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Gestione delle sindromi coronariche acute nelle prime 48 ore

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I 36-725-F-10 Gestione delle sindromi coronariche acute nelle prime 48 ore S. Manzo-Silberman, O. Varenne, A. Cariou La malattia coronarica ha un’elevata incidenza nei paesi industrializzati, dove è associata a tassi di mortalità e di morbilità ancora importanti. Di conseguenza, le sindromi coronariche acute (SCA) costi- tuiscono un motivo di ricovero ricorrente. La diagnosi di SCA presenta un certo numero di difficoltà, a causa di forme cliniche diverse e, a volte, molto fruste. Così, l’evidenziazione di una SCA al momento di una gestione perioperatoria o in un paziente sedato può porre delle difficoltà tanto sul piano diagnostico che per la scelta della gestione terapeutica. Essa richiede, pertanto, un approccio multidisciplinare che associa anestesisti, rianimatori e cardiologi. © 2014 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati. Parole chiave: Sindrome coronarica acuta; Infarto del miocardio; Angioplastica primaria; Fibrinolisi; Antiaggreganti piastrinici; Antitrombotici; Shock cardiogeno Struttura dell’articolo Introduzione 1 Definizioni 2 Gestione dei pazienti che soffrono di una sindrome coronarica acuta ST- nelle prime 48 ore 2 Valutazione diagnostica 2 Valutazione del rischio evolutivo 3 Valutazione del rischio emorragico 4 Strategia invasiva precoce o approccio conservativo? 5 Tempistica dell’approccio invasivo 5 Scelta della rivascolarizzazione 5 Trattamento farmacologico 5 Gestione dei pazienti che presentano una sindrome coronarica acuta ST+ nelle prime 48 ore 6 Angioplastica primaria 6 Fibrinolisi 6 Scelta tra fibrinolisi e angioplastica primaria 7 Angioplastica di salvataggio 7 Bypass aortocoronarici 7 Trattamenti farmacologici 7 Complicanze 9 Disturbi del ritmo ventricolare 9 Bradicardia 9 Complicanze meccaniche 9 Shock cardiogeno 9 Conclusioni 11 Introduzione Le patologie cardiovascolari sono la principale causa di morta- lità nei paesi industrializzati e lo diventeranno anche nei paesi in via di sviluppo, da qui al 2020 [1] . Fra queste patologie, la malat- tia coronarica ha la prevalenza più importante ed è associata a dei tassi di mortalità e di morbilità ancora alti, malgrado la loro regressione durante gli ultimi 2 decenni. Le sindromi coronariche acute (SCA) costituiscono, così, un motivo di ricovero estrema- mente frequente. La diagnosi di SCA può essere difficile a causa di presentazioni cliniche molto eterogenee o di segni elettrocar- diografici (ECG) poveri o difficilmente interpretabili. Dal 2002, una nuova nomenclatura ha notevolmente semplificato la defini- zione delle SCA, basandosi soltanto sui segni ECG. Malgrado ciò, la comparsa di una SCA durante una gestione anestesiologica o al momento di un ricovero in rianimazione può porre delle difficoltà tanto sul piano diagnostico, di fronte a un paziente sedato o il cui dolore non è valutabile, che per le scelte relative alla gestione tera- peutica. Così, il contesto perioperatorio può aumentare il rischio di un trattamento antiaggregante piastrinico, peraltro imperativo nella gestione di alcune SCA. La valutazione del rischio cardio- logico prima di un intervento non cardiologico dipende da una parte dallo stato del paziente nel preoperatorio e dall’esistenza di comorbilità e, dall’altra parte, dall’importanza e dalla durata dell’intervento previsto [2] . Inoltre, il rischio di complicanze car- diologiche nel corso di un intervento è correlato con l’esistenza di una disfunzione ventricolare sinistra, di una coronaropatia e di una valvulopatia, ma anche con le sollecitazioni emodinami- che legate all’intervento. Così, la gestione terapeutica di una SCA che insorge nel servizio di anestesia-rianimazione può richiedere una strategia diagnostica nonché terapeutica particolare, doven- dosi adattare alle costrizioni legate ad altre comorbilità. Infine, la comparsa di complicanze rende talvolta necessaria una gestione EMC - Anestesia-Rianimazione 1 Volume 19 > n 2 > maggio 2014 http://dx.doi.org/10.1016/S1283-0771(14)67220-0
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Page 1: Gestione delle sindromi coronariche acute nelle prime 48 ore

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Gestione delle sindromi coronariche acutenelle prime 48 ore

S. Manzo-Silberman, O. Varenne, A. Cariou

La malattia coronarica ha un’elevata incidenza nei paesi industrializzati, dove è associata a tassi dimortalità e di morbilità ancora importanti. Di conseguenza, le sindromi coronariche acute (SCA) costi-tuiscono un motivo di ricovero ricorrente. La diagnosi di SCA presenta un certo numero di difficoltà, acausa di forme cliniche diverse e, a volte, molto fruste. Così, l’evidenziazione di una SCA al momento diuna gestione perioperatoria o in un paziente sedato può porre delle difficoltà tanto sul piano diagnosticoche per la scelta della gestione terapeutica. Essa richiede, pertanto, un approccio multidisciplinare cheassocia anestesisti, rianimatori e cardiologi.© 2014 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati.

Parole chiave: Sindrome coronarica acuta; Infarto del miocardio; Angioplastica primaria; Fibrinolisi;Antiaggreganti piastrinici; Antitrombotici; Shock cardiogeno

Struttura dell’articolo

■ Introduzione 1■ Definizioni 2■ Gestione dei pazienti che soffrono di una sindrome

coronarica acuta ST- nelle prime 48 ore 2Valutazione diagnostica 2Valutazione del rischio evolutivo 3Valutazione del rischio emorragico 4Strategia invasiva precoce o approccio conservativo? 5Tempistica dell’approccio invasivo 5Scelta della rivascolarizzazione 5Trattamento farmacologico 5

■ Gestione dei pazienti che presentano una sindromecoronarica acuta ST+ nelle prime 48 ore 6Angioplastica primaria 6Fibrinolisi 6Scelta tra fibrinolisi e angioplastica primaria 7Angioplastica di salvataggio 7Bypass aortocoronarici 7Trattamenti farmacologici 7

■ Complicanze 9Disturbi del ritmo ventricolare 9Bradicardia 9Complicanze meccaniche 9Shock cardiogeno 9

■ Conclusioni 11

� IntroduzioneLe patologie cardiovascolari sono la principale causa di morta-

lità nei paesi industrializzati e lo diventeranno anche nei paesi invia di sviluppo, da qui al 2020 [1]. Fra queste patologie, la malat-tia coronarica ha la prevalenza più importante ed è associata adei tassi di mortalità e di morbilità ancora alti, malgrado la lororegressione durante gli ultimi 2 decenni. Le sindromi coronaricheacute (SCA) costituiscono, così, un motivo di ricovero estrema-mente frequente. La diagnosi di SCA può essere difficile a causadi presentazioni cliniche molto eterogenee o di segni elettrocar-diografici (ECG) poveri o difficilmente interpretabili. Dal 2002,una nuova nomenclatura ha notevolmente semplificato la defini-zione delle SCA, basandosi soltanto sui segni ECG. Malgrado ciò,la comparsa di una SCA durante una gestione anestesiologica o almomento di un ricovero in rianimazione può porre delle difficoltàtanto sul piano diagnostico, di fronte a un paziente sedato o il cuidolore non è valutabile, che per le scelte relative alla gestione tera-peutica. Così, il contesto perioperatorio può aumentare il rischiodi un trattamento antiaggregante piastrinico, peraltro imperativonella gestione di alcune SCA. La valutazione del rischio cardio-logico prima di un intervento non cardiologico dipende da unaparte dallo stato del paziente nel preoperatorio e dall’esistenzadi comorbilità e, dall’altra parte, dall’importanza e dalla duratadell’intervento previsto [2]. Inoltre, il rischio di complicanze car-diologiche nel corso di un intervento è correlato con l’esistenzadi una disfunzione ventricolare sinistra, di una coronaropatia edi una valvulopatia, ma anche con le sollecitazioni emodinami-che legate all’intervento. Così, la gestione terapeutica di una SCAche insorge nel servizio di anestesia-rianimazione può richiedereuna strategia diagnostica nonché terapeutica particolare, doven-dosi adattare alle costrizioni legate ad altre comorbilità. Infine, lacomparsa di complicanze rende talvolta necessaria una gestione

EMC - Anestesia-Rianimazione 1Volume 19 > n◦2 > maggio 2014http://dx.doi.org/10.1016/S1283-0771(14)67220-0

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I – 36-725-F-10 � Gestione delle sindromi coronariche acute nelle prime 48 ore

A B

Figura 1. Tracciati elettrocardiografici: sopraslivellamento del segmento ST nelle derivazioni inferiori con specularità anterolaterale (A) e sottoslivellamentodel segmento ST nelle derivazioni anterolaterali (B).

A

B

Figura 2. Sezioni arteriose che mostrano la rottura della cappa fibrosa(freccia) e il trombo occlusivo nel caso di una SCA ST+ (A) e non occlusivonel caso di una SCA ST- (B).

multidisciplinare, che associa cardiologo e rianimatore, in par-ticolare in caso di shock cardiogeno che richieda un’assistenzarespiratoria ed emodinamica.

