luci), improvvisando una

canzone non-sense a metà tra spagnolo e napoletano.[94] Tornato in Italia,

ebbe anche una piccola esperienza nel campo pubblicitario, facendosi

fotografare a pagamento sulla rivista Sette che promuoveva i profumi

Arbell.[94]

Totò con Carlo Croccolo nel film 47 morto che parla (1950)

Da quando entrò nel mondo del cinema, furono copiosi i film che gli si

presentarono davanti, e molti dei quali non venivano nemmeno realizzati

per problemi di produzione o per sua rinuncia.[96] Alcuni venivano girati

contemporaneamente, in tempi ristrettissimi (la maggior parte in due o tre

settimane[91]) e su set spesso improvvisati, tanto che a volte era proprio la

troupe che raggiungeva Totò nelle città in cui recitava a teatro.[97]

L'attore, complice la pigrizia, era sempre molto precipitoso quando gli

venivano proposti dei progetti, ed essendo profondamente istintivo spesso

non voleva conoscere nulla della pellicola che andava ad interpretare,

affidandosi quindi alle sue qualità creative.[76][98] Così, come sul

palcoscenico, dava libero sfogo all’improvvisazione:[23][N 12] il copione

rappresentava solo un timido canovaccio per l'attore, che concepiva sul

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momento le gag e le battute;[54] così tuttavia nacquero anche alcune delle

sue scene cinematografiche più famose.[99][100][N 13][N 14] «Era

imprevedibile... recitava a braccio», testimoniò Nino Taranto;[33] «Certe

sue folli improvvisazioni durante la recitazione erano geniali e insostituibili»

espresse invece Vittorio De Sica.[101] Secondo alcuni commenti, invece -

come quelli di Carlo Croccolo, Giacomo Furia e Steno - Totò si rinchiudeva

nel suo camerino a provare e riprovare le sue battute prima dello spettacolo

o delle riprese, rileggeva il copione e modificava i passaggi che non lo

convincevano, insieme all'amico Mario Castellani e agli attori coinvolti.[102]

Totò nella rivista Bada che ti mangio! (1949-1950), dietro di lui Mario Riva

« Ma mi faccia il piacere! »

(Uno dei modi di dire di Totò)

Le differenze tra teatro e cinema crearono inizialmente non pochi disordini

per l'attore, che, essendosi formato con lo stile teatrale e quindi con

un'unica esecuzione dal vivo, dopo i primi ciak tendeva a perdere la

concentrazione.[98] Doveva perciò essere colto "al volo" per poter recitare

al massimo; quindi la troupe doveva prima preoccuparsi di sistemare le luci

e di preparare la scena con una controfigura,[98] facendo anche qualche

prova. Quando tutto era pronto, si poteva far intervenire Totò.[98] Un'altra

delle differenze tra le due forme d'arte, di cui il comico ne risentì molto

inizialmente, fu il fatto di non riuscire a comunicare direttamente con il

pubblico, uno dei particolari che più amava del teatro.[N 15][42][98]

Proprio per questo, di solito, i registi (in particolare Bragaglia, con il quale

instaurò un solido rapporto artistico[98]) e i membri della troupe lo

spronavano dopo lo stop con un applauso, in modo da dargli maggiore

carica ed entusiasmo.[98] Un altro inconveniente furono gli orari: Totò,

abituato agli orari teatrali, non si alzava mai prima di mezzogiorno,[N

16][91][23] essendo poi un assertore della teoria che l’attore "al mattino

non può far ridere”,[103] girava nel cosiddetto orario francese, dalle 13 alle

21.[104] Si stancava poi per le lunghe pause e attese che il cinema

comporta,[105] e inoltre, essendo molto superstizioso, si rinchiudeva in

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casa e non lavorava mai di martedì e di venerdì, 13 o 17.[106][31] Fattori

che creavano non pochi problemi per le riprese. Complicazioni particolari ci

furono per Totò al giro d’Italia, dove erano coinvolti molti ciclisti famosi

dell’epoca come Bartali, Coppi, Bobet, Magni; l'attore, non arrivando in

orario, creava difficoltà.[91]

Nella stagione 1949/1950 ottenne l’ultimo successo a teatro con la rivista

Bada che ti mangio!, costata ben cinquanta milioni, che debuttò al teatro

Nuovo di Milano nel marzo del '49,[107] dopodiché Totò si allontanò dal

palcoscenico per dedicarsi esclusivamente al cinematografo.[98] Dopo I

pompieri di Viggiù, lavorò anche con Eduardo De Filippo nel suo film Napoli

milionaria, che accettò di interpretare senza compenso, in segno

dell'affettuosa amicizia che lo legava ad Eduardo.[108][109] I due attori,

sebbene si fossero in seguito progettati altri film da realizzare

insieme,[110] non ebbero più modo di rincontrasi sul set, apparvero solo in

episodi diversi ne L'oro di Napoli di Vittorio De Sica e fecero un breve cameo

ne Il giorno più corto.

Con Aldo Fabrizi in Guardie e ladri (1951), fu uno dei rari film di Totò che

ricevette elogi dalla critica[111]

Nel 1950 Totò rinunciò alla proposta di avere un ruolo, insieme al francese

Fernandel, nel film di produzione italo-francese Atollo K, dove avrebbe

avuto l'opportunità di recitare insieme a Stan Laurel e Oliver Hardy, la

famosa coppia comica conosciuta in Italia come Stanlio e Ollio.[96][112]

Tra il 1949 e il 1950, oltre a Napoli milionaria, interpretò ben altri nove film,

tra i quali alcune parodie: Totò le Mokò, Totò cerca moglie, Figaro qua,

Figaro là, Le sei mogli di Barbablù, 47 morto che parla, tutti diretti da Carlo

Ludovico Bragaglia, poi L'imperatore di Capri di Luigi Comencini, Tototarzan

e Totò sceicco (dove s'invaghì dell'attrice Tamara Lees[112]) di Mario

Mattòli, Yvonne la nuit di Giuseppe Amato, Totò cerca casa di Steno e Mario

Page 24: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Monicelli,[105][N 17] un'efficace parodia del neorealismo sulla crisi degli

alloggi,[113][114] che suscitò un po' d'indignazione da parte della

censura.[115] Questi film (quale più quale meno) ebbero un buon successo

di pubblico,[91] ma non di critica, che già dalle pellicole precedenti cominciò

a non gradire lo stile surreale di Totò.[13] Commentando in modo ironico

queste avversità da parte dei critici, il principe osservò che probabilmente si

era "guastato col crescere".[70]

La morte dei genitori fu l’avvio di uno squilibrio familiare: nel 1951 Diana

Rogliani, in seguito a un violento litigio,[112] se ne andò di casa e si sposò;

altrettanto fece, appena maggiorenne, e contro la volontà di Totò, la figlia

Liliana, unendosi in matrimonio con Gianni Buffardi, figliastro del regista

Carlo Ludovico Bragaglia.[33][98] Totò restò solo, e in quel breve lasso di

tempo scrisse la nota canzone Malafemmena, che concepì durante una

pausa di lavorazione del suo nuovo film Totò terzo uomo, a cui seguirà

Sette ore di guai. La canzone sembra che l’abbia scritta proprio per la ex

moglie Diana,[23][N 18] alla quale era ancora molto legato, ma i giornali

dell’epoca affermavano che l’avesse dedicata a Silvana Pampanini,[98][112]

un’attrice con la quale recitò in 47 morto che parla e alla quale, in quel

periodo, faceva la corte mandandole mazzi di rose e scatole di cioccolatini,

arrivando a chiederla perfino in sposa (uno dei motivi per la brusca

separazione con la Rogliani[112][44]), la donna però lo

respinse.[116][117][112]

A parte le oscurità e le delusioni, il 1951 fu un anno importante per la

carriera cinematografica dell’attore. Dopo il successo di Totò cerca casa,

venne richiamato da Steno e Mario Monicelli per interpretare il ruolo del

ladro Ferdinando Esposito in Guardie e ladri, al fianco di quell'attore che fu

uno dei suoi amici più affezionati e una delle sue migliori "spalle", capace di

rispondere colpo su colpo alle improvvise e "aggressive" battute di Totò,

Aldo Fabrizi.[33] Per Guardie e ladri Totò era all’inizio riluttante, il ruolo

offertogli era finalmente reale, diverso dai suoi precedenti personaggi e

inserito in un contesto decisamente più drammatico.[103][118] Il film ebbe

inizialmente problemi con la censura, ma appena uscito nelle sale fu un

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successo unanime: alti incassi, grande apprezzamento di pubblico e plauso

inatteso da parte della critica.[119][120] Nello stesso anno interpretò,

sempre per la regia di Monicelli e Steno, Totò e i re di Roma, l’unico film che

lo vide recitare con Alberto Sordi. L’anno seguente fu premiato con un

nastro d’argento per la sua interpretazione in Guardie e ladri,[121] e l'opera

venne presentata al Festival di Cannes 1952, dove si aggiudicò il premio per

la migliore sceneggiatura,[122] l’anno in cui l’attore collaborò a Siamo

uomini o caporali?, la sua biografia (che si ferma nel 1930 - dopo il suicidio

di Liliana Castagnola) curata da Alessandro Ferraù ed Eduardo

Passarelli.[123][124]

Totò impersona Pinocchio nel film Totò a colori (1952), riproponendo alcuni

movimenti della macchietta de Il bel Ciccillo

Totò impersona Pinocchio nel film Totò a colori (1952), riproponendo alcuni

movimenti della macchietta de Il bel Ciccillo

Totò impersona Pinocchio nel film Totò a colori (1952), riproponendo alcuni

movimenti della macchietta de Il bel Ciccillo

Proprio nel 1952 Totò rimase colpito da una giovane sulla copertina del

settimanale "Oggi", Franca Faldini. Le mandò subito un mazzo di rose con

un biglietto: «Guardandola sulla copertina di “Oggi” mi sono sentito

sbottare in cuore la primavera»,[123] poi le telefonò per invitarla a cena, la

ragazza accettò solo quando Totò ebbe modo di farsi presentare.[44] La

Faldini, appena ventunenne, era da poco tornata dagli Stati Uniti, dove

aveva preso parte al film Attente ai marinai! con Dean Martin e Jerry

Lewis.[123] Dopo essersi frequentati per circa un mese annunciarono il loro

fidanzamento. Sebbene restarono insieme fino alla morte dell’artista, la loro

relazione, che non arrivò mai al matrimonio, fu più volte sull'orlo di essere

troncata,[44] per il fatto di essere due persone caratterialmente molto

diverse; un motivo, tra l'altro, fu la differenza di età di trentatré anni.[123]

La situazione di convivenza senza un legame matrimoniale creò scandalo

all'epoca, tanto che, pochi anni più avanti, i due, stanchi di essere

tormentati dai paparazzi e dai giornalisti (che li definivano "pubblici

concubini"[44]), furono costretti a fingere di essersi uniti in matrimonio

all'estero, un espediente che comunque non funzionò sino in fondo.[1][44]

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Insieme a Franca Faldini

Franca Faldini comparve anche nel cast di alcuni film del compagno, il primo

a cui partecipò fu Dov'è la libertà?,[125][44] di Roberto Rossellini, che

avendo apprezzato Totò in Guardie e ladri, lo scritturò per il suo

film.[11][126] La lavorazione non fluì come previsto, venne girato nel 1952

e uscì nelle sale due anni dopo, per il fatto che nel corso delle riprese

Rossellini si disinteressò della pellicola e si allontanò spesso dal set. Molte

sequenze furono quindi girate dal regista Lucio Fulci, e sembra che abbiano

messo mano anche Mario Monicelli e Federico Fellini.[127]

Insieme alla Faldini, girò poi Totò e le donne, nuovamente diretto da Steno

e Monicelli, dove Totò recitò per la prima volta con Peppino De Filippo, con il

quale formò in seguito una delle coppie più popolari del cinema italiano.

Dopo che Steno e Monicelli si divisero, entrambi realizzarono, ciascuno per

proprio conto, altri film con Totò. Il primo sfruttò la sua comicità surreale, il

secondo proseguì sull’umanizzazione del personaggio (cominciata proprio

con Guardie e ladri).[123] Il primo grande risultato raggiunto da Steno fu

Totò a colori - gran successo e incassi altissimi -[128][129] uno dei primi

film italiani a colori, girato col sistema "Ferraniacolor", in cui vennero

riproposti alcuni dei suoi sketch teatrali, come quello di Pinocchio o del

Vagone letto con Castellani e Isa Barzizza.[123] Durante le riprese del film,

Totò, a causa delle potenti luci usate sul set (che addirittura gli causarono

una lieve infiammazione ai capelli[130]) e alla sua vista già precaria, iniziò

ad avere ulteriori problemi,[13] fino a svenire in seguito a dei forti dolori

accusati all'occhio destro,[130] il solo con cui vedeva poiché all’altro ebbe,

nel 1938, un distacco di retina.

