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Era 2000 Gennaio 2011

Date post: 28-Jun-2015
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Era 2000 mensile di cultura e turismo. Gennaio 2011. www.era2000online.net
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Pubblicazione mensile - Anno XIV Num. 147 dicembre / gennaio 2011- Free Press Era2000, lo slancio vero della cultura! Welcome 2011 !! il borgo più bello d It al ia Acquavite It al ia 2011 Vinitaly US TOUR” “il ruggito della vita”: Ligabue in mostra a Fiernze Art First a Bologna il “Mediterraneo” in mostra a Genova Luci d’Artista a Torino MARIO MONICELLI il ricordo VENEZIA itinerando made in Italy
Transcript
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Era2000, lo slancio vero della cultura!

Welcome 2011 !!

il borgo più bello d’Italia

Acquavite Italia 2011

“Vinitaly US TOUR”

“il ruggito della vita”:Ligabue in mostra

a Fiernze

Art Firsta Bologna

il “Mediterraneo”in mostra a Genova

Luci d’Artistaa Torino

MARIO MONICELLIil ricordo

VENEZIA itinerando

made in Italy

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E D I T OR

IAL

E

V orrei parlare dell’atmosfera che avvolge questo periodo, “ golosa e magica” come canta uno swing natalizio che adora mia

figlia. Finalmente arrivano quei giorni nei qua-

li si pensa alle vacanze, alla neve e ai regali…

Gli splendidi mercatini del nord Italia aspettano

bambini e curiosi, nelle sale cinepanettoni ci

permettono di sollevarci, almeno per due ore,

dalle piccole “nugae” quotidiane. Itinerari col-

mi di deliziose delizie per il palato e per il no-

stro spirito ravvivano le città e i paesi che si

accendono di luci e di grida gioiose di bambi-

ni. Tempo di regali, scelti tra le infinite bontà

della nostra enogastronomia o tra i raffinati

merletti, ceramiche e terracotte dello splendido

artigianato italiano. Opere d’arte e musei aperti

al pubblico colmano la nostra sete di cultura, e

osserviamo rapiti l’antico genio dei nostri avi…E

se per caso i fantasmi dei natali passati venisse-

ro a visitarci, come racconta Dickens nel Canto

di Natale, possiamo sempre ricordare i successi

nella nostra storia e “ una risata li seppellirà”…

Felice Natale dalla redazione di Era2000.

Il Direttore,Stefania Legumi

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Direttore Editoriale Antonio Guerrieri

Direttore Responsabile Stefania Legumi

CaporedattoreCaterina Guerrieri Hanno Collaborato:Sara Paradisi, Renato Rovetta, Cassandra Nail, Maria Scoscia, Cinzia Mortolini, Rossana Furfaro,Franco Baccarini, Agata Preziosa, Francesco Fiumarella, Maria Stella OddiMichele De Luca, Umberto Zonin, Armando Zonin, Sergio Mattioli, Luisa De Salvo Progetto Grafico/Impaginazione Caterina Guerrieri

Direzione e Amministrazione Via Hanoi, 2 06083 • Bastia Umbra (PG)Tel. 075 8005389Fax.075 [email protected]

Marketing e PubblicitàAltea NatalinoAprea CarmelaRiganelli Giada

Editore E.G.I. s.r.l. Reg. Tribunale di Perugia N. 24 del 18/07/1996 Stampa Properzio srl diBastia Umbra (PG)

Le opinioni espresse impegnano solo la responsabilità dei singoli autori. Tutto il materiale inviato, anche se non pubblicato, non sarà restituito e resterà di proprietà dell’editore.

S O M M A R I ON A Z I O N A L E

Christmas Village pag. 08Art your food pag. 09Le macchine di Leonardo pag. 11Itinerario Veneziano pag. 12Mario Monicelli pag.14 Premio Scialoja pag. 16Il bambino che sognava i cavalli pag. 17Misteri d’Italia pag. 19Il Teatro della Tosse pag. 22Netmage 2011 pag. 23Mediterraneo in mostra pag. 24 Arte Fiera pag. 25Chardin pag. 26Luci d’Artista pag. 27Ligabue in mostra pag. 30Famiglie al museo pag. 31Cobra pag. 34Umbria Jazz Winter pag. 38Talenti made in Italy pag 40La questione meridionale pag. 43Almagno “legni e segni” pag. 46Salvatore Sava pag. 47Il Cristo Rivelato pag. 50Tre strade per mille sapori pag. 51Maestri del Gusto pag. 51Itinerario Veneziano pag. 52La Tarantella pag. 53Artigiano in fiera pag. 54Vinitaly US Tour pag. 54Sereno Magrì pag. 55Acquavite Italia 2011 pag. 58Il borgo più bello d’Italia pag. 59Caprai pag. 60Mercatini di Natale pag. 61

Num.147 Anno XIV dic/gen 2011

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L’Ecliss della bella Milano presenta il...

Christmas Village

Ecliss Milano è uno dei più rinomati spazi espositivi de-dicati all’arredamento e al

complemento d’arredo della casa, alla decorazione e al tempo libero. 1.500 mq dedicati a soluzioni esclusive che interpretano lo spirito di ogni desi-derio ed accompagnano il cliente alla ricerca dell’oggetto giusto al momen-to giusto. Ecliss propone un’accurata selezione di collezioni eleganti e raffi-nate appartenenti ai migliori marchi internazionali. La collaborazione tra i giovani manager di Ecliss ed il bril-lante direttore artistico Fabio Orso-lini, ha permesso la realizzazione del Christmas Village che quest’anno vie-ne riproposto come That’s Christmas. In occasione del Natale infatti - dal 28 ottobre al 31 dicembre - lo spazio espositivo milanese viene animato da scenografie accattivanti che conduco-no i clienti in un’esperienza emozio-nante ed irripetibile. Un allestimento sfarzoso e sofisticato che ripropone un universo fantastico in cui niente vie-ne lasciato al caso ed ogni prodotto viene esposto con grande attenzione. I clienti vengono trasportati dalla sug-gestione di luci, colori, ombre e musi-che e vivono una reinterpretazione del Natale assolutamente singolare. That’s Christmas è un originale allesstimento di molteplici scenari per l’esposizione di proposte selezionate per essere uni-che ed assolutamente ricercate: deco-razioni e presepi della migliore mani-fattura, vaste offerte di luci, lussuose soluzioni per la tavola delle feste, mo-

bili e complementi esclusivi, raffinate idee regalo. Cuore dell’allestimento è il Bosco, luogo incantato in cui vi-vono i folletti, personaggi misteriosi che accompagnano il visitatore in

un’atmosfera ancestrale e mitica fatta di luci ed ombre che si fondono per regalare degli effetti ottici assoluta-mente suggestivi e catalizzanti. That’s Christmas, il Natale è qui... e basta!

L’Ecliss si trova a Milano zona Ripa di Porta Ticinese 73 - info allo 02.58106280 o all’indirizzo mail [email protected]

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di Caterina Guerrieri

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Art your FoodMilano, New York e Los Angeles

insieme per l’International Migration ART Festival

di Agata Preziosa

3 Concorsi, tre città, tutti uniti per l’IMAF Festival che si terrà nel

2011 contemporaneamente a New York, Los Angeles e Milano. Il tema della prima edizione dell’Imaf è Art your food. Gli artisti che parteci-pano al concorso dovranno ispirarsi al connubio cibo e migrazione. Il Festival nasce per una necessità fisiologi-ca dettata dal cambiamento della nostra società verso un flusso migratorio crescen-te. Il bando è aperto fino al 10 dicembre, i vincitori tra i quaranta finalisti saran-no premiati il 20 marzo del 2011 al Teatro dal Verme di Milano. Una giuria di esper-

ti decreterà il successo dei vincitori offrendo agli stes-si opportunità concrete di veder realizzate la propria arte e genialità. Il cibo visto come cordone ombelicale che lega il migrante e il suo paese di origine, come arca-dia di sapori e odori correlati da un gusto differente e un differente utilizzo di spezie e alimenti. Cibo come trade d’union tra popoli di cultu-re e storie diverse. Le sezioni del concorso Art Your Food sono quattro, Film, lette-ratura, arte visiva e musica. Il promotore del concorso è l’Associazione Eat Art, che si trova in via Grancini, 4 a Milano.

A chi è rivolto: il Concorso è aperto alla partecipazione di artisti creatori di opere originali, da loro stessi ideate, che dovranno essere caricate sul sito web IMAF, secondo le modalità meglio specificate in seguito (cfr. Art. 4 - Come partecipare). Al momento dell’iscrizione i concorrenti devono essere

maggiorenni nello stato in cui hanno legalmente la residenza. Anche se le iscrizioni sono aperte ad artisti di ogni eta’, allo scopo di dare spazio e risalti ai nuovi talenti, il Promotore del Concorso ha riservato una quota pari al 75% delle partecipazioni ad artisti di eta’ inferiore ai 35 anni. Non potranno partecipare al Concorso o ricevere i premi in palio le persone appartenenti alle seguenti categorie a)

fondatori, impiegati o agenti dell’Associazione Eat Art e/o di qualsiasi sponsor e partner tecnico della manifestazione IMAF, o di fornitori di premi; b) membri della famiglia (genitori, figli, fratelli e consorti indipendentemente dalla loro residenza) e/o coloro che risiedono nella stessa casa di fondatori, impiegati o agenti dell’Associazione Eat Art e dei membri della Giuria e del Comitato.

Linee guida:

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Come partecipare: nel periodo di apertura del Bando di Concorso gli artisti dovranno visitare il sito http://www.imafestival.com, seguire le indicazioni per iscriversi al Concorso e per completare la scheda di partecipazione in lingua italiana. Dopo aver creato un’opera d’arte originale sul tema combinato di Cibo e Migrazione, che possa essere inclusa in una della quattro

categorie proposte, ed essersi registrati gli artisti potranno caricare la propria opera (Opera Partecipante) che deve essere conforme alle Linee Guida indicate in seguito. Ogni artista potrà inscrivere al massimo due opere per ogni categoria sempre che ogni Opera Partecipante sia conforme al presente Regolamento. Ogni Opera Partecipante deve essere originale, creativa, e di interesse

per l’intera comunità artistica internazionale. Caricando la propria Opera Partecipante ogni artista conferma che la propria Opera Partecipante sia conforme alle Linee Guida e che il Promotore, secondo il suo insindacabile giudizio, possa rimuovere dal sito e squalificare l’Opera Partecipante dal Concorso nel caso ritenga che non sia conforme alle Linee Guida.

Film: cortometraggi di massimo dieci (10) minuti di lunghezza,

documentari di massimo quindici (15) minuti di lunghezza,

puntate pilota di una serie o di un magazine o di un TG web di massimo cinque (5) minuti di lunghezza.

I video dovranno essere caricati in formato FLV, H-264, Mpeg-4, risoluzione 640x360, 30 fotogrammi al secondo, audio MP3

Letteratura e Poesia:

racconti brevi della lunghezza massima di 5000 battute spazi esclusi;

poemi della lunghezza massima di 5000 battute spazi esclusi

Le opere dovranno essere caricate in formato PDF. Sono ammesse opere esclusivamente in lingua italiana.

Musica:

Brani musicali inediti della durata massima di 8 minuti.

Sono ammessi al Concorso tutti i generi di musica, in qualsiasi lingua presentati da gruppi o da cantanti solisti. I brani dovranno essere caricati in formato MP3, stereo 44.100hz e 128kbit.

Arti Visive:

dipinti, sculture, fotografie.

Le opere suddette dovranno essere caricate in formato JPEG di dimensioni minime 640x480, massime 1280x1024.

Video arte :

Le opere suddette dovranno essere caricate seguendo i parametri della categoria Film e installazioni. Le opere suddette potranno essere caricate sia in formato JPEG con le dimensioni indicate sopra che in formato video seguendo i parametri della Categoria Film. www.imafestival.com

REGOLAMENTO:

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A Venezia, presso la Chiesa di San Barnaba, troviamo la mo-stra permanente “Le Macchine

di Leonardo Da Vinci”. Qui possiamo ammirare le opere dell'uomo che ha anticipato la progettazione dell'elicot-tero, del paracadute, del ponte girevole, della sega idraulica, del prototipo del carro armato, del cuscinetto a sfera, del guanto palmato del palombaro e del re-spiratore. Il mistero che avvolge la crea-tività geniale di questo incredibile esper-to di scienza e grande artista ancora ci affascina. “ E lirato dalla mia bramosa voglia, vago di vedere la gran copia delle varie e strane forme fatte dall'artifizio-sa natura, raggiratomi alquanto infra gli ombrosi scogli, pervenni all'entrata d'una gran caverna: dinanzi alla quale, restato alquanto stupefatto e ignorante di tal cosa, piegato le mie reni in arco e ferma la stanca mano sopra il ginocchio, e colla destra mi feci tenebre alle abbas-sate e chiuse ciglia; e spesso piegandomi in qua e in la per vedere se dentro vi di-scernessi alcuna cosa; e questo vietatomi per la grande oscurità che là entro era. E stalo alquanto, subito sa se in me due cose, paura e desidero: paura per le mi-nacciante e scura spilonca, desidero per vedere se la entro fusse alcuna miraco-losa cosa”( Codice Arundel,155 recto). L'uomo della ragione, secondo cui ogni più piccola cosa ha una sua funzione ed una sua influenza rispetto alla realtà, ha coinvolto in un progetto monumenta-le Paolo Tarchiani e Rita Nelli, titolari dell'azienda Matart, che da anni stu-diano la meccanica dei suoi disegni. 40

modelli dedicati al tema del volo, della guerra, dell'ingegneria civile, dell'idrau-lica e della meccanica. La lavorazione di questi moderni capolavori è interamen-te artigianale ed utilizza materiali dell'e-poca come legno, cotone, ottone, ferro e corda. Direttamente al computer si crea il disegno tecnico per elaborare poi le proporzioni ed i meccanismi dei model-li. Il lavoro coordinato di tanti specialisti del XXI secolo alacremente si confronta con la mente di un solo uomo vissuto nel 1500 ed esperto di tutte le arti e del-le scienze. Una sfida impari che inevita-bilmente porta alla vittoria di uno solo, del Genio, unico e irripetibile. Le mac-chine di Leonardo sono perfettamente funzionanti e possono essere usate e vi-sionate dal pubblico. Una mostra unica nel suo genere che porta alla conoscenza profonda del lavoro fatto da Leonardo nell'osservazione della natura e nella verità delle cose. L'evento è stato reso possibile grazie anche alla collaborazio-ne del prof. Carlo Pedretti, direttore del “Armand Hammer” presso l'Università della California, uno dei massimi esper-ti di questioni leonardesche. Dai dise-gni dei Codici di Leonardo l'azienda Niccolai, ha sviluppato, tramite le tra-dizioni dell'artigianato fiorentino, una collezione privata di macchine di Leo-nardo che ha ottenuto riconoscimenti a livello mondiale. Negli ultimi dieci anni si sono realizzate cento esposizioni nel mondo. Per chi vuole confrontarsi con il Sommo Maestro e per chi ama spe-rimentare e approfondire il linguaggio della scienza.

Chiesa di San Barnaba, Campo San Barnaba 2771 Dorsoduro Venezia

Aperto tutti i giorni dalle ore 9.30 alle 19.30Info: 339.7985464Fax: 0583.312252email: [email protected]

Biglietto interoPrezzo intero: 8 €Biglietto ridottoPrezzo ridotto: 5 €Gruppi e scolaresche (min. 15 persone): 3 €

Sono disponibili visite guidate su prenota-zione telefonica oppure via email.IN

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di M. Stella Oddi

a VENEZIA

LE MACCHINE DI LEONARDO da Vinci

il genio che ancora affascina il nostro secolo

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RIALTO:

quando gli incontri non hanno temposi immette lungo la Riva degli Orefici, un vivace brusio attira verso il Canale. Già in Campo San Giacomo intorno al pozzo e davanti all’antichissima Chiesa le voci si materializzano in centinaia di volti, corpi di gente proveniente da tutto il mon-do. Ascoltano musica, “ciacolano”,entrano ed escono dai locali che soprattutto all’esterno hanno conservato il loro caratteri-stico aspetto di botteghe, ma all’interno hanno spesso preferito un arredo decisamente attuale e molto accattivante. Ognuno di essi si è ritagliato un piccolo e prezioso spicchio di plateatico che magicamente si affaccia lungo la riva occidentale del Ca-nal Grande, ai piedi del Ponte di Rialto. Tra tavolini e panche di legno o più moderne sedie di alluminio si possono gustare una gran quantità di cibi che vanno dai tradizionali “cichetti veneziani” ai nuovi sapori della cucina d’avanguardia e ai piatti fusion. La qualità degli alimenti è garantita dal vicino mercato, in cui di giorno i titolari si recano personalmente a compra-re pesce, frutta e verdura, scelti secondo l’orologio stagionale. Ci sono locali che offrono piatti molto raffinati (foiegras pepe e champagne, insalata di tonno con sakè e avocado, ostriche fine de binic, special du beòcadoret) o curiose combinazioni di sushi e carne cruda piemontese. Altri hanno optato per gusti più rustici con ricche offerte di salumi e formaggi provenienti dalle più svariate regioni italiane. Per gli appassionati del buon bere, in una terra famosa per i vini non possono mancare cer-to quelli di ottima qualità selezionati tra le migliori cantine, e long drinks preparati con tutti i crismi, che spaziano tra Cai-

Sulla sponda occidentale del Canal Grande c’era una volta Rialto, un fitto intreccio di botteghe,magazzini e abitazioni in cui si concentravano le attività finanziarie e

le più importanti magistrature legate all’economia veneziana. C’era una volta intorno a Rialto un gran viavai di venezia-ni e turisti che dal ‘500 ad oggi continuano ad animare uno dei primi insediamenti della città, alla cui originaria disposi-zione del mercato deve la sua attuale toponomastica: Pesca-ria, Erbaria,Beccaria e ruga degli Orefici. Esattamente come allora, da qualche anno questa zona rappresenta il punto più interessante e alla moda per tutti gli amanti della night life o di coloro che desiderano incontrarsi, mangiare, bere, ballare e nello stesso tempo conoscere uno spaccato della Venezia più suggestiva, sospesa tra la magia delle sue atmosfere immobi-li nel tempo e lo stupore del design più innovativo. Giovani intraprendenti o esperti ristoratori hanno aperto nuovi locali, pub, cichetterie, wine bar spesso restaurando gli antichi de-positi e magazzini, come ad esempio il pubblico banco mer-cantile sotto i portici di destra. La sera, dalle 19.00 in poi, ma il sabato e la domenica anche poco prima dell’ora di pranzo, non appena si arriva all’ultimo gradino del Ponte di Rialto e ci

di Dott.ssa Luisa De Salvo

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piriña, Gin Tonic, Margarita e Mohito... Per sfatare il mito di una città che si sveglia e si addormenta presto seguendo i ritmi della luce,Rialto si è riappropriata della sua storia letteraria eha chiesto a Casanova di risvegliare i veneziani offrendo loro spa-zi dove poter “tirar tardi la notte” in un divertente incontro di profumi, sapori,persone e culture. In alcuni locali, aperti fino alle due di notte è possibile ascoltare musica dal vivo o ballare in ambienti con luci soffuse e decisamente allettanti. C’è anche chi ha pensato di ricreare l’ambiente marinaro della più antica tradizione veneziana, arricchendolo con qualche piccolo tocco di raffinatezza: un pianoforte a coda bianco che dopo le 23 vie-ne inevitabilmente circondato dagli amanti dei balli più sfrenati e un pavimento di vetro che lascia vedere le stelle marine su una sabbia tropicale. Probabilmente Casanova, che amava tanto questa zona per le donne e i colori chela illuminavano, avrebbe scelto quei locali, il cui secondo piano, grazie alla luce morbida delle candele e alle pareti in mattoni a vista, riporta indietro ad un tempo in cui il romanticismo e il calore dei rapporti umani avevano un sensoprofondo. Per la varietà, allegria e originalità dei suoi locali,andare a Rialto non è un “must”, ma un piace-redell’anima prima che del palato e della vista.Viviamo questo piacere, incontriamoci a Rialto!