� DefinizioniLe SCA sono separate in due entità nosologiche distinte: le SCA

con sopraslivellamento del segmento ST all’ECG, dette «SCA ST+»(che corrispondono alle ST segment elevation myocardial infarc-tion [STEMI] degli anglosassoni), da una parte, e le SCA senzasopraslivellamento del segmento ST, definite «SCA ST-» (che corri-spondono alle NSTEMI e alle angine instabili), dall’altra (Fig. 1).Mentre le SCA ST+ pongono pochi problemi diagnostici ma richie-dono un’organizzazione ottimale per ridurre i tempi prima dellaricanalizzazione arteriosa, le SCA ST- includono un insieme dipazienti estremamente eterogenei che pongono il problema delladiagnosi della lesione coronarica e, quindi, quello della stratifica-zione del livello di rischio.

La fisiopatologia di tutte le SCA è frequente e comprende unarottura della placca ateromatosa: in un caso, la SCA ST+, il trombogenerato occlude completamente il lume arterioso [3], mentrenell’altro caso, la SCA ST-, l’occlusione è incompleta (Figg. 2A, B).

Il trombo può secondariamente essere integrato nella placca e par-tecipare, così, all’aumento del suo volume oppure evolvere versol’occlusione completa o l’embolizzazione a valle e l’occlusione diarterie di più piccolo calibro.

Di fronte a un paziente che presenta un dolore toracico e incui si sospetta una SCA, l’organizzazione dell’iter diagnostico eterapeutico si articola sui dati dell’ECG. Come ha dimostrato ilregistro Global Registry of Acute Coronary Events (GRACE) [4], lacomparsa di eventi cardiovascolari (decesso, sanguinamenti, acci-dente vascolare cerebrale) varia in funzione del tipo di SCA. Così,la mortalità ospedaliera è del 7% per le SCA ST+, del 6% per le ST-e del 3% per le angine instabili.

� Gestione dei pazientiche soffrono di una sindromecoronarica acuta ST- nelle prime48 ore

Le SCA ST- sono la forma più frequente di SCA e interessanola maggior parte dei pazienti trattati con angioplastica. Malgradoprogressi notevoli, allo stesso tempo sul piano tecnico e su quellofarmacologico, la mortalità e la morbilità delle SCA ST- riman-gono importanti e sono vicine a quelle delle SCA ST+. Il rischiomaggiore della SCA è la sua evoluzione verso un infarto costi-tuito osservato tardivamente o verso la morte improvvisa. Fra ipazienti che soffrono di una patologia coronarica acuta, è impera-tivo poter stratificare il livello di rischio per determinare le scelteterapeutiche e farmacologiche e le indicazioni di rivascolarizza-zione. La strategia utilizzata deve imperativamente permettere diindividuare rapidamente i segni di gravità che conducono alla rea-lizzazione di una coronarografia senza ritardi. Gli obiettivi dellacoronarografia e della rivascolarizzazione miocardica sono da unaparte di alleviare il dolore e, dall’altra, di migliorare la prognosi abreve e a lungo termine. Riassumendo, la difficoltà della gestionedelle SCA ST- risiede nello stabilire la diagnosi, ma anche nellastratificazione del rischio. Degli elementi semplici permettono diapprendere questo duplice approccio.

Valutazione diagnosticaDati clinici

L’anamnesi ricerca dei fattori di rischio della malattia corona-rica (in particolare il diabete) e precisa le caratteristiche del dolore.L’esame clinico ricerca delle stigmate di una localizzazione extra-cardiaca dell’aterosclerosi: abolizione di un polso e presenza diun soffio o di un’insufficienza cardiaca. Il carattere retrosternalecostrittivo orienta verso una patologia coronarica; la nozione didolore al minimo sforzo o a riposo è un elemento di gravità.

ElettrocardiogrammaL’esistenza di anomalie dell’ECG è cruciale; infatti, sono queste

anomalie, tipo sottoslivellamento di ST oppure onde T negative,che permettono di orientare la diagnosi e di valutare il rischioevolutivo. In termini di prognosi, un sottoslivellamento di ST èpiù infausto di un’inversione dell’onda T, che è ancora più infau-sta dell’assenza di alterazioni ECG [5]. L’esistenza all’ECG di unsottoslivellamento fisso del segmento ST di più di 0,5 mm, al difuori di qualsiasi dolore toracico, costituisce un fattore di cattiva

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Dolore toracico acuto

Troponina ipersensibile < ULN Troponina ipersensibile > ULN

Dolore > 6 h Dolore < 6 h

Assenza di modificazionidella troponinaipersensibile

Modificazione dellatroponina ipersensibile

1 valore > ULN

Assenza di modificazionidella troponinaipersensibile

Dosaggio no 2 a 3 hdella troponina ipersensibile

Assenza di dolore,GRACE < 140,

esclusione di unadiagnosi differenziale

Ricerca di unadiagnosi differenziale

UscitaProva da sforzo

Gestioneinvasiva

Troponina moltoanomala dopocontesto clinico

Figura 3. Algoritmo decisionale. Gestione delle sindromicoronariche acute ST- (secondo [3, 13]). ULN: norma superioredella popolazione dei soggetti sani di riferimento. PunteggioGlobal Registry of Acute Coronary Events (GRACE) < 140: bassorischio.

prognosi a lungo termine, con un tasso di mortalità superiore al30% a 4 anni contro meno del 6% in assenza di segni elettrici [6].Analogamente, l’entità del sottoslivellamento di ST è un elementoprognostico. Le modificazioni dell’onda T in un territorio costi-tuiscono un rischio minore rispetto a quelle del segmento ST.Infine, è importante notare che l’esistenza di un ECG normale aldi fuori di ogni crisi dolorosa non permette di escludere la diagnosidi SCA.

TroponinaFra i pazienti che hanno presentato una sintomatologia a riposo

recente, l’innalzamento dei tassi sierici di troponina T o I per-mette di individuare un sottogruppo a elevato rischio di morte odi infarto durante la fase ospedaliera (più del 20% a un mese con-tro meno del 2% in caso di dosaggio negativo) [7]. La diagnosi diinfarto è definita da un innalzamento della troponina superiore al99o percentile di una popolazione di riferimento normale [3]. Inol-tre, l’entità dell’innalzamento dei bioindicatori è correlata anchealla prognosi. Così, un dosaggio di troponina I nei limiti dellanorma è associato a un tasso di mortalità a 42 giorni inferioreall’1%, contro un tasso superiore al 7%, se questo tasso superai 9 ng ml-1 [8]. Questo dosaggio è realizzato all’arrivo ed è ripetuto6 e 12 ore più tardi: la troponina si innalza solo quattro ore dopol’esordio dell’ischemia, il che impone di tenere un paziente inosservazione alcune ore e di ripetere i dosaggi se il paziente è vistoprecocemente. È ormai disponibile il dosaggio della troponinaultrasensibile, con una capacità di individuazione 10-100 voltesuperiore rispetto a quella della troponina standard. Così, unanecrosi miocardica può, al momento, essere diagnosticata piùfrequentemente e più precocemente in caso di dolore toracico(Fig. 3). Il valore predittivo negativo di questo test (95%) permettedi escludere la diagnosi con un solo dosaggio. Solo nei pazientiche si presentano estremamente precocemente deve essere rea-lizzato un secondo dosaggio, a tre ore dal primo, permettendo,così, di ottenere una sensibilità nell’individuazione dell’infartodel 100% [9, 10]. È, tuttavia, importante conoscere bene i limiti diquesto dosaggio. Esistono, in particolare, numerosi falsi positivi(miocardite, trauma cardiaco, embolia polmonare, shock settico,insufficienza cardiaca acuta, insufficienza renale grave).

EcocardiografiaSi ricercano l’esistenza di una modificazione della frazione di

eiezione ventricolare sinistra (FEVS) globale (che costituisce unfattore di cattiva prognosi a breve e a lungo termine), un disturbodi cinetica segmentario così come l’esistenza di una patologia val-volare associata.

Nel paziente a basso rischio, sono state proposte numerosestrategie: coronarografia sistematica, prova da sforzo immediata,scintigrafia miocardica, ecografia da stress, TC coronarica e cosìvia. In pratica, se si è in prossimità di un centro di cardiologiainterventistica, si può proporre una coronarografia diagnostica inpresenza di un dolore toracico i cui criteri clinici fanno fortementesospettare una patologia coronarica, soprattutto se esso comparein un individuo nella fascia di età della malattia coronarica confattori di rischio.

Valutazione del rischio evolutivoQuesta valutazione clinica, laboratoristica ed elettrica è con-

dotta sempre in un ambiente specializzato. Considerando ilgrande numero di pazienti e l’eterogeneità della popolazioneconsiderata, è imperativo stratificare precocemente il livello dirischio per identificare i pazienti a elevato rischio di morte edi eventi cardiovascolari a breve e a medio termine; in que-sti pazienti, è indicato un approccio invasivo rapido in unambiente medico adeguato. È anche pertinente identificare ipazienti a basso rischio nei quali questo approccio, oltre a esserecostoso, può aumentare il rischio di iatrogenia senza modifi-care in maniera significativa la prognosi. Sono stati ideati deipunteggi per aiutare nella stratificazione: si tratta dei punteggiThrombolysis In Myocardial Infarction [TIMI] [11] (www.stmu-tn.org/utilitaires/48-cœur-et-vaisseaux/204-timi-risk-score.html)e GRACE 4. L’European Society of Cardiology (ESC) e la HauteAutorité en santé (HAS) (www.has-sante.fr/portail/upload/docs/application/pdf/201211/05c01 conf consensus infarctusmyocarde recos courtes.pdf) consigliano l’utilizzo del punteggioGRACE (www.outcomes-umassmed.org/grace) nella pratica quo-tidiana, all’accettazione o alla dimissione del paziente. Questopunteggio (Tabella 1) include dei parametri emodinamici, ECG elaboratoristici. Inizialmente progettato come elemento predittivo

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Tabella 1.Punteggio Global Registry of Acute Coronary Events (GRACE) (secondowww.outcomes-umassmed.org/GRACE/index.cfm).

