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Date post: 10-Mar-2016
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a very interesting newspaper
16
ANNO XLII . N. 43 . MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012 EURO 1,50 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50 SPED. IN ABB. POST. - 45% ART.2 COMMA 20/ BL 662/96 - ROMA ISSN 0025-2158 Insindacabile N ei contratti di consulenza offerti dalla Rai alle sue collaboratrici c’è una «clausola gravidan- za»: chi è o rimane incinta rischia di perdere il lavoro. La denuncia è del coordinamento dei giornalisti freelance "Errori di Stampa": «Il direttore generale Lo- renza Lei la ritiri e ponga fine anche ai contratti-truffa per i giornalisti che lavorano a cottimo». Viale Mazzini nega: «Mai sognato di interrompere contratti di collabo- razione a causa di maternità». Susanna Camusso (Cgil) attacca: «È un contratto illegittimo. Considera causa di risoluzione del rapporto di lavoro la malattia, l'infortu- nio e la gravidanza». Condanne anche da parte di Cisl, Pd e Idv. Vendola: «Via queste norme capestro che so- no offensive per le giovani collaboratrici» |PAGINA 8 LAVORO PRECARIO A VIALE MAZZINI Non partoriRai. Clausola gravidanza nella bufera «Riforma del lavoro con o senza i sindacati». Monti insiste sulla linea dura e il ministro Fornero lancia l’idea di abolire la cassa integrazione. Poi la promessa, poco tecnica e molto già sentita, di abbassare le tasse. Art. 18, coro di no alla proposta Veltroni PAGINE 4, 5 UE/GRECIA Eurogruppo verso fondi capestro ad Atene Mentre scriviamo l’Eurogrup- po è ancora riunito. È sicuro il finanziamento di 130 miliardi per «salvare» la Grecia dal default e gettarla in un nuovo pozzo di debiti, condizionati da Bruxelles «a rate». Manca- no ancora le firme di Francia e Germania. Tutta la Grecia in piazza e le Borse europee già festeggiano. 12 capi di gover- no alla Ue: «Ora 8 punti per la crescita». |PAGINE 6, 7 NOI CI SIAMO E VOI? PIRATI COLLATERALI | PAGINA 9 In India cortei contro l’Italia. Marò arrestati a rischio pena di morte T recentomila euro in dieci giorni, 272 nuovi abbona- menti, sostenitori da tut- to il mondo, vendite in ripresa. Tutto quello che osavamo spe- rare si sta verificando. La liqui- dazione amministrativa del ma- nifesto ha svegliato i lettori più lontani, ha mobilitato quelli più vicini, ha allarmato la cultura. Ha invece lasciato indifferente il mondo dell’informazione, na- turalmente con qualche lodevo- le eccezione. Come se il bava- glio al pluralismo delle voci fos- se una parola di plastica, model- labile a uso e consumo ai tempi del governo Berlusconi. Come se la scomparsa delle 400mila copie quotidiane vendute dal centinaio di testate a rischio, in fondo fosse un bottino di guer- ra sull’asfittico mercato italiano (vale solo la pena di ricordare che nell'Italia del 2012 si vende lo stesso numero di giornali del 1936). Grazie a tutti voi che avete scelto di stare con noi, nell’ulti- ma nostra, decisiva battaglia. Tutte le copie che oggi vendia- mo sono un bene prezioso che vogliamo coltivare, una per una, migliorare e incrementare. Anche se è difficile, chiunque lo può capire, produrre più quali- tà con prepensionamenti e cas- sa integrazione, una riduzione del costo del lavoro che si som- ma a un livello salariale basso e precario. Ma questo lo sapete già come lo sapevamo noi quan- do ci siamo assunti le nostre re- sponsabilità nella fase più ar- dua di questa lunga storia. Nell’appello di copertina del primo giorno («Senza Fine») ab- biamo scritto che le nostre diffi- coltà sono state esasperate con i tagli ai fondi dell’editoria, e se anche domani il Fondo fosse ri- finanziato, i tempi della non de- cisione del governo ci hanno provocato un danno economi- co molto grave. Ma, subito do- po, indicavamo nel crollo della pubblicità il secondo elemento del deficit di bilancio. Come per l’azzeramento dei contributi pubblici, anche su questo do- lente capitolo la crisi del paese non c'entra, o almeno, non spie- ga tutto. In Italia, dove fa da padrone un mercato fasullo, la pubblici- tà va dove la porta un sistema di relazioni e di conflitti di inte- resse che nulla ha a che vedere con le vendite del giornale. E se non hai un finanziatore alle spalle, lesto a ripianare i conti, se non hai un partito che un po- tere, più o meno grande, ce l’ha, allora devi (dovresti) rasse- gnarti e mollare. Il terzo punto su cui insistia- mo è la crisi della sinistra, il nau- fragio di una cultura politica del cambiamento, così debole e di- visa da essere zittita e sopraffat- ta dal ventennio berlusconiano prima, dallo strano governo dei tecnici dopo. Noi che della sini- stra italiana rappresentiamo una radice antica, eretica e plu- rale non potevamo non soffrir- ne le conseguenze. È evidente che il governo dei professori non ci ha fatto del male solo nel sottrarci il 23 per cento delle entrate di un bilan- cio annuale, ma ancora ce ne fa- rà perché l'ideologia che lo so- stiene poggia sull'idea di uno stato di necessità senza alterna- tive (il ritornello dei talk-show è sempre più assillante: destra e sinistra sono superate). CONTINUA |PAGINA 2 AFGHANISTAN | PAGINA 9 Si ribalta un «Lince», muoiono tre militari italiani Perry Anderson | PAGINA 2 C ome ci ha insegnato l’antro- pologo inglese Tim Ingold, le società umane trovano equili- brio e sviluppo attraverso un conti- nuo lavoro di tessitura creato dalle varie attività dei loro membri. Noi costruiamo edifici e monumenti, produciamo beni che poi scambia- mo, immaginiamo idee che poi co- munichiamo – ma tutto ciò è possi- bile solo e soltanto attraverso il quo- tidiano intrecciarsi delle diverse rela- zioni che ci fanno vivere. Quando una società muore, i suoi monu- menti, i suoi prodotti, le sue idee, possono sopravvivere per un tempo più o meno lungo. La morte di una società non è, infatti, un problema di monumenti o di idee, ma è sem- plicemente l’interruzione di un quo- tidiano e continuo lavoro di intrec- cio e tessitura. Per interi decenni il manifesto ha operato in prima persona questo lavo- ro di quotidiana tessitura. Un lavoro di intreccio e di costruzione della vita sociale, politica, intellettuale e artisti- ca italiana. CONTINUA |PAGINA 2 N on mi piace la violenza. Non penso che ci sia molto di gua- dagnato nel bruciare le ban- che e rompere le vetrine. E tuttavia mi sento bene quando vedo la reazio- ne ad Atene ed in altre città della Gre- cia all’approvazione da parte del par- lamento greco delle misure imposte dall’Unione Europea. Di più: se non ci fosse stata un’esplosione di rabbia, mi sarei sentito sprofondare in un mare di depressione. Questa gioia è quella che si prova a vedere il pove- raccio sempre bistrattato, ribellarsi e ruggire. CONTINUA |PAGINA 7 BUONE NOTIZIE Norma Rangeri Alexander Cockburn | PAGINA 3 Victor Navasky | PAGINA 2 RUSSIA | PAGINA 9 Vladimir Putin al voto riarmando il paese «contro lo scudo-Usa» La campagna di sottoscrizione prosegue a ritmi forsennati. Nonostante la liquidazio- ne coatta amministrativa abbiamo raccol- to quasi 300 abbonamenti in una settima- na. Il manifesto, grazie a voi, tiene il pun- to «senza fine»: la nostra lotta è politica, culturale e giornalistica. Questo giornale è una breccia di libertà, un varco a disposi- zione della sinistra europea e non solo. Hanno scritto per noi La sinistra vada oltre la sinistra. Con lo sviluppo dell’essere piuttosto che la crescita dell’avere. Una risposta a Rossana Rossanda L’ARTICOLO Giorgio Ruffolo pagina 15 Una quotidiana di tessitura di idee Yves Citton, Yann Moulier-Boutang, Anne Querrien MOVIMENTO GRECO La rabbia e l’amore John Holloway MARIO MONTI FOTO SIMONA GRANATI
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Page 1: giornale1

ANNO XLII . N. 43 . MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012 EURO 1,50

CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50SPED. IN ABB. POST. - 45% ART.2 COMMA 20/

BL 662/96 - ROMA ISSN 0025-2158

Insindacabile

Nei contratti di consulenza offerti dalla Rai allesue collaboratrici c’è una «clausola gravidan-za»: chi è o rimane incinta rischia di perdere il

lavoro. La denuncia è del coordinamento dei giornalistifreelance "Errori di Stampa": «Il direttore generale Lo-renza Lei la ritiri e ponga fine anche ai contratti-truffaper i giornalisti che lavorano a cottimo». Viale Mazzininega: «Mai sognato di interrompere contratti di collabo-razione a causa di maternità». Susanna Camusso (Cgil)attacca: «È un contratto illegittimo. Considera causa dirisoluzione del rapporto di lavoro la malattia, l'infortu-nio e la gravidanza». Condanne anche da parte di Cisl,Pd e Idv. Vendola: «Via queste norme capestro che so-no offensive per le giovani collaboratrici» |PAGINA 8

LAVORO PRECARIO A VIALE MAZZINI

Non partoriRai. Clausolagravidanza nella bufera

«Riforma del lavoro con o senza i sindacati». Monti insiste sulla linea dura e il ministroFornero lancia l’idea di abolire la cassa integrazione. Poi la promessa, poco tecnica emolto già sentita, di abbassare le tasse. Art. 18, coro di no alla proposta Veltroni PAGINE 4, 5

UE/GRECIA

Eurogruppoverso fondicapestroad AteneMentre scriviamo l’Eurogrup-po è ancora riunito. È sicuro ilfinanziamento di 130 miliardiper «salvare» la Grecia daldefault e gettarla in un nuovopozzo di debiti, condizionatida Bruxelles «a rate». Manca-no ancora le firme di Franciae Germania. Tutta la Grecia inpiazza e le Borse europee giàfesteggiano. 12 capi di gover-no alla Ue: «Ora 8 punti perla crescita». |PAGINE 6, 7

NOI CI SIAMO E VOI?

PIRATI COLLATERALI | PAGINA 9

In India cortei control’Italia. Marò arrestatia rischio pena di morte

Trecentomila euro in diecigiorni, 272 nuovi abbona-menti, sostenitori da tut-

to il mondo, vendite in ripresa.Tutto quello che osavamo spe-rare si sta verificando. La liqui-dazione amministrativa del ma-nifesto ha svegliato i lettori piùlontani, ha mobilitato quelli piùvicini, ha allarmato la cultura.Ha invece lasciato indifferenteil mondo dell’informazione, na-turalmente con qualche lodevo-le eccezione. Come se il bava-glio al pluralismo delle voci fos-se una parola di plastica, model-labile a uso e consumo ai tempidel governo Berlusconi. Comese la scomparsa delle 400milacopie quotidiane vendute dalcentinaio di testate a rischio, infondo fosse un bottino di guer-ra sull’asfittico mercato italiano(vale solo la pena di ricordareche nell'Italia del 2012 si vendelo stesso numero di giornali del1936).

Grazie a tutti voi che avetescelto di stare con noi, nell’ulti-ma nostra, decisiva battaglia.Tutte le copie che oggi vendia-mo sono un bene prezioso chevogliamo coltivare, una peruna, migliorare e incrementare.Anche se è difficile, chiunque lopuò capire, produrre più quali-tà con prepensionamenti e cas-sa integrazione, una riduzionedel costo del lavoro che si som-ma a un livello salariale basso eprecario. Ma questo lo sapetegià come lo sapevamo noi quan-do ci siamo assunti le nostre re-sponsabilità nella fase più ar-dua di questa lunga storia.

Nell’appello di copertina delprimo giorno («Senza Fine») ab-biamo scritto che le nostre diffi-coltà sono state esasperate coni tagli ai fondi dell’editoria, e seanche domani il Fondo fosse ri-finanziato, i tempi della non de-cisione del governo ci hannoprovocato un danno economi-co molto grave. Ma, subito do-po, indicavamo nel crollo dellapubblicità il secondo elementodel deficit di bilancio. Come perl’azzeramento dei contributipubblici, anche su questo do-lente capitolo la crisi del paesenon c'entra, o almeno, non spie-ga tutto.

In Italia, dove fa da padroneun mercato fasullo, la pubblici-tà va dove la porta un sistemadi relazioni e di conflitti di inte-resse che nulla ha a che vederecon le vendite del giornale. E senon hai un finanziatore allespalle, lesto a ripianare i conti,se non hai un partito che un po-tere, più o meno grande, cel’ha, allora devi (dovresti) rasse-gnarti e mollare.

Il terzo punto su cui insistia-mo è la crisi della sinistra, il nau-fragio di una cultura politica delcambiamento, così debole e di-visa da essere zittita e sopraffat-ta dal ventennio berlusconianoprima, dallo strano governo deitecnici dopo. Noi che della sini-stra italiana rappresentiamouna radice antica, eretica e plu-rale non potevamo non soffrir-ne le conseguenze.

È evidente che il governo deiprofessori non ci ha fatto delmale solo nel sottrarci il 23 percento delle entrate di un bilan-cio annuale, ma ancora ce ne fa-rà perché l'ideologia che lo so-stiene poggia sull'idea di unostato di necessità senza alterna-tive (il ritornello dei talk-show èsempre più assillante: destra esinistra sono superate). CONTINUA |PAGINA 2

AFGHANISTAN | PAGINA 9

Si ribalta un «Lince»,muoiono tremilitari italiani

Perry Anderson | PAGINA 2

Come ci ha insegnato l’antro-pologo inglese Tim Ingold, lesocietà umane trovano equili-

brio e sviluppo attraverso un conti-nuo lavoro di tessitura creato dallevarie attività dei loro membri. Noicostruiamo edifici e monumenti,produciamo beni che poi scambia-mo, immaginiamo idee che poi co-munichiamo – ma tutto ciò è possi-bile solo e soltanto attraverso il quo-tidiano intrecciarsi delle diverse rela-zioni che ci fanno vivere. Quandouna società muore, i suoi monu-menti, i suoi prodotti, le sue idee,possono sopravvivere per un tempopiù o meno lungo. La morte di unasocietà non è, infatti, un problemadi monumenti o di idee, ma è sem-plicemente l’interruzione di un quo-tidiano e continuo lavoro di intrec-cio e tessitura.

Per interi decenni il manifesto haoperato in prima persona questo lavo-ro di quotidiana tessitura. Un lavorodi intreccio e di costruzione della vitasociale, politica, intellettuale e artisti-ca italiana. CONTINUA |PAGINA 2

Non mi piace la violenza. Nonpenso checi sia molto digua-dagnato nel bruciare le ban-

che e rompere le vetrine. E tuttaviami sento bene quando vedo la reazio-ne ad Atene ed in altre città della Gre-cia all’approvazione da parte del par-lamento greco delle misure impostedall’Unione Europea. Di più: se nonci fosse stata un’esplosione di rabbia,mi sarei sentito sprofondare in unmare di depressione. Questa gioia èquella che si prova a vedere il pove-raccio sempre bistrattato, ribellarsi eruggire. CONTINUA |PAGINA 7

BUONENOTIZIENorma Rangeri

Alexander Cockburn | PAGINA 3

Victor Navasky | PAGINA 2

RUSSIA | PAGINA 9

Vladimir Putin al votoriarmando il paese«contro lo scudo-Usa»

La campagna di sottoscrizione prosegue aritmi forsennati. Nonostante la liquidazio-ne coatta amministrativa abbiamo raccol-to quasi 300 abbonamenti in una settima-na. Il manifesto, grazie a voi, tiene il pun-to «senza fine»: la nostra lotta è politica,culturale e giornalistica. Questo giornale èuna breccia di libertà, un varco a disposi-zione della sinistra europea e non solo.

Hannoscrittopernoi

La sinistravada oltrela sinistra.

Conlosviluppodell’esserepiuttosto

che lacrescitadell’avere.

Una rispostaa RossanaRossanda

L’ARTICOLOGiorgio Ruffolo

pagina 15

Una quotidianadi tessitura di ideeYves Citton, Yann Moulier-Boutang,

Anne Querrien

MOVIMENTO GRECO

La rabbiae l’amore

John Holloway

MARIO MONTI FOTO SIMONA GRANATI

Page 2: giornale1

pagina 2 il manifesto MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012

Stefano BenniAltanRosario AmodeoGuido RossiNicola CipollaGad LernerFranca CaffaRaffaele FlorioGiancarlo CroceMarco LuzzattoGianni FerraraSerena RomagnoliNerio NesiMaria Carla BaroneGiancarlo ArestaAlba SassoLino TrentiniPasqualina NapoletanoAndrea AmatoFranco VirgaDaniela AmbrosinoMassimo AngrisanoAldo TortorellaMauro PaissanElena CompariniLuigi ChezziCatherine LeclerqAndrea CamilleriEmilio OrlandoFilippo PoglianiFelice Roberto PizzutiCaterina GraziadeiMarco SpeziaPaolo PoliLoriano BonoraGiuseppe CottoneAndrea ProtopisaniFranco CavalliGiorgio RuffoloNino LisiAssociazione Ivan BonfantiMichele SantoroGiovanni PalombariniMarino CofierIvano Di CerboLuigi CavallaroMaurizio MoriSeverino CesariPaolo BerdiniPier Luigi ParcuMaria Concetta GubernaleStefania LaurentiElisabetta DoniniDaniela GrazianoRoberto GiachettiMarco DoriaMauro BulgarelliVincenzo VitaSergio JobAlberto FabbriFilippo MaoneValerio Comuzzi

Vincenzo M. SiniscalchiFrancesco VigoritoRoberta De MartinoPatrizia ColosioPiera ZaniSandro De ToniPierluigi PaniciCarlo GuglielmiTommaso FrattiniMaura FilippiniClaudio LongoVittorio ErcolanoPier Luigi OrsiPaolo CiofiGiorgio FortiLuciano CanforaLivio NicoliniPiero GilardiCarla CortiGiancarlo ValtalinaEzio Bertok (ComitatiNo Tav)Wilma CiprianiSalaam Ragazzidell’Olivo (Milano)Alberto BurgioIstituto di Ricercadi Psicoanalisi applicataAnnaMaria PaolettiMauro MajoneLuciano GuerzoniPaolo AmatiGiacomo LacavaMassimo BacceiLivio PepinoPaolo VistoliPaola CanaruttoMario MarinelliMichele Buono

E dunque ripetere cheil governo Monti nonci piace non può basta-

re, come l'antiberlusconismonon è bastato a disarcionare ilCavaliere finché non è diventa-to indigesto, al di qua e al di làdell'Atlantico. La dualità di cuiha scritto Alberto Asor Rosanell'approfondita ricostruzio-ne del passaggio da Berlusconia Monti, quando per la primavolta il «governo» si stacca dal-la «politica», dove «i rappresen-tanti del popolo sono solo l'in-terfaccia del potere», indical'impiantarsi di un asse strate-gico di lungo periodo del qua-dro italiano, un cambiamento

profondo della fase attuale.Dobbiamo misurarci con sce-nari inediti e forze poderose,che fanno intravedere «una co-lossale pulsione centrista»,con il Pd sempre più vaso dicoccio.

Non sappiamo, oggi, qualipartiti avremo domani, men-tre il frutto del «montismo» po-trebbe già precipitare nella ri-forma elettorale in gestazione.Mai come adesso i partiti sonoscesi così in basso nel gradi-mento degli elettori (le analisidi Ilvo Diamanti lo spieganobene), mentre galoppa il sensocomune sulla necessità delleultime scelte economiche, sul-l’inutilità della politica (palaz-zo Chigi ripete come un vantoi pochi giorni di sciopero per itagli alle pensioni). E le elezio-

ni sono sempre più vicine.Per affrontare il viaggio con-

trocorrente abbiamo bisognodelle ragioni e della forza diuna sinistra nuova davvero. Ilnostro laboratorio, è quel chepiù conta, lavora insieme auna parte, tanto larga quantoscarsamente rappresentata,della società italiana. Natural-mente penso allo straordina-rio sviluppo del dibattito suibeni comuni di cui questo gior-nale è stato interprete e pro-motore, penso al referendumsull'acqua, sorgente di grandinovità, alle vittorie esaltantinelle città (da Milano a Napo-li), al recente Forum dei Comu-ni sui beni comuni, di cui sia-mo stati parte attiva. Penso al-la sfida di una sinistra affranca-ta dallo sconfittismo, impegna-ta nella costruzione del suoprogetto di alternativa, decisaa volersi cimentare con il tenta-tivo di governare il paese.

E di fronte al nuovo capitali-smo, alla perdita di centralitàdella fabbrica, alla prepotentequestione ambientale, non èpoco quel che una sinistra anti-capitalista è obbligata a cam-biare, non è piccolo il compitodi chi, come noi, la vuole rap-presentare e, con tutti i limiti,ripensare. La nostra ambizio-ne dovrebbe essere quella di fa-re un giornale – come ci consi-gliava Ermanno Rea – non piùaggressivo, ma più analitico,più simile a un laboratorio,estendendo la formula, già daqualche tempo praticata, delgiornale aperto a una vastaarea di pensiero dissidente e al-ternativo.

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Ma quello del manifesto è stato an-che un lavoro di intreccio e di scam-bio tra la cultura italiana e la cultura

europea e mondiale. Attraverso le sue pagi-ne culturali, dall’estero, noi abbiamo vistoentrare in dialogo le nuove forme del pensie-ro italiano con ciò che proveniva dagli altripaesi. Grazie alla sua periodicità, la formacartacea del giornale permette la sincroniz-zazione di questo intrecciarsi collettivo, unasincronia che la pubblicazione in rete, mal-grado tutti i suoi vantaggi, verrebbe necessa-riamente a perdere. Possiamo tessere la no-stra realtà sociale soltanto insieme, e possia-mo tessere insieme soltanto secondo un rit-mo e un tempo comuni. Ed è proprio que-

sto che si verrebbe a perdere con la scom-parsa del manifesto, e per «questo» si inten-de la vita sociale stessa. O meglio: una certavita sociale, in grado di concepire l’atto deltessere come attività propriamente umanae intellettiva. Privata del manifesto, l’Italiacontinuerà senza alcun dubbio a costruirecase, a produrre e scambiare beni, così co-me a produrre e scambiare idee: lo si puòfare grazie a una tessitura automatizzata, aun costo più basso, dentro grandi fabbri-che animate da grosse macchine standar-dizzate. La nostra è un’epoca in cui, sottola pressione di un capitalismo suicidario,«l’industria del pensiero» rischia di far subi-re alla nostra intelligenza collettiva esatta-

mente ciò che un tempo l’industria tessileha fatto subire alle abilità artigiane.

Ben al di là dell’eredità berlusconiana,ben al di là della Shock Therapy applicataall’Italia dal nuovo governo, la possibilescomparsa del manifesto testimonia diuna vera e propria calamità antropologi-ca. Con la perdita di questo continuo ge-sto che consiste nell’intreccio e nella tessi-tura dell’attualità, così come lo attua inmodo artigianale la redazione del giorna-le, viene minacciata la scommessa stessadi rendere più umano l’intreccio e il tessu-to del nostro vivere-insieme, impedendoche si riverberi intorno a noi. Siamo difronte a una calamità lenta, contagiosa, co-sternante – ma non irreversibile.

Codirettori della rivista Multitudes(Traduzione di Isabella Mattazzi)

mille per mille

The NationAux aurmes citoyens!Impensabile non sostenervi

NOI CI SIAMO E VOI?

I l giornalismo è in crisi in tutto il mon-do. Ma senza il manifesto il giornali-smo è impensabile.

Aux armes citoyens!Direttore emerito di The Nation,

presidentedellaColumbiaJournalismReview

New Left ReviewSiete una forzadella sinistra europea

DALLA PRIMAYves Citton, Yann Moulier-Boutang, Anne Querrien

La chiusura del manifesto sarebbe uncolpo fatale non solo per una genuinalibertà di stampa, ma per qualunque

politica e cultura anticonformista in Italia.Le conseguenze di questa perdita sa-

rebbero non solo italiane. Il giornale è sta-to per decenni una pubblicazione unicain Europa. Nessun altro paese nell’Unio-ne possiede un quotidiano della sinistra

Se morisse questo intreccio di relazioni sarebbe una calamità antropologica

DALLA PRIMANorma Rangeri

Mille per mille fa un milione. Di euro. La sottoscrizione lan-ciata venerdì 10 febbraio si affianca alla richiesta di com-prare tutti i giorni il giornale in edicola.

Questi sono i lettori che hanno finora risposto al nostro appello.

Victor Navasky

Sottoscrivere è un dovere democraticoCari amici del Manifesto, ben volentieri sottoscri-vo 1.000 euro• per il giornale. Lo considero unostretto dovere democratico, per il sostegno dovu-to a una voce libera, che nel vostro caso è parti-colarmente preziosa per il carattereinedito - rispetto alla normale stampa italiana -di molti servizi, in particolare su problemi esteri, eper l'ottica da cui sono formulati. Acquisto quoti-dianamente il manifesto fin dalle sue origini, conscrupolosa ricerca nei centri dove non è facilmen-te reperibile,e a volte deluso (perché ad es. aCagliari, città con aeroporto, in molti giorni nonarriva?) Qualche volta, trovo che i punti di vistasono troppo rigidi: politica e cultura richiedonouno sforzo di aderenza a un senso vero della real-tà, quella realtà che comprende inedite «possibili-tà» (Musil, L'uomo senza qualità) ma che comun-

que, come si diceva una volta, deve farci attene-re a una «pratica dell'obiettivo» sapendo che nonlo si può raggiungere sempre in pieno né in tem-pi rapidi. E inoltre, qualche volta occorrerebbeessere più accoglienti a scritti non delle solitefirme... Ma, con immutata stima e amicizia.Umberto Allegretti

Per voi (forse) potrei tornare in ItaliaHo appena sottoscritto il secondo abbonamentoda sostenitore a 500 Euro. Pertanto dovrei rientra-re nei mille per mille. In bocca al lupo. Per me ilmanifesto è una delle (poche?) ragioni per torna-re in Italia. Roberto Veneziani

Avanti così, alla garibaldinaAderiamo alla campagna garibaldina sicuri che laprevisione «socialisme ou barbarie» sia più attua-le che mai. Francesco Daprà

La mia seconda copia va a Banca EticaHo risposto all'appello comprando la secondacopia in edicola che porto nella filiale di BancaEtica a Torino, luogo frequentato da persone cheagiscono nella convinzione che non saranno scel-

te di stampo liberista a restituirci una parvenza didemocrazia sociale. Rispondo anche volentieri al1.000x1.000 augurando a tutti noi buona prose-cuzione. Lucas Fingerle

Il dono di AlessandroIl mio rapporto col manifesto inizia presto, quan-do mia zia mi ha insegnato a leggere proprio conle lettere della testata comunista: «M come mam-ma, A come Alessandro, etc...». A 15 anni, era il

periodo della prima guerra del Golfo, la mia for-mazione politica non poteva che iniziare con quelgiornale, che girava per casa da sempre. Un po'più grandicello, quando ho deciso di fare il giorna-lista, non ho potuto che pormi come obiettivoquello di scrivere per il manifesto. La mia tesi dilaurea ha riletto 20 anni di storia italiana attraver-so gli articoli di Luigi Pintor. Qualche anno fa,l'arrivo come stagista in quel di Roma, via Toma-celli, e poi il periodo successivo di collaborazionecon voi. Certo i rapporti con il «mio» giornale nonsono stati sempre idilliaci ma alla fine penso chese dovessi svegliarmi un giorno senza la possibili-tà di leggere il manifesto sarebbe davvero il trau-ma più grande che possa vivere. Ho deciso difare la mia parte per permettere al giornale disopravvivere. Da precario soldi non ve ne possomandare, ma rinuncio a quelli che mi sarebberodovuti per i miei articoli passati (circa 3mila eu-ro). E rilancio per il futuro: tempo permettendo,mi impegno a scrivere (a titolo gratuito) per voiogni volta che ce ne sarà bisogno/possibilità.Perché è sempre un onore vedere il proprio nomesu queste pagine. Di più non posso fare ma spe-ro serva a qualcosa. Alessandro Braga

Una sinistra nuova davveroper risalire la corrente dell’antipolitica

Perry Anderson

Page 3: giornale1

MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 3

Neverending • La sinistra americana di fronte al nostro appello «senzafine»: ma dove sono finite la sinistra europea e italiana?

Sono uno studente, ho 20 annie ho deciso di abbonarmi perché ilmanifesto per me non rappresentasolo un giornale, è un fratello, unavoce amica, una spalla. Quando so-no stato arrestato (poi assolto) il 14dicembre 2010 a Roma nel corsodella manifestazione ho passato duenotti in prigione. Una volta uscito misono scontrato con l'opinione pubbli-ca e con tutti i giornali che additava-no gli studenti come delinquenti, inquel momento eravamo mediatica-mente soli, solo una voce fuori dalcoro, con intelligenza e con coerenzaprese le nostre difese, era il manife-sto. Questo giornale scrisse sulle suepagine quello che avevamo nel cuo-re, gridò la nostra insoddisfazioneverso un governo totalitario, urlò lanostra rabbia verso una riforma della

scuola indegna. Il manifesto per tut-ti, ma soprattutto per me significalibertà. La stessa libertà negata dallaprigione la rivedevo rinascere nellepagine di questo giornale libero esenza padroni. Se chiude, si eclisse-rà per sempre la voce degli ultimi, lavoce fuori dal coro. Non possonozittirla, questa voce siamo tutti noilettori. II manifesto ci ha dato e ci dal'opportunità della libertà, dobbiamocoglierla facendo ognuno la nostraparte. L'ho comprato, lo compro e locomprerò ogni giorno. Resisti pernoi, resistiamo noi per te.Federico Serra

Il manifesto non si tocca. Pron-to a versare 250 euri per sostenere ilgiornale.Giorgio Perez

Non possiamo accettare che ilmanifesto, da anni un prezioso com-pagno di strada del nostro movimen-to, scompaia. Abbiamo ancora biso-gno di voi per difendere il risultatoreferendario dagli attacchi del gover-no Monti e dei poteri forti. E ha biso-gno di voi, di una voce libera e criti-

ca, anche la democrazia. Aderiamoalla sottoscrizione con 100 euro. Co-raggio, insieme possiamo farcela!Comitato modenese per l’acquapubblica

Un euro e cinquanta al giorno ètutto il sostegno che posso darvi, maintendo darvelo ancora per tanti an-ni.Andrea Muccini

Sottoscrivo una piccola cifra,quella che in questo momento possoconcedermi. Lo faccio essenzialmen-te per non privare tutti coloro chevivono nella precarietà del loro futu-ro, non solo lavorativo, di uno stru-mento di analisi e di denuncia; di ungiornale fuori dal coro.Carlo Migliorelli

Toni Servillo

Gianrico Tedeschi

NOI CI SIAMO E VOI?

CounterPunchI lettori saldino il debitoche hanno con voi

Il manifesto è ormai un pezzo della storia d'Italia chenon deve smettere di raccontare, perché dà voce a chi non cel'ha. La sua esistenza rende più solida la democrazia.

