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Giornale Ufficiale della SIUT - Società Italiana Urologia ... · c’è un solo anello debole,...

Date post: 12-Jun-2020
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Giornale Ufficiale della SIUT - Società Italiana Urologia Territoriale www.lurologodelterritorio.com A cura del Comitato Scientifico SIUT ANNO 2016 - n° 3
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Giornale Ufficiale della SIUT - Società Italiana Urologia Territoriale

www.lurologodelterritorio.com

A cura del Comitato Scientifico SIUT

ANNO 2016 - n° 3

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EDITORIALE

Il Congresso Nazionale di una Società Scientifica è come un viaggio dalla meta predefinita, ma non per questo raggiungibile senza un meticoloso lavoro, né obiettivo dal risultato scontato.

Il congresso SIUT di Napoli fa parte, ormai, dell’album dei ricordi societari e ci consegna un grosso bagaglio di esperienze umane e culturali, che ci proiettano al congresso di Lecce con rinnovate energie e grosso entusiasmo. L’ appuntamento di Napoli è stata un’ esaltante esperienza interpersonale ed una grossa scommessa scientifico-organizzativa traguardata grazie ad un importante gioco di squadra, che ha scandito la fine del primo anno di lavoro del direttivo da me presieduto.

Le strategie comunicative con il paziente, il percorso dell’aderenza terapeutica, l’emergenza sanitaria derivante dalla resistenza batterica, le patologie prostatiche con i topic funzionali ed oncologici, le problematiche legate al pianeta incontinenza, l’attenzione alla salute sessuale della coppia, la gestione della calcolosi e l’approccio alle stenosi da lichen, sono stati i link che hanno prodotto un intenso dibattito nella tre giorni congressuale.

L’ autorevolezza scientifica dei relatori ed il format interattivo del televoto hanno consentito una presenza attiva e partecipata dei congressisti. All’interattività abbiamo proposto per alcune tematiche, l’approccio multidisciplinare che costituirà il “ leit motiv” del congresso di Lecce, e la mission societaria dei prossimi anni. In questa fase di riorganizzazione del SSN, la condivisione dei percorsi diagnostico terapeutici tra i differenti step urologici ed il raggiungimento di comuni obiettivi multidisciplinari ci consentiranno di migliorare l’appropriatezza clinica ed una qualità più omogena delle prestazioni erogate. è vero che ad ogni tavolo di lavoro imperversa la panacea multidisciplinare, però, è altrettanto vero che siamo ancora nella fase “dell’ etica dell’ intenzione“ ed affinchè si trasformi in “ etica della responsabilità “, ovvero nella sua fase attuativa è necessario uno slancio vero e leale di tutti gli addetti ai lavori.

Occorre, a mio avviso, una reale voglia di cambiamento ed una volontà a costruire la catena

diagnostico-terapeutica, avendo ben presente che se c’è un solo anello debole, sarà la catena a spezzarsi. Le reti assistenziali, che rappresentano le direttive obbligate del riordino sanitario, costituiranno una risorsa solo nella misura in cui il paziente non percepirà asimmetrie e dissonanze tra le parti. In questa grossa fase di transizione la SIUT, con i suoi avamposti territoriali, ha un capitale umano che può fare la differenza, livellando in alto le proprie competenze, ma con la percezione di essere parte integrante di un percorso e non appendice del rinnovato “ Patto della Salute “.

Le società scientifiche sono chiamate ad una nuova stagione di confronto: la SIUT si muoverà in sinergia con la SIU, ma sarà aperta al dialogo con quanti riterranno di scrivere un pezzo di cammino insieme. Noi siamo pronti a fare la nostra parte!

A CUrA deL dr. COrrAdO ANIeLLO FrANZeSe

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IL vALORE DEL PSAA CUrA deL dr. LIBerTArIO rAFFAeLLI

Il PSA rappresenta un mito e un incubo della Urologia moderna e un formidabie strumento che orienta le decisioni critiche diagnosticheterapeutiche a cui ormai l’urologo è chiamato quale garante di una corretta interpretazione di un esame per sua natura “mal interpretabile” quando si presenta mosso.

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Ma qual’è il reale valore del PSA? Se il PSA è un marker organo specifico è ovvio che il suo valore dipende dal contesto: In un contesto di screening dove il PSA viene usato come unico parametro decisionistico per una biopsia il suo valore è scarso al di là del cut off stabilito in quanto l’organo specificità - già sottolineata nella definizione - non equivale a cancrospecificità.

In un contesto clinico (Bayesiano) dove il PSA è solo uno dei parametri dell’algoritmo mentale diagnostico terapeutico il suo valore è notevole. In questo contesto la massima affidabilità si ha quando l’organo è eliminato con la prostatectomia radicale, qui il PSA, da solo, è indice di recidiva della malattia.

