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LABERIO DECIMO

LA CAVA MARIO

LA CECILIA GIOVANNI

LAGORIO GINA

LAJOLO DAVIDE

LAL LI GIAMBATTISTA

LAMBERTI ANTON MARIA

LAMBERTI LUIGI

LAMI GIOVANNI

LAMPREDI URBANO

LAMPUGNANI AGOSTINO

LANA ITALO

LANCELLOTTI SECONDO

LANCIA ANDREA

LANDINO CRISTOFORO

LANDO ORTENSIO

LANDOLFI TOMMASO

LANDOLFO IL GIOVANE

LANDOLFO IL VECCHIO

LANOCITA ARTURO

LANZA FRANCESCO

LANZA GIUSEPPE GIOVANNI DEL VASTO

LANZANI FRANCESCO

LANZI LLO AGOSTINO

LA PIANA GIORGIO

LA PIRA GIORGIO

LAPO GIANNI

LA STELLA ENRICO

LAURANO RENZO

LAURENZI CARLO

LAURIA AMILCARE

LA VISTA LUIGI

LAZZARINI DOMENICO

LAZZATI GIUSEPPE

LEGNAME ANTONIO

LEICHT PIER SILVERIO

LELJ MASSIMO

LENTI LIBERO

LENZONI CARLO

LEONE SEMPRONIO GIOVANNI

LEONI LEONETTO

LEONIDA FABIO

LEOPARDI ALFONSO

LEOPARDI GIACOMO

LEOPARDI MONALDO

LEPOREO LUDOVICO

LERICI ROBERTO

LEVATI AMBROGIO

LEVI CARLO

LEVI D’ANCONA EZIO

LEVI DELLA VIDA GIORGIO

LEVI EUGENIO

LEVI GIULIO AUGUSTO

LEVI MONTALCINI RITA

LEVI PAOLO

LEVI PRIMO

LIALA,pseudonimo di Amaliana Cambiasi Negretti

LI GOTTI ETTORE

LILLI VIRGILIO

LIMENTANI UBERTO

LINATI CARLO

LIPPARINI GIUSEPPE

LIPPI LORENZO

LISIO GIUSEPPE

LIVERANI FRANCESCO

LODI MARIO

LO GATTO ETTORE

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LOMBARDI ELIODORO IGNAZIO

LOMBARDI GERMANO

LOMBARDO AGOSTINO

LOMBARDO NICCOLÒ

LONDONIO CARLO GIUSEPPE

LONGHI ROBERTO

LONGO GIUSEPPE

LOPEZ GUIDO

LOPEZ SABATINO

LOREDANO GIAN FRANCESCO

LORENZI BARTOLOMEO

LORIA ARTURO

LOVARINI EMILIO

LUBRANO GIACOMO ANTONIO

LUCANO M. ANNEO

LUCATELLI LUIGI

LUCCHESE ROMEO

LUCENTINI FRANCO

LUCIANI ALFREDO

LUCILIO CAIO

LUCILIO IL GIOVANE

LUCINI GIAN PIETRO

LUCREZIO TITO CARO

LUGLI REMO

LUGLI VITTORIO

LUNATI GIANCARLO

LURAGHI GIUSEPPE

LUSSU EMILIO

LUTI GIORGIO

LUTTI ALBERTI FRANCESCA

LUZI ALESSANDRO

LUZI MARIO

LUZZATI EMANUELE

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LABERIO DECIMO (Roma, 106 cir ca-43 a.C.) - Contribuì a daredignità letteraria al mimo, inimicandosi per la sua libertà di parola perso-naggi influenti tra cui Giulio Cesare. Da questo fu costretto ad accettarela sfida del giovane Publio Siro, e a salire ormai vecchio sulla scenacome attore, con la conseguente perdita del grado equestre. Rimasesoccombente, ma ebbe modo di dimostrare ancora una volta la sua fie-rezza d’animo nel prologo a noi rimasto, in cui tra l’altro associava laperdita della sua libertà a quella del popolo romano sotto il dittatore. Mala generosità di Cesare gli restituì la dignità di cavaliere con l’aggiunta dimezzo milione di sesterzi. Della sua produzione restano, oltre al prologosuddetto, parecchi titoli e pochi frammenti.

LA CAVA MARIO (Bovalino Marina [RC], 1908-1988) - È vissutoappartato e ha perseguito una sua particolare visione della letteratura,pagando il riserbo e la coerenza con un riconoscimento di critica e dipubblico non certo adeguato ai suoi meriti. La sua opera si scinde prati-camente in due blocchi che rivelano gli indirizzi della ricerca: al primoappartengono anche i primi libri, «Caratteri» (1939 e 1953) e «Le me-morie del vecchio maresciallo» (1958, con la ripresa dei «Colloqui conAntonuzza» del 1954) che ci danno uno scrittore originale per la suacapacità di tratto, forse più da moralista che da narratore. Il secondo ciporta invece su un terreno diverso, quello del romanzo, che lo scrittoreha tentato con altrettanto impegno ma con minore esito, per via della suanaturale disposizione al ritratto incisivo più che alla narrazione distesa.«Mimì Cafiero» (1959), «Vita di Stefano» (1962), «Una storia d’amore»(1973), «I fatti di Casignana» (1975), «La ragazza del vicolo scuro» (1977)sono le differenti tappe di questo travagliato tentativo di superare la so-glia di un narrare per storie più che continuare a esprimere giudizi mora-li. Negli ultimi anni di vita La Cava incontrò numerose difficoltà e gli furiconosciuto il diritto di avvalersi della cosiddetta «Legge Bacchelli»che lo sollevò dalle difficili condizioni in cui si trovava.

LAGORIO GINA (Bra [CN]1923-Milano 2005) - Dopo glistudi a Torino e un periodo de-dicato all’insegnamento in Li-guria, si è trasferita a Milano eha sposato l’editore Livio Gar-zanti. Appassionata interpretedella condizione femminile inromanzi di vena introspettivae intimistica e di solido impian-to narrativo («Approssimatoper difetto», 1971; «La spiaggiadel lupo», 1977, premio

Campiello; «Fuori scena», 1979), si è anche occupata dicritica letteraria («Beppe Fenoglio», 1970; «Sui raccontidi Sbarbaro», 1973; «Sbarbaro controcorrente», 1973;«Angelo Barile e la poesia dell’intima trasparenza», 1973)con notevole finezza interpretativa. Nelle opere succes-sive ha approfondito la solitudine e le crisi del mondoattuale («Tosca dei gatti», 1983, premio Viareggio; «Gol-fo del Paradiso», 1987), cercando, come reazione, un ri-torno ai solidi valori della natura («La terra negli occhi»,1984). È inoltre tornata su Sbarbaro con un saggio riccodi valori etici, «Sbarbaro, un modo spoglio di esistere»(1981). Nel 1989 ha scritto il saggio «Russia oltre l’URSS».Nel 1991 ha pubblicato «Tra le mura stellate», nel 1993«Il silenzio», nel 1996 con «Il bastardo» si è aggiudicata ilpremio Grinzane Cavour. Qualche settimana prima dimorire consegna all’editore Garzanti il suo ultimo libro«Capita», che uscirà postumo. Per il teatro ha scritto «Rac-contami quella di Flic» (1983). Alle elezioni del 1987 èstata eletta al parlamento nelle liste del Pci.

LAMBERTI AN-TON MARIA (Ve-nezia 1757-Belluno1832) - Passò la suavita tra Venezia eBelluno, dove rico-prì cariche pubbli-che tra cui quella diConsole dei Cavalie-ri di Malta a Vene-zia. Dopo la caduta

della Repubblica Veneta fu cancelliere del Tribunale diBelluno. Si occupò anche di scienze naturali, matematicae medicina. Come letterato fu molto apprezzato; entròin amicizia con i personaggi più ragguardevoli della cul-tura veneziana di secondo Settecento. Scrisse moltissi-mo in dialetto veneziano e gran parte della sua produ-zione in versi è raccolta nei tre volumi «Poesie» del 1817.Tra esse spiccano le orecchiabili e maliziose canzonette,tra cui la celeberrima «La biondina in gondoleta» del 1788,che fu musicata da Johann Simon Mayr. Pubblicò inoltrealcune composizioni malinconiche di gusto arcadico chesi adattano bene al tramonto di Venezia. Fu anche unacuto osservatore di costume; alcuni suoi inediti sono statipubblicati nel 1959 con il titolo «Ceti e classi sociali del‘700».

LA CECILIA GIOVANNI (Napoli, 1801-1880) - Iscrittosi alla carboneria a diciassetteanni, si compromise nella rivoluzione napole-tana del 1820-1821, per cui dopo la sconfittadel movimento fu arrestato e imprigionato. Li-berato nel 1826, si recò esule in Toscana, dovepubblicò il suo primo romanzo, «I Sanniti» (de-dicato a P. Colletta), e strinse amicizia con ilgruppo liberale livornese di Guerrazzi e Bini,collaborando anche all’«Indicatore livornese».Espulso nel 1830 dalla polizia granducale, dopouna breve dimora a Lucca e in Corsica andò aMarsiglia, dove si legò a Mazzini, che aiutò nel-l’organizzazione della «Giovine Italia» e nellaredazione del periodico omonimo. Nel 1847 si

recò a Livorno, dove fu imprigionato all’inizio del 1848 per la sua parte-cipazione alle agitazioni popolari della città. Rimesso in libertà raggiun-se Napoli, dove fu tra i protagonisti della resistenza al colpo di Statoborbonico del 15 maggio. Rifugiatosi a Roma e poi in Toscana, al ritor-no del granduca andò esule in Corsica e in Piemonte, dove nel 1855pubblicò il giornale democratico «La Voce del progresso». Negli ultimianni della sua vita, in conseguenza di alcuni atteggiamenti poco chiari,fu fatto segno ad accuse di collusione con la corte dei Borboni in esilio.Tra i suoi numerosi scritti ricordiamo: «Cenno storico sull’ultima rivolu-zione toscana» (1849); «La Russia e l’Europa occidentale nella questio-ne d’Oriente» (1854); «Storie segrete delle famiglie reali o Misteri dellavita intima dei Borboni e della famiglia Absburgo-Lorena» (1859-1860);«Storia dell’insurrezione siciliana» (1860); e soprattutto le «Memoriestorico-politiche dal 1820 al 1876» (1876-1878), fonte importante per lastoria della democrazia risorgimentale.

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LAJOLO DA VIDE (V inchio d’Asti[AT] 1912-Milano 1984) - Passato at-traverso l’esperienza fascista (vissuta so-prattutto in guerra: fu in Spagna e in Al-bania prima di passare tra i partigiani),divenne poi uno dei capi della Resisten-za in Piemonte, come egli stesso ha rac-contato in «Il voltagabbana» (1963). Fudirettore a Milano de «l’Unità» dal 1946al 1958, quando fu eletto deputato nelle

liste del PCI. Ma più che alla politica, i suoi interessi andavano allaletteratura e cominciarono a manifestarsi con «Bocche di donne e difucili» (1939), «L’ultima rivoluzione» (1940), i versi «Nel cerchio del-l’ultimo sole» (1940), ma a precisarsi solo nel dopoguerra con il raccon-to autobiografico sulla Resistenza «A conquistare la rossa primavera»(1945, poi con il titolo «Classe 1912», 1953) e il romanzo sulla vita dellerisaie «Quaranta giorni, quaranta notti» (1955). Il libro che doveva con-fermarlo scrittore è «Il vizio assurdo - Storia di Cesare Pavese» (1960 e1984), interessante ritratto critico-biografico dell’amico sullo sfondo to-rinese. Nell’ambito della tradizione, a lui familiare, della narrativa liri-co-naturalista piemontese, si iscrivono sia il romanzo «Come e perché»(1968), storia di un intellettuale di sinistra che torna nelle Langhe per lamorte del padre, ritrovando, attraverso i casi e i volti dell’ambiente con-tadino, le lontane radici della sua condizione umana, sia i saggi «Culturae politica in Pavese e Fenoglio» (1971) e «Poesia come pane» (1973),agili profili di scrittori contemporanei. Tra gli altri suoi lavori si ricorda-no anche la biografia «Di Vittorio. Il volto umano di un rivoluzionario»(1971), «I rossi» (1974), serie di ritratti dei protagonisti del comunismointernazionale, e l’adattamento teatrale (insieme con D. Fabbri) dellasua biografia di Pavese, «Il vizio assurdo», la cui rappresentazione su-scitò qualche polemica. Lasciato il Parlamento, assunse la direzione delrotocalco comunista «Giorni-Vie Nuove», che abbandonò nel 1975 quan-do uscì dal comitato centrale del PCI. Da allora si dedicò maggiormentealla narrativa con «Veder l’erba dalla parte delle radici» (1977), raccontodella sua esperienza di infartuato e analisi del suo rapporto personale fraletteratura e politica, e con «I mè» (1977), bozzetti tratti dall’ambientedelle Langhe; ma coltivò ancora la pubblicistica con «Finestre aperte aBotteghe Oscure» (1975), e la saggistica con «Fenoglio» (1978), «Ven-tiquattro anni» (1981). Le ultime opere hanno accentuato aspettidocumentaristici, come «Su fratelli su compagni» (1983), storia del mo-vimento operaio in Italia nel 1896-1924, «Pertini e i giovani» (1983). Distampo autobiografico e improntato a un felice lirismo rievocativo è ilvolume di racconti «Il merlo di campagna e il merlo di città» (1983).

LALLI GIAMBA TTISTA (Norcia, 1572-1637) - È autore di un poe-ma giocoso, «La Moscheide overo Domiziano il moschicida» (1624),che, prendendo spunto da una notizia di Svetonio, narra come le moschesi vendicassero dell’imperatore Domiziano, il quale si divertiva ad ac-chiapparle e a trafiggerle con uno stilo acutissimo, e della «Franceide»(1629), che mette in burla la storia della sifilide e della sua denominazio-ne «mal francese». Maggior fortuna godette la sua «Eneide travestita»(1634), trascrizione in modi burleschi del poema virgiliano, fatta ripor-tando vicende e personaggi del poema antico in un ambiente moderno.Al Lalli si deve anche un poema eroico-religioso, «Tito Vespasiano overoGerusalemme desolata» (1635), che celebra l’impresa dell’imperatoreTito contro Gerusalemme come un provvidenziale castigo dell’empietàdegli Ebrei.