Ogni mattina dallepagine dei giornali si af-facciano parole, motiva-te, articolate, difese, chesono il cibo necessarioperché la democrazia pos-sa camminare sulle stra-de sbrecciate dell’Italia.

Pensare che domanidall’edicola non si affacci la prima pagina de ilmanifesto, significa immaginare un paese zoppo,claudicante. Significa accettare che si interrompaper sempre la ricerca della verità, per quanto sco-moda, indisponente, controcorrente. Mi feriscepensare che questa lunga storia possa interromper-si, e mi unisco a tutti coloro che si battono perchénon chiuda un’esperienza etica e culturale, perchénon venga tacitata la voce di chi non ha voce e af-fonda ogni giorno di più nelle sabbie mobili dell’in-differenza e dell’anonimato. Perché solo la verità,e la sua costante ricerca, possono farci liberi.

radicale dotato di una qualità paragona-bile, che dispieghi un giornalismo tantocoraggioso e creativo e offra un dibattitointellettuale così vivo.

La sua sopravvivenza è un problemapolitico impellente non solo per l’interasinistra europea, ma per chiunque credanell’importanza di una sfera pubblicache non sia semplice parco giochi di ban-chieri e burocrati. Facciamo sì che tuttele voci indipendenti si levino contro l’ulti-mo tentativo di strangolarlo.

The New Left Review

332.931

Alexander Cockburn

CIRCOLI DEL MANIFESTO · Sabato a Bologna l’appuntamento nazionale autoconvocato

«Dobbiamo salvare un’impresa collettiva»

Pierpaolo Capovilla *

Cosa sia accaduto al Paese-Italianegli ultimi vent’anni, è prestodetto. Dei valori democratici re-

pubblicani non abbiamo avuto deside-rio alcuno di occuparci attentamente,ognuno di noi preferendo ad essi i fattipropri e con questi, i nostri miserabiliegoismi quotidiani. Ecco, cosa è acca-duto. È mancata la vigilanza nei con-fronti degli sviluppi criminali e crimi-nogeni di quella parte della società ita-liana che non ha mai avuto a cuore ilbenessere collettivo, e che è concreta-mente dovuta all’insufficienza e all’ina-deguatezza dei partiti della sinistra.

Rifondazione Comunista, che nonha saputo e non ha voluto ricercare etrovare l’unità necessaria e sufficienteper rimanere in parlamento e, miope,si è arroccata nei suoi piccoli privilegicastali. Il Partito Democratico, castale

per eccellenza, il cui ceto dirigentenon è cambiato e non cambia mai, e lacui visione politica d’insieme non èmai all’altezza delle proprie idee origi-narie, delle quali ha dimenticato, stra-da facendo, il valore e la forza propulsi-va, e che non riesce a scorgere - colpagrave e gravida di conseguenze - comela società civile italiana sia molto, mamolto più a sinistra dei suoi rappresen-tanti politici.

Di queste insufficienze si è nutrita laborghesia faccendiera e ladra, i bari, iprevaricatori, i mafiosi, che hanno sa-puto, loro sì, innalzare lo straccio delpopulismo e del qualunquismo a ban-diera di un’Italia desiderata e volutacialtrona ed edonista, ignorante e nar-cisista.

Nel caos dell’inettitudine, ecco l’in-credibile vicenda del governo Monti, adimostrare, una volta di più, come l’Ita-lia sia il laboratorio politico più esem-

plare fra i paesi altamente industrializ-zati del mondo.

È bizzarro, ancor oggi e ancora unavolta, dover constatare come proprioun quotidiano che nel suo titolo si di-chiara «comunista», con tutto il pesostorico politico che questo aggettivoinevitabilmente porta con sé, sia in re-altà il giornale più democratico editoin Italia, dove per democrazia intendia-mo il liberalismo parlamentare tout-court.

Eterogenesi dei fini! D’altro canto, lapiù bella e illuminata costituzione re-pubblicana dell’occidente è stata scrit-ta con il fondamentale contributo delPartito Comunista Italiano, che diol’abbia in gloria.

Lo dico con spirito polemico: il ma-nifesto è forse l’unico quotidiano percui il finanziamento pubblico è sacro-santo. Perché il manifesto, a differenzadi tutti gli altri quotidiani che hannocreato cooperative ad hoc per benefi-ciare dei contributi pubblici, è edito dauna cooperativa con obblighi di mu-tualità, il che ne fa una cooperativa ve-ra e non fittizia. Perché non è un gior-nale di partito, ma di opinione: vale an-cora qualcosa ricordare che il manife-sto nacque dalla radiazione di un grup-po di intellettuali dal Pci, che non sep-pe e non volle riconoscere i fatti di Pra-ga per quello che erano?

Perché ne va del pluralismo dell’in-formazione, in un paese al quarantesi-mo posto della classifica mondiale del-la libertà di stampa, oggi dominata dal-l’oligopolio pubblicitario.

Ma sopratutto perché, anti-borghe-se e comunista, il manifesto ha saputoincarnare negli anni tanto il punto divista operaio che quello della borghe-sia per bene, e sottolineo per bene: per-ché c’è una parte del paese che, al di làdelle sperequazioni sociali del capitali-smo moderno, riesce a pensare alla co-munità con spirito progressista, eguali-tario, socialista, utopistico se voglia-mo, e questa parte è anche parte dellanostra borghesia.

L’utopia, si sa, è un paradosso. L’uto-pia è, dunque, un atto di fede. Perchénon ci importa niente dell’impossibileraggiungimento dell’obiettivo utopico:ciò che importa, è il percorso che ciconduce verso esso: perché coincidecon la nostra vita, con la nostra quoti-diana esistenza, nel qui ed ora. È ciòche chiamiamo, orgogliosi, Politica,con la P maiuscola ed in singolar ten-zone con l’arte italiana di farsi i fattipropri.

Ricordo con amore una zia carissi-ma, suora paolina, che si prendeva cu-ra di me, un bambino povero ed intro-verso; comprava il Corriere della sera,e ci nascondeva dentro il manifesto, difronte agli occhi sorpresi e perplessidel giornalaio. Comprendo solo oggiquanto negli anni bui del piombo,quello fosse un piccolo, intimo e cri-stianissimo gesto di libertà.

* Il Teatro degli Orrori

P rimum vivere, deinde philosophari.Sembra la parola d’ordine dei lettori edei sostenitori del manifesto che si

stanno facendo in quattro per salvare quelloche ritengono essere il loro giornale. Prima vi-vere, poi fare filosofia, discutere. Ma la politi-ca dei due tempi non è più soddisfacente peri nostri azionisti di riferimento, che voglionotirar fuori dalle sabbie mobili il giornale e, in-sieme, decidere con noi dove depositarlo, co-me dargli una solidità e una prospettiva.

Del manifesto c’è bisogno come il pane, nesono straconvinti, ma al tempo stesso vorreb-bero che tornasse a essere un prodotto e unprogetto collettivo, capace di navigare fuoridalle secche di una politica arresa alla finan-za e di contribuire a costruire un approdo,

uno sbocco a una società colpita, frantuma-ta, ma non ancora pacificata. Così, daun’idea uscita dal Circolo del manifesto diBologna è nata la proposta di dedicare unagiornata a discutere del giornale che vorreb-bero. Prima si sono associati i numerosi circo-li emiliani, poi hanno aderito i circoli e i grup-pi di sostenitori radicati in tutt’Italia, dal Ve-neto alla Sardegna, da Roma al Piemonte, dal-la Toscana alle Marche, dalla Campania al-l’Umbria. Sabato a Bologna inizierà un con-fronto destinato a durare: non siamo un par-co buoi, ci dicono, ma teste pensanti, espe-rienze radicate nei territori che al manifestosono disposti a dare molto, e al manifestochiedono ascolto. Ci fanno complimenti e cri-tiche, «siete stati voi a insegnarci che non bi-

sogna accontentarsi». C’è un vuoto a sinistra,una crisi della rappresentanza ed è a rischioquel che resta della rappresentazione di chisi oppone al pensiero unico, e individua nel-le politiche liberiste gestite dai tecnici succe-dutisi al populismo l’altra faccia della destra.

Questo e molto altro ci dicono le compa-gne e i compagni che chiedono, tra una cenae un pacchetto di abbonamenti, una discus-sione aperta per ridefinire una politica edito-riale all’altezza della nuova fase, capace direggersi su gambe più solide di quelle attuali.

La riunione dei circoli e gruppi di sostegnosi terrà a Bologna sabato 25 febbraio alle 10al Centro Anziani Costa, via Azzo Gardino 44.Per adesioni e comunicazioni [email protected]. (lo.c.)

S iamo estremamente preoccupatiper le attuali difficoltà de il mani-festo e vogliamo esprimere tutto

il sostegno di CounterPunch sia comesito web, sia come edizione cartacea.

Speriamo che il manifesto, con l'aiu-to dei suoi lettori e dei suoi sostenitoriin Europa e nel mondo, riuscirà a di-stricarsi dalla presente crisi e a giocareil ruolo vitale che ha assolto in modocosì magnifico per tanti anni.

La severità della crisi che traversal'Europa ha sottolineato la vitale im-portanza dei media indipendenti edella voce e della prospettiva politicade il manifesto. Gli imperi dei grandiorgani di stampa capitalisti dispensa-no la loro propaganda con prevedibi-le e intorpidente unanimità. È conenorme sollievo che ci volgiamo a ilmanifesto per una vigorosa esposizio-ne di quel che realmente succede.

I suoi lettori hanno con il manife-sto e la sua instancabile redazioneun immenso debito che va saldato inquesto momento di crisi con un’in-defettibile lealtà all’edicola, con gliabbonamenti, procurando nuovi ab-bonamenti e inviando tutto il soste-gno materiale possibile.

A CounterPunch noi dipendiamodai nostri lettori per la nostra soprav-vivenza, e loro ogni anno contribui-scono. Di certo lo faranno per il ma-nifesto.

La prospettiva di un mondo senzamanifesto è assai tetra. Lavoriamo tuttiper dissipare quest’oscurità.

Co-direttore di CounterPunch

Il giornale di opinionepiù democratico d’Italia

FOTO DI FABIO BUTERA

272 ABBONAMENTI IN UNA SETTIMANA La campagnaprosegue a tutta forza. Grazie a tutte e tutti, soprattutto a coloroche non riusciamo a pubblicare o pubblichiamo con ritardo.

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pagina 4 il manifesto MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012

Antonio Di Luca*

Sono poco più di 2000 dipendenti, e solo 1750gli operai finora richiamati a Pomigliano. In li-nea con il 40% dichiarato all’esame congiun-

to di Roma dalla Fiat nel luglio 2011. Passaggio ne-cessario, per rinnovare di un altro anno la cassa in-tegrazione per cessazione di attività per i restanti3200 operai ancora fuori dal processo produttivo. Aoggi lo stabilimento produce 800 vetture al giornosu due turni per cinque giorni alla settimana. Dalle6 alle 14 e dalle 14 alle 22. Il turno di notte è saltato,compromettendo anche quel po-co di aumento salariale portatodall’indennità notturna. Questosignifica concentrare l’innalza-mento della salita produttiva solosu due turni anziché tre, e aumen-tare lo sfruttamento intensivo psi-cofisico degli operai, costretti a rit-mi massacranti oltre ogni limitedi ragionevolezza. La salita pro-duttiva nei prossimi giorni porte-rà a produrre 420 vetture a turno, una macchina alminuto. Meno di una margherita nel forno di unapizzeria. Una follia, mentre diversi capannoni sonoin disuso e oltre 3000 operai in cassa integrazione.

Ma è questo il punto: non poteva essere altrimen-ti. Quando si produce una sola vettura, per quantobella ma con un bassissimo valore aggiunto, com-primere i costi per l’azienda diventa necessario. Edè in questo quadro che i delatori diventano essen-ziali per annientare la dignità degli operai. Le testi-monianze che ci giungono quotidianamente han-no dell’inverosimile, spesso accompagnate da pian-ti. Ecco il motivo umano, prima che sindacale o le-gale che ci spinge a svelare questo abominio. Daquando è partita la produzione della nuova Pandale pause saltano, senza avvisi, scuse o particolare ri-spetto delle relazioni minime sindacali: «La pausadalle 18 alle 18,10 salta», è il freddo ordine del capo.

Per chi aspetta quella pausa, già scelleratamenteridimensionata da «accordi» imposti dal «managerdei due mondi», per riposarsi dalla fatica di una ca-tena che corre all’impazzata, è il baratro. Lavorareancora due ore in quelle condizioni: con la schienaa pezzi, le gambe pesanti, la bocca secca e dolori al-le articolazioni, ti sembra di impazzire. Ma è a fine

turno che si compie l’atto drammaturgico più gra-ve, Sheakespeare e Brecht a confronto sembrereb-bero dei dilettanti: «la messa nell’acquario». Vi ri-cordate la lettera scritta al Corsera del prof. Ichinosu Pomigliano?: «[…] gli uffici con le pareti di cristal-lo collocati in mezzo al percorso del montaggio,quasi a sottolineare il superamento di ogni distin-zione tra operai e impiegati».

Bene, quelle pareti di cristallo, che gli operai chia-mano acquario, sono gli uffici che alla fine di ogniturno sono adibiti alla pièce. C’è un microfono, c’èil direttore con tutti i preposti aziendali al cui co-

spetto sono convocati gli operai. Lariunione si apre con la dettagliatadelazione dei capi e/o dei team lea-der sugli errori commessi durante ilturno dagli inconsapevoli operai,tralasciando naturalmente errori eritardi provocati dal processo o dalprodotto. L’audizione è obbligato-ria per gli operai e lo spettacolo vie-ne rappresentato nella pausa men-sa. Quindi senza mangiare, dopo

che quei poveracci hanno trascorso 10-11 ore lonta-no da casa, e dopo un turno massacrante di lavoro.Per espiare i propri peccati, il povero operaio mes-so in mezzo dalle gerarchie di fabbrica è costretto,al microfono, a scusarsi dinanzi a tutti magari di er-rori che neanche ricorda, vista la densità delle ope-razioni cui è stato sottoposto. Deve fornire convin-centi prove del suo pentimento, nella speranza chela sua esibizione sia accolta con benevolenza dai ca-pi e dal direttore e che scongiuri l’inevitabile conte-stazione e la multa. Provvedimenti che scatterannocomunque in automatico dopo tre «messe», fino aprovocare il licenziamento del malcapitato dopo al-cune contestazioni disciplinari.

Molti obietteranno che è normale in una grandeazienda effettuare un brainstorming, o un semplicefeedback della giornata; senza scomodare Marx, cre-do sia inconcepibile imporlo in queste forme a ope-rai già provati da una giornata alla catena per po-che decine di euro al giorno e in un quadro di dela-zioni tipiche solo in un «universo concentraziona-rio», dove l’unico obiettivo è l’annullamento dellapersona umana, prima ancora che dell’operaio.

* operaio a Pomigliano ed ex delegato Fiom, quin-di cassintegrato

Francesco Piccioni

Erano entrati con le migliori in-tenzioni di «far presto e be-ne». Sono usciti «con più inter-

rogativi che certezze», dopo una di-scussione «molto faticosa». Per i sin-dacati (compresa Confindustria),l'incontro di ieri con il ministro ElsaFornero e altri rappresentanti del go-verno è rimasto un rebus. Ma alcu-ne cose si sono capite lo stesso.

Sul tavolo, ieri, al ministero del la-voro, c'erano gli ammortizzatori so-ciali. Da giorni al centro di segnalicontrastanti («li cambiamo», «no,per ora no»), tengono con il fiato so-speso migliaia di imprese in crisi (tracui la nostra) e un numero sproposi-tato di dipendenti. Avere o no una«tutela», per entrambe le figure, èfondamentale per progettare il futu-ro. Apparentemente un punto dichiarezza è stato raggiunto: «la rifor-ma degli ammortizzatori non potràpartire prima dell’autunno 2013», èla frase attribuita al ministro. Ben aldi là della scadenza della legislatura.Motivo: siamo in recessione, non sipuò cambiare in corsa il sistema. Masono molti di più i punti allucinantisquadernati – per timidi accenni,senza uno straccio di documento«nero su bianco» – dal governo.

L’idea di «riforma» ha preso unaforma molto più radicale delle atte-se. In pratica, Fornero parla di lascia-re la sola cassa integrazione ordina-ria (destinata alle sole «crisi tempora-nee» dovute a motivi eccezionali, co-me un’alluvione), mentre tutto il re-sto (cig straordinaria, in deroga, mo-bilità, ecc) verrebbe semplicementeabolito e sostituito da un’«indennitàper disoccupazione involontaria».Un istituto tendenzialmente a carat-tere universale, esteso intanto ai set-tori del credito e del commercio, maper i quale il governo ripete sempre:«non ci sono i soldi».

Due particolari aiutano a capire.Tutte le forme di «cassa» (trannequella in deroga e la mobilità) sonoco-finanziate da imprese e lavorato-ri. Lo stato mette la mano in tasca(all’Inps) solo negli altri due casi. Suquesta misteriosa «indennità» Forne-ro è stata categorica: «è parte di unariforma che non potrà beneficiare disoldi pubblici». Altrettanto categori-ca Marcegaglia, presidente degli in-dustriali: «non dovrà prevedere au-

menti di costi per le imprese». Chidiavolo mai, dunque, dovrà finan-ziarla? Avete indovinato. Si parla diun «nuovo sussidio su base assicura-tiva». In pratica, nei periodi in cui la-vori paghi una tassa supplementareper poter avere un (micro)sussidioquando sei a spasso.

Depurata delle frasi di circostan-za, dunque, è qualcosa di indigeribi-le anche per stomaci forti come quel-lo di Raffaele Bonanni, segretariodella Cisl: «quello che vogliamo capi-re è che se il governo vuole una rifor-ma o una controriforma; senza risor-se tutto diventa più nebuloso». Idemper Susanna Camusso, pari gradonella Cgil che, pur premettendo di«non volersi alzare dal tavolo dellatrattativa», ha avvertito: «se voglia-moc ostruirse un sistema di ammor-tizzatori, servono risorse; se non cisono, non ci sarà nessun accordo».

Problemi seri anche per l’accen-no fatto al tema della «flessibilità inentrata», ovvero alla possibile drasti-ca riduzione dei contratti atipici.Qui il governo e i sindacati sembra-no meno lontani («rendere menovantaggioso il lavoro precario», o au-mentando la retribuzione minimaobbligatoria o incentivando fiscal-mente l’assunzione a tempo indeter-minato»). Ma è Confindustria a diredi non voler sentir parlare di «costimaggiori per chi assume a tempo de-terminato», perché «questa è la flessi-bilità buona».

L’ultima coltellata ai lavoratori ar-riva con l’ipotesi, ventilata sempreda Fornero, di ridurre la «contribu-zione figurativa» (quella pagata dal-l’Inps per i periodi di soccupazioneo cig) «nello spirito del contributi-vo». Insomma: meno contributi perla pensione.

Naturalmente, il tutto nella chia-ve del «confronto». È vero, Monti –dalla location di Piazza Affari – ha ri-petuto per la decima volta che «amarzo il governo presenterà al parla-mento la riforma del mercato del la-voro, con o senza l'accordo con i sin-dacati: noi speriamo con, ma nonpossiamo consentire poteri di bloc-co troppo paralizzanti». Può farlotranquillamente, perché come spie-ga Luigi Angeletti – segretario gene-rale della Uil – «sarebbe curioso cheil governo dicesse che governa solocol consenso dei sindacati». Barrica-diero...

Roberto Tesi

Anche Monti - come il suo prede-cessore - promette di tagliare letasse: il governo sta infatti pre-

parando una nuova riforma fiscale an-che per sistemare i «casini» fatti da Giu-lio Tremonti. Già in settimana - forseaddirittura oggi - il consiglio dei mini-stri potrebbe fare una pre-analisi deltesto e varare il nuovo testo della dele-ga per la riforma delle tasse che, al pri-mo punto, dovrebbe contenere il prin-cipio secondo il quale le somme recu-perate all'evasione saranno destinatealla riduzione delle aliquote delle im-poste dirette. Nel consiglio dei ministridi venerdì potrebbe anche essere vara-ta un nuovo provvedimento per sbloc-care un'altra tranche di pagamenti ar-retrati della pubblica amministrazionealle imprese. Visti anche i dati di Banki-talia, il governo è molto preoccupatodella restrizione del credito bancario edella crisi di liquidità di moltissime im-prese. E anche se fossero sbloccati 5-6miliardi, come fatto circa un mese fa,sarebbe tutta manna per le imprese.

Quanto alla delega fiscale, i principifondamentali sembrano già stati deli-neati. Anche accogliendo le indicazio-ni dei partiti che sostengono la maggio-ranza e che hanno votato esplicite mo-zioni per mettere di nuovo mano al si-stema fiscale. L’idea principale, ancheper dare forza e consensi alla lotta al-l’evasione fiscale, sarebbe quella di re-stituire ai contribuenti quello che gli èstato loro sottratto dagli evasori. Il tut-to verrebbe realizzato con la creazionedi un fondo (alimentato dai i proventidella lotta all'evasione) da utilizzareper la riduzione delle aliquote o perconcedere nuove detrazioni, con unocchio alle famiglie. L'eventuale inter-vento diretto sull'Irpef sarebbe concen-trato sull'aliquota più bassa. Ovverol’aliquota 23% che si applica per i red-diti da 7 a 15 mila euro. L'obiettivo èquello di ridurla al 20%. Ma si sta an-che studiando la possibilità di ridurree sfoltire le aliquote superiori fissando-le al 30 e al 40%. In questo modo la pro-gressività sarebbe fortemente attenua-ta con grande soddisfazioni di Berlu-sconi che da sempre puntava su un si-stema fiscale articolato in tre sole ali-quote.

Tornando al pagamento degli arre-trati alle aziende, alcuni giorni fa Corra-do Passera, ha giurato ai rappresentan-ti della Confartigianato di essere dispo-nibile ad anticipare l'entrata in vigoredella direttiva europea sui tempi deipagamenti da parte dell'amministra-zione pubblica, che sarebbero ridotti a60 giorni. Dovrebbe entrare in vigorenella primavera del 2013, ma per lenuove forniture, in Italia, potrebbe es-sere adottata già quest'anno. Per il de-bito residuo, ciò quello in essere, tuttoè più complicato: sembra che il gover-no non sia in grado nemmeno di calco-lare una quantificazione certa. Grossomodo sembra che sia di circa 70 miliar-di, ma altri lo calcolano in poco menodi 100 miliardi. L’unica possibilità èquella di sbloccare una nuova tranchedi pagamenti dopo quella di 5,7 miliar-di di fine gennaio. Di più: si sta studian-do la possibilità di emettere titoli deldebito pubblico a saldo dei crediti del-le imprese. Con l’obbligo, però, per leimprese di non negoziarli per un po’di tempo, ma dandoli in garanzia allebanche per accedere al credito.

INSINDACABILE

Di corsa •Mario Monti: «A marzo il governo presenterà al parlamento la riformadel mercato del lavoro, con o senza l'accordo con i sindacati».

La riforma di Fornero:Il nuovo ammortizzatoresociale congegnato dal governoè un’«indennità su baseassicurativa» che Statoe imprese non finanzieranno

Bisogna digiunaree chiedere perdonoai capi per un errore

in una catena chestrangola chi lavora

RIFORMA FISCALE

Lotta all’evasione,Monti prometteun po’ meno tasse

POMIGLIANO: AUTOFLAGELLAZIONE E DELAZIONE

La messa Fiat nell’acquarioper annullare la dignità operaia

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MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 5

Consenso BenedettoIl deputato Benedetto Dalla Vedova è uno

che odia il posto fisso. Ex presidente deiRadicali, Riformatore liberale, in seguito nelPdl con Berlusconi, infine – o per ora – nel

Fli con Fini. Ama dar lezioni di democraziae liberto mercato, spesso confondendo i dueconcetti. Ieri, per esempio: «Sul mercato dellavoro il governo ha saggiamente scelto di

non procedere per decreto, ma di coinvolgerenella discussione le parti sociali. Come sullaprevidenza, però, non può rimettere loro la

responsabilità di una scelta politica».Giustamente, l’agenzia che ne riportava le

parole ha titolato «la riforma è necessaria, ilconsenso delle parti sociali no». Si sa che ilgoverno tecnico ama la metafora del «buonmedico» che interviene, per quanto doloroso

sia. Ma persino in sala operatoria, se seiancora cosciente, ti chiedono di dare un

«consenso informato». Qui no. Fucik

Daniela Preziosi

Domenica su Repubblica aveva definitol’articolo 18 dello statuto dei lavoratoriuno di quei «santuari del no che hanno

paralizzato l’Italia per decenni», ricevendo lascomunica di Stefano Fassina, il responsabileeconomico Pd («La linea del partito è diversadalla tua, legittima, ma minoritaria e più vicinaal centrodestra»). Ieri Walter Veltroni è tornatoall’attacco, incurante del fatto che nel frattem-po sui social network gli si scatenava controuna tempesta. Con un tweet, appunto: «Il pro-blema non è l’art.18, sul quale ho detto molto

meno di quanto detto mille volte da Bersani. Ilproblema è il giudizio su Monti». Poi la spiega-zione: «Cito Bersani, per capirsi: ’Se vogliamomodificare l’art.18, va bene. Ma facciamolo infondo’. Lo ha detto il 7 febbraio a Otto e Mez-zo». «Se invece si pensa che il governo Monti,nonostante l’Ici agli immobili ecclesiali e la ri-duzione degli F35, la lotta all’evasione fiscale,lo stop al regalo frequenze a Mediaset, nono-stante abbia evitato il tracollo dell’Italia (il tuttoin due mesi), sia un governo di destra, allora bi-sogna avere il coraggio di discuterne. E civil-mente. Senza dire che una opinione diversa èuna opinione del nemico. Teorie pericolose».

L’affondo è al segretario, e la scelta dei tempiè ben ponderata. La trattativa fra governo e sin-dacati sulla riforma del lavoro va avanti e entromarzo affronterà l’articolo 18. I lavoratori si gio-cano la possibilità di essere licenziati senza giu-sta causa. E, come effetto collaterale, va a ri-schio anche il posto di lavoro di Bersani, quelloda segretario Pd. «Walter dà una mano al parti-to e anche alla Cgil», giura invece il senatore Ste-fano Ceccanti «così aiutiamo Camusso a capireche è meglio firmare l’accordo. Perché il Pd co-munque voterà sì al provvedimento, quando ar-riverà in parlamento. Non farà la cinghia di tra-smissione al contrario. E non potremo dire: lovotiamo anche se non ci piace».

A Veltroni Bersani non risponde direttamen-te. Ma ieri alla riunione con i segretari regionaliha sfogato il malumore: discutere se «il gover-no è di destra o di sinistra è fuorviante» il puntonon è « come far uscire l’Italia dalla crisi». Il lea-der ha messo in agenda un viaggio nei distrettiproduttivi italiani, «perché il partito si deve met-tere in sintonia coi problemi degli italiani».

Ma mentre Bersani cerca di tastare il polso alpopolo democratico, l’ultrà montiano Veltronifa la mossa giusta per mettere in minoranza ilsegretario, sdraiare il Pd sul governo, romperecon gli alleati Sel e Idv e avviarsi all’accordo

con le sole forze di centro, magari grazie ad ap-posita legge elettorale. Veltroni, che pure hascatenato l’ira di dio sull’art. 18, non è affattoisolato. Lo applaude Marco Follini, FrancescoBoccia definisce «indegna» la «caccia all’uomo»contro di lui. Ma soprattutto con lui è d’accor-do Enrico Letta, vice di Bersani. E venerdì scor-

so, prima della buriana, Massimo D’Alema, inun seminario, ha spiegato che «contro questogoverno non si prepara il dopo»: escludendo difatto l’alleanza con Idv e Sel. Pier FerdinandoCasini usa quasi le stesse parole: «Sul sostegnoa Monti si determinerà il nuovo della politicaitaliana».

Ultrà montiano, fautore delle alleanze al cen-tro è anche l’ex ppi Beppe Fioroni. Che è pureconvinto che «il partito di Monti si farà, con osenza Monti». Quanto all’articolo 18, però, Fio-roni, legato a doppio filo alla Cisl, è molto piùcauto: «Il tavolo delle forze sociali è una risorsaper il paese e per dare efficacia all’iniziativa delgoverno. Sbaglia chi pensa di farlo saltare o,peggio, di andare avanti a tutti i costi». Come di-re che mettere in minoranza il segretario sul te-ma concreto, ma anche parecchio simbolico,dell’art. 18 è un pessimo investimento. Ieri con-tro Veltroni ha battuto un colpo anche SergioCofferati, l’ex leader Cgil dei tre milioni in piaz-za contro i licenziamenti facili, dieci anni fa.

Stefano Fassina evita una nuova polemicama non fa passi indietro: «Il Pd sostiene l’obiet-tivo di una soluzione condivisa, i sindacati finqui hanno una posizione unitaria. Lavoriamoper questo. E non si può dire che voteremo sì alprovvedimento a prescindere dal merito. Valu-teremo. Del resto il governo sa che il percorsoparlamentare sarà ben diverso se si tratterà diun provvedimento condiviso o no».

INSINDACABILE

CAGLIARI

La Sardegna a pezzifischia Napolitano

Ceccanti: la Cgil sappiache il Pd voterà sì alprovvedimento. Fassina:la nostra linea è peruna soluzione condivisa

DEMOCRACK · L’ex segretario insiste per mettere alle corde Bersani: «Stiamo con Monti?»

Art.18, piovono i no a Veltroni

ROMA

Idati ufficiali ancora non ci sono, ma co-m’era nelle previsioni Enrico Gasbarra havinto le primarie ed è il segretario regionale

del Lazio, dopo un anno e mezzo di commissa-riamento dovuto a un’infilata di sconfitte (dalCampidoglio consegnato al sindaco Alemannonel 2008 alla regione a Renata Polverini nel2010). Gasbarra sfonderebbe la soglia dell’80per cento, e i due sfidanti Marta Leonori e Gio-vanni Bachelet confermerebbero i risultati otte-nuti nei circoli (la prima si attesterebbe al 13per cento, il secondo l’8-9 per cento).

Nella regione hanno votato oltre 115mila per-sone, che non è il risultato del 2009, ma è unabuona affluenza, considerato sia il calo degliiscritti che l’assenza del «traino» dell’elezionedel segretario nazionale. Soddisfatto Gasbarrache ieri ha improvvisato una prima conferenzastampa nello storico circolo di via de’ Giubbo-nari a Roma: «Si apre una grande stagione di ri-scossa, dopo sconfitte e qualche momento dismarrimento, abbiamo ritrovato la rotta». «Og-gi è un grande giorno per il partito che, unito,chiude la fase dei personalismi. Abbiamo l’ap-puntamento del Campidoglio 2013 e dobbia-mo essere tutti in campo». Dire Campidoglio si-gnifica dire Nicola Zingaretti, il presidente dellaprovincia di Roma che si è già dichiarato dispo-nibile alla corsa per mandare a casa Alemanno,previe primarie della coalizione (alle quali fino-ra si è candidato solo Sandro Medici, alla sua si-nistra). «Ora il Pd laziale è in campo con tutta lasua autonomia e forza e questo aiuterà non po-co ad affrontare con nuovo slancio le sfide checi attendono», dice Zingaretti.

