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GILDA maggio 2017 · G ILDA Il Punto di GIANLUIGI DOTTI FABRIZIO TONELLO Professione annoXXVII3...

Date post: 16-Aug-2020
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G ILD A Il Punto di GIANLUIGI DOTTI FABRIZIO TONELLO FABRIZIO TONELLO anno XXVII 3 Professione Professione MAGGIO 2017 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, C/RM Le false percezioni dei fenomeni sociali (e relative irrazionali conseguenze) EMILIO PASQUINI EMILIO PASQUINI La competenza nella punteggiatura è sempre più scarsa LORENZA CARLASSARE LORENZA CARLASSARE La mancanza di riguardo dei nostri politici verso la scuola rispecchia, in definitiva, il loro disprezzo per la democrazia VINCENZO BALZANI VINCENZO BALZANI Solo con una forte base culturale si può affrontare una realtà che cambia così velocemente I decreti delegati della Legge 107 Valutazione, Formazione iniziale e colpo di mano sullo status dei docenti In caso di mancato recapito inviare al CSL STAMPE ROMA
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Page 1: GILDA maggio 2017 · G ILDA Il Punto di GIANLUIGI DOTTI FABRIZIO TONELLO Professione annoXXVII3 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in

G I L D A

Il Punto diGIANLUIGI

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anno XXVII3ProfessioneProfessione MAGGIO 2017

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Le false percezioni dei fenomenisociali (e relative irrazionaliconseguenze)

EMILIO PASQUINIEMILIO PASQUINILa competenzanella punteggiaturaè sempre più scarsa

LORENZACARLASSARELORENZACARLASSARELa mancanza di riguardodei nostri politici versola scuola rispecchia, indefinitiva, il loro disprezzoper la democrazia

VINCENZOBALZANIVINCENZOBALZANISolo con una forte baseculturale si può affrontareuna realtà che cambiacosì velocemente

I decreti delegati

della Legge 107

Valutazione, Formazione

iniziale e colpo di mano

sullo status dei docentiIn caso di mancato recapito

inviare al CSL STAMPE ROMA

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PROFESSIONE DOCENTEReg. Tribunale di Roma n. 257/90 del 24/04/'90

Direttore ResponsabileFranco ROSSO

Responsabile di RedazioneRenza BERTUZZI

Vice caporedattoreGianluigi DOTTI

Comitato di redazioneAntonio ANTONAZZO, Piero MORPURGO,

Massimo QUINTILIANI, Fabrizio REBERSCHEGGHanno collaborato a questo numero

Maurizio Berni, Paolo Manzini, Fabrizio Tonello,Emilio Pasquini, Giorgio Quaggiotto.

Stampa Romana Editrice - 069570199

GILDA DEGLI INSEGNANTIVia Salaria, 44 00198 Roma

Tel. 068845005 - Fax 0684082071UNAMS - Viale delle Provincie, 184 - 00162 Roma

Sito internet: www.gildaprofessionedocente.itE-mail: [email protected]

S O M M A R I ORenza Bertuzzi CULTURA A SCUOLAE DUNQUE NEL MONDOGianluigi DottiCONTINUARE A LOTTARECON COERENZA E SERIETÀFabrizio ReberscheggVALUTARE O NONVALUTARE? L'IMPORTANTE...Fabrizio ReberscheggGRAVISSIMO COLPO DIMANO DEL GOVERNO...Renza BertuzziINTERVISTA CONVINCENZO BALZANIMassimo QuintilianiSAFER INTERNET DAYLA GIORNATA DELLA... Massimo QuintilianiVIAGGI&CULTURA

Giorgio QuaggiottoINTERVISTA CONLORENZA CARLASSAREPaolo Manzini (CIPUR) FORMAZIONE PERMANENTENELL'ERA...A. Antonazzo e M. BerniACCESSO AL RUOLODOCENTE. RIFLESSIONI...Gianluigi DottiNELLA LETTERA DEI 600UN TEMA DI VITALE...Renza BertuzziINTERVISTA CON EMILIOPASQUINI. LA PICCOLA... Fabrizio TonelloLE FALSE PERCEZIONI DEIFENOMENI SOCIALISebastiano LeottaCOME L’IGNORANZA ALPOTERE VUOLE DAI...Piero Morpurgo1925: IN FRANCIA LA GIOIADELLA LETTURA, IN ITALIA... Marco MoriniNEL REGNO DI TRUMPLA SCUOLA CONDUCE AL...VITTORIA DELLA GILDAL’ALGORITMO NON ÈUN SEGRETO DI STATO

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G I L D A

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CULTURA A SCUOLAE DUNQUE NEL MONDOQuesto numero ha una parola chiave:

cultura. Una sorta di chiamata alle armi (delpensiero) per fronteggiare un mondo complessoe complicato che si presenta sotto false spoglie.Oggi, ci ribadiscono coloro che hanno collaboratocon noi a questo numero, la cultura, il sapere (enon i saperi di berlingueriana memoria) sono im-prescindibili non solo per la dimensione personalema soprattutto per quella collettiva. L’ignoranzache ha preso spazio in questo mondo di bugiecolossali, di illusioni, di inganni alimentati da unweb tiranno e da una scarsa consapevolezza ci-vica danneggiano non solo i singoli ma tutta lacollettività, vittima di opinioni sbagliate, spessoanche arroganti e aggressive.Ci vuole cultura e ci vuole cultura a scuola.Il tasto è dolente ma è di quelli da tenere sem-pre fermi e fissi nei pensieri e nei discorsi, perchénon è stato sempre così scontato. C’è stato unperiodo in cui qualcuno- e per carità di patrianon facciamo nomi- ha sostenuto che l’ideadella trasmissione della cultura a scuola fosseobsoleta e che la funzione del docente dovessemodernizzarsi e diventare quella di un media-tore culturale. Che la cultura ormai fosse quelladel web (sich). Oggi, per fortuna, si fanno sentiremolto di più le voci critiche, ricevendo ascolto econsenso. Oggi si comincia a capire che il webè luogo di fake news, delle bufale a buon mer-cato, dell’indottrinamento commerciale. Che solo la scuola pubblica statale, luogo e isti-tuzione destinati secondo i principi costituzionalia trasmettere la cultura e a educare i giovani alpensiero critico, può assolvere a questo compito.Non le agenzie educative, non i vari e variegatiIstituti, non il mercato. Per tutti questi motivi,abbiamo insistito sul tema.Così Vincenzo Balzani, professore emerito,uno dei 100 Chimici più citati al mondo; Lo-renza Carlassare, professore emerito di Dirittocostituzionale; Fabrizio Tonello, docente al-l’Università di Padova; Emilio Pasquini, pro-fessore emerito di Letteratura italiana, sisoffermano, nei loro contributi, sull’importanzadella cultura, anche- e soprattutto- negli aspettirelativi alle forme del discorso. È fondamentale

dunque parlare bene per ragionare bene, comechiarisce Gianluigi Dotti nel suo interventosulla lettera dei 600 Docenti universitari chehanno lanciato l’allarme sul parlare male deigiovani. Cultura è anche ragionare sull’asse sto-rico della Storia della Scuola, così ci aggiorna datempo Piero Morpurgo. La scuola, in Italia, è ancora lì in bilico dopo lalegge della buonascuola e dopo i Decreti de-legati applicativi: sempre orientata ad allegge-rire le incombenze degli studenti, a renderetutto più facile e, nel contempo, a trasformarela funzione del docente in senso peggiorativo,come ci racconta Fabrizio Reberschegg.Mentre Marco Morini ci ragguaglia sul fattoche anche negli Stati Uniti, dopo l’elezione diTrump e la nomina della nuova Ministra del-l’Istruzione la scuola non sta molto bene, es-sendo destinata- come pare- ad affermare ilregno di Dio ( !).Se il male sembra essere comune, non vi è tut-tavia alcun gaudio. Per quel che ci riguarda con-tinueremo a Lottare con coerenza e serietà (Ilpunto di Gianluigi Dotti), forti dei successiche otteniamo come la sentenza del TARdel Lazio che ha obbligato il MIUR a con-segnare alla Gilda il famoso algoritmousato nei trasferimenti selvaggi dell’annoscorso, perché- come dice la sentenza- unalgoritmo non è segreto di Stato. Conti-nueremo anche a criticare, perché la funzione diun’associazione professionale è quella di verifi-care ciò che non va e purtroppo, negli ultimianni, la materia non è mancata.

Ci scusiamo con tutti i lettoriper l’errore della copertinadel numero scorso di questogiornale, in cui la famigerataLegge 107/2015 è diventatala civile Legge 104, che tutelale situazioni dolorose.

di Renza Bertuzzi

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OFFICINAGILDA

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IL PUNTO

CONTINUARE A LOTTARECON COERENZA E SERIETÀ

Il nuovo Governo Gentiloni, subentrato aquello di Renzi, dopo la pesante sconfitta

elettorale del referendum costituzionale del 4dicembre 2016, ha sostituito la Ministradell’Istruzione, dell’Università e della Ricercache, come è stato fatto notare da tutta lastampa, è l’unico dicastero ad aver cambiatoinquilina.A tutti è risultato chiarissimo il messaggiopolitico che si è voluto dare alla scuola, esoprattutto ai docenti, sulle responsabilità delfallimentare inizio di anno scolastico 2016/17e, più in generale, sulle profonde criticità dellacosiddetta riforma Renzi-Giannini dellaBuonaScuola.Tuttavia nei primi mesi di attività il nuovoGoverno, pur in presenza di unatteggiamento più aperto che ha portato adun clima più sereno nelle relazioni sindacaliinstaurato dalla ministra Fedeli, e da tutti ifunzionari del MIUR, non ha affrontato inodi cruciali della 107/2015 sui quali laGilda degli Insegnanti ha concentratole critiche negative fin dal settembre2014, con la prima manifestazionedella scuola tenuta a Firenze contro lariforma Renzi-Giannini.Nel merito, la Ministra non ha costruitouna soluzione credibile per la mobilità e lachiamata diretta dei docenti da parte deiDirigenti scolastici. Infatti il CCNI per il2017/18, che la Gilda non ha firmato,pur concedendo ai docenti la possibilità dichiedere cinque scuole, conferma per gliinsegnanti la titolarità di ambito,l’incarico triennale nella scuola e lasciaampi spazi discrezionali ai Dirigentiscolastici per la chiamata diretta. Adacuire le criticità c’è stata anche lapervicace opposizione alla trasparenzasull’algoritmo usato per la mobilità 2016/17.La procedura che l’anno scorso ha creatomigliaia di contenziosi e decine di migliaia didocenti ingiustamente trasferiti sarà oratrasparente, nonostante l’opposizione delMIUR, che ha tirato in ballo addirittura il

segreto di Stato. Infatti, il TAR ha ordinatoal ministero di consegnare alla Gildadegli Insegnanti l’algoritmo utilizzatoper la mobilità del 2016/17 perpermettere una verifica degli erroricommessi dal sistema informatico.Questo risultato è stato possibile solograzie alla perseveranza della Gildadegli Insegnanti che non haabbandonato gli insegnanti nellabattaglia contro gli errori del sistemainformatico e del MIUR e ha portatol’Amministrazione in tribunale, prima di tuttele altre OOSS.Per quanto riguarda le deleghe della107/2015, avevamo apprezzato chequella più corposa, e anche più delicataper tanti aspetti, sul Testo unico fossestata rimessa al Parlamento per unadiscussione più democratica e con tempidistesi. Purtroppo uno dei Decreti giàapprovati, collocando il docente nellacondizione giuridica di specializzato enon più di abilitato (si veda l’articolo apag.5), ha introdotto una pesanteipoteca futura su questo delicatoargomento. Le altre 8 deleghe, che purehanno accolto alcuni rilievi della Gilda,rappresentano più fumo che arrosto,soprattutto nei fondi stanziati che sonoassolutamente inconsistenti rispettoagli obiettivi dichiarati.In una situazione di stallo c’è ilprovvedimento promesso dalla ministraMadia sulle modifiche da apportare alla165/2001 e alla 150/2009. Le modifichedovrebbero riportare alcune materieprettamente contrattuali nellecompetenze della contrattazione e nonaffidarle alla legge come avviene oggi.Al momento manca il provvedimentolegislativo, ma ciò che preoccupa di più laGilda degli Insegnanti è che nelle bozzeche stanno circolando si legge che siintende concedere ai Dirigenti scolasticila facoltà di sanzionare il docente fino a

10 giorni di sospensione dallo stipendio,potere che ora è in capo al Dirigentedell’UST. Ancora più grave è che si lascerebbeai Dirigenti scolastici la possibilità di decidere itermini per la contestazione d’addebito, chenon verrebbero precisati dalla norma.Quest’ultima novità lascia il docente pertutta la sua vita professionale incompleta balia del Dirigente scolastico,che lo può sempre minacciare dellacontestazione d’addebito. Infine, ma nonperché meno importante, constatiamocon dispiacere che ancora una voltaaveva ragione la Gilda degli Insegnantiquando poco prima del 4 dicembre nonaccettò la “promessa elettorale” fattaalle altre OOSS del rinnovo del CCNLcon i famosi 85 euro di aumento, che siè rivelata una bufala. Al momento in cuiscriviamo sono passati ben 4 mesi daquell’incontro e non c’è neppure l’attod’indirizzo del Governo all’ARAN per l’avviodella trattativa, quindi senza l’atto d’indirizzonon ci può essere alcuna contrattazione.Inoltre, le somme stanziate nella legge distabilità per il 2017 consentono, al massimo,un aumento degli stipendi dei docenti di 30euro lordi mensili.La Gilda degli Insegnanti ha propostoche le somme stanziate con laBuonaScuola per la Card, per il bonusmerito, per l’ASL e per la formazione,circa un miliardo di euro, sianoutilizzate per il rinnovo del CCNL, chesommate a quanto promesso dal Governoporterebbero l’aumento dello stipendio a150-180 euro lordi mensili.Concludendo, possiamo dire che per ora,purtroppo, il cambio di ministro non haportato quei cambiamenti sostanziali chenecessitano alla scuola italiana; nonvorremo che si seguisse il vecchio refrainitalico del nipote del principe di Salina,Tancredi, nel Gattopardo: «Se vogliamo chetutto rimanga come è, bisogna che tuttocambi».

di Gianluigi Dotti

Niente di nuovo: non soluzioni credibili sulla Mobilità e sulla chiamata diretta. Le deleghe dellalabuonascuola hanno più fumo che arrosto e qualche pessima decisione. Naturalmente, come laGilda aveva previsto, gli 85 euro di aumento per il contratto promessi a dicembre erano una bufalaelettorale. Per fortuna, trionfa la giustizia e il TAR impone al Ministero di consegnare alla Gilda ilfamoso algoritmo utilizzato nella mobilità 2016-2017 che ha creato migliaia di disagi.