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Se n’è andato l’ultimo grande autore del cinema italiano: Mario Monicelli. Ed in fondo l’ha fatto come ci sarebbe stato da aspettarsi, in barba a chi si sorprende oggi, in

questo giorno dopo di dolore per tutti coloro che amano il cinema, l’intelligenza, l’arguzia, l’ironia. Monicelli, a 95 anni, era ancora attivissimo, pieno di progetti, con il suo ultimo film datato 2006 (“Le rose del deserto”) e nessuna intenzione di considerarlo l’ultimo, per sempre. Al di là di qualche lieve in-certezza nel camminare, fino a poco tempo fa si sapeva di uno stato di salute fisico straordinario di Monicelli; neanche a par-lare di quello intellettivo, migliore di tantissimi giovani! Non sappiamo la verità, e dobbiamo rispettare il suo ultimo gesto. Ma, come detto, non sorprende che un uomo come Monicel-li non amasse una lenta fine inattiva, sofferente, da badante e, nella migliore delle ipotesi, da centro anziani. Un altro grande toscanaccio longevo, Indro Montanelli, non aveva mai fatto mistero della sua intenzione di non attendere il lento, ed a volte drammatico, cammino del deterioramento, e che non avrebbe esitato a farla finita, qualora lo avesse ritenuto necessa-rio per sé. Al di là di dibattiti pro-eutanasia (o suicidio assistito o suicidio tout court) o pro-life, che in questo caso non ci deb-bono interessare (se ne parla sin troppo dalla terza puntata del programma di Fazio e Saviano), qui si tratta soltanto di ricor-dare e rispettare uno dei più intelligenti maestri del nostro ci-nema, il più grande in assoluto in termini di genere commedia. Già diversi anni or sono avevo definito Monicelli il maestro delle risate di amara ironia. Di risate e di geniale ironia Moni-celli ce ne ha regalate in grande quantità; l’amarezza ce l’ha re-galata con il suo ultimo, rispettabile, gesto. Mario Monicelli, viareggino di nascita ma mantovano di origini familiari, classe 1915, respira sin da giovanissimo l’aria dell’arte e della cultura, grazie soprattutto al padre Tommaso, giornalista e dramma-

QUELLA GENIALE ED AMARA IRONIARicordo di Mario Monicelli

di Franco Baccarini

turgo. Svolge i suoi studi, liceo classico e facoltà di Storia e Fi-losofia, tra Pisa e Milano; in quest’ultima città si dedica al gior-nalismo ed al cinema amatoriale, specialmente in compagnia di Alberto Mondadori, con il quale gira un mediometraggio già nel 1935, intitolato “I ragazzi della via Paal”, che riceve una menzione al Festival di Venezia. Collabora in qualità di sceneg-giatore e di aiuto-regista con registi come Mattoli, Genina, Machaty, Camerini e, soprattutto, Mario Soldati, Giuseppe De Santis (“Riso amaro”, 1949) e Vittorio De Sica (“I bambi-ni ci guardano”, 1944). Il primo lungometraggio del regista toscano, seppur in coppia con Steno (Stefano Vanzina), è del 1949 e s’intitola “Al diavolo la celebrità”, ed è una commedia brillante con Misha Auer. Dello stesso anno è “Totò cerca casa” (1949); poi, da ricordare: “Guardie e ladri” (1951 - con la grande accoppiata Totò-Aldo Fabrizi), “Un eroe dei nostri tempi” (1955 - con Alberto Sordi e Franca Valeri), “Donatella” (1956 - con Gabriele Ferzetti ed Elsa Martinelli che per questo film si aggiudica l’Orso d’Oro come miglior attrice protagoni-sta al Festival di Berlino), “I soliti ignoti” (1958 - uno dei gran-di capolavori della “commedia all’italiana”, Nastro d’Argento quale miglior film dell’anno), “La grande guerra” (1959 - stra-ordinaria pellicola con Alberto Sordi e Vittorio Gassman; si aggiudica con ampio merito il Leone d’Oro al Festival di Ve-nezia), “I compagni” (1963 - con Marcello Mastroianni, no-mination all’Oscar), “L’armata Brancaleone” (1966 - con Vit-torio Gassman), “Brancaleone alle crociate” (1969), “Romanzo popolare” (1974 con Ugo Tognazzi), “Amici miei” (1975), “Caro Michele” (1976), “Un borghese piccolo picco-lo” (1977 - con Alberto Sordi), “Il marchese del Grillo” (1981 - sempre con Alberto Sordi), “Amici miei - Atto II” (1982), “La doppia vita di Mattia Pascal” (1985 - con Marcello Ma-stroianni nei panni del personaggio pirandelliano), “Speriamo

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che sia femmina” (1986), “Parenti serpenti” (1991), “Panni sporchi” (1999), “Le rose del deserto” (2006). Il principale me-rito di Mario Monicelli è quello di aver dato vita a commedie con stile, compattezza, originalità, valide e curate sceneggiature, profondità d’analisi della quotidianità dell’uomo medio; e, so-prattutto, l’aver saputo trasporre sul grande schermo quell’ama-ra ironia che è il filo rosso che attraversa ed unisce tutta la sua opera. Da considerare anche la bravura nello scoprire nuovi interpreti e nel ben amalgamare i suoi cast. Un carattere non facile, come tutti i “toscanacci”, ha sempre amato tanto fare ci-nema, ma molto meno andare al cinema. Come spettatore, Monicelli si è sempre molto annoiato. Famoso per uscire sem-pre ben prima della fine del film proiettato in sala; “Tanto ho già capito tutto, e non mi va di perdere tempo”, è la sua frase più gettonata che la compagna ricorda sempre con il sorriso; così come ricorda il suo continuo borbottare durante la visione di un film. Nello scorrere la sua filmografia ho accennato ad alcu-ni premi conquistati con “Donatella”, “I soliti ignoti”, “La gran-de guerra”; ma il palmarès personale di Monicelli è ben più ricco. Può sembrare scontato per un autore apprezzato da così tanti decenni, ma non è così. Difatti, è estremamente difficile per un autore di “commedie” ricevere il riconoscimento delle giurie dei festival e della critica in generale. Molti sono i David di Donatello ed i Nastri d’Argento ricevuti per “Amici miei”, “Un borghese piccolo piccolo”, “Speriamo che sia femmina”, etc.. Può perfino sorprendere la Grolla d’Oro e l’Orso d’Argen-to al Festival di Berlino per “Il marchese del Grillo”; assoluta-mente da ricordare il meritatissimo Leone d’Oro alla carriera a Venezia nel 1991. Ne “I soliti ignoti” (1958), Monicelli rag-giunge la più alta vetta mai raggiunta dalla “commedia all’italia-na”. Un cast d’eccezione: Vittorio Gassman, Marcello Mastroi-anni, Totò, Claudia Cardinale, Renato Salvatori, ma anche alcuni caratteristi straordinari come Carlo Pisacane (“Capan-nelle”) e Tiberio Murgia (“Ferribotte”). Di quest’ultimo si rac-conta come Monicelli stesse cercando l’archetipo del classico siculo. A Roma, si dice nei pressi di Piazzale Clodio, Monicelli al volante della propria auto vede Murgia, di ritorno dal lavoro in cantiere, alla fermata del bus. Resta “fulminato”; è proprio quello il volto che stava cercando. Unico problema: il suo sici-liano-tipo è sardo, ed i dialoghi nel film con Claudia Cardinale (Murgia parla in sardo, lei risponde in francese) vengono poste-riormente doppiati in italiano! Monicelli spronava Murgia ad assumere la stessa espressione che l’aveva colpito alla fermata del bus, ripetendogli il diktat “Altero, Murgia, altero!”. Originale la costruzione narrativa del film; eccellente l’organizzazione del cast e l’amalgama tra grandi interpreti ed altrettanto straordina-ri caratteristi. Già l’anno successivo Monicelli si ripete con un altro capolavoro della storia del cinema italiano: “La grande guerra” (1959), con due grandissimi attori spesso presenti nella filmografia del regista viareggino, vale a dire Vittorio Gassman ed Alberto Sordi. Tra gli altri interpreti: Silvana Mangano, Fol-co Lulli, Bernard Blier, Romolo Valli, Vittorio Sanipoli, Nicola Arigliano e Tiberio Murgia. Scritto da Monicelli, in compagnia

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di Age (Agenore Incrocci), Furio Scarpelli e Luciano Vincen-zoni, il film rappresenta un’inedita ricostruzione del processo storico nazionale, una lettura piuttosto originale ed anticon-formista del primo conflitto mondiale 1915-18. Il genere “commedia” è dirottato da Monicelli verso temi politici e so-ciali, pur nella leggerezza delle trovate brillanti e nel dualismo padano-romano cui danno vita i soldati Giovanni Busacca (V. Gassman) ed Oreste Jacovacci (A. Sordi). Coraggiosa la scelta della giuria del Festival di Venezia nel premiare con il Leone d’Oro ex-aequo la commedia di Monicelli e “Il generale della Rovere” di Roberto Rossellini. Nel decennio d’oro degli anni Sessanta, vanno ricordati anche “I compagni” (1963) e “L’ar-mata Brancaleone” (1966). Nel decennio successivo, Monicel-li si ritrova a dover sostituire Pietro Germi in “Amici miei” (1975). Difatti, Germi muore all’inizio della lavorazione del film. Monicelli, con l’ausilio di sceneggiatori del calibro di Leo Benvenuti, Piero De Bernardi e Tullio Pinelli, dà vita ad una commedia di straordinaria amara ironia, campione di incassi della stagione, dirigendo poi il secondo episodio della serie (ma si rifiuta, poi, di girare il terzo, che viene assegnato dal produttore a Nanni Loy). Dopo il trionfo di “Amici miei”, Monicelli è atteso ad un altro successo di critica e di pubblico: “Un borghese piccolo piccolo” (1977), dal primo romanzo di Vincenzo Cerami, racconta le peripezie di un funzionario sta-tale prossimo alla pensione (il dottor Vivaldi, interpretato da un insolito Alberto Sordi) per trovare un posto fisso al ben poco brillante figlio Mario (l’attore -anch’egli recentemente scomparso- Vincenzo Crocitti, una lunga carriera oscura di caratterista e di comparsa in quel di Cinecittà, fino a questo suo film-svolta). Il giovane viene accidentalmente ucciso da un rapinatore proprio la mattina delle prove di concorso per un’assunzione già “sicura” grazie all’intervento dell’ambiguo dottor Spaziani (un ottimo Romolo Valli). Imprevedibile la

vendetta di Vivaldi-Sordi. Un film che scorre tra grottesco, commedia e dramma. Ma Monicelli non vuol dire solo cine-ma. Nella sua carriera trovano posto numerosi documentari (anche in anni recenti), spiccano anche alcune regie teatrali e di opere liriche (“Rosa”, 1981; “Gianni Schicchi”, 1983 - in occasione del “Maggio Musicale Fiorentino”; “Cavalleria Ru-sticana”, 1990 - per l’Accademia Chigiana di Siena). Inoltre, ricordiamo fiction televisive come, ad esempio, “Come quan-do fuori piove” (2000). Grazie di tutto, Mario!

Nell’ambito delle iniziative culturali promosse dalla Fondazione Toti Scialoja, costituita il 19 maggio 2000 per volontà testamentaria di Ga-

briella Drudi e in ottemperanza dei desideri di Toti Scia-loja (Roma, 1914 – 1998) sono stati istituiti un Premio

Al poeta Emilio Zucchi il Premio Scialoja

La manifestazione conclusiva all’Accademia di San Luca a Roma

di Michele De Luca

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per la poesia ed un Premio biennale per i linguaggi artistici. Per la prima edizione del Premio dedicato alla poesia il ricono-scimento è stato assegnato al poeta Emilio Zucchi, nato nel 1963 a Parma, per la sua ultima raccolta Le midolla del male edito da Passigli. Il poeta, che ha alle spalle un ricco e denso lavoro poetico, pubblicato da oltre quindici anni ad oggi, con ampio riscon-tro critico, in numerosi volumi; il poemet-to storico premiato, appena uscito con la prefazione di Giuseppe Conte, ambientato nel 1945-’44 a Firenze, Roma, Parma, Mi-lano, ha ottenuto subito importanti recen-sioni sui maggiori quotidiani italiani. Sul ‘’Corriere della Sera’’ Alberto Bevilacqua ha scritto: “Zucchi elabora tasselli, servendosi di mezzi straordinariamente fusi: la scena teatrale, i referti di cronaca fatti leggenda e, sì, di poesia pura”, e da Roberto Mussapi, che su ‘’Avvenire’’ annota: “‘Emilio Zucchi attesta un mutamento nella poesia italiana, che auspicavo, attendevo e propiziavo da tempo: ritorna il passo dell’epica: lirica e narrazione, visione e dramma si reidentifi-cano come avvenne un tempo e riavven-ne a volte nel corso del tempo. Ritorna la poesia come celebrazione foscoliana della memoria, difesa della specie, affetto frater-no che supera la morte... Poesia importan-te... Versi di potenza visionaria e narrante coincidenti, cosa rara e, oggi, necessaria, benaugurante... Con questo libro di poten-te e vaticinante capacità narrativa e storica, Emilio Zucchi riprende la linea della gran-de letteratura del mito della Resistenza”. Dal canto suo Maurizio Cucchi sul ‘’Tut-toLibri’’ de ‘’La Stampa’’ ha sottolineato: “Zucchi è una “figura tra le più interessanti della generazione di mezzo, è un poeta che non manca di coraggio. Lo dimostra senza equivoci il suo poemetto ‘’Le midolla del male’’... c’è un’autentica accensione inter-na che regge tutto il poemetto, nel quale l’autore riesce a misurare con attenzione i passaggi dal recitativo al canto, con punte verticali di forte tensione drammatica’’. Il premio verrà consegnato giovedì 16 dicem-bre alle ore 17 all’Accademia di San Luca a Roma (Piazza dell’Accademia di San Luca, 77). Nel corso della manifestazione, il poe-ta premiato leggerà alcuni brani del suo li-bro e lo scrittore e giornalista Enzo Golino parlerà dell’opera poetica di Toti Scialoja.

