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E SE LA MATERIA ATTRAVERSATA E’ TESSUTO VIVENTE?
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Cosa succede ad un organismo biologico quando viene colpito da una radiazione?
1. Danno FISICO 2. Danno CHIMICO
DANNO BIOLOGICO
25.01.11 M. Ruspa 3
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INTERAZIONE TRA RADIAZIONE E TESSUTI BIOLOGICI
FASE TEMPO EFFETTO
Fisica 10-13 secondi ionizzazione-eccitazione
Fisico-chimica 10-9-10-6 secondi formazione di radicali liberi
Biochimica frazioni di secondi-settimane inattivazione enzimi e organuli cellulari
Biologica giorni-mesi-anni inattivazione, riparazione, morte cellulare e tissutale
Clinica giorni- mesi- anni manifestazioni cliniche a carico dell’organismo
25.01.11 M. Ruspa 4
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L’interazione delle radiazioni con la struttura cellulare che costituisce il tessuto biologico può causare danni fisici diretti letali par la cellula: se la deposizione di energia da parte degli elettroni di ionizzazione è elevata si possono avere infatti mutazioni nella replicazione cellulare a causa della rottura delle eliche del DNA. In questo caso la cellula non si riproduce correttamente:
MORTE CELLULARE
Questo effetto è POSITIVO: se si vuole distruggere un tessuto malato (tumore) NEGATIVO: se si colpisce un tessuto sano
FASE FISICA
25.01.11 M. Ruspa 5
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ovvero qualità della radiazione, “densità” di dose depositata
ovvero quantità di radiazione assorbita
COME QUANTIFICARE LA DEPOSIZIONE DI ENERGIA?
25.01.11 M. Ruspa 6
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Radiazione a ALTO LET (>100 Kev/ µm)
Radiazione a BASSO LET (<10 Kev/ µm)
PROTONI E IONI ELETTRONI
Massa maggiore Massa minore
Velocità minore nel mezzo Velocità maggiore nel mezzo
> DENSITA’ di IONIZZAZIONE
< DENSITA’ di IONIZZAZIONE
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Che cosa si intende per radiazione ionizzante?
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Che cosa si intende per radiazione ionizzante?
Radiazione in grado di ionizzare gli atomi dei tessuti biologici
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Direttamente ionizzanti
costituite da particelle
elettricamente cariche,
come elettroni, protoni e ioni
Indirettamente ionizzanti
costituite da fotoni o neutroni
che trasferiscono energia
agli elettroni degli atomi
25.01.11 M. Ruspa 10
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TORNIAMO ALLA RADIOTERAPIA
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RADIAZIONI UTILIZZATE IN RADIOTERAPIA
Fotoni di alta energia ( MeV) : raggiungono regioni profonde
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Elettroni ( MeV) : raggiungono regioni poco profonde e poi si attenuano rapidamente nel tessuto
Range di energie: 6-20 MeV
RADIAZIONI UTILIZZATE IN RADIOTERAPIA
25.01.11 M. Ruspa 13
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RADIAZIONI UTILIZZATE IN RADIOTERAPIA
Protoni ( MeV) : depositano la maggior parte della dose in profondità
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Le radiazioni sono generate da
Acceleratori lineari Ciclotroni Betatroni Radionuclidi
In passato: Kilovoltage units, acceleratore di Van de Graaf
RADIAZIONI UTILIZZATE IN RADIOTERAPIA
25.01.11 M. Ruspa 15
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ACCELERATORI LINEARI
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Com’è fatto un ACCELERATORE LINEARE ?
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Com’è fatto un ACCELERATORE LINEARE ?
• Impulsi distribuiti al magnetron/klystron e simultaneamente all’electron gun;
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Com’è fatto un ACCELERATORE LINEARE ?
• Impulsi distribuiti al magnetron/klystron e simultaneamente all’electron gun;
• Microonde impulsate prodotte nel magnetron/klystron (più precisamente il magnetron è effettivamente un generatore di microonde mentre il klystron è un amplificatore – le microonde sono prodotte in un oscillatore annesso) e iniettate nel tubo accelerante attraverso una struttura a guida d’onda;
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Com’è fatto un ACCELERATORE LINEARE ?
