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Gesù: un Dio inatteso

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2006 marzo 332 PERIODICO MENSILE - Anno XXXII Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Bergamo Quaresima e Pasqua costituiscono un momento forte della vita della comunità. Sono molti i riti e gli appuntamenti formativi che vengono proposti. Sarebbe bello però che a ciascuno fosse dato in dono qualche momento di intimità, di dialogo e di preghiera con il Signore Gesù. Il tesoro della conoscenza di Gesù è il vangelo. Da esso abbiamo tratto alcuni passi – dalle parabole – che ci offrono una figura indimenticabile del volto del Dio di Gesù, e ci aiutano a prepararci alla Pasqua. Gesù: un Dio inatteso una meditazione per la Pasqua
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2006 marzo 332

PERIODICO MENSILE - Anno XXXIIPoste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Bergamo

Quaresima e Pasqua costituiscono un momento fortedella vita della comunità.Sono molti i riti e gli appuntamenti formativi che vengono proposti.

Sarebbe bello però che a ciascuno fosse dato in dono qualche momento di intimità, di dialogo e di preghiera con il Signore Gesù.

Il tesoro della conoscenza di Gesù è il vangelo.Da esso abbiamo tratto alcuni passi – dalle parabole – che ci offrono una figura indimenticabile del volto del Dio di Gesù, e ci aiutano a prepararci alla Pasqua.

Gesù: un Dio inatteso

una meditazione per la Pasqua

“Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tuamerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e contutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore;li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua,quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alze-rai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come unpendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa esulle tue porte” (Dt 6,4-10). E’ la preghiera più familiare e piùamata in Israele dove l’uomo di fede la recita almeno due volte algiorno. Preghiera cara a Gesù che però nel rivolgersi a Dio con leparole di ogni pio giudeo e dei suoi padri cambia l’idea di Dio, lo“evangelizza”. Gesù parla di Dio come nessuno ha mai fatto. Attra-verso i suoi gesti e le sue parabole egli rivela un Dio inatteso. Inuna discussione aspra con degli oppositori il vangelo di Giovannimette in bocca a Gesù queste parole: “Chi mi glorifica è il Padremio, del quale voi dite: E’ nostro Dio!, e non lo conoscete. Io invecelo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei come voi un men-titore; ma lo conosco e osservo la sua parola” (Gv 8,54-55).

La generosità del padrone della vignaChi non conosce il mirabile canto della vigna che si trova nel librodi Isaia: “Canterò per il mio diletto il mio cantico d’amore per lasua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle.Egli l’aveva vangata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato scelteviti; vi aveva costruito in mezzo una torre e scavato anche un tino.Egli aspettò che producesse uva, ma essa fece uva selvatica… Checosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto?” (Is5,1-4). Tutti in Israele conoscono questo canto; e sanno anche che,disperato, il vignaiolo abbandonerà la vigna cui ha dedicato tantecure (Is 5,5-8). Anche Gesù conosce questo canto; e durante l’ultimacena che mangia con i suoi lo ridice alla sua maniera: “Io sono lavera vite e il Padre mio è il vignaiolo… Come il tralcio non può farfrutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se nonrimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci” (Gv 15,1-5).

L’immagine della vigna coltivata e abbandonata gli è così fami-liare che vi ritorna spesso nelle sue parabole. In quella detta dei“vignaioli omicidi” (Mt 21,33-46 e par.) Gesù, ispirandosi libera-

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mente al testo di Isaia, racconta la propria storia. Al tempo dellavendemmia, e a più riprese, il padrone della vigna ha mandato isuoi servi dai vignaioli per richiedere ciò che gli spetta. Nonl’avesse mai fatto. Tutti i servi sono stati massacrati. E allora eglidecide di mandare suo figlio, pensando – a torto – che i vignaioliomicidi avrebbero avuto per lui qualche riguardo. E invece anche ilfiglio viene gettato fuori dallavigna e ucciso, con la speranzadegli assassini di impadronirsidella sua eredità. Cosa faràallora il padrone della vigna? Gliascoltatori di Gesù non esitanoun istante: “Farà morire misera-mente quei malvagi e darà lavigna ad altri vignaioli che gliconsegneranno i frutti a suotempo”.

Meno drammatica, un’altraparabola, quella degli “operaidell’ultima ora” (Mt 20,1-17), cisconcerta ancora di più. Questa volta il padrone della vigna èuscito fin dall’alba per prendere a giornata lavoratori per la suavigna e si è messo d’accordo con loro su un salario equo: un denarod’argento. Sono però troppo pochi; e allora il padrone esce ancoraalle nove, a mezzogiorno, alle tre del pomeriggio e invita altri ope-rai promettendo loro ciò che è giusto. Alla cinque, quando la gior-nata lavorativa sta per finire, esce ancora una volta e ne incontraaltri ai quali non riesce a tratte-nersi dal chiedere: “Perché ve nestate qui tutto il giorno oziosi?”.Quelli rispondono: “Perché nes-suno ci ha presi a giornata”.Allora li invita anche loro adandare a lavorare nella suavigna. Alla fine questi avrannolavorato un’ora scarsa; ma conloro grande sorpresa ricevono undenaro d’argento. Mai un lavoroè stato meglio pagato: quelli chehanno faticato fin dall’albasognano già la piccola fortunache riceveranno da questo padrone che paga così bene un’ora sola.E invece anche loro ricevono un denaro d’argento. Come non recri-minare? E’ un trattamento ingiusto e scandaloso, che favorisce ilazzaroni: meno si fa e meglio si è pagati. Ora, nel racconto diGesù, il padrone replica a uno di quelli che protestano: “Amico, ionon ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro?Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest’ultimoquanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio?Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Sono all’operadue logiche difficilmente conciliabili. Da una parte un datore di

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Un uomo aveva una grande vigna.

“Questi ultimi hanno lavorato solo un’ora…”.

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lavoro, un operaio, un lavoro da fare, un salario pattuito, un con-tratto che obbliga i due contraenti, un mondo in ordine. E’ un po’così che noi concepiamo i rapporti con Dio: Lui è il padrone,impone le regole e noi, se obbediamo, siamo in diritto di aspettarcila ricompensa, una vita felice e una buona salute. Perché il padronedella vigna non ha la saggezza di rispettare le regole e l’ordine? Sirischia di scontentare e di scombussolare ciò che per tutti è giusto.Ma, secondo Gesù, il Dio giusto è anzitutto colui che fa grazia. E’colui che non si stanca di uscire in qualunque ora del giorno e che,venuta la sera, non sta a calcolare al centesimo ciò che spetta a cia-scuno. Non è un contabile, uno che lavora sulla base del contratto.Si tratta di tutta un’altra cosa: egli è un Padre che ama i suoi figli,vuol bene a tutti, vuol rendere felici tutti e donare ben al di là deimeriti e dei contratti. Gli ascoltatori di Gesù spalancano le orecchiee si stupiscono: il Dio che essi credevano di conoscere non li avevaabituati a simili grandezze.

La gioia del pastoreA Gesù piace molto anche parlare del pastore. Come tutti gli israe-liti egli conosce la stupenda pagina del profeta Ezechiele in cuiDio rimprovera con veemenza i pastori del suo popolo: “Guai aipastori d’Israele che pascono se stessi… Non avete reso forza allepecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciatoquelle ferite, non avete riportatele disperse. Non siete andati incerca delle smarrite… Vannoerrando tutte le mie pecore intutto il paese e nessuno va incerca di loro e se ne cura…Eccomi contro i pastori: chiederòloro conto del mio gregge e nonli lascerò più pascolare il miogregge… Io stesso condurrò lemie pecora al pascolo e io le faròriposare; andrò in cerca dellapecora perduta e ricondurròall’ovile quella smarrita; fasceròquella ferita e curerò quellamalata…” (Ez 34,1-17).

I vangeli evocano spesso l’immagine del pastore e del suogregge. Se si dà ascolto alla tradizione riferita da Luca, i pastorisono stati i primi discepoli di Gesù, i primi evangelisti (Lc 2,8…18).E se capita a Gesù di commuoversi davanti alla folla smarrita chelo cerca disperatamente sull’una e sull’altra riva del lago di Tibe-riade è perché essa evoca irresistibilmente per lui la pagina di Eze-chiele in cui Dio si inquieta nel vedere il suo gregge abbandonatoda coloro che avevano il compito di custodirlo. Per mezzo del pro-feta, Dio ha fatto sapere che in futuro sarà lui stesso il pastore delsuo popolo; ora, con una sicurezza e un’autorità che non possononon sbalordire e scandalizzare i suoi interlocutori, Gesù affermache è lui il pastore che Ezechiele annunciava: “Io sono il buon

Davide, il nipote di Booz e Rut, abitava nel villaggio di Betlemme e faceva il pastore.

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pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, comeil Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per lepecore” (Gv 10,14-15). E alla sua maniera commenta la parola che ilprofeta ha messo sulla bocca di Dio (“Andrò in cerca della pecoraperduta”) evocando per i collettori di tasse e i peccatori che loascoltano un’esperienza singolare che forse è capitata anche a lorodi vivere: “Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lasciale novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché nonla ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va acasa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, per-ché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci saràpiù gioia in cielo per un peccatore convertito che per novantanovegiusti che non hanno bisogno di conversione” (Lc 15,4-8). Può sem-brare non ragionevole abbandonare nel deserto o sulla montagnaun gregge intero; ma come parlare di ragionevolezza o di prudenzaa un pastore che è angosciato per la pecora che ha perduto? E cosadire della sua gioia quando l’ha ritrovata – perché di sicuro la ritro-verà, Gesù non dubita un istante – e più ancora della gioia di Dio,poiché è di lui che si tratta quando Gesù evoca la gioia del cielo perun solo peccatore che si converte?