Per farlo, però, ora bisognerà leggere bene irisultati delle liste che si sono confrontate: lequattro che sostenevano Gasbarra, il significati-vo disimpegno dei veltroniani nell’ultimo mi-glio della campagna delle primarie, la sorpren-dente affermazione di Leonori (5mila voti a Ro-ma per un’area che va dalla mozione Marino auna fetta di bersaniani). Da qui si potrà disegna-re la fisionomia del nuovo Pd laziale, quelloche ora dovrà lavorare per il ritorno in Campi-doglio (dove nel frattempo Alemanno, ridottoai minimi storici, è costretto al suo quinto rim-pasto di giunta, stavolta per rispettare le quoterosa). E più, avanti, alla Pisana, dove già non po-chi vedono candidato lo stesso Gasbarra. d.p.

divisi • I democrat litigano sulla fedeltà al governo «a prescindere».Bersani: fuorviante discutere se è di destra o di sinistra

PRIMARIE LAZIO

Ora Gasbarra e Zingarettisulla rotta del Campidoglio

VENDOLA: WALTER? TRASECOLO

La sinistra controle «due destre»

«Pagherete tutto voi»

«Ho letto le parole che dice Vel-troni e sono trasecolato». Secon-do Nichi Vendola il fondatoredel Pd «indica come un retag-gio novecentesco tutto ciò cheè appartenuto al campo delleconquiste sociali, dei risultati didecenni di lotte». Ma «se si can-cella il Novecento della giustiziasociale - aggiunge il leader diSel - non si entra nel nuovo mil-lennio ma si torna all'Ottocen-to». «È una curiosa modernitàquella che guarda con antipatiaalla Fiom e con simpatia a Mar-chionne. Vendola indica duedestre: «Io spero che alla destradi Berlusconi e alla destra diVeltroni, si possa immaginare dicontrapporre il sogno di un cen-trosinistra, cioè di una coalizio-ne che abbia un programma incui i diritti umani, i diritti di li-bertà e i diritti sociali possanoessere la farina e l'acqua concui si costruisce il pane dellabuona politica». Sel terrà sta-mattina a Roma la sua direzio-ne nazionale, e c’è da scommet-tere che articolo 18 e riformaelettorale saranno al centro deilavori. Sulla modifica al «porcel-lum» Vendola concede moltocredito a Violante e Bersani:«Spero non ci siano eccessi difurbizia». Molto critico verso ilPd anche Paolo Ferrero: «Veltro-ni fa la corte a Monti: altro cheriformismo, qui c'è un asse bi-partisan contro i lavoratori».Secondo il segretario del Prc«l'ex segretario del Pd sbagliapesantemente a dire chel'art.18 non dev'essere un tabù:la sua manomissione è il primopasso per la demolizione deidiritti dei lavoratori. Su questo ilPd dovrebbe decidere una voltaper tutte da che parte stare: laposizione espressa ieri da Bersa-ni è quella di tutto il partito? Ecosa faranno i democratici nelcaso in cui il governo decida dimetter mano all'articolo 18?»

Prima davanti al Comune di Cagliari,poi all'esterno del Teatro lirico. Lacontestazione al presidente della Re-pubblica Giorgio Napolitano, è stataportata avanti dal Movimento pastorisardi insieme al «Movimento dellapartire Iva» e a quello dei «Liberi arti-giani e Commerciantì», in presidiocontro Equitalia. Il presidente ha sen-tito anche gli slogan gridati e, pursostenendo il «processo di riforme inatto» ha voluto smentire: «sento laresponsabilità di sostenere il rilanciodell'Italia, visto che non rappresentole banche ed il grande capitale finan-ziario, come qualcuno umoristicamen-te crede e grida». «Io so benissimoquale carica di malessere, malumore,malcontento e protesta ci sia nell'iso-la in questo momento». Ma «occorrerimanere padroni di noi stessi e dellesituazioni per quanto difficili e urti-canti siano».Napolitano ha incontrato anche i sin-dacati, il presidente della Regione enaturalmente il sindaco di Cagliari,Massimo Zedda. Nel porgere il salutodella città al capo dello stato, Zeddaha ricordato le difficoltà degli entilocali, dei comuni per i tagli ai trasfe-rimenti dello stato, la pressione fisca-le e le nuove povertà. «Non vogliamofare solo rivendicazioni economiche -ha detto Zedda - ma vogliamo cheogni parte dello Stato faccia la pro-pria parte».

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pagina 6 il manifesto MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012

Anne Marie PommardPARIGI

Entro mercoledì il piano sul debitogreco deve passare, in caso con-trario non ci sarebbero più i tem-

pi tecnici per evitare che il 20 marzo –giorno della scadenza di 14,5 miliardi dirimborso – Atene sia obbligata a fare de-fault. Il piano pubblico è indispensabileper sbloccare anche il piano dei privati,già finalizzato, che prevede perdite «vo-lontarie» di 100 miliardi, con un hair cutdel 70% per le banche private. Ma daBruxelles è stato soffiato il caldo e il fred-do per tutta la serata. La Grecia era arri-vata in forza all’appuntamento, oltre alministro delle finanze, Evagelos Venize-los, era anche simbolicamente presenteil presidente Lucas Papademos.

«Abbiamo tutti gli elementi dell’accor-do», ha affermato il ministro delle finan-ze francese, François Baroin. Più preoc-cupato Mario Monti, secondo il qualel’accordo deve essere «trovato in fretta»,perché la Grecia è «il più pericoloso fo-colare» della crisi in Europa. La Germa-nia, che tiene in mano la possibilità diuna soluzione, per una volta è nel cam-po dei meno pessimisti. Wolfang Schäu-ble, finora assolutamente intransigente,si è detto «fiducioso» per trovare «unasoluzione possibile capace di rimetterela Grecia sui binari per lungo tempo».Pressioni sono venute anche dagli Usa.Il segretario al Tesoro Timothy Geitnerha dato il suo appoggio per un nuovoprestito dell’Fmi. Christine Lagarde, allatesta dell’Fmi, era a Bruxelles e ha am-messo che Atene ha fatto «sforzi moltoimportanti». Ma l’Fmi è disposto soltan-

to a intervenire con 13 miliardi, pari al10% del nuovo piano di aiuti, che do-vrebbe essere di 130 miliardi (e non uneuro di più: ad ottobre era stata ventila-ta l’ipotesi di 136 miliardi, ma i falchihanno detto nein). La Ue e la Bce vorreb-bero però una partecipazione più so-stanziosa dell’Fmi, di un terzo del tota-le, una percentuale cioè uguale a quelladel primo piano di aiuti di 110 miliardi,deciso nel 2010 (di cui sono stati versati73 miliardi).

I falchi sono rimasti sul piede di guer-ra. I paesi che hanno ancora il ratingAAA (oltre alla Germania, Olanda, Fin-landia e Lussemburgo) non intendonospostarsi dall’ultimo documento della«troika», che sottolinea come con unnuovo prestito di 130 miliardi la Greciaresterà con un debito del 129% nel2020, certo inferiore al 160% attuale, maancora lontano dal 120% scritto nero subianco nel programma del secondo pia-no di aiuti. L’ipotesi per scovare i 25-30miliardi che mancano è di rivedere i tas-si di interesse dei prestiti bilaterali adAtene del primo piano di aiuti di 110 mi-

liardi. Sul tappeto c’è anche la partecipa-zione delle banche centrali dei paesi eu-ro e della Bce: la Banca centrale, che hacomprato a basso prezzo debito grecodal maggio 2010, dovrebbe guadagnareda questa operazione 10-15 miliardi,che potrebbe riversare alle banche cen-trali, che, a loro volta, potrebbero girarlialla Grecia.

Ma per evitare di mettere soldi «in unpozzo senza fondo» (affermazione diSchäuble), la Ue chiede «contropartite».L’Olanda è la più intransigente. Il mini-stro delle finanze, Jan Kees de Jager,chiede una «sorveglianza permanente»della Grecia. Non è proprio il «kommis-sar» di cui aveva parlato Schäuble, ma civa molto vicino: oggi la «troika» si recaad Atene una volta al mese, secondol’Olanda dovrebbe restare in permanen-za sul posto. «Tutti capiscono che la que-stione della sorveglianza, qualunque sa-no le promesse fatte, è cruciale per la fi-ducia dei partner della zona euro», haprecisato il ministro delle finanze belga,Steven Vanackere. «Dobbiamo assicu-rarci che ogni promessa fatta sarà rispet-tata alla lettera», ha aggiunto. La mini-stra austriaca ha dei dubbi sulla forma:«Non si può’ usurpare la sovranità sullafinanziaria del parlamento - ha detto –ma si può benissimo legare l’aiuto a del-le condizioni e all’assicurazione che lecondizioni verranno rispettate». Restal’ipotesi franco-tedesca di un conto«bloccato» con i soldi degli aiuti, che do-vranno essere destinati al rimborso deldebito e non ad altro. Ad Atene è statoingiunto di rispettare una lista di 24«azioni preventive» per permettere il va-ro del secondo piano di aiuti. Ma i tagliai salari (meno 22%), la soppressione diposti di lavoro nel pubblico, le privatiz-zazioni, la riforma fiscale e tutte le ricet-te dell’austerità che i greci devono appli-care lasciano comunque scettici i part-ner, che non si fidano, soprattutto per-ché il risultato delle elezioni di aprile po-trebbe rimettere tutto in causa. «Non sipuo’ cambiare la Grecia da un giorno al-l’altro», ha ammesso un ministro.

Paola GiaculliKIEL

In Germania non c'è solo ilgoverno Merkel. C'è pureun'opposizione. E dalla

Linke continuano a arrivare pro-poste alternative alla logica dellastabilità e del pareggio di bilan-cio, anche se, in un paese dove ilrigore si è fatto dogma, non è fa-cile smarcarsi.

«L’idea europea è qualcosa dicompletamente diverso da unamoneta», si legge nei documentidella conferenza che ha riunito il17 febbraio a Kiel, nel nord dellaGermania, gli eletti del partitodella sinistra tedesco nel parla-mento europeo, nel Bundestag enei parlamenti dei Länder. Vi so-no stati invitati esponenti politici

di sinistra da Francia, Danimar-ca, Spagna e, per l’Italia, il sinda-co di Napoli Luigi de Magistris.

Tutti concordi nel denunciarela politica di austerità per le sueconseguenze nefaste sullo statosociale in Europa, messo ko daldiktat finanziario che decreta lafine del compromesso sociale ac-cettato in passato dal capitali-smo europeo. Un capitalismoche, invece di pagare per la crisiche ha provocato, vi vede un'oc-casione per imporre il dominioincontrastato dei grandi poterieconomici e finanziari. «L'insi-stenza sui debiti» è, secondo laLinke e le altre formazioni dellasinistra europea presenti allaconferenza, «un pretesto per farcassa». La miseria pubblica vie-ne piuttosto dal contrarsi delleentrate, erose non solo dall'eva-sione fiscale. I tagli alle impostesulle imprese, l’assenza di unapatrimoniale nel contesto di unagigantesca redistribuzione deiredditi alla rovescia, hanno svuo-tato le casse degli stati, anchequelle tedesche.

Che fare? La Banca centraleeuropea dovrebbe concedere cre-diti a tassi dell'1%, direttamenteagli stati, liberandoli dal ricattodello spread. Ci vorrebbero To-bin tax e un rigoroso controllodei mercati finanziari. Bisogne-rebbe reintrodurre imposte patri-moniali in Europa. Queste le pro-poste della Linke. Quanto all’ec-cedenza dell’export tedesco, do-vuto non in ultimo alla politicadi moderazione salariale, laLinke propone di ridurla con mi-nimi salariali garantiti e una ge-neralizzata rivalutazione dei sala-ri. Oltre a riequilibrare le bilancedei pagamenti europei, ne ver-

rebbe uno stimolo alla domandainterna.

La solidarietà, su cui si è fonda-ta la comunità europea nel dopo-guerra, è ancora un valore per laLinke, contro nazionalismo e xe-nofobia. Il partito organizza ini-ziative comuni con la sinistra gre-ca. E pensa che la Germania ab-bia un debito da saldare: «Ilboom economico degli anni '60non fu tutto merito dei tedeschi,ma anche del lavoro degli immi-grati dall'Europa del sud, e dellarinuncia a esigere riparazioniper la guerra nazista». Ora per laGrecia ci vorrebbe un piano Mar-shall, come quello di cui godettela Germania: più investimentiper creare posti di lavoro, chevengono invece distrutti dalle mi-sure di austerità.

Anche il «rinnovamento del-la democrazia» è stato al centrodel dibattito, perché «la crisi fi-nanziaria è anche crisi della de-mocrazia». Su questo tema è in-tervenuto de Magistris: il nuovointeresse dei cittadini italianiper i «beni comuni» offre spun-ti, per la Germania, del tutto ori-ginali, a cui la Linke intende ri-farsi. L’esperienza della demo-crazia partecipativa a Napoli,secondo il sindaco, è un antido-to alla disaffezione dalla politi-ca, e un modo concreto di con-trastare privatizzazioni e libera-lizzazioni, imposte dalla troikadi Ue, Bce e Fmi. Lotta alle pri-vatizzazioni e cittadinanza atti-va sono per la Linke al centrodello scambio e dell’analisi co-mune con altre forze della sini-stra europea. L'auspicio è cheriescano meglio a coordinarsicontro la crisi, e contro chi vuo-le scaricarla sui più deboli.

LaGreciafinoa fondo

Nell’attesa della riunione dell’Eurogruppo sulla Grecia, imercati hanno vissuto un giorno di ottimismo. Puntan-do sull’accordo del cosidetto salvataggio del paese me-diterraneo e dunque non più sul default. Le borse diMilano e le altre europee hanno chiuso in positivo, con

Piazzaffari - che in mattinata aveva ricevuto la visita di lavoro del primo ministro MarioMonti - in particolare andata su grazie ai titoli bancari (+1,07%). Ma l’ottimismo si è vi-sto soprattutto sullo spread tra BTp e Bund, tornato ai livelli del 9 febbraio quando erasceso sotto quota 350 punti. Il differenziale di rendimento tra BTp e Bund a 10 anni -considerato dagli addetti ai lavori il termometro della crisi - ha toccato ieri un minimo di348 punti. Tutto questo nonostante la Bce abbia comunicato formalmente di avere azze-rato gli acquisti a sostegno dei titoli di Stato. Ieri infatti l'istituto centrale di Francoforteha fatto sapere che la scorsa settimana non ne ha rilevati dopo tre settimane in cui ilvalore di queste operazione era rimasto al lumicino. La Bce ha precisato che in questomodo l'ammontare complessivo di bond dell'area euro in suo possesso, a seguito delsuo programma di acquisti (Securities Markets Programme) si attesta a 219,5 miliardi dieuro.

EUROCRACK

LAVORO · Piazze piene contro la riforma del governo

La Spagna non ci staJacopo RosatelliMADRID

Buona la prima. L’appuntamen-to con la piazza si è rivelato unsuccesso oltre le aspettative

per i sindacati spagnoli: la mobilitazio-ne di domenica ha visto l’adesione dicentinaia di migliaia di persone. Cor-tei davvero imponenti a Madrid e Bar-cellona, e un’intensa partecipazionenelle restanti cinquantacinque cittàin cui si sono svolte le marce di prote-sta contro la «reforma laboral», appro-vata lo scorso 11 febbraio dal governoconservatore di Mariano Rajoy. La lot-ta è appena all’ini-zio, ma era fonda-mentale comincia-re con il piede giu-sto: il risultato di do-menica mostra chela partita è aperta,nonostante la crisi ela martellante cam-pagna antisindaca-le degli influenti organi di stampa didestra. Il movimento dei lavoratorisembra aver la forza – insieme al Psoee Izquierda Unida, presenti domenicain piazza – di contrastare la politicaantisociale del Partido popular (Pp),attraverso una «mobilitazione cre-scente» sino allo sciopero generale.

Ieri, le confederazioni Unión Gene-ral de Trabajadores e ComisionesObreras facevano mostra di cercare ildialogo, invitando il governo a sedersiad un tavolo negoziale e a prendere inconsiderazione una profonda modifi-ca del provvedimento. Ma è molto dif-

ficile che ciò accada. Mentre la gentesfilava nei cortei, Rajoy teneva il di-scorso di chiusura del XVII congressodel Pp, in cui ha difeso a spada trattala «riforma», definendola «giusta e ne-cessaria», perché concepita per «darerisposta ai disoccupati». L’argomen-to-chiave non è certo nuovo: abbatte-re le «rigidità» del mercato del lavoroserve al rilancio dell’attività economi-ca e all’occupazione. La superstizioneneoliberista in salsa spagnola si tradu-ce nel rendere molto più facile il licen-ziamento giustificato (basterà addur-re una diminuzione di introiti per no-ve mesi consecutivi) e meno costoso

l’indennizzo per li-cenziamento irrego-lare (da 45 a 33 gior-ni per anno lavora-to). Ma c’è di peg-gio: nasce un nuo-vo tipo di contratto«per facilitare l’im-piego stabile», vali-do per le imprese

con meno di 50 addetti, che prevedeper il primo anno la possibilità di di-sfarsi del lavoratore senza alcun tipodi motivazione né risarcimento. Il tut-to condito con generose (per i padro-ni) «riduzioni del costo del lavoro».

Nelle manifestazioni di domenicail rifiuto di queste misure si univa aquello dei tagli ai finanziamenti allostato sociale, compiuti sia dall’ammi-nistrazione centrale che da quelle re-gionali. A Madrid era molto visibile lapresenza di insegnanti e operatori del-la sanità, da mesi in prima linea con-tro la politica di privatizzazione.

Bruxelles • Lettera di 12 capi di governo Ue per rilanciare la crescita, ormaiferma. Mancano però le firme delle Germania e della Francia

L’Eurogruppo riunito fino a tardasera a Bruxelles per deciderelo sblocco dei fondi ed evitareil default di Atene. Condizionicapestro e tagli alla sovranità

In migliaiadomenica

alla mobilitazionelanciata nel paese

dai sindacati

Eurocrisi/ LA SINISTRA EUROPEA NE DISCUTE A KIEL

La ricerca di vere alternativealla ricetta dell'austerità

MERCATIBorse su, spread giù, anchese la Bce non ha più comprato

«HO BISOGNO DI UN TAGLIO DEL 50%». E’ CHIAMATO TAGLIO DI CAPELLI, HAIR CUT, IL TAGLIO DEL BILANCIO GRECO /REUTERS

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MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 7

Guido AmbrosinoBERLINO

Efficienza tedesca: domenica se-ra, a due soli giorni dalle dimis-sioni di Christian Wulff, ben cin-

que partiti si sono accordati sul futuropresidente della repubblica. Sarà Joa-chim Gauck, campione superpartesdella Germania «per bene», già pastoreprotestante a Rostock, impegnato nel-l’89 nell’incruenta rivoluzione che fececrollare la Rdt, poi incaricato di gestiregli archivi della Stasi, la polizia politicadel passato regime. Già nel 2010, candi-dato da Spd e verdi contro Wulff, neaveva insidiato la elezione. Ha fama dispecialista nel mestiere di «trasmette-re valori». Il ceto politico, ammaccatodalla brutta figura fatta con Wulff, inda-gato per corruzione, passa la mano aun predicatore evangelico: a suo mo-do un «tecnico» della comunicazione.

La cancelliera Merkel, che nel 2010aveva sbarrato la strada a Gauck, e cheancora domenica pomeriggio puntavasu altri candidati, si è arresa quando glialleati di governo liberali hanno fattosapere che avrebbero votato compattiper il pastore di Rostock. A quel punto,saltando al di là della propria ombra,come dicono i tedeschi quando rinun-ciano a vecchie impuntature, si è mes-sa alla guida del plebiscito pro Gauck.

Alle 21.15 ha presentato alla stampail prescelto, accorso in tutta fretta allacancelleria, come un «maestro di de-mocrazia». Al tavolo, accanto a Gaucke alla cancelliera, annuivano il presi-dente della Spd Sigmar Gabriel, il cri-stiano-sociale Horst Seehofer, il libera-le Philipp Rösler, i due coopresidentidei verdi, Claudia Roth e Cem Özde-mir. Anche loro sono intervenuti a tes-sere lodi per il futuro presidente e persé stessi, capaci di un’intesa a tempodi record. Tagliati fuori solo i socialistidella Linke, oggetto di un’inossidabileconventio ad excludendum.

Vista l’ampiezza del consenso, l’ele-zione di Gauck è scontata. La costitu-zione prevede che avvenga entro tren-ta giorni. Probabilmente la Bundesver-sammlung, l’apposita assemblea com-posta per metà dai deputati del Bunde-stag e per l’altra metà da rappresentan-ti inviati dai parlamenti regionali – per-sonalità scelte su proposta dei partiti,ma libere da vincoli di disciplina – saràconvocata il 18 marzo. Nel frattempole funzioni del presidente della repub-blica saranno assunte dal bavarese Se-ehofer, presidente di turno del Bunde-srat, la camera dei Länder.

Ancora non si conosce l’esatta com-posizione della Bundesversammlung,perché le rappresentanze regionalivengono tarate sulla popolazione, mi-surata su dati aggiornatri. Su un totaledi 1240 membri, ai democristiani dellaCdu/Csu e ai liberali della Fdp dovreb-be andarne una quota tra 622 e 624.Una maggioranza risicatissima, chenon consente di predeterminare il ri-sultato. Per questo Angela Merkel, su-bito dopo le dimissioni di Wullf, haproposto a socialdemocratici e verdidi cercare un candidato comune.

Diversa la situazione nel 2010, quan-do fu eletto Wulff. Allora nella Bunde-svesammlung la maggioranza del cen-trodestra sembrava schiacciante. Me-rkel pensò di approfittarne per impor-re un politico della sua squadra. Maper Wulff fu un Calvario. Al primo scru-tinio prese 44 voti meno di quelli infeu-dati al centrodestra, mentre a Gauckne andarono 39 in più. Wulff passò so-lo al terzo turno, quando i transfughi siridussero a 19. Mentre Gauck conti-nuava a superare di 34 voti il quozien-te di socialdemocratici e verdi.

Merkel avrebbe voluto evitarel’amaro calice di un ripensamento suGauck. Domenica mattina aveva pro-posto ai liberali due altri nomi. Unoera l’ex ministro dell’ambiente demo-cristiano Klaus Töpfer, dal 1998 al2006 direttore del programma perl’ambiente della Nazioni unite a Nai-robi, da anni lontano dalla politica dipartito e convertito all’ecologismo.La Fdp lo ha bocciato. La cancellieraha allora insistito su Wolfgang Hu-ber, già vescovo luterano di Berlino eex presidente delle chiese evangeli-che in Germania. Nemmeno lui, so-spettato di vicinanza alla Spd, anda-va bene ai liberali. È comunque signi-ficativo che la partita alla fine si siagiocata tra il pastore Gauck e il vesco-vo Huber. Il moralismo incombe.

Argiris PanagoupulosATENE

Le «due Grecie» festeggianole ultime ore per motiviestremamente opposti. Pa-

padimos e i resti di Nuova Demo-crazia e di Pasok festeggiano il«salvataggio del paese» per l’atte-sa luce verde dell’Eurogruppo alsecondo pacchetto dei 130 mi-liardi, il taglio di 100 miliardi didebito dai bot greci nelle manidei privati e la ricapitalizzazionedelle banche a spese di lavorato-ri e pensionati. Nell’«altra Gre-cia» cresce invece la rabbia per ilvoto dell’Eurogruppo. E si ani-mano le proteste fuori dai conso-lati e dalle ambasciate grechenel mondo e nelle piazze in di-

verse città dell’Europa e in Nuo-va York, le iniziative di solidarie-tà di sindaci italiani, politici edeconomisti dalle due sponde del-l’Atlantico, la denuncia dellaConfederazione dei Sindacati Te-deschi Dgb contro la politica cheimpone la Germania alla Grecia,le enormi manifestazione dei la-voratori in Spagna e gli scioperigenerali annunciati dalla Ccgtpin Portogallo e della Fiom in Ita-lia.

Atene annusa il vento che stacambiando in Europa. Si è senti-to nell’umore dei cortei e nellemanifestazioni degli ultimi gior-ni. «Atene, Madrid e Lisbona, tut-ta l’Europa nella strada delle lot-te», «Grecia, Spagna e Portogal-lo, tutta l’Europa diventerà una

piazza», «dalla Grecia fino allaGermania, il nemico si trova nel-le banche e nei ministeri» sonodiventati dei slogan preferiti adAtene, Salonicco, Patrasso, Erak-leio.

Cambia solo la visione e l’in-terpretazione delle lotte. Tra chicrede che l’Europa vincerà la suaterza guerra contro la Germania,come ha detto il celebre cineastaCosta Gavras da Parigi, e tra chiè già sicuro che siamo all’iniziodella fine dell’incubo neoliberi-sta. Nei sondaggi seguiti al votodel secondo Memorandum inparlamento, da una parte restaforte l’attaccamento dei greci al-l’euro, dall’altra fa paura a unaparte del paese il forte aumentodelle sinistre. La possibilità di ele-

zioni anticipate ad aprile ha co-minciato a delineare il quadrodello scontro politico. Chi vota ipartiti di sinistra rischia di di-struggere il paese perché andran-no via i capitali, gli investitori ele imprese, strillano da giornipresentatori e giornalisti al soldodei banchieri, costruttori e arma-tori.

Ma chi può avere «paura deicomunisti» di fronte alla macelle-ria sociale in atto? Con i nuovi ta-gli della finanziaria aggiuntivache sarà presenterà al parlamen-to dopo la luce verde dell’Euro-gruppo, il deficit arriverà al6,30% del Pib nel 2012, dal quasi10% del 2011. Però anche con gliultimi sacrifici - tagli di altri 3,3miliardi al disavanzo primario ela forte recessione prevista - di-mostreranno solo il disastro del-le politiche che si applicano. Ilgoverno della «troika» cerca dievitare il più possibile la discus-sione e le votazioni parlamenta-ri. Cosi Papadimos dovrà firma-re la fine della democrazia con79 decreti per imporre la politicadecisa altrove.

Il nuovo taglio delle pensionicomincerà in maggio. Quasi930.000 pensionati perderannoin otto tranche di tagli fino al20% della loro pensione e dellapensione integrativa che ricevo-no oggi, dai 12 ai 204 euro al me-se per la pensione e da 22,3 finoai 200 euro per le pensioni inte-grative. Con gli ultimi tre tagli ipensionati perderanno tre men-silità dalle dodici che ricevevanoprima. Papadimos ha accordatoanche un taglio del 3% per il per-sonale di ogni ministero fino allafine dell’anno. Quindicimila per-sone saranno buttate per stradaad ingrossare l’esercito di 1,3 mi-lioni di disoccupati.

Il movimento di protesta cam-bia forme e contenuti dimostran-do una enorme resistenza. La po-lizia ha disperso senza motivodomenica sera la pacifica mani-festazione di piazza Syntagma,occupata dalle undici del matti-no fino alle otto di sera da unamarea di gente tra gli striscionidei sindacati di Gsse e Adedy,quelli dei «sindacati di base», deipartiti di sinistra, delle assem-blee popolari degli Indignati edelle centinaia di motociclistiche attraversavano Atene facen-do il più rumore possibile.

EUROCRACK

Atene • Le piazze bruciano nella capitale come nelle altre cittàdel paese, mentre si avvicinano le elezioni, forse ad aprile

Analisi

Come lottare contro un sistema fallito

GRECIA · Il governo freme per il sì della Ue, la gente in piazza continua a protestare

Due facce e due razze

La gioia di vedere quelli che hanno presomille schiaffi, ridarli indietro. Come possia-mo chiedere alla gente che accetti con cal-

ma i feroci tagli al tenore di vita che implicano que-ste misure di austerità? Possiamo immaginarci chesiano d’accordo sul fatto che il massiccio pontenzia-le creativo di così tanti giovani venga semplicemen-te eliminato, i loro talenti intrappolati in una vita didisoccupazione di lunga durata? E tutto ciò sola-mente per ripagare le banche e far diventare più ric-chi i ricchi? Tutto ciò solamente per mantenere unsistema capitalista che ha oltrepassato da moltotempo la sua data di scadenza, e che adesso offre almondo soltanto distruzione. Per i greci, accettarequeste misure con moderazione significherebbemoltiplicare la depressione con la depressione, de-pressione per un sistema fallito con l’aggiunta delladepressione per la dignità perduta. La violenza dellareazione in Grecia è un grido che si rivolge al mon-do. Per quanto ancora staremo seduti a guardarementre il mondo viene fatto a pezzi dai barbari cioèdai ricchi e dalle banche? Per quanto ancora stare-mo a guardare le ingiustizie che aumentano, il siste-ma sanitario smantellato, l’educazione ridotta adun non-senso acritico, le risorse di acqua del mon-do privatizzate, le comunità spazzate via e la terradevastata per i profitti delle compagnie minerarie?

L’attacco che si mostra così acuto in Grecia staavvenendo ovunque nel mondo. Da tutte le parti ildenaro sta assoggettando l’umano e la vita nonumana alla sua logica, la logica del profitto. Ciònon è qualcosa di nuovo, ma l’intensità e l’ampiez-za dell’attacco sono nuove, ed è nuova anche la ge-nerale consapevolezza che la dinamica attuale siauna dinamica di morte, che è verosimile che tutti cistiamo dirigendo verso la scomparsa della vitaumana sulla terra. Quando i commentatori espertispiegano i dettagli delle ultime negoziazioni tra i go-verni sul futuro dell’eurozona, si dimenticano dimenzionare che ciò che viene negoziato così bieca-mente è il futuro dell’umanità.

Siamo tutti Greci. Siamo tutti dei soggetti la cuisoggettività è stata schiacciata dal rullo compresso-re di una storia determinata dal movimento deimercati finanziari. O così sembra e così avrebberovoluto. Milioni di italiani hanno protestato a più ri-prese contro Silvio Berlusconi ma sono stati i mer-cati a farlo cadere. Lo stesso in Grecia: manifestazio-ni una dopo l’altra contro George Papandreou maalla fine sono stati i mercati che l’hanno allontana-to. In entrambi i casi, sono stati nominati dei servi-tori leali e fedeli per prendere il posto dei politici ca-duti, senza neanche uno straccio di consultazionepopolare. Questa non è nemmeno la storia condot-ta dai ricchi e dai potenti, sebbene alcuni ne tragga-no vantaggi: è una storia fatta da una dinamica che

nessuno controlla, una dinamica che sta distrug-gendo il mondo se la lasciamo fare.

Le fiamme di Atene sono fiamme di rabbia, e cifanno gioire. E tuttavia la rabbia è pericolosa. Se vie-ne personalizzata o si rivolge contro un gruppo dipersone specifico (i tedeschi in questo caso) può fa-cilmente diventare puramente distruttiva. Non èuna coincidenza il fatto che il primo ministro a da-re le dimissioni in segno di protesta contro l’ultimaserie di misure di austerità in Grecia sia stato un lea-

der del partito di estrema destra Laos. La rabbiapuò diventare facilmente una rabbia nazionalista,addirittura fascista; una rabbia che non fa nienteper rendere il mondo migliore.

È importante dunque essere chiari sul fatto chela nostra rabbia non è contro i tedeschi, nemmenocontro Angela Merkel o David Cameron o NicolasSarkozy. Questi politici sono soltanto dei penosi edarroganti simboli del vero oggetto della nostra rab-bia – il potere del denaro, l’assoggettamento dellavita intera alla logica del profitto.