Età (anni) Creatinina mg dl-1

< 4040-4950-5960-6970-79≥ 80

01836557391

0-0,390,4-0,790,8-1,191,2-1,591,6-1,992-3,99> 4

25811142331

Frequenza cardiaca(bpm)

Classe Killip

< 7070-8990-109110-149150-199> 200

0713233646

Classe IClasse IIClasse IIIClasse IV

0214364

Pressione arteriosasistolica (mmHg)

< 80 63 Arresto cardiaco almomento del ricovero

43

80-99 58 Innalzamento degliindicatori cardiaci

15

100-119 47 Modificazione delsegmento ST

30

120-139 37

140-159 26

160-199 11

> 200 0

della mortalità ospedaliera, le sue capacità di stratificazione delrischio sono state estese alla prognosi a lungo termine e all’aiutoalla scelta di un approccio invasivo. Così, la mortalità dellapopolazione a basso rischio (punteggio ≤ 108) è bassa (mortalitàospedaliera dell’1% circa e mortalità a 6 mesi del 3% circa),rispetto alla mortalità della popolazione ad alto rischio (punteg-gio > 140), dove questi tassi raggiungono rispettivamente il 3%e l’8% circa. Al termine di questo bilancio, i pazienti possonoessere stratificati in tre gruppi.

Pazienti a rischio molto alto, in situazioneinstabile

Si tratta di un caso esemplare relativamente raro (meno del 5%delle SCA ST-). Gli elementi che orientano verso un alto rischiotrombotico e, quindi, di progressione verso la necrosi miocardicasono riassunti nella Tabella 2. In questi pazienti, è indispensabilel’indirizzamento immediato verso un centro di cardiologia inter-ventistica disponibile per la realizzazione di una coronarografiae di una rivascolarizzazione coronarica in urgenza. Essi devonoessere gestiti entro tempi che si avvicinano a quelli della SCA ST+.Le loro principali caratteristiche comportano:• delle recidive anginose o delle fluttuazioni dell’ECG sotto trat-

tamento medico massimale;• dei disturbi del ritmo ventricolare.

Il trattamento farmacologico associa una triplice terapia antiag-gregante piastrinica, un’eparina a basso peso molecolare (EBPM),una statina, dei betabloccanti e dei nitroderivati. Questi tratta-menti devono essere iniziati prima del trasferimento in sala dicoronarografia.

Pazienti ad alto rischioSi tratta di pazienti che presentano delle alterazioni ischemiche

dell’ECG (senza sopraslivellamento del segmento ST), associate omeno a un innalzamento della troponina. In funzione della positi-vità laboratoristica, si definiscono due gruppi che sono sottoposticiascuno a un trattamento appropriato:• in caso di innalzamento della troponina: questi pazienti pre-

sentano un forte rischio di evoluzione verso l’estensione di una

Tabella 2.Indicatore di un alto rischio trombotico o di un’evoluzione rapida versouna sindrome coronarica acuta (SCA) ST+ che orienta verso un approccioinvasivo urgente (secondo [13]).

Criteri primari

Elevazione o riduzione significative della troponina

Alterazioni dinamiche del segmento ST o dell’onda T (sintomaticheo silenti)

Criteri secondari

Diabete

Insufficienza renale (TFG < 60 ml min-1/1,73 m2)

Funzionalità ventricolare sinistra alterata (FEVS < 40%)

Angina precoce post-IM

Angioplastica recente

Precedente di bypass aortocoronarico

Punteggio GRACE > 140

TFG: tasso di filtrazione glomerulare; FEVS: frazione di eiezione del ventricolosinistro; IM: infarto del miocardio; GRACE: Global Registry of Acute CoronaryEvents.

necrosi miocardica. Essi devono essere trattati in maniera inva-siva con una tripla associazione antipiastrinica comprendentedegli anti-GPIIb/IIIa e un trattamento con betabloccanti e sta-tine, in vista di un trasferimento rapido in sala di coronarografia(meno di 24 ore);

• in caso di non innalzamento della troponina: questi pazientidevono essere trattati come i precedenti senza l’aggiunta di anti-GPIIb/IIIa al trattamento convenzionale.È opportuno, tuttavia, sfumare questa separazione in due gruppi

e si può essere portati a intensificare il trattamento in base a criteridiversi dalla presenza o meno di un innalzamento della troponina,come l’esistenza di un diabete antico o di un’insufficienza renale.Si può, caso per caso, intensificare il trattamento nei pazienti chepresentano queste comorbilità. Ciò spinge in particolare a unavalutazione più precoce dello stato coronarico.

Una volta iniziato il trattamento farmacologico, il paziente deveessere sottoposto a una coronarografia diagnostica. In caso diinnalzamento degli indicatori laboratoristici o di forte sospettodi malattia coronarica in base ad altri elementi (terreno, anam-nesi, ecc.), la coronarografia deve essere realizzata entro 24 ore.Negli altri casi, essa deve essere realizzata durante il ricovero,ma in un periodo ancora discusso [3]. La maggioranza degli studisull’intervallo tra l’inizio del ricovero e la realizzazione dellacoronarografia propende, nonostante tutto, per una strategiainvasiva rapida dopo una stratificazione del rischio, senza basarsiunicamente sulla classificazione che associa ST e troponina, maintegrandovi il terreno e la clinica [12].

Pazienti a basso rischioQuesti pazienti costituiscono una sfida diagnostica quotidiana.

Si tratta, infatti, di pazienti che hanno presentato un dolore tora-cico, senza alterazioni elettriche né un aumento della troponina.Il problema è, allora, sapere se questo dolore debba o meno esserericondotto a una patologia coronarica. Gli esami non invasivi pos-sono essere programmati a distanza. Nel frattempo, il trattamentofarmacologico di questi pazienti a basso rischio deve essere leg-gero, in attesa dei risultati della coronarografia, se questa è decisa.Il trattamento può limitarsi all’aspirina (75-100 mg). In questocaso, il trattamento con eparina non deve essere sistematico eadeguato alla probabilità a priori in funzione del terreno. Soloin funzione dei risultati degli esami diagnostici si decide o menol’aggiunta delle altre terapie.

Valutazione del rischio emorragico

Le raccomandazioni europee recenti [13] introducono la neces-sità di valutare bene il rischio di sanguinamento nella strategiaterapeutica. In effetti, questi sanguinamenti sono associati auna prognosi più infausta della SCA ST- ed è imperativo ridurreal massimo questo rischio, a maggior ragione nell’epoca di

4 EMC - Anestesia-Rianimazione

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Gestione delle sindromi coronariche acute nelle prime 48 ore � I – 36-725-F-10

trattamenti antiaggreganti di potenza accresciuta. Per valutarequesto rischio, sono stati proposti diversi punteggi: quelloscelto nelle raccomandazioni europee del 2011 e quello chederiva dal registro Can Rapid Risk Stratification of Unsta-ble Angina Patients Suppress Adverse Outcomes With EarlyImplementation dell’American College of Cardiology/AmericanHeart Association (ACC/AHA) Guidelines (CRUSADE) BleedingRisk Score (www.crusadebleedingscore.org/) [14]. Questo punteggiocomprende come parametri in particolare il sesso, l’ematocrito, lafiltrazione glomerulare e l’emodinamica al momento del ricovero.

Strategia invasiva precoce o approccioconservativo?

Gli studi randomizzati hanno mostrato che un approccio inva-sivo precoce permetterebbe di ridurre la comparsa di eventiischemici riducendo le recidive ischemiche e le rivascolarizzazionie i ricoveri ripetuti [15], quando il paziente è diabetico [16]. Occorre,tuttavia, notare che questa riduzione della mortalità a lungo ter-mine è moderata e che si accompagna a un aumento del tasso diinfarti (definiti da un incremento superiore di due volte rispettoalla norma [> 2 N] degli enzimi cardiaci) durante il ricovero [17].Una metanalisi recente ha mostrato che l’approccio invasivo pre-coce permetteva di ridurre i decessi cardiovascolari e gli infarti alungo termine, cinque anni [18].

Tempistica dell’approccio invasivo (Tabella 3)

Se l’approccio invasivo è ormai la strategia privilegiata dalmaggior numero di equipe, i tempi di realizzazione della coro-narografia e della rivascolarizzazione restano molto più discussi.Così, non è certo che un trattamento farmacologico potente,che includa un’antiaggregazione piastrinica intensa, seguito dauna procedura differita, sia superiore a un approccio invasivoprecoce associato a un trattamento farmacologico adeguato [19].Tuttavia, l’approccio invasivo precoce permette non soltanto unariduzione della durata dell’ospedalizzazione, ma soprattutto unadiminuzione degli eventi morbosi, tanto ischemici quanto emor-ragici. Con un punteggio di rischio GRACE superiore a 140,la coronarografia dovrebbe, così, essere realizzata entro 24 oredall’accettazione [20]. Se il dolore è persistente e/o se esiste un sot-toslivellamento significativo del segmento ST nelle derivazionianteriori (tanto più se è associato un innalzamento degli indica-tori di mionecrosi), allora la coronarografia deve essere realizzatain urgenza, come anche nei pazienti ad alto rischio trombotico(Fig. 3). Per gli altri pazienti a più basso rischio, l’esplorazionecoronarografica deve essere realizzata durante lo stesso ricovero,idealmente nelle 72 ore che seguono l’esordio dei sintomi.