I collettori di imposte e i peccatori che lo ascoltano trovano sicu-ramente in queste affermazioni sorprendenti di Gesù delle ragionidi speranza; ma cosa dire dei farisei e degli scribi che avevanoappena detto: “Costui riceve i peccatori e mangia con loro” (Lc 15,2)? Devono pensare che la virtù dei novantanove giusti evo-cata dalla parabola ha così poca importanza agli occhi di Dio daispirargli meno gioia della conversione di un solo peccatore pen-tito? Non vale dunque niente rispettare alla lettera tutte le prescri-zioni della Legge, vegliare gelosamente sulle regole di puritàlegale, e dunque Gesù ha ragione di ironizzare in questo modo su“coloro che non hanno bisogno di conversione”? E perché dovreb-bero convertirsi? A che cosa? Se la Legge li riconosce come giusti aquale conversione li si invita? Ora, in un’altra parabola, non menocelebre (Lc 18,9-15), Gesù opporrà la preghiera di un fariseo, legit-timamente soddisfatto di se stesso, a quella di un collettore diimposte che non può non riconoscersi peccatore e implora la mise-ricordia di Dio. Ora, dirà Gesù, “questi tornò a casa giustificato, adifferenza dell’altro”. L’altro aveva dunque bisogno anche lui diessere giustificato? Non lo era già per il suo comportamento esem-plare e per tutte le buone opere che aveva del resto elencato com-piacendosi: il digiuno e l’elemosina? Tutto questo non bastava agiustificarlo agli occhi di Dio? Che cosa vuol dire dunque esseregiusto davanti a Dio?

Il padre prodigoGli ascoltatori non finiscono mai di essere sorpresi da Gesù. Ungiorno questo straordinario raccontatore li incanta e li spiazza conla storia di un uomo che aveva due figli (Lc 15,11-32). Il più gio-vane con un’insolenza incredibile (suo padre non è ancora morto!)chiede di avere la sua parte di eredità. Il padre accoglie la richiesta

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e, senza aspettare un momento, il figlio se ne va per un paese lon-tano. Egli ormai è ricco. Ma il denaro gli brucia tra le mani e lo con-suma in allegra compagnia fino al giorno in cui non ne ha più. Lacarestia che scoppia nel frattempo nel paese che ha scelto complicale cose e il giovane scapestrato che per un momento ha stupito isuoi amici per il suo tenore di vita si ritrova, in terra pagana, acustodire i porci. Una tragedia.La fame gli morde il ventre.Come non pensare alla casacopiosa e fertile che egli haimprudentemente abbandonato?Nessuno là soffre la fame, nem-meno l’ultimo dei giornalieri.Allora, con la fame in pancia, sidecide a intraprendere il cam-mino del ritorno. Se sarà neces-sario chiederà perdono. Sa beneche non sarà mai più il “figlio”.Non ne è più degno. Forse suopadre accetterà di prenderlo tra isuoi lavoratori? Una cosa però èsicura: non avrà più fame. E que-sto, per adesso, è l’essenziale. Ora, racconta Gesù, “quando eraancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli sigettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato controil cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuofiglio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito piùbello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Por-tate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, per-ché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto edè stato ritrovato. E cominciarono a far festa”. Sorprendente rove-sciamento di situazione! Colui che, non senza ragione, pensava dinon essere più degno di essere chiamato “figlio” si vede ristabilitonell’interezza dei suoi diritti prima ancora che abbia avuto il tempodi confessare la sua colpa. Il padre non aveva mai smesso di spe-rare nel suo ritorno; lo stava aspettando: “Quando era ancora lon-tano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò alcollo e lo baciò”. Suo figlio, che temeva morto, era di ritorno: cosacontava tutto il resto?

Ai suoi ascoltatori questo racconto di Gesù sembrava esagerato.Si trova scritto nel Deuteronomio: “Se un uomo avrà un figliotestardo e ribelle che non obbedisce alla voce né di suo padre né disua madre e, benché l’abbiano castigato, non dà loro retta, suopadre e sua madre lo prenderanno e lo condurranno dagli anzianidella città, alla porta del luogo dove abita, e diranno agli anzianidella città: Questo nostro figlio è testardo e ribelle; non vuole obbe-dire alla nostra voce, è uno sfrenato e un bevitore. Allora tutti gliuomini della sua città lo lapideranno ed egli morirà; così estirperaida te il male e tutto Israele lo saprà e avrà timore” (Dt 21,18-22).Può darsi che la legge del Deuteronomio sia troppo severa. Mabisogna accogliere come un eroe colui che, deliberatamente e gra-

Il padre gli corre incontro e lo stringe tra le braccia.

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vemente, ha offeso suo padre e il suo dovere di riconoscenza e hascardinato le regole e i legami che tengono unita la società umana?Non un rimprovero, non un momento di riserva o di messa allaprova. C’è un limite all’indulgenza, al perdono; o allora ciascuno sisente autorizzato a fare quello che vuole!

Ora, continua Gesù, “il figlio maggiore si trovava nei campi. Alritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamòun servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose:E’ tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitellograsso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si indignò e nonvoleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suopadre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito untuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa coni miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoiaveri con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitellograsso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciòche è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questotuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è statoritrovato”. Chi non approverebbe questa reazione del figlio mag-giore? Egli è sempre stato, sotto ogni aspetto, esemplare, servendosuo padre meglio che poteva, senza mai trasgredire il minimo deisuoi comandi. Cosa ha ottenuto di ritorno? Niente. Tanto dasospettare che suo padre l’ha considerato solo il primo dei suoiservi. Era suo padre o il suo padrone? E’ stato preso in giro. Eallora perché mai dovrebbe partecipare a una festa ridicola che loirrita e scandalizza? Suo padre, forse, ha ritrovato un figlio; ma luidi sicuro non ha più fratelli e non vuole averne. “Egli si indignò –continua a raccontare Gesù – e non voleva entrare. Il padre allorauscì a pregarlo”. Il padreera corso incontro al piùgiovane che aveva vistoquando ancora era lon-tano; è ancora lui cheviene incontro al mag-giore e lo prega di en-trare. Non gli ordina: loprega. Non lo trattacome il primo dei servi,ma come il figlio mag-giore: tutto ciò cheappartiene a suo padre,appartiene a lui. Non lo sapeva? E suo padre lo supplica di entrarenella casa, di unirsi alla festa. E’ il mondo capovolto! Colui che nonaveva mai lasciato la casa familiare se ne trova di colpo escluso, enon ne varcherà di nuovo la porta se non si arrende alla preghieradi suo padre e accoglie con lui, come lui, colui che l’aveva abban-donata e ritorna a prendere il suo posto. Se non fa questo si ritro-verà nella situazione del suo giovane fratello all’inizio della para-bola, quando egli aveva perso suo padre, suo fratello e la sua casa.Deve accogliere la misericordia di suo padre nei confronti del suogiovane fratello: “Tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era

“Figlio mio, tu stai sempre con me e tutto quello che è mio è tuo”.

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perduto ed è stato ritrovato”. Buona notizia: il padre ritrova suofiglio, il fratello ritrova suo fratello.

Gli ascoltatori di Gesù, come noi, fanno fatica a seguirlo su que-sti cammini inattesi. Anche se lo sanno che Dio è Padre, ed è mise-ricordioso, fanno difficoltà a capire cosa vuol dire veramente; esoprattutto fanno difficoltà ad essere come Lui. Il “siate voi dunqueperfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” di Matteo, diventain Luca: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padrevostro”. Il tratto che definisce più in profondità la paternità di Dioè la “misericordia”. Il re che in un’altra parabola, di Matteo stavolta(18,23-35), rimette a uno dei suoi servi un debito la cui enormitàsfida la comprensione (diecimila talenti) lo fa perché “preso dapietà” per l’uomo che lo supplica. La dismisura del debito è la rive-lazione della dismisura della misericordia di Dio. Colui poi che habeneficiato di un tale favore è invitato ad avere un atteggiamentosimile nei confronti del compagno che gli deve una manciata dilire; diversamente egli chiude il cammino della grazia. Ci ricor-diamo della parola di Pietro: “Signore, quante volte dovrò perdo-nare al mio fratello? Fino a sette volte?” e della risposta di Gesù:“Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette” (Mt 18,21-23). Dio non tiene il libro dei conti; Dio non conta: è il Dio dellagrazia incommensurabile.

Si capiscono così anche molti comportamenti di Gesù: un uomodi incredibile compassione, pronto a commuoversi davanti adogni debolezza incontrata; che rifiuta di condannare la donnaadultera che gli uomini della legge sarebbero pronti a lapidare(Gv 8,3-12); che perdona il peccato, con grande scandalo dei suoiavversari, là dove il gesto della fede (Mc 2,1-13) o le lacrime dipentimento e di gratitudine (Lc 7,36-50) dimostrano inequivocabil-mente che la grazia di Dio ha fatto la sua opera. Gli capita anchedi forzare la situazione, come quando decide di andare nella casadi Zaccheo, il capo degli esattori di Gerico (Lc 19,1-10). Il di-sprezzo che accompagna questa professione avrebbe dovuto dis-suaderlo di chiedergli ospitalità; sa bene che molti, anche tra lepersone importanti, si indigneranno di questa sua scelta. Ma Gesùdice semplicemente: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa,perché anch’egli è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti èvenuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. Così il pastoredi Ezechiele ha ritrovato la sua pecora e il padre prodigo associatutti i suoi figli alla sua gioia.

Il Dio di GesùBisogna prenderne atto. Mentre dal profondo del deserto GiovanniBattista aveva annunciato con forza ai suoi contemporanei l’immi-nenza della collera di Dio: “…già la scure è posta alla radice deglialberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato egettato nel fuoco” (Mt 3,7-11), Gesù parla di Dio come di unpadrone della vigna che non misura la sua grazia dal lavoro che glisi presta, come di un pastore che solo l’angoscia per una pecorasmarrita allontana dal gregge, come di un padre di famiglia che

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non si ricorda più della colpa del figlio perché la gioia che loinonda al suo ritorno lo consola di tutto il resto.

