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ENESAG RESEARCH...tavole dei consumatori ingre-dienti di produzione sintetica. E’ il caso di molti...

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La rivista degli specialisti della Gastronomia, Ristorazione e Alimentazione ENESAG RESEARCH Studi e approfondimenti sull’evoluzione del mondo del food e non solo... Numero 18, Dicembre 2019 Ivano Zinelli Photographer
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La rivista degli specialisti della Gastronomia, Ristorazione e Alimentazione

ENESAG RESEARCH

Studi e approfondimenti sull’evoluzione del mondo del food e non solo...

Numero 18, Dicembre 2019

Ivano Zinelli Photographer

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ENESAG R ESEARCH FORMA

e INFORMA

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ZUCCHERI NELLA PASTICCERIA EUROPEA

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LA VARIETA’ NUTRACEUTICA DEL CARDO

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MICROBIOTA, DISBIOSI ED OBESITA’

Pagina 2 ENESAG RESEARCH

SOMMARIO Le Rubriche

FO-

Accademia Italiana

Gastronomia e Gastrosofia

Ivano Zinelli Photographer

ENESAG R ESEARCH FORMA e INFORMA

EDITORIALE DEL PRESIDENTE: Tecnico della Tracciabilità ed Etichettatura nell'Agroalimentare

Questo mese riprendiamo il viaggio tra i mestieri del settore agroalimentare, parlando del "Tecnico della Tracciabilità ed Etichettatura nell'Agroalimentare". Questa figura è responsabile della progettazione del sistema di tracciabilità, fondamentale per ricostruire la "vita" di un alimento, ingrediente, mangime, animale destinato alla produzione alimentare, a monte e a valle rispetto all'azienda che opera la trasformazione. Al tecnico spetta organizzare, nel rispetto della normativa vigente, le informazioni relative a metodo di produzione, origine geografica, categoria, composizione del prodotto ai fini dell'etichettatura, diretta a sua volta a favorire la trasparenza delle informazioni sul prodotto al consumatore. Le attività svolte dal Tecnico riguardano in particolare: - identificazione degli operatori e dei prodotti in tutti gli anelli della filiera; - definizione dei flow sheet della filiera; - rilevazione e registrazione delle informazioni che descrivono il processo di trasformazione del prodotto; - realizzazione dell'analisi di criticità di un processo produttivo; - utilizzo di schemi di tracciabilità coerenti; - scelta fra le diverse tecnologie di identificazione automatica dei dati; - implementazione dello scambio elettronico dei dati; - integrazione di un sistema di tracciabilità interna; - gestione di un efficace sistema di comunicazione. Il Tecnico della Tracciabilità ed Etichettatura nell'Agroalimentare deve inoltre avere una conoscenza approfondita delle normative italiane ed europee in materia alimentare, deve conoscere i processi di filiera agroalimentare ed essere esperto dei sistemi di qualità nelle imprese e nelle filiere agroalimentari. Di sicuro un tecnologo o comunque un laureato in Scienze dell'Alimentazione e Gastronomia è avvantaggiato in quanto conoscitore di tutte le materie di base.

Matteo Robustella

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IVANO ZINELLI

PHOTOGRAPHER

Un artista,

grande professionista, che

grazie al nostro

lavoro, la nostra

Passione,

IL FOOD,

ho avuto la fortuna di

incontrare per una

nuova collaborazione

Una persona veramente piacevole da incontrare,

ma quello che trasmettono le sue immagini

sono vere emozioni. Non vi è mai successo

di guardare un’immagine e non poter più fare a meno

di desiderare quello che è stato fermato in quello scatto?

Bene, a me è successo nel suo studio. Una sola cosa mi ha lasciato

un po’ amareggiato: mi ha fatto venire una voglia matta

di quel latte fantastico che usciva dal bicchiere e poi...

non ne aveva da offrirmi.