• Impulsi distribuiti al magnetron/klystron e simultaneamente all’electron gun;
• Microonde impulsate prodotte nel magnetron/klystron (più precisamente il magnetron è effettivamente un generatore di microonde mentre il klystron è un amplificatore – le microonde sono prodotte in un oscillatore annesso) e iniettate nel tubo accelerante attraverso una struttura a guida d’onda;
• All’istante opportuno iniettati gli elettroni a un’energia iniziale di circa 50 keV;
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Com’è fatto un ACCELERATORE LINEARE ?
• Impulsi distribuiti al magnetron/klystron e simultaneamente all’electron gun;
• Microonde impulsate prodotte nel magnetron/klystron (più precisamente il magnetron è effettivamente un generatore di microonde mentre il klystron è un amplificatore – le microonde sono prodotte in un oscillatore annesso) e iniettate nel tubo accelerante attraverso una struttura a guida d’onda;
• All’istante opportuno iniettati gli elettroni a un’energia iniziale di circa 50 keV;
• La cavita’ accelerante consiste di un tubo di rame, in cui viene fatto il vuoto, suddiviso in dischi di rame;
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Com’è fatto un ACCELERATORE LINEARE ?
• Impulsi distribuiti al magnetron/klystron e simultaneamente all’electron gun;
• Microonde impulsate prodotte nel magnetron/klystron (più precisamente il magnetron è effettivamente un generatore di microonde mentre il klystron è un amplificatore – le microonde sono prodotte in un oscillatore annesso) e iniettate nel tubo accelerante attraverso una struttura a guida d’onda;
• All’istante opportuno iniettati gli elettroni a un’energia iniziale di circa 50 keV;
• La cavita’ accelerante consiste di un tubo di rame, in cui viene fatto il vuoto, suddiviso in dischi di rame;
• Gli elettroni interagiscono con il campo elettromagnetico delle microonde guadagnando energia come un surfista guadagna velocità sulla cresta delle onde marine.
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• Gli elettroni che emergono dalla finestra di uscita sono un pencil beam di circa 3 mm di diametro.
• Nei linac di bassa energia (fino a 6 MeV), con un tubo accelerante relativamente corto, gli elettroni procedono diritti contro un bersaglio per la produzione di raggi X.
• Nei linac di piu’ alta energia la struttura accelerante è più lunga e forzatamente disposta in orizzontale; gli elettroni vengono quindi piegati prima di colpire il bersaglio, per mezzo di magneti e focalizzatori.
Esempio: Varian Clinac 18 unit produce elettroni di energie 6,9,12,15,18 MeV e raggi X di 10 MV.
Com’è fatto un ACCELERATORE LINEARE ?
25.01.11 M. Ruspa 23
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• Gli elettroni che emergono dalla finestra di uscita sono un pencil beam di circa 3 mm di diametro.
• Nei linac di bassa energia (fino a 6 MeV), con un tubo accelerante relativamente corto, gli elettroni procedono diritti contro un bersaglio per la produzione di raggi X.
• Nei linac di piu’ alta energia la struttura accelerante è più lunga e forzatamente disposta in orizzontale; gli elettroni vengono quindi piegati prima di colpire il bersaglio, per mezzo di magneti e focalizzatori.
Esempio: Varian Clinac 18 unit produce elettroni di energie 6,9,12,15,18 MeV e raggi X di 10 MV.
• Il fascio di elettroni è monocromatico e si suole designare con l’energia in MeV.
• Il fascio di fotoni è eterogeneo in energie e si suole designare in MV. (L’energia media del fascio di fotoni è approssimativamente 1/3 dell’energia massima, che coincide con quella degli elettroni incidenti.)
Com’è fatto un ACCELERATORE LINEARE ?
