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ESERCITAZIONI E APPROFONDIMENTI - lamedusa.it · 6. È il più forte dei saraceni e sfida Ruggiero...

Date post: 01-Dec-2018
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M AURIZIO G IANNINI ESERCITAZIONI E APPROFONDIMENTI SUL POEMA CAVALLERESCO DELL’ARIOSTO E SUL PERIODO IN CUI FU SCRITTO Se hai letto il libro ora puoi saperne un po’ di più e valutare le tue capacità di lettore… Ti basterà stampare le pagine seguenti… La Medusa Editrice RACCONTATO DA
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Maurizio Giannini

ESERCITAZIONI E APPROFONDIMENTI Sul POEMA CAvAllERESCO DEll’ARIOSTO E Sul PERIODO IN CuI Fu SCRITTO

Se hai letto il libro ora puoi saperne un po’ di piùe valutare le tue capacità di lettore…

Ti basterà stampare le pagine seguenti…

La Medusa Editrice

RACCONTATO DA

Esercitazioni e Approfondimenti

3 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

È nata nel ………....…… e suo padre si chiama ………...…. Angelica è esperta di …….…………. Essendo molto bella ha fatto innamorare anche i due cugini …….………. e ………….. Ma Angelica si innamora soltanto di un giovane, che si chiama …….………..

È un fante dell’esercito ………… Insieme al compagno ………………. si mette in cerca di ………………. Morto durante una battaglia. Ferito, verrà curato da ……………… di cui si inna-mora e infine sposa.

È un ..................... di Francia e cugino del paladino ………………. Innamorato di ……………………… perde il senno quando scopre che lei si è legata sentimentalmente a

……………………..

Esercitazioni e Approfondimenti

4 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Appartiene alla famiglia dei ………………….. e sua sorella si chiama ………………… A causa della bella Angelica, di cui è innamorato, si batte spesso con suo cugino …………….. Ma al principio Rinaldo provava odio per Angelica mentre lei ne era innamorata a causa di un’……………….. stregata che avevano bevuto.

Suo fratello si chiama ……………… e suo cugino ……………. Figlia del duca ………………. indossa spesso una ………..…… ed è una coraggiosa guerriera. Si innamora di ………………….. che vorrebbe sposare.

È un guerriero ……………… e discende dalla stirpe di ………….. L’amore per la bella …………… lo porta ad affrontare molte avventure. Il mago ………….. lo tiene rinchiuso in un ………………… perché teme che possa essere ……………….

Esercitazioni e Approfondimenti

5 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

1. Agramante2. Alcina3. Argalia4. Astolfo5. Atlante6. Brandimarte7. Brunello8. Cloridano9. Dardinello10. Ferrau11. Gradasso

12. Isabella13. Leone14. Marfisa15. Marsilio16. Melissa17. Namo di Baviera18. Pinabello19. Rodomonte20. Sobrino21. Zerbino

1. Cerca il senno di Orlando sulla luna.2. È sorella gemella di Ruggiero.3. Vuole vendicare suo padre Troiano.4. È un re saraceno fortissimo che vuole impadronirsi del ca-

vallo di Rinaldo.5. È re di Saragozza.

Unisci in modo esattoi nomi dei personaggi menzionati alle definizioni

corrispondenti.

Esercitazioni e Approfondimenti

6 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

6. È il più forte dei saraceni e sfida Ruggiero considerandolo un traditore.

7. È un cavaliere saraceno e uccide Argalia, fratello di Angelica.8. È un re saraceno ucciso da Rinaldo. Medoro e Cloridano

cercano il suo corpo.9. È un principe di Scozia e si innamora della saracena Isabella.10. È un vecchio duca a cui è affidata Angelica.11. È una maga che inganna gli uomini mostrandosi bellissima

e che poi li trasforma in piante e animali.12. È un vecchio mago che ha cresciuto Ruggiero, a cui è molto

affezionato.13. È una maga che ha preso a cuore Bradamante e Ruggiero.14. Fratello di Angelica, appare come fantasma a Ferraù.15. Paladino amico di Orlando è innamorato di Fiordiligi.16. È un barone nano molto furbo al servizio dei saraceni.17. Amico di Medoro cerca con lui il corpo di Dardinello.18. Nobile e virtuosa saracena viene portata in Europa da

Zerbino di cui si innamora.19. Futuro imperatore romano d’Oriente, viene promessa in

sposa Bradamante.20. Discendente dei Maganza, vuole uccidere Bradamante per-

ché della casata Chiaramonte.21. Re saraceno, partecipa insieme ad Agramante e a re

Gradasso al duello contro i tre cavalieri cristiani.

Esercitazioni e Approfondimenti

7 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Indica a chi appartiene il seguente cavallo:

Baiardo ………………………………………………........

Brigliadoro ……………………………………………….....

Rabicano ……………………………………………….......

Frontino ………………………………………………..........

Come si chiama la spada di Orlando? …………………………...

Come si chiama la spada di Ruggiero? …………………………

Come si chiama la spada di Rinaldo? ……………………………

Esercitazioni e Approfondimenti

8 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Quali poteri ha l’anello magico?

…………………………………………………………………….....

A chi appartiene l’anello magico?

…………………..........................................................................

A chi lo sottrae bradamante?

…………………..........................................................................

A chi lo consegna per essere aiutata?

…………………..........................................................................

In che occasione torna nelle mani del primo proprietario?

…………………..........................................................................

Da chi lo aveva ricevuto?

…………………..........................................................................

Esercitazioni e Approfondimenti

9 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Dai un voto alla tua attenzione nella letturadell’Orlando Furioso e alla tua memoria

dopo aver risposto alle seguenti domande:

Alla fine confronta le tue risposte con quelle dei tuoi compagni.

Per quale motivo il re Saraceno Agramante ha assediato Parigi?

Chi ha portato nell’accampamento la bella Angelica?

Chi affida Angelica al duca Namo di Baviera?

Per quale motivo Angelica è stata affidata al vecchio duca?

Quando Angelica fugge dall’accampamento, chi incontra per primo?

Chi sta rincorrendo?

In quale persona si imbatte Angelica in un secondo momento?

Che cosa cerca di pescare nel fiume?

Esercitazioni e Approfondimenti

10 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Contro chi si batte Ferraù?

Cosa dice questi all’altro cavaliere?

Quando torna al fiume, Ferraù chi vede?

Fuggendo ancora Angelica incontra un’altra persona seduta in riva a un ruscello. Chi è?

Chi è il cavaliere sul cavallo grigio che appare a Sacripante?

Chi dei due ha la peggio durante il duello?

Perché Sacripante si sente tanto umiliato per la confitta?

Chi gli rivela chi era quel cavaliere?

Dove viene mandato Rinaldo da Carlo Magno quando ritor-na a Parigi?

Chi è il cavaliere che vede Bradamante presso un ruscello?

Quale importante rivelazione gli confida questi?

Che cosa gli chiede Bradamante?

Dove è finita Bradamante cadendo nel pozzo?

Chi le appare?

A chi appartiene la voce che esce dalla tomba?

Dove viene condotta Bradamante per magia?

Esercitazioni e Approfondimenti

11 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Perché Bradamante riconosce subito il barone Brunello?

Che cosa possiede questi che serve a Bradamante?

Quale evento straordinario spinge tutti gli avventori della lo-canda a guardare fuori?

Chi cavalca l’ippogrifo?

Quale magiche virtù ha l’anello fatato?

Come fa ad impossessarsene Bradamante?

Chi abita nel castello fatato?

Quale pericoloso oggetto possiede costui quando è sull’ip-pogrifo?

Perché il mago Atlante tiene prigioniero Ruggiero?

Che cosa chiede Atlante a Bradamante quando la guerriera lo fa prigioniero?

Che cosa frantuma Atlante per far sparire il castello fatato?

Su quale creatura Ruggiero vola via?

A quale pianta Ruggiero lega l’ippogrifo?

Chi si nasconde dentro la pianta?

Dove questi dice a Ruggiero di trovarsi?

Chi sta cercando Ruggiero?

Esercitazioni e Approfondimenti

12 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Perché Ruggiero dimentica improvvisamente Bradamante?

Perché la maga Melissa vuole che Ruggiero sia coraggioso?

Per quale motivo, Ruggiero se ne sta ozioso in un castello?

Quale aspetto assume la maga Melissa per convincere Ruggiero che è stato rigirato?

Quale sogno fa il paladino Orlando?

Che cosa decide di fare quando si sveglia?

Chi trova Ruggiero legato a uno scoglio mentre vola sull’ip-pogrifo?

Quale terribile creatura esce dal mare?

Perché Orlando insegue un cavaliere a cavallo?

Dove è entrato il cavaliere?

Chi si affaccia da una finestra?

Chi crede Orlando che sia quella donna?

Chi è il padrone del palazzo incantato dove sono finiti Orlando e Ruggiero?

Chi cerca Angelica quando arriva al palazzo incantato?

Che cosa vuole chiedere loro?

Chi scegli infine?

Esercitazioni e Approfondimenti

13 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Perché Ferraù dice di non poter sfidare a duello Orlando?

Quale altro cavaliere si trova insieme a Orlando e Ferraù?

Che cosa fa infine Orlando pur di duellare con Ferraù?

Chi ha preso l’elmo di Orlando, mentre Ferraù e Orlando si sfidano?

A chi affida il comando di gran parte delle truppe saracene re Agramante?

Perché Agramante è preoccupato?

Alle preghiere di re Carlo, Dio chi manda in suo aiuto?

Quale esercito arriva finalmente per aiutare re Carlo?

Chi è il principe scozzese che arriva insieme a Rinaldo?