FOTO DI IVANO ZINELLI PHOTOGRAPHER

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miche, mediche, botaniche e genetiche, definiscono i pro-dotti ed i metodi di produzio-ne. Ad esempio, nella prima metà del Novecento si è svi-luppata una maggiore atten-zione alla provenienza bota-nica del Miele, la cui produ-zione fino a quel momento aveva visto solo un insieme di elementari riforme tecno-logiche. Così, per dimostrar-

ne la provenienza, negli anni ’70, grazie alle innovazioni scientifiche nel campo bota-nico, viene messa in atto una caratterizzazione dei mieli uniflorali, con le prime analisi melissopalinologiche, l’esplo-razione e la quantificazione dei granuli pollinici rimasti come residuo in un miele. Il Glucosio Uno dei nuovi ingredienti

identificati dalla Scienza è stato il Glucosio, conosciuto anche come Destrosio. Seb-bene sia stato scoperto verso la metà del XIX secolo, è stato grazie allo sviluppo in-dustriale del ‘900 che è stato possibile produrlo su larga scala in Europa. Oltre ad essere la primaria fonte ener-getica a livello fisiologico per l’uomo, questo zucchero ha trovato ampio sviluppo sia nell’arte della Pasticceria, come ad esempio nella lavo-razione dello zucchero, che nella Pasticceria Industriale. Già nel trattato Il pasticcere e confettiere moderno di Giuseppe Ciocca del 1907, appare co-me ingrediente fondamentale per la preparazione del Fon-dant. Ed è presente anche nei ricettari del Cordon Bleu, scuo-la di cucina e pasticceria fon-data a Parigi nel 1892, per la preparazione di sciroppi uti-lizzati per la creazione di vere e proprie sculture di zucche-ro, proprio per la sua pro-prietà di evitare la formazio-ne di cristalli. Nell’industria, viene ampia-mente utilizzato per le sue caratteristiche. Infatti, allunga la conservabilità e migliora la lievitazione dei prodotti da forno, oltre ad accentuarne la reazione di Maillard, e favori-sce la morbidezza e l’untuosi-tà nella produzione di cara-melle, nella confetteria e nei ripieni. Per queste ragioni il Glucosio è divenuto, quindi, un elemento essenziale da accompagnare allo Zucchero,

L’influenza scientifica e lo sviluppo industriale La fine del XIX secolo ed il ‘900, rappresentano un perio-do molto interessante per quanto riguarda il campo della Pasticceria. Infatti, le scoperte scientifiche in campo chimico, medico, bo-tanico, genetico e non solo, oltre a permettere uno svi-luppo industriale senza pre-

cedenti, identificano nuovi ingredienti alternativi o addizionali allo Zucchero. La Scienza riveste, quindi, un ruolo fondamentale, in quan-to da un lato quella ingegneri-stica e tecnologica contribui-scono ad un miglioramento dei macchinari e delle struttu-re, permettendo una maggio-re efficienza e quindi una maggiore produzione, e dall’altro lato le scoperte chi-

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ZUCCHERI NELLA PASTICCERIA EUROPEA Dalle origini alle innovazioni del XX-XXI Secolo

Parte 2

Le scoperte scientifiche in campo chimico, medico, botanico, genetico e non solo, oltre a permettere uno sviluppo industriale

50%, questo inficia in manie-ra molto ridotta sui livelli glicemici, motivo per cui è inserito in molti prodotti per diabetici. Ingredienti alternativi per il benessere del consuma-tore E’ proprio l’incremento di patologie metaboliche, ma anche di quelle neurodege-nerative e dei tumori, che segna un profondo cambia-mento nell’industria e nella Pasticceria. Infatti, poiché negli anni ‘90, in un’ottica prettamente commerciale, l’attenzione si sposta dall’efficienza di pro-duzione e dalle vendite dei prodotti ai bisogni del consu-matore, nel Marketing dell’in-dustria alimentare subentra il concetto di Benessere. E’ proprio questo che porta quindi l’industria e la Pastic-ceria a ricercare nuovi ingre-dienti, che possano essere utilizzati per prodotti speci-fici per soggetti affetti dalle

patologie del 3° Millennio o che abbiano delle caratteristi-che nutrizionali tali da contri-buire alla prevenzione di queste stesse patologie. Zuccheri Naturali Cominciano quindi ad essere utilizzati zuccheri alternativi naturali, come ad esempio i Polioli, presenti naturalmen-te nella frutta e nella verdura, anche conosciuti come Po-lialcoli, in quanto formati per metà da zuccheri e per metà da alcol. Tra questi vi sono: il Maltitolo (E965), il Sorbitolo (E420), il Mannitolo (E421), l’Eritritolo (E968) e lo Xilito-lo (E967). A partire dal 2000, questi edulcoranti hanno trovato ampio utilizzo in moltissimi prodotti, sebbene miscelati tra loro e con altri zuccheri, in quanto il loro retrogusto non è particolarmente piace-vole. Altro dolcificante natu-rale, usato soprattutto in pro-dotti specifici per diabetici, è la Stevia, importata dal Sud America in cui è conosciuta già da millenni per le sue pro-prietà medicinali. Ne è stato autorizzato il consumo da parte dell’EFSA, solo dopo il 2010 in quanto prima era considerata genotossica. La Scienza, quindi, ha per-messo di introdurre nell’indu-stria e nella Pasticceria ingre-dienti che rispettino e man-tengano lo stato di Benessere dei consumatori.

