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Insegnare e apprendere
la matematica
Silvia Sbaragli
DFA-SUPSI Locarno, Svizzera – NRD, Bologna
Festa della Matematica
Termoli – 6 e 7 maggio 2011
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Durante la costruzione del sapere da parte degli
allievi si possono creare delle idee che, al
momento della formazione di un concetto, sono
state efficaci per affrontare dei problemi
precedenti, ma che si rivelano fallimentari
quando si tenta di applicarle ad un problema
nuovo.
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Visto il successo ottenuto (anzi: a maggior
ragione a causa di questo), si tende a conservare
l’idea già acquisita e comprovata e, nonostante il
fallimento, si cerca di salvarla;
ma questo fatto finisce con l’essere una barriera
verso successivi apprendimenti.
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Un esempio...
Nell’insieme N dei numeri naturali (0, 1, 2, 3, 4, 5,
…), ogni elemento generico n ha un ben
determinato successivo n+1;
L’oggetto matematico “successivo di un numero
dato” viene reso esplicito e reso oggetto di
apprendimento nella scuola primaria, attorno ai
6 anni di età, e facilmente costruito.
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Esso si forma, diventa conoscenza corretta e
spendibile in aula; ma assume spesso la forma
seguente: ogni numero (di non importa qual
insieme numerico) ha un successivo.
Quando si giunge a Q (insieme dei razionali),
l’idea di successivo persiste,
è infatti una conoscenza precedente che ha avuto
successo, ma in questo insieme numerico invece
dovrebbe perdere di significato.
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Lezione a Scienze della Formazione Primaria
«Chi è il successivo di 3/5?»
«E 0,65?»
4/5 0,8
3/6 0,5
4/6 0,666…
7/10 0,7 «E 0,605?», «E 0,6005?» …
3/5 espresso con la rappresentazione semiotica
“numero con la virgola” diventa: 0,6
4/5, 3/6, 4/6, 7/10
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Nel processo di insegnamento-apprendimento
della matematica vi sono dei fenomeni che si
frappongono all’apprendimento trasmissivo
insegnante-allievo: gli ostacoli.
Ostacoli all’apprendimento della
matematica
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Si usa distinguere in didattica della matematica
tre tipi di ostacoli:
di natura ontogenetica
di natura didattica
di natura epistemologica
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«Una misconcezione è un concetto errato e
dunque costituisce genericamente un evento da
evitare; essa però non va vista sempre come una
situazione del tutto o certamente negativa: non è
escluso che per poter raggiungere la costruzione
di un concetto, si renda necessario passare
attraverso una misconcezione momentanea, ma in
corso di sistemazione»
(D’Amore, 1999)
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CONFLITTO COGNITIVO
Lo studente può essersi fatto nel tempo un’immagine
(debole, instabile) di un concetto.
Ma può capitare che tale immagine si riveli
inadeguata, rispetto ad un’altra dello stesso concetto.
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Le misconcezioni che dipendono dalla
necessaria gradualità dei concetti o dal fatto che
siamo costretti a rappresentare sono state da noi
chiamate “inevitabili” in quanto derivano solo
indirettamente dalla trasposizione didattica
scelta dall’insegnante.
Invece, le misconcezioni che dipendono
direttamente dalla trasposizione didattica, ossia
che sono una diretta conseguenza delle scelte
degli insegnanti sono dette “evitabili”.
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Un esempio concreto di misconcezione
«inevitabile»: il caso della moltiplicazione
Un classico esempio citato da diversi Autori fin
dagli anni ’80 è basato sulla convinzione che:
“la moltiplicazione accresce sempre”.
Qual è il risultato di 4 × 0,5?
□ 8
□ 4
□ 2
□ 20
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Un’analoga misconcezione ben nota in letteratura,
sempre legata all’ampliamento di un insieme
numerico, è presente nel contesto delle
disequazioni…
molti studenti sostengono:
«x ≤ x2 è sempre vera, perché un numero è sempre
minore del suo quadrato».
Questo funziona per i numeri naturali o interi, ma
basta considerare un numero razionale come ½
per osservare che
non è certamente vero che ½ ≤ ¼ !
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Se si tratta di mettere in ordine per grandezza
numerica 1,2 e 1,15, è noto che la competenza
acquisita sui naturali può dare problemi
interpretativi;
la letteratura segnala casi in cui lo studente
afferma:
«A parità di parte intera, siccome 15>2, allora
1,15>1,2». (…).
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Esempi di misconcezioni «evitabili»
Scuola dell’infanzia
- Giudizi di valore: l’insieme dei tanti e dei
pochi, il lungo e il corto, il vicino e il lontano
L’insieme dei tanti
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L’aggettivo “uguale”, che sembra essere il
cardine di tale definizione, dà luogo più ad
equivoci e malintesi, dunque a misconcezioni,
che non a certezze.
?
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Tali misconcezioni possono dipendere dalla
scelta di fornire all’allievo, giorno dopo
giorno, rappresentazioni convenzionali
univoche e mal scelte.
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Esame di Matematica a Scienze della Formazione
R.: Che cos’è un angolo?
S.: Un angolo è la lunghezza dell’arco
R.: Allora, a mano a mano che ti sposti l’angolo
diventa sempre più ampio?
S.: È vero, non ci avevo mai pensato!