Continuò comunque a lavorare. Nel 1953, in seguito ad alcune illustrazioni

di Totò il buono disegnate dallo sceneggiatore Ruggero Maccari su Tempo

illustrato, furono (con l'ovvio consenso dell'attore[131]) stampati e

distribuiti degli albi a fumetti di Totò, rappresentato naturalmente in forma

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caricaturale,[132] raccolti in una collana chiamata semplicemente Totò a

fumetti, che illustrava storie liberamente ispirate ad alcune sue esibizioni

teatrali.[33] La collana venne pubblicata dalle Edizioni Diana di Roma.[131]

Nel 1954, un suo brano musicale, Con te, dedicato a Franca Faldini,[133] fu

presentato al Festival di Sanremo, classificandosi al 9º posto nella

graduatoria finale. La canzone venne interpretata da Achille Togliani,

Natalino Otto e Flo Sandon's.[134] Nello stesso anno, i giornali

annunciarono che Totò avrebbe interpretato un film muto scritto da Age e

Scarpelli, purtroppo il progetto fu presto annullato per il rifiuto dei

produttori.[133][135] Girare un film del genere sarebbe stata una grande

soddisfazione per il comico, che affermò: «Il mio sogno è girare un film

muto, perché il vero attore, come il vero innamorato, per esprimersi non ha

bisogno di parole»;[136] e fu proprio durante una vacanza sulla Costa

Azzurra, in un periodo imprecisato degli anni cinquanta, che ebbe

un'occasione unica di conoscere nientedimeno che il maestro del muto

Charlie Chaplin, quando il suo yacht si ritrovò per caso accanto

all'imbarcazione dell'artista inglese. Ma Totò, da sempre bloccato

dall'insicurezza e dai complessi d'inferiorità, e pensando poi che l'altro non

lo avrebbe riconosciuto per la sua poca popolarità all'estero, rinunciò a

salutarlo.[67][137]

Tra il 1953 e il 1955 interpretò diciassette film, lavorò nuovamente con

Steno in L’uomo, la bestia e la virtù (dall'omonima commedia di Luigi

Pirandello), dove nel cast era presente anche Orson Welles, poi con Mattòli

ne Il più comico spettacolo del mondo (uno dei primi film italiani

tridimensionali), e nella trilogia scarpettiana: Un turco napoletano, Miseria e

nobiltà e Il medico dei pazzi.[92] Fu anche chiamato dall’amico Aldo Fabrizi

che lo volle per il film Una di quelle, al fianco di Peppino De Filippo, Lea

Padovani e lo stesso Fabrizi; la pellicola (ridistribuita successivamente col

titolo di Totò, Peppino e… una di quelle), dal tono drammatico e

sentimentale, non ottenne il successo sperato.[138] Si incontrò

nuovamente anche con Monicelli, con il quale girò Totò e Carolina, film

uscito nelle sale dopo un anno e mezzo dal termine della lavorazione perché

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massacrato dai tagli della censura,[123] che era infastidita principalmente

dai palesi riferimenti comunisti e dal fatto che Totò interpretasse un

poliziotto, e per di più in un atteggiamento che tendeva a

ridicolizzarsi.[139]

La beneficenza

Totòpacchidono.jpg

Totò mentre distribuisce pacchi-dono ai bambini disagiati

Totò, di spirito caritatevole,[101][N 19] per tutta la sua vita compì

molteplici gesti d'altruismo, che includevano sostegno e offerte di viveri ai

più bisognosi.[74][140][23][44][N 20] Con l’avanzare dell’età si dedicò

sempre più spesso a numerose opere di beneficenza: la vita privata

dell’attore, negli ultimi anni, si limitava a sporadiche apparizioni in pubblico

ma anche (seppur non avendo guadagni eccelsi per il fatto che pretendeva

sempre poco dai produttori[31][N 21]) a un’intensa attività di

benefattore,[13] aiutando ospizi e brefotrofi, donando grandi somme alle

associazioni che si occupavano degli ex carcerati e delle famiglie degli

stessi. Avendo poi una particolare predilezione per i bambini,[141] dopo la

morte del figlio Massenzio Totò andava spesso a trovare, insieme a Franca

Faldini, gli orfanelli dell'asilo Nido Federico Traverso, di Volta Mantovana,

portando con sé regali e giocattoli.[140] Inoltre, in merito al suo amore per

gli animali, per raccogliere cani randagi acquistò e modernizzò un vecchio

canile, L'ospizio dei trovatelli,[142] che lui stesso visitava regolarmente per

accertarsi che i numerosi ospiti a quattro zampe (si parla di più di 200

cani[31]) avessero le cure necessarie.[143][144] Le spese totali per

l'assistenza e il mantenimento del canile arrivarono a costargli circa

cinquanta milioni.[144]

Fondò poi la società di produzione D.D.L., con sede legale al suo domicilio,

collegata a Dino De Laurentiis e all'amministratore di Totò, Renato

Libassi.[145] Ebbe l’opportunità di lavorare con Alessandro Blasetti e anche

Camillo Mastrocinque, con il quale girò molte pellicole di successo. La sua

vita privata però, non scorreva tranquilla come quella di spettacolo: Franca

Faldini, in seguito ad un parto drammatico,[1] diede alla luce il figlio di

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Totò, Massenzio; il bambino, nato di otto mesi, morì dopo alcune

ore.[68][1][N 22]

Totò vestito da Napoleone nello spettacolo A prescindere (1956-1957),

quando la sua vista venne gravemente compromessa dalla malattia che lo

costrinse ad abbandonare definitivamente il palcoscenico

La malattia agli occhi e il rientro[modifica | modifica wikitesto]

Superato il dolore della perdita del figlio, al quale Totò reagì malissimo

rinchiudendosi in casa per settimane,[125] nel 1956 ritornò sul set

interpretando a catena quattro film di Camillo Mastrocinque, che raggiunse

il punto più alto del suo sodalizio con l'attore dirigendolo in Totò, Peppino e

la... malafemmina (in cui si colloca la nota scena della “lettera”) e ne La

banda degli onesti, scritto da Age e Scarpelli e interpretato insieme a

Peppino e Giacomo Furia. Ma la tentazione di ritornare a teatro lo vinse, e,

spronato anche dall'impresario Remigio Paone,[44] recitò nella rivista A

prescindere (che prendeva il nome da un suo modo di dire[44]), che

debuttò al teatro Sistina di Roma alla fine del '56,[44] e che venne portata

in tournée in tutta Italia.[68]

Nel mese di febbraio del 1957, a Milano, Totò venne colpito da una

broncopolmonite virale, e nonostante i pareri dei medici che gli dissero di

riposare, tornò sul palco dopo alcuni giorni,[68] ciò gli causò uno

svenimento appena prima di entrare in scena.[130] I medici gli prescrissero

almeno due settimane di assoluto riposo, ma Totò ritornò ugualmente a

recitare esibendosi a Biella, Bergamo e Sanremo, dove cominciò ad

avvertire i primi sintomi dell'imminente malattia alla vista.[130] Il 3 maggio

la situazione precipitò: mentre recitava al Teatro Politeama Garibaldi di

Palermo si avvicinò alla Faldini (che aveva sostituito l'attrice Franca May e

recitava sul palco insieme a lui[130]) sussurrandole che non vedeva

più;[68] contando perciò solo sulle sue abilità e sull'appoggio degli altri

attori, fece in modo di accelerare la conclusione dello spettacolo.

Nonostante lo sconforto e la totale cecità, cercò di resistere e, per non

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deludere il pubblico ritornò sul palcoscenico - con un paio di spessi occhiali

da sole - la sera del 4 maggio e, in due spettacoli, del 5.[130] L'interruzione

della rivista fu comunque inevitabile. Inizialmente i medici attribuirono la

cecità a un problema derivato dai denti,[44] ma alla fine gli fu diagnosticata

una corioretinite emorragica all’occhio destro. L’impresario della compagnia,

Remigio Paone, non credendogli, richiese una visita fiscale e avrebbe

preteso anche che Totò tornasse a recitare.[130]

Totò in un primo tempo fu completamente cieco, e anche dopo dei lievi

miglioramenti e una volta riassorbita l’emorragia non riuscì più a riacquisire

integralmente la vista.[68] Dovette abbandonare definitivamente il

teatro,[146][N 23] continuando però con il cinema: in quell'anno restò

quasi inattivo e interpretò solo un film, Totò, Vittorio e la dottoressa di

Mastrocinque, ma le sue capacità recitative, malgrado la malattia, non si

affievolirono mai.[130] L'unico problema era il doppiaggio, quando alcune

scene dei film non venivano girate in presa diretta, non poteva doppiarsi

poiché non era in grado di vedersi sullo schermo e non poteva sincronizzare

le battute con il movimento labiale; in tali occasioni, veniva doppiato da

Carlo Croccolo.[130] Per problemi economici fu costretto a vendere alcune

proprietà, e successivamente decise di soggiornare per qualche giorno a

Lugano,[147] pensando di trasferirvisi definitivamente per motivi fiscali, ma

ritornò a Roma e si spostò in un appartamento in affitto in Viale dei Parioli

con Franca Faldini, che gli rimase sempre vicino, insieme a suo cugino

Eduardo Clemente, che gli faceva da segretario e factotum, e al suo autista

Carlo Cafiero, che di solito lo accompagnava sul set.[68][13]

Totò e la politica

Totòvotazione.jpg

Sebbene non si conosca con certezza il pensiero politico di Totò,[125] si sa

da fonti accertate che era fermamente contrario a qualsiasi forma di

dittatura e supremazia (anche per le sue esperienze personali e per i suoi

sbeffeggiamenti del potere),[85] e sembra che, a detta di Franca Faldini,

fosse di idee fondamentalmente anarchiche.[125] A smentire ciò, è una

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fotografia del tedesco Eugenio Haas risalente al 1943, scattata sul set di

Due cuori fra le belve e pubblicata sulla rivista "Film", e che raffigurava

l'attore con la "cimice", ossia il distintivo del Partito nazionale

fascista.[148][149] Si suppone che Totò sia stato in qualche modo costretto

a posare per quella foto, la cui intenzione sarebbe stata quella di "punire

l'audacia del comico", poiché scherniva e derideva il regime fascista nei suoi

spettacoli teatrali,[150] che difatti gli causarono molte complicazioni

durante la guerra.

Pur tenendo molto al suo titolo nobiliare, pur conducendo uno stile di vita

sfarzoso,[23] e pur essendo stato definito più volte un monarchico, Totò,

secondo la Faldini, non pretendeva da nessuno di essere chiamato

"principe",[125][101][N 24] la sua mania per la nobiltà rappresentava per

lui una sorta di riscatto dalla sua difficile vita giovanile.[67][125] Ma il suo

«Viva Lauro!», esclamato durante Il Musichiere, venne naturalmente mal

interpretato. Essendo un periodo delicato, in prossimità delle elezioni

politiche, non era tollerabile che un personaggio conosciuto come Totò

osannasse il capo di un partito politico,[151] ma l’unico motivo della sua

esclamazione era dovuto al fatto che Lauro avesse provvisto di case e

alimenti i bassi abitanti di Napoli. Totò apprezzò solamente il gesto,

essendo fortemente attaccato alla sua città natale.[125][N 25]

Pur non coltivando molto interesse per l'ambito televisivo,[152] nel '58

accettò l'invito come ospite d'onore nel programma Il Musichiere condotto

da Mario Riva, con il quale aveva lavorato anni prima in alcuni film e riviste

teatrali.[153] Durante la trasmissione Totò si lasciò scappare un «Viva

Lauro!», riferendosi ad Achille Lauro, l'allora capo del Partito Monarchico

Popolare;[125] questa sua sgradita, seppur scherzosa, considerazione

politica, gli costò un allontanamento dal piccolo schermo (salvando alcune

interviste in privato) sino al 1965, quando duettò con Mina a Studio

Uno.[154]

I soliti ignoti (1958). Sono presenti nella scena, in senso orario a partire da

sinistra: Marcello Mastroianni, Renato Salvatori con dinanzi a lui Carlo

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Pisacane (seduto), Vittorio Gassman, Totò e Tiberio Murgia (inquadrato di

spalle)

Dopo il forzato distacco dalla televisione, riprese a lavorare nel cinema.

Sempre nel '58 recitò con l’attore francese Fernandel in La legge è legge e,

tra le altre pellicole, prese parte al celebre film I soliti ignoti di Mario

Monicelli, interpretando lo scassinatore in pensione Dante Cruciani e

recitando, tra gli altri, con Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni. In quel

periodo gli venne assegnato il Microfono d’argento[155][N 26] e in seguito

una Targa d'Oro dall'ANICA,[156] per il suo contributo al cinema italiano e

per la sua lunga carriera artistica.[157][68]

Nel '59 la sua salute peggiorò, durante la lavorazione del film La cambiale

ebbe una ricaduta e non lavorò per due settimane, prima di concludere le

riprese.[147] Seguendo i consigli medici si concesse alcuni mesi di riposo, e

dopo essersi ripreso inviò una sua canzone, Piccerella Napulitana, al Festival

di Sanremo 1959, che però fu scartata, insieme ad un'altra di Peppino De

Filippo.[158] Totò accettò comunque di occupare il posto come presidente

della giuria al Festival, in seguito alle insistenze di Ezio Radaelli, rifiutando

tra l'altro un cospicuo pagamento giornaliero; però, in seguito a un

disaccordo col resto della commissione, abbandonò prestissimo

l'incarico.[158]

Proprio all'apice del successo, l'agenzia artistica statunitense Ronald A.

Wilford Associates di New York desiderava scritturarlo per uno spettacolo da

rappresentare in America, insieme a Maurice Chevalier, Marcel Marceau e

anche Fernandel. Naturalmente Totò non se la sentì e preferì rimanere in

Italia a continuare in modo più "rilassante" con la cinematografia, rifiutando

così, anche se malvolentieri, un'offerta importante e un altissimo

compenso.[159]

Nel 1961 gli venne comunicato che era vincitore della Grolla d'oro alla

carriera,[4] con la motivazione: «Al merito del cinema, per aver da lunghi

anni onorato l'estro e il genio del Teatro dell'Arte».[160] Ma la sua salute e i

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suoi impegni non gli permisero di partecipare alla premiazione a

Saint-Vincent e la Grolla fu assegnata ad un altro attore.[85]

Nonostante la malattia, Totò (da sempre fumatore) continuava a fumare

fino a novanta sigarette al giorno.[98] Cercò comunque di non rallentare

troppo la sua già allora consistente produzione di film; e per il timore di

perdere il lavoro e l'affetto del suo pubblico,[158] cominciò ad accettare

qualsiasi copione: aprì una parentesi con il regista Lucio Fulci ne I ladri e

tornò con Steno nel film I tartassati, nuovamente al fianco di Aldo Fabrizi, a

cui si aggiunse in un ruolo secondario l’attore francese Louis de Funès.