PSA = Prostate Stress Amplificator? = Patients Stress Amplifier?Gli studi epidemiologici sconsigliano dunque l’uso del PSA per screening su vasta scala per il rischio di un eccesso di trattamento di neoplasie non significative ma le casistiche chirurgiche derivate da diagnosi basate su screening riportano solo un 10 % di malattie non significative secondo criteri anatomo patologici. Gli studi anatomo patologici autoptici descrivono un’altissima incidenza di neoplasie focali anche in fasce di etànon sospette (40 anni) ma una prima biopsia è spesso negativa e la diagnosi si definisce con una seconda o una terza biopsia. Si critica l’utilità del PSA nella diagnosi e nell’indicazione alla biopsia in quanto i valori di cut off comunemente usati non escludono la presenza di una neopalsia ma i risutati migliori delle prostatectomie radicali soprattutto robotiche si hanno per i casi scoperti con il solo utilizzo del PSA.

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PSA = Paradosso senza alternative?

No: è proprio modificando il contesto che il PSA esalta il suo valore: Lo studio Prias dimostra che molti tumori indolenti non hanno bisogno di trattamento e la PSA velocity ha un senso.

Le nuove tecniche multiparametriche FUSION lasciano prevedere non solo BIOPSIE pi“intelligenti” ma anche strategie di sorveglianza attiva prebiopsia.

L’utilizzo nei pazienti anziani di inibitori delle 5 alfa reduttasi possono migliorare la sensibilità del PSA nella decisione di una biopsia procrastinata nel tempo quando è probabile che il tumore sia “maturato a pericolosità”.

PSA: Prostate Specialist Advisor: il Prostate Cancer Advisor?

è questa la vera rivoluzione determinata dal fallimento dei risultati degli studi sugli screening di massa: il PSA da solo è un valore sterile, il PSA inserito nell’algoritmo mentale e clinico dell’UROLOGO è un valore aggiunto, in altre parole il PSA richiede uno Specialist Advisor che è l’Urologo e in primis l’Urologo del Territorio che “indaga” sul PSA mosso del suo paziente o che semplicemente “esplora” il paziente con PSA normale, pianifica il monitoraggio, segna il tempo per gli esami di 2° livello fino alla biopsia o soprassiede alla biopsia quando i fattori di rischio del paziente non lasciano intravedere pratici vantaggi.

ecco spiegata la posizione antitetica delle principali Società scientifiche Americane:

L’American Cancer Society, l’AUA and il National Comprehensive Cancer Network raccomandano il PSA e la DRE annuale dai 50 anni.(Contesto clinico Bayesiano del PSA)L’ USA Preventive Services Task Force, l’ American College of Physicians- American Society of Internal Medicine sconsigliano lo screening.(Contesto epidemiologico statistico probabilistico del PSA).

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Sono due filosofie diverse ma che in soldoni significano per i primi riconoscere esattamente lo stato dei singoli pazienti relativamente alla loro Prostata, per i secondi tanto darsi da fare alla fine non impatta sulla salute collettiva ma questo atteggiamento non riflette un vero counseling ai propri pazienti che si potrebbero trovare nella situazione del tizio che è a digiuno e dell’altro che mangia 2 polli e alla fine statisticamente tutti e due hanno mangiato un polletto.

C’è poi la “real life” che fotografa i percorsi diagnostici terapeutici e che può essere utile conoscere per elaborare un tentativo di comportamento comune su determinati argomenti. ricordo nel lontano 2006 unquestionario inviato agli urologi Toscani in cui si analizzava la gestione del PSA : ebbene già il 64 % dei pazienti giungono col PSA dall’urologo, la maggior parte, il 43 %, ha un PSA mosso, il PSA viene tuttavia richiesto ex novo anche dallo specialista nel 36 % delle risposte, a tutti, nel 44 % delle risposte, solo in caso di sospetto clinico di neoplasia.

Il PSA in genere non viene richiesto in caso di prostatite o soggetti giovani (70% delle risposte). Viene valutata generalmente l’età, il volume della prostata e soprattutto la velocità del PSA come fattori di decisione bioptica.

Nel caso di un 50 enne con DRE negativa e PSA 2.8 il 30% degli specialisti ripete il PSA a 1 anno, il 22% fa solo osservazione clinica, il 22% lo ripete entro 3 mesi, il 9% entro 6 mesi, il 17 % fa altro. Questo la dice lunga sulle linee guida e i protocolli diagnostici. La frazione libera percentuale del PSA viene richiesta dal 68 % degli urologi ma la biopsia viene effettuata solo dal 32 % in caso di frazione alterata e PSA totale normale.

La biopsia viene eseguita dall’86 % degli specialisti in caso di PSA normale ma in presenza di nodulo palpabile. Gli inibitori della 5 alfa reduttasi (5 ArI) non vengono impiegati prima del dosaggio del PSA (92 % delle risposte), viene correlata da un ritardo di insorgenza del tumore prostatico nel 52 % delle risposte e sempre nel 52 % dei casi utile nel discriminare più finemente la velocità del PSA. I 5 ARI vengono utilizzati nel 66 % dei casi in pazienti anziani con IPB anche nel sospetto di una contemporanea neoplasia prostatica.

Alla fine di questa breve relazione si pone il quesito per noi Urologi del territorio di quale valore dare al PSA alla luce delle nuove strategie “alla moda” di calare nei nostri contesti clinici dei percorsi diagnostici terapeutici multidisciplinari studiati “a tavolino” (PDTA) spesso decisi in altri contesti purtroppo non solo accademici e che non tengono conto dei tempi, delle dotazioni di personale e strumentali, dei supporti informatici ecc ecc.