nella Pasticceria non dome-stica. Isomalto (E953) Uno degli effetti delle scoper-te scientifiche è stata, quindi, l’introduzione di nuovi ele-menti nella Pasticceria, al fine di migliorare i prodotti e la produzione degli stessi. Oltre al Glucosio, un altro esempio è l’Isomalto. Scoperto negli anni ’60, a seguito di un pro-cesso di idrogenazione del Saccarosio, è stato introdotto in Europa solo dopo gli anni ’90. Ad oggi l’Isomalto trova lar-go impiego in quasi tutti i prodotti dolciari ed, inoltre, è diventato una valida alternati-va, se non migliore, allo Zuc-chero nella lavorazione dello zucchero artistico. Ha, infatti, la caratteristica di assorbire meno acqua, perciò risulta avere una tenuta migliore. Fondamentali risultano però le sue caratteristiche nutrizio-nali: venendo assorbito a li-vello intestinale solo per il

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ZUCCHERI NELLA PASTICCERIA EUROPEA Dalle origini alle innovazioni del XX-XXI Secolo

Parte 2

E’ proprio l’incremento di

patologie metaboliche, ma

anche di quelle neurodegenerati

ve e dei tumori, che segna un

profondo cambiamento

nell’industria e nella Pasticceria

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Ad esempio, l’Aspartame è una molecola composta da Metanolo, Fenilalanina e Aci-do Aspartico. Quest’ultimo è un precursore del Glutamma-to, un neurotrasmettitore eccitatorio del Sistema Ner-voso Centrale. Quindi, un consumo in eccesso di questo dolcificante potrebbe provo-care neurotossicità. Conclusioni

E’ indubbio, quindi, che le innovazioni scientifiche ab-biano rappresentato una svol-ta nel campo della Pasticce-ria. Grazie allo sviluppo indu-

striale, infatti, il dolce, da lusso per pochi o da elemen-to prettamente di festa, è entrato quotidianamente sulle tavole degli europei. Questo consumo sfrenato ha contribuito però allo svilup-po delle cosiddette Patologie del 3° Millennio. Ed è vero che la Scienza ha cercato di ovviare a questa problematica portando il concetto di Be-nessere nella Pasticceria e nell’industria. Ma è altrettan-to vero che gli interessi indu-striali e la conseguente disin-formazione di massa, abbia-

Zuccheri di Sintesi Le innovazioni scientifiche hanno anche portato sulle tavole dei consumatori ingre-dienti di produzione sintetica. E’ il caso di molti dolcifi-canti artificiali quali, ad esempio, l’Aspartame (E951), l’Acesulfame-K (E950) e la Saccarina (E954). Questi dolcificanti trovano ampio utilizzo in molti pro-dotti dietetici. Sebbene siano autorizzati dall’EFSA, molte ricerche scientifiche hanno messo in evidenza i loro ef-fetti nocivi.

Questo consumo sfrenato ha contribuito però allo sviluppo delle cosiddette Patologie del 3° Millennio

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ZUCCHERI NELLA PASTICCERIA EUROPEA Dalle origini alle innovazioni del XX-XXI Secolo

Parte 2

sebbene non si abbia alcuna intolleranza o patologia. Ep-pure il Diabete come seguito della Celiachia è all’ordine del giorno. Perché? Basta guarda-re le etichette di questi pro-dotti. Il Glutine è un legante. Per creare un prodotto senza di esso è, quindi, necessario trovare delle sostanze che svolgano la stessa funzione. Ecco quindi, additivi, zucche-ri e grassi in grandi quantità. E questi non sono casi isolati e unicamente relativi al setto-re dolciario. Tanto per citar-ne altri, si pensi al consumo di panna vegetale e margarina nella dieta vegana. Allora viene da chiedersi, è davvero il Benessere al centro dell’at-tenzione? Come può effetti-vamente questo concetto essere applicato nell’industria

e nella ristorazione? Dando per scontata una sana informazione, dovrebbe es-servi una stretta collaborazio-ne tra Scienza ed industria, tra Nutrizione e Pasticce-ria. Una collaborazione priva da qualsiasi conflitto d’inte-ressi, che punti sull’applica-zione ai fornelli dei concetti scientifici. Una nutrizione culinaria, una Pasticceria Nu-trizionale se così si può defi-nire. E magari sarà proprio in direzione di questa nuova disciplina che si orienterà l’evoluzione dell’Arte Bianca. Dott.ssa Giulia Frank

