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Fratellanza Martinista n. 6 Giugno 2018 · l'ortodossia, l'unità e la continuità del nostro...

Date post: 26-Jan-2021
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Fratellanza Martinista n. 6 Giugno 2018 La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri della Fratellanza Martinista Stampato in proprio
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  • Fratellanza Martinista n. 6 Giugno 2018

    La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri della Fratellanza Martinista

    Stampato in proprio

  • FRATELLANZA MARTINISTA FRATELLANZA MARTINISTA

    n.7

    Giugno2019

    Atti del Covento

    dell’Ordine Martinista

    a Rimini

    Per contatti: http://www.fratellanzamartinista.org/

    Rimini 2019

    Atti del Convento dell’Ordine Martinista

    Argomenti di base per il Convento

    Chiunque intraprenda un cammino iniziatico, se non scopre concretamente, al di

    là delle speculazioni filosofiche, delle personali impostazioni fideistiche, usufruen-

    do degli strumenti messi a disposizione nei vademecum che utilizza correttamente,

    che l’esistenza è anche oltre la materia e come sia possibile giungere progressiva-

    mente ad una forma nuova di vita, appare evidente che ogni testo, ogni rituale indi-

    cante un metodo per riuscirci, perderebbe ogni suo valore e credibilità.

    Ipotesi di dicotomia delle manifestazioni spirituali. Necessità della corretta forma-

    zione, secondo il nostro metodo, per tentare qualsiasi prudente e consapevole inte-

    razione prevista ai livelli ipotizzati in ogni grado.

    Antropomorfizzazione della figura di Dio ed anche delle sue creazioni nei diversi

    livelli dello Spirito, è un’immagine probabilmente limitata ed arcaica ma comun-

    que normale da sempre, nel tentativo di immaginare, di comprendere ciò che forse

    si intuisce ma che è ineffabile al di fuori dal tempo e dallo spazio per noi concepi-

    bile. La corretta applicazione del nostro metodo può forse aprire la mente ed il

    cuore a differenti possibilità percettive.

    Lo Spirito pervaderebbe ogni cosa alimentandola, ma non sostituendosi, bensì

    favorendo quel completamento per noi (sia singoli, che come umanità nel suo com-

    plesso) al momento assolutamente inconoscibile ma che proprio per questo deside-

    riamo conoscere provando a prepararci in modo idoneo a superare i limiti esclusi-

    vamente sensoriali materiali (diretti ed indiretti). Rimane alla volontà umana,in

    assoluta libertà, la scelta di riunirsi armoniosamente all’emanazione divina.

  • FRATELLANZA MARTINISTA - Atti del convento dell’Ordine Martinista- Rimini 2019FRATELLANZA MARTINISTA - Atti del convento dell’Ordine Martinista- Rimini 2019

    Redazione

    Direttore Responsabile: Renato Salvadeo - via Bacchiglione 20 - 48100 Ravenna

    Codirettore scientifico:Fabrizio Fiorini

    SOMMARIOSOMMARIO

    ARTURUS-S:::I:::I:::S:::G:::M::: - ARGOMENTI VARI - pag.5

    Apis S:::I:::G:::I::: S:::G:::M::: O:::M:: D:::L:::

    SALUTO FRATERNO - pag.13

    Johannes - S:::I:::I::: - Simbolismo Martinista - pag.15

    MENKAURA - S:::I:::I::: - Un’occasione per arricchire

    il nostro percorso - pag.16

    MOSE’ - S:::I:::I::: - Il Luogo di riunione degli

    iniziati in generale e dei Martinisti in particolare - pag.20

    N-ASAR - S:::I:::I::: - L’ANTROPOMORFISMO

    “il passo successivo” - pag.24

    DIANA - S:::I::: - Il Percorso - pag.25

    OBEN - S:::I::: - Riflessioni sulle tematiche

    del Convento - pag.27

    MORGON - S:::I::: - Lo Spirito pervaderebbe ogni

    cosa alimentandola, ma non sostituendosi - pag.31

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    AKASHA - I:::I::: - Chi ha orecchi, ascolti - pag.33

    DEVI - I:::I::: - la figura di Dio ed anche delle sue

    creazioni nei diversi livelli dello Spirito - pag.39

    PROMETEUS - I:::I::: - tentativi di ricongiungimento

    con la sorgente - pag.42

  • Argomenti variARTURUS S:::I:::I:::

    S:::G:::M:::

    Prima di iniziare la dissertazione su quanto previstonell’ordine del giorno, credo sia importante ricordarea tutti noi che il nostro Ordine Martinista, tramitePapus, Dunstano Cancellieri, Alessandro Sacchi,costituisce una diretta filiazione di Louis Claude deSaint Martin; però non va obliato che anche gli inse-gnamenti e la trasmissione iniziatica di Martines dePasqually, le dottrine di Jacob Bohme, ma similmen-te, tutti i depositi delle differenti matrici iniziatiche,convergenti in quel progetto, contribuirono alla nasci-ta dell’Ordine in Francia, verso la fine dell’800. Daallora, tramite la trasmissione diretta da Maestro adallievo, proiettata a risvegliare le possibilità latenti inciascun Uomo di desiderio, ci prefiggiamo lo scopodi operare sull’individuo al fine di consentirgli di pro-vare a reintegrarsi in quelle facoltà ed in quegli statidi coscienza che sono propri d’ogni cammino inizia-tico. Per Uomo di desiderio, intendiamo colui che abbiaintuito la natura divina insita nella forma umana e chevoglia studiare le vie utili per rendere cosciente taleintuizione, intraprendendo il sentiero della reintegra-zione, liberandosi dal condizionamento e dal determi-nismo della caducità umana.Per quanto attiene alle assunzioni di responsabilitàad ogni livello, finalizzate alla realizzazione di tuttoquesto, non a caso il Gran Maestro, agendo sempreper la maggior gloria di Dio, promette e giura solen-nemente di dedicarsi agli interessi dell’Ordine, ser-vendolo con assoluta e indefettibile fedeltà; ovvia-mente, rispettando e facendo rispettare le suedottrine e i suoi Statuti, governando con pru-denza ed in fraternità, ma opponendosi contutti i mezzi a sua disposizione, ad ogni tenta-tivo di violare o travisare la Tradizione.

    Parimenti, ogni Superiore Incognito Iniziato-re promette e giura solennemente, di esserefedele, leale, al Sovrano Gran Maestro ed a

    quanto è previsto dagli statuti, dai rituali, dai vademe-cum, in uso nell'Ordine. Nel praticare sempre la Giustizia, l'Umiltà e l'Amore,ognuno di loro si impegna solennemente a difenderesempre e dovunque il Sovrano Grande Maestro, tuttii Fratelli, le Sorelle dell’Ordine Martinista, da ogniattacco ingiusto esterno o interno e contemporanea-mente, dovunque si renda necessario, di proteggerel'ortodossia, l'unità e la continuità del nostroVenerabile Ordine.Ho premesso tutto ciò per consentire di compren-

    dere come la nostra scelta di aprirci al “composito

    universo Martinista”, nonostante il proliferare di

    Ordini sedicenti Martinisti, spesso privi delle indi-

    spensabili caratteristiche di regolarità, di traccia-

    bilità delle trasmissioni, di aderenza alle

    Tradizioni condivise, non sia avvenuta a cuor leg-

    gero, soprattutto dopo gli eventi drammatici (con

    tentativi di usurpazione) vissuti dopo la morte di

    Vergilius.

    La nostra mano si è tesa (e lo è ancora) a tutti coloroche possano essere interessati ad appianare antiche opiù recenti divergenze, lasciando emergere soltantociò che sul piano Spirituale ci accomuna, affinché unasempre maggior convergenza possa nel tempo, conl’impegno ed il lungo lavoro che occorreranno, ripor-tare tutti all'unico ed originario eggregore Martinista.Tutto ciò, consapevoli di non essere gli unici a consi-derarsi Martinisti e senza alcuna volontà di autocele-brazione o presunzione di detenere la verità assoluta,ma semplicemente per l’umile senso di servizio e disolenne responsabilità verso il progetto Divino chesicuramente non capiamo ma che comunque intendia-mo servire umilmente. E’ quindi con grande piacereche posso ancora una volta informarvi dei buoni rap-porti esistenti, a livello dei Gran Maestri, tra noi e gli

    Ordini che hanno sottoscritto il protocollod’intenti nel 2016, durante la riunione con-ventuale avvenuta in Albignasego.Oltre a questi, coltiviamo e manteniamo buonie fraterni rapporti con gli Ordini che come

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  • sapete, sono allocati in altre Nazioni.

    Gli argomenti di questo Convento che sem-brerebbe svolgersi, già come previsto, in un annointensamente caratterizzato da manifestazioni diforza e di collera, sia in generale nel mondo, chenell’interiorità di ognuno, potrebbero volerci portarea meditare oltre che sull’importanza delle regole nellemolteplici evoluzioni delle situazioni, anche su alcuniquesiti che forse per alcuni sono rimasti senza rispo-ste da tanto tempo. Quindi, sarebbe auspicabile che Luce, Intuizione eComprensione ci accompagnino spiritualmente inmodo benigno.Un tema in particolare potrebbe, dovrebbe, essererivisitato ciclicamente. Si tratterebbe di capire perchéci si sia ritrovati in un percorso iniziatico come ilnostro e che cosa si stava e si sta cercando. Forse qualche risposta ce la siamo già data subito mapoi, mano a mano che si fosse riusciti a compierequalche passo, è probabile che ci sia accorti che nonera affatto esaustiva, se mai lo fosse stata. Però, con-tinuava ad esistere una sorta d’intuizione, seppur con-fusa, riguardante l’esistenza di qualche cosa oltre ciòche si percepisce sensorialmente. Il tutto rimaneva e forse ancora oggi resta avviluppatoal semplice impulso istintivo di volere qualche cosaunitamente al possesso e/o alla disponibilità di ciòche si è intuito. Magari emotivamente si sono mani-festate sensazioni più o meno forti di dolore o di pia-cere, in funzione della forza di quel desiderio, senzaescludere fantasie senza limiti conseguenti a taliimpulsi.Così, seppur etichettati come spirituali, quei desiderisi potevano e si possono confondere facilmente,senza accorgersene, con quelli più squisitamentemateriali, naturali, necessari, oppure vani. Con tale punto di vista, la mente potrebbe vagheggia-re in merito a necessità di trovare soluzioni straordi-narie per il benessere corporale, per ciò che sireputa gradevole, ma in estensione anche perla ricchezza, per la gloria, per la potenza, egiusto per non farci mancare nulla anche perl’immortalità.

