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Gesu Maestro 2 2014 okk Ges˘ Maestro 2 2014 - stpauls.it · nebra e ogni tramonto» (P. Pier...

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GESÙ MAESTROAprile-Maggio-Giugno 2014 - Trimestrale anno 18Istituti Paolini “Gesù Sacerdote” e “Santa Famiglia”DIRETTORE: Don Olinto CrespiDIREZIONE: Circonvallazione Appia, 162 - 00179 Roma

Tel. 06.7842609 - 06.7842455 - Fax 06.786941AUTORIZZAZIONE TRIBUNALE DI ROMA n° 76/96 del 20/02/1996 Fotocomposizione e stampa: Tipolitografia Trullo s.r.l. - www.tipolitografiatrullo.it

Via Ardeatina, 2479 - 00134 Santa Palomba Roma - Tel. 06.6535677

Grafica di copertina: Mario Moscatello sspIn copertina: Gesù di M. Rupnik - Chiesa del Sacro Cuore di Gesù a Ortì - RC

EDITORIALEChiamati a essere riflesso della lucedel Vangelo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

MAGISTERO DELLA CHIESA“Siamo creati per amare” . . . . . . . . . . . . . 6

I LUOGHI DELLA GRAZIADELLA STORIA ALBERIONIANALa santità nell’ordinario della vita . . . . . . 8

MOMENTI DELLO SPIRITOLe tappe significative nell’operafondazionale del beato Alberione . . . . . . . 11

SPIRITUALITÀ BIBLICASilenzio per accogliere la Parola . . . . . . . . 14

ISTITUTO “GESÙ SACERDOTE”

COMUNICAZIONE DEL DELEGATOUna solida spiritualitàper il Presbitero diocesano . . . . . . . . . . . . 16

SPIRITUALITA’ SACERDOTALETappe della vita di un prete… . . . . . . . . . . 20

S O M M A R I O

ISTITUTO “SANTA FAMIGLIA”

LETTERA DEL DELEGATO“Ripartire da Cristo” . . . . . . . . . . . . . . . . 22

SPIRITUALITÀ PAOLINANell’amore fraterno il “tutto” di Dio . . . . 26

Camminare dietro gesù . . . . . . . . . . . . . . . 30

Inno all’amore di coppia . . . . . . . . . . . . . . 31

NOTE DI LITURGIAVivere il mistero celebrato . . . . . . . . . . . . . 32

ELEMENTI DI FORMAZIONE:LE PICCOLE VIRTÙ UMANE

Beati i miti perché erediteranno la terra . . 34

FAMIGLIA E SOCIETÀL’ideologia “gender” e le sue strategie . . . 37

TESTIMONIANZEIncontro colmo di grazie . . . . . . . . . . . . . . 39

Novità: Libri – Audio – Film . . . . . . . . . . 41

Uniti nel suffragio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

Editoriale

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L’esasperato soggettivismo e il deviante in-dividualismo sono i mali che la nostra so-

cietà ha introdotto nel tessuto umano odierno eche rendono l’esistenza tristemente pesante.

Già Giovanni Paolo II diceva: «Fare dellaChiesa la casa e la scuola della comunione:ecco la grande sfida che ci sta davanti in que-sto nuovo millennio, se vogliamo essere fedelial disegno di Dio e rispondere anche alle atte-se profonde del mondo… Occorre promuove-re una spiritualità della comunione, facendo-la emergere come principio educativo in tutti iluoghi dove si plasma l’uomo e il cristiano, do-ve si costruiscono le famiglie e le comunità»(NMI, 43).

Solo con questa prospettiva di comunione,saremo capaci di recepire i doni dello Spirito edivenire efficaci comunicatori di luce di bontà,e di serenità.

La missione paolina

In quest’anno di grazia del Centenario, noiPaolini, abbiamo un impegno carismatico nonsemplice da svolgere: quello, cioè, di essere“trasmettitori di luce” e diffusori di tutto quelcalore umano e spirituale di cui le diversissimesituazioni quotidiane hanno bisogno di essereraggiunte.

Ma la scaturigine di tale luce è la stessa co-munione con il Signore. In Lui, da Lui e con

Lui si sprigiona quel dinamismo che mette inazione tutte le realtà umane e le trasforma inazioni di salvezza per il mondo intero. Si devepartire sempre da Lui e riferirci sempre a Luiin quanto principio necessario di salvezza, Via,Verità, Vita!

Nel 1960 don Alberione ribadiva: «La vitapaolina è nata dal Tabernacolo: così si alimen-ta, così vive, così opera, così si santifica…Dalla Messa, dalla Comunione, dalla Visitaeucaristica, tutto: santità e apostolato» (Utperfectus sit homo Dei II, 10). Quasi a racco-mandarci che per essere apostoli della comu-nicazione è necessario essere uomini di comu-nione.

Dirà esplicitamente nella Storia carismaticadella FP: «Segreto di grandezza è modellarsisu Dio, vivendo in Cristo. Perciò sempre chia-ro il pensiero: inserirsi come olivi selvatici nel-la vitale oliva, Cristo-Eucaristia…» (AD 95).

La sua esperienza ha il momento nel 1923quando, in seguito ad una grave malattia, ilMaestro Divino, manifestandosi nel sogno, glidisse: «Non temere… Io sono con voi… Di quivoglio illuminare… Il “di qui”, preciserà lostesso don Alberione, usciva dal Tabernacolo;e con forza, così da far comprendere che daLui-Maestro tutta la luce si ha da ricevere. Diqui sempre più si orientò e derivò tutto dal ta-bernacolo» (AD 152-153).

È lo stesso nostro Fondatore che spiega co-me intese le espressioni rivoltegli da Gesù:

La Chiesa, “segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere uma-no” (LG 1), trova nella “spiritualità di comunione” la sua legge di vita e la sua caratteristi-ca per irradiare la luce nel mondo. - È da questa comunione con Cristo Via Verità e Vita cheparte anche il nostro impegno di essere “luce del mondo”, “trasmettitori di luce”.

Chiamati a essere riflessodella luce del Vangelo

Editoriale

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«“Io sono con voi”: cioè con la vostra Fami-glia, che ho voluta, che è mia, che alimento, dicui faccio parte, come capo… Che io possastare sempre con voi!

“Di qui voglio illuminare”: cioè che io sonola luce vostra e che mi servirò divoi per illuminare, vi do questamissione e voglio che la compiate.La luce in cui era avvolto il DivinoMaestro, la forza di voce sul voglioe da qui, e l’indicazione prolunga-ta con la mano sul Tabernacolo, fu-rono così intesi: un invito a tuttoprendere da Lui, Maestro Divinoabitante nel Tabernacolo; che que-sta è la sua volontà; che dalla allo-ra minacciata Famiglia doveva partire grandeluce… Ognuno pensi che è trasmettitore di lu-ce, altoparlante di Gesù…» (AD 156-157).

In un’altra meditazione dirà: «Grande pro-gramma è quello del Tabernacolo: “Di qui vo-glio illuminare…” (CISP 59). L’Istituto è unaraggiera: attorno a sé ha tanti raggi: raggifatti di luce. E quale è questa luce? Gesù Cri-sto, luce del mondo!» (Meditazione alle Co-munità di Roma, 1952).

Il Fondatore, come impegno carismatico,affida alla Famiglia Paolina la missione stessaaffidata da Gesù ad ogni cristiano: «Io sono laluce del mondo…Voi siete la luce del mondo!»(cf Gv 1,4-9; Mt 5,13-14).

La Chiesa come la luna

«I Padri della Chiesa, di fronte all’accusadi una Chiesa irrilevante, inutile e antiquata,rispondevano facendo ricorso all’immaginefelice della luna e del sole. “La luna, per quel-lo che è in sé, non è in grado di illuminare lanotte, dal momento che essa non ha luce pro-pria, ma può rischiarare la terra soltanto inquanto riflette la luce del sole. Senza sole la

luna è spenta. Così è nella Chiesa che esisteper trasmettere la luce di Cristo nella nottedella sua assenza. Non è la Chiesa “lumengentium”, ma è Cristo “Luce delle genti”, e laChiesa lo diventa nella misura in cui si lascia

illuminare e trasmette questa lu-ce, divenendo così mezzo e stru-mento, cioè sacramento di questaluce. E come la luna ai primiesploratori è parsa brulla, un de-serto di pietra e di polvere, così laChiesa, staccata da Cristo, appareirrilevante e inospitale…

La luna, una volta messa incontatto con il sole, rinasce, si tra-sfigura, diventa capace di diffon-

dere una luce amabile e desiderata per coloroche camminano nel buio.

La “luce di Cristo”, riflessa dalla Chiesa, è laluce della rivelazione dell’incondizionato amo-re di Dio, come si è rivelato in Gesù Cristo,amore che può raggiungere l’essere umano an-che nelle notti più terribili di una vita priva disenso, nelle tenebre della sofferenza, della soli-tudine, della colpa. Ecco un primo aspetto della“Chiesa sacramento della misericordia”: nono-stante la sua apparenza sovente “umana, troppoumana”, essa è segno e strumento dell’amoreaccogliente e misericordioso di Dio, che brillanel sole di Cristo, di una luce che vince ogni te-nebra e ogni tramonto» (P. Pier Giordano Cabrain Consacrazione e Servizio, 1/2014).

Volti che irradiano Dio

Anche la Famiglia Paolina, a cento anni divita, deve riscoprire il dono lasciato da don Al-berione, di “essere trasmettitori di luce”, percui siamo chiamati tutti ad essere luce. Ma losaremo nella misura in cui siamo e viviamo lacomunione con Dio uniti a Cristo, alla sua Pa-rola, all’Eucaristia.

Editoriale

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Del resto, rifacendoci all’incontro di Diocon Mosè (per 40 giorni il profeta rimane allasua presenza!), la luce divina si imprime forte-mente nel suo volto anche se non ne ha consa-pevolezza fino a quando, entrando in relazionecon gli altri, non scopre il grande dono che Diogli ha fatto. La comunione prolungata con Diodà a Mosè questa luce che egli diffonde attor-no a sé.

Il Signore rende possibile tale esperienza(comunione = luce) dandoci appuntamentonella sua tenda: la “tenda” della preghiera e il“monte” degli incontri sacramentali (Eucari-stia, Riconciliazione).

Quando il nostro volto è radioso per aver in-contrato Dio e contemplato il suo volto, la gen-te l’avverte perché irradiamo Dio stesso! Ri-

marrà sempre vero che la presenza di Dio «inquesto mondo povero ed orgoglioso» (don Al-berione), in cui sembra esserci grande assenzadei segni di Dio, si rivela solo attraverso coloroche l’hanno incontrato, contemplato e vissuto.

Carissimi, andiamo avanti con speranza! Ilnostro passo di coppie consacrate deve farsisempre più spedito nel ripercorrere le stradedella vita. Gesù Risorto che si accompagna anoi sulle nostre strade, lasciandosi riconoscere,come dai discepoli di Emmaus, nello “spezza-re il pane” (Lc 24,35), ci trovi sempre vigili epronti per riconoscere il suo volto e correre dainostri fratelli a portare il grande annuncio diluce: «Abbiamo visto il Signore!» (Gv 20,25)

don Olinto CRESPI, ssp

Ecco le copertine dei due opuscoli - Esercizi Spirituali e Catechesi - si accompagneranno i Corsi degli EserciziSpirituali dell'Istituto Santa Famiglia nell'anno 2014.

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno.Il Sacramento del Matrimonio ci conduce

nel cuore del disegno di Dio, che è un disegnodi alleanza con il suo popolo, con tutti noi, undisegno di comunione. All’inizio del libro del-la Genesi, il primo libro della Bibbia, a corona-mento del racconto della creazione si dice:«Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagi-ne di Dio lo creò: maschio e femmina li creò…Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua ma-dre e si unirà a sua moglie, e i due sarannoun’unica carne» (Gen 1,27; 2,24).

L’immagine di Dio è la coppia matrimo-niale: l’uomo e la donna; non soltanto l’uomo,non soltanto la donna, ma tutti e due. Questa èl’immagine di Dio: l’amore, l’alleanza di Diocon noi è rappresentata in quell’alleanza fral’uomo e la donna. E questo è molto bello! Sia-mo creati per amare, come riflesso di Dio edel suo amore. E nell’unione coniugale l’uomoe la donna realizzano questa vocazione nel se-

gno della reciprocità e della comunione di vitapiena e definitiva.

1. Quando un uomo e una donna celebranoil Sacramento del Matrimonio, Dio, per cosìdire, si “rispecchia” in essi, imprime in loro ipropri lineamenti e il carattere indelebile delsuo amore. Il matrimonio è l’icona dell’amo-re di Dio per noi. Anche Dio, infatti, è comu-nione: le tre Persone del Padre, del Figlio edello Spirito Santo vivono da sempre e persempre in unità perfetta.

Ed è proprio questo il mistero del Matrimo-nio: Dio fa dei due sposi una sola esistenza. LaBibbia usa un’espressione forte e dice“un’unica carne”, tanto intima è l’unione tral’uomo e la donna nel matrimonio. Ed è pro-prio questo il mistero del matrimonio: l’amoredi Dio che si rispecchia nella coppia che deci-de di vivere insieme. Per questo l’uomo lasciala sua casa, la casa dei suoi genitori e va a vi-vere con sua moglie e si unisce tanto fortemen-te a lei che i due diventano – dice la Bibbia –una sola carne.

Ma voi, sposi, vi ricordate di questo? Sieteconsapevoli del grande regalo che il Signore viha fatto? Il vero “regalo di nozze” è questo! Nel-la vostra unione c’è il riflesso della SantissimaTrinità, e con la grazia di Cristo voi siete un’ico-na viva e credibile di Dio e del suo amore.

2. San Paolo, nella Lettera agli Efesini, mettein risalto che negli sposi cristiani si riflette un mi-stero grande: il rapporto instaurato da Cristo conla Chiesa, un rapporto nuziale (cf Ef 5,21-33).

Magistero della Chiesa

“Siamo creati per amare”Papa Francesco, durante l’Udienza generale in piazza san Pietro del 2 aprile 2014, ha par-lato del Sacramento del Matrimonio. Le riflessioni offerte devono far gioire i membri del-l’Istituto “Santa Famiglia”, perché non sono altro che la spiegazione del primo capitolo del-lo Statuto, che la Chiesa ha approvato nel 1990.

Papa Francesco all’incontro con i fidanzati

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Siamo creati per amare

La Chiesa è la sposa di Cristo. Questo è il rap-porto. Questo significa che il Matrimonio ri-sponde a una vocazione specifica e deve esse-re considerato come una consacrazione (cfGaudium et spes, 48; Familiaris consortio,56). È una consacrazione: l’uomo e la donnasono consacrati nel loro amore.

Gli sposi infatti, in forza del Sacramento,vengono investiti diuna vera e propriamissione, perchépossano rendere vi-sibile, a partire dallecose semplici, ordi-narie, l’amore concui Cristo ama lasua Chiesa, conti-nuando a donare lavita per lei, nella fe-deltà e nel servizio.

3. È davvero undisegno stupendoquello che è insito nel Sacramento del Matri-monio! E si attua nella semplicità e anchenella fragilità della condizione umana. Sap-piamo bene quante difficoltà e prove conoscela vita di due sposi… L’importante è mantene-re vivo il legame con Dio, che è alla base dellegame coniugale. Il vero legame è sempre conil Signore. Quando la famiglia prega, il lega-me si mantiene. Quando lo sposo prega per lasposa e la sposa prega per lo sposo, quel lega-me diviene forte; uno prega per l’altro.

È vero che nella vita matrimoniale ci sonotante difficoltà, tante; che il lavoro può manca-re, che i soldi non bastano, che i bambini han-no problemi. Tante difficoltà. E tante volte ilmarito e la moglie diventano un po’ nervosi elitigano fra loro. Litigano. È così, sempre si li-tiga nel matrimonio, alcune volte volano anchei piatti. Ma non dobbiamo diventare tristi perquesto, la condizione umana è così.

Il segreto è che l’amore è più forte del mo-mento nel quale si litiga; per questo io consi-glio agli sposi sempre: non finire la giornatanella quale avete abbiate litigato senza fare lapace. Sempre! E per fare la pace non è neces-sario chiamare le Nazioni Unite che vengano acasa a fare la pace. È sufficiente un piccolo ge-sto, una carezza! E a domani! E domani si co-

mincia un’altra vol-ta. Questa è la vita,portarla avanti così,portarla avanti conil coraggio di volerviverla insieme.Questo è grande, èbello! È una cosabellissima la vitamatrimoniale edobbiamo custodir-la sempre, custodi-re i figli.

Altre volte hodetto in questa

piazza una cosa che aiuta tanto la vita matri-moniale. Sono tre parole che si devono diresempre, tre parole che devono essere nella ca-sa: permesso, grazie, scusa. Le tre parole ma-giche.

Permesso: per non essere invadente nellavita dei coniugi. Permesso, ma cosa ti sembra?Permesso, mi permetto.

Grazie: ringraziare il coniuge; grazie perquello che hai fatto per me, grazie di questo.Quella bellezza di rendere grazie!

E siccome tutti noi sbagliamo, quell’altraparola che è un po’ difficile a dirla, ma bisognadirla: scusa.

Con queste tre parole, con la preghiera del-lo sposo per la sposa e viceversa, con fare lapace sempre prima che finisca la giornata, ilmatrimonio andrà avanti. Le tre parole magi-che, la preghiera e fare la pace sempre. Che ilSignore vi benedica e pregate per me.

Il principio educativo, alla base della logicadi Dio, è riassunto in questo slogan: “Fare

le cose ordinarie in modo straordinario”. Lasocietà dell’efficienza e del profitto, per laquale contano solo i risultati (e questi sonoquasi sempre i soldi), ci impedisce di dar va-lore al modo con cui si agisce, quindi alle mo-tivazioni; eppure una mamma, motivata dal-l’amore, è disposta a dare la vita per il figlio;e per contro un uomo, motivato dall’odio, èdisposto a uccidere.