A ltofonte è un paesino vicino Palermo, sede di una potente famiglia mafiosa alleata dei Corleonesi. Qui comanda Cosa Nostra. Giuseppe Di Matteo

senior, detto Zu Piddu, è un vecchio uomo d’onore, passa il tempo al suo podere, prigioniero di dolorosi ricordi. Un giorno di giugno del 2008 si rompe il femore e resta immobilizzato a terra. Mentre aspetta che qualcuno arrivi per aiutarlo, viene assalito da angosciosi pensieri su una vicenda che ha cambiato per sempre la sua vita e quella di molte persone attorno a lui. A cominciare da suo nipote Giuseppe. La storia torna indietro di cinquant’anni con l’uomo che ripensa a suo figlio Santino da bambino che cresce nell’azienda di famiglia e nel mito di Cosa Nostra. Santino, all’apparenza, è come tanti suoi coetanei, ma nella sua doppia vita è il soldato mafioso Mezzanasca. Sposa l’infermiera Franca Castellese,

Sinossi “IL BAMBINO CHE SOGNAVA I CAVALLI”

Pino Nazio (Sovera, in libreria dal 26 ottobre 2010)

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dal matrimonio nasce Giuseppe Di Matteo, seguito dal fratello Nicola. Giuseppe fa amicizia con il latitante Giovanni Brusca che è andato a vivere a casa di Santino. Cosa Nostra è nelle mani di Totò Riina, ma la Cupola mafiosa, al maxiprocesso istruito da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, subisce la prima sconfitta. La vendetta del Capo dei Capi arriva con le stragi; a quella di Falcone e della sua scorta prende parte anche Santino. Mezzanasca viene arrestato e, dopo il suicidio in carcere del suo amico Antonino Gioè, decide di collaborare. Un giorno il piccolo Giuseppe Di Matteo, mentre si trova al maneggio, viene rapito da un commando che agisce per conto del suo amico di videogiochi Giovanni Brusca. Franca è disperata ma deve sottostare alla volontà del suocero che invece di andare alla polizia chiede aiuto ai vecchi uomini d’onore. Franca avverte Santino che deve prendere una terribile decisione: interrompere la collaborazione o continuare ad accusare gli amici mafiosi. Giuseppe vive l’adolescenza passando da un rifugio all’altro, in un calvario che coinvolge un centinaio di uomini del disonore di Palermo, Trapani e Agrigento, sotto la gestione di Brusca. Giuseppe Di Matteo. Zu Piddu riceve videocassette e fotografie del nipote prigioniero insieme a minacce di non recarsi dagli sbirri. Santino, dopo un lungo travaglio, convinto che la sorte del figlio sia ormai segnata, decide di continuare a collaborare: si apre il processo per la strage di Capaci che lo vede tra i principali accusatori. Tutta la Sicilia è messa a soqquadro nel tentativo di scoprire il nascondiglio, ma il bambino non si trova. Giuseppe è ormai un ragazzo, ha riconosciuto dalle voci alcuni dei suoi aguzzini che erano stati spesso ospiti di suo padre, la sua ultima prigione è un bunker sotterraneo a Giambascio, a pochi chilometri dalla casa dove Franca vive nel dolore e la paura. Santino va in Sicilia determinato a trovare il figlio, riesce ad arrivare a pochi metri da lui, ma un banale errore impedisce di salvarlo. Dal telegiornale Brusca apprende di essere stato condannato all’ergastolo per omicidio, in uno scatto d’ira, decide di sbarazzarsi del “problema Giuseppe” e ordina di ucciderlo e sciogliere il corpo nell’acido. All’esecuzione provvedono tre dei suoi uomini, Giuseppe Monticciolo, Vincenzo Chiodo ed Enzo Brusca, padri di bambini che avevano l’età della loro vittima. Monticciolo, pedinato da tempo, viene arrestato, così come Chiodo: la loro deposizione fa scendere le lacrime a più di un poliziotto e ai magistrati che lo ascoltano. Pochi mesi dopo Giovanni Brusca e gli esecutori dell’omicidio di Giuseppe vengono arrestati nell’agrigentino. La storia torna a un giorno di giugno del 2008. Qualcuno arriva nella casa di campagna dove un vecchio uomo d’onore giace immobilizzato a terra con il femore rotto e mille rimorsi a scorticargli l’anima. È suo nipote Nicola, il fratello di Giuseppe, in compagnia della fidanzatina. Nonno e nipote parlano, Nicola racconta che lo hanno assunto come ragioniere alla Regione Sicilia e che ha intenzione di sposare quella bella ragazza che è con lui. Nicola Di Matteo sarà il primo uomo, dopo molti decenni, a portare il cognome di famiglia e a scegliere di non diventare mafioso.

“Il bambino che sognava i cavalli” 779 giorni ostaggio dei corleonesi

“Ho appena finito di leggere il libro. Mi ha preso, è terribile e struggente, e anche ben documentato. Mi piacciono la chiarezza della scrittura e il ritmo della narrazione”. Vincenzo Cerami

Giuseppe Di Matteo era un bambino come gli altri, sorrideva speranzoso alla vita e amava i cavalli. Troppo piccolo per avere qualche colpa. Il suo peccato originale: essere il figlio di Santino Di Matteo che, dopo le bombe che costarono la vita a Falcone e Borsellino, cominciò a collaborare con lo Stato. Fu il primo collaboratore a rivelare i retroscena delle stragi. Le sue dichiarazioni provocarono una svolta, lo Stato messo all’angolo dagli omicidi dei suoi servitori cominciò a reagire portando duri colpi a Cosa Nostra e mettendo in carcere centinaia di mafiosi. Fu una stagione memorabile che vide la gente in prima fila contro la mafia, a fianco delle istituzioni che infliggevano dure sconfitte all’organizzazione. La storia del bambino rapito dalla mafia la conoscono tutti, ma pochi sanno i fatti che stanno dietro questo terribile avvenimento. Si ricorda genericamente l’episodio, ma non si sa come è avvenuto, e soprattutto perché. In libreria dal 26 ottobre, la docu-fiction racconta per la prima volta tutta la vicenda del piccolo Giuseppe Di Matteo, rimasto nelle mani dei mafiosi per più di due anni. La storia di Giuseppe, la sua tragica fine – ucciso e “cancellato” in una vasca di acido – quella della sua famiglia, i ricordi della madre, Franca, il racconto di suo padre, Santino, l’organigramma mafioso, i meccanismi che muovono l’esercito della mafia costituiscono i tasselli principali del lavoro di Pino Nazio, giornalista, autore del programma di Raitre “Chi l’ha visto?”, nel suo romanzo-verità: “Il bambino che sognava i cavalli”. Una verità crudele tant’è che l’autore ha scelto di lasciare chiuse le pagine di un capitolo: quello che racconta l’assassinio del bambino e la raccapricciante distruzione del corpicino. Un capitolo chiuso che il lettore potrà sfogliare, se sarà in animo di farlo, o lasciare intonso, passando al capitolo successivo senza che il pathos della narrazione ne risenta. “Quando sono arrivato a dover raccontare la parte in cui uccidono il bambino- dice Nazio – è stato, uno dei momenti più drammatici. Non riuscivo a scriverlo. Ho preso gli appunti e ho pregato una mia cara amica di riordinarli, lei li li ha rimessi assieme e stesi in forma un po’ più organica. Una volta riavuto materiale sono riuscito a lavorarci su, come se mi fossi staccato da una storia così drammatica”. Il romanzo-verità di Pino Nazio, realizzato in oltre due anni, nasce non solo da una lunga serie di incontri con il pentito Santino Di Matteo, ma anche da colloqui con i magistrati che si sono occupati del caso, degli avvocati che sono stati a contatto con gli assassini, da minuziose ricerche tra carte processuali che sembravano dimenticate e che oggi rivelano nuovi indizi per ricostruire quel periodo e fare luce su aspetti misteriosi degli attentati di Capaci e via D’Amelio. “Il bambino che sognava i cavalli” è dunque

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uno spaccato sulla mafia, sui suoi intrecci con la finanza e con la politica, sulla cultura e sulla mentalità che ancora oggi condiziona una parte del Sud. Il tentativo dell’autore è quello di non ricorrere alla forma del libro-inchiesta, per inoltrarsi sul terreno del romanzo, della fiction, che – pur mantenendo una totale fedeltà ai fatti - coinvolge il lettore in un crescendo di avvenimenti che finiscono con la sconfitta dei corleonesi di Totò Riina. Giuseppe Di Matteo è il simbolo della fine della mafia stragista e più sanguinaria, che ha contribuito a infliggere agli uomini del disonore decine e decine di ergastoli, a rompere il fronte dell’omertà che proteggeva Cosa Nostra, a infondere nella gente rabbia, indignazione e voglia di spezzare antiche, invisibili, catene. Se la lotta per la legalità in Sicilia oggi è più incisiva, lo si deve al lavoro di coraggiosi magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine, di giornalisti e testimoni, ma anche al piccolo Giuseppe Di Matteo, giustamente definito “il bambino che ha sconfitto la mafia”. Pino Nazio (Roma, 1958) è sociologo, giornalista, ha diretto per 7 anni i canali satellitari di Unire Tv, attualmente firma il programma di Raitre “Chi l’ha visto?”, per il quale si è occupato - tra l’altro - del rapimento di Emanuela Orlandi,

l’omicidio di via Poma e quello di Maurizio Gucci, la banda della Magliana, la strage di Ustica, la banda della Uno bianca . Ha ideato e realizzato per la tv oltre mille servizi, spot, documentari e reportage, in Italia e all’estero. Si è occupato di campagne di pubblicità sociale e di ricerche sul rapporto dei bambini con mafia, televisione, politica, alimentazione. Ha scritto diversi saggi sulla comunicazione: “Le parole della tv”, “Il manuale del giornalista televisivo”, “Chi è della tv”. Questo è il suo primo romanzo. Santino di Matteo (Altofonte 1954) è stato un soldato dei corleonesi, per conto dei quali ha commesso dieci omicidi. E’ stato arrestato e ha deciso di collaborare con la giustizia, aprendo la strada per arrivare alla verità sulla strage di Capaci. Dal 1993 vive sotto falsa identità in una località protetta. Roma, 13 Ottobre 2010

(pp. 392 € 19,50)Ufficio StampaSerena PieralliTel. 06-43413911 - Cell. [email protected]

Misteri d’Italia di Franco Baccarini

“Misteri d’Italia” è il titolo di un’interessante retro-spettiva tenutasi nei giorni scorsi al cinema Trevi di Roma, a cura del Centro Sperimentale di Cine-

matografia, nelle persone di Christian Uva e Pierpaolo De Sanctis, e con la collaborazione dell’Archivio Au-diovisivo del Movimento Operaio e Democratico, di Cinecittà Luce, e delle società Pav, Mir Cinematogra-fica, Movietime e Rosetta Film. Oltre alla proiezione di numerosi film (lungometraggi e corti) dedicati ai tanti, troppi, misteri d’Italia, si sono tenuti incontri e dibattiti che hanno visto impegnati Franco Berni-ni, Daniele Biacchessi, Franco Grattarola, Roberto

Greco, Aurelio Grimaldi, Nino Marazzita, Massimo Martelli, Mario Martone, Luigi Perelli, Roberta Torre, Giorgio De Vincenti, Enrico Magrelli ed altri ancora, tra registi, sceneggiatori, docenti del DAMS dell’Uni-versità Roma Tre. Leggendo le note allegate all’invito stampa che abbiamo ricevuto dall’Ufficio Stampa del Centro Sperimentale di Cinematografia, nella persona di Silvia Tarquini, scopriamo che nel manifesto di un film poco noto del 1994, Strane storie di Sandro Bal-doni, campeggia un’immagine surreale ed inquietante: quella di un enorme squalo che, come piombato dal cielo, ha la testa conficcata nella carcassa di un vagone

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dell’Italicus, il tristemente noto treno Roma-Monaco di Baviera devastato da una bomba il 4 agosto 1974. Uno dei tanti, come detto “troppi”, misteri d’Italia, rimasti tali fino ad oggi. Difatti, per questa come per altre oscure vicende della storia della Repubblica Ita-liana non sono mai stati trovati i responsabili. Una storia oscura, dunque, che fa compagnia – nella storia del nostro Paese così come nella rassegna del Centro Sperimentale cui abbiamo assistito – ai drammatici fatti di Portella della Ginestra, piazza Fontana, Bre-scia, Ustica, Bologna, oltre ai tentati Golpe De Lo-renzo e Borghese, alle discusse e misteriose morti di personaggi straordinariamente lontani tra di loro, quali il bandito Salvatore Giuliano, l’anarchico Giu-seppe Pinelli, Enrico Mattei, Aldo Moro, l’avvocato Giorgio Ambrosoli, Roberto Calvi, fino a giungere alle stragi di mafia degli anni Novanta. Tutte storie che appartengono ai cosiddetti “misteri d’Italia”; nodi apparentemente inestricabili di un passato remoto e prossimo che la rassegna ha ripercorso proiettandone la rappresentazione ed una possibile interpretazione nella cornice del grande schermo. Si è voluto adottare uno sguardo ad ampio raggio, capace di rendere conto del cinema d’autore così come dei casi più rilevanti di quella produzione documentaria e indipendente che ha tentato di fronteggiare questioni cruciali all’inter-no di tale scenario, talvolta attraverso instant-movie. Complementare a tale direttrice è quella dedicata ai modi in cui l’immaginario dei misteri italiani ha tro-vato spazio in un cinema di genere che, attraverso i codici popolari (radicati soprattutto nel filone poli-ziesco degli anni Settanta), ha saputo fotografare le zone più buie della nostra “notte della Repubblica”. Per la cronaca, tra i film presentati durante la rassegna romana, ci piace ricordare alcuni. “Salvatore Giulia-no” (1961) di Francesco Rosi; cronaca oscura dei fatti che hanno condotto alla morte del bandito siciliano Salvatore Giuliano, il cui corpo fu rinvenuto a Ca-stelvetrano la mattina del 5 luglio 1950. “Il sasso in bocca” (1970) di Giuseppe Ferrara, con il titolo che rappresenta lo sfregio che la mafia compie sul cada-vere di un affiliato che ha rivelato segreti ad estranei; il film è stato concepito come un’indagine sulla mo-derna mafia siciliana e sulle sue origini storico-socio-logiche. “Segreti di Stato” (2003) di Paolo Benvenuti, sui drammatici fatti di Portella della Ginestra nella cornice del processo di Viterbo del 1951, offrendone una versione inedita basata su documenti ufficiali e ricerche storiche. “Il caso Mattei” (1972) di France-

sco Rosi, con Gian Maria Volonté nei panni di Enrico Mattei, il presidente dell’Eni che aveva osato sfidare gli interessi petroliferi statunitensi restando vittima, nel 1962, di un misterioso incidente (il jet privato fu sicuramente sabotato, cadendo nei pressi di Melegna-no). “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni so-spetto” (1970) di Elio Petri, anch’esso interpretato da Gian Maria Volonté. Oscar al “miglior film straniero” nel 1971, nonché Grand Prix a Cannes, il film è ben noto e non ha bisogno di parole per essere ricordato. “Ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli” (1970) è se-gnato ancora dall’accoppiata Elio Petri (regista) e Gian Maria Volonté (attore protagonista). Al “caso Pinelli”, la rassegna romana ha dedicato altri spazi, compresi due cortometraggi. A tal proposito, molti sono stati i cortometraggi, tutti interessanti e poco noti (quan-do non pressoché inediti), presentati al cinema Trevi: “Italicus” (1974), di Giampaolo Bernagozzi, Pierluigi Buganè e Vittorio Zamboni, evidentemente dedicato alla strage già citata; “2 agosto 1980: oggi” (2005) e “2 agosto. Stazione di Bologna. Binario 9¾” (2006), entrambi dedicati da Filippo Porcelli alla strage di Bo-logna; molti altri corti presentati a Roma nascono dal progetto NowHere, che coinvolge studenti universita-ri, giovani e cittadini in un’attività di laboratorio, e na-sce all’interno della Facoltà di Scienze della Formazio-ne dell’Università di Bologna.  Un corto di lunghezza superiore agli altri presentati, ventidue minuti per l’e-sattezza, firmato da Daniele Biacchessi ed intitolato “Il filo della memoria” (2001), ha il pregio di sintetiz-zare, con l’ausilio del montaggio di Gianfranco Vietti, un viaggio nel dolore delle vittime lungo le pagine più buie della strategia della tensione, che passa da piazza Fontana alla stazione di Bologna, passando per altre stragi già ricordate in questo articolo. La rassegna ro-mana non si è fatta mancare anche titoli più recenti, toccando altri “fattacci” della storia del nostro Paese, come il film di Michele Placido, del 2005, “Romanzo criminale”, tratto dall’omonimo romanzo di Giancar-lo De Cataldo, e che poi ha dato il via ad un serial tv. Il docente di Roma Tre, professor Christian Uva, ha giustamente parlato di film sulla “peggio gioven-tù” della banda della Magliana, giocando sul titolo di un noto film di Marco Tullio Giordana. Affascinante la rassegna del CSC, che meriterebbe di diventare un libro. I misteri d’Italia intrigano, appassionano, fanno discutere, indignano, coinvolgono, feriscono, anche sul grande schermo.

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Genova...

E UN TESORO DI TEATRO

“ Se nel nostro mondo te-atrale, così pieno di pre-mi, di concorsi, ricono-

scimenti, bilgietti aerei e altre futili solennità si assegnasse finalmente un premio al di-vertimento teatrale, al puro divertimento di fare teatro, cioè al teatro come diversio-ne, deviazione, stravaganza, gioco rispetto al quotidiano.... Se un premio così davvero patafisico ci fosse, saprei be-nissimo a chi assegnarlo: al Teatro della Tosse.” Ugo Volli

GOCCE DI SPETTACOLI

Movimenti del presente

dal: 14/12/2010 al 19/12/2010 Shoot, get the treasure & repeat

Progetto Speciale Accademia degli Artefatti

Le paure e le perversioni insinuate dalle potenze occidentali in attacco

permanente verso il “nemico” al centro dello spettacolo di Mark Ravenhill, che Fabrizio Arcuri mette in scena con 15 attori impegnati in 10 diverse pièces teatrali riunite sotto lo stesso titolo.

sala Dino Campana

dal: 14/12/2010 al 15/12/2010 A life in three acts Bourne/Ravenhill

Conversazioni private tra i due amici, Bette Bourne performer e figura di spicco del movimento di liberazione gay del dopoguerra, e lo scrittore Mark Ravenhill acclamata star della nuova scena inglese.

sala Dino Campana dal: 11/01/2011 al 15/01/2011

Orphans Nim/Amat

Una giovane coppia, il fratello di lei, una t-shirt coperta di sangue e la verità che viene a galla e trasforma il mondo in maniera irrimediabile.Tradizione della rivoluzione

sala Dino Campana dal: 01/12/2010 al 11/12/2010

Don Chisciotte Nuovo Teatro Nuovo

In una sala d’attesa due uomini fuori dal tempo: Don Chisciotte erotomane e istrionesco e il suo scudiero Sancho Panza, sarcastico e razionale parlano e si ascoltano. Una comicità compiaciutamente triviale ma sempre segnata dai temi, saldamente uniti, della follia e dell’urgenza di amore per la regia di Antonio Latella

sala Aldo Trionfo dal: 19/01/2011 al 25/01/2011

2984 2 Teatro della Tosse

Ritorna in una nuova versione pensata per il palcoscenico 2984, la fortunata coproduzione Tosse-Festival della Scienza nata in occasione del 60° anniversario della pubblicazione del romanzo dello scrittore inglese che concludeva la sua ideale trilogia sulla dittatura comunista.

www.teatrodellatosse.it

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La domenica de “La Tosse in Famiglia”

sala Dino Campana dal: 19/12/2010 al 19/12/2010

Alla Locanda del Baleniere ovvero Moby Dick

Teatro Litta

Mille cuori pulsanti abitano Moby Dick a seconda dell’età in cui lo si scopre. Da piccoli, la storia del capitano Achab, della cima aggrovigliata che lo trascinerà

nell’abisso, la storia della balena bianca che viene dalle profondità del mare...

sala Aldo Trionfo dal: 06/01/2011 al 06/01/2011

La Freccia Azzurra Fondazione Aida

La vigilia dell’Epifania è una notte magica per tutti i bambini, che aspettano l’arrivo dei doni da parte della Befana. Ma il povero Francesco rischia di rimanere senza il giocattolo da lui

tanto agognato, un trenino chiamato “La freccia azzurra”...