    Non ci sarebbe nulla di nuovo o di straordi-nario. Sarebbero semplici impulsi esistenziali e

    quindi i desideri sarebbero la conseguenza di un pre-ciso calcolo egocentrico (non necessariamentecosciente, consapevole), non separabile da un proget-to di vita assolutamente naturale. In funzione di ciò che potremmo definire come“ricerca della personale felicità”, sarebbe contempla-ta anche un’ipotesi di continuità esistenziale, fisica,trasmissibile geneticamente. Non ci sarebbe proprio nulla da meravigliarsi nelloscoprire che si è continuamente condizionati da taleesigenza tramite l’eccitazione sessuale e che questastessa si avviluppa naturalmente assieme ad altre esi-genze primarie come quelle nutritive, in modi e conintensità rapportati alle molteplici, differenti situazio-ni.Quindi, è necessario essere ben coscienti di cosa sifaccia e soprattutto perché.Ovviamente, il personale stato dell’essere caratterizzaogni cosa. Quindi, se si considera genericamente il desideriocome una tensione verso un obiettivo, un ipoteticoslancio in ambito spirituale potrebbe configurarsicome una speranza per trasformare in realtà coscien-te, comprensibile, quanto intuito ed auspicato.Sarebbe una spinta a ricercare un procedimento checonsentirebbe di passare anche solo progressivamen-te, tramite piccoli guizzi, scintille d’intuizione, dallasituazione potenziale di partenza (spesso solo emoti-va e passiva), in quella auspicata in cui si possa averecoscienza e comprensione di una realtà concreta, nonsolo materiale. A questo punto però, è necessario aprire una piccolaparentesi sul concetto di volontà che indubitabilmen-te giocherà un ruolo determinate per consentire qual-siasi realizzazione.Siamo normalmente abituati a considerarla come una

    determinazione a fare qualche cosa con l’in-tenzione d’intraprendere una o più azioni inmodo da raggiungere vari o particolari scopi. Nella vita di tutti i giorni questa si evidenzie-rebbe nel rendere operativi, tramite parole ed

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  • azioni, quegli strumenti di cui ci si doterebbeper la realizzazione dei propri progetti di vitacomplessivi o in dettaglio. Generalmente, si collegherebbe al livello di sceltaoperativa per raggiungere un preciso obiettivo.Quindi, sarà opportuno tenere presente i condiziona-menti interni ed esterni che porterebbero a doveraggiungere a tutto ciò anche il concetto di libertà. Nel nostro percorso formativo vengono suggeritiquattordici argomenti ben strutturati in precisasequenza, proprio per meditare in merito a tutti questiconcetti, riguardo non tanto ad una generalità astrattama al complesso di ciò che si è vissuto, rapportato alprogressivo svelamento del personale stato dell’esse-re. A tal proposito, l’insistenza con cui si invitano gliAssociati ad intraprendere tali pratiche con prudenza,controllando le emozioni (il soggetto deve limitarsiad osservare e ad interrogarsi sui veri perché degliaccadimenti, senza emettere mai alcun giudizio),avendo prima acquisito una dignitosa capacità di con-trollo della concentrazione, non è mai casuale, mamirata anche a proteggere eventuali equilibri psichici,abbastanza fragili.La nostra oggettiva mancanza di libertà, come giàripetuto più volte, si manifesta concretamente anchenelle difficoltà da superare, allorché si tenti di speri-mentare una forma di concentrazione scevra da con-dizionamenti emotivi.Si potrebbe concludere che, senza desiderio, volontà,formazione, la nostra intelligenza e le nostre energie,siano normalmente poste in moto per lo più dall’im-pulso proveniente da un IO egocentrico che interagi-sce con le nostre passioni per soddisfare le esigenzedi ritorno “vantaggioso” di qualsiasi tipo ed in ognisettore delle nostre relazioni con l’esterno. Quindi, sembrerebbe proprio che normalmente ci siritrovi a vivere in modo non molto differente da quel-lo di qualsiasi animale, con buona pace del nostroorgoglio e della nostra stupida arroganza.Il metodo Martinista indica una direzione perprovare a prepararci in modo idoneo, andandocosì oltre questa condizione, aprendo i canalidella mente e del cuore, al fine di superare i

    limiti esclusivamente sensoriali, materiali(diretti ed indiretti) che impediscono il rag-giungimento di una maggiore “conoscenza”

    della Luce. Questo tipo di enunciazione implica qualche cosa dimolto importante e delicato; ovvero, che coloro iquali indicano la direzione abbiano veramente speri-mento ciò di cui dissertano. Fuori da questa condizio-ne, si ricadrebbe esclusivamente in speculazioni filo-sofiche e/o in conseguenti atti di fede che non rispec-chiano il nostro metodo. Tra l’altro, è bene ricordare come non sia affatto raroche, purtroppo, qualcuno disserti in modo manipola-torio per molteplici finalità, di cose che non conosce,aggiungendo anche tentativi di effetti speciali, tramiteimprobabili sessioni liturgiche, offerte come recuperidi antiche pratiche “magico-teurgiche”, guarda caso,per lo più inventate nei secoli scorsi per i soliti credu-loni ma sempre utili per le menti “deboli” di ognitempo.Infatti, anche in generale, al di là delle forme più omeno differenti e complesse dei molti percorsi,chiunque intraprenda un cammino iniziatico, ha odovrebbe avere come obiettivo primario, sia durantel’incedere, che al termine del viaggio, lo scoprire con-cretamente, con tutte le verifiche necessarie, assoluta-mente indispensabili, che l’esistenza è anche oltre lamateria e che è possibile giungere progressivamentecon cosciente consapevolezza ad una forma nuova divita. Non si dovrebbe inoltre dimenticare che, comesostengono i kabbalisti, sino a quando si riesce a pen-sare solo all’interno dei limiti delle dimensioni fisi-che dello spazio e del tempo, la realtà interiore rimar-rà preclusa ad ogni tentativo d’indagine.Così per qualcuno sarebbe naturale immaginare,vivere un percorso Martinista, come un’altalenare traipotesi filosofiche con forti connatazioni moralistichee continui pronunciamenti di bizzarre formule inven-

    tate da chissà chi (sia nel passato, che oggi),magari afflitto da personalità schizoide e/odedito all’assunzione di sostanze particolari,magari allucinogene.Per noi, a prescindere delle personali imposta-

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  • zioni fideistiche, usufruendo degli strumentimessi a disposizione nei vademecum (sempli-ci, scarni, privi di qualsiasi, inutile, vezzoscenografico, rituale, ma efficaci nella sostanza) chevanno utilizzati con diligente correttezza, dovrebbeessere possibile, grado dopo grado, esperienza dopoesperienza, giungere a conquistare i riscontri auspica-ti, riguardanti quella Luce che viene citata continua-mente. Appare evidente che in assenza di riscontri, sia peroggettiva inefficacia dello stesso metodo, che perincapacità di chi lo sperimenta, ogni testo, ogni ritua-le indicante un modo per riuscirci, perderebbe tutto ilsuo valore e credibilità, sia per gli stessi adepti cheabbiano fallito, che per tutti coloro a cui verrebbecomunicato un tale disastroso risultato. Per i ritorninegativi che ci coinvolgerebbero comunque, non vaquindi neppure sottovalutato ciò che accadrebbequando qualcuno “usurpasse” il nome dell’OrdineMartinista (come accennato sopra, creato solo daPapus e dai Fratelli a lui vicino; quindi, non da altri.Però è accaduto e se ne continua ad osservare il con-tinuo plagio). Se si inventano percorsi e pratiche cheben poco hanno a che fare con questa strada, ma se neutilizzano comunque i riferimenti (nome e simboli)caratterizzati da aggettivi vari per dare lustro a qual-che cosa che evidentemente non ne ha, si tratta quasisempre solo di una fantasia, nella migliore delle ipo-tesi; nella peggiore, purtroppo, anche di un pericolosocontenitore contro-iniziatico (nessuno tra noi dovreb-be mai distrarsi o scordarsi di osservarne soprattutto ifrutti). Così, ancora una volta, per ciò che ci riguarda,ci si potrebbe trovare a dover tornare a meditare sulperché il nostro Iniziatore abbia tergiversato non pocoed abbia insistito perché riformulassimo più volte lerichieste; poi forse una volta abbastanza convinto,durante la cerimonia d’accettazione si sia ripetuto nelchiederci se veramente “volevamo conoscere edattendere”. Non è difficile dedurre che si era soprat-tutto preoccupato di verificare se fosse esistitoin noi, almeno un guizzo di quella indispensa-bile volontà profonda che è indubbiamente lachiave per la messa in pratica del metodo chepotrebbe portare a soddisfare ciò che si desi-

    dera spiritualmente. Inoltre, avrà sicuramen-te valutato le predisposizioni a percepire, acapire, ad immaginare ciò che non sia solo

    materia. Poi, capite anche le motivazioni, avrà contri-buito a fissare obiettivi, tenendo conto di ciò checaratterizza l’ineludibile, profonda, diversità trauomini e donne.A tal proposito, se si desiderasse leggere anche qual-che cosa nei complessi ed affatto semplici punti divista kabbalistici, si potrebbe scoprire che da piùautori, quel tipo di volontà è frequentemente rappre-sentata in collegamento con le emanazioni luminosepiù elevate. Si tratterebbe quasi di una sintonia, di unasorta di influenza che si diffonde tramite o con ciòche si origina da quella ineffabile di Dio. Ancora unavolta, sarà opportuno prendere coscienza del fatto chedipende dalla volontà umana, in assoluta libertà, lascelta di riunirsi armoniosamente all’emanazionedivina. In merito a quest’ultima, sarà poi forse neces-sario svincolarsi da quella comoda associazione men-tale che tende ad antropomorfizzarla anche fuori dallamateria, unitamente alle sue creazioni nei diversilivelli dello Spirito, dimenticando l’impossibilità dicomprendere ciò che forse si intuisce ma che è ogget-tivamente ineffabile, al di fuori del tempo e dello spa-zio. Ad ogni modo, senza l’esercizio della volontà ela conseguente messa in pratica di quanto ci si prefig-ge, lo stesso desiderio di conoscenza tenderebbe ine-vitabilmente ad assopirsi, se non a spegnersi. Sarebbeerrato supporre che si tratti di un fenomeno poco fre-quente. E’ facile riscontrarlo ovunque anche in coloroche sono stati iniziati ma che poi per i più diversimotivi, preferiscono regredire immergendosi dinuovo nella passività interiore, nell’oscurità e nellaconfusione emotiva, tipicamente sensoriale.Parimenti, non sarà poi così strano scoprire come siafacile scordarsi anche le continue raccomandazionidel proprio Iniziatore, in merito all’ipotesi di dicoto-mia delle manifestazioni spirituali; magari non ci si

    ricorderà che se ne dovrebbe ricercare l’even-tuale contatto solo previa corretta formazioneed ovviamente, essendo Martinisti, solosecondo il nostro metodo e non con altremodalità (che non dovrebbero essere mai