Quale dei due eserciti alla fine ha la peggio?

Chi affronta dentro le mura di Parigi il saraceno Rodomonte?

In quale fiume si getta infine Rodomonte in fuga?

Chi stanno cercando tra i tanti morti Medoro e Cloridano?

Chi sta tornando insieme alle sue truppe scozzesi?

Perché questi risparmia Medoro?

Chi però lo ferisce gravemente?

Esercitazioni e Approfondimenti

14 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Quale rimedio trova Angelica per curare Medoro?

Quale animale sta cercando il pastore che incontra Angelica?

Perché Angelica soffre nel sapere che Medoro vuole tornare all’accampamento saraceno?

Chi ha lanciato una freccia nel suo cuore?

In che modo esprimono il loro grande amore Medoro e Angelica?

Quale oggetto prezioso Angelica regala al pastore prima di partire insieme a Medoro?

Che cosa consegna a Bradamante, Astolfo prima si volare sull’ippogrifo?

Che cosa lascia a Bradamante, Ruggiero prima di partire verso Parigi in aiuto di re Agramante?

In quale occasione Orlando vede per la prima volta un albe-ro su cui è scritto il nomi di Angelica?

Chi lo ospita la sera stessa?

Quale storia costui racconta al paladino?

Quale oggetto convince definitivamente Orlando che è dav-vero la sua Angelica?

Esercitazioni e Approfondimenti

15 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Chi trova la spada e il cavallo di Orlando?

Chi si impossessa della spada che il paladino ha lasciato?

Durante il duello tra i due cavalieri, chi viene ferito mortal-mente?

A chi apparteneva un tempo l’armatura che indossa Mandricardo?

Chi ha costruito il ponte che Orlando vuole attraversare?

Che cosa fa Orlando quando si trova sulla spiaggia?

Chi inciampa sul corpo ancora addormentato del paladino?

Come si comporta Orlando quando si sveglia?

Chi riferisce a Rinaldo che Orlando è impazzito?

Prima di cercare suo cugino Orlando, cosa decide di fare Rinaldo?

Chi ritrova Fiordiligi nei pressi di Parigi?

Che cosa dice un cavaliere saraceno a Bradamante quando gli chiede di Ruggiero?

Da chi è tormentato il re Senapo a cui Astolfo fa visita?

Quale profezia conosce il vecchio re cieco?

Esercitazioni e Approfondimenti

16 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Dove vola Astolfo sull’ippogrifo, quando ha chiuso la grotta con i massi?

Chi è il vecchio vestito di rosso e con la barba bianca che Astolfo incontra?

Perché Dio avrebbe punito Orlando privandolo del senno?

Quanto tempo Orlando, per volontà di Dio, resterà senza senno?

Dove viene conservato il senno di Orlando?

In che modo il vecchio e Astolfo raggiungono questo luogo?

Chi incontra Bradamante mentre si sta dirigendo ad Arles?

Quale promessa fa Rodomonte a Bradamante prima di ini-ziare il duello?

Perché Bradamante batte facilmente Rodomonte?

Come si comporta Rodomonte sconfitto dalla donna?

Quale dono dice a Fiordiligi di portare a Ruggiero quando arrivano ad Arles?

Che cosa dovrà fare Ruggiero in cambio del dono ricevuto?

Chi si mette accanto a Ruggiero pronto al duello?

Quali improperi rivolge Bradamante a Ruggiero?

Esercitazioni e Approfondimenti

17 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Dove finiscono Marfisa, Bradamante e Ruggiero?

Di chi è la voce che esce dal sepolcro?

Quale inaspettata rivelazione Marfisa e Ruggiero vengono a conoscere?

Da chi discendono Marfisa e Ruggiero?

Perché Marfisa non vuol essere più musulmana?

Che cosa propone Bradamante a Ruggiero?

Che cosa risponde lui?

Chi fa da padrino al battesimo di Marfisa?

In che modo San Giovanni dice ad Astolfo di aiutare il popo-lo d’Etiopia?

Perché Agramante si stupisce che gli Etiopi sono riuscite ad arrivare alle terre che lui comanda in Africa?

Chi consiglia Agramante di tornare in Africa al più presto?

Quale proposta questi fa infine ad Agramante, che lui ac-cetta?

Chi sono i due cavalieri che si affrontano nel duello deciso da Agramante e re Carlo?

Quale dei due non ha molto voglia di combattere?

Esercitazioni e Approfondimenti

18 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Chi chiede alla maga Melissa di interrompere quel duello?

In che modo agisce la maga Melissa?

Chi per primo riconosce nel selvaggio apparso sulla spiag-gia il paladino Orlando?

Chi gli fa respirare il senno contenuto nell’ampolla?

Come si comporta Orlando quando rinsavisce?

In che parte del mondo si trovano in quel momento?

Quale città re Agramante vede bruciare mentre è in mare?

Chi l’ha incendiata?

Chi incontra a Marsiglia Ruggiero?

Che cosa trovano nella nave abbandonata, Orlando, Oliviero e Brandimarte che appartiene a Ruggiero?

Perché l’eremita che Ruggiero trova sull’isola deserta lo rim-provera?

In che modo Dio lo aveva avvisato del suo arrivo?

Quale parte delle rivelazioni fattegli da Dio, l’eremita non racconta a Ruggiero?

Dove l’eremita battezza Ruggiero?

Esercitazioni e Approfondimenti

19 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Chi affrontano sull’isola di Lampedusa i tre cavalieri cristiani?

Chi si batte al principio del duello contro Orlando?

Chi dei tre guerrieri saraceni pugnala a morte Brandimarte?

Chi taglia la testa di re Agramante?

Chi attende in Sicilia il corpo senza vita di Bradamante?

Chi dei tre paladini si ammala durante il viaggio?

Chi riesce a curarlo?

Che cosa dice a Rinaldo, costui, quando si incontra con Ruggiero?

Quale promessa ha fatto anni prima Bradamante a suo padre?

Chi è l’uomo che dovrebbe sposare?

A chi si rivolge per chiedere un consiglio?

Quale patto viene stretto fra Bradamante e lui?

Dove si reca Ruggiero saputo della promessa fatta da Bradamante a suo padre?

Dove viene rinchiuso?

Chi lo libera?

Che cosa è costretto ad accettare, Ruggiero?

Esercitazioni e Approfondimenti

20 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Durante il duello tra Ruggiero (che si finge Leone) e Bradamante perché la giovane guerriera si arrende?

Che cosa fa Ruggiero sapendo che ormai Bradamante an-drà in sposa a Leone?

Chi va da re Carlo per dirgli che fra Bradamante e Ruggiero c’è una promessa di matrimonio?

Come si comporta Carlo Magno?

Perché Leone s’è messo in cerca di Ruggiero?

Chi lo sta cercando oltre a Leone?

Che cosa risponde Ruggiero alla richiesta di Leone di sosti-tuirsi di nuovo a lui?

Quale riflessione fatta da Leone provoca le sue risa e anche quelle di Ruggiero’

Chi arriva inaspettatamente durante le nozze tra Bradamante e Ruggiero?

Perché questi sfida a duello Ruggiero?

Che cosa indossa Ruggiero durante il duello che lo protegge dai colpi?

Come uccide il suo sfidante?

PUNTEGGIO FINALE

21 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Come sai L’Orlando furioso è un poema cavalleresco che l’autore, Ludovico Ariosto dedicò a Ippolito d’Este.

Nacque a Ferrara nel 1479 è fu arcivescovo e poi cardinale. Era figlio del duca di Modena e Ferrara Ercole I d’Este e della principessa Eleonora d’Aragona. Morì nella sua città in occasio-ne del suo ultimo rientro in Italia, il 3 settembre 1520, per un’in-digestione di gamberoni. Fu sepolto nella cattedrale di Ferrara. Nel 1607, i suoi resti furono spostati ai piedi del sepolcro di Papa Urbano III e posti in un’urna di marmo.

Furono una famiglia che prese il nome da Este, loro feudo tra il 1056 e il 1239. Furono signori di Ferrara (1240-1598), città

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22 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

unita da vincoli di vassallaggio allo Stato Pontificio, estesero in seguito i loro domini anche su Modena (1288), Reggio Emilia (1288), Fanano (1352), Garfagnana (1429/1451), Carpi (1527), Correggio (1636), Mirandola (1711), Novellara (1737), Massa e Carrara (1790), che persero nel 1796 e riottennero nel 1814 come Asburgo-Este con l’aggiunta di Guastalla (1847) fino al 1859.

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23 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Le fonti del l’Orlando furioso di Ariosto sono: l’Orlando in-namorato del Boiardo di cui riprese i personaggi principali e gli antefatti, il Morgante del Pulci, i romanzi bretoni, ma anche l’O-dissea, l’Eneide, le Metamorfosi di Ovidio e la Tebaide di Stazio.

Matteo Maria Boiardo nacque a Scandiano nel 1441, appar-teneva alla famiglia dei conti di Scandiano, collegati al ducato di Ferrara. Quando, a dieci anni, rimase orfano, fu accolto ed educato alla corte di Ercole I. A vent’anni assunse il governo del feudo di Scandiano, e in seguito ricevette numerosi incari-chi di notevole responsabilità, come il governatorato di Modena (1480-1483) e quello di Reggio Emilia (dal 1487 fino alla morte avvenuta nel 1494). Assimilò l’amore per la letteratura classica e, oltre a tradurre opere latine e greche si dedicò alla composi-zione di testi poetici sia in latino sia in volgare. L’opera maggio-re fu l’Orlando innamorato che riprende con grande fantasia e

Esercitazioni e Approfondimenti

24 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

gusto narrativo i temi e i personaggi dei romanzi cortesi, ancora molto diffusi e apprezzati a Ferrara e nell’Italia centro-setten-trionale, tanto presso il pubblico colto quanto presso il popolo. Introduce l’innovazione di fondere i due principali filoni narra-tivi preesistenti, ossia il ciclo carolingio (Carlo Magno e i suoi paladini) e il ciclo bretone (i cavalieri della Tavola rotonda). Il poema, in ottave, molto ampio, rimase incompiuto pochi mesi prima della morte del poeta, avvenuta con la discesa dei france-si di Carlo VIII, cui fanno esplicito riferimento gli ultimi versi. Il poema ebbe grande successo, poiché interpretava con sensibilità umanistica i valori cortesi dell’epoca feudale ormai al tramonto.