Don Alberione è stato grande per le moti-vazioni; per questo è riuscito anche a fare co-se grandi, che però non erano assolutamente laragione per cui egli si sentiva importante. Cidiceva: «Nell’umiltà vi è la pace; gli occhi delSignore sono volti a chi è umile di mente e dicuore; l’umiltà è la custode delle virtù» (Sa-cerdote, ecco la tua meditazione, n. 461). «Bi-sogna essere ben persuasi che la passione pre-dominante per noi (nove casi su dieci) è la su-perbia, e quindi la virtù principale da acqui-starsi è l’umiltà» (Alle Figlie di San Paolo,anno 1941, p. 264).

Da dove fioriscono queste motivazioni chesi sono sedimentate nel suo cuore? Occorrerisalire al retroterra culturale e religioso in cuiè vissuto, che egli ha descritto in questo mo-do: «Egli ringrazia il Signore per essere di fa-miglia profondamente cristiana, contadina,molto laboriosa» (Abundantes divitiæ gratiæsuæ, n. 124).

Santuario “Madonna dei Fiori”in Bra (Cuneo)

La Madonna, apparsa ad una donna incintail 29 dicembre 1336, è la protettrice delle don-ne partorienti. Le mamme braidesi, per con-suetudine secolare, consacrano il frutto del lo-ro seno a Maria. I festoni azzurri e rosa ai latidell’altare a lei dedicato lo testimoniano. An-che mamma Teresa consacrò i suoi figli allaMadonna dei Fiori. Scriveva don Alberione nel1956: «La madre ci aveva tutti consacrati aMaria, Regina dei Fiori, man mano che siamonati». Ebbene, questa consacrazione segnòprofondamente la vita del piccolo Giacomo.

Il primo impegno mariano di don Alberioneriguarda proprio questo Santuario. Ne parla nellibro “Mihi vivere Christus est”. Era una pro-

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I luoghi della grazia della storia alberioniana

La santità nell’ordinario della vitaPercorreremo in questo Anno centenario le tappe principali della vita del beato Giacomo Al-berione per comprendere la sua autentica grandezza. Nella logica di Dio non è grande perle straordinarie opere che ha realizzato durante la sua esistenza terrena, ma per la sua “vi-scerale” umiltà, da cui è fiorito un amore vivo per Cristo Gesù, comunicato ai figli e figlieche il Signore gli ha donato.

Santuario “Madonna dei Fiori” di Bra (Cuneo)

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messa da ragazzi, ma la mamma esigeva già lafedeltà nel mantenere: «Avevo nove anni e,tornando da scuola, ho detto lieto alla mamma:“Vedi, mamma, sono stato promosso!”. Manon osavo dire anche ciò che avevo promesso;ed avevo promesso di accendere una candelaalla Madonna dei Fiori. La mamma ha indovi-nato e quasi mi ha sgridato: “Adagio a promet-tere! Ma essere poi generosi ad adempiere; va’e non accendere una candela piccola”; e mi hadato una moneta più grande» (n. 114). Toccan-te la semplicità dell’episodio.

Il 1900 è l’anno del sofferto sbandamento delgiovane Gia como; era entrato nel 1896 nelSemi na rio di Bra; vi viene dimesso il 7 aprile1900. L’orgoglio del giovane rimase profonda-mente ferito. La mam ma, pre occupata, pellegri-nò a piedi al santuario della Madonna dei Fiori ele raccomandò la vocazione del figlio. Don Al-berione stesso riconobbe che la sua vocazione fusalva proprio grazie ad un intervento della Vergi-ne. Lo afferma nel Diario giovanile Sono creatoper amare Dio, che risale all’anno 1903: «Lagrazia di Dio e Maria mi salvò» (n. 93).

Don Alberione continuò a pellegrinare aquesto Santuario; e con i primi ragazzi, il 22maggio 1916, dalla casa di Via Mazzini in Alba,volle fare una visita alla Vergine dei Fiori; e do-po aver pregato ai suoi piedi per ringraziarladella sua protezione, nel ritorno fece tappa da unfotografo e assieme ai suoi giovani si fece fareil “ritratto”, che rimane la prima foto storica.

La cascina “Le due Peschiere”

Situata nella borgata San Lorenzo, provinciadi Fossano (Cuneo), era così chiamata perchécomprendeva nel suo comprensorio di circa 15 et-tari, due laghetti, in cui si raccoglievano le acquepiovane. Era composta dalla “villa padronale”,proprietà dei conti Ramazzotti di Torino, e dai lo-cali gestiti dall’affittuario per abitazione e lavoro.

Facendo “sammartino” nel novembre del1883, la famiglia Alberione dalla cascina Grio-ne in Bra – dove erano vissuti alcuni anni e do-

ve erano nati i fratelli del nostro Fondatore(Giovenale, Giovanni Ludovico e Francesco) –si trasferì a questa cascina. Mamma Teresaaveva nel grembo il piccolo Giacomo.

Evidentemente fa contrasto confrontare lasontuosità dell’abitazione dei signori Ramaz-zotti e la povertà dell’abitazione della famigliadell’affittavolo: una povera stanza, che davasulla stalla, dove tutto si svolgeva: lì si man-giava, lì dormivano i genitori; accanto al lettola culla del più piccolo; gli altri figli d’invernodormivano nella stalla, d’estate sul fienile. Lastalla conteneva gli animali, di cui papà Mi-chele era proprietario; forse anche un cavallo ouna bestia da soma.

Don Alberione è nato, come Gesù, in unastalla. Il fatto lo ritenne così importante daproporlo come icona fondazionale: iniziaresempre da un presepio. Difatti scriveva il 1gennaio 1927 al beato Giaccardo, mandatonel 1926 a iniziare la fondazione romana: «Leopere durature e fruttuose sono quelle chemeglio rispecchiamo l’opera della Redenzio-ne. Gesù anche in questo è via. Devono co-minciare come il presepio: piccolissime, na-scoste, trascurate, combattute, ma portare i

La santità nell’ordinario della vita

Cascina “Le due Peschiere”

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I luoghi della grazia della storia alberioniana

germi della vita. Il presepio è: greppia, abita-zione di animali, oggetto di disprezzo, pove-rissimo, ma vi era Gesù, Via e Grazia, MariaRegina dei Santi, san Giuseppe primo nellasantità».

Non si ha nulla di cui vantarsi, ma ci si af-fida alla Provvidenza e alla potenza di Dio.Così radicata questa convinzione da esigereche ogni fondazione iniziasse in questo mo-do: senza niente, fidandosi unicamente diDio, con la forte convinzione che «le opere diDio si fanno solo con gli uomini di Dio». Inquesto modo anche la formazione e l’educa-zione dei figli sono segnate dalla presenza diDio, così che i genitori siano invitati a ripor-re piena fiducia non nelle proprie capacitàma nella potenza di Dio.

La chiesa di San Lorenzo

La chiesa di San Lorenzo è situata nellaborgata omonima, una delle 14 frazioni delcomune di Fossano. L’edifi-cio della chiesa si presentaesternamente elegante e gra-zioso; la facciata, di stile ri-nascimentale, è in cottoomogeneo; appena sotto iltimpano un affresco ripro-duce il san to patrono Loren-zo in piedi, rivestito con gliabiti liturgici dell’ordinediaconale, ai piedi gli stru-menti del suo martirio.

Anna Allocco in Testa,residente a Fossano, era ve-nuta ad assistere la sorellaTeresa durante la maternità. Il parto non fufacile e Giacomo nacque così scarno e mal-fermo che i genitori temettero non potesseavere vita lunga. Era il 4 aprile 1884. Così ilgiorno seguente, nella vigilia delle Palme, a

ventiquattr’ore dalla nascita, il piccolo Gia-como uscì per la prima volta dalla casa tra lebraccia della madrina che fu la stessa AnnaAllocco. L’atto di nascita di don Alberionenel registro della chiesa porta il n. 8.

Convinto che dal fonte fiorisce la vita nel-le sue varie espressioni, don Alberione ritenneun grande favore divino l’essere stato battez-zato il giorno dopo la nascita. Sull’agenda del -l’anno 1968, ai giorni 13 gennaio e 9-10 feb-braio, annotava: «Io ho ricevuto il battesimo il5 aprile 1884. Io sono stato battezzato il 5aprile 1884, con infinita misericordia e graziadello Spirito Santo… Tanta misericordia ebbiil giorno del battesimo; ricevetti tutti i frutti,penso che il Signore mi preparò grazie nellavita, in particolare la vocazione sacerdotale;raggiunto l’uso di ragione ho conosciuto spe-ciale, grande vocazione: “Voglio essere sacer-dote”. Magnificat».

In una riflessione dedicata ai sacerdoti,afferma: «Renderò grazie a Dio, ogni giorno,finché vivrò, per l’istituzione del battesimo e

nell’eternità continuerò an-cor di più a ringraziarlo…Considera che, alle portedella Chiesa, avvenne comeun patto tra Dio e il battez-zato. Il Signore, da partesua, promise la vita eterna egli aiuti per conseguirla; ilbambino a sua volta promi-se di conservare la fede,adempiere ai divini precettie di assiduamente pregare.Dio gli fu fedele; io fui an-che fedele ad osservare lesolenni promesse fatte dai

padrini a mio nome?» (Sacerdote, ecco la tuameditazione 498.505).

Don Venanzio FLORIANO ssp1 – Continua

Chiesa di san Lorenzo in Fossano

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Momenti dello Spirito

1915 agosto 7 Inaugurazione del primo Tabernacolo con il SS. Sacramento, nella chiesaannessa alla villa Moncaretto, alla periferia di Alba (Cuneo).

1917 ottobre 9 Vi è presso gli alunni di don G. Alberione la Compagnia dell’Immacolata.

1917 novembre 18 In via Mazzini n. 2 consacrazione della Casa al Sacro Cuore di Gesù, cheviene solennemente intronizzato.

1917 dicembre 8 Professione religiosa privata emessa da alcuni giovani di don Giacomo Al-berione.

1918 febbraio 3 Nella parrocchia albese dei Santi Cosma e Damiano si fanno le Quaran-t’Ore. I giovani di don Alberione si succedono a turno, per tutta la duratadelle Quarant’Ore, ogni mezz’ora, per fare l’Adorazione eucaristica.

1918 giugno 29 Gesù sacramentato viene ad abitare nei locali di Via Mazzini n. 2, in Alba,nella cappella allestita dai giovani di don G. Alberione. Si inaugura così ilsecondo Tabernacolo paolino.

1918 dicembre 8 Alcuni alunni di don Alberione rinnovano i voti religiosi privati fatti l’an-no prima.

1918 dicembre 9 Presso la PSSP di Via Mazzini, in Alba, si comincia l’ottavario dell’Imma-colata.

1919 gennaio 5 Il signor Teologo propone ai suoi ragazzi di fare un patto con il Signore diimparare per quattro anche studiando solo per uno. Spiega il “Segreto diriuscita”.

Tappe significative nell’operafondazionale del beato Alberione

Nei primi anni di fondazione della Famiglia Paolina ogni data non era solo fissata sulla car-ta – e don Barbero ce ne offre un significativo elenco che abbraccia gli anni 1915-1925 – maera vissuta con entusiasmo da tutti coloro che partecipavano alla straordinaria avventurafondazionale, convinti di quei due unici fastidi del Signor Teologo (così era chiamato don Al-berione) che don Giaccardo riporta nel “Diario” con queste parole: «Due soli i miei fasti-di: che io non sono ancora abbastanza buono e voi non siete ancora abbastanza santi. Que-sti due solamente sono i miei fastidi; altri non ne ho, tutto il resto è nulla e viene da sé… Sepertanto mi volete bene, prendetevi anche voi questi fastidi» (15 febbraio 1918).

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1919 gennaio 6 Invita a fare il patto con il Signore, come ha fatto lui: studiare per uno eimparare per quattro.

1919 gennaio 7 Dopo la Messa il signor Teologo recita la formula del Patto di riuscita; chivuole può ripeterlo con la mente.

1919 gennaio 17 Il Signor Teologo aveva già spiegato ai giovani il libro “Il gran mezzo del-la preghiera”; ora sta spiegando il libro “L’anima dell’apostolato”.

1919 gennaio 26 Il signor Teologo dice ai suoi giovani che devono avere una grande santi-tà in maniera da superare tutti

1919 aprile 13 I novizi che non hanno ancora i voti fanno parte dalla Compagnia dell’Im-macolata; chi ha già fatto i voti privati farà ora parte della “Società SanPaolo”.

Maggio 1919 Terzo trasloco della comunità maschile; si passa da Via Mazzini n. 2 a viaVernazza n. 6, sempre in Alba. Ora la comunità è sotto la parrocchia delDuomo.

1919 maggio 30 Si stabilisce di fare in Casa la funzione del Primo venerdì di ogni mese. Il6 giugno 1919 prima funzione in Casa del primo venerdì.

1919 giugno 30 Si viene nella determinazione di fare ogni giorno un quarto d’ora di visitaal SS. Sacramento.

1919 settembre 1 Viene istituita in Casa la prima settimana di devozioni particolari: lunedì,san Paolo; martedì, Anime del purgatorio; mercoledì, san Giuseppe; gio-vedì, Angelo custode; venerdì, SS. Eucaristia, Sacro Cuore di Gesù, Ora diAdorazione; sabato, Maria SS.ma.

1919 ottobre 21 Si celebra in Casa, nella Cappella di Via Vernazza, in Alba, (Terzo Taber-nacolo paolino), la prima festa di una Prima Messa. Celebrante è don G.T. Giaccardo, che fu ordinato sacerdote il 19 ottobre 1919.

1920 giugno 30 Nella rinnovazione dei voti privati che alcuni paolini fanno, nelle mani didon Alberione, uniscono per la prima volta il voto di fedeltà al Papa.

Agosto 1921 Trasloco della tipografia da via Baluardi alla nuova Casa San Paolo;trasloco della Casa civile da Via Vernazza alla nuova Casa San Paolo,in Alba.Questa località diventerà Casa Madre della Congregazione PSSP.Vi è pure una libreria paolina, in Alba, via Vittorio Emanuele II.

Tappe significative nell’opera fondazionale del beato Alberione

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Momenti dello Spirito

1921 ottobre 5 Inaugurazione della prima Casa San Paolo, in Alba; il Vescovo benedice ilocali. Viene costituita la Pia Società di San Paolo, con la Professione re-ligiosa privata di un buon numero di membri.

1922 marzo 19 S. Giuseppe è presentato come Protettore speciale della Casa.

1922 maggio 6 Si dice che Maria SS.ma è onorata in Casa sotto il titolo di Regina degliApostoli.

1922 giugno 4 Si parla delle tre devozioni della PSSP: Divin Maestro, Maria SS.ma Im-macolata Regina degli Apostoli; S. Paolo apostolo.

1922 giugno 29 Gesù Sacramentato lascia la Cappella di Casa San Paolo (Quarto Taberna-colo) e viene portato a prendere possesso della nuova cappella cresciuta inmezzo all’orto (Quinto Tabernacolo). La nuova cappella è dedicata a SanPaolo apostolo, e viene benedetta nel pomeriggio da Mons. Giovanni Mo-lino, vicario generale del Vescovo di Alba, Mons. G. Francesco Re.

1922 luglio 22 Si stabilisce un nuovo regolamento per la Visita al SS. Sacramento, impo-nendo ai membri professi della PSSP e delle FSP, un’ora al giorno, ad oralibera, ossia non in comune.

1922 ottobre 28 Viene regalato un bel quadro del Sacro Cuore di Gesù, che si espone nel-la nuova cappella.

1922 dicembre 8 Si mette la statua dell’Immacolata di Lourdes sul tetto del pozzo costruitonel giardino verso il torrente Cherasca.

1923 maggio 1 Arriva il nuovo quadro della Regina degli Apostoli; viene messo nellaCappella paolina, dal lato sinistro di chi guarda l’altare.

1924 gennaio Mese dedicato al Divin Maestro, venerato nel quadro che rappresenta ilSacro Cuore di Gesù. Il Divin Maestro è la via, la verità e la vita.

1924 febbraio Preghiera per chi sente sete di anime come Gesù.

1924 agosto 15 Si dice che il libro principale di formazione del paolino è quello degliEsercizi Spirituali di sant’Ignazio di Loyola.

1925 gennaio Si dice che i libri fondamentali per la formazione del paolino sono: Van-gelo, Lettere di san Paolo, Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola.

Sac. Giuseppe BARBERO ssp

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Il valore del silenzio

Etty Hillesum, mortaad Auschwitz il 7 settem-bre 1943, scrive nel suo“Diario”: «L’es senziale èstare nell’ascolto di ciòche sale da dentro.

Le nostre azioni spes-so non sono altro cheimitazione, dovere ipote-tico o rappresentazioneerronea di che cosa deveessere un essere umano.

Ma la sola vera certezza che tocca la nostra vitae le nostre azioni può venire solo dalle sorgentiche zampillano nel profondo di noi stessi.

Si è a casa sotto il cielo, si è a casa do-vunque su questa terra se si porta tutto innoi stessi.

Spesso mi sono sentita, e ancora mi sento,come una nave che ha preso a bordo un caricoprezioso: le funi vengono recise e ora la naveva, libera di navigare dappertutto. Dobbiamoessere la nostra propria patria».

La domanda sorge spontanea: «Ma come sifa ad essere così in un campo di concentramen-to nazista?».

Ci viene in aiuto un’altra mistica Madelei-ne Delbrêl (1904-1964), che ha lavorato molti

anni come assistente sociale nei sobborghi diParigi; in quei luoghi gusta il “valore del si-lenzio” e “il sacramento della solitudine”, co-sì essenziali da indurre Karl Rahner ad affer-mare che «il cristiano del futuro sarà mistico onon sarà».

1) Il silenzio. – La Delbrêl sconvolge la no-zione comune di questo termine, affermandoche il vero rumore è dentro di noi. Quando sap-piamo fare silenzio in noi, possiamo ascoltareDio. Il primo gradino della mistica scala del si-lenzio è di evitare di ascoltarsi parlare. Il si-lenzio non è un’evasione, ma il raccogliersi dinoi stessi nel cavo di Dio. Fare silenzio è eli-minare tutto ciò che ci impedisce di essere incontatto con Dio. È ascoltare Dio dovunqueparli, «da coloro tramite i quali parla nellaChiesa fino a coloro coi quali Cristo si è iden-tificato in un altro modo e che ci chiedono lu-ce, o il nostro cuore, o del pane».