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  • insegnate ai figlioletti che vogliono cammina-re sulla nostra strada). Seppur ci sia stato ripetuto che si deve osare,tentare, ci è anche stato precisato che qualsiasi pru-dente e consapevole interazione, nei livelli ipotizzatiin ogni grado, va ricercata limitandosi a come è pre-visto dalle istruzioni che abbiamo ricevuto e che sispera abbiamo ascoltato ed auspicabilmente compre-so. La corretta applicazione del nostro metodo può forseaprire la mente ed il cuore a differenti possibilità per-cettive. Sta a noi verificarlo. Al contrario, una mancanza di idonea formazione(interiore ed esteriore) ma soprattutto di corretta, dili-gente operatività, potrebbe portare ad enfatizzare inognuno solo gli aspetti controproducenti delle emana-zioni spirituali che si ipotizzano dicotomiche. Da qui la necessità di una corretta preparazione, pertentare qualsiasi, molto prudente (lo ripeto) e consa-pevole tentativo di contatto, solamente con le moda-lità previste ai livelli ipotizzati in ogni grado e quindil’esigenza di una concreta verifica di questi aspetti.Giusto per non essere equivocato in merito all’indi-spensabile operatività di base che dovrebbe impegna-re almeno per cinque o dieci minuti, quotidianamen-te, ricordo la necessità per tutti, nessuno escluso, dimantenere continuamente allenata la capacità di con-centrazione, rendendo la mente sempre più silenzio-sa. Poi, sarà opportuna la sistematica indagine inte-riore, collegata agli argomenti delle meditazioni,avendo sempre cura di attivare ed aprire prima, comeprevisto, i portali eggregorici d’accesso, nei modiconvenuti. Ho precisato volutamente il concetto dinecessità ma non di obbligo; non a caso ho utilizzatoil condizionale. Infatti, queste operazioni per noi, adifferenza di altri percorsi, non sono obblighi mascelte vere, libere, senza la messa in campo dellequali però, a prescindere dai gradi conseguiti, è inuti-le “lamentarsi” in merito alla probabile assenza dicambiamenti o di riscontri di “contatto”. A partire dal livello d’Iniziato Incognito, leoperazioni di plenilunio si aggiungono a quel-le di base, come pure le catene operative, con-dotte, sia dal proprio Iniziatore, che dal Gran

    Maestro. Inoltre, sarà bene capire che perognuno, le operazioni di contatto e di oppor-tuno dialogo con ciò che è previsto, iniziando

    da questo grado, possono svolgersi senza alcun limiteanche quotidianamente, instaurando un cosciente edefficace rapporto che vada oltre la ritualità del pleni-lunio.Per i Superiori Incogniti, le attività possono evolvereai livelli previsti, in aggiunta ma non in sostituzionedi quelle precedenti, avendo cura di organizzare beneciò che il Vademecum prevede. Si dovrebbe dare peracquisita, avendolo verificato con sé stessi, la pruden-te capacità di muoversi dal centro della croce dove siera stati collocati ritualmente, mentre ci si prepara perintraprendere le nuove, particolari, azioni operativepreviste. Queste non hanno condizionamenti o limiti nellaripetizione, se non nella qualità dello stato dell’esseredi ognuno, in relazione al contatto con le emanazionispirituali con cui si vorrebbe interagire ma che, saràopportuno non sottovalutarlo, influiscono sempresulla personale qualità dell’essenza che ci caratteriz-za. Spesso, si potrebbe immaginare una sorta di con-seguente amplificazione di ciò che interiormenteporta ognuno a pensare, a parlare ad agire in un certomodo. Così, forse, si potrà intuire perché sia necessa-rio prepararsi correttamente prima di intraprenderedeterminate esperienze. Ciò, anche se per qualcunopossa manifestarsi, nel tempo, la sensazione semprepiù forte di un contatto aperto, permanente.In sintesi, è deducibile o facile da immaginare che sesi riuscisse in qualche modo ad “intercettare” lecosiddette emanazioni divine, queste favorirebbero“automaticamente” solo l’espansione di ciò cheognuno effettivamente è; in tal modo, se non ci sifosse preparati bene, qualsiasi contatto avverrebbeinteragendo anche con tutto il proprio carico di even-tuale emotività passionale, poco luminosa e con lenaturali conseguenze nella quotidianità (spesso spia-

    cevoli, anche se non sempre immediate). A questo punto, ci si potrebbe interrogare inmerito alla possibilità di un’istintiva attrazio-ne dell’anima verso il Bene o verso il Male.Ne ho già fatto cenno in differenti occasioni,

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  • però credo sia opportuno ripetermi. Se sinotasse che non ci si orienti sempre verso ilBene, qualcuno potrebbe supporre che questoaccade perché in effetti non lo si “conosce” e non sisa proprio dove dirigersi per capirlo. Secondo tale punto di vista, il Male non sarebbe com-messo in piena libera volontà, ma per lo più, comeconseguenza dell'inconsapevole ignoranza unita allarara attivazione del rapporto con la coscienza, per cuisi potrebbe confondere il Male con il Bene, suppo-nendo addirittura (e non è affatto infrequente) chesecondo le esigenze sensoriali, quest'ultimo sia daricercare solo nei piaceri o nelle qualità esteriori. Spaziando per un istante in ambito filosofico, se siimmaginasse il Male come la condizione del nonessere, sembrerebbe doversi ritenere abbastanzascontata ed assurda l’ipotesi di scegliere di voler nonessere. Però a dire il vero non sono poi tanti quelliche si soffermano a pensarci, per cui i più continuanoa vivere nella confusione. Se accadesse più frequentemente di fermarsi a medi-tare su tutto ciò, ne potrebbe conseguire una maggio-re comprensione generale del perché solo pochisarebbero animati dal desiderio, supportati dallavolontà, in funzione dei quali si indirizzerebberocoscientemente alla ricerca della Conoscenza e dellaLuce. Diversamente, una grande massa sembrerebbe rima-nere inconsapevole di esistere, vivendo condizionatasolo dalla propria sistematica reattanza istintiva,materiale; sembrerebbe rimanere relegata, passiva, albuio, prigioniera delle proprie passioni. Così, prima di supporre di poter cercare cambiamentiper sé stessi o per qualcuno, non sarebbe male chie-dersi, se si è veramente disposti a rinunciare alle coseche proprio perché passionalmente stimolanti, inmodo più o meno cupido, hanno poi provocato oltreche piacevolezze più o meno durature anche disarmo-nia e malanni per sé e per altri. Ovvero, non sarebbeaffatto sbagliato chiedersi, a prescindere dalledichiarazioni stereotipate, magari funzionali atacitare la propria coscienza, quale sia il veromotivo che potrebbe indurci a tentare un con-tatto straordinario con qualche cosa di spiri-

    tuale. Se fosse solo per semplici, naturali,esigenze materiali non sarebbe affatto stra-no; sarebbe come potrebbe esserlo per qual-

    siasi soggetto non iniziato che abbia difficoltà più omeno importanti, a sopravvivere. Per un iniziato, lefinalità del contatto dovrebbe essere quella di riavvi-cinamento alla Luce e tutte le difficoltà del viveredovrebbero essere considerate, rapportate, a questoobiettivo il cui raggiungimento verrebbe ostacolatoproprio da quelle difficoltà. Quindi, prima di tentareun contatto, prima di formulare qualsiasi richiesta,sarà sempre utile interrogarsi sistematicamente inmodo da “ripulirsi” mentalmente, liberandosi daicondizionamenti naturali ma pesantemente materialie forse non solo da quelli.Queste considerazioni sulla libertà, sembrerebberovolerci indurre a ripensare al concetto di Spirito chepervaderebbe ogni cosa alimentandola, ma non sosti-tuendosi alla coscienza ed alla volontà dei singolisoggetti. Una tale emanazione divina parrebbe favo-rire quel completamento di esistenza nella Luce che,sia come singoli, sia come umanità nel suo comples-so, troviamo inevitabilmente inconoscibile secondo inostri schemi di spazio/tempo lineari, ma che proprioper questo desideriamo conoscere, provando a prepa-rarci in modo idoneo a superare i limiti esclusiva-mente sensoriali materiali (diretti ed indiretti). Però,come ho già accennato più volte, rimarrebbe solo allavolontà umana, in assoluta libertà, la scelta di tentarela riunione armoniosa con l’emanazione divina.Usufruendo di un punto di vista mistico, dipendereb-be soprattutto da quella volontà riuscire ad immerger-si sempre più profondamente nell’autocoscienza,tenendo comunque conto costantemente delle inevi-tabili differenze tra essere e pensiero non semprelibero, cosciente, che caratterizzano il vivere nellamateria. Tutto questo sarebbe comunque in sintonia anche conquanto enunciato in una frase del nostro piccolo

    rituale per le riunioni collettive (voluto cosìleggero e semplice, sin dai tempi di Papus): IlSole, manifestazione visibile del centro invisi-bile d'ogni vita e di qualsiasi luce, non rifiutaa nessuno i suoi astrali influssi, e ogni essere

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  • creato riceve un raggio della sostanza divina.Ciò ci potrebbe portare a riconsiderare quantopossiamo aver immaginato in merito al con-cetto di intuizione. Ovvero a quelle situazioni in cuicome per una scintilla improvvisa, la mente si “illu-mina” tramite il fluire continuo dello Spirito.Da punto di vista kabbalistico si tratterebbe di unairrorazione da parte delle “acque spirituali”, emanatedalla Sorgente Divina. Se poi a seguito di questo fatto straordinario, si insi-stesse a voler comprendere cosa contiene quella Luceimprovvisa e ci si riuscisse almeno un poco, sipotrebbe approdare all’armonia di quella conoscenzasulla quale si è insistito più volte nel chiederci se“veramente” la volevamo e quindi di “attendere”.La nostra diventerebbe oggettivamente “conoscenzamediata”, differente da quella costantemente “diret-ta”, tipica di qualsiasi cosa possiamo aver immagina-to anche in modo antropomorfico, riconducibile alleintelligenze “celesti”. Quest’ultime, sempre secondo le descrizioni misti-che, come già accennato, riguarderebbero un’ipotesidi dicotomia delle manifestazioni spirituali, collegataal dipanarsi della creazione nelle diverse funzioni. Non posso non continuare a farne cenno, perché que-ste entità sono continuamente prese in considerazio-ne, durante l’incedere per acquisire conoscenza, sianei nostri rituali, che nei vademecum, con sempremaggiore insistenza, grado dopo grado. Sugli aspetti binari di tutta la creazione, tanto è statogià scritto nei modi ipoteticamente più differenti maspesso analogici e convergenti, allorché si sia misti-camente descritta una sequenza di universi in cui loSpirito emergendo dall’increato, si sarebbe manife-stato e si manifesterebbe progressivamente emanan-dosi dal pensiero creativo, formando ogni cosa sinoalle concretizzazioni materiali.Colgo questi punti di vista, ovviamente mistici, pertentare di concludere i miei embrioni di ragionamen-to, riconducendomi ad un aspetto di noi su cuispesso sorvoliamo perdendone la piena consa-pevolezza, magari proprio perché non abbia-mo correttamente conquistato interiormentequanto dovevamo, secondo le prime istruzioni