Concludo perciò non con un “take home message” ma con un documento serio da meditare:IL PERCORSO DIAGNOSTICO TERAPEUTICO ASSISTENZIALE PER I PAZIENTI GERIATRICI DI SESSO MASCHILE CON LUTS, un documento nato in ambito di collaborazione SIU e AUrO e altre Società scientifiche geriatriche ma che in ambito SIUT potrebbe avere un vero sviluppo reale nel momento in cui il MMG ci manda il paziente già definito nella sua categoria di “fragilità” MPI (Multidimensional prognostic Index), l’infermiere a noi dedicato ci fornisce il questionario IPSS e la storia clinica e noi in 15 minuti riusciamo ad analizzare e sintetizzare il tutto spiegandolo al paziente.

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(Utopia? Leggendolo scopriremo fra l’altro che il PSA proprio in questo contesto clinico è tutt’altro che trascurato...)Potremmo semplicemente cominciare a confrontarci con questi modelli di standardizzazione operativa rilevando criticità e paradossi già da ora ma è certo che in questa elaborazione dovremo entrare pesantemente se non vogliamo che queste procedure ci vengano imposte senza una analisi dei nostri CONTeSTI.

Inviare critiche e osservazioni per questo articolo e per il PDTA dei LUTS geriatrici a: [email protected]

le migliori saranno pubblicate nel prossimo numero della rivista on line.

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IN vIAGGIO COL PSA!

B.G., maschio di 55 anni, nel Luglio 2008, all’età di 47 anni, ha avuto la “bella idea”, in assenza di familiarità per ca prostatico, di eseguire il suo primo esame del PSA che è risultato di 4.8 ng/ml e da allora... ha iniziato un lungo... estenuante... ” inconcludente” viaggio col PSA!In assenza di LUTS sia irritativi che ostruttivi, in presenza di una DRE negativa (che si mantiene tale fino ad oggi), di un’uroflussometria nella norma e di un volume prostatico totale di circa 32 ml, l’ Urologo di Fiducia, decide di effettuare multipli e purtroppo infruttuosi tentativi di terapia antibiotica... di terapia antibiotica associata ad antinfiammatori... di terapia antibiotica associata a Serenoa repens... di terapia antinfiammatoria associata a Serenoa Repens... e come risultato si è assistito ad un lento e costante aumento del PSA.

Nell’Ottobre 2011 con PSA di 6.6 ng/ml, si rivolge ad un altro urologo fuori regione che gli suggerisce di eseguire il 2-proPSA e il suo derivato PHI che risultano rispettivamente 9.2 pg/ml e 34... si decide ancora un atteggiamento “vigilante” fino ad arrivare a Gennaio 2013, quando giunge alla mia “temeraria” attenzione con un valore di PSA di 9.7 ng/ml e Ratio 13% per il quale do indicazione ad eseguire una biopsia prostatica: 20 prelievi negativi per Ca!

E il PSA?

...Intanto continuava a crescere, così come la ghiandola prostatica che era arrivata a 45 ml.A Settembre dello stesso anno, il PSA arriva a 11.2 ng/ml Ratio 8% e dò indicazione al paziente, prima di eseguire una re-biopsia, di eseguire una RMN multiparametrica fuori regione(infatti a quel tempo nella regione Marche ancora non venivano ancora effettuate).La rMN non evidenzia alcuna area dubbia e conferma un volume prostatico di 45 ml.Si ripete allora ad Ottobre una nuova biopsia con 18 prelievi random: NEGATIVA anch’essa.MIRACOLO!!! A Maggio 2014 il PSA sembra inizi a scendere a 9, 7 ng/ml Ratio 10%;A Gennaio 2015, finisce l’apparente miracolo e ricomincia la salita: 10 ng/ml;

A Luglio 11.9 ng/ml;Ad Ottobre 2015: 12.7 ng/ml;Credetemi, se potessi scegliere i pazienti, lui sarebbe l’ULTIMO che sceglierei!!Intanto però, ad Ottobre dello stesso anno il PSA continua a salire a 12,7 ng/ml e viene ripetuta una nuova RMN Multiparametria, negativa ugualmente alla precedente con volume prostatico riportato di 52 ml. A fine Gennaio 2016 torna con un PSA di 15 ng/ml e lo invito a ripetere un’Uroflussometria che questa volta mostra un tracciato modicamente disurico (11/320/0) per la quale do indicazione ad usare un alfa litico e lo re-invio a ripetere un 2-proPSA...

Tra circa 20 giorni tornerà a controllo... e continuerò a raccontarvi questo lungo infinito viaggio col PSA!!!!

