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Fisiopatologia, aspetti clinici e terapeutici delle ... · queste importanti tematiche in tre...

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www.unannoinsieme.it UN ANNO INSIEME F O R M A Z I O N E E C M F A D 52,5 CREDITI ECM 2019 Fisiopatologia, aspetti clinici e terapeutici delle infezioni urinarie dall’infanzia alla terza età 2° CORSO ECM FAD 22,5 CREDITI ECM ONLINE DAL 15 APRILE AL 31 DICEMBRE 2019
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Page 1: Fisiopatologia, aspetti clinici e terapeutici delle ... · queste importanti tematiche in tre diversi momenti formativi ECM scanditi durante l’anno. UN ANNO INSIEME 2. COO FA ONINE

1° CORSO FAD ONLINE DAL 25 MARZO CREDITI ECM: 15

2www.unannoinsieme.it

UNANNOINSIEMEF O R M A Z I O N E • E C M • F A D

UNANNOINSIEMEF O R M A Z I O N E • E C M • F A D

UNANNOINSIEMEF O R M A Z I O N E • E C M • F A D

UNANNOINSIEMEF O R M A Z I O N E • E C M • F A D

III corsoI corsoII corso

52,5 CREDITI ECM 2019

Fisiopatologia, aspetti clinici e terapeutici delle infezioni urinarie dall’infanzia alla terza età

2° CORSO ECM FAD 22,5 CREDITI ECM

ONLINE DAL 15 APRILE AL 31 DICEMBRE 2019

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Informazioni generali sul corsoIl Corso FAD è fruibile sul sito www.unannoinsieme.it Fino al 31 dicembre 2019.

È stato accreditato per la categoria di Medico Chirurgo e Farmacista e sono stati attribuiti 22,5 crediti ECM. Una volta visionati online i moduli formativi il discente, per ricevere i crediti ECM, dovrà compilare i questionari direttamente sul sito e successivamente potrà scaricare l’attestato ECM. Il materiale didattico del Corso è disponibile in versione PDF.

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2° CORSO FAD ONLINE DAL 15 APRILE CREDITI ECM: 22,5

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UNANNOINSIEME

UNANNOINSIEMEF O R M A Z I O N E • E C M • F A D

UNANNOINSIEMEF O R M A Z I O N E • E C M • F A D

UNANNOINSIEMEF O R M A Z I O N E • E C M • F A D

UNANNOINSIEMEF O R M A Z I O N E • E C M • F A D

III corsoI corsoII corso

52,5 CREDITI ECM 2019

1° CORSO FAD ONLINE DAL 25 MARZO

Antiaggregazione nella prevenzione cardio-oncologica: dalle evidenze scientifiche alla pratica clinica quotidiana

15 CREDITI ECM

2 ° CORSO FAD ONLINE DAL 15 APRILE

Fisiopatologia, aspetti clinici e terapeutici delle infezioni urinarie dall’infanzia alla terza età

22,5 CREDITI ECM

3° CORSO FADONLINE DAL 15 MAGGIO

Il sonno e i suoi disturbi. Una revisione degli aspetti fisiologici, clinici e di trattamento

15 CREDITI ECM

L a popolazione italiana sta rapidamente invecchiando: nel 2050 la quota di ultra65enni ammonterà al 35,9% della po-polazione totale, con un’attesa di vita media pari a 82,5

anni (79,5 per gli uomini e 85,6 per le donne). Questa popolazione che progressivamente invecchia si caratte-rizza per bisogni diversificati nelle varie fasi della vita, con diffe-renze anche di genere. E’ dunque importante tenere presente quali tipologie di proble-matiche mediche saranno più frequentemente incontrate nell’at-tività ambulatoriale e quali strategie sarà opportuno mettere in campo per salvaguardare la salute e la qualità della vita dei pro-pri assistiti di diversa età. Esempi significativi a tal proposito sono rappresentati dalle infe-zioni delle vie urinarie presenti tanto nel soggetto giovane quanto nell’anziano, tuttavia con diverso significato clinico; l’insonnia,

disturbo che colpisce fino al 30% dei giovani adulti e che rag-giunge circa il 45% nell’età anziana o i disturbi metabolici come il diabete tipo 2 che interessa almeno il 6,2% della popolazione italiana, concentrata soprattutto nella fascia di età 40-80 anni.Va sottolineato tuttavia che la salvaguardia di un buono stato di salute degli assistiti di un medico trova nella prevenzione il suo più importante strumento: considerando che In Italia ogni anno le malattie cardiovascolari mietono oltre 220.000 vittime e quelle oncologiche circa 180.000, le strategie di prevenzione cardio-on-cologica diventano una priorità per la sostenibilità del sistema sa-nitario nazionale.È dunque di estrema importanza possedere le conoscenze scientifiche più aggiornate su queste tematiche per un’attività professionale che unisca l’efficacia dell’atto medico all’efficienza socio-sanitaria.

Figure professionali accreditate: Medico Chirurgo (tutte le specializzazioni), Farmacista

22,5 CREDITI ECM

A questo proposito il progetto “Un anno insieme” offre la possibilità di approfondire queste importanti tematiche in tre diversi momenti formativi ECM scanditi durante l’anno

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2° CORSO FAD ONLINE DAL 15 APRILE CREDITI ECM: 22,5

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L e infezioni delle vie urinarie sono un argomento di notevole interesse nella pratica clinica in quanto si riscontrano molto frequentemente e si collocano tra le più importanti cause

di malattia e di visite ambulatoriali. Si possono presentare ad ogni età, dall’infanzia all’età geriatrica, con diversa incidenza a secon-da del sesso e delle diverse fasi della vita. Nei bambini rappresentano le infezioni più frequenti dopo quelle dell’apparato respiratorio e sono una comune causa di consulta-zione pediatrica. Nell’età adulta si verificano più frequentemente nel sesso femmi-nile, con maggiore incidenza dopo l’inizio dei rapporti sessuali e in associazione ad interventi chirurgici ginecologici, alla gravi-danza e alla menopausa. Si stima che nel corso della propria vita almeno il 30-40% delle donne abbia sofferto almeno una volta di un episodio di infezione urinaria e tra di esse il 20% presenta cistiti ricorrenti. Negli uomini si presentano con minore frequenza

e spesso sono associate ad anomalie del tratto urinario inferiore. Si verificano raramente negli adolescenti e negli adulti con età inferiore a 45 anni, mentre la loro incidenza aumenta con l’età del paziente, soprattutto in relazione alla presenza di ipertrofia pro-statica. Particolare attenzione deve essere rivolta alle infezioni uri-narie nell’anziano e nel paziente “complicato”, il cui quadro clinico più severo necessita di un differente approccio diagnostico-tera-peutico. Questo corso affronta la tematica delle infezioni urinarie analizzandone la presentazione a seconda delle diverse fasi della vita, ognuna delle quali richiede una condotta diagnostico-tera-peutica adeguata alla situazione clinica, alla presenza di fattori di rischio e di patologie concomitanti. Lo studio delle differenti presentazioni sintomatologiche, confron-tato con le linee guida di terapia, può consentire di affrontare in maniera ottimale la gestione delle infezioni urinarie in termini di cure farmacologiche e di prevenzione delle recidive.

Fisiopatologia, aspetti clinici e terapeutici delle infezioni urinarie dall’infanzia alla terza età

SCHEDA DEL CORSO

MODULO 1

Fisiopatologia MODULO 2

IVU nell’infanzia MODULO 3

IVU nell’adolescenza e nell’età adulta MODULO 4

IVU nella terza età e nel paziente complicato

Autore: Dr.ssa Dora Caterina Pultrone

Laureata in Medicina e Chirurgia con

specializzazione in Ginecologia e Ostetricia.

Diploma Master di II Livello in Medicina

Estetica.

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MODULO 1 FISIOPATOLOGIA

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Fisiopatologia delle infezioni urinarie

Definizione e classificazione

L e infezioni delle vie urinarie (IVU) si collocano al secondo posto nella graduatoria delle malattie infettive

più frequenti, subito dopo quelle dell’ap-parato respiratorio, e al primo posto tra quelle nosocomiali, rappresentando una delle più importanti cause di morbilità e di visite ambulatoriali. Si tratta di un insieme di condizioni clini-camente differenti tra loro il cui comune denominatore è la colonizzazione del tratto urinario da parte di microrganismi uropatogeni.Il processo infiammatorio che ne deriva è in grado di coinvolgere tutto l’apparato urinario o solo una parte di esso, dando così luogo a quadri clinici molto differen-ti tra loro. Le varie forme si differenziano tra loro per eziopatogenesi, espressione clinica, approccio diagnostico e strategia terapeutica. Tenendo conto di questa eterogeneità, sono state proposte alcune classificazio-ni la cui conoscenza rende più agevole l’inquadramento clinico e il processo dia-gnostico terapeutico. Secondo la classificazione della CDC (Centers for Disease Control and Pre-vention) le varie forme devono essere differenziate in base alla presenza o as-senza di sintomatologia (tabella 1).(1)

Infatti spesso si riscontrano urocolture po-sitive per infezione, quindi con carica bat-terica significativa (>105 CFU/ml), in un paziente completamente privo di sintomi. Al contrario possiamo facilmente riscon-trare in un paziente, in genere una donna, disuria e stranguria accentuate ma con urocoltura negativa per carica batterica significativa. Questa situazione si verifi-ca prevalentemente nei casi di sindrome uretrale o cistite post-coitale.

Le infezioni sono definite “sintomatiche” quando alla diagnosi microbiologica di infezione urinaria si associano sintomi cli-nici legati al tratto urinario.Si definisce “batteriuria asintomatica” l’i-solamento dello stesso microrganismo patogeno con carica batterica signifi-cativa in due urinocolture successive, in paziente asintomatico, non portatore di catetere vescicale. La classificazione IDSA/ESCMID (In-fectious Disease Society of America/ Eu-ropean Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases)(2) prevede la distinzione tra infezioni complicate e non complicate (tabella 2).

Le infezioni non complicate si presenta-no in un paziente sano, con vie urinarie integre e normalmente funzionanti, dotato di un sistema immunitario in grado di fron-teggiare il processo infettivo. Rientrano in questo gruppo cistiti, pielonefriti e batteri-uria asintomatica.

Si parla di infezione complicata quando il paziente presenta fattori di rischio locali o sistemici che lo predispongono all’insor-genza o alla persistenza dell’infezione. In questo gruppo rientrano pazienti porta-tori di anomalie strutturali o funzionali delle vie urinarie, o con presenza di corpi estra-nei (cateteri, stent, calcoli, fili di sutura). Anche patologie sistemiche di pertinenza non urologica possono causare infezioni complicate, per esempio il diabete melli-to, le neoplasie o malattie che comporta-no immunodepressione. Fanno parte di questa categoria anche le infezioni che si presentano durante la gravidanza e l’età pediatrica, essendo condizioni associate ad elevato rischio di sviluppo di complicazioni. La European Section of Infection in Uro-logy (ESIU)(3) propone una classificazio-ne più complessa che prevede l’analisi di numerosi criteri, come si evince dalla tabella 3.

• IVU sintomatiche• Batteriuria asintomatica• Altre infezioni del tratto urinario

Tabella 1. Classificazione CDC

IVU non complicata: infezione urinaria che si presenta nel paziente con vie urinarie strutturalmente e funzionalmente integre IVU complicata: infezione urinaria che si presenta nel paziente con: • Alterazioni funzionali o anatomiche delle vie urinarie, congenite o acquisite• Presenza di corpi estranei nelle vie urinarie (cateteri, stent, calcoli, fili di sutura)• Patologie immunologiche o metaboliche tali da causare alterazione dei meccanismi di sorveglianza immunitaria

Tabella 2. Classificazione IDSA/ESCMID

• Sede anatomica di infezione: uretrite, cistite, pielonefrite e infezione ematogena • Grado di severità della infezione (basso, moderato, severo, SIRS, insufficienza d’organo, disfunzione d’organo)• Presenza di fattori di rischio (secondo la classificazione ORENUC)• Evidenze microbiologiche (urinocoltura)

Tabella 3. Classificazione ESIU

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UNANNOINSIEME

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Le infezioni urinarie vengono comune-mente denominate in base alla porzione di tratto urinario prevalentemente coin-volto: distinguiamo così uretriti, cistiti e pielonefriti.Il grado di severità della patologia viene distinto in 6 stadi di gravità progressiva.

I fattori di rischio sono stati classificati in 6 gruppi secondo la classificazione ORENUC che li differenzia in base ad alcune variabili: sesso, tipo di patogeno, carica batterica, possibilità di trattamento, stato di salute generale, sintomatologia (tabella 4).L’acronimo ORENUC indica:O: nessun fattoreR: IVU ricorrentiE: extra-genitaliN: nefropatieU: fattori urologiciC: fattori legati al catetere

L’evidenza microbiologica dell’infezione si ottiene con l’esame colturale sulle urine

permettendo di identificare:- l’agente patogeno responsabile - la sua concentrazione nelle urine (la concentrazione è significativa se il microrganismo è presente in quantità ≥105UFC/mL) - l’antibiogramma e quindi la suscettibilità di quel patogeno alla terapia antibiotica

Il tipo di patogeno responsabile e la sua sensibilità all’antibioticoterapia, definito da grado A=sensibile a grado C=resi-stente, hanno un ruolo nella classifica-zione finale dello stadio clinico dell’infe-zione.

In relazione all’insorgenza e al decorso clinico si distinguono:(4) - IVU acuta: episodio acuto, limitato nel tempo, non ricorrente, causata da germi non ospedalieri - IVU cronica: da due o più episodi di IVU non complicata causata da germi non ospedalieri in 6 mesi o 3 o più episodi nel corso degli ultimi 12 mesi.

Dal punto di vista clinico dobbiamo distin-guere:- infezioni isolate o occasionali: quando l’infezione si manifesta per la prima volta o almeno a distanza di 6 mesi dall’episodio precedente- infezione recidiva o persistenza batte-rica: recidiva dell’infezione sostenuta dal-lo stesso microrganismo proveniente da un focolaio persistente nelle vie urinarie- reinfezione: recidiva dell’infezione causata da un microrganismo differente dall’episodio precedente- superinfezione: quando un nuovo mi-crorganismo si sovrappone al preceden-te che non era stato eradicato.

Basandosi su tutti questi parametri si comprende come un episodio di infezio-ne delle vie urinarie debba essere valu-tato in base alla presentazione clinica, la categoria di rischio del paziente, il grado di severità dell’infezione, il patogeno o i patogeni coinvolti e la disponibilità di anti-biotici adeguati.

Tabella 4. Fattori di rischio delle infezioni delle vie urinarie secondo la classificazione ORENUC, rielaborato da EuropeanSection of Infections in Urology, ESIU

Fenotipo Categoria di rischio Esempi

O Assenza di fattori di rischio conosciuti Donne in premenopausa in salute

RFattori di Rischio per IVU ricorrenti, in assenza di rischio di prognosi severa

• Comportamento sessuale (spermicidi, elevata frequenza dei rapporti)• Deficit ormonali da postmenopausa• Diabete mellito ben controllato

EFattori di rischio Extra-genitourinari, con rischio di prognosi più severa

• Gravidanza• Sesso maschile• Diabete mellito mal controllato• Immunosoppressione rilevante• Connettivopatie• Nascita prematura, neonati

NNefropatia, con rischio di prognosi più severa

• Insufficienza renale rilevante• Nefropatia policistica

UFattori di rischio Urologici, con rischio di prognosi più severa che possono essere risolti durante la terapia

• Ostruzione ureterale (calcolosi, stenosi)• Posizionamento di catetere vescicale transitorio e per un breve periodo• Batteriuria asintomatica• Vescica neurologica, controllata• Chirurgia urologica

C

Catetere urinario a permanenza e fattori di rischio urologici non risolvibili, con rischio di prognosi più severa

• Catetere vescicale a permanenza• Ostruzione urinaria non risolvibile• Vescica neurologica non controllata

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MODULO 1 FISIOPATOLOGIA

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Patogenesi

Le vie urinarie, dai reni al meato uretra-le, sono normalmente sterili e resistenti alla colonizzazione batterica, nonostante la frequente contaminazione dell’uretra distale da parte dei batteri del tratto in-testinale. La difesa principale contro le infezioni urinarie è il completo svuotamen-to della vescica durante la minzione. Altri meccanismi che garantiscono la sterilità comprendono l’acidità delle urine, la val-vola vescico-ureterale, e le barriere immu-nologiche e mucose.

L’infezione si realizza in seguito alla colo-nizzazione dell’uroepitelio da parte di mi-crorganismi patogeni, i quali sono riusciti a vincere le difese dell’organismo.

I germi possono raggiungere l’apparato urinario attraverso le seguenti vie:- ascendente- discendente- ematogena- linfatica- per contiguità.

La via canalicolare o ascendente è la modalità di infezione più comune e consi-ste nella risalita lungo l’uretra di batteri di derivazione fecale provenienti dai tessuti periuretrali e perineali. Circa il 95% delle

infezioni delle vie urinarie si verifica quan-do i batteri risalgono dall’uretra alla vesci-ca e, nel caso di pielonefrite, dall’uretere fino al rene.

Quando i germi patogeni sono presenti nel rene e diffondono l’infezione al basso tratto urinario tramite gli ureteri parliamo di infezione discendente. Questa modalità di infezione è molto più rara. Un esempio è l’infezione urinaria tubercolare in cui la flogosi vescicale è sempre secondaria alla propagazione discendente del mico-batterio.

I vasi linfatici appartenenti alla rete sotto-mucosa uretrale possono diffondere ger-mi patogeni soprattutto nel corso di ma-novre strumentali tali da provocare lesioni che consentono un accidentale inoculo di germi nella sottomucosa, e la successiva propagazione in vescica tramite la rete linfatica.

La diffusione per via ematogena può ve-rificarsi in corso di sepsi (batteriemia da Stafilococcus aureus proveniente da fo-colai orali oppure una funginemia da Can-dida spp) o in caso di affezioni renali cro-niche come ascessi corticali, nefropatie vascolari. amiloidosi e nefroangiosclerosi.