Luigi Pulci nacque a Firenze nel 1432 e apparteneva a una fa-miglia nobile decaduta, fu introdotto presso la famiglia Medici nel 1461, dove entrò presto nelle grazie del giovane Lorenzo, con il quale condivise lo spirito giocoso che contraddistinse le sue prime opere poetiche. Tra il 1473 e il 1474 il clima giocoso della cerchia medicea, si modificò notevolmente per l’importanza as-sunta dai filosofi platonici dell’Accademia e il Pulci entrò in con-flitto con questi personaggi ed ebbe un’aspra polemica. Perciò il Magnifico lo lasciò ai margini. Questo e le difficoltà finanziarie costrinsero il Pulci ad allontanarsi da Firenze e ad entrare al servizio del condottiero Roberto di San Severino, che seguì in vari viaggi. Nel marzo del 1481 fu nominato capitano di Val di Lugana, feudo del Sanseverino. Ammalatosi durante un viaggio, morì a Padova nel 1484 e fu sepolto fuori dal muro che circon-

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25 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

dava il sagrato della chiesa di San Tommaso Apostolo, “vicino ad un pozzo” “senza alcuna sacra cerimonia” come uomo “di poca, o niuna religione”.

Il Morgante è il capolavoro del Pulci e uno dei poemi più sin-golari della letteratura italiana, dato il tono giocoso e le avventu-re mirabolanti di alcuni personaggi. È un poema epico-cavalle-resco in ottave, suddiviso in cantari, che recupera la materia del ciclo carolingio. Il titolo deriva dal nome del suo personaggio più popolare, un gigante che Orlando converte alla fede cristiana e le cui avventure costituiscono gran parte della trama. Uscì nel 1478 in 23 cantàri e nel 1483, nell’edizione definitiva, in 28 can-tari. Gli ultimi cinque canti dell’edizione del 1483 hanno uno sti-le molto diverso dalla prima parte del poema e narrano la mor-te di Orlando a Roncisvalle. Il titolo di “Morgante maggiore”, di cui si fregiano non poche edizioni, è riferito al fatto che dell’o-pera fu al tempo fruibile una estrapolazione del solo episodio di Morgante e Margutte, noto come “Morgante minore”. Dunque il “Morgante” è “maggiore” anche nella prima redazione di venti-tré capitoli.

Il ciclo bretone comprende una serie di poemi e romanzi dei secoli XII e XIII, incentrati sulle figure di re Artù e dei suoi cava-lieri della Tavola Rotonda o sulla leggenda di Tristano e Isotta. La qualifica di “bretone” allude al fatto che queste opere sono ambientate nelle due Bretagne, l’isola e la penisola, e attingono al vasto repertorio della mitologia celtica.

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27 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

dinarie dell’imperatore Carlo Magno e dei paladini di Francia, cioè tutti i nobili della sua corte, primo tra tutti Orlando, che combattono per alti ideali, come la fede religiosa, la patria, il sovrano, l’onore. Proprio con il poema dedicato al paladino Orlando, la Canzone di Orlando (Chanson de Roland), comin-cia di fatto la fioritura della letteratura francese.

L’Opera dei Pupi è un tipo di teatro delle marionette, i cui protagonisti sono Carlo Magno e i suoi paladini. Le gesta di questi personaggi sono trattate attraverso la rielaborazione del materiale contenuto nei romanzi e nei poemi del ciclo carolin-gio. Le marionette sono appunto dette pupi (dal latino “pupus” che significa bambino). L’opera è tipica della tradizione sicilia-na. L’Opera dei Pupi si affermò nell’Italia meridionale, nella prima metà del XIX secolo a Napoli, grazie a Giuseppina d’Er-rico, e in Sicilia, tra la seconda metà del XIX e la prima metà del XX secolo.

Orlando o Rolando a quanto pare è esistito davvero: nacque nel 736 e fu un prefetto della marca di Bretagna. Secondo la Vita et gesta Caroli Magni di Eginardo, opera scritta tra l’829 e l’839,

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28 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

i Baschi massacrarono la retroguardia franca a Roncisvalle e uc-cisero Eggiardo, sovraintendente alla mensa del re, Anselmo, conte palatino, Rolando e molti altri. Re Carlo fu invitato a Saragozza dal governatore di Barcellona e Gerona nel 777, che si sentiva minacciato dall’emiro di Cordoba. Carlo attraversò dun-que i Pirenei, ma il wali di Saragozza sbarrò le porte della città a Carlo che fu così costretto a fare marcia indietro.

Per rappresaglia Carlo mise a ferro e fuoco Pamplona, ma la mossa non fu felice. Il 15 agosto 778 i Baschi ribelli condussero un’imboscata nello stretto passaggio di Roncisvalle e decimaro-no la retroguardia di Carlo. La Chanson, si fa risalire tra il 1070 e il 1080, la versione manoscritta più antica al 1100, e descriverà come Orlando abbia esitato fino all’ultimo, prima di dare l’allar-me al suo Re. Compreso ormai che la disfatta era irreversibile, cominciò a suonare l’olifante con tutte le sue forze, tanto che ne morì. Il messaggio era arrivato a Carlo, ma ormai era troppo tardi. La tomba di Rolando si trova per tradizione a Blaye nella Basilica di Saint-Romain. La Chanson segnala che l’olifante a pezzi sia stato sotterrato sul colle di Saint-Seurin a Bordeaux.

Esercitazioni e Approfondimenti

29 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Scritte tra il 1517 e il 1525, vennero pubblicate clandestina-

mente postume solo nel giugno del 1534 a Ferrara. Le Satire

sono sette e composte in terzine.

La Satira prima, scritta nell’autunno del 1517, è rivolta al

fratello Alessandro Ariosto e a Ludovico da Bagno, segretario

del cardinale Ippolito d’Este. In essa l’autore racconta la rottu-

ra col cardinale conseguente al rifiuto del poeta di seguirlo in

Ungheria.

La Satira seconda, invece, indirizzata al fratello Galasso, ri-

sale alla fine del 1517, prima di un viaggio a Roma che l’Ariosto

intraprese per risolvere i problemi legali connessi al beneficio

ecclesiastico di Sant’Agata in Faenza; in questa satira l’autore

esprime considerazioni disincantate e disilluse sulla vita cor-

tigiana.

Esercitazioni e Approfondimenti

26 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

L’amore è il tema dominante e il centro ispiratore del roman-zo cortese. Il coraggio, la prodezza, la cortesia acquistano un senso solo se mossi dall’amore e finalizzati al servizio della don-na amata. L’amore consente al cavaliere di elevarsi a un mondo di sentimenti profondi e delicati e diventa quindi strumento pri-vilegiato di arricchimento spirituale. Strettamente connesso è il tema dell’avventura, che il cavaliere cortese ricerca per mettere alla prova se stesso. Mentre i cavalieri della canzone di gesta di-mostravano il proprio coraggio in battaglie anche storicamente determinate, come la guerra contro gli infedeli, il cavaliere cor-tese parte, spesso da solo, in cerca di pericoli fantastici, il cui superamento è finalizzato esclusivamente al proprio perfezio-namento.

Il ciclo carolingio fa parte, come il ciclo bretone, di quella let-teratura dei cicli, di carattere epico-cavalleresco, che si svilup-pò immediatamente dopo l’anno Mille e che celebrava nelle sue composizioni in versi i valori più alti della società aristocratica. Si tratta di un complesso di canzoni di gesta francesi medievali, imperniate intorno alla solenne figura di Carlo Magno e cele-branti le sue imprese e quelle dei suoi fedeli paladini (Rolando in primo luogo) e quelle ancora di altri sovrani suoi predecessori e successori, sì da costituire una sorta di grande storia poetica dell’Impero carolingio. Al ciclo carolingio appartengono le can-zoni di gesta (chanson de geste), che esaltano le imprese straor-

Esercitazioni e Approfondimenti

30 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

La Satira terza, del maggio del 1518, è rivolta al cugino Annibale Malaguzzi. In essa l’autore parla del suo nuovo lavoro al servizio del duca, rifiuta la carriera ecclesiastica e difende la propria dignità.

Nella Satira quarta, composta nel 1523 e dedicata a Sigismondo Malaguzzi, l’autore si lamenta della lontananza della sua donna, del suo duro lavoro in Garfagnana e dell’impossibilità di scrivere.

La Satira quinta, la cui datazione è fissata tra il 1519 e il 1521, è dedicata nuovamente ad Annibale Malaguzzi, e affronta alcuni motivi tradizionali della vita matrimoniale.

Nella Satira sesta, scritta nel 1524-1525 e indirizzata a Pietro Bembo, l’autore chiede al letterato che gli procuri per il figlio Virginio, studente a Padova, un professore di greco, raccoman-dandosi che sia affidabile per dottrina e costumi.