Solo chi è vuoto, è in grado di ricevere Dio. Madeleine compone, a questo proposito,

una preghiera-lampo: «Mio Dio, se sei dovun-que, come può succedere che io sia così spes-so altrove?». Dichiara: «Pregare non signifi-ca essere intelligenti: significa esserci… Seraggiungi i confini del mondo, vi troverai letracce di Dio; se vai nel profondo di te stes-so, troverai Dio in persona». Ed infine propo-

Spiritualità biblica

Silenzio per accogliere la ParolaLa realtà è come noi la vediamo. Ma chi la vede nel modo giusto? Noi – dice AlessandroManzoni – vediamo solo “un pezzo di cielo”. Il solo sguardo giusto è quello di Dio. Allorail problema è «vedere la realtà, noi stessi e gli altri» così come li vede Dio. Come fare? Qual-cuno ci è riuscito? La risposta è “sì”. Ecco la testimonianza di due donne (Etty Hillesum eMadeleine Delbrêl) che sembrano paradossali, ma che dicono come nella nostra natura Dioabbia messo qualcosa della pietra (calcio, silicio…), qualcosa degli animali (cervello retti-le, gli istinti) ma anche qualcosa di Sé… Tanto che il nostro cuore non è sazio finché non ri-posa in Lui.

Etty Hillesum

ne un metodo: «Nella strada, stretti dalla fol-la, noi disponiamo le nostre anime come al-trettante cavità di silenzio, dove la Parola diDio può riposare e risuonare. In certi ammas-si umani dove l’odio, l’avidità, l’alcool se-gnano il peccato conosciamo un silenzio dideserto e il nostro cuore si raccoglie con unafacilità estrema perché Dio vi faccia squilla-re il suo nome».

2) Il sacramento della solitudine. – La so-litudine rende profondi, aiuta a divenire sestessi. La crescita personale non si può ottene-re senza la solitudine del cuore. È nella solitu-dine che l’uomo ha i suoi grandi incontri con

Dio. E per fare una co-munità «bisogna saperessere soli con Dio».

Nella solitudine spe-rimentiamo che “Dio èDio”, che solo lui riem-pie la nostra vita. Il veroproblema è dunquequello di essere domina-ti dalla presenza di Dio.La solitudine è dunque«una specie di sacra-

mento per il mondo, una delle più profondefenditure che, attraverso noi, permette al Si-gnore di penetrare lentamente la terra».

Un vero cristiano diventa, così, insolito percredenti e non credenti. Per questo la comuni-tà deve formare cristiani autentici, con una for-te spiritualità e con la capacità di saper rende-re ragione della propria fede: infatti sul lavoro,per strada e nella comune realtà, il cristiano sitrova spesso solo a dovere testimoniare e ri-spondere del proprio “credo”.

Le fa eco Papa Francesco: «Bisogna for-mare il cuore. Altrimenti formiamo piccolimostri… Questo mi fa venire davvero la pelled’oca… La nube che segue il popolo di Dionel deserto, nella nostra vita si chiama silen-

zio: il silenzio è proprio la nube che copre ilmistero del nostro rapporto con il Signore,della nostra santità e dei nostri peccati. Questomistero che non possiamo spiegare. Ma quan-do non c’è silenzio nella vita nostra, il miste-ro si perde, va via. Custodire il mistero col si-lenzio!».

Don Camillo ritorna al suo paese con la ve-ste dai bottoni rossi e va a salutare il Crocifis-so. Quando Cristo lo saluta, don Camillo dicecommosso:

– Signore, a Roma vi ho chiamato tante vol-te e non mi avete mai risposto. Dio è più vici-no qui che a Roma.

– No, don Camillo. Dio è sempre alla stes-sa distanza. Sei tu che qui sei più vicino a testesso – ribatte il Cristo.

Dio non sta da una parte o dall’altra, ma stanel cuore di ognuno. L’ascolto profondo per-mette di percepire la sua voce, “un soffio dibrezza leggera”.

Hetty Hillesum scriveva: «Dio mio ti rin-grazio perché mi hai creata così come sono. Tiringrazio perché talvolta posso essere così col-ma di vastità, quella vastità che non è poi nien-t’altro che il mio essere ricolma di te. Ti pro-metto che tutta la mia vita sarà un tendere ver-so quella bella armonia, e anche verso quel-l’umiltà e vero amore di cui sento la capacitàin me stessa, nei momenti migliori» (Diario,pp. 270.271).

E ancora: «Dentro di me c’è una sorgentemolto profonda. E in quella sorgente c’è Dio.A volte riesco a raggiungerla, più sovente essaè coperta da pietra e sabbia: allora Dio è sepol-to. Allora bisogna dissotterrarlo di nuovo.M’immagino che certe persone preghino congli occhi rivolti verso il cielo: esse cercano Diofuori di sé. Ce ne sono altre che chinano il ca-po nascondendolo fra le mani: credo che cer-chino Dio dentro di sé» (p. 153).

Prof. Fausto NEGRI

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Silenzio per accogliere la Parola

Madeleine Delbrêl

Una solida spiritualità per il Presbitero diocesano

Ripartire da una profondaesperienza spirituale

Lo stile pastorale del magistero di Papa Francescosta apportando nella Chiesa un cambiamento epocale:vecchie abitudini si stanno sgretolando e stimolanti pro-getti e fermenti si aprono a nuo-vi inizi pieni di speranza. Mal’esito non è scontato; dipendeda come facciamo la traversatadalle vecchie impostazioni alnuovo stile; soprattutto da comenoi preti ci coinvolgiamo e sap-piamo animare, dando un signi-ficativo contributo di profeziaevangelica al popolo di Dio.

Questa difficile traversata daun cristianesimo un po’ spento aun altro più incisivo nella società, rende decisiva, oggipiù che mai, l’esperienza spirituale, cioè il nucleo pro-fondo della sequela, che permette ai cristiani di soprav-vivere alle forme che muoiono e di incarnarne, senzapaura, altre nuove veramente liberanti. È il grado dispiritualità che deciderà dello spessore del rinnova-mento continuo della Chiesa nel prossimo futuro.

È evidente come questo problema tocchi da vicinonoi preti. Per il nostro ministero, siamo chiamati a tra-smettere l’esperienza profonda e vitale di Dio. Ovvia-mente, lo possiamo fare solo se siamo in Dio, se vivia-

mo di Dio. «Gli uomini – diceva vonBalthasar – cercano oggi, con la lan-terna in mano, degli uomini che sap-piano irradiare qualcosa della luce edella prossimità del Soprannaturale».Di rimando il nostro Fondatore diceva:«Le opere di Dio si fanno con gli uo-mini di Dio... Ogni sacerdote, degnodella sua missione, è un miracolo del-la grazia». Capita di sperimentare,purtroppo, che il tipo di vita che con-ducono molti preti, oggi, renda diffici-le il permanere e il crescere in questa

esperienza mi-stica di Dio.

Siamo con-sapevoli che lecondizioni delnostro ministe-ro sono moltocambiate ri-spetto a quelledi qualche de-cennio fa. Ab-biamo modo di

sperimentare, grazie a Dio, tanti doni easpetti positivi importanti che trala-sciamo di considerare. Facciamo, in-vece, qualche cenno ad alcuni aspettiproblematici che, se il prete non gesti-sce bene, possono farlo ammalaregravemente.

Al presbitero di oggi si richiede dipossedere una gamma di attitudini e dicapacità straordinariamente vaste e digiocare un’infinità di ruoli: da capo

ISTITUTO“GESÙ SACERDOTE”

Istituto di vita consacrata per Sacerdoti diocesani

Comunicazione del Delegato

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COMUNICAZIONE DEL DELEGATO

pastorale e spirituale ad animatore della Pro loco, dadirigente scolastico a sagrestano, da casalingo adesperto di finanza. Il risultato, con il trascorrere deglianni, è la rinuncia ad una programmazione che metta lapreghiera e l’ascolto biblico della Parola al primo po-sto, pena un ritmo di vita poco equilibrato, con tutte leconseguenze negative che ne conseguono.

Altri elementi che, spesso, fanno problema sono lascarsa attenzione per la salute fisica (pasti disordinati,poco riposo, niente sport, mai dal medico); spesso an-che una certa emotiva e scorretta gestione dell’affetti-vità e dell’aggressività. In queste situazioni, è facileperdere la serenità di fondo nello svolgere il ministeroe, persino, prendersi delle malattie di ordine psichico espirituale (i confini sono difficili da stabilire, in quan-to i due ordini sono strettamente intrecciati). Solol’esperienza spirituale che porta all’incontro con ilSignore Gesù (cf Mt 11,25-30) è in grado di ridare vi-gore agli animi spenti, demotivati e alle membra stre-mate, riprogrammando con saggezza la propria vita.

Contenuti della vita spirituale-pastorale

Quali sono gli elementi che permettono al prete di vi-vere la sua esistenza nello Spirito, a servizio di Dio e del-le anime, in comunione con la Chiesa? Certo, la santitàdel presbitero si realizza sempre e solo attraverso il com-pimento del suo ministero. È quanto facciamo, in coe-renza con ciò che siamo, a decidere della nostra santi-ficazione. Ma se dovessimo individuare il centro unifi-cante, gli elementi essenziali della spiritualità presbitera-le, quali indicheremmo? La riflessione e l’esperienzapersonale di ciascuno ha certamente molto da dire. I do-cumenti, gli esperti indicano sostanzialmente: la caritàpastorale, la fraternità presbiterale, il vissuto coerentedel prete e in particolare l’unità di vita in Cristo.

Unità di vita in Cristo (mistica apostolica)

Tra i vari aspetti più problematici, è emerso in que-sti ultimi anni, oltre il rischio della frammentazionepastorale, quello della dissociazione “vita-ministero”.

È un punto molto delicato. Le cose dafare quasi ci precedono e la nostra ani-ma resta indietro, incapace di farsipresente dappertutto. È evidente che,se non siamo coinvolti con la nostrapersona nel ministero che compiamo,diventiamo dei funzionari e ci rovinia-mo la vita: le molte attività da svolge-re possono “mangiarci” l’anima.

Come rimanere nell’amore diCristo, come camminare versol’unità di vita? È quanto vorrei in-culcare in questo mio intervento. Miauguro che, confrontandoci conl’esperienza di san Paolo, possiamoravvivare la consapevolezza dellapresenza dello Spirito di Dio nella no-stra vita, della sua forza unificatriceche ci precede e agisce in noi se, conatteggiamenti di umiltà, rimaniamouniti a Cristo Parola-Eucarestia.

Alla luce dell’esperienza e della pe-dagogia formativa del beato Alberio-ne, siamo chiamati a valorizzare lescelte da fare perché veramente“l’amore di Cristo ci avvolga, coin-volga, stravolga” (2Cor 5,14).

1) Ordinare il tempo. – Il presbite-ro è chiamato a ordinare il tempo, im-parando a caratterizzarlo sempre piùcome “tempo dell’apostolo”, che è dif-ferente dal tempo aziendale, da quellodella competizione sportiva o della fe-sta, o semplicemente dal tempo chepassa. Il suo centro è l’incontro vivocon il Signore. La gestione del tempo èpossibile con una regola di vita chegarantisca l’equilibrio tra il tempo delriposo e quello dello star svegli, il tem-po della preghiera (liturgica e persona-le) e quello delle attività pastorali, iltempo forte (dell’anno liturgico e del-

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l’attività pastorale) e quello ordinario, il tempo gratui-to (lo studio, le amicizie, lo sport) e quello dei compi-ti più impegnativi.

La regola di vita va verificata periodicamente conun intelligente esame di coscienza: «La vita è come unviaggio verso l’eternità; la giornata è come un trattodel viaggio... Che avverrebbe se l’autista perdesse ilcontrollo della macchina? Egli deve stare sempre at-tento e manovrare bene il volante. Ma guidare noi stes-si è molto più difficile che guidare una macchina. Noidobbiamo governare l’interno, i pensieri; e i pensierisono la cosa più difficile da governare. Dobbiamo go-vernare il cuore che è un po’ matto, la fantasia, la lin-gua, gli occhi, il gusto, l’udito, il tatto. Noi dobbiamogovernare tutto il nostro essere e dovunque... Staresempre al volante, cioè avere sempre il controllo di noistessi...» (Alberione, Pr E 349).

2) Incontro personale con il Signore. – Al centrodella giornata, nella vita del prete, deve starci l’incon-tro con Gesù. La “regola di vita” ha come scopo pro-prio di garantire questa priorità. Al riguardo si potreb-bero dare tanti suggerimenti, ma penso che questo in-tervento di don Alberione sintetizzi molto bene l’im-portanza e le caratteristiche della comunione del pretecon il Signore (mistica paolina) se vuole sperimentareunità di vita e fecondità apostolica: «Centriamo tuttonel Cristo. Sì. Non c’è altra via, ma quella è la via! Bi-sogna in sostanza che il nostro pensiero e la nostra at-tività vengano ad unirsi a Cristo. Cristificarsi. Cristi-ficarsi. Vi è un’unica meta per i veri santi, un’unicaconsegna: Vivit vero in me Christus. Siamo dei pro-lungamenti di Gesù, di Gesù che ha trovato in noi deidocilissimi strumenti, e ci fa muovere e dispone, cichiama e ci fa passare per varie prove, ci dona anchemomenti di consolazione. Sempre Lui, Lui, Lui, in tut-to, in tutto. Lasciamo vivere Cristo in noi? Non lo cac-ciamo? Non lo dimentichiamo? Che io scompaia. Ec-co. E che viva tutto e solo e sempre Lui perché questoè il mistero del Cristo: essere il Capo, noi le membra».

3) Tempo per lo studio. – Si racconta che, una vol-ta, sant’Alberto Magno stava studiando nella sua cella.

Gli apparve il diavolo travestito daconfratello e tentò di persuaderlo chestava perdendo tempo ed energia con lostudio delle scienze, e che ciò non gio-vava alla sua missione. Appena Alber-to fece il segno della croce l’apparizio-ne scomparve. Noi di segni della crocene facciamo tanti, ma forse non siamo

ancora riusciti del tutto a scacciare latentazione di quel demonio. Per donAlberione, nella vita di ogni apostolodopo la preghiera, e prima di altri im-pegni importanti viene lo studio.

È fondamentale cogliere i segni deitempi (compito importante per ogni cri-stiano e in modo particolare per il pre-sbitero) tenendo gli occhi aperti sullarealtà che ci circonda nelle sue varie di-mensioni. Data la complessità della cul-tura (nel nostro caso la complessità del-le problematiche legate alle varie di-mensioni della pastorale) sono necessa-rie, oggi, più conoscenze e discerni-mento spirituale: non è più consentital’improvvisazione, il pressappochismoo il navigare a vista. Si richiede capaci-tà di studio, ascolto, conoscenze appro-fondite della realtà, condivisione di opi-nioni. Senza continui approfondimenti

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Una solida spiritualità per il presbitero diocesano

COMUNICAZIONE DEL DELEGATO

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personali e comunitari (la “studiosità” alberioniana)possono venire a mancare le coordinate giuste per rinno-vare le “mappe” (che cambiano continuamente) della re-altà, della società, della missione pastorale. Lo studio,dunque, conduce la nostra fede a conoscere aspetti sem-pre nuovi e più profondi del Mistero e ci aiuta a interpre-tare i segni del Regno nella storia che stiamo vivendo.

4) Tendere alla preghiera incessante. – San Giovan-ni Crisostomo diceva di indirizzare al ministero solo co-loro che avevano imparato a conservare viva la memo-ria del Signore Risorto nel frastuono delle occupazionipastorali. A questo riguardo, un grande segreto chedobbiamo riscoprire è quello della qualità della pre-ghiera che favorisce l’unità di vita,la comunione mistica con il Signoree un dinamico e genuino zelo apo-stolico. La visita eucaristica è se-condo don Alberione l’impegno dipreghiera più fecondo per favorirel’integrazione fede-vita: «La visitaeucaristica è la pratica che piùorienta ed influenza tutta la vita etutto l’apostolato… La visita ben fat-ta è un’anima che pervade tutte leore, le occupazioni, i pensieri, le re-lazioni con i fratelli. È una linfa ocorrente vitale, che su tutto influisce,comunica lo spirito anche alle cose più comuni. Formauna spiritualità che si vive e comunica: trasforma la vi-ta in preghiera e la preghiera in vita» (UPS II, 105-110).

Il dono della professione dei Consigli evangelici

Siamo tutti convinti che il prete diocesano ha a di-sposizione mezzi validi e necessari per risultare fedeleal ministero pastorale che gli viene affidato: la spiritua-lità del presbitero diocesano è solida e profonda. Ma sesa leggere i segni dei tempi, egli non può non percepi-re il problema di molti suoi confratelli (soprattutto i piùgiovani) che stanno attraversando (un po’ in tutte leDiocesi) una notevole crisi di identità, lasciando molto

a desiderare sul fronte della coerenzadi vita a causa di inconsistenze e insta-bilità di impegno nel ministero. Con-temporaneamente, se si dimostra sag-gio, egli avrà modo di capire profon-damente che i carismi (spiritualità par-ticolari e sempre nuove che lo Spiritosuscita) sono doni per la vitalità dellaChiesa, perciò da valorizzare umil-mente da tutti per risultare più fecondinello svolgere la propria missione.

Allora, come mi ha ribadito PapaFrancesco, nel brevissimo dialogo cheho avuto con lui come delegato dell’Isti-

tuto, «si dimostranosaggi quei preti dio-cesani che profes-sano i Consiglievangelici arric-chendosi di una spi-ritualità che li aiutaa risultare mag-giormente fedeli alloro ministero pa-storale diocesano».