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LEGGE107/2015- DELEGA SULLA VALUTAZIONE

VALUTARE O NON VALUTARE?L'IMPORTANTE È GARANTIREIL "SUCCESSO FORMATIVO"

OFFICINAGILDA

Mentre scriviamo il Governo ha appenaemanato il testo definitivo dei Decreti

legislativi che erano collegati alla Legge107/15 (la “Buona Scuola”). Tra questi hafatto discutere la proposta di revi-sione complessiva della valuta-zione per il ciclo primario edell’Esame finale di Stato a conclu-sione del secondo ciclo. Sembra unadelega contenente contenuti tecnici e ope-rativi, ma di fatto cela una ideologia e unaprassi che consideriamo molto discutibili.Nelle audizioni parlamentari e con il Go-verno la Gilda aveva evidenziato alcuniaspetti positivi del testo iniziale della De-lega (il mantenimento della votazione indecimi evitando la fiera delle valutazioni in“giudizi” e “lettere”, l’eliminazione dagliesami di stato della scuola secondaria diprimo grado delle famigerate prove IN-VALSI e la opportuna semplificazione delleprove d’esame e il mantenimento dellecommissioni per metà esterne nell’Esame diStato–esame di maturità).Su tanti aspetti della Delega laGilda ha invece espresso con forzacritiche e proposte alternative. Adesempio: restano aperti i problemirelativi ai requisiti della promozione nelprimo ciclo dove nella scuola secondariadi primo grado è sufficiente la media delsei (compresa la condotta) per l’ammis-sione alla classe successiva e all’esame;per l’accesso all’esame di maturità sidovrà subire nell’ultima classe le famige-rate prove Invalsi; viene inserita nel col-loquio di maturità l’esperienza diAlternanza Scuola-Lavoro che diventa es-senziale per l’accesso all’esame; si cassatout court la terza prova aumentando ilpeso del curricolo scolastico degli stu-denti; si introduce il “Curriculum delloStudente”, una sorta di curriculum vitaedello studente in cui le prove Invalsi, leesperienze di Scuola-Lavoro e certifica-zioni varie diventano parte integrante diun documento spendibile per la prosecu-zione degli studi e per l’inserimento nelmondo del lavoro.I pareri espressi dalle commissioniavevano addirittura reso più con-fuso il testo proposto dal Governosenza affrontare i problemi reali concer-

nenti non solo la valutazione, ma l’es-senza stessa della funzione docente edella scuola nel nostro Paese.La logica con cui le forze politiche si sonomosse in maniera trasversale sembra par-tire dall’assunto che la valutazione degliallievi, in generale, sia potenzialmente di-scriminatoria e non inclusiva. L’importanteè il raggiungimento quantitativo degliobiettivi previsti da Lisbona per il 2020(riduzione dell’abbandono scolastico al10%, il raggiungimento per almenol’85% degli studenti del diploma supe-riore, aumento dei laureati nelle facoltàscientifiche, ecc.) e il sostegno acriticodella logica per la quale “ogni bocciaturadi uno studente è di fatto una bocciaturadella scuola e dei docenti”.Le Commissioni parlamentari sono cosìarrivate ad esprimere contraddittori pareripositivi, sia pure con alcune interessantiosservazioni, su una delega che legittimala semplificazione del percorso scolasticosenza affrontare i problemi relativi ai co-siddetti saperi essenziali necessari per ot-tenere le competenze previste nelle variefasi dello stesso percorso. L’ideologia dellametafisica delle competenze, che appa-iono epistemologicamente fragili nellemodalità con le quali sono state applicatenel sistema scolastico europeo, rendeparadossalmente più forti e autore-voli gli enti esterni alla scuola chedefiniscono in termini di commensu-rabilità saperi, abilità e compe-tenze. Si pensi al ruolo ambiguodell’Invalsi, al ruolo rafforzato degli enticertificatori (privati) delle competenze lin-guistiche che dovrebbero cooperare conlo stesso Invalsi nella certificazione deitest, delle competenze informatiche, ecc..Si pensi inoltre al pericoloso ruolodell’alternanza scuola-lavoro dovel’impresa esterna può divenire at-trice dei processi di valutazionedelle competenze in uscita. Il Go-verno ha accolto in zona cesarini alcuneperplessità espresse dalla nostra delega-zione sulla proposta di ammissione al-l’esame di Stato con la semplice mediadel sei ed ha mantenuto, nel testo finale,la necessità, per l’ammissione all’esamedi maturità, della sufficienza in tutte le di-

scipline con effetti penalizzanti per il cre-dito scolastico per gli studenti “aiutati”dal Consiglio di classe.Tuttavia, non è stato minimamente scal-fito uno dei problemi più rilevanti. Men-tre si semplifica l’esame di maturità,diventa più significativo per gli studentiavere un buon “Curriculum dello Stu-dente” invece che un buon voto d’esame.In tutto il percorso si opera così diretta-mente e indirettamente un rafforzamentodella funzione dell’Invalsi (si veda l’inseri-mento degli esiti delle prove nel Curricu-lum dello Studente e il ruolo perl’ammissione all’Esame finale di Stato).L’Invalsi, come abbiamo sempre soste-nuto, non dovrebbe esercitare la suafunzione nella valutazione indivi-duale dello studente, dovrebbe inveceessere uno strumento che consente al si-stema nel suo complesso di verificare lecriticità e i punti di forza. Dovrebbequindi fungere da stimolo per i docentinella sperimentazione di strategie didatti-che e non dovrebbe diventare il test diValutazione della scuola, dell’insegnantee dello studente. Il fatto che si rafforziproprio la funzione valutativa commensu-rabile dei test Invalsi sul piano indivi-duale è molto pericoloso e può spingerel’insegnamento a curvare la sua pratica almero superamento positivo dei test (tea-ching to the test).Negativa, a nostro avviso, era la ri-chiesta fatta dalle commissioni par-lamentari di reintrodurre al posto deivoti numerici le lettere (A,B,C,D) nelprimo ciclo. Si trattava non solo diuno stupido scopiazzamento dellestandardizzazioni anglosassoni, ma di unariduzione della complessità della valuta-zione dei saperi a mero inserimento in con-tenitori espressivi di fumose competenzedove prevalente è il saper fare (l’allievosvolge compiti... in termini avanzati, inter-medi, base e iniziali) rispetto al livello diconoscenze e abilità raggiunte. Solo laGilda aveva espresso un giudizio po-sitivo sul mantenimento dei voti nu-merici e la sua richiesta è stataaccolta positivamente in extremisdal Governo anche sotto la pressionedi associazioni professionali, intellet-

La Gilda è per il mantenimento della valutazione numerica nelprimo ciclo e per un esame di Stato -finché esisterà il valore le-gale del titolo di studio- come prova seria e con caratteristicheuniformi per tutti gli studenti italiani.

di Fabrizio Reberschegg

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tuali e stampa. Riteniamo infatti che latradizione dei voti in decimi, usata in Italiaanche in tantissimi contesti non scolastici,consenta una migliore parametrazionedelle capacità, delle conoscenze e dellereali competenze raggiunte dagli allievi. Econtinueremo a ribadire che le “compe-tenze” si possono conseguire solo se visono solide conoscenze e abilità di base. La Gilda ha chiesto inoltre- ma inu-tilmente- il mantenimento dellaterza prova dell’esame di maturitàproponendo una terza prova concaratteristiche nazionali (quesitidefiniti in maniera omogenea nellescuole degli stessi indirizzi). L’at-tuale costruzione autonoma delle terzeprove, da parte delle commissioni, si ba-sava sulle logiche delle competenzeastratte curvate in maniera anarchicanelle singole scuole. Si trattava di unfrutto dell’autonomia scolastica berlin-gueriana ed ha portato ad una oggettiva

disparità di trattamento tra i vari istitutiscolastici conseguendo valutazioni su“competenze” disomogenee e spesso in-coerenti con i livelli previsti dalle stesse,già vaghe e esorbitanti, indicazioni na-zionali. Abolire la terza prova è solo unespediente per non affrontare il cuoredel problema e cercare il facile consensodi studenti e famiglie. Il Governo ha in-vece posto con forza, come condizione diammissione, l’attività di alternanzascuola-lavoro e l’inserimento nel collo-quio di “cittadinanza e costituzione”Una sorta di formazione al lavoro obbli-gatoria con una spolverata dei solitivaghi concetti di “buone pratiche di de-mocrazia” in una scuola che ha tagliatoferocemente il peso delle discipline giuri-diche ed economiche.Continueremo a ribadire chel’esame di Stato, finché esisterà ilvalore legale del titolo di studio,deve e dovrà essere una prova seria

e con caratteristiche uniformi pertutti gli studenti italiani. Saremo inpochi a pensarla così, ma non abbiamoremore a dire cose che tanti pensanosenza aver il coraggio di esplicitare. Econtinueremo a dire che, se è necessarioche la scuola sappia affrontare e superareil problema della dispersione, è soprat-tutto necessario garantire qualità e auto-revolezza all’insegnamento e al ruolodella scuola statale senza scadere nei fa-cili buonismi per cui tutti nella scuolasono capaci e bravi e hanno “diritto alsuccesso formativo”. Il problema è chedopo la scuola i nostri studenti devono af-frontare una società e un mercato del la-voro pesantemente competitivi dove la“dispersione”, quella vera, diventa emar-ginazione e sfruttamento. Demandare almercato le scelte sul merito e le ca-pacità significa abdicare al ruolodell’insegnante e della scuola pub-blica. Non dimentichiamocelo.

Quando la nostra delegazione ha preso visione della bozza deltesto della delega sul nuovo sistema di reclutamento

non riusciva a crederci. Mentre tutti puntavano l’atten-zione sugli aspetti tecnici inerenti i percorsi del nuovo recluta-mento e la fase transitoria pochi si sono accorti che nel testoerano stati eliminati tutti i possibili riferimenti diretti e indi-retti all’abilitazione degli insegnanti, che era stata sostitutacon il termine specializzazione. Non è solo una questione for-male o meramente linguistica. Fino all’approvazione della delegainfatti i docenti di ruolo, dopo concorsi e anno di prova, erano didiritto inseriti in un albo professionale specifico che rico-nosceva di fatto uno status giuridico diverso da quelloimpiegatizio o collocabile nelle mansioni tipiche del pub-blico impiego. Vero è che si trattava di un riconoscimento par-ziale dello status di professionisti, mancando un vero OrdineProfessionale organizzato autonomamente e titolato al controllodella deontologia degli iscritti all’ordine.Non a caso le proposte della Gilda degli Insegnanti findalla sua nascita sono state sempre finalizzate al ricono-scimento formale e sostanziale dell’ordine professionaledei docenti anche con la costituzione del Consiglio Nazionaledella Docenza come organo di rappresentanza e garanzia della ca-tegoria a livello istituzionale. Ora, con una procedura interna

ad una delega che doveva solo affrontare i problemi tec-nici del reclutamento, si è compiuto un vero colpo dimano contro i docenti che da “abilitati” ad una profes-sione scadono a laureati “specializzati”, riconducibili al set-tore impiegatizio e sottoposti quindi ad una potenzialeorganizzazione gerarchica che può mettere in discussione ilconcetto fondante della professione ribadito nell’art.33della Costituzione Italiana.La Gilda ritiene ciò che è accaduto un fatto gravissimo e chiededa subito alle forze politiche e al Parlamento di riformu-lare con un ulteriore provvedimento legislativo il testoapprovato dal Consiglio dei Ministri. Ma chiede soprat-tutto che i docenti, a prescindere dalla loro collocazionepolitica e sindacale, facciano fronte comune di fronte adun attacco così subdolo alle fondamenta della libertà diinsegnamento.

LEGGE107/2015- DELEGA SUL RECLUTAMENTO DEI DOCENTI OFFICINAGILDA

Una modifica lessicale rivoluziona la funzioneprofessionale del docente: non più abilitato maspecializzato La Gilda apre un fronte comunecon i docenti davanti ad un attacco così sub-dolo alle fondamenta della libertà di insegna-mento.

GRAVISSIMO COLPO DI MANO DEL GOVERNO E DELPARLAMENTO SULLO STATUS GIURIDICO DEI DOCENTI(INSERITO FURTIVAMENTE NELLA DELEGA SUL RECLUTAMENTO)

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LE NOSTREINTERVISTE

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Professor Balzani, cominciamo dallo stato di salutedella nostra Terra. Come lo giudica un chimico di grande au-

torevolezza come lei, tra i più citati al mondo,attento ai problemi dell’ambiente? Il CO2 è

dannoso- come sostengono molti scienziati- ono, come afferma il nuovo presidente degli

Usa, Donald Trump, supportato da nomi di ri-lievo come William Happer?

Nel dicembre 2015 le delegazioni di 196 Nazioni(cioè, praticamente, di tutti i paesi del mondo) riunite

a Parigi hanno unanimamente riconosciuto che ilcambiamento climatico è il problema più urgente che

l’umanità deve affrontare. Da anni tutte le principaliorganizzazioni scientifiche hanno concordato che

sono le attività umane a contribuire più di ogni altrofenomeno al surriscaldamento del pianeta, attraversole emissioni di CO2 causate dall’uso dei combustibili

fossili. NASA e NOAA due mesi fa hanno comunicatoche The planet’s average surface temperature has

risen about 1.1 degrees Celsius since the late 19th century, a changedriven largely by increased carbon dioxide and other human-made

emissions into the atmosphere”. Trump ha demolito le strutturecreate da Obama per la riduzione dei gas serra e per il con-

trollo degli inquinanti e si è circondato di quei pochi scienziati, comeWilliam Happer, che osteggiano l’accordo di Parigi sostenendo che è

un complotto della Cina per fermare l’economia americana. Trump hamesso a capo delle EPA (l’agenzia per la protezione dell’am-biente) Scott Pruitt, molto legato alle aziende petrolifere, e con luiha modificato le norme che costringevano le case automobilistiche aprodurre motori più efficienti e meno inquinanti. Non sarà un presi-

dente americano “ignorante” a compromettere gli sforzi unanimi dellealtre nazioni (Cina in testa) per ridurre l’uso dei combustibili fossili.

Preoccupano però le conseguenze che questa presa di posizione po-trebbe avere, vista l’influenza che la politica americana ha sulle classi

dirigenti di molti paesi, Italia compresa.

Il problema del rispetto dell’ambiente naturale in cui l’uomovive che valenza e attenzione hanno oggi nel mondo e, in

particolare, in Italia? Grazie anche all’epistola Laudato si’ di papa Francesco, si va

facendo strada il concetto che la Terra, la nostra casa co-mune, l’unico posto dove possiamo vivere, va custodito. Que-

sto significa, anzitutto, tener presente che le risorse della Terra sonolimitate e che anche la collocazione dei rifiuti diventerà (in parte lo ègià) un importante problema da risolvere. Sia pure fra mille osta-

coli, si comincia a capire che per custodire il pianeta è neces-

di Renza Bertuzzi

Solo con una forte baseculturale si può affrontare una

realtà che cambia così velocemente

VINCENZO BALZANIVincenzo Balzani è un chimico, tra i cento più citati almondo; già professore nell’Istituto Giacomo Ciamician diBologna, è ora professore emerito dell’università di Bolo-gna e Grande Ufficiale della Repubblica. È membro del-l’Accademia dei Lincei e del Gruppo 2003. È stato visitingprofessor presso varie università straniere. È stato Presi-dente della European Photochemistry AssociationÈ considerato tra i massimi esperti di fotochimica e chimicasupramolecolare al mondo.I suoi primi interessi riguardano proprio la fotochimica e lafotofisica. Si è poi concentrato sugli studi della chimica su-pramolecolare, delle macchine molecolari e della conver-sione fotochimica dell’energia solare. Da questo punto divista ha ripreso il progetto proprio di Giacomo Ciamician,di mettere a punto meccanismi artificiali capaci di ripro-durre i processi di fotosintesi naturale. Notevole è il suo impegno nell’ambito dei rapporti trascienza e società. È autore di libri di grande successo suitemi dell’energia, come Energia per l’astronave Terra eEnergy for a Sustainable World scritti insieme a Nicola Ar-maroli.Per motivi incomprensibili- che denotano la virata bu-rocratica dell’Istituzione norvegese del Nobel- nel 2016non gli è stato assegnato il dovuto riconoscimento. Que-sta decisione ha suscitato proteste in tutto il mondo scienti-fico e una lettera di sconcerto firmata dagli scienziati più invista di cui riportiamo uno stralcio “A oltre 50 anni dal ri-conoscimento a Giulio Natta - si legge nell’appello - ilNobel è stato assegnato a “un settore di ricerca nel qualel’Italia è leader internazionale grazie a Vincenzo Balzani eai suoi collaboratori. Balzani ha contribuito in modo fon-damentale non solo alla realizzazione dei primi prototipi dimacchine molecolari, in collaborazione con Fraser Stod-dart e Jean-Pierre Sauvage, ma anche allo sviluppo e alconsolidamento dei concetti alla base di questo campo diricerca, divenuto negli anni uno dei settori più attivi e sti-molanti della chimica moderna. Balzani e il suo gruppo po-sero le basi progettuali per la costruzione di macchinemolecolari in un articolo del 1987 e in un libro del 1991,scritto da Balzani e Scandola. […]

A scuola si dovrebbero trattare di più, e discutere, questi problemi:energia, risorse, ambiente e tutto quello che ne consegue.

