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Date post: 08-Mar-2016
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ANNO XLII . N. 47 . SABATO 25 FEBBRAIO 2012 OGGI CON ALIAS A EURO 2,50 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50 SPED. IN ABB. POST. - 45% ART.2 COMMA 20/ BL 662/96 - ROMA ISSN 0025-2158 NOI CI SIAMO E VOI? Il manifesto sulla torre al binario 21 Giuliana Sgrena È dal binario 21 di Milano centra- le che arriva al manifesto il mes- saggio di solidarietà: resistete, resistiamo. Oliviero è sceso da quel nido di ferro, ma la batta- glia contro la soppressione dei treni notturni Nord-Sud non si ferma. Ieri siamo saliti anche noi per un saluto. |PAGINA 2 DOMANI SERGIO’S CHOICE Francesco Paternò EUROCRACK | PAGINA 6 In Portogallo il governo fa saltare l’equo canone e inonda di aiuti il sistema bancario GOFFREDO ADINOLFI Risposta a Rossana Rossanda. Il comunismo è per dopodomani. Oggi servono un soggetto politico e un giornale unico, di popolo e di cultura, contro il liberismo L’ARTICOLO Mario Tronti Frei Betto * Il manifesto non può morire! Nel momento in cui il neo-liberismo entra in una crisi acuta in Euro- pa, in cui i governi dell’Unione europea si prostrano davanti alla dittatura economica dell’Fmi, in cui l’Italia finisce sotto il governo della tecnocrazia bancaria, è ne- cessario che i lettori fruiscano di una visione critica della realtà, un punto di vista che sfugga al pensiero unico neo-liberista. Que- sta è l’importanza del manifesto! Si tratta di un giornale che non si fa eco dei precetti del capitale e offre le sue pagine e ai suoi letto- ri le vere cause dall’attuale crisi finanziaria e le prospettive per il suo superamento. Leggere il manifesto è una que- stione di intelligenza! * Teologo e scrittore brasiliano S ul ring della vita quotidia- na di milioni di lavoratori, l'intervista di Sergio Mar- chionne al Corriere della Sera di ieri e quella di Mario Draghi al Wall Street Journal il giorno precedente sono il classico uno-due. Colpi che vogliono stendere. Il presidente della Bce dice alla bibbia del liberi- smo che il modello sociale euro- peo di garanzie per i più deboli è superato, l'amministratore delegato di Fiat-Chrysler riven- dica di aver già fatto quel che per cui Draghi spinge. Tempo fa, Time paragonò il manager italiano a Steve Jobs, ma il ver- bo dell'uomo di Cupertino è stato l'opposto dell'operato di Marchionne: «La cura per Ap- ple non è il taglio dei costi. La cura per Apple è innovare uscendo fuori dal predicato». Con il Corriere della sera, Marchionne non parla dei tre operai della Fiom reintegrati al lavoro a Melfi. Che oggi la Fiat vuole lasciare a casa, nonostan- te la sentenza del tribunale. Un'arroganza che si copre di ri- dicolo alla Magneti Marelli (gruppo Fiat) di Bologna, dove viene espulsa perfino la bache- ca dell'Unità. CONTINUA |PAGINA 8 SIRIA | PAGINA 8 Vertice degli «amici» a Tunisi. La Lega araba e l’Onu nominano Kofi Annan «mediatore» S. D. Q. LA STRADA PER LA SIRIA Gian Paolo Calchi Novati Un clima di odio. Ha ragione al rovescio, il procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli, che in una delle tante interviste di questi giorni (alla Repubblica, questa vol- ta) denuncia una persecuzione nei suoi confronti. Il Tg3 dell’altra sera ha, con to- no allarmato, raccontato che una presen- tazione del libro di Caselli è stata rinviata a causa dei pericoli per la sicurezza: i No Tav, ha detto il tg, hanno esposto striscio- ni, gridato insulti e «lanciato fumogeni». È da questo genere di episodi che si ricava il "clima di odio". Ne ha già scritto su que- ste pagine Guglielmo Ragozzino e non mi dilungo, se non per notare che un clima di odio, o quanto meno di astio e di provo- cazione c’è, ed è quello contro i No Tav. Il mio amico Ezio Bertok, del comitato No Tav di Torino, ha citato una proposta di Giuseppe Dossetti, nella discussione del- la Costituente, che sembra fantascienza. Quell’articolo recitava: «La resistenza in- dividuale e collettiva agli atti dei poteri pubblici che violino le libertà fondamen- tali e i diritti garantiti dalla Costituzione è diritto e dovere di ogni cittadino». Ap- profondendo un poco, si legge che il 3 di- cembre del 1946 la prima Sottocommissio- ne della Commissione per la Costituzione affrontò la questione. Tra gli altri intervenne un trentenne di Bari, eletto con la Democrazia cristiana, Aldo Moro, per sostenere la tesi del suo compagno di partito, ossia «sancire il di- ritto alla rivoluzione, dandogli una giusti- ficazione etico-giuridica». Parlò anche un eminente membro del- la Sottocommissione, Palmiro Togliatti, il quale, con il realismo tipico dei comu- nisti dell’epoca, disse, secondo il verbale della riunione, che «può accettare l’arti- colo in esame, quantunque annetta po- ca importanza alla giustificazione legale di una rivoluzione, perché, a suo avviso, ciò che legittima una rivoluzione è la vit- toria». Si passò al voto: «L’articolo è ap- provato con 10 voti favorevoli, 2 astenuti e 1 contrario». La proposta di Dossetti non riuscì poi ad approdare alla stesura finale della Costituzione, ma un segno lo aveva lasciato. CONTINUA |PAGINA 5 SENZA FINE Un pensiero contro la legge del più forte La Fiat intima di restare a casa ai tre operai di Melfi reintegrati dalla sentenza della Corte di appello di Potenza. Marchionne: «Se non si esporta negli Stati uniti a costi competitivi, due stabilimenti italiani su cinque sono a rischio di chiusura» PAGINA 8 Agli arresti domiciliari AFGHANISTAN | PAGINA 8 Corano bruciato, la rivolta divampa Ieri 12 morti I n Siria c’è un sistema personale, dinastico e autoritario. Il regime ha reagito con spietatezza alle manifestazioni di protesta di alcuni settori della società coinvolgendo senza scrupoli i civili e intere città nella repressione. Il numero dei ca- duti è probabilmente più basso delle cifre esagerate fornite da fonti ester- ne non controllabili, ma anche una sola vittima in un processo di rifor- ma politica volto a introdurre una maggiore libertà è già troppo. La Si- ria, a parte i suoi più che illustri pre- cedenti storici, occupa uno spazio di grande rilevanza geopolitica nel Me- dio Oriente ed esercita un’alta in- fluenza su una vasta zona che inclu- de il Libano, la Giordania e finché possibile la Palestina. Se questo, approssimativamente, è il contesto la domanda è: la strada migliore per una soluzione della crisi è incentivare l’opposizione in armi o mettere in campo tutti gli strumenti della politica delegittimando o alme- no scoraggiando la violenza di tutti? L’esperienza dovrebbe aver dimostra- to a sufficienza quali e quante siano le distruzioni fisiche e morali che si la- sciano dietro le guerre «umanitarie». Non è bastato, prescindendo qui dal- le motivazioni reali delle guerre, il massacro di un intero popolo in Iraq e Afghanistan che richiederà anni per sanare tutte le ferite? L’assurdo di un simile sviluppo sta nel fatto che la globalizzazione prevede l’inclusione e non la separazione propria della guerra fredda (con un blocco o con l’altro): le fiammate di ritorno di que- sti incendi investono intere regioni, provocano migliaia di profughi e ven- dette incrociate, inceppano quelle forme di democrazia e governance che a parole si dice essere funzionali alla stabilità e al progresso generale. Ci sono purtroppo tutte le condi- zioni per una ripetizione della fattis- pecie libica, che sarebbe completa se Homs, come verosimilmente cerca- no di ottenere i ribelli, divenisse una «città libera» trasformandosi in una Bengasi siriana. CONTINUA |PAGINA 9 OGGI IL MOVIMENTO RIPARTE DA BUSSOLENO Il diritto alla resistenza, da Dossetti ai No Tav Pierluigi Sullo ICI ALLA CHIESA | PAGINA 4 L’esecutivo presenta l’emendamento, ma mancano le cifre degli immobili vaticani MATTEO BARTOCCI Abdelhakim Belhadj: «No, non sono il nuovo re di Tripoli» INTERVISTA Amedeo Ricucci a pagina 9 Non sono bastate le scuse di Obama dopo il rogo nella base di Bagram. In tutto il paese sotto tiro americani e occidentali in genere
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Page 1: giornaleda5

ANNO XLII . N. 47 . SABATO 25 FEBBRAIO 2012 OGGI CON ALIAS A EURO 2,50

CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50SPED. IN ABB. POST. - 45% ART.2 COMMA 20/

BL 662/96 - ROMA ISSN 0025-2158

NOI CI SIAMO E VOI?

Il manifestosulla torreal binario 21Giuliana Sgrena

È dal binario 21 di Milano centra-le che arriva al manifesto il mes-saggio di solidarietà: resistete,resistiamo. Oliviero è sceso daquel nido di ferro, ma la batta-glia contro la soppressione deitreni notturni Nord-Sud non siferma. Ieri siamo saliti anche noiper un saluto. |PAGINA 2

DOMANI

SERGIO’SCHOICE

Francesco Paternò

EUROCRACK | PAGINA 6

In Portogallo il governofa saltare l’equo canonee inonda di aiutiil sistema bancario

GOFFREDO ADINOLFI

Rispostaa RossanaRossanda.

Il comunismo èper dopodomani.Oggi servono unsoggetto politico

e un giornaleunico, di popolo

e di cultura,contro il liberismo

L’ARTICOLOMario Tronti

Frei Betto *

Il manifesto non può morire! Nelmomento in cui il neo-liberismoentra in una crisi acuta in Euro-pa, in cui i governi dell’Unioneeuropea si prostrano davanti alladittatura economica dell’Fmi, incui l’Italia finisce sotto il governodella tecnocrazia bancaria, è ne-cessario che i lettori fruiscano diuna visione critica della realtà,un punto di vista che sfugga alpensiero unico neo-liberista. Que-sta è l’importanza del manifesto!Si tratta di un giornale che non sifa eco dei precetti del capitale eoffre le sue pagine e ai suoi letto-ri le vere cause dall’attuale crisifinanziaria e le prospettive per ilsuo superamento.Leggere il manifesto è una que-stione di intelligenza!* Teologo e scrittore brasiliano

Sul ring della vita quotidia-na di milioni di lavoratori,l'intervista di Sergio Mar-

chionne al Corriere della Seradi ieri e quella di Mario Draghial Wall Street Journal il giornoprecedente sono il classicouno-due. Colpi che voglionostendere. Il presidente dellaBce dice alla bibbia del liberi-smo che il modello sociale euro-peo di garanzie per i più deboliè superato, l'amministratoredelegato di Fiat-Chrysler riven-dica di aver già fatto quel cheper cui Draghi spinge. Tempofa, Time paragonò il manageritaliano a Steve Jobs, ma il ver-bo dell'uomo di Cupertino èstato l'opposto dell'operato diMarchionne: «La cura per Ap-ple non è il taglio dei costi. Lacura per Apple è innovareuscendo fuori dal predicato».