LAMBER TI LUIGI (Reggio Emilia 1759-Milano 1813) - Dopo esse-re stato segretario del Nunzio del Papa a Bologna, strinse amicizia conEnnio Quirino Visconti che lo introdusse nel mondo della letteratura.Studioso del mondo classico, dopo un soggiorno a Roma e un breveesilio a Parigi, si stabilì a Milano come direttore della biblioteca Braidense

e professore di "Eloquienza" al Ginnasio Nazionale di Brera, L. sua po-esia nasce dall’imitazione dei classici.

LANA ITALO (Savona, 1921-2002) - Già titolare di letteratura latinapresso le università di Cagliari, di Pisa e di Torino, è autore di pregevoliscritti sul mondo classico in relazione a quello contemporaneo e di im-portanti opere su Velleio Patercolo (1952), su Seneca il Filosofo (1955)e su «La storiografia del basso Impero» (2 voll., 1963). Originale, anchese talora discutibile, nell’impostazione e nei continui riferimenti a scrit-tori moderni, è l’«Antologia della letteratura latina» (1967, con A. Fellini).Nel 1978 ha compilato un «Vocabolario latino»; in seguito ha pubblica-to «L’idea del lavoro a Roma» (1987), «Considerazioni sul “classico”»(1988), «L’idea della pace nell’antichità» (1991).

LANCELLOTTI SECONDO (Perugia 1583-Parigi 1643) - Spiritoanticonformista e polemico, appartenne alla congregazione dei monaciolivetani, entrando nella quale assunse il nome di Secondo in luogo diquello di Vincenzo; si distinse come predicatore ed ebbe parte notevolenelle dispute sulla superiorità degli antichi o dei moderni, prendendoposizione per questi ultimi nell’«Hoggidi ovvero il mondo non è peg-giore né più calamitoso del passato» (1637), mentre nei «Farfalloni degliantichi istorici» (1636) tentò di elencare polemicamente gli errori dellastoriografia antica sostenendo la superiorità dei moderni sugli antichi.

LANCIA ANDREA (Firenze, 1280 circa-1360 circa) - Di professionenotaio, è autore di numerosi volgarizzamenti, i quali, peraltro, gli vengo-

LAMPREDI URBA-NO (Firenze 1761-Na-poli 1838) - Apparten-ne all’ordine degli sco-lopi e insegnò per mol-ti anni filosofia pressoil collegio Tolomei diSiena. Nel 1797 lasciòl’abito sacerdotale e siinserì nei circoli lettera-ri fiorentini dove si fece

notare per l’entusiasmo delle sue idee rivoluzionarie.Divenne membro dell’Istituto Nazionale grazie ai rap-porti con vari dirigenti repubblicani e fu direttore delprincipale foglio della Repubblica, il «Monitore roma-no», dove scrisse alcuni dei più incisivi articoli di analisidei mali della Repubblica e di denuncia dell’inettitudinedei dirigenti. Nel 1799, alla caduta della Repubblica, esulòin Francia, ma mantenne i contatti con i circoli politici eletterari romani. Alla fine del 1808 rientrò in Italia, sog-giornò a Milano, poi si recò a Firenze a curare insiemecon L. Valeriani un’edizione dei codici della BibliotecaRiccardiana, ma il progetto si arenò e andò a Napoli acondurre una vivace attività giornalistica che lo portò auna lunga polemica col Monti sulle cosiddette giunte ve-ronesi al «Vocabolario della Crusca». Fu poi coinvoltonei moti del 1820-1821 e alla caduta del governo costitu-zionale fu esiliato. Tra le sue opere principali si ricorda-no il «Saggio di traduzioni in versi sciolti del poemad'Oppiano Cilice sulla caccia e la pescagione» (Palermo1830, che ebbe molte edizioni), «I fenomeni, o Le appa-renze celesti d'Arato Solitano» (Napoli 1831) e una ver-sione da Trifiodoro «La presa di Troya» del 1834. Neglistessi anni coltivò la poesia sacra, dando alle stampe unafortunata serie di perifrasi poetiche di salmi. Tradussetra l’altro molte opere dal greco.

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no attribuiti non senza caute riserve: l’«Eneide» da una medievale ridu-zione in prosa latina, le «Regole d’amore» di Andrea Cappellano, le «Pi-stole» di Seneca, i «Remedia amoris» di Ovidio. È stata proposta l’attri-buzione a lui dell’anonimo commento alla «Divina Commedia» dettol’«Ottimo».

LANDO ORTENSIO (Milano, 1512 circa-1553 circa) - Spirito biz-zarro e avventuroso, di professione medico, viaggiò per quasi tutta l’Ita-lia e l’Europa. Scrisse molte opere, stampate quasi tutte anonime o sottopseudonimo. Sono da ricordare i due dialoghi «Cicero relegatus» e «Cicerorevocatus» (1534), le «Forcianae quaestiones» (1535), in cui sono di-

LAMPUGNANI AGO-STINO (Milano, 1586 cir-ca-1666 circa) - Mutò ilnome di «Giovan Battista»in quello di Agostino en-trando nell’ordine dei be-nedettini. Fecondissimoscrittore di versi e prose, hapubblicato il romanzo «IlCelidoro», la favola pasto-rale «La ninfa guerriera» euna descrizione della pe-ste nel volume «La pesti-lenza seguita in Milanol’anno 1630». È stato prio-

re al Santo Spirito di Pavia almeno fino al 1640 e succes-sivamente a San Procolo di Bologna, dove ha vissuto unodei momenti più fortunati della sua carriera letteraria.Nel 1640 pubblicò i «Sette strali d'amore vibrati da GiesùChristo in croce all'anima fedele spiegati» e nel 1642 lastoria della famiglia Della Torre «Turrianae propaginisarbor». Nel 1644 fu trasferito a Milano nel convento diSan Simpliciano e ultimò la stesura di «Della carrozza danolo, overo Del vestire, et usanze alla moda». L’annosuccessivo tornò a Pavia e sotto lo pseudonimo di Gio-vanni Sonta Pagnalmino pubblicò la «Carrozza da nolo»(1648). La sua ultima opera è del 1650, i «Lumi della lin-gua italiana», compendio grammaticale per insegnare aigiovani a scrivere bene. Colpiti dalla censura dell'Inqui-sizione, i Lumi uscirono solamente nel 1652 allorché l'aba-te Giovanni Resta, cui era demandato il governo effetti-vo di San Simpliciano, lasciò il convento milanese. Inter-venne nella polemica provocata da Tommaso Stiglianicon l’«Occhiale» scrivendo, in difesa dell’Adone del Ma-rino, l’«Antiocchiale».

LAMI GIOVANNI (SantaCroce sull’Arno [PI] 1697-Firenze 1770) - Filologo, teo-logo, storico di vasta e nonpedantesca dottrina, tenne ladirezione della Bibliotecariccardiana e la cattedra distoria ecclesiastica nel liceo diFirenze. Scrisse «De recta pa-trum Nicaenorum fide»(1730), «De eruditione Apo-

stolorum» (1738), pubblicò le «Deliciae eruditorum, seuveterum anecdotorum collectanea» (1736-1769), i «Me-morabilia Italorum eruditione praestantium quibus ver-tens saeculum gloriatur» (1742-1748), i «Sanctae EcclesiaeFlorentinae monumenta» (1758), le «Lezioni di antichitàtoscane recitate all’Accademia della Crusca» (1766). Futra i fondatori e collaboratori delle «Novelle letterarie»(1740-1768), periodico di lettere e scienze, su cui condus-se una vivace polemica contro i gesuiti.

LANDINO CRISTOFORO(Firenze 1424-Pratovecchio1498) - Si segnalò dapprima conle poesie latine, raccolte in unlibro inti-tolato «Xandra» dalnome della fanciulla amata(1443-1445), al quale si aggiun-sero più tardi altri due libri. Apartire dal 1458 tenne lezioninello Studio fiorentino, non solosu Orazio e Virgilio, ma anchesu Dante e Petrarca, promuo-vendo così contemporanea-

mente lo studio dell’umanesimo latino e di quello volga-re. Nel 1481 presentò alla Signo-ria un importante com-mento alla «Divina Commedia», in un volume illustratodal Botticelli. Notevoli sono le «Disputationes Camal-dulenses» (1475), nelle quali Lorenzo e Giuliano de’ Me-dici, L. B. Alberti, il Ficino e altri dibattono uno dei temipiù cari agli umanisti: il rapporto fra vita attiva e vitacontemplativa. Il Landino fu tra i neoplatonici fiorentininon tanto un pensatore originale, quanto un prosatoreelegante.

LANDOLFI TOMMASO(Pico [FR] 1908-Roma1979) - Dal «Dialogo deimassimi sistemi» (1937) a«Faust 1967» (1968), ri-percorse il mito romanti-co di una realtà tenebrosae fantastica ricreata dal lu-cido potere razionale del-la letteratura. Attento acoltivare in tal senso ancheil proprio mito biografico,Landolfi, poliglotta e pro-

fondo conoscitore della letteratura russa, riprendeva os-sessioni e motivi propri di George Gordon Byron, E.T.A.Hoffmann, Edgar Allan Poe, Nikolaj Gogol’, non senzacolti richiami al simbolismo e al surrealismo. La sua pro-sa, d’una elaborazione stilistica che spesso cede al vir-tuosismo, al gioco verbale e, nel variare dei registri, alsontuoso eclettismo, è evidentemente debitrice verso Ga-briele d’Annunzio. Dai racconti, dove i temi sulfurei, spet-trali e diabolici si fanno letteratura, perdendo l’imme-diatezza narrativa in uno stile dichiaratamente artificio-so («La pietra lunare», 1938; «Il mar delle blatte», 1939;«Le due zitelle», 1946; «Racconto d’autunno», 1947), allepagine diaristico-metafisiche, dense di pensiero e ricchedi spunti, della «Bière du pécheur» (1953), «Rien va»(1963) e «Des mois» (1967), Landolfi conferma l’immagi-ne di autore lontano da movimenti e gruppi, estraneoper pessimismo metafisico ai riti dell’industria editoria-le, difficilmente riducibile in una formula.

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scusse le caratteristiche delle varie regioni d’Italia, i «Paradossi» (1543),in cui sono scherzosamente sostenute le tesi più bizzarre e a cui tennedietro la «Confutazione dei Paradossi», e inoltre «La sferza degli scrittori»(1550), «I sette libri di cataloghi» (1552) e «Il commentario delle cose d’Ita-lia» (1553), immaginario viaggio compiuto da un aramaico in Italia.

LANDOLFO IL GIOVANE (Milano, 1077 circa-dopo il 1137) - Fueducato dallo zio Liprando, uno dei più accesi capi patarini. Dopo unsoggiorno in Francia, dove frequentò le scuole di Tours e di Parigi, rien-trò a Milano; divenuto diacono non poté ottenere il beneficio di SanPaolo, lasciatogli dallo zio, per l’ostilità dell’arcivescovo Giordano daClivio, alla cui elezione si era opposto, e solo dopo l’elezione ad arcive-scovo di Milano del suo discepolo Anselmo, poté essere nominato capo

LANZA FRANCESCO (Val-guarnera [EN], 1897-1933) -Pur richiamandosi al grup-po della Ronda e in partico-lare al Baldini, fu scrittoreautentico, con una sua venapopolaresca e al tempo stes-so raffinatamente letteraria.Il meglio della sua opera,tranne i lavori teatrali («Cor-pus Domini», 1924; «Fiordi-

spina», 1928), è raccolto nel volume postumo «Mimi ealtre cose» (1946), dove il mimo siciliano è rifatto con sensomoderno e poetico, e che è stato riproposto da ItaloCalvino nel 1971. Nel 1953 è stato pubblicato «Storie eterra di Sicilia e altri scritti inediti e rari»; nel 1985 NataleTedesco ha ripresentato il racconto «Re Porco e altre pro-se». È stato il fondatore del «Lunario Siciliano», un periodi-co pensato per il popolo, contenente leggende, poesie, pro-verbi e informazioni utili sulle attività agricole siciliane.

LANZILLO AGOSTINO(Reggio Calabria 1886-Mi-lano 1952) - Influenzatodalle idee di Sorel (al qualenel 1911 dedicò un «Profi-lo»), aderì dapprima al sin-dacalismo rivoluzionario epoi al fascismo; passò inseguito su posizioni criti-che nei confronti del regi-me, tanto che durante il

periodo della Repubblica di Salò dovette rifugiarsi inSvizzera; dopo la fine della guerra collaborò attivamen-te al «Corriere della Sera» (Attico) e diresse «Il Tempo»di Milano. Insegnò economia politica alle università diCagliari e di Venezia (dal 1934). Tra i suoi scritti: «Ladisfatta del socialismo» (1919), «Le rivoluzioni del dopo-guerra» (1919), «Lineamenti di economia politica» (1929),«Lo Stato nel processo economico» (1932), «Politica dellaverità» (1947), ecc.

dei cappellani (1126). Sostenitore di Corrado III e avversario di Bernardodi Chiaravalle, scrisse una «Mediolanensis Historia» dal 1095 al 1137 incui abbondano le pagine in difesa sua e dello zio Liprando.

LANDOLFO IL VECCHIO (Milano, secc. XI-XII) - Sacerdote, av-versò la riforma ecclesiastica intrapresa da Gregorio VII, e sostenuta inMilano dalla pataria, opponendosi particolarmente al celibato ecclesia-stico. Tutto ciò traspare dalla sua «Mediolanensis Historia», in quattrolibri, che comprende il periodo 375-1085, opera partigiana e di difficileinterpretazione storica.