È questo il “dipiù” di cui parlavadon Alberione e che

la maggior parte dei membri dell’Isti-tuto hanno sperimentato e ringrazianoil Signore per questo dono che hannoricevuto, come è emerso dalle risposteal Questionario. Approfitto per solleci-tare i membri a manifestare e proporrequesto dono ai confratelli diocesani,con la viva consapevolezza che assolu-tamente non li distoglie dai loro compi-ti, ma al contrario, avranno modo disperimentare una carica spirituale e pa-storale nuova, vivace e più forte.

Don Emilio CICCONI, Delegato [email protected]

Don Angelo De Donatis, predicatore de-gli Esercizi al Papa e alla curia vaticana

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Spiritualità sacerdotale

Tappe della vita di un prete…Mons. Angelo De Donatis – già padre spirituale al Seminario Romano Maggiore, ora Par-roco alla Basilica di San Marco in Piazza Venezia (Roma) – ha dettato al Consiglio presbi-terale della Diocesi di Roma questa sagge parole che delineano la maturità interiore che de-ve caratterizzare il presbitero. Nel numero precedente di “Gesù Maestro” ha fatto riflettereil presbitero sulla prima e seconda tappa, cioè la purificazione del cuore e l’elezione del Si-gnore. Ora mette in chiara luce la tappa più importante della sua vita.

La terza età

L’età anziana è quella in cui ci si preparaalla morte, e che da questa preparazione rice-ve un’incomparabile fecondità. Il processo dispoliazione messo in atto dal Signore arriva al-la sua pienezza: liberati da tutto attendiamo diincontrarci con lui. Non meno di altre fasi del-la vita anche questa può essere compromessada errori, ripiegamenti su se stessi, autenticheregressioni; ma queste deviazioni assumono unaspetto ancora più disperante, perché ormai ciaspetta il termine della vita e abbiamo l’im-pressione di aver fallito l’esistenza.

a) Se abbiamo confuso la sequela del Si-gnore con “il fare”, la vecchiaia rappresenta ungrosso smacco: veniamo messi da parte, consi-derati superati, non più capaci di efficienza e diprontezza di riflessi nelle decisioni. Se ci sia-mo aggrappati al nostro ruolo, se siamo un po’malati di protagonismo la percezione di averperso tutto invecchiando non è da meno: siamotroppo dipendenti dal riconoscimento degli al-tri per poter essere liberi di vivere la solitudinedi chi si prepara ad andare alla morte.

Insomma, i nodi non sciolti dalla miseri-cordia di Dio vengono tutti alla luce turbando-ci anche nel momento in cui potremmo vivereil riposo e la serenità. Il Signore anche in que-sta situazione è percepito lontano, se non addi-rittura ostile: è quello che mi toglie tutto ciòche mi aveva donato…

b) Nell’età anziana, quindi, abbiamo biso-gno di assolvere ad alcuni compiti spirituali:

• unificare tutto il passato, ponendolo sottolo sguardo della misericordia di Dio, perchénon frequentemente i fantasmi degli errorifatti continua a tormentarci (purificazionedella memoria);

• renderci familiare ed amica la morte, so-rella morte, preparandoci a viverla comecolei che ci permette di incontrare il Signo-re, quasi “scegliendola” e non subendola,per un atto di puro abbandono (don DivoBarsotti: «Quando verrà, fai che sia bella lamorte: un atto di puro abbandono nelle ma-ni dell’Amore»);

• imparare a dire addio (“A-Dio”) alle cosee alle persone, soprattutto a quelle che ab-biamo tanto amato, nella serenità dell’oriz-zonte della resurrezione di Cristo;

• maturare uno sguardo sempre più con-templativo sulla realtà, una “grandezzad’animo” (macrothumia) che ci permetta dicogliere la presenza del Signore anche lìdove nessuno la vede, di scoprire il disegnodi Dio nelle situazioni di croce più apparen-temente disperate, ma che allo sguardo pro-fondo rivelano già di essere cariche di re-surrezione.

c) Questa sapienza divina ha bisogno di tut-to l’arco della vita per maturare in noi! Biso-gna passare attraverso tutte le tappe per diven-tare annunciatori della fedeltà e della miseri-

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Tappe della vita di un prete…

cordia del Signore. Èquesto ciò che un an-ziano è chiamato afare: indebolito nelleforze, impara a pun-tare all’essenziale,che è l’annuncio delprimato della graziadi Dio alle genera-zioni più giovani.

Divenuto il custo-de del mistero di Dio,lo annuncia senzagridarlo, lo testimo-nia in maniera traspa-rente nell’umiltà chevive, accompagna isuoi fratelli con unaumanità profonda,che non si scandalizza più di niente, ma anzi checomprende ogni cosa, ogni moto del cuore uma-no, con la saggezza di chi sa che ogni strada puòessere quella di cui Dio si serve per incontrarel’uomo… In questa pace e serenità del cuore,

divenuto davvero spirituale

(cioè: trasfiguratodallo Spirito), irradiauna luce di cui diffi-cilmente gli altri in-dovinano il segreto.

Facciamo nostrala preghiera di san-t’Efrem il Siro: «Si-gnore, la mia vitadeclina di giorno ingiorno e invece imiei peccati cresco-no. O Signore, Diodelle anime e deicorpi Tu che conoscila mia debolezza eme l’hai fatta cono-scere concedimi la

tua forza, sostienimi nella mia miseria, affon-da i miei peccati nella tua misericordia e con-servami il tuo amore sino alla fine. Così in me,ormai vecchio e senza forza, mostrerai di es-sere un Dio fedele, forte e pieno di misericor-dia. Amen».

Papa Francesco a colloquio con il missionario padreAldo Trento di 80 anni

Esercizi Spirituali per Sacerdoti, promossi dall’IGS nell’anno 2014Tel. 06-7842455

• 06-11 luglio presso “Oasi Divin Maestro” a Camaldoli (AR)Predicatore: mons. Gastone Simoni, igs, vescovo emerito di Prato

• 24-29 agosto presso“Oasi Divin Maestro” a Camaldoli (AR)Predicatore: don Luigi Vari, biblista e parroco a Valmontone (RM)

• 21-26 settembre presso “Villa san Carlo” a Costabissara (VI)Predicatore: don Carlo Molari, teologo e animatore di Esercizi

• 09-14 novembre presso “Casa Divin Maestro” ad Ariccia (RM)Predicatore: don Roberto Roveran, ssp, animatore ISF

• 16-21 novembre presso “Casa Divin Maestro” ad Ariccia (RM)Predicatore: padre Raniero Cantalamessa ofmcap, predicatore della Casa pontificia

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La consegna, di “ripartire” e “prendere illargo”, per tutto il popolo di Dio significa

intraprendere e introdurre il cammino verso«la “misura alta” della vita cristiana: tutta lavita della comunità ecclesiale e delle famigliecristiane deve portare in questa direzione. Èperò anche evidente che i percorsi della santitàsono personali, ed esigono una vera e propriapedagogia della santità, che sia capace di adat-tarsi ai ritmi delle singole persone».

D’altra parte, occorre «esprimere la convin-zione che, se il Battesimo è un vero ingressoalla santità di Dio attraverso l’inserimento inCristo e l’inabitazione del suo Spirito, sarebbeun controsenso accontentarsi di una vita me-diocre, vissuta all’insegna di un’etica minima-listica e di una religiosità superficiale» (n. 31).

Seguire Cristo

D’altra parte abbiamo spesso ripetuto che ilcammino cristiano è seguire Cristo: la sua per-sona, il suo pensiero, il suo stile di vita.

“Ripartire” o “prendere il largo” signifi-ca, allora, fissare il nostro sguardo su Cristo,orientare in modo più radicale i nostri interes-si e le nostre aspirazioni su di Lui. Solo cosìogni cristiano realizza la sua vocazione che èquella di vivere in Lui la vita divina e, insie-me, compie la sua missione, che è di «trasfor-mare, con Lui, la storia» (n. 29). Essere “in”e “con” Cristo è parteciparne la vita, cioè lasua santità.

“Ripartire”, quindi, in parole semplici,vuol dire riprendere con convinzione il cammi-

no di configurazione e diidentificazione a Cristo fi-no alla “cristificazione”:finché sia formato Cristoin voi (Gal 4,19).

Ripartire da Cristo,raccomanda san GiovanniPaolo II nella sua Esorta-zione apostolica NovoMillennio Ineunte (NMI29), per affrontare le gran-

Lettera del Delegato

“Ripartire da Cristo”La “misura alta” della vita cristiana

ISTITUTO“SANTA FAMIGLIA”

Istituto paolino per coppie di Sposi consacrati

All’inizio del terzo millennio, nell’anno 2000, abbiamo ricevuto da san Giovanni Paolo II unaconsegna particolare nel nostro cammino di cristiani e di consacrati: “Ripartire da Cristo”. DonAlberione aveva già affermato iniziando la Famiglia Paolina: «Il processo di perfezione è un pro-cesso di cristificazione». Questa consegna di rimettere al centro della nostra vita, Cristo, ora, larinnova anche Papa Francesco offrendoci delle indicazioni molto pratiche e belle.

di provocazioni del nostro tempo. Ritornare aCristo per radicarsi nella sua parola e poter“prendere il largo”.

Essere in Cristo (Rm 8,1), ripete san Paolo,perché Egli si formi in noi e poterlo così testi-moniare e comunicare.

Se dovessimo “quantificare” anche leespressioni di don Alberione nell’additarci lavia privilegiata della nostra santificazione etrasformazione in Cristo, penso che ci vor-rebbero tantissime pagine. Ma è sufficientericordare il programma di vita proposta agliinizi della Famiglia Paolina: «Il processo diperfezione è un processo di cristificazione»(CISP 11).

L’Esortazione apostolica, inoltre, continuacosì: «È ora di proporre a tutti con convinzio-ne questa “misura alta” della vita cristiana or-dinaria: tutta la vita della comunità e delle fa-miglie deve portare in questa direzione: la san-

tità è lo scopo o il fine della vita cristiana.“Questa è la volontà di Dio, la vostra santifi-cazione” (1Ts 4,3)» (n. 31).

Del resto, la pedagogia della santità com-porta innanzitutto una particolare capacità diiniziazione e di sviluppo di preghiera, intesacome rapporto di amicizia con Dio e di dialo-go con Lui. La preghiera «è la sostanza stessa,l’anima della vita cristiana, ed è condizione diogni autentica vita spirituale» (n. 32).

Santificazione, per noi pellegrini su questaterra e orientati verso la Gerusalemme celeste,significa tendere alla perfezione della nostraumanità, sviluppandola a tal punto che si in-carni con la stessa vita divina di Cristo. Signi-fica ricostruire, giorno dopo giorno, quella fi-sionomia che il Signore ci ha donato fin dallanostra nascita: “creati ad immagine e somi-glianza di Dio”.

Ascolto della Parolae annuncio di Cristo

Il primato della santità e della preghiera,per “prendere il largo” (Lc 5,4) non è concepi-bile che a partire da un “rinnovato ascolto del-la Parola di Dio” (cf n. 39). L’amore alla Pa-rola fa rivivere in noi, nello stile di Paolo, lapassione di testimoniare e annunciare il Vange-lo (1Cor 9,16). «Chi ha incontrato veramenteCristo – ripete la Novo Millennio – non può te-nerselo per sé, deve annunciarlo» (n. 40).

Il nostro annuncio apostolico, allora, saràtanto più vero ed efficace in quanto anche noi,come Paolo, arriveremo alla piena configura-zione al Maestro: «Non sono più io che vivo, èCristo che vive in me» (Gal 2,20).

Don Alberione ripeterà sempre: «Apostoloè colui che porta Dio nella sua anima e lo irra-dia attorno a sé» (CISP 582). «Apostolato è da-re all’umanità Gesù Cristo, Via Verità e Vita»(CISP 165).

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Forse mai come oggi, per il tempo in cuisiamo chiamati a vivere, penso sia urgenterealizzare in noi quel processo di configura-zione che trasforma la nostra vita: «…finchéCristo sia formato in noi» (Gal 4,19).

Papa Francesco nel discorso ai Partecipan-ti al Congresso internazionale sulla Catechesi(27 settembre 2013) diceva:

«Essere catechisti, educatori, significaguidare all’incontro con Gesù con le parole econ la vita, con la testimonianza. Essere cate-chisti chiede amore, amore sempre più forte aCristo, amore al suo popolo santo. E questoamore, necessariamente, parte da Cristo.

Cosa significa, allora, questo ripartire daCristo?

a) Prima di tutto ripartire da Cristo signi-fica avere familiarità con Lui. Gesù lo racco-manda con insistenza ai discepoli nell’UltimaCena, quando si avvia a vivere il dono più al-to di amore, il sacrificio della Croce. Gesùutilizza l’immagine della vite e dei tralci e di-ce: rimanete nel mio amore, rimanete attacca-ti a me, come il tralcio è attaccato alla vite. Sesiamo uniti a Lui possiamo portare frutto, equesta è la familiarità con Cristo.

La prima cosa, per un discepolo, è starecon il Maestro, ascoltarlo, imparare da Lui. Equesto vale sempre, è un cammino che duratutta la vita! Per me, ad esempio, è molto im-portante rimanere davanti al Tabernacolo; èuno stare alla presenza del Signore, lasciarsiguardare da Lui.

E questo scalda il cuore, tiene acceso ilfuoco dell’amicizia, ti fa sentire che Lui vera-mente ti guarda, ti è vicino e ti vuole bene. Ca-pisco che non è sempre così semplice: l’im-portante è trovare il modo adatto per stare conil Signore; e questo si può, è possibile in ognistato di vita. In questo momento ognuno puòdomandarsi: come vivo io questo “stare” conGesù? Ho dei momenti in cui rimango alla sua

presenza, in silenzio, mi lascio guardare daLui? Lascio che il suo fuoco riscaldi il miocuore? Se nel nostro cuore non c’è il calore diDio, del suo amore, della sua tenerezza, comepossiamo noi, poveri peccatori, riscaldare icuori degli altri? dei nostri figli?

b) Il secondo elemento è questo: ripartireda Cristo significa imitarlo nell’uscire da sée andare incontro all’altro. Questa èun’esperienza bella, e un po’ paradossale.Perché? Perché chi mette al centro della pro-pria vita Cristo si decentra! Più ti unisci a Ge-sù e Lui diventa il centro della tua vita, piùLui ti fa uscire da te stesso, ti decentra e tiapre agli altri. Questo è il vero dinamismodell’amore, questo è il movimento di Diostesso! Dio è il centro, ma è sempre dono disé, relazione, vita che si comunica… Così di-ventiamo anche noi se rimaniamo uniti a Cri-sto, Lui ci fa entrare in questo dinamismo del-l’amore. Dove c’è vera vita in Cristo, c’èapertura all’altro, c’è uscita da sé per andareincontro all’altro nel nome di Cristo.

Il cuore dell’educatore (genitori, catechi-sti…) vive sempre questo movimento di “si-stole - diastole”: unione con Gesù - incontrocon l’altro. Se manca uno di questi due movi-menti il nostro cuore non batte più, non vive…

c) E il terzo elemento sta sempre in que-sta linea: ripartire da Cristo significa nonaver paura di andare con Lui nelle periferie.Qui mi viene in mente la storia di Giona, unafigura davvero interessante, specialmente neinostri tempi di cambiamenti e di incertezza.Giona è un uomo pio, con una vita tranquillae ordinata; questo lo porta ad avere i suoischemi ben chiari e a giudicare tutto e tutticon questi schemi, in modo rigido. Perciòquando il Signore lo chiama e gli dice di an-dare a predicare a Ninive, la grande città pa-gana, Giona non se la sente. Ninive è al di

Ripartire da Cristo

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fuori dei suoi schemi, è alla periferia del suomondo. e allora scappa, fugge via, si imbarcasu una nave che va lontano.

Andate a rileggere il libro di Giona! È bre-ve, ma è una parabola molto istruttiva, spe-cialmente per noi che siamo nella Chiesa. Checosa ci insegna? Ci insegna a non aver pauradi uscire dai nostri schemi per seguire Dio,perché Dio vasempre oltre, Dionon ha paura delleperiferie. Dio èsempre fedele, ècreativo, non èchiuso, e per que-sto non è mai rigi-do, ci accoglie, civiene incontro, cicomprende. Per es-sere fedeli, per es-sere creativi, biso-gna saper cambia-re. Per rimanerecon Dio bisognasaper uscire, nonaver paura di usci-re. Se uno si lasciaprendere dallapaura, è un codar-do; se uno se ne statranquillo finisceper essere una sta-tua da museo; se uno è rigido diventa incarta-pecorito e sterile. Vi domando: qualcuno divoi vuole essere codardo, statua da museo osterile?

Ma attenzione! Gesù non dice: andate, ar-rangiatevi. No! Gesù dice: Andate, io sonocon voi!

Questa è la nostra bellezza e la nostra forza:se noi andiamo, se noi usciamo a portare il suoVangelo con amore, con vero spirito apostoli-co, con parresia, Lui cammina con noi, ci pre-

cede, ci “primerea” sempre. Ormai avete im-parato il senso di questa parola. E questo è fon-damentale per noi: Dio sempre ci precede!...».

Carissimi, assieme a Papa Francesco, eccol’invito per tutti noi: «Rimaniamo con Cristo,cerchiamo di essere sempre più una cosa solacon Lui; seguiamolo, imitiamolo nel suo mo-

vimento d’amore, nel suo andare incontro al-l’uomo; e usciamo, apriamo le porte, abbia-mo l’audacia di tracciare strade nuove perl’annuncio del Vangelo”.

Il Signore, “luce del mondo”, ci renda tut-ti in questo Centenario, “trasmettitori di lu-ce”, “sale della terra” e buon lievito per tuttele famiglie! Buona e Santa Pasqua!

Don Olinto CRESPI, Del. [email protected]

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Nell’amore (“agape” in greco: un terminespecifico del vocabolario biblico, quasi

del tutto mancante in quello profano) si ha lapiena rivelazione, tanto che Giovanni la riassu-me nell’affermazione: “Dio è Amore” (1Gv4,8.16). Essendo tutti figli di Dio e fatti “a suaimmagine e somiglianza” l’amore diventa lavirtù basilare di ogni esistenza umana.