Con il Corriere della sera,Marchionne non parla dei treoperai della Fiom reintegrati allavoro a Melfi. Che oggi la Fiatvuole lasciare a casa, nonostan-te la sentenza del tribunale.Un'arroganza che si copre di ri-dicolo alla Magneti Marelli(gruppo Fiat) di Bologna, doveviene espulsa perfino la bache-ca dell'Unità. CONTINUA |PAGINA 8

SIRIA | PAGINA 8

Vertice degli «amici»a Tunisi. La Lega arabae l’Onu nominanoKofi Annan «mediatore»

S. D. Q.

LA STRADAPER LA SIRIAGian Paolo Calchi Novati

Un clima di odio. Ha ragione al rovescio,il procuratore capo di Torino, GiancarloCaselli, che in una delle tante interviste diquesti giorni (alla Repubblica, questa vol-ta) denuncia una persecuzione nei suoiconfronti. Il Tg3 dell’altra sera ha, con to-no allarmato, raccontato che una presen-tazione del libro di Caselli è stata rinviataa causa dei pericoli per la sicurezza: i NoTav, ha detto il tg, hanno esposto striscio-ni, gridato insulti e «lanciato fumogeni».È da questo genere di episodi che si ricavail "clima di odio". Ne ha già scritto su que-ste pagine Guglielmo Ragozzino e non midilungo, se non per notare che un climadi odio, o quanto meno di astio e di provo-cazione c’è, ed è quello contro i No Tav.

Il mio amico Ezio Bertok, del comitato

No Tav di Torino, ha citato una propostadi Giuseppe Dossetti, nella discussione del-la Costituente, che sembra fantascienza.Quell’articolo recitava: «La resistenza in-dividuale e collettiva agli atti dei poteripubblici che violino le libertà fondamen-tali e i diritti garantiti dalla Costituzioneè diritto e dovere di ogni cittadino». Ap-profondendo un poco, si legge che il 3 di-cembre del 1946 la prima Sottocommissio-ne della Commissione per la Costituzioneaffrontò la questione.

Tra gli altri intervenne un trentenne diBari, eletto con la Democrazia cristiana,Aldo Moro, per sostenere la tesi del suocompagno di partito, ossia «sancire il di-

ritto alla rivoluzione, dandogli una giusti-ficazione etico-giuridica».

Parlò anche un eminente membro del-la Sottocommissione, Palmiro Togliatti,il quale, con il realismo tipico dei comu-nisti dell’epoca, disse, secondo il verbaledella riunione, che «può accettare l’arti-colo in esame, quantunque annetta po-ca importanza alla giustificazione legaledi una rivoluzione, perché, a suo avviso,ciò che legittima una rivoluzione è la vit-toria». Si passò al voto: «L’articolo è ap-provato con 10 voti favorevoli, 2 astenutie 1 contrario». La proposta di Dossettinon riuscì poi ad approdare alla stesurafinale della Costituzione, ma un segno loaveva lasciato.

CONTINUA |PAGINA 5

SENZA FINE

Un pensierocontro la leggedel più forte

La Fiat intima di restare a casa ai tre operai di Melfi reintegratidalla sentenza della Corte di appello di Potenza. Marchionne: «Senon si esporta negli Stati uniti a costi competitivi, due stabilimentiitaliani su cinque sono a rischio di chiusura» PAGINA 8

Agli arrestidomiciliari

AFGHANISTAN | PAGINA 8

Corano bruciato,la rivolta divampaIeri 12 morti

In Siria c’è un sistema personale,dinastico e autoritario. Il regimeha reagito con spietatezza alle

manifestazioni di protesta di alcunisettori della società coinvolgendosenza scrupoli i civili e intere cittànella repressione. Il numero dei ca-duti è probabilmente più basso dellecifre esagerate fornite da fonti ester-ne non controllabili, ma anche unasola vittima in un processo di rifor-ma politica volto a introdurre unamaggiore libertà è già troppo. La Si-ria, a parte i suoi più che illustri pre-cedenti storici, occupa uno spazio digrande rilevanza geopolitica nel Me-dio Oriente ed esercita un’alta in-fluenza su una vasta zona che inclu-de il Libano, la Giordania e finchépossibile la Palestina.

Se questo, approssimativamente,è il contesto la domanda è: la stradamigliore per una soluzione della crisiè incentivare l’opposizione in armi omettere in campo tutti gli strumentidella politica delegittimando o alme-no scoraggiando la violenza di tutti?L’esperienza dovrebbe aver dimostra-to a sufficienza quali e quante sianole distruzioni fisiche e morali che si la-sciano dietro le guerre «umanitarie».Non è bastato, prescindendo qui dal-le motivazioni reali delle guerre, ilmassacro di un intero popolo in Iraqe Afghanistan che richiederà anniper sanare tutte le ferite? L’assurdo diun simile sviluppo sta nel fatto che laglobalizzazione prevede l’inclusionee non la separazione propria dellaguerra fredda (con un blocco o conl’altro): le fiammate di ritorno di que-sti incendi investono intere regioni,provocano migliaia di profughi e ven-dette incrociate, inceppano quelleforme di democrazia e governanceche a parole si dice essere funzionalialla stabilità e al progresso generale.

Ci sono purtroppo tutte le condi-zioni per una ripetizione della fattis-pecie libica, che sarebbe completa seHoms, come verosimilmente cerca-no di ottenere i ribelli, divenisse una«città libera» trasformandosi in unaBengasi siriana. CONTINUA |PAGINA 9

OGGI IL MOVIMENTO RIPARTE DA BUSSOLENO

Il diritto alla resistenza, da Dossetti ai No TavPierluigi Sullo

ICI ALLA CHIESA | PAGINA 4

L’esecutivo presental’emendamento,ma mancano le cifredegli immobili vaticani

MATTEO BARTOCCI

Abdelhakim Belhadj:«No, non sono

il nuovo redi Tripoli»

INTERVISTAAmedeo Ricucci

a pagina 9

Non sono bastate le scuse di Obama dopo ilrogo nella base di Bagram. In tutto il paesesotto tiro americani e occidentali in genere

Page 2: giornaleda5

pagina 2 il manifesto SABATO 25 FEBBRAIO 2012

Personalmente mi “sento” emi “penso” comunista. Ma ha asso-lutamente senso porsi la questionedi come definirci (come fa Rossan-da il 18/2) sia che si ragioni sulmanifesto, che più in generale sullasinistra. Negli oltre vent’anni che cidividono dall'89, data simbolo delfallimento dei paesi (e dei partiti)del socialismo reale, abbiamo tra-scorso diverse epoche e stati d'ani-mo. Spaesamento, confusione e, innon pochi casi, debolezza/cedimen-to culturale nei confronti dell'ideolo-gia liberista dominante. Conseguen-ti abiure, non solo e non tanto ideo-logiche, ma concrete nelle analisieconomiche e sociali (fine del lavo-ro salariato e conseguentementedella contraddizione di classe) enelle proposte politiche e sindacali(scioglimento dei partiti della sini-stra, accettazione della rottura del-l'unità sindacale e dell'isolamentoemarginazione del sindacato di clas-se). Dagli anni 2000, però, ripren-de vigore e forma un pensiero criti-co in Italia, in Europa e, per fortu-na, nel mondo. Molto di questopensiero nasce dal manifestarsipalese delle contraddizioni del capi-talismo globale e/o capitalismofinanziario. Contraddizioni che ri-guardano tutto: dall’economia, allecondizioni sociali di interi popoli epaesi, alla contraddizione ambienta-le che esplode in tutta la sua viru-lenza, fino a quella della democra-zia con la fine (?) del ruolo deglistati borghesi nazionali, ma anchedegli strumenti internazionali e mon-diali di governo del mondo, semprepiù incapaci di controllare le deci-sioni e gli atti delle holding finanzia-rie. Ma la ripresa di questo pensie-ro critico è dovuto molto anche allaazione di alcune forze e di individuidella sinistra nazionale, europea emondiale. Azione che ha paziente-mente ricostruito una analisi e unavisione del mondo. Questo pensie-ro critico non riesce ancora adavanzare un proposta unitaria eforte per l'umanità, ma ha avuto uninnegabile ruolo e successo nellostimolare l'orientamento di enormimasse popolari in tutto il mondo:dai no-global, alle manifestazionicontro la guerra, fino ad “occupythe world”. In tutto questo credoche il manifesto piccolo giornalecomunista nazionale, può vantareun ruolo crescente, almeno a livelloeuropeo. Chiedersi perché questosuccesso non cresca maggiormentee non si tramuti in copie vendute ègiusto. Credo che il motivo principa-le sia dovuto al fatto che ancora

non riusciamo a disegnare il “soledell'avvenire”. Il successo politico,a cavallo fra Ottocento e Novecen-to, del primo movimento comunistafu dovuto al fatto che esso non silimitava a fornire capacità di analisie di critica della realtà economicae sociale creata dal capitalismo,ma era, contemporaneamente, por-tatore di una visione di riscatto del-l'uomo che affascinò sterminatemasse non solo proletarie. Per dirlacon Carlo Marx: «I comunisti com-battono per iscopi ed interessi im-mediati della classe operaia, madifendendo il movimento attuale,rappresentano, nello stesso tempoil movimento dell’avvenire». Di que-sto c'è estremo bisogno mentre ilcapitalismo global/finanziario stamettendo in serio pericolo la stessapossibilità di vita sulla terra, mentreconcentra immense ricchezze nellemani di pochissime holding finanzia-rie, ricacciando in condizioni diestrema povertà i proletari del norddel mondo e costringendo in condi-zioni di schiavitù i nuovi proletaridel sud del mondo. Mentre si di-struggono le agricolture regionali ele sovranità alimentari di tutti i pae-si, costringendo alla fame e ai feno-meni biblici del nuovo inurbamentoi moderni paria, costretti a viverenelle immonde periferie delle maga-lopoli globali. Mentre la democra-zia, almeno nella forma con cui siera attuata nel novecento e che sidefiniva moderna, sta dando provadi non riuscire più a difendere dirit-ti, a decidere regole, a programma-re scelte. Mentre succede tutto que-sto noi dovremo provare a dire nonsolo che «un altro mondo è possibi-

le», ma anche a raffigurarlo parten-do dalle condizioni dei lavoratori,ma dicendo anche quale agricoltu-ra, quale ambiente, quale democra-zia proponiamo agli uomini del ter-zo millennio. Possiamo farlo conti-nuando a chiamarci comunisti?Non lo so, forse sì.Andrea Terreni sinistra fiorentina

Sono una vostra lettrice "daedicola" da quando frequentavo illiceo. Ora che vado per i quarantami rendo conto di quanto il manife-sto abbia contribuito alla mia forma-zione politica e personale. Il perico-lo che voi possiate non esserci piùrappresenta un impoverimento chenon possiamo permetterci: non so-lo e non tanto per chi già vi leggetutti i giorni, ma soprattutto per chivorrà fare politica e mobilitarsi neiprossimi anni. Penso ai ragazzi che,come facevo io al liceo, cercanoun'alternativa all'informazione mas-sificata e conformista. Allora io in-contrai voi ed il vostro/nostro gior-nale: non voglio nemmeno pensareche la stessa opportunità di cresci-ta non venga offerta a chi si affac-cia in questi anni alla mobilitazionepolitica e sociale. Per questo vi hoinviato un contributo sabato, e con-tinuerò a comprarvi in edicola. Cela faremo anche stavolta!Serena P.