LANOCIT A ARTURO (Limbadi [CZ] 1904-Milano 1983) - Nel 1928scrisse «Quaranta milioni», considerato il primo «giallo» italiano, cui

LA PIANA GIORGIO (Pa-lermo 1879-Natick [Massa-chusetts] 1971) - Sacerdo-te, esponente del cattolice-simo modernista, ebbe unatteggiamento fortementecritico nei confronti del de-ficit di democrazia che luiravvisava nella gerarchiaecclesiastica romana. Emi-grato negli Stati Uniti nel1913 abbandonò la religio-

ne, insegnò all’Università Harvard dal 1936 al 1948, e fuanimatore dei circoli antifascisti del fuoruscitismo italia-no repubblicano e democratico. Strinse uno stretto rap-porto con Gaetano Salvemini e fornì i primi aiuti finan-ziari a Luigi Sturzo, sbarcato negli Stati Uniti nel 1940,completamente privo di mezzi. Fu tra i fondatori della«Medieval Academy of America» e membro del centrostudi di «Dumbarton Oaks». I suoi scritti principali sono:«Le rappresentazioni sacre nella letteratura bizantinadalle origini al secolo IX» (1912), «La Chiesa di Romaalla fine del II sec.» (1925), «Il teatro bizantino» (1936).Amico di Salvemini, pubblicò insieme con lui nel 1943 loscritto politico «La sorte dell’Italia (What to do withItaly)», tradotto in italiano nel 1946).

LANZA GIUSEPPE GIOVAN-NI DEL VASTO (San Vito deiNormanni 1901-Elche de la Sier-ra 1981) - Esponente della nobilefamiglia siciliana dei Lanza diTrabia. Il suo vero nome è infattiGiuseppe Giovanni Luigi EnricoLanza di Trabia-Branciforte. Lasua personalità eccezionale riu-nisce caratteristiche disparate:poeta, scrittore, filosofo, pensato-re religioso con una forte vena

mistica, ma anche patriarca fondatore di comunità ruralisul modello di quelle gandhiane e attivista non violentocontro la guerra d’Algeria o gli armamenti nucleari. Alrientro da un suo viaggio in Himalaya fondò a Tournier(Francia) la comunità denominata «Arca», modellata sullavita semplice di un ashram indù, dove donne e uominiprovano di vivere la “nonviolenza” in tutti gli aspettidella vita, cominciando da loro stessi, semplificandoil loro modo di vivere, nelle relazioni che li circonda-no e nella società. Ha pubblicato: «Pellegrinaggio allesorgenti», «Che cos’è la non violenza», «Il canzonieredel peregrin d’amore», «Vinoba, o il nuovo pellegri-naggio», «L’arca aveva una vigna per vela», «Per evi-tare la fine del mondo».

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altri fecero seguito più tardi. Nel 1930 entrò al «Corriere della Sera» dicui divenne nel 1946 critico cinematografico: in tale qualità, durata finoal 1964, scrisse numerosi articoli e saggi. Fra le altre sue opere: «Crocea sinistra» (1947), interessante diario sui campi di concentramento sviz-zeri nel periodo bellico, e «Gratis» (1958), romanzo polemico sulla que-stione del «delitto d’onore». Dal 1968 al 1971 presiedette l’Associazio-ne lombarda dei giornalisti.

LANZANI FRANCESCO (Milano 1837-Como 1907) - Dedicatosisoprattutto alla storia delle città italiane nel Medioevo, oltre a uno scrittosu «La Monarchia di Dante» (1864) pubblicò nella collana della «Storiad’Italia» diretta da P. Villari una «Storia dei comuni italiani dalle originial 1313» (1882), fondata sulla contrapposizione tra feudalesimo, vistocome individualismo germanico, e Comune, inteso come espressionedello spirito d’associazione dei popoli italici.

LAPO GIANNI (dati anagrafici di incer ta provenienza) - Poeta delXIII secolo, rimatore della stessa generazione di Dante, di cui non siconosce nulla di certo. La sua maniera di far poesia è ispirata formal-mente a quella di Cavalcanti e di Dante, ai quali, a giudicare dal sonettodantesco «Guido, io vorrei che tu Lapo ed io», è anche legato da solidaamicizia. Manca naturalmente a Lapo la robustezza concettuale dei suoidue grandi amici; i suoi pregi consistono soprattutto nella capacità dimodulare con grazia e leggerezza il verso.

LA STELLA ENRICO (Solbiate Arno [VA] 1926-Milano 1999) -Dopo il brillante esordio negli anni Sessanta con notevoli racconti, tracui «La vecchia delle erbe», e i romanzi «L’amore giovane» (1956, vin-citore del Premio Bagutta) e «Il silenzio è fuori», la sua narrativa si èandata attestando su schemi più tradizionali con «È tardi Mattia» (1960),«Il miraggio» (1962), «La dolce morosa» (1976), «Tesi d’amore» (1978).Con «Giulio 3» (1978) ha tentato strade nuove, spingendosi sulla viadello sperimentalismo. Il suo ultimo romanzo è stato «Il Diavolo in vil-la». Da ricordare anche un suo libro di versi del 1964, «La paura».

LAURANO RENZO (Sanremo [IM], 1909-1986) - Con «Chiara ride»,1934, ottenne il suo primo riconoscimento. La sua poesia si distingueper certo tono discorsivo, che non esclude essenzialità di stile e sapientirichiami alla tradizione classica. Collaborò con Paul Valéry al Centrouniversitario mediterraneo di Nizza e durante l’ultima guerra si meritò

una medaglia d’argento al valor militare. Ha tradotto dal provenzaleBernardo di Ventadorn (1934). Altri volumi di liriche: «La ballata delvecchio colonizzatore» (1937), «Gli angeli di Melozzo da Forlì» (1939).

LAURENZI CARLO (Livorno 1920-Roma 2003) - È stato allievo diP. P. Trompeo ed è entrato prestissimo nel giornalismo all’«Italia Libe-ra» e al «Mondo» di Pannunzio; poi è passato a «La Stampa», al «Corrie-re della Sera», al «Giornale». La sua opera di scrittore alterna libri natidall’impegno giornalistico, ma fondati sull’osservazione critica dei co-stumi, del comportamento e delle manifestazioni culturali (è critico ci-

LA PIRA GIORGIO (Pozzallo [RG]1904-Firenze 1977) - Fin da ragazzo sisente affascinato da D’Annunzio eMarinetti. Legge molto e si avvicina adaltre esperienze, condividendole con ilsuo gruppo di giovani amici di cui fan-no parte anche Salvatore Quasimodo eSalvatore Pugliatti, futuro rettore del-l’Università di Messina. Nella Pasquadel 1924 avviene la sua conversione alcattolicesimo. L’incontro eucaristico sitramuta in bisogno di comunione, de-siderio di consacrazione, che sarà ap-pagato divenendo terziario domeni-cano. La Pira sceglie di essere “liberoapostolo del Signore”, come lui stessosi definisce cercando la sua missione nella società. Nel 1934diventa professore di Istituzioni di Diritto Romano nel-l’Università di Firenze, e fonda la “Messa di San Procolo”per l’assistenza materiale e spirituale dei poveri. Nel 1939fonda la rivista «Principi» e nel 1943 crea il foglio clande-stino «San Marco»; ma il regime fascista lo avverserà fino

a costringerlo ad interrompere le pub-blicazioni. Per questo viene ricercatodalla polizia e fugge prima a Siena, poia Roma. Dopo la guerra svolge un’in-tensa e attività politica e ricopre nume-rose cariche pubbliche: eletto Deputatoper la Democrazia Cristiana alla Costi-tuente (1946), fa parte della commissio-ne dei settantacinque; viene rieletto De-putato al Parlamento nel 1948 e nel 1958e Sottosegretario al Lavoro nel quintoministero De Gasperi (1948-1949). Nel1951 viene eletto sindaco di Firenze, unacarica che manterrà fino al 1966. Dotatodi una profonda sensibilità mistico-reli-giosa, ha fatto parte della corrente cat-

tolica di sinistra fortemente impegnata in senso sociale: lasua attività e talune sue iniziative progressiste avevanodato luogo a vivaci polemiche in seno al suo stesso parti-to. A Firenze alcuni lo indicano come il “sindaco santo”,tant’è che nel 1986 l’arcivescovo Piovanelli ha avviato ilprocesso di beatificazione.

LAZZATI GIUSEPPE (Mila-no, 1909-1989) - Insegnante diletteratura cristiana antica nel-l’Università Cattolica di Mila-no, della quale ricoprì l’incari-co di rettore dal 1968 al 1983,fu tra i più autorevoli intellet-tuali cattolici. Dal 1934 al 1945è stato presidente diocesanodella «Gioventù Italiana del-l’Azione Cattolica» (G.I.A.C.) enel 1939 fonda l'organizzazio-ne di laici consacrati “MilitesChristi”.Nel secondo dopoguer-ra viene coinvolto politicamente con Giuseppe Dossettie Giorgio La Pira, entra nella direzione nazionale dellaDemocrazia Cristiana ed è eletto all'Assemblea costituen-te (1946-1948) e alla Camera dei Deputati nella 1ª Legi-slatura (1948-1953). Abbandonata la vita politica dirige,dal 1962 al 1965, il quotidiano cattolico «L’Ita-lia». Ladiocesi di Milano lo ha riconosciuto Servo di Dio e nel2013 Papa Francesco ha autorizzato la Congregazioneper le Cause dei Santi a promulgare il decreto che rico-nosce le sue virtù eroiche e da quel momento divieneVenerabile. Sue pubblicazioni: «La verità vi farà liberi»,«Chiesa, cittadinanza e laicità» e «Per una nuova matu-rità del laicato».

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nematografico), non disgiunta da un gusto raffinato di prosatore, contesti di più precisa definizione narrativa nei romanzi. Tra le numeroseopere ricordiamo: «Due anni a Roma», 1957; «La carovana di mare»,1968; «Le rose di Cannes», 1971; «Quell’antico amore», 1972 (vincito-re del Premio Campiello); «Le voci della notte», 1973; «La caduta degliangeli», 1980; «Il dubbio e la sfida», 1983; «Celeste come l’inferno»,1989; «Piccola memoria»,1994. Da segnalare anche i versi raccolti in«L’illusione della solennità» (1976).

LAURIA AMILCARE (Napoli, 1854-1932) - Noto anche sotto lo pseu-donimo di Sebetius. Rifacendosi alle teorie del naturalismo, scrisse nu-merosi romanzi e racconti di gusto verista ispirati alla vita quotidiananella città partenopea, tra i quali il più apprezzato è «Povero don Camillo!»pubblicato nel 1897. Scrisse anche romanzi educativi per ragazzi, come«Il signorino» (1901), o raccolte di novelle per un pubblico femminile,come «Figurine ingenue» (1900). Tra le altre opere si ricordano «Sebetia»(1884), «Ragazzi napoletani» (1890), «La mala gente» (1903) e «Legaribaldine» (1904).

LA VISTA LUIGI (V enosa 1826-Napoli1848) - Dopo aver fatto i suoi primi studi nelseminario di Molfetta, nel 1845 andò a Na-poli, dove frequentò dapprima la scuola didiritto di Roberto Savarese, e poi quella let-teraria di Francesco De Sanctis, di cui diven-ne uno degli allievi prediletti. In prima lineanella dimostrazione del 27 gennaio 1848 chespinse Ferdinando II a concedere la costitu-zione, si batté sulle barricate del largo della

Carità nella giornata del 15 maggio; fatto prigioniero fu subito fucilato.I suoi scritti furono curati da Pasquale Villari («Scritti e memorie», 1863),da Benedetto Croce («Uno scritto inedito», 1914), da Giuseppe Paladi-no («Brani inediti delle "Memorie"», 1918) e da Antonio Vaccaro («Dia-rio», 1987).

LEICHT PIER SILVERIO(Venezia 1874-Roma 1956)- Docente di storia del dirit-to italiano nelle università diBologna, Camerino, Siena,Milano e Roma, fu deputa-to al Parlamento (1924-1933), sottosegretario di Sta-to alla Pubblica Istruzione(1928-1929) e senatore delRegno (dal 1934). Studiòparticolarmente le condizio-ni della proprietà nell’Alto

Medioevo, il diritto privato nell’età precedente alla scuoladi Bologna, la storia dei parlamenti medievali; ideò e or-ganizzò la grande raccolta delle assemblee costituziona-li italiane edite dall'Accademia dei Lincei e vi pubblicòdue volumi sul parlamento friulano durante la signoriadei patriarchi di Aquileia. Fra le sue opere: «Il Parlamen-to della Patria del Friuli» (1903), «Studi sulla storia dellaproprietà fondiaria nel medioevo» (1907), «Ricerche suldiritto privato nei documenti preirneriani» (1914), «Leultime vicende della mancipatio in Italia» (1932), «Il di-ritto privato preirneriano» (1933), «L’origine delle artinell’Europa occidentale» (1933), «Corporazioni romanee arti medievali» (1937), «Operai, artigiani, agricoltori dalsec. VI al XVI» (1946).

LEOPARDI AL-FONSO (Caldaro-la, [MC] 1829-Ro-ma 1900) - Di ideeliberali, fu segreta-rio comunale di SanGinesio. In quellastessa cittadina e-sercitò la professio-ne notarile. Nono-

stante fosse un mangiapreti, fu legato da stima e amiciziaal canonico Giuseppe Mancioli. La sua produzione poe-tica comprende opere tanto in italiano (commedie, di-scorsi, rime...) quanto in dialetto. Essendo un grande stu-dioso delle tradizioni popolari e un attento osservatoredella psicologia del popolo, scelse volontariamente, perla sua produzione in dialetto, di seguire una poeticaverista, convinto che al vernacolo si adattassero meglio itemi semplici, bassi e umili. La sua prima raccolta dipoesie, «Sub tegmine fagi. Sotto un tegame di fagiuoli»(1887), comprende anche una interessante appendice checonsiste in una breve grammatica del dialetto di SanGinesio. Nel 1891 pubblica la seconda raccolta «Un altrotegamino di fagioli». Infine, l'ultima sua raccolta, chia-mata anch’essa «Sub tegmine fagi», venne pubblicatapostuma nel 1902.