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L’“archetto” dell’angolo rappresenta una
misconcezione “evitabile” in quanto dipende da
due diverse cause:
la ripetitiva proposta della stessa
rappresentazione;
la scelta della rappresentazione stessa che
meno di altre rispetta le proprietà del concetto
che si vuole far apprendere (l’illimitatezza
dell’angolo contrasta con la limitatezza
dell’archetto).
Elian durante una sperimentazione sul concetto
di metà divide in due parti un albero con una
linea orizzontale.
Geometria e realtà
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Alla domanda:
«Perché l’hai tagliato in questo modo e non così
(linea verticale)?».
Elian risponde:
«In tutti e due i modi si possono tagliare, ma così
(fa un segno in verticale con la mano individuando
l’“asse di simmetria” dell’albero) è difficile perché
c’è da arrampicarsi sopra gli alberi».
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Uso improprio dei termini linguistici:
Contorno – perimetro
Superficie o estensione – area
Spazio - volume
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«Quello che hai in mano tu è un rombo…
quello che abbiamo in mano noi è un quadrato»
Durante una sperimentazione in una IV primaria
Il riconoscimento di misconcezioni “evitabili”…
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R.: «Perché il mio è un rombo e il vostro un
quadrato?»
B.: «Perché la maestra ci ha detto che il rombo
ha le diagonali orizzontali e verticali, mentre il
quadrato ha le diagonali oblique».
A questo punto, come è possibile sostenere che
questa immagine è davvero un quadrato?
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Una convenzione, accettata da tutti i libri di testo,
è chiamare il seguente lato del trapezio con il
nome di lato obliquo.
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Un uso improprio di questi termini, basato
esclusivamente sull’importanza data alla posizione
assunta dall’oggetto, piuttosto che alle
caratteristiche matematiche dell’oggetto stesso,
potrebbe generare misconcezioni “evitabili”.
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La parola base nello spazio…
Nello spazio c’è chi definisce base
la faccia sulla quale “appoggia” il solido
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Alla sollecitazione: «Di quale poliedro si tratta?»
P.: «Non so che cosa sia, ma se lo rigiri diventa
una piramide a base quadrata» (III M.)
Durante una sperimentazione alla scuola media…
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La ripetitiva proposta di rappresentazioni
stereotipate comporta che la posizione vincola
l’oggetto del quale si sta parlando.
… ?
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La parola base nel piano
Alcuni insegnanti affermano che la parola base
nel piano è il lato del poligono che viene disposto
orizzontalmente rispetto al lettore e nella parte
inferiore del foglio.
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In una V primaria…
«Colora una delle basi del seguente quadrato»
La maggioranza degli allievi fornisce le seguenti
risposte…
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• - «Questa figura non ha nessuna base, perché la base
sono i lati messi sdraiati, così: »;
- «Questo quadrato ha come base il vertice disegnato
in basso»;
- «Questo quadrato ha come base i due lati in basso»
(rappresentati nella parte inferiore del foglio che
vengono quindi colorati dall’allievo).
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Unica formula dell’area conosciuta per un rombo:
d1 × d2
2
E non la formula più intuitiva:
Lunghezza di un lato × relativa altezza
essendo un rombo un caso particolare di
parallelogrammo.
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E così, l’altezza diventa esclusivamente verticale
dal punto di vista del lettore...
In una V primaria…
«Questo segmento rappresenta una delle altezze del
triangolo?»
Alcuni bambini rispondono:
«No, perché non è in piedi»
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e precisa… «In questo momento non è
un’altezza; se voglio che diventi un’altezza, devo
girare il foglio e rimetterla in piedi»
e la dispone nel seguente modo:
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Alla richiesta di disegnare un’altezza in un
poligono disposto nel foglio in modo che nessuna
di queste potesse essere individuata tramite una
parallela ai margini del foglio, l’allievo disegna
una verticale dal suo punto di vista che non era
in realtà un’altezza, non essendo perpendicolare
ad un lato.
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Queste misconcezioni derivano dalla diversità
tra lo spazio dell’esperienza fisica che è
anisotropo, ossia possiede una direzione
privilegiata rappresentata dalla verticale,
e lo spazio isotropo della geometria euclidea,
dove tutte le direzioni per un punto si
equivalgono.
Occorre quindi curare il passaggio dallo spazio
anisotropo del bambino allo spazio isotropo
della geometria.
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«La geometria non consiste nel descrivere
ciò che si vede
ma nello stabilire ciò che “deve” essere visto».
(Brousseau, 2005)
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L’attenzione didattica
nei confronti delle misconcezioni
incoraggia il pensiero critico degli studenti…
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Scienze della Formazione…
A.: Grazie professoressa per avermi insegnato
che cosa sono le misconcezioni.
I.: Perché?
A.: Proprio ieri la pensavo… sono orgogliosa
di me, ho riconosciuto una misconcezione.
I.: Quale?
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A.: Stavo dando ripetizione ad un ragazzino di
seconda media che mi ha detto che questo
(realizza il seguente disegno):
A.: … non è un triangolo isoscele perché non ha i
due lati obliqui della stessa lunghezza.
A.: Poi ho controllato sul suo libro e c’era scritto
che il triangolo è isoscele quando ha i lati obliqui
della stessa lunghezza.
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A.: Quindi lui poverino aveva ragione, era il
libro che sbagliava, e se non l’avessi
conosciuta, non l’avrei notato neanche io che è
un triangolo isoscele. Ci sarei cascata in pieno.
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Andiamo alle superiori…
In un famoso libro del 2002:
Il trapezio isoscele è un trapezio che ha i lati
obliqui congruenti.