Scelta della rivascolarizzazioneIn genere, l’aspetto angiografico combinato alle anomalie ECG

ed eventualmente ai disturbi della cinetica segmentaria per-mette di determinare la lesione colpevole. In caso di dubbio,su delle lesioni stabili, una misurazione del gradiente di pres-sione mediante fractional flow reserve (FFR) permette di classificaremeglio le lesioni angiograficamente intermedie [21]. In caso dilesioni tritronculari, in un paziente stabilizzato, la scelta della riva-scolarizzazione con angioplastica o chirurgia non differisce dallastrategia utilizzata nel corso dell’angina stabile e dipende dallagravità e dall’estensione delle lesioni.

Trattamento farmacologicoLa scelta del trattamento adiuvante deve essere realizzata dopo

aver tenuto conto del rispettivo peso dei rischi ischemici ed emor-ragici (Tabella 4).

Antiaggreganti piastrinici (Tabella 5)

Il trattamento antiaggregante comporta come minimo una dop-pia antiaggregazione piastrinica, che include aspirina con unadose di carico (orale di 150-300 mg o endovenosa di 250-500 mg),

Tabella 3.Raccomandazioni concernenti la rivascolarizzazione delle sindromi coro-nariche acute (SCA) ST- (secondo [3]).

Approccio invasivoentro 72 h

Punteggio GRACE > 140Almeno uno dei criteri di alto rischioRecidiva dei sintomi

Approccio invasivoimmediato < 2 h

Rischio ischemico molto alto– Angina refrattaria al trattamento medicomassimale istituito associata ad alterazioni ECGmaggiori: sottoslivellamento ST ≥ 2 mm oppureonde T negative– Insufficienza cardiaca– Aritmie ventricolari (TV o FV)– Instabilità emodinamica (shock)

Approccio invasivourgente < 24 h

Punteggio GRACE > 140Oppure combinazione di criteri di alto rischio

Approccio invasivoritardato < 72 h

Punteggio GRACE < 140Troponina elevataModificazioni ST oppure onda T dinamicasintomatiche o silenti (≥ 0,5 mm)Paziente diabeticoInsufficienza renale (TFG < 60 ml min-1 1,73 m2)Disfunzione ventricolare sinistra < 40%Angina precoce post-IMRivascolarizzazione recente negli ultimi 6 mesi(angioplastica o bypass)

Controindicazioneall’esplorazioneinvasiva di primaintenzione

Assenza di recidiva sintomaticaAssenza di segni di insufficienza cardiacaAssenza di anomalie ECG: primo tracciato e, inseguito, a 6-12 h di intervalloAssenza di innalzamento della troponina suidosaggi a 6-12 h di intervalloDonne e soggetti > 75 anni a basso rischio

GRACE: Global Registry of Acute Coronary Events; ECG: elettrocardiogramma;TV: tachicardia ventricolare; FV: fibrillazione ventricolare; TFG: tasso di filtra-zione glomerulare; IM: infarto del miocardio.

Tabella 4.Bilancio rischi ischemico/emorragico.

Rischio ischemico Rischio emorragico

Modificazioni delsegmento ST

Sesso femminile

Innalzamento troponina Età > 75 anni

Diabete Precedente emorragico

Punteggio GRACE > 140 Insufficienza renale (TFG < 30 ml min-1)

Accesso femorale

Trattamento con anticoagulazione orale

HTA

GRACE: Global Registry of Acute Coronary Events; TFG: tasso di filtrazioneglomerulare; HTA: ipertensione arteriosa.

Tabella 5.Trattamento antiaggregante piastrinico (secondo [27]).

Dose di carico Dose di mantenimento

Aspirina 150-300 mg 75-100 mg/die

Clopidogrel 600 mg 75 mg/die

Prasugrel 60 mg 10 mg/dieSe peso < 60 kg: 5 mg/die

Ticagrelor 180 mg 90 mg × 2/die

seguita da una dose di mantenimento di 75-100 mg. Il secondoantiaggregante piastrinico è scelto fra il clopidogrel, il prasugrel eil ticagrelor:• se viene scelto il clopidogrel, esso è somministrato per via

orale, con una dose di carico di 600 mg e, poi, con una dose dimantenimento a 75 mg/die. Questa dose quotidiana può essereraddoppiata per 1-2 settimane (150 mg/die), al fine di ridurre gli

EMC - Anestesia-Rianimazione 5

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I – 36-725-F-10 � Gestione delle sindromi coronariche acute nelle prime 48 ore

eventi ischemici senza una contropartita significativa sul tassodi eventi emorragici [22]. La sua indicazione è riservata ai casi incui prasugrel e ticagrelor non possono essere somministrati;

• in questa indicazione, il prasugrel è stato confrontato con ilclopidogrel (con una dose di carico di 300 mg dopo la visualiz-zazione della rete coronarica) nello studio TRITON-TIMI 38 [23].A 15 mesi, il criterio principale, che associava morte, infarto eaccidente vascolare cerebrale, era riscontrato meno frequente-mente nei pazienti trattati con prasugrel (5,6% contro 6,9%,p = 0,003). Tuttavia, i tassi di sanguinamento erano significati-vamente aumentati in alcuni sottogruppi (età > 75 anni, pesoinferiore a 60 kg, precedente di accidente vascolare cerebrale).Nei pazienti diabetici, il vantaggio del prasugrel era ancora piùevidente, senza un aumento del rischio emorragico [24]. Secondoil disegno dello studio TRITON, il prasugrel può essere utilizzatonelle SCA ST- solo dopo aver visualizzato lo stato coronarico;

• nello studio PLATO [25], il ticagrelor è superiore al clopidogrelin termini di riduzione delle eventi ischemici (decessi cardio-vascolari, infarti e accidenti vascolari cerebrali), così da avereuna riduzione significativa della mortalità a 12 mesi. Così, ilcriterio primario si verificava nel 9,8% delle SCA sotto ticagre-lor contro l’11,7% sotto clopidogrel (p = 0,0003), e la mortalitàpassava al 4,5% contro il 5,9% (p < 0,001), senza un aumentodel rischio emorragico (11,6% contro 11,2%). I tassi di sangui-namento legati ai bypass erano significativamente ridotti sottoticagrelor, in virtù della breve emivita (12 h) della molecola;

• riguardo all’utilizzo degli anti-GPIIb/IIIa in questa indicazione,i risultati degli studi randomizzati recenti dimostrano l’assenzadi benefici di un utilizzo precoce, a monte della coronarografia.Viceversa, nel caso di un elevato rischio ischemico, in partico-lare di innalzamento della troponina [26], un anti-GPIIb/IIIa puòessere utilizzato in sala di cateterismo.

AntitromboticiLa stratificazione del rischio permette di determinare la scelta

della molecola e il dosaggio. Il più delle volte, la regola è di con-servare la molecola, scelta per la coronarografia, e di sospendereil trattamento anticoagulante in seguito all’angioplastica (a ecce-zione di casi specifici, in particolare una complicanza trombotica).

Altri trattamentiPer quanto riguarda gli altri farmaci, il trattamento deve

essere adeguato in funzione dell’evoluzione dei sintomi (scom-parsa, persistenza, recidiva) e della tolleranza emodinamica [3].Un’ossigenoterapia nasale è adeguata nel caso di desaturazionesignificativa, con una saturazione pulsata dell’emoglobina in ossi-geno (SpO2) inferiore al 90%, e dei nitroderivati possono esseresomministrati per via sublinguale o endovenosa in funzione dellapressione arteriosa e dei segni di sovraccarico. Un trattamentoanalgesico (morfina per frazionamento sottocutaneo o endove-noso) è necessario in caso di persistenza del dolore, ricordando chequesto quadro corrisponde, il più delle volte, a un rischio ische-mico molto alto. Il trattamento betabloccante è somministratoprecocemente in caso di ipertensione arteriosa (HTA) oppure ditachicardia, in assenza di segni di sovraccarico. Esso è iniziato inseguito alla rivascolarizzazione in maniera sistematica, salvo incaso di controindicazioni.

� Gestione dei pazientiche presentano una sindromecoronarica acuta ST+ nelle prime48 ore

I pazienti che presentano una SCA ST+ costituiscono un gruppoomogeneo nel quale la diagnosi è relativamente facile. I problemisono la rapidità di ricanalizzazione dell’arteria occlusa e la sceltadella tecnica più adatta, cioè la distinzione tra una rivascolarizza-zione «farmacologica» (fibrinolisi) o «meccanica» (angioplasticaprimaria). Nel caso di SCA ST+ (o nel caso di un blocco di brancasinistro non precedentemente noto), se la diagnosi è posta entro

12 ore dopo l’esordio dei sintomi, la riperfusione deve essere rea-lizzata il più precocemente possibile. In effetti, la riduzione deitempi è cruciale [27]: è durante la fase iniziale che il rischio di evolu-zione verso l’arresto cardiaco è più importante e il beneficio di unarivascolarizzazione coronarica è più importante. Oltre le prime12 ore, non esiste alcuna evidenza scientifica del beneficio di unaricanalizzazione dell’arteria. Vera e propria corsa contro il tempo,l’instaurazione delle terapie di riperfusione implica una coordi-nazione prestabilita e perfetta dei diversi attori medici, urgentisti,cardiologi di terapia intensiva di cardiologia e cardiologi interven-tisti o anche, eventualmente, rianimatori.