Sebbene fosse quasi completamente cieco (vedeva solo dai lati degli

occhi[48]), tanto da dover indossare un pesante paio di occhiali scuri che

toglieva soltanto per le riprese, si muoveva sul set con assoluta disinvoltura

ed era come se tornasse, solo per un attimo, a vedere;[23] cosa che

proprio lui affermò: «Appena sento il ciak, vedo tutto. È un effetto

nervoso».[161][48]

Totò ritratto sul set di Letto a tre piazze (1960)

Tra i tanti film interpretati negli anni Sessanta, oltre ai numerosi con

Peppino e alcuni con Fabrizi, di buon successo furono Totòtruffa 62 di

Camillo Mastrocinque, Gli onorevoli e la commedia amara I due marescialli

di Sergio Corbucci,[68] poi I due colonnelli di Steno (ricordato per la scena

della “carta bianca”[162]) e Risate di gioia di Monicelli, che segnò una tappa

importante per Totò, dato che fu l’unica volta che recitò sul set insieme

all’amica e compagna storica di teatro Anna Magnani. Non mancarono poi le

parodie, come Totò contro Maciste, Totò e Cleopatra e Totò contro il pirata

nero di Fernando Cerchio, che altro non furono che delle comiche

rivisitazioni mitologiche dei film Peplum, a cui si aggiunsero Che fine ha

fatto Totò Baby? (esplicita parodia di Che fine ha fatto Baby Jane?) di

Ottavio Alessi e Totò diabolicus di Steno, quest'ultimo una parodia del

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genere giallo-poliziesco dove Totò concepì una delle sue prove recitative più

complesse e riuscite,[163] dando volto e fattezze a ben sei personaggi

differenti.

In aggiunta, la fama che Totò vantava tra il pubblico, da sempre sfruttata

dai produttori,[23] venne usata come una sorta di veicolo pubblicitario o di

lancio per cantanti quali Johnny Dorelli, Fred Buscaglione, Rita Pavone,

Adriano Celentano, e per piccoli attori come Pablito Calvo che, già interprete

di Marcellino pane e vino, recitò poi in Totò e Marcellino. Esplorò anche il

filone notturno-sexy insieme a Erminio Macario in Totò di notte n. 1 e Totò

sexy, due tra i film più fiacchi della sua carriera.[164]

Nel gennaio del 1964 venne pubblicizzata la notizia dell'uscita del suo

centesimo film,[165][166] annunciato come il suo primo interamente

drammatico,[167] Il comandante. Diretto da Paolo Heusch e scritto da

Rodolfo Sonego (sceneggiatore di fiducia di Alberto Sordi), richiese

complessivamente otto settimane di lavoro, più del doppio rispetto alla

media dei film di Totò.[167] La notizia diede luogo a festeggiamenti e

riconoscimenti, Totò ricevette perfino la "Sirena d'oro" e agli incontri

internazionali del cinema venne accolto da un applauso interminabile,[167]

poche settimane dopo fu intervistato da Lello Bersani, per Tv7, e da Oriana

Fallaci, per L'Europeo.[31] Ma nonostante tutto, il film, che in realtà era

l'ottantaseiesimo, si rivelò un insuccesso.[167] Poi, presso l’editore Fausto

Fiorentino di Napoli, pubblicò la famosa poesia 'A livella,[168][68] che in

origine si chiamava Il due novembre,[169] per la quale vinse anche un

premio.[170]

Nel 1965 conobbe un giovane Pasquale Zagaria che, interprete

d'avanspettacolo, era stato consigliato dal titolare del teatro Jovinelli di

rivolgersi a Totò al fine di trovare lavoro nel cinema. In quell'occasione Totò

gli suggerì di cambiare il suo nome d'arte, che era Lino Zaga, spiegando che

i diminutivi dei nomi portassero bene e quelli dei cognomi portassero male.

Da allora il giovane attore si conferì lo pseudonimo di Lino Banfi.[171]

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Gli ultimi lavori[modifica | modifica wikitesto]

« Ho girato diversi film mediocri, altri che erano veramente brutti, ma, dopo

tutta la miseria patita in gioventù, non potevo permettermi il lusso di

rifiutare le proposte scadenti e restarmene inattivo... »

(Totò[172])

Uccellacci e uccellini (1966)

Proprio quasi fuori tempo massimo, al culmine della sua carriera, arrivarono

proposte importanti da cineasti come Alberto Lattuada, Federico Fellini e

Pier Paolo Pasolini. Col primo fece, nel ’65, il film La mandragola, nel ruolo

di Fra' Timoteo, che interpretò in modo brillante.[173] Il secondo lo avrebbe

voluto per il film Il viaggio di G. Mastorna, dove erano previsti nel cast

anche Mina, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Lavorare con Fellini era

sempre stata una delle maggiori ambizioni di Totò,[125] ma la pellicola

purtroppo non fu mai realizzata.[174][175] L’incontro con Pasolini, invece,

fu uno dei più importanti e inaspettati dell’intera carriera cinematografica di

Totò.[176]

La prima opera realizzata insieme fu Uccellacci e uccellini,[N 27] che Totò

accettò senza condividere appieno il suo personaggio e la poetica del

regista; ormai il suo intento principale era produrre opere di qualità, per la

solita paura di essere dimenticato dal pubblico.[33] Pasolini lo scelse perché

rimase affascinato dalla sua "maschera", che riuniva perfettamente

"l'assurdità e il clownesco con l'immensamente umano".[33] Per la prima

volta Totò, durante la lavorazione di un film, si sentì in qualche modo

smorzato, per volere di Pasolini che lasciava poco spazio ai suoi lazzi e alle

sue improvvisazioni, rispetto a come era solitamente abituato con gli altri

registi.[33] Uccellacci e uccellini, opera di grande forza poetica,[177] fin

dall'inizio fu oggetto di discussioni e controversie,[176] anche se fu quasi

unanime il riconoscimento della grande interpretazione di Totò, che, lodato

dalla critica,[33][178][N 28] conseguì una menzione speciale al Festival di

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Cannes[176] e il suo secondo nastro d’argento, e, per esprimere la sua

soddisfazione, ringraziò la giuria dei critici cinematografici italiani attraverso

una breve dichiarazione scritta.[179]

Prima di ritornare con Pasolini, ottenne un ruolo in Operazione San Gennaro

di Dino Risi, accanto a Nino Manfredi. Nel '67 girò con Pasolini il

cortometraggio La terra vista dalla luna, episodio del film collettivo Le

streghe, tratto dal racconto di Pasolini mai pubblicato Il buro e la

bura;[180] poi Che cosa sono le nuvole?, un episodio del film Capriccio

all'italiana,[176] dove l’attore prese parte anche a un altro corto di Steno: Il

mostro della domenica.

Totò in Che cosa sono le nuvole?, episodio di Capriccio all'italiana (1967), la

sua ultima pellicola

Furono le sue ultime pellicole. Venne chiamato anche da Nanni Loy per Il

padre di famiglia, di nuovo con Manfredi, in un ruolo di un anziano

anarchico che vive vendendo calzini e mutande ai compagni della sinistra;

film destinato a collocarsi fra i tanti progetti non realizzati da Totò, poiché

girò la prima scena (per spiacevole casualità, quella d'un funerale) e morì

due giorni dopo.[181]

La televisione[modifica | modifica wikitesto]

Totò incontrò la televisione già nel 1958, insieme a Mario Riva nel

programma Il Musichiere. Fece ritorno solo nel 1965, invitato da Mina nella

trasmissione Studio Uno,[182] partecipando a due puntate: nella prima,

subito accolto da un lunghissimo applauso, presentò la sua canzone

Baciami,[183] lasciando cantare Mina mentre lui interveniva facendo da

contrappunto alle parole della canzone con qualche sua classica

battuta.[33][184] Nella seconda puntata, nel 1966, ripropose invece un

vecchio sketch (Pasquale) con Mario Castellani.[185] La scenetta venne poi

incisa, insieme alla poesia 'A livella, in un disco 33 giri dell'attore.[186]

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Nel suo ultimo periodo di vita, mise in lavorazione alcuni caroselli e una

serie per la tv chiamata TuttoTotò, comprendente nove telefilm a cura di

Bruno Corbucci e diretti da Daniele D'Anza. La serie, nata da un’idea di

Mario Castellani,[N 29][154] doveva essere inizialmente diretta da Michele

Galdieri (l’autore di molte riviste di Totò), ma morì prima che iniziasse la

lavorazione.[154] La maggior parte dei copioni di questi telefilm apparivano

troppo stolidi,[187] e soltanto alcuni di questi, con testi discreti,[187]

diedero modo a Totò di esibirsi in alcuni suoi numeri, riproponendo alcuni

dei suoi famosi sketch teatrali.[44][182][154] L’attore appariva però

provato e lavorava non più di quattro ore nel pomeriggio, ma nonostante

tutto era ancora in grado di padroneggiare la scena.[182][188] Il ciclo andò

in onda dopo la sua morte, dal maggio al luglio del ’67,[154] per poi essere

replicato dieci anni più tardi.[182] Positiva fu l’accoglienza del pubblico, più

fredda quella della critica, che sottolineava come la comicità di Totò non

apparisse al meglio in quanto alla realizzazione frettolosa e

approssimativa.[182]

La morte[modifica | modifica wikitesto]

« È morta l'ultima delle grandi maschere della commedia dell'arte. »

(Nino Manfredi al telegiornale del 15 aprile 1967[189])

Alcuni giorni prima della sua morte, Totò disse di chiudere in fallimento e

che nessuno lo avrebbe ricordato, dichiarò di non essere stato all'altezza

delle infinite possibilità che il palcoscenico offre (riferendosi chiaramente

alla sua vera e unica passione, il teatro) e si rimproverò del fatto che

avrebbe potuto fare molto di più.[N 30][190][178] Morì nella sua casa di

Via dei Monti Parioli, 4; alle 3:30 del mattino (l'ora in cui era solito

andarsene a dormire[191]) del 15 aprile 1967,[189][192] all'età di 69 anni:

venne stroncato da un infarto dopo una lunga agonia, tanto sofferta che lui

stesso pregò i familiari e il medico curante di lasciarlo morire.[189] Proprio

la sera del 13 aprile confessò al suo autista Carlo Cafiero: «Cafie', non ti

nascondo che stasera mi sento una vera schifezza».[189] Secondo la figlia

Liliana, le sue ultime parole furono: «Ricordatevi che sono cattolico,

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apostolico, romano»,[33] mentre a Franca Faldini disse: «T'aggio voluto

bene Franca, proprio assai.»[189]

I funerali[modifica | modifica wikitesto]

I funerali a Napoli...

I funerali a Napoli...

...e il feretro con sopra la popolare bombetta

...e il feretro con sopra la popolare bombetta

Nonostante l'attore avesse sempre espresso il desiderio di avere un funerale

semplice,[189] ne ebbe addirittura tre.[33][193] Il primo nella capitale,

dove morì. La sua salma fu vegliata per due giorni dalle principali

personalità dello spettacolo e non, giunte da tutta Italia per commemorarlo

e rimpiangerlo.[33] Fu accompagnata da più di duemila persone nella

chiesa Sant'Eugenio,[194] sul Tevere, dove si svolse la cerimonia funebre.

Tra le personalità dello spettacolo presenti, all'interno della chiesa si

notarono Alberto Sordi, Elsa Martinelli, Olga Villi, Luigi Zampa e Luciano

Salce;[194] parteciparono anche i registi che lo avevano sempre ignorato, e

i critici che lo avevano avversato e considerato un artista inconsistente e

volgare.[33] Sulla sua bara furono poggiati la famosa bombetta con cui

aveva esordito e un garofano rosso,[191] la cerimonia si limitò a una

semplice benedizione a causa delle difficoltà create dalle autorità religiose,

perché con Franca Faldini l’attore non era sposato,[191] addirittura fu fatta

uscire di casa mentre il prete benediceva la salma di Totò.[44]

Il secondo si svolse a Napoli, la sua città natale alla quale era

particolarmente legato e la sua gioia più grande sarebbe stata proprio

ritornare lì, così fu:[169] Il 17 aprile di pomeriggio il feretro partì verso la

città, scortato da circa trenta vetture.[194] La città sospese dalle 16 alle

18,30 ogni attività, fu interrotto il traffico, i muri delle strade furono riempiti

di manifesti di cordoglio, le serrande dei negozi vennero abbassate e

socchiusi i portoni degli edifici in segno di lutto.[194] Tra gli altri personaggi

dello spettacolo ed amici stretti, ad attendere il feretro, c'erano i fratelli

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Nino e Carlo Taranto, Ugo D'Alessio, Luisa Conte, Dolores Palumbo.[194] A

causa della grande affluenza, il furgone che trasportava la salma impiegò

due ore per raggiungere la chiesa di Sant'Eligio, dove si svolsero i funerali

di fronte alla folla traboccante, valutata in circa 250 000

persone,[194][195] tra bandiere, stendardi e corone.[194]

L'orazione funebre venne tenuta da Nino Taranto:

« Amico mio, questo non è un monologo, ma un dialogo perché sono certo

che mi senti e mi rispondi, la tua voce è nel mio cuore, nel cuore di questa

Napoli, che è venuta a salutarti, a dirti grazie perché l'hai onorata. Perché

non l'hai dimenticata mai, perché sei riuscito dal palcoscenico della tua vita

a scrollarle di dosso quella cappa di malinconia che l'avvolge. Tu amico hai

fatto sorridere la tua città, sei stato grande, le hai dato la gioia, la felicità,

l'allegria di un'ora, di un giorno, tutte cose di cui Napoli ha tanto bisogno. I

tuoi napoletani, il tuo pubblico è qui, ha voluto che il suo Totò facesse a

Napoli l'ultimo "esaurito" della sua carriera, e tu, tu maestro del buonumore

questa volta ci stai facendo piangere tutti. Addio Totò, addio amico mio,

Napoli, questa tua Napoli affranta dal dolore vuole farti sapere che sei stato

uno dei suoi figli migliori, e che non ti scorderà mai, addio amico mio, addio

Totò.[196][189] »

Dopo il rito funebre, le autorità furono costrette a far uscire la salma da una

porta secondaria, all'interno della basilica susseguirono scene di panico e

anche svenimenti;[194][189][N 31] ci furono quattro feriti, due donne e

due agenti, in seguito all'enorme scompiglio causato.[194] Il corpo di Totò

venne così scortato da motociclisti della polizia al Cimitero del Pianto, ove

ad attendere c'erano Franca Faldini, la figlia Liliana con il marito, Eduardo

Clemente e Mario Castellani, che per via della straripante folla decisero di

non assistere alla funzione religiosa e raggiunsero direttamente in auto il

cimitero.[194] Totò fu sepolto nella tomba di famiglia accanto ai genitori, al

piccolo Massenzio e all'amata Liliana Castagnola.[189][N 6]