Care amiche/i de il manifesto,ero sul treno per Milano sabatoscorso quando a Firenze di fianco ame si è seduto un ‘ragazzo’ con LaStampa. Mentre stavo immaginan-do che si trattasse di un distintoprofessionista, mi sorprende chie-

dendomi di poter leggere il manife-sto. «Caspita che apertura» ho pen-sato io e poi gli ho subito consiglia-to l’editoriale di Rossanda, che se-condo me racchiudeva il succo ditutta la vicenda politica - e dellasinistra - degli ultimi anni oltre aduna costruttiva autocritica dellatestata, tutta in prospettiva. «Vera-mente sono uno storico lettore delmanifesto e lo compro sempre». Eda qui via a parlare della crisi delmanifesto, di come può e deve sal-varsi. Di come organizzare un movi-mento di pressione per una leggesull’editoria che sostenga solo letestate di qualità e di come il mani-festo possa nuovamente raggiunge-re i 30mila lettori, tornando adaprirsi giornalisticamente alle espe-rienze dei territori, ricalcando lostesso tracciato operativo e cultura-le dei Referendum e in particolaredell’Acqua. È stato un bellissimoincontro di Sinistra! Mi ha parlatodi un’esperienza che non conosce-vo, di Radio Mirtillo, che lui Giovan-ni Cavazzuti fondò insieme ad altri.Di “Eppursimuove”, una felicissimastagione culturale e teatrale a Trevi-glio dal ’79 all’82, quando arrivaro-no esperienze come Pupi e Fresed-de, Els Comediants, Ferruccio Meri-si e tanti altri. Un’esperienza cheGiovanni sta facendo rivivere in unblog dedicato alla Radio. A me bril-lavano gli occhi come accade ognivolta che mi parlano di una stagio-ne culturale che per età non hovissuto e che oggi sarebbe fonda-mentale ricostruire nella sua prati-ca, come nostra unica possibilità divita felice e politica. Dopo averglidetto che mi occupo di informazio-

Senza fine •Reportage in alta quota, incontro con i lavoratori che per primi hannorisposto al nostro appello. Oggi a Bologna riunione dei nostri circoli

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mille per mille

NOI CI SIAMO E VOI?

CI VEDIAMO IN EDICOLA La sottoscrizione prosegue. La «campagna acquisti»anche. Le vendite cartacee si sono stabilizzate oltre le 20mila copie in edicola, esclusitutti i tipi di abbonamento e il Web. E’ bello ma dobbiamo, soprattutto noi, fare di più.

Stanislao Focarelli è rimasto da solosulla torre del Binario 21 alla stazionecentrale di Milano. Ieri mattina, alle 5

e 30, Oliviero Cassini è scesodal quel nido diferro sul quale era salito l’8 dicembre. La noti-zia della sua discesa ha attirato diversi giornali-sti, che parlano con Stanislao via telefono. Peril manifesto fa un’eccezione. Attraverso una ri-pida scaletta ci arrampichiamo sulla torre, fi-no al primo stadio: 2 metri per 2, ma lo spazioagibile tolto quello occupato dalla tenda e dal-l’accesso alla scaletta è molto più limitato. Pro-vo un senso di claustrofobia, ma subito mi ri-prendo di fronte alla dignità dimostrata da Sta-nislao, che vive qui sopra da tre settimane.

La discesa di Oliviero – «è normale dopotanto tempo, deve rivedere sua figlia» – nonha minimamente fiaccato la volontà di resiste-re né di Stanislao nédei suoi compagni,che sostano nellapiattaforma sul Bina-rio 21.

Altri compagni so-no pronti a prende-re il posto di Olivie-ro,ma prima di sali-re occorre una pre-parazione psicologi-ca. Effettivamente lecondizioni di vita -ora migliori rispettoa quando il gelo e laneve rendevano la si-tuazione ancor piùproibitiva - in que-sto piccolo bivaccosono estremamentedifficili. Ma Stani-slao, che una matti-na – racconta – si èsvegliato coperto dineve, non si lasciaintimorire, nemme-no dalle ultime notizie che circolano sull’in-tenzione dalla Wagon lits di tagliare il Tfr peri lavoratori.

La lotta è riuscita a mobilitare la cittadinan-za in modo sorprendente. C’è chi porta viveri,legna, vino, e solidarietà. «Perché la nostranon è la lotta di 800 lavoratori per la difesa delproprio impiego, ma è una battaglia in difesadei diritti dei cittadini, soprattutto migranti,ad avere un servizio pubblico e sociale: i treniche permettono loro di viaggiare in cuccettadal nord al sud». E poi quella dei lavoratori del-la Wagon lits è una iniziativa esemplare, porta-ta avanti in condizioni estreme, senza mai sca-dere in infrazioni dell’ordine pubblico, comesarebbe stata l’occupazione di binari. «Primala polizia ci osservava 24 ore su 24, poi si è ac-corta che non creavamo nessun problema diordine pubblico e ora viene qualche poliziottodi tanto in tanto», spiega Stanislao.

Eppure, la Cgil si è mostrata tiepida versoquesto presidio, sebbene Camusso sia venutain visita al Binario 21. «Il sindacato voleva farciscendere dalla torre, ma noi non vogliamo fa-re la fine degli operai di Pomigliano», sostiene

Stanislao. Come altri suoi compagni, è iscrittoalla Cgil, che non ha firmato l’accordo con laregione Lombardia, sottoscritto invece da Ci-sl, Ugl e Uil, che avrebbe dovuto portare alla ri-collocazione dei 120 lavoratori del compartolombardo. Finora nessuno è stato però assun-to dalle aziende che sembrava si fossero resedisponibili.

Passa un treno, il macchinista saluta, ma iferrovieri, in maggioranza nella Filt, «non han-no fatto nemmeno un quarto d’ora di sciope-ro», sottolinea Stanislao. Perché non c’è statasolidarietà? «Perché i circa 900 esuberi che sisono verificati in Trenitalia a causa del tagliodei treni per il sud sono stati riassorbiti dal-l’Amministratore delegato Moretti nelle stesseferrovie», commenta con amarezza Focarelli.

Nessuno spiraglio dopo una lotta così dura?Eppure sul telo di cellophane che avvolge latorre per riparare i «resistenti» alle intemperiespiccano i nomi di vari «visitatori» famosi.

«L’unico che ha mantenuto la promessa fat-ta quando è statoqui è il presidentedella Puglia Vendola:ha incontrato il mini-stro Passera e ha otte-nuto l’impegno a cre-are un tavolo tecnicoper discutere della ri-presa dei servizi peril Mezzogiorno. Ve-dremo se il ministromanterrà la promes-sa, questa è una que-stione che va trattatacon il Ministro deitrasporti e non conl’Amministratore de-legato di Trenitalia»,sostiene Stanislao.

Sotto la torre in-tanto gli altri compa-gni si attrezzano perpreparare il pranzoche viene issato inun cestello. «Pastacon il tonno ti va be-

ne?». A Stanislao va benissimo, è un ragazzogiovane, 37 anni, calabrese, pieno di vita e divoglia di lottare. Non si lamenta per il disagio,il poco spazio, l’isolamento, è fiducioso nelsuccesso della loro lotta. Come lo sono gli altrie soprattutto quelli che l’hanno preceduto sul-la torre: Carmine Rotatore, Giuseppe Gison eOliviero Cassini. «Ma certo Oliviero è il più pre-parato di tutti, è figlio di un partigiano!», spie-ga Stanislao Focarelli.

La presidenza nazionale dell’ArciCari Norma e Valentino, come sapete l'Arci è alvostro fianco nella difficile battaglia per far vivereil manifesto. E' troppo importante, è una sfida pertutti noi, per la sinistra e anche per la qualità del-la democrazia nel nostro paese. Intanto, comeprimo risultato della nostra sottoscrizione interna,vi invio questi 1.000 euro che ho raccolto fra icompagni e le compagne della presidenza nazio-nale. Non sono molti, ma tutto fa...In bocca al lupo e un grande abbraccio.Paolo Beni

Stavolta sono proprio ioCari Compagni, ho aderito all’appello di sostegnocon un paio di abbonamenti (oltre ovviamente almio di sostenitore «storico») piuttosto che al milleper mille, perché mi sembra che sia utile provarea far leggere il giornale (gratis) a non tradizionalilettori. Non figurerò nell’elenco dei sostenitori, pa-zienza. Nei primi anni ’70 nell’elenco dei sostenito-ri risultavo come R.Moscati e un cugino di miopadre (Ruggero Moscati, docente di storia moder-na alla Sapienza e liberale convinto) mi invitò asmetterla o a cambiare denominazione perché i

suoi studenti – evidentemente lettori de il manife-sto - lo guardavano sbalorditi! Questo anche perdire che mi sono formato politicamente frequen-tando di straforo le riunioni della redazione di ungiornale al quale ho collaborato per una quindici-na d’anni. Anche perché faccio il sociologo (nessu-no è perfetto) credo sia molto importante il perio-do che il giornale sta attraversando. La reazionecollettiva all’appello per evitarne la chiusura misembra abbastanza straordinaria (e benemerita,ovviamente). E anche da capire e da non lasciarperdere comunque. Quando passerà la nottatabisogna ripensarci e coglierne le implicazioni inpositivo. Credo in questo di essere d’accordo conRossana e con l’articolo di Pierluigi Ciocca. Maanche pensiamo ai molti che scrivono «non sonod’accordo con molte cose che dite, ma penso chedovete continuare ad esistere»: con quali cose eperché esistere ? Insomma rifacciamo (non «lafiaccolata, sor Donofrio»: questa la capisce soloValentino) ma le due riunioni di riflessione colletti-va ogni anno? Hasta la victoria! Roberto Moscati

Stay strong!Auguri. Siate forti e non mollate

Marco Tamburella

Un bonifico da San MarinoCome si addice ad un vecchio sostenitore, aderi-sco alla campagna di sottoscrizione 1000x1000.Ho effettuato il versamento a mezzo bonifico ban-cario di cui allego copia. Auguri e saluti.Antonio Carattoni

Dalla parte dell’editoria puraAderisco con convinzione. Tenete duro. La libertàdi opinione non ha prezzo e lo stato deve garanti-re l’uguaglianza delle condizioni, soprattutto aglieditori puri che fanno controinformazione.Angelo Proserpio

Dai «No Dal Molin»Caro manifesto, siamo una cordata mista di 10amici del No Dal molin e No pedemontana di Vi-cenza per sostenere il giornale in difficoltà, memo-ri del sostegno che il giornale ha dato al movimen-to contro la base Usa e a quello che ancora cidarà per questa e altre battaglie.Enrico, Barbara, Nereo, Flavio, Mauro, Lele,Lanfranco S, Lanfranco T, Francesco M, Elio

Però dovete rinnovarvi moltissimoCaro Manifesto, ho deciso di sostenerti attraversola campagna «1000x1000». Ma ci sono molteperplessità che vorrei porre alla redazione. Rossa-na Rossanda ha scritto con acume quali siano iproblemi della testata che, perdendo lettori daotto anni di fila, è passata da riserva indiana aspecie in via di estinzione. E poi aggiungiamo lafoliazione sempre più ridotta, il numero della do-menica che - invece di dar da leggere di più per lamancata uscita di lunedì - si è ridotto a uno scar-no bollettino, gli errori di stampa diffusi e irritanti(es. Alelanno per Alemanno pochi giorni fa in untitolo), il prezzo del quotidiano eccessivo, la lineaeditoriale farraginosa e senza coraggio... Propongoquindi un’idea un po’ utopistica: siamo i primi aparlare di Keynes, di investimenti, di ricerca per ilnostro paese. Bene allora, per il nostro giornale ilettori non chiedono solo la conservazione del pre-sente, ma uno strumento rinnovato e finalmentenuovo, che sappia indicare le vie politiche da se-guire per il XXI secolo, che imponga la linea allasinistra (parlamentare e non), che diventi laborato-rio di idee e confronti. Il tutto mollando quell’inuti-le zavorra del PD, per esempio; in molti ve lo chie-

DALLA PRIMAGiuliana Sgrena

MILANO · Il manifesto sale sulla torre occupata dall’8 dicembre

Binario 21, con Stanislaoe un piatto di pasta al tonno

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SABATO 25 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 3

ne sulla relazione uomo-donna,Giovanni mi ha detto: «Sai alloraparlavamo sempre di coppia, eraun tema centrale». Spero che an-che il manifesto offra sempre piùspazio a questi temi - è già uno deipochi a farlo! -, proprio perché,come ci ha dimostrato al negativo ilberlusconismo, sono temi politici. Econ questo auspicio questa matti-na mi sono abbonata anch’io, lun-ga vita al manifesto!Monica Pepe