LEOPARDI MONALDO(Recanati [MC], 1776-1847) - Padre di Giacomo.Erudito, particolarmenteinteressato alla storia loca-le, ebbe la passione deglistudi e raccolse una ma-gnifica biblioteca, che ar-ricchì sempre più per sod-disfare la sete di letture delfiglio. Inetto ad ammini-strare il patrimonio fami-liare, cedette la direzionedelle faccende economichealla moglie Adelaide An-tici, sposata nel 1797, don-na di tenace volontà. Untenero affetto lo legò al figlio primogenito, del quale ri-conobbe l’alto ingegno, anche se non poté condividernele idee. Egli fu infatti un reazionario, convinto difensoredel trono e dell’altare, ed espresse il suo pensiero soprat-tutto nei «Dialoghetti sulle materie correnti nell'anno1831», usciti nel gennaio 1832 con lo pseudonimo di"1150" (MCL in cifre romane, ovvero le iniziali di “Mo-naldo Conte Leopardi”), che furono tradotti in più lin-gue e incontrarono grande successo presso le corti euro-pee, e nelle «Prediche al popolo liberale recitate da donMusoduro» (1832). Rimase invece inedito il suo mag-giore scritto di erudizione «Annali recanatesi dalle origi-ni della città all'anno 1800», e la sua «Autobiografia» scrit-ta nel 1824 e pubblicata postuma nel 1883; in quest'ulti-ma la prosa di Monaldo si arricchisce di leggerezza, iro-nia ed umorismo. Diresse dal 1832 al 1835 il giornale «LaVoce della Ragione», che per il suo estremismo reazio-nario dovette essere soppresso dalla curia stessa.

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LAZZARINI DOMENICO (Morr ovalle [MC] 1668-Padova 1734)- Erudito e umanista, insegnò diritto civile e poi canonico all’Uni-versità di Macerata; fu poi chiamato alla cattedra di umanità greca elatina nell’Università di Padova, ove s’adoperò a ridestare l'amoredegli studi classici e a suscitare una salutare reazione contro i metodiseguiti allora nelle scuole. Fu segretario del legato pontificio a Bologna.Educato agli ideali classicistici dell’Arcadia (cui partecipò col nome diFelicio Orcomeniano) tradusse tragedie dal greco, ed egli stesso compo-se una tragedia assai apprezzata («Ulisse il giovane», 1719), una com-media («La sanese»), una sacra rappresentazione («Tobia») e «Poesie».Espose inoltre le sue teorie retoriche e teatrali nei «Dialoghi della corrot-ta eloquenza» e nelle «Osservazioni sulla “Merope” del Maffei ed altrevarie operette» (1743).

LEGNAME ANTONIO (Padova, XVI secolo) - Autore di poesie ca-valleresche, è tuttavia ricordato soprattutto tra gli infelici epigoni eimitatori del Boiardo e dell’Ariosto per i due poemi «Astolfo innamora-to» (1532) e «Guidone selvaggio» (1535).

LELJ MASSIMO (T ione degli Abruzzi 1888-Milano 1962) - Ha col-laborato a importanti testate nazionali, tra cui “La Stampa” e il “Corrieredella Sera”. Studioso del Risorgimento («Il risorgimento dello spiritoitaliano: 1725-1861» (1928), «La Santa Fede: la spedizione del cardina-le Ruffo, 1799» (1936), «Il genio dell’Italia» (1940), ha rielaborato ilsuo interesse storico in una serie di romanzi, il più felice dei quali è«Mezzaluna grigioverde» (1956), che rievoca l’esperienza di un soldatoitaliano nella penisola balcanica durante la I guerra mondiale. Altre pub-blicazioni di rilievo sono: «Via Gregoriana» (1951), «Accanto a Stagio-ni al Sirente» (1933), «Romanzetto del Tione» (1961), oltre a saggistorico-culturali

LENTI LIBERO (Alessandria, 1906-Milano 1993) - Professore uni-versitario, collaboratore di quotidiani («Corriere della Sera») e periodi-ci, condirettore del giornale economico 24 ore, fu tra i fondatori dell’ISCO(Istituto nazionale per lo studio della congiuntura). Fu membro di nume-rose commissioni, tra cui quella per l’elaborazione di uno schema disviluppo dell’occupazione e del reddito. Fra le sue opere: «Analisi distatistica economica» (1934), «Statistica economica» (1941), «Saggi dimacroeconomia» (1961), «I conti della nazione» (1965), «Inventario del-l’economia italiana 1945-1966» (1966).

LENZONI CARLO (Fir enze, 1490 circa-1550) - Per designazionedegli accademici fiorentini scrisse la «Difesa della lingua fiorentina e diDante con le regole di far bella e numerosa la prosa», dialogo in tre parti(ma la terza è frammentaria), pubblicato postumo (1557), che ha perinterlocutori l’autore stesso, il Gelli, il Giambullari, il Bartoli, e un fore-stiero, Licenziado, portavoce del Bembo e dei detrattori di Dante.

LEONE SEMPRONIO GIOV ANNI (Urbino, 1603-1646) - Studiòlegge a Bologna; ritornato nella città natale entrò a far parte dell’Accade-mia degli Assorditi. Una sua raccolta di sonetti fu pubblicata nel 1633con il titolo «La selva poetica»; la seconda parte uscì postuma nel 1648.Oltre alle rime, compose un poema eroico, «Boemondo», e una tragedia,intitolata «Il Conte Ugolino», che trae l’argomento da un episodio del-l’Inferno dantesco.

LEONI LEONETT O (Riparbella [PI], 1915-2005) - Singolare figuradi scrittore appartato e schivo da ogni mondanità, pure ha dato alcuneprove significative della propria personalità: «La malinconia» (1942) èuno dei testi narrativi più esemplari dell’ermetismo; «Il garzella» (1967)è un romanzo di notevole intensità poetica e di efficacia rappresentativa

LEOPARDI GIACOMO(Recanati [MC] 1798-Napoli 1837).Passò la giovinezza nella sua città, sof-frendo le ristrettezze di un ambiente pro-vinciale. Si dedicò agli studi nella riccabiblioteca paterna, costruendosi in annidi «studio matto e disperatissimo» unacultura in ambito filologico, letterario efilosofico assolutamente fuori dall’or-dinario. Intanto meditava di poter lascia-re presto Recanati. Nel 1819 un tentati-vo di fuga dalla famiglia non sortì alcuneffetto. In questi anni lo strapparono al-l’isolamento i rapporti epistolari con Pie-tro Giordani. Cominciava intanto a pubblicare i primi com-ponimenti poetici. Con il consenso della famiglia poté com-piere un viaggio a Roma nel 1822. Nel 1825 su invito del-l’editore Stella si spostò a Milano. Nel 1827 è a Firenze:qui stabilisce una rete di amicizie con i letterati della città(Poerio, Viesseux, Colletta) e ha anche occasione di cono-scere Manzoni. Dal 1828 al 1830 soggiorna ancora aRecanati. Quindi, sostenuto economicamente dagli amicifiorentini, si stabilisce nuovamente nella loro città. Nel 1833si trasferisce a Napoli, ospite di Antonio Ranieri, e quimuore nel 1837. La vocazione poetica si manifestò in Leo-pardi in maniera prepotente fin da bambino, con risultatiche hanno valore di per sé e non solo in relazione agli svi-luppi della successiva poesia. Verso i dieci-undici anniraccolse il suoi primi venti componimenti. Poi gli esperi-menti giovanili (1816-19) trascorrono dai calchi sui mo-delli greci (Inno a Nettuno, Odae adespotae) allo scherzo

in forma di canzonetta (La dimentican-za), dall’idillio sentimentale (Le rimem-branze) alla «visione» allegorica (Ap-prezzamento della morte), dalla satiraaggressiva sulle orme del Caro (Sonettiin persona di ser Pecora) alle canzonicrudamente realistiche (Per una donnainferma, Nella morte di una donna). Trai componimenti dell’ultimo periodospicca il capitolo in terzine «I nuovi cre-denti» (1835), satira degli esponentidello spiritualismo napoletano. Dopo leprime raccolte delle «Cazoni» (1824) edei «Versi» (1826), il corpus poetico

leopardiano assunse fisionomia di libro nell’edizione fio-rentina del 1831 (23 poesie) col titolo «Canti», che si con-fermò nell’edizione napoletana del 1835 (39 poesie) e inquella postuma del 1845 (41 poesie). Nel nucleo più anticosi alternano due registri: l’alta retorica delle canzoni (pa-triottiche, civili, filosofiche) e il limpido dettato degli idilli(da «L’infinito» a «La vita solitaria»). Seguono i canti delperiodo pisano-recanatese, con i temi centrali del villag-gio (Recanati), della «ricordanza» e dell’interrogazione allanatura (da «A Silvia» al «Canto notturno»); quindi il «Ciclo diAspasia», ispirato da un amore infelice, e il canto conclusivo«La ginestra», che alla polemica contro l’ingenua fiducia nelle«magnifiche sorti e progressive» associa un profondo senti-mento di pietà e fratellanza verso l’«umana compagnia». Laconquista di una nuova lirica, che sia insieme meditazio-ne e canto, accomuna Leopardi ai grandi iniziatori dellapoesia moderna (da Hölderlin a Baudelaire).

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della vita provinciale; «Oggi a me, domani a te» (1968) e «Un po’ di colore»(1978) sono due racconti che confermano la sua presenza di narratore che sidistingue per la qualità più che per la quantità della sua opera.

LEONIDA FABIO (Santa Fiora [GR] XVII sec.) - Dottore in legge,appartenne all’Accademia romana degli Umoristi. Scrisse poesie marinistepubblicate nella raccolta del Guaccimanni e «Gemitus poenitentis inseptem odas divisus et ad septem psalmos poenitentiales Davidis inmodum paraphrasis accommodatus» (1628).

LEPOREO LUDOVICO (Cormons 1582-Roma 1655) - Originariodel Friuli, passò molti anni a Roma. La sua poesia si stacca dalle inizialiintenzioni bernesche per una più bizzarra e acre invenzione verbale che,se pur si sottrae di rado alla goffaggine, testimonia la dissoluzione dei

modi barocchi. È l’inventore di una maniera artificiosa di comporre ver-si che furono detti da lui «leporeambi», ricchi di rime al mezzo,allitterazioni, bisticci. La raccolta «Leporeambi nominali» è compostada 106 versi che sono una galleria di donne di vario conio che canta conmonotonia. Più piacevole invece è la lettura dei «Leporeambi alfabetici»dove il Leporeo, cortigiano a Roma, uomo di civili condizioni e poetadevoto nei leporeambi religiosi, racconta con piglio realistico le sue vi-cende di amante impoverito.

LERICI ROBER TO (Firenze 1931-Roma 1992) - Dopo un’esperien-za di editore, cui va il merito della divulgazione delle più moderne espres-sioni drammaturgiche e poetiche, si dedicò con costanza alla composi-zione drammatica, esprimendosi con novità di linguaggio e con causticaattenzione all’attualità. Tra le sue opere si ricordano «Majakowskij e C.

LEVI CARLO (Torino 1902-Roma 1975)Amico di Pietro Gobetti, feceparte del cenacolo di artistiche per qualche tempo, neglianni Venti, ebbero nel fonda-tore di «Rivoluzione liberale»il punto di riferimento e conlui condivisero passioni civi-li e culturali. Laureatosi in me-dicina a soli ventidue anni,nello stesso anno espose perla prima volta i suoi dipinti

(alla Biennale di Venezia). Fu uno del gruppo dei «seipittori di Torino» (Jessie Boswell, Gigi Chessa, NicolaGalante, Carlo Levi, Francesco Menzio ed EnricoPaulucci), che aveva in Felice Casorati e nella sua pittura«europea» un referente artistico e in Riccardo Gualino ilmecenate. Più tardi, Gobetti lo introduce nella scuola diCasorati, intorno cui gravitava la giovane avanguardiatorinese. Nascono così le opere «Autoritratto» (1923),«Arcadia» (1923), «Il fratello e la sorella» (1925), che ri-sentono della lezione stilistica del maestro, ma che di-mostrano anche l’apertura di Levi agli artisti della «nuo-va oggettività» (Kanoldt, Schad, Beckmann). Nelcurriculum di Carlo Levi c’è, inoltre, la partecipazione aiprimi gruppi di resistenza contro il fascismo. Nel mag-gio del 1935, alla vigilia della guerra contro l’Etiopia, cifurono numerosi arresti nelle fila di “Giustizia e libertà”,il movimento libertario allora impegnato nella lotta con-tro al dittatura. Fra i torinesi fermati figurano VittorioFoa, Michele Giua, Massimo Mila e, come fiancheggiatori,Cesare Pavese, Franco Antonicelli e appunto Carlo Levi,che fu assegnato al confino di polizia destinazione Aliano(MT). Dall’esperienza vissuta a stretto contatto con larealtà meridionale, che gli era totalmente sconosciuta eda cui rimase profondamente colpito, nasce “Cristo si èfermato a Eboli”, non solo il suo libro più conosciuto ecitato, ma anche un romanzo che con il tempo è divenu-to emblematico di una precisa situazione storico-socialedella Basilicata e, più in generale, di certe zone dell’Ita-lia. Il volume è un classico della letteratura italiana delNovecento, e in quel periodo portò di fatto all’attenzionemondiale il piccolo paese lucano in cui lo stesso Levi fusepolto. Altri titoli di spicco della sua intensa attività let-teraria sono: «L’orologio», «Le parole sono pietre», «Ilfuturo ha un cuore antico», «La doppia notte dei tigli».