Ma quello di cui parla Gesù è ancora il Dio della tradizione? Checosa è diventato il Dio che si rivela a Mosé? Esso è un Dio “miseri-cordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà, che con-serva il suo favore per mille generazioni, che perdona la colpa,la tra-sgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga lacolpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quar-ta generazione” (Es 34,5-7). E’ vero che non c’è limite alla grazia diDio? Non ci sono momenti nei quali il diritto ha le sue esigenze, leregole e l’ordine sono necessari, anche in una società religiosa? Latradizione parlava della grazia di Dio come uno dei suoi attributi; ilDio di Gesù è solo grazia, tutto grazia? E’ certo che Gesù parla di Dioin maniera nuova; in qualche modo – se si può dire così – egli “evan-gelizza” Dio, gli dà i suoi tratti, i suoi gesti, le sue parole, la sua per-sona, con un’autorità che non deve rendere conto a nessuno: “Dio,voi non lo conoscete. Io lo conosco” (Gv 8,55).

Ed è nel nome di questo Dio che egli si siede a tavole interdette,accoglie i piccoli e i poveri, guarisce paralitici e ciechi, anche ingiorno di sabato, tocca i lebbrosi impuri che osano avvicinarsi a lui,fa l’elogio di un samaritano in viaggio, accorda i primi posti acoloro che nella società del suo tempo non hanno posto. L’amore diDio lo rende sovranamente libero e lo chiama a liberare tutti coloroche sono tenuti in schiavitù: “Lo Spirito del Signore è sopra di me;per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato perannunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigio-nieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà glioppressi e predicare un anno di grazia del Signore” (Lc 4,18-19).

Ma, allora, come evitare un conflitto che alla fine si rivelerà mor-tale con coloro che rifiutano una tale concezione di Dio in nome diuna tradizione di cui essi sono i garanti autorizzati? I discorsi e gliatteggiamenti di Gesù sorprendono, sconcertano, sconvolgonol’universo religioso trasmesso da Mosé e che i responsabili devonotramandare immutato alle generazioni future. Ciò che Gesù dice efa è così originale, così diverso da ciò che si pensa di Dio da sem-pre che non lo si può seguire per molto su questa via; molti deisuoi primi ammiratori lo lasciano, dicendo: “Questo linguaggio èduro; chi può intenderlo?” (Gv 6,60). Un linguaggio duro e che allalunga non può rimanere impunito. Questi eccessi di linguaggiosegnano la sua perdita in due sensi: primo perché gli tolgono ilsuccesso popolare; secondo perché spingono all’azione i potericostituiti che si sentono minacciati e che sono tanto più liberid’agire in quanto si è lui stesso isolato.

Ma Gesù non può tacere, non può fermarsi. Per questo è venuto.Dio è veramente quel padre prodigo al quale la gioia del ritorno delfiglio fa perdere ogni misura, il pastore un po’ folle che parte alla ri-cerca della pecora perduta, il padrone che non calcola e retribuisceben al di là del merito. E’ veramente altro da ciò che noi immaginia-mo, che sconvolge le certezze e le sicurezze che noi gli chiediamo diassicurarci. Sì, dice Gesù: il suo è un “altro” Dio. Questo è il vange-lo. Per questo vangelo Gesù donerà la sua vita, la sua morte.

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UNO SPAZIO PREZIOSODELLA COMUNITÀ

E’ stata una grande scommessala scelta di puntare su una saladella comunità come conteni-tore che promuovesse percorsie iniziative e ospitasse dibattitie confronti che stanno a cuoreai cristiani ma anche a tutti gliuomini. E’ una scelta importan-te quella di avere uno spazio,un luogo di incontro e di con-fronto della Chiesa con il restodella città. Volutamente si èscelto il nome di “Sala dellaComunità” ad indicare l’usopolivalente e versatile di unospazio che può facilmente tra-sformarsi ed essere utilizzato

per le diverse esigenze. Così ladedica al libro del Qoelet staad indicare la vocazione dichiamare la gente in piazza perridere, pensare, provocare esvegliare dal torpore. E’ un ruo-lo scomodo, perché occorreconoscere il proprio tempo e iproblemi che abbiamo di fron-te, alla ricerca di una compren-sione matura, che tenga contodella complessità delle questio-ni e cerchi di dare soluzioni eprospettive. Richiede un amoree una passione profonda, chenasce dall’ascolto della Paroladi Dio, che domanda alla co-munità di vigilare e di valutarele poste in gioco della vita so-ciale. La Parola invita a occu-

parsi, a preoccuparsi di ciò chesta a cuore al Signore: la cura ela responsabilità per l’uomo. E’un’esortazione ad avere fede, acredere nell ’ intelligenzadell’uomo, nel suo compito diabitare il mondo e di trasfor-marlo, fermando la propria vio-lenza distruttiva e promuoven-do il bene comune.

Il metodo scelto è quello del-la mediazione etico-antropolo-gica, cioè è la capacità di pro-porre alla città ciò che i cristia-ni scoprono grazie alla loro fe-de che nasce dall’ascolto dellaParola, che li invita a dialogarecon tutti gli uomini, per condi-videre con loro e per impararedalla loro esperienza. La me-diazione etico-antropologica èil desiderio di aprire un dialogofermo e costruttivo con tutti gliuomini di buona volontà, perfar crescere la sensibilità e ilconfronto su un problema ecercare insieme la prospettivamigliore. Significa svestirsi diuna sicurezza e di un argomen-to di autorità («l’ha detto Dio»)per confrontarsi con tutti, tro-vando argomenti e giustifica-zioni per sostenere la propriatesi. E’ un esercizio che arric-chisce il dibattito pubblico per-ché i cristiani portano il lorocontributo e aiutano in questomodo anche la Chiesa a cono-scere la complessità dei proble-mi e a guardare con rispetto itentativi con cui gli uomini edi-ficano oggi la città e il mondo.E’ la risposta all’invito di Paolo:«Tutto ciò che c’è di buono, digiusto e di santo sia oggetto deivostri pensieri». La cura delbello e di ciò che rende l’uomopiù uomo passa anche attraver-so la dimensione culturale epolitica, che può favorire la cu-ra della propria umanità e diquella del territorio in cui vivia-mo, per promuovere un mododi stare insieme, di abitare ilmondo e di costruire la storiadegna dell’uomo.

Il Qoelet e le PianeLa sala è di proprietà della par-rocchia, che garantisce la ma-nutenzione straordinaria e l’ani-

Qoeletsala della comunità

Il 30 marzo si tiene l’assemblea annuale de “LePiane”. Una delle attività più impegnative dell’Asso-ciazione è quella di gestire il Qoelet. Vale la penaprovare a riprendere il quadro sistematico delle com-plesse e preziose attività rese possibili dalla nostra“Sala della Comunità”.

Ceramiche di Chagall

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mazione culturale, segnalandoesigenze o organizzando pro-getti e proposte. La gestione or-dinaria (economica, le incom-benze quotidiane, le aperture ele chiusure e la programmazio-ne) della sala è affidata alla As-sociazione delle Piane che no-mina un vicepresidente comeresponsabile dei diversi settoridella sala. Il suo lavoro è soste-nuto da un comitato di gestionee di programmazione che si riu-nisce circa una volta al mese,per far il punto della situazionee per rilanciare i progetti. Vi èpoi un gruppo di persone pre-ziosissime che garantisconol’apertura, la chiusura, la manu-tenzione e la pulizia della sala: ègrazie al loro lavoro che è possi-bile avere un ritmo così intensodurante l’anno.

La ristrutturazione L’anno scorso, a distanza di so-li 15 dalla ristrutturazione radi-cale, si è proceduto a un ag-giornamento tecnologico delQoelet, per mantenere agibile esicura la sala stessa e rispon-dente ai diversi utilizzi che lavedono impegnata. E’ stato unlavoro lungo e costoso, prece-duto da una ridefinizione deibisogni, facendo tesoro del-l’esperienza di questi anni peravere una struttura su misura. E’stata anche l’occasione per ri-lanciare il gruppo di giovani edi adulti che con pazienza negarantiscono la gestione e pro-grammazione di alcune attività.Ci si è posti l’obiettivo di un usopiù intelligente e rispettoso del-le tecnologie presenti e di av-viare anche un gruppo di ado-lescenti all’utilizzo dei mecca-nismi più complicati (luci,mixer, proiezione...).

Un progetto così ambiziosonon si improvvisa e non si rea-lizza rapidamente. E’ un lentomaturare di idee e prospettive,ma è anche il crescere di dispo-nibilità e competenze che simettono in gioco. Si sono indi-viduati alcuni settori qualifi-canti, creando delle piccolecommissioni che si preoccupa-no dell’organizzazione e della

propria fede. E’ una modalitàcatechistica che privilegia lavia antropologica, attraversol’ascolto delle obiezioni e le at-tese che la cultura modernaesprime verso la fede cristiana.E’ un annuncio che dialoga perpurificare la comprensione del-la fede, per superare pregiudizie fraintendimenti, costringendoi cristiani a misurarsi effettiva-mente con la propria fede, sma-scherando a volte ingenuitàproprie ma anche di certe mo-de culturali. Sono percorsi rigo-rosi e impegnativi, ma indi-spensabili oggi, per rendere ra-gione della fede che è in noi. Sitratta di rendere ragione a sestessi per valutare la reale con-sistenza del dato cristiano e as-sieme all’uomo di sempre chesta cercando, anche oggi, ilsenso dell’avventura umana. Inquesti anni si sono affrontati di-versi temi: la Bibbia, la morale,la sessualità, la liturgia, il Cre-do, le teorie sull’origine del-l’universo, della vita e sulla na-scita dell’uomo…

Il cinemaUna dimensione importante èquella dell’utilizzo della salacome Cinema di qualità per gliadulti e di aggregazione per iragazzi. Proprio nel momentoin cui sembra prevalere una lo-gica commerciale nella gestio-ne dei grandi cinema che nonfavorisce purtroppo né la vita-lità dei quartieri, né tanto menol’incontro tra il grande pubblico

programmazione delle diverseproposte. In questo modo le at-tività che si propongono duran-te l’anno sono la traduzione diun progetto che si sta lenta-mente completando.