Amore e rabbia, rabbia e amore. L’amore è statoun argomento importante nelle lotte che hanno ri-definito il significato della politica durante l’ultimoanno, un tema costante durante i movimenti Oc-

cupy, un sentimento profondo persino nel cuoredei violenti scontri avvenuti in molte parti del mon-do. Dunque l’amore cammina mano nella manocon la rabbia, la rabbia del «come osano portarcivia le nostre vite, come osano trattarci come ogget-ti». La rabbia di un mondo diverso che si sta facen-do faticosamente strada attraverso l’oscenità delmondo che ci circonda. Forse.

Il farsi strada di un mondo diverso non è soltan-to una questione di rabbia, anche se la rabbia ne faparte. Riguarda necessariamente la costruzione pa-ziente di un modo diverso di fare le cose, la creazio-ne di forme diverse di coesione sociale e di mutuosoccorso. Dietro lo spettacolo delle banche che bru-ciano in Grecia c’è un processo più profondo, unmovimento più calmo di persone che rifiutano dipagare i biglietti degli autobus, le bollette dell’elet-tricità, i pedaggi autostradali, i debiti con le ban-che; un movimento, nato dalla necessità e dallaconvinzione, di persone che organizzano le pro-prie vite in un modo diverso, che creano comunitàdi mutuo soccorso e reti per l’alimentazione, cheoccupano edifici e terreni abbandonati, che creanoorti comunitari, che ritornano nelle campagne, chegirano le spalle ai politici (che adesso hanno paurafarsi vedere per strada) e che creano direttamenteforme democratiche di decisione sociale. Forse èancora qualcosa di insufficiente e sperimentalema di cruciale importanza. Dietro le fiamme spet-tacolari, è questa ricerca per la creazione di un mo-do diverso di vivere che determinerà il futuro del-la Grecia, e del mondo.

(traduzione di Vittorio Sergi)

GERMANIA/JOACHIM GAUCK

Più morale, per dio!Pastore evangelicoal posto di Wulff

Dietro le banche che brucianoc’è un «movimento» più calmodi chi già organizza la propria

vita in modo alternativo

DALLA PRIMAJohn Holloway

«OGGI A ROMA ALL’AMBASCIATA TEDESCA»Dopo uno scambio di lettere via mail tra Renzo Buongiornoe Vassilios Savvas che scrive da Atene, è nata l’iniziativa diun sit-in oggi, dalle ore 17 alle 19,00, davantiall’ambasciata tedesca a Roma (appuntamento a piazzaIndipendenza, angolo via Castelfidardo), con il contributodi Articolo 21 e del Popolo Viola, con le parole d’ordine«Siamo tutti greci» e «No ad un’Europa che umilia ipopoli». «La Grecia sembra essersi trasformata in un

paesaggio nella nebbia come nel film di Angelopoulos...»,scrive Vassilios Savvas, che continua: «...Due giorni fa hofatto un viaggio ad Atene, ho visto scene e cose incredibili.Ho visto la povertà che sta arrivando a sottomettere unintero popolo. Ho visto persone che dormivano per stradadi notte nel freddo, sotto la neve e mi sono sentitomancare il respiro». Una realtà che, lamenta VassiliosSavvas, non viene rappresentata così da troppi «giornaliitaliani». Non lasciamoli soli: siamo tutti greci.

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pagina 8 il manifesto MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012

Roberto Ciccarelli

Donna, giornalista, precaria. Al-la Rai la sua vita è un trattatodi funambolismo. Per lavorare

all'ombra del cavallo di Viale Mazziniha dovuto aprire una partita Iva e ver-sare 600 euro all'anno al commerciali-sta. 1200 è, in media, il reddito mensileper una collaborazione che dura perun ciclo di trasmissioni. Salvo poi sco-prire una «clausola gravidanza» al pun-to 10 del contratto di consulenza chel'azienda offre a tutti i collaboratoriesterni. Se questa lavoratrice dovesserestare incinta, o affrontare un infortu-

nio o una malattia, la Rai si riserva il di-ritto di dedurre «i compensi relativi al-le prestazioni non effettuate», oltre aquello di rescindere il contratto «senzaalcun compenso o indennizzo».

In una lettera alla Dg Rai LorenzaLei del coordinamento romano deigiornalisti freelance «Errori di stam-pa», è stato spiegato un doppio pregiu-dizio biopolitico. Da un lato, l’aziendaconsidera la gravidanza alla stregua diuna malattia o di un infortunio. Dall'al-tro lato, realizza una discriminazioneai danni delle «consulenti esperte tec-nico-scientifiche», così vengono defini-te le lavoratrici a contratto, rispetto ailoro colleghi uomini, anche loro a par-tita Iva. L'aberrazione di questa clauso-la ha suscitato le reazioni di Andrea Sa-rubbi (Pd) e di Silvana Mura (Idv) chesu twitter hanno annunciato che porte-ranno il caso in Parlamento, mentreVincenzo Vita ne chiederà conto incommissione vigilanza Rai. «È un con-tratto illegittimo - ha sostenuto il segre-tario generale Cgil Susanna Camusso -Fatti come questi dimostrano che nonbisogna mai cancellare le norme chetutelano i lavoratori contro le discrimi-nazioni». Nichi Vendola (Sel) ha chie-sto la cancellazione delle «norme cape-stro per le giovani collaboratrici». La re-te delle giornaliste freelance Giulia haannunciato un Libro Bianco.

In serata Viale Mazzini ha smentitol’esistenza di questa clausola per il la-voro subordinato. Quanto al lavoro au-tonomo «non si applica lo statuto deilavoratori», anche se la Rai ribadisce dirispettare le lavoratrici. «Non abbiamonotizia di licenziamenti, ma la clauso-la esiste ed è un modo per consigliartidi non restare in cinta – precisa ValeriaCalicchio di “Errori di Stampa” - Que-sto uso della partita Iva è una foglia difico che giustifica la mancata assunzio-ne con un contratto regolare. Speroche questa battaglia civile spinga i me-dia e la politica a non occuparsi di pre-cariato solo in questi casi gravi. Oltreal riconoscimento del diritto alla ma-ternità chiediamo quello alle ferie, allamalattia, alla previdenza e al pagamen-

to equo».Emergono nel frattempo i particola-

ri sulla filiera produttiva Rai. A spiegar-li è la giornalista Paola Natalicchio: «Laconsulenza è un contratto ultra-legge-ro applicato ai giornalisti arruolati inproduzioni come Agorà, Presa Direttao Report – afferma – Sei una partitaIva, anche se di fatto svolgi il lavoro diun redattore con orari di lavoro fissi an-che per 100 puntate». Se, per caso, ilgiornalista deve andare in video, alloraè necessario cambiare la sua formacontrattuale con una scrittura aggiunti-va, quella di «presentatore-regista». Èquesto il complicatissimo sistema deicontratti matrioska che regola il lavoroin Rai. «Questi contratti-truffa – ag-giunge Paola – sono presenti in tutte leredazioni dell'azienda» e svolgono tut-ti i ruoli, dal caporedattore all’operato-re di ripresa. Casi come questi sono dif-fusissimi nel lavoro autonomo, che inItalia si confonde sempre di più con la

zona grigia del «lavoro parasubordina-to». Così facendo, la Rai non solo negale tutele fondamentali, ma impone atutti i lavoratori il versamento dei con-tributi previdenziali alla gestione sepa-rata dell'Inps (dove oggi è confluito an-che l'Enpals), e non all'Inpgi 2, cioèl'ente previdenziale dei giornalisti. Unaltro modo per separare l'esercizio del-la professione, sempre più precaria,dai suoi diritti. Secondo la ricerca sullaRai di Claudio Aroldi, Sergio Cusani ePaolo Pellegrini promossa dalla Slc-Cgil, i «precari» Rai sarebbero 1794 (da-ti 2010), anche se non mancano con-tratti di inserimento, di apprendistatoo giornalistici biennali nella categoriadefinita «personale in organico»(11.501, il dato però non è scorporato).In base ad un accordo firmato da Lo-renza Lei nel luglio 2011, queste perso-ne dovrebbero essere stabilizzate en-tro il 2017 in tutte le sedi Rai. Si sperasenza «clausola maternità».

Silvio MessinettiREGGIO CALABRIA

Peppe & Tino. Da giovani camerati della destra missina a burattinai diuna lobby politico mafiosa. Tutto in venti anni di onorata carriera. Illa-zioni? Boutade campate in aria? Nient’affatto. Dichiarazioni acquisite

agli atti di un maxi processo di ‘ndrangheta. La bomba è esplosa nell’aulabunker di Reggio Calabria. E a far-la deflagrare non è stato un penti-to e, nemmeno, un testimone digiustizia, ma un altissimo ufficialedei carabinieri, il colonnello Vale-rio Giardina, per un decennio a ca-po dei Ros della città dello Stretto.Nella sua deposizione al processo«Meta» egli ha descritto nei parti-colari più scottanti la «lobby affari-stico-massonica in cui ci sono ivertici delle cosche e della politi-ca». Un gruppo di potere di cui, se-condo l’ufficiale dei carabinieri, sa-rebbero parte integrante l’attualepresidente della Regione PeppeScopelliti e il fratello Consolatodetto Tino. «Abbiamo documenta-to in questi anni i rapporti tra Sco-pelliti e i vertici delle cosche di Vil-la San Giovanni e Reggio» ha rac-contato. Pezzi da novanta dei clan

e professionisti insospettabili, picciotti ed esponenti di quella «zona grigia»che a Reggio maramaldeggia da sempre. In rapporti diretti con la famigliaScopelliti. Giardina fa nomi e cognomi. A cominciare da Mimmo Barbieri, im-prenditore, già condannato in primo grado per associazione mafiosa. Il 15 ot-tobre del 2006 Scopelliti, allora sindaco di Reggio, si recò, a bordo di un’autoblindata intestata alla questura di Roma, alla festa per l’anniversario di nozzedei coniugi Barbieri. Un banchetto a cui avrebbero partecipato tra gli altri ifratelli Giuseppe, Cosimo e Totò Alvaro, reggenti dell’omonima cosca. Scopel-liti si intrattenne per un bel po’ a quel ricevimento sull’Aurelia per poi recarsiallo Stadio Olimpico per Roma-Reggina. Giardina ha ripercorso le fasi dell’in-dagine tirando in ballo un altro imprenditore, Franco Labate. Questi in unaconversazione intercettata con Mimmo Barbieri definisce Scopelliti «un uo-mo politico controllato dai De Stefano» che gli avrebbero garantito voti trami-te Pino Scaramuzzino, gestore del noto locale L’Oasi, e ritenuto prestanomedel clan. E nel «sistema Reggio» un ruolo centrale l’avrebbe avuto Tino Scopel-liti «che inquinava la gestione degli appalti pubblici». Secondo Giardina, TinoScopelliti avrebbe intrattenuto una stretta relazione d’affari con Pasquale Cru-citti, alto dirigente dell’ufficio Lavori Pubblici del Comune al fine di pilotaregli appalti e incassare le mazzette. Un sistema di malaffare di cui era a cono-scenza buona parte degli imprenditori tanto da creare persino un «fondo ne-ro» per le tangenti. «I soldi li prende tutti il fratello del sindaco» diceva Barbie-ri a Labate. Insomma, Giardina (che ha invitato Labate a venire in aula e chia-rire il senso di queste affermazioni) ha ricostruito la fitta trama che ha ridottoReggio in una città a sovranità ndranghetista, in un connubio devastante dimafia e politica. Scopelliti ha espresso sconcerto e stupore per «un teoremaaccusatorio con la volontà politica di danneggiarlo». Di certo i guai per il pre-sidente calabrese ormai non si contano più. Dalle indagini a suo carico sul bi-lancio comunale e la sanità regionale fino alla commissione di accesso anti-mafia sbarcata a Reggio da qualche settimana.

Senza mai nominare Guido Bertolaso, ieri l'Istituto Nazionaledi Geofisica e Vulcanologia (Ingv) ha di fatto risposto con unanota ufficiale all’ex capo della Protezione civile che la settima-na scorsa, all’Aquila, durante la deposizione per il processo

alla Commissione Grandi rischi, ha tirato in ballo i sismologi nazionali sostenendo che da loroaveva appreso la tesi secondo cui lo sciame sismico è una condizione favorevole, perché riduce lepossibilità di una scossa forte e distruttiva. Bertolaso, coindagato in un’inchiesta parallela al pro-cesso, ha anche portato come prova un lancio dell’Ansa con l’intervista di un ricercatore – ValerioDe Rubeis – che all’apparenza sembrava sostenere proprio quella tesi. Il presidente dell’Ingv, Do-menico Giardini, citando solo le fonti giornalistiche, smentisce invece categoricamente che l’Istitu-to abbia mai avallato una tale posizione, tanto meno riguardo allo sciame sismico che ha precedu-to il terremoto che colpì L’Aquila il 6 aprile 2009. Giardini puntualizza che tale tesi è stata espres-sa solo per alcune particolari situazioni nel mondo e nel caso di sismicità indotte. Ricorda inveceche nei giorni precedenti il terremoto aquilano l’Ingv inviò al Dpc tre sole comunicazioni ufficiali (il17 febbraio, il 12 e il 31 marzo) sempre per informare che lo sciame sismico non aveva «alterato,dunque né aumentato né diminuito, le probabilità di occorrenza di forti terremoti nella zona». Giar-dini ricorda inoltre che il direttore del Centro nazionale terremoti, Giulio Selvaggi, coimputato nelprocesso aquilano, aveva fornito alla Commissione Grandi rischi tutti gli elementi scientifici pervalutare la situazione» ma senza «alcun riferimento all’ipotesi dello scarico di energia». e. ma.

Eleonora Martini

Arriva in mattinata, l’inviato speciale del gover-no Monti, all’Aquila, e già nel pomeriggio lesue parole aprono uno spiraglio all’orizzonte

della popolazione locale, dopo quasi 35 mesi dal terre-moto del 6 aprile 2009. Il ministro per la Coesione ter-ritoriale, Fabrizio Barca, nominatorecentemente «inviato speciale»per i problemi della ricostruzionepost-sisma, si guarda intorno, in-contra amministratori e istituzionilocali, sindacati e Confindustria,poi pronuncia le parole che non so-lo gli abruzzesi ma molti italiani datempo attendevano sulla bocca diun esponente di governo: «QualeL'Aquila vogliamo ricostruire? Orasi sta facendo una copia sbiadita»,l’imitazione «in bianco e nero diuna città». «I soldi ci sono e non so-no stati spesi», sottolinea il mini-stro promettendo di verificare se«ci sono stati ritardi» e di rimettere«in moto la macchina».

La formula dell’«inviato specia-le» del governo ha un sapore tuttonuovo: «Per i centri storici o si ricostruisce come pri-ma o si cerca di immaginare un piano che crei eccel-lenza per L'Aquila. Pensiamoci nei prossimi tre mesi».«Finalmente!», sospira la piazza virtuale del web men-tre il ministro fa due conti sui dati snocciolati durantel’incontro con l’attuale commissario straordinario perla ricostruzione Gianni Chiodi, il governatore Pdl del-la Regione Abruzzo. Finora sono stati erogati 2,325 mi-liardi anche se a febbraio 2010 sono stati stanziati 3miliardi e 704 milioni di euro. Sono stati spesi 751,355milioni per l’emergenza e 527,14 milioni per la rico-struzione pubblica e privata. Dei 2 miliardi stanziati

dalla Cassa depositi e prestiti è stata impegnata unasomma pari a 1,046 miliardi, quindi il plafond disponi-bile è di 953,250 milioni. A quasi tre anni di distanza,33.476 persone sono rientrate nelle proprie case, sucirca 70 mila residenti.

Ovviamente il ministro della Coesione territorialenon ci pensa neppure a pestare i piedi agli alleati, né

al berlusconiano Chiodi né al demo-cratico Cialente: «La conferma delvertice del Commissario è già statafatta dal Governo», assicura al go-vernatore abruzzese che, già in cli-ma di campagna elettorale, avevabuttato lì la possibilità di rassegna-re le dimissioni «subito dopo le ele-zioni amministrative» di quest’an-no. «Proporrò – ha promesso Chio-di – che i comuni tornino al ruoloordinario», alla «normalità, ancheper evitare gli alibi utili a molti sin-daci che non vogliono assumersi re-sponsabilità». «E perché dopo le ele-zioni? Lo faccia subito», prende lapalla al balzo il deputato GiovanniLolli, aquilano doc, che vorrebbesmantellare subito «commissari estrutture commissariali, costose e

inutili». Ipotesi di lavoro che preme anche sul gover-no: «C’è ed avvertiamo tutti insieme a cominciaredal Commissario – aggiunge Barca con garbo – l'esi-genza di snellire la governance».

Poi, a sera, sapendo che tra pochi mesi a L’Aquila siriaccenderà il primo scontro politico vero tra i due al-leati di circostanza, Barca si congeda dal capoluogoabruzzese con un auspicio: «Il messaggio agli aquilaniè che possano recuperare il più presto possibile quel-la straordinaria fiducia e il rapporto fiduciario tra loro,e tra loro e lo Stato che ho visto molto forte nei mesisuccessivi al terremoto e che poi ho visto spegnersi».

ITALIA

COMMISSIONE GRANDI RISCHILa tesi sullo sciame sismico?L’Ingv smentisce Bertolaso

La denuncia di uncolonnello dei Rosal processo Meta:«Ci sono rapporti trai clan e Scopelliti»

REGGIO CALABRIA

Le cosche & i politiciai vertici della Regione

ROMA

In coma da giornilegata alla barella

Luca FazioMILANO

La lista si allunga e il silenzio si fasempre più pesante. Il decimodetenuto che si è tolto la vita dal-

l’inizio dell’anno si chiamava Alessan-dro Galleli. Aveva appena compiuto 21anni. Era rinchiuso a San Vittore in at-tesa di giudizio con l’accusa di violen-za sessuale. Si è impiccato sabato serasubito dopo una seduta psichiatrica.La scorsa primavera il ragazzo era sta-to sottoposto a un trattamento sanita-rio obbligatorio e il medico l’aveva rite-nuto affetto da un «disturbo di asociali-tà», ma comunque capace di intende-re e volere. Insomma, si trattava di unsoggetto particolarmente a rischio.

Alessandro Galleli ha più volte de-nunciato di essere stato picchiato da-gli altri detenuti, ma fonti dell’ammini-strazione penitenziaria spiegano che ilragazzo era rinchiuso nel Centro di os-servazione neuropsichiatrico, una zo-

na dove la sorveglianza è piuttostostretta e difficilmente possono accade-re episodi di violenze come quelli de-nunciati. Era in carcere da quattro me-si. Si è ucciso annodandosi attorno alcollo la felpa che aveva addosso.

L’Osservatorio permanente sullemorti in carcere, che ha diffuso la noti-

zia del suicidio, racconta di una situa-zione disperata, o almeno vissuta co-me tale. «Alessandro Galleli – scrivel’Osservatorio – aveva quattordici capidi imputazione, tra cui violenza sessua-le e molestie ai danni di ragazze mino-renni. Dalla sua cella del carcere mila-nese di San Vittore gridava disperatola sua innocenza e raccontava ai geni-tori di presunte percosse subite da al-

tri detenuti poco inclini ad accettarecon loro carcerati accusati di reati cheritengono infamanti: il pestaggio èquindi un triste classico del codice chevige in prigione nei confronti di chi èaccusato di reati sessuali. Il giovaneera seguito da medici specialistici e sisarebbe ucciso dopo una seduta psi-chiatrica, un gesto repentino avvenutodi fronte ad altre persone che perònon sarebbero riuscite a fermarlo».

Giuseppe Lauria, fino a qualche tem-po fa, era l’avvocato di Alessandro Gal-leli. «Sono sconcertato per quello cheè successo – spiega – i genitori mi ave-vano affidato l’incarico di difenderlo eio avevo presentato l’istanza di scarce-razione con richiesta di arresti domici-liari, ma era stata respinta. Dopol’emissione di rigetto, il padre mi ave-va revocato il mandato. Non vi erano,a mio parere, gravi indizi di colpevolez-za, ed era incensurato».

Dall’inizio dell’anno nelle carceri ita-liane sono già morte 24 persone.

RAI · La denuncia di una «clausola gravidanza» nei contratti per freelance

Incinta? Sei licenziata

Terremoto/IN MISSIONE L’«INVIATO SPECIALE» DEL GOVERNO

La svolta del ministro Barca:«L’Aquila va ricostruita dov’era»

SAN VITTORE · Il decimo detenuto suicida del 2012 è un ragazzo di 21 anni

Si uccide impiccandosi con la sua felpa

NO TAV

Caselli salta Milanoper evitare disordini

Viale Mazzini nega,i precari insistono:«Servono contrattiregolari e tuteleper i collaboratori»

L’Osservatorio: «È unclassico pestare i detenutiper reati sessuali»

Il governo pensaalla ricostruzionedel centro storico.E Chiodi promettele dimissioni

In coma dopo un trauma crani-co. Legata a una barella perquattro giorni e in attesa di es-sere ricoverata in un reparto«da un minuto all’altro». In que-ste condizioni i senatori Marino(Pd) e Gramazio (Pdl) hannotrovato una paziente ricoverataal pronto soccorso del Policlini-co Umberto I di Roma. La signo-ra, hanno raccontato i senatori,«era stata legata con delle len-zuola a mani e piedi alla barel-la per evitare di farla cadere».Gli ispettori del ministro dellaSalute, Renato Balduzzi, sonostati immediatamente speditinell’ospedale romano, mentrela procura di Roma ha già aper-to un’inchiesta. Incredibile, edisperante, l’ammissione diClaudio Modini, il direttore delDipartimento di emergenza eaccettazione del Policlinico: «E’una cosa che capita spesso, delresto il problema della mancan-za di posti per il ricovero non èuna novità, bisogna risolverequeste situazioni».

/FOTO TAM TAM

Giancarlo Caselli, procuratore diTorino, ieri avrebbe dovuto esserea Milano per presentare un suolibro. Ma non è venuto. Lo hannoconvinto a desistere le annuncia-te contestazioni del movimentoNo Tav che sabato scorso è an-che sceso in piazza a Milano.«Nel corso dei giorni precedenti -rende noto l’associazione Liberache avrebbe dovuto partecipare -si sono moltiplicati i segnali diinsofferenza e di contestazioneall’indirizzo del procuratore diTorino come presunta rispostaagli arresti di alcuni componentidel movimento No Tav. Ovviamen-te non possiamo entrare nel meri-to dei provvedimenti e, pur rispet-tando la legittimità della critica,condanniamo fermamente le mo-dalità antidemocratiche che ulti-mamente hanno assunto le con-dotte di contestazione del procu-ratore Caselli». Un corteo? Non èantidemocratico.

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MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 9

Astrit Dakli

Nel suo ennesimo articolo-comi-zio elettorale Vladimir Putinha affrontato il tema della dife-

sa e delle spese militari della Russia,promettendo ai suoi elettori un consi-stente aumento delle spese per rinno-vare e potenziare gli arsenali, in modoche «la nostra debolezza non sia unatentazione per altri». Che in Russia pro-mettere più spese militari significhi lu-singare gli elettori è una specificitàmolto originale ma innegabilmente ve-ra: sono in tanti, soprattutto tra i non

giovanissimi, a ricordare come undramma il periodo eltsiniano degli an-ni ’90, quando in men che non si dicail Paese si ritrovò declassato da super-potenza planetaria a potenza di secon-do piano, umiliata in Europa e incapa-ce di venire a capo di guerriglie locali.

A tutti loro, per ottenerne il voto nel-le presidenziali del 4 marzo, Putin hadunque promesso missili, cacciabom-bardieri, incrociatori, carri armati ingran quantità - il che ovviamente signi-fica anche commesse, posti di lavoro,buone paghe, sia nei settori che già sela cavano abbastanza bene grazie al-l’export di armi sia soprattutto in quel-li che invece da anni languono in unacrisi sempre più grave. «Le nuove armiserviranno a garantire la nostra difesada minacce che adesso nemmeno ve-diamo, ma che dobbiamo prefigurarcidi qui a 30 o 50 anni» - ha scritto il can-didato Putin sul giornale ufficiale Ros-sijskaya Gazeta - «e il loro sviluppo ser-

virà anche da traino per l’economia eda motore per la crescita tecnologicadei settori civili».

I numeri buttati sul tavolo dal pre-mier sono molto alti: 400 nuovi vettoriintercontinentali, 600 nuovi aerei di ul-tima generazione e via dicendo, perun totale di 600 miliardi di dollari. Spe-se che si aggiungeranno agli enormistanziamenti «sociali» già promessi ne-gli articoli preelettorali delle scorse set-timane: pensioni più alte, welfare mi-gliore e via dicendo. Le promesse diPutin hanno ovviamente sollevato pa-recchie perplessità tra gli economisti,compresi quelli più legati al Cremlino,perché la loro realizzazione è legata daun lato alla ventilata supertassazionedegli oligarchi (un provvedimento dicui il premier ha parlato senza preci-sarne la portata e i tempi) che più ditanto non potrà ovviamente fruttaresenza avere ripercussioni negative sul-l’economia, dall’altro alla previsionedi prezzi stabilmente molto alti del pe-trolio e del gas, di cui la Russia è gran-de esportatrice.

Ma perplessità forse anche maggio-ri sono venute dagli esperti di cose mi-litari, soprattutto per quanto riguardala promessa di dotare il paese di 400nuovi missili intercontinentali, in sosti-tuzione di quelli ormai abbastanza vec-chi che attualmente costituiscono ilcuore del deterrente strategico del Pae-se. I nuovi missili dovrebbero essere,almeno per la metà montata sui som-mergibili, del tipo Bulava, i cui test so-no stati drammaticamente negativi eche nonostante questo gli stati maggio-ri hanno deciso di «mettere in linea».Secondo gli esperti, citati anche da me-dia ufficiali, i nuovi missili «porteran-no più problemi di sicurezza di quantine siano chiamati a risolvere» e finiran-no per rappresentare un costo aggiun-tivo esorbitante (e per nulla pagante intermini di posti di lavoro...).

Tra una promessa e l’altra, comun-

que, il candidato Putin sembra averguadagnato consensi tra gli elettori: se-condo l’ultimo sondaggio dell’istitutostatale Vtsiom (peraltro sospettabile dimanipolazione pro-Putin) per il pre-mier sarebbero intenzionati a votare il57-58% degli elettori, che gli garanti-rebbero quindi una vittoria al primoturno. Anche gli altri istituti demosco-pici comunque, con numeri un po’più modesti, confermano ormai chePutin si avvia a vincere al primo turno- mentre due mesi fa il suo rating eralargamente al di sotto del 50%.

INTERNAZIONALE

Domenica l’annuncio dello stop alla vendita di petrolioa Francia e Inghilterra, paesi capofila nelle nuove san-zioni Ue contro l’Iran per via del suo programma nucle-are. Ieri la minaccia da parte del presidente della com-pagnia petrolifera iraniana (Nioc), Ahmad Qalebani,

che è anche vice-ministro per il petrolio, di allargare «la sospensione» («quasi certa») anche adaltri paesi europei: Italia, Germania, Spagna, Grecia, Portogallo e Olanda, «se continueranno leloro azioni ostili» verso Tehran. Parigi e Londra hanno già diminuito l’importazione di greggioiraniano in vista dell’embargo Ue, lo stop sarebbe più penalizzante per altri paesi europei, co-me Italia (13% del suo petrolio viene dall’Iran), Grecia (30%), Spagna. Per Qalebani l’Iran nonavrà problemi a piazzare il suo greggio visto che «al momento la domanda di petrolio iranianoè aumentata sui mercati internazionali» e visti i prezzi: da quando si parla di embargo europeo,«il prezzo del petrolio iraniano è passato da 102 a 123 dollari al barile» e potrebbe arrivare a«150 dollari». Ieri il ministro degli esteri iraniano Ali Akbar Salehi ha cercato di gettare acquasul fuoco affermando che i rapporti Iran-Europa saranno «ristabiliti», in quanto le due parti so-no «complementari». Critica la Cina: le «dispute internazionali» vanno affrontate e risolte «con ildialogo e le consultazioni» e non «con le pressioni e il confronto o la minaccia dell’uso dellaforza»

Michele GiorgioGERUSALEMME

I l «ponte aereo» in corso tra Washington e Tel Avivavrebbe un solo scopo: impedire un attacco, giànei prossimi mesi, dell’aviazione israeliana alle cen-

trali nucleari iraniane. Lo scriveva ieri Amos Harel sulquotidiano Haaretz, elencando i rappresentanti del-l’amministrazione Obama giunti negliultimi mesi o che verranno in Israeleper parlare della guerra all’Iran.

Domenica il consigliere per la sicu-rezza nazionale della Casa bianca,Tom Donilon, ha incontrato il pre-mier Netanyahu e ha avvertito, inun’intervista alla Cnn, che un attaccoisraeliano ora avrebbe un effetto «de-stabilizzante». Tra qualche giorno èprevisto l’arrivo del direttore della Na-tional Intelligence, James Clapper. Al-la fine del 2011 erano atterrati a TelAviv il direttore della Cia, David Petra-eus, e il segretario alla difesa Leon Pa-netta. Il mese scorso è stato il turnodel comandante degli stati maggiori Usa, Martin Demp-sey, di incontrare i vertici israeliani. Tra qualche giornosarà Netanyahu ad andare negli States, per il discorsoannuale di fronte all’assemblea della lobby filo-israelia-na Aipac e, soprattutto, per incontrare Barack Obama.Lo precederà a Washington il ministro della difesa Ba-rak che, secondo Amos Harel, gli americani considera-no un accanito sostenitore di un attacco immediato al-le centrali iraniane, mentre Netanyahu non avrebbe an-cora preso una decisione definitiva.

Washington crede che le sanzioni durissime adotta-te contro l’Iran – che da parte sua nega di volersi dotaredi armi nucleari e ieri ha accolto i cinque ispettori invia-ti dall’Aiea, l’agenzia atomica internazionale – spinge-ranno, in tempi stretti, Tehran a fermare l’arricchimen-to in casa dell’uranio. La Casa bianca però non escludela guerra all’Iran, anzi. Donilon ha detto che un attaccoavrebbe «ora» un effetto destabilizzante, quindi potreb-be ricevere luce verde più avanti. Senza dimenticareche, dovesse uno dei repubblicani, ora impegnati nelleprimarie del partito, riuscire a conquistare la Casa bian-ca in novembre, la guerra all’Iran sarebbe sicura. Dalfront runner Romney al rivale Ginrich, i repubblicanigareggiano nel condannare le «esitazioni» di Obama.

E’ opinione diffusa tra gli analisti israeliani che i col-loqui tra Netanyahu e Obama saranno decisivi. A TelAviv pensano che nessuna sanzione, per quanto dura,sarà sufficiente per modificare i programmi iraniani.

La guerra perciò è sempre più vicina. La vera postain gioco è la «parità strategica», ossia un Vicino Orientenel quale Israele non sarebbe più l’unico Stato della re-gione a possedere (in segreto, con il silenzio-assenso

dell’Occidente) l’arma atomica e a det-tare le regole del gioco ma dovrà «spar-tire» questo potere con l’Iran. Ammes-so che Tehran intenda davvero dotar-si di ordigni nucleari come sostengo-no Washigton e Tel Aviv. E’ questoche Barak e Netanyahu intendono im-pedire, e non, come affermano, pro-teggere Israele da eventuale blitz ira-niano con armi atomiche. L’Iran nonpuò attaccare Israele con armi di di-struzione di massa perchè dopo pochiminuti verrebbe incenerito dalle testa-te atomiche montate sui missili israe-liani a lunga gittata «Jericho» e su quel-li a bordo dei sommergibili dello Stato

ebraico che si troverebbero nelle acque dell’oceano In-diano. I satelliti israeliani (e americani) tengono sottoosservazione l’intero territorio iraniano 24 ore su 24,rendendo impossibile un «first strike», un attacco nucle-are a sorpresa.