Esperta in Nutrizione e Pastry Chef

no portato a delle idee di Be-nessere completamente illu-sorie. Basti pensare al falso mito dello Zucchero di Canna. Nell’ideale comune, questo è legato ad un concetto di Be-nessere, come antagonista dello Zucchero Bianco. Ep-pure, andando a vedere nel dettaglio la sua natura chimi-ca, non vi è alcuna differenza. Certo è che, subendo un pro-cesso in meno di raffinazio-ne, questo presenta dei mi-cronutrienti come Sali mine-rali in misura maggiore. Ma nell’organismo ha i medesimi effetti sulla glicemia e sull’in-sulina, oltre ad avere lo stesso apporto calorico. Si pensi anche ai dolci Glu-ten-Free. Nell’ideale comu-ne, il Glutine è un nemico

Il Glutine è un legante. Per creare un prodotto senza di esso è, quindi, necessario trovare delle sostanze che svolgano la stessa

funzione.

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ZUCCHERI NELLA PASTICCERIA EUROPEA Dalle origini alle innovazioni del XX-XXI Secolo

Parte 2

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violetto-azzurro, sono riu-niti in un’infiorescenza a capolino; il relativo asse fiorale, di altezza variabile dai 40 ai 250 cm, si presen-ta eretto e robusto, ramifi-cato durante la fioritura e fornito di foglie alterne. Il cardo viene anche detto alternativamente carciofo selvatico, caglio, cardo spi-noso. Riconducibili a tali denominazioni esistono precisi detti, testimonianze, leggende. Sembra che le antiche popolazioni itali-che impararono dagli ani-mali ad avvicinarsi a que-sto cibo selvatico e ad oggi talpe, istrici e cinghiali ne mangiano le radici. Già dai tempi antichissimi,

germogli e semi servirono per produrre il caglio dei formaggi, pur se solo al ‘500 risalgono le prime testimonianze di un utiliz-zo effettivo in cucina. Infi-ne la sua caratteristica di presentare spine viene at-tribuita, secondo credenze mitologiche, alla morte di Dafne e alla conseguente reazione della Terra di far nascere una pianta spinosa a causa del dolore provato. Prime tracce del cardo so-no state rinvenute in Etio-pia e, successivamente, anche nei corredi funebri conservati nelle tombe egi-zie, per poi diffondersi in tutti i paesi del Mediterra-neo.

Il cardo (Cynara carduncu-lus altilis) è un ortaggio invernale dalle caratteristi-che molto peculiari e, pur ricordando il sedano per la forma, la sua famiglia bota-nica di appartenenza è quella delle Asteracee, os-sia quella del carciofo, da cui si distingue per il note-vole sviluppo delle coste. Si tratta di una pianta erba-cea perenne in natura, an-nuale in coltura, che so-pravvive per mezzo dei suoi frutti di colore grigia-stro scuro screziato, gli acheni, simili a semi, e di gemme poste a livello della superficie del terreno. I fiori, generalmente di di-verse sfumature di colore

Il cardo (Cynara cardunculus altilis) è un ortaggio invernale dalle caratteristiche molto peculiari

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LA VARIETA’ NUTRACEUTICA DEL CARDO