    in grado di Associato. Sono suggerimentispesso ritenuti da qualcuno: noiosi, effimeri,se non addirittura inutili; salvo poi fallire

    sistematicamente nel tempo e magari trascinare altrinel proprio fallimento.Mi riferisco a ciò che incidiamo con la voce, a ciò chetagliamo con il soffio, a ciò che disponiamo con labocca; ovvero a ciò che pronunciamo e perché lo fac-ciamo.Ad esempio, proviamo a ricollegarci ai concetti diforza e di collera con cui ho iniziato questa disserta-zione. Potremmo interrogarci in merito alla nostraconsapevolezza riguardo al quando, al come ed alperché sonorizziamo una lettera, una parola, unafrase. Simile quesito riguarderebbe la modalità espressiva elo stesso indispensabile uso della lingua, della bocca.Infine, potremmo domandarci quali possano essereveramente le conseguenze di tutto questo.Potremo provare ad interrogarci, ma poi se nonriusciremo ad essere liberi da emozioni, da passioni,se non riusciremo a porre un tale quesito nella nostramente finalmente silenziosa, sarà molto difficile chepossiamo darci una qualche risposta “vera”.Per tale motivo, non sarebbe affatto male riuscireanche ad intuire come possa essere imprudente, osarein condizioni di stupida improvvisazione (purtroppospesso supportata dalle velleità della solita passiona-lità) d’interagire con qualsiasi emanazione delloSpirito, a maggior ragione se si supponesse di poterla“piegare” ai propri voleri. Capisco però che un simile suggerimento per molticadrà nel vuoto e che non si preoccuperanno neppuredi osservare per sé stessi, per la propria salute fisica epsichica, per quella dei propri cari, per tutte le coseche sono interagenti con loro, la qualità finale deifrutti conseguenti ai pensieri, parole, azioni, in rela-zione a quei tentativi, tutte le volte che fossero statimessi in campo; sarebbe come potrebbe fare chiun-

    que entrando in una cabina elettrica d’alta ten-sione, nell’insistere cocciutamente a volerevitare di prendere in considerazione gliavvertimenti descritti con grande evidenza, inmerito alla pericolosità della corrente e poi si

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  • mettesse a toccare, a manipolare ottusamentei collegamenti elettrici.Ad ogni modo, mi permetto di ricordare che,chiunque abbia sperimentato correttamente qualchecosa nel suo incedere, tentando di avvicinarsi allaLuce, a mio modo di vedere, può e deve indicare conamore ad altri, solamente la direzione, assieme adeventuali cartelli di pericolo. Per il resto, essendoqualsiasi verità acquisita, estremamente soggettiva,per quanto riguarda la propria, non potrà che rimane-re in un inevitabile silenzio, magari avendo ancheimparato a ridere sinceramente di sé stesso, delle pro-prie fantasie e di tutti i suoi difetti ancora innumere-voli.Buon lavoro e soprattutto buon cammino per la Vita,la Pace, la Sapienza, la Grazia, la Ricchezza, il Seme,il Regno.

    ARTURUS S:::I:::I:::S:::G:::M:::

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  • Saluto fraterno

    APISS:::I:::G:::I:::

    S:::G:::M::: O:::M:: D:::L:::

    Apis dice al Fratello Arturus ed a tutti i Fratelli e leSorelle dell’Ordine Martinista,SALUTE E PACE!

    Carissimi,nonostante la mia impossibilità ad essere fisicamentepresente nell’occasione del vostro Convento, sonoperò presente in spirito ed affido al Vostro SovranoGran Maestro la testimonianza del mio fraterno affet-to e della mia vicinanza al Vostro Venerabile Ordine.Tale testimonianza è anche rafforzata dalla presenzatra Voi dell’Illustrissimo Fratello Adam, SegretarioGenerale dell’Ordine che ho l’onore di guidare e dialtri membri dell’Ordine Martinista di Lione. Delresto la nostra è un’amicizia antica: fu nel lontano1965 che il Mio mai troppo venerato e rimpiantoMaestro Jean, figlio del grande Papus, fondatore delMartinismo moderno, si recò assieme ad una nutritarappresentanza di Fratelli e di Sorelle a Venezia doveil Vostro Ordine celebrava il proprio Convento, sotto-scrivendo assieme al Vostro Passato Gran MaestroArtephius, Ottavio Ulderico Zasio, un Trattato diamicizia che io ed il carissimo fratello Arturus abbia-mo rinnovato alcuni anni fa. Ciò che Jean edArtephius sottoscrissero è semplice: un reciprocoriconoscimento della rispettiva identità martinistanonostante le differenze, docetiche, rituali, ammini-strative ed organizzative che i due Ordini pos-sedevano e che tutt’ora posseggono. Non vi fualcun problema per il mio Maestro nel ricono-scere pienamente la qualità di Martinista a chinon ritiene che possa essere attribuita la quali-

    fica di Iniziatore alle Sorelle né vi fu proble-ma per il fratello Zasio nello stringere amici-zia con un Ordine che opera diversamente.

    Entrambi i protagonisti di quell’accordo fraterno,infatti, riconoscevano le comuni origini lineari edirette dei rispettivi Ordini da Papus ed erano consa-pevoli del fatto che negli anni si sono verificate diffe-renziazioni nel modus operandi e nell’impostazionedei diversi Ordini che sono sorti alla morte di Papus(1916) senza che tali differenziazioni apportinosostanziali alterazioni alla reale interiore natura delMartinismo. Cosa vuol dire infatti “essere martini-sti”? Vuol dire :1) Riconoscere in Louis Claude de Saint-Martin laguida, l’ispiratore ed il protettore dell’Ordine2) Riconoscere in Papus il Fondatore dell’Ordine3) Riconoscere nel Riparatore (espresso dallaFormula Pentagrammatica IOD-HE-SCHIN-VAU-HE) il Centro della Via Martinista4) Riconoscere nello strumento offertocidall’Illustrissimo Fratello Sèdir tramite le Sue“Meditazioni per ogni settimana” una chiave indi-spensabile per il Cammino verso la Reintegrazione5) Riconoscere la totale sovranità ed autonomia delMartinismo che non può né vuole, né deve esseresubordinato ad Ordini Massonici o Iniziatici di nes-sun genere; tale assioma determina la assoluta neces-sità che il Martinismo non venga contaminato o alte-rato da dottrine ad Esso estranee6) Riconoscere la indispensabilità di stimolare e pro-muovere nei fratelli e nelle sorelle dei modelli com-portamentali ispirati ad una visione etica, spiritualeed autenticamente cristiana (che è altra cosa rispettoad una visione cattolica) dell’esistenza7) Riconoscere e promuovere i principi dellaTolleranza, della Fraternità, del Rispetto edell’Amore verso tutto il Genere UmanoA tali irrinunciabili punti ci siamo ispirati io, il vostroSovrano Gran Maestro ed altri Gran Maestri di altret-

    tanti Ordini Martinisti Regolari nel sottoscri-vere la “Carta di Intenti” del MartinismoItaliano durante il Convento da me organizza-to a Padova nell’autunno del 2016.Ritengo che oggi la maggior “rivoluzione”

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  • operabile sia quella di ritornare alla purezzadel Martinismo delle Origini, alle Dottrine diSaint-Martin e dei Suoi Due Maestri:Martinez de Pasqually (che lo fu nel piano fisicoessendone l’Iniziatore) e Jacob Boheme (che lo fu nelpiano Spirituale). Noi non dobbiamo né possiamoscendere a patti con alcuna contaminazione dellaDottrina Martinista né dobbiamo tollerare “massoni-smi”, “magismi”, “senzazionalismi”, “profanismi”che con il Martinismo NULLA hanno a che fare! Pertali motivi, avendone il potere e l’autorità concessomidal Deposito e dalla Filiazione che ho ricevuto nellemie mani all’atto della mia Consacrazione a SovranoGran Maestro, ho voluto che l’Ordine che guido tor-nasse al Suo originale nome di “Ordine Martinista diLione”, come disposto dal Sovrano Gran MaestroBricaud, Mio Illustrissimo Predecessore, nel lontano1930. Ciò anche allo scopo di sottolineare le profondedifferenze esistenti tra Noi e tra coloro che sono pur-troppo usciti dall’ortodossia Martinista creando GranMaestranze “a tempo”, alterando e stravolgendo ledisposizioni emanate da Philippe Encausse all’attodella riunificazione del Martinismo in Francia, adot-tando Rituali di tipo massonico più che martinista,trasformando, in definitiva il Martinismo ad una sortadi Rito Massonico. Io sono Massone, amo e rispettola Massoneria ma ad una cosa del genere NON CISTO perché essa è contraria ai giuramenti sacri cheho pronunciato e non mi è consentito di tacere e difare finta di nulla perché in tal modo tradirei il MioMaestro e il Martinismo.Nella mia qualità di discendente ed erede di Papus,Tèder, Bricaud, Chevillon, Dupont, PhilippeEncausse, riconosco nel Vostro Venerabile Ordine ilpiù antico ed il più linearmente discendente da Papusin Italia e nel Vostro S.G.M. Arturus il Leggittimo edUNICO Successore di Gastone Ventura e SebastianoCaracciolo e questo io lo ho sbandierato ai quattroventi: in Francia ed altrove!Noi lavoreremo assieme, amatissimi fratelli esorelle, ancora per molti anni, fino a quando ilSupremo Artefice dei Mondi ed il RiparatoreSuo Unigenito Figlio, ci daranno la salute e lavita, per difendere i principi del Martinismo

    Tradizionale e per diffondere la Sua Dottrinanel mondo.Vi giunga il mio Quadruplice Fraterno

    Abbraccio davanti alle Nostre Sacre Luci.APIS

    S:::I:::G:::I:::S:::G:::M::: O:::M:: D:::L:::

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  • Simbolismo Martinista

    JOHANNESS:::I:::I:::

    Avvolto dal mantello protettore dell’Iniziato,nascosto dal segreto della maschera che cela i linea-menti del suo volto a coloro che lo attorniano, assolu-tamente impersonale, il S:::I::: che frequenta le nostreriunioni non ha più ormai che da prendere o ricevereordini solo dalla propria coscienza.Indifferente, in quanto la personalità individualizzataal cospetto dei suoi FF::: che non lo conoscono nonviene compenetrata ; studioso e solitario sotto lopseudonimo che copre la sua personalità fisica — eglipuò, senza timore del sarcasmo, del partito preso oanche di quel mal celato sentimento di vanità da cui ècosi difficile difendersi, esporre liberamente dei con-cetti o discutere di teorie.Questa maschera protettrice e isolante, insegna a chitra noi la porta a restare invisibile. Nel porgli faccia a faccia a se stesso ed alla propriacoscienza tutta la responsabilità delle sue azioni, glidà nello stesso tempo tutta la libertà di cui necessitaper agire. Noi vogliamo, per mezzo di questi simboli eterni,ricordare incessantemente allo studente che il verosapere è impersonale e sconosciuto al di fuori dellesue manifestazioni e che di conseguenza, non potràessere mai personificato da un individuo.Che il Bene, sotto qualsiasi forma lo facciamo, deverestare segreto e ignorante in quanto — sapendo inanticipo che colui che abbiamo aiutato è e resteràsempre ignorante della nostra personalità —non dobbiamo aspettarci né riconoscenza, néringraziamenti.Entità sintetizzata, noi non siamo che una cel-

    lula invisibile di questa Sintesi generale chelavora per uno scopo verso il quale noi tuttitendiamo e che, lo sappiamo, nessuno tra di

    noi raggiungerà prima di altri! Ecco il segreto dellavera Fratellanza!Invisibili e silenziosi non urtiamo alcuna suscettibili-tà ed il nostro aiuto può essere accettato dal più sag-gio, il più indipendente e il più orgoglioso senza chedebba risentirsi nella sua coscienza o nella sua vani-tà.Ecco i frutti della Fratellanza!