Angioplastica primariaSi definisce angioplastica primaria ogni angioplastica realiz-

zata per una SCA ST+ senza fibrinolisi preventiva o concomitante.Questa metodica di riperfusione meccanica, iniziata da oltre25 anni, era inizialmente riservata alle situazioni in cui la fibri-nolisi era controindicata o in caso di insuccesso della fibrinolisi.In seguito, l’angioplastica primaria è avanzata molto ed è dive-nuta la procedura di riperfusione coronarica di prima scelta,associando sicurezza ed efficacia [27]. Due studi pubblicati simul-taneamente nel 1993 hanno stravolto la gestione delle SCA ST+in fase acuta, dimostrando la superiorità dell’angioplastica pri-maria sulla fibrinolisi ospedaliera [28–30]. In seguito, sono statirealizzati numerosi studi controllati e randomizzati nonché dellemetanalisi [30], che confrontavano angioplastica primaria e fibri-nolisi ospedaliera in pazienti che presentavano dei sintomi cheevolvevano da 6 a 12 ore, gestiti in centri esperti. Rispetto allafibrinolisi, l’angioplastica primaria è associata a una riperfu-sione più efficace, a una riduzione del rischio di riocclusione,a una migliore conservazione della FEVS residua e a una pro-gnosi migliore. L’angioplastica primaria delle SCA ST+ con doloreda meno di 12 ore beneficia ormai di una raccomandazione digrado IA [27, 31–34]. Essa è efficace in più del 90% dei casi, anchese richiede dei tempi supplementari. Essa richiede dei centridisponibili 24 h/24 e si può concepire solo in centri altamentespecializzati. I suoi vantaggi sono molteplici: bilancio imme-diato delle lesioni coronariche, riapertura completa dell’arteria,rischi emorragici cerebrali minimi. Per migliorare la sua sicu-rezza e la sua efficacia, le raccomandazioni dell’ACC/AHA [35] edell’ESC [27] insistono sull’esperienza non solo dell’operatore intermini di angioplastica primaria (più di 75 angioplastiche peranno di cui più di undici per SCA ST+), ma anche del centro diaccoglienza (che deve effettuare più di 400 procedure annuali e piùdi 36 angioplastiche primarie) [36]. Attualmente, in Europa, la fre-quenza del ricorso all’angioplastica primaria in fase acuta varia dal5% all’85%, riflettendo una grandissima diversità delle capacità diaccoglienza e delle distribuzioni geografiche [37].

FibrinolisiLa fibrinolisi ospedaliera è stata ampiamente validata da

studi randomizzati su larga scala. Essa ha costituito per piùdi 20 anni il trattamento di riferimento nella gestione in faseacuta delle SCA ST+, permettendo un miglioramento della fun-zione ventricolare sinistra e della sopravvivenza [38–41]. Malgradodelle controindicazioni frequenti, un’efficacia limitata sulla riper-fusione e un rischio aumentato di complicanze emorragichecerebrali dello 0,9-1% [42, 43], la fibrinolisi, in particolare preospe-daliera, rimane oggi ancora un’alternativa alla rivascolarizzazione«meccanica». Il tasso di insuccesso della riperfusione per la fibri-nolisi è dell’ordine del 30-40%. Essa è tanto più efficace quantopiù è somministrata precocemente, idealmente nelle prime dueore dopo l’inizio delle manifestazioni e quanto più il paziente èad alto rischio [44] (ma non in stato di shock cardiogeno). Il suointeresse è reale quando i tempi necessari per la realizzazionedell’angioplastica primaria superano i 120 minuti. Questo ter-mine deve, ovviamente, essere adattato in funzione dell’età, delladurata di evoluzione dei sintomi e del territorio infartuato [32, 33].

Attualmente, mentre i tre fibrinolitici fibrina-specifici (tenec-teplase, alteplase, reteplase) hanno lo stesso livello di raccoman-dazione IB [27], la semplicità di utilizzo e l’efficacia della TNK-tPA

6 EMC - Anestesia-Rianimazione

Page 7: Gestione delle sindromi coronariche acute nelle prime 48 ore

Gestione delle sindromi coronariche acute nelle prime 48 ore � I – 36-725-F-10

Diagnosi SCA ST+

Centro conangioplastica primaria

SMUR o centro senzaangioplastica primaria

pPCI

PCI di salvataggio

Coronarografia

No

No

pPCI possibile < 120 min?

Successofibrinolisi?

Fibrinolisiimmediata

Preferibilmente< 60 min

Trasferimento immediato in uncentro con angioplastica

Preferibilmente < 90 min, ≤ 60 minse presentazione precoce

Immédiate

Preferibilmente3-24 h

Trasferimento immediato inun centro con angioplastica

Preferibilmente≤ 30 min

Figura 4. Algoritmo decisionale. Organizza-zione della gestione delle sindromi coronaricheacute ST+ preospedaliera e ospedaliera; sceltadella riperfusione per dei sintomi di meno di12 ore di evoluzione (secondo [27]). pPCI: angio-plastica coronarica primaria; PCI: angioplasticacoronarica; Smur: Servizio mobile d’urgenza erianimazione. Tutti i tempi sono riferiti al primocontatto medico.

(tenecteplase, in iniezione endovenosa unica adattata al peso delpaziente, senza superare i 50 mg) sembrano privilegiare il suo uti-lizzo. Inoltre, i tassi di mortalità a 30 giorni sono equivalenti aquelli dell’accelerated tPA ma si accompagnano a una riduzionesignificativa dei tassi di sanguinamenti extracranici e dei sangui-namenti che richiedono una trasfusione sanguigna [42].

Lo studio CAPTIM [45] ha mostrato che una piena dose di fibri-nolitico somministrata in fase preospedaliera o in un serviziodi accettazione delle urgenze senza un servizio di cardiologiainterventistica sul posto permetteva di ottenere dei risultati a30 giorni e a 5 anni paragonabili a quelli ottenuti medianteangioplastica primaria. In tutti i casi, in caso di impossibilitàdi realizzare un’angioplastica primaria entro 120 minuti, e al difuori delle controindicazioni, la fibrinolisi deve essere avviata nei30 minuti successivi al primo contatto medico [27]. Inoltre, tutti ipazienti sottoposti a fibrinolisi devono essere inviati in un ser-vizio che ha la capacità di realizzare un’angioplastica 24 h/24 e7 gg/7 (raccomandazione IA). In caso di successo della fibrinolisi,la coronarografia deve essere realizzata entro 3-24 ore (IIaA).

Scelta tra fibrinolisi e angioplastica primariaLa scelta della tecnica di riperfusione si definisce in funzione

dei tempi stimati di trasferimento verso un centro di cardiologiainterventistica a partire dalla comparsa del dolore toracico e dalprimo contatto medico (Fig. 4). La tecnica di riperfusione da privi-legiare è l’angioplastica primaria [27]. Devono, quindi, essere messiin atto tutti gli sforzi per ridurre i tempi di diagnosi e di trasferi-mento, in particolare in caso di presentazioni precoci, nelle primedue ore successive all’esordio dei sintomi. In caso di gestione in unambiente senza possibilità di angioplastica, il trasferimento deveessere immediato verso un centro in grado di realizzarla (IC). Inquesta situazione, la fibrinolisi preventiva non è raccomandata seil tempo fino al gonfiaggio del pallone dell’angioplastica è stimatoinferiore a due ore a partire dal primo contatto medico. Questotermine deve essere ottimizzato al meglio per essere inferiore a120 minuti (o meno di 90 minuti nei pazienti di meno di 75 annio con una SCA ST+ anteriore estesa o con dei sintomi che evol-vono da meno di tre ore); in caso di impossibilità di rispettarequesti tempi, i pazienti ricoverati in un centro senza angiopla-stica primaria devono essere sottoposti a una fibrinolisi immediata(al di fuori delle controindicazioni) (IA) e, quindi, devono esseretrasferiti in un centro che può eseguire una coronarografia (IA)

(con possibilità di angioplastica di salvataggio, se necessario) inun periodo di 3-24 ore in caso di fibrinolisi efficace (IIaA) [27, 34, 46].

Angioplastica di salvataggioIn caso di fallimento della fibrinolisi (persistenza del dolore

toracico o del sopraslivellamento del segmento ST a più del50% a 60 minuti), deve essere sistematicamente presa in consi-derazione un’angioplastica di salvataggio (IA ESC) [27, 47]. Oltre la12a ora dopo l’esordio dei sintomi, anche se il dolore è regreditoe se lo stato emodinamico è stabile, il paziente è, nonostantetutto, sottoposto a un’indagine diagnostica mediante corona-rografia, eventualmente seguita da un’angioplastica dell’arteriacolpevole [48, 49], raccomandazione IIb [27]. Per i pazienti che si pre-sentano oltre le 24 ore, senza un dolore toracico persistentee senza un’ischemia indotta al momento dei test non inva-sivi, la rivascolarizzazione non ha dimostrato di essere efficace,anche in caso di persistenza di un’occlusione coronarica (racco-mandazione IIIA28). L’angioplastica si discute per i pazienti conangina recidivante e/o con un’ischemia silente significativa conl’evidenziazione di una vitalità in un territorio miocardico impor-tante [50, 51].

Bypass aortocoronariciIn caso di fallimento dell’angioplastica o quando esistono delle

lesioni che rendono l’angioplastica impossibile, la rivascolariz-zazione chirurgica in urgenza è possibile ma si può prendere inconsiderazione solo quando è in causa un territorio estremamenteimportante e se la chirurgia può essere realizzata entro 3-4 ore.