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Il terzo funerale lo volle organizzare un capoguappo del Rione Sanità, nel

suo quartiere, che si tenne il 22 maggio, cioè pochi giorni dopo il trigesimo;

ad esso aderì un numero altrettanto vasto di persone, nonostante la bara

dell'attore fosse ovviamente vuota.[189] Eduardo De Filippo, con un

partecipato articolo, lo ricordò dalle pagine del quotidiano Paese Sera nel

giorno della sua scomparsa.[197]

Nella cultura popolare[modifica | modifica wikitesto]

La tomba di Totò è una delle più visitate dagli italiani, che spesso vi si

recano per lasciare dolci e biglietti[198][N 32]

« Non è una cosa facile fare il comico, è la cosa più difficile che esiste, il

drammatico è più facile, il comico no; difatti nel mondo gli attori comici si

contano sulle dita, mentre di attori drammatici ce ne sono un'infinità. Molta

gente sottovaluta il film comico, ma è più difficile far ridere che far

piangere. »

(Totò[199])

Secondo un sondaggio del 2009, condotto dal giornale online quinews.it con

mille intervistati equamente distribuiti per fasce d'età, sesso e collocazione

geografica (Nord, Centro, Sud e Isole), Totò risultava essere il comico

italiano più conosciuto ed amato, seguìto rispettivamente da Alberto Sordi e

Massimo Troisi.[24] I suoi film, visti all'epoca da oltre 270 milioni di

spettatori[128][129] (un primato nella storia del cinema

italiano[20][70][21]), molti dei quali rimasti attuali per satira e ironia,[200]

sono stati raccolti in collane di VHS e DVD in svariate occasioni e vengono

ancora oggi costantemente trasmessi dalla tv italiana,[23] riscuotendo

successo anche tra il pubblico più giovane.[201][24] Inoltre talune sue

celebri battute, espressioni-mimiche e gag sono divenute perifrasi entrate

nel linguaggio comune.[33][113][202][203]

Umberto Eco ha espresso così l'importanza di Totò nella cultura italiana: «In

questo universo globalizzato in cui pare che ormai tutti vedano gli stessi

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film e mangino lo stesso cibo, esistono ancora fratture abissali e incolmabili

tra cultura e cultura. Come faranno mai a intendersi due popoli [cioè cinesi

e italiani] di cui uno ignora Totò?»[204]

Liliana De Curtis, la figlia del comico, è tuttora attiva per mantenere vivo il

ricordo del padre. Molti italiani, ancor oggi, si rivolgono a Totò inviando

lettere e biglietti alla sua tomba, per confidarsi, chiedere favori e addirittura

grazie, come fosse un santo.[44][203]

La notorietà di cui Totò gode in Italia è andata anche oltre i confini

nazionali: ad esempio in America, dove il comico Jim Belushi lo ha definito

un «clown meraviglioso».[201] L'attore George Clooney, intervistato in

Italia in occasione del remake de I soliti ignoti, Welcome to Collinwood

(2002), in cui lui interpretava il corrispettivo ruolo di Totò, ha altresì

dichiarato: «Era un vero poeta popolare, un fantasista espertissimo nell'arte

di arrangiarsi e di arrangiare ogni gesto ed espressione» precisando inoltre

che, secondo il suo parere, tutti i comici più celebri come Jerry Lewis,

Woody Allen o Jim Carrey devono qualcosa all'attore italiano.[205] «Non

era certo solo un comico, proprio come Buster Keaton. I suoi film

potrebbero essere anche muti: riesce sempre a trasmettere il senso della

storia. Grazie ai vostri sceneggiatori e alla sua mimica, dai suoi film

traspare un personaggio a tutto tondo: astuto, ingenuo e anche vessato

dalle circostanze della vita. Per questo continuerà a essere imitato, senza

speranza di eguagliarlo. C'è sempre suspense nella sua recitazione: si

aspetta una sua nuova battuta, una strizzatina d'occhi, ma resta

imprevedibile il suo modo di sviluppare una storia.»[205]

Tributi[modifica | modifica wikitesto]

Molti sono i tributi dell'Italia a Totò, come scuole, statue, vie e teatri. Di

seguito ne sono riportati alcuni:

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Museo all'interno del Palazzo dello Spagnolo nel Rione Sanità, Napoli

(2013).[206][207]

Fontana delle Paperelle a lui intitolata e targa commemorativa in Piazza

Cavour a Napoli (2006).[208][N 33]

Busto eretto in località Casalnuovo di Napoli (1980).[208]

Statua a Cinecittà, Roma.

Statua di bronzo al Vomero, Napoli (1999).[208]

Mezzobusto in Via Cola di Rienzo, Roma.

Mezzobusto all'interno del parco della stazione di Valmontone.

Busto di bronzo nel cortile del Municipio di Cuneo, proveniente da

Alassio.[209]

Parco a lui intitolato e statua a Bagnoli, Napoli (2007).[208]

Parco Antonio de Curtis a Formia, Roma.[210]

Iscrizione su lapide posta sulla sua casa natia nel Rione Sanità.[208][N 34]

Targa d'ottone circolare in Viale Verdi, a Montecatini Terme.

Scuola Media Statale Antonio De Curtis in zona Torrenova, Roma.[211]

Scuola Media Statale Antonio De Curtis a Casavatore.

Scuola Elementare Antonio De Curtis a Roma.[210]

Scuola Elementare Antonio De Curtis a Ercolano.

Scuola Comunale dell'infanzia Antonio De Curtis in Via Antonio De Curtis,

Sammichele di Bari.

Istituto Comprensivo Statale Antonio De Curtis in viale Kennedy,

Aversa.[210]

Totò statue in Valmontone.JPG Prati - busto di Totò a Cola di

Rienzo 1160028.JPG

Cinecitta' 005.jpg TotòTargaPiazzaCavourNaples2.jpg

Page 43: è La Somma Che Fa Il Totale WP

In senso orario da sinistra: mezzobusto a Valmontone; mezzobusto in Via

Cola di Rienzo a Roma; targa commemorativa in Piazza Cavour a Napoli;

statua a Cinecittà

Cineforum Antonio de Curtis a S. Tammaro.[210]

Teatro Totò in Via Frediano Cavara a Napoli.[212]

Teatro Sala de Curtis a Catania in via Duca degli Abruzzi.

Teatro Totò a Roma, Piazza Meucci.

Primo circolo didattico Antonio de Curtis, Totò a Palma Campania, provincia

di Napoli.

Scalinata principe Antonio de Curtis Totò a Porto Azzurro, Isola d'Elba.[210]

Largo Principe Antonio de Curtis a Roccasecca, provincia di Frosinone.

Piazza Totò nel centro storico di Cuneo.[213]

Piazzale Antonio de Curtis in arte Totò a Monghidoro, Comune

dell'Appennino bolognese.

Piazza A. de Curtis detto Totò a Cattolica, in provincia di Rimini.[210]

Numerose vie dedicate ("Via Totò", "Via Antonio De Curtis", "Via Principe De

Curtis"...) in gran parte d'Italia; da segnalare Via Antonio De Curtis

(erroneamente riportata senza la prima N in "Antonio") a Sant'Arpino, in

provincia di Caserta.[214]

La questione nobiliare[modifica | modifica wikitesto]

Un felice incontro tra Totò ed Eduardo (1956)

« Tengo molto al mio titolo nobiliare perché è una cosa che appartiene

soltanto a me... A pensarci bene il mio vero titolo nobiliare è Totò. Con

l'altezza Imperiale non ci ho fatto nemmeno un uovo al tegamino. Mentre

con Totò ci mangio dall'età di vent'anni. Mi spiego? »

(Totò[85])

Page 44: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Dopo l'adozione nel 1933 da parte del marchese Francesco Maria Gagliardi

Focas,[11][12][13] cavaliere del Sacro Romano Impero (D. M. di

riconoscimento 6 maggio 1941), Totò intraprese lunghe e costose battaglie

legali, portate avanti con determinazione, per il riconoscimento di nobiltà,

anche grazie all'aiuto di esperti avvocati e araldisti. Totò riteneva di

appartenere a un ramo decaduto dei nobili de Curtis, quello dei conti di

Ferrazzano,[N 35] sebbene tale discendenza non sia mai stata

dimostrata.[215]

Il 18 luglio 1945 e il 7 agosto 1946 il Tribunale di Napoli, IV sez., emanò

sentenze che gli riconobbero diversi titoli gentilizi, che vennero registrati a

pag. 42 vol. 28 del Libro d'Oro della Nobiltà Italiana, tenuto presso

l'archivio della Consulta Araldica (Roma, Archivio Centrale dello Stato):

Principe, Conte Palatino, Nobile, trattamento di Altezza Imperiale. Con

sentenza 1º marzo 1950 del Tribunale civile di Napoli, il cognome di Totò

venne rettificato in "Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis di

Bisanzio",[216] anche se sul pronao della cappella della sua tomba, nel

Cimitero di Santa Maria del Pianto a Napoli, l'incisione recita solo Focas

Flavio Comneno De Curtis di Bisanzio - Clemente. Di fatto, dalla sentenza

del 1946, Totò acquisì i titoli e i nomi di: Antonio Griffo Focas Flavio Ducas

Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, altezza imperiale,

conte palatino, cavaliere del Sacro Romano Impero, esarca di Ravenna,

duca di Macedonia e di Illiria, principe di Costantinopoli, di Cilicia, di

Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro

e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo.[217][218]

In seguito al riconoscimento nobiliare, Totò fece coniare delle medaglie

d'oro dal peso di 50 grammi l'una ritraenti il suo profilo, come fosse un

imperatore romano,[219] e che amava regalare ai suo amici più intimi.

Sembra che ben cinque denunce siano state sporte contro l'attore (anche

da privati cittadini) per "abuso di titoli nobiliari".[218][N 36][N 37][105]

Teatrografia[modifica | modifica wikitesto]

Page 45: è La Somma Che Fa Il Totale WP

« Totò non è Chaplin o Buster Keaton, fenomeni tipicamente

cinematografici. Totò è il teatro. »

(Mario Castellani[54])

Totò portò in scena, dal 1928 al 1957 (anno in cui dovette forzatamente

abbandonare le scene a causa della malattia agli occhi) circa 40 spettacoli

tra commedie e rappresentazione di avanspettacolo (fino al 1939), oltre a

dodici "grandi riviste" negli anni quaranta e cinquanta.[220] A partire dal

1931 Totò figura spesso anche come autore. In tale elenco non vengono

inoltre riportati tutti i titoli degli spettacoli precedenti al 1928 (in particolare

a partire dal 1922), realizzati con la compagnia di Giuseppe Jovinelli e

presso la Sala Umberto di Roma.

Totò interpreta d'Artagnan nello spettacolo teatrale I tre moschettieri,

brandendo una stampella come spada[221]

Durante le "passerelle", che solitamente concludevano gli spettacoli di

rivista

Durante le "passerelle", che solitamente concludevano gli spettacoli di

rivista

Durante le "passerelle", che solitamente concludevano gli spettacoli di

rivista

Totò in camerino mentre viene aiutato da Diana Rogliani a indossare il

costume da robot, prima di entrare in scena per la rivista Bada che ti

mangio!

Totò in camerino mentre viene aiutato da Diana Rogliani a indossare il

costume da robot, prima di entrare in scena per la rivista Bada che ti

mangio!

Qui durante lo spettacolo

Qui durante lo spettacolo

Nella compagnia di Isa Bluette:

Page 46: è La Somma Che Fa Il Totale WP

1928: Madama Follia, di Ripp (Luigi Miaglia) e Bel Ami (Anacleto Francini);

1928: Il Paradiso delle donne, di Ripp e Bel Ami;

1928: Mille e una donna, di Ripp e Bel Ami;

1928: Girotondo, di Ripp e Bel Ami;

1928: Peccati... e poi Virtudi, di Masera (Marchesotti, Segurini e Rapetti).

Nella compagnia di Achille Maresca:

1928: Sì, sì, Susette, di Ripp e Bel Ami;

1928: La stella del Charleston, di Giovanni Manca e Refrain;

1929: Monna Eva, di Paolo Reni;

1929: La giostra dell'amore, di Cherubini, Armando Fragna e Cesare Andrea

Bixio.

Nella Compagnia Stabile Napoletana Molinari di Enzo Aulicino:

1929: Messalina, di Kokasse (pseudonimo di Mario Mangini) e Mascaria

(pseudonimo di Maria Scarpetta, figlia di Eduardo Scarpetta);

1929: Lo balcone de Rusinella , di Eduardo Scarpetta;

1929: Santarellina, di Henri Meilhac e Ludovic Halévy. Riduzione di Mario

Mangini;

1929: Miseria e nobiltà, di Eduardo Scarpetta;

1929: Amore e cinema, di Carlo Mauro;

1929: Il processo di Mary De' Can, di Carlo Mauro;

1929: Bacco, Tabacco e Venere, di Mario Mangini e Carlo Mauro

1930: I tre moschettieri, di Kokasse.

Page 47: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Nella compagnia di Achille Maresca:

1931: La vile seduttrice, di Ripp e Bel Ami;

1931: La vergine di Budda, primo avanspettacolo scritto da Antonio De

Curtis, Totò.