Il quartiere e la cittàLe proposte del Qoelet si rivol-gono non solo alle personeche abitano nel quartiere, masono aperte anche alla città. E’una prospettiva che cerca ditenere vivo il territorio, pro-muovendo incontri e momentidi aggregazione, nella convin-zione che oggi la città sia unarealtà “policentrica” e il tessutodi un quartiere vada sempreconsolidato e sottratto al-l’anonimato e al ripiegamentoindividualista. Un centro cultu-rale che promuove diverseopportunità, stimola una vitasociale; la vitalità di un quar-tiere avvantaggia il resto dellacittà, che è incoraggiata einsieme provocata a ricono-scere le diverse anime che lacompongono. Fare cultura inquesto modo è partecipareall’edificazione della città, dalbasso, dal luogo prossimo allagente.

LE ATTIVITÀLa catechesi del giovedìÈ un momento significativo didialogo tra il Cristianesimo e leistanze critiche del mondo mo-derno; è l’occasione di appro-fondire la fede in un confrontoserrato con il nostro tempo. E’un percorso che tutti gli anniviene proposto, di solito al gio-vedì, rivolto soprattutto agliadulti ma anche ai giovani, peruna formazione matura della

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e le produzioni cinematografi-che di qualità, la proposta di unCinema di quartiere rappresen-ta una controtendenza che av-vicina la gente, cercando di fa-vorire il gusto per la qualità e difare scoprire le possibilità co-municative di un mezzo comeil linguaggio cinematografico.

Cinema dei ragazziIl Qoelet è per molti ragazzi lapossibilità di vivere il sabatopomeriggio in compagnia degliamici, vivendo una dimensionedi autonomia e di tempo libero.Al termine della catechesi delsabato, chi vuole può fermarsie godere un momento specialedentro la settimana, per vivereuna dimensione destrutturataanche senza la presenza dei ge-nitori. Questo progetto è tenutovivo da un gruppo di giovani edi adolescenti che ne garanti-scono il buon funzionamento.Ci sono due limiti che segnalia-mo: da un lato la qualità deifilm per ragazzi non è sempreeccellente e, d’altra parte, siprivilegia in modo acritico ilfilm più pubblicizzato e si snob-ba il film di qualità meno noto.In questo si potrebbe favorire ildialogo con i genitori per sensi-bilizzarli maggiormente.

Cineforum per gli adulti Senza un tema preciso, da al-cuni anni con buoni risultati sipropone il Cineforum per gio-vani e adulti. La formula è quel-la di proporre film di qualità,che trattino temi che suscitinoconfronto e riflessione. Spessosono film che nei circuiti com-merciali non sempre vengonoproposti oppure sono in visio-ne solo per pochi giorni. Sottocasa si ha così la possibilità direcuperare anche dei veri ca-polavori che rischiano di passa-re troppe volte inosservati. Do-po la presentazione, in certi ca-si è previsto il dibattito alla finedella proiezione.

Il Lontano presenteE’ la rassegna che da più di 15anni viene proposta, nel mesedi ottobre, durante il mese mis-sionario. Si cerca di far incon-

incontri e dibattiti tiene destal’attenzione della comunità cri-stiana e della città tutta.

Convegni di Attenzione alsociale: sono convegni prepa-rati da una commissione che avolte chiama relatori o espertiesterni e altre volte incarica unmembro del gruppo stesso, cheoffre elementi per un dibattito.In alcuni anni ci sono statiappuntamenti mensili e, altrevolte, solo alcuni appunta-menti annuali. Ci si è occupatidi molti temi: l’ambiente, lapolitica, l’amministrazione cit-tadina, la viabilità, il tram, lariforma della scuola, il mondodel lavoro…

Corsi di politicaPer tre anni di fila si è propostoun percorso di formazione pergiovani alla politica, apertoalla città e alla provincia. Laproposta era finalizzata allacostruzione di un metodo poli-tico attraverso lo studio dellediverse concezioni della poli-tica, la conoscenza delle strut-ture sociali e infine una pro-posta più concreta relativa algoverno della città. L’interessee la motivazione sono stati altisoprattutto tra i giovani. Emer-ge l ’urgenza di formare edappassionare alla città di tutti,per una presenza responsabilee attiva.

Per amore della Terrae dell’uomoE’ una rassegna nata alcunianni fa, che il Qoelet proponealle scuole di ogni ordine egrado. L ’attenzione che lacomunità in questi anni hamaturato circa l’ambiente e laricerca di un modello di svi-luppo sostenibile, la cura dellacittà, la memoria della propriastoria e di alcuni eventi fonda-mentali e la ricerca di unmodo di fare politica hannospinto il Qoelet a promuoveree sensibilizzare le nuove gene-razioni a prendere coscienzadel momento storico chestiamo vivendo. La rassegnapropone spettacoli, film chepossono diventare la conclu-

trare i mondi più lontani perchéscoprano di essere vicini e diavere molto in comune. Per an-ni si è caratterizzata per la pro-posta di film realizzati in Africa,in Asia, per raccontare le storiedi uomini e di popoli che han-no una loro dignità e una cultu-ra che non ha nulla da invidia-re a nessuno. E’ un approccioche ha superato l’impostazionemissionaria tradizionale, chespesso coincideva con il di-sprezzo delle culture locali, nelnome di una presunta superio-rità della cultura europea. E’ unmodo per scoprire la pluralitàdel fenomeno umano, che neidiversi luoghi ha impiantato sti-le e modi di vivere con cui l’uo-mo ha cercato di edificare unmondo a sua misura, per ren-derlo ospitale.

Negli ultimi anni il lontanosi è fatto sempre più presentenella storia di tanti immigratiche vengono ad abitare assie-me a noi, nel nostro quartiere:si tratta di capire, di facilitarel’incontro ma anche di cono-scere il dramma e la fatica checi sono dietro. Così attraversodibattiti, film e spettacoli ci si éavvicinati al fenomeno migra-torio del Sud America e alledrammatiche storie familiari, inparticolare quelle dei bambinisradicati e collocati in una nuo-va città.

L’attenzione al socialeE’ un ambito decisivo dell’atti-vità del Qoelet, che attraverso

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sione di un percorso scolasticoo un momento di approfondi-mento dentro l’anno. E’ unagrossa opportunità per unacomunità cristiana che vogliapromuovere anche dentro lacultura giovanile argomenti equestioni che le stanno parti-colarmente a cuore. Si rivolgenon solo alle scuole di quar-tiere ma anche alle altre realtàcittadine o provinciali.

Il teatro La sala Qoelet in questi anni siè caratterizzata anche comecentro di proposta di attivitàteatrali.

Teatro per gli adultiDurante questi anni c’è stataun’animazione significativadi lettura e di testi che hannospesso accompagnato momentidella vita culturale e spiritualedella comunità.

Nei primi anni era statascelta come centro di forma-zione teatrale per i giovanidella città in collaborazionecon il Comune di Bergamo.Terminata questa esperienza,si è promossa l’attività teatraledentro il quartiere per fasce dietà diverse. Il linguaggio tea-trale resta una proposta educa-tiva molto importante per ladisciplina che richiede, il con-trollo di sé che favorisce e ilmettersi in gioco al servizio diun lavoro d’insieme, chiamatospettacolo. E’ una dimensioneeducativa che caratterizza lacollaborazione tra il Qoelet e

gregazione delle famiglie in unquartiere che in genere ladomenica offre davvero poco,ma anche un modo per diver-tirsi e gustare l’emozione diuno spettacolo in diretta, constorie e personaggi che affasci-nano e provocano la fantasia.

La musicaE’ un po’ la Cenerentola, nonperché manchi, ma dovrebbeessere più valorizzata… Ci so-no segnali incoraggianti peralcune attività che stanno par-tendo.

Una scuoladi educazione alla musicaAvvicinare i ragazzi allamusica e appassionarli a suo-nare uno strumento è l’obiet-tivo che ci siamo proposti.Non si tratta di sostituire strut-ture o realtà già esistenti e diottimo livello, ma si vuole pro-muovere il tempo libero e lavitalità dei ragazzi, che trovinoin un’attività un modo intelli-gente per stare insieme. Sivuole avvicinarli alla musicacon l’intento di suonare in-sieme in un progetto che puòavere tre sbocchi importanti:l’animazione di momenti difesta della vita dell’oratorio, lapartecipazione alla liturgia einfine entrare in una piccolaJunior band, che dovrebbediventare il punto d’arrivo perquesto percorso.

Per il momento sono tre icorsi proposti: chitarra, pia-noforte e batteria, per un totaledi 35 iscritti.

l’oratorio, che ricade poi nelleproposte fatte ai ragazzi stessi.

Teatro HandyTutti i lunedì durante l’anno siè attivato un laboratorio stabiledi integrazione e di incontroper ragazzi disabili, adole-scenti, giovani e adulti, attra-verso l’attività teatrale. E’ unarealtà che da alcuni anni tieneviva un’attenzione al mondodei disabili e insieme cerca difar incontrare storie diverse,che possono arricchirsi a vi-cenda.

La presenza di un attorequalifica il percorso stessocome ricerca ma anche di pro-duzione teatrale.

Corsi di teatroper elementari e medieDurante l ’anno più volte siaprono le iscrizioni alle attivitàteatrali per bambini delle ele-mentari e ai ragazzi delle me-die. L’occasione è data dai mo-menti della vita della co-munità: il Natale, la festa dellamamma e la chiusura delleattività scolastiche. Sono per-corsi aperti a tutti, con la pre-senza di alcuni operatori tea-trali che da anni collaborano.E’ un linguaggio importanteche nelle fasi della crescitapermette di socializzare, diresponsabilizzarsi ma insiemedi imparare ad esprimersi.

In cantiere una compagniagiovanile stabile di teatroDa alcuni anni si coltiva ilsogno di far nascere una com-pagnia giovanile stabile delQoelet. Potrebbe diventare ilpunto d’arrivo delle diverseproposte e che potrebbe darluogo a spettacoli e a proposteteatrali per tutto il quartiere.