CASE REPORT

CASE REPORT Dr.ssa Luciana Mariani

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REPORT SULLE INFEZIONI DELLE vIE URINARIE DAL CONGRESSO EAU 2016 DI MONACO (GERMANIA)

IL PUNTO SULLE INFEZIONI RICORRENTI DELLE BASSE VIE URINARIE NELLA DONNA (CISTITE BATTERICA RICORRENTE NON COMPLICATA)

A CUrA deL dr. GAeTANO reSSA

Le Infezioni delle vie urinarie (UTI) rientrano tra le patologie più frequentemente riscontrate nella pratica clinica territoriale e rappresentano un note-vole interesse a causa della loro elevata frequenza, occupando il secondo posto nella graduatoria delle infezioni, dopo quello delle vie respiratorie, con un impatto sociale ed economico molto rilevante.Si stima che solo negli USA, vengano effettuate an-nualmente circa 7 milioni di visite mediche e che cir-ca il 15% delle prescrizioni antibiotiche siano effet-tuate a riguardo con 100.000 ricoveri ospedalieri per quadri complicati, in gran parte pielonefriti.Si può ben comprendere come questo problema ab-bia importanti risvolti economici in costi diretti (vis-ite mediche, analisi, accertamenti strumentali, ricov-eri) ed indiretti (perdita di produttività associata alla malattia).Questi dati divengono molto più allarmanti alla luce dello sviluppo e del riscontro di quadri di antibioticoresistenza sempre più diffusi, da correlare spesso ad un uso non ottimale degli antibiotici oggi disponibili.Accanto alla figura del MMG, lo special-ista Urologo del territorio assume un importante ruolo non solo educazionale (prevenzione delle in-fezione delle vie urinarie attraverso la promozione di adeguate abitudini e stili di vita), ma anche diagnos-

tico e terapeutico.“L’uso prudente della terapia antibiotica e la complessità del trattamento delle comuni infezi-oni delle vie urinarie” è stato il tema della riun-ione congiunta della EAU Section of Female and Functional Urology (ESFFU) e della EAU Section of Urology Infections (ESUI) tenutasi il 12 Marzo presso il Congresso eAU di Monaco.Vitaly Smelov (Francia), studioso dell’importan-za dell’ambiente Microbiota Umano nello sviluppo delle IVU, ha evidenziato come “il consumo inop-portuno di antibiotici stia aumentando e che in Eu-ropa le infezioni da germi multiresistenti sia causa di circa 25.000 morti all’anno. Un motivo di ques-to fenomeno potrebbe essere il fatto, dimostrato da recenti studi clinici, che il 20% - 50% delle terapia antibiotiche siano inappropriate o non necessarie”. Nella sua relazione conclude affermando come “le urine sterili siano un mito e che le moderne tecnol-ogie siano perfettamente in grado di evidenziare la presenza di batteri normalmente non evidenziabili negli esami standard di urinocoltura. e’ allora giunto il momento di ridefinire le IVU ed i disordini delle vie urinarie evidenziabili con i normali tests di lab-oratorio”.Il ruolo della ricerca di base è stato il focus dell’in-tervento di Bjorn Wullt (Svezia) il quale ha spiega-to come “la ricerca moderna abbia oggi modificato il suo obiettivo, spostando l’attenzione dai batteri all’ospite ed in modo particolare alla suscettibilità individuale causata probabilmente da un polimorf-ismo genetico; la genetica infatti, sta cercando di identificare modificazioni genomiche responsabili di disfunzioni dell’apparato urinario dell’ospite causa di maggiore suscettibiltà a sviluppare quei processi infiammatori causati da una colonizzazione batter-ica. Lo sviluppo di una Pielonefrite, ad esempio, è intimamente dipendente dal grado di risposta in-fiammatoria individuale dell’ospite, così come la “batteriuria cronica asintomatica” fornisca un buon esempio di controllo e tolleranza della colonizzazi-one batterica senza sviluppo di malattia”.Ulteriori ed interessanti argomenti di discussione sono stati il “Management delle IVU nel paziente neurologico”, relatore Markus Drake (UK) e le “IVU nel paziente cateterizzato”, relatore Bela Koves (Ungheria). Il primo, illustrando le alterazio-ni funzionali delle vie urinarie di natura neurologica, ha sottolineato l’importanza dello specialista urologo

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di riferimento con competenza specifica (neuro-urol-ogist) e della precisa identificazione del microorgan-ismo responsabile della IVU e della sua suscettibilità alla terapia antibiotica che comunque dovrà avere opportuna durata. Il secondo, nella sua lettura, ha messo in evidenza come circa il 30% dei cateterismi vescicali iniziali siano ingiustificati e che tale proce-dura dovrebbe essere condotta rispettando le norme di igiene e comunque durare il meno possibile.

Alla riunione congiunta delle sezioni eSFFU – eSUI è seguito un Corso ESU (“Infectious disease in Urol-ogy”) che ha trattato i seguenti argomenti:• Definizione e classificazione delle IVU• Diagnosi, trattamento e strategie di profilassi delle IVU• Cistite ricorrente non complicata• IVU complicate• Urosepsi e Gangrena di Fournier• Infezioni delle vie genitali maschili

INFEZIONI RICORRENTI NON COMPLICAtE DELLE BASSE VIE URINARIE NELLA DONNA: COSA CI DICONO LE LINEE GUIDA EAUA CUrA deL dr. GAeTANO reSSA