Quando sono scoperte delle lesioni tritronculari in occasionedell’angioplastica primaria, la rivascolarizzazione delle lesioninon colpevoli può essere realizzata a distanza mediante angio-plastica o bypass aortocoronarici, idealmente 3-7 giorni dopo laSCA [52], in assenza di recidive dolorose o di un deterioramentoemodinamico. L’età avanzata, la disfunzione ventricolare sinistrae le comorbilità sono parametri associati a una prognosi chirurgicameno buona.

Trattamenti farmacologiciIn tutti i casi esemplari, il paziente deve essere ricoverato in un

centro di cardiologia interventistica.

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I – 36-725-F-10 � Gestione delle sindromi coronariche acute nelle prime 48 ore

Antiaggreganti piastrinici (Tabella 5)

Nel corso di tutte le SCA, una doppia antiaggregazione pia-strinica è indispensabile e deve essere somministrata in urgenza.Questa doppia antiaggregazione comporta sistematicamente unasomministrazione precoce di aspirina, che è realizzata di prefe-renza per via orale a 150-300 mg oppure con un bolo endovenosodi 80-150 mg, seguita da una dose giornaliera di mantenimento di75-100 mg (raccomandazione ESC: grado IB). La scelta del secondoantiaggregante è più aperta ed è tra clopidogrel, prasugrel e tica-grelor:• il clopidogrel è la più vecchia delle molecole utilizza-

bili, alla dose di carico di 600 mg per via orale, seguitada una dose giornaliera di 75 mg. Questa dose giornalierapuò essere raddoppiata (150 mg/die) per 1-2 settimane dopol’impianto di un’endoprotesi coronarica (raccomandazione IC),permettendo, così, una diminuzione degli eventi cardiovasco-lari maggiori senza un aumento del rischio emorragico [22].Le ultime raccomandazioni [27] lo hanno posto in secondalinea, se il prasugrel o il ticagrelor sono non disponibili ocontroindicati;

• il prasugrel è utilizzabile alla dose di 10 mg/die, precedutada una dose di carico di 60 mg per via orale. Questa mole-cola appartiene alla classe delle tienopiridine, antagonistidei recettori dell’adenosina difosfato (ADP) P2Y12. Esso hadimostrato un’efficacia superiore in termini di tempo e dipotenza di azione rispetto al clopidogrel, con, in particolare,una minore percentuale di pazienti che non rispondono [53, 54].Così, nello studio TRITON-TIMI 38 [23, 55], il prasugrel ha dimo-strato una riduzione significativa degli eventi ischemici, dellerecidive di infarto (6,8% contro 9,0%, p = 0,02) e delle trom-bosi di stent (1,6% contro 2,8%, p = 0,02), senza un aumentosignificativo delle complicanze emorragiche [55]. I benefici delprasugrel appaiono ancora più manifesti nel paziente dia-betico. Le controindicazioni sono l’anamnesi di accidentevascolare cerebrale, l’età superiore a 75 anni e il peso inferiorea 60 kg;

• il ticagrelor (dose di carico di 180 mg seguita per via orale dauna dose di mantenimento di 90 mg due volte/die) è il primoantagonista reversibile dei recettori P2Y12 dell’ADP. Esso appar-tiene alla famiglia delle ciclopentil-triazolo-pirimidine, ma nonè un profarmaco, il che spiega la sua efficacia rapida. La suaemivita è breve, richiedendo un’assunzione biquotidiana. Nellostudio PLATO, nel sottogruppo predefinito SCA ST+, il ticagre-lor ha mostrato una netta diminuzione degli eventi ischemicima anche una riduzione significativa della mortalità, senza unaumento del rischio emorragico [25].Il miglior livello delle raccomandazioni (grado IB) riguardanti

gli antiaggreganti di ultima generazione (prasugrel e ticagrelor) sibasa sulla loro superiorità che è stata dimostrata in studi rando-mizzati rispetto al clopidogrel (grado IC). In caso di fibrinolisi, puòessere utilizzato soltanto il clopidogrel. Infatti, prasugrel e ticagre-lor sono stati valutati solo in studi che trattavano le SCA medianteangioplastica.

Ruolo degli anti-GPIIb/IIIa (abciximab, tirofiban,eptifibatide)

Per quanto riguarda gli antagonisti dei GPIIb/IIIa, la maggiorparte degli studi randomizzati realizzati nella SCA ST+ ha valutatol’abciximab alla dose di 0,25 mg kg-1 in bolo endovenoso seguitoda una somministrazione endovenosa continua con siringa elet-trica di 0,125 �g kg-1 min-1. I risultati non sono, tuttavia, univoci.Uno studio randomizzato non aveva mostrato benefici nel loroutilizzo nella fase preospedaliera prima dell’angioplastica [56]; tut-tavia, i tempi di presa in carico erano lunghi. Gli altri studi,registri e metanalisi riscontrano dei risultati piuttosto positivi,incoraggiando il loro utilizzo molto precoce [57]. Le raccomanda-zioni recenti [27] ritengono che l’utilizzo di un anti-GPIIb/IIIa siapossibile in fase preospedaliera in caso di situazioni ad alto rischioischemico, prima di un’angioplastica primaria (IIbB): lo studioOnTIME 2 [27] ha mostrato un miglioramento significativo dellaprognosi per dei pazienti ad alto rischio trattati precocemente.L’utilizzo degli anti-GPIIb/IIIa di routine nell’angioplastica pri-

maria è autorizzato in caso di voluminosi trombi o in caso dicomplicanze dell’angioplastica (degradazione del flusso corona-rico, no reflow, per esempio).

AntitromboticiSCA ST+ rivascolarizzabili mediante angioplastica primaria

Quando è realizzabile una rivascolarizzazione endoscopica,i trattamenti indicati nella SCA ST+ includono la bivalirudina(0,75 mg kg-1 in bolo endovenoso seguito da una sommini-strazione continua alla dose di 1,75 mg kg-1 h-1) (raccomanda-zione IB), poi l’enoxaparina (0,5 mg kg-1 per via endovenosa,seguita dal trattamento sottocutaneo) (IIB) e, infine, l’eparinanon frazionata (ENF) quando né la bivaluridina né l’enoxaparinapossono essere utilizzate (IC), alla dose di 50-60 UI kg-1 inbolo endovenoso, se essa è associata a un anti-GPIIb/IIIa, oalla dose di 70-100 UI kg-1 senza anti-GPIIb/IIIa. In entrambii casi, il trattamento antitrombotico può essere interrotto inseguito all’angioplastica, salvo eccezioni (trombo intraventrico-lare sinistro, aritmia completa per fibrillazione atriale [ACFA],allettamento prolungato). Nei pazienti affetti da SCA ST+ a piùalto rischio emorragico, la bivalirudina ha dimostrato miglioririsultati rispetto all’associazione ENF + anti-GPIIb/IIIa nello stu-dio HORIZON AMI [58], in particolare a lungo termine. A 1 anno,la bivalirudina, paragonata all’ENF associata a un anti-GPIIb/IIIa,riduce gli eventi ischemici dal 18,3% al 15,7%, (p < 0,0001),così come i sanguinamenti dal 9,2% al 5,8% (p < 0,0001). Lostudio OASIS-6, che confrontava il fondaparinux con l’ENF, haportato alla controindicazione di questa molecola in caso di angio-plastica primaria (IIIB) [59].

SCA ST+ non rivascolarizzabili in fase acutaIn caso di trattamento medico esclusivo, senza possibilità di

rivascolarizzazione (a causa delle lesioni coronariche o dellecomorbilità associate), è istituito un doppio trattamento antiag-gregante, che associa aspirina (dose di carico orale o endovenosa)e clopidogrel (dose di carico e mantenimento a 75 mg/die) e cheè associato a un trattamento con antibrombotici privilegiando,in questa indicazione, il fondaparinux (con un bolo endove-noso seguito per 24 h da una somministrazione sottocutanea).In caso di indisponibilità del fondaparinux, possono essere som-ministrate un’ENF (dose adattata al peso del paziente con uncontrollo del tempo di cefalina attivato [TCA] tre ore dopo l’inizio)o dell’enoxaparina (primo bolo endovenoso seguito 15 minutipiù tardi da una prima somministrazione sottocutanea; la doseè ridotta se l’età del paziente è superiore ai 75 anni).

Altri trattamentiLa gestione deve comportare, ovviamente, una sedazione del

dolore con dei morfinici in frazionamento endovenoso eventual-mente associati a degli ansiolitici.

I betabloccanti sono somministrati di preferenza per via orale,poiché la via endovenosa non ha dimostrato alcuna superiorità,potendo anche essere deleteria, come nello studio COMMIT [60]

(raccomandazione IIaB). È preferibile attendere la stabilizzazionedello stato emodinamico prima di iniziare il trattamento betabloc-cante, Tuttavia, l’interesse di questi trattamenti non è mai statovalutato nei pazienti a basso rischio rivascolarizzati precocementecon angioplastica primaria.

Il beneficio delle statine in prevenzione secondaria è stato dimo-strato molto ampiamente [61], con una somministrazione precocee a forti dosi (rosuvastatina 20 mg o atorvastatina 80 mg, peresempio). L’obiettivo è un colesterolo low density lipoprotein [LDL]inferiore a 1,8 mmol l-1 (< 0,70 g l-1).