Il teatro dei bambiniE’ una rassegna che da alcunianni si propone in collabora-zione con il Teatro Prova esezione Aurea, che permette alQoelet di ospitare una volta almese spettacoli per i bambinipiccoli, in genere dai 3 anni inpoi. E’ un’opportunità per l’ag-

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amare come ama Dio) solo dal credente, mentregli altri la colgono nella sua qualità di promotrice ecustode della relazionalità; la avvertono per imma-gini e segni di cui i principali sono, appunto, la giu-stizia ma anche altri, come la fraternità. E il cre-dente stesso, per costruire il corretto ordine rela-zionale assieme agli altri cittadini del mondo, devedeclinare la carità attraverso un terreno medianocomune che è la morale relazionale, cercando diportare il comportamento umano sempre piùverso la sua pienezza di carità, che non sarà mairaggiunta pienamente nel tempo e che saràl’ideale utopico a cui tendono nel tempo le virtùetiche, compresa la giustizia.

Dalla Chiesa è peraltro custodito in proprio ilservizio della carità, che ha altre modalità d’eser-cizio rispetto all’agire politico: nel senso che dàanche a chi non spetta; che unisce e non distin-gue; che dà anche senza esigere rientri. L’encicli-ca tenta di ristabilire la corretta relazione tra impe-gno per la giustizia e servizio della carità (n. 28).

Il Papa non parte da una definizione di giustizia(ma recupera poi il concetto della tradizione filo-sofica antica secondo cui essa è la virtù “che dàa ciascuno il suo”), ma la vede come “lo scopo equindi anche la misura intrinseca di ogni politica”(n. 28a). E però, come ogni altra virtù etica ecome i risultati dell’ordine da essa stabilito, nem-meno la giustizia può essere estranea al discorsoprettamente cristiano, perché la fede dà occhi piùpuri alla ragione per vedere (n. 28a). Questo èl’apporto specifico della dottrina sociale che“vuole semplicemente contribuire alla purifica-zione della ragione e recare il proprio aiuto perfar sì che ciò che è giusto possa, qui ed ora,essere riconosciuto e poi anche realizzato”, argo-mentando “a partire dalla ragione e dal dirittonaturale”, attraverso, appunto, “la purificazionedella ragione e attraverso la formazione etica”

Al di là del conflitto tra giustizia e caritàIl riferimento alla politica emerge da un percorsostorico che, a partire dall’Ottocento, registra lapretesa delle opere di giustizia (sociale) di sosti-tuire la carità e le sue opere. Quindi la riflessionesi colloca nel tradizionale solco del confronto tragiustizia e carità. Un confronto che non va bana-lizzato nel senso che prima vengano le richiestedella giustizia e dopo quelle della carità, se èvero che tra le due virtù non si pone alcun con-flitto di interesse, dato che la carità è virtù teolo-gale che informa le virtù morali (tra cui la giusti-zia) e non si affianca ad esse in un ordine di suc-cessione, e men che meno le annulla. È da direperaltro che per giustizia il Papa sembra inten-dere non tanto la virtù omonima, ma l’insiemedell’ordinamento politico corretto che ad essa facapo come a virtù per antonomasia della politica.

La separazione tra l’ordinamento della carità el’ordinamento della giustizia è imputata dal Papaad una cattiva interpretazione dei dati storici siada parte della Chiesa sia da parte del pensieroprofano. Il pensiero secolare, incapace di coglierela dimensione trascendente, ha concepito unaconcorrenzialità tra gli ordini delle due virtù e hadato il primato alla giustizia nell’ambito temporale;la Chiesa si è sentita minacciata nelle sue opere enella sua peculiare vocazione, fino a isolarsi in sestessa e a trascurare, nel nome del primato deltrascendente, il problema del giusto ordinesociale, giudicato come estraneo al problemaultimo dell’uomo. La carità per natura e per fineviene prima della giustizia perché è messa inmoto da Dio-amore; sta alle origini della creazionestessa; informa tutta la vita relazionale dell’uomo,e quindi anche la giustizia e resisterà in eterno,anche quando le altre virtù avranno fine. E però,nel tempo, la carità può essere pienamente coltanella sua natura teologale (per cui essa è un

La politica nella prima enciclica

di Benedetto XVINel cuore dell’enciclica Deus caritas est di Benedetto XVI, dentro l’impe-gnativa trattazione sul costitutivo compito ecclesiale della carità, si situauna riflessione breve ma densa sulla politica.

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non al personale ecclesiastico – come vedremo –,il ruolo di costruire le strutture e le leggi.

Il profilo della politica dentro la caritàNon è intenzione di questa enciclica indagare ilpiano politico nella sua compiutezza, tant’è veroche esso viene sinteticamente identificato – comeabbiamo visto – nella realizzazione della giusti-zia, intesa come virtù compendiaria relazionale,che meglio può prestarsi a dialogare con lacarità, quanto a vicinanza e quanto a differenza.Papa Benedetto ama costruire il discorso – informa di alta lezione didattica – creando sintesitra concetti contrapposti, come aveva fatto nellaprima parte individuando il rapporto tra eros eagape per infrangere la rigida separazione delNygren (Eros e agape. La nozione cristianadell’amore e le sue trasformazioni, trad. ital.,Bologna 1971). In realtà nella costruzione politicagiocano tante altre grandi virtù: principe addirit-tura quella della prudenza, che svolge un essen-ziale ruolo anche metodologico di individuazionedel possibile avanzamento del costume dellasocietà; poi la fortezza che fa resistere contro gliattacchi di chi vuole costringerci ad abbandonareper nostro tornaconto il bene comune; poi la tem-peranza, che modera i desideri e permette unaconvivenza sociale armoniosa ed equilibrata. Sesi trascurano queste virtù, il discorso politicoresta una lotta aspra e perenne tra principi irridu-cibili. E se si sottrae alla visione politica la com-pletezza del piano etico, essa diventa un rapportotroppo radicalizzato tra giustizia (virtù distributivache “dà a ciascuno il suo”, cioè quello che merita)e carità (virtù oblativa che dà in ragione di quelloche l’altro per essenza è e può diventare: cioècome dono promozionale). È, ancora una volta, ilterreno mediano dell’etica quello che permettealla carità di vivificare le strutture politiche perchéin esso già si sente a casa sua, in forza diun’azione relazionale già ivi esercitata dalle virtù.

Ma è comunque interessante il ruolo che qui,dentro l’azione tipica della dottrina sociale (cioèdentro il discorso della promozione della giusti-zia), svolge la carità (n. 28b). Esso è individuatonel completamento e nel perfezionamento dellagiustizia, quasi come una riserva d’amore lad-dove l’amore rischi di andare smarrito dentrosoluzioni politiche che tendono a ribadire la soli-tudine dell’individuo di fronte alle strutture; a pro-porre standardizzazioni a volte disumane nellaloro giusta astrattezza; a non reagire con imme-diatezza di fronte a situazioni emergenti di neces-sità “anche materiali”. Sullo sfondo si può leggerela convinzione del Papa che ogni legge mondanasia manchevole e imperfetta e bisognosa comun-que di implementazioni; e che l ’amore haantenne che colgono prima i bisogni.

La Chiesa diventa, di fronte ad uno Stato

(n. 28a). Sulla formazione etica però il discorsoqui si chiude

Noi ci permettiamo – con una minima cono-scenza della storia e col sensorio dell’esperienzarelazionale, per così dire, quotidiana – di raggiun-gere il dettato dell’enciclica partendo da un altroversante, più mondano. Constatiamo che anchela giustizia può aiutare la carità del Cristiano aritrovarsi, nel caso di smarrimenti storici numerosie reali: la fraternità non è stata forse riscopertacome unità fra tutti gli uomini – e non solo tramembri della comunità cristiana – dalla giustiziapolitica? Il rispetto della autonoma padronanzadella propria persona non è stato forse riscopertodalla crescita della percezione dei diritti indivi-duali mondani? L’uomo mondano nella storia per-cepisce spesso la carità mediante la giustizia,cioè avvertendo nelle relazioni umane situazionidi disuguaglianza da sanare per riportare nellastoria l’opera dell’amore. Questo è l’altro ver-sante, meno praticato dalla riflessione dell’enci-clica, che insiste invece sulla realtà dell’offertache la fede e la carità fanno alla giustizia politica.In altre parole, si deve dire che tra carità e giusti-zia passa una corrente bidirezionale, che trova lasua condensazione nel terreno dell’etica o delcostume. La carità passa nell’ordinamento poli-tico non solo, e non tanto, attraverso appelliall’amore divino, ma attraverso la costruzioned’un costume relazionale di amore; e, d’altro lato,l’ordinamento politico, con le sue strutture di giu-stizia, può funzionare come vera carità storica,che, per quanto a dimensione antropologica, fascoprire e realizzare le esigenze dell’amoreanche a chi non crede (“avevo fame, e mi avetedato da mangiare; avevo sete…”).

L’enciclica si mantiene comunque dentro il pro-filo della calata da carità ad ordinamento giusto eperciò vede il ruolo discendente della dottrinasociale che “vuole servire la formazione dellacoscienza nella politica e contribuire affinché cre-sca la percezione delle vere esigenze della giusti-zia e, insieme, la disponibilità ad agire in base adesse, anche quando ciò contrastasse con situa-zioni di interesse personale” (n. 28a). L’interventodella Chiesa nella questione politica non è di pro-tagonismo nella battaglia politica ma ha i caratteridi questa umiltà diaconica della dottrina sociale, di“argomentazione razionale” e di “risveglio” delle“forze spirituali” nella “formazione delle coscien-ze”. Non teme di passare per Protestante il Papatedesco, accentuando il ruolo primario della for-mazione delle coscienze! Sono escluse quindiquelle intese tra Chiesa e mondo politico che,invece di essere finalizzate a risvegliare le forzespirituali e le coscienze, si configurino come sortadi patti politici tra mondo religioso e mondo poli-tico. L’enciclica vola più alta. E per significaremeglio questo suo ruolo spirituale, lascia ad altri,

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che i laici ricevono quel compito direttamente(senza bisogno di conferimenti d’altra origine,nemmeno dalla Chiesa) da Dio e che essidevono operare nella vita sociale “rispettandonela legittima autonomia e cooperando con gli altricittadini secondo le rispettive competenze e sottola propria responsabilità” (n. 29). Quest’opera dicostruzione generale della città, affidata ai laici, èdefinita dall’enciclica (n. 29) – secondo la cita-zione del Catechismo della Chiesa Cattolica (n.1939) – “carità sociale” (n. 29). Ed è una caritàlaicamente espressa.