    JOHANNESS:::I:::I:::

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  • Un’occasione per arricchire il nostro percorso

    MENKAURAS:::I:::I:::

    Sarebbe assai bello, care Sorelle, cari Fratelli, sequesto Convento fosse in grado di rinnovare e rivita-lizzare il Nostro Venerabile Ordine, che tanto ne habisogno a causa dei tempi oscuri in cui ci troviamo.Il nostro Gran Maestro ha compiuto sforzi incredibilia tal fine e ha ottenuto ottimi risultati, ma noi rappre-sentiamo solo un piccolo, sebbene importante, tassel-lo di una congiuntura spazio-temporale in cui loSpirito è palese in pochi e tutto spinge verso l’esalta-zione della materia.Nondimeno i nostri sforzi, anche se piccoli, contri-buiscono ad avanzare sulla ardua e minoritaria viache i nostri predecessori hanno iniziato, partendo daquella originale intuizione che la via del Tetragramma(l’Ebraismo) e quella del Cristo, l’incarnazione delTetragramma, oggi formalmente divise, costituiscanoun solo percorso intrinsecamente inscindibile. Sindall’inizio alcuni ebrei, seguaci del Cristo, rifiutaronodi separare le Vie. Misconosciuti dal mondo, essisopravvivono tuttora (sono circa 15.000) sotto ilnome di nozrim. Ma la storia è piena di indizi, se nondi prove in alcuni casi, dell’esistenza costante di unacorrente spirituale che ha ugualmente rifiutato la scis-sione, così fortemente voluta dalla grandissima mag-gioranza degli aderenti alle due religioni. Ma la storiastessa dei Templari, della Massoneria, l’esperienza diPico della Mirandola e dei suoi epigoni, nonché l’e-sistenza di episodi che ancora appaiono coper-ti, almeno in parte, dal velo dell’ignoto, comesi potrebbe affermare per alcune esperienze,soprattutto in terra di Francia, dalle quali,come il Santo Volto traspare dal velo marmo-

    reo del sommo capolavoro della CappellaSan Severo, si evidenzia un’antichissimatrama kabbalistica che interseca l’ordito cri-

    stiano sin dai tempi dei Merovingi, sino ad arrivareallo stesso Martines de Pasqually, la cui primaLoggia, non a caso, era intitolata a Giosuè.Questa è la grande, immensa, intuizione che fu postaa base del Nostro Venerabile Ordine dai nostriPredecessori che ci osservano dalla GrandeMontagna Eterna.La trama e l’ordito…se la tela manchi di uno di questidue ordini, essa sarà incompleta, il disegno manche-vole, il lavoro inutile…Eppure, dopo duemila anni, il nostro piccolo, forseinsignificante, Ordine risulta essere e lo dico con tuttala dovuta umiltà, ma anche con orgoglio, uno deipochi luoghi dello spirito ove si osi, con tutti i nostrievidenti limiti, ostentare il Magen David e la Croceassieme, uniti, non divisi.Ma uniti nella yichud kabbalistica, non nel sincreti-smo lazzarone e cialtrone, così comune oggidì.È facile ostentare modaioli ecumenismi new age, chesuscitano tanto pubblico apprezzamento, in quantogiustificano ogni comportamento; difficile risulta,Scritture alla mano, giustificare una visione ellitticadella Rivelazione giudeo-cristiana, che faccia tornarei conti senza stravolgere i testi e senza cancellare,ovvero modificare, ad usum Delphini, quelli che sonoi pilastri fondamentali della fede.Siamo al trionfo della Gnosi, cioè dell’amoralità, inquanto nella visione gnostica non si discetta in temadi morale, ma solo di conoscenza. In altre parole,nella Gnosi manca il giudizio (chi sono io per giudi-care? Vi ricorda nulla?) sui comportamenti individua-li e collettivi.Si apre, quindi un primo spartiacque, tra coloro checredono nell’amoralità del cosmo (camuffata sottomille forme, anche religiose, come accade per la teo-logia di provenienza tedesca oggi imperante in

    Vaticano) e chi, al contrario, ritenga di accet-tare quei precetti che la Legge, data a Mosè epoi coronata da Cristo, impone a chi vogliaaccettare il giogo della fede.Non voglio certamente implicare che tutti

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  • debbano concordare su tutto, riguardo alleforme ed alle strutture di tale fede, quali lanatura del Cristo e la Sua collocazione onto-logica rispetto al Tetragramma, ovvero all’Ein Sof.Neppure gli Ebrei sono certi, se si scalfisca anchepoco la loro (tarda) corazza monoteistica, sulle rispo-ste a tante domande che derivano dalla lettura delleScritture, le quali ci restituiscono un’immagine bendiversa del Popolo Eletto, visione che è stata confer-mata anche dai ritrovamenti archeologici.Dalle Scritture non si ritrova con certezza un mono-teismo ebraico, bensì un più probabile enoteismo, sesi vuole, monolatrico. Vi sono passukim ove si rinviene, come dice il mio

    caro amico teologo Walther Binni, l’inter-vento di un Tetragramma antropomorfoprima dell’incarnazione di Gesù, cosa che

    sembrerebbe suggerire che Hashem sia già disceso inprecedenza in tale forma in momenti fondamentalidella storia del Popolo ebraico.Tali passukim hanno avuto in campo ebraico i mede-simi commenti strampalati che, in quello cristiano,hanno subito tutti i brani delle Scritture che potesserocontraddire le tesi ufficiali.Per spiegare meglio la mia posizione in relazione alleScritture, voglio sottolineare che quando un passukdica:

    Se non si creda a quello che viene introdotto da: “Edil Signore parlò a Mosè dicendo:” e che viene firmatocon “Io sono il Signore vostro D-o, che vi ha liberato

    dalla terra d’Egitto per Essere il vostro D-o;Io sono il Signore vostro D-o.”, si saràcomunque persone rispettabilissime, ma nonsi pretenda di poter passare per giudeo-cristia-ni!

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    Quello che sta scritto in mezzo ai due brani eviden-ziati in grassetto, (andate voi a trovare il significato,per esercizio) VA PRESO, SE NON ALLA LETTE-RA, MOLTO, MOLTO SERIAMENTE!

  • (come vedete, nel mio piccolissimo, io unpochino giudico)Questo rappresenta il secondo spartiacque. LeScritture quando sono chiare si applicano, non si sot-topongono a cento interpretazioni hegeliane per spie-gare il perché siano cadute in prescrizione per giusti-ficare le nostre trasgressioni!Sollevo tali argomenti per rafforzare l’idea che ilnostro compito, in questi tempi messianici, sia quellodi tornare alle origini e di rivedere criticamente lenostre idee, per separare la pula dal grano e per sba-gliare in proprio semmai, visto che ogni strutturapastorale ha apparentemente perso in autorevolezza,se non sembri addirittura in combutta conl’Avversario. Ne è buona testimone la chiesa odierna, infestata dieresie e che ormai si sta avviando a diventare il capo-treno della costituenda Chiesa Universale dellaPangea Madre, ove, per conto dei pupari del capitalemondiale, dovranno convergere tutte le religioni,ormai divenute “liquide”, come dimostra l’instru-mentum laboris preparato dalla curia romana per ilfondamentale e strombazzatissimo Sinodo sul-l’Amazzonia, ove verrà rivoluzionata (ancora!) ladottrina cattolica.In questa situazione bisogna rileggere le Scritture,rifiutando le traduzioni correnti e relativi commenti,che troppe volte sono state adattati ad un teorema pre-costituito.Dobbiamo, con umiltà e coraggio, cercare di formareun’idea personale della Rivelazione che sia coerentecon il nostro simbolo e con il nostro percorso.Il nostro Ordine deve comprendere come sia in untempo come questo che la fede in un’unicaRivelazione deve riempire di contenuti più rilevanticiò che i nostri fratelli che ci hanno preceduto hannoseminato, rifiutando di separare ciò che non andavaseparato.La shin che fu aggiunta al Tetragramma, a simboleg-giare l’identità tra Cristo ed Hashem, va com-presa, spiegata ed attuata.Dobbiamo essere pronti a farci personal-

    mente carico di essere in grado, ciascuno al

    proprio livello, di aiutare altri ad aprire il

    cuore alla Torah ed alla Torah incarnata.All’uopo, consiglio a tutti di iscriversi e diseguire con attenzione i seguenti canali di

    Youtube:a) Teologia 1 (Prof. Walther Binni); fondamentale percapire qualcosa sul Cristianesimo!!!b) I Diamanti della Torah (Rav Kazan); Fondamentidi Ebraismoc) Le lezioni di Rav A. Arbib (Comunità Ebraica diMilano), lezioni avanzate di Torahd) Canale di Ariel Cohen Alloro (per il quale ringra-zio moltissimo il fratello Vincent per la segnalazio-ne).Inoltre, sarebbe opportuno aumentare il nostro livellodi conoscenza della Kabbalah lurianica attraverso lacopiosa bibliografia oggi esistente. A questo proposi-to consiglio:- Anatomy of the Soul di Chaim Kramer (Autore),Avraham Sutton (Autore), Rebbe Nachman OfBreslov (Autore);- Tutte le opere di Rav Aryeh Kaplan;

    - Tutte le opere di Rav Yitzchak Ginsburg;

    - I tre volumi di Rabbi Adin Steinsaltz sul Tanya:

    Opening the Tanya – Learning from the Tanya –

    Understanding the Tanya.

    Vi domanderete: perché la Kabbalah lurianica?Semplicemente in quanto la tradizione (Kabbalah)lurianica è ortodossa, quindi sicura, è largamenteseguita nel mondo ebraico ed è quella che risulta piùfacilmente accessibile ai goyim da un punto di vistadei testi di riferimento non in lingua ebraica. Di più,attraverso il movimento Chabad essa è diffusa intutto il mondo e data la missione di quest’ultimo, nonè così difficile trovare, anche in Italia, un rabbino dis-posto a chiarire eventuali dubbi.Ma ciò non risulta sufficiente…per capire, compren-dere la Kabbalah e la Yichud della Via, occorre nonsolo leggere libri o guardare video. La Kabbalah vavissuta ogni giorno, se possibile ogni minuto.