LEVI PRIMO(Torino, 1919-1987)Romanziere, saggista e po-eta. Di discendenza ebrai-ca si sa che gli antenati pro-venivano dalla Spagna edalla Provenza. Nel 1921nasce la sorella Anna Ma-ria, cui resterà legatissimoper tutta la vita. L’infanzianon è molto felice, perchécagionevole di salute. Nel1934 si iscrive al Ginnasio-

Liceo D’Azeglio di Torino, celebre perché vi insegnava-no docenti illustri e oppositori del fascismo, alcuni deiquali saranno noti per l’apporto dato alla cultura italiana(Umberto Cosmo e Norberto Bobbio, e molti altri): glistudi liceali sono diligenti e sereni, condotti senza parti-colarmente distinguersi, al di là di una certa predilezio-ne per la chimica e la biologia che seguirà presso la facol-tà di Scienze dal 1937 dopo aver superato gli esami distato di quell’anno a ottobre perché era stato rimandatoin italiano. Mentre frequenta l’Università, il governo fa-scista emana (1938) le leggi razziali, che impediscono aigiovani ebrei di frequentare. Nel 1941 presso l’Universi-tà di Torino, si laurea in chimica “summa cum laude”.Per ragioni di lavoro, nel 1942 è costretto a trasferirsi aMilano. Nel 1943 si rifugia sulle montagne sopra Aosta,unendosi ad altri partigiani, però viene quasi subito cat-turato dalla milizia fascista e un anno dopo internato nelcampo di concentramento di Fossoli e successivamentedeportato ad Auschwitz. Viene liberato il 27 gennaio 1945in occasione dell’arrivo dei Russi al campo di Buna-Monowitz, anche se il suo rimpatrio avverrà solo nell’ot-tobre. Nel 1947 pubblica «Se questo è un uomo» ripub-blicato anche nel 1954. Nel 1963 pubblica il suo secondolibro «La tregua» col quale vince il premio Campiello.Altre opere da lui composte sono: una raccolta di rac-conti dal titolo «Storie naturali», con il quale gli vieneconferito il Premio Bagutta; una seconda raccolta di rac-conti «Vizio di forma», una nuova raccolta «Il sistemaperiodico», con cui gli viene assegnato il Premio Pratoper la Resistenza; le raccolte di poesie «L’osteria di Brema»,«La chiave a stella», «La ricerca delle radici», «Antologia per-sonale», «Se non ora quando» (con il quale vince il PremioCampiello per la seconda volta), e infine nel 1986 «I Som-mersi e i Salvati». Muore suicida l’11 Aprile 1987.

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alla Rivoluzione d’Ottobre» (1967), «L’educazione parlamentare» (1973)e «Risorgimento» (1981). Nel 1990 sono usciti in un volume unico «Pran-zo di famiglia», «Un fatto di assassinio», «Bagno finale», «Nemmenoper sogno».

LEVATI AMBROGIO (Biassono [MI] 1790-Pavia 1841) - Professo-re di latino e greco nei licei di Milano e di Bergamo, poi all’università diPavia, si occupò con facile versatilità di molti argomenti. Tra i suoi scrit-ti ebbero successo «I viaggi di Francesco Petrarca» (1820), biografia delpoeta ricostruita sull’epistolario, e il «Saggio sulla storia della letteraturaitaliana dei primi venticinque anni del secolo XIX», ricchissima di noti-zie. Più superficiali e compilatorie le altre sue opere.

LEVI EUGENIO (Milano, 1876-1966) - Insegnò nei licei e fu redatto-re del «Convegno». Si occupò soprattutto di storia del teatro e delle vi-cende del «comico di carattere». Nel volume «Il comico di carattere daTeofrasto a Pirandello» (1959), ha tracciato una storia interessante seb-bene intermittente di questa specie di comicità che, secondo la sua defi-nizione, è quella che «presuppone un serio che possa essere negato».Notevole la sua attività di traduttore.

LEVI D’ANCONA EZIO (Mantova 1884-Boston 1941) - Professoredi lingue e letterature neolatine nelle università di Palermo e Napoli, fucostretto nel 1938 a emigrare negli Stati Uniti per ragioni razziali. NegliUSA, presso il Wellesley College del Massachusetts, insegnò letteraturaitaliana fino alla morte. Tra le sue opere di filologo sulla letteraturaprovenzale, francese e spagnola antica, oltre a quella italiana delle origi-ni, si ricordano in particolare «Fiore di leggende. Cantari antichi» (1914),«Poesia di popolo e poesia di corte nel Trecento» (1915), «I lais brettonie la leggenda di Tristano» (1917), «Don Carlos nella leggenda e nellastoria» (1926), «Uguccione da Lodi e i primordi della poesia italiana»(1928), «Lo Steri di Palermo e le sue pitture» (1932), «Motivos hispánicos,prólogo de Ramón Menéndez Pidal» (1933), «Vite romantiche» (1934),«Lope de Vega e l'Italia», con la prefazione di Luigi Pirandello (1935),«Cinque studi sull’Ariosto» (1938).

LEVI GIULIO AUGUSTO (Torino 1879-Gallarate [MI] 1951) - Com-piuti gli studi letterari e filosofici, insegnò dapprima nelle scuole medie;fu poi professore di letteratura italiana nella facoltà di architettura del-l’università di Firenze. Coltivò con uguale passione gli studi letterari e

LEVI MONTALCINI RITA (Torino, 1909-Roma 2012) - Compiuti gli studi di medici-na, condusse i primi esperimenti di neurobio-logia fra le pareti di casa, perché le leggi raz-ziali fasciste le impedivano la professione ela carriera universitaria. Nel 1947 partì pergli Stati Uniti, dove svolse attività di ricercanel laboratorio della Washington Universitydi Saint Louis, nel Missouri. Nel 1954 fu af-fiancata dall’americano Stanley Cohen, del-la scuola di medicina dell’Università diVanderbilt a Nashville (Tennessee). Incari-cata nel 1960 della direzione del laboratoriodi biologia cellulare del CNR a Roma, svolse attività pa-rallela a Roma e in USA fino al 1977, quando rientròdefinitivamente in Italia. Negli anni Cinquanta le sue ri-cerche la portarono alla scoperta e all’identificazione delfattore di accrescimento della fibra nervosa o NGF («NerveGrouth Factor»), scoperta per la quale nel 1986 fu insigni-ta del premio Nobel per la Medicina, insieme con il suocollaboratore Stanley Cohen. In Italia continuò a battersi

per l’emancipazione femminile e per la costi-tuzione di una scuola di neurobiologia italia-na. Insignita anche di altri premi (fra cui ilpremio Horwitz), socia dell’Accademia deiLincei, è stata la prima donna in Italia a esse-re ammessa alla Pontificia Accademia dellaScienza e la sesta a entrare all’Accademiadelle scienze americana. È stata tra l’altrosocia-fondatrice della Fondazione Idis-Cittàdella Scienza. Nel 2001 è stata nominata se-natrice a vita dal presidente della Repubbli-ca Carlo Azeglio Ciampi. Ha pubblicato:«Elogio dell’imperfezione» (1987), «NGF:

apertura di una nuova frontiera nella neurobiologia»(1989), «Il tuo futuro» (1994), «Senz’olio contro vento»(1996), «Elogio dell’imperfezione» (1999), «Cantico di unavita» (2000), «La galassia mente» (2001), «Tempo di muta-menti» (2002), «Abbi il coraggio di conoscere» (2004), «Evaera africana» (2005), «I nuovi magellani nell’er@ digitale»(2006), «Rita Levi-Montalcini racconta la scuola ai ragaz-zi» (2007), «L’asso nella manica a brandelli» (2008).

filosofici, in particolare d’estetica. Collaborò a lungo al «Giornale stori-co della letteratura italiana». Di particolare importanza è il suo studiogiovanile «Storia del pensiero di Giacomo Leopardi» (1911). Tra le altresue opere meritano d’essere ricordate: «Studi estetici» (1907), il com-mento ai «Canti» del Leopardi (1922), «Breve storia dell’estetica e delgusto» (1924), «Giacomo Leopardi» (1931), «Vittorio Alfieri» (1950).

LEVI DELLA VIDA GIORGIO (Venezia1886-Roma 1967) - Professore di Lingua eLetteratura araba presso le università di Na-poli (1914), Torino (1916) e Roma (1920),venne destituito nel 1931 per essersi rifiutatodi prestare il giuramento di fedeltà al fasci-smo; emigrato negli USA, insegnò nell’uni-versità di Pennsylvania (1939): nel 1944 ri-tornò all’Università di Roma e gli fu affidatala cattedra di Storia e istituzioni musulmane.Scrisse per i quotidiani «Il Paese» di Roma e«La Stampa» di Torino e collaborò con l’En-

ciclopedia Italiana Treccani come esperto di Semitistica ed Ebraistica.Vastissimi i suoi interessi e la sua attività scientifica, che abbracciano lafilologia semitica, la storia ebraica e islamica, l’epigrafia fenicia e punica,la letteratura siriaca, e sono testimoniati da numerosi scritti, alcuni rieditidopo la sua morte; in particolare si ricordano: «Storia e religione del-l’Oriente semitico» (1924), «Les Semites» (1938), «Documenti sullechiese orientali» (1948).

LEVI PAOLO (Genova 1919-Torino 1987) - Esordì con due comme-die tra cronaca e costume, «Legittima difesa» (1952) e «Il caso Pinedus»(1954). Collaboratore della RAI, scrisse inoltre il primo originale televi-sivo, «Febbre» (1954). Noto per i romanzi a sfondo poliziesco, dovel’intrigo si unisce a sottili analisi psicologiche («Ritratto di provincia inrosso», 1975; «Delitto in piazza», 1976; «Un agguato una sera al mare»,1978; «Tentativo di corruzione», 1980; «Le mosse sbagliate», 1982),tentò un filone storico-autobiografico con «Sul filo della memoria» (1984),storia di una famiglia ebraica dall’Ottocento a oggi. Si dedicò anche allacritica d’arte con «Michele Cascella. Ottant’anni di pittura» (1981).

LI GOTTI ETT ORE (Palermo, 1910-1956) - Ha svolto la sua carrieradi studente e di studioso a Palermo, dove ha poi insegnato filologia ro-

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manza e fondato il Centro di studi filologici e linguistici siciliani deisecoli XIV e XV. I suoi studi si sono indirizzati soprattutto sulla lettera-tura medievale, in particolare siciliana, e sul Sacchetti, a cui ha dedicatonumerosi saggi confluiti poi nei volumi «Il Sacchetti e la tecnica musica-le del Trecento» (1935), «Franco Sacchetti, uomo «“discolo e grosso”»(1940), «Franco Sacchetti» (1942). Vanno anche ricordati i suoi interes-si giovanili per temi ottocenteschi e romantici («Il Conciliatore» eBerchet).

LILLI VIRGILIO (Cosenza 1907-Zurigo 1976) - Dagli studi di mate-matica pura passò al giornalismo, lavorando in numerosi giornali e, alungo, per il «Corriere della Sera». Nei suoi libri di narrativa, di viaggio,di inchiesta, si rivelò scrittore disincantato e osservatore critico dellarealtà, affidandosi a una prosa pungente e maliziosa. Tra i suoi libri dinarrativa sono «Ricordi di una guerra» (1941 e 1989), «Una donna s’al-lontana» (1959 e 1968), «La quinta stagione» (1974), ispirato alla mortedel figlio. Dei numerosi testi saggistici si segnalano, in particolare, «Pennavagabonda» (1953), «Mal di pittura» (1964), «Il termometro del cervel-lo» (1972), «Viaggio al centro della testa» (1973). Fu anche autore diteatro con le commedie «Inchiesta sull’adulterio» (1954) e «Il figlio dilaboratorio» (1964). Nel 1977 è apparso postumo il romanzo «Romanzointerno».

LIMENT ANI UBERTO (Milano 1913-Siresi [BZ] 1989) - È stato uninsegnante di letteratura italiana in Inghilterra presso l’università diCambridge. Il suo campo di studi era stato il Seicento (fu condirettoredella rivista «Studi secenteschi») e il barocco, in particolare nei suoiaspetti satirici, come dimostra l’ampio studio «La satira nel Seicento»(1961). Del suo vasto lavoro sui testi va ricordata l’edizione delle «Poe-sie e lettere inedite di Salvator Rosa» (1950).

LIPPARINI GIUSEPPE (Bologna, 1877-1951) - Allievo del Carducci,fu professore di storia dell’arte all’Accademia di belle arti di Bologna.Scrisse poesie («Idilii», 1901; «I canti di Melitta», 1910) che risentonodelle varie mode poetiche del tempo, e nell’«Osteria delle tre gore» (1911)tentò un tipo di racconto che ricalcando i modi e la lingua dei novellieridel Cinquecento, e in particolare del Bandello, da lui sopravvalutato,voleva rinnovare gli esperimenti del Balzac dei «Racconti faceti». Piùche alla sua varia opera di critico e saggista, il suo nome si affidò poi auna fortunata attività di compilatore di libri scolastici, grammatiche, an-tologie, crestomazie, ecc.

LIPPI LORENZO (Fir enze, 1606-1664) - Allievo di Matteo Rosselli, vissea Firenze protetto dal granduca Ferdi-nando II e vi fondò con Salvator Rosal’Accademia dei Percossi. Tra il 1647 e il1649 soggiornò a Innsbruck come pitto-re e letterato di corte presso la duchessaClaudia de’ Medici. Dipinse numerosiquadri di soggetto religioso ma è soprat-tutto ricordato per i ritratti: «SalvatorRosa», «Autoritratto» (Firenze, Uffizi)eseguiti a rapidi tocchi di intenso colore.

Dotato di spirito vivace e bizzarro, negli ultimi vent’anni della sua vita sidedicò alla poesia e compose un notevole poema burlesco, il «Malmantileracquistato» iniziato a Innsbruck col titolo di «Novella delle due regi-ne», modificato in patria e stampato, dopo la sua morte, con l’anagrammadi Perlone Zipoli. La trama del poema è un pretesto per una serie infinitadi tipici modi di dire, nonché accenni ad usi e tradizioni della Firenze delsuo tempo, che vennero in seguito chiariti e riccamente illustrati dalleampie note di Paolo Minucci. L'opera viene considerata dall'Accademiadella Crusca come “testo di lingua”.