Altro è per quelle opere di carità (n. 29) chefanno direttamente capo alla Chiesa (come, adesempio, case di cura cattoliche, case di riposocattoliche, scuole cattoliche, gruppi caritativiecclesiali…). Queste ultime sono costruitesecondo il sentire della Chiesa e dentro il perime-tro della comunità, con logica comunionale; ma,essendo parti del tessuto sociale esse stesse, edavendo destinazione politica quanto a fine, non sisottraggono nemmeno loro al metodo del rac-cordo tra giustizia e carità. Inoltre, metodologica-mente possono essere laboratori di carità socialeanche extraecclesiale.

Per molti aspetti l’enciclica Deus caritas est èuna riflessione che ci riporta agli anni forti dellateologia conciliare, quando era vivo il dibattitopolitico dei Cattolici, prima dell’attuale e strumen-tale ripiegamento clericale di tanti credenti chedelegano volentieri alla Chiesa-istituzione la loroopera faticosa e nobile di azione politica. Dallarinfrescante riaffermazione del ruolo immediatodei laici nella politica può partire il discorso sulmetodo di espletamento di quel compito. Essonon può non essere intrinseco alla sostanza diquella immediatezza, e quindi non può essereuna semplice traduzione tecnica e secca nelcampo politico di principi elaborati altrove (nem-meno nelle comunità cristiane), ma deve esserela messa in atto di tutte le virtù, intellettuali emorali, da parte del laico credente al fine di farcrescere nella città non solo la più alta forma digiustizia, ma anche di carità, come fonte primadella stessa relazionalità umana. Fontale riferi-mento della stessa giustizia, l’amore oblativo larende da formale a sostanziale, perché “dare aciascuno il suo” significa individuare le struttureper cui ciascuno ottiene non quello che meritaalla luce di un giudizio valutativo astratto o inte-ressato e imperfetto, ma quello che lo porta algrado di dignità di uomo, fatto ad immagine esomiglianza di Dio, che è quello veramente “suo”.Di qui il discorso della carità sociale, e quindidell’impegno politico, diventa primariamentesostegno alle debolezze e alla relazionalità,secondo una visione politica veramente persona-listica e non invididualistico-liberale.

costruito, nella migliore delle ipotesi, su rigideregole di giustizia distributiva, la riserva d’animarelazionale e di amore. Ma si tratta della Chiesacome comunità dove l’uomo cittadino si alimentaai suoi valori fondativi di carità in prossimità allafede, o dei membri della Chiesa che cercano diriversarsi nel campo della costruzione della cittàtrasferendo ivi le leggi dell’amore? Il Papa af-ferma che la “Chiesa è una [si noti: una] di que-ste forze vive” dove “pulsa la dinamica dell’amoresuscitato dallo Spirito di Cristo” (n. 28b). Il ruolofortemente positivo e ideale di cui essa è deten-trice sembra riportare il discorso all’idea diChiesa comunità, serbatoio d’amore, che non hail compito immediato della “formazione di giustestrutture” (n. 28b); che è staccata dalle strutturedi potere temporali e che mantiene il ruolo diparametro di riferimento spirituale.

Ripresa del ruolo dei laici Accanto a questa opera (interna alla Chiesa manon separata) di custodia e di riserva di carità, laChiesa può trasferire attivamente il suo patrimo-nio di carità nella politica effettiva attraverso i laicicredenti. Papa Benedetto riprende qui un’ideache una certa teologia diffusa ha consideratosuperata: quella che è compito immediato deifedeli laici (dei Christifideles) “operare per un giu-sto ordine nella società” (n. 29). Il senso rinviaalla Christifideles laici di Giovanni Paolo II (n. 42),ma quell’aggettivo immediato riprende ultima-mente l’esortazione apostolica Evangelii nun-tiandi di Paolo VI (n. 70), dove si afferma che“compito primario ed immediato [dei laici] non èl’istituzione e lo sviluppo della comunità eccle-siale – che è il ruolo specifico dei Pastori –, ma èla messa in atto di tutte le possibilità cristiane edevangeliche nascoste, ma già presenti ed ope-ranti nella realtà del mondo. Il campo propriodella loro attività evangelizzatrice è il mondovasto e complicato della politica”. Papa Bene-detto fa rientrare in scena quell’esplicito riferi-mento (“immediato”) e ciò è particolarmentesignificativo se si pensa che il recente Compen-dio della dottrina sociale della Chiesa, nella purimponente massa di testi pontifici citati, haespunto – chissà perché? – quel passo cosìsignificativo della Evangelii nuntiandi.

Queste ultime considerazioni forse paionopignolerie in un tempo in cui sembrano funzio-nare, anche nella teologia, le macrostrutturediscorsive e le ermeneutiche tese come violini,più che il rispetto filologico della parola. Ma unPapa “professore” come Papa Ratzinger ce loripropone autorevolmente. Quell’aggettivo imme-diato, riferito al compito dei laici in politica, non èinfatti né casuale né debole, perché è nell’enci-clica espressamente distinto dal compito “me-diato” della Chiesa comunità (n. 29). Esso dice

Il discorso sui soldi ha un suo spazio in una comunità cristiana.Anche i soldi aiutano a capire cos’è una comunità cristiana ecome lavora. La nostra comunità ha, per la sua attività, dellestrutture: le due chiese, la casa dei preti, un ambiente per l’acco-glienza e l’educazione dei ragazzi (Oratorio), una casa dellacarità (Casa anziani e Piane), una sala per la cultura (Qoelet). Lamanutenzione e la gestione (gas, luce, tasse…) di tanti e impe-gnativi ambienti richiede ogni anno un bel po’ di soldi. Inoltre lediverse attività che si fanno, nonostante siano nella stragrandemaggioranza svolte in maniera volontaria e gratuita, hanno deicosti, tra questi il mantenimento dei preti che lavorano a tempopieno per la parrocchia. Infine, i soldi in una parrocchia si rac-colgono per i poveri; è il primo scopo che essi hanno: quello didare un segno concreto alla fraternità che nasce dalla parola diDio e dall’eucaristia. Se si tiene presente tutto questo si deveconsiderare un piccolo miracolo che una parrocchia (e nella solaBergamasca sono centinaia) raccolga i soldi necessari per unasimile impresa solo da offerte libere dei singoli fedeli. In unasocietà dove tutto si paga è, per chi vuol vedere, un segnoimpressionante di ciò che ancora può fare tra gli uomini la logicadella gratuità. In questo senso anche un bilancio può essere inqualche modo “meditato”: sia per trarre motivo di stupore perqueste piccole tracce della grazia che in mille modi percorre lerelazioni umane; sia per fare una piccola verifica della propriapartecipazione alla vita della comunità.

LA PARROCCHIA E I SOLDI

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I SOLDI

USCITE ENTRATE

Una volta all’anno rendiamo conto a tutta la comunità del bilancio parroc-chiale. Ci sembra quest’anno di poter dire che, dopo una fase di affanni,entriamo in un momento di relativa serenità (quanto durerà?). Abbiamofinito di pagare i costi del riadattamento del Qoelet e della sistemazionedella piazzetta davanti all’Oratorio e alla chiesa minore. Stiamo ancheintravedendo un po’ di chiaro in fondo ai debiti per il rifacimento dellacasa parrocchiale. Ma siamo soprattutto contenti della generosità di moltiparrocchiani e della risposta alle proposte di solidarietà e ai piccoli pro-getti di carità.Dal punto di vista finanziario due sono le operazioni di spessore: si èpagato l’intervento relativo al rinnovo della piazzetta della chiesa minore(57.225 ) realizzato in concorso col Comune di Bergamo. L’altro fatto dirilievo è che siamo riusciti ad ottenere dal Ministero dello spettacolo,dopo una faticosa istruttoria, un contributo (78.000 ) in relazione allespese per il rinnovo del Teatro Qoelet (che era costato oltre 200.000 ).La cosa che però secondo noi merita più attenzione è la generosità dellacomunità. Per averne un’idea basta guardare alla voce “contributi di soli-darietà” che è quasi il doppio delle “spese generali”: ci sembra, negli anni,un traguardo significativo.Iniziamo ad intravedere la fine del mutuo contratto per la ristrutturazione del-la casa parrocchiale: residuano 51.884 che termineranno a marzo del prossi-mo anno. Questo impegno ci è alleggerito, anche se trattasi pur sempre di undebito, dal mantenimento dei presti-gratis ancora in essere per 40.652 .Numerosi ed importanti altri impegni ci aspettano nei prossimi anni, comeinterventi da programmare sulla chiesa maggiore, risistemazione di alcunezone dell’Oratorio in connessione alla riconfigurazione di Redona centro;oltre alle diverse opere di manutenzione anche straordinarie che le nume-rose strutture parrocchiali sistematicamente, a turno, richiedono.