Ormai i giornali si leggonoonline. Quindi non preoccupatevise dovrete chiudere la componente

"cartacea". Puntate tutto su Inter-net, potenziate al massimo il sito,incrementate l’interattività dei visita-tori e tra i visitatori. Date la possibi-lità agli utenti di interagire di più.Non sono un lettore del vostro gior-nale, ma mi sento di consigliarviquesto. Il manifesto ha un’identitàmolto forte e su Internet conta mol-tissimo avere una identità ben rico-noscibile. Utilizzate al massimo Fa-cebook, Twitter e Google+ con ag-giornamenti continui. Vedrete che ilettori aumenteranno di molto.Leonardo

Sono un vostro affezionatissimo

da più di vent'anni, e per uno spet-tacolo teatrale da una settimanasono a Cagliari ma in Sardegna ilmanifesto sabato e domenica nonesce (ma come fanno i poveri com-pagni sardi? io sono in astinenza digiornale ed Alias, la versione on-li-ne per quanto preziosa è comun-que meno gustosa e Alias non cista!), compro Il Sole per l'inserto eil libro allegato... appena lasciol'edicola cestino il giornale senzaneppure degnarlo d'uno sguardo,eppure domani viaggerò tutto ilgiorno e qualcosa da leggere mimancherà di certo... dite, ho i para-occhi? bè... sempre meglio dei pa-raculi.Manolo Muoio

Cara Norma e " manifesto",speriamo che la discesa libera nonsia l'ultima e per questo compria-mo il giornale nonostante l'abbona-mento postale (che arriva a sin-ghiozzo). Ma ci dite qualcosa an-che sulla crisi non economica delgiornale? Che ne è stato delle di-missioni della direzione? Perché glisfiducianti non ci mettono la facciae la firma sul giornale? Tutti unitifino al superamento della crisi? Epoi? Personalmente apprezzo ladirezione attuale, il giornale mi sem-bra, appunto, un po' più diretto epensato di quanto non lo fosse daanni. Ma per favore, parlate un po'di più del giornale, di come lo vorre-ste, perché un giornale è un giorna-le (3 volte) e deve fare informazio-ne critica, ma deve avere un senso,un progetto il che, invece, non sem-pre si coglie nel manifesto. Ultima-mente mi sembra migliorato anchese secondo me dovrebbe fare piùgiornalismo: a forza di considerarela notizia e le opinioni inscindibili,forse, si è finito col riempire il mani-festo di editoriali! Ottima la sceltadello sdoppiamento di Alias cosìquello del sabato lo uso per farepacchetti (anche se in bianco enero la grafica è sempre bella: maquanto costa?) e leggo con piacerequello della domenica.Benedetto Fassanelli

Luca Tancredi BaroneBARCELLONA

Anche la stampa izquierdista spagno-la è in profonda crisi. È di ieri la no-tizia che il numero 1599 del quoti-

diano Público sarà l’ultimo a uscire su car-ta. Dopo meno di cinque anni di vita, l’am-bizioso giornale poco dopo le 2 del pome-riggio di ieri ha annunciato che «al massi-mo entro domenica 26» avrebbe chiuso lasua edizione su carta, mantenendo peròquella online (che vanta ben 5,5 milioni diutenti unici).

Nel pomeriggio tutti i giornalisti e i col-laboratori si sono riuniti in assemblea ehanno deciso che data la situazione, usci-re oggi «sarebbe una presa in giro sia per igiornalisti che per i lettori», come scrivo-no nel comunicato reso noto in serata.«La redazione di Barcellona - spiega il de-legato sindacale della piccola redazionecatalana Jordi Mumbrú - voleva uscire.Ma alla fine si è deciso che non aveva sen-so. Abbiamo fatto un grande giornale finoa oggi, meglio chiudere così».

La testata era in crisi dal momento del-l’attivazione della procedura di «concorsodei creditori» all’inizio dell’anno, una pro-cedura che scatta quando un’azienda nonriesce a far fronte a tutti i pagamenti. Alcontrario del manifesto, che è una coope-rativa gestita dagli stessi lavoratori, Públi-co era un giornale di proprietà dell’impre-sa di comunicazione Mediapro che, fra glialtri, possiede anche la catena televisivaLa Sexta. Il debito accumulato era di circaventi milioni di euro. L’editore a gennaiosi era detto disponibile a continuare se sifossero trovati altri investitori. Nelle scor-se settimane sembra si fosse fatto avantiun gruppo messicano, ma per ragioni poli-tiche (si mormora che ci fosse dietro Hu-go Chávez) si sono tirati indietro.

Perché Público è stato un giornale schie-rato ma sempre indipendente. Uno dei

pochissimi che si sia azzardato in Spagnaa mettere in discussione la monarchia, anon accettare pubblicità di prostituzionesotto forma di «massaggiatrici» - una delleprincipali fonti di entrate degli altri quoti-diani - e a criticare sistematicamente ilmodello economico vigente, senza lesina-re critiche neanche al governo socialista.Anche se il fatto che il suo secondo diretto-re Felix Monteira fosse diventato segreta-rio di stato alla comunicazione nell’ulti-

mo governo Zapatero ha suscitato moltimalumori, di cui si fa eco anche il sindaca-to dei giornalisti di Madrid: «Sebbene lacrisi della pubblicità abbia contribuito al-la chiusura, denunciamo gli errori di ge-stione che Mediapro ha commesso nellasperanza di contare su appoggi politici».

Il primo direttore e fondatore, a soli 35anni, Ignacio Escolar, ha diretto Público

per due anni - un record anche nel giova-ne panorama spagnolo. In realtà il giorna-le, debiti a parte, non andava male: secon-do l’ultima rilevazione del 2010, con unatiratura di 147mila copie, vendeva 87milacopie con un trend in leggera crescita. So-lo sei mesi fa c’era anche stata una doloro-sa riduzione del numero dei giornalisti.«Un errore che forse abbiamo fatto, consi-derando che siamo nati solo un anno pri-ma della crisi, è che abbiamo sempre pen-sato in grande», dice amaramente Mum-brú. Oggi i giornalisti sono 160, di cui unadecina per il web. Secondo il delegato sin-dacale, a partire da martedì dovrebbero ri-manerne una ventina.

Fra i punti di forza del giornale c’era lasezione di scienza più ricca di tutto il pa-norama editoriale spagnolo (dalle quattroalle sei pagine quotidiane), la sua edizio-ne in catalano e soprattutto le sue sezionidi commenti che hanno cercato ogni gior-no di ospitare punti di vista fuori dal coro.Proprio sull’ultimo numero di ieri, lo stori-co Josep Fontana parlava della Spagna co-me di un paese con «troppi passi indie-tro», una descrizione perfettamente cal-zante per una nazione che anche oggi, do-po essere corsa in avanti in campo socia-le, approva una riforma che introduce il li-cenziamento libero e priva i lavoratori diqualsiasi tutela. «Público è stato l’unicogrande giornale ad attaccare subito la ri-forma», ricorda Mumbrú con orgoglio.

Pensando anche al caso italiano, JordiMumbrú si chiede se è possibile un gior-nale di sinistra su carta. «La verità è che, vi-sto com’è andata, devo dire di no. Nessu-no avrà più lo stomaco di investire in ungiornale di sinistra. E il panorama editoria-le è sconfortante. Qui non c’è nulla comeil manifesto, c’eravamo solo noi». Comeriassume il giornalista Javier Sala in untweet: «Io rimango senza lavoro ma il pae-se rimarrà senza una voce critica». Pro-prio come potrebbe accadere in Italia.

NOI CI SIAMO E VOI?

Fiorella Mannoia

Il cugino spagnolo del manifesto lascia le edicole. E ormai la crisidella stampa, soprattutto quella progressista, investe tutta l’Europa

Dopo soli cinque annilo stop improvviso.Nel 2010 vendeva 87milacopie. Ma restano più di5 milioni di lettori internet

dono e lo sapete bene. E, da un punto di vistaeditoriale, bisogna osare: uscite tutti i giorni, ab-bassate il prezzo di copertina (i vostri lettori nonsono quelli del Corriere), aumentate la foliazione...le vendite miglioreranno, non può essere semprelo stato a salvarvi o le sottoscrizioni straordinarie.Salviamoci da soli. salviamoci tutti. Con affetto.Matteo Bosisio

Voglio essere «spiazzato» ancoraCari compagni, cari redattori delle varie «generazio-ni» cresciute nel collettivo, io ci sono: da azioni-

sta, abbonato (e non solo) non potevo non rispon-dere all’appello. Sono uno dei mille, il bonifico visarà già arrivato. Al di là dell’adesione ideale alleormai lontane scaturigini dell’omonimo gruppopolitico, considero il manifesto l’unico strumentodi vera informazione/formazione continua (anchese a volte mi fa arrabbiare), senza il quale sareiportato a disertare le edicole, a «saltare» la quoti-dianità, per dedicarmi, non essendo agibile que-sto «peculiare strumento di azione politica», a fre-quentare più assiduamente i tempi lunghi del li-bro, della saggistica, della letteratura, del ripensa-mento. Per tentare di ritrovare, assieme ad altri, ipunti fermi da cui ripartire, punti che la sola prati-caccia politica non è in grado di restituirci, chec-ché ne pensino gli adepti delle varie associazionie comitati che si ritengono autosufficienti. Questasconfitta, questa cesura confido che non arrivino,perché sarebbe la controprova che il dominio delcapitale non solo ha vinto, ma ha voluto stravince-re: l’indizio che non già un grande vascello, ma

persino un piccolo battello quali noi siamo costitui-sce una spina nel fianco di quel mix inestricabiledi populismo e di tecnocrazia che tenta di stabiliz-zarsi in Italia attraverso il governo dei professori-banchieri (al di fuori dello «spirito repubblicano»).E che non connota solo il caso italiano, bensì unatendenza che, portata dal finanzcapitalismo, staammorbando l’Europa e il mondo, incanalandociverso la barbarie. Purtroppo non pochi compagni,provenienti da varie esperienze politiche e di movi-mento, pensano miserevolmente di usare il mani-festo al solo scopo di potervicisi rispecchiare, anzi-ché come stimolo ad essere di volta in volta spiaz-zati, per cui, quando qualche loro posizione vienecontraddetta, trovano narcisisticamente il motivodella rottura («non vi compro più»). Pur con tutti ilimiti, pur nella necessità largamente inevasa dirinnovare la «cassetta degli attrezzi», pur nell’indefi-nitezza od oscillazione talora dell’orientamentopolitico, il manifesto costituisce, un luogo politicoe culturale, un’esperienza unica in Europa: ben hafatto Perry Anderson a sottolinearlo; peccato chetanta parte della sinistra e del sindacato italianinon ne siano consapevoli.Giacomo Casarino

Abbiamo tutti il dovere di sostenere il manifesto, anche quelli chenon lo hanno mai comprato e che non ne condividono le idee, quan-do una voce si spegne è una sconfitta per tutti. Penso che un paese

che si definisce civile abbia il dovere di sostenere il pluralismo dell’informazio-ne, sul quale si fonda la democrazia, a prescindere dall’orientamentopolitico. Mi auguro di trovare per lungo tempo il Manifesto in edico-la, con i suoi titoli irriverenti, sarcastici, feroci, satirici, intelligenti.