D’altra parte le stesse infezioni delle vie urinarie possono provocare infezioni si-stemiche, in particolare negli anziani.Molto raramente, in caso di gravi proces-si infettivi a carico del colon, dei genitali femminili e della prostata (tumori intestina-li, ascessi perivescicali, ascessi appendi-colari, diverticoliti del colon) si può veri-ficare il passaggio di germi all’apparato urinario per contiguità.

Fattori predisponenti e meccanismi di difesa dell’organismo

Molti fattori possono predisporre maggior-mente un individuo alla comparsa di que-ste infezioni. L’incidenza è più elevata nel sesso femminile per la sua conformazione anatomica, per fattori ormonali e funziona-li. La maggiore vicinanza degli orifizi ana-

Figura 1. Modalità di accesso dei microrganismi all’apparato urinario

Anatomici Nelle donne: brevità dell’uretra, vicinanza degli orifizi urogenitale e anale

FunzionaliVescica neurologica, dissinergia vescico-sfinterica

Manovre strumentali Cateterismo, uretrocistoscopia

Malattie sistemiche Immunodeficienze di qualsiasi origine, diabete, gotta, malnutrizione

Uropatie ostruttive, trapianto renale

Gravidanza Riduzione del tono della mucosa ureterale da iperprogesteronemia, compressione meccanica su uretere e vescica

MenopausaAtrofia genito-urinaria

Tabella 5. Fattori di predispozione

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le e uretrale, la brevità dell’uretra e la pre-senza di un maggior numero di potenziali patogeni nella zona periuretrale sono le cause principali della maggiore suscet-tibilità del sesso femminile alle infezioni del basso tratto urinario. Nella donna in menopausa si possono aggiungere ulte-riori fattori predisponenti come cistocele, anomalie dello svuotamento vescicale e l’atrofia genito-urinaria.

La presenza di alterazioni anatomiche in grado di determinare un’ostruzione del flusso urinario o il ristagno di urina in ve-scica sono in grado di facilitare l’ingresso dei patogeni nelle vie urinarie. Questa situazione si verifica per esempio in caso di ostruzioni meccaniche acquisi-te, litiasi renale e ipertrofia prostatica. Le ostruzioni e le disfunzioni del tratto urina-rio provocano infezioni di tipo ascendente potenzialmente in grado di raggiungere il tessuto renale e provocare danni di diver-sa entità.

Nei bambini un fattore di rischio molto im-portante per infezioni ascendenti è la pre-senza di reflusso vescico-ureterale, cioè l’anomalo reflusso di urine dalla vescica verso gli ureteri, fino a raggiungere in al-cuni casi la pelvi o nel parenchima renale.

Anche fattori funzionali come la vesci-ca neurologica, ed il ristagno urinario ad essa conseguente, concorrono ad au-mentare questo rischio.

La gravidanza rappresenta un fattore di predisposizione a causa delle modifica-

zioni emodinamiche ed anatomiche (au-mento di volume dei reni, della pelvi re-nale e degli ureteri, idroureteronefrosi dx) causati dalla compressione dell’utero e dall’azione miorilassante del progestero-ne che favoriscono stasi urinaria e rischio di sovrainfezione batterica.

Altri fattori di rischio per entrambi i sessi sono rappresentati dalle manovre chirur-giche sul tratto urinario e dalla presen-za del catetere vescicale.

Alcune categorie di pazienti sono inoltre particolarmente soggetti alle infezioni a causa della presenza di patologie siste-miche immunitarie o metaboliche tali da compromettere i meccanismi di difesa contro le infezioni (immunodepressione, diabete, gravi malnutrizioni, malattie on-cologiche in trattamento chemioterapico).

Inoltre in tutti i pazienti, la perdita dell’e-quilibrio all’interno delle specie microbi-che che costituiscono il microbiota inte-stinale può condizionare l’insorgenza di infezioni urinarie ricorrenti.

Affinché possa verificarsi il processo in-fettivo è inoltre necessario che il germe patogeno abbia la capacità di superare le difese dell’ospite.(5)

I fattori di difesa dell’organismo nei con-fronti delle infezioni urinarie si distinguo-no in: • meccanismi di natura “fisica”:- rimozione “meccanica” da parte del flusso urinario

- sfaldamento delle cellule epiteliali- peristalsi ureterale- valvola vescico-ureterale- epitelio di transizione stratificato (condotti escretori renali, vescica, tratto uretrale iniziale)• meccanismi di natura “chimica”:- pH acido vaginale (3.5-4.5, grazie ai lat-tobacilli fermentanti glicogeno) e urinario (4.6-6.0): attività antibatterica- urea (antagonista dei batteri anaerobi), lisozima e lattoferrina presenti nell’urina• meccanismi di natura “biologica”:- flora batterica “residente”e adeguato microambiente vaginale- attività antibatterica della secrezione prostatica- risposta infiammatoria mucosale (IL-8, che recluta neutrofili); produzione di IgG/IgA, fagocitosi- proteina di Tamm-Horsfall (presente nelle urine, contiene mannosio che lega le fimbrie 1 di E. coli, bloccandone l’ade-sione all’uroepitelio)- attività antibatterica della secrezione prostatica presente nell’urina- mucina (maschera i recettori epiteliali per l’adesione batterica)

Fattori di virulenza batterica

Molti patogeni possiedono importanti meccanismi di virulenza grazie ai quali superano facilmente le difese dell’orga-nismo.I microrganismi uropatogeni sono così chiamati in quanto hanno l’intrinseca ca-pacità di legarsi agli epiteli urinari: la pre-senza di strutture come fimbrie e pili faci-litano l’adesione tra la superficie batterica e i recettori cellulari epiteliali, consenten-do al patogeno di invadere la sottomuco-sa trasmettendo segnali proinfiammatori.Il legame tra il germe e la cellula bersaglio avviene attraverso la formazione di legami chimici tra recettori cellulari e le adesine batteriche, strutture proteiche localizzate all’estemità dei pili o delle fimbrie.All’azione delle adesine si aggiunge la forza propulsiva dei flagelli batterici, utili per diffondere l’infezione su superfici più ampie, e la secrezione di tossine. La superficie batterica è inoltre in grado di proteggersi dal riconoscimento da parte delle cellule immunitarie grazie alla pro-pria capsula e alla presenza di lipopoli-

MECCANISMI DI DIFESA DELLE VIE URINARIE

• Azione lavante dell’urina• Sfaldamento delle cellule epiteliali• Basso PH urinario• Urea presente nell’urina (ostile agli anaerobi)• Attività antibatterica della secrezione prostatica• Proteina di Tamm-Horsfall (contiene mannosio che legandosi ai pili tipo 1 degli E. coli ne favorisce l’eliminazione)• Epitelio di transizione (barriera fisica) • Peristalsi ureterale, valvola vescicouretrale• Adeguata flora batterica saprofita • Adeguato microambiente vaginale

Tabella 6. Principali meccanismi di difesa dell’organismo

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MODULO 1 FISIOPATOLOGIA

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saccaridi e antigene K. La capacità di chelare il ferro attraverso la sintesi di enzimi con altissima affinità per questo cofattore favorisce la sopravviven-za e lo sviluppo delle Enterobacteriaceae nelle possibili fasi invasive.Questi microrganismi liberano i siderofori (enterobactina e aerobactina) che si con-trappongono alla transferrina e lattoferrina del siero. Inoltre i batteri patogeni sono in grado di promuovere la formazione di un biofilm adesivo, che ingloba i patogeni in un in-volucro polisaccaridico, che agisce come sistema di protezione conferendo ai mi-crorganismi un’aumentata resistenza alle difese immunitarie dell’ospite e alla terapia antibiotica.(6)

I più importanti fattori di virulenza che per-mettono a E. coli di infettare il tratto urina-rio sono:- la capsula (azione antifagocitaria): i ceppi uropatogeni sono più frequente-mente e più abbondantemente capsulati, soprattutto grazie all’antigene K1 e K5- le fimbrie di tipo 1 (mannosio-sensibile) sono responsabili della colonizzazione del tratto basso urinario- le fimbrie di tipo II (mannosio-resistente) causano pielonefrite- l’emolisina (danneggia la mucosa vescicale) - i flagelli (mobilità)- l’endotossina (lipide A)

- l’aerobactina (un sideroforo) Proteus mirabilis possiede tre caratteristi-che che lo rendono particolarmente adat-to a colonizzare l’uroepitelio:- produce ureasi, che trasforma l’urea in idrato di ammonio provocando l’alcali-nizzazione del PH urinario e favorendo la formazione di calcoli di struvite. Questo meccanismo favorisce la croniciz-zazione delle infezioni urinarie da Proteus perché i microrganismi rimangono vitali all’interno dei calcoli nonostante le terapie, i quali inoltre possono ostacolare il normale flusso urinario- è dotato di fimbrie che aumentano la capacità dei germi di aderire alle mucose dell’apparato urinario, colonizzandolo- possiede flagelli che ne favoriscono la diffusione e la risalita lungo le vie urinarie

Eziologia

Le infezioni non complicate sono sostenu-te nella maggior parte dei casi da micror-ganismi provenienti dal serbatoio fecale o dai tessuti periuretrali.(7)(8)

In più della metà delle infezioni non com-plicate il microrganismo più frequente-mente riscontrato è Escherichia coli, il cui isolamento avviene in percentuali pari al 75-90%, con alcune differenze in funzione dei diversi studi e delle diverse aree geo-grafiche.(9)(10) Questo dato è stato recentemente confer-

mato anche in Italia da differenti studi che hanno evidenziato, per le IVU gestite a li-vello ambulatoriale, una netta prevalenza di E. coli.(11) Nelle infezioni comunitarie non complicate si possono riscontrare anche altre specie batteriche, sia Gram negativi (Klebsiella spp, Proteus mirabilis e Pseu-domonas aeruginosa) che Gram positivi (Staphylococcus saprophyticus, Staphylo-coccus epidermidis, Enterococcus fae-cium ed Enterococcus faecalis).Si stima che Proteus mirabilis, Enterococ-cus faecalis, Staphilococcus saprofiticus e Klebsiella siano implicati in circa il 15% delle IVU non complicate. Recenti studi hanno evidenzato un aumento della pre-valenza delle infezioni sostenute da Ente-rococcus faecalis in particolar modo nelle infezioni croniche del basso tratto delle giovani donne.(8)

In ambito nosocomiale, o nelle infezioni complicate, lo spettro batterico differisce notevolmente da quello delle infezioni comunitarie. Si riscontra l’aumentato iso-lamento di specie batteriche diverse da E. coli, come Proteus mirabilis, Klebsiella pneumoniae, Citrobacter spp., Serra-tia spp., Providencia spp. e Morganella morganii, Stafilococchi coagulasi-negativi (CNS), Streptococchi di gruppo B, Entero-coccus spp., Pseudomonas aeruginosa e, occasionalmente, Candida spp.(12) In que-sti contesti l’incidenza di infezioni da E. coli è ridotta a meno del 50%.

Tabella 7. Fattori di virulenza dei germi patogeni

FATTORI DI VIRULENZA BATTERICI

• Adesione all’epitelio delle vie urinarie (pili, fimbrie, adesine) e conseguente neutralizzazione del flusso di urina quale meccanismo di difesa • Flagelli batterici• Secrezione di emolisina, proteina acida responsabile della lisi delle cellule epiteliali e dei fagociti• Secrezione di endotossine, che stimolano l’infiammazione e rendono più vulnerabile l’epitelio all’aggressione batterica• Resistenza dei batteri al riconoscimento da parte delle cellule immunitarie (capsula, lipopolisaccaridi e antigene K)

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MODULO 2 IVU NELL'ADOLESCENZA E NELL'ETÀ ADULTA

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IVU nell’infanzia

Definizione e classificazione

L e infezioni urinarie sono una delle patologie più frequenti nell’infan-zia, secondarie solo alle infezioni

delle vie respiratorie. Una pronta dia-gnosi e un appropriato trattamento sono molto importanti per ridurre la morbidità legata a questa condizione, soprattut-to determinata dal possibile sviluppo di danni al parenchima renale (scar). Nei primi tre mesi di vita si riscontrano maggiormente nel sesso maschile, con un’incidenza del 7% per i maschi e del 2.8% nelle femmine. Ciò è dovuto alla maggiore frequenza di malformazioni urologiche nel neonato maschio, in grado di determinare la comparsa precoce e re-cidivante di infezioni urinarie. Nell’età dai 3 mesi ai 2 anni si osserva la stessa probabilità di contrarre la patolo-gia sia nelle femmine che nei maschi non circoncisi. Successivamente divengono più frequenti nel sesso femminile, a causa della maggiore vicinanza tra orifizio anale e uretrale, in grado di favorire la coloniz-zazione delle vie urinarie per via ascen-dente da parte degli enterobatteri presen-ti a livello del perineo. In numerosi studi si riporta un’incidenza nei bambini d’età superiore ai 2 anni pari a 1,1-1,8% nei maschi e 3,3-7,8% nelle femmine.(1) Si è calcolato che all’età di 6 anni circa il 2% dei maschi e l’8% delle femmine abbia sofferto di almeno un epi-sodio di IVU.

Eziologia

Dal punto di vista eziologico in circa l’80% delle colture si isolano microrganismi Gram negativi appartenenti alla famiglia delle Enterobacteriaceae, soprattutto Escherichia coli, seguiti da Klebsiella, Proteus (frequentemente associato a sepsi neonatali) ed Enterobacter.(2) Altri germi meno comuni appartenenti al

gruppo dei Gram negativi possono esse-re isolati nei bambini portatori di malfor-mazioni urinarie o sottoposti a molteplici cicli di antibioticoterapia. In questo grup-po si possono riscontrare anche infezio-ni da Gram positivi come Enterococcus, Pseudomonas aeruginosa, Staphylococ-cus e Streptococcus del gruppo B. L’infezione da Streptococcus gruppo B si riscontra più frequentemente nei neonati, lo Staphylococcus saprophyticus si isola prevalentemente nelle adolescenti e lo Staphylococcus aerus si associa alle pie-lonefriti e agli ascessi renali. Eccezionalmente si osservano infezioni vescicali legate a virus, principalmente adenovirus.

Patogenesi e fattori di rischio

Nella maggioranza dei casi l’infezione vie-ne contratta per via ascendente: in segui-to alla contaminazione e colonizzazione del perineo e del meato uretrale da parte di batteri intestinali, si verifica una risali-ta dei patogeni nell’uretra, in vescica ed eventualmente (soprattutto in presenza di fattori di rischio) ai reni.

La colonizzazione delle alte vie avviene quando i germi riescono a superare i fi-siologici meccanismi di antireflusso vesci-cale e di contenimento del reflusso entro le papille renali. Nei primi mesi di vita l’infezione urinaria può essere causata da una batteriemia transitoria responsabile della diffusione di germi patogeni per via ematica, condizio-ne associata alle sepsi neonatali.

La colonizzazione microbica non è però sufficiente a provocare un’infezione. L’in-staurarsi del processo infettivo-infiamma-torio dipende dalla presenza di fattori di rischio, dalla virulenza, dalla carica batte-rica dei patogeni e dalle difese immunolo-giche del bambino.

I fattori di rischio che predispongono a contrarre l’infezione posso essere:- congeniti: malformazioni dei reni e del-le vie urinarie (reflusso vescico-ureterale, ipodisplasia renale, rene a ferro di cavallo) o anomalie ostruttive (ureterocele, stenosi del giunto uretero-vescicale o pielo-urete-rale, valvole o stenosi dell’uretra). Le più comuni malformazioni urinarie in grado di determinare un’alterazione al regolare deflusso delle urine sono le valvole uretrali e le stenosi del giunto uretero-pelvico.- acquisiti: calcolosi, tumori, stenosi e disturbi dello svuotamento vescicale cau-sati da patologie neurologiche (vescica neurologica da mielomeningocele, spina bifida, sindrome da regressione caudale, dissinergia sfinterica)- anatomici: nelle bambine si osserva una predisposizione alle infezioni urinarie contratte per via ascendente a causa di fattori anatomici di predisposizione. La fisiologica posizione dell’uretra femminile, vicino all’orifizio anale, e la sua brevità fa-cilitano la risalita dei batteri in vescica. Nei maschietti la circoncisione costituisce un fattore protettivo (il rischio di IVU è da 4 a 20 volte superiore nei bambini non cir-concisi)- deficit immunitari (deficit di IgA, tera-pia immunosoppressiva), stipsi, fimosi, l’abitudine a trattenere le urine, la scarsa igiene locale

Il più comune fattore di rischio per infezio-ni urinarie in età pediatrica è rappresenta-to dal reflusso vescico-ureterale (RVU). Si tratta della più comune anomalia uro-logica nei bambini, che si può riscontra-re approssimativamente nell’1% neonati ed in una percentuale di circa il 30% nei bambini con pielonefriti.(3)

La patologia da reflusso è caratterizzata dall’anomala risalita di urina dalla vescica all’uretere e alla pelvi renale a causa di una difettosa chiusura della giunzione ve-

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scico-ureterale, struttura che normalmen-te impedisce all’urina giunta in vescica di risalire lungo l’uretere.

In condizioni fisiologiche le urine arrivate in vescica non refluiscono negli ureteri in quanto il loro tratto terminale è intravesci-cale e viene chiuso dalla pressione idro-statica che si determina quando la vesci-ca è piena. Questo meccanismo protegge il rene dalle alte pressioni che si generano in ve-scica soprattutto durante la minzione, ed ostacola la risalita dei batteri che coloniz-zano il tratto urinario inferiore.