Contributi solidarietà 57.926,00 Offerte solidarietà 51.197,00

Spese per il culto 9.669,00 Offerte fedeli 24.013,00Sostegno sacerdoti 7.510,00 Offerte per il culto 62.445,00Collaboratrice domestica 11.811,00 Offerte straordinarie 46.291,00

Manutenzioni 13.177,00 Affitti attivi 13.092,00Spese generali 30.844,00Assicurazioni 6.455,00Oneri finanziari 3.044,00 Proventi finanziari 2.691,00Imposte 5.441,00 Proventi straordinari 83.000,00

Ristrutturazione casa parrocchiale 64.146,00 Pro ristrutturazione 5.120,00Comunità Redona 19.559,00 Comunità Redona 23.742,00Oratorio 176.809,00 Oratorio 171.152,00Avanzo di gestione 76.352,00

Totale 482.743,00 Totale 482.743,00

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ANNO 2005

SOLIDARIETÀ 57.926Le cifre non vogliono quantificare la solidarietà e l’impegno di gratuità chesorreggono la vita della parrocchia; sono solo l’indicazione o il segno dellacarità che dovrebbe essere la prima finalità dei soldi in una comunità cri-stiana. Esiste una solidarietà tra le parrocchie: ogni parrocchia paga 1 europer abitante (nostra quota 6.400 ) che confluisce in un fondo comune cheinterviene nelle situazioni di bisogno ed in aiuto a rimborsare interessiper debiti contratti per ristrutturare strutture parrocchiali [questa è la voceche crea la differenza tra contributi ed offerte]; poi verso le Missioni (2.354 ), eper il Seminario (1.000 ). Le offerte fatte in occasione particolari: in aiuto aiterremotati del Pakistan (6.500 ), per il maremoto in Indonesia (9.968 ). Dirilievo è l’adesione ai progetti della Caritas parrocchiale a cui si partecipacon un’offerta mensile: citiamo il progetto Handy (8.778 ), il progettoAfrica contro l’AIDS (7.079 ), nonché il sostegno ai minori e a famigliebisognose e l’aiuto ai poveri di strada, famiglie bisognose per 1.359 . Dasegnalare anche gli interventi del gruppo Unitalsi (3.556 ) e del gruppo S. Vincenzo (6.148 ).

SPESE PER IL CULTO 9.669Qui troviamo le spese che servono per le celebrazioni, fiori, candele(2.557), rimborsi per alcuni servizi liturgici (3.732) ecc. Ovviamente tutte leattività di culto si reggono sull’opera gratuita e generosa di tante persone:di quelle, per esempio, che garantiscono l’impegnativo servizio di sagre-stia e la pulizia delle chiese.

SOSTEGNO PER I SACERDOTI 7.510La cifra è quanto la cassa parrocchiale effettivamente esborsa per integrarelo stipendio ai preti che ha una costituzione complessa. Per spiegarci: i no-stri preti fanno vita comune e hanno una cassa comune che raccoglie tuttele loro entrate. In cambio ricevono dalla comunità, oltre all’alloggio e i ser-vizi di luce, gas, acqua, telefono, uno stipendio. Ogni prete riceve uno sti-pendio di circa 8.000 euro l’anno. L'ammontare complessivo dello stipendioè esattamente di 24.264.70 euro; ed è così composto: 11.589,70 dall'Istitutoper il Sostentamento del Clero (una cassa comune nazionale formatadall’accorpamento dei vecchi benefici parrocchiali e da una parte dei contri-buti dei cittadini attraverso la destinazione dell’otto per mille); 9.099,30 de-rivanti dall'insegnamento della scuola di religione da parte di don Patrizio;il restante 3.575,58 è garantito dalla parrocchia, per una cifra che è propor-zionale al numero degli abitanti. Al compenso mensile la comunità ag-giunge un accantonamento di circa 1.200 euro annui per ogni sacerdote chevanno a costituire una sorta di accompagnamento di fine servizio nel mo-mento in cui il prete lascerà la parrocchia. A questo sono da aggiungere leofferte libere per la celebrazione delle Messe.

COLLABORATRICE DOMESTICA 11.811La persona che garantisce il servizio della casa e della vita comune deipreti viene stipendiata dalla comunità, in quanto non è al servizio di unsingolo prete ma svolge un importante compito comunitario, che è quellodi garantire la vita comune dei preti e di “presidiare” la casa parrocchiale.

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USCITE

MANUTENZIONI 13.177Sono diversi interventi di manutenzione ordinaria per la chiesa maggiore(2.997 per sistemazione del portone ingresso, 400 per la manutenzionedell’organo, 2.956 per il mantenimento del sagrato), poi per la casa parroc-chiale (1.371), oltre a 4.000 per sistemazione caldaia presso la casa anzianie ad interventi di piantumazione e sistemazione giardino della casa stessa.

SPESE GENERALI 30.844Rappresentano tutti i costi di gestione ordinaria delle strutture parrocchia-li. Il riscaldamento delle chiese e della casa parrocchiale per 20.473; l’ener-gia elettrica per 4.819; il telefono per 1.704, oltre alla cancelleria per 1.704.Altre due voci che hanno un peso importante sono le assicurazioni allestrutture e alle persone per 6.455 e 5.441 per imposte e tasse. Queste vociche sono normalmente considerate di ordinaria amministrazione, somma-te assieme alle normali manutenzioni, raggiungono la considerevole cifradi 55.917, importo che va ad assorbire oltre il 40% delle offerte. Come si ve-de il “funzionamento” delle strutture è la voce più rilevante del bilancio.

ONERI FINANZIARI 3.044Gli interessi che paghiamo in relazione al debito per la casa parrocchialesono di 2.237, anche se vengono poi in buona parte recuperati grazieall’aiuto che viene dalla Curia (che ridistribuisce il fondo solidarietà par-rocchie).

RISTRUTTURAZIONI 64.146In questa voce troviamo il saldo (6.919) delle opere di rinnovamento fatteal Teatro Qoelet ed i costi sostenuti per il rifacimento del sagrato anti-stante la chiesa minore (57.225,85). Ricordiamo in proposito che i lavorisono stati realizzati con il concorso del Comune di Bergamo in cambiodella cessione di alcuni spazi per l’ampliamento del marciapiede.

OFFERTE PER IL CULTO 24.013Un’altra cosa bella è che i fedeli, quando celebrano in comunità alcuniavvenimenti importanti della loro vita, cercano di esprimere il loro legamecon la comunità mediante un'offerta. E così, per esempio, in occasione deiBattesimi si sono raccolti 3.710 euro; per le Prime Comunioni e le Cresime4.454; per i Matrimoni 5.340; per i Funerali 7.440 (come si nota è il sacra-mento più…. gettonato!)

OFFERTE FEDELI 62.445Sono i soldi che si raccolgono nelle Messe, all’offertorio. È forse il gesto che,legato all’eucaristia e alla comunione, fa capire meglio il senso dei soldi inuna comunità cristiana. Da dove vengono i soldi in una comunità cristiana?Da un gesto di gratuità e di comunione, in risposta alla grazia ricevuta dal Si-gnore. Dove vanno? A formare la comunità; a sostenere la vita della comu-nità e l'aiuto ai poveri. L'offerta che si fa nella Messa è perciò per ogni fedeleun test della sua coscienza comunitaria e del suo grado di appartenenza.

ENTRATE

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OFFERTE STRAORDINARIE 46.291I fedeli, oltre all’offerta che fanno nell’offertorio della Messa, portano allacomunità delle offerte libere, in diverse circostanze e in diverse forme.Occasione particolare è la colletta natalizia, nella quale è data la possibilitàdi decidere quanto in un anno un singolo fedele intende mettere in comu-nità. La colletta dell’ultimo Natale è stata di 37.735 euro.

AFFITTI 13.092E’ quanto la parrocchia percepisce dagli affitti della Casa anziani che ègestita dall’Associazione “Le Piane”.

PROVENTI STRAORDINARI 83.000Due sono le fonti da cui sono pervenuti questi fondi finalizzati a concor-rere alle spese di rinnovo della sala Qoelet. Un contributo di 5.000 europervenuto dalla Associazione Le Piane e l’altro di 78.000 euro ottenuto(dopo un complesso e “sudato” iter) dal Ministero degli spettacoli.

ORATORIO

Uno sguardo particolare merita l’oratorio per la sua opera meritoria e peril miracolo che riesce a fare di mantenersi senza avere nessuna entratasicura. Nella gestione dei soldi si possono leggere le scelte di attenzione aipiù piccoli e alle loro famiglie, agli adolescenti e al quartiere.Il tentativo di far quadrare i conti non sempre riesce, come per quest’anno,ma l’oratorio sa che la comunità è sempre attenta e, quando proprio non cela fa, il sostegno diventa concreto. E’ importante anche il riconoscimentodegli enti pubblici ad alcune attività dell’oratorio che si traduce in progetticondivisi che sono parzialmente finanziati.

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USCITE ENTRATE

Bar 19.188,00 Bar 25.848,00Spese campeggi 32.274,00 Entrate campeggi 35.187,00Redonestate 53.424,00 Redonestate 34.798,00Viaggi culturali 12.804,00 Viaggi culturali 13.360,00Palio/carnevale 5.755,00 Contributi enti per palio 1.836,00Attività diverse 26.468,00 Attività diverse 28.808,00

Spese generali: Proventi diversi 19.206,00Acqua 109,00Arredi 1.902,00 Contributi da enti pubblici 12.109,00Cancelleria 3.762,00Enel 2.164,00Telefono 1.610,00 Sub totale 171.152,00Altre 17.349,00

Disavanzo 5.657,00

Totale 176.809,00 Totale 176.809,00

ANNO 2005

INIZIATIVE

Tra le attività dell’oratorio, il capitolo di spesa più significativo è il CRE ( 53.424). I campeggi e i viaggi culturali per gli adolescenti sono costaticomplessivamente 45.078. Le “Attività diverse” comprendono la voce“ritiri” ( 8.080), “attività ricreative” ( 5.092) e i progetti realizzati in col-laborazione con la scuola e le istituzioni ( 4.114).

SPESE GENERALI 26.896Le spese generali sono tutti quei costi che ogni famiglia sostiene per farfunzionare la casa; la famiglia dell’oratorio ha una casa molto grande:riscaldamento ( 3.710), acqua ed elettricità ( 2.272), telefono ( 1.610) espese di cancelleria ( 3.761). Le spese di manutenzione ordinaria hannosuperato gli 8.000 .