Infine la Satira settima, indirizzata al segretario del duca Alfonso I d’Este, Bonaventura Pistofilo, fu elaborata in Garfagnana nella primavera del 1524; in essa il poeta giustifica il proprio rifiuto di diventare ambasciatore estense a Roma e affer-ma il suo desiderio di tornare al più presto a Ferrara.

• La tragedia di Tisbe (perduta), (1493)• La Cassaria, in prosa (1508)• I Suppositi, in prosa (1509)• Il Negromante, in versi (1520)• La Lena, in versi (1528)• Gli studenti (incompiuta), in versi (1518-19)

Esercitazioni e Approfondimenti

31 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Il Furioso è forse l’opera che meglio sintetizza lo spirito rina-scimentale. Ma il Furioso non appare più come il poema di un’ar-monia al di fuori dello spazio e del tempo, metafisica e metastori-ca. I critici hanno messo in luce tutti gli svariati elementi tematici (i molti riferimenti alla realtà socio-culturale del Cinquecento o a problemi morali più generali, il tema del caso, la delusione del-le attese, l’assenza di una qualsiasi prospettiva provvidenziali-stica…) che nel Furioso trasmettono una concezione del mondo pessimistica e scettica, profondamente laica e consapevole della crisi storica, politica e sociale attraversata dall’Italia e della stes-sa crisi dei valori della cultura umanistica. La materia cavallere-sca appare così capace di trasmettere una riflessione sull’uomo contemporaneo, sui problemi morali e sociali che fa del Furioso un “romanzo contemporaneo”, il romanzo delle passioni e delle aspirazioni degli uomini del tempo dell’Ariosto.

È attraverso il dominio dell’arte che nel Furioso, Ariosto rie-sce ad esorcizzare il negativo che percepisce nella realtà conqui-stando un difficile equilibrio e una complessa armonia. Pur nella crisi acutamente percepita dei valori umanistici, l’Ariosto attra-verso il dominio delle passioni e della forma artistica mostra di continuare ad avere fiducia nell’arte e nella poesia.

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Come saprai, il Rinascimento fu un movimento culturale e un periodo della Storia d’Europa, considerato comunemente come la fine del Medioevo e l’inizio dell’Età moderna. Come inizio del Rinascimento si stabilisce convenzionalmente il XV secolo in Italia ed il XVI secolo in Europa settentrionale.

Il termine Rinascimento venne usato per la prima volta nel 1855 dallo storico francese Michelet in riferimento alla “scoper-ta del mondo e dell’uomo” nel XVI secolo. Lo storico svizzero Burckhardt, nel 1860, ampliò il concetto di Michelet, che carat-terizzò l’epoca come quella in cui vennero alla luce l’umanità la coscienza moderne dopo un lungo periodo di decadimento. Il termine è da considerare in opposizione a quello di Medioevo (Anni Bui), coniato da Petrarca, in quanto denoterebbe la ripre-sa degli studi sulla letteratura e cultura della Grecia e di Roma antica.

Nell’ultimo quarto del XX secolo, però, si è diffusa la convin-zione dell’esistenza di un insieme di movimenti di “rinascita” tra loro simili fin dal Medioevo, invece di un’unica realtà limi-

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tata al XV-XVI secc. grazie al lavoro di storici come Charles H. Haskins. Sono nati, quindi, concetti come Rinascimento del XII secolo, Rinascimento carolingio, Rinascimento italiano, Rinascimento inglese, ecc.. Questa terminologia è particolar-mente utile per evitare la necessità di inserire il Rinascimento in una cronologia che lo vede preceduto dal Medioevo e segui-to dalla Riforma, il che è ormai considerato assai discutibile. L’intero periodo è a volte indicato come pre-moderno.

Il rinnovamento culturale e scientifico iniziò nel XV seco-lo in Italia, dove uno dei centri principali fu Firenze, per poi diffondersi in tutta Europa. Nella scienza, teologia, letteratura nell’arte, il Rinascimento iniziò con la riscoperta di testi greci e latini conservati nell’Impero Bizantino e nei principali mona-steri europei, testi che, una volta scoperti, incoraggiarono tut-ta una serie di nuovi studi ed invenzioni nel secolo successivo.

Alcuni storici pongono la fine del Rinascimento al 6 mag-gio 1527, quando le truppe spagnole e tedesche saccheggiarono Roma, mentre nella storia della musica la conclusione si situe-rebbe tra il 1600 ed il 1620.

Il Rinascimento vide l’affermarsi di un nuovo ideale di vita e il rifiorire degli studi umanistici e delle belle arti, con la fine di una società frammentata di tipo feudale basata soprattut-to sull’economia agricola e su una vita intellettuale e cultura-le ispirata al pensiero religioso. Tale struttura politica decen-tralizzata si trasformò in una società dominata da istituzioni politiche controllate da una capitale, che privilegiavano un’e-conomia di tipo urbano ed il patrocinio laico nell’arte e nella letteratura.

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È luogo comune ritenere il Medioevo un’epoca chiusa al rin-novamento: in realtà esso fu comunque ricco di conquiste tec-niche ed intellettuali. I pensatori rinascimentali elaborarono e svilupparono, su scala maggiore e con una prospettiva del tutto rinnovata, i frutti dei vari “rinascimenti” medioevali. I sistemi di Platone e di Aristotele cari al Medioevo si rivelarono fondamen-tali per gli sviluppi del pensiero filosofico dei secoli successivi. I progressi delle discipline matematiche, inclusa l’astronomia, non avrebbero potuto realizzarsi senza i precedenti medioeva-li. Le scuole di Salerno in Italia e di Montpellier in Francia rap-presentarono centri di importanza fondamentale per gli studi di medicina nel Medioevo.

Il Rinascimento italiano fu, come già accennato, essenzial-mente un fenomeno urbano, un prodotto delle più ricche cit-tà italiane, quali Firenze, Roma, Napoli, Ferrara, Milano e Venezia. Fu proprio la ricchezza di queste città dovuta al perio-do di grande espansione economica del XII e del XIII secolo, a rendere possibili le conquiste culturali di quest’epoca. I mercan-ti che operavano in tali città controllavano i flussi commerciali e finanziari di tutta Europa e ne favorirono perciò la fioritura. A questa società mercantile faceva da contrasto quella rurale an-cora legata alle tradizioni dell’Europa medioevale.

Il periodo storico designato col nome di “Rinascimento” è tra-dizionalmente fissato fra la metà del XV e la metà del XVI secolo, anche se non gli si possono attribuire precisi limiti cronologici.

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Il Rinascimento fu il logico sviluppo di quel movimento letterario della fine del XIV e della prima metà del XV, cono-sciuto come Umanesimo.

In Europa l’Italia divenne maestra di arte e di lettere. In campo artistico Leonardo, Raffaello, Michelangelo furono gli insuperati maestri di tale periodo. Fatto artistico e fatto letterario furono, però, manifestazioni di una ben più vasta concezione della vita e del mondo, nella quale ideali morali e religiosi si intrecciarono ad ideali umani e letterari, confe-rendo al Rinascimento complessità di motivi, forza creatrice e vitalità.

Il rifiorire dell’amore per i classici e per l’antichità è non causa, bensì effetto dell’ansia dell’uomo di crearsi un mondo spirituale rispondente alle esigenze del tempo meglio delle or-mai superate ideologie religioso–feudali.

Propositi ed azioni, da puro atto pratico e consuetudine, di-ventarono un programma di vita: la teoria della politica come “ragion di Stato” fu enunciata per la prima volta da Machiavelli (1469–1527) in pieno Rinascimento (Il Principe è del 1513).

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L’originalità del Rinascimento si rifà ai concetti di reali-

smo e di individualismo. Nelle opere d’arte medievali notia-

mo che è il particolare ad essere realistico, ma non la con-

cezione dell’insieme, poiché per l’uomo medievale i destini

degli uomini furono sempre determinati dalla volontà di Dio

e, conseguentemente, l’artista operava per la gloria di Dio e

mirava ad infondere nella propria opera un contenuto morale,

mentre, l’artista del ‘400, convinto che, nei limiti dell’umana-

mente possibile, sia l’uomo stesso a forgiare il proprio desti-

no, mirava a creare, per la propria gloria personale, un’opera

bella ed immortale, basandosi su precise conoscenze.

Il realismo del Rinascimento nell’arte, nelle lettere, nella

scienza, nella teoria politica e nella storiografia, affermò il

valore autonomo, indipendente da premesse e fini trascen-

denti dell’opera d’arte, dell’azione politica, della scienza e

della storia.

Tale nuova visione del mondo affermò il senso dell’indivi-

dualità, della libertà di giudizio, della creatività, del laicismo

della cultura e, conseguentemente, portò al disgregarsi della

concezione medievale, nella quale, almeno in teoria, nessuna

attività umana poteva essere considerata avulsa dalla dimen-

sione metafisica e dalla volontà di riforma universale.

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La potenza della ragione prevalse sulla fede ed alla tradi-zione dogmatica fu sostituita la ricerca sperimentale, dando così origine alla scienza moderna. All’uomo del Rinascimento la natura apparve come equilibrio ed armonia, la vita campe-stre come fonte di serenità, nell’arte non mancarono i richia-mi realistici, a volte un po’ crudi, ma conciliati dall’arte e dal-la poesia con un’atmosfera magica che rievoca la mitica “età dell’oro”, ma si avverte in quella natura priva di motivi tragi-ci, la consapevolezza della fugacità della vita e della bellezza.

Col Petrarca era iniziato un processo di autoelevazione morale e spirituale, di continuo arricchimento interiore, al quale lo studio degli antichi doveva fornire un modello di vita e d’arte.