Ciascuno di noi, nel campo in cui opera, con le competenze di cui dispone,nella situazione in cui si trova, può dare un suo valido contributo

per costruire una società più equa e più giusta.

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sario di passare dall’economia lineare all’economia circo-lare. L’economia lineare è un sistema economico sbagliato perchépresuppone che le risorse siano infinite e che infinito sia anche lo

spazio disponibile per i rifiuti: è il consumismo, l’economiadell’usa e getta, che utilizza l’energia dei combustibili fos-

sili, risorsa in via di esaurimento il cui uso causa cambia-menti climatici, danni all’uomo e all’ambiente. Bisogna

passare ad un altro modello di sviluppo che parta dalla considera-zione che le risorse sono limitate. Bisogna adottare un’econo-

mia circolare in cui le materie prime vengono usate inquantità il più possibile limitata (risparmio) e in modo in-telligente (efficienza), per fabbricare cose ideate non solo peressere usate, ma anche per essere riparate, riusate, raccolte e rici-

clate per fornire nuove materie utili. L’unica energia che si deveusare nell’economia circolare è quella rinnovabile che

viene da sole, vento e acqua.

Qual è il pericolo più grande per l’ambiente eper gli esseri viventi, oggi?

Tutto ciò che degrada l’ambiente minaccia anche gli esseri viventi,uomo compreso. La Terra, almeno sotto certi aspetti, può essere

considerata un unico “organismo” che “vive” grazie a un equilibriodelicato fra molti fattori. Modificarne fortemente uno potrebbe

compromettere l’equilibrio con conseguenze imprevedibili.Il pericolo più grande è il cambiamento climatico che potrebbe au-mentare le zone desertiche, acidificare gli oceani e provocare cata-

clismi. Per gli esseri viventi un grave pericolo è anche ladiminuzione di biodiversità collegato allo sfruttamento troppo in-tenso della terra e del mare (come è noto, in certi mari si deve ri-

correre alla chiusura temporanea della pesca per ripopolarli). Sipuò sperare che un aumento di consapevolezza sul concetto che laTerra è la casa comune e che quindi va custodita porti alla sosteni-

bilità ecologica. Ma custodire il pianeta è solo una parte del pro-blema. Sul pianeta ben custodito, poi, dovremo vivere tutti

assieme, perché nessuno se ne può andare.L’unico modo per convivere è che ci sia pace, ma perché cisia pace è necessario condividere le risorse e ridurre le di-

suguaglianze, e su questo versante siamo messi vera-mente molto male.

Ci sono disuguaglianze fra continenti, fra nazioni e all’interno di

ciascuna nazione. Sono le disuguaglianzeche generano migrazioni incontrollate, ri-

voluzioni e guerre.Ciascuno di noi, nel campo in cui opera,con le competenze di cui dispone, nella si-

tuazione in cui si trova, può dare un suo valido contributoper costruire una società più equa e più giusta, facendoleva sulle preziose energie spirituali che caratterizzanol’uomo: responsabilità, sobrietà, collaborazione, solida-

rietà, amicizia, creatività.

Scuola, difesa dell’ambiente ed educazione alla Scienza.Si dice che l’atteggiamento scientifico non abbia una so-lida diffusione in Italia, dove prendono spesso il soprav-

vento teorie bislacche, di natura magico/miracolistica.Cosa ne pensa lei? Come giudica il percorso formativo

scientifico della scuola italiana? Nel suo complesso non lo posso giudicare positivamente.Ad esempio, non mi sembra che si trattino, e tanto menoche si discutano, i problemi di cui ho parlato nelle prece-

denti risposte: energia, risorse, ambiente e tutto quelloche ne consegue. Naturalmente non si può generalizzare, ci sono

insegnanti all’avanguardia anche su questi temi. La scuola ri-sente dei difetti della società in cui viviamo, dove, anchea livello scientifico e addirittura politico, l’importante è

apparire, non essere. Debbo aggiungere che nei corsi uni-versitari di Chimica ho quasi sempre incontrato studenti

bravi, grazie evidentemente ad una buona formazionenella scuola superiore. Dopo la laurea o il dottorato, molti di

loro sono andati all’estero e so che sono molto apprezzati. Forsefacoltà universitarie come Chimica, notoriamente impegnative,

vengono scelte dagli studenti migliori.

Cultura e cittadinanza. La Cultura, al pari dell’Educazionecivica in senso stretto, contribuisce a rinvigorire la condi-

zione di cittadino? Qualche tempo fa un ministro, per giustificare i tagli ai fondi per la

cultura, giunse a dire che “la cultura non si mangia.”Ad una frase così poco felice si può contrapporre l’ironico aforismadi un professore americano: “Se pensi la cultura sia costosa, prova

con l’ignoranza”. Sì, è vero, la cultura costa,ma sempre meno che lasciare le persone nell’ignoranza.

Oggi c’è particolarmente bisogno di cultura perché siamo in un pe-riodo difficile della storia, un periodo in cui il mondo mostra, in

modo sempre più evidente, la sua fragilità. Il mondo è fragile per-ché, è un sistema già di per sé molto complesso e lo diventa sem-

pre di più per la grande attività degli uomini.Penso che l’aumento di complessità sia veramente una

delle caratteristiche principali del nostro tempo. Vi faccioun semplice esempio preso dalla scienza che meglio conosco, la

Chimica: fino al 1990, tutto ciò che c’era in una abitazione era co-stituito da meno di 20 elementi chimici; oggi in un telefonino ci

sono più di 60 elementi diversi. Ogni mese, ogni giorno che passa,la complessità del mondo aumenta, per cui siamo chiamati sempre

più spesso a confrontarci con l’imprevisto. Solo con una fortebase culturale si può affrontare una realtà che cambia

così velocemente. Edgar Morin ha scritto che i problemi impor-tanti sono sempre complessi e spesso sono pieni di contraddizioni;

bisogna quindi affrontarli “globalmente, con saperi diversi chedebbono interagire fra loro”. Cioè, con la cultura.

LE NOSTREINTERVISTE

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Per diventare”protagonisti del cambia-mento, uniti verso un Internet migliore”.

Il 7 febbraio 2017, in oltre 100 Paesi delmondo, hanno avuto luogo eventi di variogenere per richiamare l’attenzione su que-sti temi, coinvolgendo istituzioni, enti, orga-nizzazioni (pubbliche e private) e societàcivile.Nato nel 2004 su progetto dell’Unione Eu-ropea, il Safer Internet Day, persegue la fi-nalità di mantenere alta l’attenzione deiragazzi sulle vecchie e nuove trappole nellequali possono incappare da cybernauti,cioè come frequentatori del cyberspazio.Sono cresciuti tra smartphone, tablet, Inter-net e computer, ma, pur conoscendone allaperfezione la tecnologia, non comprendonofino in fondo le insidie che si celano dietrolo schermo. La chiamano ‘’GenerazioneZ’’. Sono tutti quei ragazzi nati tra lametà degli anni ‘90 e il primo decen-nio del nuovo millennio.Alcuni sono maggiorenni, altri poco piùche adolescenti, ma qualsiasi dato stati-stico viene rapidamente superatopoiché la presenza online dei minori cre-sce di giorno in giorno. Per questo è beneintervenire sui fenomeni come le nuove di-pendenze, la Rete del bullismo, le verifichedella sicurezza dei propri account, ecc. Igiovani vanno informati e formati anche at-traverso campagne ed interventi istituzio-nali atti a sensibilizzarli si all’abuso masoprattutto all’uso consapevole del web.Uniti per evitare i pericoli dellaRete. “Be the change: unite for a better in-ternet”, è la frase simbolo pensata per il2017. Uno slogan finalizzato a far rifletterei ragazzi così come gli adulti sul ruolo at-tivo e responsabile che ciascuno può rico-prire nel trasformare Internet in un luogopositivo e sicuro. Sul tema anche il Miuril 4 febbraio ha dato il proprio contri-buto con l’organizzazione della“Prima Giornata Nazionale contro

bullismo e cyberbullismo”. Mille stu-denti sono stati i protagonisti dell’eventotenutosi presso gli spazi espositivi dell’excaserma Guido Reni, in Via Guido Reni aRoma. Dibattiti, workshop e laboratori perdire tutti insieme stop a cyberbullismo,pedo-pornografia online, sexting e a tuttiquei fenomeni devianti che partono da uncomputer e una tastiera. Nello stessogiorno il Miur ha celebrato la “PrimaGiornata Nazionale contro il bullismoe il cyberbullismo a scuola, dal titolo“Un Nodo Blu - le scuole unite controil bullismo”, che invita appunto a indos-sare un nodo di colore blu in segno di soli-darietà alle vittime di questa piaga sociale.

A seguito degli interventi messi in pro-gramma dal Piano Nazionale per la preven-zione del bullismo e del cyberbullismo ascuola e della relativa “Call To Action” perl’anno scolastico 2016/2017, sono stati fi-nanziati progetti per 2 milioni di euro perl’elaborazione di interventi di sensibilizza-zione per la promozione di un uso consape-vole della rete e la costituzione di una retenazionale di istituzioni scolastiche per ilcontrasto del bullismo. La prevenzione deifenomeni di bullismo e cyberbullismo, an-cora, sarà una delle linee prioritarie delleattività previste dal Piano Nazionale di For-mazione dei docenti del MIUR che, a partireda quest’anno scolastico, vedrà il coinvolgi-mento di circa 16mila docenti.

VIAGGIO NEL DEEP WEBI dati emergono da un sondaggio di Tele-fono Azzurro e un'indagine affidata da Ge-nerazioni Connesse in collaborazione con ilMiur, Skuola.net e Università degli Studi diFirenze:

I COMPORTAMENTI Una generazione sempre connessa. Recentiricerche sul comportamento dei minori ita-

liani sul web invitano alla massima atten-zione: il 19% dei teenager dice di essereconnesso tra le 5 e le 10 ore al giorno equasi 1 su 5 di non poter fare a meno di In-ternet (neanche a scuola), rimanendo sem-pre online. In totale, dunque, il 40% passabuona parte della giornata navigando. I so-cial network sono i loro preferiti: più del90% del campione analizzato ammette diusare le chat - di cui WhatsApp è la reginaincontrastata - ogni giorno; qualcuno lo faanche di notte (innescando il fenomenodel vamping). I teenager passando piùtempo online che in altri luoghi fisici, perce-piscono la virtualità in modo più reale diquello che gli adulti siano abituati a pensare.

I DATIDue su 3 tra gli intervistati (sia adulti cheminori) dicono di sapere che quando navi-gano sui siti web, questi registrano il pas-saggio digitale e 8 su 10 dichiarano dipreoccuparsi molto o abbastanza di comevengono usati i propri dati personali. En-trambi i gruppi, però, non hanno una chiaraconoscenza di quali dati vengano effettiva-mente raccolti e non si preoccupano di leg-gere termini e condizioni d’uso dei servizionline.

GLI SCENARI A mancare è l’educazione online. L’abitu-dine a dialogare virtualmente però spessonon coincide con la prudenza. Se, infatti, lamaggior parte dei nativi digitali pare es-sere attenta alla privacy, più del 10% haconfessato di condividere online i proprisegreti e soprattutto foto intime (il cosid-detto sexting, pericolosa pratica molto invoga soprattutto tra i più piccoli). Circal’8% degli intervistati, poi, dichiara diaver attuato intenzionalmente comporta-menti da bullo online (ma bisogna calco-lare che su questo argomento ci potrebbeessere molta reticenza) e un ulteriore 10%

TEATRODELLE IDEE

SAFER INTERNET DAYLA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA SICUREZZA IN RETE

di Massimo Quintiliani

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banalizza le proprie azioni come semplicischerzi. La conseguenza più evidente è chel’8,5% dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni èabitualmente vittima di cyberbullismo. An-cora peggio se ci concentriamo sulla fasciad’età 11-13 anni, dove si stima che duestudenti per classe potrebbero essere po-tenziali vittime.

INTIMITÀ ONLINEIl 75% degli adulti e il 72% dei ragazzi in-tervistati credono che non sia mai sicurocondividere online foto e video intimi e ri-servati, e la responsabilità è equamente di-stribuita tra chi ha diffuso (lo pensa il 67%degli adulti e il 65% dei ragazzi) e chi hacondiviso in modo allargato e non autoriz-zato un contenuto (per il 67% degli adultie il 68% dei ragazzi).

I VIDEO ONLINEIl 23% degli adulti e il 29% deiragazzi sono convinti che sia sempre sicurocondividere foto o video intimi on line per-ché “lo fanno tutti”, mentre il 41% degliadulti e il 44% dei ragazzi, benché consa-pevoli dei rischi, ritengono che a volte nonsi abbia nessuna scelta alternativa. Il 47%degli adulti e il 48% dei ragazzi ritengonoche la condivisione di materiali intimi sia si-cura se conoscono personalmente quellicon cui condividono.

NOTIZIE E AFFIDABILITÀPer i tre quarti la prudenza è d’obbligo: nonsi può mai sapere se è davvero attendibileper il 78% degli adulti e per il 73% dei ra-gazzi. Ma la ricerca evidenzia che 2 ragazzie 2 adulti su 5 considerano affidabile unanews semplicemente perché apprezzanoquella notizia; il 43% dei ragazzi e il 37%degli adulti basano l’attendibilità dellenews on line sulle condivisioni che quellanotizia riceve, il 38% dei ragazzi e il 32degli adulti la ritengono affidabile se hamolti “like”, il 47% degli adulti e il 53%dei ragazzi se la notizia è corredata da im-magini e video.

SEMPRE PIÙ SOCIALDalla ricerca emerge che la quasi totalitàdei ragazzi (97%) e degli adulti intervistati(95%) possiede ed utilizza uno smartphoneper navigare. Rispetto al 2013 si registraun +26% per i ragazzi, mentre rispetto al2014 un +18% degli adulti. I bambini rice-vono il loro primo smartphone a 11 anni emezzo, età media più bassa di un anno ri-spetto al 2015. Il 94% degli adulti e l’87% dei ragazzi haalmeno un profilo social e in media hannopiù di 5 profili ciascuno.Mediamente i ragazzi si iscrivono a Face-book a 12 anni e mezzo (un anno in menodel 2015), dichiarando un’età superiore. La

ricerca racconta inoltre che la condivisionedi immagini e video di se stessi o degli altri,con riferimenti sessuali o in pose imbaraz-zanti, rappresenta purtroppo un’attivitàmolto diffusa tra i ragazzi. Più di 1 su 5 invia video o immagini intimedi se stesso a coetanei conosciuti in rete, oattiva la webcam per ottenere regali. Quat-tro su 10 , infine, inviano o postano imma-gini intime di loro conoscenti, più di 1 su3 invia o riceve messaggi con riferimentiespliciti al sesso, mentre 1 su 5invia adamici propri video o foto intime.