In alcuni bambini, il tragitto intravescicale è più corto e, di conseguenza, il reflusso di urina è più frequente. Il RVU viene classificato in gradi (imma-gine 2):(4)

- 1° grado: interessa la porzione inferiore dell’uretere senza dilatazione- 2° grado: raggiunge il bacinetto ed i ca-lici senza dilatarli- 3° grado: giunge fino alla pelvi con even-tuale tortuosità dell’uretere, con modesta dilatazione delle vie escretrici superiori ma con calici di aspetto normale- 4° grado: dilatazione moderata di urete-re, bacinetto e di alcuni calici con arroton-damento dei fornici caliceali- 5° grado: notevole dilatazione di urete-re, bacinetto e calici con scomparsa della concavità dei calici, uretere estremamen-te dilatato e tortuoso

Il reflusso può essere:- primario: quando è associato a malfor-mazione o difetto di maturazione del giunto uretero-vescicale. In questo caso la patologia è conseguente ad uno squi-librio funzionale o anatomico dei diversi fattori che presiedono al corretto funzio-namento anti-reflusso della giunzione ve-scico-ureterale.- secondario: quando dipende dalla presenza di un’altra patologia a carico dell’apparato urinario o di alterazioni funzionali della vescica (vescica neuro-logica). Il reflusso secondario si associa alle patologie ostruttive della vescica in grado di creare pressioni di riempimento e svuotamento talmente elevate da so-praffare anche un meccanismo valvola-re antireflusso del tutto normale. Queste alterazioni possono essere sia funzionali che anatomiche. Le più comuni ostru-zioni anatomiche della vescica nella po-polazione pediatrica sono rappresentate dalle valvole dell’uretra posteriore (VUP) e dall’ostruzione del collo vescicale. Il reflusso è presente in una percentuale compresa tra il 48% e il 70% dei pazienti con VUP, la cui risoluzione può provocare la scomparsa del reflusso in un terzo di loro.In alternativa all’ostruzione anatomica, anche le cause funzionali in grado di ge-nerare elevate pressioni endovescicali predispongono al RVU. Per esempio la vescica neurogena associata a spina bifi-da è un fattore di rischio a causa dell’alte-

rata dinamica di riempimento/svuotamen-to del serbatoio vescicale, con sviluppo di elevate pressioni endovescicali: questa situazione comporta inoltre elevati rischi di lesione dell’alto tratto urinario da RVU, e di conseguenza danno parenchima-le renale. Altre condizioni predisponenti sono le disfunzioni vescicali minzionali, come l’instabilità detrusoriale e l’incoordi-nazione tra detrusore e sfintere uretrale. In queste situazioni la patologia migliora quando le pressioni della vescica tornano a livelli fisiologici.(5)

I pazienti affetti da RVU non trattato pos-sono sviluppare lesioni renali. Il reflusso persistente a livello renale oltre che cau-sare le scars del parenchima può portare ad eventuale nefropatia da reflusso con conseguente danno della funzione rena-le, ipertensione e proteinuria.(6) Il danno renale sembra sia la conseguen-za del processo infettivo, essendo legato al reflusso intrarenale di urine infette. La presenza di endotossine batteriche (li-popolisaccaridi) attiva la risposta immu-nitaria dell’ospite ed il rilascio di radicali liberi dell’ossigeno, i quali, insieme agli enzimi proteolitici, provocano una reazio-ne infiammatoria con successiva fibrosi e conseguente cicatrizzazione del paren-chima renale colpito durante la fase di guarigione. Non è stato invece dimostrato che il reflusso intrarenale di urina produ-ca scars renali clinicamente significative. Dati recenti sembrano confermare la re-lazione tra infezione renale e formazione di cicatrici anche se il meccanismo non è completamente noto;(7) sembra chiaro però che il semplice aumento della pres-sione idrostatica determinata dal reflusso vescico-ureterale, in assenza di patogeni, non è di entità tale da provocare una ci-catrice renale. La probabilità di danno renale è da 4 a 6 volte maggiore nei casi di RVU di III-V grado, nei pazienti con infezioni ricorrenti delle alte vie urinarie e nei bambini di età inferiore ai due anni.Il danneggiamento del parenchima a sua volta può provocare ipertensione arterio-sa, complicanze in corso di future gravi-danze e insufficienza renale cronica.Nei lattanti con una prima infezione del-le vie urinarie, il RVU è presente nel 39% dei casi(8) e regredisce spontaneamente

Immagine 2. Classificazione del reflusso vescico-ureterale (International Reflux Study Commettee – 1981).

1° 2° 3° 4 ° 5°

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MODULO 2 IVU NELL'ADOLESCENZA E NELL'ETÀ ADULTA

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in più del 30% dei casi nel primo anno di vita.(9) La natura ereditaria e familiare del RVU è ormai riconosciuta e numero-si studi hanno dimostrato che i fratelli dei bambini con RVU hanno una maggiore incidenza di reflusso rispetto alla popo-lazione pediatrica generale. La presenza del reflusso è associata a infezioni batteri-che ricorrenti delle vie urinarie sostenute da germi presenti nella normale flora perineale e, quindi, di derivazione fecale. Il germe di più frequente riscontro (80% dei casi) è E. coli che, con i suoi fattori di virulenza asso-ciati alla presenza di fimbrie, aderisce all’u-rotelio e può determinare l’aggressione del parenchima renale. Anche la presenza di cicatrici renali, nei bambini con RVU, sem-bra essere un ulteriore fattore di rischio per infezioni ricorrenti. La presenza di RVU viene documentata mediante l’esecuzione di una cistouretro-grafia minzionale (CUM). Questo esame richiede l’instillazione di un mezzo di con-trasto in vescica attraverso un catetere uretrale e consiste nell’acquisizione di una serie di immagini durante il riempimento, lo svuotamento e la fase post minzionale per determinare la presenza e la valutazione del grado di reflusso. La tecnica più usata per la dimostrazione della presenza di una cicatrice renale è la scintigrafia renale effettuata con acido di-mercaptosuccinico (DMAS). La prevenzio-

ne della nefropatia da reflusso può essere fatta con una diagnosi radiologica precoce nei bambini più piccoli, con una terapia medica che riduca le infezioni e, in alcuni casi, con un intervento chirurgico correttivo.

Presentazione clinica

I segni e i sintomi di presentazione sono va-riabili e aspecifici e dipendono dall’età del bambino e dalla localizzazione dell’infezio-ne (tabella 1).Nei primi mesi di vita e nei bambini più pic-coli la febbre può essere l’unico elemen-to clinico di rilievo: oltre il 95% dei casi di febbre senza segni di localizzazione sono espressione di un’infezione urinaria. La

temperatura elevata > 39°C è conside-rata fattore di rischio e marker di coin-volgimento parenchimale. Alla febbre si possono associare disturbi gastroenteri-ci, irritabilità, anoressia, scarso accresci-mento ponderale, pianto durante la min-zione ed urine maleodoranti. Nei bambini più grandi prevalgono i di-sturbi minzionali, con sintomatologia so-vrapponibile a quella riscontrata nell’adul-to come stranguria, disuria e pollachiuria e incontinenza. Le infezioni che interessano le vie supe-riori (pielonefriti) sono quasi sempre ac-compagnate da febbre e dolore lombare, talora associato a nausea, vomito e ma-lessere generale.

A seconda dell’entità della sintomatologia si giudica la gravità dell’episodio infettivo distinguendo: - forme lievi: assenza di febbre o febbre moderata; assenza di vomito; assenza o lieve disidratazione; adeguata aderenza al trattamento- forme gravi: febbre ≥ 39°C; vomito persi-stente; disidratazione significativa; scarsa aderenza al trattamento

La valutazione della gravità del quadro clinico è molto importante in quanto guida la strategia terapeutica da adottare nel sin-golo caso.

Immagine 3: cistouretrografia minzionale (CUM)

Tabella 1. La sintomatologia può variare con l’età del bambino

Fasce d’età Segni e sintomi

Più frequenti Meno frequenti

Dalla nascita ai 3 mesi di vita

FebbreVomitoLetargiaIrritabilità

InappetenzaScarsa crescita

Dolori addominaliItteroEmaturiaUrine torbide e maleodoranti

3-12 mesi Febbre

Dolori addominaliIpotrofia e ipotonia muscolareVomitoInappetenza

LetargiaIrritabilitàEmaturiaScarsa crescitaUrine torbide e maleodoranti

Età > 12 mesiPollachiuriaDisuria

Alterazioni dello svuotamento vescicale e/o della continenzaDolori addominaliIpotonia e ipotrofia muscolare

FebbreMalessereVomitoEmaturiaUrine torbide e maleodoranti

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Diagnosi

Le linee guida SIU 2015 sostengono l’im-portanza dell’esecuzione di esame urine ed urocoltura per confermare la diagnosi di IVU. L’esame delle urine da solo non è suffi-ciente in quanto esistono diverse con-dizioni che possono creare risultati falsi positivi o falsi negativi. Ad esempio si possono trovare globuli bianchi o rossi nelle urine in assenza di infezione o, al contrario, è possibile non reperire cellule infiammatorie seppure in presenza di pro-cessi infettivi.(10) In tutti i bambini che presentano sintoma-tologia suggestiva di IVU (febbre, scarsa crescita, diarrea, vomito, urine maleodo-ranti, dolore addominale) si deve esegui-re un esame urine con urocoltura.(10)

Esistono 4 modalità possibili per la raccol-ta delle urine nel bambino:1. Raccolta con sacchetto sterile adeso ai genitali esterni Si utilizza nel bambi-no piccolo non collaborante e consiste nel posizionare un sacchetto sui genitali, dopo averli detersi. Se il bambino non ha ancora urinato dopo 20 minuti, il sacchet-to deve essere sostituito con uno nuovo. È una metodica di facile esecuzione ma

che espone in alta percentuale al rischio di falsi positivi per inquinamento. 2. Raccolta delle urine da mitto inter-medio È una metodica affidabile che però presuppone la collaborazione da parte del bambino e consiste nella raccol-ta in un contenitore sterile della seconda parte del flusso urinario, dopo accurata pulizia dei genitali. 3. Puntura sovrapubica Questa metodi-ca è considerata il gold standard per la diagnosi ma nella realtà è poco utilizzata perché è invasiva. Si pratica sul bambino con la vescica piena e consiste nell’aspi-razione delle urine con una siringa il cui ago viene inserito perpendicolarmente sulla linea mediana pochi centimetri so-pra la sinfisi pubica. Può essere praticata con sicurezza solo nel bambino <3 mesi, per la posizione ex-trapelvica della vescica. 4. Cateterismo vescicale Metodo inva-sivo da utilizzare quando nessuno dei precedenti è possibile o quando i metodi precedenti abbiano dato risultati dubbi. La valutazione dei risultati microbiologici e, quindi, la diagnosi di IVU, sono commi-surati al quantitativo di batteri rilevati e alle specie presenti. Il numero di unità batteri-che formanti colonia/mL (CFU/ml) ritenuto

necessario per considerare positiva una coltura varia a seconda della metodica utilizzata (tabella 2).

Il riscontro di 2 o più specie batteriche è indicativo di inquinamento, a meno che l’urinocoltura non sia riferita ad un bambino con particolari fattori di rischio o sottoposto a molteplici cicli di antibiotici. Alcuni esami ematici possono essere utili per identificare le pielonefriti, anche se aumento della PCR e leucocitosi sono poco correlati alla sede dell’infezione.La valutazione della procalcitonina risulta essere l’esame ematico più affidabile per la definizione dell’alta localizzazione dell’infezione (suggerisce un danno renale quando i valori superano i 2μg/mL).(12) Dal punto di vista clinico, un’infezione urinaria diagnosticata che si presenta con febbre superiore ai 38°C deve essere considerata come localizzata alle alte vie urinarie.(13)

La diagnostica per immagini rappresenta un utile presidio per differenziare le infe-zioni isolate da quelle secondarie a mal-formazioni o anomalie funzionali.La diagnosi di anomalie dell’apparato escretore è molto importante per preve-nire futuri danni renali e la progressione verso l’insufficienza renale cronica.

Tabella 2. Criteri quantitativi da utilizzare per la diagnosi di IVU nei casi positivi per un unico batterio(11)

Sacchetto sterile Flusso intermedio Puntura sovrapubica Cateterismo vescicale

≥ 105 CFU/ml≥104 CFU/ml (se presenti sintomi)≥105 CFU/ml (in assenza di sintomi)

Qualsiasi numero ≥ 1.000 -50.000 CFU/ml

Infezione Terapia

Alte vie urinarie

Amoxicillina-acido clavulanico• < 3 mesi: 30 mg/kg/die in 2 dosi • ≥ 3 mesi: 50 mg/kg/die in 2 dosi • Adolescenti 1 g/die in 2 dosi Per 3-7 giorni Cefixime • 16 mg/kg/die il primo giorno in dose singola, poi 8 mg/kg/die per 3-7 giorni Co-trimossazolo• ≥ 2 mesi: 8-10 mg/kg/die in 2 dosi • Adolescenti: 160 mg 2 volte al giorno per 3-7 giorni

Basse vie urinarie Stessi farmaci usati per le forme basse con terapia prolungata a 10 giorni

Tabella 3: terapia orale nelle IVU del bambino(10)

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Non esiste un consenso uniforme su quando procedere con esami di diagno-stica per immagini: alcuni esperti consi-gliano sempre l’esecuzione dell’ecografia, anche in caso di primo episodio di IVU, mentre altri valutano l’indicazione a secon-da del sesso e dell’età del bambino. L’ecografia renale con Power-Doppler è l’esame di primo livello da eseguire: per-mette di valutare la morfologia renale e del sistema collettore ed è utile per escludere uropatie ostruttive, per identificare bam-bini con rene unico o ectopico e per evi-denziare un danno renale di media entità secondario a pielonefrite. Se l’ecografia renale è normale e non vi sono associati fattori di rischio, non sus-sistono le indicazioni a ulteriori indagini strumentali.

Di contro l’ecografia renale patologica e/o fattori di rischio associati rappresentano indicazioni all’esecuzione di uno studio morfologico delle vie urinarie e del rene completo (cistografia, scintigrafia renale). La cistografia minzionale è la metodica più sensibile e specifica per l’evidenzia-zione del reflusso vescicoureterale. Per evitare l’esposizione alle radiazioni, può essere sostituita dalla cistosonografia o dalla cistografia con radionuclidi anche se queste metodiche hanno minore sensi-bilità e specificità. Le valutazioni urodinamiche sono racco-mandate in presenza di IVU conseguente ad alterazioni neurologiche.

Terapia

L’obbiettivo del trattamento è l’eliminazio-ne dell’infezione batterica con una terapia antibiotica adeguata e la prevenzione di ulteriori episodi, agendo sui fattori anato-mici, funzionali e sui comportamentali di predisposizione. Il ruolo della terapia antibiotica è quello di risolvere i segni e i sintomi della malattia ri-ducendo allo stesso tempo il rischio di for-mazione di danni renali. La scelta dipende della via di somministrazione dipende dal-la gravità dell’episodio, dall’età del bambi-no e dalla possibilità nell’assunzione del farmaco per os. Nel neonato e nel bambino di età inferiore ai 2 mesi, e in ogni paziente emodinami-camente instabile o immunocompromesso sono raccomandati il ricovero ed una tera-pia parenterale con una combinazione di ampicillina per via endovenosa e gentami-cina per via endovenosa / intramuscolare o cefalosporina di terza generazione. In que-sti casi la somministrazione endovenosa è una regola sia perché in genere si tratta di forme più gravi, sia per la difficoltà della somministrazione per bocca dei farmaci.

Nel bambino più grande si sceglie prefe-ribilmente la via orale. In caso di IVU “non complicata”, in un bambino febbrile ma in buone condizione generali, con disidra-tazione di condizione lieve, in grado di assumere liquidi e farmaci per os, e con prevedibile buona compliance, va pratica-

ta terapia per via orale. In attesa dell’antibiogramma va effettuata una terapia antibiotica empirica. È indica-to l’uso di un antibiotico orale con profili di bassa resistenza, per esempio una cefalo-sporina o l’amoxicillina-acido clavulanico. Nella tabella 3 sono indicati i farmaci di scelta per la terapia per via orale. Quando l’antibiotico per via orale non può essere usato e in caso di IVU “complicata”, con bambino di aspetto settico, con vomito, iperpiressia, disidratazione di grado medio o severo, e previsione di scarsa complian-ce, va iniziata terapia parenterale utilizzan-do antibiotici come il cefotaxime, il ceftria-xone o un aminoglicoside, seguita da un antibiotico orale per una durata totale di 10 giorni (tabella 4).

La durata ottimale della terapia non è sta-bilita dalla letteratura ma è consenso co-mune utilizzare trattamenti di breve durata nelle infezioni del basso tratto mentre le pielonefriti necessitano di un periodo di cura più prolungato. Non ci sono dati a favore di una terapia di lunga durata (>14 giorni), mentre in genere vengono ritenuti ragionevoli e sufficienti 7-10 giorni per era-dicare l’infezione nella maggior parte dei pazienti trattati.

In presenza di mancata risposta alla tera-pia antibiotica instaurata entro 72 ore, con persistenza della febbre, bisogna sospet-tare un’eventuale resistenza all’antibiotico utilizzato e/o un’infezione urinaria atipica,

Farmaco Dosaggio

Ampicillina + Gentamicina• Ampicillina 100-200 mg/kg/die in 4 dosi (massimo 4 g) v• Gentamicina 5-7 mg/Kg/die in dose unica per 10-14 giorni

Cefepime• Neonati < 14 giorni: 60 mg/kg/die in 2 dosi • Lattanti e Bambini: 100 mg/kg/die in 2 dosi (massimo 4 g) • Adolescenti: 3-6 g/die in 3 dosi per 10-14 giorni

Cefotaxime• Neonati < 28 giorni: 100-150 mg/kg/die in 2 dosi • Lattanti e Bambini: 100-200 mg/kg die in 3-4 dosi (massimo 4 g) • Adolescenti: 4-8 g/die in 4 dosi per 10-14 giorni

Ceftriaxone• Lattanti e Bambini: 50 mg/kg/die una volta al giorno • Adolescenti: 1-2 g/die una volta al giorno per 10 -14 giorni

Tabella 4: Terapia parenterale delle IVU del bambino(10)

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che frequentemente si associa al reflusso vescico-ureterale. La batteriuria asintomatica si presenta nell’1% circa dei bambini di età scolare, specie di sesso femminile. Si tratta del ri-scontro occasionale di batteri nelle urine, soprattutto E. coli, senza piuria e senza altra sintomatologia associata. Si tratta di condizioni benigne che non richiedono al-cun trattamento.

