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Elementi di psicopatologia descrittiva (II) · Elementi di psicopatologia descrittiva (II) Davide...

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Elementi di psicopatologia descrittiva (II) Davide Dèttore Università degli Studi di Firenze Istituto Miller, Genova/Firenze
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Elementi di psicopatologia descrittiva (II)

Davide Dèttore Università degli Studi di Firenze Istituto Miller, Genova/Firenze

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Deliri e altre idee erronee

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Delirio l  Idea falsa, non criticabile, o convinzione che non è riferibile

al retroterra educativo, culturale o sociale del paziente l  Essa viene sostenuta con straordinaria convinzione e

certezza soggettiva l  Dal punto di vista soggettivo o fenomenologico è

indistinguibile da una convinzione vera. l  Per il paziente, un delirio è molto più simile ad una convinzione

vera che all'immaginazione. l  Dal punto di vista soggettivo, un delirio è semplicemente una

credenza. l  La persona che mantiene questa credenza la sostiene con la

stessa convinzione ed intensità con cui sostiene altre idee non deliranti su se stessa; o come chiunque altro sostiene in modo deciso proprie idee non-deliranti

l  I deliri sono per l'ideazione quello che l'allucinazione è per la percezione

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Le componenti del delirio (Jaspers, 1913) 1.  sono sostenuti con insolita convinzione; 2.  non sono riconducibili alla logica; 3.  l'assurdità o la falsità del loro contenuto è palese alle altre

persone. Però ciascuno di questi punti può essere messo in discussione. Alcuni sostengono che i deliri non sarebbero nemmeno delle credenze. Spitzer (1994) fa una distinzione fra “sapere” e “credere”: i deliri sarebbero delle presunzioni di conoscenze piuttosto che di credenza; i pazienti “affermano di sapere qualcosa” e non “di credere qualcosa”, il che spiegherebbe la convinzione con cui i deliri non ammettono critica o confronto.

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Dimensioni del delirio 1.  Convinzione: il grado di convinzione del paziente sulla realtà

della credenza delirante. 2.  Estensione: il grado di coinvolgimento delle aree di vita del

paziente nel delirio. 3.  Bizzarria: il grado in cui la credenza delirante si discosta dalla

realtà consensualmente accettata in quella cultura. 4.  Disorganizzazione: il grado in cui la credenza delirante ha

una consistenza interna, una logica e una sistematizzazione. 5.  Spinta: il grado in cui il paziente è preoccupato e coinvolto

dalle credenze deliranti che esprime. 6.  La risposta affettiva. 7.  Comportamento deviante che risulta dalla credenza

delirante.

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Deliri primari e secondari l  Primario: il delirio non si verifica in risposta ad un'altra forma

psicopatologica, come un disturbo dell'umore. l  Secondario: la falsa convinzione è comprensibile nelle presenti

circostanze, a causa di una pervasiva alterazione dell'umore o in relazione al contenuto culturale.

l  Secondo Gruhle (1915) il Delirio Primario non è un'alterazione della senso-percezione, appercezione o intelligenza, ma è un disturbo dell'attribuzione di significato simbolico. Si verifica nella schizofrenia e non in altre condizioni e include sia percezioni deliranti sia intuizioni deliranti. Il Delirio Secondario si verifica in molte condizioni diverse dalla schizofrenia e può essere compreso alla luce del retroterra culturale o dello stato emotivo.

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Wernicke: idea autoctona (1906) l  Idea nata dal “suolo”, originaria, che insorge senza cause

esterne. Il problema è che il loro carattere veramente autoctono è discutibile. Per questo motivo non vengono considerati da Schneider sintomi di primo rango. In molti casi è troppo difficile decidere se un delirio sia autoctono. Molti autori sostengono che ogni delirio possa essere compreso se si conosce abbastanza della vita del paziente.

l  Il nucleo del delirio primario, in breve, è la sua “insuperabile incomprensibilità”, mentre i deliri secondari divengono comprensibili quando sia disponibile una storia psichiatrica dettagliata e un esame psicologico ben fatto.

l  I sintomi primari sono quelli che insorgono senza causa comprensibile nel contesto della malattia psicotica. Sono pertanto le manifestazioni necessarie della psicopatologia sottostante,

l  I sintomi di primo rango, invece, rappresentano semplicemente un'utile lista di natura empirica di sintomi comunemente riscontrati in corso di schizofrenia, ma non in altre condizioni. Descriverne la presenza non presuppone alcuna inferenza sull'origine.

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Come originano idee e deliri l  Il delirio può essere una convinzione,

un'idea, un pensiero, una nozione o un'intuizione

l  Ha origine nelle stesse condizioni di qualsiasi altra idea, e cioè nel contesto di: l  una percezione; l  un ricordo; l  un'atmosfera.

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Tipi di delirio primario l  Idea che si verifica sulla base di un percetto: odoro

l'aroma del cibo e così formulo l'idea che andrò a mangiare.

l  Idee che seguono un ricordo: ricordo: quando ho ascoltato un quartetto d'archi e formulo l'idea di mettere un disco sul giradischi.

l  Idee che originano da una certa atmosfera o da uno stato emotivo: sono già irritabile e quando ritiro dal garage l'automobile, che fa un rumore inspiegabile, mi irrito in modo irragionevole, dando la colpa al meccanico per non averla riparata in modo soddisfacente

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Deliri autoctoni (intuizioni deliranti) l  Sembrano apparire all'improvviso, “a ciel sereno”,

indistinguibili dal punto di vista fenomenologico dal presentarsi improvviso di un'idea normale.

l  Si verifica in un unico momento, diversamente dalla percezione delirante che si verifica in due passaggi: la percezione e quindi l'interpretazione erronea.

l  Analogamente alle percezioni deliranti, le intuizioni deliranti sono autoriferite e, di solito, di significato molto importante per il paziente.

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Percezioni deliranti (I) l  Quando il paziente ha una percezione normale che viene

interpretata secondo un significato delirante, e di immenso significato personale: è un sintomo di primo rango della schizofrenia.

l  Schneider (1949): l'essenza della percezione delirante sta nell'attribuzione ad un percetto reale di un significato abnorme, senza alcuna causa comprensibile in termini razionali ed emotivi. È autoriferita, urgente, di grande importanza, di significato personale sconvolgente e, ovviamente, falsa.

l  Spesso difficile decidere se un delirio è veramente una percezione delirante o invece viene usato per spiegare il significato di certi oggetti di percezione all'interno di un sistema delirante

l  Essa comporta un'esperienza diretta di significato per questo particolare percetto normale, non si tratta semplicemente di un'interpretazione che possa accordarsi con altre credenze deliranti già stabilite

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Percezioni deliranti (I) l  È un'esperienza diretta di un significato che il paziente

precedentemente non aveva. l  Gli oggetti o le persone assumono un nuovo significato

personale che è delirante nella sua natura, anche se la percezione per se stessa non cambia.

l  Tale è la differenza con l'interpretazione erronea delirante: il sistema delirante tocca tutti gli aspetti della vita della persona, in modo tale che tutti gli eventi o le percezioni sono interpretati come coinvolti in quel delirio.

l  Vi sono due stadi nella percezione delirante: 1.  l'oggetto diventa significativo all'interno di un campo di

sensazioni e viene percepito: percezione visiva usuale; 2. quell'oggetto viene investito di un significato delirante.

l  Non è necessario che questi due stadi siano simultanei perché l'esperienza diventi una percezione delirante.

l  In certe occasioni tra le due possono essere intercorsi intervalli di tempo di anni.

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Atmosfera delirante l  Il mondo è cambiato in maniera sottile: “Sta succedendo

qualcosa di strano”. l  Egli avverte ogni cosa intorno a sé come sinistra, portentosa,

sconosciuta e peculiare in modo indefinibile. l  Sa di essere personalmente coinvolto ma non sa in che modo. l  Ha un sentimento di premonizione, qualche volta anche di

eccitamento, che presto tutte le parti separate della sua esperienza potranno essere riunite a rivelargli qualcosa di immensamente significativo.

l  È spesso il primo sintomo della schizofrenia. È il contesto in cui compaiono percezioni deliranti o intuizioni completamente formate

l  Nella psicopatologia tedesca di parla invece di umore delirante: Il paziente si sente profondamente a disagio, spesso molto perplesso e in apprensione.

l  Quando il delirio è del tutto formato, sembra che egli lo accetti con un senso di sollievo rispetto alla precedente tensione intollerabile dell'atmosfera delirante.

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Ricordi deliranti l  Un paziente rievoca come “ricordato” un evento o un'idea di

natura chiaramente delirante: il delirio viene proiettato all'indietro nel tempo.

l  Deliri retrospettivi: un avvenimento verificatosi nel passato viene spiegato in modo delirante.

l  Se il significato delirante viene attribuito ad una percezione normale che viene ricordata, allora si tratta di una percezione delirante.

l  Molto spesso è difficile distinguerli. l  Il ricordo delirante ha due direzioni interpretative: una per cui un

ricordo normale viene inteso in modo erroneo nel presente, e un'altra per cui il ricordo attuale è un falso ricordo generato da un'interpretazione distorta.