    Come il buon atleta che si prepari per unimpegno importante, meditazione e preghieradevono far parte del nostro ritmo ordinario. Ogni nostro gesto, ogni nostra reazione devo-no passare al vaglio preventivo delle nostre

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  • Chabad (Chokhmah, Binah, Daat). Si dovrà osservare le nostre emozioni (mid-dot) con l’asettica precisione della nostramente e così saremo in grado di comprendere lenostre reazioni istintive, i nostri difetti, le nostre man-chevolezze. Sarà opportuno meditare spesso sul nostro stupidoorgoglio in relazione all’immensità di Hashem perrecuperare il senso di meraviglia, di stupore e di timo-re che sono alla base del vero amore per Dio. Allemeditazioni tradizionali del nostro Ordine, alternia-mo la preghiera; cerchiamo di rinunciare un passo pervolta a tutte quelle pressioni che ogni giorno subiamodal consumismo e dal pensiero unico politicamentecorretto.In altre parole, guardiamo verso l’alto e non verso ilbasso…forse tra un po’ di tempo vedremo accaderequalcosa di interessante.

    MENKAURAS:::I:::I:::

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  • Il luogo di riunione degli iniziati in generale

    e dei Martinisti in particolare

    MOSÈS:::I:::I:::

    Una volta i nostri detrattori, nel loro immaginariopersonale e collettivo, sapendo poco o nulla di chifossimo (per lo più è così anche ora) ci accusavano ditutto e di più, sparlando contro di noi per metterci in“cattiva luce” dinanzi all’opinione pubblica.Nonostante che i Martinisti possano riunirsi dovun-que anche sotto ad un albero o in mezzo ad un prato,inventavano come questi “strani”, eccentrici, e singo-lari personaggi, fossero soliti riunirsi al calare delletenebre in caverne buie a cui si perveniva attraversoviuzze segrete, ricoperte di sterpaglie, vigilate, pian-tonate da scagnozzi dal viso e dallo sguardo minac-ciosi, armati di tutto punto, che incutevano paura. Intempi successivi, invece, si incontravano presso abi-tazioni di inattendibili possidenti, espressione di pic-cole residue aristocrazie di potere e di ricchezza d’al-tre epoche. Altrove, pare si calassero perfino in pro-fonde nicchie sotterranee oppure si radunavano, addi-rittura, presso delle catacombe alle quali si accedevaattraverso stradine strette e tortuose che conducevanoin accessi scuri e difficoltosi, sorvegliati da sentinelle. Nell’epoca attuale, viste anche le invenzioni di tantifurbetti, ci si continua ad accusare di ogni stranezza,e di nascondere chissà chi tra le nostre file “o tempo-ra o mores”Nulla è più falso, ingannevole e distante dalmondo reale. Infatti oggi gli iniziati di qualsiasi Collina ten-

    gono i loro incontri collettivi (neppure tantiin un anno; dipende dalle scelte formative) inappartamenti urbani, adeguati allo scopo, per

    lo più in affitto, quando non sono la dimora di qual-che Fratello/Sorella, se non dello stesso Iniziatore,responsabile del Gruppo. Possibilmente in uno stabiledignitoso con gli allacci di luce, gas, acqua, riscalda-mento, l'ascensore, il condominio, le pulizie, gli arre-di... etc. a cui ognuno partecipa, quando e solo senecessario, di tasca propria, secondo le sue possibili-tà. Fin qui, a parte i denigratori, tutto rientra nell’ordina-rietà. La sede è una normalissima, civile, abitazione,che però, durante le riunioni, si trasforma e si abilitaad andare ben oltre, tanto da trasfigurarsi, nella inte-riorità e nella mente dei partecipanti convenuti, fino amodificarsi in ben altro, rappresentando uno spazioche, da lì a poco, sarà sacralizzato e reso adeguato aprocedere con lo svolgimento di cerimonie rituali.Per gli iniziati “quel luogo” è, quindi, un posto spe-ciale. In effetti, le riunioni collettive si tengono in un luogoed in un tempo idonei a rappresentare un annuncio,un contatto con altri piani e contemporaneamente arinnovare, trasmettersi vicendevolmente un insegna-mento molto importante e assai eloquente che si rial-laccia alla nostra formazione, alla storia dell’Ordine,mirando a far intuire il collegamento con epoche,periodi e tempi differenti, intesi e vissuti in manieradifforme dall’usuale comune sentire, collocandosicon la propria interiorità fisica, psichica e mentale supiani e dimensioni più sottili che vanno oltre la meradeterminazione di una precisa posizione temporale-spaziale-topografica. Si tratta di un luogo psico-men-tale, trascendente lo spazio e il tempo.Il punto di riunione diventa, quindi, un’astrazione chenon ha confini, né estensione fisica. E’ cioè una“dimensione” “altra” che, anche se reale, resta celataai profani, in quanto metafisica e conoscibile soltanto

    a chi si è già incamminato lungo la Via inizia-tica.Va subito precisato come un “punto” nonlegato ad un territorio, né a una regione speci-fica, svincolato da un recapito o un indirizzo

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  • territoriale, determina una prima distinzione edifferenza con lo “spazio ordinario, comune,cosiddetto normale”, generando una astrazio-ne dal mondo reale, contingente e trasformando difatto tale spazio in una località indeterminata e impre-cisabile che, di conseguenza, si rende adattabile, inmaniera superficiale e di primo acchito, da parte deiprofani, a qualsiasi luogo dell’universo. I Maestri costruttori di Cattedrali dei tempi passati, inparticolare del Medio Evo e molti altri Maestri primadi loro, ritenevano la scelta del luogo dove far sorgerela loro struttura sacra, un’operazione della massimarilevanza ed estremamente importante. Essi sapeva-no, già in quei tempi, come “la Terra fosse attraver-sata da correnti geo-telluriche e da zone d'affiora-mento, di manifestazione di “fenomeni energetici” edi frequenze vibratorie in grado di modificare lostato psico-sensoriale di chi vi si trovava ad intera-gire”.La terra, infatti, presenta dei veri e propri “punticaldi”, legati alla esistenza nel mantello terrestre dicorrenti ascensionali calde, linee di alta o bassa fre-quenza vibratoria, punti di risonanza, luoghi ad altopotere evocativo; come si trattasse di una vera e pro-pria struttura energetica reale, nota, sin dal secoloscorso, col nome di “rete di Hartmann”, da cui è natasuccessivamente la “Bio-Architettura”. Questa “struttura energetica” e queste linee di forzarappresentavano la localizzazione perfetta e costitui-vano le basi per realizzare e costruire i luoghi sacri.Proprio in queste ubicazioni, in antichità, sorsero,dalla fine del V millennio a.C. al I millennio a.C. idolmen, i cromlech, i menhir, che rappresentavano untipo di tomba megalitica, preistorica, a camera sin-gola. Cromlech è il nome dato ai monumenti megalitici,costituiti di pietre di grandezza variabile, conficcatenel terreno a forma circolare.I Menhir sono dei megaliti monolitici, eretti solita-mente durante il Neolitico, singoli o in gruppi,di dimensioni variabili. I Menhir sono ampia-mente distribuiti in Europa, Africa ed Asia, masono più numerosi nell'Europa Occidentale, inparticolare in Bretagna e nelle isole britanni-

    che. Sono stati eretti in molti periodi diffe-renti, nel corso della preistoria e venivanocreati nel contesto della cosiddetta cultura

    megalitica che fiorì particolarmente in Europa a finisoprattutto religiosi e legati al culto dei defunti.Menhir è una grossa pietra eretta verticalmente, men-tre Dolmen è composto da blocchi di pietra che sor-reggono un’altra pietra orizzontale; anch’essi vannoconsiderati monumenti funerari singoli o tombe col-lettive.In tempi successivi furono innalzati i Templi greci ele Cattedrali Romaniche e Gotiche. Molti esempi di questo tipo sono stati ritrovati invarie nazioni e pure in Italia (Sardegna, Sicilia,Puglia, Liguria).Torniamo ai luoghi deputati alle cerimonie in tempipiù recenti. Quindi, il più esperto dei maestri aveva il compito dicercare e individuare uno di questi punti speciali sulquale far sorgere la costruzione sacra. Spesso si ri-costruiva sopra un precedente tempio, un Dolmen e,in alcuni luoghi, le stratificazioni archeologichesacrali erano millenarie. A Roma per esempio: SantaMaria sopra Minerva, Santa Croce in Gerusalemme,S. Clemente, S. Pietro ecc. sono chiese costruitesopra a precedenti Templi, ad indicare appunto, lapresenza di un luogo speciale adatto alla costruzione.Quando invece si rendeva necessario ricercare unanuova ubicazione per una ulteriore edificazione sacra,ci si doveva mettere in cammino, senza meta e osser-vare innumerevoli dettagli paesaggistici e bio-energe-tici, finché non veniva riconosciuto un idoneo luogogeografico (e non solo) adatto a quel tipo di costru-zione.Molte volte i templi antichi e le strutture sacre nasce-vano in luoghi insoliti, in territori poco agevoli e sco-modi, solitari e irraggiungibili; proprio là dove i mae-stri costruttori individuavano il “punto giusto”, intor-no al quale, successivamente, si sarebbe sviluppato il

    centro abitato.All’individuazione del luogo, faceva seguitola seconda altrettanto importante fase dellaprogettazione dell' “opera sacra”: “l’orienta-zione” della costruzione!

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  • Orientare corrisponde a “trovare l'oriente”,individuare l'Est cioè il punto da dove sorge ilsole, dove nasce la luce che sottende molte-plici importanti fondamentali significati, quali il cal-colo dello scorrere del “tempo ciclico”, il succeder-

    si dei giorni e delle notti, il susseguirsi dei mesi e

    delle stagioni e soprattutto delle lunazioni.