Sitografia:

http://www.generazioniconnesse.itcon il vademecum

http://osservatorio-cyberbullismo.blo-gautore.repubblica.itcon il dizionario dei pericoli 2.0

Lettura consigliata

Matteo LanciniAdolescenti navigati.Come sostenere la cre-scita dei nativi digitaliEditoreErickson

La città sabauda nel 2017 si confermeràtra le mete più gradite sia dal turismo ita-

liano sia dal movimento turistico estero.Così Torino, dopo essere stata segnalatanel 2016 dal New York Times, si di-stingue quest’anno nella Top 10 delledestinazioni selezionate questa voltada una rivista francese, Télérama. Ilcapoluogo piemontese, da sempre cosmopolitae secolare centro di cultura, possiede naturalie preziose qualità in una miscellanea d’arte,storia e ospitalità; caratteristiche che si ri-trovano nel brulichio dei portici, tra glieleganti palazzi dal regale aspetto.Oltre alle bellezze monumentali e ar-tistiche, la rivista francese sottolinea,però, come Torino sia oggi vera e pro-pria culla del movimento slow-food, pro-ponendola come vero paradiso per buongustaie tra le destinazione imperdibili dell’anno.Premettendo che la cucina regionale italiana-in generale- è fonte inestimabile di ricetteculinarie che rispecchiano il clima, il carattere,i costumi e in alcuni casi anche la configura-zione geografica delle varie regioni, il Piemonte

-in particolare- rappresenta il modo miglioredi accostarsi subito alla grandissima tradizione,dove non solo si mangia in modo eccellente,ma si beve anche ottimamente. D’altra parte,quando alla qualità, al pregio dei piatti edegli ingredienti si aggiunge il sostegno digrandi vini, la tavola diviene vera e propriaespressione di una civiltà, di una cultura,complete.E dove apprezzare tutto ciò se non inquelle che nel resto d’Italia si è solitichiamare osterie o locande, ma che aTorino sono dette “Piole”? In questitipici locali della tradizione gastronomicapiemontese e torinese, generalmente, vieneservito a prezzi contenuti del buon cibo evino, in atmosfere di una volta. Ma questacittà, oltre alla buona cucina, rappresentaun’ideale meta museale, in particolare colsuo Museo Egizio. Già nell’800 viaggiatori estudiosi lasciavano appunti di viaggio deltipo “la strada per Menfi e Tebe passa perTorino”.La rara collezione di antichità egizie sitrova presso il palazzo dell’Accademia

delle Scienze che custodisce sarcofaghi,mummie, papiri e gioielli; tutto di rarabellezza e inestimabile valore.Altra segnalazione merita, all’internodella maestosa Mole Antonelliana, ilMuseo Nazionale del Cinema “FondazioneMaria Adriana Prolo” uno dei più affascinantied importanti musei al mondo per la ricchezzadel patrimonio d’ambito cinematograficoche custodisce. Lampade magiche, cimelidei set più prestigiosi, costumi di scena euna sterminata collezione di manifesti, librie pellicole in costante aumento fanno diquesto luogo un tempio sacro dedicato alla“settima arte”, dove il film rappresenta l’es-senza del cinema.Così pensando di essere nell’edificio in mu-ratura più alto d’Europa -che la Mole Anto-nelliana identifica coi suoi 167metri d’altez-za- verrà d’approfittare dell’ascensore pa-noramico esistente, per ammirare lo straor-dinario punto di vita a 360 gradi dal cuoredella città, salutando Torino con lo spet-tacolare sfondo che l’anfiteatro delleAlpi rappresenta.

Il successoturisticodi Torinodi Massimo Quintiliani

Viaggi&Cultura

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CONVERSAZIONE CON LORENZA CARLASSARE LE NOSTREINTERVISTE

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Professoressa Carlassare, partiamo da questa premessa. La Scuolapubblica italiana sta cercando di sopravvivere all’approvazione

della legge107, avvenuta nel 2015. Sono cronache di due anni fa,ormai, eppure noi Docenti ancora non riusciamo ad

accettare, di questa legge, lo spirito, quella insommache ci sembra, e magari non lo è, una dismissione verae propria, da parte dello Stato Italiano, dell’Istruzione

Pubblica, rispetto al mandato costituzionale.Prima che uscissero dal ciclo della scuola dell’obbligoed entrassero nella loro comunità di cittadini, facevoimparare a memoria ai miei alunni il terzo e il quartoarticolo della nostra Costituzione perché lì, in quegli

articoli, mi pareva fosse condensato tutto ciò chebisogna sapere e fare per convivere in pace e

civilmente.Lei ha proprio ragione. La convivenza civile sembra basarsi

ormai su altri presupposti; e la Costituzione è stata messa inun angolo. Ho però la convinzione, che mi viene anche da al-cune ultime sentenze della Corte Costituzionale sui diritti so-

ciali, che le cose stiano cambiando. Queste sentenze misembrano molto interessanti, mi fanno sperare e rafforzano lamia convinzione che sia necessario arrivare alla Corte Costitu-

zionale e sottoporre al suo giudizio le leggi sulla Scuola. Lavolontà dei nostri politici viaggia sempre in una direzione inversa

a quella costituzionale. Non so quali siano gli interessi che li muovono,certamente non sono quelli che stanno alla base della nostra Costituzione. La

cultura, in particolare, è messa tutta in cantina.Dileggiata persino…i professoroni, i gufi…

All’inizio di questa conversazione, volevo ricordare un autore che spessomenziono, Giuseppe Compagnoni, -il primo professore di diritto costituzio-

nale, in Europa- che alla fine del ‘700 incitava il popolo allo studio della Co-stituzione; con le sue parole inizia un libro che ho scritto qualche tempo fa

(Nel segno della Costituzione. La nostra carta per il futuro, Feltrinelli, 2012 ):“l’ignoranza è l’appannaggio del popolo schiavo, la scienza, del

popolo libero”. È ancora così! Non c’è niente di nuovo.La convivenza, appunto, ha alla sua base la conoscenza, la cultura.Sì perché la democrazia senza la cultura non ha alcuna possibilitàdi funzionare, addirittura di esistere. La mancanza di riguardo dei no-

stri politici verso la scuola rispecchia, in definitiva,il loro disprezzoper la democrazia.

È molto dura quest’affermazione. Ho l’impressione però che ci siaanche molta superficialità, in quest’atteggiamento dei politici nei

confronti della Scuola. Anzi spero ci sia questo, la superficialità,perché altrimenti si tratta di qualcosa di molto grave…

Non solo, no, non c’è solo superficialità. C’è la convinzione che siamolto più facile governare un gregge ignorante che non cittadini

consapevoli.E allora queste scelte legislative danno l’impressione che si trattidi una forma non troppo velata di razzismo. Coloro che hanno un

ruolo sociale preminente riescono a garantire percorsi scolastici diqualità ai loro figli…degli altri lo Stato non si cura.

Lei mi porta però su un altro discorso, che è il discorso sulla distinzionefra la scuola pubblica e la scuola privata.

È una delle cose sulle quali pensavo dovessimo proprio parlare…

LA MANCANZA DI RIGUARDO DEI NOSTRIPOLITICI VERSO LA SCUOLA RISPECCHIA, IN

DEFINITIVA, IL LORO DISPREZZO PER LA DEMOCRAZIA

LORENZACARLASSARE È professore emerito di diritto costituzionale nell’Uni-versità di Padova, la stessa Università dove si è laureatae si è formata come studiosa.Allieva di Vezio Crisafulli,uno dei maggiori costituzionalisti italiani, dopo la liberadocenza in diritto costituzionale, ha vinto il concorso acattedra nella stessa materia e ha insegnato nelle Uni-versità di Verona, Ferrara e Padova. Ha diretto il Dipar-timento di diritto pubblico, internazionale e comunitariodell’Università di Padova dal1998, anno in cui è statocostituito, al 2003. È autrice di numerose opere sui principali temi del di-ritto costituzionale, in particolare:fonti del diritto, formadi governo, Presidente della Repubblica, Corte costitu-zionale,diritti e libertà dei cittadini,indipendenza dellaMagistratura,rappresentanza politica (con riferimentoanche alla parità dei sessi nell’accesso alle cariche elet-tive), pace e guerra.Tra le sue opere, due sono rivolte non solo agli studiosidella materia ma anche ad un pubblico più ampio: “Con-versazioni sulla Costituzione “( ed. Cedam, 2011), “Nelsegno della Costituzione, La nostra carta per il futuro”(ed. Feltrinelli, 2012) Ha pubblicato articoli sempre su temi strettamente co-stituzionalistici in diversi quotidiani: sul Sole 24 Ore esul Corriere della sera in passato più di recente sul FattoQuotidiano e qualche volta sul ManifestoÈ tra i fondatori (1985) dell’Associazione Italiana deiCostituzionalisti. Fa parte del Comitato scientifico di“Giurisprudenza costituzionale” e di “Costituzionali-smo.” È socia dell’Accademia Galileiana di ScienzeLettere ed Arti in Padova, dell’Accademia Olimpica diVicenza, dell’Accademia nazionale dei Lincei.Nel 2009 ha fondato la Scuola di cultura costituzionaledell’Università di Padova che tuttora dirige.È socia onoraria e membro del Consiglio di Presidenzadi Libertà e Giustizia.

La democrazia senza la cultura non ha alcuna possibilità di funzionare. C’è la convinzione che siamolto più facile governare un gregge ignorante che non cittadini consapevoli.

La libertà d’insegnamento è minacciata e questo è incostituzionale, lo èl’impostazione verticistica che concentra poteri nel “Preside”. E lo sono

anche gli spostamenti coatti degli insegnanti. Bisogna reagire: siamocittadini e non vogliamo ritornare ad essere sudditi

di Giorgio Quaggiotto

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Il suo discorso è appunto legato al tema scuola pubblica- scuola pri-vata. Le difficoltà sono aumentate da quando si messo in opera il

trucco di dire che anche la scuola privata è scuola pubblica. Ma la di-stinzione costituzionale è chiara. La Scuola pubblica è la Scuola

dello Stato. Le altre scuole godono di una completa libertà perché loStato non deve avere il monopolio della cultura e tutti devono poter

esprimere pensieri diversi, opinioni diverse, insegnamenti diversi.Per questo la scuola privata è libera e può essere riconosciuta, ma

“senza oneri per lo Stato” dice la Costituzione. Questa dizione chiarasi è cercato di aggirarla con artifici dialettici, che non giustificano i fi-

nanziamenti dati, in vario modo, a queste scuole. La Costituzione èchiara: “senza oneri per lo stato”.

Non può essere lo Stato a finanziarle.La scuola privata ha alcune caratteristiche non positive: in primo

luogo l’assenza di pluralismo. La scuola pubblica è frequentatada bambini e ragazzi di ogni estrazione sociale, di diverse culture e re-

ligioni mentre la scuola privata è scelta per il suo specifico orienta-mento, ed è dunque frequentata da ragazzi omogenei fra loro: non è

un luogo di incontro di esperienze diverse, di integrazione: non c’èpluralismo.

È una forma di autoselezione, di auto esclusione da una co-munità.

E questo non aiuta l’integrazione, non solo fra gruppi i diversi, ma ne-anche all’interno della medesima società. Non ci sono culture diverseche s’incontrano, non si confrontano discorsi e pensieri. Lo Stato nonpuò finanziarla, c’è un problema di allocazione delle risorse. La Co-

stituzione indica chiaramente le esigenze che lo Stato devesoddisfare: può soddisfarne altre senza sottrarre risorse alleprime. Ma ci sono anche casi in cui la Costituzione vieta ogni finan-

ziamento: finanziare le scuole private, è espressamente vietato.L’unico modo è cercare di reagire sul piano processuale. I Giudici della

Corte Costituzionale sono aperti e sensibili a questi argomenti. Resta inoltre un altro importante aspetto da sottolineare:

nella Scuola Pubblica vi è libertà d’insegnamento, nellascuola privata no, perfino all’Università. Famoso è stato il caso

del prof. Cordero che ha dovuto lasciare l’Università cattolica; in si-mile ipotesi non ci sono difese giuridiche. Se una scuola è privata

e ha un preciso indirizzo, quell’indirizzo è vincolante per iDocenti. Se non lo fosse, verrebbe meno la specificità dellascuola. Garantita dalla Costituzione è la libertà dei privati di crearescuole di differenti orientamenti culturali, religiosi o altro, ma poiché

in quelle scuole non ci può essere libertà d’insegnamento lo Statonon può finanziarle (invece lo fa). Il rischio, per la stessa società, è

sempre la mancanza di pluralismo: si crea un pensiero unico, unaprospettiva settoriale. Chi esige fondi per le scuole cattoliche, do-vrebbe pensare che, allo stesso titolo, le stesse richieste possono pro-

venire dalle scuole islamiche o di altre confessioni. Il rischio diseparazioni sociali mi pare assai grave.

Quando ho cominciato a insegnare, i programmi della scuoladell’obbligo erano quelli dell’on. Brocca e in essi, in pre-

messa, si diceva che fine della Scuola era formare l’uomo eil cittadino. Mi sembra che questo sia lo spirito della Costi-

tuzione. Dopo è arrivata la riforma della ministra Moratti, lalente d’ingrandimento è stata spostata sull’individuo che sideve realizzare attraverso la Scuola e l’istruzione, piuttosto

che sulla comunità che si deve formare. Come se l’enfasifosse posta sul ruolo della Scuola che deve limitarsi a per-

mettere la realizzazione di sé di questi bambini. I bambini devono formarsi, soprattutto attraverso la Scuola. Qui si

tocca un punto molto delicato: la libertà di coscienza che è un dirittofondamentale. E per la formazione della coscienza la Scuola è puntonodale. Se non si fornisce un orizzonte ampio a chi sta crescendo, la

sua coscienza si forma in modo chiuso, unilaterale, distorto.Sono molto rassicurato da quanto dice, riguardo alla forma-

zione della coscienza, perché spesso a sentir parlare diScuola da chi vi legifera ora, sembra che questi siano un

vecchio armamentario di concetti, se non sbagliati, almenoda superare.

In un certo senso è anche difficile considerare la scuola pri-vata una scuola di élites, visto come selezionano e pagano

gli insegnanti: sembra talvolta uno sfruttamento del lavoro,con la sempre incombente minaccia del licenziamento. E in più manca

la libertà d’insegnamento, che scuola d’élite può essere? Non è più tanto facile ora però parlare di libertà d’insegna-mento, nemmeno nella Scuola pubblica, analizzando con at-

tenzione le grandi innovazioni por-tate dalla legge 107.

È proprio vero, mi sembra però che, il puntopiù pericoloso, il potere del Preside, sia stato

attenuato No, non è assolutamente vero. Le deleghe per

l’attuazione della 107, proseguono nel solco dellescelte fatte al tempo della stesura e approvazione della

legge.. E tornando ai poteri del Dirigente scolastico, chi de-cide, chi fa il piano delle attività, sceglie gli insegnanti da

mandare in classe nella sua scuola, e cioè sceglie quelli chesecondo lui sono i “bravi”…è ancora lui, li sceglie e li premia.

Sono quindi scelte discrezionali senza nessun controllo. E noi pensavamo che quando la Costituzione dice: “l’arte e

la scienza sono libere……e libero ne è l’insegnamento”, appunto. La libertà d’insegnamento

allora è minacciata e questo è incostituzionale, lo è l’impostazioneverticistica, che concentra poteri nel “Preside”. E lo sono anche gli

spostamenti coatti degli insegnanti: violano i diritti della famiglia, del-l’infanzia e della maternità, che nella nostra Costituzione sono forte-

mente tutelati. Non è ammissibile costringere una persona a nonvivere nella sua famiglia. Se poi ci sono bambini piccoli, a chi li af-

fida? Deve rinunciare. Violata è la dignità umana, un principio fonda-mentale. Ora, mi pare però ci sia stata una correzione a tutto questo e

che possono ripartire.Non di ripartire, ma di chiedere di ripartire! Con le nuove

norme, le graduatorie permettono, sì, al Docente di entrarein ruolo, ma non gli permettono di scegliere la sede, in cui

andare a insegnare. Il Docente è messo in ruolo e sistematoin un grande contenitore che chiamano “ambito” e da lì

verrà scelto da un Dirigente, a sua discrezione per realizzareil suo progetto di Scuola. Come se la Scuola fosse proprietà

del Dirigente! Questa è una situazione insostenibile, perché va contro gli interessidegli alunni. Una mamma si lamentava perché, dall’inizio dell’anno,suo figlio alle elementari ha cambiato sei insegnanti di matematica.