Nella Compagnia di Riviste e Fantasie Comiche Totò:

1932: Colori nuovi, scritto da Antonio De Curtis e Guglielmo Inglese;

1932: Ridi che ti passa, scritto da Antonio De Curtis e Guglielmo Inglese;

1932: Era lui, sì... sì...! Era lei, no... no...!, di Antonio De Curtis e Guglielmo

Inglese;

1932: La vergine indiana, scritto da Antonio De Curtis;

1932: Totò, Charlot per amore, scritto da Antonio De Curtis;

1933: Al Pappagallo (Compagnie di riviste di Totò);

1933: Se quell'evaso fossi io, di Bel Ami;

1933: Questo non è sonoro, di Tramonti (pseudonimo di Paolo

Rampezzotti);

1933: Il mondo è tuo, scritto da Antonio De Curtis e Cliquette (pseudonimo

di Diana Rogliani, moglie di Totò);

1933: La banda delle gialle, di Tramonti;

1933: Dalla calza al dollaro, di Tramonti;

1933: Il grand'Otello, di Bel Ami;

1934: La mummia vivente, di Bel Ami e Tramonti;

1934: I tre moschettieri, di Mario Mangini e Tramonti;

1935: Belle o brutte mi piaccion tutte, di Guglielmo Inglese e Tramonti;

Page 48: è La Somma Che Fa Il Totale WP

1936: 50 milioni... c'è da impazzire!, scritto da Antonio De Curtis e

Guglielmo Inglese;

1936: Una terribile notte, di Mario Mangini;

1937: Dei due chi sarà, scritto da Antonio De Curtis;

1937: Uomini a nolo, scritto da Antonio De Curtis e Bel Ami;

1937: Novanta fa la paura, scritto da Antonio De Curtis;

1938: Se fossi un Don Giovanni, scritto da Antonio De Curtis;

1938: L'ultimo Tarzan, scritto da Antonio De Curtis;

1938: Accade una notte che..., scritto da Antonio De Curtis;

1939: Fra moglie e marito, la suocera e il dito, ultimo avanspettacolo scritto

da Antonio De Curtis.

Il ciclo della Grande Rivista:

1940-1941: Quando meno te l'aspetti..., scritta da Michele Galdieri e messa

in scena dalla Compagnia Grandi Riviste Totò;

1941-1942: Volumineide, scritta da Michele Galdieri e messa in scena dalla

Compagnia Teatrale Errepi di Remigio Paone;

1942-1943: Orlando curioso, scritta da Michele Galdieri e messa in scena

dalla Compagnia Teatrale Errepi di Remigio Paone;

1943-1944: Aria nuova, scritta da Antonio De Curtis e messa in scena dalla

Compagnia Totò organizzata da Antonio De Curtis ed Elio Gigante;

Che ti sei messo in testa?, scritta da Michele Galdieri prima della liberazione

di Roma (4 giugno 1944) e messa in scena dalla Compagnia Grandi Riviste

Totò-Magnani;

1944-1945: Con un palmo di naso, scritta da Michele Galdieri subito dopo la

liberazione di Roma, e messa in scena dalla Compagnia Grandi Riviste

Totò-Magnani;

Page 49: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Imputati... alziamoci!, scritta da Michele Galdieri e messa in scena dalla

Compagnia Totò-D'Albert di Remigio Paone;

1945-1946: Un anno dopo, scritta da Oreste Biancoli e messa in scena dalla

Compagnia Totò-D'Albert di Remigio Paone, con Lucy D'Albert, Vittorio

Caprioli e Alberto Bonucci;

1946-1947: Eravamo sette sorelle scritta da Aldo De Benedetti e Michele

Galdieri e messa in scena dalla Compagnia Totò di Romagnoli;

Ma se ci toccano nel nostro debole... scritta da Nelli, Mangini, Garinei &

Giovannini e messa in scena dalla Compagnia Totò di Romagnoli;

1947-1948: C'era una volta il mondo, scritta da Michele Galdieri e messa in

scena dalla Compagnia Spettacolo Errepi di Remigio Paone, che presenta la

Compagnia Totò-Barzizza;

1949-1950: Bada che ti mangio!, scritta da Michele Galdieri e Antonio De

Curtis e messa in scena dalla Compagnia Spettacoli Errepi di Remigio

Paone, che presenta la Grande Compagnia di Riviste Totò-Barzizza-Giusti;

1956-1957: A prescindere, scritta da Nelli e Mangini e messa in scena dalla

Compagnia Spettacoli Errepi di Remigio Paone che presenta la Compagnia

Totò-Yvonne Menard (l'ultima rivista di Totò, interrotta per la grave malattia

agli occhi del comico nel maggio 1957, al Teatro Politeama di Palermo).

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

« E io pago! E io pago! »

(Totò in 47 morto che parla)

Totò interpretò dal 1937 fino alla morte (nel 1967) ben 97 film per il grande

schermo, quasi sempre come attore protagonista, per una media di oltre 4

all'anno (numero che non tiene conto della sua pausa durante la guerra).

Lavorò con 42 registi differenti,[44] quelli con cui produsse maggiormente

furono Mario Mattòli (16 film), Camillo Mastrocinque (11 film), Steno (10

film), Sergio Corbucci (7 film), Mario Monicelli (7 film) e Carlo Ludovico

Bragaglia (6 film).[44] Oltre a ciò vanno elencati anche un cospicuo numero

di progetti mai realizzati.[96]

Page 50: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Totò e Titina De Filippo in San Giovanni decollato (1940)

Totò e Alda Mangini in Totò cerca casa (1949)

Totò e Luigi Pavese in Totò le Mokò (1949)

Totò con Aroldo Tieri in Totò sceicco (1950)

Totò con Lea Padovani in Una di quelle (1953)

Totò e Anna Maria Ferrero in Totò e Carolina (1954)

Totò e Peppino De Filippo nella scena della "lettera" in Totò, Peppino e la...

malafemmina (1956)

Totò insieme a Peppino e Giacomo Furia ne La banda degli onesti (1956)

Totò con Fernandel in La legge è legge (1958)

Totò con Fabrizi ne I tartassati (1959)

Totò e Peppino con Enzo Petito in Chi si ferma è perduto (1960)

Totò con Vittorio De Sica e Gianni Agus ne I due marescialli (1961)

Page 51: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Totò con Nino Taranto e Ugo D'Alessio in Totòtruffa 62 (1961)

Totò con Nino Marchetti e Nino Taranto in Totò contro Maciste (1962)

Totò nel film Totò diabolicus (1962)

Totò e Walter Pidgeon ne I due colonnelli (1962)

Totò nel film Gli onorevoli (1963)

Totò e Nino Manfredi in Operazione San Gennaro (1966)

Attore cinematografico[modifica | modifica wikitesto]

Fermo con le mani!, regia di Gero Zambuto (1937)

Animali pazzi, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1939)

San Giovanni decollato, regia di Amleto Palermi (1940)

L'allegro fantasma, regia di Amleto Palermi (1941)

Due cuori fra le belve, riedito nel dopoguerra col titolo Totò nella fossa dei

leoni, regia di Giorgio Simonelli (1943)

Il ratto delle Sabine, riedito nel dopoguerra col titolo Il professor Trombone,

regia di Mario Bonnard (1945)

I due orfanelli, regia di Mario Mattòli (1947)

Fifa e arena, regia di Mario Mattòli (1948)

Totò al giro d'Italia, regia di Mario Mattòli (1948)

I pompieri di Viggiù, regia di Mario Mattòli (1949)

Page 52: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Yvonne la nuit, regia di Giuseppe Amato (1949)

Totò cerca casa, regia di Steno e Mario Monicelli (1949)

L'imperatore di Capri, regia di Luigi Comencini (1949)

Totò le Mokò, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1949)

Totò cerca moglie, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1950)

Napoli milionaria, regia di Eduardo De Filippo (1950)

Figaro qua, Figaro là, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1950)

Tototarzan, regia di Mario Mattòli (1950)

Le sei mogli di Barbablù, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1950)

Totò sceicco, regia di Mario Mattòli (1950)

47 morto che parla, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1950)

Totò terzo uomo, regia di Mario Mattòli (1951)

Sette ore di guai, regia di Vittorio Metz e Marcello Marchesi (1951)

Guardie e ladri, regia di Steno e Mario Monicelli (1951)

Totò e i re di Roma, regia di Steno e Mario Monicelli (1951)

Totò e le donne, regia di Steno e Mario Monicelli (1952)

Totò a colori, regia di Steno (1952)

L'uomo, la bestia e la virtù, regia di Steno (1953)

Una di quelle, regia di Aldo Fabrizi (1953)

Un turco napoletano, regia di Mario Mattòli (1953)

Il più comico spettacolo del mondo, regia di Mario Mattòli (1953)

Questa è la vita, episodio La patente, regia di Luigi Zampa (1954)

Dov'è la libertà?, regia di Roberto Rossellini (1954)

Tempi nostri - Zibaldone n. 2, episodio La macchina fotografica, regia di

Alessandro Blasetti (1954)

Page 53: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Miseria e nobiltà, regia di Mario Mattòli (1954)

I tre ladri, regia di Lionello De Felice (1954)

Il medico dei pazzi, regia di Mario Mattòli (1954)

Totò cerca pace, regia di Mario Mattòli (1954)

L'oro di Napoli, episodio Il guappo, regia di Vittorio De Sica (1954)

Totò e Carolina, regia di Mario Monicelli (1955)

Totò all'inferno, regia di Camillo Mastrocinque (1955)

Siamo uomini o caporali?, regia di Camillo Mastrocinque (1955)

Racconti romani, regia di Gianni Franciolini (1955)

Destinazione Piovarolo, regia di Domenico Paolella (1955)

Il coraggio, regia di Domenico Paolella (1955)

La banda degli onesti, regia di Camillo Mastrocinque (1956)

Totò lascia o raddoppia?, regia di Camillo Mastrocinque (1956)

Totò, Peppino e la... malafemmina, regia di Camillo Mastrocinque (1956)

Totò, Peppino e i fuorilegge, regia di Camillo Mastrocinque (1956)

Totò, Vittorio e la dottoressa, regia di Camillo Mastrocinque (1957)

Totò e Marcellino, regia di Antonio Musu (1958)

Totò, Peppino e le fanatiche, regia di Mario Mattòli (1958)

Gambe d'oro, regia di Turi Vasile (1958)

I soliti ignoti, regia di Mario Monicelli (1958)

La legge è legge, regia di Christian-Jaque (1958)

Totò a Parigi, regia di Camillo Mastrocinque (1958)

Totò nella luna, regia di Steno (1958)

Totò, Eva e il pennello proibito, regia di Steno (1959)

Page 54: è La Somma Che Fa Il Totale WP

I tartassati, regia di Steno (1959)

I ladri, regia di Lucio Fulci (1959)

La cambiale, regia di Camillo Mastrocinque (1959)

Arrangiatevi!, regia di Mauro Bolognini (1959)

Noi duri, regia di Camillo Mastrocinque (1960)

Signori si nasce, regia di Mario Mattòli (1960)

Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, regia di Mario Mattòli (1960)

Letto a tre piazze, regia di Steno (1960)

Risate di gioia, regia di Mario Monicelli (1960)

Chi si ferma è perduto, regia di Sergio Corbucci (1960)

Totò, Peppino e... la dolce vita, regia di Sergio Corbucci (1961)

Sua Eccellenza si fermò a mangiare, riedito col titolo II Dott. Tanzarella,

medico personale del... fondatore dell'impero, regia di Mario Mattòli (1961)

Totòtruffa 62, regia di Camillo Mastrocinque (1961)

I due marescialli, regia di Sergio Corbucci (1961)

Totò contro Maciste, regia di Fernando Cerchio (1962)

Totò diabolicus, regia di Steno (1962)

Totò e Peppino divisi a Berlino, regia di Giorgio Bianchi (1962)

Lo smemorato di Collegno, regia di Sergio Corbucci (1962)

Totò di notte n. 1, regia di Mario Amendola (1962)

I due colonnelli, regia di Steno (1962)

Il giorno più corto, regia di Sergio Corbucci (1963)

Totò contro i quattro, regia di Steno (1963)

Il monaco di Monza, regia di Sergio Corbucci (1963)

Totò e Cleopatra, regia di Fernando Cerchio (1963)

Page 55: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Le motorizzate, episodio Il vigile ignoto, regia di Marino Girolami (1963)

Totò sexy, regia di Mario Amendola (1963)

Gli onorevoli, regia di Sergio Corbucci (1963)

Il comandante, regia di Paolo Heusch (1963)

Le belle famiglie, episodio Amare è un po' morire, regia di Ugo Gregoretti

(1964)

Che fine ha fatto Totò Baby?, regia di Ottavio Alessi (1964)

Totò contro il pirata nero, regia di Fernando Cerchio (1964)

Totò d'Arabia, regia di José Antonio de la Loma (1965)

Gli amanti latini, episodio Amore e morte, regia di Mario Costa (1965)

La mandragola, regia di Alberto Lattuada (1965)

Rita, la figlia americana, regia di Piero Vivarelli (1965)

Uccellacci e uccellini, regia di Pier Paolo Pasolini (1966)

Operazione San Gennaro, regia di Dino Risi (1966)

Le streghe, episodio La terra vista dalla luna, regia di Pier Paolo Pasolini

(1967)

Capriccio all'italiana, episodi Il mostro della domenica di Steno e Che cosa

sono le nuvole? di Pier Paolo Pasolini (1968)

Doppiatore cinematografico[modifica | modifica wikitesto]

La vergine di Tripoli (1947) voce di Gobbone, il cammello che narra le

vicende del film[95]

Sceneggiatore cinematografico[modifica | modifica wikitesto]

Il medico dei pazzi (1954) regia di Mario Mattoli

Totò all'inferno (1955) regia di Camillo Mastrocinque

Siamo uomini o caporali? (1955) regia di Camillo Mastrocinque

Il coraggio (1955) regia di Domenico Paolella

Page 56: è La Somma Che Fa Il Totale WP

I due marescialli (1961) regia di Sergio Corbucci

Film di montaggio[modifica | modifica wikitesto]

10 anni della nostra vita, regia di Romolo Marcellini (1953)

Carosello del varietà, regia di Aldo Quinti e Aldo Bonaldi (1955)

L'italiano ha 50 anni, regia di Franca Maria Trapani (1962)

Risate all'italiana, regia di AA. VV. (1964)

Totò story, regia di AA. VV. (1968)

Un sorriso, uno schiaffo, un bacio in bocca, regia di Mario Morra (1975)

Kolossal - i magnifici macisti, regia di Mario Morra e Antonio Avati (1977)

Antologia di Totò (Totò, une anthologie; chiamato anche Anthologie de

Totò), regia di Jean-Louis Comolli (1978)

SuperTotò, regia di Brando Giordani ed Emilio Ravel (1980)