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Ulteriori distinzioni

l  Consapevolezza delirante: esperienza che non è di natura sensoriale, nel corso della quale le idee o gli eventi assumono una estrema vividezza come se avessero una realtà propria.

l  Significato delirante: secondo stadio nel verificarsi della percezione delirante. Gli oggetti o le persone sono percepiti normalmente, ma assumono un significato speciale che non può essere spiegato razionalmente dal paziente

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LE ORIGINI DEL DELIRIO Fattori prevalentemente coinvolti nella formazione del delirio (Brockington, 1991): 1.  Un disturbo del funzionamento cerebrale.

2.  Influenze del retroterra di temperamento e personalità. 3.  Il mantenimento dell'autostima. 4.  Il ruolo dell'emotività. 5.  La risposta ad un disturbo percettivo. 6.  La risposta alla depersonalizzazione. 7.  Un sovraccarico cognitivo.

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Fattori coinvolti nel mantenimento del delirio

l  L'inerzia nel cambiare idee e la necessità di coerenza.

l  La scarsità di rapporti interpersonali, sordità, mancanza di parenti, lingua straniera e isolamento.

l  Comportamenti aggressivi in risposta a deliri di persecuzione.

l  Il delirio riduce il rispetto per chi ne è affetto e il riconoscimento delle capacità e ciò facilita interpretazioni deliranti compensatorie.

l  Talora si tratta di procedure per ridurre la vergogna-umiliazione (Colby, 1977).

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Conrad (1958): 5 stadi nello sviluppo della psicosi delirante 1.  Trema (paura del palcoscenico): l'umore delirante

rappresenta un completo cambiamento nella percezione del mondo: timore, sospettosità, senso di colpa, inibizione depressiva.

2.  Apofania: la ricerca e la successiva scoperta del nuovo significato degli avvenimenti psicologici.

3.  Anastrofé: l'insorgenza della psicosi. 4.  Consolidamento: la formazione di un nuovo mondo o

la nuova impostazione psicologica basata sui nuovi significati.

5.  Residuo: l'eventuale stato autistico.

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Bleuler (1911) l  Si concentrò sull'alterazione dell'affettività in

quanto espress ione pr imar ia , anz iché sull'atmosfera o sull'intuizione delirante.

l  Riteneva che l'esaltazione affettiva comportasse la perdita della facoltà associativa, rendendo così possibile la nascita del delirio.

l  All'inizio della malattia è presente una condizione affettiva estrema, forse in termini di ansia o ambivalenza, che il paziente non è in grado di esprimere.

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Kretschmer (1927) l  Diede particolare importanza alla Personalità premorbosa

sensitiva sottostante delle persone, che mantengono dei complessi di grande pregnanza affettiva e che hanno limitate capacità di espressione delle emozioni. Persone rigide, di mentalità ristretta e di attitudini sospettose, che facilmente esprimono idee sensitive di riferimento.

l  Un'esperienza chiave può verificarsi in certe circostanze della loro vita, e del tutto repentinamente queste idee si strutturano in forma di deliri di riferimento.

l  Sviluppo di un delirio sensitivo di riferimento da idee sensitive di riferimento, come conseguenza di un'esperienza chiave che: 1.  possiede un carattere di appropriatezza configurandosi

come idea dominante rispetto alle aree di conflittualità del paziente;

2.  si verifica in un momento di particolare disagio e turbamento emotivo, cosicché il substrato psichico si trova predisposto per l'evento catastrofico.

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Motivazione e Difettualità l  Le teorie esistenti sul pensiero delirante sviluppano due temi

principali: 1.  la motivazione: spiega il manifestarsi di un delirio per esplicare

esperienze percettive insolite o per ridurre stati psichici spiacevoli.

2.  la difettualità: implica alcuni deficit fondamentali attentivo-cognitivi che risultano in un delirio.

l  I deliri sono legati sia al significato personale che al confine del sé.

l  Ipotesi che il delirio persecutorio funzioni come una difesa contro sentimenti sottostanti di bassa autostima.

l  Secondo Roberts (1991), i deliri, nella schizofrenia, non sono un aspetto della malattia in sé ma una risposta adattiva a quel qualcosa che costituisce la rottura psicotica, per combattere la mancanza di scopi, la solitudine, il senso di inferiorità, la disperazione, l'isolamento, ottenere un nuovo senso di identità, un più chiaro senso dei limiti e della responsabilità, una esperienza di libertà.

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CONTENUTO DEI DELIRI l  La forma del delirio è dettata dal tipo di

malattia. l  Il contenuto è determinato dal retroterra

emotivo, sociale e culturale del paziente: l  Le persone che dicono di essere Napoleone sono

attualmente rare. l  Gli schizofrenici nelle tribù primitive affermano che

sono gli spiriti dei loro antenati ad interferire con i loro pensieri e non la televisione.

l  Da quando i computer e internet sempre più condizionano tutti gli aspetti della nostra vita, cominciano a fare la loro comparsa pazienti che offrono descrizioni di deliri di controllo che si riferiscono a internet.

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Deliri di persecuzione l  Le persone che credono in modo delirante che esista

un'interferenza dall'esterno nella loro vita, ritengono più frequentemente che si tratti di qualcosa di pericoloso, che non di benefico.

l  Deliri di pregiudizio: il paziente/vittima crede di essere offeso, trascurato, che gli si facciano passare davanti degli altri. Il responsabile di questa interferenza può essere animato o inanimato, altre persone o macchine; sono sistemi, organizzazioni o istituzioni più spesso che non individui.

l  A volte i pazienti sperimentano la persecuzione come una vaga influenza senza sapere chi è il responsabile.

l  Schizofrenia: indifferenza inappropriata ed apatia. l  Pazienti maniacali: grave iperattività e fuga delle idee nel

tentativo di esprimere e gestire le loro convinzioni. l  Depressione: i deliri di persecuzione assumono le

caratteristiche che colorano anche l'umore dominante. l  Personalità paranoide: le idee dominanti persecutorie sono

una modalità preminente del tipo litigioso.

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Gelosia morbosa e delirio di infedeltà (I) l  A volte è difficile distinguere una gelosia comprensibile da

quella che è chiaramente delirante. 1.  Passionali: senso esasperato di detenere un diritto e la

convinzione che altri stiano ledendo questo diritto: “I gelosi patologici credono di essere vittime di un'infedeltà che li defrauda di un loro diritto, alla fedeltà appunto, e di essere quindi costretti a svelare questo tradimento, riaffermare il controllo e punire la trasgressione”

2.  Lamentosi: si sentono indignati dalle violazioni dei diritti. 3.  Erotomani: sono costretti a rivendicare i loro diritti d'amore.

l  Risulta abbastanza frequente nell'alcoolismo e in alcuni stati organici: sindrome del “pugile suonato” (encefalopatia traumatica cronica).

l  Non è raro che un coniuge accusato spesso di infedeltà, a un certo punto intrattenga realmente una relazione extraconiugale, in tal modo esacerbando il quadro.

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Gelosia morbosa e delirio di infedeltà (II) l  La persona che delira è molto attaccata e sovente

emotivamente assai dipendente dal partner e ha la sensazione che questo le appartenga totalmente.

l  La vittima è sovente più attraente dal punto di vista sessuale rispetto al partner delirante: si può trattare per esempio di una moglie più giovane, o di un marito socievole e ricercato

l  La gelosia morbosa nasce dalla convinzione che vi sia una minaccia al possesso esclusivo del coniuge e si verifica per conflitti interiori del coniuge, la sua incapacità di amare o il suo desiderio sessuale diretto verso altri, e da circostanze esterne come un cambiamento di vita o nel comportamento altrui.

l  I crimini violenti sono più frequentemente associati con la gelosia morbosa rispetto ad altre categorie psicopatologiche; la violenza è rivolta più spesso verso il partner che verso il presunto rivale, e più da parte degli uomini rispetto alle donne.

l  La gelosia morbosa più contribuisce alle percosse degli uomini verso le mogli ed è una delle motivazioni più frequenti degli omicidi.

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Deliri erotici (I) l  Deliri associati con l'idea di amare o di essere amati; sono

diversi dalle anormalità affettive e comportamentali delle condizioni di ipersessualità: Ninfomania: situazione in cui una donna si trova in preda ad un desiderio sessuale patologico o incontrollato; Satiriasi: equivalente maschile dell'eccessiva attività sessuale.

l  Secondo Morrison (1848): Stato “caratterizzato da deliri [...]; il paziente è soggetto ad un amore profondamente sentimentale, completamente incentrato sul proprio oggetto di adorazione, che, eventualmente, sarà avvicinato con grande rispetto [...]; i deliri fissi e permanenti inerenti all'erotomania portano coloro che ne sono afflitti a distruggere se stessi o gli altri, in quanto, sebbene per lo più tranquilli e pacifici, a volte diventano irritabili, passionali e gelosi”.

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Deliri erotici (II) l  E' più frequente nelle donne che negli uomini. l  Caratteristiche sociali: relazione tra le pregresse difficoltà di

relazione del paziente con i genitori e la presente erotomania. l  De Clérambault (1942) ne ha descritto una variante: una donna

crede che un uomo, più anziano e di rango sociale più elevato del suo, sia innamorato di lei. La vittima di solito non ha fatto nulla per attirare la sua attenzione e può essere del tutto inconsapevole della sua esistenza. Qualche volta si tratta di un personaggio pubblico completamente lontano dalla paziente.

l  Talvolta l'erotomania frustrata può dare luogo a stalking, con tutti i rischi connessi.