Nel Rinascimento tale atteggiamento mentale culminò nel culto del bello e nella ricerca del nitore della forma. L’uomo del Rinascimento sentiva di poter forgiare la propria storia, forzan-do il corso degli eventi, sotto l’impulso delle passioni e degli in-teressi umani, dopo aver relegato sullo sfondo la potenza divina

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e trovando un limite nel concetto di “fortuna” (latinamente: sor-te) che in parte era il concatenarsi fatale degli eventi, ed in parte manifestazione dell’imperscrutabile volontà divina.

L’uomo, infatti, non si era creato un sistema morale avulso da presupposti religiosi e quindi dovette affrontare il dissidio tra la riscoperta della propria individualità e libertà, le impre-scindibili leggi della natura e la volontà divina. Pertanto emerse quel bisogno di rinnovamento cristiano e morale che aprì la via della Riforma. Anche i riformatori, infatti, credettero in un rin-novamento imperniato su un modello lontano, per trarne im-pulso verso l’avvenire.

Il tramonto del Rinascimento iniziò con la decadenza politi-ca ed economica in Italia, quando si spensero quelle forze cre-ative che gli avevano dato vigore. Le sventurate vicende politi-che della penisola si riverberarono sulla storiografia, scemò la fede nelle capacità dell’uomo, riaffiorarono il miracoloso, il sen-so della precarietà, le assillanti domande sul lecito e l’illecito, mentre il pensiero politico rifuggiva dalla chiarezza lineare del Machiavelli. Sullo scorcio del XVI secolo, prevaleva ormai lo sta-to d’animo della Controriforma ed il Tasso esprimeva il tormen-to dell’uomo nuovamente attanagliato dall’angoscia del peccato.

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Una delle rotture più significative con la tradizione si pro-dusse nel campo della storia. Gli storici, tra i quali furono insi-gni Flavio Biondo nel Quattrocento e Machiavelli e Guicciardini nel Cinquecento, abbandonarono la visione dei medioevali, le-gata a un concetto di tempo segnato dall’avvento di Cristo, per sviluppare un’analisi degli avvenimenti che ha origine da una concezione laica e dall’atteggiamento critico verso le fonti. La storia divenne una branca della letteratura e non più della teo-logia e si rifiutò la convenzionale divisione cristiana che doveva avere inizio con la Creazione, seguita dall’Incarnazione di Gesù Cristo e dal Giudizio Finale. La visione rinascimentale esalta in-vece il mondo greco-romano, condanna il Medioevo come un’e-ra di barbarie e proclama la nuova epoca come era di luce e di ri-nascita del mondo classico. Il fervido interesse per l’antichità si concretizzò nella ricerca e nel restauro dei manoscritti dei gran-di autori greci e latini: i Dialoghi di Platone, le Storie di Erodoto e Tucidide, le opere dei drammaturghi e dei poeti greci, risco-perti e pubblicati dopo la caduta di Costantinopoli, nel 1453, fe-

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cero nascere in Europa un nuovo fervore filologico che portò ad una migliore conoscenza del greco antico.

Il Rinascimento fu un periodo di fermento intellettuale, che aprì nuove vie ai pensatori e gli scienziati del secolo successivo. L’idea rinascimentale secondo la quale l’uomo domina la natura accrebbe la fiducia nella scienza e nella tecnologie moderne, che fecero ora i primi grandi progressi. Le nozioni di repubblica e li-bertà preservate e difese dai pensatori come Machiavelli sul mo-dello degli statuti delle città stato greche di Roma antica, ebbero un impatto indelebile sul corso della teoria costituzionale del-lo stato moderno. Infine, il Rinascimento ha lasciato in eredità capolavori d’arte e monumenti destinati ad incarnare l’identità stessa della cultura occidentale.

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La grandezza del Rinascimento consiste nello spirito di con-quista che spinse l’uomo a compiere ricerche e scoperte in tutti i campi del sapere e delle arti, a guardare con nuovo interesse alla natura, fino a raggiungere un miracoloso equilibrio tra gli aspetti spirituali e quelli materiali della vita. Nelle arti figurative caratteristiche principali di questo spirito nuovo furono l’inven-zione della prospettiva, la conquista dell’anatomia e delle pro-porzioni nella raffigurazione del corpo umano, il ruolo eroico e grandioso attribuito all’uomo e alle sue azioni e l’imitazione dell’eleganza dell’arte classica

Se poniamo a confronto la figura di un rilievo romanico (11° secolo) con una scolpita da Donatello (15° secolo) ci sembra che le due opere appartengano a una diversa civiltà. Tra le due

sculture sono trascorsi parecchi secoli ma questo non basta a

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giustificare una simile differenza. La storia non è un continuo

progresso ma un percorso fatto di bruschi salti e rotture; questi

cambiamenti si riflettono nello stile delle opere d’arte e a vol-

te sono così profondi da determinare vere e proprie rivoluzioni.

Nel 15° secolo questa rivoluzione prese il nome di Rinascimento.

Il termine Rinascimento indica un evento miracoloso, come

una seconda nascita dopo la morte. Una nuova consapevolezza,

accompagnata da entusiasmo, ottimismo e orgoglio coinvolse,

all’aprirsi del 15° secolo, i cittadini delle corti italiane, determi-

nando un fervore artistico e culturale senza precedenti in Italia.

Scrittori, poeti, architetti, pittori e scultori furono i veri prota-

gonisti di questo movimento che prese il nome di Rinascimento

proprio in relazione al rinascere delle arti. Era infatti opinione

diffusa che, dopo il periodo d’oro dell’arte classica, la scultura,

la pittura e l’architettura fossero andate irrimediabilmente deca-

dendo fino a scomparire praticamente del tutto durante i ‘secoli

bui’ del Medioevo. Soltanto nei primi anni del Quattrocento le

arti avevano preso a rifiorire. Questa rinascita era stata resa pos-

sibile grazie alla riscoperta dell’arte antica che divenne un mo-

dello di perfezione, oggetto di studio da parte di ogni artista.

Col passare degli anni, grazie ai viaggi e agli scambi con il Nord

Europa, i principi artistici del Rinascimento si diffusero fuori

dall’Italia nei paesi di lingua tedesca, fiamminga e in Francia. Del

resto, stimoli importanti per lo sviluppo del Rinascimento italia-

no erano giunti dalle culture nordiche, grazie all’arrivo in Italia

di artisti come Albrecht Dürer e di opere dei fiamminghi Jan van

Eyck e Rogier van der Weyden (fiamminga, arte).

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Tema principale delle ricerche artistiche del Quattrocento fu lo studio dell’uomo e dello spazio che lo circonda, e che egli in qualche modo domina. Si giunse così, in modo graduale, alla conquista della rappresentazione corretta del corpo umano (anatomia) e dello spazio (prospettiva).

I primi a dare regole scientifiche alla rappresentazione di oggetti e figure nello spazio, secondo il principio del degradare delle grandezze verso un unico punto di fuga, furono gli artisti fiorentini, in particolare Filippo Brunelleschi.

La rappresentazione delle perfette proporzioni del corpo umano non smise mai di attrarre pittori e scultori ma furono so-prattutto Leonardo (si pensi al celebre disegno dell’uomo nudo inscritto in un cerchio), Raffaello e Michelangelo a raggiungere nelle loro figure i prototipi di perfezione maschile e femminile.

Lo straordinario sviluppo delle arti avvenne gradualmen-te e in numerosi centri politicamente e culturalmente autono-mi (Rinascimento, cultura del). I primi maestri furono fioren-tini: lo scultore Donatello, l’architetto Brunelleschi e il pittore Masaccio. Guardandosi l’un l’altro essi rivoluzionarono il lin-guaggio e lo stile delle tre arti principali lasciando un segno

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indelebile nella cultura fiorentina del tempo. Le innovazioni

dei tre artisti furono presto riprese, anche se in modo del tut-

to personale, dai fiorentini Lorenzo Ghiberti, Beato Angelico,

Filippo Lippi, Paolo Uccello e Andrea del Castagno.

Grazie alla protezione data alle arti da parte delle famiglie

al potere, fiorirono altri centri artistici molto importanti. Tra

i più significativi, Urbino dove Federico da Montefeltro chia-

mò a lavorare artisti fiamminghi, dalmati e italiani, tra i qua-

li Piero della Francesca e Donato Bramante. Nella Rimini dei

Malatesta operarono Leon Battista Alberti, Agostino di Duccio

e lo stesso Piero della Francesca; nella Ferrara degli Este i pit-

tori Cosmè Tura, Francesco del Cossa ed Ercole de Roberti.

Più a nord le principali capitali artistiche furono Padova,

con lo Squarcione e Andrea Mantegna, Venezia con Giovanni

Bellini, Milano con Bramante.

Al sud la Napoli Aragonese è un importante centro umani-

stico e artistico, ma è soprattutto Antonello da Messina ad apri-

re la cultura del Meridione alle conquiste del Rinascimento.

Se il Quattrocento è l’età dei centri e delle molteplici perso-

nalità artistiche, il nuovo secolo 16° si apre nel segno di poche e

grandissime personalità che sembrano occupare tutta la scena

italiana. Leonardo da Vinci tra Firenze e Milano, Michelangelo

tra Firenze e Roma, Raffaello tra Urbino, Firenze e Roma,

Tiziano a Venezia e Correggio a Parma, sono gli eroi della fase

più matura del Rinascimento italiano, coloro i quali, in qual-

che modo, superano gli stili locali in favore di una visione dav-

vero universale dell’arte.