    L’individuazione dell'est geografico, anzi, astronomi-co-solare era compito del Maestro costruttore, per-ché, nell'opera architettonica che si andava a prepara-re, i movimenti del sole avrebbero formato angolazio-ni e proiezioni di luce particolari che era necessarioindividuare bene, conoscere e riconoscere …Infatti è notorio che in ogni latitudine, a causa dell'in-clinazione dell'asse di rotazione terrestre sul pianodell'eclittica, il sole sorge all'est geografico ma maidallo stesso punto per l'intero anno (ad eccezione delgiorno degli equinozi); inoltre ogni giorno l'alternarsidelle ore di luce e di buio, varia in continuazione eanche l'altezza del Sole sulla volta celeste muta con-tinuamente, pertanto la costruzione doveva possederele caratteristiche dell’ armonia ed essere correttamen-te orientata con il sole.Quindi, una volta individuato il luogo adatto allacostruzione dell'opera, il nostro Maestro prendeva la“sua” “misura”, la sua asta graduata, spesso dissimu-lata con un lungo bordone da pellegrino (spesso dellalunghezza di tre cubiti o di altre misure opportune; uncubito era circa 44,5 cm), e si recava, all'alba del gior-no del solstizio d'inverno, in quel punto noto solo alui ed ai suoi “figli d'arte”. Qui tracciava le ombre chedal quel sorgere astronomico del sole si generavano,poi tornava in quel luogo il giorno del solstizio d'esta-te e, con altrettanta cura e meticolosità, assistito daipropri “figlioletti”, tracciava le ombre che da quellaconfigurazione astronomica si generavano. Soltantodopo queste operazioni l'Oriente era perfettamenteindividuato e l'intero arco del ciclo solare si sarebbesviluppato all'interno di quella finestra tracciata daiprolungamenti di quelle ombre, che il “basto-ne cerimoniale” aveva localizzato, e che siproiettavano e tracciavano sul terreno come adesempio, una “croce di S. Andrea”. Questodisegno che le ombre avevano tracciato al

    suolo, dava una serie di punti per la costru-zione di un “quadrilungo” geometrico, armo-nico e perfettamente orientato, che veniva

    assunto come traccia fondamentale per l'Operacostruenda.Pertanto, non si trattava di una ubicazione qualsiasi enemmeno di un progetto banale, bensì si generavauna geometria perfetta, dettata dal Sole che l'avevacreata “come in alto così in basso per compiere ilmiracolo della cosa una”.Perciò quello spazio ricercato con fermezza, perseve-ranza e riconosciuto dal Maestro, quel “punto specia-le” sul quale orientare e avviare i Lavori della costru-zione sacra e armonica, conseguiva e acquisiva unsignificato e una valenza simbolica enorme, immen-sa, incalcolabile che oltrepassava abbondantemente,trascendendolo, il semplice luogo e la mera superficiegeografica su cui era stata tracciato lo schizzo delprogetto della costruzione sacra. Fratelli, era proprio questo “il punto”, il cardine per lacostruzione sacra che si andava a realizzare un puntostabile, dedicato, carico di simbologie e significaticosì sottili da divenire invisibili pure agli iniziati. Tutta questa ricerca potrebbe far meditare sullenecessità d’individuare l’orientazione secondo lacroce di Sant’Andrea tracciata, sul suolo prescelto,sui raggi del Sole e sulle ombre che da esso derivava-no, durante l’osservazione, dal sorgere dell’astro finoal tramonto, nelle giornate dei due Solstizi; poi l’o-rientamento della struttura, la progettazione e lacostruzione da elevare per mezzo delle divine propor-zioni che assunsero, nel tempo, in alcuni ambiti e per-corsi di carattere iniziatico e segreto, paralleli a noi. I costruttori si sono tramandati direttamente tra diloro, insieme ai significati magico-simbolici dellesingole immagini, delle proporzioni relative allecostruzioni e ai loro artefici che trovano i modernirappresentanti in coloro che sono rimasti fedeli agliantichi principi ispiratori. Così, sarà di nuovo norma-

    le accennare alla sezione aurea o rapportoaureo o numero aureo o costante di Fidia oproporzione divina inserita e ben nascosta nelnumero irrazionale 1,6180339887…Tutto ciò non ha niente a che vedere con l'in-

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  • dirizzo formale dove è ubicato il luogo ove ilGruppo tiene le sue riunioni, forse perchéprivilegiamo il concetto tramite cui affermia-mo che possiamo riunirsi dovunque anche sotto ad unalbero o in mezzo ad un prato.Ad ogni modo, siamo consapevoli che il nostro ope-rare anche teurgico, risiede assolutamente più nellacostruzione di qualche cosa di interiore, piuttosto chein altro necessitante di spazio architettonico, esterioree stabile.Probabilmente, allorché si decidesse di dedicare unospazio particolare, in modo esclusivo, per le nostreattività, non sarebbe però male prendere in considera-zione, con intelligente discernimento, tutti questi“Elementi” anomali per i profani ma forse in varicasi, fondamentali per gli iniziati.Così, anche in mezzo ad un campo, oltre a tutte lealtre cose indispensabili, ci ricorderemmo cosa fare diparticolare, prima d’iniziare qualsiasi cerimonia.Infatti, ogni Iniziatore deve sapere che tutto ciò che cihanno tramandato le antiche Scuole iniziatiche, non èstato fatto casualmente. Siamo a conoscenza che ognifiammella accesa, ogni minima parola, i rituali, lefumigazioni, ogni verbo, ogni consuetudine, ognipasso, ciascuna parte della batteria, ciascun segno,ordine, toccamento ecc. vanno rispettati con assolutoconvincimento dell’animo e con la massima condivi-sione della ragione. Ogni cosa è vettore/vettrice di un sapere antichissi-mo, ancora vigente e illuminante che non si può e nonsi deve disperdere immolandolo sugli altari dellamodernità, della bellezza, del pregio e delle invenzio-ni fantasiose, assolutamente profane, quando addirit-tura superstiziose oppure contro-iniziatiche.Ecco quanto immenso Lavoro, quanta elevata, tra-scendente analogia e convergenza c’è dietro all’appa-

    renza così semplice, costituita dai nostripochissimi simboli e dai Rituali, altrettantoscarni, asciutti e brevi.

    E’ un patrimonio di “conoscenza” che non può e nondeve andare in alcun modo disperso.

    MOSÈS:::I:::I:::

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  • L’ANTROPOMORFI-SMO “il passo successivo”

    N-ASARS:::I:::I:::

    Penso che la maggior parte delle persone, attual-mente facenti parte dello strato sociale più alto, nonabbia conseguito la giusta percezione spirituale maabbia inteso erroneamente questo aspetto in manieraastratta ed errata. L’antropomorfismo sostanzialmen-te rimane, seppur nella sua forma materiale, e in que-sto passaggio rimane tale. Questo concetto nella suasintesi dimostra l’atteggiamento errato del pensierodell’uomo rispetto alla sfera spirituale e quindi il tuttosi ripercuote nella cosiddetta “errata corrige”, ossiatravisare la componente spirituale dell’uomo rispettoa quella materiale che sembra determinare la totaleinfezione di tutto il sistema sociale. Nel pensiero dell’uomo la sfera spirituale sembraessere considerata solo per “gli addetti ai lavori”, soloin ambiti dedicati, quali quello religioso, mistico,filosofico, omettendo e rinunciando così a vivere l’a-spetto spirituale nella “umana quotidianità”. Da que-sto ne consegue un totale isolamento dovuto in partea ciò che riguarda la vita quotidiana, in parte a quellache riguarda la determinazione al raggiungimentoessenziale di un risultato. Questo risultato seppurblando è comunque un sacrificio dovuto seppur sof-ferto.La risultante è ben nota a tutti poiché il bagaglio sto-rico dell’umanità, sia come ricordo che come ammo-nimento, (non occorre, credo, in questa sede dilungar-si in note facilmente rintracciabili negli annalidi storia) è di fatto compromesso dato il perio-do dedicato alla quarta fase chiamataKALI/YUGA. E’ necessario in questomomento essere simili alla fenice e alla sua

    forma primordiale essendo l’uovo orfico lasoluzione da sempre e conseguentemente lasoluzione in toto.

    Occorre inoltre essere riservati, accurati, semplice-mente sé stessi. Gli strati sociali sottostanti devono essere munitidegli strumenti necessari e gradualmente evolvere lapropria atmosfera interiore personale tentando diindossare i giusti costumi ma questo deriva sempredall’alto. Occorre fare una sintesi, dove ancora si puòtentare, del pensiero che elabora l’interazione dell’en-tità astratta se soggetta a materializzazione: non solopotrebbe non essere ciò che fondamentalmente è e ciòche ci si può aspettare ma, ovviamente, vista la posi-zione attuale diametralmente opposta e di fatto com-pletamente diversa dal fattore del tutto scontato sipuò dichiarare che è sempre stato così. Ora, dare perscontato che il mondo ieratico non determini la pro-gressione nel mondo sottostante, dà adito ad unasituazione forse scomoda. Per non essere polemiconon mi dilungherò, ma semplicemente mi esprimotirando delle somme pitagoriche e del tutto coinvol-genti.La figlia, la quarta fase, determina questo periodo checomprende l’ultimo grande periodo dove la reintegra-zione è la cosa importante.In conclusione se ancora non fosse evidente, è in ognicaso obbligatorio lasciare qualcosa del proprio sé aglialtri donando sé stessi.

    N-ASARS:::I:::I:::

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  • Il Percorso

    DIANAS:::I:::

    Viviamo sempre appesi ad un filo di speranza,augurandoci che la vita ci regali solo situazioni piace-voli, che non arrivino mai esperienze pesanti; invecele lotte, le fatiche, le difficoltà, sono sempre lì pertutti, dietro all’angolo pronte ad attaccarci.Nella quotidianità materiale non può esserci distra-zione o tregua, ma solo reazioni adrenaliniche, istintiereditati, affinati dalla continuità esistenziale, ritmiserrati; insomma, la solita competizione scatenata daMadre Natura che ci condiziona con il compito didifendere la vita in generale e poi la sopravvivenzaparticolare della specie.La Materia è plumbea, pesante, si presenta ovunquenel solito binomio: predatore, preda, entrambi conl’esigenza comune di esistere procurandosi cibo eprovvedendo alla riproduzione; tutte cose da riuscirea conquistare. Non esiste una giustizia assoluta delsingolo, ma la ricerca di un equilibrio generale fun-zionale al mantenimento della vita a tutti i costi; ciò,attraverso anche e forse soprattutto, la sopraffazioneesercitata a cura del più forte e del più furbo, nei con-fronti del più debole e del più sprovveduto.Così, a livello umano, si determina una specie di schi-zofrenia tra l’esigenza di vivere in modo sempre piùegocentrico, come un normale animale predatore,ovvero nella modalità necessaria per evitare di essereuna vittima in questo contesto terreno, ed il cercare dimantenere un equilibrio, tramite una ricerca di armo-nia personale, interagendo anche in modoempatico con ciò che ci circonda. Tutto il nostro contesto sociale sembra eviden-ziare il contrasto di due forze in opposizione,

    in cui l’esasperazione di ognuna può portarea distruzioni irreversibili, non solo per l’altra.Spesso si ha come la sensazione di essere in

    bilico su un precipizio in cui si potrebbe cadere; poinon si sa come o perché, arriva quasi per miracolo unaiuto provvidenziale ad evitare l’eventuale dannopeggiore.Queste due forze sembrerebbero configurarsi: da unlato, nell’esigenza di costruire qualche cosa ma poicon la tendenza ad irrigidirne la struttura, tanto daimpedire, un poco alla volta, ulteriori movimenti,evoluzioni, a tutto ciò che contiene; da un altro, inquella di superare qualsiasi forma costretta da para-metri rigidi, tendendo ad una fluidità continua edincontrollata, anche rompendo, distruggendo, qual-siasi schema precedente.Da tutto questo, ecco sorgere da una remota interiori-tà, l’esigenza di un equilibrio anche solo momenta-neo, necessario per ristabilire un poco d’ordine. Poi,questo schema di contrapposizione riprende all’infi-nito, determinando il movimento del gioco dell’esi-stenza terrena.Ci si potrebbe domandare perché non dovremmolimitarci a vivere semplicemente seguendo i nostriistinti animali, i nostri eccessi, le conseguenze delledistonie, senza porci troppi quesiti sul perché esistia-mo, senza quella continua ingerenza da parte di ciòche definiamo coscienza.Forse si è intuito che non tutto è solo materia, magariandando al di là delle speculazioni filosofiche o dellepersonali impostazioni fideistiche, particolari dellaformazione di ognuno.Così, forse, può essere nato un particolare desideriodi conoscere meglio quello di cui si aveva avuto solouna confusa sensazione.Magari, si è immaginata un’emanazione spiritualeche creando ogni cosa, la pervaderebbe alimentando-la continuamente. Si tratterebbe di un’influenza crea-tiva che andrebbe oltre la semplice materia ma che

    essendo comunque completamente condizio-nata dalle forze dicotomiche di cui sopra,sarebbe a sua volta continuamente pervasa daconflitti tra costruzione-distruzione, virtù-vizio, moderazione-eccesso, ecc.