Su questa definizione di Dio si fonda quel-la che Papa Francesco, nell’esortazione apo-stolica “Evangelii Gaudium” (EG), chiama la“fraternità mistica”, che così descrive: «Saguardare alla grandezza sacra del prossimo, sascoprire Dio in ogni essere umano, sa soppor-tare le molestie del vivere insieme, aggrappan-dosi all’amore di Dio, sa aprire il cuore al-l’amore divino per cercare la felicità degli altricome la cerca il loro Padre buono. Proprio inquesta epoca, e anche là dove sono un “picco-lo gregge” (Lc 12,32), i discepoli del Signoresono chiamati a vivere come comunità che siasale della terra e luce del mondo (cf Mt 5,13-16). Sono chiamati a dare testimonianza di unaappartenenza evangelizzatrice in maniera sem-pre nuova» (n. 92).

Comprendiamo che il termine “mistica”non rimanda a persone speciali, dotate di gran-di doni, ma qualifica la vita cristiana di ognigiorno; una fraternità che tutti siamo impegna-ti a vivere.

I “No” per una cultura evangelica

Sono otto i “no” che Papa Francesco, nellaprima parte dell’esortazione apostolica, grida adun mondo che rischia di tagliare i ponti con Dio.

1) “No” a un’economia dell’esclusione edell’inequità. Esemplifica: «Non è possibileche non faccia notizia il fatto che muoia assi-derato un anziano ridotto a vivere per strada,mentre lo sia il ribasso di due punti in bor-sa…». Abbiamo dato vita a una “cultura delloscarto” che, addirittura, viene promossa. «Gliesclusi non sono “sfruttati”, ma rifiuti, “avan-zi”» (EG, n. 53).

2) “No” alla nuova idolatria del denaro».«Accettiamo pacificamente il suo predominiosu di noi e nelle nostra società. La crisi finan-ziaria ci fa dimenticare che alla sua origine viè una profonda crisi antropologica: la negazio-ne del primato dell’essere umano» (n. 55).

3) “No” a un denaro che governa invecedi servire. «All’etica si guarda di solito con uncerto disprezzo beffardo. La si considera con-troproducente perché relativizza il denaro e ilpotere… Il denaro deve servire e non governa-re» (n. 57).

4) “No” all’inequità che genera violenza.«Si accusano di violenza i poveri e le popola-zioni più povere, ma, senza uguaglianza e op-portunità, le diverse forme di aggressione e diguerra troveranno un terreno fertile, che primao poi provocherà l’esplosione» (n. 59).

5) “No” all’accidia egoista. Si rischia lamancanza di dinamismo missionario nei cate-chisti – dice papa Francesco – ma anche nei sa-cerdoti, «che si preoccupano con ossessionedel loro tempo personale» (n. 81). È la perditadi entusiasmo per la causa di Dio.

6) “No” al pessimismo sterile. «Una delletentazioni più serie che soffocano il fervore e

Nell’amore fraterno il “tutto”di Dio

Spiritualità Paolina

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NELLʼAMORE FRATERNO IL “TUTTO” DI DIO

l’efficacia è il senso di sconfitta, che ci trasfor-ma in pessimisti e disincantati dalla faccia scu-ra» (n. 85).

7) “No” alla mondanità spirituale. «Con-siste nel cercare, al posto della gloria del Si-gnore, la gloria umana e il benessere persona-le (cf Gv 5,44). I due eccessi: il fascino dellognosticismo, dove la fede è solo più impegnosoggettivo e il neopelagianesimo autoreferen-ziale e prometeico di coloro che fanno affida-mento solo sulle proprie forze e si sentono su-periori agli altri» (n. 94).

8) “No” alla guerra tra di noi. «Quanteguerre! Nel quartiere, nel posto di lavoro,quante guerre per invidia e gelosie, anche tra icristiani» (n. 98).

Una fraternità contemplativa

Così è definito il rapporto tra di noi da Pa-pa Francesco (n. 92) nell’invitarci a vedere Ge-sù nel cuore del fratello, così da avere la capa-cità di amarlo come Gesù lo ama.

Quando Paolo elenca le perversioni del-l’egoismo ci offre un elenco impressionante diben 14 peccati contro l’amore, che chiama le“opere della carne”. «Del resto sono ben notele opere della carne: fornicazione, impurità,dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie,discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni,invidie, ubriachezze, orge e cose del genere.Riguardo a queste cose vi preavviso, come giàho detto: chi le compie non erediterà il regnodi Dio (Gal 5,19-21).

Nel passare a descrivere quello che produ-ce in noi la sequela dello Spirito, pur elencan-do 9 virtù, non inizia con il plurale “frutti”, mail singolare: «Il frutto dello Spirito, invece, èamore, gioia, pace, magnanimità, benevolen-za, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal5,22-23). Quindi, solo alla scuola dello Spirito

viviamo l’amore; e con questo frutto è dettotutto. Solo l’amore è l’“uperodos” (superstra-da), da cui fiorisce tutto il resto, che sono levirtù umane della convivenza. Allora.

• la gioia è l’amore che mantiene in allena-mento i muscoli del volto;

• la pace è l’amore che elimina ogni violenza;

• la magnanimità è l’amore che sa sopporta-re le contrarietà;

• la benevolenza è l’amore che accoglie;

• la bontà è l’amore che si manifesta nelleparole e nei gesti;

• la fedeltà è l’amore che ha sempre l’inizia-tiva;

• la mitezza è l’amore che trasuda dal volto;

• il dominio di sé è l’amore che sa pazienta-re, non va mai in escandescenze, rispondeal male con il bene.

Conclude con il dire: «Contro queste cosenon c’è legge… Se pertanto viviamo dello Spi-rito, camminiamo anche secondo lo Spirito»(Gal 5,22-23). Queste otto virtù sono modalitàdiverse di dire “ti amo” da parte di Dio con fe-deltà assoluta e da parte nostra dirlo ai fratellicon la forza di Dio. Se viene a mancare questo“frutto dello Spirito”, tutto il resto non è auten-tico, è solo farsa.

Spiritualità Paolina

Vademecum dell’amore

Quello che Paolo scrive alla comunità diRoma nella parte esortativa della lettera (Rm12-15) è un “vademecum dell’agape” che cipone nel cuore di Dio e in rapporto sincero coni fratelli. Lo specchietto, riportato nelle due pa-gine centrali della rivista lo dimostrano e val lapena incorniciarlo. Sui quattro blocchi dellospecchietto rifletteremo in articoli seguenti.

Questo stupendo bagaglio d’amore tra dinoi è fiorito da alcune affermazioni che Paoloci ha consegnato nella prima parte della lette-ra, dove canta l’amore fedeledi Dio per ciascu-no di noi. Ecco alcuni slogan sparsi nei primi11 capitoli della lettera:

• «Non sai che Dio usa la sua bontà perspingerti cambiare vita» (Rm 2,4).

• «Chi ci potrà separare dall’amore di Cri-sto?… niente e nessuno ci potrà strappareda quell’amore che Dio ci ha rivelato in Cri-sto Gesù, nostro Signore» (Rm.8,35-38).

• La vicenda di Cristo è tutta letta nell’otticadell’amore: «Cristo è morto per noi quan-

do eravamo ancora peccatori: questa e laprova che Dio ci ama» (Rm 5,8).

• Imposterà i capitoli 9 e 10 sull’irrevocabilepresa di posizione di Dio, che non avrà ri-pensamenti: Dio ha deciso di voler esseremisericordioso con tutti.

• Al c 11 ci stupisce la misteriosa e commo-vente affermazione: «Dio ha rinchiuso tut-ti nella disobbedienza per usare a tutti mi-sericordia» (Rm 11,32).

• Per questo le sue esortazioni all’amore fra-terno diventano normative a motivo delloslogan: «Tutto concorre al bene di coloroche amano Dio» (Rm 8,28).

A fronte di questo amore sempre fedele, so-prattutto quando la creatura risponde con il“non amore” del peccato, si possono muoveremille obiezioni, tra cui quella che la creaturapuò facilmente approfittare e abusare. A tuttele obiezioni Paolo risponde con un “non siamai” che si possa dubitare della fedeltà di Dio.Se la creatura ne approfitta, non fa un danno aDio, ma a se stessa.

Don Venanzio FLORIANO ssp

La santitàfiorisce

dall’amorea Cristo

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Camminare dietro a Gesù

Idiscepoli sono come ciechi, incapaci di seguire Gesù sulla strada che va verso Gerusa-lemme. È significativo che Marco (10,46-52), Luca (18,35-41) e Matteo (20,29-34) fac-ciano terminare il ministero di Gesù, prima del suo ingresso in Gerusalemme, con la

guarigione dei ciechi.Per l’evangelista Luca la guarigione dalla cecità, posta subito dopo l’affermazione del-

l’oscurità che avvolge la mente dei discepoli di fronte alla Pasqua, assume una valore sim-bolico di grande importanza. Questo è un elemento evidente se pensiamo al particolareche all’inizio il cieco è ai margini della via di Gesù (v. 35), incapace di camminare su di es-sa mentre alla fine egli è sulla strada mentre segue Gesù (v 43).

Il primo versetto descrive la situazione di partenza, l’azione di Gesù (v. 35). Egli si staavvicinando a Gerico. Qui Luca si discosta, per motivi legati al suo piano narrativo, da Mar-co, affermando che l’episodio non avviene mentre Gesù usciva dalla città, bensì nell’avvi-cinarsi a Gerico, nell’ultimo tratto del suo viaggio verso Gerusalemme.

Siamo su quella strada che Gesù ha intrapreso in Lc 9,51 rendendo duro il suo volto, condecisione ferma, e sulla quale i suoi discepoli lo seguono smarriti e senza comprendere fi-no in fondo la sua via. È la strada sulla quale Gesù annuncia la sua passione e la sua risur-rezione; è la strada sulla quale egli dà ai suoi discepoli i suoi insegnamenti sulla sequela.

Questa via è l’immagine del discepolato cristiano stesso. Ogni discepolo di Gesù devemisurarsi con questa via, mettersi sulla strada con lui e seguirlo, cercando di comprende-re cosa voglia dire camminare dietro a un tale maestro.

Camminare dietro! È questo in sintesi ciò a cui ogni discepolo è chiamato e nel nostrotesto questo è un tema centrale. Coloro che fisicamente seguono Gesù sulla via, smarriti eavvolti dall’incomprensione, devono apprendere da un cieco a essere discepoli.

Così ora troviamo il secondo personaggio fotografato da Luca nella situazione di par-tenza, che muterà radicalmente alla fine del racconto, dopo il suo incontro con Gesù chepassa accanto a lui. Si tratta di un cieco, del quale Luca non ci dice il nome, seduto lungola stessa strada che Gesù sta percorrendo, avvicinandosi a Gerico nel suo viaggio verso Ge-rusalemme. È ai margini della via di Gesù, non può percorrerla, non può seguirlo. Per que-sto il cieco diviene come il modello dell’uomo che non comprende con le sue forze quellastrada che Gesù sta percorrendo. Ci ricorda che per essere uomini e donne autentici, e an-che per essere veri discepoli di Gesù, abbiamo bisogno dell’altro/Altro.

È una verità che riguarda sia la dimensione umana che quella di fede. Tuttavia questostesso aspetto ci dice anche qualcosa di più. Il mendicante è uno che ha bisogno dell’altroe avrà sempre e solo bisogno. Non potrà mai pensare di camminare con le sue gambe, diacquistare autonomia. L’incontro con Gesù trasforma questa situazione: non rende schia-vo chi ha bisogno di lui, non crea dipendenze, ma rimette in piedi. Gesù toglie quest’uo-mo che incontra sulla sua strada da una situazione di dipendenza per consegnarlo alla sualibertà, in base alla quale dovrà fare le sue scelte anche riguardo alla relazione con lui. Èla fede, intesa come fiducia e abbandono, che salva, perché senza di essa neppure Dio puòfare nulla per noi.

MATTEO FERRARI, In quello stesso giorno.L’oggi della Parola nel vangelo di Luca,

EDB, Bologna 2014

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Inno dell’amore di coppiaSignore, l’amore è paziente.

Donaci la pazienza che sa affrontare un giorno dopo l’altro.

Signore, l’amore è benigno.Aiutaci a volere sempre il bene dei nostri cari, prima del nostro.

Signore, l’amore non è invidioso.Insegnaci a gioire del successo dei nostri familiari.

Signore, l’amore non si vanta.Ricordaci di non rinfacciare mai quanto facciamo per loro.

Signore, l’amore non si gonfia.Concedici il coraggio di saper dire: «Ho sbagliato».

Signore, l’amore non manca di rispetto.Educaci a riconoscere nel volto dei nostri cari il tuo stesso volto.

Signore, l’amore non cerca il suo interesse.Soffia nella nostra vita il vento della gratuità.

Signore, l’amore non si adira.Allontana da noi i gesti e le parole che feriscono.

Signore, l’amore non tiene conto del male ricevuto.Riconciliaci nel perdono che dimentica i torti.

Signore, l’amore non gode dell’ingiustizia.Apri il nostro cuore ai bisogni di chi ci sta accanto.

Signore, l’amore si compiace della verità.Guida i nostri passi verso di te che sei «Via, Verità e Vita».

Signore, l’amore tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

Aiutaci a vivere con tenerezza i giorni della nostra unione.Facci capire che l’amore sposta le montagne.

Concedici di sperare nell’amore oltre ogni speranza.

Fausto NEGRI

Note di Liturgia

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L’urgenza della missione

Abbiamo iniziato la Celebrazione eucari-stica con il segno di croce: “Nel nome

del Padre, del Figlio e dello Spirito santo”.La concludiamo benedicendoci vicendevol-mente, per mezzo del sacerdote, nello stessomodo. Ci ritroviamo quindi all’interno del-l’amore dinamico trinitario, proiettati oltrenoi stessi.

Ci riuniamo come individui, portiamo nel-l’Eucaristia i nostri drammi privati, le speran-ze e le ferite, ma siamo mandati via come co-munità, membra del corpo di Cristo. Ci siamoriuniti in comunione per essere di nuovo man-dati via. Siamo mandati per ritornare.

Questo è il respiro della Chiesa. La storiadella salvezza è la storia del respiro di Dio cheriempie e svuota i nostri polmoni. Dio soffianei polmoni di Adamo; Gesù spira sulla crocee il Cristo Risorto soffia nei polmoni dei disce-poli la domenica di Pasqua.

Siamo riuniti intorno all’altare per la comu-nione e per essere inviati: i polmoni dellaChiesa sono riempiti e svuotati da Dio. Alcunidi noi sono più facilmente attirati all’interno,alla ricerca di una comunità e di un posto a cuiappartenere. Altri sono più sensibili all’urgen-za della missione, talvolta insofferenti delmondo ristretto della Chiesa e sentono impel-lente il richiamo da fuori.

Siamo spesso così imbevuti di competizio-ne, tipica della cultura della nostra società, checapita di considerare come rivale un modo di-verso di essere cristiani. Invece, questo ritmodato dalla chiamata e dall’invio della comuni-tà fa parte dell’ossigenazione del sangue dellaChiesa. Senza di esso, la Chiesa smetterebbe direspirare e morirebbe.

Ite, missa est!

Tutti sono “missi”, cioè, inviati nel mondoad annunciare, con la forza di quel cibo, che ilRegno dei cieli è vicino; si compie la promes-sa antica: il Messia risorto ci associa alla suarisurrezione, fino al giorno della sua venuta.

Non annuncio di compimento, di fine, mainizio di una missione, che trae dall’Eucaristiala forza per intraprendere nuove strade, connuova energia. La Messa non finisce, non sicompie, ha un’apertura ed una chiusura, ma alcontrario delle cose umane l’inizio è introdu-zione nel contesto della lode, la conclusione èpassaggio dal celebrare al vivere, dal contem-plare all’annunziare, dal culto al Dio dell’amo-re all’amore-carità verso tutti.

Ora occorre vivere ciò che si è celebratonella fede. La Messa deve diventare vita, amo-re, missione. La vita di Cristo viene “spezzata”per noi e anche noi dobbiamo offrirla, donarla,“spezzarla” per gli altri. Senza questa rispostapersonale non possiamo dirci pienamente econsapevolmente cristiani.

«Non possiamo tenere per noi l’amore checelebriamo nell’Eucaristia. Esso chiede per

Vivere il mistero celebrato

VIVERE IL MISTERO CELEBRATO

sua natura di essere comunicato a tutti. Ciò dicui il mondo ha bisogno è l’amore di Dio, è in-contrare Cristo e credere in Lui. Per questol’Eucaristia non è solo fonte e culmine dellavita della Chiesa; lo è anche della sua missio-ne: una Chiesa autenticamente eucaristica èuna Chiesa missionaria. Anche noi dobbiamopoter dire ai nostri fratelli con convinzione:“Quello che abbiamo veduto e udito, noi loannunziamo anche a voi, perché anche voi sia-te in comunione con noi!” (1Gv 1,3). Vera-mente non c’è niente di più bello che incontra-re e comunicare Cristo a tutti. Non possiamoaccostarci alla Mensa eucaristica senza la-sciarci trascinare nel movimento della missio-ne che, prendendo avvio dal Cuore stesso diDio, mira a raggiungere tutti gli uomini. Per-tanto, è parte costitutiva della forma eucaristi-ca dell’esistenza cristiana la tensione missio-

naria» (Benedetto XVI, Sacramentum carita-tis, 2007, n. 84).

Facciamo nostra una bella preghiera tipi-ca della liturgia che il rito siriaco e maronitafa recitare al sacerdote, prima di lasciarel’altare: «Rimani nella pace, altare santo delSignore. Io non so se mi sarà dato di ritorna-re a te, ma il Signore mi conceda di riveder-ti nell’assemblea dei primogeniti iscritti neicieli; poiché in quest’alleanza io ripongo lamia fiducia.