25.01.11 M. Ruspa 24
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Materiale ad alta densità come piombo, tungtsteno o leghe piombo-tungsteno, in spessore sufficiente a schermare la radiazione. Contiene:
BERSAGLIO PER RAGGI X, spesso a sufficienza da assorbire la maggior parte degli elettroni incidenti;
COLLIMATORI fissi e mobili;
FOGLI DIFFUSORI (vedi dettagli del trattamento con e);
FILTRI (vedi dettagli del trattamento con X);
TESTATA
25.01.11 M. Ruspa 25
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CAMERE DI MONITORAGGIO: il fascio di X dopo il filtraggio o il fascio di elettroni dopo i fogli diffusori colpiscono un sistema di monitoraggio. Si tratta di un insieme di camere a ionizzazione per la verifica della dose e della simmetria di campo. Dal momento che questi strumenti sono situati in un campo di radiazione ad alta intensità e che il fascio è impulsato è importante assicurarsi che l’efficienza di raccolta degli ioni sia costante.
ULTERIORI COLLIMATORI
GANTRY: la maggior parte sono oggi giorno costruiti in modo che la sorgente di radiazione possa ruotare intorno ad un asse orizzontale. Il punto di intersezione tra l’asse del fascio e l’asse di rotazione del gantry si chiama isocentro.
TESTATA
25.01.11 M. Ruspa 26
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Com’è fatto un ACCELERATORE LINEARE ?
TESTATA
GUIDA ACCELERANTE
isocentro
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BERSAGLIO DI ELEVATO Z
COLLIMATORE variabile
elettroni
Produzione di FOTONI per FRENAMENTO DIMENSIONI
del CAMPO DI TRATTAMENTO
FASCIO di FOTONI
25.01.11 M. Ruspa 28
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Riguardare il funzionamento del tubo a raggi X
In radioterapia al giorno d’oggi i raggi X sono prodotti con gli acceleratori lineari ma la fisica sottostante è la medesima.
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Poichè i raggi X sono prodotti a varie profondità nel bersaglio vanno incontro all’attenuazione in diverse misure. L’attenuazione è molto più rilevante per i fotoni provenienti da profondità maggiori che per quelli che provengono dalla superficie del bersaglio. Questo effetto è detto heel effect. Il problema si può minimizzare utilizzando un filtro compensatore.
Heel effect – filtri compensatori
25.01.11 M. Ruspa 30
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Se non ci fosse filtrazione lo spettro sarebbe una linea retta che interseca l’asse delle ascisse nel punto corrispondente alla massima energia radiabile, ovvero a quella dell’elettrone incidente.
Filtraggio della componente di bassa energia
25.01.11 M. Ruspa 31
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SPETTRO DI RAGGI X Spettro continuo di fotoni di frenamento
Fotoni di bassa energia eliminati
Raggi X caratteristici
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Se non ci fosse filtrazione lo spettro sarebbe una linea retta che interseca l’asse delle ascisse nel punto corrispondente alla massima energia radiabile, ovvero a quella dell’elettrone incidente.
Tuttavia i fotoni X vengono filtrati naturalmente dal materiale circostante (pareti del tubo, finestra di uscita,…).
Ulteriori filtri vengono aggiunti per filtrare ulteriormente la componente molle.
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Filtri appiattitori
Di piombo, tungsteno, uranio, acciaio, alluminio servono per uniformare su tutta l’estensione del campo l’ intensità di fotoni X che alle alte energie di un trattamento è piccata nella direzione in avanti.
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COLLIMATORE variabile
elettroni
DIMENSIONI del CAMPO DI TRATTAMENTO
FASCIO di ELETTRONI
Poiche’ gli elettroni diffondono
prontamente in aria, la collimazione
del fascio deve avvenire molto
vicino al paziente.
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FOGLI DIFFUSORI per allargare il fascio e ottenere una fluenza uniforme in tutto il campo di trattamento (sottile, metallico, solitamente di piombo, di spessore tale che la maggior parte degli elettroni siano diffusi anziche’ frenati; tuttavia permane un fondo di contaminazione di raggi X)
Allargamento del fascio di elettroni
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MONITORAGGIO DELLA DOSE
COME E QUALE DOSE VIENE VIENE EFFETTIVAMENTE ASSORBITA NEL PAZIENTE?