LIALA, pseudonimo di Ama-liana Cambiasi Negretti (Ca-rate di Lario [CO] 1897-Va-rese 1995) - La maggiore au-trice italiana contemporaneadi romanzi rosa. Venne in-fluenzata dal modello lingui-stico dannunziano che lasciòevidenti tracce nella sua scrit-tura, ridondante e appassio-nata. Collaboratrice di quoti-diani e periodici soprattutto

come scrittrice di novelle, iniziò a scrivere romanzi rosanel 1931, con il fortunato «Signorsì», primo di una lunghissi-ma e popolare serie, costituita di opere singole e di cicli, comequello di Lalla («Dormire e non sognare», 1944 «Lalla chetorna», 1945; «Il velo sulla fronte», 1946). A metà deglianni Settanta, a riprova di un successo molto longevo,Sonzogno riservò alle opere di Liala una collana specifi-ca, ripubblicando anche i precedenti. Tra gli ultimi librisono «Frantumi di arcobaleno» (1985) e, con Aldo Busi,«L’amore è una budella gentile. Flirt con Liala» (1994).

LINATI CARLO (Como1878-Rebbio di Como1949) - Nelle brevi prose diintonazione lirica del «Tri-bunale» (1906), di «PortoVenere» (1910), di «Duccioda Bontà» (1913), dei «Donidella terra» (1915), anima-te da una squisita sensibi-lità paesistica, rivelò unastretta vicinanza al frammentismo della «Voce». Per lalimpidezza delle immagini, la nitidezza delle impressio-ni e l’equilibrio spirituale rimase tuttavia fedele a quellatradizione lombarda che fa capo al Manzoni; e di classi-co stampo manzoniano sono forse i suoi libri più riusciti,come «Sulle orme di Renzo» (1919), «Nuvole e paesi» (1919)e «Le tre pievi» (1922). Meno congeniale alla sua ispirazioneessenzialmente lirica riuscì il romanzo («Barbogeria», 1917;«Malacarne», 1922; «Pubertà», 1926; «Due», 1928;«Cantalupa», 1935). Contribuì anche, come traduttore esaggista, a far conoscere in Italia alcuni fra i più significa-tivi scrittori moderni di lingua inglese. A lui si devono leprime traduzioni di Joyce in Italia e l’introduzione di au-tori come W. B. Yeats e J. Singe. I suoi scritti sono raccoltiin «Scrittori anglo-americani» (1932 e 1943). Nel 1982 sonostati riproposti alcuni suoi scritti, «Il bel Guido e altri ri-tratti», oltre a una «Antologia degli scritti».

LISIO GIUSEPPE (Lanciano [CH] 1870-Milano 1912) - Dedicò isuoi studi ai problemi della lingua nei suoi riflessi sullo stile letterario(«L’arte del periodo» fu uno dei suoi maggiori campi di studio). Tra lesue opere di maggior rilievo si ricordano una edizione critica del «Prin-cipe», di orazioni in volgare del XVI secolo, e una raccolta di «Ricordicarducciani» (1907).

LIVERANI FRANCESCO (Castel Bolognese [RA] 1823-Cortona1894) - Autore di opere polemiche: «Il Papato, l’Impero e il Regno d’Ita-lia» (1861), contro il potere temporale dei pontefici; «La dottrina cattoli-ca e la rivoluzione italiana» (1862), contro le sanzioni canoniche in ma-

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teria politica, fu deposto da ogni carica e dignità, e dovette abbandonareuna brillante carriera ecclesiastica. Si dedicò poi a studi storici:«Spicilegium Liberianum» (1863), «Il ducato e le antichità longobarde esaliche di Chiusi» (1872), e le «Reminiscenze» (inedite).

LODI MARIO (Rho di Piadena [CR] 1922-Drizzona 2014) - Mae-stro elementare (insegnante dal 1940 a Rho), riformatore dell’educazio-ne, ha fatto parte del Movimento di cooperazione educativa, un gruppodi insegnanti ispirati alla pedagogia di Freinet. Ha diretto per tre anni aPiadena la «Scuola della creatività» e ha fondato la «Casa delle Arti e delGioco», un laboratorio dove si sperimentano, con la guida di esperti,tutti i linguaggi dell’uomo. Ha pubblicato «C’è speranza se questo acca-de a Rho» (1963), «Il paese sbagliato» (1970), «Insieme. Giornale di unaquinta elementare» (1975), «Cominciare dal bambino» (1977), «Il mon-do» (1979), insieme dei giornalini realizzati giorno per giorno dai suoialunni durante cinque anni (1973-1978), «Il permesso» (1979). Un suolibro per ragazzi, «Cipì» (1972), è stato portato sulle scene. Nel 1989 haricevuto la laurea honoris causea in Pedagogia dell’Università di Bologna.

LOMBARDI ELIODORO IGNAZIO(Trapani 1834-Palermo 1894) - Laurea-to in legge, divenuto presto noto per le suedoti di poeta improvvisatore, fu conGaribaldi nel 1860 e nel 1866, dalla presadi Palermo a Condino, dove viene grave-mente ferito al petto. Per il suo impegnofu detto il poeta della Rivoluzione edespresse il suo credo politico nei princi-pali teatri siciliani. Insegnò nei licei diBrescia, Bergamo e Verona, e letteratura

italiana nell’Università di Palermo. Oltre alle liriche «Melodie» (1862),«Canti sociali» (1876) e «Natura e umanità» (1894), lasciò i poemetti

LONGHI ROBERTO (Al-ba [CN] 1890-Firenze 1970)- Storico dell’arte italiano, ilmaggiore del Novecento.Dopo una formazione inter-nazionale con studi a Tori-no e a Roma e viaggi in Eu-ropa, fu docente di storiadell’arte a Bologna e Firen-ze. Ebbe un’intensa attivitàpubblicistica su riviste: col-laborò alla «Voce», fu con-direttore di «Pinacotheca» e,

insieme con Emilio Cecchi, di «Vita artistica». Diresse«L’Arte», «Proporzioni», «La critica d’arte». Nel 1950 fon-dò «Paragone». Fra gli artisti più studiati, in diverse ri-prese, vanno ricordati fra i classici Caravaggio («Quesiticaravaggeschi», 1928; «Il Caravaggio», 1952; «Cara-vaggio», 1968) e Piero della Francesca (1927), fra i con-temporanei Boccioni («Scultura futurista: Boccioni», 1914)e Carrà («Carlo Carrà», 1937). Fondamentali furono i suoistudi sull’arte veneta («Viatico per cinque secoli di pittu-ra veneziana», 1946) e su quella ferrarese («Officinaferrarese», 1934). Oltre a essere un apprezzatissimo stu-dioso d’arte, grazie all’attenzione di critici letterari di par-ticolare importanza quali Gianfranco Contini e Pier Vin-cenzo Mengaldo, Longhi è diventato nel corso del secon-do Novecento un esempio di stile che va oltre la prosaspecialistica.

LO GATTO ETTORE(Napoli 1890-Roma1983) - Segretario, poidirettore dell’Istitutoper l’Europa orientaledi Roma (1921-1943),professore di filologiaslava a Padova (1931-1941) e, dal 1941, tito-lare della cattedra dilingua e letteraturarussa all’Università diRoma, fondò e diressela «Rivista di letteratu-

re slave» (1926-1932) e fu condirettore della rivista «Eu-ropa Orientale» (1921-1943). Tra i più autorevoli cultorioccidentali di slavistica dal 1936 al 1940 si stabilì a Pragadove insegnò presso l'Istituto Italiano di Cultura. L'annoseguente rimpatriò riprendendo la cattedra all'Ateneo diRoma. Autore di numerosi studi storici e critici, contri-buì a diffondere in Italia la conoscenza della lingua e let-teratura russa: «Gli artisti italiani in Russia» (1927-1943),«Storia della letteratura russa» (1927-1945), «Storia dellaRussia» (1946), «Storia del teatro russo» (1953). Fu ancheun fine ritrattista come dimostra la biografia di Puškin,«Storia di un poeta e del suo eroe» (1959), e scrittore disaggi dedicati agli ambienti culturali russi in «Il mito diPietroburgo» (1960) e nelle memorie «I miei incontri conla Russia» (1976).

storici «Carlo Pisacane e la spedizione di Sapri» (1867) e «Calatafimi»(1891) e il saggio «Delle attinenze storiche fra scienza ed arte in Italia»(2 voll., 1875-1879).

LOMBARDI GERMANO (Oneglia [IM] 1925-Parigi 1992) -Autodidatta, esponente della neoavanguardia e del Gruppo 63, ma in-fluenzato anche dal “nouveau roman”, ne ha riproposto i modi e le ca-denze temporali nei romanzi «Barcelona» (1963) e «La linea che si puòvedere» (1967) e nei racconti di «L’occhio di Heinrich» (1965), mentrerecentemente s’è accostato al romanzo d’avventura o giallo, rivisitatocon tecniche formali modernissime, con «Cercando Beatrix» (1976),«Villa con prato all’inglese» (1977), «Chi è Beatrix» (1979), e alla poe-sia con la sorprendente raccolta «La ballata dello zio Lucas & altre»(1979).

LOMBARDO AGOSTINO (Messina 1927-Roma 2005) - Dopo averinsegnato nelle università di Bari e Milano, ha ricoperto la cattedra dianglistica nell’Università di Roma. I suoi studi si sono alternati fra laletteratura inglese, in particolare quella seicentesca nelle sue grandi for-me teatrali dominate da Shakespeare (a cui ha dedicato «Lettura delMacbeth», 1969, e «Ritratto di Enobarbo», 1971), e quella americana,indagata nelle sue manifestazioni di affermazione autonoma rispetto aquella inglese attraverso i classici ottocenteschi e contemporanei: i risul-tati sono stati raccolti in «Realismo e simbolismo» (1957), «La ricercadel vero» (1961), «Il diavolo nel manoscritto» (1974). L’angolazioneanglosassone non gli ha impedito di intervenire nel vivo del dibattito inatto sul senso della letteratura in Italia con «Il testo e la sua performance.Per una critica imperfetta» (1986). Tra le sue numerose traduzioni siricordano per la loro ampiezza i «Romanzi» di H. James (6 voll.) e la«Storia della critica moderna» di R. Wellek (4 voll.) e quelleshakespeariane per il teatro: «La tempesta» (messa in scena da Strehler),«Tito Andronico» (con regia di Peter Stein), «Macbeth» (1996), «La

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dodicesima notte» (1996). Nel 1987 è stato nominato membro dell’Ac-cademia dei Lincei; insieme a G. Strehler ha creato il «Laboratorioshakespeariano» presso il Piccolo Teatro Studio di Milano.

LOMBARDO NICCOLÒ - Non si conosce l’anno della nascita, masolo quello della morte, che avvenne nel 1749. Di formazione giuridica,ebbe incarichi nelle magistrature provinciali del Regno. È autore di unasola opera, «La Ciucceide», poema in dialetto napoletano pubblicato nel1726.

LONDONIO CARLO GIUSEPPE (Milano, 1780-1845) - Ebbe vivaparte nella contesa tra classicisti e romantici e, più vicino ai primi,polemizzò con il di Breme e Madame de Staël. Si interessò anche dieconomia politica. Tra i suoi scritti si ricordano: «Storia delle colonieinglesi in America» (1812-1813), «Risposta di un italiano ai due discorsidi Madama di Staël» (1816), «Cenni critici sulla poesia romantica» (1817).

LONGO GIUSEPPE (Messina, 1910-1995) - Redattore in numerosigiornali, aveva diretto «Il Gazzettino» di Venezia. Nel 1955 aveva fon-dato e diretto la rivista «L’osservatore politico e letterario». Era statopresidente del Vittoriale e durante questo periodo aveva notevolmentepotenziato la rivista «Quaderni dannunziani» e organizzato numerosiconvegni sull’opera e la figura di D’Annunzio. Tra le sue opere disaggistica e di memoria si segnalano quelle dedicate alla Sicilia: «LaSicilia è un’isola» (1962), «L’isola perduta» (1970), e tra gli scritti piùstrettamente politici e giornalistici: «Il tempo e il luogo» (1967), «Diariopolitico» (1976), «Le statue parlanti» (1979), mentre dei suoi versi siricordano «Quartiere Lombardo» (1966) e «L’inutile dolore» (1974),«Italia dove?» (1976), «Il lungo giorno» (1981) e «Festeggia popolo»(1986).

LOPEZ GUIDO (Milano, 1924-2010) - Figlio di Sabatino, si era dedi-cato sin da giovanissimo alla letteratura (lavorando anche nell’editoria)con il romazo «Il campo» (1948); in seguito aveva pubblicato «La provadel nove» (1953) e poi, dopo un lungo silenzio, «I verdi, i viola, gliarancioni» (1972). Dalla letteratura era passato a occuparsi di storia mi-

LORENZI BARTOLO-MEO (Mazzurega [VR],1732-1822) - Sacerdote, in-segnò retorica e teologiapresso il seminario di Ve-rona fino al 1776. Guada-gnò molta fama come po-eta improvvisatore e fuapprezzato e protetto perle sue doti di improvvi-satore dall’arciduca Ferdi-nando Carlo d’Austria, vi-ceré di Lombardia. Scris-se un poema didascalico recensito dal Parini, «La colti-vazione de’ monti» (1778), ispirato a una sincera passio-ne per la campagna, cui dedicò molti studi tecnici. Esso èin forma di poema composto in rima ottava e diviso inquattro canti (uno per ogni stagione). In questa poesiacanta in proposito delle operazioni relative a una corret-ta agricoltura di collina. In seguito alla caduta della Re-pubblica di Venezia, avvenuta nel 1797, si ritirò a vitaprivata a Mazzurega, dove venne raggiunto da numero-si letterati e poeti che ne apprezzavano la saggezza e labrillante convesazione. Compose anche le stanze «Il pa-store» (1820).

lanese, scrivendo alcuni libri molto fortunati come «Milano in una mano»(1960), «Festa di nozze per Ludovico il Moro» (1976), «La roba e lalibertà. Leonardo nella Milano di Ludovico il Moro» (1982), «Milano. Inavigli» (1994). Nel 1990 ha inoltre pubblicato il volume «Marco Pragae Silvio D’Amico. Lettere e documenti» (1919-1929).