Riconoscimenti cinematografici[modifica | modifica wikitesto]

Nastri d'argento

1952: miglior attore protagonista - Guardie e ladri[121]

1967: miglior attore protagonista - Uccellacci e uccellini

Festival di Cannes

1966: menzione speciale per l'interpretazione in Uccellacci e uccellini

ANICA

1959: Targa d'Oro

Grolla d'oro

Page 57: è La Somma Che Fa Il Totale WP

1961: premio alla carriera (mai ritirato)

Televisione[modifica | modifica wikitesto]

Attore televisivo[modifica | modifica wikitesto]

Totò cowboy.jpg Amendolatoto.jpg

Totò in una scena del telefilm Totò Ciak Con Mario Castellani,

Ferruccio Amendola e Gianni Bonagura in Totò Ye Ye

Sul piccolo schermo l'attore realizzò nel 1967 TuttoTotò, una serie di nove

telefilm diretti da Daniele D'Anza, così composti:[154]

Il latitante, andato in onda il 4 maggio (nel ruolo di don Gennaro La Pezza;

l'episodio venne ricavato dalla sceneggiatura per un film mai realizzato, Le

belve)[222]

Il tuttofare, andato in onda il 10 maggio (nel ruolo di Rosario De Gennaro,

detto Lallo)

Il grande maestro, andato in onda il 13 maggio (nel ruolo di Mardocheo

Stonatelli)

Don Giovannino, andato in onda il 18 maggio (nel ruolo omonimo)

La scommessa, andato in onda il 25 maggio (nel ruolo di Oberdan Lo

Cascio), in cui Totò figurava anche come sceneggiatore

Totò Ciak, andato in onda l'8 giugno (nel ruolo dell'agente segreto, era una

parodia dei generi cinematografici in voga con la partecipazione di alcuni

cantanti)[223]

Totò a Napoli, andato in onda il 13 giugno (nel ruolo della guida non

autorizzata, recitava alcune poesie sue)

Totò Ye Ye, annunciata per il 29 giugno ma in realtà mai trasmesso

all'epoca in cui fu girato; è andato in onda solo nel 2011 su Raitre (Totò

ricopre il ruolo del capellone in uno special con la partecipazione di cantanti

e complessi musicali)[224]

Page 58: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Premio Nobel, con Corrado, andato in onda il 6 luglio (nel ruolo di Serafino

Bolletta)

Sketch pubblicitari[modifica | modifica wikitesto]

Nell'autunno del 1966 Totò girò nove sketch pubblicitari per la RAI diretti

dal regista Luciano Emmer,[182] che andarono in onda su Carosello prima

della morte dell'attore; oggi di questi ne sopravvivono solo due (Totò

cassiere e Totò calzolaio), probabilmente gli altri sono andati persi o

distrutti.[152]

Totò cassiere

Totò calzolaio

Totò spazzino

Totò petroliere

Totò proprietario di ristoranti

Totò farmacista

Totò barista

Totò giocatore

Totò elettricista

Nel gennaio 1967 vennero girati altri sette caroselli. Il progetto era di dieci,

ma Totò non riuscì a finirli tutti perché era molto impegnato; questi sketch

non vennero mai trasmessi in quanto furono trafugati prima di poter essere

utilizzati.[152]

Totò ingegnere

Totò pittore

Totò meteoronauta

Totò iettatore

Page 59: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Totò ferroviere

Totò operaio

Totò giardiniere

Apparizioni televisive[modifica | modifica wikitesto]

Totò con Mario Riva in una puntata de Il Musichiere, nel 1958, la sua prima

apparizione televisiva

Totò e Mina a Studio Uno nel 1966, quando ripropose lo sketch Pasquale

con Mario Castellani

Il Musichiere, di Mario Riva (1958)

Studio Uno, con Mina (1965 e 1966)

Interviste[modifica | modifica wikitesto]

Telecamere in vacanza, intervistato scherzosamente da Franca Faldini

(1959)[154]

Cinema d'oggi, intervista sul set de I due colonnelli (1962)[225]

Controfagotto, intervista nel canile L'ospizio dei trovatelli (1961)

Tv7, intervista con Lello Bersani (1963)[48]

Cinema d'oggi, intervista nella sua abitazione (1963)[154]

Segnalibro, intervista con Luigi Silori su un libro di Alberto Bevilacqua

riguardante i comici italiani (1965)[42]

Intervista sul set di Uccellacci e uccellini (1966)

Anteprima, intervista sul cinema comico (1966)

L'Approdo (1966)[154]

Intervista sul set del film La Terra vista dalla Luna (1967)

Interviste Radiofoniche[modifica | modifica wikitesto]

Page 60: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Sono Totò, Dio che tristezza, Articolo di Repubblica, 1º dicembre 1990,

Archivio RAI (1950)[226]

Ciak, intervista con Lello Bersani, in occasione del Nastro d'argento ricevuto

per Guardie e ladri (1952)[227]

La Giraffa, Totò declama versi di William Shakespeare (1952)[228]

La grande radio, intervista con Lello Bersani sul film Totò nella luna

(1958)[146]

Intervista con Oriana Fallaci per L'Europeo (1963)[31]

La grande radio, intervista nel suo appartamento (1967)[229]

Chicche e sia, Totò recita le sue poesie La consegna, Felicità e L'acquaiola

(1967)[230][231]

Programmi televisivi sull'attore[modifica | modifica wikitesto]

Il pianeta Totò, di Giancarlo Governi (1981, in 30 puntate; riproposto, in 25

puntate, nel 1983 e, nuovamente in 30 puntate, nel 1988)[152]

W Totò, condotto da Nanni Loy (1987)

Caro Totò, ti voglio presentare, condotto da Renzo Arbore (1992)[154]

Totò, un altro pianeta, di Giancarlo Governi (1993, in 15 puntate)

Tocco e ritocco, di Giancarlo Governi (1994, in quattro puntate)

La vita del principe Totò, di Giancarlo Governi (1995, in due puntate)[152]

Omaggio a Totò, di Giancarlo Governi (1997, in una puntata)

Totò 100, di Giancarlo Governi (1998, in due puntate)[152]

A prescindere..., di Giancarlo Governi (in due puntate)

Documentari[modifica | modifica wikitesto]

Totò 2001, di Marco Giusti (2000)[152]

Il baule di Totò, di Gianni Turco (2003)[232]

Un principe chiamato Totò, di Fabrizio Berruti (2007)

Page 61: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Totò, Napoli... ed io, di Diana De Curtis e Francesco Brancatella

(2009)[152]

Poesie[modifica | modifica wikitesto]

La lista completa delle poesie scritte da Totò (tra parentesi il titolo in

italiano).[233]

'A livella (La livella)

'A passiona mia erano 'e rrose (La mia passione erano le rose)

Uocchie 'ncantatore (Occhio incantatore)

'Ncantesimo (Incantesimo)

Esempio

Calannario

Essa

La donna

Ma che dulore (Ma che dolore)

'O sole (Il sole)

A Franca

Preghiera del clown

'A vita è ingiusta (La vita è ingiusta)

Tutto è finito

Chi è ll'ommo (Chi è l'uomo)

'E dduje 'nnammurate (I due innamorati)

Riflessione

'A 'mmasciata (L'ambasciata)

Statuina a Francesca

Page 62: è La Somma Che Fa Il Totale WP

'A femmena (La femmina)

Pe nun te scurdà cchiù (Per non scordarti più)

Viola d'ammore (Viola d'amore)

Siamo uomini o caporali

Cuore

'A cchiu' bella (La più bella)

Ho bisogno di rivederti

'O piso (Il peso)

Che me manca!

Donna Amalia

Pe sta vicino a tte (Per stare vicino a te)

La società

Napule, tu e io (Napoli, tu e io)

'O saccio sultant'io (Lo so soltanto io)

Passione

Il dramma di Don Ciccio Caccavalle

'A cchiu' sincera (La più sincera)

Nu iuorno all'intrasatta (Un giorno all'improvviso)

All'intrasatta... (All'improvviso)

Ricunuscenza (Riconoscenza)

'A mundana (La prostituta)

Dick

Zuoccole, tammorre e femmene (Zoccoli, tamburi e donne)

Si fosse n'auciello (Se fossi un uccello)

Page 63: è La Somma Che Fa Il Totale WP

'Ngiulina (Angelina)

Balcune e llogge (Balconi e logge)

Ll'ammore (L'amore)

Uocchie ca mme parlate (Occhi che mi parlate)

'A statuetta (La statuetta)

'A cunzegna (La consegna)

Ammore perduto (Amore perduto)

'A nnammurata mia (La mia fidanzata)

Core analfabeta (Cuore analfabeta)

'E ccorna (Le corna)

'O schiattamuorto (Il becchino)

Felicità

'A vita (La vita)

Il fine dicitore

Bianchina

'E pezziente (I pezzenti)

'A speranza (La speranza)

Il cimitero della civiltà

Sarchiapone e Ludovico

L'indesiderabile

L'acquaiola

Canzoni[modifica | modifica wikitesto]

La lista delle canzoni scritte (e alcune interpretate) da Totò.[234]

Page 64: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Margherita, cantata da Totò nel film L'allegro fantasma (1941)

Girotondo, cantata da Totò con il Trio Primavera nel film L'allegro fantasma

(1941)

La mazurka di Totò, cantata da Totò nel film Totò le Mokò (1949)

Ischia mia, cantata da Giacomo Rondinella (1951)

Malafemmena, cantata da più artisti, tra cui Giacomo Rondinella, Roberto

Murolo, Lina Sastri, Fausto Leali e James Senese (1951)

Nun si 'na femmena, cantata da Totò nel film Totò terzo uomo (1951)

Sulo, cantata da Giacomo Rondinella (1951)

Casa mia, cantata da Totò e Giacomo Rondinella nel film Dov'è la libertà?

(1952)

Comme a nu' carcerato (2º premio festival Cava dei Tirreni 1952 di De

Curtis, Nello Franzese, Porcaro)

Me diciste 'na sera (1952; di De Curtis, Nello Franzese, Porcaro)

A chi non lo sapesse, cantata da Giacomo Rondinella (1952)

Isola d'oro, cantata da Giacomo Rondinella (1952)

Uocchie ca me parlate, cantata da Totò nel film Dov'è la libertà? (1952)

Non voglio amare più, cantata da Giacomo Rondinella (1952)

Me songo annammurato, cantata da Totò nel film Dov'è la libertà? (1952)

Margellina blu, cantata da Franco Ricci (1953)

Carme' Carme', cantata da Nicola Maldacea junior nel film Un turco

napoletano (1953)

Ddoje strade, cantata da Amedeo Pariante (1953)

Nemica, cantata da Roberto Murolo (1954)

Con te, cantata da Natalino Otto, Achille Togliani e L. Morosini (1954),

presentata al Festival di Sanremo (cantata anche in spagnolo nel 1967 da

Ernesto Bonino)

Page 65: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Aggio perduto 'ammore, cantata da Roberto Murolo (1954)

Abbracciato cu tte, cantata da Achille Togliani (1955)

Luntano 'a te, cantata da Franco Ricci (1955)

Tu si tutto pe' mme, cantata da Achille Togliani (1955)

Core analfabeta, cantata da Totò nel film Siamo uomini o caporali (1955)

Che me diciste a 'ffa, cantata da Fausto Cigliano (1956)

Miss, mia cara miss, cantata da Totò nel film Totò a Parigi (1958)

Mariarosa, cantata da Claudio Villa (1960)

Geppina Gepi, cantata da Totò e Anna Magnani nel film Risate di gioia

(1960)

Rapallo, cantata da Achille Togliani (1961)

Le Lavandou, cantata da Achille Togliani (1961)

Filomè, cantata da Nino Taranto (1961)

Piccerella, piccerè, cantata da Nino Taranto (1961)

L'ammore avesse 'a essere, cantata da T. Pane (1962)

Baciami, cantata da Totò e Mina nella trasmissione RAI Studio Uno (1965)

Veleno, cantata da Totò e i Rokes nel film Rita la figlia americana (1965)

Canzoni solo interpretate:

Il bel Ciccillo, cantata nel film Yvonne la nuit

Marcello il bello

Nel paese dei balocchi, cantata insieme a Mario Castellani

La mazurka dei vent'anni, cantata nel film San Giovanni decollato

Galleria fotografica[modifica | modifica wikitesto]

Page 66: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Totò in una delle sue classiche espressioni, qui nel film Guardie e ladri

Totò verso la fine degli anni Venti

Insieme a Silvana Pampanini, la donna che corteggiò insistentemente

all'inizio degli anni Cinquanta

Con Aldo Fabrizi sul set del film I tartassati

Con il regista Mario Monicelli sul set de I soliti ignoti

Insieme a Franca Faldini, durante una visita a L'ospizio dei trovatelli, il

canile da lui acquistato e finanziato

Totò con Roberto Murolo

Con Gina Lollobrigida, al centro Mike Bongiorno

Note[modifica | modifica wikitesto]

Page 67: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

^ Totò, in un'intervista:

« La felicità non esiste. La felicità non esiste in nessun modo. Nessuno è

felicissimo. »

... e in un'intervista di Oriana Fallaci:

« Io amo esser solo. Ho bisogno di essere solo: per contemplare, per

pensare. A volte mi danno noia perfino le persone che amo. Sì, è difficile

viver con me. A me non piace andare nei night, non mi è mai piaciuto. Io,

quando vedo quel divertimento falso non posso fare a meno di pensare che

dietro a ciascuna di quelle persone v’è un dramma: il pianista magari ha le

scarpe rotte, l’industriale ha le cambiali che scadono, l’entraineuse ha il

figlio ammalato... Sono un misantropo, la base della mia vita è la casa. La

casa, per me, è una fortezza, quasi una persona. Quando vi entro la saluto

sempre come una persona: "Buonasera, casa". »

^ «Sono un "retrocesso"», diceva il bambino.