Risulta molto importante nella prevenzione delle recidive, adottare alcune strategie comportamentali come:- correggere la stipsi- incoraggiare i bambini a bere adeguate quantità di acqua- consentire ai bambini facilità di accesso ai servizi igienici, incoraggiandoli a non ritardare la minzione e a lavarsi accurata-

mente dopo la defecazione- correzione chirurgica in caso di fimosi - uso di integratori (mirtillo, uva ursina…)- eventuale profilassi antibiotica in casi selezionati

Non ci sono evidenze in letteratura di un effetto favorevole della profilassi antibiotica di routine nelle IVU in generale.(14) In pas-sato si utilizzava soprattutto nei bambini affetti da reflusso vescico-ureterale in alter-nativa all’intervento chirurgico, nell’ipotesi che prevenendo le recidive di infezione si potesse prevenire il danno al parenchima renale e la sua progressione(15).Attualmente la profilassi antimicrobica per la prevenzione delle recidive viene presa in considerazione in casi selezionati, come per esempio:- nei bambini con reflusso vescico-uretera-

le di III-IV grado- nei bambini con reflusso vescico-urete-rale di grado inferiore al terzo che presen-tino infezioni urinarie ricorrenti (> 3 episodi in 6 mesi o > 4 episodi in un anno)- dopo la terapia dell’episodio acuto fino all’esecuzione di accertamenti strumentali qualora indicati (cistografia minzionale, ci-stosonografia).

Se la profilassi viene attuata, devono es-sere utilizzati bassi dosaggi di farmaci somministrati in dose unica serale come nitrofurantoina (1 mg/kg), trimethoprim (0,5-2 mg/kg) o cotrimossazolo (0,5-2 mg/kg come trimethoprim). La preferenza andrebbe al primo di que-sti per la minore tendenza a selezionare la flora enterica favorendo l’emergenza di patogeni resistenti.

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L e infezioni urinarie sono tra le pato-logie più frequentemente riscontra-te nella pratica clinica. Colpiscono

tutte le età ed entrambi i sessi, avendo una notevole rilevanza sociale ed un si-gnificativo impatto sulla qualità di vita e sulla spesa sanitaria, la quale viene ulte-riormente aggravata dai costi di ospeda-lizzazione per comparsa di complicazioni e cronicizzazione. Si è stimato che ogni anno in Italia l’inci-denza si aggiri intorno ai 6 milioni di casi, di cui l’80% appartenenti al basso tratto urinario,(1) con notevoli differenze a secon-da dell’età e del sesso. Tra gli adolescenti e gli adulti si osserva una netta prevalenza nel sesso femmini-le: si è osservato che nell’arco della vita circa il 30% delle donne vada incontro ad almeno un episodio di IVU e che circa il 20% di esse presenti un episodio di cistite ogni anno.(2) Nella donna giovane si osserva un incre-mento dell’incidenza proprio in corrispon-denza dell’inizio dell’attività sessuale.(3)

I fattori che rendono il sesso femminile maggiormente suscettibile allo sviluppo delle IVU sono soprattutto di natura ana-tomica: la relativa brevità dell’uretra, la posizione del meato uretrale esterno e la minore forza di contrazione dello sfintere uretrale interno femminile costituiscono fattori di rischio per la risalita di batteri pe-rineali nelle vie urinarie.(4) Ulteriori fattori di rischio nella donna gio-vane sono oltre i rapporti sessuali, recenti terapie antibiotiche e precedenti infezioni in età pediatrica (tabella 1), mentre nella donna in menopausa sono più rilevanti fattori meccanici e fisiologici che influenzi-no lo svuotamento vescicale, quali incon-tinenza urinaria, prolasso genito-urinario, elevati volumi residui postminzionali, e un’anamnesi positiva per infezioni urinarie prima della menopausa (tabella 2 e 3).(5) Anche la gravidanza rappresenta un fat-tore di predisposizione a causa delle mo-dificazioni emodinamiche e anatomiche (aumento di volume dei reni, della pelvi renale e degli ureteri, idroureteronefrosi dx) causati dalla compressione dell’ute-

ro e dall’azione miorilassante del proge-sterone che favoriscono stasi urinaria e rischio di sovrainfezione batterica.

Quadri clinici

I segni e i sintomi sono variabili a seconda del quadro clinico specifico.

1. Infezione non complicata delle basse vie urinarie (cistite e uretrite acuta)Si definisce come un episodio di infe-zione a carico della mucosa vescicale e/o uretrale che si presenta nella don-na in età fertile senza anomalie anato-

IVU nell’adolescenza e nell’età adulta

Immagine 1. Anatomia genitali esterni della donna

Fattori di rischio nelle donne in età fertile(6)

Fattori di rischio nelle donne dopo la menopausa (50-70 anni in buona salute, non cateterizzate, non ospedalizzate)

Fattori di rischio nelle donne dopo la menopausa (anziane fragili ≥70 anni, ospedalizzate o cateterizzate)

• Rapporti sessuali (entro 72 h)• Cambio frequente di partner• Antibioticoterapia recente• Estrogeni• Familiarità materna• Comparsa primo episodio di IVU in età infantile• Breve distanza tra uretra e ano• Dismicrobismi vaginali• Alterazioni del microbiota intestinale

• Carenza estrogenica• Atrofia vulvo-vaginale• Interventi chirurgici urogenitali• Incontinenza urinaria• Prolasso vescicale• Residuo di urina postminzionale• Precedenti episodi di IVU• Dismicrobismi vaginali• Alterazioni del microbiota intestinale

• Cateterismo• Incontinenza urinaria• Chirurgia urogenitale• Antibioticoterapia recente• Declino cognitivo• Atrofia vulvo-vaginale• Dismicrobismi intestinali

Tabella 1 Tabella 2 Tabella 3

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miche e funzionali del tratto urinario o comorbidità. L’agente eziologico più comune è rappresentato da E. coli (70-95%), seguito da Staphylococcus sa-prophyticus nel 5-10% e occasionalmen-te Proteus mirabilis e Klebsiella spp.(7) La sintomatologia tipica di un episodio di cistite acuta è rappresentata da:- disuria (bruciore durante la minzione)- stranguria (emissione dolorosa e inter-mittente di urina)- pollachiuria (elevata frequenza minzio-nale)- minzione imperiosa (urgenza vescicale) - dolore o senso di peso sovrapubico indi-pendente dalla minzione- macroematuria (cistite emorragica) La severità della sintomatologia è sogget-ta ad ampia variabilità individuale.(9)

Le strisce reattive utilizzate per l’esame fisico-chimico delle urine permettono di identificare alcune sostanze che, assenti nelle urine normali, possono essere indi-cative della presenza di infezione:- nitriti: queste sostanze derivano dalla degradazione dei nitrati eliminati con le urine da parte dei batteri. In alcuni casi non si riscontano nitriti, pur in presenza di infezione, qualora le urine siano fortemen-te diluite o in presenza di batteri Gram po-sitivi o Pseudomonas aeruginosa- esterasi leucocitaria: l’enzima indica la presenza di leucociti ed è, quindi, espres-sione di piuria. Da solo ha una sensibilità del 70% ma valutandolo insieme al test dei nitriti i valori di sensibilità e specificità aumentano senza raggiungere, tuttavia, il 100%- N-acetil-β-glucosaminidasi: questo en-zima è contenuto nelle cellule dei tubuli e la sua presenza indica un danno renale- piuria: indica la presenza di aumentato numero di leucociti nelle urine ed è indi-ce di una risposta infiammatoria nelle vie urinarie

Se si esclude il sospetto di coinvolgimen-to delle vie urinarie superiori (pielonefrite) e non ci si trova in presenza di fattori di rischio (gravidanza, manovre chirurgiche invasive, presenza di catetere vescicale) o di infezioni ricorrenti, il primo approccio terapeutico si basa sull’impostazione di

terapia antibiotica empirica senza ne-cessità di eseguire urinocoltura.(10) L’ese-cuzione dell’urinocoltura non è necessa-ria in quanto i potenziali germi patogeni implicati e la loro suscettibilità agli anti-biotici sono prevedibili. Inoltre i tempi di esecuzione dell’esame sono spesso più lunghi della fase acuta, che essendo spes-so accompagnata da una sintomatologia molto invalidante, richiede un trattamento repentino.

La terapia antibiotica, seppur empirica, deve essere scelta secondo criteri ragio-nati, tenendo in considerazione i seguenti parametri:- spettro di suscettibilità dei probabili agenti eziologici coinvolti e maggiormente isolati in quella comunità (preferendo la molecola più attiva nei confronti della maggior parte dei patogeni coinvolti in questa patologia)- efficacia del singolo antibiotico negli stu-di clinici su popolazioni con caratteristiche comparabili con quelle dei pazienti da trat-tare- potenza intrinseca delle singole molecole, valutate secondo la MIC (minima concen-trazione inibente) ma soprattutto relative alle caratteristiche farmacocinetiche del farmaco e alla biodisponibilità raggiunta nel sito dell’infezione- tollerabilità, reazioni avverse ed allergie riferite- recenti terapie antibiotiche e pregresse urocolture- rapporto costo/beneficio- disponibilità del singolo antibiotico

Nella scelta terapeutica di tipo empirico l’o-biettivo è l’eradicazione del patogeno e la riduzione della ricorrenze. Se il trattamen-to antibiotico non è appropriato si assiste al ripresentarsi di batteriuria o di episodi sintomatici in circa il 25% degli adulti e il 30-50% dei bambini,(8) per incompleta era-dicazione del patogeno o per induzione di ceppi resistenti.

Esistono diversi schemi terapeutici a cui fare riferimento per la terapia empirica, basati sullo spettro di suscettibilità e sulle resistenze delle diverse aree geografiche.

Le ultime linee guida della Società Italiana di Urologia raccomandano di cominciare la terapia empirica con uno dei seguenti

schemi terapeutici:(10)

- Nitrofurantoina 50-100 mg 4 volte al dì per 5 gg (100 mg se peso >80 kg)- Fosfomicina trometamolo 3 g in singo-la dose - Ciprofloxacina RM 1000 mg 1 volta al dì per 3 giorni o ciprofloxacina 500 mg 2 volte al dì - Cotrimossazolo 160/800 mg due volte al dì per 3 giorni- Levofloxacina 500 mg 1 volta al dì per 3 giorni- Prulifloxacina 600 mg una volta al dì per 3 giorni.

In merito ai fluorochinoloni, per i quali le ultime linee guida europee (EAU) hanno assunto una posizione più restrittiva in quest'ambito, si sottolinea un'appropria-tezza d'uso tenendo conto, tra le altre cose, sia del fatto che sono farmaci con-centrazione dipendenti, sia del rapporto beneficio/rischio che hanno questi farma-ci anche alla luce delle ultime evidenze.

L’appropriatezza della cura antibiotica in generale prevede l’utilizzo di brevi cicli di terapia, in quanto sono efficaci, a basso costo e con bassa frequenza di effetti inde-siderati.(10,11) Al fine di evitare il più possibile il verificarsi di antibiotico-resistenze è im-portante che oltre alla consultazione delle linee guida, utile riferimento per la scelta terapeutica, vi sia un costante aggiorna-mento sui dati epidemiologici relativi agli agenti eziologici più frequenti e al tasso di antibiotico-resistenza per quel territorio. Inoltre è importante prescrivere la cura per un adeguato periodo di trattamento evitan-do ritardi nell’inizio, prescrizioni di dosaggi insufficienti, oltre che di errati schemi po-sologici.

L’indicazione all’esecuzione dell’esame chimico-fisico dell’urina ed urinocoltura si pone nelle donne i cui sintomi non si risol-vono alla fine del trattamento o in cui si ripresentano entro due settimane.

L’esame colturale permette l’identificazio-ne del germe responsabile e la successi-va impostazione di una terapia antibiotica mirata.

Viene considerata significativa nella donna la presenza di >105 CFU/ml (uni-

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tà formanti colonie per millilitro di urina). Nell’uomo, in presenza di sintomatologia suggestiva, il cut off è ridotto a 104 CFU/ml. Inoltre, nell’interpretazione del limite di significatività bisogna tenere in conside-razione lo stato di idratazione del pazien-te, l’eventuale recente terapia antibiotica e soprattutto la presenza di pollachiuria, che determinando un frequente svuota-mento vescicale, spesso non permette il raggiungimento di significative concen-trazioni batteriche nell’urina.(12)

2. Infezione non complicata delle alte vie urinarie (Pielonefrite)Si tratta di un’infezione a carico del pa-renchima e della pelvi renale, acuta o cro-nica, in assenza di anomalie o patologie urologiche note.

La maggior parte delle pielonefriti è do-vuta a batteri che giungono alle vie uri-narie superiori per via ascendente a partire da serbatoi uretrali o vescicali. Le infezioni per via ematogena possono es-

sere riscontrate nei pazienti debilitati, con malattie croniche o in terapia immunode-pressiva. Stafilococco e funghi possono giungere al rene da foci lontani, cutanei oppure ossei.(13)

L’agente eziologico più frequente è E. coli (56-85%); più rari sono l’Enterococcus fa-ecalis, la Klebsiella pneumoniae e il Pro-teus mirabilis. Tra i fattori di rischio, un ruolo favorente è svolto dall’attività sessuale: si è rilevata una correlazione tra sviluppo di pielone-frite e la frequenza dell’attività sessuale (più di 3 rapporti sessuali alla settimana) o un nuovo partner negli ultimi 12 mesi.(14) Inoltre, l’uso di spermicidi, un’anamnesi positiva per precedenti infezioni urinarie, un’anamnesi familiare di infezioni urinarie nella madre e il fumo sono ulteriori fattori di rischio significativi.

La sintomatologia tipica è caratterizzata da:- sintomi sistemici: cefalea, malessere, brividi, iperpiressia, nausea e vomito

- sintomi locali: dolore al fianco o in zona lombare con positività alla manovra di Giordano, segno di interessamento del bacinetto e del parenchima renale

La diagnosi si pone in base a esame obiettivo, esami di laboratorio e diagnosti-ca strumentale.(15) In tutti i casi di sospetta pielonefrite il paziente deve essere sotto-posto a:• esame urine con conta di eritrociti, leu-cociti (>20 WBC/hpf) e nitriti; • urinocoltura ed antibiogramma (il cut-off di positività in questo caso è di 104 CFU/ml.)• esami ematochimici inclusa la funziona-lità renale, indici di flogosi ed emocromo. • esami stumentali: - ecografia delle vie urinarie superiori e/o radiografia diretta addome per escludere ostruzioni urinarie o calcolosi - TAC con fase urografica (se iperpiressia persistente dopo 72 ore di trattamento)- RMN in caso di donna in gravidanzaNon è indicata l’esecuzione di URO-TC di

Tabella 4. Raccomandazioni terapeutiche per il trattamento della pielonefrite acuta non complicata in relazione al quadro clinico (SIU 2015)

Quadro clinico lieve-moderato

• Levofloxacina 500 mg 1 cpr al dì per 14 giorni• Ciprofloxacina 500 mg 1 cpr ogni 12 ore oppure 1000 mg rilascio modificato 1 cpr al dì per 14 gg

In caso di zone con elevati tassi di resistenza di E. coli ai fluorochinoloni si consiglia:• Ceftriaxone 2 gr e.v. in monosomministrazione + Gentamicina 3 mg/kg in monosomministrazione al dì per 14 gg (controllo della funzionalità renale)• Amoxicillina/ac. clavulanico 1 gr 3 volte al dì per 10 gg

Quadro clinico severo

• Levofloxacina 500 mg e.v. 1 ogni ogni 12 ore oppure• Ciprofloxacina 400 mg e.v. 1 ogni 8 ore (terapia da continuare fino alla risoluzione del quadro acuto e passare alla terapia per os per un totale di 14 giorni)

In caso di zone con elevati tassi di resistenza di E. coli si consiglia:• Ceftriaxone 2 gr e.v. in monosomministrazione + Gentamicina 3 mg/kg in monosomministrazione al dì per 14 gg (controllo della funzionalità renale)• Piperacillina con tazobactam 4.5 gr ogni 6 ore per 7 gg (in seguito passare a terapia per os con farmaco analogo)• Ampicillina/sulbactam 3 gr ogni 6/8 ore per 7 gg (in seguito passare a terapia per os con farmaco analogo)• Amoxicillina/ac. clavulanico e.v. 2.2 gr ogni 6/8 ore per 7 gg (in seguito passare a terapia per os con farmaco analogo)

In caso di sospetto o documentata presenza di germi produttori di ESBL si consiglia:• Meropenem 1 gr ogni 6/8 ore per 7 gg• Imipenem 1 gr ogni 8 ore per 7 gg• Ertapenem 1 gr ogni 24 ore per 7 gg

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routine in pazienti con pielonefrite acuta non complicata in quanto la maggior par-te degli adulti possiede normalità delle vie escretrici. L’indicazione si pone in caso di iperpiressia persistente dopo 72 ore di terapia, per escludere fattori complicanti come urolitiasi, ascessi renali o perirenali. Le indagini endoscopiche e le prove uro-dinamiche devono essere riservate a casi selezionati. La pielonefrite si può manife-stare acutamente con una sintomatologia tale da richiedere l’ospedalizzazione ma se trattata adeguatamente e tempestiva-mente ha una buona prognosi.

Le forme croniche, caratterizzate da qua-dri clinici più sfumati, potrebbero invece essere misconosciute. La cronicizzazione deve essere sospettata in caso di infezio-ni urinarie ricorrenti mediante un attento esame obiettivo e adeguati strumenti dia-gnostici. Le possibili complicazioni sono rappresentate da ascesso renale, shock settico fino all’insufficienza renale.

L’obiettivo della terapia è ridurre la durata e la severità dei sintomi prevenendo l’in-sorgenza delle complicanze e riducendo al minimo gli effetti collaterali dei farmaci. Le linee guida SIU 2015 consigliano di impostare una terapia empirica sulla base dei dati di prevalenza e resistenza delle infezioni.

La strategia terapeutica dipende dalla gravità del quadro clinico.