Rimani nella pace, altare santo e santifica-tore. Il corpo ed il sangue che ho ricevuto da temi ottengano la remissione dei peccati. Rima-ni nella pace, altare santo di Dio, mensa dellavita. Intercedi per me, perché io non lasci dipensare a te, ora e nei secoli dei secoli. Amen».

A cura di don Roberto ROVERAN ssp

Per crescere«Nella Nota pastorale CEI del 30 maggio 2004 si legge al n. 4: “Nell’Eucaristia, do-

no di sé che Cristo offre per tutti, riconosciamo la sorgente prima, il cuore pulsante,l’espressione più alta della Chiesa che si fa missionaria partendo dal luogo della sua pre-senza tra le case degli uomini, dall’altare delle nostre chiese parrocchiali”.

Più volte ho riferito di una provocatoria risposta che un confratello Vescovo diede adun interlocutore che gli aveva fatto una domanda un po’ impertinente. “Eccellenza, comemai non si preoccupa molto dell’85% della gente della sua Diocesi che non partecipa al-l’Eucaristia domenicale?”.“È vero, – rispose il Vescovo – ma desidero dirle che mi pre-occupa di più sapere come esce dalla celebrazione eucaristica il 15% che vi partecipa”.

Faccio mia l’osservazione del confratello Vescovo e anch’io spero molto che quanti vi-vono l’Eucaristia nel giorno del Signore diventino un popolo capace di missione, “tra-sportando e incarnando” il Mistero celebrato nella testimonianza feriale della Fede:dall’Eucaristia si riceve grazia e si impara quell’essere “testimoni di Cristo e discepolidel suo Amore”.

La celebrazione eucaristica, infatti, ci educa all’ascolto della Parola di Dio, all’offer-ta della propria vita, alla mutazione dei comportamenti di vita e allo stile di comunione.Come sarebbe diverso il mondo e come sarebbe missionaria ogni comunità se facesse del-l’Eucaristia il programma di vita!» (Mons. EDOARDO MENICHELLI, L’Eucarestia: dalla ce-lebrazione alla missione. Lettera alla diocesi con lo sguardo al Congresso eucaristico na-zionale 2011).

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Ba storia si ripete: non è la prima volta chevediamo litigare in Parlamento, ma non si

era ancora visto un tale accanimento. «Quelloche è successo è scandaloso e mortificante perl’Italia e per tutti», ha sottolineato mons. Ga-lantino, Segretario della Conferenza episcopa-le italiana. Sono saltati i confini di una sana eutile dialettica dove ci si dovrebbe confrontarefra opposti schieramenti politici dando spazioinvece all’impulso immediato contro l’avver-sario. Alla faccia del fair play…

Alto tasso di litigiosità

Sono passati i tempi in cui i dibattiti tv, glishow del sabato sera, i programmi dedicati al-l’adolescenza non erano arene sanguinose do-ve urla, insulti, umiliazioni e volgarità la face-vano da padrone. Anni e anni di lavaggio delcervello attraverso la comunicazione, l’infor-mazione e l’educazione per mezzo della tvstandardizzata sul modello del prevaricatorevincente hanno provocato una mutazione an-tropologica profonda.

Agli incroci delle strade come in Parlamen-to, – si legge su un quotidiano – in auto comea piedi, fuori dai locali collettivi, in treno, ascuola, nei posti di lavoro, dal nord al sud è unaumento esponenziale del gesto violento, dellarissa, dell’aggressione connessa o non connes-sa con la piccola e grande criminalità. Nel Bel-paese sono in crescita in maniera sensibile leliti, quelle del condominio, quelle evitabili e ri-solvibili attraverso la relazione pacifica tra lepersone, se questa ancora esistesse e contasse:un’aggressività diffusa e persistente, indicatri-ce della fine del senso del buon vicinato, primo

gradino indispensabile per poi edificare, su va-sta scala, la convivenza civile.

Abbassare i toni

Questo invito riemerge quando la conflit-tualità raggiunge livelli di esasperazione e ci sidimentica di essere umani e ragionevoli. Per-ché è così difficile essere miti, ci chiediamo;perché si fatica ad imitare figure pacifiche co-me La Pira, Moro, Berlinguer, Scalfaro o An-dreotti? Tanto per citare alcuni protagonisti delsolo mondo della politica…

Con il filosofo francese André Comte-Sponville, che ha scritto un Piccolo trattatodelle grandi virtù (Corbaccio 1996), scopria-mo che la mitezza è anzitutto una pace, reale odesiderata: è il contrario della guerra, dellacrudeltà, della brutalità, dell’aggressività, del-la violenza. Queste, quando non sono più do-minate, diventano una debolezza. E che cosapuò dominarle se non la mitezza? La mitezza èuna forza, ecco perché è una virtù: è forza instato di quiete, forza gradevole e mite, piena dipazienza e di mansuetudine.

La mitezza è ciò che più somiglia all’amore,sì, più ancora della generosità, più ancora dellacompassione. La compassione soffre della sof-ferenza altrui; la mitezza rifiuta di produrla o diaccrescerla. La generosità vuole fare del beneall’altro; la mitezza rifiuta di fargli del male.Quante generosità importune, quante buoneazioni invadenti, opprimenti, brutali, che un po’di mitezza avrebbe reso più lievi e più amabili!Senza contare che la mitezza rende generosi,perché non fare a un altro il bene che chiede oche si potrebbe fare è fargli del male.

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Beati i miti perchéerediteranno la terra

Elementi di formazione: le piccole virtù umane

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Ovviamente nessuno può dare quello chenon ha: se non hai imparato la gentilezza, lacortesia, l’amore non puoi essere mite, anzimostrerai sempre i muscoli per affermarti epretendere stima dagli altri, dal mondo esterno.Non così il mite. Egli è tale in misura che si co-nosce e si avvale della stima che gli nasce den-tro. Non ha bisogno di imporsi, né di gridareper superare le sue fragilità in quanto ben con-sapevole che la sua risorsa fondamentale è lapossibilità di amare ed essere amato.

Una storia

Una ragazza, in un villaggio di pescatori,restò incinta. I suoi genitori la picchiarono fin-ché non confessò chi era il padre:

– È stato il maestro zen che vive nel tempiofuori dal villaggio.

I suoi genitori e tutti gli abitanti del villag-gio si indignarono. Una volta nato il bambino,accorsero al tempio e lasciarono il neonato aipiedi del maestro zen. E dissero:

– Sei un ipocrita, questo bambino è tuo!Prendine cura!

– Va bene! Va bene! – si limitò a replicare ilmaestro zen; e diede il bambino ad una donnadel villaggio perché lo svezzasse, facendosi ca-rico lui delle spese.

In seguito a questo fatto il maestro perse lapropria reputazione, i suoi discepoli lo abban-

donarono, nessuno andò più a chiedergli consi-gli, e questo durò per alcuni mesi. Quando lagiovane vide tutto ciò, non sopportò questa si-tuazione e raccontò tutta la verità. Il padre delbimbo non era il maestro, ma il figlio del vici-no. Quando i suoi genitori e tutti gli abitantidel villaggio lo vennero a sapere, tornarono altempio e si gettarono ai piedi del maestro zen.Implorarono il suo perdono e chiesero che re-stituisse loro il bambino. Il maestro restituì ilbambino e si limitò a dire:

– Va bene! Va bene!

Più del maestro zen

Nel Vangelo di Matteo Gesù si definisce “mi-te e umile di cuore” (11,29) proponendosi comecolui che può dare conforto, ristoro e pace aquanti sono stanchi ed oppressi; inoltre si presen-ta ai discepoli come maestro e guida (23,10), maben diverso dagli scribi e farisei. Egli è infatti• mite e paziente con tutti, • rispettoso di chi gli sta di fronte, • privo di ogni durezza e arroganza, • capace di non condannare le persone pecca-

trici ma solo il loro peccato, • umile di cuore nei confronti di Dio perché

sottomesso a lui in tutto.La sua mitezza si manifesta soprattutto

quando entra in Gerusalemme, seduto in groppaad un asino ben mansueto; poi nella passione emorte, quando accetta di sottoporsi al supplizioignominioso della croce per amore gratuito ver-so l’umanità. Con il suo esempio Gesù dimostrae chiede a noi oggi di spezzare la catena infer-nale dell’odio e della violenza. Ci chiede di ri-spondere alla violenza, al male, all’odio conamore, preghiera e benedizione. La mitezza checi propone è una virtù che esige grande forzad’animo e un completo dominio di se stessi.

In particolare – suggerisce Enzo Bianchi –si ha urgenza e nostalgia oggi di due modi diessere miti: il primo è l’atteggiamento dialo-gante, accogliente e ascoltante nel rapporto

BEATI I MITI PERCHÉ EREDITERANNO LA TERRA

Bagarre in Parlamento

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Elementi di formazione: le piccole virtù umane

con gli altri; il secondo è l’atteggiamento dinon-violenza, di non-aggressività verso l’altro.La mitezza, però, non è passività, rassegnazio-ne o indifferenza, ma resistenza che rinunciaalla violenza e sa manifestarsi in una dinamicadi intelligenza, di amore attivo e responsabile.

In coppia e in famiglia

“Picchia per primo, non ti fermare a pensa-re, guarda avanti dritto, scavalca qualunqueostacolo”: questo il nuovo prontuario che ma-dri e padri devono tenere a mente per l’educa-zione della prole, se vogliono figli e figlie vin-centi e non “sfigati”, come si dice oggi. Comedar loro torto, in un’ottica di salvaguardia delsangue del proprio sangue, quando le agenzieeducative sono a livello zero nella graduatoriadelle priorità politiche e sociali?

No, assolutamente, non può essere cosìl’impostazione educativa delle nostre famiglie.Ma d’altra parte che tipo di testimonianza e dicultura promuoviamo presso i nostri figli?

Quanto siamo miti nella relazione di cop-pia, nei confronti dei nostri figli e poi ancheverso tutti? Siamo disposti a far il primo passoper amore del nostro coniuge sapendo rinun-ciare a piccole forme di arroganza, di durezza

e di egoismo? Quale comprensione, ascolto,stima e benevolenza ci dimostriamo reciproca-mente? Vogliamo davvero rompere i muri delpregiudizio, dell’abitudine, della superficialità,della violenza e dell’individualismo?

Giù le maschere! Via il difenderci con su-perbia e dominazione di fronte ai nostri limitie fragilità per diventare invece autentici e incontrotendenza, accoglienti e forti della fortez-za divina. «Quanto a me – scrive Paolo ai Ga-lati – non ci sia altro vanto che nella croce delSignore nostro Gesù Cristo, per mezzo dellaquale il mondo per me è stato crocifisso, comeio per il mondo» (6,14).

Don Roberto ROVERAN ssp

Elogio della mitezza“Anzitutto la mitezza è il contrario dell’arroganza, intesa come opinione esagerata dei propri me-riti, che giustifica la sopraffazione.(…) Il mite non ostenta nulla, neanche la propria mitezza:l’ostentazione, ovvero il mostrare vistosamente, sfacciatamente, le proprie pretese virtù, è di perse stesso un vizio. La virtù ostentata si converte nel suo contrario. Chi ostenta la propria caritàmanca di carità. Chi ostenta la propria intelligenza è in genere uno stupido. A maggior ragione la mitezza è il contrario della prepotenza… Il mite non serba rancore, nonè vendicativo, non ha astio contro chicchessia. Non continua a rimuginare sulle offese ri-cevute, a rinfocolare gli odii, a riaprire le ferite. Per essere in pace con se stesso deve essereprima di tutto in pace con gli altri. Non apre mai, lui, il fuoco; e quando lo aprono gli altri, nonsi lascia bruciare, anche quando non riesce a spegnerlo. Attraversa il fuoco senza bruciarsi, letempeste dei sentimenti senza alterarsi, mantenendo la propria misura, la propria compostezza,la propria disponibilità” (NORBERTO BOBBIO).

Lo stile cristiano è uno stile di umiltà, mitezza e mansue-tudine (papa Francesco)

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L’ideologia “gender”e le sue strategie

Si intitola “Unisex - La creazione dell’uomosenza identità” il saggio di G. Marletta ed E.

Perucchietti pubblicato di recente da AriannaEditrice. Un titolo interessante per spiegare cosasia realmente questa ideologia “gender” che vaimponendosi sempre di più, quali siano i suoiobiettivi e quale tipo di mondo sta preparandoper le nuove generazioni. Ecco una breve inter-vista con uno dei due autori: Gianluca Marletta,professore di Lettere, studioso di antropologia edautore di numerosi saggi di successo.

Prof. Marletta, stiamo andando verso la crea-zione di un uomo nuovo, “senza identità”?

“Stiamo andando” non è forse l’espressionepiù esatta: non stiamo andando, ma “ci stannoportando”… non c’è molto di spontaneo incerti processi culturali. Qui c’è semplicementeil gigantesco coinvolgimento di poteri forti,autorità politiche e soprattutto colossi econo-mici che, giorno dopo giorno, spingono versouna “rielaborazione” dell’idea stessa di umani-tà. Un’umanità che si vuole destrutturata e pri-vata d’ogni forma di identità. Quello che sicerca di creare è un uomo resettato, quanto piùpossibilmente privo di punti di riferimento e disostegno che siano la religione, la famiglia,piuttosto che l’identità sessuale… Per questomotivo, un’ideologia come il “gender”, chepropone l’annichilimento dell’identità, una

sessualità fluida, ambigua e polimorfa, la ne-gazione del dato oggettivo di natura, è così so-stenuta in certi ambienti.

Come è nata l’“ideologia gender” e quali so-no state le tappe di questo progetto che vuolel’annullamento delle differenze?

L’ideologia gender nasce negli Stati Uniti ne-gli anni ’50/’60 ed è, almeno all’inizio, nient’al-tro che l’ideologia di riferimento di alcuni grup-pi di femministe e del nascente movimento omo-sessualista. Il “gender” afferma che non esisteun’identità sessuale definita nell’essere umano,ma che i cosiddetti “generi” (maschio, femmina,gay, lesbo, transgender) sono solo altrettante ma-nifestazioni di una sessualità “fluida” e natural-mente “polimorfa” (non é un caso che John Mo-ney, il vero padre del “gender”, fosse anche unchirurgo specializzato in operazioni di “cambia-mento di sesso”, che lui consigliava ed effettua-va anche su pazienti minorenni e persino subambini). Rimasta fino agli anni ’70 un’ideolo-gia “di nicchia”, il “gender” ha cominciato a co-lonizzare i “piani alti” della politica americanasotto Bill Clinton e da lì è entrato all’ONU comeideologia di riferimento delle grandi “chermes-se” internazionali sulla salute riproduttiva (non acaso, è in quegli anni che il termine “sesso” vie-ne espunto dai documenti ufficiali e sostituitocol termine “genere”).

L’attacco alla sessualità, nei generi maschile e femminile, rappresenta oggi il piùsconcertante tentativo di manipolazione dell’essere umano mai tentato nella sto-ria. Promossa grazie all’imponente contributo economico e politico delle più po-tenti lobby dell’Occidente, questa “mutazione antropologica” viene oggi impostaattraverso i media, la cultura, lo spettacolo e le legislazioni. Spariscono addirit-tura i termini “padre” e “madre”, specifici della famiglia tradizionale, e vengo-no sostituiti dai più generici “genitore 1” e “genitore 2”, quasi a indicare che lamaternità e la paternità non hanno più nulla a che vedere con il genere sessuale.

Famiglia e Società

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Assistiamo oggi ad una campagna socio-an-tropologica e mediatica finalizzata alla diffu-sione dell’ideologia gender. Da chi è condottae con quali strategie?

In Occidente la mobilitazione a favore del“gender” è, al giorno d’oggi, imponente: si trat-ta di un’operazione di “manipolazione di massa”senza precedenti effettuata con tutti i mezzi mes-si a disposizione dai media, dalla propaganda edalla politica. I grandi finanziatori sono certa-mente la Fondazione Rockefeller (già grande fi-nanziatrice di tutte le campagne abortiste neglianni ‘70/’80), i gruppi legati al magnate GeorgeSoros, oltre ad altri grandi trust ed istituti econo-mici del mondo occidentale tra cui Motorola,Kodak, Goldman Sachs, JP Morgan, FondazioneFord. A nostro parere, lo scopo di tale mobilita-zione senza precedenti si inscrive in quel proget-to di “nuovo ordine mondiale” così caro ai pote-ri forti occidentali e che passa necessariamenteper un ridimensionamento o dissoluzione delleidentità di tipo tradizionale. Distruggere le iden-tità (religiose, umane, sociali) per creare un per-fetto “melting pot”: questo sembrerebbe esserel’obbiettivo di certe “élites”.

Esistono rapporti tra ideologia gender e pe-dofilia?

Secondo John Money e gli ideologi del “gen-der”, la pedofilia è solo un’espressione partico-lare di una sessualità polimorfa che dev’essere“vissuta a tutti i livelli e a tutte le età” e quindiandrebbe accettata. Che gli attuali promotori delgender non lo dicano in pubblico, credo sia soloper una questione di “opportunità” e perché, dalloro punto di vista, i tempi non sono ancora ma-turi… Del resto, per anni in Nordamerica un’or-ganizzazione dichiaratamente pro-pedofila comeil NAMBLA (North America Man&Boy LoveAssociation) ha sfilato ai gay pride, e ancor og-gi, il più importante circolo di “cultura omoses-suale” di Roma è dedicato ad un certo MarioMieli che nei suoi libri difendeva a spada trattala pedofilia come “espressione di libertà”.

Portiamo a conoscenza di tutti la testimo-nianza di Irma, isf:

Carissimi, a Buttapietra (VR)ho partecipato ad un incontrodal titolo “La bontà del disegnodi Dio sull’uomo e la donna e lacultura del gender” con il di-rettore don Francesco Pilloni e

collaboratori laici del Centro Diocesano di Pasto-rale familiare. È emerso che ci troviamo, a nostrainsaputa, vittime di un totalitarismo ideologico eculturale che, di fatto, vuole eliminare la fami-glia naturale per imporre, senza mezzi termini, lateoria del gender...