^ Totò:

« Quella mia battuta «siamo uomini o caporali» non è affatto un gioco. Il

mondo io lo divido così, in uomini e caporali. E più vado avanti, più scopro

che di caporali ce ne son tanti, di uomini ce ne sono pochissimi. »

^ Totò, intervistato da Lello Bersani:

« La commedia dell'arte è una cosa semplicissima: c'è un canovaccio, una

farsa... allora, Pulcinella si sedeva in camerino con tutti i comici attorno, e

diceva: "Tu, quando faccio così (segno con la mano), esci e dici 'è venuto il

vinaio, il vino era cattivo', insomma, dici delle cose e vieni cacciato via a

calci. Quando invece faccio così, esci tu e dici 'mia moglie è scappata' e fai

tutta la storia...". Questa è la commedia dell'arte, a soggetto. »

^ L’incontro con Oddo Ferretti: Totò accettò con entusiasmo l’idea di

organizzare un match con il pugile, e una volta sul ring, tra

l’incoraggiamento del pubblico e i suoi vari lazzi e le smorfie, diede due

pugni veri all’atleta, il quale interdetto si accorse che faceva sul serio, ed

urlò: “Ma tu stai facendo veramente? Mo' t’accomodo per le feste.” Totò

Page 68: è La Somma Che Fa Il Totale WP

scappo dal ring inseguito dal pugile e chiese aiuto a Jovinelli: “Cavalie', il

campione mi vuole menare, fermatelo voi che siete il campione più

campione di tutti, l’uomo più forte del mondo, l’impresario più famoso

d’Italia.” E Jovinelli gli rispose ridendo: “Totò, sei un gran ruffiano, ma ti

assicuro che Ferretti non ti toccherà nemmeno con un dito. Come farei se

qualcuno mi “rompesse” un comico bravo come te?"

^ a b Totò, intervistato da Oriana Fallaci:

« La morte è una cosa naturale e averne paura è da fessi. Io, la prima cosa

che ho fatto quando ho guadagnato nu poco di soldi, è stato comprarmi una

cappella a Napoli: per andarci ad abitare da morto. C'è già la tomba e sopra

c'è incisa già la data di nascita e il nome. Il giorno della morte è in bianco.

No, non mi importa morire. Mi importa, ecco, invecchiare. »

^ Quel fazzoletto fu bruciato dall'ultima compagna di Totò, Franca Faldini,

dopo il decesso dell'attore nel 1967.

^ Un verso di Totò dedicato a Liliana Castagnola, presente nella poesia

Balcune e llogge:

« È morta, se n’è ghiuta ‘n paraviso!

Pecchè nun porto ‘o llutto? Nun è cosa

rispongo ‘a gente e faccio ‘o pizzo a riso

ma dinto ‘o core è tutto n’ata cosa! »

^ Aldo Giuffré:

« Io non so quanto ci fosse di vero nella storia del principe... Io so soltanto

che Totò era un "principe", lo era nell'animo, perché era veramente lontano

da quelle piccole brutte cose del mondo. Lui, per esempio, non era mai

volgare, né come uomo né tantomeno come attore; non l'abbiamo mai

sentito, nelle riviste, nei film, ricorrere a quel mezzuccio tanto facile quanto

deprecabile che è la volgarità. »

^ Mario Castellani, raccontando lo spiacevole episodio a Firenze:

« Come principe di Bisanzio, considerava un suo dovere essere

conservatore. Come attore comico, riteneva di avere il diritto a non

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professare nessuna idea. «Il comico», diceva «deve essere un uomo che

esaspera e mette perciò in ridicolo le pagliacciate della vita». Fedele a

questo suo principio, quando dopo la liberazione di Roma ci spingemmo

verso il Nord e facemmo tappa a Firenze, lui si permise una battuta che

rischiò di costargli la pelle. Successe questo: Totò faceva la macchietta di

Napoleone, e a un certo punto un attore gli domandava: «Compagno?».

«No, camarade», rispondeva Totò, storpiando la parola francese in modo

che suonasse quasi come l'italiano e fascista «camerata». L'altro, stupito,

chiedeva: «Camarade?». E Totò: «Va be', fa' come vuoi. Camarade o

compagno è lo stesso». Non l'avesse mai detto! L'Italia era ancora divisa

dalla linea gotica e Firenze era piena di partigiani. Uno di questi, al termine

dello spettacolo si presentò davanti al camerino di Totò con la scusa di

volere un autografo. Totò, affabile, venne sulla soglia, pronto a firmare. Con

voce sorda, il partigiano gli domandò: «Veramente per lei camerata e

compagno è la stessa cosa?». Preso alla sprovvista, Totò rispose: «Mah,

non so...». Il partigiano non lo lasciò finire: con una mossa fulminea lo colpì

con un pugno in piena faccia, spaccandogli le labbra. Per fortuna, c'era

parecchia gente che s'intromise, impedendo così all'energumeno di

continuare il massacro. Totò, spaventatissimo, corse a denunciare il fatto al

commissariato. Il giorno dopo fu chiamato in Questura. «Abbiamo arrestato

il suo aggressore», gli comunicò un funzionario. «Non voglio fargli del

male», rispose Totò: «se mi chiede scusa, non sporgo querela». Il

funzionario suonò il campanello. Arrivò un poliziotto. «Portate qui il

detenuto tal dei tali», gli ordinò il funzionario. «Non posso: è appena uscito

a prendere un caffè», dichiarò l'interpellato. »

^ Mario Castellani, riguardo allo sketch del Vagone letto:

« Uno dei suoi sketch più famosi è quello del vagone-letto, che ha fatto

sbellicare dalle risate le platee di tutta Italia. Ebbene, nella rivista di Galdieri

in cui era inserito, era accennata soltanto la situazione: due uomini nella

cabina e una donna che chiede ospitalità per la notte. La prima volta che lo

facemmo, questo sketch durava una decina di minuti; le ultime volte siamo

arrivati a tenerlo in piedi quasi un'ora, col pubblico che ci seguiva col fiato

sospeso. In seguito al rinnovato interesse per la figura e per l'arte di Totò,

spesso mi capita di sentirmi chiedere il testo di questo e di altri sketch

diventati ormai leggendari. Ma i testi non ci sono. Non ci sono mai stati. »

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^ Diana De Curtis, nipote di Totò:

« (Riguardo il teatro) Improvvisava molto. In teatro coglieva al volo gli

umori del pubblico. Se la novità funzionava, andava avanti, altrimenti

cambiava registro, senza che nessuno se ne accorgesse. (Riguardo il

cinema) I registi lo lasciavano fare, magari se ne andavano a prendere un

caffè, lasciandolo solo sul set. »

^ Racconta Pietro De Vico, a proposito del film Che fine ha fatto Totò

Baby?:

« Una volta... dovendo girare una scena del film, Totò si avvicinò e mi

disse: "ho letto il copione di questa scena, è una vera schifezza. Fai tutto

quello che ti dico di fare e segui le mie battute, improvvisiamo..." Così

facemmo e ne venne fuori una delle migliori scene del film. »

... e a proposito di Totò diabolicus:

« Quella piccola scenetta che ho fatto in Totò diabolicus, io stavo a casa mi

mandarono a chiamare "Vieni, vieni che ti vuole Totò". Io vado alla Titanus

e c'era già la scena che era pronta e mi dice "Mettiti il camice" e io "Ma che

devo dire?" "Non ti preoccupare, rispondi a quello che dico io" mi dice Totò.

E quella scena sul tavolo operatorio, che non abbiamo provato, venne

talmente bene che il regista ad un certo punto diede lo stop, perché

l'operatore talmente rideva che faceva muovere la telecamera e non era più

possibile continuare. »

^ Carlo Delle Piane, raccontando di Totò e Aldo Fabrizi sul set di Guardie e

ladri:

« Erano attori eccezionali, con loro non c'era la sicurezza del copione tutto

previsto, bisognava stargli dietro, perché le gag non venivano mai uguali,

da una ripresa all'altra. Questo, per la mia età, mi divertiva e mi

preoccupava. Si provava quello che era scritto, si girava ed era diverso, si

ripeteva ed era ancora diverso. Finiva che non capivo niente. Ero dentro, e

dovevo istintivamente comportarmi a seconda del momento, non era mai

una cosa meccanica. »

^ Intervistato da Luigi Silori, Totò raccontò un aneddoto che sottolineava il

suo amore per il teatro, quando al termine di uno spettacolo si tolse tutti i

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vestiti di dosso in preda all'entusiasmo scaturito da un enorme applauso e

acclamo del pubblico.

^ Totò:

« Preferisco la notte al giorno perché è silenziosa. Quando tutti dormono io

cammino per la casa, svuoto i portaceneri, osservo gli oggetti che mi sono

cari, oppure ascolto il bollettino dei navigatori alla radio... ma la notte mi

serve soprattutto per pensare. Infatti, checché se ne dica, io sono un

pensatore. »

^ Mario Monicelli:

« In quell'estate del '49 due cose mi colpirono di Totò. Una sorta di

sdoppiamento tra l'attore e il principe. Sul set recitava, era scurrile,

farsesco, comico. Poi diventava il principe De Curtis e la sua fedeltà alla

figura del blasonato era totale. Amava stare a casa. Aveva una saletta di

proiezione dove si vedeva - anche da solo - i film. Ascoltava musica e ne

componeva. Quando riceveva, la sera, ci faceva sentire le sue canzoni,

raccontava aneddoti. Era un uomo molto simpatico, ma non faceva il

comico, non si esibiva. Sapeva ascoltare... Era gentile, un signore... Si

facevano le due, le tre... Le volte che andava a vedersi - e non lo faceva

neanche sempre - assisteva al film come se quello sullo schermo fosse un

altro: rideva di gusto oppure non si divertiva per niente, ma non entrava

mai nel merito dicendo "questo si poteva fare così, questo è andato male

perché..." Era come se la cosa non lo riguardasse: un atteggiamento che

non ho mai ritrovato in nessun altro attore. Era davvero così diviso? Era una

corazza che si era costruito? Non l'ho mai capito. »

^ Il successo della canzone Malafemmena e le numerose interpretazioni di

altri artisti, fruttarono a Totò la somma di otto milioni, che l'attore recapitò

alla ex moglie Diana Rogliani, spiegandole che in qualche modo il denaro le

appartenesse in quanto la canzone l'avesse scritta appositamente per lei.

^ Vittorio De Sica:

« Era veramente un gran signore, generoso, anzi, generosissimo. Arrivava

al punto di uscire di casa con un bel po' di soldi in tasca per darli a chi ne

aveva bisogno e comunque, a chi glieli chiedeva. »

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^ Furono numerosissimi i gesti nobili dell'attore. Si parla anche che alle

volte tornasse di notte nel suo quartiere natale (il Rione Sanità) e infilasse

sotto le porte dei bassi abitanti biglietti da diecimila lire.

^ Totò, intervistato da Oriana Fallaci:

« Io non prendo i 100, i 70, i 50 milioni di lire che prendono gli altri. E ciò di

proposito, perché se sento dire che il tale o la tale hanno preso 600 milioni

per la parte in un film, resto inorridito, schifato. Io non ho mai voluto

prendere grandi cifre perché ho sempre pensato che il produttore deve

guadagnare, col film. Se non guadagna, fallisce. Se fallisce, io non faccio

più film. E se un po’ alla volta falliscono un po’ tutti, dopo che faccio? I film

dove recito io son commerciali, son filmetti arraffati, destinati alle sale di

seconda visione, e costano poco: anche come film. »

^ Franca Faldini raccontò un episodio amaro riguardo al tragico parto. Il

prete della clinica, essendo al corrente che la donna non fosse sposata con

Totò, le disse che la perdita del figlio era stata la punizione di Dio, e che Dio

li avrebbe sempre puniti se non si fossero separati immediatamente. Totò,

in preda alla rabbia, e vedendo la compagna sconvolta, la portò

immediatamente via dall'ospedale.

^ Intervistato da Lello Bersani, Totò non dichiarò apertamente il fatto di

aver dovuto lasciare il teatro per via della sua salute, sottolineò invece

quanto gli spettacoli di Rivista costassero soldi e tempo e che di

conseguenza non valeva più la pena tornarci.

^ Diversa è la testimonianza di Vittorio De Sica:

« Aveva la mania della nobiltà: il primo giorno che lavorai con lui gli

domandai: «Devo chiamarla principe o Totò?» Ci pensò un attimo, poi mi

rispose: «Mi chiami Totò». Ma tutti gli altri dovevano chiamarlo principe, e

lui da principe, quei principi di cui leggiamo nelle favole, si comportava con

tutti e in ogni suo pur minimo gesto, pensiero, atteggiamento. »

^ Franca Faldini:

« È stato detto tante volte che Totò sia stato monarchico, lo nego nella

maniera più assoluta... Non so per chi votasse, ma sicuramente non votava

monarchico. Si lasciò sfuggire un "Viva Lauro" unicamente perché aveva

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sentito che Lauro aveva fatto delle case per la gente dei bassi; unicamente

per questa specie di Campanilismo. »

^ In realtà ricevette una scatola vuota per non aver mai partecipato - fatta

eccezione de Il Musichiere - a nessuno spettacolo televisivo.

^ Il primo incontro tra Totò e Pasolini non fu particolarmente esaltante:

Pasolini era accompagnato da Ninetto Davoli, che appena vide Totò (di cui

aveva visto tutti i suoi film) sbottò a ridere, nonostante le gomitate

dell’amico che gli diceva: “Oh, sta’ bono, carmate.” Conclusa la discussione

sul progetto e appena i due se ne andarono, Totò tirò un sospiro di sollievo

e spruzzò dell'insetticida sul posto prima occupato da Ninetto Davoli, causa

il fatto che il giovane indossava jeans sporchi. Appena sul set di Uccellacci e

uccellini le cose andarono molto meglio, soprattutto tra Totò e Ninetto.

^ Furono poche le occasioni che fecero apprezzare Totò dalla critica

cinematografica, dalla quale fu spesso avversato:

« Nel mio pessimismo professionale influisce certo l'atteggiamento negativo

dei critici, che mi hanno sempre stroncato. Non posso fare a meno di notare

che questi signori si limitano a distruggere, mentre dovrebbero consigliare

per il meglio noi attori. Se uno entra in casa mia, osserva che l'arredamento

è brutto e mi sfascia i mobili a martellate, non agisce in modo sensato.