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Falsi riconoscimenti deliranti (I) l  Sindrome di Capgras (1923): Il soggetto ritiene che una

persona, solitamente a lui familiare, sia stata rimpiazzata da una copia esatta. È un errore specifico di identificazione che coinvolge una persona con la quale il soggetto ha spesso forti legami emotivi e nei confronti della quale sono riconoscibili marcati elementi di ambivalenza al momento dell'esordio. La convinzione ha tutte le caratteristiche del delirio, è riconoscibile in tutte le culture, e dunque è universale. Il contenuto dipende dal contesto culturale.

l  Sindrome di Fregoli (Courbon e Fail, 1927): falso riconoscimento di persone familiari in soggetti che, invece, sono estranei e non hanno alcuna somiglianza col familiare.

l  Sindrome di intermetamorfosi: convinzione che una persona familiare (in genere vissuta come persecutore) ed uno sconosciuto, oggetto del falso riconoscimento, abbiano in comune caratteristiche fisiche e psicologiche.

l  Sindrome dei doppi soggettivi: convinzione che un'altra persona sia stata trasformata fisicamente nel proprio sé.

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Falsi riconoscimenti deliranti (II) l  La sindrome di Capgras, quando si verifica in corso di

schizofrenia, rappresenta una percezione delirante. Non c'è alcun cambiamento percettibile dall'esterno dell'aspetto dell'oggetto. Non c'è alcuna falsa percezione: il paziente ammette che la replica assomiglia esattamente all'originale.

l  La maggior parte dei pazienti presenta sintomi certi di schizofrenia, e non sono presenti allucinazioni.

l  Ma un falso riconoscimento delirante in cui il delirio riflette un sottile cambiamento nella natura dei sentimenti del paziente per la vittima può verificarsi anche nella psicosi affettiva e nei disturbi mentali organici.

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Deliri di grandezza l  Essi sono primari nella Schizofrenia: convinzione di essere

una celebrità o di avere poteri sovrannaturali. l  Deliri a fini speciali: convinzione di essere stato prescelto

per una non meglio identificata missione speciale, di cui anche egli stesso non è stato informato nei dettagli, ma di cui attende ansiosamente il disvelamento.

l  La forma è un'intuizione delirante. l  Essi sono secondari nella Patologia maniacale.

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Deliri religiosi l  Sono comuni anche se molto meno che nel XIX secolo, quando

gli schizofrenici li presentavano il triplo delle volte rispetto ad ora. Il fatto che sia un delirio deriva dal modo in cui la convinzione viene sostenuta e dalle prove che vengono addotte. Inoltre si deve inserire in un quadro, anche evolutivo, che è compatibile con un disturbo di qualche genere; inoltre in tal caso l'esperienza religiosa non è associata a un qualche arricchimento esistenziale o di personalità.

l  Può avere caratteristiche grandiose (“sono un inviato di Dio”) oppure secondarie a un quadro depressivo (“Dio non potrà mai perdonarmi e andrò all'inferno”).

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Deliri di colpa e indegnità l  Comuni nella malattia depressiva. l  Spesso portano al suicidio e, più raramente, all'omicidio, dove

l'uccisione di un parente stretto può essere seguita dal suicidio del paziente. Tale omicidio/suicidio talvolta viene giustificato come mezzo per impedire al parente stretto di soffrire come ha sofferto il paziente.

l  Le convinzioni di colpa possono dominare totalmente il pensiero del paziente.

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Deliri di controllo •  Il paziente si sente sotto l'influenza di una forza potente, come

raggi X, controllo elettronico, campi magnetici o telepatia. •  Questa forza è schiacciante: costringe il paziente a pensare,

sentire, volere e agire assolutamente contro la sua volontà (sensazione di impotenza/passività). Il paziente vive i pensieri e i sentimenti di altre persone piuttosto che i suoi.

•  La reazione al delirio è la sottomissione; il paziente non riesce a resistere; è una vittima.

l  Domanda aperta: “Come fa a controllare la sua mente, i suoi pensieri, i suoi sentimenti e le sue azioni?”.

l  Domandare se nessuno abbia mai tentato di intromettersi nei suoi pensieri, nei suoi sentimenti, o di controllarlo o di costringerlo a compiere azioni contro la sua volontà.

l  Verificare che sia davvero delirante e non stia solo descrivendo sensazioni angoscianti di derealizzazione, in cui “le cose appaiono come se non fossero reali”.

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Deliri di povertà e nichilistici l  Comuni nella depressione. l  Sindrome di Cotard (depressione psicotica dell'anziano):

l  deliri nichilistici e ipocondriaci spesso bizzarri, drammatici e tinti di grandiosità (convinzione che parti del corpo od organi siano ormai inesistenti);

l  umore depresso sia con agitazione sia con rallentamento; l  Atteggiamento di completa passività: “il paziente risulta

confuso riguardo ai propri cambiamenti soggettivi nelle attitudini e rispetto alle cose esterne [...] il mondo reale gli sembra completamente scomparso, o morto”.

l  I deliri nichilistici sono una forma depressiva di auto-accusa. Mentre nel delirio di persecuzione l'accusa è spostata altrove, nei deliri nichilistici avviene il contrario dei deliri di grandezza, in cui la persona stessa, gli oggetti o le situazioni sono espansivi e arricchiti.

l  C'è una grandiosità perversa nei deliri nichilistici. l  I sentimenti di colpa e le idee ipocondriache sono sviluppati al

massimo grado di forma depressiva nei deliri di negazione.

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Deliri ipocondriaci (I) l  Schneider (1957): collocare l'esperienza della depressione in

forma di sensazioni corporee è l'equivalente di un sintomo di primo rango della psicosi depressiva.

l  Schizofrenia: stesse caratteristiche delle altre idee schizofreniche. È più facile che abbiano una spiegazione di tipo persecutorio che nichilistico.

l  Secondo Munro (1988), si associano di solito con un disturbo delirante di Tipo somatico: 1.  deliri sugli odori del corpo e alitosi; 2.  delirio di infestazione (insetti, parassiti, o corpi estranei

sotto la pelle; 3.  deliri di bruttezza o di malformazione (deliri dismorfici ).

l  Esiste una sindrome culturale dell'Estremo Oriente, il Koro, che si presenta anche in episodi epidemici, che presenta le caratteristiche di un delirio somatico:

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Deliri ipocondriaci (II) 1.  ferma convinzione che il pene si ritiri nell'addome; 2.  convinzione che quando il pene sarà scomparso

nell'addome seguirà la morte; 3.  estrema ansietà che accompagna tali idee deliranti.

l  P u ò e s s e r e c o n s i d e r a t a u n a s i n d r o m e d a depersonalizzazione legata a forti elementi culturali: manifestazione di ansia estrema che si accompagna a credenze popolari legate al timore dell'esaurimento delle facoltà sessuali.

l  Esistono anche delle “sindromi di riferimento olfattivo”: l  Convinzione fissa e inalterabile di emanare odore ma senza

allucinazioni o altre esperienze olfattive. l  Di solito nel contesto dello sviluppo di una personalità

sensitivo-paranoide. l  Reazione fobica grave: il comportamento degli altri

interpretato come il risultato del loro odore repellente.

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Deliri d'infestazione l  Già descritti da Ekbom (1938; sindrome di Ekbom:

convinzione di essere infestati da piccoli organismi visibili a occhio nudo), è stata ripresa da Hopkinson (1970). Può assumere forma allucinatoria tattile, da un delirio o da un'idea prevalente/dominante.

l  È frequente in aspetti ipocondriaci di una psicosi affettiva, insieme ad altri sintomi depressivi; presente anche in schizofrenia paranoide, nelle psicosi ipocondriache, nelle sindrome cerebrali organiche, nel delirium tremens e nell'abuso di cocaina, in demenze o disturbi del talamo.

l  Compaiono in genere dopo i 50 anni in persone molto preoccupate per la pulizia. Può derivare da una malattia della pelle, diventando un'elaborazione delirante di sintomi tattili reali.

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Follia comunicata (Folie à deux) l  Lasèauge e Falret (1877) descrissero la “folie à deux” o “folie

communiquèe”. Un delirio (intuizione delirante) viene trasferito da un soggetto psicotico ad una o più persone che sono state strettamente vicine a questo soggetto, in modo tale che il delirio viene condiviso: il Principale acquisisce per primo il delirio ed è dominante, l'Associato diventa delirante per la vicinanza con il Principale: di solito è svantaggiato dal punto di vista sociale, o mentalmente o fisicamente debole.

l  Gralnick (1942) distingue. 1.  Folie imposée: il delirio di una persona malata di mente viene trasferito

ad una che precedentemente non lo era, benché la vittima sia socialmente svantaggiata. La separazione dei due è spesso seguita dalla remissione dei sintomi nell'Associato.

2.  Folie communiquée: una persona normale subisce il contagio dell'idea di quell'altra dopo aver resistito a lungo. Quando ha acquisito tali idee, le mantiene anche dopo la separazione.

3.  Folie induite: una persona che era già psicotica aggiunge ai suoi deliri quello di una persona che le è vicina.

4.  Folie simultanée: due o più persone diventano psicotiche e condividono in modo simultaneo lo stesso sistema delirante. Il Principale è sempre psicotico, mentre l'Associato può esserlo o no.