LOPEZ SABATINO (Livorno 1867-Milano 1951) - Padre di Guidoinsegnò all’Accademia di Brera e fu direttore della Società degli Autoridal 1911 al 1919. La sua attività si svolse espressamente nel settore tea-trale, come critico e autore di commedie. È stato anche presidente del-l'Università Popolare di Milano.

LOREDANO GIAN FRANCESCO (V enezia 1606-Peschiera 1661)- Senatore della Repubblica Veneta, fondatore dell’Accademia degli In-cogniti, scrisse poesie in italiano e in veneziano, un’opera di critica informa allegorico-satirica («Bizzarrie accademiche»), romanzi («Dianea,Adamo»), opere varie (i giovanili «Scherzi geniali», «Il cimiterio», «Seidubbi amorosi», «Le freddure estive»), e diede un travestimento dei pri-mi sei canti dell’«Iliade» («L’Iliade giocosa»).

LORIA ARTURO (Carpi 1902-Firenze1957) - Si affermò nella Firenze dell’anteguer-ra sulle riviste «Solaria», dove esordì, e poi su«Letteratura» e «Argomenti». Di quegli annisono i tre volumi di racconti: «Il cieco e laBellona» (1928), «Fannias Ventosca» (1929),«La scuola di ballo» (1932), e il romanzo ri-masto incompiuto e perduto «Le memorie inu-tili di Alfredo Tettamanti», di cui si hanno al-cune pagine su Argomenti nel 1941. Anche ildramma «Endymione», pubblicato nel 1947,risale al 1942. Nel dopoguerra ha fondato e

diretto con Bonsanti e Monale «Il Mondo», prima della trasformazionedel giornale con la direzione di Pannunzio. Poco prima della morte, nel1957, è apparsa la raccolta «Settanta favole», mentre postumi sono statipubblicati i versi «Il bestiario» (1959) e i racconti «Il compagno dor-mente» (1960).

LOVARINI EMILIO (V icenza 1866-Lovadina [TB] 1955) - Insegnòper tutta la vita, prima nei licei (a Cesena ebbe tra i suoi allievi R. Serra,a Bologna R. Bacchelli e G. Raimondi) poi all’università bolognese, dovepoté sviluppare i suoi studi sulla letteratura pavana e popolare, sul teatroveneto del Rinascimento e in particolare sul Ruzzante; ritrovò la«Veniexiana». I suoi scritti più significativi sono stati riproposti nel 1965da G. Folena sotto il titolo complessivo «Studi sul Ruzzante e la lettera-tura pavana».

LUBRANO GIACOMO ANTONIO (Napoli, 1619-1693) - È statouno dei più concettosi rimatori secenteschi, inventore di sorprendentiartifici verbali. Sacerdote gesuita, fu famoso predicatore come testimo-niano molti poeti, cronisti e critici contemporanei. Durante la sua vitaebbe notorietà principalmente per le sontuose prediche, che rappresenta-rono un esempio insuperato di virtuosismo verbale e metaforico. Nel1674 pubblica le «Scintille poetiche o poesie sacre e morali di PaoloBrinacio Napoletano. Dedicate all’Illustriss.mo & Ecc.mo Sig.re D.Marcello Mastrilli Duca di Marigliano &c.», che verrà poi ristampatanel 1690 con lo pseudonimo anagrammatico di “Paolo Brinacio”. Lapubblicazione dei Panegirici in volumi separati, cominciata nel 1691, siconcluderà nel 1694: «Il Cielo Domenicano, Col primo Mobile dellapredicazione; Il Solstizio della gloria divina; Il foco sacro della Divinitàracceso». Del 1692 sono due ristampe (la seconda e la terza) delle rimedelle «Scintille poetiche», entrambe «Ad istanza di Andrea Polettistampatore in Venezia all’Insegna dell’Italia», che riportano una dedica

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dello stampatore Poletti «All’illustrissima, & Eccellentissima NobiltàVeneta». Furono stampate postume le seguenti opere religiose: «Predi-che quaresimali» (in 2 parti, 1702), «I Panegirici» (volume unico, 1703),«Varii Sagri Discorsi» (5 voll., 1727).

LUCATELLI LUIGI (Roma, 1877-1915) - Figlio del patriota Anniba-le, divenne noto soprattutto per la collaborazione al settimanale umori-stico «Il travaso delle idee» e nel personaggio di Oronzo E. Marginati,«il cittadino che protesta». Impersonò il piccolo borghese, con i suoidifetti di egoismo, di gretto buonsenso, di ipocrisia. Collaborò conGaetano Salvemini scrivendo il capitolo relativo alle intimidazionimalavitose nelle elezioni politiche del 1913 nel collegio elettorale diBitonto, riprodotto nella seconda edizione del pamphlet «Il ministro del-la malavita». Dei suoi libri, tra il genere saggistico e il narrativo, ricor-diamo: «Nel cuore dell’Africa» (1911), «Così parlarono due imbecilli»(1915), «Oronzo E. Marginati intimo» (1915), «Come ti erudisco il pupo»(1915), «Il cittadino Coso Così» (1920).

LUCCHESE ROMEO (Treviso 1916-Roma 1993) - La sua attivitàpubblicistica lo ha portato a occuparsi di letteratura e di arte (è statoredattore della rivista «Letteratura» e critico d’arte). Ma la sua persona-lità è di poeta («Pazienza ed impazienza», 1949, oltre a numerosi versinon raccolti in volume); notevole il suo lavoro di traduttore di moltifamosi scrittori: da Molière a Vigny, da Claudel a Saint-John Perse, daEliot a Beckett, da Cendrars ad Aragon.

LUCENTINI FRANCO (Roma 1920-Torino 2002) - Vedi alla voceFruttero e Lucentini.

LUCIANI ALFREDO (Pescocostanzo[AQ] 1887-Roma 1969) - Dopo averfrequentato il Ginnasio e il Liceo in par-te a Chieti e in parte a Sulmona, e averscritto poesie in italiano, frequentò la Fa-coltà di Lettere di Firenze e poi quella diNapoli, dove si laureò. Scoprì nella po-esia dialettale la forma più congenialed’espressione e fu apprezzato da Gabrie-le D'Annunzio e Benedetto Croce. Inse-gnò in varie città e quindi a Pescara.Espresse il meglio di sé nella poesia

dialettale abruzzese dove a tutt’oggi è ritenuto uno dei massimi espo-nenti. Fra le sue maggiori opere in dialetto spiccano: «L’Amereche»,(1908), «Stelle lucende» (1913), «Poesie abruzzesi» (1921), «L’Italiad’ogge» (1935), «Poesie “Fronne d’ulive”» (1947). Fondò il «Greggedei poveri». un’iniziativa che ebbe risalto anche a livello nazionale. Nel1934 rientrato a Pescara inaugurò, insieme all’amico e collega LuigiPolacchi, la «Casa di poesia» dove mensilmente i migliori poeti italianivenivano chiamati a narrare i propri canti.

LUCILIO CAIO (Sessa Aurunca 180 a.C. circa-Napoli 102 a.C.) -Poeta latino, da molti considerato l’iniziatore del genere satirico. Legatoda stretti rapporti d’amicizia con Scipione Emiliano, combatté al suofianco in Spagna durante l’assedio di Numanzia (134 a.C.-133) e feceparte del suo prestigioso circolo letterario. I suoi trenta libri di componi-menti satirici, dei quali ci sono pervenuti circa 1200 versi, contenevanocommenti beffardi e amari nei confronti della società romana del tempo.

LUCREZIO TITO CARO (99circa a.C.-55 circa a.C.)Poeta latino, era forse di origi-ne campana. Risulta infatti cheNapoli fosse sede di una scuo-la epicurea e che la Venus Fi-sica venerata a Pompei avessepeculiarità simili a quella cuiLucrezio dedicò il proemio delDe rerum natura. Non è inve-ce possibile determinare laclasse sociale cui Lucrezio ap-

partenne ma è inoppugnabile l’ampiezza della culturada lui ricevuta. La sua formazione avvenne sicuramentea Roma, dove visse. Di lui si hanno solo notizie biografi-che incerte e lacunose: Cicerone lo nomina appena in unalettera privata; Virgilio e Orazio ne tacciono; lo ricorda,lodandolo, Cornelio Nepote. Dalle poche informazioniemerge una notizia di San Girolamo: per un filtro d’amoresarebbe divenuto pazzo e avrebbe composto il suo capo-lavoro negli intervalli di lucidità, per poi suicidarsi. Glistorici e i critici di oggi oscillano tra l’accettazione, il ri-fiuto e l’interpretazione di questa sorprendente notizia.Lucrezio è autore del solo poema in esametri «La natu-ra», ispirato alla dottrina filosofica di Epicuro, del qualesi fa continuatore, sia assumendone la cosmologia mate-rialistica, sia interpretandone il messaggio come una ri-voluzione culturale rispetto ai valori della tradizione ro-mana. La capacità di scrutare a fondo l’esistenza dell’uo-mo e di tutte le creature viventi, la consapevolezza dellaforza delle passioni, la tensione emotiva e lirica con cuielabora la materia fanno di Lucrezio uno dei massimipoeti del mondo antico.

LUCANO M. ANNEO (Cor-dova 39 d.C.-Roma 65 d.C.).Dopo gli studi a Roma e adAtene, fu ammesso alla cortedi Nerone e nominato questo-re augure. Caduto in disgrazia,l’imperatore gli vietò di scrive-re e di declamare in pubblico.Lucano partecipò alla congiu-ra dei Pisoni e, quando il com-plotto venne scoperto, fu co-

stretto a uccidersi. L’unica opera giunta a noi della suaricca produzione letteraria è il «Bellum civile», più notocon il titolo di «Farsalia», in dieci libri di cui l’ultimo in-compiuto. Il soggetto è la guerra civile tra Cesare e Pom-peo, culminata nella battaglia di Farsalo, in Tessaglia(nel 48 a.C.), e la morte di Pompeo in Egitto. Scegliendocome tema di un poema epico dei fatti storici concreti erifiutando il ricorso al mito e a interventi divini, Lucanointendeva programmaticamente opporsi alla tradizio-ne epica e soprattutto al suo capolavoro, l’«Eneide» diVirgilio. Il poema canta la sconfitta di una causa giusta,il tracollo della libertà repubblicana e la decadenza diRoma, secondo l’ottica della classe senatoria, che, usci-ta perdente dalle guerre civili, non poteva fare altro checustodire nostalgicamente la memoria del passato. Lasua visione pessimistica della storia si riflette sui perso-naggi, trasformando Cesare in personaggio negativo eanimatore delle forze sovversive, e facendo di Pompeoun eroe incerto e confuso, che solo nella morte trovapiena consapevolezza e glorificazione. Il poema fu cono-sciutissimo e amato nel Medioevo, e il suo influsso si rin-traccia spesso nella poesia e nel teatro del XVII secolo.

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L’uso dell’aneddoto, dell’autobiografia, del dialogo e della favola eragià presente nelle satire di Ennio, ma Lucilio conferì al genere un carat-tere nuovo: l’accento polemico, il sarcasmo aspro e mordace, l’attaccopalese a personaggi viventi, scelti spesso tra gli avversari politici del-l’amico Scipione. La sua libertà impressionò molto i lettori delle etàseguenti: lo stesso Orazio dovette a Lucilio assai di più di quanto oggipossiamo ricostruire.

LUCILIO IL GIOVANE (I sec. d.C.) - Di umile origine, percorse unabrillante carriera amministrativa (così da essere nominato procuratore inSicilia) e, per le doti di onestà e di intelligenza, ottenne l’amicizia diSeneca, che gli dedicò alcune opere, tra cui le «Epistole». Gli venneattribuito il poemetto scientifico «Aetna» tramandato nell’«AppendixVergiliana».

LUGLI REMO (Rolo [RE] 1920-To-rino 2014) - Grande narratore, ma an-che grande giornalista, ha costituito conGigi Ghirotti un tandem insuperabile nelmondo giornalistico italiano. È stato alungo redattore de «La Stampa» e haesordito come narratore nel 1952 con«Le formiche sotto la fronte», un roman-zo tra i più tipici della poetica neorea-listica risultato finalista al premio Via-reggio. Sonoo seguito poi «Il piano disopra» (1957), «La colpa è nostra»

LUCINI GIAN PIE-TRO (Milano 1867-Breglia [CO] 1914) - Difamiglia nobile, si formònell’ambiente culturaledella Scapigliatura. Fuin particolare ammira-tore di Dossi, ma soprat-tutto avido lettore di te-sti della letteratura eu-ropea. Già nelle sue pri-me opere (il romanzo«Spirito ribelle», 1888,poi rielaborato in «GianPietro da Core», 1895) èpresente una forte istan-

za sociale, che non verrà meno in lui neppure quandoapproderà a una concezione aristocratica dell’arte e a po-sizioni di individualismo anarchico. La parte più signifi-cativa della sua personalità si manifesta nella produzio-ne saggistica contenuta nel volume che venne pubbli-catonel 1908 «Il verso libero». Nel 1894 diede alle stampe lasua pri-ma raccolta poetica, «Il libro delle figurazioni ide-ali» e nel 1898 la seconda raccolta «Il libro delle immagi-ni terrene». Il clima naturalista delle prime prove si con-verte inizialmente in temperie decadente e simbolista,poi in un’esperienza vicina al futurismo che risentonodella letteratura parnassiana e simbolista francese. Nellescelte linguistiche, come nella tematica, si avverte unacerta eredità dalla Scapigliatura con il gusto di una ma-cabra stranezza e con l’esasperazione di antichi modelliromantici. L’opera di Lucini è stata rivalutata, nella se-conda metà del Novecento, sulla scorta delle esperienzedella Neoavanguardia.

(1962), «Tarlo ci cova» (1990). Ma il libro-saggio che ebbe maggiorrisonanza in campo nazionale fu «Gustavo Rol, una vita di prodigi»(1995). Remo conosceva meglio di chiunque altro il più grande sensitivodel secolo: lui e la moglie Else per anni furono fra i pochi ammessi nelsuo salotto. Nel libro non v'è traccia di enfasi, di artificio.