Ma non doveva questa riforma risolvere il problema delle troppe sup-plenze? Il danno per gli insegnanti è pesantissimo anche sul piano

economico. Infatti così, la retribuzione, che -dice la Costituzione- devegarantire la dignità del lavoratore, non la garantisce affatto. L’articolo

36 della Costituzione è violato. Vari provvedimenti recenti sono illegit-timi, quello sulla Scuola è uno dei più gravi perché incide anche sulla

società, oggi e per gli anni futuri. E va rimosso. Spero che voi riusciatea fare qualcosa.

In questa situazione noi abbiamo bisogno soprattutto del-l’aiuto che possono darci persone riconosciute, come lei. Ve-niamo da uno smacco molto pesante. Come saprà, abbiamo

provato a raccogliere le 500.000 firme per mettere a refe-rendum i punti più deleteri della legge 107 e non ci siamo

riusciti. Per poco, ma non ce l’abbiamo fatta. Rivolgersi alla Corte costituzionale per far annullare le leggi non è un

percorso impossibile! Come Sindacato si va da un avvocato e si fauna causa anche collettiva in cui alcuni Insegnanti lamentano che la

loro vita e le loro retribuzioni non sono dignitose, che è a rischio lastessa libertà d’insegnamento.

Sì, abbiamo bisogno di un’azione forte che serva di richiamosulla nostra professione. Finora insegnare è sempre stata

una professione intellettuale, adesso si chiede all’Inse-gnante di svolgere il suo compito come prestatore d’opera

generico alle dipendenze di un capo.Da qui passa la dignità della Scuola. Non si può tollerarne la perditadi valore. La Costituzione parla in moltissimi articoli della Scuola, sia

come obbligo dello Stato di provvedere all’istruzione, sia come dirittoallo studio, sia come libertà d’insegnamento; è stato uno degli inte-

ressi primari dei Costituenti. Si sono dette tante cose e tante se ne dicono, ma la mobi-lità, perché così si chiama burocraticamente quello che leichiama la possibilità di ritorno a casa, è fatta per scelta di“ambiti”, non per scelta della scuola specifica di titolarità.C’è sempre un Dirigente scolastico che a sua discrezione, tisceglierà per averti nella sua squadra, oppure ti vieterà di

farne parte. Questo principio fondamentale della legge 107non è stato cambiato.

Bisogna reagire: siamo cittadini e non vogliamo ritornaread essere sudditi.

LE NOSTREINTERVISTE

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QUESTA PAGINA OSPITA UN CONTRIBUTO DEL CIPUR, CHE VOLENTIERI PUBBLICHIAMO

La formazione permanente nell’era del-l’automazione assume sempre più impor-

tanza. Per i Docenti, che anche in Italiastanno affrontando o stanno per confron-tarsi con il problema, riportiamo alcuni pun-ti da un rapporto speciale di The Economistnel fascicolo 14-20 gennaio 2017, dal tito-lo: Apprendere durante tutta la vita,come sopravvivere nell’epoca dell’au-tomazione.L’insieme di istruzione e innovazione degliultimi decenni ha portato un notevole au-mento di prosperità. Robotica e intelligenzaartificiale prefigurano oggi un’altra rivolu-zione dell’istruzione: quella di base acquisi-ta non basta più, nel corso della carrieraserviranno nuove competenze. Aggiorna-menti a spese della collettività rischianod’essere uno spreco, ma l’industria può in-dicare le competenze che vuole e collabora-re con i corsi aperti online su larga scala(MOOC) e con le università per progettare icorsi che le forniscono. Il manifatturiero avanzato offre ottimi po-sti di lavoro, ma sono quelli del futuro: ri-chiedono abilità e adattabilità, cambieran-no durante la vita, non offriranno più l’oc-cupazione di massa del passato. Una mi-gliore educazione dà più probabilità di tro-vare lavoro, ma non è detto che sarà gra-devole; chi non è mai stato in università èa rischio d’essere estromesso: questo dico-no i tecno pessimisti.C’è un’altra visione meno apocalittica; l’oc-cupazione è cresciuta di più nei lavori cheusano il computer, rispetto a quelli in cuinon si usano: l’automazione tende acolpire delle attività all’interno di unaprofessione, non ad eliminare del tut-to i posti di lavoro. La crescita d’occupazione e retribuzioni èstata più veloce dove erano richieste abilitàsociali; il cui valore principale è nel rapportotra colleghi: le persone che si dividono icompiti in modo rapido ed efficace formanole squadre più produttive.La competenza specifica dovrebbe essereacquisita sul posto di lavoro, ma le aziendesono poco disposte ad investire in formazio-ne dei loro dipendenti nel momento in cuipossono avere il lavoro svolto con automa-zione e delocalizzazione, l’utilizzo di lavora-tori autonomi e crowdsourcing. Se alcuneesitano perché il personale potrebbe lasciar-le per passare ai concorrenti, c’è chi haun’altra visione: meglio formarlo e che poiaccettare che lasci piuttosto che non forma-re e doverselo tenere.La quantità di persone dei primi corsi

MOOC sembrava suggerire che erano dispo-nibili modelli completamente nuovi. Oggi gliscettici superano chi ci crede: si iscrivono inmolti, ma i tassi d’abbandono sono altissi-mi. Ma nei corsi a pagamento, i tassi dicompletamento passano dal 10% al 60%,quindi i nuovi MOOC funzionano e stannorisolvendo i due problemi della formazionepermanente.Il primo è il costo d’apprendimento, indenaro, ed in tempo. Milioni di persone ge-stiscono la formazione permanente a tempoparziale o a distanza, ma tenere in equili-brio corsi, lavoro e vita familiare può causa-re enormi pressioni.Inoltre, il mondo del lavoro richiede semprepiù una risposta rapida per avere personecon le qualifiche desiderate. I MOOC rispon-dono con il loro contenuto sempre più fles-sibile, le lauree sono suddivise in moduli, imoduli in corsi, i corsi in segmenti brevi.Come risponderanno le università? Lalaurea residenziale è accettata come espe-rienza d’alto livello, ma esiste un’altra rispo-sta che è più insegnamento online: quandoGeorgia Tech ha deciso di offrire dei suoimaster online a basso costo, si è obiettatoche si rischiava di cannibalizzare la laureatradizionale. Tuttavia questa ha continuatoa reclutare studenti sui 20 anni, quella onli-ne ha attirato persone con un’età media di34 anni, che non hanno lasciato il posto dilavoro. In ogni caso, non è chiaro fino a che puntoe quanto velocemente le università andran-no in questa direzione. A parte i costi, il secondo problemada risolvere per i MOOC sono le cre-denziali. I mercati del lavoro moderni hannobisogno di segnali chiari su esperienza ecompetenza, come una laurea o un diplo-ma. I MOOC danno microcredenziali. Lepersone sono più propense ad investire informazione, se ottengono una qualifica rico-nosciuta e se sono note le competenze ri-chieste. Ma i datori di lavoro devono esseresicuri che il contenuto di queste credenzialisia reale: ci vuole la giusta quantità di di-saccordo, abbastanza per essere attendibili,ma non tanto da bloccare gli sviluppi di car-riera. Qualunque sia l’origine del contenuto,per l’attendibilità è necessaria una valuta-zione corretta. Il docente può farla quandogli studenti sono pochi, ma nei MOOC i nu-meri gliela rendono impossibile. L’automa-zione aiuta, ma non per compiti e ar-gomenti complessi. Si tratta di una con-valida da parte di un provider riconosciuto,ma se usa degli esperti per valutare solleva

di nuovo la questione delle credenziali diquesti esperti. Le grandi aziende possono avere la dimen-sione per offrire ai propri dipendenti percor-si interni per migliorarne le competenze. Mamolti di loro hanno bisogno d’aiuto per de-cidere quali percorsi prendere. Qualsiasi ri-sposta dovrà mettere insieme individui, da-tori di lavoro e fornitori di formazione, il chesuggerisce un ruolo per due entità.Una sono i sindacati: hanno una visioneestesa all’intero settore di tendenze non in-dividuabili da piccoli datori di lavoro. La seconda è il governo: si parla moltodi formazione permanente, ma pochi paesi-la Scandinavia e Singapore- la stanno fa-cendo Le incertezze sulla velocità e la porta-ta del cambiamento tecnologico sono enor-mi. Fuori dubbio è la necessità di nuove tec-nologie, che faranno diventare più efficace epiù necessario l’apprendimento e colleghe-ranno le persone di differenti livelli di cono-scenza, consentendo insegnamento e tuto-raggio peer-to-peer. Per ora questo sistema nascente sembraconcentrato sulle competenze tecnologicheavanzate, che offrono i rendimenti più chiarie sono relativamente facili da misurare. Mail presupposto è che le persone abbiano isoldi, il tempo, la motivazione e le compe-tenze di base per riqualificarsi.

*Il CIPUR (Coordinamento Inter-sedi Professori Universitari diRuolo) è un’associazione culturalee sindacale di professori universitaridi ruolo e fuori ruolo, di docenti uni-versitari e di quanti svolgono un ruolodi supporto alle attività accademichedi ricerca scientifica e didattica e co-stituisce la maggiore forza rappresen-tativa dei docenti universitari italiani,delle varie fasce. L’associazione è pre-sente in tutti gli atenei italiani con lesue sedi o con i suoi iscritti, i qualirappresentano oltre un terzo del totaledei docenti iscritti ad una qualche as-sociazione sindacale universitaria.Il CIPUR si adopera affinché venganostabilite norme in grado di assicurare,negli atenei italiani, un elevato livelloqualitativo sia nella didattica che nellaricerca. Il presidente nazionale dell’as-sociazione è la prof.ssa Rosa DanielaGrembiale.

www.cipur.it

di Paolo Manzini

FORMAZIONEPERMANENTE NELL'ERADELL'AUTOMAZIONE

PAGINA A CURA DELCIPUR

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di Antonio Antonazzo e Maurizio Berni

LEGGE 107/2015- DELEGA SULLA FORMAZIONE INIZIALE TEATRODELLE IDEESCHEMA DI DECRETO SU

FORMAZIONE INIZIALE EACCESSO AL RUOLO DOCENTE:RIFLESSIONI A MARGINE

Tra le varie deleghe della legge 107ce n’è una che ci preme particolar-

mente, perché va al cuore della pro-fessionalità docente, la cui tutela è ilfine principale della nostra Associa-zione. Per questo dedichiamo all’argo-mento più contributi, che approfondiscono idiversi aspetti della complessa operazioneche va dalla formazione iniziale all’accessoai ruoli. Sottolineiamo che qui si trattaesclusivamente dei docenti della scuola se-condaria. Non entriamo nel merito dellafase transitoria, trattata in altri contributi.Accenniamo solo al fatto che, per quel cheriguarda la fase transitoria, nelle propostedi modifica licenziate dalle commissioniparlamentari si riscontra una maggiore ra-gionevolezza rispetto alla proposta origina-ria dello schema di decreto.In questo contributo approfondiremoin particolare tre aspetti, nell’ordinetemporale inverso, ovvero la natura dellaspecializzazione, la struttura del con-corso per accedervi, i titoli dell’area psi-copedagogica necessari per l’accesso alconcorso; in questo modo si dimostra la ne-cessità di certe premesse a partire dai risul-tati attesi.

1. Specializzarsi per l’insegna-mento: integrazione o sequen-zialità?Una delle critiche ormai condivise del mo-dello di insegnamento del sapere accade-mico e della sua scarsa spendibilità nelmondo del lavoro consiste nel mettere indiscussione il modello sequenziale, se-condo cui prima si fornisce la teoria, suddi-visa nelle diverse discipline, esuccessivamente la si ricompone nell’appli-cazione alla pratica lavorativa. Ma è fruttodi una cultura riduzionista ormai sorpassataritenere che il tutto sia somma delle parti.L’esperienza decennale della scuola di spe-cializzazione per l’insegnamento seconda-rio, così come quella ormai quasiventennale della scuola di formazione pri-maria, e di tutte le scuole di specializza-zione postlaurea, nonché dei dottorati diricerca, mostra la maggiore efficaciadell’integrazione delle competenze eil loro potenziamento quando esse sisviluppano intorno alla pratica pro-fessionale.

La stessa didattica per competenze che siintroduce a tutti i livelli scolari sconfessa ilmodello sequenziale teoria - applicazioni:occorre partire da un “compito di realtà”, ecostruire le conoscenze e competenze ne-cessarie ad affrontarlo.In questa prospettiva, non è pensabile cheil mondo della scuola e dell’università inter-pretino i loro ruoli in termini di giustappo-sizione temporale: prima l’università,chiusa in se stessa, e poi la scuola, dinuovo chiusa in se stessa. Occorreun’osmosi, uno stimolo all’università ad oc-cuparsi anche di ricerca didattica, per ren-dere più efficace anche il proprioinsegnamento, non solo quello della scuola,e uno stimolo al mondo della scuola a indi-viduare e formare figure tutoriali che si la-scino contaminare dalla metodologia dellaricerca, e che a loro volta contaminino tuttol’ambiente scolastico, in modo tale da rea-lizzare quell’articolo 6 del DPR 275 ancoraoggi quasi del tutto disatteso, ovvero l’au-tonomia di ricerca. Per questo è assolu-tamente necessario ribadire che il“tutor universitario” altro non deveessere che un docente in servizionella scuola, in regime di semieso-nero, utilizzato presso le università,previo concorso, in continuità e coe-renza con le funzioni svolte nelle SSISdai supervisori di tirocinio, nei TFAdai tutor coordinatori, e, attual-mente, nei corsi di laurea in scienzedella formazione primaria.

2. Il concorso: scelta olistica oriduzionista?Se la parola chiave deve essere integra-zione delle competenze, non è pensabileche un concorso- in cui si giustappongonoprove a carattere puramente disciplinare aduna prova di conoscenze psicopedagogichegenerali e non applicate alla disciplina-possa essere funzionale allo scopo di indivi-duare i soggetti maggiormente predispostialla professione docente. Lo schema di de-creto prevede infatti due prove scritte, unaa carattere monodisciplinare e una di psico-pedagogia, seguite da una prova orale sututte le discipline della classe di concorso diriferimento.Non si richiede al candidato nessuna provadella capacità di utilizzare le conoscenze

psicopedagogiche nel rilevare gli aspetti di-dattici delle discipline e nel formulare ipo-tesi di lavoro. Si può pensare che sia troppopresto. Lo è (e lo sarà anche successiva-mente, temiamo) finché l’insegnamentoproposto seguirà l’impostazione accade-mica, specialistica e sequenziale; non losarà se si persegue una didattica, già daicorsi di laurea, che integra la struttura spe-cialistica della disciplina, che deve comun-que essere posseduta, coi suoi aspettistorico-espistemologici, i quali richiamanonaturalmente strategie didattiche. Quandoa tutto questo si integrano le prime cono-scenze in ambito psicopedagogico, il do-cente in formazione possiede certamente lecompetenze iniziali per formulare delle ipo-tesi di lavoro, ed elaborare un primo “bilan-cio delle competenze” con cui si potrannopersonalizzare i percorsi della specializza-zione. Sarebbe stato quindi opportunoeliminare la seconda prova scritta, la-sciare la prima prova scritta a carat-tere puramente disciplinare, eintegrare il colloquio con una discus-sione degli aspetti didattici dellaprova scritta in cui il candidato dimo-stri non solo di possedere i contenuti,ma di saper applicare le competenzefornite dai 24 CFU dell’area psicope-dagogica e didattica.