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REALTÀ DEI DELIRI l  Dal punto di vista soggettivo, i deliri sono

completamente differenti dalla fantasia. l  I pazienti non li descrivono “come se”

esistessero, la loro realtà è “conosciuta” con la stessa tranquilla certezza che una persona non delirante attribuisce ad eventi concreti e a idee della propria vita, come quella che il pavimento è solido.

l  I deliri non sono modificabili con la persuasione. l  Il comportamento violento in risposta ai deliri è

poco frequente.

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L'ideazione erronea: le idee prevalenti/dominanti (I)

l  Idea accettabile, comprensibile, perseguita al di là dei limiti della ragione.

l  Credenza solitaria, abnorme, la cui natura non è né delirante né ossessiva, ma è preoccupante per il grado in cui domina la vita di chi ne è affetto. l  Prevalente: provoca un modo di funzionare disturbato o uno stato di

sofferenza al soggetto o agli altri. l  L'evidenza retrostante per la quale l'idea è sostenuta non

necessariamente è irragionevole o falsa. l  Ma diventa così dominante che tutte le altre idee diventano secondarie e

rivolte ad essa: tutta l'intera vita del soggetto viene a svolgersi intorno a quest'idea.

l  Di solito è associata molto strettamente ad una componente affettiva, che la persona a causa del proprio temperamento ha difficoltà ad esprimere.

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L'ideazione erronea: le idee prevalenti/dominanti (II) l  Secondo Jaspers (1913), il delirio è qualitativamente differente

da una normale credenza per la trasformazione radicale del significato attribuito agli eventi ed è incorreggibile in un modo del tutto differente da un'idea normale.

l  Invece un'idea prevalente è nozione isolata, collegata con un'emotività molto forte e una personalità abnorme, simile nella qualità alle appassionate convinzioni politiche, religiose, etiche. Si tratta di “idee isolate che si sviluppano in modo comprensibile dalla personalità e dalla situazione”.

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Disturbi con Idee dominanti (McKenna, 1984) 1.  Stato paranoideo, tipo querulomane o

litigioso 2.  Gelosia morbosa 3.  Ipocondria 4.  Dismorfofobia 5.  Parassitofobia (sindrome di Ekbom) 6.  Anoressia nervosa 7.  Transessualismo

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Sindromi e idee paranoidee (I) l  Paranoide vuol dire “auto-referente” e non si limita al

significato di persecutorio: tutti i deliri sono deliri di riferimento in quanto sono in relazione al paziente medesimo.

l  Un delirio paranoide è un delirio di autoriferimento, non necessariamente di natura persecutoria.

l  Il disturbo di personalità paranoide è un tipo di personalità abnorme in cui le reazioni della persona agli altri sono impropriamente autoriferite.

l  Stati paranoidi: stati mentali in cui i fenomeni autoreferenti sono cospicui: predominano deliri, idee di riferimento simil-deliranti, idee prevalenti.

l  Deliri primari: caratteristici della schizofrenia. l  Deliri secondari (idee simil-deliranti): presenti in un gran

numero di condizioni: Psicosi maniaco-depressiva, sia nella fase maniacale sia in quella depressiva; epilessia; altre psicosindromi organiche; intossicazione acuta da droghe; vari stati alcoolici; schizofrenia.

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Sindromi e idee paranoidee (II) l  Il termine paranoia originariamente era sinonimo di follia

delirante. l  Kraepelin (1905) usò il temine in modo più specifico per

descrivere quella condizione in cui ci sono deliri ma non allucinazioni: la personalità, l'affettività e la volontà erano ben mantenute.

l  Le idee prevalenti sono spesso associate con i disturbi di personalità di tipo paranoide o anancastico.

l  Stato paranoide è un termine generale per un gran numero di condizioni in cui il contenuto è impropriamente autoriferito ma la forma dell'idea non è stata ben delineata.

l  La chiarificazione della forma è necessaria per una diagnosi adeguata, che a sua volta è utile per una valutazione prognostica e per la pianificazione di un trattamento appropriato.

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Sindromi e idee paranoidee (III) l  Se l'idea bizzarra è un delirio primario (e normalmente ci sono

anche sintomi di primo rango a corroborarlo), allora probabilmente il paziente soffre di una schizofrenia paranoide.

l  Se il delirio è di natura secondaria, la diagnosi più probabile è un'altra psicosi.

l  Se la forma di un'idea non è delirante, ma viene meglio descritta come idea prevalente, i sintomi paranoidi probabilmente derivano da un disturbo di personalità.

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Temi noti per essere terreno fertile per i deliri

l  Persecuzione, ingiustizia, discriminazione l  Colpa l  Grandezza, amore, potere, conoscenza l  Gelosia l  Malattia l  Passività (si sente in balia di forze esterne) l  Nichilismo l  Povertà l  Percezioni extrasensoriali l  Capacità soprannaturali l  Convinzione di essere il bersaglio di raggi cosmici o

raggi X.

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Disturbi del processo di pensiero

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Tipi di pensiero

1.  Pensiero fantastico afinalistico, dereistico e autistico.

2.  Pensiero immaginativo. 3.  Pensiero razionale o concettuale

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Il pensiero fantastico •  Secondo Blueler (1911): “La preoccupazione molto frequente

nei giovani ebefrenici per le 'domande più profonde' non è altro che una manifestazione autistica”.

•  Da forma deliberata e sporadica di pensiero fino a modalità stabilizzata: comincia a credere al contenuto delle proprie fantasie, che diventano soggettivamente reali e accettate come fatti.

•  Tipi di pensiero fantastico: l  Mentire patologico: pseudologia fantastica. l  Conversione isterica e dissociazione: sintomi isterici somatici e psicologici. l  Idee simil-deliranti: psicosi affettive, derivanti dalla situazione affettiva e sociale

del paziente.

Meccanismi di difesa dell'Io: lapsus o “dimenticanze” non sono accidentali, ma una forma di autoinganno. Fantasia di negazione: l'oggetto di percezione ovvio, significativo ma spiacevole, può essere “cancellato”. Il pensiero fantastico nega la realtà spiacevole, anche se la fantasia di per sé può essere spiacevole.

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Il pensiero immaginativo l  Uso guidato della fantasia e della memoria per costruire

progetti per la vita di tutti i giorni e utilizzare attivamente la sequenza delle idee che si presentano alla coscienza.

l  Non trascende i limiti del razionale o del possibile, ma non è necessariamente confinato alla risoluzione di problemi immediati.

l  Pensiero laterale: l  le associazioni si verificano liberamente ma la tendenza

determinante è forte e sostenuta. l  La fantasia viene coinvolta in modo costruttivo.

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Pensiero razionale o concettuale l  Uso della logica, senza interferenze della fantasia, per la

risoluzione dei problemi. l  È un compito molto complesso riconoscere e classificare un

problema, in modo tale da applicare la ragione per trovare una soluzione.

l  In pratica i tre tipi di pensiero: fantastico, immaginativo e razionale non sono separati, ma al contrario continuamente mescolati l'uno all'altro.

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Ideazione come associazione l  Secondo Jaspers (1913), i pensieri (eventi psichici) possono

essere concepiti come una sequenza ininterrotta. l  Da ogni pensiero possono nascere una o più associazioni, che

danno origine ad ulteriori eventi psichici. l  Costellazione: quantità di associazioni possibili che

risultano da un singolo evento psichico. l  Tendenza determinante: fenomeno per cui, all'interno della

costellazione, un concetto assume la preminenza. l  Esso determina la coerenza del flusso di pensiero verso la

propria meta. l  Tali modalità di organizzazione, codificazione e trasmissione

del pensiero possono andare incontro a vari “disturbi formali del pensiero”, che marginalmente interessano i contenuti di esso.

l  Analizziamo la semeiologia dei disturbi formali del pensiero.

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I disturbi formali del pensiero (I) l  Accelerazione: i processi associativi si svolgono con maggiore

rapidità e con facilitazione accentuazione a scapito dell'efficacia comunicativa (per esempio nella mania).

l  Rallentamento: i processi associativi si svolgono con un'accentuata lentezza, bassa produttività e ridotta efficacia rispetto alle condizioni normali (per esempio nello depressione).

l  Concretismo: è ridotta o assente la capacità di operare astrazioni e generalizzazioni ed è invece accentuata la tendenza al riferimento alla singolarità concreta degli oggetti.

l  Deragliamento: i collegamenti associativi fra le varie unità ideative appaiono alterati e mal decodificabili. Può assumere la forma di “fusione” in cui le associazioni vengono in qualche modo mantenute, ma vengono posti insieme elementi fra loro eterogenei. Oppure può esservi la “mistura o miscuglio”, un amalgama grossolanamente disturbato di parti costitutive di un singolo processo di pensiero, forma estrema di fusione e deragliamento, che porta al cosiddetto “sproloquio”.

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I disturbi formali del pensiero (II) l  Tangenzialità: un soggetto risponde a una precisa domanda in

maniera solo marginalmente collegata al tema. l  Illogicità: i processi ideativi non permettono di giungere a

conclusioni decifrabili secondo le le regole della logica comunemente usata.

l  Blocco: arresto brusco e inaspettato dell'eloquio, non per distrazione o disattenzione, ma per probabile arresto del flusso associativo. È frequente nella schizofrenia e talvolta viene spiegato come “sottrazione del pensiero”.

l  Impoverimento: l'eloquio e quindi l'eloquio sono solitamente scarni e ridotti sia dal punto di vista quantitativo (contenuti) che qualitativo (modalità formali dell'espressione).

l  Circostanzialità: i contenuti di coscienza sono comunicati in modo indiretto, ridondante, ripetitivo e stereotipato. Deriva da un difetto intellettivo, la capacità di distinguere la figura dallo sfondo. È tipico nei pazienti epilettici, in altri stati organici e nelle oligofrenie; anche nelle personalità ossessive (eccessi di dettagli).