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45 l’Orlando furiosoMaurizio Giannini

Se osserviamo il celebre David di Donatello e lo confron-tiamo con opere scultoree eseguite nel secolo precedente ciò che più colpisce è la sua straordinaria eleganza, l’attenzione che Donatello ha posto nel raffigurare il corpo del giovinet-to, morbido ma allo stesso tempo eroico, l’importanza che ha dato all’armatura, al copricapo e alla spada, oggetti che fanno del giovane protagonista della storia cristiana un eroe antico, quasi una divinità greca. Lo sguardo malinconico della statua è uno straordinario tocco di psicologia da parte dell’artista.

Assai meno raffinati, anzi per certi versi brutali sono gli apostoli che Masaccio raffigura nella scena del Tributo della moneta, nella Cappella Brancacci nella chiesa del Carmine a Firenze. Qui il pittore ha volutamente eliminato ogni partico-lare superfluo per concentrarsi completamente sugli uomini, sui loro corpi e i loro gesti. Con pochissimi elementi, un edi-ficio, dei tronchi d’albero e una riva, Masaccio riesce a farci percepire uno spazio in profondità e con pochissimi gesti una storia intera.

In modo molto simile Piero della Francesca, nel Battesimo di Cristo, raffigura i corpi e gli alberi con una estrema sintesi, quasi fossero pure forme geometriche disposte in uno spazio secondo principi matematici misteriosi. L’idea che ci comuni-ca Piero della Francesca è quella di una estrema razionalità e di una divina armonia.

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Proviamo a paragonare adesso il David di Donatello con

quello di Michelangelo, eseguito più di cinquant’anni dopo.

L’eroe di Michelangelo non è un malinconico fanciullo semidi-

vino ma un uomo nel pieno delle sue forze, un atleta vittorioso;

il David di Michelangelo esibisce la sua superiorità fisica, non

quella morale, tanto da essere considerato ancora oggi un mo-

dello di bellezza maschile.

Fu invece Leonardo a lasciarci un modello di bellezza fem-

minile con il celebre ritratto della Gioconda. Come nel David

anche qui la donna esibisce, con il suo misterioso sorriso, tutto

il compiacimento verso sé stessa, una soddisfazione che non

deriva dalla lotta ma dalla piena armonia con l’universo na-

turale e sociale che la circonda. La Gioconda e il David sono i

due campioni dell’uomo e della donna rinascimentali, felici di

esistere nel mondo.

Tutta intellettuale è invece la vittoria che Raffaello rappre-

senta nella Stanza della Segnatura. Nella Scuola di Atene e nel-

la Disputa del Sacramento egli riesce a conciliare infatti il sacro

e il profano, la filosofia antica e la dottrina religiosa moderna

attraverso una rappresentazione delle figure e dello spazio che

è ancora erede della grande rivoluzione di Masaccio. Come per

Piero della Francesca, in Raffaello spazio e figure sono costru-

iti uno in funzione dell’altra, fino a coincidere in un disegno

grandioso che è immagine di quello divino. Questo equilibrio

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perfetto è il frutto più maturo del Rinascimento, un periodo

destinato a interrompersi bruscamente come un sogno.

Basta mettere a confronto con queste opere citate il Giudizio

universale di Michelangelo per rendersi conto che il Giudizio

rappresenta la caduta degli eroi e allo stesso tempo la negazio-

ne dello spazio rinascimentali, la fine di quella fiducia nell’uo-

mo, nella storia e nell’arte che avevano alimentato le conquiste

del Quattrocento e del primo Cinquecento.

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Nel poema dell’Ariosto le vicende, l’ambiente, i personaggi appartengono al mondo della fantasia. Il contatto con la realtà degli uomini, dei sentimenti, della società rinascimentale avvie-ne attraverso un uso sapiente dell’ironia. Essa, da semplice figu-ra retorica che comunica il contrario di ciò che superficialmente dice, diventa strumento per la scoperta della contraddittorie-tà del reale e dei limiti dell’uomo. Già nelle ottave del Proemio emerge in due modi, come autoironia (il poeta si dichiara pazzo per amore come Orlando, e capace solo di offrire al suo signore una povera «opera d’inchiostro») e come velata critica al cardi-nale Ippolito d’Este, presentato come mente elevata occupata in «alti pensieri».

All’avviarsi della narrazione, sono subito riconoscibili (can-to primo) esempi di “ironia delle cose” o ironia oggettiva; il più evidente è forse dato dall’inaspettata sconfitta del prode guer-riero Sacripante per opera dell’«alto valor/ d’una gentil donzel-la» (Bradamante). Ma, nello stesso canto, si riconosce un altro uso assai importante dell’ironia: Angelica, per farsi aiutare da Sacripante, dichiara di aver conservato intatta la propria ver-

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ginità. E subito interviene l’Ariosto a commentare: «Forse era ver, ma non però credibile / a chi del senso suo fosse signore [...]». In questo modo, il poeta induce il lettore a prendere le di-stanze e a collocarsi criticamente rispetto a ciò che i personaggi dicono o fanno. Una terza forma d’ironia si può identificare nei vari modi in cui i personaggi, paladini, principesse, e così via, si ritrovano in situazioni tutt’altro che eroiche o nobili, anzi deci-samente “basse” o comiche: il culmine è raggiunto dalle azioni bestiali e grottesche di Orlando impazzito, trasformato in una furia cieca, al punto che, incontrandola per caso, non riesce a riconoscere Angelica (che tanto aveva desiderato di ritrovare).

L’Orlando furioso raccoglie questa eredità trasformando il mondo cavalleresco/cortese di Boiardo in un più ambizioso pro-getto di descrizione della complessità umana. L’immagine del cavaliere diventa più astratta, più lontana dal reale, e dalla con-sapevolezza di questo distacco nasce il meccanismo dell’ironia, come una forza che discute il fondamento stesso della realtà (a questo proposito si veda il discorso sui poeti menzogneri con-tenuto nel XXXV canto, vera e propria dichiarazione di poetica che si realizza nel discorso di S. Giovanni ad Astolfo).

L’operazione di discussione sulla e della realtà, che ha degli evidenti presupposti umanistici (si pensi ad esempio alla filolo-gia di Lorenzo Valla, operazione tutta vòlta ad una ricostruzio-ne scientifica che sfida il principio di autorità), porta al definiti-vo svuotamento dell’originario scontro tra pagani e cristiani: la guerra, uno dei pochi fili rossi che è possibile tracciare con faci-lità all’interno del poema, non racchiude un’opposizione etica/ideologica tra due schieramenti come nella Chanson de Roland. Sulla dimensione epica comunque presente, se non altro come

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polarità dialettica (e basti considerare la prima ottava del poe-ma), s’instaurano le infinite vie del romanzo, delle quali la tec-nica dell’intreccio è immagine stilistica: al filone principale delle armi si mischiano gli amori, secondo un’operazione già boiar-desca. All’eroe epico destinato alla vittoria proprio in quanto di-fensore di un’ideologica superiorità rispetto al nemico si sosti-tuisce il cavaliere innamorato del Boiardo, ma solo ad un primo superficiale livello. Ariosto non può accontentarsi di arrivare a questo punto, e infatti spinge il proprio punto di vista letterario a complicare il meccanismo dell’innamoramento fino al para-dosso: da una parte portando Orlando alla pazzia, alla condi-zione animalesca, a spogliarsi delle sue prerogative di cavaliere; dall’altra riprendendo e assolutizzando l’idea portante del ro-manzo medievale, il cavaliere alla ricerca della propria identità, da ritrovare dopo una “prova”.

I personaggi del Furioso sono sempre alla ricerca di qualco-sa: la donna amata, l’avversario da battere, il cavallo perduto, l’oggetto rubato; e in questa perenne ricerca, di volta in volta fa-vorita o frustrata dal caso o dalla magia, si vede agire l’uomo del Rinascimento proteso alla realizzazione delle proprie capacità. Alla possibilità di completamento e di soddisfazione del deside-rio, tuttavia, si sostituisce la consapevolezza di un’impossibili-tà: ogni ricerca rimane sospesa, frustrata, ogni via nuova impe-dita, ogni sentiero interrotto. Angelica è figura emblematica di questo meccanismo, di un continuo movimento vano che ha il suo contraltare nell’errare del poeta insieme ai personaggi, nel-la fatica dell’Ariosto quando si tratta di raccogliere e chiudere in un’unità la molteplicità.

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Angelica è dunque l’immagine emblematica di un meccani-smo che è alla base di tutte le forze che regolano il Furioso: tutti i personaggi sono alla ricerca di qualcosa. La dinamica dell’in-chiesta cavalleresca ereditata dal romanzo medievale, incentra-ta sul cavaliere alla ricerca dell’occasione per misurare la propria identità (“prova”) in vista anche della successiva realizzazione dell’amore, si trasforma ironicamente in un vorticoso cammi-no senza soluzione, nella follia dell’eroe principale, in un intrec-cio senza fine di storie che raccontano il vuoto e l’incompiutezza della figura del cavaliere. La narrazione dell’impresa dell’eroe diventa quindi riflessione sui valori di una civiltà in crisi, pia-cere della narrazione infinita, astrazione e idealizzazione della società rappresentata. Le innovazioni stilistiche, il meccanismo dell’intreccio (entrelacement) che prevede il parallelo snodarsi di vicende tutte diverse e parallele, la concezione dello spazio e del tempo risentono tutti di questo processo di distanziamento di cui è simbolo la figura dell’autore sempre al di fuori rispetto alla narrazione, seppur in molti casi posta in collegamento con le profonde tematiche del poema (si pensi solamente all’inna-moramento/follia di Orlando e all’immediato richiamo alla con-dizione del poeta).