3. Area antropo-psicopedago-gica e delle metodologie e tec-nologie didattiche:giustapposizione di saperi ac-cademici o strumento per inte-grare conoscenze disciplinari ecompetenze didattiche?In quest’ottica, è evidente che i 24 CFUdell’area psicopedagogica e didattica de-vono avere una distribuzione tale da favorirel’integrazione delle conoscenze disciplinaricon la capacità di insegnarle efficacemente;per questo riteniamo che la distribu-zione ottimale sia quella di equilibraregli aspetti specialistici e generali dellapedagogia con la didattica applicataalle discipline. Auspichiamo anche chequesto avvenga con una sempre maggioreintegrazione di questi CFU nei piani di studiodei corsi di laurea, in modo da non aggra-vare e rallentare il percorso accademico dichi vuol insegnare.

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La lettera che 600 docenti universitari epersonalità della cultura italiana (raccolti

intorno al Gruppo di Firenze*) hanno inviatoal Governo italiano a febbraio 2017- per chie-dere interventi urgenti ed efficaci al fine di colmareil grave ritardo delle nuove generazioni nella cono-scenza della lingua italiana e delle sue regole(grammatica, sintassi e lessico)- ha il merito diaver posto nuovamente l’attenzione dell’opi-nione pubblica su questo problema, che è divitale importanza per il futuro del paese.Le difficoltà di un numero sempre maggiore di stu-denti nella lingua italiana sono ben conosciute daidocenti che quotidianamente si spendono per inse-gnare l’uso corretto dello strumento linguistico, no-nostante le contraddittorie indicazioni che proven-gono dal Ministero e dalla pedagogia imperante ne-gli ultimi trent’anni (segnalo l’interessante articolodi Claudio Giunta “Saper scrivere è così importan-te?” su Il Sole24ore del 12 febbraio 2017).Nella pratica sportiva, è universalmente riconosciutoche consegue il meritato successo chi ne conosce epratica al meglio, grazie ad un esercizio assiduoe abituale, i “fondamentali”. Allo stesso modonon occorre essere insegnanti da “Teacher Prize”per sapere che lo studente- per imparare ad usarelo strumento linguistico- deve conoscere alla perfe-zione le “fondamentali regole del gioco” pra-ticandole con una consuetudine quotidiana. Le “regole del gioco”, se le metodologie possonoessere le più diverse, sono sempre la grammatica, lasintassi e il lessico che consentono a chi le possiededi comprendere appieno i messaggi e le informazio-ni verbali attraverso l’ascolto e la lettura e di comu-nicare attraverso il parlato e lo scritto.Come è ben dimostrato in altri articoli diquesto numero di Professione Docente, le re-gole della lingua non sono mai fine a se stesse, oun “capriccio” di insegnanti”noiosamente zelanti”,ma i fondamentali indispensabili per esercitare lefacoltà del pensare e dell’approfondire. La cono-scenza e l’utilizzo di questi strumenti fanno di unostudente un cittadino libero, infatti solo la cor-retta e profonda conoscenza della linguapermette ad ognuno di noi di esercitare sia idiritti sia i doveri che la Costituzione ha po-sto alla base della nostra convivenza attra-verso la partecipazione consapevole alla“res publica”.In alcuni dibattiti piuttosto superficiali di una certastampa e televisione sono stati accusati gli in-segnanti del degrado delle conoscenze lin-guistiche degli studenti. Per questo è bene sot-tolineare che una lettura attenta della lettera dei600 rivela che le intenzioni dei promotori e dei fir-matari di questa lettera sono quelle di far rifletteretutti gli attori del sistema d’istruzione e l’intera so-

cietà sulla questione ( e non di colpevolizzare i do-centi) al fine di individuare delle soluzioni per intro-durre correttivi che migliorino la situazione.Come è evidente, quindi, la questione delleregole della lingua non è un argomento chepuò riguardare solo la scuola o gli insegnan-ti o, quod Deus advertat, essere affidata ai pedago-gisti, ma è un tema che interessa tutta la so-cietà, della quale la scuola è un’importanteistituzione.Se da una parte la scuola, come sistema, Deve chie-dersi se le scelte didattiche e pedagogiche impostedai ministri che si sono succeduti negli ultimi anni e,forse, troppo arrendevolmente seguite da una partedei docenti, abbiano influito sul degrado delleconoscenze linguistiche degli studenti; allo

stesso modo l’intera società si deve chiedere se tutticoloro che, al di fuori dell’orario scolastico interagi-scono con i nostri giovani, in particolare genitori emondo della comunicazione, supportino e potenzinol’attività linguistica che fa la scuola o la distruggano.In questo senso, posto che dalla scuola sideve pretendere che un giovane acquisisca ifondamentali della lingua, ci si dovrebbechiedere se ascoltando e parlando con i ge-nitori e gli adulti in generale, leggendo ungiornale, guardando la televisione, navigan-do sul web e sui social quel giovane esercitiquotidianamente questi “fondamentali” in-contrando esempi di utilizzo corretto dellalingua oppure venga diseducato da esempidi un uso approssimativo delle regole gram-maticali e del lessico.Non occorre essere premi nobel per la letteraturaper rilevare che l’aumento delle informazioni e, so-prattutto, la velocità con la quale vengono confezio-nate e offerte al pubblico (in ossequio al motto: “iltempo è denaro”) vada a scapito della correttezza eprecisione dello strumento linguistico.Quotidianamente, anche in famiglia e nei luoghidella socialità, non solo sui mass-media, i giovani,e gli adulti, incontrano e si scontrano con una co-municazione non strutturata. Comunicazioneche elegge questa destrutturazione a valo-re, sostenendo la naturalità alogica e nonformalizzata dell’espressione libera. Teoriaquesta che se utilizzata da un autore premio nobelper la letteratura ha una sua validità (gli specialistidella lingua conoscono alla perfezione i fondamen-tali, vale lo stesso per tutte le altre arti) ma che seviene adoperata per uno studente in formazione hacome conseguenza il venir meno di un “allenamen-to” nei “fondamentali assiduo e costante”. Anzi ilripetersi di errori grossolani (e spesso divere e proprie volgarità) e la loro giustifica-zione sia in famiglia sia nella vita pubblicadistrugge il faticoso lavoro di acquisizionedei “fondamentali” fatto dagli insegnanti edalla scuola.Intervenire e cambiare per permettere ad ognuno dipossedere gli strumenti necessari a capire e comu-nicare correttamente è una necessità per chi credeche la libertà di ogni individuo si realizzi con la pos-sibilità di scegliere consapevolmente tra opzioni di-verse. Nell’attuale contesto culturale ed economiconon sarà un lavoro facile né immediato riportare avalore i “fondamentali” della lingua come base percomprendere la realtà nella quale viviamo, per que-sto si deve diffidare da chi propone ricette semplici-stiche (si veda l’articolo su questo numero di Pro-fessione Docente sul nuovo corso dell’istruzione ne-gli USA), ma è una battaglia necessaria per chi cre-de in un mondo di donne libere e uomini liberi.

OFFICINAGILDA

di Gianluigi Dotti

*CONTRO IL DECLINO DELL’ITALIANOA SCUOLA - LETTERA APERTA DI 600DOCENTI UNIVERSITARI

Al Presidente del ConsiglioAlla Ministra dell’Istruzione

Al ParlamentoÈ chiaro ormai da molti anni che alla fine delpercorso scolastico troppi ragazzi scrivono male initaliano, leggono poco e faticano a esprimersi oral-mente. Da tempo i docenti universitari denuncianole carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica,sintassi, lessico), con errori appena tollerabili interza elementare. Nel tentativo di porvi rimedio,alcuni atenei hanno persino attivato corsi di recuperodi lingua italiana. A fronte di una situazione cosìpreoccupante il governo del sistema scolastico nonreagisce in modo appropriato, anche perché il temadella correttezza ortografica e grammaticale è statoa lungo svalutato sul piano didattico più o meno datutti i governi. Ci sono alcune importanti iniziativerivolte all’aggiornamento degli insegnanti, ma nonsi vede una volontà politica adeguata alla gravitàdel problema.Abbiamo invece bisogno di una scuola davveroesigente nel controllo degli apprendimentioltre che più efficace nella didattica, altrimentiné il generoso impegno di tanti validissimi insegnantiné l’acquisizione di nuove metodologie sarannosufficienti. Dobbiamo dunque porci come obiettivourgente il raggiungimento, al termine delprimo ciclo, di un sufficiente possesso deglistrumenti linguistici di base da parte dellagrande maggioranza degli studenti. […] Il testo completo della lettera e le firme si trovanonel blog del gruppo di Firenze http://gruppodifi-renze.blogspot.it/2017/02/contro-il-declino-dellitaliano-scuola.html

sabato 4 febbraio 2017

Viviamo in una comunicazione che elegge la destrutturazione linguistica a valore, sostenendo la naturalità alogica enon formalizzata dell’espressione libera. Anzi il ripetersi di errori grossolani (e spesso di vere e proprie volgarità) ela loro giustificazione sia in famiglia sia nella vita pubblica distrugge il faticoso lavoro di acquisizione dei “fonda-mentali” fatto dagli insegnanti e dalla scuola.

CONTRO IL DECLINO DELL'ITALIANO

Nella lettera dei 600*

un tema di vitaleimportanza per il Paese

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LE NOSTREINTERVISTE

Se per un punto Martin perse la cappa, per una virgola una ditta di autotrasporti del Maine ha perso una grossa causa contro deipropri autisti ed è stata condannata a pagare loro una serie di straordinari. “La vicenda della Oakhurts, riportata da Daniel Victor sulNew York Times del 16 marzo scorso (Lack of Oxford comma costs Maine company millions in overtime dispute) è la seguente: nel2014 tre autotrasportatori della compagnia hanno promosso una class action per vedersi riconosciuto il sovraprezzo di tre anni distraordinari, per i quali la legge del Maine prescrive un salario orario maggiorato del 50% rispetto a quello base, ma che la Oakhurtsaveva negato appellandosi alle eccezioni previste dalla medesima norma, che riguardano gli addetti ai processi di “lavorazione, con-servazione, congelamento, essiccamento, immagazzinamento, inscatolamento per spedizione o distribuzione di prodotti agricoli, carnee pesce, e cibo deperibile”. Ma per il tribunale l’ultima ipotesi, o distribuzione, in quanto non preceduta da virgola, è interpretabilecome in alternativa alla spedizione come precisazione della finalità dell’inscatolamento (in analisi logica, un complemento di fine co-ordinato al precedente), e non all’intera serie delle suddette mansioni, per cui l’esenzione dell’aumento orario di salario straordinarionon è applicabile ai camionisti ricorrenti, che lavorano alla sola distribuzione, e non all’inscatolamento a quella finalizzato: da qui lacondanna per l’azienda a pagare l’ingente somma.”Attilio Motta, Una virgola da 10 milioni di dollari, in http://www.unipd.it/ilbo/virgola-10-milioni-dollari.Una istruttiva sentenza su cui sarebbe bene riflettere, anche in relazione alla nostra bistrattata lingua.

Abbiamo chiesto al professor Emilio Pasquini, emerito di Lettera-tura italiana presso l’Università degli Studi di Bologna, un pareresulla questione della punteggiatura e sulla sua rilevanza nellalingua parlata e nella scrittura letteraria in Italia.

Se ho capito bene il senso dell’articolo comparso sul “Times”, la presenza omeno di questa “virgola di Oxford” riguarda le modalità dell’elencazione diuna serie di attività lavorative o di prodotti commerciali, e non ha quindialcun rilievo sul piano della lingua comune, meno ancora su quello dellascrittura letteraria, dove quel tipo di virgola non sembra creare ambiguità.Altra cosa è il discorso generale sull’importanza della punteggia-tura nella resa dei testi, che si tratti di una lettera, di un articolodi giornale o di un romanzo. Ci si potrebbe anche richiamare allepagine teoriche di un maestro della produzione teatrale comeKonstantin Stanislavskij, il quale nel volume Il lavoro dell’attoresu se stesso pone una netta distinzione fra le pause logiche (che sono quelle indicate dalla normalepunteggiatura) e le pause psicologiche, affidate invece alla maestria interpretativa dell’esecutoredi un testo. In ogni caso nel sapere adoperare bene la propria lingua l’interpunzione resta un ele-mento essenziale. Ricordo che in certe Facoltà di Lettere prima del ’68 si usava proporre (come prova prelimi-nare allo scritto di Italiano) una serie di periodi di grandi scrittori (da Guicciardini a Manzoni, da Leopardi aD’Annunzio) privi totalmente di punteggiatura, chiedendo agli studenti di introdurla correttamente. Oggi, debbopurtroppo rammaricarmi del fatto che si fa strada progressivamente una sempre minore compe-tenza nell’uso della punteggiatura. I più giovani spesso la ignorano o la usano a caso senza capire la diffe-renza fra la pausa brevissima segnalata con la virgola, quella più intensa contraddistinta dal punto e virgola equella radicale affidata al punto fermo. C’è da dire che nella nostra lingua non esistono regole così cogenti come quella che ha determi-nato la sentenza riportata dal Times. Se io scrivo, come potrebbe capitare a un giovane d’oggi (ormai lontanodalle sfumature del congiuntivo e propenso ad adoperare la virgola a casaccio), «Ritengo, che è ingenuo, chisi illude di ottenere risultati, senza un minimo di impegno», non impedisco la comunicazione, inquanto la sostanza del messaggio arriva al destinatario nonostante le virgole abusive e la rinuncia al congiuntivo.Diversa è la questione della scrittura letteraria .Vorrei citare almeno un esempio, tratto dal nostro massimo scrit-tore, il Dante della Commedia, entro il cerchio dei traditori Nel canto XXXIII dell’Inferno il protagonista, Ugolinodella Gherardesca, si rivolge così a Dante personaggio, curioso di apprendere le ragioni dell’odio ancora nutrito neiconfronti dell’arcivescovo Ruggieri, di cui egli rode eternamente il capo: «Che per l’effetto de’ suo’ mai pensieri, /fidandomi di lui, io fossi preso / e poscia morto, dir non è mestieri…». Non gli interessa, cioè, fermarsi ai fatti noti a tutti, ma puntasubito sull’orrore di quella morte per fame inflitta anche ai quattro innocenti chiusi con lui nella torre pisana: «però quel che non puoiaver inteso, / cioè come la morte mia fu cruda, / udirai, e saprai s’e’ m’ha offeso». Così leggono tutti i testi correnti del poema dante-sco; ma sembra assurdo che la cosa più importante, del tutto ignota ai vivi, sia introdotta quasi per parentesi, aperta da una congiun-zione (cioè) che per giunta risulta assente nella Commedia, mentre ricorre con alta frequenza nelle opere dantesche in prosa, Vitanova e Convivio. Dunque, l’interpunzione andrà così modificata: «però quel che non puoi aver inteso / ciò è come la mortemia fu cruda: / udirai e saprai s’e’ m’ha offeso». Dove si evita la prolessi del complemento oggetto rispetto al verbo della principale(udirai), si mette in rilievo il parallelismo fra i due futuri, e soprattutto con i due punti dopo cruda si introduce una fortissima pausapsicologica più ancora che logica. Come chiosa finale ricordiamo che non sussiste ombra di difficoltà nel mutare la punteggiatura diun testo, come la Commedia, che ci è giunto attraverso la testimonianza di oltre 800 manoscritti totalmente privi di ogni forma di in-terpunzione: che è poi la condizione normale di tutti i testi anteriori all’invenzione della stampa. Infine, ho condiviso l’appello dei 600 docenti universitari e l’ho firmato, così come firmerei qualsiasi appello chesegnalasse la perdita progressiva della competenza linguistica in ogni ordine di scuola: sia sul piano del lessico siasoprattutto sul piano della sintassi.Ma già era tutto chiaro grazie all’intervento di Raffaele Simone, La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo (Bari, Laterza, 2000).