Nell’opera “Storia Natura-le” di Plinio si cita il cardo tra gli ortaggi più pregiati e preziosi; questa originaria intuizione sulla ricchezza di tale pianta si è in effetti tradotta in un vero e pro-prio patrimonio di caratte-ristiche nutraceutiche, at-tualmente oggetto di studi e percorsi di ricerca. Esistono innanzitutto mol-te varietà, tutte accomuna-te da una composizione propria di un vegetale ric-co di proprietà funzionali. La prioritaria presenza di acqua per il 94%, che ne conferisce un ridotto ap-porto calorico (17 Kcal), seguita da 4,07% di carboi-drati, 1,6% di fibre alimen-tari, 0,7% di proteine e 0,1% di grassi, si accompa-gna ad una buona concen-trazione di sali minerali, come potassio, ferro, so-dio, calcio e fosforo, oltre che di un contenuto vita-minico rappresentato dalle vitamine del gruppo B, vitamina C e folati. A que-sto profilo si aggiungono poi preziosi fitonutrienti. Le specie di cardo coltiva-bili in Italia sono numero-se: il Gobbo di Nizza Monferrato, dalla forma a uncino, è l’unico che può essere consumato anche crudo, essendo coltivato al buio e sotterrato; il Gigan-te inerme, quello di Asti e

di Bologna sono tipologie senza spine; il Chieri e Gi-gante di Romagna sono specie via via più spinose; il cardo triste ha fiori rosso scuro, mentre il cardo alato predilige zone umide. Si aggiunge poi una parti-colare tipologia selvatica conosciuta al Sud e nelle isole come il “cardo maria-no” (Silybum marianum), a cui la tradizione attribuisce le maggiori proprietà bene-fiche. Detto anche "Cardo selvatico benedetto" o "Cardo della Madonna", esso cresce allo stato spon-taneo e viene utilizzato in cucina come il cardo colti-vato.

Contrariamente ad altre verdure, il gelo è fonda-mentale per rendere più tenera la consistenza del gambo, la parte commesti-bile del cardo; a tale scopo si è poi perfezionata, per alcune tipologie, la tecnica di coltivazione dell’imbian-camento, ossia la crescita in assenza di luce, tramite fasci di plastica nera o altri materiali o interramento, piegando la pianta di lato verso il basso e ricopren-dola di terra fino al mo-mento della raccolta. In questo modo si ottiene un prodotto sicuramente me-no fibroso e amaro, il cui sapore, che assomiglia a

una particolare tipologia selvatica conosciuta al Sud

e nelle isole come il “cardo mariano”

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LA VARIETA’ NUTRACEUTICA DEL CARDO

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Il cardo mariano è una pianta i cui frutti e semi sono stati usati per secoli come alimento e tratta-mento fitoterapico, con azione depurativa, disin-tossicante e protettiva ri-spetto ai disturbi del fegato e delle vie biliari. E’ dietro al suo nome botanico che si nasconde la componente cruciale responsabile del complesso delle sue pro-prietà. Il principio attivo medicinale va, infatti, sotto il nome di “silimarina” e si trova concentrato nello strato proteico esterno dei frutti, gli acheni. La silima-rina, in particolare, è un potente agente antiossi-dante con uno specifico tropismo per il fegato ed è costituita da una miscela di 6 flavolignani (silibina A e B, usualmente in isocon-centrazione, isosilibilina, silidianina, silicristina, iso-silicristina) e da un flavo-noide (taxifolina). Questi componenti, tra i quali la silibina che, nelle sue for-me isomeriche A e B, rap-presenta quella a prevalen-te concentrazione (dal 50 al 70 % della silimarina) e azione bioattiva, sono in grado di influenzare le concentrazioni epatiche e bilirubiniche di siero, non-chè la lipoperossidazione nel fegato. Attraverso que-

ste azioni, si può contribui-re all’effetto epatoprotetti-vo riscontrato in molti, ma non in tutti, gli studi clinici a disposizione; i differenti risultati rilevati sono per lo più attribuibili alla bassa biodisponibilità della sili-marina, sia a causa di uno scarso assorbimento a li-vello intestinale, che di un accentuato metabolismo nel primo passaggio a livel-lo epatico. Tale limitazione può, tuttavia, essere bypas-sata attraverso la tecnica farmaceutica e, nello speci-fico, complessando la so-stanza in un fitosoma con fosfatidilcolina, che ne au-menti la solubilità conser-vando il beneficio antiossi-dante. L’estratto secco di semi di cardo mariano viene quin-di commercializzato come integratore alimentare e, a causa della sua natura lipo-fila, solitamente sommini-strato sottoforma di capsu-le/compresse, il cui conte-nuto è standardizzato in base al contenuto di silibi-na. Sono stati effettuati studi mirati sul complessi-vo metabolismo e traspor-to della silimarina/silibina e sul relativo impatto sulla farmacocinetica di altri farmaci utilizzati; sebbene si possa potenzialmente verificare un processo ini-

quello del carciofo con sfumature che ricordano vagamente il sedano, è sta-to recentemente riscoperto e ricercato in cucina. Il consumo di questo or-taggio nella nostra dieta si associa a varie proprietà, da un’azione antinfiamma-toria verso reni, intestino e cute, a una funzione galat-togena, di stimolazione

della produzione di latte materno, alla capacità di contribuire a regolare i li-velli di glicemia e coleste-rolo nel sangue, come rile-vato da uno studio del 2016. Focalizzandosi sulle diver-sificazioni nutraceutiche specifiche del cardo maria-no, si possono individuare vari spunti di approfondi-mento.