Nei casi in cui il paziente può essere cu-rato a domicilio, è preferibile avvalersi di antibiotici somministrati per via orale. Si possono utilizzare i fluorochinoloni som-ministrati per almeno 7-10 giorni, se nel-la comunità in questione è riportata una bassa frequenza di resistenza di E. coli.(16) In caso di ipersensibilità o antibiotico-re-sistenza nota, una valida alternativa sono le cefalosporine di terza generazione o l’amoxicillina/acido clavulanico.(17)

In caso di quadro clinico severo, con ne-cessità di ospedalizzazione si dovranno utilizzare antibiotici per via endovenosa, come i fluorochinoloni, oppure, in caso di alte frequenze di resistenza di E. coli, una cefalosporina di terza generazione

oppure betalattamine con inibitori delle betalattamasi (piperacillina/tazobactam, ampicillina/sulbactam, amoxicillina/acido clavulanico). Nel caso di comunità con elevati tassi di resistenza di E. coli ai fluorchinoloni ed extended-spectrum b-lactamase (ESBL), si suggerisce l’utilizzo di terapia empiri-ca con carbapenemi e/o aminoglicosidi fino all’arrivo dei risultati delle colture.(10) Per i cocchi gram-positivi si raccomanda una terapia con ampicillina/sulbactam (o amoxicillina/ clavulanato) con o senza un aminoglicoside. Una volta ottenuto il miglioramento dei sintomi, delle condizioni cliniche del pa-ziente e la defervescenza, si può effet-tuare il passaggio ad una terapia per via orale con analoga molecola per almeno altre 2 settimane.

La durata della terapia deve essere di al-meno 10 giorni. Un trattamento antibiotico di breve durata (tre giorni) non è appro-priato in quanto associato a recidiva nel 50% dei pazienti.(18)

Ottenuta la remissione completa della sin-tomatologia non è necessaria l’esecuzio-ne di urinocoltura di controllo. La mancata risposta alla terapia impone una nuova valutazione microbiologica e probabilmente un nuovo schema te-rapeutico che si avvalga di altre classi di antibiotici. In questi casi inoltre è utile approfondire il quadro diagnostico con ecografia dei reni e vie urinarie.

3. Batteriuria asintomaticaSi definisce batteriuria asintomatica l’iso-lamento in due urinocolture successive dello stesso patogeno con carica bat-terica significativa (>105 CFU/ml) in un soggetto privo di sintomi o segni riferibili

a infezione urinaria. La diagnosi è esclusivamente microbio-logica. Il limite quantitativo generalmente accettato è quello di ≥105 unità formanti colonie (CFU) per ml in due consecutivi campioni di urine. Nel caso di campione di urine prelevate per catetere è sufficien-te un singolo isolamento e, in quest’ultimo caso il cut off di positività scende a 102 CFU/ml.(19) Il riscontro di batteriuria asintomatica va-ria ampiamente secondo l’età, il sesso e la presenza di anomalie delle vie geni-to-urinarie: si verifica nel 1-5% delle don-ne sane in età fertile, nel 2-10% in gravi-danza, raggiungendo il 4-19% in donne in post-menopausa e nell’uomo che ha superato i 65 anni. L’incidenza è maggio-re nei pazienti a rischio come i diabetici (dallo 0,7 al 27%), gli anziani istituzionaliz-zati (50%) e i mielolesi (23-89%).(20)

Quando viene riscontrata nell’uomo gio-vane deve essere presa in considerazio-ne l’eventualità di una prostatite batterica cronica o altra patologia del basso tratto urinario (ad es. stenosi uretrali). Lo spettro di batteri è simile a quello del-le IVU non complicate o complicate ma i ceppi isolati in queste situazioni sono caratterizzati da una virulenza minore ri-spetto a quelli riscontrati nelle donne con infezioni urinarie sintomatiche. È frequen-te l’isolamento di E. coli ma anche di altre enterobatteriacee (ad esempio Klebsiella pneumoniae), Stafilococchi coagulasi-ne-gativi, Enterococcus spp e Streptococchi gruppo B. Negli uomini si possono ritrova-re spesso Stafilococchi coagulasi-negati-vi, bacilli Gram-negativi ed Enterococcus spp.Il riscontro di batteriuria asintomatica non richiede terapia ad eccezione di pa-zienti a rischio (recentemente sottoposti a chirurgia urologica, immunodepressi,

I FATTORI DI RISCHIO PER LE RICORRENZE

• Fattori di rischio comportamentali (legati spesso alle abitudini sessuali) • Condizioni fisiologiche che predispongono alle recidive (gravidanza, menopausa) • Condizioni cliniche (residuo post minzionale, cistocele, incontinenza urinaria)• Patologie gastro-intestinali (stipsi, diarrea, sindrome dell’intestino irritabile,

disbiosi intestinale)• Terapie antibiotiche sistemiche recenti

Tabella 5. Fattori di rischio per le infezioni ricorrenti

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bambini piccoli e donne in gravidanza). Si è visto che il trattamento non riduce la frequenza delle infezioni sintomatiche, né previene ulteriori episodi di batteriuria sin-tomatica, motivo per cui nelle donne non gravide in età fertile non sono indicati né lo screening, né la terapia. Al contrario, le donne in gravidanza, i pazienti da sottoporre ad interventi ge-nito-urinari e gli immunodepressi han-no dimostrato di essere a rischio per le complicanze da batteriuria e mostrano beneficio dai programmi di screening e di trattamento. In particolar modo nei pazienti da sottopor-re a procedure chirurgiche/endoscopiche delle vie urinarie è importante escludere la presenza di batteriuria asintomatica in quanto in questi casi rappresenta un importante fattore di rischio per compli-canze infettive. Pertanto è raccomandato eseguire un esame urine ed urinocoltura prima della procedura, per poi sottoporre il paziente ad eventuale terapia antibiotica specifica basata sull’antibiogramma.

Le donne in gravidanza devono essere sottoposte a screening della batteriuria mediante urinocoltura almeno una volta nel corso della gravidanza e se il risultato è positivo devono essere trattate. Infatti la presenza di batteriuria asintomatica com-porta un aumento di 20-30 volte del rischio di pielonefrite, di parto prematuro e di bas-so peso alla nascita del feto mentre il trat-tamento antibiotico riduce notevolmente questi rischi.(21)

4. Cistite cronica ricorrente, non com-plicata, in donne in età fertile (non gra-vide)La cistite ricorrente viene definita come la comparsa di 2 o più episodi di infezioni non complicate del basso apparato uri-nario negli ultimi 6 mesi o 3 o più episodi nell’ultimo anno.(22)

Si verificano soprattutto tra le giovani don-ne (la tendenza alla cronicizzazione si os-serva nel 20-30% delle donne affetta dal primo episodio di cistite), con notevole im-patto sulla qualità della vita e sulla spesa sanitaria.

La ricorrenza dell’infezione è spesso da attribuire a fattori di rischio comportamen-tali, legati spesso alle abitudini sessuali o

igieniche, a condizioni fisiologiche (gravi-danza, menopausa, età inferiore a 15 aa) o cliniche (residuo post minzionale, cisto-cele, incontinenza urinaria, anomalie ana-tomiche urologiche), ma anche a terapie antibiotiche sistemiche recenti.(23) Le ultime evidenze scientifiche dimostra-no una stretta associazione tra le patolo-gie gastrointestinali (stipsi, diarrea, sindro-me dell’intestino irritabile e soprattutto la disbiosi intestinale) e le patologie uro-gi-necologiche e sessuali (vulvodinia, endo-metriosi, cistiti e candidosi ricorrenti). L’infiammazione associata a queste con-dizioni rende la parete intestinale molto più permeabile, permettendo il libero passaggio di allergeni alimentari e germi patogeni dal lume intestinale al circolo ematico e linfatico. Questo fenomeno, me-glio conosciuto come leaky gut syndro-me (sindrome dell’intestino poroso) è alla base di risposte di intolleranza, allergia e di infezioni sistemiche le quali a loro volta sostengono e potenziano l’infiammazione in atto.(24) Sembra che anche le fluttuazioni ormonali estrogeniche, soprattutto in fase premestruale, possano indurre un notevo-le aumento della permeabilità intestinale e il peggioramento dei sintomi.(25) Ripristinando la corretta funzionalità di barriera dell’intestino e risolvendo il pro-blema della leaky gut syndrome si potreb-bero evitare infezioni ripetute (cistiti e va-giniti) da parte di germi quali Escherichia coli, di provenienza intestinale, e Candida, un micete molto frequente nelle donne e la cui proliferazione intestinale è legata all’u-so spesso inappropriato di antibiotici. Inoltre nella donna affetta da cistite ricor-rente è necessario prendere in conside-razione la possibilità di squilibri nell’eco-sistema vaginale. Accade spesso che un'infezione vaginale possa coinvolgere l'ultima parte dell'uretra e le ghiandole parauretrali causando una sintomatologia simile a quella della cistite. Spesso queste pazienti vengano curate con una terapia antibiotica che, depauperando ulterior-mente la flora lattobacillare aggrava la situazione.

Il dismicrobismo vaginale inoltre può fun-gere da serbatoio di germi patogeni, a partire dal quale si realizza la colonizza-zione di uretra e vescica. In queste situazioni la terapia antibiotica,

se da un lato è risolutiva sulla sintomatolo-gia vescicale, può aggravare lo squilibrio dell’ecosistema vaginale e quindi perdu-rando il serbatoio batterico, rimarranno le condizioni favorevoli allo sviluppo di ulte-riori infezioni vescico-vaginali.

Un trattamento antibiotico non appropria-to provoca il ripresentarsi di batteriuria o di episodi sintomatici dovuti alla inadeguata eradicazione del patogeno o all’induzione di ceppi resistenti.(26,27) Questa situazione si verifica più frequentemente nel sesso femminile, spesso proprio a causa di con-comitanti dismicrobismi vaginali.(28)

Spesso questa situazione si verifica dopo terapia con macrolidi o inibitori delle be-ta-lattamasi, responsabili spesso di reci-dive da parte di patogeni Gram-negativi di provenienza enterica. Una classe di antibiotici che ha dimostrato di non alte-rare il microambiente vaginale sono i fluo-rochinolonici.(29)

Lo spettro di patogeni responsabili delle IVU ricorrenti è sovrapponibile a quello delle cistiti acute non complicate ma in queste situazioni si osserva più frequente-mente scarsa efficacia della terapia e in-sorgenza di ceppi batterici multiresistenti. Si consiglia il trattamento antibiotico per un minimo di tre giorni con gli stessi anti-batterici utilizzati per il trattamento del sin-golo episodio anche se può essere utile prolungare la durata a 7 gg nella donna in post menopausa.(30)

Quando una IVU ricorrente riguarda un uomo è sempre meritevole di ulteriori ap-profondimenti clinici e la terapia antibioti-ca deve essere protratta per tempi ade-guati (7-14 gg) con successivo follow-up microbiologico.

Una volta ottenuta la negativizzazione completa dell’urinocoltura, verificata dopo 2 settimane dalla fine della terapia anti-biotica, è necessario tentare di eliminare i fattori di rischio associati alle ricorrenze riducendo l’utilizzo di antibiotico profilassi a favore di altre strategie comportamenta-li e non-antibiotiche, che dovranno essere osservate a lungo termine. A questo scopo si possono utilizzare so-stanze non farmacologiche in grado di agire direttamente sull’ambiente urinario allo scopo di ostacolare la colonizzazione

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UNANNOINSIEME

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batterica come: - agenti acidificanti o alcalinizzanti che agi-scono modificando il pH urinario, a secon-da del tipo di batterio responsabile dell’in-fezione, rendendo “inospitale” l’ambiente vescicale per lo sviluppo dei germi- il D-mannosio che impedisce l’adesione dei batteri all’epitelio delle vie urinarie le-gandosi alle appendici filamentose di al-cuni batteri (come E. coli)- acido ialuronico e condroitin-solfato che potenziano e ripristinano l’integrità dell’epi-telio urinario, rendendo più efficaci le dife-se locali contro la penetrazione dei batteri.- sostanze naturali, dotate di meccanismo d’azione ed efficacia variabile a seconda dei casi, come il mirtillo rosso, l’uva ursina, la quercitina, la curcumina, l’echinacea, la serenoa, l’ibiscus, la boswellia, la brome-lina…

5. Cistite post-coitaleSi definisce “cistite post-coitale” un’infiam-mazione vescicale molto dolorosa che compare 24-72 ore dopo un rapporto ses-suale. Si tratta di una delle più significative condizioni cliniche che dimostrano il lega-me tra apparato genitale ed urinario nella donna. Riguarda circa il 4% delle cistiti nel-la donna e il 60% delle forme recidivanti.(31)

A volte si tratta di un’infiammazione di natu-ra esclusivamente meccanica, con assen-za di conta batterica significativa. Infatti in passato questa condizione veniva definite “cistite senza cistite” (ossia senza infezio-ne batterica), oppure “sindrome uretrale”. La stretta vicinanza anatomica tra vagina e vescica rende quest’ultima particolar-mente sensibile ai traumatismi meccanici, i quali si possono verificare facilmente in caso di secchezza vaginale o di ipertono del muscolo elevatore dell’ano. La tensio-ne muscolare, evocata di riflesso specie se il rapporto genera dolore, aumenta la probabilità di microtraumi meccanici dell’uretra e della base vescicale durante la penetrazione. La probabilità di svilup-pare una cistite aumenta infatti di 4 volte, se la donna ha secchezza vaginale, e di 7 volte, se il rapporto è doloroso. Il dolore è il più potente inibitore del riflesso della lubrificazione vaginale e della congestione genitale associata appunto all’eccitazione. L’uretra, è circondata da una fitta rete di

vasi sanguigni, che si congestionano con l’eccitazione, formando un manicotto am-mortizzatore che protegge l’uretra stessa e il trigono dal trauma meccanico di un rap-porto, soprattutto se prolungato. Se l’ecci-tazione è insufficiente, o si blocca, questa protezione viene meno, facilitando il trau-ma meccanico. Per questo motivo la cistite post coitale è più frequente nelle donne affette da vulvodinia e vestibolite vulvare.

I fattori predisponenti sono rappresentati da:- ipoestrogenismo: comporta un aumen-to del pH vaginale (cui consegue alterazio-ne dell’ecosistema vaginale, che rende la vescica più vulnerabile all’attacco dei ger-mi) e secchezza vaginale (che determina maggiore sensibilità a traumi meccanici) - costipazione: la stasi protratta delle feci nell’ampolla rettale favorisce le infezioni da Enterobatteri- ipertono del muscolo elevatore dell’ano: rende la vescica sensibile ai traumi mec-canici che si verificano in caso di scarsa lubrificazione

La sintomatologia può essere innescata anche da variazioni brusche di temperatu-ra (“cistite da freddo”).

La strategia terapeutica da adottare si basa sulla terapia antibiotica solo in caso di cistite infettiva, basandosi sull’antibio-gramma. La sua gestione prevede: - normalizzazione del pH e dell’ecosistema vaginale- ripristino di un normale livello estrogenico in vagina, con minime quantità di estrogeni locali (nelle donne in menopausa)- correzione della stipsi, con alimentazione e idratazione adeguata- rilassamento del muscolo elevatore con-tratto con automassaggio, stretching o bio-feedback dei muscoli pelvici- miglioramento della secchezza vaginale e riduzione del dolore durante i rapporti

6. Infezioni non complicate nell’uomoMentre la donna possiede caratteristiche anatomiche, ormonali e funzionali che la rendono maggiormente soggetta a con-trarre infezioni urinarie, negli uomini si ve-rificano raramente. Il secreto prostatico, la

maggior forza di contrazione dello sfintere uretrale e la maggiore lunghezza dell’ure-tra fungono infatti da fattori di protezione.(32)

La maggior parte delle infezioni si verifica soprattutto in caso di anomalie urologiche o a seguito di cateterizzazioni o manovre strumentali tali da favorire il passaggio di batteri in vescica. Per questo motivo è con-venzione considerare tutte le IVU nell’uo-mo come complicate.(33)

La prevalenza di episodi limitati al basso tratto urinario senza coinvolgimento della prostata e senza la presenza di fattori di rischio in un maschio sano tra i 15 e i 50 anni è estremamente bassa. È necessario quindi porre accurata diagnosi differenzia-le con IVU complicate, molto più frequenti nell’uomo e legate ad anomalie urologiche, ostruzione al vuotamento vescicale o ma-novre strumentali.

La sintomatologia in questi casi è simile a quella delle donne: disuria, stranguria, do-lore sovrapubico e pollachiuria. Nel caso di febbre deve essere sospettato il coinvol-gimento della prostata o del parenchima renale. L’esame diagnostico di riferimento è l’urinocoltura, il cui limite di significatività è di 104 CFU/ml. Come terapia viene rac-comandato il medesimo schema terapeu-tico per le IVU non complicate della donna. Dal momento che nella maggior parte de-gli uomini con IVU febbrile bisogna anche considerare il coinvolgimento prostatico, l’obiettivo del trattamento è anche quello di eradicare l’infezione prostatica, pertan-to sono preferibili gli antibiotici con buona penetrazione nel tessuto e nel secreto pro-statico, ad esempio i fluorochinolonici.(10) Non c’è univoco consenso sull’indicazione ad una valutazione diagnostica-strumenta-le negli uomini con un singolo episodio di cistite. Questa valutazione dovrebbe esse-re fatta di routine solo negli adolescenti o negli uomini con IVU febbrile, pielonefriti o infezioni ricorrenti oppure tutte le volte che è presente un fattore complicante. Non è raccomandata la valutazione del PSA in concomitanza o nei 6 mesi se-guenti un episodio di IVU febbrile, a meno che non si sospetti, per altri motivi, un car-cinoma prostatico.