Un inibitore dell’enzima di conversione deve essere prescritto aipazienti che presentano un’alterazione della frazione di eiezione(< 40%), così come a quelli che hanno presentato un episodiodi insufficienza cardiaca nella fase acuta. In caso di intolleranza,è, allora, proposto un antagonista dei recettori dell’angiotensina.Tuttavia, la prescrizione di queste molecole non potrebbe esseresistematica e imperativa a lungo termine nei pazienti non dia-betici, normotesi e senza insufficienza cardiaca o disfunzioneventricolare sinistra.

8 EMC - Anestesia-Rianimazione

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Gestione delle sindromi coronariche acute nelle prime 48 ore � I – 36-725-F-10

� ComplicanzeTutte le SCA sono associate al rischio di insorgenza di una

complicanza.

Disturbi del ritmo ventricolareNella fase acuta di una SCA, in particolare ST+, possono manife-

starsi dei disturbi del ritmo ventricolare (tachicardia ventricolare[TV], fibrillazione ventricolare [FV]). Essi testimoniano, in genere,la scarsa tolleranza miocardica all’ischemia. Una TV è ridottaimmediatamente con uno shock elettrico esterno se si accompa-gna a un’instabilità emodinamica. Un trattamento farmacologicopuò essere intrapreso negli altri casi: betabloccanti endovenosidi breve durata d’azione e amiodarone 300 mg per via endove-nosa lenta in 30 minuti, seguito, eventualmente, dal passaggioper via orale, se persiste l’ipereccitabilità ventricolare. Una FV èimmediatamente sottoposta a shock elettrico, in quanto si associaimmancabilmente a un’inefficacia circolatoria.

BradicardiaUna bradicardia sinusale, spesso spiegata da una risposta vagale

al dolore, può essere mal tollerata e richiede un’iniezione endove-nosa di atropina. I disturbi della conduzione (blocco senoatriale oatrioventricolare) possono essere la testimonianza o di una lesioneprossimale della coronarica destra, a monte dell’arteria del nodosinusale, o di una necrosi anteriore molto estesa. In caso di scarsatolleranza emodinamica e di mancata risposta all’atropina, è,allora, posizionata una sonda di trascinamento elettrosistolico. Ilpiù delle volte, la ricanalizzazione dell’arteria colpevole permettela scomparsa dei disturbi della conduzione.

Complicanze meccanicheUn’ecocardiografia è raccomandata al momento della presa in

carico, a maggior ragione in occasione della comparsa di segnidi insufficienza cardiaca e/o di instabilità emodinamica. Questoesame può, in particolare, precisare la funzione ventricolare sini-stra e individuare eventuali complicanze meccaniche in grado diminacciare la prognosi vitale e che richiedono una gestione chi-rurgica in urgenza (insufficienza mitralica acuta su rottura di unpilastro, rottura di parete o libera o interventricolare, tampona-mento). In caso di tamponamento responsabile di uno scompensoemodinamico, deve subito essere realizzato un drenaggio pericar-dico al letto del paziente, prima di un eventuale trasferimentoin ambiente chirurgico. In caso di comunicazione interventrico-lare, è posizionato un palloncino di contropulsazione intraortica(CPBIA) [62] e deve essere ipotizzato un trattamento chirurgico inurgenza in assenza di una stabilizzazione emodinamica. Senza unagestione in estrema urgenza [52], la mortalità di queste complicanzeè del 100%. Al momento del trattamento chirurgico della com-plicanza meccanica, una rivascolarizzazione completa è realizzatasecondo necessità.

Shock cardiogenoDiagnosi

Lo shock cardiogeno è la principale causa di mortalità delleSCA ST+ nella fase acuta, con un tasso di mortalità superioreal 50% [63]. Lo shock cardiogeno si definisce per un’ipotensionearteriosa (< 90 mmHg di pressione sistolica) prolungata che nonrisponde al solo riempimento vascolare, associata all’esistenzadi segni periferici di ipoperfusione (oligoanuria, disturbo dellacoscienza, freddezza delle estremità, marezzature) e/o che richiedeil ricorso alle molecole inotrope positive per mantenere unapressione minimale [64]. I trattamenti di riperfusione precocepermettono una prevenzione efficace degli shock di instaura-zione differita. Il recupero miocardico dopo la rivascolarizzazioneefficace dell’arteria responsabile della necrosi miocardica puòrichiedere diversi giorni. Una diagnosi precoce è fondamen-tale, permettendo una gestione ottimale, idealmente prima

dell’instaurazione dello shock cardiogeno. È essenziale indivi-duare, e quindi saper ricercare, i segni anticipatori dello shockcardiogeno nel contesto di una SCA ST+: tachicardia anche a pres-sione sistolica conservata (dovuta alla stimolazione adrenergica inrisposta alla riduzione della gittata cardiaca), innalzamento dellapressione telediastolica del ventricolo sinistro, disfunzione ventri-colare sinistra grave, agitazione o obnubilamento (primo sintomodi riduzione del flusso cerebrale).

EziologiaTra le cause di shock cardiogeno nel corso delle SCA ST+, si

ritrovano:• dei precedenti di infarto e/o la necrosi recente che interviene

su una riserva miocardica diminuita (40%);• delle necrosi estese al ventricolo destro (20%);• delle necrosi estese che colpiscono più del 40% del ventricolo

sinistro (25%);• delle necrosi limitate al ventricolo destro (2,8%);• delle complicanze meccaniche, soprattutto insufficienza mitra-

lica acuta (6,9%), comunicazione interventricolare (3,9%) erottura miocardica con tamponamento (1,4%) [65].I fattori predittivi di insorgenza di uno shock cardiogeno sono

l’età avanzata, una frequenza cardiaca al momento del ricoverosuperiore a 75 pulsazioni min-1, un diabete, dei precedenti diinfarto del miocardio e di bypass aortocoronarici, la classe Killipal ricovero e la localizzazione anteriore della necrosi [66].

Mentre la presenza di uno shock al momento del ricoveroè un fattore prognostico indipendente che aumenta pesante-mente la mortalità ospedaliera [67], il solo parametro che contrastaquesta evoluzione infausta è la rivascolarizzazione in urgenza.La ricanalizzazione mediante angioplastica coronarica dell’arteriacolpevole permette una riduzione significativa della comparsa siadi shock al ricovero (60% contro 82%, p < 0,001) o di shock ritar-dati (46% contro 62%, p < 0,001) [67].

Trattamenti (Fig. 5)

Rivascolarizzazione coronaricaLa pietra angolare del trattamento delle SCA ST+ complicate da

uno shock cardiogeno è la rivascolarizzazione in urgenza, comeha rilevato lo studio SHOCK [68]. Mentre, a 30 giorni, la mortalitànon differisce significativamente nel gruppo rivascolarizzazioneprecoce rispetto al gruppo controllo (46,7% contro 56%), larivascolarizzazione precoce riduce la mortalità a 6 mesi (50,3%contro 63,1%, p = 0,027). La tecnica di riperfusione di riferimentoè l’angioplastica primaria (IB). Benché la sua realizzazione per-metta di ridurre l’incidenza degli shock cardiogeni nell’infarto [57],la fibrinolisi è inefficace nello shock costituito. Varie spiegazionifisiopatologiche sono state proposte per spiegare l’insuccesso dellafibrinolisi nel paziente in stato di shock cardiogeno: minore pene-trazione nel trombo a causa di una riduzione della pressionearteriosa media e del collasso passivo dell’arteria o, ancora, acidosi,osservata durante lo stato di shock, che inibirebbe la conversionedel plasminogeno in plasmina. Comunque sia, la fibrinolisi nonè indicata nello shock cardiogeno ischemico, in quanto il suoeventuale beneficio sul versante ischemico è ampiamente con-trobilanciato dagli effetti collaterali emorragici [39, 69]. Secondo leraccomandazioni dell’ACC/AHA risalenti al 2004, la fibrinolisinon deve essere somministrata nell’infarto complicato da shock,salvo nei casi (rari) dove non può essere realizzata alcuna angio-plastica, in particolare per ragioni di trasporto del paziente [70].Quando è intrapresa una rivascolarizzazione con angioplastica,essa dovrebbe essere realizzata non solo sull’arteria colpevole, maanche sull’insieme delle lesioni significative critiche [71] (IIaB). Incaso di lesioni non rivascolarizzabili e/o di complicanze mec-caniche, il paziente deve essere inviato in urgenza in chirurgiacardiaca, sotto assistenza circolatoria, se necessario.

Ventilazione assistita meccanicaEssa è, il più delle volte, indicata. L’angioplastica può, così,

essere realizzata idealmente dopo la stabilizzazione respiratoriadi un paziente che è, allora, sedato e correttamente ossigenato.Occorre, allora, privilegiare una gestione multidisciplinare conla presenza di rianimatori in sala di coronarografia. L’obiettivo

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ECMO Svezzamento

Svezzamento

Svezzamento

Trattamento standard

Assistenzachirurgica

LVAD/Bi-VAD

Passaggio versoil trapianto

Recuperocardiaco

Récupérationcardiaque

Assenza di recuperomiocardico

Lesioni neurologicheirreversibili

Funzioni neurologicheintegre

Trattamento medicoSupporto inotropo

Ventilazione assistitaCPBIA

RiperfusioneRivascolarizzazione

Valutazioneneurologica,

lesionemultiorgano

Assistenzadefinitiva

Pazienteinstabile

Pazientestabile

Figura 5. Algoritmo decisionale. Tratta-mento dello shock cardiogeno complicanteuna sindrome coronarica acuta (secondo [31]).CPBIA: palloncino di contropulsazione intraor-tica; ECMO: circolazione extracorporea conmembrana di ossigenazione; LVAD: assi-stenza ventricolare sinistra; Bi-VAD: assistenzabiventricolare.