EDITORIA · «Chiude l’unica voce critica di Spagna». La sinistra orfana del suo giornale

Il quotidiano Público costretto a chiudereForse rimarrà in rete l’edizione online

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pagina 4 il manifesto SABATO 25 FEBBRAIO 2012

Finalmente, questa sera tutti dentro. Fotografi e televisioniper la prima volta saranno ammessi nell’aula del tribunaledi Milano dove va in scena l’atto finale del processo Mills.

Ma solo per la lettura della sentenza. Silvio Berlusconi, intanto, ie-ri si è prodotto in un’arringa autoassolutoria preventiva, tanto perportarsi avanti sull’esito dell’infinito processo che lo vede imputa-to di corruzione dell’avvocato inglese - 600 mila dollari che avreb-be versato per addomesticare alcune deposizioni a processi AllIberian e per le mazzette alla guardia di finanza. «Sono innocen-te», questo il ragionamento dell’ex presidente del Consiglio. La

sua versione dei fatti delresto è già nota. SecondoBerlusconi, «già tre annifa il processo sarebbe ca-duto in prescrizione, senel febbraio 2008 la pro-cura di Milano non si fos-se inventata la stupefa-cente tesi che il reato di

presunta corruzione non si perfeziona nel momento in cui il cor-rotto riceve i soldi del corruttore, ma nel momento in cui comin-cia a spenderli! Cioè due anni dopo, proprio in tempo per far scat-tare in avanti i termini della prescrizione». E, come sempre, Berlu-sconi ha dato i suoi numeri: «Questo processo è soltanto uno deitanti che si sono inventati a mio riguardo, in totale più di 100 pro-cedimenti, più di 900 magistrati che si sono occupati di me, 558 vi-site della polizia giudiziaria e della guardia di finanza, 2.600 udien-ze in quattordici anni, più di 400 milioni di euro per le parcelle diavvocati e consulenti». Questa sera, dopo le arringhe difensive de-gli avvocati così ben pagati, il tribunale dovrebbe pronunciare ouna sentenza di merito o un proscioglimento per prescrizione.Per Silvio Berlusconi sarebbe già avvenuta da tempo, ma non lapensa così il pm De Pasquale. (l.fa.)

Matteo Bartocci

Dopo una riunione del consiglio deiministri il governo ha presentatoin senato l’emendamento al decre-

to liberalizzazioni che ripristina l’Ici (Imu)per i beni ecclesiastici dal 2013.

Il testo, arrivato al photofinish ma giudi-cato ammissibile dal presidente del sena-to, esonera dall’imposta comunale tutti gliimmobili non profit e quelli ecclesiasticitotalmente non commerciali. Com’è noto,il governo Prodi introdusse una normaconfusa che esonerava anche i beni cattoli-ci «prevalentemente» non commerciali co-me cliniche, scuole, negozi. Una scappato-ia che, di fatto, esonerava gran parte dellosterminato patrimonio religioso. Stermina-to sì - basta girare in qualsiasi centro stori-co di qualsiasi comune italiano - ma quan-to?

Il gettito previsto per la norma non è an-cora chiaro. Secondo Tremonti, che si ba-sò su una stima fatta da una commissionetecnica presieduta dall’attuale sottosegre-tario all’Economia Vieri Ceriani, la cosid-detta Ici alla chiesa avrebbe dato moltomeno di 100 milioni di euro, a tanto infattiammonterebbe l’Ici ipotetica complessivadi tutto il mondo non profit. Secondo sti-me dei comuni fatte dall’Anci, invece, ilgettito finale potrebbe ammontare a500-700 milioni di euro. Una bella boccatad’ossigeno per enti locali strangolati dalpatto di stabilità interno e dai fortissimi ta-gli ai trasferimenti decisi da Tremonti eMonti nelle cinque manovre dell’annoscorso.

Il governo afferma di aver presentato lanorma adesso in modo da bloccare la pro-cedura di infrazione aperta dall’Europacontro l’Italia. Ma per l’operatività dellalegge e per capire chi dovrà pagare cosa bi-sognerà attendere i 60 giorni previsti per idecreti attuativi. Due mesi in cui Monti -cioè il ministero dell’Economia - dovràscrivere materialmente i criteri con cui icomuni potranno distinguere i beni eccle-siastici commerciali (tassati) da quelli noncommerciali. Inoltre, gli immobili ecclesia-stici ancora privi di rendita catastale pre-sto dovranno averne una. E stabilirla nonsarà né facile né omogeneo. La questionedunque non è ancora finita. Il diavolo sinasconderà nelle virgole. Di sicuro la parti-ta si sposta tra le felpate stanze di via XXsettembre, privando il parlamento di ognivoce in capitolo.

Il Pdl, soprattutto l’ala più legata a Co-munione e Liberazione, è già sul chi vive.Secondo Maurizio Lupi e l’ex ministra Ma-ria Stella Gelmini il testo del governo nonchiarisce a sufficienza se gli asili e le scuo-le parificate (generalmente cattoliche) do-vranno pagare l’Ici o meno.

La trama si complica ulteriormente per-ché Pdl e responsabili già promettono for-ti emendamenti. Mentre l’Udc, evidente-mente in difficoltà e in attesa delle propo-ste attuative, non ha commentato in alcunmodo la presentazione del testo da partedel governo. La diatriba sull’Ici aggraveràle pressioni emendative che incombonofin dall’inizio sul decreto liberalizzazioni.Tanto che il presidente della Repubblica -con un monito formalmente impeccabilema politicamente piuttosto irrituale di

fronte a un governo non eletto - ha chiestoal parlamento di non cambiare i testi deidecreti legge già in vigore con modifichenon attinenti.

Monti insomma festeggia la fine deisuoi primi «cento giorni» a Palazzo Chigi ri-vendicando la manovra di fine anno e il ri-torno dell’Italia sui palcoscenici d’Europae del mondo. Ma in casa i partiti che lo ap-poggiano già si dividono sul dopo elezionidel 2013. La riforma del lavoro e dell’artico-lo 18 rischia di mandare la maggioranza Al-fano, Bersani, Casini in frantumi. Senzacontare il caos che regna nella Confindu-stria del dopo Marcegaglia e le divisionidei sindacati confederali. Governare conpartiti e sindacati spappolati - quelli cheuna volta si chiamavano corpi intermeditra cittadini e istituzioni - può essere il so-gno di qualche «tecnocrate populista» (co-me ragionava Michele Prospero ieri sul-l’Unità), non un progetto di governo reali-stico - per quanto liberista - in un paesemassacrato dall’iniquità sociale, generazio-nale e territoriale che è alle prese con lapeggiore crisi dell’industria privata e dellefinanze pubbliche della sua storia. Le con-testazioni crescenti alla figura politica piùapprezzata di quest’Italia 2012, Giorgio Na-politano, sono solo un sintomo di quanto,presto, potrebbe travolgere tutto e tutti.

ITALIA

SALUTE NEGATAI Nas indaganoIl governo promette

ERA GASPARRI, NON CERTO GASBARRA

PROCESSO MILLS

Silvio si autoassolvema oggi è sentenza

Dopo il crollo della sanità e il dissesto deipronto soccorso (clamorosi i casi romanidel San Camillo e del Policinico UmbertoI) il governo corre ai ripari e promette unnuovo «Patto per la salute» con le regioni.Monti e il ministro Balduzzi hanno ricevu-to a Palazzo Chigi la presidente del LazioRenata Polverini, confermando che i soldi

sono pochi (va mantenuto l’equilibrio finanziario) ma cercando contempoa-raneamente una soluzione per «rimuovere le cause organizzative dei pro-blemi riscontrati». Nel Lazio soprattutto l’assistenza sanitaria di emergenzaè al collasso. Ieri i Nas hanno sequestrato «imponente documentazione»all’Ospedale San Camillo, dove nei giorni scorsi pazienti anziani anchegravi sono stati assistiti su materassi poggiati a terra. Indagini aperte an-che sul Policlinico Umberto I, l’ospedale più grande d’Europa collegatoall’università Sapienza. Dopo la scoperta di una anziana malata di Alzhei-mer lasciata in barella per ben quattro giorni, la direzione ha sospeso pertre mesi i dirigenti del pronto soccorso. I carabinieri dei Nas vogliono ve-derci chiaro sulla gestione degli accessi e sulla loro qualità, verificando seè vero, come sembra, che molte persone si rechino al pronto soccorsosenza un motivo giustificato. Al San Camillo, inoltre, è sotto inchiesta lalegittimità e il funzionamento anche del ricovero successivo al pronto soc-corso, almeno nei casi in cui gli anziani vengono dirottati in strutture diver-se specializzate e convenzionate con la Regione.

Finalmente questa serala parola ai giudici.Berlusconi: «Questo è unprocesso inventato, giàprescritto tre anni fa».

Daniela DalerciROMA

I l giorno dopo l’incontro con ilpresidente del consiglio, Bersa-ni, da Bologna, infonde ottimi-

smo a manate. «Mi pare che in que-ste ultime 48 ore» ci sia «da parte ditutti quelli che sono seduti al tavolo,a cominciare dal governo» una mag-gior «consapevolezza che il paese ènei guai e che si debba cercare unprogetto comune». Insomma, il lea-der Pd, oggi «più ottimista», avreb-be ricevuto rassicurazioni da MarioMonti in persona sul fatto che il go-verno farà il possibile per raggiunge-re un accordo con tutte le parti so-ciali sulla riforma del mercato del la-voro. Intanto dell’articolo 18 si parle-rà dopo il 9 marzo,ovvero dopo la mani-festazione dellaFiom. Quanto aisuoi, giura che «nonc’è nessun malumo-re» tra le file dei parla-mentari democraticidopo la raccomanda-zione del presidentedella Repubblica sul-l’uso degli emenda-menti. Il governoMonti in realtà nonsi discosta molto dai suoi predeces-sori sul ricorso ai voti di fiducia. «Ilproblema», cerca di aggiustare Ber-sani, «è quello di mettere in equili-brio un uso dei decreti che deve es-sere, anche da parte del governo, ri-goroso e un ruolo del Parlamentoche non deve esondare dalla mate-ria dei decreti».

Una soluzione condivisa sul mer-cato del lavoro consentirebbe al Pddi votare unitariamente la riforma,e rimandare in avanti la conta inter-na fra «filomontiani» senza se e sen-za ma e laburisti, inclini invece a se-parare il profilo programmatico delpartito da quello del governo, fattocomunque salvo il «patto di lealtà»fino a fine legislatura che Bersani haribadito giovedì a Palazzo Chigi.Ma, anche se le cose dovessero an-dare bene su quel fronte, i problemirestano parecchi, per il segretario.

In attesa che in parlamento si co-minci a discutere di una nuova leg-ge elettorale - il cui percorso perònon avrà passaggi significativi pri-ma delle amministrative, per evitarerotture nelle città del nord fra Pdl eLega - nel Pd ormai sono in molti aragionare comunque sul futuro delcentrosinistra. Escludendo coalizio-

ni con forze che ora si trovano all’op-posizione del governo Monti. L’Idv,innanzitutto. E Sel, pur considerataun alleato «più responsabile».

E però ieri Nichi Vendola è torna-to a prendersela con il governo. «Lapolitica economico-sociale del go-verno Monti è negativa. Si tratta diuna variante più sobria, più illumi-nata del conservatorismo che domi-na in tutta Europa, per me è un go-verno di destra», ha detto a marginedi una manifestazione a sostegno didi Vittorio Festuccia, il candidato al-le primarie del centro sinistra diL’Aquila contro il sindaco uscenteMassimo Cialente, del Pd.