Se da un lato i venti di guerra spirano sempre più for-ti, dall’altro qualcuno si chiede se Israele è davvero ingrado di colpire le centrali iraniane. Sarebbe un’opera-zione «ampia e molto complessa», ha spiegato ieri ilNew York Times. Un raid del genere prevede l’impiegodi 100 aerei, chiamati a percorrere circa 1.600 chilome-tri e ad effettuare rifornimenti in volo, per attaccare si-multaneamente diversi siti: il reattore ad acqua pesan-te di Arak e gli impianti di arricchimento dell’uranio diIsfahan, Natanz e Fordo. Per colpire gli ultimi due, unosotterraneo, l’altro scavato in una montagna, dovrannosganciare bombe «bunker buster» Gbu-28, che potreb-bero non bastare a distruggere gli impianti. Tehran daparte sua reagirà con forza – con missili balistici controIsraele, lanciando attacchi contro obiettivi Usa nel Gol-fo e provando a chiudere lo Stretto di Hormuz al pas-saggio delle petroliere -, e ieri ha avviato imponenti ma-novre di difesa anti-aerea che seguono quelle navali del-le scorse settimane.

Una situazione «molto in-garbugliata», come l’ha de-finita il presidente della re-

pubblica Napolitano, un «caso di-plomatico» che rischia di andareper le lunghe e di rendere molto te-si i rapporti fra l’India e l’Italia. IeriMassimiliano Latorre (45 anni) eSalvator Girone (34), i due marò - ifucilieri del reggimento San Mar-co della Marina militare, rambod’élite delle forze armate italiane -accusati di aver sparato e uccisodue pescatori, mercoledì scorso,nel Mar Arabico, al largo del portodi Kollam nello stato meridionaleindiano del Kerala, sono stati inter-rogati per due ore da un magistra-to indiano (con un prete italiano afar da traduttore) che ne ha dispo-sto il fermo per 3 giorni. Dopo diche li rivedrà e deciderà se com-mutare il fermo in arresto. A Kol-lam e Kochi, il porto dove è attrac-cata la petroliera, c’è molta confu-sione e tensione (con qualche ma-nifestazione anti-italiana). Una si-tuazione che rende ancor più diffi-cile la gestione della faccenda daparte del console generale d’Italiaa Mumbai, Giampaolo Cutillo, del-l’addetto militare dell’ambasciataitaliana, contrammiraglio FrancoFavre, della delegazione italianacomposta da esponenti dei mini-steri di esteri, giustizia e difesa.

Per oggi il legale indiano che di-fende i due italiani ha annunciatola presentazione di un ricorso difronte all’Alta corte del Kerala: chevenga riconosciuto che l’incidenteè avvenuto in acque internaziona-li e non indiane, quindi l’Indianon ha la giurisdizione sui due ma-rò, che rientrano sotto la legge ita-liana. I due militari hanno negatodi avere sparato sul peschereccio.

La dinamica della vicenda tutta-via è ancora molto oscura. Un ten-tativo di assalto da parte di pirati(ma dice il vescovo cattolico di Kol-lam, mons. Stanley Roman, che«davanti alle nostre coste la pirate-ria è ben poco diffusa»)? Un pe-schereccio scambiato per nave pi-rata? Due episodi separati o lo stes-so episodio? Gli indiani temonoche tutto finisca con l’impunità. Ilministro indiano della navigazio-ne, G.K. Vasan, ha parlato di un cri-mine «imperdonabile» per il quale«i colpevoli devono essere puniti».

Anche in Italia se ne sentono eleggono di grosse contro l’India egli indiani. In prima fila il post-fa-scista La Russa, ex-ministro delladifesa, l’autore della bella pensatadi autorizzare la presenza di milita-ri in funzione anti-pirateria suimercantili: gli arresti «sono illega-li», i marò «godono dell’immunitàrispetto all’India», per loro «tuttala mia solidarietà». Anche il gover-no in carica è molto deciso nel da-re solidarietà (il ministro degli este-ri Terzi) e rivendicare la «giurisdi-zione» (ministro della giustizia Pa-ola Severino). Unica voce fuori dalcoro, quella dell’ex marinaio FalcoAccame che critica la scelta di que-sti «Nmp» (Nuclei militari di prote-zione) a bordo delle navi mercanti-li (se vogliono, gli armatori «ingag-gino sotto la loro responsabilitàdei contractors») perché «pagaredei militari per questi compiti è eti-camente scorretto», oltre che peri-coloso anche a prescindere dallapaga «di 500 euro al giorno». Pru-dente anche sulla sovranità: «è be-ne non dimenticare la vicenda delCermis, che in nome della sovrani-tà Usa (in Italia) comportò da par-te nostra risarcimenti di due milio-ni di dollari alle vittime e la impos-sibilità di intervenire da parte del-la giustizia italiana». s.d.q.

Si può definire in altro modoche un intervento esterno in pie-na regola in Siria, come e più diquello in Libia, l’elenco di richie-ste dell’opposizione siriana chel’agenzia Ansa attribuisce al Ger-man Marshall Fund, definito«think-tank Usa per la coopera-zione transtatlantica»? Zonecuscinetto, corridoi umanitari,no-fly zone, più osservatori, raidaerei, appoggio logistico. Zonecuscinetto: Idlib a nord, al confi-ne con la Turchia, e Daràa asud, poggiando sulla Giordania,sono le due principali candidateper la creazione delle «bufferzones» (a patto che i disertoridell'Esl, «Esercito siriano libero»siano in grado di rendere sicurequeste aree); corridoi umanita-ri: verso le aree citate e altreregioni coinvolte, incluseTalkalkh, Homs, Hama, Rif Di-mashq e Zabadani; no-fly zone:per impedire l'uso di aerei mili-tari nella repressione degli oppo-sitori; missione di monitoraggioallargata: con partecipazioneinternazionale; raid aerei puniti-vi: contro strutture militari inreazione a un uso eccessivo del-la forza da parte dell'esercitosiriano; sostegno strategico-lo-gistico: per l’ Esl. Tutto chiaro?Ieri un’editoriale sulla primapagina del Quotidiano del popo-lo sosteneva che l’indiscriminatoappoggio dell’Occidente all’op-posizione siriana sta portandola Siria verso una «guerra civilesu larga scala». Dopo di chescriveva l’organo del Pc cinese«non vi sarà modo di evitare lapossibilità di un intervento arma-to straniero». Quello che l’oppo-sizione - o la parte più ascoltatadi essa, come il Consiglio nazio-nale siriano - chiede nella listaesposta qui sopra; quello chel’opposizione chiederà il 24 feb-braio alla riunione di Tunisi delgruppo «di Amici della Siria»,alla quale è stata invitata.

Ora sono 49 i militari italia-ni morti in Afghanistandal 2004. Gli ultimi tre so-

no morti ieri mattina non per at-tentato ma per incidente. Ovvii, inqueste occasioni, l’infinità di mes-saggi di cordoglio dal mondo poli-tico, in testa il presidente Napolita-no e il premier Monti. Da sinistra(Ferrero e Diliberto), cordoglio maanche il rinnovo della richiesta delritiro del contingente italiano.

L'incidente a una ventina di kma sud-ovest di Shindand, al confi-ne con la provincia «calda»di Fa-rah, tanto che da giorni è in attouna vasta operazione di contrastoche sta impegnando alcune centi-naia di militari Isaf. Azione compli-cata dalle piogge che hanno in-grossato i corsi d'acqua. Il «Lince»dell'incidente era impegnato nelrecupero di un'unità bloccata dalmaltempo: nel guadare un fiume,si è capovolto. Tre dei 4 militaridell'equipaggio (in forza al 66˚ reg-gimento Friuli di Forlì) sono rima-sti intrappolati dentro e sono mor-ti: il caporal maggiore FrancescoCurrò, 33 anni, di Messina; il capo-ral maggiore Francesco Paolo Mes-sineo, 29 anni, di Palermo; il capo-ral maggiore Luca Valente, 28 an-ni, di Gagliano del Capo (Lecce).

Si è salvato il mitragliere che sta-va sulla torretta: sbalzato, ha ripor-tato ferite ed è stato ricoverato nel-l'ospedale da campo di Shindandper ipotermia. Non è in pericolodi vita. Successivamente le tre sal-me ed il ferito sono stati trasporta-ti ad Herat. Il «Lince», costruitodall’Iveco, non è nuovo a questo ti-po di incidenti. Il 23 settembre al-tri tre soldati italiani morirono al-l'interno di un «Lince» ribaltatosinon lontano dalla base Camp Are-na di Herat. E c'è chi punta il ditosull'instabilità del mezzo, causatadall'appesantimento della blinda-tura della ralla, operata per render-lo più resistente.

RUSSIA · La campagna del candidato per le presidenziali del 4 marzo

Putin: al voto e alle armi

IRAN/NUCLEARE E SANZIONIStop alla vendita di greggioa paesi europei, fra cui l’Italia

INDIA/ITALIA

S’ingarbugliala vicendadei due marò

AFGHANISTAN

Si ribalta un Lincemorti tre italiani

SIRIA/GUERRE UMANITARIE

L’opposizione chiedel’intervento militare

Promessi 400missiliintercontinentali,600 aerei di ultimagenerazione...

Per Washingtoncolpire adesso

sarebbe«destabilizzante».Saranno decisivi

i colloqui dellaprossima settimana

fra Netanyahue Obama

MISSILI IN PARATA SULLA PIAZZA ROSSA DI MOSCA/FOTO REUTERS

Israele-Usa/CONTRO LE CENTRALI NUCLEARI IRANIANE

Fermare l’attacco israeliano «per ora»L’andirivieni di americani a Tel Aviv

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pagina 10 il manifesto MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012

Luigi Cavallaro

Nell’ottobre 1921, Lenin tennealcuni discorsi in cui spiegò ilsignificato della svolta nella ge-

stione dell’economia sovietica inaugu-rata nella primavera precedente, dopogli anni del «comunismo di guerra». Le-nin la chiamò «Nuova politica econo-mica», donde l’acronimo «Nep» concui è passata alla storia e poi nel di-menticatoio.

La sua idea di fondo era che, accen-trando la produzione e la distribuzio-ne nelle mani dello stato, i bolscevichiavevano commesso l’errore di volerpassare direttamente alla produzionee distribuzione su basi comuniste, di-menticando che a ciò si arriva attraver-so un lungo e complicato periodo ditransizione. La «Nuova politica econo-mica» muoveva dal fatto che avevanosubito una grave sconfitta e iniziatouna ritirata strategica.

Era senz’altro comprensibile chemolti si sentissero sgomenti, perché lasvolta della Nep, implicando la possibi-lità per i produttori di scambiare libera-mente sul mercato tutto ciò che dei lo-ro prodotti non era assorbito dalle im-poste, significava in buona misura re-staurazione del capitalismo. La que-stione fondamentale, dal punto di vi-sta strategico, era anzi proprio quelladi capire chi avrebbe saputo approfit-tare della nuova situazione: avrebberovinto i capitalisti, ai quali i bolscevichistavano aprendo le porte prima serra-te della produzione pubblica, e avreb-bero cacciato i comunisti, oppure il po-tere statuale, continuando a regolarela moneta e la produzione, sarebbe riu-scito a tener ferme le redini al collo deicapitalisti, creando un capitalismo su-bordinato allo stato e posto al suo ser-vizio? Molto sarebbe dipeso dal partitocomunista: se gli fosse riuscito di orga-nizzare i produttori immediati in mo-do da sviluppare le loro capacità e digarantire a questo sviluppo il sostegnodello stato, bene; altrimenti, essi sareb-bero stati presto asserviti al capitale.

Globalizzazione burrascosaCosì, grosso modo, scriveva Lenin inLa Nuova politica economica e i compi-ti dei centri di educazione politica. Sipotrebbe facilmente rilevare che, rilet-te oggi, le sue parole sembrano una gi-gantesca metafora del «secolo breve»,quasi che cent’anni di evoluzione e ri-voluzioni in Europa (e non solo) fosse-ro stati lì contratti in meno di un de-cennio. Ma non è su questo che quivorremmo richiamare l’attenzione. Ilpunto è che nell’analisi di Lenin staracchiusa l’intera problematica del «ca-pitalismo di stato»: che è questionenient’affatto tramontata, se perfinol’Economist ha sentito il bisogno di de-dicarvi un corposo inserto (quattordicipagine!) nell’ultimo numero del mesescorso. Per metterla in forma di do-manda: davvero il capitalismo di statorappresenta un modello che – comescrive il settimanale inglese – sta emer-gendo a livello mondiale come alterna-tiva al capitalismo liberale di marca an-gloamericana? E prima ancora, che co-s’è il «capitalismo di stato»?

Da un punto di vista fenomenologi-co, possiamo descriverlo con le stesse

parole dell’Economist: il capitalismo distato «cerca di fondere le forze dellostato con le forze del capitalismo». Lapromozione della crescita economicaè affidata all’azione dei governi, ma es-si nel perseguirla si avvalgono anchedi strumenti tipici del capitalismo, ivicomprese aziende statali quotate inborsa che nuotano come pesci nel ma-re della globalizzazione. Una miscelaapparentemente contraddittoria cheperò funziona: a fronte della crisi eco-nomica in cui sono drammaticamenteprecipitate le economie capitalisticheoccidentali, il capitalismo di stato puòinfatti contrapporre il più grande suc-cesso economico degli ultimi trent’an-

ni, ossia quel «miracolo cinese» fattodi tassi di crescita del Pil del 9,5% al-l’anno. Lo stato cinese – ci ricordal’Economist – non è soltanto il maggio-re azionista delle 150 aziende più gran-di del Paese, né semplicemente unaguida o un pungolo per migliaia di al-tre: specialmente attraverso il potenteDipartimento dell’organizzazione delPartito comunista, esso plasma nell’in-sieme il mercato attraverso la gestionedella moneta e delle politiche crediti-zie, indirizzando i flussi di denaro coe-rentemente con le scelte di politica in-dustriale, e per di più lavora a strettocontatto con le aziende cinesi che sistanno espandendo all’estero (specienel continente africano).

Lo Stato va in BorsaNon si tratta, peraltro, di un’esperien-za unica nel mondo industrializzato.Le aziende pubbliche costituisconol’80% della capitalizzazione della bor-sa cinese, ma anche il 62% di quellarussa e il 38% di quella brasiliana: co-me dire che è in gran parte del «Bric»(l’acronimo che designa Brasile, Rus-sia, India e Cina) che il capitalismo distato sta celebrando la sua marciatrionfale. Per non parlare dell’espan-sione dei «fondi sovrani» cinesi e arabi(ma anche norvegesi, russi, australia-ni), attraverso i quali il Leviatano stata-le, dopo aver vestito i panni del capita-lista industriale, assume anche le sem-bianze del capitalista finanziario.

Ad una più attenta analisi, tuttavia,la fenomenologia del capitalismo distato rivela un doppio paradosso. So-prattutto (anche se non solamente) inCina, le aziende di stato sono diventa-te più efficienti e più potenti propriomentre il settore statale complessiva-mente considerato si restringeva; d’al-tra parte, la capacità dei governi di inci-dere sulle leve fondamentali dell’eco-nomia si è accresciuta proprio mentreil settore privato si espandeva. L’Econo-mist lo rileva, ma non riesce a darneuna spiegazione. Affermare che, in unregime di capitalismo di stato, «i politi-ci hanno di gran lunga più potere chesotto il capitalismo liberale» è sempli-cemente tautologico: il problema è in-

fatti proprio quello di spiegare che co-sa conferisca loro questo potere di «uti-lizzare il mercato per promuovere finipolitici».

C’è un’impegnativa e assai poco me-ditata affermazione di Lenin dalla qua-le possiamo prendere le mosse perspiegare il paradosso. Risale ad un te-sto scritto nei giorni immediatamenteprecedenti la rivoluzione d’Ottobre esuona così: «il capitalismo monopoli-stico di stato è la preparazione materia-le più completa del socialismo, è la suaanticamera, è quel gradino della scalastorica che nessun gradino intermediosepara dal gradino chiamato sociali-smo». Non è un caso che Lenin la ri-prenda testualmente in uno interven-to (Sull’imposta in natura) che appareproprio nell’anno della svolta verso laNep: letta insieme ad un’altra che dipoco la precede e che spiega il sensodella topica («Non significa forse,quando si riferisce all’economia, chenel regime attuale vi sono degli ele-menti, delle particelle, dei pezzetti e dicapitalismo e di socialismo?»), essamette in chiaro che, nell’opinione delleader bolscevico, l’espressione «capi-talismo di stato» nasconde in realtàuna duplice problematica: 1) se, e aquali condizioni, la proprietà stataledei mezzi di produzione possa dar luo-go a nuovi rapporti di produzione di ti-po «socialista»; 2) se, e in che modo, co-desti nuovi rapporti di produzione pos-sano coesistere con quelli preesistentidi tipo capitalistico.

Volgendo lo sguardo indietro allosviluppo economico sovietico degli an-ni Venti del Novecento, possiamo in ef-fetti apprezzare la pregnanza dell’ipo-tesi leniniana. La Nep fu bensì conno-

tata da un ampio sviluppo del com-mercio, dal ristabilimento del ruolo al-locativo della moneta e più in generedall’influenza che i movimenti deiprezzi tornarono ad esercitare sullescelte di consumo e investimento. Mafu altresì caratterizzata dall’espansio-ne di un insieme di apparati statali chesottraevano parzialmente la riprodu-zione allargata dall’influenza direttadei rapporti mercantili, grazie soprat-tutto al ruolo svolto dalla pianificazio-ne, dalla centralizzazione del bilanciopubblico e dalla realizzazione di pro-grammi pubblici di investimenti.

Tra Mosca e WeimarPer altro verso, la spinosa querelle chea metà del decennio si accese all’inter-no del partito bolscevico circa il carat-tere «genetico» o «teleologico» dellapianificazione, nascondeva la questio-ne (non meno decisiva) se codesta sfe-ra di attività produttive finalmente sot-tratta all’imperio dei rapporti mercan-tili dovesse essere complessivamentesubordinata al funzionamento del siste-ma capitalistico o posta, viceversa, inposizione relativamente dominante.Fintanto che si fosse limitato a riflette-re le tendenze «spontanee» del siste-ma economico, il piano non avrebbemai potuto assurgere a criterio orienta-tivo delle scelte produttive fondamen-tali a prescindere dalla loro redditivitàmonetaria: per liberare le scelte di poli-tica economica (a cominciare da quel-la relativa all’industrializzazione) daun impiccio del genere, occorreva alcontrario spezzare la logica del pareg-gio di bilancio, il che a sua volta richie-deva un sistema bancario capace di as-secondare le crescenti esigenze di

espansione monetaria, evitando alcontempo che quest’ultima degeneras-se in un’inflazione rovinosa come quel-la che, giusto in quegli anni, affliggeval’esperimento socialdemocratico diWeimar.

Il laboratorio di ShenzenSta qui, in questo complesso mix di mi-sure reali, monetarie e finanziarie, l’ar-cano che può consentire allo stato disottrarre le condizioni d’impiego deimezzi di produzione (ivi compresa laforza-lavoro) alle esigenze di valorizza-zione del capitale. E sta nella duplicitàdei rapporti che vengono a presiedere ilprocesso complessivo di produzione e ri-produzione sociale il segreto del movi-mento inversamente oscillatorio delladisoccupazione e dell’inflazione che,molti anni dopo, A.W. Phillips avrebbeformalizzato nella sua famosa curva.Già all’epoca della Nep, il prevaleredell’una o dell’altra avrebbe infatti co-stituito una spia della (relativa) domi-nanza assunta dall’uno o dall’altro si-stema di rapporti di produzione: quellicapitalistici ovvero quelli statuali.

Si racconta che nel 1980, all’indoma-ni del varo della prima «Zona economi-ca speciale» di Shenzhen, i dirigenti ci-nesi si affannassero a cercare nelleOpere complete di Lenin un qualcheappiglio che potesse giustificare la scel-ta di concedere a privati cittadini dirit-ti di uso e di trasferimento che concer-nevano il lavoro, i mezzi di produzio-

T he rise of state-capitalism è il titolo della co-pertina con cui l’Economist è apparso in edi-cola il 21 gennaio scorso. L’inserto speciale

sul capitalismo di stato, intitolato The visible hand,si può adesso leggere all’indirizzo internet: ht-tp://www.economist.com/node/21543160.

Sullo sviluppo economico cinese degli ultimi de-cenni sono ormai disponibili diverse analisi. Ricor-diamo qui Wu Xiaobo, Miracolo cinese. I trent’anniche hanno cambiato il mondo (Francesco BrioschiEditore, pp. 214, euro 16); Stefano Chiarlone, Ales-sia Amighini, L’economia della Cina (Carocci, pp.166, euro 16); Gianni Salvini, La modernizzazionedella Repubblica popolare cinese e l’integrazioneeconomica nel mondo sinico, incluso nel pondero-so (e ottimo) volume curato da Guido Samarani eMaurizio Scarpari, La Cina. III Verso la modernità,(Einaudi, pp. 1072, euro 95). Sulla natura del siste-ma sociale e politico cinese, va ricordato il saggio diGiovanni Arrighi Adam Smith a Pechino (Feltrinel-li). Sempre prezioso per un corretto inquadramen-to delle dinamiche sociali connesse alla trasforma-zione economica è Wang Hui, Il nuovo ordine cine-se (Manifestolibri, pp. 191, euro 18).

Sull’Unione Sovietica all’epoca della Nep restaimprescindibile il magistrale lavoro di Charles Bet-telheim, Le lotte di classe in Urss 1917-1930, 2 voll.,Etas Libri, 1975-78. Ma bisognerebbe trovare uneditore disposto a ripubblicarlo, perché è da tempo

esaurito, al pari del resto delle Opere complete e del-le Opere scelte di Lenin, già pubblicate dagli EditoriRiuniti. Gli atti del convegno sull’«idea comunista»tenutosi a Londra nel 2009 sono stati pubblicati inItalia per DeriveApprodi: L’idea di comunismo, a cu-ra di Costas Douzinas e Slavoj Zizek (pp. 254, euro18).

Sulla discussione attorno alla diverse modelli dicapitalismo sono stati scritti molti volumi e saggi.Tra i più recenti vanno segnalati quelli di RonaldDore Capitalismo di borsa o capitalismo di welfare?(Il Mulino), i saggi di Manuel Castells La nascita del-la società in rete e Volgere di Millennio (entrambipubblicati da Università Bocconi Editore). Su que-sto versante va infine ricordato l’ultimo scritto diDavid Harvey L’enigma del capitale (Feltrinelli).

CULTURA

SCAFFALI · Da Charles Bettelheim a Manuel Castells

L’onda lunga di un pensiero critico

INFINITE TRANSIZIONI

Un recente numerodell’«Economist»affronta il rinnovatoprotagonismo dello statonella vita economica

Il Leviatanodella ricchezzaDopo la riscoperta di Marx è la volta di Lenin, interpretatocome un agit prop del capitalismo di stato. La crisi sbriciolala messianica fiducia nel mercato e rende così attuali cassettedegli attrezzi teorici troppo rapidamente considerate obsolete

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MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 11

ne, gli edifici e perfino la terra. Non c’èda stupirsi che, alla fine, l’abbiano sco-vato proprio in alcuni testi redatti al-l’epoca della Nep, né che Chen Yun –che tra i leader storici del Pcc è statoforse il maggior esperto di pianificazio-ne economica – abbia fin da subitoproposto di circoscrivere l’esperimen-to riformatore iniziato nel 1978 nel-l’ambito dell’«economia dell’uccelloin gabbia»: nella capacità di suscitare

le forze dello sviluppo capitalistico e alcontempo di controllarle in modo che«non volassero via» possiamo in effettiscorgere la principale realizzazionedella strategia trentennale dei comuni-sti cinesi.

Messa la cosa in questi termini, risul-ta certo più chiaro il significato di certeespressioni ossimoriche così tipichedei dirigenti cinesi, a cominciare daquella di «economia di mercato sociali-sta». Il fatto è che il «mercato» è sempli-cemente un proscenio, ovvero (e piùprecisamente) una delle istituzioni so-ciali in cui si manifesta il nesso di do-minanza/subordinazione concreta-mente esistente fra i rapporti di produ-zione capitalistici e i rapporti di produ-zione statuali («socialisti»). E il fattoche al momento siano questi ultimi adessere saldamente attestati in posizio-ne dominante è ciò che consente digiudicare la formazione economico-so-ciale cinese come irriducibilmente al-tra rispetto a quelle «capitalistiche» oc-cidentali: non già perché all’interno diqueste non si diano forme di coopera-zione produttiva non più condizionatedal perseguimento del profitto mone-tario (basti pensare agli apparati pub-blici preposti al welfare: scuole, ospe-dali, ecc.), ma semplicemente perchéesse non sono (più) dominanti. L’infi-nita e stolida giaculatoria sull’«insoste-nibilità» del debito pubblico ne costitu-isce probabilmente la migliore confer-ma.

Il mercato del pubblicoLascia perciò perplessi l’Economist al-lorché, a conclusione del suo rappor-to, afferma perentoriamente che «labattaglia che definirà il XXI secolo nonsi combatterà fra capitalismo e sociali-smo, ma tra differenti versioni del capi-talismo»: quel Lenin suggestivamenteritratto in copertina suggerisce piutto-

sto che la partita che si gioca intornoal «capitalismo di stato» è affatto aper-ta e per nulla predeterminabile neisuoi esiti ultimi.

Certo, si può sempre ritenere che ilcomunismo andrebbe ripensato «apartire dalla distanza dallo statalismoe dall’economicismo», come hanno so-stenuto (quasi) tutti i partecipanti adun importante convegno sull’«idea co-munista» svoltosi proprio a Londraqualche anno fa. All’estremo opposto,dei comunisti che volessero prenderesul serio gli insegnamenti del «miraco-lo cinese» dovrebbero interrogarsi sul-le ragioni del consenso di cui hanno go-duto in Occidente quelle politiche eco-nomiche che hanno progressivamentesmantellato analoghi strumenti di con-trollo e governo pubblico dell’econo-mia capitalistica, che risalivano agli an-ni ’30. Mi rendo conto, però, che è diffi-cile credere che si diano parentele disorta tra il Manifesto del partito comu-nista di Marx e Engels e lo Statuto delPartito comunista cinese approvatogiusto 160 anni dopo. Se poi si è anar-chici, è perfino impossibile.

Martino Doni

Ci sono libri che è difficile de-scrivere, a meno di non cor-rere il rischio di una sintesi

sterile, inconsistente, un po’ comequando a scuola fanno «ridurre inprosa» l’Infinito di Leopardi. Uno diquesti libri «irriducibili» è senza dub-bio lo scambio di lettere tra Julia Kri-steva e Jean Vanier, Il loro sguardobuca le nostre ombre. Dialogo trauna non credente e un credente sul-l’handicap e la paura del diverso, tra-duzione di Alessia Piovanello, prefa-zione di Gianfranco Ravasi, Donzel-li, pp. 220, euro 16.

È un libro anomalo, non è unosfoggio di argomentazioni, né un di-battito. Piuttosto, siamo molto vici-ni a un concerto per archi e fiati.Jean Vanier è il violinista, delicatissi-mo e acuto, virtuoso delle tonalitàpiù ardite, sa attraversare lande geli-de e inospitali, regalando arie di stra-ziante intensità; la Kristeva dà fiatoa trombe che gridano indignazionee rabbia, ribellione e gioia, calore estupefazione. Vanier è un lupo dimare canadese, classe 1928, conver-titosi al rigore della metafisica aristo-telica, prima, e della teologia cattoli-ca poi. Fonda nel 1964 l’Arca, istitu-zione nomade di assistenza e solida-rietà alle persone disabili di tutto ilmondo. Kristeva, di origini bulgare,è una delle punte di diamante dellostrutturalismo francese. Semiologa,psicoanalista, sodale di Jacques Der-rida e interprete unica del «geniofemminile» (con questo titolo pub-blica stupende biografie di HannaArendt, Colette e Melanie Klein), laKristeva è al tempo stesso un’arche-ologa della modernità e un’esigentesentinella del futuro. Soprattutto inquanto madre. Soprattutto in quan-to madre di un figlio disabile. Ed èqui che Kristeva incontra Vanier, suquesto terreno delicatissimo, suquesta prova impossibile.

Un figlio disabile. Una disgrazia?Una provocazione? Uno scherzo?Piuttosto un atto di resistenza alla«tirannia della normalità», suggeri-sce Vanier. L’assolutismo del reale,avrebbe detto Hans Blumenberg, èlo slancio dell’immaginario, il pun-golo della fantasia. La disabilità chealberga nell’intimità, la fragilità checostituisce la plasticità dei corpi –corpi che si pensano e si disegnanosempre invulnerabili, magari ma-schi, biondi, giovani, prestanti, nor-modotati, calciatori, prodighi, infalli-bili, eterosessuali, magnanimi elargi-tori di saltuarie elemosine natalizie,eccetera – questa disabilità è ciò cherende compiutamente umani. C’è atal proposito una poesia del vecchioWallace Stevens che descrive esatta-mente questa limpida verità dell’es-sere «finalmente umani», una voltache «ogni persona ci tocca così co-me è nella spenta grandezza delladissoluzione». Cioè a dire: quandosi appalesa la vulnerabilità dei no-stri corpi, la finitezza delle nostreore, abbiamo finalmente l’occasio-ne per riconoscerci per quel che sia-mo, non per i sogni deliranti di im-munità che guidano le nostre ansiedi sicurezza. La disabilità è allora in-tegrazione della morte, che nonvuol dire quieta e rassegnata accet-tazione. Se Vanier si abbandona vo-lentieri alla tenerezza come virtùumana principe per descrivere il bi-sogno pre-genitale di intimità carna-le con il fragile, Kristeva insiste piut-tosto sulla dimensione pre-religiosadella cura dell’altro.

Il loro carteggio non è uno scam-bio di pacche sule spalle, non è unacompiaciuta e reciproca conferma

di narcisismo. Forse Kristeva è piùesposta al rischio dell’adulazione,lei accademica affermata, abituataai microfoni e al supposto saperedel discorso che la autorizza… ma ilconfronto con Vanier la obbliga benpresto a una schiettezza quasi spie-tata, e insieme a una dolcezza inusi-tata, il registro stilistico del suo cele-bre libro su Teresa d’Avila, Teresamon amour, non a caso al cuore diquesto carteggio.