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MODULO 3 IVU NELL'INFANZIA

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UNANNOINSIEME

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IVU nella terza età e nel paziente complicato

L e patologie infettive tendono a pre-sentarsi con maggiore frequenza nella popolazione anziana e in ge-

nere si caratterizzano per avere decorso più grave, tale da richiedere frequente-mente l’ospedalizzazione. Sono particolarmente a rischio gli anziani con età maggiore di 65 anni, soprattutto se sono ricoverati in ospedale o nelle resi-denze sanitarie assistenziali (RSA), dove le infezioni dell’apparato urinario risultano essere il tipo di infezione più frequente in assoluto.(1) La popolazione anziana presenta infatti molteplici fattori di rischio che predispon-gono all’insorgenza e al mantenimento delle infezioni urinarie, come alterazioni della immunità, disordini nutrizionali, co-morbidità (in particolare cirrosi epatica, diabete mellito, cardiopatie, ipertensione arteriosa) e assunzione cronica di farma-ci.(2) Tra le malattie croniche più frequente-mente implicate si devono ricordare il diabete mellito, soprattutto scompensato, e le malattie neurologiche che comporta-no difficoltà nello svuotamento vescicale. Tutti i casi in cui si verifica un ostacolo alla minzione con ostruzione del flusso urina-rio (ipertrofia prostatica, urolitiasi, tumori) sono fattori favorenti. Nella donna dopo la menopausa vanno annoverate anche la carenza di estroge-ni, il prolasso vescicale (cistocele) con presenza di residuo post-minzionale e l’incontinenza urinaria. Inoltre anche il declino cognitivo e l’incontinenza urinaria e fecale sono stati associati a maggiore rischio di batteriuria.(3) Nei pazienti ospedalizzati o ricoverati nelle residenze sanitarie assistenziali rive-stono un ruolo importante anche i fattori igienici ambientali: l’eventuale contami-nazione degli ambienti e dei dispositivi sanitari utilizzati nella struttura di degenza (padelle, pappagalli), la scarsa attenzio-ne nei confronti dell’igiene personale dei

malati non autosufficienti e la non corret-ta gestione del catetere vescicale sono un’importante fonte di contaminazione da parte di germi uropatogeni. Allo stesso modo anche le mani degli operatori sanitari possono essere un vet-tore per la trasmissione di patogeni mul-tiresistenti agli antibiotici nelle strutture nosocomiali.(4) Gli anziani affetti da patologie croniche con gravi limitazioni nell’autonomia fun-zionale, frequentemente allettati e spesso portatori di cateteri vescicali o dispositivi per nutrizione parenterale o per infusioni endovenose, sono una popolazione alta-mente esposta al rischio di contrarre infe-zioni urinarie.

In particolare, la presenza del catetere vescicale costituisce uno dei più impor-tanti fattori di rischio per insorgenza e mantenimento delle infezioni urinarie. In questi pazienti, nonostante E. coli con-tinui ad essere il microrganismo di più frequente isolamento, si riscontrano an-che altre specie batteriche con frequenza maggiore rispetto alla popolazione gene-rale, come Proteus mirabilis, Klebsiella pneumoniae, Citrobacter spp., Serratia spp., Providencia spp., Morganella mor-ganii, Stafilococchi coagulasi-negativi (CNS), Streptococchi di gruppo B, Ente-rococcus spp., Pseudomonas aerugino-sa e, occasionalmente, Candida spp...

Condizioni predisponenti all’insorgenza delle infezioni delle vie urinarie nell’anziano

Patologie neurologiche Malattie cerebrovascolari, decadimento cognitivo e M. di Alzheimer, M. di Parkinson

Patologie dell’apparato urinarioProstatite cronica, ipertrofia prostatica, cistocele, incontinenza urinaria, patologia ostruttiva (stenosi uretrali, neoplasie, urolitiasi), qualsiasi condizione determinante ritenzione urinaria cronica con alterato residuo post-minzionale, calcoli vescicali

Presenza di corpi estraneiCateterismo endovescicale

Patologie metabolicheDiabete mellito

Carenza di estrogeni Nella donna in età post-menopausa

Altre Incontinenza fecale

Fattori legati all’ambienteCarenza di igiene negli ambienti e nelle procedure (contaminazione di pappagalli, padelle ecc.), trasmissione di germi attraverso le mani degli operatori sanitari

Tabella 1. Condizioni predisponenti all’insorgenza delle infezioni urinarie nell’anziano

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MODULO 4 IVU NELLA TERZA ETÀ E NEL PAZIENTE COMPLICATO

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Con l’avanzare dell’età si verificano modi-ficazioni anatomiche e funzionali a carico di tutti gli organi ed apparati associate ad una lenta ma continua perdita della riserva funzionale e maggiore difficoltà al mantenimento dell’omeostasi generale. Questa situazione è particolarmente evi-dente negli anziani affetti da molte pato-logie e sottoposti a diversi tipi di terapie farmacologiche croniche. Queste modificazioni rendono ragione della differente risposta dell’organismo alle infezioni, relativamente alla predispo-sizione e al decorso più severo che pos-sono assumere. Spesso le reazioni fisiolo-giche alle infezioni sono molto attenuate rispetto alla norma con scarsità di segni e sintomi tipici (assenza di febbre o di leucocitosi). Inoltre le modificazioni anato-mico-funzionali tipiche dell’età avanzata, interessando diversi organi ed apparati, possono alterare il profilo farmacocineti-co degli antibiotici con differente risposta alla terapia.Per queste ragioni l’approc-cio diagnostico alle infezioni dell’anziano è spesso difficile la diagnosi può essere posta tardivamente comportando un ritar-do nell’inizio della terapia antibiotica.

In questi pazienti invece è opportuno ef-fettuare prontamente la diagnosi ed im-postare con tempestività un trattamento adeguato, in quanto un ritardo o un’errata scelta terapeutica possono avere un im-patto significativo sull’esito della malattia. Particolarmente temibile in questi pazienti è lo sviluppo di urosepsi, il cui trattamen-to deve essere tempestivo a causa del più alto rischio di complicanze e del più elevato tasso di mortalità.(5) Un proble-ma aggiuntivo è dato dalla non corretta assunzione della terapia prescritta. In al-cune situazioni l’assunzione di antibiotici per via orale a domicilio può essere dif-ficoltosa a causa di alcune condizioni le-gate all'età avanzata come la presenza di comorbidità, particolari situazioni psico-logiche, familiari, sociali ed economiche. Infatti non è rara la tendenza alla autopre-scrizione e l’inadeguata osservanza dei regimi di terapia.(2) La bassa aderenza alla terapia causa la persistenza dell’infezione con frequen-te necessità di ricovero in ospedale, ma soprattutto può comportare la possibile emergenza di ceppi batterici resistenti.

Infezioni legate all’uso del catetere endovescicale

Le infezioni urinarie sono storicamente le più frequenti patologie infettive riscontrate negli ospedali e nelle strutture residenziali per anziani. Il 40% delle infezioni nosoco-miali origina dall’apparato urinario e circa il 70% - 80% di queste infezioni è attribu-ibile al cateterismo a permanenza.(6) L’u-tilizzo del catetere vescicale rappresenta uno dei più importanti fattori di rischio per l’insorgenza delle IVU, indipendentemen-te dal sesso, dall’età del paziente e dal tipo di catetere utilizzato.(7) La durata della cateterizzazione è il fattore più importante da considerare. Mentre il cateterismo singolo si associa ad una mo-desta percentuale di batteriuria (1-5%), si è osservato che aumentando i tempi di permanenza a 7 gg la percentuale sale al 50% e aumenta progressivamente fino a raggiungere il 100% nei cateteri posizio-nati da più di 30 gg.

Inoltre mentre in caso di cateterismo a breve termine in genere si isola un sin-golo patogeno, nella cateterizzazione prolungata si riscontra spesso una flora plurimicrobica.

Nel 50% dei pazienti portatori di catete-re vescicale per oltre 7-10 gg si riscontra una batteriuria asintomatica: questa per-centuale aumenta del 5% per ogni giorno ulteriore di cateterizzazione e circa il 30% di questi pazienti svilupperà in seguito i sintomi dell’infezione urinaria.(8)

La penetrazione batterica in vescica può avvvenire fin dal momento del posiziona-mento del catetere, quando i microrgani-smi presenti nella porzione più distale del tubo ascendono lungo la sua superficie raggiungendo e colonizzando la mucosa vescicale.(9)

Meno frequentemente i batteri possono refluire dalla sacca di raccolta oppure possono proliferare nel residuo vescicale che si raccoglie in conseguenza dell’in-completo svuotamento della vescica. Un altro fattore di rischio molto importante per la contaminazione batterica è rappresen-tato dalle continue manipolazioni cui il ca-tetere è sottoposto da parte del personale sanitario.(10)

I germi patogeni possono raggiungere la vescica:- per via intraluminale (all’interno del ca-tetere) - per via extraluminale (tra il catetere e la parete uretrale)

I microrganismi possono avere origine endogena o esogena. Le infezioni extra-luminali sono le più frequenti, particolar-mente nel sesso femminile per le peculiari caratteristiche anatomiche della donna (brevità dell’uretra e vicinanza degli orifizi anale e uretrale). Questo tipo di infezioni endogene sono sostenute tipicamente da Gram negativi come E. coli. Le infezioni di origine esogena sono meno frequenti e si verificano in seguito al trasporto diretto dei patogeni in vescica e al danno meccani-co dell’urotelio. I germi responsabili sono soprattutto Stafilococchi o Pseudomonas aeruginosa e spesso la contaminazione avviene a partire dall’ambiente esterno o dalle mani del personale di assistenza.Dal punto di vista eziologico, l’infezione associata a breve permanenza del ca-tetere (< 30 giorni) è solitamente mono-microbica ed E. coli è l’uropatogeno più frequentemente isolato, con una preva-lenza del 56% seguito da altri microrga-nismi come Proteus (14,6%) e Klebsiella (13,9%).(11) I miceti, generalmente Candida spp, si isolano nel 3%-32% dei casi.(10) Nei pazienti portatori cronici di catetere endovescicale, invece, si riscontra molto spesso una batteriuria polimicrobica (nel 77% dei casi). Inoltre, nei pazienti porta-tori di catetere a permanenza si osser-vano spontanei cambiamenti nel tempo della composizione delle diverse specie batteriche, anche in assenza di terapia antibiotica.I germi più comunemente isolati nei pa-zienti con cateterismo vescicale cronico sono: Escherichia coli (dal 18 al 35% dei casi), Proteus (dal 10 al 60%), Providen-cia (dal 24 al 60%), Enterococcus (dal 6 al 20%) e Enterobacter (nel 9% dei casi), Pseudomonas aeruginosa e Morganella morganii.(12) I microrganismi del genere Providencia, appartenenti alla Famiglia Enterobacteria-ceae, comprendono diverse specie quali ad esempio Providencia rettgeri e Provi-dencia stuartii; quest’ultima specie è stata

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UNANNOINSIEME

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associata in modo specifico alle IVU che si verificano in strutture di lungo-degenza nei pazienti portatori cronici di catetere endovescicale. Verosimilmente la tra-smissione dei microrganismi del genere Providencia in questi contesti avviene per contaminazione ambientale o attraverso le mani del personale sanitario.(13)

L’elemento patogenetico più importante che favorisce l’insorgenza e il manteni-mento delle infezioni da catetere è la for-mazione del biofilm batterico: si tratta di una comunità di microrganismi racchiusi in una matrice polisaccaridica, prodotta dai batteri stessi e aderente in modo irre-versibile ad una superficie inerte o vivente all’interfaccia con una fase liquida.(14) Tutte le infezioni batteriche associate a di-spositivi medici impiantabili sono dovute alla presenza di biofilm. Si possono formare sui cateteri introdotti nelle vie urinarie (catetere vescicale, ca-teteri e stent ureterali e nefrostomie) e sui calcoli urinari, la cui superficie irregolare costituisce un buon substrato per la cre-scita e formazione delle colonie batteri-che. La formazione del biofilm interessa pre-valentemente la superficie esterna del dispositivo e avviene secondo alcune tappe: subito dopo il posizionamento del catetere si assiste alla deposizione lun-

go la sua superficie di materiale proteico (proteina di Tamm-Horsfall) e sali urinari. Questa matrice, unitamente al materia-le stesso di cui è costituito il catetere e ad alcuni siti di adesione esposti dopo il traumatismo sulla mucosa, costituiscono un punto di attacco per i batteri. Dopo l’a-desione i microrganismi producono mu-copolisaccaridi e iniziano a moltiplicarsi organizzandosi in colonie e dando origine al biofilm maturo entro 2 settimane.Le cellule batteriche che costituiscono il biofilm presentano queste caratteristiche:- sono adese in maniera irreversibile ad un substrato - sono immerse in una matrice polisaccari-dica extracellulare di derivazione cellulare- presentano un fenotipo “mutato” (per ri-dotta velocità di crescita e per la particola-re regolazione genica) - sono protette dalla risposta dell’ospite, dall’azione di agenti antimicrobici e da condizioni ambientali sfavorevoli.

Si ipotizza che la formazione di biofilm possa rappresentare una strategia dei batteri per la sopravvivenza ad ambienti poco favorevoli. All’interno gli organismi appaiono ben protetti dal flusso mecca-nico delle urine, dagli altri meccanismi di difesa dell’ospite e dagli antibiotici, stabi-lendo in tal modo delle infezioni persisten-ti croniche.

Inoltre all’interno delle colonie batteriche i microrganismi interagiscono chimicamen-te tra loro mediando l’espressione genica in funzione della densità di popolazione: esprimono quindi un differente fenotipo ri-spetto ai batteri che si trovano liberi nell’u-rina, mostrando una crescita più lenta ed esprimendo geni che li proteggono dall’a-zione antibiotica, modificando la parete di rivestimento o i processi metabolici.(10)

Questi patogeni pongono problemi te-rapeutici perché risultano più resistenti sia nei confronti delle difese immunitarie dell’ospite che delle molecole antibioti-che. Quest’ultimo fenomeno è legato sia alla più rapida selezione di antibiotico-re-sistenza, sia alla funzione di scudo eser-citata dalla matrice (le colonie batteriche del biofilm sono naturalmente protette contro l’azione degli antibiotici che non riescono a penetrare in profondità).(15)

Appare evidente come dal punto di vista terapeutico sia importante l’uso di mole-cole antibiotiche capaci di penetrare nello spessore del biofilm, superando la matri-ce extracellulare e agendo direttamente sulla membrana della cellula batterica. La prevenzione delle infezioni associate al catetere si basa sull’adozione di prov-vedimenti di tipo igienico come racco-mandato dal CDC (Centers for Desease Control and Prevention) di Atlanta:- utilizzare il catetere per il minor tempo possibile- limitare il ricorso al cateterismo ai casi indispensabili - considerare metodiche alternative di drenaggio delle urine - cura appropriata del catetere (l’introdu-zione e le manovre devono essere ese-guite in asepsi e utilizzando sistemi di drenaggio chiuso) - lavare le mani prima e dopo l’inserimen-to del catetere e prima e dopo lo svuo-tamento o la sostituzione della sacca di drenaggio - limitare l’uso nei soggetti a rischio di in-fezioni delle vie urinarie in particolare don-ne, anziani e soggetti immunodepressi- evitare accertamenti microbiologici del-le urine in assenza di sintomi in quanto il trattamento della batteriuria asintomatica non è indicato se non in previsione di un intervento chirurgico e di una manovra strumentale invasiva

Immagine 1. Tappe di formazione del biofilm

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MODULO 4 IVU NELLA TERZA ETÀ E NEL PAZIENTE COMPLICATO

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Infezioni complicate delle vie urinarie

Le infezioni delle vie urinarie complicate rappresentano un importante problema sanitario, in quanto costituiscono il 40% delle infezioni acquisite in ospedale deter-minando un maggiore rischio di fallimento terapeutico, un aumento della mortalità e una spesa aggiuntiva correlata alla mag-giore durata dell’ospedalizzazione.(16)

Queste infezioni si associano sempre a fattori di rischio, i più frequenti dei quali sono rappresentati da anomalie anatomi-co-funzionali del tratto urinario e patologie concomitanti tali da diminuire i sistemi di difesa dell’organismo.

Le infezioni urinarie sono definite “compli-cate” quando si presentano:

1. In pazienti affetti da anomalie struttu-rali o funzionali delle vie urinarie tali da predisporre la comparsa e il manteni-mento dell’infezione per alterazione dei fisiologia del flusso urinario: ‐ uropatie ostruttive, congenite o acquisi-te, causate spesso da ipertrofia prostati-ca, nefrolitiasi, patologie fibrotiche o neo-plasie genito-urinarie‐ ritenzione urinaria dovuta a disturbi neu-rologici (vescica neurogenica)‐ reflusso vescico-ureterale

2. In pazienti portatori di corpi estranei nelle vie urinarie che favoriscono il man-tenersi dell’infezione grazie alla formazio-ne di colonie batteriche adese ai corpi estranei stessi tramite la formazione di un biofilm: cateteri vescicali, stent ureterali, fili di sutura per interventi sul tratto urinario

3. In pazienti portatori di patologie im-munitarie o metaboliche tali da dimi-nuire i meccanismi di difesa contro le infezioni (diabete, immunodepressione, insufficienza renale cronica, esiti di chemio e radioterapia, obesità, grandi anziani).

L’ampia varietà di condizioni sottostanti rende questo gruppo di pazienti notevol-mente eterogeneo. Pertanto non è semplice trovare un ap-proccio universale alla valutazione e al trattamento di queste condizioni, sebbe-ne esistano principi generali di gestione che possono essere applicati alla mag-

gior parte dei pazienti. Possiamo distin-guere: - pazienti in cui i fattori predispondenti o complicanti potrebbero essere eliminati dalla terapia (per esempio l'estrazione di un calcolo o la rimozione di un catetere a permanenza) - pazienti in cui i fattori predispondenti o complicanti non possono essere o non vengono rimossi in modo soddisfacente durante la terapia (per esempio un cate-tere permanente, litiasi residua non tratta-bile o una vescica neurologica).

Dal punto di vista eziologico in ambito nosocomiale, o nelle infezioni complicate, l’incidenza di infezioni sostenute da Pro-teus, Klebsiella, Enterobacter, Serratia e Pseudomonas, ma anche da Enterococ-cus faecalis e da alcune specie fungine, subisce un netto incremento, ridimensio-nando il ruolo patogeno di E. coli.(17)

Pseudmonas aeruginosa ha dimostrato di svolgere un ruolo importante nelle infe-zioni ospedaliere essendo spesso isolato nei pazienti portatori di cateteri urinari a permanenza, con patologie neurologiche (vescica neurogena, sclerosi multipla), uropatie ostruttive e si associa frequente-mente a batteriuria asintomatica.(18) Inoltre questo microrganismo sembra associato a più alta mortalità rispetto agli altri pato-geni.(19)

In presenza di calcolosi o di corpi estranei sembra invece particolarmente rilevante il ruolo degli streptococchi non gruppo D e degli stafilococchi coagulasi-negativi.