Fondazione Luzzati Teatro della Tosse onlus Piazza Renato Negri 6/2

16123 Genova (GE) tel. 0102487011 fax 010261488

Botteghino tel. 0102470793 P.IVA 01519580995

[email protected] INFO

Dal 20 al 22 gennaio 2011 Bologna tornerà a cele-brare l’immagine elettronica nel suo continuo e multidisciplinare divenire. Un festival intelligente

che mette a confronto produzioni e progetti culturali relativi all’arte elettronica visiva, musicale e performativa. Dalle istal-lazioni interattive e mutlimediali alla videoarte, dal cinema al web, ai concerti live-set. Netmage è un appuntamento inter-nazionale che si consolida di edizione in edizione e vanta un numero sempre più rilevante di fedeli e proseliti al seguito. Una formula innovativa, tecnologica, ambiziosa... che offre anche una variegata anteprima sull’evolversi delle ricerche provenienti dal mondo dell’arte, del design, del cinema, della musica e delle performance contemporanee. Ospiti di que-sta undicesima edizione, come ogni anno, artisti e gruppi provenienti un pò da tutto il mondo, selezionati a partire da un’ampia rete di contatti e collaboratori e grazie alla diffu-sione del bando internazionale Live Media Floor, una com-petizione che consente di cogliere le meteorologie più im-palpabili delle diverse aree del pianeta. L’undicesima edizione si focalizzerà sull’immagine cinematografica, rivalutando il percorso che dalle esperienze classiche del cinema espanso, si

BOLOGNApresenta

NETMAGE11 L’international LIVE media Festival

di Caterina Guerrieri

apre sulle pratiche di generazioni più recenti.... fatte di pro-getti dalla performativa sensazionale e bizzarra. Sede del fe-stival saranno gli spazi di Palazzo Re Enzo a Piazza Nettuno a Bologna; ideazione e realizzazione sono firmati Xing, network nazionale che sostiene eventi e produzioni contraddistinti da uno sguardo interdisciplinare intorno ai temi della cultura contemporanea con particolare attenzione ai nuovi linguaggi delle tendenze generazionali.

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Il Mediterraneo è un mare chiuso, ospitale, caldo. Le sue onde hanno cullato nei secoli navi, carghi e mercantili che hanno costruito rapporti commerciali e politici tra le

diverse civiltà. Ma il Mare nostrum, così come venne definito dai Romani, non è solo una via commerciale. Le sue acque, i suoi colori e i paesaggi della sua costa sono stati fonte di ispira-zione per gli artisti, soprattutto nella pittura. Lo testimonia la suggestiva mostra di Palazzo Ducale, a Genova, che ospita dal 27 novembre a marzo 2011 ben ottanta dipinti raffiguranti una delle coste più belle del Mediterraneo, la costa francese. Dal 700 al 900 il fascino del mare ha catturato almeno cinque generazioni di pittori francesi. Da Vernet e Robert che aprono la mostra, passando per Paul Guigou e Adolphe Monticelli. E ancora Gustave Courbet con la sua incantevole tela, La spiag-gia a Palavas (1868) sui cui, non certo casualmente, è caduta la scelta come manifesto della mostra. Il quadro illustra un uomo che dalla spiaggia agita un cappello. Di fronte a lui la distesa infinita del mare e il suo, più che un saluto, sembra un segno di riverenza, un inchino all’immenso, alla vastità che non si può contenere in uno sguardo ma solo ammirare. Questo non genera un sentimento di impotenza ma al con-trario di pace, di gioia. Una sorta di riconciliazione con la pro-pria anima. E pensare che fin dal 1958 in L’homme et la mer Baudelaire interpretava bene questa sensazione: “Uomo libero, sempre ti sarà caro il mare. Il mare è uno specchio. Tu contempli

Palazzo Ducale di Genova, fino a marzo 2011di Rossana Furfaro

la tua anima nello svolgersi infinito della sua onda.I capolavori, provenienti da musei e collezioni di tutto il mondo, includono celebri dipinti di grandi impressionisti come Cézanne, Mo-net, Renoir, Boudin e Van Gogh.Quest’ultimo, a proposito dell’itinerario di colori che la costa offriva alla vista, scrisse: “Colore cangiante, non sai mai se sia verde o viola, non sai mai se sia azzurro, perché il secondo dopo il riflesso cangiante ha assunto una tinta rosa o grigia.” Questa “fuggevolezza del colore” , legata ad un particolare momento della giornata, è stata impressa per sempre sulle loro tele, come una fotogra-fia, e la magia rivive nel percorso della mostra. Il vantaggio è che, stando davanti a questi quadri, l’immagine è immobile e durevole nonostante i magnifici accostamenti dei colori che portano ad una fuga verso quegli splendidi paesaggi naturali che poco hanno a che fare con le stanze impolverate di un palazzo. Il percorso continua con il post impressionismo dei dipinti di Signac, Manguin, Camoin solo per dire di alcuni. La sezione dedicata alla pittura dei Fauves è certamente significa-tiva, con quadri di autori quali Matisse, Derain, Marquet, Bra-que, Friesz, Dufy, in quel loro indicare come il Mediterraneo, soltanto pochi decenni dopo, sia cosa quasi completamente diversa rispetto alle visioni di Courbet. Un viaggio nei luoghi e colori del Mediterraneo insomma e detto così sembra quasi una crociera. D’altronde, quando ci troviamo di fronte ad un quadro, non ci facciamo forse trasportare?

ORARIO D’ APERTURA DELLA MOSTRA

Da lunedì a venerdì: ore 9 - 19 Sabato e domenica: ore 9 - 20 Chiuso 24, 25, 31dicembre 2010 1 gennaio 2011: ore 10 - 20 Intero € 10,00

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Arte Fiera nasce negli anni 70 e si rivela - nel corso

delle sue edizioni - come una delle più grandi ve-trine del mercato dell’arte mondiale, nonchè la più importante fiera italiana dell’ambito. Il costante innalzamento qualitativo delle proposte espositive, l’accurata selezione delle gallerie espositrici e l’at-tenzione circa la valenza che le fiere d’arte hanno acquisito per lo stesso mercato, hanno consoli-dato l’identità di Arte Fie-ra come evento di grande prestigio che avvicina al collezionismo e al merca-to dell’arte un pubblico sempre più vasto... valo-rizzando e promuovendo altresì la ricerca artistica italiana dai primi anni del 900 alle tendenze attua-li. La 35 edizione di Arte Fiera si terrà dal 28 al 31 gennaio 2011, nel quar-tiere fieristico di Bologna. Le Gallerie saranno ol-tre 200, per un totale di ben 15000 mq quadri di esposizione. La mostra si suddividerà in 3 sezioni dedicate all’arte moderna, a quella contemporanea ed alle ultime tendenze. Ancora una sezione sarà poi dedicata alle gallerie

di ricerca, con non più di 5 anni di attività. Ri-cordiamo che Arte Fiera ospita la quinta edizione del premio Euromobil e l’ottava edizione del premio Furla. Il premio Euromobil - sponsor principale di Arte Fie-ra -, premio destinato al miglior artista under 30 che per l’occasione ver-rà premiato all’interno dell’istallazione “I luoghi dell’arte”; l’opera premia-ta entrerà nella collezione dell’azienda Euromobil dei fratelli Lucchetta. Una tavola rotonda te-nuta dall’International Association of Corporate Collections of Contem-porary Art discuterà - per l’occasione - sull’attualis-simo tema dell’educazio-ne del pubblico all’arte attraverso le collezioni di importanti aziende euro-pee. Ma c’è di più. Arte Fiera Art First prevede infatti un ulteriore ric-co programma di eventi culturali collaterali come, ad esempio, Art White Night: sabato 29 genna-io, la città di Bologna si trasforma in un pal-coscenico per l’arte, con aperture straordinarie di musei, palazzi, gallerie e negozi fino alle 24.00.

a Bologna si rinnova

di Caterina Guerrieri

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Palazzo dei Diamanti a Ferrara ospita fino al 30 gen-naio 2011 le tele di Jean Baptiste Siméon Chardin, pittore francese che visse dal 1699 al 1779. La mostra

monografica viene esposta anche in Spagna in uno dei più prestigiosi musei del mondo, il Prado di Madrid. Il settecento in Francia veniva vissuto e raccontato con estrema sontuosi-tà. Feste straripanti di eccessi e estetica, ricchezze ostentate e pensieri leggeri, vita di corte leggiadra e voluttuosa questi gli elementi che mettono a fuoco l’epoca. Tra questi fasti, che poi si rivelarono nefasti per gli stessi regnanti, arriva prepotente Chardin con la sua pittura. Figlio di un artigiano, preferisce raccontare con i suoi pennelli la quotidianità, osservando di-rettamente la realtà, descrivendo i gesti semplici di domestici e borghesi, o dipingendo splendide nature morte. La mostra è curata da Pierre Rosenberg, esperto e studioso dell’artista. Dal 1733 Chardin affronta nelle sue opere la figura umana, e lo fa con semplicità e precisione, descrivendo sempre nei detta-

gli ciò che vede. Questa sua pittura così differente dai generi dell’epoca trova estimatori di gran calibro come Luigi XV e l’intellettuale Denis Diderot. Lo stesso Vincent Van Gogh in seguito sottolineò la bravura di Chardin paragonandolo a Rembrandt. Ha tracciato una strada maestra per l’avvento del naturalismo del 1800 e ha influenzato maestri come Ma-tisse, Cézanne, Braque e Morandi. Musei e collezioni private si sono messe a disposizione per dare prestigio alla mostra di questo pittore che ha scardinato le regole accademiche del suo tempo. Su tutti il Louvre di Parigi che ha concesso per l’even-to la disponibilità di 10 capolavori che renderanno ancora più importante il percorso espositivo. La mostra è organizzata da Ferrara Arte e dal Museo Nacional del Prado di Madrid, in collaborazione con il comune di Ferrara, la provincia di Ferrara, la Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara, ENI, Parsitalia Real Estate, le galleria di Arte Moderna e Contem-poranea, la regione Emilia Romagna.

Palazzo dei diamanti Corso Ercole I d’Este,21 Aperto tutti i giorni dalle 9,00 alle 19,00 Compresi feriale,festivi

di Cassandra Nail

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Un evento fortemente suggestivo che - giunto alla sua tredicesima edizione - è il simbolo di una Torino in costante fermento artistico. Luci d’Artista è una

rassegna open-air di livello internazionale; un museo a cie-lo aperto quindi, la prima esperienza italiana di interazione tra arte e paesaggio urbano attraverso l’impiego della luce. 20 Artisti di grande prestigio si esprimono attraverso istalla-zioni fatte di luci, realizzazioni dal forte impatto visivo e dal grande valore evocativo che diventano un intenso percorso emozionale. L’appuntamento fa parte del programma del Contemporaryart Torino Piemonte - il calendario autunna-le di eventi d’arte visiva, musicale, teatrale, cinematografica e di performing arts - e si protrarrà fino al 16 gennaio 2011. Le opere verranno poi riaccese il 17 marzo successivo per la celebrazione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Un contributo particolare dunque, che quest’anno si arricchisce di tre nuove opere: “My noon” in Piazza Castello, un grande orologio luminoso che scandisce le ore in formato binario realizzato da Tobias Rehberger; “Cristallizzazione sospesa” a Palazzo Bertalazone, una concatenazione di istallazioni di fibre ottiche realizzata da Carlo Bernardini; “Bwindi Light Masks” a Palazzo Chiablese, istallazione di quaranta masche-re collocate in ordine sparso ed illuminate realizzata da Richi Ferrero. A queste si affiancheranno le opere di Luigi Stosia, Francesco Casorati, Giulio Paolini, Nicola De Maria, Luigi Nervo, Luigi Mainolfi, Mario Merz, Rebecca Horn e molti altri ancora dai quali vi invitiamo a lasciarvi sorprendere per-sonalmente. In virtù delle iniziative di Contemporary Art Torino Piemonte, l’agenzia Turismo Torino e Provincia ha ideato alcune proposte interessanti come “Passeggiate sotto le luci” - un tour a piedi di un’ora e mezza con una guida professionista che si svolge tutti i sabati alle 17 fino al 14 gen-naio - ; City Sightseeing Torino, un tour di un’ora su autobus a due piani per ammirare le Luci d’Artista nei giorni festivi, con corsa esclusiva prevista alle ore 18; “Weekend Contem-porary Art” è un’occasione imperdibile a partire da 99 euro a persone che prevede: 2 pernottamenti in camera doppia con prima colazione, 1 Torino+Piemonte Card ed un biglietto per le Luci d’Artista - www.turismotorino.org/weekendluci .

di Caterina Guerrieri

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“Ruggito. Antonio Ligabue: la lotta per la vita” sarà in mostra a Palazzo Pitti di Firenze fino al prossimo 16 gennaio. 80 capolavori di grande forza espressiva ed in-

tensa energia cromatica celebrano l’inconfondibile dote di un pittore tra i più tormentati del ‘900; un personaggio inquie-tante, un uomo disperatamente solo e diverso che, attraverso le sue tele, cerca la sua verità ed impara il mestiere di vivere la vita... vita che gli fu profondamente ingrata. La rassegna è incentrata sul tema degli animali - riprodotti per lo più in scene di lotta ed aggressione - e su gli autoritratti che l’arti-sta faceva del proprio volto; autoritratti dalla connotazione psicologica forte che rivelano tutti gli aspetti del suo dolore fisico e psichico... e la disperata ricerca di una risposta alla domanda “chi sono io?” Un percorso artistico che nasce nel dramma di una solitudine sofferta, si protrae nelle sue opere come un lungo grido di dolore e - nel disperato bisogno di conforto - diventa assolutamente geniale. Dalle scene agresti , alle belve delle giungle tropicali fino agli autoritratti, tutte le opere di Ligabue sono ricche di dettagli significativi che esprimono chiaramente il suo bisogno di realizzazione, la ne-cessità di un riconoscimento redentore. Tinte dense e vivaci che traboccano di nostalgia, di violenza ancestrale, di paura e di eccitazione, di dettagli minuziosi che sono il prodotto di un’incredibile memoria visiva, di una fervida immaginazio-ne e della sofferente urgenza di esprimersi. La rassegna coglie uno degli aspetti più intimi dell’opera di Ligabue e lo annun-cia con quel “ruggito” che rappresenta la brutalità di un mon-do spietato, che condanna la sua pazzia e quell’ imprevedibile, istintivo ed autentico rapporto con la realtà che lo innalzerà poi come uno di massimi esponenti italiani della pittura Naif. L’iniziativa è curata da Augusto Agosta Tota - presidente del Centro Studi & Archivio Ligabue di Parma - che, con la con-ferenza dello scorso 29 ottobre, ha presentato la mostra insie-me a Vittorio Sgarbi e a Marzio Dall’Acqua. L’evento gode

di Caterina Guerrieri

dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana Napolitano, del patrocinio del Senato della Repubblica, del-la Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della regione Toscana, della Pro-vincia e del Comune di Firenze. La stessa è inoltre promossa dalla Sopraintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze e dalla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti in collabo-razione con Firenze Musei. La mostra è visitabile dal marte-dì alla domenica (fatta eccezione per il 25 dicembre ed il 1 gennaio) dalle ore 8.15 alle ore 18.50. L’ingresso è gratuito per tutti i cittadini dell’Unione Europea di età inferiore ai 18 anni e superiore ai 65. Pagheranno un ridotto di 6 euro i cit-tadini dell’Unione Europea con età compresa tra i 18 ed i 25 anni ed un intero di 12 euro tutti gli altri. Per prenotazioni o per qualsiasi ulteriore informazione vi invitiamo a contattare il Polo Museale Fiorentino al numero 055.294883.

a Firenze

la lotta per la vitaAntonio Ligabue

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I l Polo Museale della città di Firenze apre ancora alle fa-miglie.Con un programma ricco di appuntamenti torna Famiglie al Museo, progetto della Sezione Didattica giun-

to alla sua terza edizione grazie al generoso contributo dell’En-te Cassa di Risparmio di Firenze. Grandi e piccini, guidati da esperti, potranno scoprire i tesori dell’arte e della storia attraverso

percorsi tematici tra i capolavori dei musei del Polo. Novità d’ec-cezione per quest’anno è la partecipazione dell’Archivio di Stato di Firenze con un itinerario attraverso documenti del Medioevo e del Rinascimento appositamente selezionati per le famiglie: un’occasione veramente unica per avvicinarsi alle opere d’arte anche tramite queste preziose testimonianze del passato.