Meglio sarebbe se esponesse i motivi del suo dissenso, per affinare il mio

gusto e farmi capire i miei errori. Ma, alla fine di tutti questi discorsi, rimane

la constatazione che io rispetto i critici, mentre loro non rispettano me. Mi

rimproverano perché, secondo loro, faccio sempre le stesse cose. Non è

vero. Sono passato dalla Commedia dell'Arte alla prosa, dal varietà al

cinema, dalla poesia alla musica. Certo, rimango sempre Totò, perché non

sono io a comandare la mia faccia, ma la mia faccia a comandare me. »

^ Mario Castellani, riferendosi a TuttoTotò:

« Fui io ad avere l'idea di quel programma, e mi dispiace parlarne male…

L'unica cosa buona di quella trasmissione è stata che Totò non fece in

tempo a vedersi sul piccolo schermo, altrimenti si sarebbe guastato il

sangue dalla rabbia. Ma ancora una volta avrebbe dovuto incolpare soltanto

se stesso, la sua apatia, la sua mancanza di fiducia negli uomini. Era

convinto che della sua arte non sarebbe rimasto niente, perché questo è il

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destino degli attori, e ritenne inutile affaticarsi per smentire il suo

fondamentale pessimismo. Del resto, lo interessava solo il teatro vero,

quello che lui inventava sera per sera davanti al suo pubblico: nel cinema e

nella televisione vedeva unicamente delle macchine per far soldi, per

pagarsi i suoi vizi e la sua dorata tristezza di principe venuto al mondo in un

secolo sbagliato. »

^ Totò:

« Io non sono un artista, ma solo un venditore di chiacchiere, come Petrolini

che, infatti, è stato dimenticato. Un falegname vale più di noi due messi

assieme, perché almeno fabbrica un armadio, una sedia che rimangono.

Noi, al massimo, quando ci va bene, duriamo una generazione. Lo scritto

rimane, un quadro rimane, anche un lavandino rimane. Ma le chiacchiere

degli attori passano. »

^ Alcune persone furono colte da malore per lo spavento di vedere lì, in

mezzo ai funerali, Totò vivo; l'uomo che assomigliava tanto al principe era

in realtà l'attore Dino Valdi, che per molti anni fu la sua controfigura.

^ La cappella di famiglia fu anche spettacolo di vandalismo, quando nel

2009 fu portato via dalla tomba dell'attore lo stemma nobiliare, che venne

poi ritrovato grazie alla mobilitazione della polizia.

^ Targa dedicata a Totò a Piazza Cavour:

« La maschera e la smorfia, il volto e lo sberleffo

Toto', Antonio De Curtis

napoletano per caso e per scelta, aristocratico e plebeo, spietato e giullare

beffeggiò poveri e ricchi, umili e potenti

rendendo a tutti

la vita più leggera »

^ Iscrizione presente sulla lapide posta sulla casa natia di Totò:

« Fu qui, nella via S.Maria Antesaecula, una

della più antiche strade della vecchia Napoli

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che il 15-2-1898 nacque il principe Antonio De Curtis

il nostro Totò

egli fu comico impareggiabile per la sua mimica,

uomo di nobili sentimenti, poeta insigne, fra quelli

che l'Italia può contrapporre ai maggiori artisti del mondo.

Il popolo del rione dedica

le associazioni riunite di S.Vincenzo Ferreri posero 5-7-78 »

^ I de Curtis (o anche Della Corte) furono un'antica famiglia longobarda

(attestata dal X-XI secolo), originaria della zona fra Salerno e Cava dei

Tirreni (infatti in una compravendita in Salerno del 1278 Bartolomeo De

Curtis acquistando un terreno, ricordò che il suo capostipite era stato il

conte Atenolfo (XI secolo), padre di Ademario, da cui in linea retta erano

discesi Mario, Landolfo e Matteo, padre del detto Bartolomeo); un loro ramo

ebbe poi la contea di Ferrazzano: da quest'ultimi riteneva di discendere

Totò. La famiglia si ramificò anche a Ravello, dove furono patrizi locali e

ascritti nel Libro d'Oro della nobiltà locale. Fra i personaggi celebri della

famiglia De Curtis: Giovanni e Bartolomeo (XIII secolo), prestarono denaro

a Carlo I d'Angiò; Leonetto (XV secolo), milite e regio consigliere, partecipò

alla battaglia di Sarno (1460) e fu capitano di Reggio (1465); Giovan

Andrea, Presidente del Sacro Regio Consiglio; Francesco e Scipione,

consiglieri di S. Chiara; Camillo vice cancelliere del regno, avvocato del

regio patrimonio, presidente della Regia Camera della Sommaria e reggente

del Supremo consiglio d'Italia nella corte cattolica (un suo quadro è

attualmente ancora al comune di Cava e fu oggetto di una contesa con

Totò, che non riuscì però a ottenerlo); Tommaso, nativo di Napoli, cavaliere

di Malta (1582); Paolo (XVI-XVII secolo), vescovo di Ravello (1591) e poi di

Isernia. Secondo alcuni studiosi moderni anche papa Benedetto XII

(Jacques Fournier) era di questa famiglia, ma sembra poco probabile.

^ In un'occasione, Totò rivelò al collega Galeazzo Benti (anch'egli di origini

nobili) che, secondo le sue ultime ricerche araldiche, discendeva addirittura

dal dio greco Marte.

^ Mario Monicelli, sottolineando la manìa di Totò per le sue discendenze:

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« Nel '51, mentre giravamo Guardie e ladri al Palatino, lui puntò il dito

verso l'Arco di Costantino. "Sai che quello è mio?", disse. Io non capii.

"Certo, certo", risposi con ironia. Lui, serissimo, insisté: "È mio perché

Costantino era un imperatore romano. Mentre io discendo direttamente da

antenati greco-bizantini". »

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^ «Totò fu l'attore farsesco, straordinaria secrezione della commedia

dell'arte e della grande tradizione napoletana, ma fu anche attore della

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commedia a sfondo realistico e fu anche supremo attore tragico, capace

della massima sublimazione recitativa: insomma fu un attore totale». Ennio

Bispuri (Bispuri, 1997, p. 19).

^ «Totò è senz'altro una delle figure italiane più importanti che abbia

conosciuto nella mia carriera e nella mia vita. Parlare della sua arte? Basta

vedere il successo che ha avuto con i giovani di oggi, i ragazzi di quindici,

diciotto anni che non lo conoscevano. Clown come lui ne nasce uno ogni

cento anni. Bastano i pochi film buoni che Totò ha fatto, tra i quali per

esempio Guardie e ladri e il piccolo episodio ne L'oro di Napoli a metterne in

risalto tutta la straordinaria bravura, proprio ne L'oro di Napoli il

personaggio di Totò aveva un risvolto drammatico che lui rese benissimo,

perché era un attore completo, il più grande a mio parere, che il teatro

musicale e il cinema italiano abbia mai avuto.» Vittorio De Sica ( Vittorio De

Sica e Totò, antoniodecurtis.com. URL consultato il 6 gennaio 2015.)

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anni perché ne nasca un altro... Totò era il massimo allo stato puro,

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^ Bispuri, 1997, p. 19.

^ «Totò è un grande mimo. Sembra svitabile come Pinocchio...

Sorprendente è anche l'estrema mobilità del suo viso oblungo... certo è

indiscutibile una sua parentela con certi animali domestici, così come non è

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lontano dalla struttura fisica di Buster Keaton, del quale, altresì, conserva

quella spiccata malinconia nei grandi occhi rotondi con in più una aggraziata

aria istrionesca» Giuseppe De Santis ("Cinema", 10 luglio 1943) (Caldiron,

2001, p. 74.)

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^ Totò recita le poesia di Antonio De Curtis- Rai Teche, teche.rai.it. URL

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^ Totò recita Antonio De Curtis- Rai Teche, teche.rai.it. URL consultato il 28

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^ Le canzoni di Totò, antoniodecurtis.org. URL consultato il 4 ottobre 2013.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia di riferimento[modifica | modifica wikitesto]

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Alessandro Zucchelli, Perché non mi capisci, ISBN non esistente.

Costanzo Ioni, Ruggero Guarini (a cura di), Tutto Totò, Gremese Editore,

1999, ISBN 88-7742-327-7.

Domenico Cammarota, Il cinema di Totò, Fanucci Editore, 1986, ISBN

88-347-0141-0.

Edmondo Capecelatro, Daniele Gallo, Totò: vita e arte di un genio, Gruppo

Editoriale Viator, 2008, ISBN 88-903872-0-3.

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Orio Caldiron, Totò, Gremese Editore, 2001, p. 303, ISBN 88-7742-413-3.

Orio Caldiron, Il principe Totò, Gremese Editore, 2002, p. 159, ISBN

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Alberto Anile, I film di Totò (1946-1967): la maschera tradita, Le Mani,

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Alberto Anile, Totò proibito: storia puntigliosa e grottesca dei rapporti tra il

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Dario Zanelli, L'inferno immaginario di Federico Fellini: cose dette da F.F. a

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Lorenza Fruci, Mala femmena: la canzone di Totò, Donzelli Editore, 2009, p.

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Claudio Meldolesi, Fra Totò e Gadda: sei invenzioni sprecate dal teatro

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Vittorio Gnocchini, L'Italia dei liberi muratori: brevi biografie di massoni

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Editore, 2003, p. 231, ISBN 978-88-17-10817-1.

Bibliografia di approfondimento[modifica | modifica wikitesto]

Raccolte di poesie di Totò[modifica | modifica wikitesto]

Antonio De Curtis. 'A livella. Napoli, Gremese Editore, 1997. ISBN

88-7742-105-3.

Franca Faldini (a cura di). Antonio De Curtis. Dedicate all'amore. Napoli,

Edizioni Colonnese, 1981.

Giuseppe Bagnati. Totò, l'ultimo sipario. Nuova Ipsa, 2013, p. 130. ISBN

978-88-7676-507-0 .

Raccolte di battute di Totò[modifica | modifica wikitesto]

Matilde Amorosi (a cura di). Liliana de Curtis (con la collaborazione di).

Totò. Parli come badi. Milano, Rizzoli, BUR, Biblioteca Univ. Rizzoli,

Collezione Superbur, 1994, p. 215, ristampa 1995, p. 210, ristampa 2003,

p. 210. ISBN 88-17-20257-6 e ISBN 13 9788817202572 e Torino, La

Stampa, Collezione ComicaMente, 2004, p. 176, distribuito gratuitamente

col quotidiano, ISBN non esistente.

Liliana de Curtis, Matilde Amorosi (a cura di). Fegato qua, fegato là, fegato

fritto e baccalà. Milano, Rizzoli, 2001, p. 251, ISBN 88-17-12691-8.

Monografie e studi su Totò[modifica | modifica wikitesto]

Salvatore Cianciabella (prefazione di Philip Zimbardo, nota introduttiva di

Liliana De Curtis). Siamo uomini e caporali. Psicologia della dis-obbedienza.

Franco Angeli, 2014. ISBN 978-88-204-9248-9. Sito:

www.siamouominiecaporali.it

Alberto Anile. Il cinema di Totò (1930 - 1945). L'estro funambolo e l'ameno

spettro. Genova, Le Mani, 1995. ISBN 88-8012-051-4.

Alberto Anile. Totò e Peppino, fratelli d'Italia, in Lello Arena (a cura di).

Totò, Peppino e... (ho detto tutto). Libro + VHS. Torino, Einaudi, 2001.

ISBN 978-88-06-15944-3.

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Alberto Anile. Totò proibito. Storia puntigliosa e grottesca sui rapporti tra il

principe de Curtis e la censura. Torino, Lindau, 2005. ISBN

978-88-7180-527-6.

Liliana De Curtis e Matilde Amorosi. Totò, mio padre. Mondadori, 1990.

ISBN 88-04-33680-3.

Liliana De Curtis e Matilde Amorosi. Totò, a prescindere. Mondadori, 1992.

ISBN 88-04-35748-7.

Liliana De Curtis e Matilde Amorosi. Totò, ogni limite ha una pazienza.

Rizzoli, 1995. ISBN 88-17-84412-8.

Roberto Escobar. Totò. Avventure di una marionetta. Il Mulino, 1998. ISBN

88-15-06302-1.

Dario Fo. Totò: Manuale dell'attor comico. Firenze, Vallecchi, 1995. ISBN

88-8252-028-5.

Marco Giusti (a cura di). Antonio de Curtis. Totò si nasce. 1ª ed. Milano,

Arnoldo Mondadori Editore (collana "Biblioteca Umoristica Mondadori - I

Maestri della comicità"), 2000. ISBN 88-04-47918-3.

Marco Giusti. Totò rubato. Un carosello scomparso, in Il grande libro di

Carosello, Frassinelli, 2004. ISBN 88-7684-785-5.

René Marx. Totò, le rire de Naples. Paris, Editions Henri Berger, 1996. ISBN

2 909 776 01 8 (unica biografia critica in francese).

Camillo Moscati. Totò. Imperatore di Capri. Editore Lo Vecchio, 2005. ISBN

88-7333-077-0.

Lello Lucignano. Gli uomini che hanno fatto grande Totò. Cavinato Editore

International, 2014. ISBN 978-88-89986-89-9.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Avanspettacolo

Cabaret festival - Premio Totò alla comicità

Cinema italiano

Lingua napoletana

Page 94: è La Somma Che Fa Il Totale WP

Napoli

Teatro di rivista

Teatro napoletano

Umorismo

Varietà (spettacolo)

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

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altri file su Totò

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

"Il pianeta Totò"

Dizionario dello spettacolo - Totò

Il principe mascherato - Sito su Totò

Omaggio a Antonio de Curtis in arte Totò - Sito su Totò

Teatro.org - Totò

Votantonio - Sito su Totò

- Opera multimediale su Totò

Totò.com - Vita e opere di Antonio De Curtis, Principe della risata

Goffredo Fofi, Totò, da Wikiradio di RAI Radio 3, puntata del 15 febbraio

2013 (podcast)

Totò in CineDataBase, Rivista del cinematografo.

(EN) Totò in Internet Movie Database, IMDb.com Inc.

(EN) Totò in Find a Grave.


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