Tutti i microrganismi implicati nelle IVU complicate tendono spesso a presentare resistenza agli antibiotici, soprattutto nei pazienti sottoposti a ripetuti trattamenti, e questo predispone al rischio di risultati fallimentari. Inoltre lo spettro batterico può variare nel tempo e tra i diversi ospedali.(20)

Dal punto di vista clinico la sintomatolo-gia dipende principalmente dalla sede di infezione e può essere variamente rap-presentata da disuria, urgenza, pollachiu-ria, dolore al fianco, dolore sovrapubico o lombare e febbre, anche se in alcune situazioni i sintomi possono presentarsi in modo atipico (come nell’anziano, nel-le IVU associate a catetere e nei pazienti con vescica neurologica).

La gravità della presentazione può esse-re molto variabile: un’infezione è definita complicata sia in un caso di grave sepsi derivante da una pielonefrite acuta ostrut-tiva sia una IVU postoperatoria associata alla presenza di un catetere a permanen-za. Inoltre bisogna tenere presente che i sin-tomi lamentati a carico del basso tratto urinario possono spesso essere causati da altre malattie o trattamenti urologici, come l'iperplasia prostatica benigna, gli esiti di una chirurgia urologica o le di-sfunzioni vescicali associate a malattie neurologiche. In questi pazienti con pree-sistenti disturbi minzionali irritativi si deve sospettare una sovrapposizione batterica in caso di comparsa di persistente dolore sovrapubico o minzione imperiosa con in-continenza urinaria.

Negli anziani in terapia con salicilati o FANS la pielonefrite può presentarsi sen-za brivido e iperpiressia.

In presenza di deficit cognitivi o nei pa-zienti portatori di catetere a permanenza la sintomatologia può essere talmente ati-pica da non essere riconosciuta. A volte un decadimento delle funzioni cognitive, l’insorgenza di letargia o di uno stato con-fusionale possono essere un segno della presenza di batteriemia, stato tossico o disidratazione. In questi pazienti l’esame obiettivo deve esser molto accurato e volto alla valuta-zione dello stato generale, di un globo vescicale (spia di potenziali patologie disfunzionali o ostruttive), di patologie urologiche e ginecologiche (prolasso ge-nito-vescicale). Spesso in questi pazienti la diagnosi vie-ne posta per esclusione ipotizzando l’ori-gine urinaria della febbre quando non si riscontrano altri potenziali focolai di infe-zione. In caso di riscontro di piuria deve essere valutata anche la presenza di concomi-tante batteriuria, in quanto la presenza del catetere come corpo estraneo è in grado di infiammare la mucosa uretrale, senza che necessariamente vi sia batteriuria o infezione.(21) Su questa difficoltà diagnostica nasce la necessità di porre un’accurata diagnosi differenziale tra i vari quadri clinici.

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UNANNOINSIEME

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La diagnostica si basa in prima battuta sull’esame colturale delle urine, il quale dovrà confermare il sospetto di infezione. In secondo luogo ci si avvarrà di esami di diagnostica per immagini nel dubbio di alterazioni morfo-funzionali delle vie escretrici (ecografia, urografia, TC con e senza m.d.c.).

Una volta posta la diagnosi, bisogna im-postare un’appropriata terapia al fine di prevenire la possibilità di gravi compli-canze come ascessi renali, urosepsi e insufficienza renale, in questa categoria di pazienti particolarmente a rischio.

Per prima cosa bisogna valutare se tratta-re il paziente a domicilio o procedere con l’ospedalizzazione.

È opportuno ospedalizzare il paziente qualora si presenti con:- stato settico- pielonefrite complicata- quadro clinico instabile o problematico per patologie concomitanti- mancata risposta alle terapie con sinto-mi sistemici dopo 3 gg- grave disidratazione

La strategia terapeutica nelle IVU compli-cate dipende dalla gravità della malattia e dovrebbe includere la cura delle eventuali anomalie urologiche o, se possibile, delle altre complicazioni presenti, utilizzando un trattamento antibatterico il più possibi-le mirato ed efficace.

La scelta dell’antibiotico deve essere guidata il più possibile dalle indicazioni microbiologiche in quanto gli agenti mi-crobici implicati hanno uno spettro molto più vasto ma soprattutto si riscontra una maggiore probabilità di antibiotico-resi-stenza.

L’impostazione di una terapia empirica, in questo gruppo di pazienti particolar-mente a rischio per le ricorrenze, potreb-be portare allo sviluppo di microrganismi resistenti. Inoltre la scelta terapeutica deve tenere conto delle condizioni generali del pa-ziente, della sua funzionalità renale e delle patologie concomitanti.

Per questa ragione, qualora non si possa attendere il tempo necessario per ottene-re i risultati delle colture, è molto importan-te prendere un campione di urina prima dell'inizio della cura e la terapia antibiotica empirica in corso dovrebbe essere riva-lutata ed eventualmente modificata sulla base dei risultati dell’antibiogramma.(22) Nella tabella 2 sono elencate le opzioni

terapeutiche antibiotiche per la terapia empirica delle IVU complicate secondo la Società Italiana di Urologia. Se il trattamento empirico è necessario, i fluorochinoloni (per os o per via paren-terale) con escrezione prevalentemente renale sono solitamente raccomandati perché hanno un ampio spettro di attività antimicrobica che copre la maggior parte dei patogeni e possono raggiungere ele-vate concentrazioni tanto nelle urine che nei tessuti urogenitali. All’interno di questa classe, a parità di dosaggio terapeutico giornaliero, la ci-profloxacina RM 1000 mg ha dimostrato valori di Cmax urinaria più elevati. In alternativa si può utilizzare un’amino-penicillina associata a un inibitore delle betalattamasi, una cefalosporina di II o di III generazione o, nel caso di terapia pa-renterale, un aminoglicoside.(22)

L’utilizzo della fosfomicina e delle amino-penicilline senza inibitore delle betalatta-masi non sono raccomandati per la tera-pia delle IVU complicate.(22)

In caso di fallimento della terapia iniziale,

Antibiotici raccomandati per la terapia antibiotica iniziale

• Fluorochinolonici• Aminopenicilline con inibitore di betalattamasi• Cefalosporine di III generazione• Aminoglicosidi

Antibiotici raccomandati per la terapia antibiotica iniziale, in caso di fallimento o per casi gravi

• Fluorochinolonici (se non usati come terapia iniziale)• Ureidopenicilline (piperacillina) con inibitore di betalattamasi• Cefalosporine di III generazione• Carbapenemi• Terapia di combinazione: Aminoglicosidi + inibitori delle betalattamasi

Antibiotici non raccomandati per l’uso empirico

• Aminopenicilline (amoxacillina, ampicillina)• Trimethoprim-sulphamethossazolo (solo se è nota la sensibilità del patogeno)• Fosfomicina

Tabella 2: Opzioni terapeutiche antibiotiche per la terapia empirica delle IVU complicate (da: Linee Linee Guida SIU 2015)

LA BATTERIURIA È SIGNIFICATIVA SE SI RILEVANO

• >105 UFC/mL nella donna• >104 UFC/mL nell’uomo• >104 UFC/mL nel prelievo da catetere nel paziente asintomatico• >103 UFC/mL nel prelievo da catetere nel paziente con sintomi suggestivi di IVU• >105 UFC/mL in due urinocolture consecutive (ad almeno 24 ore l’una dall’altra) nel paziente asintomatico

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MODULO 4 IVU NELLA TERZA ETÀ E NEL PAZIENTE COMPLICATO

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o di infezione clinicamente grave, si dovrà optare per uno spettro antibiotico più am-pio, attivo anche contro Pseudomonas, come i fluorochinoloni (ciprofloxacina) nel caso in cui non siano stati utilizzati per la terapia iniziale, una acyl-aminopenicilli-na (quale la piperacillina) associata a un inibitore delle betalattamasi, una cefalo-sporina di III generazione o un carbape-nemico, con o senza associazione a un aminoglicoside.(22)

Nei casi più gravi (es. pazienti ospedaliz-zati) gli antibiotici dovranno essere som-ministrati per via parenterale. In questo caso sono ampiamente utilizzati la combi-nazione di un aminoglicoside con inibitore delle betalattamasi o un fluorochinolonico.Dopo alcuni giorni di terapia parenterale, osservato il miglioramento delle condizio-ni cliniche, si può passare alla terapia per os, eventualmente rivalutata sulla base dei risultati dell’antibiogramma.

La durata della cura è solitamente di 7-14 giorni, ma spesso conviene protrarla fino a 21 giorni, soprattutto nel caso in cui i fat-tori predisponenti non venissero comple-tamente rimossi. È indicata l’esecuzione di una valutazione microbiologica di con-trollo 5-9 giorni dopo il completamento della terapia e una successiva 4-6 setti-mane più tardi.

Negli anziani, soprattutto di età maggio-re di 80 anni, oltre all’aumento dell’inci-denza di infezioni complicate si riscontra una maggiore severità nell’espressione clinica. In questo gruppo di pazienti è indispensabile utilizzare con grande pru-denza la terapia antibiotica, per il rischio maggiore di incorrere in antibiotico-resi-stenze oltre che a un maggior rischio di possibili eventi collaterali secondari alla terapia stessa.

Prostatiti batteriche

Le prostatiti sono causate dall’infezione batterica della ghiandola prostatica, e si presentano con sintomi urinari, sessuali e dolorosi di vario grado di intensità. In base alla durata dei sintomi, la prostati-te batterica viene descritta come acuta o cronica: si parla di cronicizzazione se i sintomi persistono per almeno 3 mesi. Tale distinzione ha notevoli implicazioni

sia diagnostiche che terapeutiche.La classificazione a cui fare riferimento è quella del National Institutes of Health (NIH) in cui la prostatite batterica viene di-stinta dalla sindrome cronica dolorosa del pavimento pelvico:(23)

1. prostatite batterica acuta2. prostatite batterica cronica3. prostatite cronica o sindrome cronica dolorosa del pavimento pelvico4. prostatite infiammatoria asintomatica

Secondo questa classificazione le forme acute e croniche sono quelle in cui è stato possibile dimostrare con certezza il coin-volgimento batterico, mentre quando non è rilevata infezione si parla di sindrome dolorosa del pavimento pelvico. I patogeni maggiormente responsabili delle prostatiti batteriche acute sono E. coli, Klebsiella, Proteus mirabilis, Entero-coccus faecalis, Pseudomonas aerugino-sa, mentre nella prostatite batterica cro-nica (CBP), lo spettro delle specie è più ampio e può comprendere microrganismi atipici e batteri Gram positivi.(24) Nei pa-zienti con immunodeficienza o infezione da HIV, si possono riscontrare patogeni come M. tuberculosis, Candida ed altri agenti microrganismi rari, come Cocci-dioides immitis, Blastomyces dermatitidis e Histoplasma capsulatum. Inoltre molti lavori attestano la possibile eziologia da parte di batteri intracellulari, ad esempio Chlamydia trachomatis, Ureaplasma ure-alyticum o Mycoplasma hominis.(25)

Clinicamente la prostatite batterica acuta si presenta con sintomi minzionali come pollachiuria, stranguria, tenesmo vesci-cale e dolore scarsamente localizzato a livello con ipogastrico, inguinale, lom-

bare, perineale e testicolare. Può essere accompagnato da febbre e malessere generale. La prostatite batterica croni-ca è caratterizzata da sintomi dolorosi non necessariamente accompagnati da sintomi irritativi delle basse vie urinarie.La diagnosi si basa sull’esame obiettivo compreso di esplorazione rettale dove si valutano le dimensioni, la compattezza e la consistenza della prostata e l'eventuale presenza di dolore causato dal contatto o dalla pressione del dito sulla ghiando-la. La prostata può presentarsi congesta, soffice e molto dolente alla palpazione. Inoltre deve essere ricercata l'eventuale presenza di zone dolenti in regione ipo-gastrica, perineale, testicolare o uno stato di spasticità dei muscoli perineali. La diagnostica di primo livello che può supportare l’ipotesi della prostatite acu-ta batterica può iniziare con un dipstick

- Levofloxacina 500 mg ogni 12/24 ore- Co-Trimossazolo 160/800 1 cpr x 2 al dì per 2-4 settimaneNote: Non attivo contro Pseudomonas, enterococchi e alcune enterobacteriacee.

In caso di allergia/intolleranza oppure di pregressi trattamenti (3 mesi) con fluorchinoloni: - Amoxicillina-Acido Clavulanico 1 gr 1 cpr x 3 al dì per 2-4 settimane

Tabella 3. Schema di trattamento empirico in attesa di conferma microbiologica per le prostatiti batteriche acute

Prostatiti croniche batteriche da germi comuni:Levofloxacina 500 mg 1 cpr ogni 12 ore per 4-6 settimaneCiprofloxacina 750 mg 1 cpr ogni 12 ore per 4-6 settimaneoppureLevofloxacina 500 mg 1 cpr al dì per 4-6 settimane

Prostatiti croniche batteriche da germi atipici (Chlamydia trachomatis e micoplasmi):Azitromicina 500 mg 1 cpr al dì oppure Doxiciclina 100 mg 1 cpr x 2 al dì per 14 giorni

Tabella 4. Schema di trattamento empirico per prostatiti batteriche croniche

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UNANNOINSIEME

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urinario al fine di ricercare nitriti o leuco-citi, anche se non sempre nella prostatite acuta batterica c’è un coinvolgimento del-le basse vie urinarie e pertanto il risultato può essere negativo. La diagnostica definitiva è microbiologi-ca e si basa sull’esame delle urine con urocoltura e sull’esame microscopico dei materiali biologici ottenuti dal test di Meares-Stamey. Questo test richiede di raccogliere 3 campioni separati che con-tengono un primo getto di urina, un getto intermedio e un campione di urina ottenu-to dopo aver massaggiato la prostata.(26)

Tale test, seppur non molto diffuso nella pratica urologica, riveste un ruolo impor-tante, sia nella diagnostica e caratterizza-zione della malattia che nella valutazione

della risposta terapeutica. Nei pazienti con prostatite batterica cronica (CBP) bisogna eseguire una valutazione micro-biologica per ricercare patogeni atipici come la Chlamydia o Mycoplasma. La te-rapia, deve essere impostata con la som-ministrazione di antibiotici mirati in base ai dati microbiologici. L’impostazione di un’adeguata strategia terapeutica è molto importante in quanto una prostatite grave può comportare conseguenze importanti, tra cui l’infertilità. Nella maggior parte dei casi il trattamento domiciliare è sufficien-te. In caso di manifestazioni sistemiche come febbre, malessere, grave astenia, può essere presa in considerazione l’o-spedalizzazione con trattamento antibio-tico endovenoso.

In caso di forte sospetto di prostatite bat-terica, in attesa della conferma microbio-logica, è possibile prescrivere una terapia empirica.(27)

La scelta della molecola antibiotica si do-vrà basare sulla conoscenza dei patoge-ni maggiormente frequenti nelle prostatiti acute e delle percentuali di resistenza della zona. Bisognerà inoltre tenere conto della comorbidità, delle allergie e dell’e-ventuale trattamento farmacologico in atto o pregresso.I fluorochinolonici sono raccomandati come prima scelta terapeutica nel tratta-mento empirico in quanto:(22,23) - possiedono favorevoli caratteristiche far-macocinetiche- hanno generalmente un buon profilo di

Antibiotico Vantaggi Svantaggi Raccomandazione

Fluorochinoloni

• Favorevole farmacocinetica• Buona penetrazione nel tessuto prostatico• Buona biodisponibilità• Uguale farmacocinetica nella via orale e parenterale• Buono spettro di attività contro patogeni tipici e atipici e Pseudomonas aeruginosa• In generale, buon profilo di sicurezza

• Interazioni farmacologiche• Fototossicità• Eventi avversi sul SNC

Raccomandato

Trimetoprim

• Buona penetrazione

nel tessuto prostatico

• Somministrazione orale o parenterale

• Attivo contro i patogeni più rilevanti

• Relativamente economico

Nessuna attività su Pseudomonas,

alcuni enterococchi ed alcuni

enterobatteri

Da considerare

Tetracicline

• Economiche

• Disponibili in forma orale e parenterale

• Buona attività contro Clamydia

e Mycoplasma

• Nessuna attività su Pseudomonas

• Scarsa attività su Stafilococchi

coagulasi-negativi, E. Coli,

altri enterobatteri ed enterococchi

• Rischio di sensibilizzazione cutanea

• Controindicato in pazienti

con insufficienza renale ed epatica

Riservato a

specifiche indicazioni

Macrolidi

• Ragionevolmente attivo contro

batteri Gram positivi

• Buona penetrazione

nel tessuto prostatico

• Attivo contro Clamydia

• Scarsa tossicità

• Dati di supporto minimi

negli studi clinici

• Scarsa attività su batteri Gram negativi

Riservato a

specifiche indicazioni

Tab. 5: Antibiotici utilizzati nelle terapie delle prostatiti batteriche croniche

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MODULO 4 IVU NELLA TERZA ETÀ E NEL PAZIENTE COMPLICATO

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sicurezza- mostrano attività antibatterica contro i Gram negativi, ma anche Pseudomonas aeruginosa e Clamydia trachomatis- sono in grado di penetrare efficacemen-te nel tessuto prostatico.In alternativa si può utilizzare trimeto-prim-sulfometossazolo. In casi specifici, come allergia o intolleranza oppure pre-gressi trattamenti con fluorochinoloni si può anche scegliere amoxicillina-acido clavulanico. La terapia deve essere pro-

tratta per almeno 15 gg. In caso in cui si sospetti un’infezione da patogeni intracellulari, responsabili gene-ralmente di infezioni persistenti, si possono utilizzare cefalosporine o macrolidi (ceftria-xone o gentamicina). Quando i sintomi persistano per un periodo superiore a 3 mesi si parla di prostatite batterica cronica, che rappresenta la più frequente causa di infezioni urinarie ricorrenti nell’uomo ed è responsabile di una riduzione importante della qualità di vita. In questi casi viene

raccomandato un periodo totale di tratta-mento di 4-6 settimane utilizzando sempre i fluorochinoloni come prima scelta.Ottenuta la risoluzione del quadro clini-co è comunque indispensabile una va-lutazione microbiologica a distanza. Nel caso di persistenza della sintomatologia oppure di una nuova recidiva, si rende necessaria una nuova valutazione micro-biologica con test di Meares-Stamey e l’impostazione di un trattamento antibioti-co mirato sull’antibiogramma.