DICEMBRE 2010Sabato 4 GALLERIA DEGLI UFFIZI

Il racconto del Natale nei dipinti della Galleriaore 9.45 e 11.00

Sabato 18 GALLERIA DEGLI UFFIZIIl racconto del Natale nei dipinti della Galleria

ore 15.00 e 16.00Domenica 19 GALLERIA PALATINA

I personaggi del passato attraverso i loro ritrattiore 10.00

GENNAIO 2011Sabato 22 GALLERIA DEGLI UFFIZI

Flowers in Art (percorso in lingua inglese)ore 15.00

Sabato 22 VILLA MEDICEA DI POGGIO A CAIANO

Stranezze naturali nei dipinti

ore 15.00del Museo della Natura Morta

Domenica 30 GALLERIA D’ARTE MODERNAL’Italia s’è desta! Il Risorgimento tra arte e storia

ore 10.00Domenica 30 MUSEO DEGLI ARGENTI

Gioie e gioielli alla corte dei Mediciore 10.30

FEBBRAIO 2011Sabato 12 GALLERIA DEGLI UFFIZI

Flowers in Art (percorso in lingua inglese)ore 9.45

Sabato 12 GALLERIA D’ARTE MODERNAL’Italia s’è desta! Il Risorgimento tra arte e storia

ore 10.00Sabato 26 MUSEO DEGLI ARGENTI

Gioie e gioielli alla corte dei Medici

ore 15.00MARZO 2011

Domenica 20 GIARDINO DI BOBOLILe Grotte dei Medici

ore 10.00 e 11.00Sabato 26 VILLA MEDICEA DI POGGIO A

CAIANOStranezze naturali nei dipinti

ore 15.00del Museo della Natura Morta

APRILE 2011Domenica 10 MUSEO DI SAN MARCO

Il racconto della Pasqua nei dipinti del Beato Angelicoore 9.30 e 11.00

Sabato 16 MUSEO DI SAN MARCOIl racconto della Pasqua nei dipinti del Beato Angelico

ore 9.30 e 15.30

Gli incontri esclusivamente su prenotazione - gratuita e offerta da Firenze Musei - sono rivolti ai bambini e ragazzi dagli 8 ai 13 anni accompagnati dai genitori. Prevedono una visita guidata e materiale didattico utile per lo svolgimento del percorso. L’ingres-so ai musei fino a 18 anni è gratuito. Gli adulti pagano il biglietto dove previsto. Al Giardino di Boboli libero accesso per i residenti

nel Comune di Firenze che mostreranno il proprio documento d’identità al personale di ingresso. L’incontro presso l’Archivio di Stato (V.le Giovine Italia, 6 www.archiviodistato.firenze.it/nuo-vosito/) è a cura dei funzionari archivistici. L’attivazione della visita è condizionata dal raggiungimento di un limite minimo di 5 bambini partecipanti fino ad un massimo di 10.

famiglie al museo

Per informazioni e prenotazioni: Sezione Didattica (mercoledì ore 15 - 18 e giovedì ore 9 - 12) tel. 055 284272 fax 055 2388680 e – mail [email protected]

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Una suggestiva ed aristocratica dimora dove riposare e vivere bene,

godendo il lusso della discrezione

Gubbio (PG) in Via Galeotti, 19 Tel: 075 9220157 Fax: 075 9220159 [email protected]

AGubbio una dimora d'altri tempi alberga in piazza della Signo-ria. Nel centro storico del “libero comune” prende forma la magnifi-cenza del Relais Ducale; struttura-to in un edificio del'300, offre una splendida vista sulla vallata, servizi e comfort di alto livello quali came-re arredate con cura, un giardino, un ottimo snack bar, 3 sale riunio-ni dotate delle ultime novità tecno-logiche, un internet point ADSL e una deliziosa terrazza panoramica. Tra i palazzi gotici senza tempo e le strette vie medievali si respira un'at-mosfera magica e sognante. Le suites e le camere del Relais sono arreda-te con gusto e rispettano i parame-tri storici e architettonici dell'epo-ca. Le volte maestose accolgono con dolcezza l'ospite che coglie fin dalla prima occhiata la bellezza dell'arre-do. Per un soggiorno di charme e re-lax. Per chi ama le dimore d'epoca accoglienti e lussuose. Per un tuffo nel morbido sapore del passato che risveglia l'animo e riscalda il cuore.

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Il fascino del tempoRelais Ducale

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Una suggestiva ed aristocratica dimora dove riposare e vivere bene,

godendo il lusso della discrezione

Gubbio (PG) in Via Galeotti, 19 Tel: 075 9220157 Fax: 075 9220159 [email protected]

AGubbio una dimora d'altri tempi alberga in piazza della Signo-ria. Nel centro storico del “libero comune” prende forma la magnifi-cenza del Relais Ducale; struttura-to in un edificio del'300, offre una splendida vista sulla vallata, servizi e comfort di alto livello quali came-re arredate con cura, un giardino, un ottimo snack bar, 3 sale riunio-ni dotate delle ultime novità tecno-logiche, un internet point ADSL e una deliziosa terrazza panoramica. Tra i palazzi gotici senza tempo e le strette vie medievali si respira un'at-mosfera magica e sognante. Le suites e le camere del Relais sono arreda-te con gusto e rispettano i parame-tri storici e architettonici dell'epo-ca. Le volte maestose accolgono con dolcezza l'ospite che coglie fin dalla prima occhiata la bellezza dell'arre-do. Per un soggiorno di charme e re-lax. Per chi ama le dimore d'epoca accoglienti e lussuose. Per un tuffo nel morbido sapore del passato che risveglia l'animo e riscalda il cuore.

ERA

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Il fascino del tempoRelais Ducale

di Stefania Legumi

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“Il vichingo arrivò a Milano il 28 marzo 1954 a mezzo-giorno... con armi e bagagli, con zaino, tenda da campo ed un violino. Il violino lo dimenticò in treno, per cui,

accortosene, si dovette tornare all’Ufficio Oggetti Smarriti, ove fortunatamente fu ritrovato, il che lo dispose favorevol-mente verso di me e l’Italia”. Così Enrico Baj ricorda la calata di Asger Jorn verso il Mediterraneo, verso Albisola, dove que-sto nordico “perpetuamente nomade per l’Europa” metterà su casa. Jorn aveva allora poco più di quarant’anni (essendo nato a Vejrum in Danimarca nel 1914) ed alle spalle le espe-rienze del gruppo danese astratto-surrealista “Host” e quella fondamentale di Cobra, il primo grande movimento artistico europeo del dopoguerra in cui la rivendicazione del carattere sperimentale dell’arte conviveva con una ricerca espressiva orientata verso il primitivismo - di cui con il belga Christian Dotremont e l’olandese Constant (cui si deve la perentoria e programmatica frase “riempiremo la tela vergine di Mon-drian”) era stato il principale animatore. Il movimento era nato a Parigi nel 1948 sulle ceneri del surrealismo e dell’e-spressionismo nordico, capeggiato da un gruppo di artisti provenienti, come decideranno di evocare nell’acronimo Co-BrA, da Co-penhagen, Br-uxelles e A-msterdam. Animato da uno spirito di moderno romanticismo, Cobra aspirava a recu-perare una “primitiva” felicità creativa e fantastica, a dare nuo-va ed originale vitalità e linfa ad una visione interiore di forte coinvolgimento emotivo, capace di superare la crisi esistenzia-le in cui erano sprofondate le generazioni europee che aveva-no vissuto e sofferto lo psicodramma della guerra mondiale attraverso un violento cromatismo, dense stratificazioni di materia colorata, il disprezzo delle costrizioni formali, l’avver-sità ad ogni forma di astrazione geometrica di tipo razionali-stico, un rinnovato anelito sperimentale, un’irrazionale (o pre-razionale) spontaneità, il lavoro collettivo. A dar vita al movimento c’erano gli olandesi Karel Appel, Constant e Cor-neille, il danese Asger Jorn, il poeta belga Christian Dotre-mont, cui si aggiungevano poi Serge Vandercam e Pierre Ale-chinsky, nato a Bruxelles nel 1927 da padre russo e madre vallone. L’avventura si esaurì ufficialmente nel 1951, il grup-po (che tra l’altro aveva avuto il grande merito di sintonizzare

Il “Cobra” sbarca sulla Riviera di Ponente

In una mostra alla GNAM di Roma il periodo

italiano del movimento KoBrA

di Michele De Luca

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i paesi nordeuropei con i movimenti di avanguardia, si sciolse ma solo apparentemente come un fallimento. Anzi, se la sua esistenza “formale” fu di breve durata (quattro anni, dal 1948 al 1951, e tre mostre, a Bruxelles e Amsterdam nel 1949 e a Liegi nel ‘51) la sua “filosofia” e il suo spirito hanno continuato a fe-condare tutt’Europa e a vivere in seno a molte ramificazioni dei movimenti Cobra e post-Cobra. L’importanza di questo movi-mento per la storia dell’arte moderna in Europa e’ stata ampia-mente riconosciuta, ma assai meno studiata, anche se non meno vitale, e’ la fase successiva allo scioglimento del gruppo, avvenu-to nel 1951. Nello sviluppo di “Cobra dopo Cobra” svolse un ruolo importante la cittadina ligure di Albisola Marina, famosa per la produzione della ceramica, dove già trascorreva l’estate Lucio Fontana e dove, nel 1954, si stabilì, dopo il ricovero coat-to di due anni presso un tubercolosario svizzero, il danese Asger Jorn su consiglio di Enrico Baj, il quale, insieme con Sergio Dangelo, aveva presentato a Bruxelles nel 1952 il manifesto del “Movimento nucleare”. Un capitolo questo forse meno noto, che vede protagonista, Albisola , amenoe splendido centro del-la Riviera di Ponente, dove si diedero appuntamento i transfu-ghi del gruppo originario (merito anche della salubrità del po-sto: oltre Jorn anche Dotremont era ammalato di tubercolosi) trasformandola dal ‘54 in un centro di grande e frenetico fervo-re creativo in cui coniugare in maniera nuova e in una coinvol-gente esperienza collettiva sperimentazione e tradizione. Che provvede ora a raccontarcelo una importante mostra allestita alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (“CoBrA e l’Italia”), a cura di Denis Laoureux, professore all’Université Li-bre di Bruxelles, e Matilde Amaturo, direttrice del Museo Hen-drik C. Andersen (catalogo Electa); come ci dice la soprinten-dente Maria Vittoria Marini Clarelli: “Cobra crea uno stile inconfondibile, spontaneo e violento, che continuò a sviluppar-si mentre gli artisti tornavano a lavorare occasionalmente insie-me e a radunarsi sotto altre sigle, in un processo di internazio-nalizzazione che coinvolse anche l’Italia”. Albisola come correfour di artisti ex-Cobra come Jorn attratti dal miraggio di condivi-dere una nuova stagione artistica, corroborata da nuove solleci-tazioni naturali ma anche da antiche tradizioni, come il lavoro della ceramica policroma, su cui innestare nuove stimolanti ri-cerche artistiche (Jorn vi si era dedicato fin dal 1951). Ed è proprio la ceramica a rappresentare la prima forma di attrazione verso Albisola, dove appena un anno dopo esserci giunto l’arti-sta danese organizza presso la storica fabbrica Mazzotti un “In-contro internazionale della ceramica sperimentale”, evento che riunisce tra gli altri ex esponenti di primo piano del movimento come Corneille e Karel Appel, i quali si cimenteranno nella cre-azione di ceramiche nello stimolante confronto con artisti come Sassu, Lam, Matta, Fontana, oltre che con Baj e Jorn e Dangelo , a cui si uniranno Maurice Wyckaert e Serge Vandercam, che proprio ad Albisola realizzerà le sue prime opere in ceramica presso la fornace San Giorgio, tra cui la vasta serie intitolata “Il mare e le radici”, dipinti ad olio con il supporto di radici trovate lungo il litorale. La mostra rievoca questa fervente stagione arti-stica in tre sezioni: nella prima privilegia il rapporto di Jorn con

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il nostro paese, rappresentato da opere che vanno dalle prime ceramiche al “Personaggio lunare” realizzato nel 1972, qualche mese prima della sua scomparsa; vi sono comprese anche opere del periodo “nucleare” di Baj e il dipinto “Ragazzo con palla” di Appel (1950), caratterizzato da una forte gestualità in una esplo-sione cromatica di matrice espressionista. Segue la fase più inten-sa della sperimentazione tecnica ed espressiva sulla ceramica, con lavori di Vendercam e Wykaert, alla fine degli anni Cinquanta, quando Lucio Fontana realizzerà la serie in terracotta delle “Na-ture”, una delle quali è presente in mostra. Nella terza sezione il percorso espositivo si conclude in una spettacolare installazione che, nel rosso delle pareti che chiudono lo spazio evoca il fuoco dei forni di cottura sotto il grande soffitto di Fontana realizzato in gesso (“Ambiente spaziale con tagli”, 1960); qui sono allocati un suggestivo “Logogramma” di Dotremont e la serie di chine su carta “Fagnes” che Vandercam realizzò ispirandosi alle torbiere del Belgio orientale visitate nel 1958 e l’immagine archetipica ispirata all’Uomo di Tollund (corpo fossile di un uomo riesuma-to da una torbiera danese) che divenne un tema ricorrente nella sua produzione. Segue una serie di bronzi, frutto della collabora-zione tra i due artisti, che esplora nel lavoro plastico il rapporto sempre misterioso ed inesauribile tra linguaggio e materia. La mostra, con il corredo indispensabile degli approfondimenti pro-posti dal catalogo, punta a sottolineare l’evoluzione che nei per-corsi dei singoli protagonisti produsse la folgorazione mediterra-nea. In particolare, Luciano Caprile, che si sofferma sul rapporto intensissimo tra Baj e Jorn, ci fa cogliere come quest’ultimo, “temprato lo sguardo e lo spirito al cospetto del Mediterraneo, farà decantare certi climi cupi, tipici della sua prima maniera, per acquistare accensioni improvvise frutto di illuminazioni interiori e di beatitudini contemplative”, riuscendo così “a far convivere l’impronta di matrice scandinava, corroborata da consolidati rit-mi narrativi, e una palpabile emozione al cospetto di una nuova realtà percettiva”. Così Appel, il cui rapporto con il Bel Paese non si esaurisce ai soggiorni albisolesi; nel 1956 trascorre una estate a Capri in cui arricchisce la sua già doviziosa tavolozza dei colori dell’isola di Tiberio, con una produzione che verrà presentata lo stesso anno a Milano da Beatrice Monti. La dimensione colletti-va della creazione artistica, sperimentata dai seguaci di Cobra, coinvolge sul mar Ligure, insieme allo stesso Dotremont, con gli artisti conosciuti ad Albisola tra il 1960 e il 1964. Qui, a stretto contatto con Baj, Novelli, Manzoni, Dova e Vedova, l’artista da-nese di nascita ma belga di adozione, Vandercam, si legò sopra-tutto all’omonimo Dangelo, con il quale realizzerà una serie di carte che sono state esposte l’anno scorso, sempre ad Albisola, in una esposizione dedicata al lavoro dei due artisti intitolata “Ad Albisola, Sergio Dangelo e Serge Vandercam: il mare - le radici, 1961-2009, a... quattro mani”. Gli ultimi anni ‘50 sono poi de-cisivi per l’inizio di quell’intenso rapporto con l’Italia che porterà Wyckaert a confrontarsi ad Albisola con il mezzo espressivo della ceramica; qui nasce anche la sua amicizia con Cardazzo che, nel 1958, dedicherà alla sua Galleria Il Cavallino a Venezia una per-sonale ai dipinti da lui realizzati proprio sulla Riviera di Ponente.

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Dal 29 dicembre al 2 gennaio torna a Orvieto Um-bria jazz winter. Sorprese calde e inattese colmano la città di colori e di turisti affezionati. L’inverno

si accende con le note inebrianti di grandi interpreti jazz. L’atmosfera natalizia fa da contorno ai godibili concerti che il festival del jazz ogni anno organizza con serietà e professio-nalità. Niente di intentato per chi vuol passare un fine anno memorabile nella splendida cittadina umbra. Storia e musica, cucina e allegria. Questi gli ingredienti che fanno scegliere ai turisti Orvieto per trascorrere le ultime ore del 2010 e le prime del 2011. Il coro gospel li aspetta nello splendida cor-nice del duomo realizzato tra il trecento e il quattrocento su progetti di Lorenzo Maitani. Altre location degne di rispetto per i concerti del festival sono il Teatro Mancinelli, Palazzo

Orvieto si colora di notedi Stefania Legumi

del Popolo, Palazzo dei Sette e Palazzo Soliano, traboccanti anch’essi di storia e di magica atmosfera. Da 18 anni il cartel-lone di Umbria jazz winter si contraddistingue per la varietà degli artisti e la bellezza dei concerti. Il direttore Carlo Pagnot-ta anche quest’anno ha svolto un pregevole lavoro invitando ad Orvieto artisti famosi come Stefano Bollani e Chick Corea, Paolo Fresu e Gianluca Petrella, la Brass Band, Danilo Rea, Roberto Gatto, Renato Sellani, Joe Locke, Dado Moroni, Rosario Giuliani, Alfredo Rodriguez, Ray Anderson, Dee Alexander. Gli ingredienti ci sono tutti per garantire ai turisti, amanti della buona musica, tanto divertimento. La serata del 31 dicembre con jazzdinner e lunch si terrà nella Sala Carmi-ne che fa parte di una ex chiesa del 1300 anche questa cornice ideale per salutare con eleganza e sontuosità il nuovo anno.

www.umbriajazz.com

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LY GLI SCATTI DI MATTEO MASTROGIOVANNI

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Il sud nell’Italia sabauda.