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I dati sulla distribuzione di dose sono quasi interamente ricavati da misure in fantocci di materiali tessuto-equivalenti, tali cioè da approssimare le proprietà di assorbimento della radiazione tipiche dei tessuti umani e grandi abbastanza da riprodurre gli effetti di diffusione del corpo umano. Solo raramente è possibile misurare la distribuzione di dose in pazienti trattati. Poichè non è sempre possibile far lavorare i rivelatori di radiazione in acqua, sono stati sviluppati anche fantocci solidi e asciutti.
La dose depositata nel paziente, come in qualsiasi mezzo attraversato, varia con la profondità. Questa variazione dipende dall’energia del fascio, dalla profondità, dalla distanza dalla sorgente, dal sistema di collimazione del fascio… Misure dose-profondità
MISURE DI DOSE: FANTOCCIO
25.01.11 M. Ruspa 38
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CURVE ISODOSE
La distribuzione dose-profondità lungo l’asse centrale non è sufficiente a caratterizzare il deposito di dose in 3 dimensioni. Per rappresentare variazioni volumetriche e planari della dose assorbita si fa ricorso alle curve isodose, linee che uniscono punti di uguale dose assorbita.
La dose è maggiore sull’asse centrale del fascio e gradualmente descresce verso i bordi, con l’eccezione di alcuni linac che esibiscono “corni” di alta dose vicino alla periferia del campo, creati dal filtro appiattitore.
Vicino al bordo del fascio (penombra) la dose diminuisce rapidamente in funzione della distanza laterale dall’asse del fascio.
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COME SI MISURA LA DOSE?
GLI STRUMENTI DI MISURA SI BASANO SUI PRINCIPI FISICI DI INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA
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CAMERA A IONIZZAZIONE
Misura le cariche elettriche prodotte dalla ionizzazione del gas e raccolte da elettrodi, tra cui è stabilita una opportuna differenza di potenziale.
Il fascio di fotoni mette in moto elettroni per effetti fotoelettrico, Compton e produzione di coppie; gli elettroni ionizzano il mezzo. Il fascio di elettroni ionizza direttamente il gas.
25.01.11 M. Ruspa 41
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All’aumentare della differenza di potenziale tra gli elettrodi la corrente di ionizzazione cresce all’inizio linearmente e poi più lentamente. Fino a che il potenziale è basso la raccolta di ioni è incompleta in quanto gli ioni positivi e negativi tendono a ricombinarsi. Quanto la tensione viene alzata molto gli ioni, accelerati dal campo elettrico, ricevono sufficiente energia da produrre ionizzazione secondaria collidendo con le molecole del gas. Ciò risulta in una rapida moltiplicazione e la corrente di nuovo dipende fortemente dalla tensione applicata fino ad un regime di moltiplicazione in cui la corrente non aumenta più al crescere della tensione. La camera deve essere usata nella regione di saturazione piuttosto che in quella di moltiplicazione per evitare che piccole variazione della tensione si riflettano in grandi variazioni della corrente. Efficienza di raccolta: rapporto tra il numero di ioni raccolti e il numero di ioni prodotti. Per quanto possibile la tensione di alimentazione deve essere aggiustata in modo tale da dare un’efficienza di collezione del 99%.
Se la camera non è isolata risente delle variazioni di temperatura e pressione dell’aria dell’ambiente circostante. La densità dell’aria nel volume della camera dipende da temperatura e pressione secondo le leggi dei gas (aumenta all’aumento di temperatura e pressione).
CAMERA A IONIZZAZIONE
25.01.11 M. Ruspa 42
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- Esterni di grafite o plastica - Volume raccolta tipico: 0.6cc - Cavo coassiale che sia porta il segnale sia alimenta la camera. Lo strumento a cui è collegato permette sia di alimentarla sia di leggerla; la lettura dà la carica raccolta (nell’ordine dei pC). - Tensione tipica di alimentazione: -250V (regime di ionizzazione)
MISURE DI DOSE CON CAMERE A DITALE
25.01.11 M. Ruspa 43
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Per mezzo di un fattore di calibrazione dose/carica la lettura restituisce: - dose in aria (bisogna allora calcolare la dose in acqua corrispondente) - direttamente la dose in acqua
Poichè la densità dell’aria varia con temperatura e pressione bisogna correggere dalle condizioni di taratura a quelle di misura.