E’ dietro al suo nome botanico che si nasconde la componente cruciale

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LA VARIETA’ NUTRACEUTICA DEL CARDO

bente nei confronti di alcu-ni enzimi metabolici e tra-sportatori di farmaci, la probabilità che tali effetti si manifestino in contesti clinici non è significativa, quanto meno allo stato attuale della ricerca. Pur se un uso tradizionale del cardo mariano è noto da tempo rispetto al tratta-mento di fegato e vie bilia-ri, solo dagli anni 70’ la silimarina è stata isolata dai semi della pianta e ricono-sciuta in fitomedicina co-me una sostanza in genera-le ben tollerata; nel 1986 il cardo mariano è stato così approvato e diffuso negli Stati Uniti come integrato-re per il trattamento delle malattie del fegato e am-piamente utilizzato, soprat-tutto per malattie epatiche alcoliche, cirrosi, epatite virale acuta e cronica ed effetti epatici indotti da chemioterapia e, in genera-le, da tossine e quindi, spe-cificatamente, in casi di intossicazioni causate da etanolo, droghe, farmaci tra cui il paracetamolo, ve-leni, tra cui la falloidina, caratteristica di funghi ve-lenosi come l’Amanita Phalloides. Gli studiosi hanno potuto constatare un’efficacia pro-tettiva attribuibile soprat-tutto alla contemporanea

capacità di questo compo-sto vegetale di, da un lato, stimolare la sintesi e l'atti-vità di enzimi responsabili delle vie di disintossicazio-ne e, dall’altro lato, inibire invece la via dei mediatori infiammatori e dei radicali liberi. Più dettagliatamente studi di laboratorio dimostrano che la silimarina è in grado di stabilizzare le membrane cellulari, inibendo il legame delle tossine ai relativi re-cettori degli epatociti, im-pedendo di fatto l'ingresso di sostanze chimiche tossi-che e aumentando la sinte-si delle proteine epatiche. Parallelamente viene favo-rita la rigenerazione del tessuto epatico, in quanto viene alterata la concentra-zione intracellulare di un potente antiossidante, il

glutatione, riducendo la produzione di radicali libe-ri e la perossidazione lipi-dica. I flavonolignani modulano infatti diverse vie di segna-lazione cellulare e inibisco-no il metabolismo dell'aci-do arachidonico, con con-seguente riduzione della formazione di mediatori pro-infiammatori. Le ricer-che condotte negli ultimi anni hanno in particolare dimostrato che il flavonoli-gnano prevalente, la silibi-na, può ostacolare due dei principali fattori della coa-gulazione del sangue, trombina e FXa. I flavonolignani acquistano così rilevanza nei correlati studi in qualità di potenzia-li agenti citotossici diretti verso determinate linee cellulari tumorali, probabil-

I flavonolignani modulano infatti

diverse vie di segnalazione cellulare

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LA VARIETA’ NUTRACEUTICA DEL CARDO

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cazioni degli estratti di car-do mariano, bisogna tener presente casi di calcoli bi-liari, al fegato o alla cistifel-lea, oltre a valutare il suo leggero effetto ipertensivo e lassativo. Nel complesso gli effetti collaterali non sono rilevanti, ma è neces-sario considerare anche che le relative interazioni con specifiche molecole e trattamenti terapeutici so-no ancora oggetto di speri-mentazione. La silimarina risulta quindi uno dei composti nutra-ceutici di origine vegetale più studiato e più diffuso nella fitoterapia, per il qua-le è ancora necessario si-stematizzare lo stato di conoscenza su struttura molecolare, chimica, meta-bolismo e biodisponibilità; sicuramente non si tratta di un termine alla portata del nostro linguaggio quotidia-no nel momento in cui ci accingiamo a fare la spesa. Il cardo è infatti comunque in grado di associare a un’articolata varietà nutra-ceutica un suo più tradizio-nale utilizzo in cucina; in tal senso si può fare riferi-mento alla ricetta più clas-sica a base di cardi, la ba-gna cauda, simbolo della gastronomia del Piemonte e citata nel rinomato libro settecentesco di cucina “Il