Come nasce la questione meridionale

L a prospettiva unitaria non era solo nel-le aspettative del ceto dirigente sabau-do e dell’industria del nord, penalizzata

quest’ultima dalle barriere doganali che, lungo la penisola, deprimevano la circolazione delle merci. Veniva reclamata dal mondo intellettua-le, che si riconosceva in una lingua comune e in un secolare patrimonio di tradizioni, scientifi-che, letterarie e non solo. Correlata a istanze di tipo federalistico, veniva presa in considerazio-ne da sicilianisti come Domenico Scinà, Pietro Lanza di Scordia, Isidoro La Lumia, Michele Amari. Fu tenuta in debito conto da Ruggero Settimo e dagli altri capi rivoluzionari del ‘48 palermitano, prima della inevitabile sconfitta. Su tale prospettiva, rivendicata pure dai loca-li padroni del vapore, dai Florio agli inglesi Woodhouse e Ingham, convergeva altresì, ne-gli anni cinquanta, il radicalismo democratico che, lungo i tracciati mazziniani e garibaldini, andava diffondendosi fra i ceti medi e popola-ri dell’isola, sotto l’egida di personalità come Francesco Crispi e Rosolino Pilo. Tutto questo, associato ad alcuni iter in corso nel continente europeo, dovrebbe confortare la tesi di una sto-ria tutto sommato coerente e liberale dell’unità d’Italia. Esistono nondimeno fatti, controversi, che tanto più oggi sollecitano a nuovi impegni interpretativi. Agli esordi dell’impresa siciliana, Garibaldi e i suoi referenti dell’isola presero in seria considerazione l’argomento della terra. Nel vivo dei combattimenti, il 2 giugno 1860, un decreto firmato da Francesco Crispi ne promet-teva infatti l’assegnazione ai contadini, a partire da coloro che si sarebbero battuti “per la patria”. In realtà, i fatti di Bronte, Alcara, e altri centri, che per la loro gravità hanno gettato ombre sul

garibaldismo di quei frangenti, testimoniano come andarono le cose. L’anno clou, che aprì realmente la questione meridionale fu comun-que il 1862, quando, in un contesto del tutto diverso, sullo sfondo del nuovo regno sabaudo, il radicalismo democratico, che avrebbe potuto sorreggere le istanze civili nel sud, con l’attua-zione di una riforma agraria e non solo, ven-ne sbaragliato. La resa dei conti venne quando Garibaldi mosse dalla Sicilia per risolvere mili-tarmente la questione romana, giacché il capo del governo Rattazzi, apparso di primo acchito interlocutorio, non esitò a proclamare nell’i-sola lo stato d’assedio, conferendo il comando delle truppe a Raffaele Cadorna. Ne seguirono rastrellamenti e repressioni, a Girgenti, Racal-muto, Alcamo, Bagheria, Siculiana, Grotte, Ca-steltermini, culminanti in autunno con l’eccidio di Fantina. In tutto il Mezzogiorno, attraversato dalla guerriglia legittimista, l’anno si chiudeva d’altronde, come veniva espresso in un rappor-to della Camera, con oltre 15 mila fucilazioni e circa mille uccisi in combattimento. Entrava

Fonte: “Left Avvenimenti-L’Isola possibile”

di Carlo Ruta

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così nel vivo l’offensiva di Cadorna, che avrebbe avuto un momento decisivo nel 1866, quando la rivoluzione detta del Sette e Mezzo sarebbe stata repressa con il cannoneggiamento di Palermo. Lo statuto, mutuato da quello albertino del 1848, al sud venne violato da allora regolarmente, con un uso metodico della forza. In tutto il Mezzogiorno, proposta dal deputato del-la Destra Giuseppe Pica, dal 15 agosto 1863 veniva resa operativa, e sarebbe durata oltre due anni, la leg-ge marziale, che prevedeva la sospensione dei diritti costituzionali, la punizione collettiva per i reati dei singoli e la rappresaglia contro i centri abitati. Precisi atteggiamenti culturali, con o senza cautele, interveni-vano a legittimare intanto, pure in sedi ufficiali, ogni eccesso repressivo. Il generale Giuseppe Govone, i cui metodi, quando ebbe conferiti in Sicilia i pieni poteri, furono denunciati già allora come criminosi, non esi-tò a sostenere che i meridionali andavano considerati inferiori per natura. E lo scandalo che ne derivò, pure in Parlamento, non impedì al medesimo di passare di promozione in promozione, fino a ottenere, seppure per poco, sotto il governo Lanza, il prestigioso dica-stero della Guerra. Si trattava, evidentemente, di un humus, cui aderivano del resto gran parte dei prefetti del tempo, a partire da quel Guido Fortuzzi, emilia-no, che riteneva i siciliani non propriamente umani. Ma quali furono le cause di tale deriva, negli orizzonti di uno Stato che si ispirava al liberalismo? Come in altre aree del sud, in Sicilia il nocciolo della questio-ne continuava ad essere la terra. Le strutture del lati-fondo, che avevano retto alle leggi del 1812, con cui il parlamento dell’isola aveva abolito formalmente il feudalesimo, erano rimaste pressoché intatte, mentre le terre confiscate agli ordini religiosi finivano nelle mani del ceto agrario più spregiudicato. In sostanza, con il rifiuto di una riforma della proprietà rurale, che avrebbe potuto rimescolare le carte nelle politiche del Regno, equilibrando le opportunità e le risorse dei diversi territori, abortiva in quei decenni il disegno di una coesistenza equa di nord e sud. Sulla traccia di Cavour, contrario alle autonomie regionali, i governi sabaudi della Destra, da Ricasoli a Minghetti, conven-nero altresì su una linea centralistica, autoritaria, che, destinata a perpetuarsi pure dopo del 1876, quando il governo passò alla Sinistra, avrebbe annichilito ogni autentica aspirazione democratica. Lo scollamento nell’isola fu avvertito dalle popolazioni a tutti i livelli: anche dal ceto aristocratico-terriero, che pure da de-cenni aveva perduto il privilegio di un parlamento a

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propria misura. Ambienti in bilico fra luce e ombra, sullo sfondo dell’emergenza militare, poterono trar-re tuttavia guadagno dalla situazione, coinvolgendosi nelle cospirazioni della corte sabauda, che crebbero ancora dal 1862, quando, con l’accoltellamento di tredici persone in diversi punti di Palermo, in simul-tanea, esordiva nell’isola una sorta di strategia del-la tensione. La vicenda, oscura ancora oggi, rimane sintomatica. Identificato uno dei sicari, i sospetti, sin da subito, ricaddero sul principe Raimondo Trigona di Sant’Elia, senatore del regno, e sul reg-gente dalla questura palermitana Giovanni Bolis, mentre venivano adombrati contatti ancora più in alto, tali da coinvolgere lo stesso governo sabau-do. Il sostituto procuratore del re Guido Giocosa in un rapporto annotava altresì il possibile moven-te: quello di sconvolgere l’ordine della città e del circondario per giustificare misure repressive. Si corse allora ai ripari. L’inchiesta venne prima osta-colata, poi fermata d’autorità. I conti con le fazioni garibaldine e repubblicane dell’isola venivano saldati comunque, nel medesimo orizzonte strategico, con l’assassinio del generale Giovanni Corrao, avvenuto, ancora a Palermo, il 3 agosto dell’anno successivo. E anche in questo caso le indagini, che minacciavano di lambire il governo e la corte sabauda, vennero chiuse anzitempo. Su quegli sfondi, che nelle grandi città siciliane ricalcavano, per certi versi, lo Stato di polizia borbonico, esponenti pubblici di varia estrazione ide-ale si ponevano altresì a disposizione di consorterie vecchie e nuove, le quali, profittando anch’esse del fossato civile che separava le popolazioni dall’auto-rità pubblica e dalle leggi, tanto più si ergevano nei circondari come potere parallelo. Già adombrato nel 1876 da Raimondo Franchetti, viene ritenuto em-blematico il caso del barone Nicolò Turrisi-Colonna, indipendentista nel 1848, capo della guardia naziona-le e deputato filo-garibaldino nel 1861, infine, negli anni successivi, senatore del Regno. Il nobiluomo si-ciliano pare che riuscisse a coniugare senza problemi la difesa teorica dei principi di legalità, con la difesa, sul terreno, di associazioni propriamente criminali, come quella, già allora famigerata, che faceva capo a Antonino Giammona. Lungo gli anni sessanta e set-tanta, negli orizzonti di una questione meridionale che insisteva tragicamente, magistrati, inquirenti par-lamentari, sociologi e cronisti, non soltanto italiani, scoprivano la mafia.

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Presente sulla scena artistica italiana dai primi anni Novan-ta, Roberto Almagno in un trentennio di attività ha svi-luppato un “discorso” creativo di forte personalità, fino ad

assumere una fisionomia sicuramente propria, il cui spessore già da alcuni anni aveva interessato la critica più attenta. Presentan-dolo nel 1992 in una mostra alla galleria L’Isola di Roma, Fabri-zio D’Amico aveva colto l’essenza della scultura di Almagno, che usciva in qualche modo allo scoperto dopo un lungo e rigoroso laboratorio condotto nel confronto con la maggiore tradizione plastica europea, ma in un operare “appartato”, fortemente sen-sibile alla “lezione” della cultura artigiana del suo ambito familia-re. Scriveva allora D’Amico: “Almagno lavora da anni su questo doppio binario, d’una figuralità avventurosa e densa di personali, involgenti memorie, e di una casta, assoluta, quasi intransigente purezza di pensieri formali”. All’artista ciociaro (è nato nel 1954 ad Aquino), allievo di Pericle Fazzini, dedica, fino a tutto gennaio del 2011, una bella mostra la Galleria Morone di Milano (Via Nerino, 3; catalogo presentato da Gabriele Simongini); l’esposi-zione è caratterizzata da una serie di sculture in legno, nelle sue molteplici varietà e qualità. Dai rami raccolti una volta caduti o abbandonati nel loro ambiente naturale, il legno viene lavorato con infiniti passaggi: bagnato, bruciato, raspato, piegato, assecon-dato, levigato ed infine celato sotto un colore nero derivato dalla sua stessa natura, dalla cenere. E’ un lavoro antico caratterizzato da tradizione, radici e legami con la storia, con i legami diretti ed indiretti dei grandi scultori del Novecento, con le culture primi-tive e con il vasto pensiero orientale. Nell’opera di Almagno vi è una componente di soave discrezione che lo porta a formulare una materia appena sfiorata, trae la sua forza dell’energia naturale. Così il legno, da sempre materiale privilegiato per le sue sculture, scelto ed esaltato per la sua qualità di segno poeticamente teso nello spazio e per la sua “insostenibile leggerezza”, si misura con superfici ampie sinuose. Ugualmente la carta usata per i disegni, accoglie segni fatti di materia: carbone, fibra di ferro, ruggine, ce-nere; fissati sulla fragile, ma solo in apparenza, superficie cartacea con la forza del colpo di martello. L’essenzialità formale e l’inten-sità lirica, che da sempre connotano la ricerca quasi “mistica” di Almagno, trovano in questa serie di opere una nuova sonorità di espressione, una stratificazione dei toni e delle sfumature, capaci di indicare una possibile ed inattesa amplificazione di “letture” e di interpretazioni. Un percorso, quello di Almagno, supportato sempre da una delicata vena poetica che si riflette suggestivamen-te, con parole “ispirate”, sulle sue opere: “Guardo i miei segni er-ranti e senza meta, / sospesi e oscillanti: un vicolo cieco, / dentro lo spazio, verso l’ignoto”.

Legni e segniLe ultime opere di Roberto Almagno

in mostra a Milano

di Michele De Luca

“Ancora” 2008 Roberto Almagno

“Presepe” s.d. Roberto Almagno

“Fibula” 2009 Roberto Almagno

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E’ una delle sue opere più intense ed esteticamente interes-santi il “Candido presepe” che, dopo esposizioni in sedi molto prestigiose, approda in quel superbo scrigno d’arte,

oltre che, ovviamente, antico luogo di culto e di preghiera che è il Duomo di Orvieto, dove potrà essere ammirato a partire dal 16 dicembre. Quel presepe di pietra bianca che, come ha scritto Giuseppe Appella nel prezioso cataloghino delle Edizioni della Cometa, è frutto di “una ricerca ostinata delle forme più genuine ed austere, con volumi disadorni, partecipi della stessa natura del materiale … che si sostengono e si contrastano nello spazio”. La ricerca dello scultore salentino Salvatore Sava (è nato nel 1966 a Surbo, Lecce, dove vive e lavora) si sviluppa ormai dal lontano 1983, quando comincia ad imporsi all’attenzione della critica più avveduta con le sue prime mostre personali, in un percorso coerente e rigoroso che si incentra su una libera e fantasiosa ag-gregazione di materiali di recupero, soprattutto ferro e pietre, e su una continua messa in discussione degli statuti linguistici della scultura che registrò anche nel nostro paese il transito tra gli anni, anni Cinquanta e Sassanta, che fu di forte fermento innovativo. Ripartendo dalle esperienze degli ultimi cicli creativi, Sava con-tinua a coniugare in maniera originale e suggestiva le forme, le metamorfosi e reperti della cultura contadina con una feconda ricerca nella contemporaneità, ispirata da un ricco fervore cre-ativo, additando di volta in volta nuovi percorsi e giungendo a più articolati approdi.In particolare, nell’ultimo decennio, nel suo universo immaginativo, e nel concretarsi delle sue opere, va gradualmente, ma irreversibilmente, sempre più dominando una sorta di decantazione del coinvolgimento emotivo attraverso un fare che non rinuncia ai riferimenti antropologici, ma diventa più libero e sempre più aperto all’analisi dei rapporti tra lo spazio del-la scultura e quello dell’ambiente con cui crea motivi di “dialogo” e di coinvolgente interazione. A partire dalla serie “Tramontana” (intorno al 1998) si apre per Sava una fase creativa assai fertile, in cui l’attenzione nell’assemblaggio dei materiali è tutta rivolta all’invenzione “puramente” formale; che continua nella produ-zione più recente, popolata da strutture con aeree ramificazioni, dotate di grande levità e grazia, che sembrano tentare le forme nella ricerca di innumerevoli equilibri possibili. Ottenute usando cemento e pietra e con la saldatura di elementi in ferro, le ultime creazioni si offrono allusivamente ad una lettura che disvela in-quietudini e speranze – legate ai problemi dell’ambiente, molto sentiti dall’artista – proprie (purtroppo) del nostro tempo. Un evolversi, comunque, che si basa sempre su una rimeditazione sui materiali e i “modi” della scultura e su una mediazione tra i fer-menti contemporanei e gli esiti plastici cristallizzati nei millenni nei manufatti (in quel che ne resta) dell’antica cultura materiale salentina e mediterranea.

Le nitide forme di Salvatore Sava

Per Natale il suo “candido presepe” esposto

al Duomo di Orvieto

“L’albero dell’infinito” 2010 S.Sava

“Pensiero per Alda” 2010 S.Sava

“Can

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pe”

S.S

ava

di Michele De Luca

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le novità di Mastro Dante

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Situato nel cuore “antico” di Gubbio, il ristorante Taverna del Lupo può essere, ben a ragione, inserito tra i migliori ristoranti dell’Umbria. Già all’ingresso, tra le mura medioevali che trasudano la storia della città, attraverso la sobria eleganza dei mobili e l’atmosfera che vi regna incontrastata, il visitatore sente nelle vene di trovarsi in un luogo di estrema raffinatezza, dove i proprietari, la famiglia Mencarelli, offrono la perfezione dei veri padroni di casa, unitamente alla cucina dello chef Claudio Ramacci che trae la sua ispirazione dalla messa in opera dei prodotti locali, fra i quali il tartufo la fa da padrone incontrastato. Per gli amanti del buon vino va inoltre ricordato che è dotato di una splendida e fornita cantina che è anche possibile visitare. (p.m.m.)