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  • In tal modo, se ci si limitasse a subire tuttociò, sarebbe veramente falsa l’ipotesi di potervivere in libertà visto che ogni ambito dellacreazione sembrerebbe regolata da queste due oppo-sizioni con continue necessità di armonizzazione. Perlo meno nella materia da noi percepibile, le coseappaiono proprio configurate in tal modo. Per questoil corpo, seppur apparentemente una macchina perfet-ta, necessita di essere mantenuto sempre in equilibrio.Il nostro percorso iniziatico di ricerca, conservametodi le cui origini si perdono nel tempo. In sintesi,indica la direzione per tentare prudenti e consapevoliinterazioni con realtà sovrasensibili, previste ai livelliipotizzati in ogni grado. Insiste sulla via del centro, si dice che sia come per unequilibrista che cammina su un filo che divide le duemetà (destra, sinistra, ma anche basso, alto)Ci si può rivolgere al cielo e non rimanere sempreinchiodati alle catene pesanti del mondo della mate-ria.Ci si rifà ad una metodologia tradizionale, con cuistabilire un contatto, una mediazione con il mondospirituale, ma l’esperienza personale è poi unica, inti-ma e molto privata; difficile da spiegare spesso anchea sé stessi con le parole.Ognuno ha le sue percezioni; io la definisco per me,come l’immergermi in una sensazione di libertà, direspiro, di gioia, di stupore, di fortuna, di privilegio edi ringraziamento continuo.E’ sentirsi, come accompagnati, aiutati in questo con-testo terreno, a volte così caotico e confuso, pocochiaro, nelle decisioni da prendere, ma non si è sosti-tuiti, bensì favoriti nel procedere verso quel comple-tamento per noi al momento assolutamente incono-scibile ma che proprio per questo desideriamo cono-scere. Così, appaiono ovvi tutti gli aiuti che arrivano,attraverso la preghiera, la meditazione. In tutto questo riesco a ritrovare quella pace dellamente e del cuore, mentre ho sempre più forte la sen-sazione di conferma della possibilità che forseesista qualcosa oltre questa effimera esistenza.In essa seppur misteriosa, mi piace addiritturaimmaginare che magari rincontrerò le personecare che ho conosciuto nella vita e che non ci

    sono più. Così, la nostra esistenza sembrerebbe avere,forse, uno compito ben preciso, in cui impa-

    rare e scegliere coscientemente attraverso le esperien-ze che affrontiamo, le persone che conosciamo o concui viviamo, evitando di limitarsi a reagire solo emo-tivamente, in preda ai condizionamenti passionali.Il fatto che io abbia intrapreso questo nostro percorso,probabilmente non è frutto del caso, ma probabilmen-te è incanalato in una serie di situazioni preordinate;questa sorta d’intuizione mi dà la sensazione di esseresu una via che è giusta e congeniale alle mie ricercheintrospettive.A volte penso che forse era tutto lì, nel dover decideredi affrontarmi, nelle scelte che ho finalmente concre-tizzato, da cui non tornerò mai più indietro, perchénon esiste più nessuna esperienza materiale che mialletti a tal punto da rinunciare alla pace con me stes-sa ed a quelle infinitesime scintille di conoscenza chemi sembra di aver acquisito.

    DIANAS:::I:::

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  • Riflessioni sulle tematichedel Convento

    OBENS:::I:::

    Riflettere con sincerità alla luce delle proprie espe-rienze sulle tematiche indicate dal S:::G:::M::: delnostro Venerabile Ordine per il Convento di questoanno penso possa costituire una buona cartina di tor-nasole per la verifica dei passi eventualmente fatti sulnostro percorso Martinista, con possibilità anche, pertaluni, di vedere illuminati da personali intuizioni pic-coli tratti di sentiero eventualmente percorribili(volendolo) nel proseguo. Ovviamente, presumo che i temi del Convento sianoconosciuti o conoscibili da parte di tutti e quindi nonli riporto nel presente testo.Penso che le intuizioni siano in un percorso iniziatico(facendo molta attenzione a non ingannarsi da soli)importanti nell’incedere e che siano inoltre per unMartinista, fino dove possibile, sempre da verifica-re.

    Nel procedere su di un cammino iniziatico tradiziona-le, a mio modo di vedere ci si può anche trovare adosservare che si opera, per certi aspetti, similmente adun giocatore che spesso, in ogni cosa che lo riguarda,dice : “VEDO “, e va poi effettivamente a verificareed approfondire, con l’ausilio degli strumenti operati-vi fornitigli, dei personali talenti, degli aiuti straordi-nari e dei mezzi di cui dispone, le cose e gli aspetti deiquali aveva ritenuto di intuire qualche connes-sione con possibili aspetti di verità.Quindi l’iniziato analogamente, per certiaspetti, a un giocatore che non vuole rischiarein maniera sprovveduta e finire malamente la

    sua “partita”, ma bensì vuole tesorizzare ciòche ha e migliorare la sua condizione, andan-do a enumerare di seguito progressivamente

    le relative attività che ho pensato essere utili, credoche sostanzialmente debba:1) cercare di capire il prima possibile le leggi e leregole del “campo” in cui si trova a giocare e relativirischi, nonché da che livello parte e con quali poten-ziali talenti, convenendo che sicuramente volendolosi può migliorare nel ruolo scelto (e personalmentepenso ne valga sempre la pena) ma che non si puòarmonicamente essere quello che non si è;2) progressivamente conoscersi ed esercitarsi nelmetodo (che per ogni Martinista è costituito “in pri-mis” dai Vademecum e dal programma di studi consi-gliato);3) comprendere, accettare e rispettare i compagni, gliavversari e le regole del gioco per non incorrere inpenalizzazioni;4) osservare, sempre possibilmente con distacco, nonsolo la propria ma anche le altre partite che si gioca-no, analizzando attentamente i suggerimenti, le testi-monianze e gli scritti di chi lo ha preceduto nel meto-do;5) identificare i propri punti di debolezza e le propriearee di miglioramento e lavorarci attivamente (di par-ticolare rilevanza per la conoscenza di se stessi e pos-sibili miglioramenti rivestono, per noi Martinisti,come sappiamo, le meditazioni strutturate); 6) perseverare sempre nel metodo ed essere vigile eattento ad ogni mossa o possibile mossa dell’Avver-sario osservandone e riconoscendone i metodi, nellaconsapevolezza che gli obbiettivi e le regole del gioco(tranne che per coloro che barano con le conseguenzedella fattispecie) valgono per tutte le parti in causa;7) costruirsi un’adeguata maschera a protezione (nondi rado alcuni giocatori hanno durante le partiteespressioni imperscrutabili proprio come maschere); 8) avere volontà e perseveranza e non smettere mai di

    allenarsi o migliorarsi prendendo appuntidelle intuizioni, dei progressi raggiunti, facen-do tesoro delle esperienze e rettifiche operate;9) predisporsi a conoscere al meglio cosa stafacendo e dove vuole arrivare e scegliere con

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  • cura e senza troppa premura gli obbiettivipossibili (non a caso viene chiesto dall’inizia-tore all’aspirante Associato se è disposto adaspettare ed attendere). La fretta e la superficialità’sono da sempre, in ogni campo, cattive consigliere; 10) confidare da ultimo sempre nella vittoria e nelconseguimento degli obbiettivi prefissi, non ometten-do mai però di essere prudente e consapevole delleproprie azioni, valutando ad ogni passo i rischi e leforze di cui dispone.Questo ultimo aspetto relativo alla attenta valutazionedelle forze di cui si dispone, non è da sottovalutare;come “legale” infatti ho sempre saputo che nellamateria non si possono di regola fare valide scelte (nécontratti) in stato di bisogno, sotto pressione e senzaavere cognizione e conoscenza di ciò che si sta facen-do. Credo che anche per gli altri piani di esistenzapossa essere lo stesso. Per cui è sempre auspicabile“in primis” averi i mezzi: salute, volontà e la forzanecessaria a proseguire correttamente. Procedendo nel nostro metodo, penso che ci si possaanche sorprendere a realizzare che la “partita dellavita” si svolga anche su altri piani, oltre la materia econ nuove regole, da apprendere sul campo. Scoprireche ci sono più dimensioni e metaforicamente parlan-do più tavoli di gioco, può rappresentare, per taluni,una prima verifica che l’esistenza è anche oltre lamateria conosciuta e un indizio del fatto che puòanche essere possibile, volendolo, giungere progres-sivamente ad una nuova forma di vita.Questa nuova sensibilità a ciò che è oltre materia chesi può acquisire nel nostro percorso credo sia agevo-lata anche dalla minimale ritualità dell’OrdineMartinista nonché dalla pressoché mancanza di alti-sonanti gradi, fasce, orpelli e riunioni di convivialitàrispetto ad altre strutture.L’Ordine Martinista e la sua ritualità del resto, comesappiamo, lasciano ben pochi spazi a possibili inte-ressi diretti d’ordine materiale per i suoi appartenenti.Penso pertanto che chi nonostante le difficoltàdel procedere e le possibili “cadute” perseverinel percorso e sia ancora qui dopo anni, qual-che contatto (più o meno esattamente decodi-ficato a livello cosciente) oltre materia ritenga

    di averlo sperimentato e lo consideri d’inte-resse.Dalla dichiarazione di principi dell’Ordine

    Martinista apprendiamo sin dal grado di Associatoche l’iniziazione Martinista per produrre frutti (ossiarisvegliare le possibilità latenti) richiede una princi-pale qualificazione in colui che la riceve e ossia: chesia Uomo di desiderio. Viene poi di seguito subitospecificato che U


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