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I disturbi formali del pensiero (III) l  Perseverazione: il paziente ripete in maniera stereotipata

parole, idee, soggetti, pur avendoli enunciati poco prima. l  Distraibilità: l'ideazione del soggetto è costantemente sollecitata

in molte direzioni da stimoli di varia natura (sonori, visivi, intellettivi), che interagiscono fra loro e allontanano l'individuo da una linea ideativa principale.

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I disturbi formali del pensiero (IV) l  Si può ritenere che i disturbi formali del pensiero possano

derivare da alterazioni di alcune delle componenti che sono ritenute principi organizzatori dell'attività del pensiero stesso:

l  Finalizzazione: Bleuler notò come fosse evidente la mancanza dello scopo nella produzione verbale degli schizofrenici. Il fine può essere assolutamente mancante (deragliamento, impulso a pensare [attività di pensiero come attività automatica priva di ogni controllo]), mutevole (nella fuga d'idee), oppure marginalmente perseguito (tangenzialità, risposte di traverso).

l  Il livello di astrazione-concettualizzazione: la mente è in grado non solo di isolare i singoli oggetti dalla globalità di ciò che è percepito (capacità di discriminazione), ma può anche classificarli ( capacità di astrazione). La perdita di tali capacità può avvenire dalla nascita (oligofrenia) o essere acquisita. Un esempio di questo può essere il concretismo, in cui viene persa la capacità di concepire la classe come entità mentale o l'iperinclusione (idee lontanamente correlate vengono incorporate).

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I disturbi formali del pensiero (V) l  Il sistema simbolico di riferimento: il simbolo permette di

rappresentare l'astratto attraverso un elemento che è tratto dal livello sensoriale ma che tuttavia può non esservi formalmente correlato; ma per la comunicazione è fondamentale che il sistema simbolico di riferimento sia condiviso. Tuttavia gli schizofrenici spesso hanno un sistema simbolico personale (idiosincrasico) che limita le loro possibilità comunicative. Anche tipici sono i “neologismi”, termini coniati ex novo, spesso per condensazione di termini linguistici esistenti (si vedano i pazienti maniacali).

l  La logica di riferimento: Von Domarus (1944) e Arieti (1974) sostengono che i pazienti schizofrenici presentino un pensiero “paleologico”, presente in taluni stati (sogno) e nelle culture primitive: “mentre l'individuo normale accetta l'identità solo sulla base dell'identità dei soggetti, il paleologico accetta l'identità sulla base dei predicati”. In questo modo lo psicotico non pensa in modo illogico, ma è “logico in modo diverso”. Ciò può portare al “concretismo” e alle “insalate di parole”.

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I disturbi formali del pensiero (VI) l  La ridondanza procedurale: in genere nelle situazioni

patologiche si osserva più una riduzione del contenuto concettuale che un suo aumento ( impoverimento, rallentamento, perseverazione, fuga delle idee), ma talora anche un'eccessiva inclusione di concetti non essenziali alle conclusioni (circostanzialità, ridondanza, fuga delle idee). La ridondanza procedurale consiste nella perseverazione su contenuti identici di per sé utili, ma sui quali si indugia oltre il necessario.

l  La procedura di controllo: il pensiero riflessivo (metacognizione) permette al soggetto di correggere talune conclusioni paleologiche, ma talora invece la logica viene utilizzata per giustificare conclusioni paleologiche dirette da un bisogno emotivo. Altri soggetti presentano un difetto sul piano del controllo della qualità della comunicazione: possono non verificare il livello di comprensione e il loro parlare perde la connotazione di una volontà di comunicare e assume la qualità di un un “impulso a parlare”.

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Disturbi del controllo del pensiero (I) l  Il controllo del pensiero può essere disorganizzato in quanto il

paziente ascrive i processi del pensiero a influenze esterne. l  Il disturbo soggettivo del pensiero viene sperimentato nella

schizofrenia come passività. Lo schizofrenico sperimenta i propri pensieri come estranei o alieni, non emananti da sé e non sotto il proprio controllo. Si verifica un tracollo nel modo con cui egli pensa ai confini tra sé e il mondo esterno, così che non è più in grado di discriminare accuratamente tra i due.

l  I deliri di controllo sono spesso associati con spiegazioni deliranti di come il proprio pensiero potrebbe essere controllato, per esempio da apparecchi elettronici, computer, telepatia.

l  I disturbi formali del pensiero (fusione, mescolamento, deragliamento e affollamento del pensiero) determinano una grande confusione con una perdita della capacità di pensare in modo chiaro, che spesso viene descritta in termini di passività.

l  Il paziente può avere l'impressione che il suo cervello sia stato rimpiazzato da una massa di bambagia o da uno straccio attorcigliato.

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Schneider (1959): sintomi di I rango Deliri Percezione delirante

Allucinazioni uditive Eco del pensiero Voci che discutono o litigano Voci che commentano le azioni del paziente

Disturbi del pensiero: passività del pensiero

Furto del pensiero Inserimento del pensiero

Trasmissione (diffusione) del pensiero Esperienze di passività: deliri di controllo

Passività affettiva Passività degli impulsi Passività della volontà Passività somatica

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Disturbi del controllo del pensiero (II) l  I disturbi del controllo del pensiero costituiscono sintomi di

primo rango della schizofrenia. Che cosa sono tali sintomi? l  Perché un sintomo possa essere considerato di primo rango

(Schneider, 1959) nella schizofrenia: a)  deve verificarsi con una ragionevole frequenza nella schizofrenia; b)  in generale non deve verificarsi in condizioni diverse dalla

schizofrenia; c)  non deve essere difficile decidere se il sintomo è presente o meno.

l  Altri sintomi non vengono considerati di primo rango perché: A.  sintomi che si verificano soltanto nella schizofrenia, ma troppo

raramente perché siano di uso pratico come sintomi di primo rango; B.  Sintomi che si verificano nella schizofrenia, ma anche in molte altre

condizioni, per es. allucinazioni uditive non specificate, la povertà dell'affettività, il pensiero iperinclusivo;

C.  sintomi che si verificano soltanto nella schizofrenia, ma è necessaria una discussione troppo ampia per dire se siano presenti o meno, e perché siano valutati di primo rango, per es. delirio primario: alcuni clinici possono considerare un delirio di un paziente come un delirio primario, altri no.

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Disturbi del controllo del pensiero (III) l  Differenza tra alienazione o esperienza di controllo e

influenzamento. l  Inserimento del pensiero: è un fatto più concreto che non

l'inserimento di un'idea nel modo di pensare di una persona. l  Una persona normale può dire: “mia madre mi ha dato un'idea”

oppure “mia madre mi ha messo in testa un'idea”. l  Il paziente che esperisce la passività crede che, con qualche

procedimento concreto, i confini della sua persona che implicano il pensare vengano così invasi che la madre è in grado di mettergli realmente delle idee nella testa.

l  Egli pensa i pensieri di lei, oppure lei sta pensando dentro di lui.

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Esempi di sintomi di primo rango della

schizofrenia

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Percezione Delirante l  Percezione normale interpretata dal

paziente in modo delirante e considerata molto significativa.

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Eco del Pensiero (Gedanklautwerden: pensiero diventa suono)

l  Esperienza del paziente di udire il proprio pensiero pronunciato all'esterno; sentire che: l  le persone ripetono il suo pensiero appena dopo

che è stato pensato; l  le persone rispondono ai suoi pensieri; l  ne parlano avendo detto che sono udibili; l  o dicendo a voce alta quel che lui sta per

pensare, in modo tale che il pensiero ripete quello che le voci hanno detto.

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Voci Dialoganti l  Presenza di due o più voci allucinatorie

che parlano o discutono tra di loro. l  Il paziente di solito figura in terza persona

nel contenuto di quello che le voci dicono.

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Voci che Commentano l  Voci allucinatorie che commentano le

attività del paziente. l  La sequenza temporale secondo cui si

presenta il commento è tale per cui esso può: l  precedere immediatamente l'azione del paziente; l  verificarsi durante la medesima o subito dopo.

l  L a c o s a a b n o r m e è c h e v e n g o n o sperimentate come percezioni e come provenienti dall'esterno, mentre molte persone normali hanno dei pensieri, riconosciuti come propri, che commentano le loro azioni.

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Esperienze di Passività l  Denominate con vari termini:

l  esperienze di passività, l  esperienze prodotte, l  deliri di controllo, l  disturbi dell'attività personale, l  automatismo mentale.

l  L'evento viene esperito come alieno rispetto al paziente, dal momento che egli non lo prova come appartenente a se stesso, ma inserito in lui dall'esterno.

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Furto del Pensiero l  Il paziente crede che i suoi pensieri gli vengano

in qualche modo portati via dalla mente ed egli ha, come prodotto di questo processo, un sentimento di perdita.

l  Una giovane donna di 22 anni disse: “Sto pensando a mia madre, e all'improvviso i pensieri mi vengono succhiati via dalla mente con un estrattore frenologico a vuoto, e non rimane nulla nella mia mente, è del tutto vuota...”.