Come famiglie non possiamo rimanere indif-ferenti e lasciare che tutto ci scorra addosso sen-za reagire... ne va dell’educazione dei nostri figlie del nostro futuro. Siamo chiamati a informar-ci e informare, nel massimo rispetto, ma con fer-mezza, per mantenere la libertà di pensiero, dicoscienza e anche di credo religioso.

Vi inoltro il link della rivista online che facapo a “La manif pour tous Italia”: l’Associazio-ne nasce in stretto legame con l’omonima re-altà francese con il fine di mobilitare i cittadi-ni italiani di tutte le confessioni religiose, po-litiche e culturali e risvegliarne le coscienze inmerito alle problematiche riguardanti le re-centi leggi su omofobia e transfobia, teoria delgender, matrimoni e adozioni a coppie omo-sessuali. Il suo scopo è garantire la libertà diespressione, preservare l’unicità del matrimo-nio tra uomo e donna e il diritto del bambinoad avere un padre ed una madre.

Ritengo sia fondamentale divulgare per farconoscere... se ognuno accoglie e, a sua volta,inoltra ad amici e conoscenti, potremo creareuna fitta rete di presa di coscienza, di informa-zione e di alleanza per non lasciarci travolgereda menti che vogliono manipolare le coscienze ecreare destabilizzazione.

L’indirizzo Web per un approfondimento:http://www.lamanifpourtous.it/ (Irma).

L’ideologia “gender” e le sue strategie

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Incontro colmo di grazie

Testimonianze

Siamo ancora con il cuore caldo per la vostravenuta dalle nostre parti, in visita ai gruppidi Macerata, Torrette, Osimo, Ancona e Ca-

merano. Grazie al Signore e grazie a voi per l’im-pegno che profondete nel favorire la nostra cresci-ta spirituale per rinsaldare i legami tra i vari grup-pi locali e i membri dello stesso gruppo.

Quanto a noi di Torrette particolarmente signi-ficativo l’incontro di Colleameno, cui avevamoinvitato anche due nuove coppie. L’impressione èstata molto buona e positiva: se son rose fioriran-no per grazia del Signore. Noi con delicatezza e ri-spetto, non li molleremo, invitandoli a partecipareai diversi momenti. Incontrati in seguito hannoespresso favorevoli commenti.

Abbiamo sempre sotto gli occhi il foglio deivostri impegni mensili: vi siamo vicini con la pre-ghiera e con il cuore.

Per quanto riguarda i campanellini con l’im-magine della Santa Famiglia sul manichetto e del-la Madonna di Lourdes, vi mandiamo il recapitotelefonico della ditta di San Severino Marche(MC): Sig.ra Borri Rita 339/1972125. Per ulterio-re informazione, oltre alle predette immagini ce nesono altre che, però, non conosciamo. Il parroco,don Giovanni Squartini di Falconara alta, prove-niente da Staffolo non è più in possesso del cata-logo, lasciato nella vecchia parrocchia. I campa-nellini inoltre sono di colore oro e argento. Noi, aFalconara Alta, li abbiamo distribuiti a quasi tuttele famiglie come segnale di sveglia dentro la situa-zione generale in cui viviamo e per ricordare ilprossimo Sinodo sulla Famiglia, indetto dal Papaper il mese di ottobre p.v.

Di nuovo grazie di cuore ed un cordialissimo edaffettuoso abbraccio a tutti voi, senza dimenticareRosaria (Giovanni Maria e Anna Maria Serpilli).

La gioia di appartenere all’Istituto

Crediamo non ci sia stato nella storia dellaChiesa un periodo migliore di questo e noi ci sen-

tiamo tanto felici di poter farne parte. Stiamo vi-vendo un periodo nuovo e bello qui a Thiene (VI),dove ci apriamo a nuove realtà parrocchiali tra lequali un maggiore impegno nell’adorazione euca-ristica.

Sentiamo Gesù crescere dentro di noi e nellanostra famiglia, con la sua pazienza, la sua tene-rezza, il suo perdono e con la luce che ci dona conabbondanza ogni giorno. Nella semplicità Gesù cifa dono di nuovi amici con cui parlare di lui e con-dividere le sue meraviglie. C’è davvero tanto bi-sogno di Lui in questo mondo.

Nel Gruppo di Vicenza noi stiamo bene anchese non siamo in tanti e, molti, risentono dei pro-blemi legati all’età. Non è un periodo particolar-mente ricco di iniziative apostoliche, ma cerchia-mo di amarci da fratelli e di sostenerci a vicendanelle varie prove del vivere quotidiano. È vero, sipotrebbe fare di più e meglio, ma ci sembra cheintanto dobbiamo pregare ed amarci… amarci epregare.

È molto bella la preghiera per i cent’anni dellaFamiglia Paolina e, pregandola, pensiamo a voitre lì a Roma, oppure in giro per l’Italia impegna-ti a “dare pieno compimento al sogno del nostrobeato Fondatore” con vivace sapienza, e chiaro di-scernimento e nuova profezia.

Grazie davvero per il dono di voi stessi a favo-re delle famiglie, il Signore Gesù vi riempia ilcuore di gioiosa pace. Con affetto in Gesù, Mariae Giuseppe (Michele e Luigina Cumerlato).

Missione popolaredella Famiglia Paolina

La Famiglia Paolina ha animato la MissionePopolare Parrocchiale dal 16 al 30 marzo 2014,nella parrocchia del SS. Crocifisso di Triggiano (7Km da Bari), affidata alle cure pastorali di donMichele Camastra. Il tema voluto dal Parroco èstato “Ripartire da Cristo”.

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La ricorrenza del 25° di Consacrazione dellaParrocchia (1989-2014) e il 100° di Fondazionedella Famiglia Paolina (1914-2014) sono statil’occasione per programmare insieme due setti-mane quaresimali, che si sono rivelate “tempoforte” di spiritualità paolina e diocesana. LaMissione ha visto coinvolte le varie istituzionidella “mirabile Famiglia Paolina” presenti nel-l’ambito territoriale delle Diocesi di Bari, ungruppo di 22 paolini e paoline, spinti dall’urgen-za di san Paolo e del beato Giacomo Alberionedi annunciare il Vangelo e Gesù Maestro “Via,Verità e Vita” agli uomini di oggi, utilizzando inmodo specifico i mezzi della comunicazione so-ciale, esposizione di libri e riviste paoline, il sus-sidio dei cartoni animati, le mostre, internet e isocial network.

Il mandato missionario è stato conferito allaFamiglia Paolina da mons. Domenico Ciavarel-la, Vicario generale della Arci-Diocesi, domeni-ca 16 marzo, con la croce missionaria e l’invitoai parrocchiani ad approfondire la storia cari-smatica dei missionari descritta nella mostra sulcarisma del beato Fondatore, allestita nell’ampiatenso-struttura, denominata Portico di Salomo-ne dove, oltre alla celebrazione di aperture, sonoavvenute tutte le celebrazioni domenicali.

Per 15 giorni si è dispiegato un intenso e ric-co programma missionario: sante messe, confes-sioni, catechesi per bambini e adulti, incontricon i nubendi, visite agli anziani ed ammalati,commenti alla Parola della liturgia quaresimale,Via Crucis per le strade della Parrocchia e centridi ascolto nelle famiglie. L’esortazione apostoli-ca Evangelii Gaudium di Papa Francesco, com-mentato da don Carmine Bruno, è stato il testo-guida per la Missione.

I religiosi e i laici della Famiglia Paolina diBari, oltre all’impegno quotidiano nelle celebra-zioni e confessioni, hanno organizzato catechesirivolte in particolare ai ragazzi in preparazionealla comunione e alla cresima, agli adulti, agliscout, ai nubendi, agli operatori del Centro Ca-ritas, ai malati, agli studenti del locale Liceo

Classico “Cartesio”, ed hanno inoltre allestitol’edicola San Paolo per la promozione di Bibbiae Vangelo e la diffusione delle nostre edizioni.

L’animazione liturgica è stata curata dallePie Discepole del Divin Maestro, presenti anchenei centri di ascolto e con i loro oggetti sacri; leAnnunziatine sono state impegnate con le cate-chesi ai bambini attraverso la visione di filmd’animazione sulla vita di Gesù. Anche il nostroIstituto Santa Famiglia con il contributo di bensei coppie e i Cooperatori Paolini hanno svoltoil loro servizio, animando gli incontri con lecoppie che si preparano al matrimonio e quellein famiglia.

Ad ogni coppia/famiglia incontrata, nonchéai collaboratori laici della Parrocchia, la SocietàSan Paolo ha donato una copia del “Vangeloper le Famiglie”, segno coinciso con la volontàdi Papa Francesco espressa proprio in quei gior-ni quando all’Angelus del 16 marzo scorso dis-se: «È cosa buona, è una cosa buona avere unpiccolo Vangelo, piccolo, e portarlo con noi, intasca, nella borsa, e leggerne un piccolo passoin qualsiasi momento della giornata. In qualsia-si momento della giornata io prendo dalla tascail Vangelo e leggo qualcosina, un piccolo passo.Lì è Gesù che ci parla, nel Vangelo! Pensatequesto. Non è difficile, neppure necessario chesiano i quattro: uno dei Vangeli, piccolino, connoi. Sempre il Vangelo con noi perché è la Paro-la di Gesù per poterlo ascoltare».

A conclusione, domenica 30 marzo, durantela solenne celebrazione vespertina presiedutadall’Arcivescovo di Bari-Bitonto mons. France-sco Cacucci, la Famiglia Paolina ha donato allaParrocchia a ricordo della Missione un quadrodel beato Alberione, ricevendo in cambio l’im-magine del SS. Crocifisso.

L’esperienza pastorale vissuta ci fa megliointerpretare l’oggi missionario del “ripartire daCristo” nelle periferie esistenziali, come invitacontinuamente Papa Francesco (Mimì e Titti Sa-vino, Responsabili Gruppo “Istituto Santa Fa-miglia” di Bari).

Incontro colmo di grazie

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Novità Libri

MADRE DEGLI APOSTOLIVivere Maria

per annunciare CristoGiuseppe Forlai

San Paolo

Affidarsi a Maria è unatto di coraggio. Nonè l’ultima spiaggia,nel senso che quando«non so più a chesanto votarmi» allorami metto nelle sue

mani. Tutt’altro! Farla entrare nellapropria casa interiore è piuttosto ge-sto dell’aurora, perché lo Spiritoinizia a balbettare in noi quando de-cidiamo finalmente che la diffiden-za verso il nostro io non è un puntodi arrivo bensì una linea di partenza.Ci si affida a lei perché tutto è anco-ra da compiersi. E questo lo sannosolo le persone che si sono scopertesemplicemente mancanti davanti aDio, come il pubblicano al tempiodi Gerusalemme. Per questo Mariaè rifugio dei peccatori, luogo diconsolazione che trasforma “i peg-giori” in apostoli del Regno che do-nano agli altri la presenza di Cristo.

I FIORETTIDI DON G. ALBERIONE

a cura di G. M. FerreroSan Paolo

Una raccolta di aned-doti nella vita delbeato Giacomo Albe-rione, Fondatore del-la Famiglia Paolina.In occasione del Cen-

tenario Famiglia Paolina, un libroper conoscere o riscoprire la spiri-tualità di una grande figura del No-vecento.

GIACOMO ALBERIONEIl Vangelo viaggia in rete

Maria VagoPaoline e San Paolo

Un album illustratosulla vita di don Gia-como Alberione. Lanarrazione è sempli-ce, fluida e accatti-vante, intercalata da

battute di spirito.Ogni capitolo contiene frasi presedagli scritti del fondatore, arric-chita di fumetti e di tavole a pagi-na intera, ricche di particolari. Co-pre tutte le fasi della vita di donAlberione.

BEATOTIMOTEO GIACCARDO

Primo sacerdotedella Società San Paolo

Eugenio FornasariSan Paolo

In queste pagine ve-diamo don TimoteoGiaccardo, fedelissi-mo del fondatore del-la Società San Paolo,impegnato in missio-

ni complesse e difficili, che fanno dilui un “maestro”, un costruttore, uneconomo, ma soprattutto un inter-prete del geniale e coraggioso “apo-stolo” della evangelizzazione attra-verso gli strumenti della comunica-zione sociale: don Alberione dicevadi fidarsi più di Giaccardo che di sestesso.

RICORDATI SIGNOREDEI NOSTRI PADRI

I grandi Santi della Famiglia Paolina

S. Lamera e V. FlorianoSan Paolo

Anche la FamigliaPaolina ha una storiadi promesse e di av-venimenti compiutida Dio; una storiache ci radica in unpassato e che ci ga-

rantisce un presente e un futuro, acondizione di esserne consapevolie di accettarla in tutte le sue impli-cazioni.Questa storia fa capo al beato donGiacomo Alberione e si snoda conaltri anelli, in generazioni succes-sive: il beato don Timoteo Giac-cardo, primo sacerdote della So-cietà San Paolo; i venerabili Mag-giorino Vigolungo, aspirante dellaSocietà San Paolo, e Andrea Bo-rello, discepolo del Divin Maestro;la venerabile suor Tecla Merlo,Superiora e prima Maestra delleFiglie di san Paolo; la venerabileMadre Scolastica Rivata, primaSuperiora delle Pie Discepole delDivin Maestro; il venerabile can.Francesco Chiesa, direttore spiri-tuale di don Alberione e formatoredi anime.A questi possiamo ora aggiungereil servo di Dio don Bernardo Anto-nini, membro dell’Istituto “GesùSacerdote”, il cui processo dioce-sano per la beatificazione e cano-nizzazione è stato concluso a livel-lo diocesano.

LIBRI SULLA SPIRITUALITÀ PAOLINA

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Novità Libri

IL SORRISODELL’OTTAVO GIORNO

Litigio e riconciliazioneV. Savoldi – Paoline

Di chi è il sorriso del -l’«ottavo giorno»? In-teressante l’interpreta-zione dell’autore che,nel suo agevole testo,immagina Dio che,dopo aver lavorato e

riposato per i primi sette giorni dellacreazione, all’ottavo sorride!E perché? Perché osserva le sue“creature”, pronte a “litigare”, e sor-ride! Ma è possibile? Dio che avevaconstatato che «tutto era buono», co-me può rallegrarsi nel vedere l’uma-nità in continua discussione? Ma Dioè Dio e a lui tutto è possibile!Anche il litigio può diventare «cosabuona, anzi molto buona». Ecco,quindi, il “regolamento” che l’autoresuggerisce ai suoi lettori, affinchépossano imparare un’“arte”: quelladi “saper litigare”, affinché il litigiopossa divenire dialogo; il dialogo puòdiventare comprensione; la compren-sione diventa sempre amore.

LA VIA DELLA PREGHIERARiflessioni e consigli

per dare luce alla nostra vitaA. Gasparino – San Paolo

La via della preghieraè la via maestra percambiare, per affron-tare i problemi, finan-che per contestare. Lapreghiera può tutto. In

questo volume inedito don AndreaGasparino, guida spirituale di miglia-ia di giovani, offre un itinerario sem-plice e possibile a tutti per sperimen-tare la forza della preghiera e dare co-sì luce alla propria vita. Quando pre-

ghiamo noi cambiamo; se preghiamorealmente, abbiamo più luce sui no-stri problemi e si rafforza la nostravolontà. La preghiera è la nostra “on-nipotenza”.

DISCEPOLI DEL RISORTOCarlo M. Martini – San Paolo

Sono meditazioni ine-dite del cardinale CarloM. Martini in occasio-ne della Pasqua. Unpercorso di fede in tretappe: l’istituzione del-

l’Eucaristia, la risurrezione e il donodello Spirito a Pentecoste. Un aiuto avivere il tempo di Pasqua. Giacché«l’uomo vale perché il suo volto è il-luminato dal raggio del volto divinodel Risorto, dal momento che, pursviluppandosi e agendo nella storia,egli già respira l’eternità».

MATRIMOMIO E FAMIGLIAUno sguardo lungo i secolidi Marco Soldi – San Paolo

In un’epoca come lanostra in cui matrimo-nio e famiglia sonotalvolta presentati co-me realtà semplice-mente “culturali”, natecioè in una determina-

ta età della storia e specifiche di essa,è sempre più urgente affermare la ve-rità originaria della naturale comple-mentarietà dell’uomo e della donnache, amandosi, si aprono al dono del-la vita. Il volume intende amplificarela voce di molteplici autori che, nelcorso dei secoli, hanno reso testimo-nianza al contributo che il cristianesi-mo ha portato a quel patrimonio del-l’umanità costituito insieme dal ma-trimonio e dalla famiglia.

PAROLE DAL CUORELettera alla mia sposaVincenzo Testa – Paoline

Uno sposo scrive allasua sposa dopo venti-cinque anni di matri-monio e racconta tut-to d’un fiato la lorostoria d’amore. Lo fa

con una bellissima lettera alla suaFranca che è un vero e proprioviaggio nella memoria dove ognicosa viene letta come un dono delSignore.Si colgono l’intreccio degli sguar-di che s’incrociano nell’incontrodelle loro anime; i gesti che nellatenerezza celano un’intesa profon-da e sincera; le parole che raccon-tano una storia vera e autentica ca-pace di suscitare emozioni intensein un tempo e in un mondo come ilnostro dove il disincanto lasciatutto in una freddezza scontata.Questa lettera, invece, ci dice chenon tutto è negativo e che ci sonotante famiglie che possono testi-moniare il gusto di un rapportosponsale dove il Signore è presen-te con il suo Spirito.È una storia semplice, sobria ed es-senziale: una storia che può aiutarei fidanzati, le giovani coppie di spo-si e non solo…

“IO ACCOLGO TE…”Riflessioni

sul consenso matrimonialeEmilia Palladino – San Paolo

Nella serie “Quadernidella coppia”, un vo-lumetto agile ed eco-nomico che commen-ta la formula del con-senso matrimoniale,

che sancisce l’inizio sacramentale

LIBRI

Novità Libri

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della nuova vita insieme e rappre-senta una sorta di “libretto d’istru-zioni” per un matrimonio felice eduraturo. Nella forma “classica”, quella checonoscono in tanti, le parole suona-no così: «Io, N., accolgo te, N., econ la grazia di Cristo prometto diesserti fedele sempre, nella gioia enel dolore, nella salute e nella ma-lattia e di amarti e onorarti tutti igiorni della mia vita».