Il mondo dell’Orlando Furioso è un mondo dominato da for-ze incontrollate che sfuggono al controllo della ragione, e di cui la follia dell’eroe principale è segnatamente emblema; il ruolo della magia, oltre che un brillante meccanismo narrativo e un ri-chiamo alla tradizione romanza, si carica in Ariosto di un conno-tato più amaro, proprio perché - come del resto la celebre ironia ariostesca - si sviluppa sulla consapevolezza di un limite ideolo-gico, storico, e addirittura politico. La crisi del mondo ferrarese e dell’universo rinascimentale italiano, che porterà con sé an-

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che la progressiva scomparsa dell’egemonia italiana come gran-de riferimento culturale dell’Occidente, condiziona l’atteggia-mento ideologico del poeta e la struttura dell’opera. Alla vanità della ricerca dei personaggi, infatti, corrispondono l’ambiguità di Ariosto all’interno del testo, che ricopre posizioni spesso ap-parentemente contraddittorie, e anche la continua perfettibilità del poema, sia dal punto di vista linguistico (la revisione sotto il magistero bembiano), sia dal punto di vista strutturale (le tre edizioni e la produzione dei Cinque canti).

Anche all’interno della concezione dello spazio, che vede l’al-ternanza tra il presunto centro narrativo della guerra cristiana contro i pagani e le varie peregrinazioni dei personaggi, alcuni luoghi del testo assumono strutturalmente i connotati di emble-ma di tutto il poema. Così è il castello di Atlante del XII canto (che si ritroverà anche, in altra ma simile modalità, più avan-ti), luogo principe della ricerca vana, dove tutti i personaggi rin-corrono l’oggetto della propria ricerca: l’inseguimento vano del loro desiderio insoddisfatto.

La stesura travagliata del poema, che ha visto come si dice-va tre edizioni, ha anche portato progressivamente con sé un diverso approccio al testo da parte dell’autore; alle modifiche strutturali corrisponde anche una diversa concezione del mon-do, più pessimista e matura, che si ritrova negli episodi aggiun-ti. In tutto questo complesso sistema, macchina narrativa ine-sauribile, s’innesta anche il tema amoroso, principale parallelo tra l’autore e i personaggi, e anche causa principale della follia che aleggia sul poema. Inoltre, il tema amoroso viene presentato in tutte le sue sfaccettature, secondo un principio di corrispon-denza di opposizioni mai completamente risolte che è comune a molte altre sfere semantiche del Furioso: gli amori tra Zerbino e

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Isabella, Olimpia e Oberto, Brandimarte e Fiordiligi, Orlando/Rinaldo e Angelica, Bradamante e Ruggiero sono tutti diversi. Insieme alla discussione sull’amore e sulle sue diverse manife-stazioni, si ripresentano motivi cari alla tradizione epica classi-ca e medievale, come l’amicizia salda fino alla morte (Orlando e Brandimarte; Cloridano e Medoro), l’opposizione tragica tra eroe fatato e invulnerabile e cavaliere puramente mortale, la di-mensione eroica del combattente senza paura (Rodomonte).

Vero e proprio altro mondo, luogo specchio del regno terre-stre, è l’emisfero lunare raggiunto da Astolfo, dove si trova il sen-no di Orlando insieme a tutte le altre cose che gli uomini smarri-scono: fama, gloria terrene, voti e preghiere, amori, vani desideri e vani progetti. La civiltà rinascimentale, è stato notato, ha rag-giunto un pieno equilibrio spirituale e sorride con saggezza e agli abbandoni dell’animo umano ed alle sue debolezze. Tuttavia, meccanismo che è alla base di operazioni letterarie diversissime come quelle di Machiavelli e Guicciardini, la trama “labirintica” diventa denuncia di un mondo dominato dalla presenza costan-te dell’imponderabile Fortuna (il “caso”), figura della “crisi della concezione rinascimentale di una realtà naturalmente armonio-sa e dominabile dall’intelligenza e dall’azione umana”. Il Furioso, interpretato come poema dell’armonia sin dalla celebre afferma-zione crociana, mostra al suo interno anche una forza corrosiva sulla capacità dell’uomo di essere artefice del proprio destino: la discussione sul rapporto con la Fortuna, simbolo dell’imprevedi-bile, vero e proprio topos del Rinascimento, fa breccia anche nei potenzialmente infiniti fili narrativi del libro che di quella civiltà è stato sintesi e capolavoro.

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Nei vari poemi medievali e rinascimentali la figura di Carlo Magno viene raccontata spesso in forma leggendaria. Ma chi era in realtà Carlo Magno?

Nacque ad Aquisgrana il 2 aprile del 742 e morì il 28 gen-naio del 814. Fu re dei Franchi e dei Longobardi e imperatore del Sacro Romano Impero. L’appellativo Magno gli fu dato dal suo biografo Eginardo, che intitolò la sua opera Vita et gestae Caroli Magni.

Il mattino di Natale dell’anno 800 Carlo veniva incorona-to imperatore a Roma dal papa. Rinasceva così l’impero, il Sacro Romano Impero d’Occidente. A differenza di quello an-tico, questo era molto più piccolo, i sudditi erano tutti cattoli-ci e il suo centro non era più a Roma, ma assai più a nord, ad Aquisgrana (oggi Aachen, in Germania), la sede preferita da Carlo Magno. Inoltre il titolo di imperatore era diventato un titolo legato alla Chiesa, perché da quel momento in poi per diventare imperatore sarebbe sempre stata indispensabile la consacrazione papale

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Nel 9° secolo – e così sarebbe stato ancora per molti secoli – il ritratto non doveva rappresentare la vera fisionomia di una persona: si preferiva sottolinearne i caratteri spirituali o il rango nella società. Per questa ragione possiamo soltanto immaginare il volto di Carlo, al quale i posteri, ammirati, aggiunsero il titolo di magno, dal latino magnus “grande”.

Lo storico Eginardo scrisse la Vita di Carlo Magno poco dopo la morte di questi, avvenuta nell’814 ad Aquisgrana, e ci ha la-sciato una descrizione del suo volto, del suo modo di vivere e di vestire, delle sue imprese. Eginardo descrive Carlo Magno già in età matura, con i folti capelli bianchi e gli occhi molto gran-di e vivaci. Il sovrano era alto e piuttosto corpulento (gli piace-va moltissimo mangiare una quantità impressionante di varie carni). Amava cacciare e cavalcare, apprezzava i bagni di vapo-re delle acque termali e si teneva in allenamento con frequenti nuotate: “invitava ai bagni” scrive Eginardo “non solo i figli, ma anche i nobili e gli amici, e talvolta anche la folla del suo seguito e delle guardie del corpo, tanto che non di rado si bagnavano in-sieme cento uomini e più”. Carlo era molto orgoglioso di essere un franco e si vestiva come la sua gente: portava biancheria di lino, brache, una camicia e una corta tunica. D’inverno si copri-va con un farsetto di pelli di lontra o di martora. Solo durante le cerimonie ufficiali e in circostanze eccezionali metteva la corona e si vestiva come gli imperatori romani. Negli altri giorni il suo modo di vestire era simile a quello comune del suo popolo.

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Carlo, destinato a diventare imperatore, era il figlio primoge-nito di Pipino il Breve, re dei Franchi, e di Bertrada. Dopo pochi anni dalla morte del padre (768) invase i territori toccati al fra-tello Carlomanno – scomparso a sua volta nel 771 – e, chiamato in Italia da papa Adriano I, s’impossessò anche di tutta l’Italia settentrionale, sconfiggendo i Longobardi.

Occupata Pavia, si fece incoronare nel 774 re dei Franchi e dei Longobardi; in precedenza aveva ripudiato la moglie longobar-da, quella che Alessandro Manzoni avrebbe poi cantato nel po-ema Adelchi come l’infelice Ermengarda. Carlo Magno, in que-gli anni, combatté con successo contro i musulmani di Spagna. Un episodio di questa guerra è rimasto celebre: la battaglia di Roncisvalle, nella quale la retroguardia dell’esercito franco sa-rebbe stata sorpresa e vinta dai musulmani (si trattava in realtà di guerrieri baschi, cristiani). Secondo una leggenda, che si svi-luppò però tre secoli dopo, morì nell’agguato anche Orlando, uno dei più valorosi paladini (i ‘conti palatini’, conti del palazzo) di Carlo Magno. Nella Chanson de Roland (“Canzone di Orlando”) si narra che Orlando morì per il tradimento del perfido zio Gano; prima di spirare aveva però fatto strage di musulmani.

Carlo fu un grande capo militare; passò tutto il periodo del suo lungo regno in guerra. Combatté vittoriosamente per circa

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trent’anni (dal 772 all’804) i Sassoni, che occupavano i territori a nord della Germania, e poi ancora i Bàvari, stanziati nell’at-tuale Baviera, e gli Àvari, popolazioni mongole di razziatori e allevatori di cavalli, che muovendosi dall’odierna Ungheria mi-nacciavano la Baviera e il Friuli.

Carlo era convinto che suo dovere fosse imporre dovunque la religione cattolica con conversioni in massa dei popoli vinti, imposte in maniera spietata. Chi non si convertiva veniva deca-pitato, e molti Sassoni furono decapitati da Carlo Magno in per-sona. Ovviamente il risultato di queste lunghe guerre fu anche l’accumulo di enormi ricchezze a spese dei vinti. Quando Carlo e i suoi armati riuscirono ad abbattere il Ring, ossia l’accampa-mento fortificato degli Àvari presso il Danubio, conquistarono un favoloso bottino d’oro che fu posto su quindici carri, tirati ognuno da quattro buoi.