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Inserimento del Pensiero l  Sperimenta pensieri che non hanno la

caratteristica della familiarità dell'essere cosa propria, ma ha la sensazione che siano stati messi nella sua testa senza la sua volontà, dall'esterno.

l  Come nel furto del pensiero, è chiaramente presente un disturbo dell'immagine di sé, specialmente riguardo ai limiti tra ciò che è sé e ciò che non lo è.

l  Pensieri che infatti nascono dentro di lui vengono presi per cose messe dall'esterno.

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Diffusione (Trasmissione) del Pensiero

l  Sensazione che i pensieri gli siano sottratti dalla mente e, successivamente, in qualche modo resi pubblici e proiettati in una vasta area.

l  La spiegazione che egli dà per come questo viene fatto, com'è usuale per il contenuto dei deliri, dipende dal suo retroterra culturale e dai suoi interessi predominanti.

l  Uno studente di 21 anni disse: “Come io penso, i miei pensieri lasciano la mente attraverso un certo tipo di registratore. Chiunque intorno deve solo passare il nastro attraverso la sua mente per conoscere i miei pensieri”.

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Passività delle Emozioni l  Si verifica quando l'affetto che il paziente prova non

gli appare suo proprio. l  Egli ritiene che sia stato prodotto per farglielo

provare. l  Una paziente di 23 anni riferiva: “Io piango, le lacrime

mi scivolano lungo le guance e io appaio infelice, ma dentro di me ho un'angoscia fredda perché mi stanno usando in questo modo, e non sono io che sono infelice ma sono loro che stanno proiettando l'infelicità dentro il mio cervello. Essi proiettano su di me le risate, senza nessuna ragione, e voi non avete idea di quanto sia terribile ridere e apparire felici e sapere che non si tratta di una vostra reazione ma della loro”.

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Passività degli Impulsi l  Sperimenta una spinta, che egli avverte

come aliena, ad iniziare un'attività motoria. l  L'impulso può essere sperimentato senza che

il paziente intraprenda il comportamento. l  Una donna ebrea di cinquantacinque anni

affetta da schizofrenia disse: “Avverto la mia mano che si leva nel saluto e le mie lebbra che pronunciano 'Heil Hitler'... Non sono io che lo dico veramente... Ho cercato di resistere per non alzare la mano... loro mettono della droga nel mio cibo. È per questo che succede”.

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Passività della Volontà l  Il paziente sente che non è la sua volontà a

portare avanti l'azione. l  Una stenografa di 26 anni descriveva le sue

azioni in questo modo: “Quando allungo la mano per prendere il pettine sono la mia mano e il braccio a muoversi, e sono le mie dita a stringere la penna, ma non sono io a controllarle... Io sto seduta lì desiderando che si muovano, ed essi sono indipendenti, quel che fanno non ha niente a che fare con me... Io sono solo un pupazzo manipolato da corde cosmiche... Quando le corde vengono tese il mio corpo si muove e io non posso impedirlo”.

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Passività Somatica l  Convinzione che influenze esterne stiano

operando sul corpo. l  Diversa dalle allucinazioni aptiche: convinzione

delirante che i l corpo è influenzato dall'esterno.

l  Si può verificare in concomitanza con varie allucinazioni somatiche: l  Un paziente sentiva che la sua mano era sospinta

sulla sua faccia, la sentiva muoversi, benché di fatto fosse immobile: l'allucinazione cenestesica spiegava questa esperienza di passività.

l  Può verificarsi anche in associazione con percezioni normali.

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Disturbi del linguaggio e dell'eloquio

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Pensiero e Linguaggio l  Le funzioni del pensiero e dell'espressione parlata si

sovrappongono. È impossibile separarle una dall'altra, ma al tempo stesso sono una differente dall'altra.

l  Il modello (Maher, 1972) potrebbe essere quello di una dattilografa che batte a macchina (LINGUAGGIO) un manoscritto (PENSIERO) che le sta di fronte:

1.  La copia che si ottiene ci può apparire distorta se lo scritto originale è distorto, sebbene le vie di comunicazione dell'occhio e delle mani della dattilografa funzionino correttamente.

2.  L'originale può essere perfetto, ma l'incapacità della dattilografa può determinare errori di battitura, e pertanto distorcerlo.

3.  È possibile che una dattilografa inefficiente aggiunga errori ad un manoscritto già di per sé incoerente.

l  Il clinico è in grado di osservare soltanto la copia (cioè il linguaggio parlato): non può esaminare il manoscritto originario (il pensiero).

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Linguaggio: specchio del pensiero l  La gran parte dei teorici che si occupano del linguaggio

schizofrenico hanno accettato la prima delle tre ipotesi: la brava dattilografa trascrive un testo deviante. Il paziente riporterebbe cioè in modo fedele una serie di pensieri disturbati.

l  Critchley (1964): “Qualsiasi aberrazione di un certo rilievo nel pensiero o nella personalità verrà riflessa nei diversi livelli del discorso articolato: fonetico, fonemico, semantico, sintattico e pragmatico”: il linguaggio sarebbe lo specchio del pensiero.

l  Il linguaggio riflette il pensiero: il disturbo del pensiero sarebbe l'anomalia primaria. Il linguaggio disturbato è concettualizzato come mero riflesso di questo disturbo sottostante.

l  Teorie linguistiche recenti utilizzate nell'analisi del discorso schizofrenico pongono in discussione tale visione.

l  In un certo grado il linguaggio, e il linguaggio specifico di una persona, salta il pensiero come nel pensiero senza espressione verbale (sogno ad occhi aperti) o nel parlato senza pensiero: alcune frasi senza significato e senza pensiero che si dicono in situazioni sociali.

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Anomalie psicogene del linguaggio (I) •  Discorso maniacale: gran numero di associazioni presenti

nella fuga delle idee e accelerazione. •  Discorso depressivo: le frasi tendono ad essere brevi, con

semplici associazioni e rallentamento. •  Mutismo isterico: reazione abnorme allo stress. •  Risposte approssimate: il paziente sta semplicemente

evitando di fornire una risposta adeguata ad una domanda semplice: “Quante zampe ha una pecora?”, “Cinque”. La risposta, pur errata, indica che è stato afferrato il senso della domanda. Lo si trova nella schizofrenia ebefrenica, nella sindrome di Ganser e in altre condizioni organiche.

•  Parafasia: evocazione di un suono inappropriato al posto di una parola o di una frase. È presente in disturbi organici dell'eloquio, ma è mimata da vicino in quei casi in cui il paziente produce un suono, deliberatamente o inconsciamente, per cambiare argomento di conversazione, per evitare certi argomenti o perché è troppo assorto in esperienze interne.

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Anomalie psicogene del linguaggio (II) •  Pseudologia fantastica: Condizione di menzogna plausibile

e scorrevole, frequentemente associata con i disturbi di personalità isterico o antisociale.

•  Il paziente sembra credere fermamente nelle proprie affermazioni fantasiose.

•  Persona assai isolata, senza famiglia o amici, che finisce di notte al pronto soccorso di un grande ospedale di una città straniera, facendo racconti che illustrano le sue capacità e acquisizioni, e le circostanze sfortunate che lo hanno portato a richiedere aiuto.

•  Frequente sovrapposizione con la sindrome di Munchausen.

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DISTURBI DELL'ELOQUIO (I) •  Afonia e Disfonia: la prima è la perdita della capacità di

vocalizzare, il paziente parla sussurrando (esiste anche la forma “dissociativa”, in cui la fonazione fluttua a seconda delle reazioni delle persone cui il soggetto si rivolge). La seconda indica una difficoltà accompagnata da raucedine, senza perdita completa della fonazione (paralisi del nono nervo cranico o disturbi delle corde vocali).

•  Disartria: disturbi dell'articolazione causati da lesioni del tronco cerebrale, spasticità bulbare, o disturbi strutturali o muscolari della bocca, faringe, laringe, torace.

•  Balbuzie e inceppamento: spesso legati a disturbi emotivi, anche se non sempre è stata dimostrata una eziologia esclusivamente psicogena.

•  Logoclonia: ripetizione spastica di sillabe (parkinsonismo). •  Ecolalia: ripetizione di parole o di parte di frasi rivolte in

presenza del paziente (che talora non le comprende neppure). Si trova in stati di eccitamento schizofrenico, nell'oligofrenia, in stati organici.

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DISTURBI DELL'ELOQUIO (II) •  Cambiamenti nel volume e nell'intonazione: i pazienti

depressi parlano a voce bassa e monotona, quelli maniacali parlano a voce alta ed eccitati. Anche i pazienti schizofrenici possono parlare a voce alta e con modalità inappropriate.

•  Disfasia: può essere tanto grave che l'eloquio non è comprensibile, come peraltro nelle condizioni sotto elencate.

•  Paragrammatismo (disturbo della costruzione grammaticale) e incoerenza della sintassi possono verificarsi in più disturbi

l  Insalata di parole schizofrenica: le parole riconoscibili possono essere disturbate a tal punto nelle frasi da risultare prive di senso.

l  Mania: velocità delle associazioni può essere così rapida da distruggere completamente la struttura della frase, rendendola insensata.

l  Depressione: il rallentamento può inibire a tal punto il discorso che vengono prodotte solamente sillabe incomprensibili dal suono lamentoso.