Due temi, tra i tanti che si potreb-bero individuare, emergono dirom-penti e provocatori da queste pagi-ne struggenti: la differenza e la pro-fezia. Iniziamo da quest’ultimo. Va-nier azzarda a dire che il disabile è fi-gura profetica. Kristeva non ci sta,sottolinea l’iperbole nell’affermazio-ne dell’interlocutore. La domandarimane in sospeso, ma rimane. Per-

ché il disabile dovrebbe essere pro-feta? Forse perché, come dice Mar-tin Buber, profeta è chi consegnaun’alternativa alla comunità: o la vi-ta, seguendo la conversione, oppu-re la distruzione. Il disabile incarnaquesta alternativa, ne è nel contem-po messaggio e medium, come nel-la più squisita lezione massmediolo-gica. Profezia di cambiamento, dun-que, dove non vale la dogmatica o ilmieloso buonismo del «poverino!»,ma vale il sofferto approccio del pa-rente, del vicino di casa, dello scono-sciuto samaritano che decide di ac-cogliere un messaggio di finitezza,di mutacica, disfasica, caparbia vita-lità. Non è la dignità a decidere del-la vita: è la vita del disabile che chie-de conto della dignità. Ed ecco la dif-ferenza. Ed è subito provocazionepolitica e teologica insieme. Teologi-

ca perché il Dio handicappato dicui parla Vanier è il Gesù che sulmonte beatifica i «poveri in spirito»(cioè gli ultimi della classe, i«down», come dicono i ragazzi oggicon perfida sineddoche), e invita albanchetto zoppi e ciechi (Luca14,13); ma si tratta anche di una pro-vocazione politica, che ci investe co-me un’onda anomala in tempo dimagra.

La differenza della disabilità haqualcosa di profondamente pertur-bante, più che quella etnica o, comesi diceva un tempo, «razziale». Nel li-bro vi sono parecchi riferimenti alrazzismo e ad altre tematiche affini(la xenofobia, il maschilismo, la que-stione israeliana, l’apartheid); ma ladifferenza del disabile è ancora al-tro, dice Kristeva: «La differenza deidisabili, contrariamente a tutte le al-tre differenze, rinvia non a una lottaper il potere, ma al senso che diamoalla specie umana». Il punto è pro-prio questo: di fronte al «grado ze-ro» della fragilità, all’umanità nelsuo stato puramente affidabile, nonprestare fede è forse l’atto più colpe-volmente empio che la civiltà deiconsumi può perpetrare. Prendersicura dello storpio, del cieco, del po-vero in spirito, invece, è forse l’uni-co vero atto di fede possibile per ri-pensare il senso dell’umanità, oggie domani, nella dimensione penulti-ma delle ore mortali.

Enrico Terrinoni

«La tesi di laurea non esiste praticamentepiù… grave è che si addottorino nelle univer-sità molte più persone di quanto per ora il si-

stema accademico può assorbire, con il risultato chemolti dottori, scoraggiati dall’assenza di prospettive,tornano a fare, ottenuto il dottorato, il lavoro cheavrebbero fatto con la laurea specialistica o triennale;solo che trovano ancora più difficoltà, perché lo cerca-no con tre o quattro anni di ritardo». Il commento laco-nico, che non sembra lasciare troppe speranze alle ulti-me generazioni di studenti, descrive purtroppo conuna certa precisione quanto avviene giornalmente dadiversi anni all’interno dell’università pubblica italia-na, un’istituzione che in tanti di recente hanno tentatodi riformare, e che, chi più e chi me-no, in tanti hanno contribuito ad af-fossare. Da dove provengono que-ste parole all’apparenza sconsola-te? Saperlo aggiunge una eco sini-stra, quasi beffarda, alla verità diffi-cilmente contestabile che esse pro-pongono.

Sono infatti di un addetto ai lavo-ri per così dire sui generis, FrancoMarucci, già professore ordinario al-la Ca’ Foscari di Venezia, e autoredella monumentale Storia della let-teratura inglese in sette volumi, usci-ta a partire dal 2003 per Le Letteredi Firenze. Marucci non è però un barone, semmai ilcontrario. Per scelta consapevole – e anche, forse, perle ragioni di cui sopra – a soli 60 anni ha abbandonatola cattedra in controtendenza rispetto all’uso comune,e lo ha fatto per dedicarsi alla scrittura. Da questa deci-sione nasce Pentapoli. Le piccole ironie della vita di unaccademico (Euro 14, pp. 218), uscito di recente per ilpiccolo marchio fiorentino Masso delle Fate.

Di ironia in questo impegnato libro di memorie e le-vità accademiche ce n’è molta. È ironico il resocontodella lunga gavetta dell’autore, degli anni di produzio-ne scientifica infaticabile e della lunga attesa prima disalire in cattedra, delle tante domande presentate in gi-ro per l’Italia per ottenere qualche corso in affidamen-to, e della estenuante angosciosa alba della riaperturadei concorsi. Insomma, più che il ritratto auto-decla-matorio di un accademico consumato, il testo ci pre-senta, si direbbe, le vicissitudini picaresche di un pre-cario, e non fa fatica immaginare che tanti giovani let-tori potranno identificarsi con lo scanzonato protago-nista di queste confessioni.

Alla leggerezza affabulatoria che anima le «piccoleironie della vita di un accademico» (il sottotitolo ri-

manda al Life’s Little Ironies di Thomas Hardy), si af-fianca un velo di consapevole disillusione per le sortidell’università e delle materie umanistiche in particola-re. Il profilo dell’accademia che ne viene fuori, perquanto dipinto a pennellate lievi, è sconsolante. Comeper la sedia del dittatore descritta da Saramago, che sirompe inesorabilmente al rallentatore e con essa cadeil suo occupante, l’accademia con la sua aria un po’stantia, vista attraverso gli occhi di Marucci si (ri)piegasu se stessa, persa com’è in futili faide dipartimentali,in consigli e riunioni in cui l’interesse per il sapere èspesso secondo rispetto alla burocrazia o alle piccolerendite di potere, in convegni e conferenze in cui sup-ponenti mostri sacri dell’establishment letterario (si ve-da il tagliente ritratto di uno scostante Derek Walcottin visita a Venezia) danno il meglio di sé e della pro-

pria altezzosità.Il libro propone la presa di co-

scienza di un irrimediabile decli-no, quello delle facoltà umanisti-che, a dispetto della loro indiscus-sa popolarità tra gli studenti – glistessi studenti che i tecnocrati del-l’ultim’ora preferiscono chiamareclienti, o meglio consumatori, enon fruitori, di un’offerta formati-va standardizzata e sempre piùaziendalista. Ma tale decadenzanon è se non un microcosmo cheriflette un macrocosmo universita-rio continuamente svilito, negli ul-

timi anni, e demonizzato da riformatori sciatti e incol-ti picconatori, il cui hobby malsano è trattare l’immen-so patrimonio culturale di una nazione non come valo-re aggiunto, ma come una sorta di ricchezza dei pove-ri, una ricchezza di serie B. Tanto per ricordare checon la cultura non si mangia, come ammoniva un tri-ste creativo della finanza di qualche tempo fa.

E invece con la cultura si mangia. Cultura è l’intrec-ciarsi dei saperi, cultura è la memoria non ereditaria diuna comunità, diceva Lotman. Ed è proprio con unnuovo umanesimo delle università, e non con un lorobieco aziendalismo dirigista che si può aspirare a far af-fiancare a una sperata rinascita economica, anche unmeritato risollevarsi culturale. In Irlanda, dopo il famo-so tracollo finanziario seguito allo scoppio della bollaimmobiliare, è stato eletto un poeta a Presidente dellaRepubblica. Ma quelle sono altre latitudini. Da noi ba-sterebbe un po’ di sano scetticismo, e di ironia, se vo-gliamo, nei confronti di ricette liberaliste calate dall’al-to che pur promettendo molto in nome della raziona-lizzazione e della ripartizione dei saperi, rischiano dilasciare sul tavolo niente più che un pugno di briciole.E con le briciole, si sa, si mangia poco.

CULTURA

CARTEGGI · Da Donzelli «Il loro sguardo buca le nostre ombre» di Julia Kristeva e Jean Vanier

Corpi disabili, resistenti al «normale»

Le piccole ironiedella vita

di un accademicoe l’amara

constatazionedel declinodelle facoltàumanistiche

Schiettezza e dolcezzanella conversazionesull’handicaptra un credentee una non credente

MEMORIE · «Pentapoli» di Franco Marucci per Masso delle Fate

Università, gli ironici e disincantatiracconti di un precario d’antan

Nella realtà cinesesono tutt’ora presentisia forme produttive«socialiste»che capitalistiche

LA SCOMPARSA DI RENATO DULBECCOÈ morto ieri Renato Dulbecco, premio Nobel per la Medicina nel1975. Laureato in Medicina a Torino, conosce durante gli studiuniversitari Salvatore Luria e Rita Levi Montalcini. Caduto ilfascismo, Dulbecco entra a far parte delle Resistenza e fa parte del

Cln della città di Torino, diventando anche membro della giuntapopolare guidata dal sindaco Giovanni Roveda. Nel 1947 sitrasferisce negli Stati Uniti, lavora prima a Bloomington e poi nelCalTech. Nel 1972 è a Londra per lavorare negli Imperial CancerResearch Fund Laboratories. Nel 1975, grazie alle sue scoperte in

materia di interazioni tra virus tumorali e materiale genetico dellacellula, Dulbecco è insignito del premio Nobel per la Medicinaassieme a David Baltimore e Howard Temin. Dal 1986 èattivamente impegnato nel Progetto Genoma, la cui mappaturatermina nel 2003. Domani articoli sul suo lavoro scientifici.

IMMAGINE TRATTA DA INTERNET.SOTTO UN DISEGNO DI LENIN«BANCHIERE» APPARSA NEL NUMERODELL’ECONOMIST DEDICATOAL CAPITALISMO DI STATO. NELLA PAGINAACCANTO UNA PERFORMACE DI ARTISTIDISABILI COORDINATA DA HEIDI LATSKY

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pagina 12 il manifesto MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012

Cristina PiccinoBERLINO

Sembra che l’Orso d’oro al filmdi Paolo e Vittorio Taviani ab-bia provocato dei malumori tra

la stampa tedesca delusa dalla man-cata vittoria del regista nazionaleChristian Petzold che per Barbara(film molto intenso) ha avuto l’Orsod’argento alla migliore regia. Qualcu-no ha scomodato l’anagrafe, dicen-do che il presidente della giuria MikeLeigh coi suoi sessantanove anni hapremiato un cinema d’autore euro-peo «vecchia maniera» invece di pun-tare sugli autori più giovani, come ac-cade al festival di Cannes, ma franca-mente «vecchio cinema europeo» ap-pare assai di più un film osanatissi-mo sulla Croisette come The Artist.

Cesare deve morire, col suo biancoe nero fotografato splendidamenteda Simone Zampagni, in sala il pros-simo 2 marzo distribuito dalla Sa-cher di Nanni Moretti, è un film di li-bertà assoluta, radicale nelle sue scel-te di regia e di punto di vista ma so-prattutto nella modo in cui interrogala materia stessa del suo narrare. Sia-mo nel carcere romano di Rebibbia,tra detenuti che scontano pene altis-sime, e anche senza fine, per associa-zione camorristica o omicidio, coiquali il regista Fabio Cavalli lavoranel suo laboratorio teatrale. Il testoprescelto è Giulio Cesare di Shakespe-are. I Taviani filmano per mesi la pre-parazione, dai provini per la sceltadegli attori, alla lettura del testo, leprove in una sala angusta del carcerevisto che il teatro non è ancora agibi-le, sino al debutto per il quale le im-magini diventano a colori.

Dentro/fuori: è su questa geome-tria dello spazio che costruiscono ilfilm, a partire dal rapporto tra l’atto-re e il personaggio, Giulio Cesare,Bruto, Cassio, Antonio ... e perciò iltesto e le sue possibili interpretazio-ni. È lì che si concentra tutto, passatoe presente, il vissuto prima del carce-re e i conflitti al suo interno rimango-no nel fuoricampo senza però esserecelate. Si rappresentano infatti tra leparole di Skakespeare, nelle provequando affiorano gli scontri e le ten-sioni, nella lettura solitaria in celladove ritornano le ferite del passato,l’angoscia di un futuro senza orizzon-te , la solitudine, le scoperte di una di-versa consapevolezza. La Roma anti-ca sono i corridoi in cui rincorrono levoci, le congiure che non hanno tem-

po, i bisbiglii di Bruto e di Cassio con-tro il futuro imperatore, i pensieriche si confondono nella notte, il cor-po incessante del carcere. Sappiamochi sono e le affinità che sentono coni loro personaggi Bruto, SalvatoreStrano che ora è fuori dal carcere econtinua a lavorare da attore, o Cas-sio, Cosimo Rega, Cesare, GiovanniArcurii, e in questo corpo a corpo ècome se anche Shakespeare trovasseuna sua nuova vitalità.

È vero che i premi della Berlinale(in giuria insieme a Mike Leigh, Char-lotte Gainsbourg, Ashgar Farhadi,Jack Gyllenhaal, Barbara Sukowa, An-ton Corbijn, François Ozon, Boua-lem Sansal) hanno prediletto un cine-ma «politico», ma era un po’ questala chiave dichiarata della selezione, enon solo del concorso, in cui quasitutti i film si confrontavano con sog-getti importanti dell’attualità. Il pun-to però è il senso del cinema «politi-co» oggi, e anche qui Cesare deve mo-rire è un film dichiaratamente politi-co, per il modo in cui i Taviani inter-rogano le loro immagini rispetto aquanto raccontano. Non è un film«sul» carcere, non in senso program-matico, e proprio per questo sa mo-strarcene dall’interno con pudore eintensità il respiro profondo di dolo-re e di violenza. La cifra politica delfilm rimanda alle decisioni cinemato-grafiche non al tema, all’indipenden-za di sguardo che si prendono senzapreoccuparsi del mercato, delle ricet-te produttive e di quant’altro condi-ziona il nostro cinema e non solo.

In questa direzione andava il filmdi Edwin, Postcards from the zoo, pur-troppo escluso a favore di Just the

Wind di Bence Flieghauf (premiospeciale della giuria), o Tabu di Mi-guel Gomes, premio Alfred Bauer, do-ve uno sguardo strabico, e magnifi-co, smaschera colonialismi e post,l’esotico dell’Africa di ieri e di oggi inun melò noir feroce.

Cosa è un cinema politico insom-ma negli immaginari contempora-nei, con le rivoluzioni che accadonoin rete, e «in tempo reale», è una del-le domande che la Berlinale 2012 haprovato a lanciare tra i suoi schermi.L’eurocrisi, Fukushima, il G8, i mi-granti, le primavere arabe, la scom-messa però è nel modo, nella ricerca

di una chiave, un’invenzione cinema-tografica. Si può infatti parlare dei mi-granti, e di come le democrazie occi-dentali dimentichino verso di loro ildiritto, raccontando una storiad’amore come fa Vincent Dieutre nelsuo Jaurés. O ritrovare i fili della sto-ria complessa di un paese come Cam-bogia a partire dal suo cinema, dai re-gisti fiammeggianti degli anni primadi Pol Pot (Le sommeil d’or di DavidChou).

Christian Petzold ci riporta agli an-ni della Ddr, nell’estate del 1980. Bar-bara, la protagonista che dà il titoloal film (sorprendente Nina Hoss, ico-

na del regista) è un medico dissiden-te, ha chiesto di andare a ovest ma lasua domanda è stata rifiutata. Per pu-nirla l’hanno trasferita da Berlino inun piccolo ospedale di campagna.Forse anche per controllarla meglio,per umiliarla con le continue ispezio-ni in casa, i pedinamenti, fruganonei suoi cassetti e nel suo corpo, ognisguardo che incrocia il suo è un po-tenziale delatore, una potenziale ac-cusa. Barbara però non ha rinuncia-to alla fuga, sta organizzando il pas-saggio a ovest con l’aiuto del suo uo-mo, che fa affari con l’est e quindinon ha problemi di movimento. Manella sua vita appare Stella, una ra-gazzina rinchiusa in un campo di la-voro, e poi c’è Andre, il collega medi-co che la attrae senza sapere se puòfidarsi ...

Barbara è forse il film in cui il regi-sta tedesco (Jerichow, Yella) più con-cede alla narratività, e al suo pubbli-co, ammorbidendo la struttura geli-da dei suoi melò contemporanei inuna regia (premio giustissimo) di spa-zi, sguardi, emozioni, gesti. Petzolddice che non voleva fare un film sullaDdr che fosse il ritratto di una nazio-ne oppressa a cui contrapporre la li-bertà dall’altra parte del muro. Lasua Ddr somiglia più a un film classi-co di spionaggio, alla tensione di nthriller, non ci sono assassini o miste-ri da svelare ma progressivamentesiamo catturati da questo clima di op-pressione, di ambiguità e di recipro-co sospetto (Petzold cita Hawks di Ac-que del sud) nel quale l’individuoperde i limiti della sua singolarità.Dove anche fare l’amore sembra im-possibile, se non clandestinamente,appartati in un bosco lontano da que-gli sguardi terribili o negli hotel di lus-so ove tutto è concesso perché si tra-sfroma in economia.

Petzold ha scritto anche la sceneg-giatura, stavolta non con Haroun Fa-rocki, suo maestro e abituale compli-ce negli altri film, dal quale ha assimi-liato però la lezione su come rappre-sentare il controllo. E Barbara, se sitoglie il riferimento alla Germaniadell’est, è un film sulla logica del con-trollo. L’espediente storico permetteuna maggiore identificazione ma nel-l’angoscia che si diffonde seguendole passeggiate di Barbara sulla sua bi-cicletta, e la paura a ogni suono dicampanello, spalanca l’abisso di unsentimento comune, qualcosa che ri-conosciamo sicuramente al di là diogni tempo.

VISIONI

Immaginiincercadella realtà

L’edizione 2012 ha puntatosu storie che cercano un

confronto col presente.Fukushima, la crisi, il G8

di Vicari che piace al pubblico.Christian Petzold racconta laDdr: tra thriller, spionaggio e

amore, l’ambiguità del controllo

Festival • L’Orso d’oro a «Cesare deve morire» dei Taviani chiude la BerlinaleA «Barbara» la migliore regia, premiato anche il geniale «Tabu» di Miguel Gomes

GLI ALTRI PREMI

A Bence Fliegauf val’Orso d’argentoOltre all’orso d’oro assegnato ai fratel-li Paolo e Vittorio Taviani per il film«Cesare deve morire», la giuria dellasessantaduesima edizione della Berli-nale presieduta da Mike Leigh e com-posta da Anton Corbijn, Asghar Farha-di, Charlotte Gainsbourg, Jake Gyl-lenhaal, François Ozon, Boualem San-sal and Barbara Sukowa ha assegna-to il Gran premio della giuria (Orsod’argento) a «Csak a szél (Just TheWind)» di Bence Fliegauf; Orso d’ar-gento al miglior regista a ChristianPetzold per «Barbara»; orso d’argen-to per la migliore interprete femmini-le Rachel Mwanza in «Rebelle» (WarWitch) di Kim Nguyen; orso d’argentoal miglior interprete maschile: MikkelBoe Følsgaard in «En Kongelig Affære (A Royal Affair)» di Nikolaj Arcel.L’orso d’argento per il contributo arti-stico è andato a Lutz Reitemeier perla fotografia di «Bai lu yuan (WhiteDeer Plain)». L’orso d’argento allamigliore sceneggiatura è stato conse-gnato a Nikolaj Arcel, Rasmus Hei-sterberg per l’opera «En KongeligAffære (A Royal Affair)» di NikolajArcel. Si è aggiudicato il premio Al-fred Bauer «Tabu» di Miguel Gomes.Premio speciale - Orso d’argento a«L'enfant d'en haut (Sister)» di Ursu-la Meier. Opera d’esordio «Kauwboy»di Boudewijn Koole (nella categoriaGeneration Kplus). Menzione specia-le per «Tepenin Ardi» («Beyond theHill») di Emin Alper (Forum).

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MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 13

Rai1 Rai2 Rai3 Rete4 Canale5 Italia1 La718:15 TG2 Notiziario 18:45 NUMB3RS Telefi lm Con

David Krumholtz, Rob Morrow, Judd Hirsch

19:35 L’ISOLA DEI FAMOSI 9 Reality show Conduce Vladimir Luxuria

20:25 ESTRAZIONI DEL LOTTO 20:30 TG2 - 20.30 Notiziario

21:05 CRIMINAL MINDS: SUSPECT BEHAVIOUR “DEVOZIONE” Telefi lm Con Forest Whitaker, Janeane Garofalo

21:50 CRIMINAL MINDS Telefi lm Con Thomas Gibson, Shemar Moore

22:40 THE GOOD WIFE Telefi lm Con Julianna Margulies, Matt Czuchry

23:25 TG2 - TG2 PUNTO DI VISTA Notiziario

23:40 ALMOST TRUE Documenti Conduce Carlo Lucarelli

00:30 PAST LIFE Telefi lm Con Kelli Giddish

16:40 L’INDIANA BIANCA FILM Con Guy Madison, Frank Lovejoy, Helen Westcott, Vera Miles, Dick Wesson, Onslow Stevens

18:55 TG4 - METEO Notiziario 19:35 TEMPESTA D’AMORE

Soap opera20:30 WALKER TEXAS RANGER

Telefi lm Con Chuck Norris

21:10 MIAMI SUPERCOPS - I POLIZIOTTI DELL’8A STRADA FILM Con Terence Hill, Bud Spencer, C.B. Seay, William ‘Bo’ Jim, Ken Ceresne, Jackie Castellano

23:25 I BELLISSIMI DI R4 Rubrica

23:30 BASTA GUARDARE IL CIELO FILM Con Kieran Culkin, Sharon Stone, Elden Henson, Gena Rowlands, James Gandolfi ni

01:30 TG4 NIGHT NEWS Notiziario

16:55 POMERIGGIO CINQUE Attualità Conduce Barbara D’Urso

18:45 THE MONEY DROP Gioco Conduce Gerry Scotti

20:00 TG5 - METEO 5 Notiziario 20:30 STRISCIA LA NOTIZIA

- LA VOCE DELLA CONTINGENZA Attualità

21:10 SCUSA MA TI VOGLIO SPOSARE FILM Con Raoul Bova, Michela Quattrociocche, Luca Angeletti, Francesca Antonelli, Francesco Apolloni, Cecilia Dazzi, Michelle Carpente, Beatrice Valente, Francesca Ferrazzo, Rossella Infanti

23:45 MATRIX Attualità Conduce Alessio Vinci

01:30 TG5 NOTTE - METEO 5 NOTTE Notiziario

02:00 STRISCIA LA NOTIZIA - LA VOCE DELLA CONTINGENZA Attualità

18:30 STUDIO APERTO - METEO Notiziario

19:00 STUDIO SPORT Notiziario sportivo

19:20 TUTTO IN FAMIGLIA Telefi lm Con Damon Wayans, George Gore II

19:50 I SIMPSON Cartoni animati

20:20 C.S.I. Telefi lm Con Marg Helgenberger, George Eads, William Petersen, Laurence Fishburne, Gary Dourdan

21:10 TROY FILM Con Brad Pitt, Orlando Bloom, Eric Bana, Diane Kruger, Brian Cox, Brendan Gleeson, Garrett Hedlund, Sean Bean, Julie Christie

00:20 KULL IL CONQUISTATORE FILM Con Kevin Sorbo, Tia Carrere, Roy Brocksmith, Harvey Fierstein, Karina Lombard, Douglas Henshall

02:15 STUDIO APERTO - LA GIORNATA Notiziario

19:03 IL PUNTO SETTIMANALE Attualità

19:27 AGRIMETEO Notiziario 19:30 TG3 Notiziario 20:00 IPPOCRATE Rubrica 20:30 TEMPI SUPPLEMENTARI

Rubrica 20:57 METEO Previsioni del

tempo

21:00 NEWS LUNGHE DA 24 Notiziario

21:27 METEO Previsioni del tempo

21:30 MERIDIANA - SCIENZA 1 Rubrica

21:57 METEO Previsioni del tempo

22:00 INCHIESTA 3 Attualità 22:30 NEWS LUNGHE DA 24

Notiziario 22:57 METEO Previsioni del

tempo 23:00 CONSUMI E CONSUMI

Rubrica 23:27 METEO Previsioni del

tempo

15:15 LA VITA IN DIRETTA Attualità Conduce Marco Liorni, Mara Venier

18:50 L’EREDITÀ Gioco Conduce Carlo Conti

20:00 TG1 Notiziario 20:30 QUI RADIO LONDRA

Attualità Conduce Giuliano Ferrara

20:35 AFFARI TUOI Gioco Conduce Max Giusti

21:10 A FARI SPENTI NELLA NOTTE FILM Con Guido Caprino, Anita Caprioli, Francesca Inaudi, Federico Pacifi ci, Manfredi Aliquò

23:15 PORTA A PORTA Attualità Conduce Bruno Vespa

00:50 TG1 NOTTE - TG1 FOCUS Notiziario

01:20 CHE TEMPO FA Previsioni del tempo

01:25 QUI RADIO LONDRA Attualità Conduce Giuliano Ferrara

17:40 GEO & GEO Documentario Conduce Sveva Sagramola

19:00 TG3 Notiziario 19:30 TG REGIONE - METEO

Notiziario 20:00 BLOB Varietà 20:15 I DUE AMMIRAGLI FILM

Con Stan Laurel, Oliver Hardy, James Finlayson, Anne Cornwall

20:35 UN POSTO AL SOLE Soap opera Con Patrizio Rispo, Riccardo Polizzy Carbonelli

21:05 BALLARÒ Attualità Conduce Giovanni Floris

23:15 90° MINUTO CHAMPIONS Rubrica sportiva Conduce Andrea Fusco

00:00 TG3 LINEA NOTTE Attualità 00:10 TG REGIONE Notiziario 01:00 METEO 3 Previsioni del

tempo 01:05 RAI EDUCATIONAL GAP

Attualità

17:30 L’ISPETTORE BARNABY Telefi lm Con John Nettles, Jane Wymark, Daniel Casey, Laura Howard, Barry Jackson

19:20 G’ DAY Varietà Conduce Geppi Cucciari

20:00 TG LA7 Notiziario 20:30 OTTO E MEZZO Attualità

Conduce Lilli Gruber

21:10 L’ISPETTORE BARNABY “LA NOTTE DELLA BESTIA” Telefi lm Con Neil Dudgeon, Jason Hughes, Kirsty Dillon, Barry Jackson

23:10 CROSSING JORDAN Telefi lm Con Jill Hennessy, Miguel Ferrer, Steve Valentine, Ravi Kapoor

00:45 TG LA7 Notiziario 00:50 TG LA7 SPORT Notiziario 00:55 (AH)IPIROSO Attualità

Conduce Antonello Piroso 01:55 G’ DAY Varietà Conduce

Geppi Cucciari

Rainews

VISIONI

C.Pi.BERLINO

Diaz. Don’t clean up this blooddi Daniele Vicari è molto pia-ciuto al pubblico berlinese, in-

fatti è il secondo film più votato nel Pa-norama special. Un risultato importan-te, visto il tema, il massacro alla Diazdurante il G8 e le torture nella caser-ma di Bolzaneto, c’erano molti ragazzitedeschi a Genova come ci ha raccon-tato anche il bel documentario BlackBloc.

Daniele Vicari, che è anche autoredella sceneggiatura insieme a LauraPaolucci, basata sulle ricostruzioni delprocesso, lascia molto di quanto ac-cadde a Genova nel 2001 fuoricampoe concentra il racconto sull’assalto del-la polizia alla Diaz e sulle torture la not-te stessa e nei giorni seguenti nella ca-serma di Bolzaneto, dove molti degliarrestati ancora sanguinanti per le bot-te vennero imprigionati, seviziati sen-za nessun diritto legale, senza che le fa-miglie fossero avvertite. E cerca soprat-tutto di capire le ragioni profonde, ilvero cuore del problema oltre le eti-chette abusate come «macelleria mes-sicana», il fatto cioè che in un paese co-siddetto democratico, in un Europademocratica, sia stato possibile chetutto ciò accadesse.

Il film affronta quindi la realtà lavo-rando in astrazione: ci sono un «pri-ma» e un «dopo» che riguardano solochi si troverà alla Diaz quella notte.Per frammenti vediamo il lavoro deimediattivisti al Genoa Social Forum, iragazzi che cantano e si baciano nono-stante tutto. L’organizzazione dei bus,siamo alla fine del G8, le discussionisui black bloc e le scelte da fare. I poli-ziotti eccitati che «non riesco più a te-nerli», uno tra loro più corretto chenon esprime dissenso agli ordini (Clau-dio Santamaria), i vertici, come il capodella Digos di Genova Spartaco Morto-la, o il capo del settimo reparto dellamobile, Vincenzo Canterini, il suo viceMichelangelo Fournier, e ancora Fran-cesco Gratteri, Gilberto Caldarozzi, re-sponsabili dello Sco, servizio centrale

operátivo (e quest’ultimo è stato dife-so dall’attuale ministro della giustiziaPaola Severino), Giovanni Luperi , l’excapo della polizia Di Gennaro … An-che se i nomi sono stati cambiati …

E i black bloc, un ragazzo «nero» ela sua amica francese, gli unici chenon ci saranno dentro alla scuola per-ché si rifugiano in un bar ...Chi allaDiaz arriva per caso, perché non sa do-ve dormire, come il pensionato. O ilgiornalista (Lorenzo Guadagnucci delResto del Carlino) interpretato da ElioGermano che arriva lì perché non sipuò stare davanti al computer a scrivetutti le stesse cose.

In ralenti vola la bottiglia vuota lan-ciata contro una macchina della poli-zia, il pretesto utilizzato per motivareun’aggressione già decisa, costruita co-me le bugie alla conferenza stampa.Le sequenze si ripetono, da punti di vi-sta diversi, il massacro, il sangue, i col-pi dei manganelli, i calci, la polizia inospedale, la caserma e i suoi terribiliesecutori di ordini.

Il G8 è stato un evento molto docu-mentato, cosa che ha permesso dismascherare molti, se non tutti, gliabusi commessi. Però la «finzione»permette un salto, ci sono personaggiche conosciamo, che seguiamo, e im-provvisamente è come se le loro storieassumessero un valore potenziato diconoscenza.

Il momento reiterato del massacronella scuola qui ha una sua forza ag-ghiacciante, fa paura vedere che i tuto-ri dell’ordine agiscano senza nessunaconsapevolezza della legge e soprattut-to senza rispetto per l’essere umano.

Ma questo degrado non è solo«astratto», non puo esserlo in un’istiu-zione che costruisce prove, mente aicittadini, li priva dello stato di diritto edella democrazia. É anche, o soprattut-to, politico, ha un contesto e una sualogica. E non si tratta di mostrare o noBerlusconi, che pure si vede in tv inuno dei tg d’archivio la costruzionedel G8 è stata politicamente prepara-ta, e se si va indietro nel tempo, nellanostra storia, gli abusi e le violenza distato hanno sempre una ragione «poli-tica» usando il termine nel senso piu’ampio.

Quello che al film manca è propriola misura tra l’indignazione e la rifles-sione politica. Ciò che è accaduto nelnostro paese è intollerabile. Vicari noncerca spiegazioni né’ ci da risposte, e èuna scelta giusta la sua, fuori dall’ideo-logia. Ma allora perché mettere in boc-ca a Claudio Santamaria poliziotto unpo’ Ponzio Pilato, davanti al viso rottodi sangue di una ragazza: «I’m sorry»Mi dispiace?

WRITERS GUILD AWARDS

Woody Allen, migliorsceneggiaturaA poco meno di una settimanadagli Oscar, assegnati i WritersGuild Awards, i riconoscimentiche a partire dal 1949 premianol’eccellenza nella scrittura cinema-tografica, televisiva e radiofonica.Woody Allen si porta a casa il rico-noscimento per miglior sceneggia-tura di «Midnight in Paris», men-tre Alexander Payne, Jim Rash eNat Faxon, autori di «ParadisoAmaro», vincono come migliorsceneggiatura non originale. «Mo-dern family» si aggiudica il ricono-scimento come miglior serie tv,mentre «Breaking bad» come mi-glior serie drammatica. Migliornuova serie «Homeland», che hadebuttato ieri in Italia su Fox.