Dopo tante guerre e vittorie, il dominio di Carlo Magno si estendeva dall’Elba all’Atlantico, all’Ebro, al Danubio: il re si presentava come il vero e solo capo della cristianità. In Occidente il titolo di imperatore era cessato nel 476 con la deposizione di Romolo Augustolo, ma era continuato in Oriente dove l’impera-tore bizantino si considerava e veniva considerato l’unico legit-timo imperatore romano. Al tempo di Carlo Magno vi regnava una donna, Irene, un fatto inaccettabile per un guerriero franco come Carlo Magno, che riteneva che solo un uomo potesse reg-gere un impero. Approfittando di questa situazione, si fece inco-ronare imperatore a Roma il mattino di Natale dell’800.

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La prima descrizione letteraria dell’ippogrifo, la fantasti-ca creatura originata dall’incrocio tra un cavallo e un grifone, con testa e ali di aquila, zampe anteriori e petto da grifone ed il resto del corpo da cavallo, si deve a Ludovico Ariosto nel suo Orlando Furioso, esso è infatti la cavalcatura del mago Atlante, e poi di Ruggero e di Astolfo. La scrittrice J. Rowling nel suo terzo romanzo che vede protagonista Harry Potter, lo chiama Fierobecco (Buckbeak), e lo fa comparire alla prima lezione di Hagrid.

San Giovanni Evangelista che nel Furioso accompagna fino alla luna Astolfo a ricuperare il senno di Orlando fu un aposto-lo di Gesù. La tradizione cristiana lo identifica con l’autore del quarto vangelo e per questo gli viene attribuito anche l’epite-to di evangelista. Secondo le narrazioni dei vangeli canonici era il figlio di Zebedeo e Salomè e fratello dell’apostolo Giacomo il Maggiore. Prima di seguire Gesù era discepolo di Giovanni Battista. La tradizione gli attribuisce un ruolo speciale all’inter-no della cerchia dei dodici apostoli: compreso nel ristretto grup-

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po includente anche Pietro e Giacomo, lo identifica con “il disce-polo che Gesù amava”, partecipe dei principali eventi della vita e del ministero del maestro e unico degli apostoli presenti alla sua morte in croce. Secondo antiche tradizioni cristiane Giovanni sarebbe morto in tarda età ad Efeso, ultimo sopravvissuto dei dodici apostoli. Per la profondità speculativa dei suoi scritti è stato tradizionalmente indicato come “il teologo” per antono-masia, raffigurato artisticamente col simbolo dell’aquila, attri-buitogli in quanto, con la sua visione descritta nel Libro dell’A-pocalisse, avrebbe contemplato la Vera Luce del Verbo, come descritto nel Prologo del suo Vangelo, così come l’aquila, si rite-neva, può fissare direttamente la luce solare. A lui la tradizione cristiana ha attribuito cinque testi biblici: il quarto vangelo, tre lettere e l’Apocalisse. Altra opera a lui attribuita è l’Apocrifo di Giovanni

Nel 1970 lo scrittore Italo Calvino pubblicò una guida alla lettura del testo ariostesco nata dall’amore e dall’affinità che le-gava Calvino alla scrittura dell’Ariosto, alla sua fantasia e all’i-ronia. Ma già nel 1966 Calvino aveva scritto un’introduzione all’opera di Ariosto per Einaudi e nel 1967 aveva dedicato al Furioso delle trasmissioni radiofoniche. Tre anni dopo, il lavo-ro su Ariosto avrà il suo culmine in questa guida. Calvino in-tervalla parti di commento e narrazione in prosa ai versi del te-sto originale del Furioso, senza rispettare la divisione in canti, ma seguendone piuttosto lo zigzag delle vicende dei personaggi. Il testo di Ariosto non è riportato nella sua totalità, ma quasi: Calvino non butta via niente; la sua non è un’antologia, ma un percorso di lettura. Ne esce, oltre a una guida, lo stimolo alla

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lettura di un lungo poema cinquecentesco da parte del letto-re moderno: è negli intenti di Calvino facilitare la fruizione del Furioso nel Novecento, con una lettura più moderna ed ecletti-ca di quella possibile attraverso un’edizione classica. Nel 1973 Calvino pubblicò il romanzo Il castello dei destini incrociati che contiene due distinte sezioni, la prima intitolata appunto Il ca-stello dei destini incrociati, mentre la seconda è intitolata La taverna dei destini incrociati. Il testo narrativo è accompagna-to, quasi ad ogni pagina, da riproduzioni di carte dei Tarocchi, in varie combinazioni dalle quali lo scrittore fa scaturire diversi racconti. Si tratta dunque di un’opera di letteratura combinato-ria. Nell’intrecciarsi delle vicende e dei personaggi è possibile riconoscere con chiarezza riferimenti a precedenti testi letterari, primo fra tutti l’Orlando furioso, che fu a lungo oggetto di stu-dio e di rielaborazione da parte di Calvino.

Nel 1969 il regista teatrale Luca Ronconi mandò in scena uno spettacolo teatrale tratto dall’Orlando furioso. Sull’onda del successo di questo spettacolo teatrale la RAI decise di trasporta-re sul piccolo schermo il capolavoro di Ronconi, programman-dolo per il 1974, anno in cui ricorreva il cinquecentenario della nascita dell’Ariosto stesso. Purtroppo vari contrattempi riman-deranno di un anno la messa in onda dello sceneggiato. La re-alizzazione del progetto impone un deciso ripensamento dello spettacolo; per le sue stesse caratteristiche tecniche il mezzo vi-deo non consente infatti di avvalersi dei due principi-guida che avevano orientato l’organizzazione della messa in scena teatra-le, ossia la partecipazione attiva del pubblico e la simultanei-tà delle varie scene che comprendevano la narrazione dell’ope-

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ra. Nel momento in cui lo spettatore non è più immerso nello spettacolo ma viene posto di fronte alla rappresentazione, l’Or-lando furioso cessa di essere uno spettacolo pensato e fatto per essere vissuto e ne diventa uno per la pura e semplice visione. Se nella versione teatrale il coinvolgimento fisico del pubblico e il meccanismo della simultaneità impedivamo il definirsi di un’immagine precisa dello spettacolo, nella versione televisiva lo spettatore si colloca davanti allo spettacolo come davanti ad un quadro ed è appunto con occhio attento alle arti visive che Ronconi organizza le proprie riprese. Deciso però a conservare il più possibile anche per la versione televisiva l’organizzazione frammentaria e simultanea della versione teatrale, Ronconi de-cide di esaltare la frammentarietà della rappresentazione tele-visiva facendo leva sull’assoluta autonomia dei singoli episodi, scandendo lo sceneggiato in blocchi narrativi autonomi e inter-rompendo le varie storie al loro punto di massima tensione con successiva ripresa ad opportuna distanza, secondo schemi non troppo differenti dal poema ariostesco.

Il musicista veneziano Antonio Vivaldi scrisse un dramma per musica in tre atti su libretto anonimo ispirato all’Orlando Furioso dell’Ariosto, che andò in scena nel novembre del 1727 al Teatro Sant’Angelo di Venezia. Vivaldi si era già occupato, all’e-poca dei suoi esordi, sia come impresario che come compositore, del personaggio ariostesco di Orlando, conseguendo dapprima un clamoroso successo con la messa in scena, nel 1713, di un’o-pera dal titolo Orlando Furioso. Ad essa era però seguito un al-trettanto clamoroso fiasco l’anno successivo con il suo Orlando finto pazzo. Il ricordo bruciante dell’insuccesso dell’Orlando

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finto pazzo e del frettoloso lavoro dedicato a rimaneggiare un Orlando Furioso altrui devono aver tormentato a lungo il Prete Rosso, finché, nel 1727 egli vide finalmente l’occasione per ri-prendere in mano “l’argomento a lui così congeniale”. L’opera con il titolo “Orlando” fu data nel mese di novembre, in apertu-ra della stagione 1727-28, tutto lascia intendere che Orlando fu preparato a tutta velocità.

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Giochiamo con i personaggi 3Chi di loro? 5I cavalli del Poema 7Le spade magiche 7L’anello magico 8Ti ricordi? 9

Approfondimenti 21Qua e là per il Poema… 21

Ma chi era Ippolito d’Este? 21Ma gli Estensi chi erano? 21

Le fonti del furioso 23Chi era il Boiardo? 23Chi era il Pulci? 24Che cosa sono i Romanzi bretoni? 25E il ciclo carolingio? 26Orlando, Rinaldo, Ruggiero, Angelica nell’Opera dei Pupi… 27Ma Orlando è un personaggio di fantasia o davvero è esistito? 27

Ma l’Ariosto non scrisse solo il furioso… 29Un’altra opera importante furono le Satire. 29E poi le sue Commedie 30

Il furioso e il Rinascimento 31A proposito del Rinascimento italiano... 32

Sviluppo storico 34Dall’Umanesimo si sviluppa il Rinascimento 35L’amore per i classici 35Realismo nel Rinascimento 36Nascita della scienza moderna 37

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La concezione dell’uomo come forgiatore della propria storia 37Il tramonto del Rinascimento 38

Influenza del Rinascimento 39Storia e letteratura 39

L’arte nel Rinascimento 41L’uomo al centro del mondo 41 Una ‘rinascita’ rivoluzionaria 41L’anatomia e la prospettiva 43I centri artistici italiani 43Donatello, Masaccio, Piero della Francesca 45Michelangelo, Leonardo, Raffaello 46

L’ironia ariostesca 49Carlo Magno: tra leggenda e Storia 55

La personalità e l’aspetto fisico 56Le conquiste di Carlo 57Il capo della cristianità 57

Curiosità 59

Finito di stamparenel mese di dicembre 2013

per conto di La Medusa Editricedalla Tipografia Nuova Stampa (Tp)

Printed in Italy


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