Come arrivareIn auto: da nord: Autostrada A 14 Adriatica fino a Fano; SS Flaminia fino a Pontericcioli, quindi SS della Contessa fino a Gubbio.A 1 Autostrada del Sole fino all’uscita di Valdichiana, SS E 45 fino a Perugia, quindi SS Eugubina fino a Gubbio

Da sud: A 1 Autostrada del Sole fino a Orte, SS E 45 fino a Perugia, quindi SS Eugubina fino a GubbioIn Treno:Stazione di Fossato di Vico-Gubbio - Stazione di Perugia-FontiveggeAereoporto S. Egidio (PG)

Direzione

V. G. Ansidei, 2106024 Gubbio (Pg)

Tel. 075 9274368

Fax 075 9271269

[email protected]

Contatti

Cucina Tipica umbra * Chef Claudio Ramacci * da 35 euro per persona * Riposo settimanale Lunedi

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Il “Cristo velato” di Giuseppe Sanmartino, nella Cappella San-severo di Napoli è considerata uno dei maggiori capolavori del-la scultura, e certamente l’opera più importante della scultura

napoletana del settecento, meta di migliaia di visitatori ogni anno. migliaia di visitatori ogni anno. Ma allo scultore Felice Tagliaferri, cieco dall’età di 14 anni, nell’aprile del 2008, fu impedito di vede-re a suo modo, cioè con le mani, la celebre opera. Da questo divieto nasce in Tagliaferri l’idea di realizzare una scultura tattile dal dop-pio significato, con una sua personale versione, il “Cristo Rivelato: “velato per la seconda volta” e “svelato ai non vedenti”, che possono leggere la pietra toccandola con le mani. Rendere disponibile que-sta scultura alla fruizione tattile significa dimostrare che un blocco di pietra non può rovinarsi a causa dello sfioramento effettuato da mani esperte. La presentazione alla stampa e al pubblico del “Cristo Rivelato si è tenuta sabato 27 novembre alle ore 11, a Sala Bolo-gnese, “ Chiesa dell’Arte”, quando sarà possibile constatare l’ideale parallelismo tra le due opere: tra il coraggio e l’autentico impegno di Tagliaferri e la l’inarrivabile arte del Sanmartino. La scultura che viene inaugurata,180x80x50 cm,, è realizzata a partire da un blocco di marmo sbozzato da artigiani con la supervisione dell’ar-tista, che l’ha portata a compimento tra il 2009 e la fine del 2010. La tattilità permette di penetrare la durezza del marmo, con una percezione totale che va dalle superfici scabre e tormentate a quelle nitidamente levigate. L’allestimento è a cura di Massimo Di Mat-teo, illuminazione de iGuzzini; catalogo con interventi di Daniela Bottegoni, Aldo Grassini, Massimo Di Matteo e Loretta Secchi. Dal 28 dicembre 2010 al 22 gennaio 2011, la scultura sarà esposta a Napoli al Monastero Santa Chiara. Testimonial dell’evento è una

“Il Cristo Rivelato” di Felice Tagliaferri

sportiva d’eccezione, Josepha Idem, scelta per la sua tenacia, co-stanza e forza, tutte qualità che l’accomunano a Felice Tagliaferri e ai tanti amici disabili che parteciperanno all’inaugurazione, come la ballerina Simona Atzori, il velista Andrea Stella, la giovane nuotatri-ce paraolimpica Cecilia Camellini. La giornata si apre con una con-ferenza coordinata da Daniele Zanoni, scrittore dislessico, per fare il punto sul tema dell’accessibilità all’arte, partendo dall’esperienza di Felice Tagliaferri. Interverranno i patrocinatori dell’iniziativa: Ro-berto Farroni e Aldo Grassini, rispettivamente Presidente e Fonda-tore del Museo Tattile Statale Omero, Mario Trapanese, Presidente della Lega del Filo d’Oro di Osimo, Loretta Secchi, Curatrice e Responsabile del Museo Tattile di Pittura Antica e Moderna “An-teros” di Bologna, Tommaso Daniele, Presidente dell’Unione Ita-liana dei Ciechi e degli Ipovedenti, l’avvocato Giuseppe Terranova, Presidente del Centro Regionale Helen Keller, Giuseppe Petrucci, Vice presidente Nazionale Univoc. Tra le autorità presenti anche Beatrice Draghetti, Presidente della Provincia di Bologna e rappre-sentanti dei Comuni di Sala Bolognese, Calderara di Reno, Badia Polesine. Dal 28 dicembre 2010 al 22 gennaio 2011, la scultura sarà esposta a Napoli alInformazioni,

E-mail [email protected] - www.chiesadellarte.it- www.museoomero.it

Ufficio Stampa: Gabriella Papini, - [email protected] www.gabriellapapini.com; Comunicazione Museo Omero, Monica Bernacchia, info 071 2811935, [email protected] www.museoomero.it

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Quelle delle Strade del Vino - come saprete - sono associazioni che si impegnano a proteggere e a promuovere - insieme con i prodotti tipici enogastronomici - la storia, i paesaggi

naturalistici e le bellezze architettoniche dei territori di appartenenza. Si tratta, quindi, di veri e propri punti di riferimento ad ausilio di un turismo più specifico, estimatore di peculiarità territoriali esclusi-ve. Fino al prossimo 31 gennaio, nel veronese, si svolgerà la seconda edizione di “Tre Strade per mille sapori”, iniziativa enogastronomi-ca di grande successo promossa proprio dalle Strade del Vino Soave, Valpollicella e Terradeiforti. Nell’arco dei tre mesi dell’edizione - che ha avuto inizio lo scorso 12 novembre - 24 ristoranti e 30 cantine proporranno ai propri visitatori diversi menu di 4 portate che, dall’an-tipasto al dolce, introducono le specialità più tradizionali del territo-rio... ognuna attentamente esaltata dai differenti vini del territorio. Il tutto ad un massimo di 37 euro a persona; per tutti i commensali inoltre, un gentile omaggio. “Per gli antipasti, appetitosi ma sempre delicati nel gusto, siano essi a base di pesce, formaggio Monte Verone-se Dop o salumi della Lessinia, ben s’adatta la freschezza del Soave, il bianco più famoso d’Italia. Per i primi piatti come ravioli di castagne, bigoli al torchio al ragù di fagianella, fettuccine al tartufo nero del Baldo si adattano vini rossi di media struttura, freschi e dai profumi fragranti, come il Valpolicella, mentre per secondi impegnativi come brasati, tagliate e bolliti ci vogliono rossi importanti e strutturati come l’Amarone della Valpolicella, l’Enantio e il Casetta della Terradeiforti. Per i dolci verranno serviti il Recioto di Soave Docg, perfetto con torte dal sapore delicato e il brasadelo, dolce tipico veronese e il Recioto della Valpolicella, più indicato per dolci a base di frutta rossa e al cioc-colato.” Per informazioni, visitate il sito di una delle associazioni Stra-de del Vino come www.stradadelvinosoave.com oppure contattatela direttamente: al 045.7681407 o all’indirizzo di posta [email protected]

di Caterina Guerrieri

VERONA

In estate Antonella di Nino, vicepresidente della provincia di Aquila, ha inaugurato a Sulmona la Scuola Nazionale dei maestri del gusto. 600 metri quadri di laboratori, aule, cu-

cine, uffici. La scuola offre la possibilità di inserirsi dopo i corsi direttamente nel mondo del lavoro. Elitaria e esclusiva , per gli appassionati di professioni enogastronomiche, dove gli insegnanti sono chef, sommelier, professionisti di alto livello. Non solo per esperti di settore ma anche per casalinghe desiderose di migliorare la loro arte culinaria, o per amanti del buon gusto e del buon man-giare. Pasticceri, macellai, pizzaioli, barman, gelatai, panificatori, sommelier, questa l’offerta didattica della scuola, completa e esau-stiva, che comprende a 360 gradi tutte le professioni richieste dal mercato della ristorazione. Aziende locali e Confesercenti hanno fortemente voluto la realizzazione di questa impresa. La scuola ha il compito importante di formare figure professionali da inserire nelle aziende e nei settori turistici per sviluppare professionalità e competenza nel nostro territorio. L’officina dei sapori di Sulmona si presenta con grande serietà e competitività. L’obiettivo per tutti è la promozione di mestieri e attività culinarie e enogastronomiche che esaltano e risaltano la bellezza e la cultura del nostro magnifico paese. La cucina mediterranea, presa in esame dagli altri paesi per la sua completezza e la sua genuinità, sarà sempre l’eccellenza ita-liana più invidiata nel mondo. Gli chef che usciranno dalla scuola di alta formazione nelle professioni gastronomiche di Sulmona saranno quindi in grado di esportare la loro bravura all’estero e di far conoscere a tutti i migliori piatti italiani.

SCUOLA NAZIONALE dei MAESTRI DEL GUSTO

L’officina dei sapori scopre Sulmonadi Umberto Zonin

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A Venezia, dove il ritornello del vendere e un po’vendersi è sem-pre lo stesso, fortunatamente ci sono alcune isole felici, in cui il commercio nell’anima ha resistito al commercio di massa. Esi-

stono oggetti che escono dal mondo dei souvenir per entrare in quello della ricercatezza, unicità e buon gusto; ci sono negozi che hanno scelto di rimanere laboratori intimi e genuini, in cui lavorano artigiani che un giorno si mostrano in grembiuli di pelle e con le mani segnate dal lavoro, un altro volano a New York per vendere i loro “gioielli”. Per capirne qual-cosa di più siamo andati a trovarli proprio nelle loro botteghe a volte buie, ricavate in piccoli spazi, ma dove ci hanno accolto e raccontato storie vere, magari offrendoci anche una calda tazza di cioccolata… Iniziamo dalla testa, proprio dagli accessori dedicati al capo, da una “barètera” che abbina fantasia e storia, la professionalità dei saperi con la ricerca del contempo-raneo. Tra i tanti clienti che entrano nella sua bottega in cerca di un cap-pello, di un consiglio o per “just a look”, gli americani sono i più strava-ganti ed anche sofisticati. Gli uomini si fanno intrecciare il proprio nome sui Panama Montecristi provenienti dall’Ecuador e leggeri quasi come una piuma; le donne cercano creazioni per feste ed occasioni speciali; i bambini preferiscono provare le cuffie e gli occhialoni degli aviatori anni ’50. Ogni anno ci sono da preparare le 120 “pagliette” per l’Associazione dei gondolieri americani, i cappelli di canapa per la pittrice dai capelli tur-chini e quello lungo fino alla schiena di una facoltosa “american woman”.

Per un regalo con l’anima

Ci sono regali e regali, che si possono ricevere come segno di affetto o farsi da sé come simbolo di un successo tut-to personale. Ci sono oggetti che vanno oltre il loro valo-re monetario (non solo nel senso che “non hanno prezzo”) perché rappresentano un appuntamento intimo con la storia del luogo che li accoglie, con la creatività dell’arti-sta che li crea, con la natura del materiale che li compone.

di Luisa De Salvo

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Continuiamo con la bigiotteria ed entriamo in due laboratori dove giovani proprietari/artisti mettono la loro spiccata fantasia al servizio della luce, dell’arte, del materiale, realizzando gioielli ed ornamenti di altissimo pregio per il corpo. Le fluttuanti, sinuose, iridescenti e vibranti creazioni di uno di questi giovani artisti accompagnano le tante eleganti clienti veneziane e straniere lungo un percorso imma-ginario di perfezione stilistica che dall’oggetto spinge verso il suo valore simbolico. Spille, collier, bracciali, hatpiece nascono dalla sua passione per la natura e per tutto ciò che si cela sotto l’apparenza del reale(radici, germogli, stami, filamenti, pistilli) e per questo realizza-ti con una resina sintetica,morbida al tatto e dall’apparenza fragile. Ai colori della laguna sono invece ispirati i gioielli e gli oggetti di arredamento, creati artigianalmente da due fratelli veneziani, con Itineraries in Venice Itinerario veneziano l’utilizzo di antiche perle di Murano, fili di metallo e argento. Amati da noti artisti (Anto-nella Ruggeri) e stilisti italiani (Dolce & Gabbana e Romeo Gigli), negli ultimi anni la ricerca di sperimentazione li ha portati fuori dai confini nazionali facendo conoscere il proprio lavoro anche in America ed in Giappone. L’ultima preziosa collezione di otto col-lane realizzate con figure in vetro dal maestro Lucio Bubacco verrà presentata a dei trunk show organizzati per selezionati clienti ameri-cani. Il design tessile veneziano ha una tradizione antica come quella del vetro e del merletto. Oggi esistono aziende che sono diventate

delle multinazionali con showroom in tutta Italia e in America, pur conservando un cuore ancora pulsante in città. Équipe di stilisti, di-segnatori e artisti utilizzano gli archivi storici per studiare letenden-ze più innovative e per creare collezioni incui si fondono quasi per miracolo passato epresente, artigianato e industria. Broccati, velluti, damaschi in organzino di seta arredano lussuosi teatri, case, alber-ghi ed imbarcazioni di clienti stranieri (70 %), soprattutto ameri-cani (25 %). Finiamo in punta di piedi… con le calzature, quasi un feticcio della Serenisima, impreziosite spesso con sete orientali, velluti operati, lampassi intessuti d’oro e tacchi altissimi per rendere l’andatura più seducente. Il maestro Rolando Segalin ha lasciato l’e-redità della scuola di “caleghèri” a tre donne, che portano avanti la tradizione ognuna con la propria sensibilità tutta al femminile. La pelle, sempre colorata e morbidissima, si arriccia, si piega, assume forme impossibili diventando quasi tridimensionale, e poi si abbina al legno, alla lana o al ferro. Nelle loro botteghe entrano veneziani e turisti incuriositi dai modelli più bizzarri o desiderosi di sfoggiare una scarpa davvero unica per occasioni mondane quali la Mostra del Cinema o la Biennale d’Arte. Gli americani apprezzano il design italiano ed è facile sentire qualcuno esclamare “in questa scarpe c’è la poesia”. Forse è proprio vero: in un oggetto si può trovare anche l’anima di una città.

dove trovarli...

GualtiDorsoduro 3111 – Rio Terà Canal – Venezia

tel. +39.041.4201731

Attombri

S. Polo, 74 – Sottoportico di Rialto – Venezia

tel. +39.041.5212524; San Marco, 2668/A – Campo

San Maurzio – tel. 041 5210789 – www.attombri.it

Rubelli spaPalazzo Corner Spinelli – San Marco 3877 – Venezia

tel. +39.041.2584411 – www.rubelli.com

Giovanna Zanella

Castello 5641 – Campo San Lio – Venezia

tel. +39.041.5235500 – [email protected] Modisteria - G. LongoSan Marco 4813 – Calle del Lovo – Venezia

tel. +39.041.5226454 – www.giulianalongo.com

Fino al prossimo 23 gennaio, i fine settimana napoletani saranno ani-mati da un’originale iniziativa ideata

dall’Associazione Culturale Mani e Vulca-ni: “A Tarantell”. Si tratta di un progetto che intende celebrare quello che è lo spirito partenopeo più autentico, fatto di curiose tradizioni e di quell’ invidiabile ed ironica vivacità che si distingue come innegabile virtù di una popolazione che è la più solare della penisola. Incentrato principalmente

sulla tipica danza della tarantella, l’evento mette in scena i momenti più salienti del costume e dell’immaginario onirico par-tenopeo coinvolgendo il suo pubblico con musica, canti e balli della tradizione… visite guidate ai Misteri del Presepe Napoletano e delle ottime degustazioni dell’inimitabile pasticceria napoletana accompagnate da li-moncello campano. A prestarsi da scenario a questa interessante coniugazione di suoni, luci, colori e sapori è lo storico Teatro Caba-

ret Portalba, elegante e caratteristica location nel cuore della città antica, in via Port’Alba 30. “A Tarantella” è uno spettacolo da an-noverare senz’altro tra le possibili destinazio-nii di un viaggio a Napoli. La prenotazione è obbligatoria e la quota di partecipazione è di 15 euro complessive. Per prenotazioni o in-formazioni, chiamate pure uno dei seguen-ti numeri: 081.5499953 081.2158362 081.19558498 340.4230980

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di Caterina Guerrieri

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Proprio in questi giorni si è svolto a Milano il 15° appuntamento con la Mostra Mercato Internazionale

dell’Artigianato. Dal 4 al 12 Dicembre l’e-vento dedicato alla promozione dei prodotti artigianali di tutto il mondo, dove il protago-nista è l’artigiano con i suoi prodotti auten-tici e originali, che esaltano l’eccellenza e la qualità. Anche A.S.T.R.A. , (l’Associazione Seriana Turismo e Ristorazione Alberghiera), in collaborazione con PromoSerio, ha dato il suo contributo promuovendo i prodotti dalla Valle Seriana, in provincia di Bergamo. Ed ecco allora i famosi Casoncelli, gli Scarpi-nocc, la Polenta, i Salumi e i Formaggi, ac-compagnati naturalmente dai più conosciuti vini bergamaschi dell’Azienda La Brugherata, con la DOC Valcalepio e soprattutto con il Moscato di Scanzo DOCG. Come hanno voluto sottolineare gli organizzatori, e so-prattutto il Presidente di A.S.T.R.A. Gio-vanni Balduzzi, “Ogni prodotto artigianale è espressione creativa di una tradizione e una cultura del fare che appartengono alla storia del territorio e del popolo da cui nascono per poi, confrontarsi e imparare a conoscere nuo-ve realtà.” E proprio grazie a questo trionfo di sapori e odori, Artigiano in Fiera è stato il vero villaggio globale dell’artigianato mon-diale, promuovendo ed esaltando tutte le cul-ture e le tradizioni del mondo a cui si legano i diversi prodotti, dove anche la Valle Seriana ha dato il suo cospicuo contributo per far conoscere i suoi prodotti. Naturalmente alla manifestazione gastronomica hanno con-tribuito anche gli Chef e gli studenti della Scuola Alberghiera di Clusone, è grazie a loro infatti che hanno preso forma tutte le pietan-ze che ben rappresentano il territorio Seriano.