MISURE DI DOSE CON CAMERE A IONIZZAZIONE
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RADIAZIONI UTILIZZATE IN RADIOTERAPIA
Le radiazioni sono generate da Acceleratori lineari Ciclotroni Betatroni Radionuclidi
In passato: Kilovoltage units, acceleratore di Van de Graaf
25.01.11 M. Ruspa 45
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ACCELERATORI CIRCOLARI
Compattezza costruttiva
Impiegati oltre che per la generazione di fasci terapeutici anche per la produzione di radioisotopi, ottenuti indirizzando contro un opportuno bersaglio il fascio estratto dall’acceleratore.
Ne parleremo durante il corso di Fisica delle Macchine per Medicina Nucleare
25.01.11 M. Ruspa 46
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RADIONUCLIDI: TELECOBALTOTERAPIA
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Una sostanza si definisce radioattiva se è costituita da atomi instabili che decadono emettendo radiazioni.
ATTIVITA’: numero di emissioni nell’unita’ di tempo
Nel Sistema Internazionale si misura in Gy
1 Gy = 1 emissione/1s
Un’unita’ di misura pratica molto diffusa e’ il Curie (Ci)
1 Ci = 3.7 x 1010 Gy
CHE COSA SI INTENDE PER SOSTANZA RADIOATTIVA?
25.01.11 M. Ruspa 48
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• per A molto elevati decadimento ALFA
XAZ XA-4
Z-2 + He42 emissione di nuclei di elio
• nucleo in stato eccitato decadimento GAMMA
XAZ * XA
Z+ γ emissione di fotoni
• per Z ≠ N decadimento BETA
XAZ XA
Z+1 + e- + ν emissione di elettroni o
XAZ XA
Z-1 + e+ + ν positroni
PROCESSI DI DECADIMENTO
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Approfondiremo le leggi del decadimento radioattivo nel corso di Fisica delle Apparecchiature per Medicina Nucleare
25.01.11 M. Ruspa 50
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TELECOBALTOTERAPIA Radionuclidi come il radio 226, il cesio 137 e il cobalto 60 sono
usati come sorgenti di raggi gamma per teleterapia. I raggi gamma sono emessi dal radionuclide che decade.
radionuclide Energia (MeV) Attività specifica (Ci/g)
Radio 226 0.83 0.98
Cesio 137 0.66 50
Cobalto 60 1.17,1.33 200
Di tutti i radionuclidi il cobalto 60 è quello che più si presta per teleterapia per la più alta attività specifica e la maggiore energia media dei fotoni emessi.
25.01.11 M. Ruspa 51
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Il 60Co viene prodotta irradiando 59Co con neutroni in un reattore.
Il 60Co decade in 60Ni con l’emissione di particelle β di energia massima 1.32 MeV e di due fotoni di energie 1.17 e 1.33 MeV.
La sorgente, usualmente di forma cilindrica (dimensioni di 1-2 cm) o di disco o di pallet, è contenuta all’ interno di capsule di acciaio inossidabile. I raggi β vengono assorbiti nelle capsule con conseguente emissione di fotoni di bremsstrahlung e di raggi X caratteristici. Questi ultimi, di energie medie di 0.1 MeV, non contribuiscono apprezzabilmente alla dose nel paziente perchè sono fortemente attenuati nel materiale della sorgente e della capsula. L’altro “contaminante” sono i raggi γ di bassa energia prodotti dall’ interazione dei fotoni primari con la sorgente, la capsula, l’alloggiamento della sorgente e il sistema di collimazione.
Il fatto che la sorgente non sia puntiforme complica la geometria del fascio e dà origine alla cosidetta penombra geometrica.
TELECOBALTOTERAPIA
25.01.11 M. Ruspa 52
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Esercizio12: una sorgente di attività iniziale 5x1010 Bq, che decade emettendo elettroni di energia 2.03 MeV, è posta al centro di una sfera di tessuto biologico di densità 1.5x103 kg/m3 e raggio 10 cm, in grado di assorbire il 15% della radiazione emessa. Si calcoli – il numero di elettroni emessi in un’ora – la dose assorbita nel tessuto in un’ora