FAMIGLIA (non) PER CASOSette principi biblici

per una vita piena in famigliaMauro Meruzzi – San Paolo

Questo libro non èsolo un libro sulla fa-miglia, è un libro perla famiglia. Un invitoa riscoprire nella Bib-bia il senso profondodelle nozze, risalendo

all’alleanza di Dio con Israele, aquella compiuta di Cristo conl’umanità, fino all’alleanza tra ma-rito e moglie.Le nozze diventano così il punto divista sotto il quale leggere il cam-mino di ogni persona, fino alle noz-ze definitive. Il volume esamina an-che “il femminile” e “il maschile”nella coppia, offrendo in ogni capi-tolo preziose schede di interiorizza-zione. Un libro non solo da leggere,ma da vivere.

LA BIBBIA PER I RAGAZZISilvia Zanconato - Paoline

Venti racconti trattidall’Antico Testamen-to e venti dal NuovoTestamento, per intro-durre e appassionare i

più giovani (7-10 anni) alla letturadella Bibbia. I testi si ripropongonodi essere fedeli al racconto biblico e

di attualizzarne il significato per iragazzi.

A DIO COSA IMPORTADI ME?

Adolescenti al bivioM. D’Agostino - Paoline e San Paolo

Per cosa ti serve unDio così? Se lo invo-chi, non ti ascolta. Selo bestemmi, ti puni-scono. In ogni casosembra sempre che ti

debba arrangiare da solo. Il fischiolungo e assordante di un arbitro. Lavergogna per uno sbaglio clamoro-so. Comincia così la crescita inte-riore di Loris Priori: un sedicennescontroso ma deciso a lasciarsi pro-vocare dalla vita. E a fare i conticon se stesso e con Dio.Una nuova serie sul mondo degliadolescenti “raccontati” da donMarco D’Agostino con una formamoderna e accattivante, a metàstrada tra narrativa e riflessione esi-stenziale.

E SE GLI ANIMALIAVESSERO RAGIONE?

Pier Giordano Cabra – San Paolo

L’asina di Balaam, ilcane di Tobia, il pescedi Giona… sono soloalcuni degli animalibiblici che raccontanoin prima persona, con

umorismo e saggezza, la loro storia.Trenta brevi racconti screziati digarbata ironia, che aiutano a legge-re da un punto di vista inusuale al-cuni dei più bei passaggi della Scrit-tura. Un libro al tempo stesso allegro, leg-gero e solido nelle fondamenta: l’au-tore, Pier Giordano Cabra, è uno de-gli scrittori spirituali più promettentie originali del panorama attuale.

UNA MADRE PER TERiflessioni su Maria

Vito Spagnolo – San Paolo

Un percorso devozio-nale, un viaggio conMaria attraverso leScritture e le opere disanti e fedeli appas-sionati: Madre amo-revole, Dimora della

Parola, Vergine in ascolto, Sposadello Spirito Santo. Bellissime alriguardo, le parole di Madre Cà-nopi: un “brevissimo nome, pocopiù di un soffio” che “ha il poteredi creare un’atmosfera di silenzioe di pace, di confidenza e dolcez-za inesprimibile”.

KAROL IL SANTOVita e miracoli

S. Gaeta e S. Oder – Paoline

Tutti i dettagli della vi-ta e dei prodigiosi in-terventi di Karol Woj-tyła sono magistral-mente sintetizzati inquesto fitto dialogo tramons. S. Oder, postu-

latore della causa di canonizzazionedi Giovanni Paolo II, e il vaticanistaS. Gaeta. Anni di studio sui testi del Pontefi-ce polacco e di colloqui personalicon quanti lo hanno intimamenteconosciuto sono alla base della pro-fonda conoscenza che mons. Oderha di Wojtyła. Dalle sue confidenze emerge cosìnitidamente il modello di virtù e diazione che ha reso Giovanni PaoloII tanto amato non soltanto dai suoidevoti, i quali lo consideravanosanto già in vita, ma anche da mi-lioni di donne e uomini in tutto ilmondo.

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Novità Libri

GIOVANNI PAOLO IIKarol il grande

Toni Pagot e Sergio ToppiPeriodici San Paolo

In occasione della ca-nonizzazione di Gio-vanni Paolo II, il 27aprile 2014, il Giorna-lino propone a tutti i ra-gazzi un fumetto stra-

ordinario sulla sua vita. Tavole illu-strate dai famosi fumettisti SergioToppi e Toni Pagot, che raccontano,attraverso le immagini, la vita inten-sissima e felice, ma non per questopriva di difficolta e dolore, di KarolWojtyła.Bambino vivace, bravo a scuola e unbuon giocatore di calcio, Karol è sta-to anche ragazzo appassionato dimontagna e buon sciatore con ungrande amore per il teatro.Un ragazzo normale che vive in unpaese martoriato come la Polonia,sperimenta la tragedia della guerra,che risponde alla chiamata di Dio ediventa prete, poi vescovo e, infine,Papa.

GIOVANNI XXIIIIl Papa buono

Fabio Penzo e Nicola GenzianellaPeriodici San Paolo

«Tornando a casa, tro-verete i bambini. Dateuna carezza ai vostribambini e dite: “Que-sta è la carezza del Pa-pa”». Queste le parole

più famose di Giovanni XXIII che,attraverso molti episodi, ha ottenutol’appellativo di “Papa Buono”. È stato il primo, dopo secoli, a uscireda Roma. Andava a visitare i bambi-ni all’ospedale, i carcerati, aveva unosguardo e una parola di incoraggia-mento verso tutte le persone che in-contrava. Un fumetto straordinario,che il Giornalino è lieto di proporre

per la prima volta in un volume inedi-to in occasione della canonizzazione.

CON LE PERIFERIENEL CUORE

Raffaele Luise – San Paolo

Papa Francesco ha in-nescato una vera epropria “primavera”nella Chiesa introdu-cendo gesti, costumi,atteggiamenti chehanno destato l’atten-

zione del mondo. Raffaele Luise,vaticanista Rai, ricostruisce da ap-passionato narratore alcuni snodidel primo anno di pontificato: dallascelta di abitare a Santa Marta allavisita a Lampedusa… Lo fa raccon-tando i fatti in tutta la loro forza maanche e soprattutto dando voce perla prima volta a un ventaglio di per-sonalità del mondo della cultura edel pensiero da Leonardo Boff a Vi-to Mancuso, da Massimo Cacciari aGustavo Zagrebelski, a riprova diquanto Bergoglio stia incidendo

non solo sulla Chiesa ma sulla so-cietà tutta.

PAPA FRANCESCOLa Chiesa della misericordia

San Paolo

Per Papa Francescola Chiesa deve essereinnanzitutto casa del-la misericordia. LaChiesa non può resta-re chiusa in se stessa,

ma deve uscire e andare verso le pe-riferie dell’esistenza, là dove sono ipoveri, gli ultimi, gli emarginati,per portare l’abbraccio della miseri-cordia di Dio. Da qui il suo pressan-te invito ai credenti ad essere «cristia-ni a tempo pieno» e non «cristiani dasalotto o da pasticceria»; ai vescovi eai sacerdoti ad essere «pastori conl’odore delle pecore». Altrettanto for-te è la sua esortazione a combattere lalogica del potere, il culto del dio de-naro, il carrierismo. In una parola: aspogliarsi dello spirito del mondo peressere liberi di fare il bene.

FILM

MARIA DI NAZARETHRegia G. Campiotti

Anno 2011

Nell’immaginazione degli autori, Maria è unita da unasalda amicizia con Maddalena, quella che tutti ricordanoper essere scampata alla lapidazione per adulterio grazieall’intervento di Gesù. Le strade delle due ragazze sonodestinate a separarsi presto: l’una dovrà affrontare le re-sponsabilità della maternità e del matrimonio con un

Giuseppe ben più reticente di quello della tradizione, l’altra accetterà lelusinghe della vita di corte e entrerà nel seguito della perfida Erodiade.Le vicende familiari di Maria, le sue ansie di madre e di moglie, si in-trecciano quindi con la storia del popolo di Israele e del suo tentativodi emancipazione dal giogo romano, costantemente frustrato dai sotter-fugi della bella regina, di cui Maddalena diventerà presto un passivoquanto efficace strumento.

Audiovisivi

AUDIOVISIVI

RESURREXITMarco Frisina - Paoline

Una proposta di nuovicanti per le celebrazio-ni del Tempo pasqualee le Solennità, compo-sti e orchestrati da

Marco Frisina. Le parti dell’Ordinario sono trattedalla Messa VIII “De Angelis” realiz-zata in forma dialogata nella manieraclassica della tradizione musicale po-lifonica, cioè alternata tra canto gre-goriano dell’assemblea e polifoniadella Schola. I testi, in latino, sonoquelli proposti dalla Liturgia pasqua-le, ai quali è stato aggiunto il Salmo23 “Dominus pascit me” e il canto eu-caristico “Adoro te devote”. La pre-senza dei canti eucaristici vuole sotto-lineare il forte legame del sacramentodell’Eucaristia con la Pasqua.

SPIRITO DI VITAP. Auricchio, F. Baggio, F. Buttazzo,

M. Zambuto - Paoline

Otto canti per la li-turgia e la preghiera,incentrati sullo Spiri-to Santo; brani musi-calmente moderni,

con testi particolarmente curati,che attingono alla tradizione dellaChiesa.Quattro diversi autori, molto popo-lari e apprezzati nel panorama mu-sicale cristiano, hanno contribuito aquesto progetto, indirizzato, per sti-le e linguaggio, alle assemblee digiovani.Invocazioni, lodi e preghiere in can-to: un nuovo contributo al reperto-rio liturgico delle parrocchie, adattonella sua varietà alle celebrazioniper la Cresima, alla liturgia di Pen-tecoste, a incontri di preghiera e dicatechesi con i giovani.

ATTENZIONEAccogliendo l’espresso

desiderio di molti membridella “Santa Famiglia” per

continuare a offrire uncontributo, secondo le

proprie possibilità,all’Istituto e all’Opera

di S. Giuseppe di Spicello,comunichiamo le modalità

di offerta:

Conto corrente postaleintestato a “Istituto SantaFamiglia” - n° 95135000

intestato a “Santuario SanGiuseppe” - n° 14106611

Banca di CreditoCooperativo di Roma -

Agenzia n. 1 - c/c bancario“Istituto Santa Famiglia”

IBAN:IT34K0832703201000000034764

Il nuovodepliantdell’Ist.SantaFamigliaper farconosceree promuoverel’Istituto.

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Uniti nel suffragio e nell’intercessione

BIENTINESI MASSIMO* 01-11-1957 – † 02-03-2014

del Gruppo di Livorno

Dopo mesi di grande sofferenza Massimo è tornato alla casa del Padre carico di frutti personali e ac-compagnato dalle preghiere dei suoi cari e amici. Sempre presente e disponibile nella sua parrocchia perogni necessità, era punto di riferimento anche per il parroco stesso. In modo particolare curava il tem-po libero dei giovani partecipando ed anche organizzando feste e giochi con loro. La sua presenza nelgruppo “Santa Famiglia” rivelava un cammino spirituale notevole.Durante il periodo della sua malattia è stato di grande esempio nell’accettare con fede la sofferenza cheda molto tempo l’affliggeva; docile alla sofferenza, ha testimoniato la grandezza del Signore che operameraviglie nelle persone che si abbandonano a Lui: mai una lamentela. Il gruppo dei giovani, insieme con il parroco, lo hanno accompagnato fino alla fine con la presenza e lapreghiera; si è addormentato nel Signore con il volto espressivo di una serenità che veniva dal cuore. Lamoglie Marusca, a fianco di suo marito, ci ha dato un grande esempio di accettazione e di fiducia nellavolontà di Dio. La Santa Messa esequiale è stata celebrata da mons. Giusti, Vescovo di Livorno, concelebranti il parro-co padre Maurizio De Sanctis, don Felice Munaro dell’Istituto “Gesù Sacerdote” e padre Cosimo deiTrinitari. La numerosa presenza della comunità parrocchiale e dei confratelli dell’Istituto “Santa Fami-glia” di Montemurlo hanno reso sollievo al dolore della famiglia (I fratelli del gruppo di Livorno).

OLGA BERNARDONI* 16/11/1917 – † 19/03/2014

del Gruppo di Roma

La nostra Olga (“Olghetta” per noi), dopo una lunga vita terrena, da buona paolina, dopo aver combat-tuto la buona battaglia di sposa fedele, di madre premurosa, di nonna saggia e di tenera e orgogliosa bi-snonna, avendo conservato la fede, è andata a ricevere la giusta ricompensa dal Padre.Nel suo cammino di fede nell’Istituto è stata sempre un esempio per la sua tenace volontà di partecipa-re sempre e comunque a tutti gli impegni, a volte mettendo anche in imbarazzo chi, molto più giovanedi lei, accampava qualche scusa per “defilarsi” dando magari la colpa al brutto tempo o a qualche “ac-ciacco”. Di carattere semplice ma schietto, diceva apertamente quello che pensava: la diplomazia nonera il suo forte. Amava molto l’Istituto, per non parlare, poi, di don Stefano Lamera: guai a chi glielotoccava! A motivo della salute ha dovuto, suo malgrado, rinunciare a tante cose, ma ha sempre mante-nuto i contatti con i Responsabili del Gruppo. Quanto l’Istituto avesse coinvolto la sua vita ne abbiamo avuto la riprova quando io, Mario, sono anda-to a trovarla in ospedale; il figlio Silvano mi aveva avvisato che forse non mi avrebbe riconosciuto (avolte non riconosceva neppure lui), ma quando mi ha visto il suo volto si è illuminato, mi ha tenuto lemani strette nelle sue per più di mezz’ora, e abbiamo ripercorso insieme tanti momenti, tanti avveni-menti, ricordando tante persone conosciute nell’Istituto nel corso del cammino fatto insieme, non sen-za stupore da parte di Silvano.Olghetta è deceduta il giorno della solennità di San Giuseppe; è stata ricordata nella solenne concele-brazione, presieduta dal vescovo di Fano, mons. Armando Trasati, dal Delegato e Collaboratori che alSantuario San Giuseppe di Spicello si stavano portando. Siamo certi che, ricordandola nelle nostre pre-ghiera, lei ricambierà impegnando San Giuseppe a nostro favore e facendolo a suo modo: senza diplo-mazia! (Mario e Fiorenza per il Gruppo di Roma).

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Uniti nel suffragio e nell’intercessione

MATTEO DELLERBA* 12-10-1946 – † 06-03-2014

del Gruppo di Bari

Il 6 marzo scorso alle 15,20, dopo un breve periodo di malattia vissuto con una grande sofferenza fisi-ca ma con uno spirito di accettazione e offerta, il Signore ha rivestito il nostro caro Matteo del suo dol-ce abbraccio di Padre misericordioso chiamandolo a sé.Esprimere tutti i sentimenti che abbiamo nell’animo ancor oggi ci riesce difficile. Matteo ci hai donatotanto. Fin dal nostro primo incontro era riuscito a riversare nei nostri cuori ciò che di più grande posse-deva: la gioia di appartenere alla Famiglia Paolina; l’amore per la tua famiglia, per la sua carissimaMimma, per i suoi figli Vito, Isabella e per i bellissimi nipotini; l’amore smisurato per la Santa Fami-glia di Nazareth. Matteo e Mimma sono entrati nell’Istituto a Martina Franca il 2 agosto 1986 e hanno professato i votiperpetui il 2 agosto 1992 a Cassano delle Murge. Matteo è stato Responsabile del Gruppo di Bari permoltissimi anni, facendosi servo umile di tutti noi perché potessimo camminare e crescere nella fede enell’amore.Circa un anno dopo la morte della moglie Mimma un suo amico sacerdote lo ha invitato a riflettere suuna nuova scelta di vita: o un nuovo matrimonio o il diaconato permanente. La sua risposta è stata:«Mimma è stata e sarà sempre nel mio cuore, se è volontà di Dio sono disponibile ad impegnarmi nelministero diaconale». Matteo è stato ordinato diacono permanente il 24 giugno 2001 ed ha svolto il suoministero con amore, umiltà e spirito di servizio nella Parrocchia “S. Maria la Porta” in Palo del Colle,oltre ad aver svolto servizio, negli ultimi dieci anni, nell’ambito dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto, comeProvveditore di Curia.La commozione e la gratitudine dei tantissimi diaconi e sacerdoti accorsi a concelebrare, con l’Arcive-scovo Mons. Cacucci, la messa esequiale, hanno testimoniato il grande amore che Matteo ha profuso sianella cura della divina Liturgia che negli incarichi diocesani e parrocchiali, in modo particolare tra i gio-vani e nella gestione del Centro di ascolto, in comunione con le Caritas delle altre Parrocchie di Palo. Ti preghiamo, caro amico e fratello Matteo, di continuare a vegliare sul nostro cammino talvolta appe-santito e sfiduciato, certi che un giorno, per la misericordia del Signore, ci ritroveremo insieme a con-templare la bellezza eterna del volto di Cristo (I fratelli del Gruppo di Bari).

ROSA CORSELLO in CERRITO* 20-08-1933 – † 04-04-2014

del Gruppo di Canicattì

Sei mesi fa è tornato alla Casa del Padre Gaetano Cerrito; oggi ci ha lasciato anche la sua cara sposaRosetta.In questi ultimi mesi ha affrontato con fede e serenità il decorrere ineluttabile della malattia.Insieme al marito hanno fatto parte dell’Istituto “Santa Famiglia” dal 1985. Sono stati sempre puntualia tutti gli incontri, Ritiri mensili ed Esercizi spirituali.La nostra cara Rosa ci lascia un esempio di generosità e fedeltà ad una preghiera semplice e fiduciosa.Raccomandiamo la sua anima alla Misericordia di Dio e chiediamo consolazione per i suoi familiari(I fratelli del Gruppo di Canicattì).


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