L’ARTIGIANO IN FIERA 2010

di Renato Rovetta

New York, Philadelphia e Washington D.C. sono state le tre tappe dell’edizione autunnale del Vinitaly US Tour 2010: due com-merciali, per consolidare il primato dell’enologia italiana, e una

istituzionale, presso l’Ambasciata d’Italia, che ha lanciato il progetto che Veronafiere, in accordo con la Presidenza della Repubblica e la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha organizzato per il 150° anniversario dell’Uni-tà d’Italia. Trainata dalla straordinaria performance degli spumanti Made in Italy, che nel primo semestre del 2010 hanno segnato, rispetto allo stesso periodo del 2009, un incremento in valore del 19,5% pari a un totale di 27,3 milioni di euro, l’Italia torna ad essere il primo Paese esportatore di vini verso gli Stati Uniti, sia in quantità che in valore, dopo un periodo di alternanza sul gradino più alto del podio con l’Australia. Nei primi sei mesi dell’anno, l’Italia ha esportato infatti 1.082.990 ettolitri di vino per un valore di 521 milioni di dollari, con un aumento rispettivamente del 10,5% e dell’11,6% raggiungendo una quota di mercato del 32,5% fra i vini importati. Con tali premesse si è aperta l’8° edizione di Vinitaly U.S. Tour (www.vinitalytour.com) che quest’anno ha fatto tappa il 25 ottobre a New York, il 27 a Philadelphia e il 28 a Washington. L’edizione 2010 è stata l’occasione per il lancio della nuova formula di Vinitaly in the World, il tour promozionale per i vini, l’olio e i prodotti tipici di qualità italiani che da dodici anni Vinitaly (www.vinitaly.com), rassegna leader mondiale del settore che ogni anno si svolge a Verona in aprile, organizza nelle più im-portanti piazze internazionali: dagli USA alla Cina; dall’India alla Russia, al Giappone. Il 25 ottobre, il Vinitaly Day at Eataly, nel nuovo store del food&wine italiani, tra la 5° e la 23° strada a Manhattan, ha rappresentato la prima tappa del tour, che incentrava la propria attenzione sulla formazio-ne, rivolta alla costruzione del business ed era modulata secondo le esigenze sia delle aziende già presenti sul mercato USA, sia di quelle che lo approc-ciavano per la prima volta. Qui si è reso possibile l’incontro one to one delle oltre 60 aziende espositrici con buyer selezionati e appositamente invitati attraverso un’azione di direct marketing. L’olio è rappresentato dall’Una-prol, che ha portato all’attenzione dei buyer l’extravergine di qualità Made in Italy. A Washington l’Ambasciata d’Italia ha ospitato la giornata di la-vori, nell’ambito della quale è stato annunciato il progetto che Veronafiere, in accordo con la Presidenza della Repubblica e la Presidenza del Consiglio dei Ministri (Unità Tecnica di Missione per il 150° dell’Unità d’Italia), ha organizzato per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia che avrà nel Vinitaly 2011, ma non solo, uno dei momenti di maggiore rappresentatività.

Comunicato stampa del Servizio Stampa Veronafiere

U.S.TourL’Italia torna sul primo gradino del podio

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Bentornati all’appuntamento con le Eccellenze Italiane, sono Renato Rovetta il Sommelier che vi accompagna in Canti-na alla scoperta di vini nuovi, e per anteprime di degusta-

zioni, o ancor meglio per farvi conoscere le nuove realtà vitivinico-le. Oggi torniamo a parlare di Moscato di Scanzo, naturalmente a Scanzorosciate, in provincia di Bergamo, questo la diciamo per chi ci non è pratico della zona. Siamo esattamente nell’Azienda di Sere-no Magri, uno degli ultimi vigneron nel panorama del Moscato di Scanzo, che con i suoi 3 ettari vitati, produce dell’ottimo Valcalepio Doc ma soprattutto il Moscato di Scanzo Docg. Già il papà e ancor prima il nonno avevano scelto molti anni fa, la via del vino oltre naturalmente all’ allevamento del bestiame, come accadeva spesso in epoca remota. Dagli anni 90 Sereno Magri ha preso in mano l’Azienda e ha cominciato un lavoro di recupero dei vitigni, oltre alla coltivazione di nuove barbatelle. Dal 2000 poi la ristruttura-zione della Cantina, sviluppando al meglio quelle che sono le tec-niche per la vinificazione, sostituendo attrezzature vecchie a favore di macchinari più rispettosi della qualità dei vini, ma soprattutto si è dotata di un salone per l’appassimento delle uve, un fruttaio dove le uve rimangono appese ai fili in appassimento per 30-35 giorni da qui la produzione di 1700 bottiglie di Moscato di Scanzo. A proposito di bottiglie, Sereno Magri sta coltivando altri 3000 metri a Moscato di Scanzo, questo gli permetterà di ottenere 1500 litri di vino che diventeranno 3000 bottiglie in più. Questo porterà l’in-

Il Moscato

di Scanzo di Sereno Magri

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tera superficie a 7000 metri coltivati a Moscato di Scanzo. Oltre a 6000 bottiglie di Valcalepio Rosso con taglio Bordolese, quindi Cabernet e Merlot che invecchiano e si affinano in piccole botti di rovere.Personalmente ho assaggiato anche il Bianco ottenuto da uve Chardonnay, è piacevole con un bel naso sicuramente, noi ci auguriamo di trovarlo presto in bottiglia, sicuramente ottimo come aperitivo.Per tutto questo lavoro Sereno Magri si avvale della colla-borazione di un enologo, Paolo Zadra, figura importante all’interno di una cantina. Dicevamo, della passione di Sereno Magri di fare vino, e di cercare le radici in un prodotto come il Moscato di Scan-zo, il solo vitigno autoctono di Bergamo. Mi diceva poi di questo Franconia, un vitigno che a dispetto del Merlot e del Cabernet, si trovava spesso nelle couvèe di vini bergamaschi, e visto che fortu-natamente non ha estirpato i vigneti, crede che con un lavoro accu-rato, sui grappoli e sulle quantità da ottenere, più avanti si parlerà ancora di questo Franconia. In periodo di festività, Sereno Magri ha avuto una bella idea, fare in modo che i ristoratori almeno quelli Bergamaschi, a fine pasto possano proporre un sorso di Moscato di Scanzo, esattamente come succede ad Amalfi per il Limoncello e a Pantelleria con il moscato di Pantelleria, qui siamo tutti d’accordo, anche gli altri produttori del Moscato di Scanzo, quindi raccoglie-remo questa idea e la faremo nostra in ogni occasione,e come sempre … In Alto i Calici.

di Renato Rovetta

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Dal 28 al 30 del prossimo gennaio la Rocca Paolina ospiterà l’edizione 2011

di Acquavite Italia che si presen-terà quest’anno come “Il Mondo dei Distillati”. Si tratta di una ma-nifestazione “sobria” e distinta, che all’offerta degustativa delle oltre 600 etichette proposte ha saputo coniu-gare il principio del bere consape-vole... dimostrando, di edizione in edizione, una sempre crescente pro-fessionalità. Nonostante il settore dei distillati abbia molto risentito della crisi e delle limitazioni imposte dalle Autorità infatti, la promozio-ne di Acquavite Italia è incentrata sull’educazione all’acquisto e alla de-gustazione di vere rarità, al consumo regolato, conviviale, piacevole. Nel 2010 è stato registrato un record di oltre 15.000 presenze, un incremen-to di un buon 50% rispetto all’edi-zione precedente. Un’iniziativa dai contenuti innovativi che ha saputo imporsi - tanto ai ristoratori ed ai tecnici di settore quanto ai giorna-listi ed ai grandi appassionati - sia come punto di incontro per la con-clusione di accordi commerciali che come interessante anteprima delle novità del mercato. Il programma 2011 della mostra mercato prevede

le attesissime degustazioni di Giro-grappando, appuntamento dedica-to alle associazioni dei distillati con formaggio, cioccolato e pasticceria secca; Un Giro di Grappa ed Impa-riamo l’Arte della Degustazione sono due appuntamenti finalizzati per lo più ad accrescere la cultura del di-stillato, ad illustrare tipologie e ter-ritori di provenienza delle etichette promosse e degustate per l’occasione; In Compagnia di Un Simpatico To-scano è invece un incontro riservato a chi ama fare pregiati accostamenti tra sigari e distillati. Per il quarto anno consecutivo si rinnova poi l’attesissi-mo appuntamento dedicato ai quan-ti amano la buona cucina. Le celebri “Cene di Fuoco”, di grande successo nelle passate edizioni, offrono menù di quattro portate, dall’antipasto al dessert, ad ognuna delle quali é unito un distillato ed un vino; gli abbina-menti sono appositamente studiati dagli esperti ANAG dell’Umbria per mettere meglio in risalto le caratte-ristiche organolettiche delle pietanze proposte. Questi ed altri eventi anco-ra fanno di Acquavite Italia una ker-messe stilosa e... davvero unica; un’i-niziativa che - giunta alla sua quarta edizione - non ha eguali nè in Italia nè al mondo.

SI RIVELA A PERUGIA... IL MONDO DEI DISTILLATIdi Caterina Guerrieri

P.zza Costituzione, 10 Cagliari

Tel: 070 658206

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In occasione dell’ultima seduta del Consiglio Comunale di Marsciano, svoltasi il 23 novembre 2010, è stata deliberata l’a-desione del borgo di Papiano all’Associazione nazionale “Bor-

ghi Autentici d’Italia”, che ha tra le proprie finalità la promozione dello sviluppo e la valorizzazione dei Borghi caratteristici italiani, comprese le loro aree rurali, con particolare riferimento ai patrimo-ni architettonici, urbani, culturali, turistici, sociali ed identitari.La proposta era partita dalle fila della maggioranza, per iniziativa dal giovane consigliere del Partito Democratico Gionata Moscoloni. “Questa adesione, che fa di Papiano la prima frazione, in Umbria, ad aderire alla rete dei Borghi autentici – spiega Gionata Moscolo-ni – sarà inizialmente in fase sperimentale e solo nel caso l’esito si dimostri positivo per quello che riguarda la promozione sociale as-sociativa e turistica della frazione, sarà possibile valutare l’adesione di altri borghi del comune all’Associazione”. L’adesione impegna il Comune o il borgo associato ad osservare una “Carta della Qua-lità dei Borghi Autentici” che costituisce l’insieme degli obiettivi e delle regole volte a garantire un percorso di crescita sostenibile e di messa in qualità del territorio. Il borgo di Papiano ha tutte le carte in regola per poter partecipare al circuito dei Borghi autentici, considerata anche la sua posizione strategica all’interno del territo-rio comunale. Tra le sue qualità architettoniche e urbanistiche c’è sicuramente il Castello, un autentico museo a cielo aperto di vicoli, cunicoli, mura di cinta, archi e affreschi ancora ben conservati. È chiamato dagli abitanti del luogo “Su Dentro”, e viene fatto risalire

Papiano entra a far parte dei “Borghi autentici d’Italia”

L’adesione della frazione marscianese deliberata nell’ultimo Consiglio comunale

dallo storico Pompeo Pellini (XVII secolo) al 1277, anche se si ha qualche traccia di insediamento già dal 1027. Particolarità rilevante è anche la storica Torre di Guardia che a differenza di tutte le altre del nostro territorio è staccata dal resto del castello e svetta solitaria e maestosa al di sopra del borgo fortificato. Fu adibita nel 1823 a torre campanaria e pur nella sua irregolarità resta una delle più belle e originali del suo genere. Da non sottovalutare poi le altre torri di vedetta che, anche se in parte diroccate, sono ancora ben visibili. Altre esclusività sono la chiesa di S. Michele Arcangelo perfetta-mente restaurata e ubicata nella collina di fronte al castello, fino a giungere a Papiano Stazione con la sua chiesa di Santa Caterina, che conserva al proprio esterno tre bombe inesplose della secon-da guerra mondiale. “L’ingresso nei Borghi autentici – conclude il Consigliere Moscoloni – offre ulteriori stimoli al tessuto associativo paesano, che si è dimostrato fondamentale per l’impegno e l’aiu-to dato nel sostenere questa iniziativa e che, in collaborazione con l’Amministrazione comunale, potrà lavorare al fine di promuovere, far conoscere e magari, perché no, ripopolare il borgo di Papiano. Un borgo che rappresenta una enorme risorsa, grazie anche al la-voro di riqualificazione fatto dalle precedenti amministrazioni. Il nostro impegno dovrà essere quello di sostenere la valorizzazione dei tanti piccoli “tesori” nascosti che sono i nostri borghi, e che en-trano a pieno titolo in quella che tutti considerano come l’Umbria Minore”. informazioni Comune di Marsciano, Segreteria Sindaco

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La Cantina Arnaldo Caprai di Montefalco in provincia di Perugia apre le porte ai matrimoni. Il Cavaliere Arnaldo ed il figlio Marco, visto le innumerevoli richieste degli

estimatori del vino Caprai di realizzare cerimonie di nozze nel-la omonima cantina, hanno finalmente acconsentito. I novelli sposi potranno scegliere per il loro matrimonio uno scenario ricco di magia. La Cantina Arnaldo Caprai è nata nel 1971 con l’intento di recuperare e valorizzare l’antichissimo vitigno autoctono Sagrantino che cresce esclusivamente nel territorio di Montefalco da più di quattrocento anni. La qualità del loro vino ha conquistato estimatori in tutto il mondo. A testimo-nianza di ciò, le molteplici richieste di matrimonio in cantina giunte alla Wedding Planner “Nozze e Dintorni”, l’agenzia che promuove la cerimonia. Molte domande arrivano dagli Stati Uniti ed in particolare da San Francisco per il desiderio di sug-gellare la promessa di matrimonio nella città di Assisi in onore del proprio patrono e di avere un ricevimento memorabile nella rinomata cantina Caprai. La location è nel cuore di un territo-rio che vanta ricchezze paesaggistiche, architettoniche, culturali e religiose di grande richiamo turistico da ogni continente : As-sisi, Spello, Trevi, Bevagna, Spoleto e Montefalco. Il misticismo della terra umbra, l’incantevole bellezza dei vigneti Caprai e la qualità del vino prodotto, sono gli ingredienti per un matri-monio “DOC”. Il Gruppo Caprai oltre al settore enologico si occupa di cachemire con il marchio Cruciani e di tessile. Nello specifico è stato presentato nel mese di Ottobre presso l’outlet DOC (Denominazione di Origine Caprai) di Foligno la nuova collezione di Lingeria Arnaldo Caprai per l’esaltazione della bel-lezza femminile grazie ai meravigliosi pizzi da sempre “perfetti alleati” di ogni donna nell’arte della seduzione. Una collezione accattivante anche per i novelli sposi, un progetto che ben si lega al percorso intrapreso dei matrimoni in cantina. Informa-zioni: Cantina Arnaldo Caprai, Località Torre di Montefalco, Montefalco (PG); e-mail [email protected].

MATRIMONI IN CANTINA E LINGERIAdi Sergio Mattioli

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Mercatino di Natale di BolzanoPer l’appuntamento più atteso dell’anno Bolzano, da sempre punto di incontro della cultura mediterranea e mitteleuropea, si trasforma e si veste dei suoni e dei colori del Natale: centinaia di luci illuminano le vie del centro storico e nel sottofondo si odono le tradizionali melodie dell’Avvento. Dal 26 novembre al 23 dicembre piazza Walther ospita le caratteristiche casette in legno del “Christkindlmarkt”; 80 espositori propongono tipici addobbi in vetro, legno e ceramica, tante idee regalo all’insegna della più genuina tradizione artigianale, nonché specialità gastronomiche e deliziosi dolci natalizi come il famoso “Zelten” di Bolzano. Visitare il Mercatino di Natale di Bolzano significa tuffarsi nella magica tradizione dell’Avvento alpino. Un’atmosfera particolarmente suggestiva regna nel “Bosco Incantato” di Palais Campofranco a pochi passi dal Mercatino. Inoltre sarà possibile scoprire cosa si nasconde ogni giorno dietro le finestre del grande calendario dell’Avvento dell’edificio Max Valier (sede Alto Adige Marketing).

Orari d’apertura: lun - ven: ore 10.00-19.00 sab: ore 9.00-20.00 dom: ore 9.00-19.00 05.dic - 08.dic: 9.00 - 20.00 Gli stand gastronomici tengono aperti un’ora più a lungo. www.bolzano-bozen.it

Sapore di

NataleMercatino di Natale a Brunico

A Brunico nel cuore della Val Pusteria anche quest’anno ci sarà il tradizionale mercatino di Natale. Dal 26 novembre 2010 al 6 gennaio 2011 avrete l’opportunità di vivere la magica atmosfera dei mercatini di Natale dell’Alto Adige. Cosa c’è di meglio del profumo inebriante del vin brulè e dei biscotti natalizi, mentre passate tra le tipiche casette del mercatino? Godetevi questi piacevoli momenti e approfittate dell’occasione per cercare qualche regalo di Natale. Potrete trovare bellissime sorprese per tutta la famiglia: decorazioni per l’albero di Natale, giocattoli, oggetti di vetro o ceramica, prodotti tipici gastronomici. Un consiglio: Oltre a visitare il suggestivo mercatino di Natale approfittatene per trascorrere qualche giorno sulle piste da sci di Plan de Corones! Vi auguriamo di vivere un magico periodo d’Avvento! Orario d’apertura: Dal 26/11 al 25/12/2010 da lunedì a venerdì dalle ore 14.30 – alle ore 19.00, sabato, domenica e giorni festivi dalle ore 10.00 alle ore 19.00. Il 24 dicembre 2010 dalle ore 10.00 alle ore 15.00. Il mercatino rimane chiuso il 25/12/2010. Dal 26/12/2010 al 06/01/2011 tutti i giorni dalle ore 10.00 alle ore 19.00, il 01 gennaio 2011 dalle ore 14.30 alle ore 19.00.

www.valpusteria.com

Napoli, Mostra d’Oltremare

La Mostra d’Oltremare in collaborazione con le Associazioni dell’Artigianato e la Camera di Commercio di Napoli e grazie a Comune di Napoli, Regione Campania e Provincia di Napoli,  organizza dal 3 al 12 dicembre “Il mercatino di Natale” nello spazio denominato “Piazzetta delle 28 Fontane” (nei pressi dell’ingresso di Piazzale Tecchio - Napoli). L’evento che vuole realizzare a Napoli un tipico “mercatino natalizio all’aperto” come già avviene in molte città nazionali ed europee, serve soprattutto a stimolare idee e soluzioni per i regali di Natale con una offerta qualificata dell’artigianato di qualità. Area expo dedicata all’artigianato, area svago con intrattenimento e sala attrezzata per i bambini, area food con degustazioni per un mercatino di Natale all’aperto. Ingresso gratuito ORARI: feriali 17.00-21.00; sabato e festivi 10.00-22.00 www.comune.napoli.it

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