è di migliorare l’ematosi e di ridurre il consumo in ossigenolegato ai muscoli respiratori, in particolare al diaframma forte-mente sollecitato in questo contesto. Gli effetti emodinamici dellaventilazione meccanica sono benefici per il lavoro ventricolaresinistro, in quanto l’aumento della pressione intratoracica creaallo stesso tempo una riduzione del precarico per riduzione delritorno venoso e del volume ematico intratoracico e una ridu-zione del postcarico per diminuzione della pressione transmuraleventricolare.

Utilizzo di un agente catecolaminergicoEsso è spesso necessario per correggere l’ipoperfusione tissu-

tale. La dobutamina rimane la catecolamina di riferimento inquesto contesto [72]. Essa può essere utilizzata da sola o in associa-zione con un vasopressore (noradrenalina), quando le resistenzevascolari sistemiche sono basse o in caso di pressione diasto-lica fortemente diminuita. Gli inotropi positivi permettono inun primo tempo di migliorare i parametri emodinamici, ma alprezzo di un aumento delle richieste in ossigeno del miocardio edi un’esacerbazione del rischio ritmico. I vasopressori aumentanoper quanto li riguarda il postcarico e non generano sistemati-camente un reale miglioramento della perfusione sistemica. Inpratica, è, in genere, necessario ricorrere temporaneamente allecatecolamine per preservare la prognosi vitale immediata, garan-tendo una perfusione coronarica e cerebrale minima. Tuttavia,l’uso prolungato di queste molecole si traduce in un aumento deldebito in ossigeno del miocardio e porta ineluttabilmente a unaggravamento dell’insufficienza cardiaca.

NoradrenalinaEssa è utilizzabile immediatamente in caso di infarto del ven-

tricolo destro. In quest’ultimo caso, lo stato emodinamico è, ilpiù delle volte, modificato fin dalla riapertura dell’arteria: salitadella pressione arteriosa, scomparsa dei disturbi della conduzionein caso di occlusione a monte della marginale del bordo destroe miglioramento della perfusione tissutale periferica. Il mante-nimento di un precarico elevato con una prudente espansionevolemica è imperativo per evitare il disinnesco della pompa car-diaca. In effetti, i disturbi della compliance in rapporto con lanecrosi limitano considerevolmente il riempimento del ventri-colo destro.

Tuttavia, la rivascolarizzazione e queste misure farmacologichesono, talvolta, insufficienti per ristabilire uno stato emodinamicostabile.

Assistenze circolatorieL’infarto del miocardio complicato dallo shock cardiogeno

rappresenta un’eccellente indicazione alle assistenze circolato-rie meccaniche. Non si deve concedere alcun ritardo prima diipotizzare il loro posizionamento, a rischio di lasciare instau-rare lo shock cardiogeno e le sue conseguenze periferiche versoun’insufficienza multiorgano. L’indicazione deve, quindi, esserediscussa fin dalla comparsa dei segni precursori di shock:• il ricorso al CPBIA è abitualmente raccomandato in caso di

segni di instabilità emodinamica [73]. Tuttavia, nell’era delladiffusione della rivascolarizzazione mediante angioplastica pri-maria, nessuna prova definitiva conforta questo atteggiamentoe dei dati recenti tenderebbero anche a limitarne il ruolo [73, 74].Le raccomandazioni dell’ESC del 2012 [27] hanno, così, retro-cesso il suo utilizzo a un’indicazione di classe IIbB. Quandoè utilizzato, il CPBIA deve essere posizionato all’inizio dellaprocedura, in particolare in caso di complicanza meccanicaassociata. Il beneficio di questo tipo di assistenza deve, tuttavia,essere controbilanciato dai rischi del dispositivo, in particolarein termini di complicanze vascolari ed emorragiche. Questecomplicanze sono più frequenti nei pazienti di piccola cor-poratura, nelle donne, nei pazienti con arteriopatia degli artiinferiori e nei pazienti diabetici. In assenza di una rivascola-rizzazione coronarica, il CPBIA non può, da solo, migliorare laprognosi di sopravvivenza di questi pazienti, nei quali i segni dishock ricompaiono malgrado il mantenimento dell’assistenzacircolatoria [75–77]. Quando è stato posizionato un CPBIA, essodeve essere mantenuto minimo per 24 ore, anche se si osservaun miglioramento rapido dell’emodinamica. Infatti, nono-stante una riperfusione rapida, il recupero di una funzionesistolica soddisfacente richiede sempre diverse ore e un arre-sto troppo precoce dell’assistenza circolatoria esporrebbe a unnuovo deterioramento dell’emodinamica;

• una circolazione extracorporea con membrana di ossigenazione(ECMO) può essere presa in considerazione per un’assistenzatemporanea nei pazienti per i quali si spera in un recupero

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miocardico dopo la rivascolarizzazione [45]. In caso di non recu-pero, deve essere ipotizzata un’assistenza più perenne, questavolta chirurgica, che sia ventricolare sinistra o biventricolare,dopo una valutazione neurologica. Nel paziente giovane, que-sta assistenza può essere proposta in attesa di un trapiantomiocardico [58];

• sono in corso di sviluppo anche dei sistemi di assistenza ven-tricolare sinistra impiantabili per via endoscopica. Si tratta, tral’altro, della pompa centrifuga esterna TandemHeartTM [73], chenon ha mostrato alcuna superiorità in termini di mortalità,nonostante un miglioramento dei criteri emodinamici precoci,rispetto al CPBIA, e che si associa a delle complicanze vascolaried emorragiche più frequenti. Il sistema di pompa microassialetransaortica Impella 2,5TM [78] ha mostrato, in uno studio rando-mizzato di modesto effettivo (26 pazienti inclusi), un beneficioin base a criteri emodinamici precoci rispetto al CPBIA, senza,tuttavia, modificare la mortalità a 30 giorni. Sono necessaridegli studi clinici supplementari con campioni più ampi perprecisare l’eventuale ruolo di questi dispositivi in questo con-testo.

� ConclusioniLa gestione delle SCA è basata su delle regole diagnostiche e

terapeutiche semplici, provenienti da studi randomizzati potenti.È necessaria la realizzazione di strategie che implicano i dif-ferenti attori dell’urgenza. La gestione delle SCA ST+ dipendeessenzialmente dalla rapidità dell’attivazione della rete di assi-stenza per ottenere la riperfusione miocardica nei tempi più breviper preservare la funzione miocardica e migliorare la prognosi. Iltrattamento delle SCA ST- è basato sulla stratificazione del rischioevolutivo, tenendo conto non soltanto delle alterazioni elettri-che e della positività della troponina, ma anche e soprattuttodel terreno e della ripercussione clinica. Infine, la gestione delle

“ Punti importanti

• Le SCA sono divise in due entità nosologiche:◦ le SCA senza sopraslivellamento del segmento ST,

definite «SCA ST-»;◦ le SCA con sopraslivellamento del segmento ST, defi-

nite «SCA ST+».• Le SCA ST- pongono il problema della stratificazione dellivello di rischio, che regola la strategia di gestione. Fra que-sti pazienti, quelli a elevato rischio di decesso e di eventicardiovascolari (immediati e a medio termine) richiedonoun approccio invasivo rapido. Nei pazienti a basso rischio,un approccio immediatamente invasivo accentua i costi eil rischio di iatrogenia, senza modificare in maniera signi-ficativa la prognosi successiva.• Le SCA ST+ pongono pochi problemi diagnostici marichiedono un’organizzazione ottimale per ridurre i tempifino alla ricanalizzazione ateriosa. L’angioplastica primariadelle SCA ST+ con dolore da meno di 12 ore beneficia diuna raccomandazione di grado IA. Essa è efficace in piùdel 90% dei casi, ma richiede dei tempi di trasferimentorispetto alla rivascolarizzazione mediante fibrinolisi. Essa sipuò concepire solo in centri altamente specializzati, dispo-nibili 24 h/24.• Le SCA ST+ complicate da shock cardiogeno costitui-scono un’eccellente indicazione dell’assistenza circolato-ria.• La comparsa di una SCA nel contesto di anestesia o dirianimazione rende necessaria una gestione multidiscipli-nare.

complicanze precoci delle SCA non si può prendere in con-siderazione senza un monitoraggio ravvicinato, che permetteuna diagnosi precoce e, soprattutto, una stretta collaborazionemultidisciplinare per ottimizzare una prognosi spontaneamenteinfausta.

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S. Manzo-Silberman ([email protected]).Service de cardiologie, Hôpital Lariboisière, 2, rue Ambroise-Paré, 75475 Paris cedex 10, France.Université Denis Diderot, 5, rue Thomas-Mann, 75013 Paris, France.

O. Varenne.Service de cardiologie, Hôpital Cochin, 27, rue du Faubourg-Saint-Jacques, 75014 Paris, France.Université Paris Descartes, 15, rue de l’École-de-Médecine, 75006 Paris, France.

A. Cariou.Université Paris Descartes, 15, rue de l’École-de-Médecine, 75006 Paris, France.Service de réanimation médicale, Hôpital Cochin, 27, rue du Faubourg-Saint-Jacques, 75014 Paris, France.

Ogni riferimento a questo articolo deve portare la menzione: Manzo-Silberman S, Varenne O, Cariou A. Gestione delle sindromi coronariche acute nelle prime48 ore. EMC - Anestesia-Rianimazione 2014;19(2):1-13 [Articolo I – 36-725-F-10].

Disponibile su www.em-consulte.com/it

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