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DISTURBI DELL'ELOQUIO (III) •  Simbolismo privato schizofrenico:

•  Nuove parole di significato incomprensibile: neologismi. •  Frasi e parole standard in cui parole esistenti vengono

utilizzate con un significato simbolico e speciale. •  Un linguaggio privato, sia parlato (criptolalia), che

scritto (criptografia).

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Disturbi organici del linguaggio (I) l  Afasia sensoriale: afasia e disfasia, usate in modo interscam-

biabile, non sono sinonimi (la prima è più grave della seconda): l  Sordità pura alle parole (disfasia uditiva subcorticale): i

pazienti sanno parlare, leggere, scrivere, ma non sono in grado di comprendere i discorsi altrui, malgrado percepiscano i suoni. È una “agnosia” della parola parlata.

l  Cecità pura per le parole (afasia subcorticale visiva): i pazienti parlano e comprendono il linguaggio parlato, possono scrivere ma non sono in grado di comprendere ciò che leggono (“alessia agnosica senza disgrafia”).

l  Disfasia sensoriale primaria (disfasia recettiva): incapacità di comprendere il linguaggio parlato, senza alterazione dell'udito (deficit area di Wernicke). L'eloquio è fluido ma senza consapevolezza dei numerosi errori nelle parole e nella grammatica/sintassi.

l  Disfasia nominale: il paziente non è in grado di dire il nome di qualcosa ma ne sa descrivere le funzioni a parole.

l  Afasia gergale: eloquio fluido ma con alterazioni delle parole e della sintassi, tanto da essere incomprensibile.

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Disturbi organici del linguaggio (II) l  Afasia motoria:

l  Mutismo puro: il paziente comprende il linguaggio parlato e scritto e può rispondere a domande, sa scrivere ma l'eloquio è indistinto e non prodotto volontariamente.

l  Agrafia pura: incapacità isolata nello scritto, anche senza difetti nell'eloquio; la comprensione del materiale parlato e scritto è normale.

l  Disfasia motoria primaria: l'eloquio e la scrittura sono entrambi compromessi, difficoltà di completamento di istruzioni complesse, sebbene possa essere conservata la comprensione del linguaggio e della scrittura (lesione area di Broca). Il paziente è consapevole delle difficoltà e tenta di supplire con i gesti.

l  Alessia con agrafia: il paziente non è in grado di leggere e di scrivere ma conserva il linguaggio parlato e lo comprende.

l  Area del linguaggio isolata: nelle precedenti vi sono lesioni alle aree di Broca e di Wernicke, ma nelle disfasie transcorticali motoria e sensoriale sono lese le connessioni fra tali centri e le altre parti della corteccia, per cui le sindromi sono meno chiare.

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Disturbi organici del linguaggio (III) l  Mutismo: Astensione dalla parola in uno stato di coscienza

vigile. Tutte le principali categorie di disturbi psichiatrici possono presentare il mutismo: il ritardo mentale, le malattie cerebrali organiche, le psicosi funzionali, le nevrosi e i disturbi di personalità. Alcune cause più specifiche: la malattia depressiva, la schizofrenia catatonica e l'isteria di conversione. Il mutismo si verifica come elemento essenziale dello stato di stupor. Se non è presente un'alterazione dello stato di coscienza (psicosi funzionali e nevrosi), è probabile che il paziente muto comprenda ogni cosa che viene detta intorno a lui.

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Disturbo schizofrenico del linguaggio (I) l  È generalmente accettato che l'uso che lo schizofrenico fa del

linguaggio e delle parole è differente da quello delle persone normali.

l  Questa differenza non è dovuta alle convinzioni deliranti o all'interruzione del pensiero indotta dalle allucinazioni uditive.

l  Tuttavia, la natura precisa di questa anomalia è ancora ben lontana dal poter essere chiarificata.

l  Non c'è un'unica teoria esplicativa. l  La sola dimostrazione non equivoca di un disturbo del pensiero

può avvenire attraverso il linguaggio. l  Il disturbo del pensiero può essere rivelato in termini di:

l  Flusso dell'eloquio. l  Disturbo del contenuto e dell'uso delle parole e della

grammatica. l  Capacità di concettualizzare in modo appropriato.

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Disturbo schizofrenico del linguaggio (II) l  Kraepelin (1919): disfunzione nelle regole del linguaggio:

incertezza del paziente schizofrenico nella scelta del corretto livello metaforico nella comunicazione.

l  Bleuler (1911): perdita di continuità delle associazioni: incompletezza nello sviluppo delle idee. Uno dei sintomi fondamentali della schizofrenia.

l  Cameron (1944) parla di “asindesi”: difetto nella capacità di mantenere le connessioni concettuali e una notevole carenza nello sviluppo di nessi veramente causali. Esempio di un paziente che completò la frase: “Ho caldo quando cammino perché...”, con tutte le parole: “rapidità, sangue, cuore di cervo, lunghezza, potere guidato, cilindro motorizzato, potenza”. Aveva facilità ad usare espressioni imprecise, metonimie e pensiero iper-inclusivo a causa di una penetrazione reciproca delle associazioni.

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Disturbo schizofrenico del linguaggio (III) l  Goldstein (1944) sottolinea l'eccesso di “pensiero concreto”

dovuto ad un'incapacità di pensare in modo astratto. Non è stato dimostrato in tutti i pazienti schizofrenici. Sarebbe riscontrabile solo negli schizofrenici con un disturbo del linguaggio sia positivo (incoerenza dell'eloquio) sia negativo (povertà dell'eloquio).

•  Ariet i (1974) sost iene che la maggiore o minore incomprensibilità del discorso nasca dall'uso di una particolare logica diversa da quella normale, la cosiddetta “paleologica”: logica arcaica che probabilmente ha preceduto quella aristotelica e che sembra venga normalmente usata dai bambini molto piccoli (in genere fino ai 3-4 anni di età). Egli ha ripreso von Domarus (1944) che sosteneva che nella logica normale l'identità si basa sull'identità dei soggetti mentre nella “paleologica” si basa sull'identità dei predicati.

•  Andreasen (1979) ha cercato di classificare i disturbi del pensiero degli schizofrenici:

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Disturbo schizofrenico del linguaggio (IV) 1.  Deragliamento: perdita delle associazioni in modo tale che

le associazioni scorrono l'una dopo l'altra in relazione obliqua, o senza alcuna relazione.

2.  Perdita di finalismo: Incapacità di seguire una concatenazione di pensieri fino alla sua naturale conclusione

3.  Povertà nel contenuto dell'eloquio: povertà dei pensieri, un eloquio vacuo, alogia, verbigerazione e i disturbi formali negativi. Le affermazioni sono scarsamente informative: tendono ad essere vaghe, eccessivamente astratte o concrete, ripetitive e stereotipe

4.  Tangenzialità: replicare ad una domanda in modo obliquo o irrilevante

5.  Illogicità: trarre conclusioni da una certa premessa attraverso delle inferenze che non possono essere considerate logiche

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Uso improprio di parole e frasi (I) l  Difetto nella memorizzazione delle parole: vocabolario

ristretto e uso delle parole in modo incongruo per coprire un numero di significati superiore a quelli che vengono loro di solito attribuiti. Queste parole o frasi vengono denominate parole e frasi standard.

l  Il loro uso a volte diventa evidente in una conversazione più lunga in cui una parola insolita può essere usata diverse volte.

l  Questa anomalia può riflettere: l  povertà di vocabolario e di sintassi; l  tendenza attiva di parole e sillabe per associazione a fare

intrusione nei pensieri, e di conseguenza nell'eloquio, subito dopo la pronuncia.

l  Le parole posseggono un alone semantico: la loro costellazione di associazioni è più ampia di quello che è propriamente il significato della parola, per cui spesso fanno delle associazioni che apparentemente sono irrilevanti.

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Uso improprio di parole e frasi (II) l  Neologismo: creazione di una nuova parola: necessità di

riempire un vuoto semantico: "Sono il genio triplicato, actimetrico, chilofilico telepatico multibilionesimo, milionesimo”.

l  Giochi di parole non intenzionali: se una parola ha più di un significato, è probabile che uno di questi significati sia dominante. Marcata tendenza negli schizofrenici a presentare l'intrusione del significato dominante, quando il contesto richiede l'uso di un significato meno comune.

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Intrusione delle associazioni l  La ripetitività del disturbo dell'eloquio può essere associata con

l'intrusione delle associazioni: il normale processo di eliminazione delle associazioni irrilevanti non ha luogo, in modo tale che una parola provoca associazioni per rima o similitudini ideative.

l  Quando una clausola viene completata, può essere inserita un'altra clausola corretta dal punto di vista sintattico a interrompere il senso, associata in modo dimostrabile con la parola o l'idea precedente.

l  Esempio: Intrusione tramite associazioni sonore con la sillaba iniziale della parola precedente: "il sotterfugio e l'errore pianificarono la sottrazione...”.

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Linguaggio e attenzione l  Disturbi del linguaggio schizofrenico sono correlati all'incapacità

di mantenere l'attenzione: intrusione di associazioni irrilevanti all'interno del discorso, paragonabili al disturbo osservabile a livello della selezione dell'informazione sensoriale.

l  Il discorso normale e coerente richiede l'inibizione progressiva e istantanea delle associazioni irrilevanti per ciascun concetto espresso: la progressione associativa si snoda contemporaneamente all'eliminazione attiva di quelle associazioni che non sono dirette allo scopo. I soggetti schizofrenici hanno seri problemi in questo.