Oltre tutto, proprio nelle città chevanno al voto i primi di maggio pas-sa un altro fronte dei guai democra-

tici. I centristi Pdchiedono di rivedereil meccanismo delleprimarie che di fattocementa le alleanzedel Pd con la sinistra(ovunque con Sel,ma in alcune città an-che con il Prc). A Ge-nova come a Rieti icandidati vendolianihanno vinto con pa-role d’ordine cittadi-ne. Ma certo schie-

randosi più o meno esplicitamentecontro i provvedimenti del governoMonti. Ora in quelle città il Pd si tro-va nella condizione di fare campa-gna elettorale per la loro elezione.

Stesso discorso sul lavoro. Sel(come del resto il Prc, l’Idv e undrappello di dirigenti Pd) partecipe-rà alla manifestazione della Fiom.E quanto ai licenziamenti facili,non è affatto incline alla «manuten-zione» dell’articolo 18 a cui si è det-to dsponibile Bersani. «L’art. 18 è di-ventato il simbolo della civiltà diquesto paese», ha detto ieri Vendo-la. «Quando il premier Monti dice’non puo’ essere un tabù, io dicoha ragione il Premier, l’art.18 nonpuò essere un tabù infatti bisognaestenderlo a tutti».

ICI ALLA CHIESA · Presentato l’emendamento. Ma non si sa quanti sono gli immobili ecclesiastici

Fisco e lavoro, mine sul governo

DEMOCRACK · Il leader Pd: art.18, sì a manutenzione

Bersani ora è «ottimista»Vendola: Monti è di destra

Il leader Pdè convinto che

sul lavoroil premier

non vuole arrivarealla rottura

con le parti sociali

Per un malaugurato lapsus calami neltitolo dell’intervista a Matteo Orfini, ieri,c’era uno sgradevole scambio di nomi.Avrebbe dovuto essere: «Votiamo conCicchitto e Gasparri e ci fa paura starecon i lavoratori?». Ce ne scusiamo congli interessati.

www.virgilio.it /comebellofarlamore

AI CINEMA DI ROMAADRIANO - BARBERINI - AMBASSADE - ANDROMEDA - ANTARES - ATLANTIC - BROADWAY - DORIA LUX - GALAXY - GREGORY - MADISON - ODEON - STARDUST VILLAGE (EUR) - STARPLEX GULLIVER

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PER RIDERE DEL SESSO...ANCHE IN 3D!

L’INCONTRO DI MARIO MONTI CON IL PAPA IN VATICANO IL 14 GENNAIO SCORSO /FOTO REUTERS

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SABATO 25 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 5

Marina Della CroceROMA

Aggrediti da una squadraccia mentre stavanotornando a casa dopo aver attaccato manifestiper le strade di Ostia. Prima circondati, poi

presi a colpi di casco e di bastone. «Una gruppo diuna decina di militanti di Casapound, armati di tuttopunto, ci ha aspettati e poi ha preso d’assalto il furgo-ne e le macchine su cui stavamo viaggiando», denun-ciano i ragazzi del Teatro del Lido, una delle pocherealtà culturali della cittadina che proprio in questigiorni festeggia il secondo anno di occupazione.Un quarto d’ora di violenza costato due bracciarotte a tre ragazzi, due dei quali hanno riportatoanche ferite alla testa. Ma oltre al danno anche labeffa. La polizia ha infatti fermato tutti, giovani disinistra e di destra, trattenendoli in commissariatoper tutta la notte: in tutto 24 persone, 7 dei qualimilitanti di Casapound, denunciate per rissa ag-gravata. Oggi pomeriggio alle 15 a Ostia si terràuna manifestazione per i beni comuni ma ancheper ribadire, come spiega Chiara, 26 anni, una del-le occupanti del teatro, che «la città non vuole ave-re niente a che fare con questa gente violenta, cheesce da casa solo per provocare dolore nelle altrepersone».

Quanto accaduto la notte scorsa a Ostia sembrauna scena uscita dagli anni ’70. Al punto che anchenel commissariato cittadino sono rimasti stupiti «Fi-nora non c’era mai stata tanta violenza», ha spiegatoun funzionario. Secondo i ragazzi del Teatro del Lidoci sarebbe stato un vero e propri assalto. I giovani di

sinistra avevano appena finito di attaccare i manife-sti per la manifestazione di oggi e stavano tornandoa casa quando nei pressi del Municipio sono stati cir-condati dai militanti di Casapound. «Abbiamo frena-to per non investirli e poi gli abbiamo gridato: ’ma co-sa state facendo?’ nella speranza di fermali. ma lorohanno cominciato a colpire con i bastoni i ragazziche cercavano di coprirsi la faccia. E’ così che gli han-no spezzato le braccia».

Le provocazioni di destra sono continuate ancheieri mattina, quando davanti al commissariato diOstia si è presentata una quarantina di militanti diCasapound arrivati da Roma. Al punto che molti ge-nitori dei ragazzi fermati hanno preferito fermarsi da-vanti agli uffici di polizia per proteggere l’uscita dei fi-gli. «Abbiano paura di nuove aggressioni - hannospiegato -. Quello di stanotte non è stato un gesto iso-lato, la situazione sta diventando preoccupante».

Da parte sua l’organizzazione di estrema destra of-fre una versione completamente diversa: in un co-municato Casapound parla infatti di «sei militanti ag-grediti». «I sei militanti erano in affissione - è scritto -quando sono stati riconosciuti e assaliti da un grup-po di una cinquantina di persone tra esponenti deicollettivi e occupanti del Teatro Lido che stavano at-taccando manifesti».

Per il consigliere provinciale di Sel Gianluca Pecio-la, che ha chiesto lo scioglimento di Casapound,quanto accaduto «conferma come nella nostra cittàe nel Paese si stia riaffermando l’estremismo di de-stra». Sulla stessa linea anche il consigliere regionaledel Pd Enzo Foschi. «Non se ne può più - ha detto -di questa violenza organizzata».

Mauro Ravarino

Valsusa chiama Italia. Per ribal-tare – con la marcia naziona-le di questo pomeriggio – an-

cora una volta la questione. Ovvero:«Non si tratta di un problema d’ordi-ne pubblico». Il Tav è ben altro. «Ela sua inutilità in un periodo di crisidovrebbe essere ancora più lampan-te». Ma la «sobrietà» montiana valeper Roma 2020 e non per la Torino-Lione, seppur 360 tra docenti, ricer-catori e professionisti abbiano chie-sto al premier di ripensarci «perchéi benefici economici dell’opera sa-rebbero alquanto incerti, a fronte dicosti elevatissimi e di un pesante im-patto ambientale». Tutto, però, tacea Palazzo Chigi, come al Colle (a cuigli studiosi si erano già rivolti).

A non star zitti saranno oggi i valli-giani e i movimenti italiani riunitiper la grande marcia, che si snoderàda Bussoleno a Susa. Concentra-mento alle 13, nella piazza della sta-zione, arrivo, alle 16, nel capoluogodella Valle, in piazza Vittoria.

Dopo le contestazioni al procura-tore capo di Torino Giancarlo Casel-li, le polemiche della vigilia sono sta-te un déjà vu. Ci hanno pensato gliorganizzatori a frenarle: «Sarà unamanifestazione pacifica, rispettosadelle istituzioni, dell’ambiente, del-le cose e dei cittadini. A volto scoper-to». L’iniziativa è promossa dalla Co-munità montana e dai movimentiNo Tav insieme alle amministrazio-ni comunali. Alla manifestazionehanno aderito Rifondazione, Movi-

mento 5Stelle, Sel, Fiom, Legam-biente e svariati comitati e associa-zioni. Più alta sarà la partecipazio-ne, più sarà facile scacciare immagi-nari lugubri che qualcuno vorrebbeappiccicare alla Valsusa.

Il corteo è «a sostegno del traspor-to locale, delle scuole, della difesadel suolo, della libertà di dissenso».Inoltre, si chiede «la sospensionedei lavori del tunnel geognostico del-la Maddalena di Chiomonte» e simanifesta «la contrarietà alla milita-rizzazione della valle, alle grandiopere inutili, alla cancellazione deiComuni e all’aumento dei Tir». I co-mitati chiedono, pure, a gran vocela liberazione di tutti i No Tav anco-ra in carcere.

Guido Fissore, consigliere comu-nale di Villar Focchiardo, che in car-cere ci finì, invita: «Meno cartellicontro Caselli e più su cosa voglia-mo per il futuro». Non potrà esserciperché deve rispettare l’obbligo didimora ma ha scritto un messag-gio: «Il problema che poniamo haun respiro ben più ampio della dia-triba tra noi e il procuratore Caselli.Credo sia importante che il messag-gio che sabato manderemo all’Ita-lia e all’Europa rappresenti un’ideadi una via d’uscita da questa crisiche toglie il futuro ai nostri figli».Sulla stessa lunghezza d’onda Mas-simo Zucchetti, professore ordina-

rio del Politecnico: «Gli arresti sonostati ingiustificati e spropositati,ma considero improprie le conte-stazioni che hanno reso Caselli unavittima». Sull’argomento le posizio-ni in Valle non sono univoche, mail movimento vuole dare prova diunità e rigetta qualsiasi scomposi-zione, di facile presa mediatica, tra"buoni" e "cattivi".

Intanto, nel cantiere della Madda-

lena tra la neve qualcosa si muove:accatastamento di recinzioni e dijersey grigliati. Tutto è pronto perun allargamento. D’altronde lo halasciato intendere il capo della poli-zia Antonio Manganelli, durantel’audizione alla Camera: «Siamo allavigilia delle prime azioni davvero in-vasive, quelle che porteranno agliespropri. Ora andremo a togliere iterreni, che peraltro sono stati ven-

duti a centinaia di acquirenti. E cre-scerà il dissenso». Il movimento èconscio che «sarà dura», ma è pron-to. E Pro Natura in un esposto de-nuncia: «L’accordo italo-francesedel 29 gennaio sul Tav rischia di pro-vocare un danno erariale per l’Ita-lia, che potrebbe ritrovarsi a doverpagare almeno due miliardi peruna tratto di 33 km interamente rea-lizzati in Francia».

Antonio Simbari, titolare di un’impresa edile di ReggioEmilia, ieri mattina si è arrampicato su un traliccio del-l’Alta velocità per protestare contro il mancato pagamen-to di alcuni lavori realizzati in un cantiere ferroviario del-la zona. Per due ore ha minacciato di buttarsi giù. Il suo

gesto ha provocato rallentamenti sulla tratta ferroviaria Bologna-Milano e per questo l’uo-mo rischia una denuncia per interruzione di pubblico servizio. Ieri sera l’imprenditore eraancora ricoverato all’ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, dove è stato sottopo-sto a una terapia farmacologica. Il suo avvocato, Giulio Tamburoni, ha spiegato così il ge-sto disperato: «Il fatto che siano in ritardo con i pagamenti lo mette in difficoltà con Inps eInail e nei confronti dei suoi dipendenti, cui tiene molto perchè è una persona molto corret-ta, puntuale e precisa». Antonio Simbari da tempo è in attesa di ricevere 200 mila euro.Secondo la testimonianza della moglie, l’uomo ieri mattina sembrava tranquillo, «anche senon dorme da una settimana». Tra gli amici che hanno cercato di convincerlo a non buttar-si, anche un imprenditore come lui: «Abbiamo tutti questi problemi, anche io lavoro nel-l’edilizia, è assurdo che uno debba arrivare a questo punto per farsi pagare lavori statali.Io sono fermo coi lavori da tre anni, tutti i problemi ricadono sulle piccole imprese».

ITALIA

PADRONIImprenditore minaccia il suicidiosalendo su un traliccio della Tav

DALLA PRIMAPierluigi Sullo

Il diritto mai sancitoalla resistenza

Cosa c’entra questo con iNo Tav della Val Susa? Be-ne, sarebbe utile scoprire

quanti articoli della Costituzione so-no violati per ottenere che i valsusi-ni accettino l’invasione di una gran-de opera vandalica per i suoi effettisociali e ambientali; inutile ai finiche dichiara, ossia corrispondere auna domanda crescente di trafficodi persone («alta velocità») e di mer-ci («alta capacità»); tanto costosa dapoter diventare, nel tempo, un equi-valente delle Olimpiadi di Atene, ov-vero un collasso delle finanze pub-bliche da colmare poi con il tagliodei treni locali (già in corso) e deiservizi pubblici in generale.