ANTONIO BANDERAS

Sarà Picassoper Carlos SauraAlterna pellicole a Hollywood a«soggiorni» in Spagna. Banderasdopo essere tornato a lavorarecon Almodovar in «La piel queabito», si cala nei panni di PabloPicasso in «33 dias», il film di Car-los Saura che rievoca il periodo incui il maestro realizzò il celebredipinto Guernica. Si girerà fra Pa-rigi e Guernica, con un budget di6 milioni di euro. Fotografia affi-data a Vittorio Storaro.

PARIGI

Retrospettivaper SpiegelmanLa Biblioteca del Centro culturalePompidou a Parigi dedicherà laprima retrospettiva parigina al-l'americano Art Spiegelman, auto-re di «Maus», il primo fumetto adaver ricevuto il premio Pulitzer.La mostra si terrà tra il 21 marzoe il 21 maggio prossimi. Sarannoesposte tutte le tavole di Maus,uno dei primi romanzi grafici con-temporanei sul tema della Shoah,dove gli ebrei sono rappresentaticome topi e i nazisti come gatti.

ELECTRO POP

Depeche Mode,disco entro il 2012Fermi da tre anni, ultimo albumda studio «Sound of the universe»nel 2009, i Depeche Mode entra-no a marzo in sala di registrazio-ne per dare un seguito a quellaraccolta, forse in uscita già a fineanno. Il 12 marzo sarà invece neinegozi «Sss» album realizzato dal-la voce della band, Martin Gore,insieme a Vincent Clarke, ex mem-bro della band.

Guido FestineseGENOVA

Thelonious Monk dicevache, in musica, «il meno èil più». Leopardi, un seco-

lo prima, lo aveva anticipato,con medesimo ragionamento:«Il troppo è il padre del nulla».Formule che si attagliano allameraviglia a un piccolo grandedisco, TrE, fatto di sottrazioni,più che di addizioni, che meritadi essere cercato e gustato, an-che se euri ne girano pochi. Citrovate un’intelligente economiadi mezzi, un meno che diventapiù: chitarre e voce, qualche ami-co ospite speciale a portare altrepennellate di note, e splendidapoesia in musica. Ci sono mae-stro ed allieva assieme, ma i ruo-li ormai sono parecchio ridefini-ti. L’allieva è Giua, Maria Pieran-toni Giua al secolo, cantautrice,ennesima conferma che da Ge-nova (in realtà vicino a Genova:Rapallo), periodicamente salta-no fuori talenti di assoluta cara-tura a ridefinire i contorni diquella apparentemente esauritaformula che ci ostiniamo a chia-mare «canzone d’autore». E nonsolo: perché Giua quando nonscrive, suona e canta (voce di cri-stallo pronta ad accogliere qualche deliziosa increspa-tura amara che la arrochisce) dipinge.

Una delle giovani meraviglie delle nuovissime teleitaliane, dal 2005 almeno. Il maestro (aveva diciasset-te anni anni alla prima lezione, Giua) è Armando Cor-si, uno dei sogni della sei corde acustica in Italia. Perintendersi: il musicista instradato da Paco De Lucia, eper lunghi anni colonna portante del suono costruitosul palcoscenico e in sala d’incisione da un altro gran-de cantautore, Ivano Fossati. Nome che solo a pro-nunciarlo si attira una scia di rispetto, tra i musicisti egli addetti ai lavori. Un cuore grande così, le dita cheviaggiano sulle corde tra flamenco e tango, tra rumbae fado. Che poi sono quasi, o del tutto, includendo an-che De André e il pantheon delle note d’autore, glistessi di Giua. Perché TrE come titolo per il nuovodoppio cd, appena pubblicato da Egea, e presentatodal vivo a Genova? Perché una coppia in musica sepa-rata da una generazione abbondante, all’anagrafe, e

che da uno più uno approda aldispari tre, mette in conto l’inve-stimento emotivo che ci devemettere l’ascoltatore, per gustar-si appieno i 15 inediti che trova-te sul primo cd, e le imprevedibi-li sei «cover» del secondo cd (daBruno Lauzi a Carlos Gardel). Initaliano, spagnolo, genovese, na-poletano. Con l’aiuto amorevoledi grandi delle note acustiche:Jacques Moreleubaum, sublimevioloncellista con Caetano Velo-so, Fausto Mesolella, cofondato-re degli Avion Travel, RiccardoTesi, Marco Fadda e altri.

Giua non è un nome mai senti-to anche per il largo pubblico.Qualcuno ricorderà perfino unacomparsa al Festival di Sanre-mo, 2008, per l’allora davverogiovanissima ragazza con la mas-sa anarchica di riottosi capelli ful-vi: lei così rammenta, con pre-cauzionale understatement :«Sanremo? Una gran bella città.Un bel mare. Il Festival è la cosameno musicale che mi sia capita-to di incontrare nella vita. Lì hocapito, col senno di poi, che San-remo, il Festival, è l’epitome ditutto quanto non mi piace e nonmi interessa della musica. È dav-vero necessario rivestire di plasti-ca e confezione ed arrangiamen-

ti gonfi una buona idea musicale, un buon testo, pervenderseli su un palco? Lì ho capito che non posso enon potrò più rinunciare a una certa dose di piacereche viene solo dalla buona musica». E la pittura? «An-che. Ma musica e colore sono due facce di una stessamedaglia, convivono integrandosi, ne sono semprepiù convinta». Già. buona musica, come si riconosce?«Si riconosce subito. Quando suoni una buona frasein improvvisazione, e quella è tutto quello che ti rima-ne attaccato alle dita e in testa, se provi a fissarla», ri-sponde sornione Armando Corsi. E un buon testo, nébanale, né pretenzioso, come ad esempio Totem e Ta-bù, nel disco, con una clamorosa citazione finale daNessuno mi può giudicare, come si riconosce? «Quan-do scrivo testi sono «dentro» le cose, non mi faccio do-mande. Rispondo a un’urgenza creativa. Non ho pau-ra di essere banale né precipitosa. Il lavoro di fino vie-ne dopo. E se dopo, a riascoltarmi, mi convinco, vuoldire che va bene.»

la radioDopo qualche anno siincrociano nuovamentele strade di Sergio Man-cinelli e Radio Capital.Il conduttore si ritagliauna sorta di «risvervaindiana» dal lunedì algiovedì dopo la mezza-notte, e in replica ladomenica con un mon-taggio del meglio dellasettimana. «Sentierinotturni» è il titolo dellatrasmissione che racco-glie una selezione dimateriale sonoro dalpassato: «I sentieri delviaggio, che in radiosono quelli della musi-ca», spiega Mancinelli.

DISCHI · Giua e Armando Corsi in «Tre», sorprendente doppio cd

L’essenziale è musica

USA · Simpsons da record, 500 puntate in tvIeri sera ha staccato il traguardo storico delle 500 puntate. La serie animata piùlongeva della storia della Fox, «I Simpson» ha festeggiato il prestigioso risultato conun episodio dal titolo «At Long last leave», dove la folle famiglia americana si trovanel bel mezzo di un plot sorprendente. Burt e famiglia vengono esiliati dalla lorocittà natale e si trasferiscono in una località chiamata «The OutLands», dove trova-no il fondatore di Wikileaks, Julian Assange e altri personaggi. Giunta alla 23esimaedizione, la serie andrà in onda per almeno altre due stagioni. Un traguardo impor-tante anche perché nei mesi scorsi i rapporti fra i creatori dei Simpsons e la Fox sierano alquanto raffreddati, tanto che sembrava vicina la conclusione delle avventu-re della squinternata family a stelle e strisce. Ora invece i produttori alzano l’asticel-la, e puntano addirittura a superare il record di 635 episodi appartenente alla stori-co tv serie «Gunsmoke». Nel frattempo I Simpson si apprestano nelle prossime setti-mane a trasformarsi anche in un ...video gioco. Il gruppo americano Electronic Arts(EA) lancerà un gioco freemium dei Simpsons per la piattaforma iOS. L’app si chia-merà «The Simpsons: Tapped Out» e sarà sia per iPhone che per iPad. Sarà gratisma i giocatori avranno l’opzione di acquistare la «moneta virtuale» per accelerare iprogressi del gioco. Il modello business del freemium è in grande crescita negli AppStore. Il gioco si presenterà con dialoghi scritti e audio.

PANORAMA

«Diaz» di Vicari,la democraziapresa a calci

IN SENSO ORARIO, «BARBARA» DI CHRISTIANPETZOLD, UNA SCENA DA «CESARE DEVE MORIRE»

E UNA FOTO DEI FRATELLI TAVIANI. SOTTO «DIAZ,DON’T CLEAN UP THIS BLOOD» DI DANIELE VICARI

JOHN TURTURROJohn Turturro potrebbe affiancare Dwayne Johnson, Mark Wahlberg e Ed Harris nel nuovolavoro di Michael Bay, «Pain and Gain». Turturro dovrebbe interpretare un uomo d'affari diMiami, Marc Schiller, rapito e torturato da due culturisti, Daniel Lugo (Wahlberg) e AdrianDoorbal (Johnson), membri della gang di Miami Sun Gym. Il film si ispira a una storia vera.

CRANBERRIESNuovo album e nuovo tour per i Cranberries che tornano in scena dopo un lungo periodo diseparazione. Il nuovo capitolo discografico firmato dalla band originaria di Limerick si intitola«Roses» ed esce oggi, a distanza di undici anni da «Wake up and smell the coffee», ultimo albumin ordine di tempo firmato dai quattro della band prima dello scioglimento avvenuto nel 2003.

«Riconosci la qualitàquando suoni una frase

improvvisando, e quella ètutto quello che ti rimane

attaccato alle dita e intesta, se provi a fissarla»

Page 14: giornale1

pagina 14 il manifesto MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012

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Il mio rasoio e il canone RaiSono un felice possessore di un raso-io elettrico tedesco marca Braun chetutte le mattine, mentre mi faccio labarba, si collega a Radio Vaticana.Ora che è morta lì la discussione lega-ta ai possibili danni alla salute dovutiall’esagerata potenza di trasmissionedella “voce della Chiesa” mi sorge unaltro interrogativo: alla luce delle re-centi interpretazioni restrittive dellalegge fascista sul pagamento del ca-none che equiparano un videocitofo-no o uno smartphone a un apparec-chio radiotelevisivo ed essendo a tuttigli effetti il mio rasoio un “apparec-chio atto alla ricezione delle trasmis-sioni radio”, mi toccherà pagare ilcanone Rai?Roberto Martina

Eternit, smaltimento costosoAdesso che sono stati condannati iproduttori di eternit, cosa devono fareprivati e enti pubblici che ogni giornosono a contatto con tetti, coperture,tubazioni, scarichi, ecc. in eternit? Seva bene condannare i produttori, biso-gna anche pensare di fare qualcosaper tutelare coloro che da anni convivo-no, in modo diretto o indiretto, conl'eternit. Sapete quanto costa a unprivato togliere e smaltire l'eternit? Unasomma esagerata, e forse è questo ilmotivo per il quale non viene sostituito.Marino Bertolino

Quei fanatici dei maròGuardateli, alti e fieri, nella loro divi-sa, i marò barbuti della marina italia-na, che unitamente ai lagunari si fre-giano del discutibile titolo di eredidella X mas: sono accusati di averucciso, scambiandoli per pirati, degliinnocui e pacifici pescatori indiani.Sono i soliti fanatici volontari che so-no stati addestrati alla violenza, sinutrono di violenza vivono per e diviolenza. In Afghanistan, Iraq, Libia e,

a suo tempo, negli anni' 90, in Soma-lia. Alla faccia di quello che dice laministra Paola Severino, citando ildiritto internazionale, desidererei unbel processo, naturalmente giusto,effettuato dagli indiani, in India. Natu-ralmente in caso di riconosciuto reatodi omicidio, la giusta punizione. Ma inostri baldi giovani erano in missionedi pace. O no?Claudio Cossu

Riduzione Irpef, poca mabuonaNon sarà mica il governo Monti quelloche comincia a ridurre l’Irpef per ipercettori delle fasce di reddito piùbasse? La notizia di una possibileriduzione, già nel Consiglio dei mini-stri del 24 febbraio, dell’aliquota piùbassa (dal 23% al 20% ) sulla fasciacompresa fra i 7mila e i 15mila euroha dell’incredibile. Da 18 anni ci sen-tiamo promettere la riduzione delleimposte con la conseguenza che, inve-ce, sono tutte regolarmente aumenta-te. È paradossale che il governo Mon-ti, in carica da poco più di tre mesi,trovi il modo, dopo aver adottato prov-vedimenti “lacrime e sangue”, di dareil segnale di un’inversione di tenden-za. Sono solo 24 euro ma voglionodire tanto: anzitutto a chi guarda ilgoverno – il problema dei precedentiesecutivi erano solo le aliquote dei

redditi dai 30mila euro in su – e poil’esistenza di una chiara e non equivo-ca volontà politica. Le conclusioni?Meglio non fare promesse ad unapopolazione che ha tutte le ragioniper essere incredula: i giudici parlinocon le sentenze e i governi con i dise-gni di legge e i decreti legge. E l’Italiet-ta consegnata a Monti lascerà il pas-so a un paese più povero di mezzi maorgoglioso della propria identità.Giuseppe Barbanti

Adnan come Bobby Sands?Khader Adnan è un prigioniero politicomantenuto in carcere illegalmente,come oltre trecento altri prigionieripalestinesi nelle carceri israeliane, cheattua uno sciopero della fame da oltre60 giorni e può morire da un momen-to all'altro. Ha deciso di non mangiarepiù finché non sarà liberato, a costodella vita, e lo fa per ribellarsi pacifica-mente all'occupazione ed alla privazio-ne dei fondamentali diritti umani cuisono sottoposti i palestinesi, per attira-re l'attenzione del mondo su quantosta succedendo in Israele-Palestina,ma proprio per questo il suo scioperodella fame viene ignorato dai mezzid'informazione. Non aspettiamo chemuoia come Bobby Sands.Ireo Bono

Lo sguardo di GabriellaEh no, Gabriella Mercadini non dovevamorire. Il suo sguardo mi ha insegnatoin tutto questo tempo, questi tempi, aosservare il mondo in modo differente,io fotografo dilettante e che si diletta.Baudelaire non credeva, credo, che lafotografia fosse un’arte. Non conoscevaGabriella Mercadini o altri fotografi,come lei, prima e dopo di lei, che han-no colto la verità della vita con sguardopuro e trasfigurante. Ma questo Baude-laire scrisse per “spiriti” liberi, per armi-geri come Gabriella: «Involati ben lonta-no da questi miasmi morbosi/va’ apurificarti nell’aria superiore/bevi, puroe divino liquore/il chiaro fuoco che col-ma i limpidi spazi./Felice chi, con alavigorosa, abbandonate alle spalle/lepene e le sofferenze che gravano dipesi/sulla bruma dell’esistenza, capaceè di slanciarsi/verso i luminosi campisereni;/colui i cui pensieri, come allodo-le/verso il cielo del mattino spiccanoliberi il volo;/e colui che si libra sullavita, e il linguaggio/dei fiori e delle mu-te cose agevolmente comprende». Mimancherà lo sguardo di chi ci ob-serva-va mettendosi dalla nostra parte.Antonio Zoccarato

L’ARTE DELLA GUERRA

Il «dimagrimento» del militareManlio Dinucci

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Anche le forze armate devono subireun «sostanziale dimagrimento»: lo haannunciato alle commissioni difesa diSenato e Camera il ministro Giampao-lo Di Paola. Il governo Monti dimostracosì che, di fronte alla crisi, tutti devo-no fare sacrifici. Dalla relazione delministro emerge però che essi sonoresi necessari non tanto dai tagli dibilancio, quanto dal fatto che le forzearmate sono nella condizione di unpugile in soprappeso e poco allenatoe devono quindi essere sottoposte auna cura di dimagrimento. Essa preve-de la riduzione del personale militareda 183mila a 150mila e di quellocivile da 30mila a 20mila, così daottenere un calo del 30% in 5-6 anni.Ciò farà diminuire la spesa per il per-sonale dal 70% al 50% rispetto aquella totale, permettendo di accresce-

re le spese per l’operatività e l’investi-mento. Le forze terrestri, marittime eaeree saranno sottoposte a snellimen-ti, soprattutto riguardo alle unità pe-santi e le difese costiere e aeree. Altermine della cura, le forze armatesaranno più piccole ma più efficienti,con meno mezzi ma tecnologicamentepiù avanzati, «realmente proiettabili eimpiegabili», e avranno a disposizione«più risorse per l’operatività». Ciò con-ferma che è illusoria la promessa delgoverno Monti di ridurre la spesa mili-tare. Le forze armate, annuncia il mini-stro, disporranno inoltre di un più effi-

ciente sistema C4I (Comando, Control-lo, Comunicazioni & Intelligence), chepermetterà loro di integrarsi più stret-tamente nelle operazioni Usa/Nato, edi più forze speciali e unità di intelli-gence. In tale quadro, è «irrinunciabi-le» disporre della più avanzata compo-nente aerotattica, basata sul cacciaF-35 Joint Strike Fighter, che, garanti-sce Di Paola, è il migliore. L’Italia, cheha finora investito nel programma 2,5miliardi di euro, ne acquisterà 90 inve-ce che 131. Il ministro non quantificaperò il costo complessivo. Non puòfarlo perché il prezzo dell’aereo non è

ancora definito: si può comunque sti-mare in circa 10 miliardi di euro per90 velivoli, cui si aggiungerà una cifraanaloga per l’acquisto di un centinaiodi Eurofighter Typhoon. L’F-35, il cuicosto operativo sarà superiore a quel-lo degli attuali caccia, comporteràinoltre più alte spese, dovute agli am-modernamenti che subirà non appenaentrato in uso. In compenso però,spiega un comunicato ufficiale, l’aero-nautica disporrà di «un velivolo multi-ruolo con uno spiccato orientamentoper l’attacco aria-suolo, stealth, cioè abassa osservabilità radar e quindi ad

elevata sopravvivenza, in grado di uti-lizzare un’ampia gamma di armamen-to e capace di operare da piste semi-preparate o deteriorate». Un velivoloche permetterà «operazioni di proiezio-ne in profondità del potere aereo»,offrendo inoltre «un ottimo supportoravvicinato alle forze di superficie». Inquesta descrizione tecnica c’è la rap-presentazione delle future guerre diaggressione cui l’Italia parteciperà.Oggi, spiega il ministro Di Paola, «ladifesa dell’Italia e degli italiani si fanon solo e non tanto sulle frontiere,ma piuttosto a distanza, là dove leminacce nascono e si alimentano».Occorre, a questo punto, un aggiorna-mento dell’art. 52 della Costituzione,precisando che è sacro dovere delcittadino la difesa della Patria «a di-stanza».

EMILIASabato 25 febbraio, ore 15.30PREMIO CHIARINI Rinviato causa mal-tempo l’11 febbraio, si tiene sabato il pre-mio Stefano Charini che è stato attribuitoquest’anno a Vauro Senesi, per - si leggenella motivazione: «il suo impegno attraver-so articoli, vignetti e interventi televisivi attia rompere il muro di omertà e disinforma-zione che sovrasta la questione palestine-se».■ Polisportiva Gino Nasi, Via Tarqui-nia 55, Modena

Giovedì 23 febbraioPENA CAPITALE Un seminario sulla pe-na capitale e sul sistema giudiziario ameri-cano, con otto lezioni di Claudio Giusti. Incollaborazione con il Gruppo di Forlì diAmnesty International. Prima lezione: «Lapena di morte è una forma di tortura?».■ Centro Annalena Tonelli, via Andre-lini 59, Forlì

LAZIOMercoledì 22 febbraio, ore 18SUPER BAMBOLE Natasha Walter pre-senta il suo primo romanzo «Bambole vi-venti. Il ritorno del sessismo».■ Casa Internazionale delle donneVia della Lungara, 19 Roma

Martedì 21 febbraio, ore 21ANTONIO ALBANESE Antonio Albanesepresenta «Personaggi», testi di MicheleSerra, Antonio Albanese. Scritto con PieroGuerrera, Enzo Santin, Giampiero Solari.Regia di Giampiero Solari. Spettacoli alle21, domenica ore 17. Fino a domenica 26febbraio.■ Auditorium Conciliazione, via dellaConciliazione, Roma

PIEMONTEMercoledì 22 febbraio, ore 11.30MIGRANTI Si svolge l’incontro di presen-tazione del progetto «Indovina chi viene acena?». Saranno presenti fra gli altri: lefamiglie migranti che partecipano al proget-to Ugo Perone, Presidente della Rete Italia-na di Cultura Popolare - Angelo Miglietta,Segretario Generale della Fondazione Crt -Ilda Curti, Assessore al Coordinamentodelle Politiche di Integrazione del Comunedi Torino.■ Sharing Ivrea 24, via Ivrea 24,Torino

PUGLIAMartedì 21 febbraio, ore 18.30RlFIUTI ZERO Collettivo EXIT e l'Associa-zione Beni Comuni organizzano una confe-renza pubblica dal titolo «Rifiuti Zero, unobiettivo possibile».■ Aula Consiliare, Barletta

TOSCANAVenerdì 24 febbraio,EVASIONE FISCALE «Debito Pubblico,Evasione Fiscale, Riforma Tributaria in sen-so Costituzionale», è il tema di un conve-gno promosso dall’associazione art. 53.■ Palazzo Ducale, Sala Accademia IVia Vittorio Veneto, 32 Lucca

VENETOMercoledì 22 febbraio, ore 17GIOCO,CINEMA E VIDEO Presentazio-ne del libro «Fate il vostro gioco. Cinema evideogame nella rete: pratiche di contami-nazione»; a seguire il film «The Game» diDavid Fincher.■ Casa del Cinema-Spazio di SanStae Palazzo Mocenigo, Venezia

Le segnalazioni vanno tutte inviateall’indirizzo e-mail: [email protected]

COMMUNITY

il manifestoCAPOREDATTORI

marco boccitto, micaela bongi,michelangelo cocco, sara farolfi, massimo

giannetti, giulia sbarigia, roberto zanini,giuliana poletto (ufficio grafico)

DIR. RESPONSABILE norma rangeriVICEDIRETTORE angelo mastrandrea

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONEPRESIDENTE valentino parlatoCONSIGLIERI miriam ricci,emanuele bevilacqua, ugo mattei,gabriele polo (dir. editoriale)

VUOTI DI MEMORIA

DimenticatoAlberto Piccinini

Era un caldo giorno d’estate, no di maggio quando... E l’afa cominciava giàa premere quando due uomini della Rai vennero a casa mia a chiedermi sevolevo fare Fantastico. (...) Sì, io potrei anche farlo, gli dissi, ma eh vi rende-re conto di quello che succede? «Sicuro che ci rendiamo conto. Sarà un Fan-tastico di belle canzoni, coronato dai tuoi più grandi successi». Sì, sì, certo.Questo lo capisco ma... ma ehhh... passerà in secondo piano, perché (...) iovorrò conoscere il pubblico... vorrò conoscerlo il pubblico, vorrò guardarlo infaccia e... sapere che cosa pensa della vita e... insieme magari cercare discoprire cose che noi non ancora sappiamo. E poi io immagino già la scena,quando percorreremo il cammino assieme, io e il pubblico ci confronteremoe... e mentre ci confronteremo io gli butterò un bicchiere d’acqua fredda persvegliarlo dal sonnifero della falsità che voi e Berlusconi gli state sommini-strando da tanti anni. «Bravissimo! Meraviglioso!» - han detto loro a duevoci (applausi)... - anzi fantastico! È proprio quello che ci vuole oggi. (...)Del resto tu queste cose qui le hai sempre cantate da trent’anni». Già ma unconto è cantare e un conto è parlare. (...) (lunga pausa) Cos’hai detto? Noncapisco... (entra un’autrice, mormora qualcosa, incomprensibile) Ah sì, eccomi ero dimenticato una frase.(Adriano Celentano, monologo di «Fantastico 8»; gennaio 1988)

lele

ttereTocoa, nella regione del Bajo Aguán,

una delle più fertili dell’Honduras. Ol-tre 1.300 persone hanno partecipato

qui, a un Incontro Internazionale di solidarie-tà che si è concluso domenica. L’incontro, co-sì come la costituzione nel novembre scorsodi un Osservatorio permanente dei dirittiumani, sono un tentativo di reagire al climadi violenza e di sistematiche violazioni dei di-ritti umani contro i contadini organizzati inquesta regione. Non si tratta ormai di casi iso-lati: omicidi, minacce, militarizzazione delterritorio e delle comunità, detenzioni arbi-trarie sono diventate una vera e propria poli-tica, una strategia economica di stato. È chequeste terre fanno gola, e i tre latifondisti piùpotenti del paese, Miguel Facussé, René Mo-rales e Reynaldo Canales, produttori di pal-ma africana, stanno conducendo con la com-plicità dello stato una vera e propria guerra al-le comunità e associazioni contadine.

La rabbia delle comunità contadine è pal-pabile. Illusi dalla riforma agraria del 1974,che aveva assegnato molte terre dell’Aguánad alcune organizzazioni contadine perchéle lavorassero, sono stati poi ingannati, vessa-ti, defraudati del diritto a vivere degnamentecon le proprie famiglie. Le banche, con presti-ti usurai, col tempo li hanno condannati allafame e quindi a svendere le terre che gli era-no state concesse anni prima - e che così so-no state accaparrate dai latifondisti della zo-na. I quali, quando non hanno potuto accede-re per vie "legali", gli hanno sottratto le terrecon la violenza, uccidendo, minacciando, co-stringendoli ad abbandonare la regione perandare ad aumentare il numero dei poveri esenza tetto che vivono nelle aree più urbaniz-zate dell’Honduras.

Quelli che sono rimasti resistono, rioccupa-no le terre, e muoiono. Soltanto negli ultimidue anni oltre 50 contadini sono stati uccisidai sicari dei tre grandi latifondisti, o dai mili-tari e agenti di polizia al loro servizio. Delega-ti da tutto l’Honduras e da 19 paesi hanno po-tuto ascoltare le testimonianze dalle vedovee gli orfani dei contadini uccisi dai sicari.

L’ex presidente honduregno Manuel Zela-ya, destituito da un golpe nel giugno del 2009e adesso coordinatore del Fronte nazionaledi resistenza popolare, ha visitato l’Incontrosabato, denunciando l’aumento delle viola-zioni dei diritti umani nel paese proprio apartire dal golpe. Tonio dell’Olio, responsabi-le del settore internazionale dell’associazio-ne Libera, ha suggerito di far pressione sullostato perché le terre confiscate ai narcos sia-no assegnate alle comunità contadine orga-nizzate, come avvenuto in Italia con i beniconfiscati alla mafia. Sono state ricordate levittime dell’incendio nel carcere di Coma-yagua, martedì scorso, dove sono morti oltre350 detenuti.

L’Incontro si è concluso chiedendo la finedel conflitto in Bajo Aguán, la libertà per JoséIsabel Morales detenuto ingiustamente sen-za processo da tre anni, e la smilitarizzazionedella regione. Militarizzazione di cui abbia-mo avuto ampia dimostrazione quando unaBrigata Internazionalista (tra cui chi scrive), èstata fermata a un posto di blocco mentre sidirigeva dalla città di Tocoa agli asentamien-tos, i territori occupati dove i contadini vivo-no e lavorano: un commando dell’esercitocomposto da oltre 13 militari con fucili d’as-salto M16 ha rivolto le sue "attenzioni" a Ge-rardo Argueta, coordinatore della comunitàdi Marañones e appartenente al MovimientoUnificado Campesinos del Aguán, e altrimembri della stessa comunità. Da oltre unanno Gerardo riceve continue minacce dimorte e la sua vita corre serio pericolo - mastavolta, presenti tanti osservatori internazio-nali, giornalisti e difensori dei diritti umani,la cosa è finita senza ulteriori problemi. (Permaggiori info sull’Incontro: http://mioaguan.blogspot.com/) (www.annalisamelandri.it)

terraterraAnnalisa Melandri

Rabbia contadina nel Bajo Aguán

GERMANIA

chiuso in redazione ore 21.30

tiratura prevista 62.790

LUTTOxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx

Il prete dei barrios

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Un galleggiante dicartapesta raffigura unapistola con la scritta «Terroredestra». Il carro fa parte dellatradizionale sfilata del "RoseMonday Carnival", fioreall’occhiello della stagionecarnevalesca della Germaniache si svolge in questi giorniprincipalmente nelle città diColonia, Magonza eDuesseldorf.Foto Reuters

FotofinishIl carnevale

di Duesseldorf

Achille Erba, padre barnabita, pro-fessore di storia della Chiesa nel-l’Università di Torino, cofondatorede “L’Indice”, se n’è andato.Lo ricorderanno con l’affetto e lastima di sempre ArnaldoBagnasco, Giuseppe Battelli,Franco Bolgiani e famiglia,Mariolina e Bruno Bongiovanni,Eliana Bouchard e LorisCampetti, Mimmo Càndito,Marcello Carmagnani, AnnaChiarloni, Sergio e MirellaChiarloni, Michela di Macco,Maria Luisa Doglio, DeliaFrigessi ed Enrico Castelnuovo,Franco Marengo, Dora Marucco,Gella Marucco, ClementinaMazzucco, Antonio MennitiIppolito, Daniele Menozzi,Ninetta e Giovanni Miccoli,Thi-Sao Migone, Anna MariaNazaccone e Mamma, DonataOrigo, Cherubina e PaoloSacchi, Renata Segre Berengo,Domenico Todisco, Gian LuigiVaccarino, Anna Viacava e GianGiacomo Migone, GiuseppeSergi, Gustavo Zagrebelsky,Zina Zangara.

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MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 15

I l lungo articolo ("I sette pilastridella saggezza" il manifesto19/1), di Alberto Asor Rosa ha,

tra i molti pregi, anche e soprattuttoquello di riportare il discorso sulla fa-se politica in corso ai suoi fondamen-ti ed ai suoi lineamenti di lungo peri-odo. Un approccio certamente nonestraneo alla tradizione di questogiornale, ma del tutto in controten-denza rispetto alla spuma di superfi-cie che agita la pubblicistica quotidia-na (e non solo), ben compresa quellache solitamente viene definita come“autorevole”. Pensare la contingen-za politica è, quindi, di per sé, già unatto di resistenza.

Per quel niente che può contare,mi trovo ad essere d’accordo, nellasostanza, con l’analisi della contin-genza fatta da Asor Rosa. Vorrei, pe-rò, ragionare su alcuni aspetti che de-rivano da quei lineamenti e che, amio parere, rendono i dati di realtàgià oggetto di analisi, ancora più pre-occupanti e pericolosi di quanto, enon è certo poco, è pur messo in evi-denza da quell’articolo.

1) Ovviamente Asor Rosa non si faalcuna illusione sul carattere “tecni-co” del governo Monti. Egli ha ragio-ne quando dice che è stucchevole di-scettare se tale governo sia “tecnico”o “politico”. Forse però è meno stuc-chevole interrogarsi sulla funzione,del tutto ideologica, assunta dallacontinua ed insistita autoproposizio-ne della specificità “tecnica” come le-gittimazione, in ultima istanza, delruolo di un governo particolare. Unaautoproposizione sempre presentenelle parole del presidente del consi-glio e dei suoi ministri.