Come sono composte le entrate dell’oratorio? I costi di alcune iniziative, adesempio i campeggi, i viaggi culturali e i ritiri, sono coperti, o quasi, dalcontributo dei partecipanti; per altre attività, come il CRE, le quote dellefamiglie (34.798 ) e i contributi degli enti pubblici (7.442 dal Comune,2591 dalla ASL e 2.075 dalla Circoscrizione) non sono sufficienti acoprire le spese. Anche il Palio, nonostante il contributo pubblico (1.836 )rimane una voce negativa. Alcune iniziative permettono all’oratorio difinanziarsi: il banco vendita, la pesca di beneficenza e la lotteria. Altreentrate significative sono costituite dalle offerte delle famiglie all’iniziodell’anno catechistico e il saldo positivo della gestione del bar.

COMUNITÀ REDONAAnche quest’anno l’impresa di mettere insieme il nostro giornale mensileriesce ad autogestirsi mantenendo il suo impegnativo carattere e senzacedere alle lusinghe della pubblicità. Le voci di uscita sono sostanzial-mente due, quelle di stampa 18.548 e quelle di spedizione (848), mentre leentrate sono date dalla sottoscrizione degli abbonamenti (22.281) a dalleofferte per le foto dei defunti (1.279).Sappiamo di proporre un giornale impegnativo. Non lo facciamo perché cipiace essere difficili, ma perché riteniamo che una comunità debba affron-tare seriamente i problemi che la fede oggi pone a una persona che vive inqueste città complicate ed esigenti. E d'altra parte ci pare che alcuni cam-mini che si fanno in comunità vadano documentati per permettere a chivuole riflettere e formarsi di avere uno strumento di lavoro. Questi obiet-tivi, che pure chiedono tanta pazienza e comprensione a molti che magarisi accontenterebbero di cose più facili, sembra che vengano complessiva-mente apprezzati. Così pare di poter leggere il sostegno finanziario che ciarriva. A tutti grazie.

ENTRATE

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USCITE 176.809

171.152

Feste e Ricordi

Periodico mensile - Anno XXXII - Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Bergamo - N. 332 - Marzo 2006 - Autorizz. deltribunale di Bergamo, N. 8 dell'8-6-1974 - Direzione: don Sergio Colombo (responsabile), Franco Pizzolato - Redazione: Roberto Alfieri, Marta Antoniolli, Arturo Bonomi, don Lino Casati, don Sergio Colombo, Stefano Fojadelli, don Tino Galizzi, Sandro Lorenzi, don Patrizio Moioli, Andreina Paris, Serena Paris, Filippo Pizzolato, Franco Pizzolato, Stefania Ravasio, Claudio Salvetti. Proprietà: Parrocchia di S. Lorenzo Martire - Quartiere di Redona (Bg) - sede: via Leone XIII, 15 - Bergamo - Tel. 035/341545 - Fotocomposizione e stampa: ditta Quadrifolio (Azzano S. Paolo - Bergamo)

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PANTALEONEGREGIS† 15-3-1993S. Messaalle ore 18.30del 13-3-2006

ELENABRASI† 4-4-1983S. Messaalle ore 18.30del 4-4-2006

TERESARAVASIOCERUTI† 29-3-1997S. Messaalle ore 18.30del 29-3-2006

EMILIOCERUTI† 7-4-2002S. Messaalle ore 18.30del 7-4-2006

MARIALUISATIRONIRAVASIO† 27-3-2004S. Messaalle ore 18.30del 27-3-2006

MARIOZANDA† 18-3-1980S. Messaalle ore 8del 18-3-2006

PIETROSALVI† 6-4-1990S. Messaalle ore 18.30del 6-4-2006

FLAVIOCALDERA† 1-4-1995S. Messaalle ore 18.30dell’1-4-2006

DAVIDECONSONNI† 2-4-2003S. Messaalle ore 18.30del 3-4-2006

ALCESTECRUCIANI† 4-4-1971S. Messaalle ore 18.30del 4-4-2006

MARIAPALAZZODI MICHELE† 5-4-1995S. Messaalle ore 18.30del 5-4-2006

SABINATIRONIVALSECCHI† 17-3-2005S. Messaalle ore 18.30del 17-3-2006

Defunti

Anniversari

MARGHERITAVAVASSORIMARCHETTI(di anni 64)† 27-2-2006

GIUSEPPAMESSINEOGUAGLIARDO(di anni 88)† 27-2-2006

GIOVANNIGAMBARELLI(di anni 66)† 18-2-2006

UNA PROPOSTAPER UNA

QUARESIMAUN PO'

DIVERSAL’idea è quella di proporre un“giro” dentro la Bibbia (que-st’anno l’Antico Testamento),attraverso la lettura di alcunitesti significativi.

Si è scelto il momento dellagiornata che sta tra la fine dellavoro e la cena: dalle 18,30alle 19,20. Ogni giorno, dallunedì al venerdì, per le cin-que settimane di Quaresimasi leggerà un passo della Bib-bia: con l’aiuto di qualchesemplicissima indicazione dilettura e un breve spazio disilenzio e di preghiera.

La lettura sarà inserita nellacelebrazione serale del-l’eucaristia; in modo che ilpercorso quaresimale permet-terà anche di fare un'espe-rienza singolare della Messaferiale.

La proposta vorrebbe concre-tizzare una possibilità di sotto-lineare in maniera significativail cammino quaresimale. Perqualcuno può essere l’occa-sione di fare un primo assag-gio della Bibbia.

L'appuntamento è dunqueogni sera alle 18,30 in chiesamaggiore, da lunedì 6 marzo avenerdì 7 aprile.

CESARINAPEZZOLICAPELLI(di anni 78)† 25-1-2006

ANTONIETTATIRABOSCHIPASSETTI(di anni 94)† 8-2-2006

Banco CaritasSabato e domenica

1-2 aprilepresso il salone S. Lorenzo

(Casa Anziani)

Il gruppo di volontariatodelle ricamatrici è felicedi mostrare e di offrire ilfrutto del proprio lavoro.

Percorsi di cristianidentro i problemi della città

7 marzo 2006

Lavoro e societàProf. Eugenio Zucchetti

3 aprile 2006

Lavoro e politicaProf. Aldo Bonomi

I convegni organizzati dalla Parrocchia e dalle Aclisi terranno presso il Qoelet.

Il lavoro è un’espressione centrale dell'identità e dellasocietà dell’uomo.

Le pratiche del lavoro istituite da una società storicariflettono il modo in cui quella società esprime la suanatura, il suo senso delle relazioni tra uomini e le spe-ranze.

La condizione del lavoro è stata variamente interpre-tata e vissuta dalle società umane: da fatica instanca-bile, specchio di una condizione segnata dalla pena, aimpegno edificante di trasformazione della natura e dellastoria, volto alla creazione di una convivenza liberata dalbisogno e dalla disuguaglianza.

Oggi il lavoro vive la condizione difficile della postmo-dernità: tramontata la fede in un progresso linearecapace di moltiplicare le risorse e di armonizzare i rap-porti sociali, affrancandoli da una competizione conflit-tuale, le democrazie occidentali sperimentano anche quiil senso di una precarietà e di un'insicurezza profonde.

I due incontri che proponiamo intendono offrire qual-che strumento di lettura della transizione in atto.

Il primo, dedicato ai rapporti tra lavoro e società, necerca le matrici storiche e ne indaga le implicazioniantropologiche: la condizione sociale del legame lavoronell’età del “postofordismo” riflette un’inedita condizioneeconomica e sociale nella quale i legami si allentano e iprogetti di vita si accorciano su prospettive di breveperiodo, segnate dell’incertezza. Si tratta di un esito ine-vitabile del mercato, che i giovani devono assumerenelle loro pratiche di vita e nella loro cultura come“destino”, oppure vi sono esperienze che testimoniano lapossibilità di coniugare i processi economici con un tes-suto sociale meno disgregato e individualista? A qualicondizioni e a quali prezzi, con quale mutazione cultu-rale?

La seconda serata riflette invece sui rapporti tra poli-tica e lavoro, spostando la domanda sul piano dellagovernabilità del processo. Quale quadro e quali inter-pretazioni si possono ricavare sulla legislazione in mate-ria? La politica può solo realisticamente limitarsi a conte-nere ed armonizzare l'impatto sociale del nuovo mercatodel lavoro o ha strumenti per esprimere una direzione dipiù alto profilo, coerente con un autentico progettosociale?

IL LAVOROLA SOCIETÀ E LA

POLITICA

Lunedì 6 marzo

Come stanno i bambini a Bergamo?Quanti sono?Cosa si fa per loro?Quali problemi emergono?

Lunedì 13 marzo 2006

Alcuni racconti della vita dei bambiniin un quartiere. Una casa che si apread accogliere i bambini di altre fami-glie: esperienze di aiuto di vicinato edi affido.Gli incontri si tengono presso l’aula magna dell’Isti-tuto Petteni, in via Buratti n° 4, Bergamo, alle 20,45.

Ogni bambino cerca una casa... La sua prima casasono anzitutto il papa e la mamma che accoglien-dolo rendono possibile I’avventura straordinariadella vita.

In quella casa impara le cose fondamentali dellavita, prepara il bagaglio che lo accompagnerà pertutti i giorni, fino alla fine.

Da quella casa impara a guardare, a scoprire epoi conoscere il mondo, a volte ostile e difficile, maanche pieno di amici e di persone che stannocostruendo insieme una grande casa, che è la città,il quartiere in cui vive. Come Osservatorio ci piace-rebbe contribuire a far conoscere “il molto” che si faper i bambini nel quartiere, ma anche far ricono-scere come sia urgente pensare ai bambini che sonoin difficoltà per imparare a sentirli un po’ come i figlidi tutti. Abbiamo pensato a degli incontri rivolti aigenitori per continuare e sostenere la loro grandeimpresa di educare un figlio.

Incontri aperti agli operatori del Comune, dellescuole e ai volontari delle diverse agenzie del terri-torio, che contribuiscono a rendere possibile unacasa comune nel nostro quartiere.

E poi... l’invito è rivolto a tutti, perché farsi caricodei bambini è la cosa “più alta” di tutte.

L'OSSERVATORIO DI REDONA


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