Cuoco Piemontese”, così come a un apparentemente più semplice contorno di verdura, che richiede in realtà cura e tempo nella preparazione e il cui brodo è spesso utilizzato nella tradizione natalizia, anche quest’anno ormai immi-nente. Laura Lo Presti, Dott.ssa specialista in Scienza dell’Alimentazione e Ga-stronomia.

Bibliografia

Jakub Šuk, Jana Jašprová, David Biedermann, Lucie Petrásková,

Kateřina Valentová, Vladimír Křen, Lucie Muchová, Libor Vítek .“Isolated Silymarin Flavo-noids Increase Systemic and

Hepatic Bilirubin Concentra-

tions and Lower Lipoperoxida-

tion in Mice”, 2019 Feb. Ashraf A, Mahmoud PA, Reda

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Michel HE, Nasr M. “Silymarin and silymarin nanoparticles

guard against chronic unpredict-

able mild stress induced depres-

sive-like behavior in mice: in-

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Xie Y, Zhang D, Zhang J, Yuan

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lymarin”, 2019 Oct. “Milk Thistle”. LiverTox: Clini-cal and Research Information on

Drug-Induced Liver Injury

[Internet]. Bethesda (MD): Na-

tional Institute of Diabetes and

Digestive and Kidney Diseases;

2012-2014 Jan.

mente incrementando l'ef-ficacia di alcuni fattori che-mioterapici, come dimo-strato in cicli cellulari di cancro alla prostata o di leucemia. Un ulteriore futuro e pro-mettente campo di applica-zione della silimarina, spe-cialmente in forma di na-noparticelle, si riscontra nel trattamento della de-pressione, sia a seguito di una sua azione antiossidan-te e antinfiammatoria, sia per la sua capacità di in-durre una maggiore neuro-genesi nella corteccia pre-

frontale e nell'ippocampo. I flavonolignani esercitano allora effetti benefici non solo a livello epatico e si possono avere ulteriori riscontri promettenti anche nella protezione di pan-creas, reni, miocardio e del sistema nervoso centrale. Per quanto riguarda, infi-ne, potenziali controindi-

La silimarina risulta quindi uno dei composti nutraceutici di origine vegetale più studiato e più diffuso nella fitoterapia,

Pagina 12 ENESAG RESEARCH

LA VARIETA’ NUTRACEUTICA DEL CARDO

E anche oggi abbiamo fatto qualcosa...E ora, dopo aver

messo in ordine lo studio mi fermo un attimo nel silenzio ovattato pensando al futuro

prossimo con un po’ di Ottimismo. Alcuni clienti che si erano diretti in altre

avventure sono tornati, alcuni nuovi sono arrivati

con la convinzione e la fiducia che faremo delle

belle e buone fotografie per i loro prodotti...ma io continuo la ricerca di

Imprenditori Illuminati che vogliono dare uno smalto

nuovo alle immagini dei loro prodotti, farle emergere da quelle dei loro competitors tutte uguali. Noi faremo in

modo che le fotografie si fac-ciano vedere e ricordare. Sia-

mo qui e vi aspettiamo. Ivano Zinelli Photographer

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IVANO ZINELLI

PHOTOGRAPHER

Ivano Zinelli Photographer

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do sostanze dannose per lo sviluppo dei microrganismi quali acidi grassi a catena corta (acido propionico, butirrico, acetico) e pro-dotti secondari come eta-nolo e anidride carbonica. Stiamo parlando proprio del microbiota, di cui ab-biamo già trattato in un precedente articolo. Il microbiota come sappia-mo, è costituito da centi-naia di specie batteriche, che svolgono tantissime attività nel nostro organi-smo, prima tra tutte quella