Si definisce ricorrente la presenza di due o più episo-di di IVU non complicate del basso apparato urinario negli ultimi 6 mesi o tre o più episodi nel corso degli ultimi 12 mesi.L’incidenza è più elevata soprattutto nelle donne ed è spesso da attribuire a fattori di rischio comportamen-tali (scarsa idratazione per os, abitudini sessuali, etc) o a condizioni fisiologiche (gravidanza, menopausa) o cliniche (residuo post minzionale, cistocele, incon-tinenza urinaria).Le IVU ricorrenti hanno un notevole impatto sulla qualità della vita, deterioramento della vita sessuale, maggiore incidenza di vulvodinia e possibilità di svi-luppo di condizioni quali l’ipersensibilità vescicale e sintomi correlabili alla sindrome della vescica iper-attiva (OAB).Sono classificabili come recidive, se causate dallo stesso uropatogeno entro 30 giorni dal precedente episodio (20-30% dei casi) o come reinfezioni (70-80%) se causate da ceppi patogeni di tipo diverso; tale distinzione è comunque spesso difficile nella pratica clinica quotidiana, sebbene, nella gran parte dei casi, gli episodi ricorrenti sono dovuti allo stesso ceppo, a supporto dell’ipotesi della persistenza bat-terica intracellulare.di utilità clinica risulta inoltre la distinzione tra cis-titi ricorrenti postcoitali (intercourse related) e cistiti ricorrenti non coitali, con le prime che rappresentano il 75-90% dei casi e che sono più semplici da trattare e da prevenire.La presenza della sintomatologia (disuria, pollachi-uria, stranguria, urgenza, dolore zona ipogastica, macroematuria nella cistite emorragica) e l’esame delle urine con l’urinocoltura del mitto intermedio (LE 4, GR A), permettono nella maggior parte dei casi di effettuare la diagnosi. esami morfo – funzi-onali delle alte vie urinarie (Urografia con mdc) e gli esami endoscopici (Cistoscopia), andrebbero ris-ervati solo a casi atipici (LE 1b, GR B). Importante, nella cistite ricorrente, è invece lo studio ecografi-co della vescica per escludere la presenza di residuo post – minzionale (LE 4, GR B).

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La terapia antibiotica mirata, da effettuare sempre sulla guida dell’antibiogramma, prevede il tratta-mento antibiotico per un minimo di 3 gg con gli stes-si antibatterici utilizzati per il trattamento del singolo episodio, mentre per le donne in post menopausa, è conveniente prolungare la terapia per almeno 7 gg. L’esame delle urine con l’urinocoltura di controllo andrebbe eseguita ad 1 – 2 settimane dal termine del-la terapia antibiotica.Ottenuta la negativizzazione dell’urinocoltura è op-portuno adottare strategie di prevenzione che com-prendono:

• Fattori comportamentali:

aumento dell’apporto idrico giornaliero; svuotare con frequenza la vescica; svuotare la vescica prima e dopo aver svolto

attività sessuale; effettuare una adeguata igiene intima “front

to back”; evitare uso di diaframmi o spermicidi.

• Profilassi non antibiotica:

la terapia ormonale sostitutiva a livello locale vaginale con creme o gel di estrogeni, può prevenire gli episodi di IVU, sebbene un 6 – 20% delle donne accusi episodi di irritazi- one vaginale; l’efficacia dei probiotici per os non è attual-

mente provata; maggiore efficacia hanno di- mostrato i preparati a base di Lattobacilli (L. Rhamnosus GR-1, L. Reuteri RC-14) per via vaginale una o due volte alla settimana (Le 1b, GR B); l’uso di prodotti a base di Cranberry non

sembra aver dato risultati in 24 studi di meta- nalisi che hanno considerato circa 4.473 partecipanti, per cui il suo utilizzo non è at- tualmente raccomandato nelle cistite ricorrenti; il d-mannosio, alla dose di 2 gr/die, sembra

aver dato, in recenti trials placebo control- lati,un risultato efficace parimenti all’uso di 50 mg di nitrofurantoina; ma tali risultati non sono attualmente sufficienti per una racco- mandazione nel suo utilizzo; le instillazioni endovescicali di acido ialuron-

ico e condroitin solfato, al fine di ripristin-are lo strato di GAG della mucosa vescicale, sono utilizzate attualmente per la terapia della cistite interstiziale, della vescica iperattiva e cistite attinica, ma il suo uso nella prevenzi-one delle IVU ricorrenti richiede ancora ulte-riori studi;

l’antibioticoprofilassi può essere usata in modo continuativo (giornalmente, settimanal-mente) anche per lunghi periodi di tempo (3 – 6 mesi) oppure come single – dose post coitale; essa tuttavia, può essere intrapresa solo dopo che le norme igienico – comporta-mentali e la profilassi non antibiotica si siano mostrate insufficienti (LE 4, GR B); i famaci attualmente consigliati per la profilassi antibi-otica continuativa sono la nitrofurantoina (50 – 100 mg/die), la fosfomicina trometamolo (3 gr/ogni 10 gg) e, in corso di gravidanza, la ce-falexina (125 – 250 mg/die) o il cefaclor (250 mg/die). Nel caso dell’uso della nitrofurantoi-na a lunga durata, si dovrà porre particolare attenzione ai possibili effetti tossici a livello epatico e polmonare. La scelta dell’antibi-otico dovrà comunque essere effettuata sulla base dell’identificazione e suscettibilità dei germi, la tolleranza individuale del soggetto e le eventuali allergie. I fluorochinoloni e le cefalosporine non sono consigliabili nell’uso profilattico routinario, eccetto in casi partico-lari. L’antibioticoresistenza di diversi ceppi di E. Coli, ha reso in trimethoprim – sulfo-namide di dubbia efficacia nella prevenzione delle IVU.