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UNANNOINSIEME

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Questionario ECM

Per ottenere i crediti ECM il questionario dovrà essere compilato direttamente sul sito www.unannoinsieme.it

dopo aver visionato i moduli formativi obbligatori

Cosa si intende per classificazione ORENUC? • La classificazione dei fattori di rischio per le infezioni urinarie, suddiviso in 6 gruppi • Il giudizio sulla severità dell’episodio infettivo • La classificazione degli antibiotici di prima scelta per il trattamento della pielonefrite • Nessuno dei precedenti

Lo scopo dell’esame colturale dell’urina consiste nel:• rilevare l’agente eziologico di un’infezione delle vie urinarie• misurare la sua concentrazione nelle urine• identificare la suscettibilità del patogeno alla terapia antibiotica (antibiogramma)• tutte le risposte

Qual è la definizione di IVU acuta?• Un episodio di cistite acuta in assenza di febbre e altre complicazioni• Un episodio di IVU singolo, limitato nel tempo, non ricorrente, causato da germi non ospedalieri• Il verificarsi di 3 o più episodi di IVU nell’arco di 12 mesi• Un episodio singolo di infezione limitato al basso tratto urinario

Quando si può definire un’infezione di tipo “non complicato”?• Quando non coinvolge il parenchima renale• Quando non è ricorrente• Quando si presenta nel paziente con vie urinarie strutturalmente e funzionalmente integre• Quando è asintomatica

Cosa si intende per reinfezione?• Quando all’esame colturale si rileva un nuovo microrganismo che si sovrappone al precedente che non era stato eradicato• Quando l’infezione si manifesta per la prima volta o almeno a distanza di 6 mesi dall’episodio precedente• Una recidiva dell’infezione causata da un microrganismo differente dall’episodio precedente• Una recidiva dell’infezione sostenuta dallo stesso microrganismo proveniente da un focolaio persistente nelle vie urinarie

Attraverso quale via i microrganismi infettano le vie urinarie con maggiore frequenza?• Ascendente• Linfatica• Ematogena• Discendente

Quale dei seguenti fattori possono predisporre maggiormente un individuo alla comparsa di IVU?• Immunodeficienze• Vescica neurologica• Uropatie ostruttive• Tutte le risposte

Quale delle seguenti affermazioni è errata?• Il microrganismo più frequentemente riscontrato in oltre la metà delle infezioni non complicate è Escherichia coli• Le infezioni non complicate sono sostenute nella maggior parte dei casi da microrganismi provenienti dal serbatoio fecale o dai tessuti periuretrali • La percentuale di isolamento di Escherichia coli nelle forme complicate è pari al 75-90%• Proteus mirabilis, Enterococcus faecalis, Staphilococcus saprofiticus e Klebsiella sono riscontrati in circa il 15% delle IVU non complicate.

I fattori di virulenza batterici:• non determinano la resistenza dei batteri al riconoscimento da parte delle cellule immunitarie• sono esclusivi dei batteri uropatogeni• sono un insieme di fattori grazie ai quali i germi riescono a superare le difese dell’organismo• non sono in grado di facilitare l’adesione tra recettori cellulari e superficie batterica

Quale dei seguenti fattori di virulenza non appartiene a E. coli?• Produzione di ureasi• Flagelli• Fimbrie di tipo I• Produzione di emolisina

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QUESTIONARIO 22,5 CREDITI ECM

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Quale dei seguenti è un meccanismo di difesa dell’organismo in grado di inibire la colonizzazione da parte degli uropatogeni?• Azione lavante del flusso urinario durante la minzione• L’assenza della Proteina di Tamm-Horsfall • Il ristagno prolungato di urina in vescica• Il pH alcalino dell’urina

L’adesività batterica:• non permette al patogeno di aderire agli epiteli del tratto urinario• è la conseguenza dell’interazione specifica tra strutture proteiche superficiali del microorganismo (le adesine), localizzate alle estremità distali dei filamenti (fimbrie o pili), con specifici recettori presenti sulle cellule uroteliali • non consente l’invasione della sottomucosa• è un fattore di difesa dell’organismo nei confronti degli Enterobatteri

Le infezioni urinarie nei bambini si riscontrano maggiormente:• nel sesso femminile, dalla nascita fino all’adolescenza• nei maschietti dall’età di 6 anni in su• nei primi tre mesi di vita si riscontrano maggiormente nel sesso maschile, con un’incidenza del 7% per i maschi e del 2.8% nelle femmine• non vi è differenza di sesso per quanto riguarda l’incidenza delle infezioni urinarie nei bambini

Quali sono i microrganismi maggiormente isolati nelle colture urinarie nei bambini?• Pseudomonas aeruginosa, Staphylococcus e Streptococcus del gruppo B• Staphylococcus saprophyticus e Staphylococcus aerus• Gram negativi come Klebsiella e Proteus• Gram negativi della famiglia delle Enterobacteriaceae, soprattutto Escherichia coli, seguiti da Klebsiella, Proteus ed Enterobacter

Quale dei seguenti sintomi non è tipico di un episodio di cistite acuta non complicata?• Febbre• Disuria• Pollachiuria• Macroematuria

Quali sono le più comuni malformazioni urinarie in grado di determinare un’alterazione al regolare deflusso delle urine?• Valvole uretrali e stenosi del giunto uretero-pelvico• Rene a ferro di cavallo• Rene policistico• Ipoplasia renale bilaterale

Quale dei seguenti fattori possono predisporre a contrarre frequentemente infezioni urinarie nei bambini?• Malformazioni dei reni e delle vie urinarie

• Disturbi dello svuotamento vescicale causati da patologie neurologiche• Deficit immunitari• Tutte le risposte

Quali sono i periodi della vita a maggior rischio di IVU nella donna?• Gravidanza • Menopausa• Inizio dell’attività sessuale• Tutte le risposte

Il reflusso vescico-ureterale:• è molto raro in età pediatrica• è caratterizzato dall’anomala risalita di urina dalla vescica all'uretere ed alla pelvi renale a causa una difettosa chiusura della giunzione vescico-ureterale• è un meccanismo fisiologico che protegge il rene dalle alte pressioni che si generano in vescica durante la minzione• è sempre caratterizzato da notevole dilatazione di uretere, bacinetto e pelvi renale

Quale delle seguenti affermazioni è errata?• L’infezione viene più frequentemente contratta per via ascendente a seguito della contaminazione e colonizzazione del perineo e del meato uretrale da parte di batteri intestinali• Inizialmente si ha un interessamento vescicale (cistite) e successivamente può verificarsi un’eventuale diffusione ai reni• La colonizzazione delle alte vie avviene quando i germi riescono a superare i fisiologici meccanismi di antireflusso vescicale e di contenimento del reflusso entro le papille renali• La via di trasmissione batterica più frequente nei bambini di età > 3 anni è quella per via ematogena in seguito a batteriemia

Relativamente alla presentazione clinica delle infezioni urinarie nei bambini:• nel lattante si possono presentare con febbre, disturbi gastroenterici, irritabilità, anoressia, scarso accrescimento ponderale, pianto durante la minzione ed urine maleodoranti• solo il 20% dei casi di febbre senza segni di localizzazione sono espressione di un’infezione urinaria• le infezioni che interessano le vie superiori non sono quasi mai accompagnate da febbre• i segni e i sintomi di presentazione sono i medesimi a qualunque età del bambino

Quale delle seguenti affermazioni riguardanti il reflusso vescico-ureterale è corretta?• Il RVU di 5° grado interessa la porzione inferiore dell’uretere senza dilatazione• Quando è causato da una lesione primitiva dell’apparato urinario si parla di nefropatia da reflusso, che può comportare la comparsa di cicatrici con perdita del parenchima renale• È sempre secondario ad un’altra patologia a carico dell’apparato urinario o ad alterazioni funzionali della vescica• Non è un fattore di rischio per infezioni urinarie ricorrenti

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Come si valuta la gravità del quadro clinico?• Le forme lievi sono caratterizzate da assenza di febbre o febbre moderata, assenza di vomito, assenza o lieve disidratazione e adeguata aderenza al trattamento• Febbre ≥ 39°C, vomito persistente e disidratazione significativa sono forme gravi• La scarsa aderenza al trattamento identifica una situazione di maggiore gravità• Tutte le risposte

Relativamente alla terapia antibiotica, in quali casi è necessario praticarla per via endovenosa?• Nel neonato e nel bambino di età inferiore ai 2 mesi• Nel paziente emodinamicamente instabile o immunocompromesso• In caso di impossibilità nell’assunzione del farmaco per os• Tutte le risposte

In caso di IVU complicate, qualora non si possa attendere il tempo necessario per avere i risultati delle colture si può considerare l’utilizzo di una terapia empirica:• mai• si, ma è molto importante prendere un campione di urina prima dell'inizio della cura ed eventualmente modificare la terapia antibiotica empirica in corso sulla base dei risultati dell’antibiogramma• si, la terapia empirica è sempre raccomandata in quanto nelle infezioni complicate non è necessario eseguire esami colturali• si può impostare una terapia empirica utilizzando le aminopenicilline come farmaco di prima scelta

Quale delle seguenti strategie non è utile per ridurre il fenomeno dell’antibiotico-resistenza?• Scegliere la molecola antibiotica sulla base della situazione epidemiologica e dello spettro di suscettibilità dei patogeni • Somministrare sempre l’antibiotico per via parenterale ad alto dosaggio• Evitare l’impiego inappropriato di farmaci, i ritardi nel timing di inizio o la prescrizione di dosaggi insufficienti o per periodi di trattamento non adeguati• Educare il paziente scoraggiando iniziative riguardo l’assunzione di antibiotici

Quale dei seguenti antibiotici è indicato in caso di terapia per os nelle infezioni del basso tratto urinario dei bambini?• Gentamicina• Amoxicillina e acido clavulanico• Fosfomicina• Ciprofloxacina

Quale dei seguenti non è un fattore predisponente per la comparsa di cistite post-coitale?• Stitichezza• Endometriosi• Ipoestrogenismo• Ipertono del muscolo elevatore dell’ano

Per quale motivo le bambine sono più a rischio di contrarre infezioni urinarie rispetto ai maschietti coetanei?• Per fattori anatomici: la fisiologica posizione dell’uretra femminile, vicino all’orifizio anale, e la sua brevità facilitano la risalita dei batteri in vescica • Perché le bambine hanno minori difese immunitarie• Per la maggiore predisposizione al reflusso vescico-uretrale• Per la maggiore incidenza di malformazioni ostruttive

Quali tra le seguenti classi di antibiotici ha dimostrato di non alterare il microambiente vaginale?• Macrolidi• Fluorochinolonici• Fosfomicina• Inibitori delle beta lattamasi

Quale delle seguenti affermazioni è errata?• Le strisce reattive utilizzate per l’esame fisico-chimico delle urine permettono di identificare alcune sostanze che, assenti nelle urine normali, possono essere indicative della presenza di infezione• L’esterasi leucocitaria è un enzima che indica la presenza di leucociti ed è espressione di piuria• Quando non si ritrovano i nitriti nell’esame delle urine non c’è infezione in atto• Dopo la terapia empirica si pone indicazione all’esecuzione dell’esame chimico-fisico dell’urina ed urinocoltura nelle donne i cui sintomi non si risolvono alla fine del trattamento o in cui si ripresentano entro due settimane

La pielonefrite:• è un episodio infettivo a carico del basso tratto urinario• è tipicamente causata da batteri Gram positivi• è quasi sempre provocata da microrganismi che raggiungono il rene per via ematogena• è un’infezione a carico del parenchima e della pelvi renale, acuta o cronica, in assenza di anomalie o patologie urologiche note

La leaky gut syndrome:• non ha dimostrato alcuna associazione con le infezioni urinarie ricorrenti• è una condizione caratterizzata da impermeabilità intestinale alle tossine e ai batteri• viene anche chiamata “sindrome dell’intestino poroso”• non determina infiammazione o stress ossidativo a livello della parete intestinale

Quale delle seguenti affermazioni riguardanti la pielonefrite è errata?• La pielonefrite cronica può essere caratterizzata da un quadro clinico talmente atipico e sfumato da essere misconosciuta• I sintomi locali peculiari della pielonefrite acuta sono rappresentati da dolore al fianco o in zona lombare con positività alla manovra di Giordano• La strategia terapeutica varia a seconda del quadro clinico ed

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QUESTIONARIO 22,5 CREDITI ECM

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alla sua gravità• La terapia deve sempre essere somministrata per via parenterale

La batteriuria asintomatica:• deve sempre essere trattata con terapia antibiotica• non deve mai essere trattata con terapia antibiotica• non deve essere trattata ad eccezione dei pazienti immunodepressi, dei pazienti in attesa di chirurgia urologica e le donne in gravi danza• non aumenta il rischio di insorgenza di pielonefrite nella donna in gravidanza

Quale delle seguenti affermazioni riguardo il biofilm è errata?• Si tratta di una comunità di microrganismi racchiusi in una matrice polisaccaridica prodotta dai batteri stessi e aderente in modo irreversibile ad una superficie inerte o vivente all’interfaccia con una fase liquida• La formazione del biofilm batterico è l’elemento patogenetico più importante che favorisce l’insorgenza e il mantenimento delle infezioni da catetere• Il biofilm non si forma su dispositivi medici impiantabili come stent e nefrostomie, né sui calcoli urinari• Tutte le infezioni batteriche associate a dispositivi medici impiantabili sono dovute alla presenza di biofilm

Quale dei seguenti antibiotici non è indicato per la terapia empirica della prostatite batterica acuta?• Ciprofloxacina• Levofloxacina• Cotrimossazolo• Fosfomicina

Quale delle seguenti affermazioni relative al paziente anziano è errata?• Si osservano modificazioni anatomiche e funzionali a carico di tutti gli organi ed apparati con lenta ma continua perdita della riserva funzionale• L’anziano presenta maggiore difficoltà al mantenimento dell’omeostasi generale che lo rende particolarmente vulnerabile ad eventi «stressanti» come le infezioni• La presenza di decadimento cognitivo non costituisce un fattore di rischio per infezione urinaria• I pazienti allettati e portatori di cateteri vescicali sono una popolazione particolarmente a rischio per IVU

L’impostazione della terapia nelle infezioni complicate:• deve tenere conto della gravità della malattia, condizioni generali del paziente, funzionalità renale e patologie concomitanti• dovrebbe includere la cura delle eventuali anomalie urologiche presenti• deve essere guidata il più possibile dalle indicazioni microbiologiche in quanto gli agenti microbici implicati hanno uno spettro molto più vasto ma soprattutto si riscontra una

maggiore probabilità di antibiotico-resistenza• tutte le risposte

Quale di questi sintomi si può riscontrare in un paziente con prostatite batterica acuta?• Tenesmo vescicale• Stranguria e pollachiuria• Dolore ipogastrico• Tutte le risposte

Quale delle seguenti affermazioni riguardo le infezioni urinarie associate all’uso del catetere vescicale è corretta?• Le infezioni di origine esogena sono le più frequenti e si verificano in seguito al trasporto diretto dei patogeni in vescica e al danno meccanico dell’urotelio• La durata della permanenza del catetere è molto importante: il cateterismo singolo si associa ad una modesta percentuale di batteriuria (1-5%), mentre aumentando i tempi di permanenza a 7 gg la percentuale sale al 50% e aumenta progressivamente fino a raggiungere il 100% nei cateteri posizionati da più di 30 gg• Le infezioni extraluminali sono le più rare, particolarmente nel sesso femminile • Il rischio infettivo legato all’uso del catetere è diverso a seconda del sesso, dell’età del paziente e del tipo di catetere utilizzato

Negli ospedali e nelle residenze sanitarie assistenziali i fattori igienici dell’ambiente circostante:• rivestono un ruolo molto importante nella trasmissione di germi uropatogeni, soprattutto le mani degli operatori sanitari• non costituiscono un fattore di rischio infettivo• sono un fattore di rischio solo nei pazienti immunodepressi o con patologie debilitanti• non costituiscono un vettore per la trasmissione di patogeni multiresistenti agli antibiotici

La diagnosi e la gestione terapeutica delle infezioni nell’anziano può essere difficile perché:• si osservano spesso reazioni fisiologiche alle infezioni molto attenuate rispetto alla norma• ci può essere scarsa aderenza alla corretta assunzione della terapia per via orale• il profilo farmacocinetico degli antibiotici può essere alterato e ciò può comportare differente risposta alla terapia• tutte le risposte

Le infezioni associate a catetere presente da meno di 30 giorni:• sono generalmente monomicrobiche ed E. coli è il patogeno più frequentemente isolato• si caratterizzano per cambiamenti spontanei nel tempo della composizione delle diverse specie batteriche, anche in assenza di terapia antibiotica• sono polimicrobiche• sono spesso associate all’isolamento di microrganismi atipici

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Le infezioni urinarie sono definite complicate quando:• si presentano in pazienti affetti da anomalie strutturali o funzionali delle vie urinarie tali da predisporre la comparsa e il mantenimento dell’infezione per alterazione della fisiologia del flusso urinario• il paziente presenta fattori predisponenti o complicanti che non possono essere rimossi in modo soddisfacente durante la terapia• si tratta di infezioni associate all’isolamento di germi intracellulari• si riscontra una batteriuria >105 UFC/mL nella donna

Le infezioni urinarie nell’uomo:• sono molto frequenti• sono soprattutto non complicate• non coinvolgono mai la prostata• sono soprattutto legate ad anomalie delle vie urinarie, cateterizzazioni e manovre strumentali urologiche

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MODULO 1 STRATEGIE DI PREVENZIONE PRIMARIA

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Come ottenere i crediti ECM

Il corso FAD è fruibile sul sito www.unannoinsieme.it.Una volta visionati i moduli formativi il discente, per ricevere i crediti ECM, dovrà compilare i questionari di valutazione e gradimento direttamente sul sito scaricare poi l’attestato ECM.

Per eventuali informazioni contattare Axenso, il provider ECM, al n. 02 36692 890

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Progetto realizzato da Axenso con il contributo incondizionato di


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