di difesa. Tuttavia a volte intervengono alcuni fattori come l’uso eccessivo di antibiotici, lo stile di vita, l’immunodeficienza e l’in-fezione da parte di micror-ganismi patogeni che spo-stano l’ecosistema verso uno squilibrio, la disbiosi. Questa condizione causa un disturbo dell’associazio-ne tra sistema immunitario e la flora batterica intesti-nale, portando ad un’alte-rata riposta immunitaria e a disturbi funzionali ga-stroenterici. In particolare conosciamo sei tipi di disbiosi: Disbiosi deficitaria o ca-renziale: dieta carente di fibre solubili, associata a sindrome del colon irrita-bile o a intolleranze ali-mentari da carenza di enzi-mi batterici Disbiosi putrefattiva: ali-mentazione ricca di protei-ne e grassi che portano i batteri ad adottare un me-tabolismo di tipo putrefat-tivo con produzione di metaboliti tossici Disbiosi fermentativa: ele-vata presenza di carboidra-ti complessi nella dieta che portano ad un’eccessiva fermentazione batterica o malassorbimento Disbiosi da sensibilizzazio-ne: abbiamo una risposta immune anomala alla mi-croflora intestinale, dovuta

Ogni giorno veniamo in contatto con milioni di batteri, che potenzialmente possono provocare infe-zioni se colonizzano il no-stro organismo. Fortunata-mente, a difenderci inter-viene non solo il nostro sistema immunitario, ma anche i batteri virtuosi che vanno a costituire la flora batterica intestinale. Essi agiscono ricavando il nutrimento da alcuni ali-menti che introduciamo con la dieta, tra cui protei-ne e carboidrati, producen-

Ogni giorno veniamo in contatto con milioni di batteri

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MICROBIOTA, DISBIOSI ED OBESITA’: Una relazione difficile

spesso a fattori genetici predisponenti Disbiosi da funghi: alimen-tazione ricca di zuccheri e alimenti raffinati e povera di fibre, con una sovracre-scita di funghi come Can-dida Albicans Disbiosi da rotavirus: i ro-tavirus possono trovarsi nelle acque e possono con-taminare l’intestino attra-verso il consumo di ali-menti infetti. Sono respon-sabili della maggior parte dei casi di diarrea fra lat-tanti e bambini Non bisogna comunque disperare: si tratta di una patologia curabile, a volte anche solo tramite un cam-biamento dell’alimentazio-ne che fa bene a tutta la salute e non solo ai batteri buoni nostri amici. Alcuni studi hanno inoltre dimostrato anche che la disbiosi, oltre a provocare fastidiosi disturbi a livello del tratto gastrointestinale (pancia gonfia, dolori ad-

dominali, diarrea) può es-sere correlata ad una situa-zione di obesità. In parti-colare l’analisi condotta su un gruppo di ratti obesi, indica un aumento del 50% dei Firmicutes e una riduzione del 50% dei Bac-teroides. L'obesità è un problema sanitario mondiale che in-fluisce negativamente sulla qualità della vita. Recente-mente è stato scoperto che la composizione e le fun-zioni metaboliche del mi-crobiota intestinale sono in grado di influenzare il suo sviluppo, sia nel bambino che nell’adulto. Attualmen-te il metodo più diffuso per trattare l’obesità grave è la chirurgia bariatrica, accompagnata da un’ade-guata e sana alimentazione ed è interessante il fatto che la flora batterica inte-stinale aiuti efficacemente nella perdita di peso dopo questo trattamento. Per comprendere meglio il suo

contributo, è stato effet-tuato uno studio in cui ve-niva confrontata la compo-sizione del microbiota in-testinale umano di persone obese e magre provenienti da sei diverse località geo-grafiche, dimostrando che questa differiva a seconda di ogni posizione. Dallo stesso studio è anche emerso che sebbene la composizione microbica dei pazienti obesi fosse specifica per ogni Paese, le funzioni metaboliche gene-rali sembravano essere le stesse. È innegabile che questi “batteri buoni” siano no-stri potenti alleati. Per evitare di danneggiarli, provocando uno squilibrio, la soluzione è molto più semplice del previsto nella maggior parte dei casi: è necessario ascoltare quello che il nostro corpo ci co-munica e adottare un’ali-mentazione sana, che per-metta al nostro microbiota di svolgere il suo lavoro. Serena Grandi

Fonti:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/

pubmed/31681211

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/

pubmed/31703257

È innegabile che questi “batteri buoni” siano nostri potenti alleati

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MICROBIOTA, DISBIOSI ED OBESITA’: Una relazione difficile

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https://www.leapidipapa.com/

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....

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Ente Nazionale Esperti in Alimentazione e Gastronomia Via degli Olmetti, 44 Formello 00060 ROMA

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Numero 17, Novembre 2019

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