Forse sarebbe meglio dire cheuna specie di legalità è stata messaal servizio, nel caso del Tav Torino-Lione, di una illegalità sostanziale.Da quale cittadino è accettabile – sichiederebbe Dossetti – il fatto cheper aprire un cantiere si debba di-chiarare l’area interessata «di inte-resse strategico», cioè sottoposta adautorità militare, sotto legge marzia-le, e sottratta alla sovranità popola-re? O ancora: non è affatto illecito,formalmente, che a molti mesi di di-stanza dai fatti la polizia si presentia casa di persone da arrestare per va-ri reati, in tutta Italia, con annessomegafono dei media a proposito dei«No Tav violenti», ma, come ha fat-to notare Livio Pepino, già presiden-te di Magistratura democratica, èchiaro che il pericolo di «reiterazio-ne del reato» è del tutto remoto, e in-somma portare la gente – compresoun uomo che si muove con le stam-pelle e un mite barbiere – in carcereè per lo meno un provocatorio ec-cesso di zelo. Crea un clima di odio,infatti. Tanto più che nessun Caselliha indagato sull’altro versante deifatti del luglio scorso, sui pestaggi ele vere e proprie torture inflitte ad al-cuni dei fermati (ci sono le testimo-nianze in video, gli investigatori nondevono cercare troppo lontano), sul-l’uso violento dei lacrimogeni e sul-la natura del gas che essi contengo-no, l’ormai famoso Cs, usato dallapolizia egiziana e da quella italianae formalmente lecito, di nuovo, soloperché la convenzione internaziona-le che lo vieta parla solo di guerre. Equi siamo in pace, non è vero?

E non c’è una violazione dello spi-rito della Costituzione nel fatto cheda decenni (il movimento valsusinocompie 23 anni) tutti i governi han-no ignorato, o eluso, studi, analisi,contro-proposte elaborate dai No

Tav e dagli studiosi loro amici? Que-sto incessante lavoro non è stato esa-minato e poi scartato, con il corredodi argomenti e dati convincenti pertutti. Ancora di recente, centinaia diintellettuali e ricercatori hanno rivol-to una lettera aperta al Presidentedel consiglio, che però interloquiscesolo con gli investitori finanziari: leopinioni, le richieste, le propostedei cittadini non contano. Letteral-mente non esistono. E anche qui pe-sa l’atteggiamento dei media, chenel loro mondo virtuale, fatto dispread e di Btp, non contemplanola vita reale, le vallate reali.

Ancora: noi siamo contrari all’in-serimento nella Costituzione del-l’obbligo del pareggio di bilancio.Scommetto che anche Dossetti, Mo-ro e Togliatti sarebbero sfavorevoli.Ma il clima è questo, in Europa. E al-lora, che senso ha gettar via miliardidi euro in un tunnel di oltre 50 chilo-metri, quando la ferrovia esistente ègià più che sufficiente, e basterebbepoco (documentano i No Tav) perrenderla ancora più capiente? La cir-costanza che a firmare l’accordocon la Francia sia Mario Ciaccia, vi-ceministro alle Infrastrutture e giàpresidente di Banca Intesa Infra-strutture e Sviluppo, prima e oraagli ordini di Corrado Passera, capodi Banca Intesa prima di diventareministro alle Infrastrutture, mandaun familiare odore di conflitto di in-teressi. Se poi l’accordo viene tenu-to segreto e sono i No Tav a doverlorendere pubblico il fatto è ancorapiù sospetto. Si scopre che si vorreb-be cominciare subito a scavare il me-ga-tunnel ma che l’Unione europeadeciderà tra due anni se finanziare il40 per cento dell’opera, e con l’ariache tira non è affatto detto che lofaccia. Com’è che i contabili al go-verno di colpo diventano spendac-cioni?

I valsusini dicono che la loro èuna questione di democrazia, pri-ma di tutto. Chi decide cosa? Dico-no anche che il treno ad alta veloci-tà ha per capolinea Atene, e per sta-zione di passaggio la mafia dellegrandi opere, in senso metaforico ein senso letterale. In più, nei fattimettono in questione il macchina-rio di appalti e grandi opere che hadrogato per decenni il Pil italiano, fa-cendo esplodere il debito pubblico.

Se ci si chiede perché i No Tav sia-no tanto popolari in giro per il paesee tanto odiati da partiti e lobby degliaffari (le due cose tendono a coinci-dere), queste sono le risposte. Cosìche la manifestazione di oggi, l’en-nesima che i valsusini hanno orga-nizzato, non è «contro la repressio-ne» e non sarà, come gli uccellaccineri si augurano, «violenta». Saràuna dimostrazione di affetto per lepersone e le famiglie e le comunitàdi questo povero paese saccheggia-to, e per le montagne e la terra e i fiu-mi e le coste triturati da maree di ce-mento e di asfalto. Poesia? Chissà. Èprobabile che nel futuro dovremotutti ringraziare quei valligiani coc-ciuti per aver messo in pratica l’arti-colo che Dossetti non riuscì a far in-serire nella Costituzione.

VAL DI SUSA · Oggi pomeriggio torna a manifestare il popolo No Tav. Si parte da Bussoleno

«Ribelli, non eversori»

Sicurezza/FERITI TRE GIOVANI DI SINISTRA

«Aggrediti da Casapound»,notte di violenza a Ostia

Più alta saràla partecipazione,più facile saràscacciare lugubrietichette dei media

E se dovessimoringraziare questivalligiani cocciuti chehanno messo in pratical’articolo che Dossettinon riuscì a far inserirenella Costituzione?

FOTO ALEANDRO BIAGIANTI A DESTRA /FOTO REUTERS

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pagina 6 il manifesto SABATO 25 FEBBRAIO 2012

Goffredo AdinolfiLISBONA

L’ultima geniale trovata del go-verno portoghese per contra-stare la crisi economica è stata

quella di non concedere ai dipendentipubblici di prendersi il lunedì di vacan-za per fare il ponte di carnevale. Né que-st'anno, né, dato il successo della misu-ra, il prossimo. Insomma non basta es-sere reazionari, si vuole anche esserecattivi. Sì perché molte delle misure chevengono adottate nulla hanno a che ve-dere con il "consolidamento" dei contipubblici. Oltre alla beffa del ponte per ilcarnevale e l'abolizione dei passe gratui-ti per i trasporti pubblici di qualche me-se fa, c'è ora la cancellazione dell'equocanone. Proprio il momento giusto sipotrebbe dire, visto che sicuramente lostato non si vorrà fare carico di quanti,generalmente anziani con 2-300 eurodi pensione, non si potranno permette-re i costosi affitti stabiliti secondo le inu-mane leggi del libero mercato.

Un governo forte coi deboli ma mol-to debole coi forti. Colpisce l'atteggia-mento di totale accondiscendenza ri-spetto alle pretese dei suoi creditori.Mai nessuna polemica sulle dure condi-zioni a cui è stato concesso il prestito,anzi, si ostenta orgoglio nell'essere statibravi nell'avere rispettato diligentemen-te tutti i punti stabiliti dagli economistidella troika Ue. Per non parlare poi del-l'incredibile generosità, in periodi di au-sterità, con cui vengono finanziate e so-stenute le banche: 1 miliardo e mezzodi garanzia per un prestito che il Millen-nium Bcp starebbe per chiedere ai mer-cati, 500 milioni per la Caixa Geral deDepósitos e 600 milioni per il BancoPortuguês de Negócios. Grande fanfarapoi sull'aumento delle esportazioni, loscorso anno sono salite dell'8% e le im-portazioni scese dell'1%. Il punto, però,è che a fronte di un aumento delleesportazioni non sia corrisposto un au-mento della produzione industriale,che nel 2011 è scesa di circa l'1,5%,quindi, se ne desume, che questi valoriregistrino, anche, una profonda contra-zione dei consumi interni. Il tutto in unquadro in cui solo quest'anno il Pilscenderà, almeno, del 3,3%, lo 0,3% inpiù di quanto previsto appena pochigiorni fa, il 2011 si era chiuso con un-1,5%. Insomma in due anni si sono vo-latilizzati tra i 7 e gli 8 miliardi di euro.Essendo il deficit una frazione al cui de-nominatore c'è proprio il Pil è presumi-bile che la lotta per il consolidamentodei conti dovrà essere ulteriormente raf-forzata, il che significa che si dovrà ta-gliare ulteriormente o, tutti negano,chiedere altri soldi.

I portoghesi hanno ripreso a emigra-re in massa, ma questa volta non sonosolo gli strati sociali più bassi ad andar-sene verso Svizzera, Belgio, Francia eGermania, ma anche i più qualificati equesto qualche problemino lo creerà vi-sto che il problema maggiore per l'eco-nomia lusitana, come peraltro anchequella italiana, sta proprio nella sua ar-retratezza, in quella paradossale combi-nazione di salari bassissimi e di costodel lavoro elevato.

Intanto è notizia di ieri che la societàpetrolifera angolana Sonangol ha avvia-to trattative con l'Eni per l'acquisto del33% del pacchetto azionario della Galp,mini-colosso dell'energia portoghese,che, in un primo tempo, si era pensatodovesse essere acquisito dalla brasilia-na Petrobras. Ora Lisbona ha perso defi-nitivamente ogni controllo sulla sua po-litica energetica, lo ha fatto rinuncian-do alle proprietà o, come in questo ca-so, alla golden share. Ogni potere di in-tervento in un settore cruciale per lo svi-luppo economico passerà quindi all'as-se Luanda-Pechino, che, vale la pena ri-cordarlo, sono ottimi alleati. Dissociareil modello sociale dalla proprietà di as-set strategici è un grave errore, sottoli-nea Martin Shulz, presidente social de-mocratico del parlamento europeo. Co-sì facendo, continua Shulz riferendosispecificamente al modo in cui si stan-no svolgendo le privatizzazioni, con-danniamo il Portogallo al declino per-petuo.

Per Vitor Gaspar, ministro delle fi-nanze, uno degli ultimi emuli dei Chica-go Boys della storia dell'economia, so-stiene che va tutto bene, anzi, che forsele cose vanno addirittura meglio delprevisto, che le riforme strutturali sor-prenderanno tutti e su questo, purtrop-po, non possiamo davvero dargli torto.

Argiris Panagopoulos

Un milione e mezzo di spagnolisono scesi in piazza in questigiorni per protestare contro il

medioevo nelle relazioni di lavoro im-poste dal nuovo governo di MarianoRajoy, mentre continuano decine di al-tre proteste di massa per difenderel’istruzione e la salute pubblica. «I ta-gli ciechi per la riduzione del deficit,senza alcun piano per la crescita e l’oc-cupazione, ci portano al disastro eco-nomico e sociale», sottolinea Josè An-tonio Garcia Rubio, membro dell’ese-cutivo e responsabile della politicaeconomica e del lavoro del ComitatoFederale di Izquierda unida e mem-bro della comitato federale del Partitocomunista di Spagna.