Asor Rosa ritiene che tale «sua pro-pria "tecnicità"» vada «intesa, piùche come superiore sapienza edesperienza, come estraneità alle pro-cedure e allo spirito del tradizionalegioco politico italiano».

Non c’è dubbio che questo aspet-to sia ben presente nell’esperienzadel governo Monti, ma non ritengoche sia la dimensione essenziale del-la proposizione (auto e insieme ditutta la stampa “autorevole”) dellaproclamata funzione “tecnica” es-senziale del governo stesso. Anzi cre-do che sia proprio il ricorso alle risor-se della «superiore sapienza» a ren-dere così ampia la pervasività del-l’ideologia che si integra perfetta-mente nelle ragioni forti dell’espe-rienza governativa. Un ottavo pila-stro della saggezza?

L’ideologia, in tutti i suoi moltepli-ci aspetti e forme, diventa l’elemen-to essenziale esplicativo dell’egemo-nia. Quali sono le possibilità diemancipazione dei subalterni inuna società in cui il potere dominan-te è sottilmente, capillarmente diffu-so attraverso le abituali pratiche quo-tidiane, strettamente intrecciato alla“cultura” stessa? Com’è possibilecombattere un potere divenuto «sen-so comune»?

2) Le molteplici forme dell’ideolo-gia comprendono tanto le narrazioniin grado di dare elementi di cono-scenza reale, quanto le narrazioniche invece ne sono del tutto prive.Nel nostro caso il «senso comune » ècontinuamente alimentato da unanarrazione che legittima un governoin nome di uno stato di necessità.

Stato di necessità che può essere su-perato solo tramite competenze insé «superiori» perché fondate sul-l’unico sistema di teoria economicache possa considerarsi vero.

Questo tipo di narrazione non hanessun rapporto con i procedimentied i risultati della ricerca economi-co-sociale anche solo degli ultimivent’anni. Se rimanessimo sul pianodella capacità della teoria critica dispiegare i meccanismi della crisi at-tuale, la sua prevedibilità, ebbene ilconfronto con gli apologeti del mer-cato autoregolantesi, od anche con iteorici dei «mercati imperfetti», sa-

rebbe già vinto. Non è però questo ilpiano del confronto.

Per spiegare alcuni fenomeni poli-tici difficilmente comprensibili allaluce della «ragione positiva» si è fattoricorso alla categoria delle «religionipolitiche». Penso che dovremmo in-trodurre anche la categoria delle «re-ligioni economiche». In tale ambitogli economisti mainstream, e MarioMonti ne è paradigma, assumono lafunzione dei sacerdoti piuttosto chequella degli scienziati. Una funzionebraminica: sacerdotale e di casta.Una funzione essenziale in una fasedella lotta di classe che si configurapiuttosto come vera e propria «guer-ra di classe». Mi rendo conto che stousando espressioni ormai desuete,in qualche modo considerate «estre-me». Ma l’estremismo è nei dati difatto, nei modi in cui le classi domi-nanti stanno conducendo quella checonsiderano la fase finale e risolutivadi un lungo percorso bellico.

L’operazione di nuova legittima-zione del potere dominante attra-verso la promozione di idee e valoricongeniali a tale potere e presenta-ti come universali e naturali, ha avu-to ed ha caratteri che è veramentedifficile non definire estremisti.

Dalla Mont Pelerin Society, alGruppo Bilderberg, alla TrilateralCommission, nate in tempi diversima con il medesimo orizzonte teori-co e politico, è sempre uscito il mede-simo messaggio estremo. La sostan-za del messaggio concerne la noncompatibilità di quasi tutti i diritti so-ciali (ed anche di qualcuno politico)con le logiche del «libero mercato».Se la democrazia, di per sé inesausti-va, finisce per ampliare troppo la sfe-ra dei diritti, allora si verificano «ec-cessi di democrazia».

Il carico di istanze democratichetendenzialmente crescente secondo

una razionalità emancipatrice, fini-sce per confliggere con la razionalitàdei processi di accumulazione. Diqui l’urgenza di escludere la sferaeconomica dai processi decisionalipolitici, in particolare dalle assem-blee rappresentative, in particolareda quelle a rappresentanza propor-zionale. La discussione politica deverimanere estranea ai temi di quel-l’economia politica che presupponei principi costitutivi dell’organizza-zione sociale. L’elettorato si occupidi sicurezza, identità, etica ecc., manon sia chiamato a decidere l’ordinepolitico e sociale esistente. La compe-tizione politica deve quindi non in-cludere quelli che vogliono cambia-re questo ordine.

Non è un caso che la costituzionecilena dopo il colpo di stato si siachiamata «Costituzione della liber-tà». Del resto tra i 76 consiglieri eco-nomici di Reagan, 22 erano membridella Mont Pelerin Society. Non è fa-cile pensare come moderata la so-stanza di questo messaggio. E MarioMonti è stato presidente europeo del-la Trilaterale fino a tempi molto re-centi. Ed anche la Costituzione italia-na, pur senza le convulsioni cilene, siprepara a diventare una «Costituzio-

ne della libertà».3) La Costituzione italiana si iscri-

ve completamente nella visione del-la democrazia in continua costruzio-ne, nel progetto inesaustivo del-l’uguaglianza da declinarsi nella spe-rimentazione di nuovi rapporti eco-nomico sociali.

In questo senso la Costituzione ita-liana fa una scelta dirimente, sebbe-ne limitata ai principi generali: lascelta è quella di non considerare losvolgimento delle forze economichesul mercato come risolventesi spon-taneamente in utilità generale. Su ta-le base la Costituzione si pone comegarante di un indirizzo finalizzato alcoordinamento verso finalità socialidell’attività economica.

Naturalmente tali principi genera-li non hanno certo potuto sottrarsi al-le dinamiche dei rapporti di forza. So-no diventati maggiormente operantinei periodi in cui tali rapporti favori-vano le classi subalterne.

Oggi, invece, ci stiamo preparan-do a costituzionalizzare un particola-re modo di gestione del bilancio sta-tale. In sostanza la chiave di ogni po-litica economica e sociale. Ecco chela teoria economica mainstream,una teoria economica, diventa la teo-ria economica della legge fondamen-tale che regola rapporti politici e so-ciali. Si tratta di un fenomeno di rile-vanza eccezionale, ancora troppo po-co percepito anche da parte di chiesercita attenzione critica alle vicen-de del momento attuale. Un ottavopilastro che rafforza, e non di poco, ilmeccanismo sistemico del dominio.

Anche per questo le recenti affer-mazioni del presidente del consigliosulla «monotonia del posto fisso» esul «buonismo sociale» che avrebbecontraddistinto un lunghissimo peri-odo della storia italiana, non sono in-terpretabili come ingenue sprovve-dutezze di comunicazione. Sono in-vece l’indice della consapevolezzache in una fase in cui la vittoria defi-nitiva appare a portata di mano, è an-che necessario bastonare il cane cheaffoga.

4) Nelle conclusioni del suo artico-lo Asor Rosa ragiona intorno all’«as-senza di una risposta critica alternati-va al livello dei problemi» posti dal-la combinazione dei sette pilastri aiquali possiamo aggiungere l’ottavo.Certo il processo di costruzione/ri-costruzione dell’antitesi sarà certa-mente vicenda di lungo periodo.Nello stesso tempo però esiste unqui e ora dal quale nessuno di colo-ro che all’antitesi sono interessatipuò prescindere. Serpeggia sem-pre, invece, la tentazione del «ripar-tire da zero», del «big bang», in so-stanza della tabula rasa. Metaforeaffascinanti. Suggeriscono campi in-finiti di libertà, praterie da percorre-re senza limiti. Tutto sembra diven-tare possibile. Gli orizzonti sono in-finiti e i pesi della storia ce li siamoscaricati dalle spalle.

Si tratta, però, solo di effetto retori-co, di costruzione narrativa. Nei pro-cessi storici reali, neppure in quellidi più radicale cesura, i meccanismidi mutamento funzionano così. I rap-porti cesura/continuità hanno benaltra complessità e di lì bisogna ne-cessariamente passare. Il punto piùproblematico del nostro qui e oranon è tanto nella costruzione di unpensiero critico nell’ambito dei diver-si contesti analitici. Senz’altro ci tro-viamo di fronte ad un insieme anco-ra molto povero, ma c’è ed è in svi-luppo. Quello che manca totalmenteè il rapporto positivo con le forme or-ganizzate della politica. E su questopiano nessuno dei gruppi dirigentidi tali organizzazioni, per quanto pic-cole, può sfuggire alle proprie re-sponsabilità, tanto per il passato re-cente, che per il futuro, a cominciareda quello molto prossimo.

Intanto il manifesto solleciti chi haresponsabilità politiche dirette adesprimersi sui temi di questa discus-sione. Possibilmente con pensierilunghi anche nel considerare le for-me in cui affrontare i tempi brevissi-mi degli appuntamenti ai quali tuttele forze che si riconoscono nell’anti-tesi non possono sottrarsi. Appunta-menti elettorali non esclusi.

* Professore di storia contempora-nea e teoria della conoscenza storica -Università di Genova

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COMMUNITY

Ho dato la mia convintaadesione alla campagnadi sostegno al manifesto

soprattutto perché ritengo cheuna società democratica non pos-sa fare a meno delle ragioni e del-le voci del dissenso che non sianoespressione di interessi particola-ri ma di una concezione politicagenerale.

Rossana Rossanda si rivolge("Un esame di noi stessi", il mani-festo 18/2) ai compagni e collabo-ratori del manifesto per chieder-gli di riflettere sulle loro ragioni:che è un modo per ripensare le ra-gioni della sinistra e particolar-mente di quella che continua a ri-conoscersi nel “comunismo”.

Lo fa in modo aperto e spregiu-dicato, senza usare i mezzi termi-ni del linguaggio politico conven-zionale. E va diritto al tema: «Checosa intenderemmo nel dirci co-munisti ancora o perché non sipossa dirlo più». La risposta è net-ta: «Io penso che nei tempi brevinon si possa dirlo più». La ragio-ne? Da quando il manifesto è na-to, tutto è cambiato. L’asse delmondo ruotava attorno al duopo-lio Usa-Urss.

Ora, gli Stati Uniti non sonopiù l’indiscussa potenza domi-nante del mondo capitalistico.Quanto all’Urss, non esiste più.Nel mondo di ieri quella contrap-posizione aveva un senso, ancheper quelli, come i comunisti delmanifesto, che denunciavano laderiva stalinista del comunismosovietico. Si trattava “soltanto” diricondurre il comunismo dallacontraffazione del “socialismo re-ale” ai principi marxisti originari.Oggi “sostituire” politicamente ilcapitalismo con il comunismonon ha più alcun senso. Il primosi è disarticolato. Europa, paesiterzi, hanno preso strade diverse.Il secondo è sparito. La Cina è di-ventata un capitalismo selvaggiocon base politica burocratica.Non possono quindi essere usatigli strumenti di analisi e le propo-ste di ieri. Ma quali allora?

Quanto all’Italia, anch’essa ècambiata radicalmente. Si sonomoltiplicati i soggetti sociali. Nonsolo operai e studenti. Donne,ambientalisti, eccetera. Ma la sini-stra non è stata capace di unirequesti soggetti in un fronte capa-ce di presentare un’alternativa alcapitalismo. La società politica siè sfarinata, rigettando le vecchieforme politiche di potere senza in-trodurne di nuove, col risultato diaprire ampi spazi all’individuali-smo e al mercatismo, anche a si-nistra. Berlusconi è nato da que-sta dissoluzione.

Senza nuove battaglie da com-battere, la sinistra ha perso quellaantica delle lotte operaie, non piùcentro strategico del conflitto so-ciale e quindi considerate da mol-ti vecchie e superate. Si capisceche il manifesto, pur restandouna voce intelligentemente criti-ca, non evochi echi e non suscitisuccessi di stampa, ma piuttostofrustrazioni, come quella con laquale Rossanda termina il suo ar-ticolo.

Pur condividendo alcuni deisuoi argomenti e comprendendoi sentimenti da cui nasce quellafrustrazione, vorrei fare qualchebrevissimo commento critico chea mio parere può giustificarequalche speranza.

Anzitutto, il più critico. Il comu-nismo non esiste come modellosociale concreto se non come pu-ra aspirazione ideale alla comu-nione dei santi. Non è mai esisti-to tranne che in alcune società ar-caiche e non è proponibile in al-cuna società moderna e comples-sa nella quale interessi individua-li e di gruppo debbano essere me-diati rispetto all’interesse colletti-vo. È diventato una connotazio-ne politica priva di qualunquecontenuto. Non è dunque chenon sia “più” proponibile nel peri-odo breve. Non è proponibile fi-no a quanto può la vista.

Il capitalismo non è affatto eter-no anche se “ha i secoli contati”.E può essere ampiamente modifi-cato e riformato. Le cose sonocambiate, tutte, così come affer-ma Rossanda, dal tempo in cuinacque il manifesto. Il capitali-smo è cambiato. Ha fatto il passoche il proletariato non ha potutorealizzare: proletari di tutto ilmondo unitevi. Si è mondializza-to. Con la globalizzazione e la fi-nanziarizzazione (la mercatizza-zione dello spazio e del tempo)ha costruito un sistema di potereunificato (il mercato finanziariomondiale) che si impone a quellodegli Stati. E ancor più: al poteredelle classi lavoratrici. Se le lotteoperaie hanno perso la loro cen-tralità nel conflitto sociale, è per-ché alle loro rivendicazioni le im-prese capitalistiche possono ri-spondere con le loro migrazioni.Andandosene. Vedi il ricatto Fiat.

Ciò sposta l’asse del conflittotra capitale e lavoro dallo spazionazionale a quello internaziona-le, da quello sindacale a quello po-litico. La battaglia per l’unificazio-ne europea assume, da questopunto di vista, un’importanza pri-maria nel confronto con il capita-lismo, nel ridurre, almeno in Eu-ropa, e non è poco, il divario dipotenza tra economia e politica,oggi tutto a favore del capitali-smo.

Le società moderne, inoltre,hanno sviluppato, insieme a for-midabili capacità di produzione,altrettanto formidabili poteri didistruzione, che danno luogo anuovi formidabili conflitti, ecolo-gici e migratori.

La sinistra, se vuole rappresen-tare le ragioni dei più deboli e delfuturo, deve collegare le lotte ope-raie a quelle che consentono difronteggiare il capitalismo sufronti sui quali esso deve piegarsialla volontà di più ampie forze so-ciali. Si tratta, per così dire, diprendere il capitalismo alle spal-le. Ciò significa, ad esempio, af-frontare il problema dei limitiquantitativi alla crescita e dellapromozione dello sviluppo quali-tativo; promuovere con iniziativesociali la diffusione di impresedel terzo sistema delle relazionigratuite; promuovere la costitu-zione della scuola permanente atutti i livelli di età.

In senso generale, ciò significaimpegnare la sinistra su tutti ifronti sui quali si promuove lo svi-luppo dell’essere piuttosto che lacrescita dell’avere. Significa unasinistra impegnata non nell’ab-battimento del capitalismo o, co-me oggi avviene, ridotta all’ac-quiescenza fattuale e alla conte-stazione verbale, ma nel suo supe-ramento storico.

Paolo Favilli *

DIVINO

Da Sanremo al VaticanoFilippo Gentiloni

L’ottavopilastrodellasaggezza

La costituzionalizzazione del bilancio statale. Un"ottavo pilastro" che rafforza il meccanismo sistemico

del dominio. Discutendo con Alberto Asor Rosa

Non si è mai parlato tanto di religio-ne come in questi giorni, da Sanremoal Vaticano, in toni tragici o comici.Sempre, comunque, cattolicesimoitaliano, esaltato o contestato e di-scusso.Da tutte le parti e in tutti toni, il cat-tolicesimo in prima pagina. Non sidice, però, quale sia il suo influssosulla società; non si prova, cioè, avalutarne il peso etico-sociale. Si te-me, forse, un giudizio negativo. Tantoparlare, cioè, quale risultato eticoproduce sulla società?Poco, sembra, se è vero che il risulta-

to etico sulla società italiana apparescarso, insufficiente. Il giudizio mora-le sembra ancora e sempre negativo,nonostante la quantità e anche laqualità di una presenza cattolica inva-dente in tutte le ore e in tutti i mediadel paese. Un paese che, nonostantele continue dichiarazioni di cattolice-simo - da Sanremo al Vaticano - con-tinua a comportarsi non da cattolicoma da ateo.Così appare, dalle Alpi alla Sicilia. Loconfermano il traffico commerciale efamiliare, tutto. L'immagine generaleè di un'Italia assolutamente laica,

non religiosa né cattolica. Comemai? Che cosa è avvenuto nel corsodei secoli?La risposta è ardua. Bisognerebberivedere la storia di un cristianesimopiú impegnato a difendere le proprieposizioni che l'etica sociale, più asostenere se stesso che non la "po-lis", come invece hanno fatto i paesicristiani a maggioranza protestante.Ne è risultante un paese, il nostro, alarga maggioranza cattolica, ma an-che a larga maggioranza immorale.Quando e come potrà cambiare? Aquali condizioni? Ad opera di chi?

Il MANIFESTO

Le nuove ragionidella sinistra

Giorgio Ruffolo

ILLUSTRAZIONE DI PEDRO SCASSA

Page 16: giornale1

pagina 16 il manifesto MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012

L’ULTIMA

SupermarketAntonio Mazzeo

Sacrifici e tagli per tutti ma non per imercanti di morte. L’amministra-zione Obama ha presentato al Con-

gresso la proposta di bilancio 2013 per ilcomparto "difesa": 613 miliardi di dolla-ri, 525 per pagare stipendi e acquistarecacciabombardieri, missili, carri armati ebombe nucleari e 88 per le missioni diguerra d’oltremare. Meno di quanto chie-devano generali e ammiragli, ma alla fi-ne tutti sono rimasti contenti: la Marinaconfermerà i suoi undici gruppi navaliguidati da portaerei a propulsione atomi-ca, l’Aeronautica e i Marines avranno inuovi caccia ed elicotteri multi-missio-ne, l’Esercito si diletterà con superblinda-ti, tank, radar e intercettori terra-aria.Grazie agli ordini del Pentagono potran-no brindare le borse e le aziende leaderdel complesso militare industriale Usa,le inossidabili Boeing, General Dynami-cs, Lockheed Martin, Northrop Grum-man, Raytheon eccetera.

Quei famigerati F-35Quasi un terzo delle spese andranno

per l’acquisto e la modernizzazione deisistemi di guerra più sofisticati, aerei cone senza pilota, navi e sottomarini d’attac-

co, missili a medio e lungo raggio, satelli-ti. Esattamente 179 milioni di dollari, il7% in meno del bilancio di previsione2012, ma con quasi 70 milioni da destina-re alla ricerca e allo sviluppo di nuovistrumenti di morte. A fare la parte del leo-ne saranno i famigerati cacciabombardie-ri F-35 Joint Strike Fighters di LockheedMartin che piacciono tanto pure ai mini-stri-ammiragli di casa nostra. Il prossimoanno, il Dipartimento della difesa vorreb-be acquistarne 29, 19 da destinare a UsAir Force e 10 a Us Navy, per un valorecomplessivo di 9,2 miliardi di dollari. Ilprogramma degli F-35 sarà comunque ri-dimensionato per poter risparmiare neiprossimi cinque anni almeno 15 miliardi.Us Air Force e il Corpo dei marines po-tranno contare pure su 835 milioni di dol-lari per acquistare, sempre da LockheedMartin, 7 grandi aerei tanker e da traspor-to pesante Hc/Mc-130J Hercules per leoperazioni speciali. In budget anche 21bimotori a decollo verticale V-22 Osprey,il «falco pescatore» progettato dal consor-zio Bell-Boeing per il supporto alle mis-sioni di guerra.

Importanti finanziamenti giungeran-no poi all’Aeronautica per proseguire neiprogrammi di modernizzazione dellaflotta dei grandi velivoli da trasportoC-17 e C-16 e per il rifornimento in voloKc-10 e Kc-135 e di acquisizione di nuoviradar per i caccia F-15C/D ed F-16. Il Pen-tagono ha inoltre richiesto 1,3 miliardi didollari per potenziare la flotta dei cargoC-5 Galaxy, i fondi per migliorare i siste-mi di comunicazione dei bombardieristrategici stealth («invisibili») B-2, poten-ziare le armi di precisione dei vecchiB-52 e modernizzare il sistema missilisti-co intercontinentale Minuteman III. Inbudget anche 1,8 miliardi di dollari per fi-nanziare la ricerca e lo sviluppo del

Kc-46, futuro velivolo tanker di Us AirForce, 808 milioni per migliorare le com-ponenti del supercaccia F-22A Raptor e292 milioni per la progettazione di unnuovo cacciabombardiere strategico ste-alth.

Tranche miliardaria pure per i grandie piccoli velivoli senza pilota Uav per lospionaggio e il lancio di bombe e missili,già ampiamente impiegati in Afghani-stan, Iraq, Libia, Pakistan, Somalia e Ye-men. Il budget 2013 prevede una spesadi 1,2 miliardi di dollari per 6 nuovi Rq-4Global Hawk, i «falchi globali» di Nor-throp Grumman, 3 da assegnare alla Ma-rina nell’ambito del programma BroadArea Maritime Surveillance e 3 alla Natoper l’Ags (Alliance Ground Surveillance),il nuovo programma di sorveglianza ter-restre dell’alleanza atlantica, il cui centrodi comando e controllo verrà installatonella base siciliana di Sigonella.

Il Dipartimento della difesa ha chiestoinoltre al Congresso l’autorizzazione adacquistare 43 droni hunter-killer con mis-sili Hellfire prodotti da General Atomics,costo complessivo 1,9 miliardi. Venti-quattro saranno del tipo Mq-9 Reaper (si-no a 28 ore di autonomia e la possibilitàdi trasportare bombe Gbu-Paverway), irestanti 19 nella versione più avanzataMq-1C Grey Eagle (36 ore di autonomia).Us Army riceverà invece 234 mini-aereisenza pilota Rq-11 Raven prodotti da Ae-roVironment (valore 184 milioni).

L’esercito avrà la possibilità di poten-ziare il proprio parco elicotteri grazie al fi-nanziamento di tre programmi distintiper un costo complessivo di 3,6 miliardi.Il primo riguarderà l’acquisizione di 10nuovi velivoli d’attacco Boeing Ah-64Apache e l’ammodernamento di altri 40già in dotazione dello stesso modello(«prime contractor» Northrop Grumman

e Lockheed Martin). Il secondo vedrà l’ac-quisto di 25 nuovi mezzi da trasporto Bo-eing Ch-47 Chinooks e l’ammoderna-mento di altri 19. Il terzo l’acquisto di 59elicotteri multiruolo Uh-60 Black Hawks(produttore Sikorsky). Altri 272 milioniverranno utilizzati per acquisire 34 elicot-teri leggeri Uh-72 prodotti da Eads NorthAmerica. «Specie in Afghanistan, per lesue particolari condizioni ambientali, c’èuna tremenda domanda di elicotteri daparte delle forze di terra», ha spiegato ilgenerale Peter Chiarelli di Us Army. Inprogramma pure la fornitura di 28 elicot-teri d’attacco Bell H-1 al Corpo dei mari-nes (852 milioni).

Nuovi sistemi terrestriQuasi undici miliardi di dollari sono

stati richiesti dal Pentagono per finanzia-re l’acquisizione o la ricerca e sviluppo dinuovi sistemi di guerra terrestri. Si trattanello specifico del Joint Light TacticalVehicle, velivolo leggero per il pattuglia-mento e la scorta convogli per scenari co-me quelli dell’Afghanistan e che sarà pro-dotto a partire dalla fine di quest’annoda General Dynamics (116.8 milioni); delcamion da trasporto mezzi tattici Mtvdella Oshkosh Corporation (1.471 unitàper un costo complessivo di 377,4 milio-ni); del mezzo pesante M1135 Stryker Nu-clear, Biological and Chemical Reconnais-sance Vehicle (Nbcrv) di General Dynami-cs per la sorveglianza e il rilevamento ri-schi Nbc (58 unità per una spesa di 332milioni). A General Dynamics potrebbe-ro andare pure 74 milioni per ammoder-nare i tank M1 Abrams.

La percentuale maggiore delle spesedi guerra per il 2013 è tuttavia destinataalla Marina militare (156 miliardi di dolla-ri). Tra i programmi più importanti, l’ac-quisto di 5 bimotori Northrop Grumman

E-2D Hawkeyes per la sorveglianza marit-tima e la difesa delle unità di superficie(1,2 miliardi); di 26 caccia imbarcati Bo-eing F/A-18E/F Super Hornets (2,2 miliar-di); di 12 velivoli per la guerra elettronicBoeing Ea-18 Growler con decollo dalleportaerei. Us Navy acquisirà anche 33nuovi caccia-addestratori (si tratta dei co-siddetti T-6 a cui concorre pure l’italianaAlenia Aermacchi, importo 286 milioni)e 37 elicotteri multi-missione SikorskyMh-60 Seahawk (1,33 miliardi). Tre mi-liardi e 200 milioni di dollari andranno in-vece per i primi 13 pattugliatori maritti-mi di ultima generazione P-8 Poseidondestinati a sostituire progressivamente ivecchi P-3C Orion. Anche i Poseidon, co-me i Global Hawk e i Reaper troverannoospitalità nella base di Sigonella.

Oltre 22 miliardi e mezzo di dollari sa-ranno spesi per il varo di nuove unità na-vali e sottomarini. In particolare, US Na-vy acquisterà 2 cacciatorpediniere dellaclasse Arleigh Burke (3,5 miliardi) e 4 na-vi da combattimento di superficie Lcs(Littoral Combat Ship). Alla realizzazionedi queste ultime, concorrono due consor-zi "internazionali" guidati rispettivamen-te da Lockheed Martin (con possibili subcommesse per l’italiana Fincantieri) e Ge-neral Dynamics-Northrop Grumman. Inprogramma pure il completamento diun’unità navale veloce per il trasportotruppe e mezzi Joint High Speed Vessel(191 milioni) e della portaerei Cvn 21 del-la nuova classe «Gerald R. Ford» (966 mi-lioni), gigante di 320 metri e 104.000 ton-nellate azionato da due reattori nucleariA1B 320, che potrà imbarcare sino a 75caccia. Us Navy ha poi chiesto 4,3 miliar-di per acquistare 2 modernissimi sotto-marini nucleari «hunter-killer» della clas-se «Virginia» (contractor General Dyna-mics e Northrop Grumman) e 1,6 miliar-di per riparare la portaerei Uss AbrahamLincoln.

Otto i miliardi previsti per i program-mi di ipermilitarizzazione dello spazio,quasi tutti a firma Lockheed Martin, i piùrilevanti dei quali riguardano lo sviluppodel sistema a raggi infrarossi Space BasedInfrared System (950 milioni) e di quellosatellitare Advanced Extremely High Fre-quency (786 milioni, compresa l’installa-zione della stazione Muos a Niscemi); ol’acquisto di 4 sistemi di lancio UnitedLaunch Alliance Evolved ExpendableVehicles (1,7 miliardi) e di 2 satelliti GpsIII (1,3 miliardi).

Grazie al bilancio 2013, il Dipartimen-to della difesa potrà dare un forte impul-so allo sviluppo dei cosiddetti piani na-zionali di «difesa dai missili balistici». Laspesa prevista è di 9,7 miliardi di dollari,di cui 1,3 per completare la produzionedi 29 intercettori Sm-3 Block 1B Stan-dard-Missile di Raytheon; 777,7 milioniper lo sviluppo del programma Thaad(Terminal High Altitude Area Defens) perl’intercettazione nello spazio di «possibi-li minacce missilistiche contro le truppeUsa, le forze alleate, la popolazione civilee le infrastrutture critiche»; 763 milioniper acquisire da Raytheon 84 intercettoriterra-aria «Patriot» Pac-3; 401 milioni per

avviare la sostituzione del sistema anti-missile Patriot con il nuovo sistema di di-fesa aerea a medio raggio Medium Exten-ded Air Defense System (Meads) da realiz-zare in ambito Nato (ad oggi solo Italia eGermania si sono dichiarate disponibilialla partnership con gli Stati Uniti).

Dulcis in fundo, il Pentagono ha richie-sto 903 milioni di dollari per sviluppare ilsistema di difesa con base terrestreGround-Based Midcourse Defense dellaBoeing, che verrà amministrato dall’agen-zia militare missilistica nazionale.Per ilmunizionamento e i missili a corto e me-dio raggio, il Pentagono prevede di spen-dere sino a 10,2 miliardi. Le principalicommesse riguarderanno le nuove bom-be di piccolo diametro (216 milioni); 180missili aria-aria a guida radar AI-120Amraam di Raytheon (423 milioni); 314missili all’infrarosso Aim-9X ancora diRaytheon (200 milioni); 157 missili aria-superficie Joint Standoff della Lockheed(248 milioni); 4.678 munizioni Raytheonper l’attacco diretto (133 milioni). Conl’approvazione del bilancio, Us Army po-trà acquistare invece 400 missili terra-aria a corto raggio Javelin di produzionebritannica (86 milioni) e 1.794 sistemi lan-ciarazzi Guided Multiple Launch RocketSystems di Lockheed Martin (382 milio-ni), mentre la Marina potrà dotarsi di 192nuovi missili da crociera Tomahawh diRaytheon (valore 320 milioni di dollari) edel sistema di missili balistici Trident II diLockheed Martin (1,5 miliardi).

Forze meno numerose e più agiliPer tagliare davvero le spese militari,

secondo l’amministrazione Obama, biso-gnerà attendere i prossimi cinque anni,anche se è presumibile che ci si limiteràancora ad aggiustamenti e spostamentitra le singole voci di bilancio, evitando ilpiù possibile d’intaccare le risorse per i si-stemi d’armi. Le nuove linee guida delPentagono, presentate all’inizio di genna-io, delineano queste prospettive di revi-sione dei budget, privilegiando in partico-lare gli interventi strategici di Marina eAeronautica in Medio oriente ed oceanoPacifico. «Le forze militari saranno menonumerose ma più agili, flessibili, prontee tecnicamente avanzate», ha spiegato ilsegretario della difesa, Leon Panetta, inoccasione della presentazione del bilan-cio di previsione 2013. Sempre per Panet-ta, «entro il 2017, Us Army vedrà una ri-duzione da 547.000 a 490.000 uomini,mentre il corpo dei Marines subirà un ta-glio di 182.000 unità». Alla fine sarannoeliminate otto brigate di pronto interven-to, due delle quali oggi ospitate in Germa-nia, mentre di contro raddoppierà il nu-mero dei militari dell’esercito di stanza aVicenza. Ma aldilà dei "buoni" propositidell’amministrazione Usa, il prossimoanno il personale a disposizione dellequattro forze armate subirà una riduzio-ne di appena l’1,5%. Resteranno comun-que operativi 1,4 milioni di militari, sem-pre di più di quanti erano nel 2001 primadegli attentati dell’11 settembre e della di-chiarazione di guerra globale al "terrori-smo" internazionale.

Per il comparto «difesa»l’amministrazione Obama

ha presentato al Congressouna lista della spesa 2013da 613 miliardi di dollari.

Generali e ammiraglivolevano di più, ma nessuno

si è potuto lamentare DELLA GUERRA

inchiesta

IL PRESIDENTEBARACK OBAMAA UNACERIMONIAPRESSOLA BASEAERO-NAVALE DIJACKSONVILLE,FLORIDA /FOTOREUTERS