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Disturbi delle parole e dei loro significati l  Alogia: disturbo negativo del pensiero, povertà del pensiero

quando questo viene espresso attraverso le parole. l  Paralogia: disturbo positivo del pensiero, intrusione di pensieri

irrilevanti o bizzarri. l  Parafasia: destrutturazione delle parole con l'interpolazione

di uno o più suoni. Il paziente è capace di produrre solo questi suoni, che hanno per lui un senso e un significato: 1.  Parafasia letterale: uso grossolanamente erroneo delle

parole che, per il grado estremo dell'alterazione, le rende del tutto prive di significato.

2.  Parafasia verbale: perdita della parola appropriata, benché le affermazioni conservino il loro significato. Un paziente descrive una seggiola come "un oggetto a quattro gambe per sedere”.

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Disturbi della sintassi e della grammatica l  Agrammatismo: perdita di parti del discorso. In alcuni casi si

nota la perdita di avverbi, che risulta in frasi impoverite e rozze, tale da farle somigliare a telegrammi: l  "Bel tavolo è apparecchiato; la donna è ricca a scrivere; figlio

è anche lamento”. l  Oltre all'espressione standard, si nota una perdita di parti del

discorso, come per esempio l'articolo indefinito. Il significato è più disarticolato della grammatica.

l  Paragrammatismi: si nota una quantità di complesse frasi subordinate, che non permettono alcuna progressione nel raggiungimento del significato ultimo del pensiero. Tuttavia, le frasi separate sono abbastanza comprensibili.

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Disturbi della funzione intellettiva

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Il modello dell'ICF (OMS, 2001)

Condizione di salute (Disturbo/malattia)

Fattori contestuali Ambientali Personali

Funzioni e

strutture corporee

Attività Partecipazione

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l  L'ICF, cioè la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (OMS, 2001) fornisce una nuova visione multidimensionale e multicomponenziale del funzionamento di una persona a livello corporeo (“Funzioni e Strutture Corporee”), a livello personale (“Attività”) e a livello sociale (“Partecipazione”), secondo il modello sopra esposto graficamente.

l  Ciascuna componente contribuisce in termini positivi (al Funzionamento) in caso di Funzioni e Strutture Corporee integre, in presenza di Attività e Partecipazione e di Fattori Contestuali facilitatori; in termini negativi (alla Disabilità) in caso di “Menomazione” delle Funzioni e Strutture Corporee, in presenza di “Limitazioni” delle Attività e di “Restrizione” della Partecipazione, e di “Barriere/Ostacoli” nei Fattori Contestuali.

l  La presenza di una condizione fisica che sta all'origine della menomazione, delle limitazioni delle attività e delle restrizioni della partecipazione, che interagiscono tra loro, unitamente ai fattori contestuali, produce, varie problematiche di notevole peso.

l  Il DSM-5 non parla più di Ritardo Mentale ma di Disabilità Intellettiva, suddivisa in Lieve, Moderata, Grave, Profonda (non più definita in base al QI ma secondo definizioni operazionali.

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l  È importante sgombrare subito il campo da un equivoco: ICF non riguarda solo le persone con disabilità, riguarda tutti, ha dunque uso e valore universale.

l  Rispetto a ciascuna delle centinaia di voci classificate, a ciascun individuo può essere associato uno o più qualificatori che quantificano il suo "funzionamento".

l  Per le funzioni e strutture del corpo il qualificatore può assumere i valori:

l  0 Nessuna menomazione 0-4% (impairment) l  1 Lieve menomazione 5-24% (impairment) l  2 Moderata menomazione 25-49% (impairment) l  3 Grave menomazione 50-95% (impairment) l  4 Totale menomazione 96-100% (impairment) l  8 Non specificato l  9 Non applicabile

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ICD-10 e DSM-IV-TR Ritardo mentale Denomina= zione

Termini obsoleti Spettro del ritardo

ICD-10 DSM-IV-TR

Normale ≥85 ≥85

Bordeline 70-84 71-84

Ritardo mentale lieve

Debole mentale, subnormalità lieve; lieve oligofrenia

Lieve 50-69 50/55-70

Ritardo mentale moderato

Imbecille, subnormalità moderata; oligofrenia moderata

Moderato 35-49 35/40-50/55

Ritardo mentale grave

Grave subnormalità; oligofrenia grave

Grave 20-34 20/25-35/40

Ritardo mentale gravissimo

Idiota, subnormalità gravissima; oligofrenia gravissima

Gravissimo <20 <20/25

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Cause di compromissione della prestazione intellettiva

DISTURBO ESEMPI Disturbo della funzione o della struttura cerebrale: congenito o acquisito

Handicap mentale, demenza

Assenza di esperienza sensoriale Cecità, sordità, deprivazione sensoriale

Alterato contatto con la realtà Psicosi Disturbo dell'umore che compromette percezione, attenzione, motivazione

Malattia depressiva; pseudodemenza nell'anziano

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Insight

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l  Il concetto di insight va oltre il fatto di sapere se si è malati oppure no e, quindi, di avere un atteggiamento ricettivo verso il trattamento.

l  L'insight: la capacità profondamente umana ed essenziale di “vedere” con la mente, attraverso “l'occhio della mente”, di scorgere cosa avviene sotto la superficie e nella mente delle persone intorno a noi.

l  Implica capacità di introspezione, empatia e comunicazione. Non solo la capacità di cogliere chi siamo realmente, ma anche di indovinare il modo in cui ci vedono gli altri, e intuire di conseguenza la realtà dell'altro nella misura in cui condividiamo lo stesso repertorio di meccanismi mentali.

l  Jaspers (1913) ha specif icato i seguenti punti relat ivi all'atteggiamento del paziente verso la sua malattia: l  Atteggiamenti comprensibili al momento dell'esordio di una psicosi acuta

(perplessità, consapevolezza del cambiamento). l  Elaborazione relativa agli effetti di psicosi acute. l  Elaborazione relativa alla malattia negli stati di cronicità. l  Giudizio che il paziente ha della sua malattia. l  Volontà di ammalarsi. l  Atteggiamento verso la propria malattia: il suo significato e le possibili

implicazioni.

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l  L'insight nella valutazione clinica non è più considerato un fenomeno del tipo tutto o nulla, quanto un fenomeno dimensionale.

l  David (1990) d is t ingue t re d imensioni d is t in te e sovrapponentesi: il riconoscimento della propria malattia mentale, la compliance verso il trattamento e la capacità di ricategorizzare gli eventi mentali insoliti (deliri e allucinazioni) come patologici.

l  Si è ipotizzata l'esistenza di un'analogia tra l'insight assente in psichiatria e la negazione dell'infermità di alcuni distretti corporei in talune condizioni neurologiche (“anosognosia” di Babinsky, negazione dell'emiplegia in pazienti colpiti da ictus). Ma esiste una differenza: in psichiatria l'assenza di insight è spesso accompagnata da una più ampia perdita della capacità di giudizio che va oltre la mera sintomatologia e le implicazioni che questa ha per il paziente; nelle condizioni neurologiche, l'assenza di consapevolezza insiste su di un deficit circoscritto e specifico.

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l  Sia David e coll. (1992) sia McEvoy (1989a) hanno rilevato che i pazienti in TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) presentavano un minore insight. Nel complesso però sembra che la relazione fra insight debole e diversi aspetti della condizione psicopatologica non sia lineare, bensì complicata da altri fattori tra cui la compliance verso il trattamento.

l  Lo stesso si può dire relativamente al rapporto fra deficit cognitivi e debolezza dell'insight.

l  McEvoy e coll. (1989b) hanno evidenziato che nei pazienti con insight si osserva una minore probabilità di andare incontro a un nuovo ricovero ospedaliero e tendono a manifestare migliore compliance al trattamento 30 giorni dopo la dimissione. Ciò è stato dimostrato anche per la schizofrenia (Amador e coll., 1991). Però, siccome uno degli indicatori dell'insight è costituito dalla compliance, si rischia di entrare in un circolo tautologico.

l  Secondo alcuni studi la riabilitazione professionale e sociale può aumentare l'insight. Nella mania un migliore insight non correla con la scomparsa dei sintomi ma neppure con un TSO.

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l  La capacità di ricategorizzare i fenomeni mentali come anormali potrebbe essere meno influenzata dai fattori sociali rispetto alle credenze relative alle cause della malattia mentale. Pur nella scarsità di studi, sembra che i fattori socioculturali esercitino un peso notevole sulla diagnosi di scarso insight. Per esempio, le differenze nell'appartenenza etnica e culturale dello psichiatra e del paziente sembrano influenzare il giudizio del primo sulla capacità di insight del secondo (Johnson & Orrell, 1996).

l  Lysaker & Bell (1994) e Amador e coll. (1991) hanno indicato tre possibile spiegazioni di un debole insight: l  La mancata compliance farmacologica potrebbe essere intesa come

derivate da una preferenza deliberata per l'esperienza psicotica rispetto a una normalizzazione prodotta dal trattamento.

l  I pazienti negherebbero la malattia a livello psicologico per riuscire a sostenere una vita normale superando una forma psicotica.

l  Potrebbe essere la conseguenza di un deterioramento cognitivo simile alle condizioni della anosognosia.

l  Nessuna di queste teoria è sufficiente da sola e probabilmente la situazione cambia da paziente a paziente.


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