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LA SIUT E LA FONDAZIONE ITALIANA CONTINENZAA CURA DELLA DR. SSA STEFANIA CHIERCHIA

Una domenica verso ora di pranzo di qualche mese fa squillò il mio cellulare, indaffarata tra mille cose da fare ,da imboccare i miei bimbi, cucinare, sistemare la tavola, vidi che era il mio Maestro che mi cerca-va. Preoccupata per paura che ci fosse qualche lavoro urgente da fare, rispondo. Il Prof. Roberto Carone, mi chiedeva con aria rassicurante se fossi interessata ad entrare a far parte del Team del Comitato scientif-ico della Fondazione Italiana Continenza. Inorgoglita e contenta di essere presa in considerazione per tale proposta ho subito accettato, e mi sono data da fare nel cercare di capire chi fosse la FIC.Inoltre la Fondazione Italiana Continenza ha aper-to le porte anche alla SIUT , ed ha inviato al nostro Presidente una richiesta di avere un rappresentante SIUT al tavolo con loro. Il nostro Presidente Corrado Franzese, dopo un consulto con il Consiglio Diretti-vo ha delineato me con delegato in quanto già facente parte di tale organo. ringrazio di cuore per questo duplice ruolo che spero di non deludere.Ma torniamo a noi….cos’è la Fondazione Italiana Continenza?La Fondazione Italiana Continenza, presieduta dal Prof. Mario De Gennaro dal 1 Gennaio 2015, Urolo-go Pediatra dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma, con il continuo conforto del Past-President Prof. Roberto Carone, nasce dalla volontà di alcuni fra i massimi esperti in Italia in materia di Incontinenza, che già da tempo avevano identificato il bisogno di lavora-re per l’affermazione della rilevanza socio-sanitaria

di una patologia sempre più diffusa e che da sempre dedicano a questo settore la propria attività clinica e scientifica. La mission della Fondazione italiana continenza che si configura come ente senza fini di lucro è volta a sensibilizzare i pubblici di riferimento sulle tematiche dell’Incontinenza, una patologia che affligge milioni di persone, giovani e anziani, uomini e donne, che necessitano di informazioni e strumenti atti a comprendere la patologia stessa, combattere i pregiudizi che la circondano, contribuire ad alleviare il serio impatto psicologico della patologia sugli stes-si pazienti e sui loro familiari. Un disagio psicologi-co spesso aggravato dalla mancanza di informazioni puntuali e approfondite.

Pubblici di riferimento:

La Fondazione italiana continenza si rivolge e riu-nisce tutti i soggetti coinvolti nella prevenzione, di-agnosi e cura dell’incontinenza urinaria e fecale: • Ministero della Sanità ed altre istituzioni governative.• Pazienti e loro associazioni.• Comunità medica (MMG, Specialisti, Farmacisti, Infermieri, Farmacoeconomisti,)• Associazioni Scientifiche• Aziende del Settore.

Obiettivi della Fondazione italiana Continenza:

• sensibilizzare tutti i pubblici di riferimento sulle tematiche dell’Incontinenza• identificare i bisogni dei pazienti e le

possibi li soluzioni• aiutare i pazienti a migliorare la qualità di

vita e a superare gli aspetti più critici della patologia

• migliorare l’educazione sanitaria dei cittadini in materia di Incontinenza

• contribuire alla preparazione degli operatori sanitari e sostenere il principio della qualità dei servizi delle strutture sanitarie e istituzi-onali in termini di prevenzione, riabilitazione e cura.

• promuovere la ricerca organizzata, l’istituzi-

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one di figure professionali specifiche e la sper-imentazione scientifica.

• svolgere un ruolo attivo in qualità di interlocu-tore del Ministero della Sanità, e della altre is-tituzioni governative. Promuovere la formazi-one di una rete di centri regionali dedicati...