LUGLI VITT ORIO (Novi [MO] 1885-Rapallo 1968) - Scolaro del Pascoli, colquale si laureò a Bologna sostenendo unadissertazione sui trattatisti della famiglia nelQuattrocento, dopo avere insegnato nei li-cei, divenne professore di letteratura fran-cese dal 1935 nell’Università di Milano epoi in quella di Bologna. Pur avendo datonotevoli studi sulla letteratura italiana sidedicò soprattutto a varie ricerche di lette-ratura francese da Montaigne a Valéry

(«Racine», 1926; «Montaigne», 1936; «Jules Renard e altri amici», 1948;«Dante e Balzac», 1952; «Bovary italiane ed altri saggi», 1959; «La cor-tigiana innamorata», 1972, postumo). Di notevole rilievo è anche ilprosatore di «Il posto nel tempo» (1930 e 1947) e di «Tre mezzi secoli»(1955), poi rifluiti in «Pagine ritrovate. Memorie fantasie e letture» (1964).

LUNATI GIANCARLO (Alessandria 1928-Milano 2014) - La suacarriera professionale inizia nella fabbrica della Olivetti, dove rimaseper 25 anni. Nel triennio 1980/82 entrò a far parte del Consiglio di Am-ministrazione e negli anni successivi ricoprì le cariche di Presidente diBastogi Sistemi S.p.A., Amministratore Delegato de Il Sole 24 Ore S.p.A.(1982/89), Presidente di Libri Scheiwiller (1982/2000), Consigliere diAmministrazione della Banca Provinciale Lombarda (1984/89),Vicepresidente e Amministratore delegato di Rusconi Editore (1989/91)e Amministratore straordinario dell’ENIT (1993/2000). Oltre alle conti-nue collaborazioni con vari quotidiani e periodici, particolare interessehanno suscitato le sue pubblicazioni, una ventina circa, di di denuncialegate ai problemi sociali, come «La libertà» (1959), «Elogio dell’otti-mismo» (1970), «Il lavoro dell’uomo» (1973), «Difesa dell’egoismo»(1985). È stato anche autore di romanzi fondati sui più scottanti proble-mi del secondo dopoguerra, tra cui: «Una cronaca» (1977), «Memoriedell’autunno» (1980) e soprattutto «I recinti degli dei» (1983), che af-fronta il tema del terrorismo nei suoi riflessi sulla vita quotidiana. Hainoltre pubblicato: «Etica e lavoro» (1985), «Il segno di Giobbe» (1986)e «Sette anni al sole» (1994).

LURAGHI GIUSEPPE (Milano, 1905-1991) - La sua carriera di alto dirigente in-dustriale (era stato presidente della Lanerossidal 1956 al 1960, dell’Alfa Romeo dal 1960al 1973 e della Mondadori dal 1977 al 1981)non gli aveva impedito di coltivare la suapassione letteraria. Oltre a traduzioni poeti-che (da R. Alberti) aveva pubblicato raccol-te di versi («Presentimento di Poesia», 1940;«Gli angeli», 1941; «I cipressi di Van Gogh»,1944; «Stagioni», 1947) e di saggi, fra cui

«Israel» (1957), «Brasil» (1960), «Le macchine della libertà» (1967),«Capi si diventa» (1974). È stato anche autore di un gustoso romanzo,«Due milanesi alle piramidi» (1966).

LUSSU EMILIO (Armungia [CA] 1890-Roma 1975) - Scrittore euomo politico. Dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale comeinterventista, fondò il Partito d’azione sardo, in difesa della sua regionee nel tentativo di affrontarne l’annosa arretratezza. Fu eletto alla Cameradei deputati dal 1921 al 1926; dopo la secessione dell’Aventino fu co-

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stretto a lasciare il Parlamento. Bersaglio di diversi attentati fascisti, fumandato al confino a Lipari, ma nel 1929 riuscì a evadere. Fondò conaltri il movimento Giustizia e libertà. Le sue esperienze politiche e civilisono raccontate in libri caratterizzati da una scrittura chiara e ironica, maanche tragica e partecipata. Riscossero grande successo di pubblico epositivi riconoscimenti di critica sia «Un anno sull’altopiano» (1938) sia«Marcia su Roma e dintorni» (1933). Rientrato dall’esilio parigino perpartecipare alla Resistenza, riprese nelle fila socialiste l’attività politica eparlamentare. Nella vecchiaia operosa ha scritto importanti pagine distoria e fu sempre in contatto con la sua terra, dei cui problemi discussefino all'ultimo.

LUTI GIORGIO (Fir enze, 1926-2008) - Allievo di G. De Robertis, in-segnò all’università di Firenze. I suoistudi si erano indirizzati sull’Ottocen-to e sul Novecento e in particolaresulla letteratura a cavallo dei due se-coli in «Italo Svevo e altri studi sullaletteratura italiana del primo Novecen-to» (1961), «Narrativa italiana dell’Ot-to e Novecento» (1964), «La cenere

dei sogni: studi dannunziani» (1973). Successivamente aveva concentrato lasua attenzione sui problemi della letteratura durante il periodo fascista e sulleriviste dell’epoca («Cronache letterarie fra le due guerre», 1966, e «La Lette-ratura del ventennio fascista», 1972). Di particolare rilievo è il volume «Fi-renze corpo 8» (1982) in cui ha ripercorso il cammino delle riviste fiorentinedel Novecento. L’ottica storica del suo lavoro è riconfermata anche in«Le parole e il tempo. Paragrafi di storia letteraria del Novecento» (1987).Nel 1995 aveva pubblicato il volume «Dal neorealismo alla neoavan-guardia». È stato direttore di numerose riviste letterarie tra cui «Inventa-rio» e «Il Ponte». Negli ultimi tempi aveva diretto la collana «Bibliotecadel caffè», collegata alla rivista «Caffè Michelangelo».

LUTTI ALBERTI FRANCESCA (Cam-po delle Giudicarie [TR] 1831-Brescia1878) - Incoraggiata da Andrea Maffei pub-blicò nel 1859 una raccolta di versi, novellee liriche. Nel 1867 seguì il poema in 26 canti«Alberto», vicenda di un giovane che, de-luso in amore, abbandona la poesia per pren-dersi cura dei poveri. Scrisse tra l’altro no-velle romantiche in versi («Rosa e Stella» e«Maria»), il poemetto in sette canti «Gio-vanni», che illustra vita e usi delle campa-

gne trentine, e il racconto, pure in versi, «Alberto» (1867), di un morbi-do sentimentalismo, che sembra precorrere i modi della poesiafogazzariana. Pubblicò poi le commedie «La marchesa di Fermo» e «Lanutrice».

LUZI ALESSANDRO (San Severino Marche [MC] 1857-Mantova1946) - Dopo avere studiato a Macerata e all’università di Roma si diedeal giornalismo ad Ancona («L’Ordine») dirigendo poi «La Gazzetta diMantova» (1882-1893): in tale qualità, dopo un’aspra polemica con LuigiCastellazzo, dal Luzio accusato (1884) di aver tradito i «martiri diBelfiore», subì un clamoroso processo intentatogli da Felice Cavallotti evenne condannato. Per non scontare la condanna dovette emigrare aVienna (1893-1898) dove fu corrispondente del «Corriere della Sera» edella «Gazzetta di Torino», e in quel periodo poté raccogliere importantimateriali archivistici sui quali fondò alcuni dei suoi studi posteriori sulRisorgimento. Graziato, poté rimpatriare e fu nominato direttore dell’ar-chivio di Stato di Mantova (1899), quindi, nel 1918 soprintendente al-l’archivio di Stato di Torino, che diresse fino al 1934. Accademico d’Ita-

lia, membro dell’Accademia dei Lincei, fu un abilissimo ricercatore didocumenti e illustrò con magistrale competenza specialmente due epo-che della storia italiana: il Rinascimento a Mantova nel periodo di pas-saggio dal marchesato al ducato gonzaghesco e il Risorgimento. Alleopere sulla Mantova dei Gonzaga («I precettori d’Isabella d’Este»; «Lacultura e le relazioni letterarie d’Isabella d’Este» [1899-1903], in colla-borazione con Rodolfo Renier) si collegano anche gli studi sul Folengo,nei quali segnò una traccia profonda curando un’ottima edizione delle«Maccheronee». Dei numerosissimi studi sul Risorgimento, che ebberoper argomento soprattutto i processi politici, il giornalismo letterario nel-l’età della Restaurazione, ricordiamo: «I processi politici di Milano e diMantova»; «Il processo Pellico-Maroncelli»; «Le cinque giornate di Mi-lano nelle narrazioni di fonte austriaca» (1899); l’acuto studio su«Radetzky» (1901); «Antonio Salvotti e i processi del Ventuno» (1901);«Giuseppe Mazzini» (1905); «I Martiri di Belfiore» (1905; 1924 ed. de-finitiva), considerata una delle sue opere più importanti; «Profili biogra-fici e bozzetti storici» (1906); «Studi e bozzetti di storia letteraria e poli-tica» (1910); «Mazzini carbonaro» (1920); «Carlo Alberto e GiuseppeMazzini» (1923); «Garibaldi, Cavour, Verdi» (1924); «Studi critici» (1927,che accoglie parte dei precedenti studi sulle Cinque giornate su Radetzkye Salvotti); «Profili biografici e bozzetti storici» (1927); «Felice Orsini».

LUZZATI EMANUELE(Genova, 1921-2007) -Scrittore, scenografo, dise-gnatore, usava dare ai suoilavori un’impronta tipicadel mondo del teatro, ar-ricchendo le scene con fon-dali, sipari e quinte. Il suotratto peculiare è stata lavisionaria e trascinantecreatività coloristica capa-ce di trasformare ogni fo-togramma in illustrazione.È anche stato anche cera-

mista e decoratore. Dopo essersi diplomato alla Ecole desBeaux Arts di Losanna, ha esordito nel mondo della ani-mazione nel 1960 con il cortometraggio «I paladini diFrancia», in collaborazione con Giulio Giannini, con ilquale in seguito ha prodotto poi numerosi film a disegnianimati tra i quali: «Castello di carte» (1962), «La gazzaladra» (1964, premiato al Festival di Annecy), «Alì Babà»,«Turandot», e «Pulcinella» (che ha ottenuto una nomi-nation ai Premi Oscar nel 1974 nella categoria dedicataai soggetti per film di animazione). Ha realizzato boz-zetti per i più importanti teatri italiani e stranieri. Si èoccupato anche di illustrazione per l’infanzia producen-do alcune opere di cui è autore anche del testo letterario(«Tarantella di Pulcinella», «I tre fratelli») e illustrandole fiabe italiane di Italo Calvino nonché diversi testi e fi-lastrocche di Gianni Rodari. Ha illustrato, nel 1976, «Do-dici Cenerentole in cerca d’autore» di Rita Cirio dal qua-le Gennaro Vitiello ha tratto lo spettacolo «La storia diCene-rentola à la manière de...». Autore di numerose pub-blicazioni, è stato inoltre uno dei maestri del Palio di Astinonché autore del logo dello stesso Palio, di cui ha rea-lizzato i drappi offerti alla Collegiata di San Secondo.Nel porto antico di Genova è attivo da inizio anni duemilaun museo che porta il suo nome. Il Comune di Genovagli ha conferito il prestigioso «Grifo d’Oro».

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A.L.I. Penna d’Autore © All rights reserved

LUZI MARIO (Sesto Fiorentino 1914-Fi-renze 2005) - Ha studiato a Siena e a Firen-ze, laureandosi nel 1936 in letteratura fran-cese, materia che ha successivamente inse-gnato presso l’Università di Firenze. La pri-ma sua esperienza poetica avviene nel se-gno dell’ermetismo («La barca», 1935). Con«Avvento notturno» del 1940 si manifestaun forte simbolismo di gusto decadente cheutilizza presenze favolose per dar voce adomande esistenziali pressanti. Un cambia-mento di rotta avviene con due raccoltepubblicate negli anni dell’immediato dopo-guerra («Un brindisi», 1946; «Quaderno go-tico», 1947), a cui seguiranno negli anni Cinquanta «Pri-mizie nel deserto» (1952) e «Onore del vero» (1957): ilripiegamento su di sé degli inizi lascia il posto all’accetta-zione della realtà quotidiana e alla speranza di un rinno-vamento delle coscienze e del mondo. Le numerose rac-colte degli anni successivi (tra le quali spiccano «Nelmagma», 1963; «Su fondamenti invisibili», 1973; «Al fuo-co della controversia», 1978; «Per il battesimo dei nostriframmenti», 1971; «Frasi e incisi di un canto salutare», 1990;«Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini», 1994) apro-no un permanente colloquio con gli uomini e con la storia,

talora con aperture alla speranza talora nel-la presa di coscienza delle lacerazioni dellaciviltà. La scelte stilistiche si fanno semprepiù innovative nella direzione del parlato edell’alternarsi di recitativo e canto. La pro-duzione letteraria di Luzi si arricchisce ditesti drammaturgici («Ipazia», 1972; «Rosa-les», 1983; «Hystrio», 1987); di tradu-zionida Shakespeare, Racine, Coleridge; di sag-gi critici. Fra i suoi ultimi libri si ricordano«Vita fedele alla vita. Autobiografia per im-magini», «Vero e verso. Scritti sui poeti esulla letteratura», «Una purissima e anticaamicizia. Lettere di Mario Luzi a Leo», «To-

scana Mater», «Le scintille del tempo», «Poesie ritrova-te», «Parole pellegrine», «Pietra oscura», «Parlate»,«Opusflorentinum», «Mallarmé», «Le nuove paure», «La feritanell’essere», «L’alta, la cupa fiamma», «Il fiore del dolo-re», «Il colore della poesia», «Fiore nostro fiorisci ancora»,«Dottrina dell’estremo principiante», «Discorso naturale»,«Colloquio. Un dialogo con Mario Specchio», «Che c’è inquel vorticare della vita dentro i suoi recinti?» e «Lascia-mi, non trattenermi» (postumo). Nel 2004 il Presidente del-la Repubblica Carlo Azelio Ciampi lo nomina senatore avita.


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