*Si ringrazia Fabrizio Tonello per la segnalazione

LA PICCOLA VIRGOLAFA GIUSTIZIA

di Renza Bertuzzi (ha collaborato Camilla Dotti)*

EMILIOPASQUINI

Emilio Pasquini è professoreemerito presso l'Alma Mater Stu-diorum - Università degli Studidi Bologna, dove ha tenuto l'in-segnamento di Letteratura ita-liana. Allievo di RaffaeleSpongano, di Umberto Bosco edi Gianfranco Contini, è fra imaggiori studiosi italiani diDante, e si è occupato di aspettirilevanti della cultura tre-quattro-centesca, fornendo importanticontributi filologici. L’ultimosuo contributo è Il viaggio diDante: storia illustrata dellaCommedia- Carocci 2015, re-censito, con intervista all’au-tore, nel numero di gennaio2016 di questo giornale.

Come una virgola fa vincere a dei lavoratori una causa sindacale

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Quest’anno ho due insegnamenti a Comuni-cazione, uno nel corso di laurea triennale e

l’altro nel corso magistrale: in totale circa 120studenti. Come sempre, il primo giorno ho fattoun test (anonimo e privo di valutazione) peravere un’idea del livello medio dei frequentanti;quest’anno, però, ho aggiunto alle do-mande sulle materie di studio una piccolaricerca sulla “dieta informativa” dei ra-gazzi, per capire se usano la televisione oFacebook, il quotidiano locale o Twitter.E, soprattutto, per capire cosa ricordanodi ciò che vedono o leggono.I risultati sono questi: il 90% ha una paginaFacebook ma la usa principalmente per i con-tatti con gli amici. Il 25% ha guardato untelegiornale la sera precedente. Il 10%ascolta la radio (ma solo per la musica). Lo0% ha comprato un quotidiano. Non èun refuso: dalle risposte risulta che su 120iscritti a un corso di Comunicazione (e quindipresumibilmente interessati a una carrieranel settore) nessuno acquista un quoti-diano. Poi, scavando più a fondo, si scopreche qualcuno ha risposto di non aver compratoil giornale ma lo legge al bar, o a casa se locomprano i genitori. Qualcun altro legge leversioni on line di Repubblica piuttosto che delFatto quotidiano ma la sostanza non cambia:per la generazione dei ventenni italiani dell’an-no 2017 la stampa tradizionale è come se nonesistesse.Questo non è di buon augurio per le impreseeditoriali ma ce ne occuperemo un’altra volta:penso sia più urgente riflettere su comepuò funzionare una democrazia se lamaggioranza dei cittadini è indifferentealle notizie che incidono sulla qualitàdella loro vita.Per esempio, la criminalità. Basta guardareun telegiornale o aprire un quotidiano localeper trovare titoli sul “degrado”, il “Far Westurbano”, le “violenze del branco”, quandonon veri e propri “massacri”. Un crescendo diallarmi che dietro hanno quasi sempre fatti dimodesta entità, o comunque inevitabili in unasocietà industrializzata: per esempio, quel mo-dello di serietà e precisione che è il Sole-24ore titolava qualche mese fa: “Italia, più di7500 reati al giorno. Scopri le province crimi-nali” (16 ottobre 2016). Era solo leggendocon attenzione il testo dell’articolo, ba-sato sui dati diffusi dal ministero dell’In-terno, che si scopriva che “nel complessola situazione appare migliorata”, visto che “iltotale dei delitti denunciati all’autorità giudi-ziaria è diminuito del 4,5%” e che “l’arretra-mento delle denunce interessa quasi tutte le ti-pologie di reati”.I titoli, le locandine, le fugaci immaginidel telegiornale non sono innocenti:creano impressioni durevoli, sensazioni ampli-ficate dai casi clamorosi che periodicamente

vengono proposti alla nostra attenzione. Nelgergo degli studiosi di comunicazioni dimassa, i media creano la “salienza” diavvenimenti o temi che, in sé, non sono népiù né meno importanti di altri fenomeni. Il ter-rorismo è stato imposto da Donald Trump al-l’attenzione degli americani benché il numerodi vittime di attentati sia insignificante rispettoal numero di vittime di omicidi di altro tipo, odi incidenti stradali, o di incidenti sul lavoro.I miei studenti non sono del tutto disinformati:evidentemente l’attenzione ossessiva che dedi-cano ai loro smart phone dà qualche risultato:per esempio la grande maggioranza di loroconcorda sul fatto che gli omicidi in Italia nonsono aumentati negli ultimi anni. Però, chie-dendo loro quante sono le vittime di uccisionisi incontrano solo sguardi vuoti. Insistendo, eproponendo delle cifre, si ottengono rispostevaghe, fino a che uno di loro (tra i migliori delgruppo) azzarda: “Cinque o seimila?”.Gli omicidi nel 2015 sono stati 469, quin-di la percezione che molti ragazzi hanno delfenomeno è che le sue dimensioni siano oltredieci volte quelle reali. Per dare un minimo dicontesto: l’Italia non ha mai avuto più di2.000 omicidi, neppure negli anni peggiori del-le stragi di mafia e di camorra, il picco fu rag-giunto nel 1992 e da 25 anni il trend è rego-larmente in discesa.Un’altra scoperta interessante del test è che neho discusso i risultati l’8 marzo, mentre fuoridalle finestre dell’aula risuonavano le musichee gli slogan dei cortei. Oltre a chiedere il nu-mero complessivo di omicidi, ho chiesto qualera, secondo gli studenti presenti, la ripartizio-ne per genere delle vittime: metà e metà? Dueterzi-un terzo? La maggioranza dei fatti di san-gue riguardava gli uomini o le donne? Risposta praticamente unanime: la mag-gior parte delle vittime sono donne. Cosa ci dicono i dati del ministero del-l’Interno? Che nel 2016 le donne uccise sonostate 107, in diminuzione del 3% rispetto al-l’anno precedente. Quindi, le vittime di sessofemminile sono circa il 23% del totale, menodi una su quattro. La campagna di sensibiliz-zazione “Non una di meno” è meritoria, e dalpunto di vista comunicativo è stata certamenteefficace: gli studenti ne hanno tratto l’impres-sione che la violenza contro le donne siaun’epidemia dilagante. La realtà è che sonodiminuite le lesioni (-11%), le percosse (-19%), le minacce (-16%), le violenze sessuali(-13%), i maltrattamenti in famiglia (-6%) e lostalking – atti persecutori (-11%).Le percezioni distorte di fenomeni socialirilevanti, come la criminalità, l’immigrazione,la disoccupazione, sono un problema perché in-ducono i cittadini ad appoggiare, o a non osta-colare, politiche che vanno contro i loro interes-si. Per esempio, l’Italia ha un numero ab-norme di addetti alle sicurezza. Abbiamo

quattro corpi distinti: la polizia di stato, i cara-binieri, la guardia di finanza, la polizia peniten-ziaria, a cui vanno aggiunti la guardia costiera,i corpi forestali, le polizie provinciali e quelle lo-cali. Senza contare i reparti dell’esercito impe-gnati nell’operazione “strade sicure”.Questa militarizzazione del territorio non èobiettivamente giustificata né dalle minacceterroristiche, né dalle dimensioni della criminali-tà organizzata: è un retaggio della lotta allamafia e al terrorismo che nessun governo ha ilcoraggio di rimettere in discussione. Il costodi questo apparato imponente potrebbeessere ridimensionato e i risparmi po-trebbero essere impiegati diversamente,per esempio per il diritto allo studio,l’edilizia scolastica, il miglioramento de-gli stipendi degli insegnanti o l’integra-zione dei rifugiati. Queste politiche vengonoinvece sacrificate a “superiori” ragioni di bilan-cio che dipendono da percezioni infondate. Naturalmente il problema di impressioni su-perficiali ed errate riguarda la cittadinanzanel suo complesso ma è particolarmente gra-ve che un gruppo più scolarizzato e, teorica-mente, più informato degli altri (in fondol’università è una condizione privilegiata ri-spetto a quella della casalinga di Voghera) siacosì distante dalla realtà e quindi incapace discelte razionali in politica.

TEATRODELLE IDEE LE FALSE PERCEZIONI

DEI FENOMENI SOCIALI(E RELATIVE IRRAZIONALI CONSEGUENZE)

Le impressioni superficiali ed errate riguardano la cittadinanza nel suo complesso ma è particolarmente grave che un gruppopiù scolarizzato e, teoricamente, più informato degli altri (in fondo l’università è una condizione privilegiata rispetto a quelladella casalinga di Voghera) sia così distante dalla realtà e quindi incapace di scelte razionali in politica.

di Fabrizio Tonello

FABRIZIO TONELLOÈ docente di Scienza politica presso l’uni-versità di Padova, dove insegna, tra l’altro,un corso sulla politica estera americanadalle origini ad oggi. Ha insegnato allaUniversity of Pittsburgh e ha fatto ricercaalla Columbia University, oltre che in Italia(alla SISSA di Trieste, all’università di Bo-logna). Ha scritto L’età dell’ignoranza(Bruno Mondadori, 2012), La Costituzionedegli Stati Uniti (Bruno Mondadori, 2010),Il nazionalismo americano (Liviana, 2007),La politica come azione simbolica (FrancoAngeli, 2003). Da molti anni collabora allepagine culturali del Manifesto.

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Dell’ignoranza, come unavolta scrisse Goethe di

Shakespeare, non si smetterebbe mai di parla-re. E alcuni recentissimi eventi ci permettonodi riprendere in mano il pamphlet di FabrizioTonello, L’età dell’ignoranza, uscito nel 2012e di raccomandarne la lettura.La prima occasione ce la fornisce un presiden-te americano che ha fatto dell’ignoranza deli-berata e demagogica un pericoloso strumentodi consenso; come ha scritto qualche tempofa Paul Krugman, nobel per l’economia, sul“New York Times” del 13 febbraio 2017, perTrump e la sua cerchia «ignorance isstrength» (lo dimostrano le surreali e dilettan-tesche leggi sull’immigrazione o la totale in-competenza sulle questioni scolastiche daparte del ministro dell’istruzione Betsy De-Vos). Si può aggiungere inoltre che Trump, alcui confronto G.W. Bush sembra uscito daHarvad, continua a ripetere che il numero diomicidi negli Stati Uniti è al suo massimo sto-rico, mentre dati fattuali e statistiche dimo-strano il contrario. Insomma è quasi l’applica-zione del più equivocato fra gli adagia diNietzsche: non esistono i fatti ma solo le in-terpretazioni.La seconda occasione è costituita dall’igno-ranza cognitiva, che è ormai degenerata inpsicosi, per esempio di fronte ai vaccini e ailoro presunti effetti collaterali, ignoranza chenasce soprattutto da un uso distorto del web.La gigantesca massa di informazioni che or-mai circolano su internet ha prodotto para-dossalmente sacche di disinformazione senzaprecedenti, che hanno reso in certi casi diffici-le orientarsi e discriminare il vero dal falso.Probabilmente la forza di internet è allo stes-so tempo la sua debolezza. Infatti per distin-guere, in rete, “il grano dal loglio” è necessa-ria una pre-comprensione culturale che solola scuola pubblica, quella che non anneganella plètora dei progetti e dei POF, può dare.Si potrebbe dire, da questo punto di vista, chesolo “a chi ha sarà dato”, per evocare il dettoevangelico di Matteo.L’ultima occasione è la “lettera dei 600”, os-sia l’appello di centinaia di docenti sull’igno-ranza grammaticale, linguistica e di compren-sione della realtà più in generale degli stu-denti italiani (la cosiddetta literacy), che de-nuncia ancora una volta come il processo didisaffezione e di estraniazione dalla culturascolastica sia ormai allarmante (non solo inItalia).La crisi dell’istituzione scolastica, e cioè diquell’agenzia che determinate e fondamentalicompetenze deve trasmettere, è per Tonello

uno dei segnali di pericolo per una democra-zia: «sul piano individuale i prezzi dell’igno-ranza sono alti, sul piano sociale sono sempli-cemente catastrofici. Una società dove unarobusta minoranza non si informa, non con-trolla, non vota con discernimento è una so-cietà impossibilitata a autogovernarsi. Le ele-zioni diventano spettacoli, operazioni di mar-keting in cui prevalgono i candidati più ricchi,o professionalmente meglio consigliati, tra-sformando i cittadini in spettatori». Insommasenza volerlo «siamo entrati senza accorger-cene dell’ignoranza».Per aggiornare i dati offerti dal libroTonello è sufficiente riferirsi a Senza sa-pere. I costi dell’ignoranza in Italia di Giovan-ni Solimine (2015). I giovani italiani diplomatisono il 56% contro una media europea del73,4%; i laureati, tra i 30-34 anni, sono il20% contro il 34,6% di media (il 50% invecein Gran Bretagna) e calano in generale leiscrizioni all’università, soprattutto tra le fascesociali più lambite dalla crisi, con un conse-guente allargamento delle differenze socialiche non si registrava dagli anni ’70. L’incre-mento dei laureati negli ultimi anni è stato inItalia la metà di quello europeo. Mentre laGermania investe il 3% del PIL sulla scuola esull’istruzione, in Italia si fatica a programma-re sul lungo periodo e dal 2005 al 2012 gliinvestimenti sono stati meno dell’1%. La par-tecipazione ad attività educative di qualsiasigenere in Italia è la più bassa dei paesi OCSE:il 24% rispetto al 52% della media europea.E si potrebbe continuare.Si registra inoltre una diffusa “apologiadell’ignoranza”, si erigono quelli che Tonel-lo chiama «manifesti dell’anti-intellettuali-smo», ossia l’esaltazione dell’istinto e del-l’emotività a scapito della ragione, l’enfasidell’espressione personale al posto dell’argo-mentazione logica. La questione dei vaccini porta alla luce, perfare un esempio, un sospetto verso la scienzae gli scienziati: al pluralismo ben fondato e

pertinente delle opinioni scientifiche si sosti-tuisce il parere degli pseudo esperti; alla cul-tura e alla formazione specialistiche si preferi-sce “l’università della vita”, come spesso silegge su Facebook.Il significato politico del libro di Tonel-lo mi pare evidente: l’ignoranza in unademocrazia può costare cara, anzi èuno dei cavalli di Troia più pericolosi persistemi democratici. Come possono cittadinipoco e male o per niente informati scegliere iloro rappresentanti con razionalità e buonsenso? Come possono valutare le loro azionie lo loro leggi? Come possono “vaccinarsi”contro populisti e manipolatori? La scuola ri-mane l’unico luogo in cui, attraverso la cono-scenza, è possibile imparare a imparare a li-berarsi dallo stato di minorità che è conse-guenza dell’ignoranza; questo però deve tra-dursi in maggiori investimenti a lungo terminee nel disfarsi di certe parole d’ordine adatteforse più al marketing e all’improvvisazioneche a una sana filosofia dell’educazione (chinon ricorda le retorica delle “tre i”, o l’enfasisulle LIM, o il perniciosissimo congegno uni-versitario del 3+2?). L’ignoranza al potere, anche attraversola distruzione dell’autorità delle élite,vuole dai cittadini istinto ed emotivitàe lo stesso autore del libro scrive che «un dif-fuso infantilismo tra gli adulti» li rende inermidi fronte alla complessità del mondo.A Fabrizio Tonello forse non dispiacerebbequesta pagina della Nuova enciclopedia di Al-berto Savinio: «La cultura ha principalmente loscopo di far conoscere molte cose. Più cose siconoscono meno importanza si dà a ciascunacosa: meno fede, meno fede assoluta. Cono-scere molte cose significa giudicarle più libera-mente e dunque meglio. Meno cose si cono-scono, più si crede che soltanto quelle esisto-no, soltanto quelle contano, soltanto quellehanno importanza. Si arriva al fanatismo, ossiaa conoscere una sola cosa e dunque a credere,ad avere fede soltanto in quella».