La Regione Piemonte è allo stato attuale la sola regione italiana che ha istituito una “Rete integrata di Centri per la prevenzione, diagnosi e cura dell’incontinenza urinaria”. Con apposite deliberazioni della Giunta re-gionale (d.G.r. n.40-12566 del 24 maggio 2004) sono stati istituiti 42 centri. La rete comprende: n.16 Centri di I° livello (centri ambulatoriali, multispecialistici, al cui interno operano contemporaneamente diversi pro-fessionisti del settore, quale l’Urologo, il Ginecologo ed il Fisiatra, infermieri esperti in uroriabilitazione e fisioterapisti esperti in riabilitazione del pavimento pelvico); n.24 Centri di II° livello (strutture complesse monospecialistiche di Urologia, Ginecologia e Fisia-tria individuate per la loro specifica competenza e che costituiscono dei punti di riferimento per il trattamen-to di pazienti non gestibili dal I° livello);n.1 Centro di III° livello (identificato nella struttura complessa di Neuro-Urologia della Azienda Città della Salute e della Scienza di Torino, sede di una attività altamente specialistica rivolta ai casi a maggiore complessità clinica). La Fondazione italiana continenza aderisce al Continence Promotion Committee dell’Interna-tional Continence Society, organismo internazionale che riunisce circa trenta organizzazioni con il comune obiettivo di promuovere la conoscenza e le risposte socio-sanitarie in tema di Incontinenza. L’obiettivo at-tuale è quello di diffondere in atre Regioni il modello dei Centri per l’incontinenza, ed attualmente grazie al coinvolgimento della FIC presso il Ministero del-la Sanità , la Fondazione sta costruenzo con l’aiuto anche di tante e valide società scientifiche tra cui la SIUT, un PDTA sulla tematiche della Incontinenza.Le riunioni si svolgono a Milano 1 lunedì al mese, ogni mese. Il clima è di massima serenità e collabo-razione, seduti ad un tavolo con un drappo rosso, og-nuno propone con la voglia di dare il meglio, e ques-to si percepisce, ed è davvero bello.Dopotutto come potrei non essere orgogliosa e felice di far parte della Fondazione Italiana Continenza?Grazie mille e buon lavoro a tutti.A presto con gli aggiornamenti del nostro lavoro.

Per informazioni dei nostri espertiscrivi a: [email protected]

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LA vESCICA IPERATTIvAA CURA DELLA DR. SSA STEFANIA CHIERCHIA

La vescica iperattiva è una Sindrome caratterizzata da Urgenza, Pollachiuria e Nocturia. A tale corteo sintomatologico può o meno associarsi una Inconti-nenza Urinaria, ed in tal caso si parlerà rispettiva-mente di Vescica Iperattiva asciutta o bagnata. La terminologia a riguardo è un po’ cambiata dal 2002 ad oggi. difatti i termini utilizzati erano di Vescica ipersensibile o irritabile, oggi il termine corretto è di Sindrome della Vescica Iperattiva.Il sintomo cardine è l’urgenza (Urgency) definita come un desiderio improvviso di urinare difficile da trattenere.

 

Sindrome  della  Vescica  Iperattiva   (OAB  Syndrome)

• Pollachiuria

• Nocturia

• Urgenza

• Con  o  senza  

incontinenza (senza  infezioni  o  altre  patologie)

Asciutta

Bagnata

IL tERMINE VESCICA IPERAttIVA (OAB) DESCRIVE UN PROBLEMA CLINICO CAR-ATTERIZZATO DA UNA URGENZA MA NON è UNA DIAGNOSI URODINAMICA

Questi sintomi sono indicativi di iperattività detruso-riale (dimostrabile Urodinamicamente da contrazioni involontarie del detrusore), ma possono essere dovu-ti anche ad altre forme di disfunzioni di svuotamento vescicale .Da un Punto di vista epidemiologico , la prevalenza (Milsom I et al. BJU Int. 2001;87:760-766) della SVI è del 16.6% della popolazione con età >40 anni ed inoltre la prevalenza della vescica iperattiva aumenta con l’età.

   

Come si evince da questo grafico, la Sindrome della Vescica iperattiva è una patologia che inficia molt-issimo la qualità di vita di chi ne è affetto. Per tale motivo ad oggi risulta essere ancora tra le patologie che più di tutte limita la vita sociale, sessuale, occu-pazionale, nonché ha un forte impatto psicologico.Esistono inoltre alcuni fattori di rischio associati, quali l’età, il genere (le femmine maggiormente col-pite rispetto ai maschi), l’obesità , il diabete, inter-venti sull’area pelvica (es. Isterectomia), il prolasso vaginale, l’IPB (intesa come ostruzione) e Malattie Neurologiche (dalla Malattia di Parkinson alla De-pressione).

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Come Diagnosticarla? La diagnosi di SVI si effettua tramite una anamnesi completa, l’esame obiettivo addominale, vaginale/perineale/prostatico, l’esame neurologico,la valu-tazione dei muscoli del pavimento pelvico, gli esami ematici ed esame chimico-fisico delle urine , il Dia-rio minzionale, il Pad test e la valutazione del resid-uo post-minzionale dopo tale inquadramento potrà essere intrapreso un primo approccio terapeutico che si baserà su una diagnosi presuntiva di Iperattività detrusoriale.La terapia di primo livello è costituita da educazione minzionale, riabilitazione del Pavimento pelvico, utilizzo di farmaci Antimuscarinici o Be-ta-agonisti, ed inoltre nell’uomo se si sospetta una ostruzione da IPB l’utilizzo dei farmaci alfa-antag-onisti.

Dopo tale primo approccio, in caso di fallimento del-la terapia assegnata , si può approfondire con esami di secondo livello, ovvero l’Ecografia dell’appara-to urinario, l’Esame Urodinamico ed una eventuale Uretrocistoscopia.

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Ma a mio giudizio, l’unico modo per conoscere il motivo della presenza di tale sintomatologia e di inquadrarlo da un punto di vista Fisiopatologico , è con l’esame Urodinamico, eseguito non come un ECG, ma inteso come una presa in carico totale del paziente. Grazie alla conoscenza di tutte le patologie ed i sin-tomi del paziente e grazie ai dati forniti dall’esame, è possibile trovare la terapia corretta. Se infatti ana-lizziamo i meccanismi fisiopatologici che sottendono il sintomo Urgency, ci rendiamo conto che non può esistere un’unica terapia per tutto.esistono varie cause di OAB:1. diminuita capacità di elaborare le afferenze da parte del cervello2. diminuita inibizione sovrapontina3. Aumento delle afferenze centrali da parte dell’uretra e della vescica4. Accentuazione del Mahony Reflex5. DO secondaria a patologie organiche dell’area pelvica e dell’urotelio (POP, Ostru- zione, cistite interstiziale etc..)6. dO secondaria ad iperattività dell’area sacrale

Per ciascuna di queste cause esite una terapia diversa ed è compito di noi Urologi capire la causab di una disfunzione e provvedere ad assegnare la giusta ter-apia.

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CASE REPORT

HERPES ZOSTER GENITALE

Paziente di 81 anni.APR: cardiopatia ipertensiva in trattamento con ACE-inibitori e beta-bloccanti. LUTS/PBH in tratta-mento da anni con Tamsulosin 0.4 mg/dieA.P.P: Da una settimana “bruciori uretrali” ingravescenti non associato ad altri disturbi minzionali. Nega febbre nelle settimane precedenti. Non turbe del metabo-lismo glicidico. es. laboratorio non eseguiti. e.O.L: Sulla mucosa glandulare e prepuziale numerose le-sioni erosive, per lo più circolari con fondo giallastro e colletto iperemico, non sanguinanti ( fig. 1 ).

Contestualmente si apprezzava sul lato posteriore della coscia sinistra un classico rash di Herpes Zoster sul dermatomero S3 ( fig. 2 )

che il paziente non aveva notato, salvo confermare, su espressa richiesta, la sensazione di leggero fastid-io alla coscia.Veniva iniziata terapia con Brivudina cpr 125 mg/die per sette giorni con completa regres-sione delle lesioni dopo due settimane dall’inizio del trattamento ( In fig. 3 e 4 aspetto delle lesioni a fine trattamento ) e del bruciore glandulare dopo un mese.

CommentoGli herpes sono una famiglia di virus che si propa-gano con gran facilità e che causano molte malat-tie, come il Vaiolo, , l’Herpes genitale e quello orale, la Mononucleosi infettiva, la Varicella e l’Herpes Zoster ( le ultime due dovute al medesimo virus ) L’Herpes Zoster è un’acuta e dolorosa eruzione vescicolare cutanea e mucosa dovuta alla riattivazi-one del virus che rimane latente nei gangli sensiti-vi dopo la risoluzione della Varicella. Di norma è confinata ad un singolo dermatomero ma può anche

CASE REPORT Dr. Vincenzo Milioto

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CASE REPORT Luciana Mariani

coinvolgere 2-3 dermatomeri adiacenti, è unilaterale e può colpire sia i nervi craniali che quelli periferici. e’ più frequente nei soggetti immunodepressi e negli anziani.Circa l’ 1% della popolazione svi-luppa l’herpes zoster nel corso della propria es-istenza e l’incidenza annuale è di 2 casi per 1000 pazienti, mentre negli ultraottantenni la per-centuale può arrivare a 9 casi per 1000 pazienti. Le regioni più colpite sono la toraco –lombare (50–60%) e la facciale (10–20%), mentre è poco frequente il coinvolgimento dei dermatomeri sacrali ( 5 %). La terapia si avvale di farmaci antivirali ( brivudi-na, aciclovir, femciclovir ) e farmaci attivi sul dolore ( gabapentina, pregabalin, antidepressivi triciclici)

Bibliografia

1) A. M. Arvin, “Varicella-zoster virus,” Clinical Microbiology Reviews, 1996.

2) S. Gudmundsson, S. Helgason, and J. A. Sigurdsson, “The clinical course of herpes zoster: a prospective study in primary care,” European Journal of General Practice, 1996.

3) R. P. Insinga, R. F. Itzler, J. M. Pellissier, P. Saddier, and A.A. Nikas, “The incidence of herpes zoster in a United Statesadministrative database,” Journal of General InternalMedicine, 2005.

4) R. E. Hope-Simpson, “The nature of herpes zoster: along term study and a new hypothesis,” Proceedings of the Royal Society of Medicine, 1965.

5) B. A. Weaver, “The burden of herpes zoster and postherpetic neuralgia in the United States,” Journal of the American Osteopathic Association, 2007.

6) Spray and D. A. Glaser, “Herpes zoster of the penis: an unusual location for a common eruption,” Journal of the American Academy of Dermatology, 2002.

7) J. K. Oates and P. R. D. H. Greenhouse, “Retention of urine in anogenital herpetic infection,” The Lancet, 1978

CASE REPORT

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CONGRESSO NAZIONALE

24 | 25 | 26 NOVEMBRE 2016 - LECCE

VISAVE

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