Come l’ignoranza al poterevuole dai cittadini istintoed emotività

TEATRODELLE IDEE

di Sebastiano Leotta

Fabrizio Tonello,L’età dell’ignoranza.È possibile una demo-crazia senza cultura?,Bruno Mondadori 2012

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FINESTRA SUL MONDO E NEL TEMPO. LA STORIA DELLA SCUOLA

Accadde nel 1925:Mussolini annullò i

poteri del Parlamento, uninsegnante del Tennessee(USA) fu condannato peraver insegnato l’evoluzio-nismo, furono firmati iTrattati di Locarno in base

ai quali gli stati europei si impegnavano alreciproco rispetto delle frontiere, Lindberghatterrò a Parigi con il primo volo da NewYork, Tolkien pubblicò Roverandon le av-venture di un cane alato Rover, trasformatoda uno stregone in un cagnolino di porcel-lana che riuscirà a riprendersi la vita.

LA FORMAZIONEDELLO SPIRITO FASCISTAIn quell’anno fu fondato l’Istituto Naziona-le LUCE per la diffusione di pellicole propa-gandistiche, “didattiche e scientifiche”,sempre a Roma, G. Treccani e G. Gentileavviarono l’opera dell’Enciclopedia Italia-na. La dittatura fascista iniziò a condizio-nare scuole e università. L’8 aprile 1925Gentile scrisse agli studiosi, per invitarli acollaborare a un’opera di carattere nazio-nale che intendeva raccogliere, al di sopradi tutti i partiti politici o indirizzi scientifici,tutte le energie intellettuali del paese; inmolti risposero all’invito tra essi non vi fuCroce, che a Gioacchino Volpe scriveva:«come volete che io collabori a un’Enciclo-pedia diretta da chi ha pur testé, a Bolo-gna, osato proclamare che la cultura deveessere fascista?». Gentile pubblicò il Mani-festo degli intellettuali italiani fascisti agliintellettuali di tutte le Nazioni, «Il Popolod’Italia», 21 aprile 1925, al quale replicòCroce con il Manifesto degli intellettualiantifascisti «Il Mondo», 1 maggio 1925.Poi verrà istituito l’Istituto Nazionale Fasci-sta di Cultura. Nel discorso inauguraledell’Istituto, tenuto in Campidoglio il 19 di-cembre 1925, Gentile dichiarò di voleroperare per «una coscienza politica nazio-nale»: l’Istituto avrebbe dovuto assolverela funzione di «contribuire al progresso in-tellettuale, morale ed economico del popo-lo italiano» per «illuminare e formare lacoscienza della nuova Italia che i fascistivagheggiavano».

L’ORA GIOIOSA:LA BIBLIOTECA DELLA LIBERTÀNello stesso periodo in Francia venne rein-ventata la “storia della letteratura” nellascuola con la necessità di contestualizzare edi leggere gli autori e le loro opere originali;l’anno prima, ad opera del Comité Améri-cain pour les Régions Dévastées, era stataaperta a Parigi la prima biblioteca popolareper bambini: l’Heure Joyeuse, un modello dilibertà per i bambini. La biblioteca consenti-va l’accesso dall’età di 6 anni sino al compi-mento dei 17 e permetteva la libera consul-tazione di tutto il patrimonio librario espostosugli scaffali. La grande novità fu l’abolizio-ne della separazione dei sessi: le sale eranoaperte a bambini e bambine e lo scandalo futale che una dirigente scolastica progettòuna barriera che dividesse in due la sala. Ilmuro non fu costruito. Altri tempi. Ognimese venivano eletti all’interno di assem-blee generali due direttori, una bambina eun bambino, che avevano il compito di acco-gliere i nuovi lettori; inoltre si organizzavanomostre didattiche e ore di lettura comune. Ildiscorso inaugurale fu tenuto dal biblioteca-rio Eugene Morel: “la libertà di scelta po-trebbe distogliere l’infanzia dai loro doveriscolastici? Potrebbe essere fonte di disordi-ni? E poi ragazze e ragazzi insieme! /…/Fiori, piante verdi, invitati, relatori, il tutto inun’atmosfera di fraternità. Ecco un’operazio-

ne ‘comunista’: ilmettere in comu-ne i libri per l’istruzione, per la consultazio-ne, per l’apprendimento e per il piacere. Lascuola è abolita, niente punizioni, nientecompiti obbligatori. /…/ Noi pensiamo chela biblioteca libera, la biblioteca di tutti sial’organo essenziale della città moderna. /…/A che servono tutti gli sforzi per l’insegna-mento, se questa fatica ti lascia solo giac-ché, conseguito un diploma, avrai solo il di-ritto all’ignoranza proprio quando avresti ildiritto di giudicare e di votare? La bibliotecadei bambini prefigura le biblioteche che tut-ta la Francia attende e che la Francia avrà./…/ la lettura è un sistema educativo, un si-stema di istruzione autodidatta che esalta lalibertà della ricerca e la scoperta e non lasemplice acquisizione del sapere”. Nella nuova biblioteca per Morel: “Il bam-bino è nel suo regno, firma con il suonome, sceglie i suoi libri, non riceve consiglise non li richiede, apprende il segreto fon-damentale della libertà: il rispetto del benecomune e del diritto degli altri”. Venti disperanza che in Italia furono fiaccati da unaMostra Didattica Nazionale svoltasi a Firen-ze nel 1925 a cui si oppose la Storica dellaScuola Italiana che esaltò gli studenti checombatterono per la libertà e che fu orga-nizzata da Salomone Morpurgo e da Erne-sta Bittanti vedova di Cesare Battisti.

1925: IN FRANCIALA GIOIA DELLA LETTURA,IN ITALIA LA CULTURADELLA DITTATURAdi Piero Morpurgo

TEATRODELLE IDEE

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TEATRODELLE IDEE

FINESTRA SUL MONDO E NEL TEMPO

La nuova Ministra dell’Istruzione, DeVos, è stata una delle artefici della riformadel sistema scolastico del Michigan, fondata sull’introduzione dei voucherstatali per frequentare scuole private e ritiene che non ci sia nulla di male nelfatto che anche scuole elementari “puntino al profitto e a generare utili”.

di Marco Morini

NEL REGNO DI TRUMPLA SCUOLA CONDUCEAL REGNO DI DIO(CON I FONDI STATALI)

Negli Stati Uniti, un maschio bianco laureatovive in media tredici anni in più rispetto a

un uomo bianco non laureato. La speranza divita è infatti di 80,4 anni contro 67,5. E tradonne laureate e donne non laureate lo scartoè di oltre dieci anni (in questo caso è 83,9contro 73,5 la speranza di vita). Si tratta dinumeri spaventosi, che in un sistemapolitico e sociale equilibrato sarebberooggetto d’attenzione e riflessione. Inve-ce, nella scorsa campagna elettoralepresidenziale, di istruzione e disegua-glianze educative non si è mai parlato.Fatti salvi alcuni riferimenti nei manifesti pro-grammatici – che però quasi nessuno legge – idibattiti televisivi e l’attenzione mediatica sisono concentrati su attacchi personali, immi-grazione ed economia interna. Il tema è tornato finalmente d’attualitàquando Trump ha indicato, come suo Se-cretary of Education (Ministro dell’Istru-zione), Betsy DeVos, una delle figure piùcontroverse della sua squadra di governo. Unascelta che a molti è parsa ancora più provoca-toria di quella del miliardario Tillerson agliEsteri o del generale “cane pazzo” Mattis allaDifesa. La nomina di DeVos è stata fero-cemente avversata dal Partito Democra-tico, che si è opposto con tutti i mezzialla ratifica della sua designazione, sot-toponendola a una durissima interroga-zione parlamentare.Le nomine presidenziali devono essere infatticonfermate dalle commissioni senatoriali pre-poste e poi dallo stesso Senato nel suo com-plesso, previa audizione del candidato/a allacarica governativa. La commissione senatorialeha approvato la nomina del nuovo Ministrodell’Istruzione 12 a 11, seguendo quindi la ri-gida divisione partitica della stessa. Mentre alSenato, dato che due parlamentari repubblica-ni si sono rifiutati di ratificarne l’indicazione, èstato necessario il voto del vicepresidente Pen-ce per approvarne la nomina 51-50.

DeVos è un’attivista repubblicana di lun-go corso, rampolla di una delle più ricchefamiglie del Michigan e il cui marito risul-ta ottantottesimo nella lista 2016 degliuomini più ricchi d’America. Ovviamentenon sono questi dati personali ad aver causatole polemiche sulla sua nomina, ma il fatto cheDeVos è stata una delle artefici della ri-forma del sistema scolastico del Michi-gan, fondata sull’introduzione dei vou-cher statali per frequentare scuole priva-te. Inoltre, la sua fiera appartenenza a una chie-sa evangelica locale le ha portato negli annidelle accuse di favoritismo alle scuole private re-ligiose. La sua nomina è stata aspramentecriticata dai sindacati degli insegnantidelle scuole pubbliche, che l’hanno defi-nita come “la più ideologica e provocato-ria” delle nomine di Trump e “un atten-tato alla scuola pubblica”.Nel 2001, DeVos dichiarò che il suo impe-gno nel settore educativo derivava dallaconvinzione che l’istruzione fosse unmezzo per “affermare il Regno di Dio” eche cambiando il sistema educativo “si potes-sero ottenere nel lungo periodo tantivantaggi per il Regno dei Cieli”. Pochianni più tardi la neo-ministra affermòche non ci vedeva nulla di male nel fattoche anche scuole elementari “puntasseroal profitto e a generare utili” e che rite-neva la scuola americana “un sistemachiuso, un’industria ripiegata su se stes-sa, che invece andrebbe aperta al merca-to”. Secondo la ministra, il sistema edu-cativo statunitense deve diventare unmercato competitivo a tutti i livelli, in modo daoffrire ai genitori la possibilità di scegliere il tipodi educazione preferito per i propri figli. Inevi-tabile che questo tipo di dichiarazionifaccia ritenere DeVos come la più accani-ta alfiere della privatizzazione totale delsistema educativo statunitense. Ma non sono solo le dichiarazioni ad avermesso in allarme l’opposizione democratica,gli insegnanti e i sindacati della scuola pubbli-ca e una vasta parte della società civile statu-nitense. Da deputato dello stato del Michigan,da leader locale del Partito Repubblicano e daattiva e munifica filantropa, DeVos è infattiriuscita a riformare il sistema di istruzio-ne dello stato, fondandolo sul meccani-

smo dei voucher, che non sono altro chedei soldi che lo stato dà a ciascun indivi-duo in età scolare, da poter essere spesiin qualsivoglia istituto scolastico ricono-sciuto. Il New York Times dà su di lei ungiudizio tranchant: “è difficile trovare unpolitico più accanito di lei nell’usare sol-di pubblici per finanziare scuole priva-te”. Questo sistema dei voucher, combinato auna generosa politica di accreditamento degliistituti scolastici privati, ha creato dal nulla unvero e proprio business dell’istruzione privata,con l’apertura in pochi anni di centinaia discuole, tutte a caccia dei preziosi voucher sta-tali in mano agli studenti dello stato. In parti-colare, sono state numerose le strutture fonda-te da congregazioni religiose, alcune delle qua-li apertamente “creazioniste”. In pratica, inMichigan, la scuola pubblica è andatasfaldandosi, perdendo allievi e disponi-bilità economiche anno dopo anno. Le conseguenze si sono fatte presto sen-tire: una ricerca di Douglas N. Harris,professore di economia alla Tulane University,e riportata lo scorso anno dal New York Times,ha messo in evidenza come gli studenti ele-mentari di Detroit siano risultati di gran lunga ipeggiori nei test nazionali di lettura e di mate-matica. Harris ha accusato DeVos di aver dise-gnato un sistema che non prevede alcun con-trollo, dove non importa la qualità, dove lescuole peggiori possono continuare a esseretali e l’unica cosa che conta è immatricolarestudenti e riscattare i loro voucher. È quindi evidente che a capo dell’istru-zione statunitense ci sia ora una donnache ha speso la sua intera carriera lavo-rativa per affossare la scuola pubblica erendere il sistema educativo un mercatoprivatizzato e sregolato. Il terrore di moltiè quindi che ciò che è avvenuto in Michiganaccada presto, in scala enormemente maggio-re, in tutto il Paese. Per questo l’opposizionepolitica e le proteste sociali non si fermano. Il10 Febbraio scorso, la prima uscita pubblica daministro in carica - una visita a una scuola me-dia della capitale Washington D.C. - è statacontrassegnata da vigorose proteste, con deci-ne di manifestanti che hanno impedito fisica-mente alla DeVos l’accesso al plesso scolasti-co. Solo dopo alcune ore, la ministra è riuscitaa entrare nella scuola da un ingresso laterale.

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Il TAR del Lazio ha condannato ilMiur all’ostensione del famoso “al-

goritmo” di calcolo che ha gestito ilsoftware relativo ai trasferimenti in-terprovinciali del personale docentesulla mobilità 2016 e che ha deciso lasorte professionale di numerosi do-centi coinvolti.Il coordinatore nazionale della FederazioneGilda Unams, Rino Di Meglio, nonché gliAvv.ti Michele Bonetti, Santi Delia e SilviaAntonellis, sottolineano la fondamentaleimportanza di tale vittoria al fine di fare fi-nalmente chiarezza sulle procedure pun-tuali dei trasferimenti, ma, in particolare,sugli errori che hanno determinato l’allon-tanamento di numerosi docenti dalle sediche sarebbero spettate loro in base ai cri-

teri dichiarati nelle realtive domande di tra-sferimento. Il Tar Lazio ha riconosciuto le ragioni dellaGilda-FGU che aveva presentato ricorso, pa-trocinato dagli Avvocati Bonetti, Delia e An-tonellis, contro il diniego- da partedell’Amministrazione- all’accesso agliatti da cui poter desumere le operazionidella mobilità per l’a.s. 2016/2017.La sentenza scredita in toto le eccezionisulla proprietà intellettuale e sul se-greto di Stato asserite dal Miur per nonrilasciare l’algoritmo, e ordina, dunque, allostesso di rilasciare “copia dei c.d. codicisorgente del software dell’algoritmo digestione della procedura della mobilitàdei docenti per l’a.s. 2016/2017 di cuiall’O.M. M.I.U.R n. 241 del 2016 nel ter-

mine di 30 (trenta) giorni decorrentidalla notifica a cura di parte”.Rino Di Meglio, coordinatore nazionaledella Gilda degli Insegnanti, ha espresso lasoddisfazione per questa decisione del TAR,anche perché “rappresenta un inizio positivoper fare chiarezza sull’applicazione errata delCcni sulla mobilità. Operazione che ha coin-volto numerosi docenti, i quali ora richiedonotrasparenza sulla reale procedura seguita dalMinistero”.Secondo l’Avv. Bonetti si potrà organizzareuna campagna anche risarcitoria dinanzi aiGiudici del Lavoro per tutti i docenti lesi daquesto algoritmo mail fatto che li ha spostatida una parte all’altra della Repubblica non-ché eventualmente presentare un espostoalla Corte dei Conti.

L’ ALGORITMO NON ÈUN SEGRETO DI STATO

Mobilità docenti 2016/2017: su ricorso della Gilda il TAR ordina al Miur di rendere noto l'algoritmo

VITTORIA DELLA GILDA


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