Più di un milione e mezzo di spagno-li sono scesi in piazza contro la rifor-ma che cambia i rapporti di lavoro.Perché questa reazione è stata unagrande sorpresa?Va notato che il precedente gover-

no del socialista Zapatero aveva già fat-to una dura riforma dei rapporti di la-voro. Il 29 settembre 2010 i sindacatiavevano risposto con uno sciopero ge-nerale, perché la situazione economi-ca è peggiorata rapidamente e la disoc-cupazione è arrivata a livelli di recordstorici. I lavoratori seguono la situazio-ne con preoccupazione. La riformadei rapporti di lavoro imposta ora dalPartito Popolare di Rajoy rappresentaun salto di qualità. Però all’indietro.Soprattutto per quanto riguarda lecondizioni di lavoro nelle aziende e idiritti economici e sociali dei lavorato-ri. I lavoratori hanno mostrato in mas-sa la loro rabbia per le strade. C’è unforte risentimento per il peggioramen-to della situazione economica, comu-ne tra i cittadini del nostro paese chesta prendendo tutte le misure necessa-rie per sostenere le banche e nessunamisura per creare posti di lavoro e so-stenere davvero la ripresa economica.Il Partito Popolare impone oar conuna legge la riforma dei rapporti di la-voro senza negoziare e senza spiegarenulla. Non c’è stato un vero dialogocon le organizzazioni sindacali o con ilavoratori. Ai lavoratori hanno solo an-nunciato che saranno senza difese neiluoghi di lavoro. La risposta l’abbia-mo visto per le strade. È stata di mas-sa e molto migliore di quanto ci aspet-tassimo.

Quali sono i pilastri di questa rifor-ma?La riforma ha tre caratteristiche

principali. In primo luogo applica ilprincipio dei licenziamenti facili e abassissimo costo per le imprese. Il co-sto di licenziamento per le imprese siriduce ad un terzo rispetto alla legisla-zione precedente e i lavoratori perdo-no i due terzi delle precedenti liquida-zioni. Se una società vede i suoi utilicadere per tre trimestri consecutivi po-trà procedere a licenziamenti facili e abasso prezzo. Attenzione. Le societànon devono avere danni, ma solo unacaduta dei loro profitti. In tempi di cri-si, quasi tutte le aziende hanno cadu-ta dei profitti. In secondo luogo la ri-forma prevede il taglio forte dei salarise la società si trova ad affrontare pro-blemi finanziari. L’azienda è libera dinon rispettare i contratti collettivi e di

categoria, né il contratto di lavoro con-cordato con ciascun lavoratore. L’eco-nomia spagnola si basa sulle piccoleimprese. Come si fa a proteggere il la-voratore da una riduzione dello stipen-dio del 20% quando l’impresa può in-vocare la diminuzione dei suoi profittiin tempi di crisi, ricattando il lavorato-re perché accetti la riduzione del suostipendio per non essere licenziato?In terzo luogo elimina la negoziazionecollettiva dei contratti di lavoro, checolpisce i diritti sindacali. La riformaconsente alle aziende di non esserevincolate e di non applicare i contratticollettivi e settoriali per un lungo peri-odo o addirittura eliminarli. Eliminan-do la capacità del movimento sindaca-le di negoziare all’interno dei luoghidi lavoro con gli industriali e gli im-prenditori. Vogliono i sindacati soloper organizzare gite?

Il Partito Popolare che parla di de-mocrazia europea cancella la demo-crazia nei rapporti di lavoro?Sì elimina la democrazia nei luoghi

di lavoro, lì dove è necessaria perché èlì che si creano le contraddizioni dellanostra società. Imponendo una solu-zione autoritaria nei rapporti di lavoroad unilaterale favore degli imprendito-

ri. Torniamo indietro di un secolo. Do-ve va la Spagna con le misure econo-miche del governo di Rajoy? Le sue du-re politiche neoliberiste intensificanola crisi, aumentano la disoccupazionee alimentano la recessione. È la stessapolitica che conosce molto bene dadue anni la Grecia. Abbiamo visto consoddisfazione la risposta di massa deilavoratori di Atene e la loro battagliaper difendere i loro diritti. In Spagnaattualmente la recessione e la crisihanno una minore intensità. La reces-sione è la diretta conseguenza dei du-ri tagli imposti da due anni. Tagli che,promettevano, ci avrebbero portato

fuori dalla crisi. La situazione econo-mica peggiora. L’unica cosa che han-no cercato con tutti i mezzi era di con-servare e garantire il settore finanzia-rio e mantenere la redditività del setto-re bancario.

Con un «regalo» di 52 miliardi di eu-ro ai banchieri ...Assolutamente. Le banche sono

pronte di assorbire 52 miliardi dallecasse statali, e non c’è una condizioneposta per sostenere la ripresa e la crea-zione di posti di lavoro. Anche la deci-sione del governo di pagare i 30 miliar-di che il governo deve ai fornitori saràeffettuata attraverso le banche, garan-tendo nuovi profitti bancari. Perchèl’amministrazione pubblica non pagai fornitori direttamente, come prima?La cieca riduzione dei deficit ci portaal disastro.

Abbiamo visto negli ultimi mesi chela gente esce per strada per difende-re l’istruzione, la salute pubblica eogni servizio sociale contro la priva-tizzazione ...Lo Stato Sociale in Spagna non è

molto esteso e potente. La verità è cheavevamo conquistato una pubblicaistruzione e una sanità di un ottimo li-vello e qualità. Il Partito Popolare coni tagli sta cercando di smantellare i ser-vizi pubblici per facilitare la loro priva-tizzazione. La gente lo ha capito subi-to e ha creato un movimento enormee potente per difendere la salute el’istruzione pubblica Negli ultimi mesiabbiamo visto centinaia di dimostra-zioni per difendere lo stato sociale. An-che le manifestazioni spontanee degli«indignati», e degli studenti medi diValencia duramente represi dalla poli-zia. Le scuole di Valencia sono senzariscaldamento ma il tribunale della cit-tà ha assolto la corrotta leadership lo-cale del Partito Popolare. Violenzacontro gli studenti senza riscaldamen-to e impunità per i politici corrotti. Lacorruzione ha dimensioni allucinanti.Sono arrivati al punto di costruire alCastellon un aeroporto che non hafunzionato e non funzionerà maispendendo centinaia di milioni e nonhanno i soldi per pagare il riscalda-mento delle scuole. Hanno speso som-me enormi per la visita del papa, che èstato visitato dai politici corrotti, e

non hanno riscaldamento nelle scuo-le. La gente in Valencia non ha reagitoalla corruzione dei politici locali delPartito Popolare e li ha rivotati a no-vembre. Non so come si sentono oggi,tutti coloro che hanno votato per ilPartito Popolare, ora che la polizia èandata a rompere le teste dei loro fi-gli...

Quali ripercussioni ha la crisi econo-mica sulla sinistra e sulla scena poli-tica spagnola?Izquierda unida è passata da due a

dodici deputati. Ma non basta. Cer-chiamo di usare il parlamento come«megafono». In parlamento il PartittoPopolare ha una maggioranza assolu-ta che si è ulteriormente rafforzatacon l’aiuto dei partiti neoliberisti na-zionalisti di Catalogna e dei Paesi Ba-schi. E poi c’è l’Andalusia dove si votaa marzo. E qui il problema è se il Parti-to Popolare avrà la maggioranza asso-luta o no dopo trenta anni di governosocialista. Le misure adottate dal go-verno Rajoy rischiano di creargli pro-blemi. I sondaggi dicono che Iu au-mentarà i voti e avrà un aumento piùcontenuto dei seggi nel parlamento lo-cale, perché il nostro sistema elettora-le ruba una parte della nostra forza.L’Andalusia è stata storicamente unaroccaforte dei socialisti del Psoe. Cheperderà l’Andalusia e in circa otto me-si perderà il governo dei Paesi Baschi,che sostiene in collaborazione con ilPartito Popolare.Pagherà per le politi-che neoliberiste che ha imposto, detta-te da Bruxelles e dai banchieri, per lasua corruzione e soprattutto per l’au-mento della disoccupazione e per iservizi resi agli imprenditori. I sociali-sti hanno governato l’Andalusia coninsolenza, disprezzando sindacati, si-nistra, i movimenti sociali. Ma l’Anda-lusia ha una forte tradizione storica so-cialista che, grazie alla diffusa protestadi questi giorni contro le politiche neo-liberiste, nonostante il Psoe non an-drà compromessa.

EUROCRACK

LA RIFORMA DI RAJOYI socialisti annunciano il loro«ricorso costituzionale»

SPAGNA · Parla il leader di Izquierda unida Garcia Rubio: «Contratti di lavoro e diritti stracciati»

«Cancellano la democrazia»

Il Partito socialista spagnolo (Psoe) ha annunciato ieriche presenterà ricorso alla Corte Custituzionale spagnolasulla riforma del lavoro voluta a tutti i costi dal primo mi-nistro del Partito popolare Mariano Rajoy, se non sarà

corretta durante l'iter parlamentare di conversione in legge. I socialisti consideranoche l'aumento dagli attuali sei mesi a un anno del periodo di prova, per i contratti atempo indeterminato, che consente il licenziamento libero del lavoratore, violi quantostabilito dalla costituzione, secondo quanto ha spiegato ieri la portavoce Soraya Ro-driguez. Contraria al testo costituzionale, secondo il Psoe, anche la possibilità per gliimprenditori, introdotta dalla nuova riforma, di «ridurre unilateramente» i salari deilavoratori. La riforma approvata dal governo presieduto da Mariano Rajoy punta adintrodurre una maggiore flessibilità nel mercato del lavoro spagnolo, per far frontealla crisi. Le imprese con meno di 50 impiegati possono, per ragioni di competitività,cambiare alcune condizioni dei contratti, fra le quali l'orario lavorativo e la funzionedei lavoratori e ridurre i salari, unilateralmente e con soli quindici giorni di preavviso.Se il lavoratore si oppone, può essere licenziato per giusta causa con la minima in-dennità di 20 giorni per anno lavorato o ricorrere al magistrato del lavoro.

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STIME PIL

Grecia, Spagnae Portogalloancoramaglie nere

La crisi pesa sullatenuta del Pp, maa sinistra solo Iuaumenta mentre ilPsoe esce di scena

Grecia, Portogallo e Italia,sono i tre paesi messi al-l’indice e in fila uno die-tro l’altro: sono le maglienere della crescita previ-sta nell'Unione europeaper il 2012. È quantoemerge dalle stime dellaCommissione Ue sull'an-damento del Pil pubblica-te a Bruxelles. Una stimache ieri ha avuto largaeco nei giornali economicieuroatlantici. Per tutti etre questi paesi i dati, ri-spetto all'autunno scorso,sono state ritoccati in ne-gativo.Nel caso della Grecia, incondizioni diperate e orasoggetta alla «regalia» di130 miliardi con aumentospaventoso dell’indebita-mento e dei tagli alla spe-sa sociale con decremen-to dello sviluppo, l'attivitàeconomica nel 2011 èstata molto più debole edè stata registrata una di-minuzione del Pil del6,8%. Le stime attualiprevedono per il 2012 uncalo del Pil greco del4,4% (contro il -2,8% sti-mato nell'autunno scor-so). Per il Portogallo, nel2011 il Pil ha subito unacontrazione dell'1,5%,cioè 0,4% in meno rispet-to alle anticipazioni prece-denti. Per il 2012 la cre-scita di Lisbona è statacorretta: da -3% a -3,3%.L'Italia, entrata in reces-sione nella seconda metàdel 2011, secondo laCommissione dell’Unioneeuropea vedrà quest'announ calo del Pil dell'1,3%,a differenza della previsio-ne dell'autunno scorso(+0,1%). Va poco megliola Spagna, che ha soffer-to nella seconda metàdell'anno scorso di unperiodo di stagnazioneeconomica. Dopo una lie-ve crescita del 2011(+0,7%), Madrid vedràinvece un calo dell'1% delPil nel 2012. È sopra lamedia annuale previstaper l'Unione europea(0,0%) e l'eurozona(-0,3%) invece la stima dicrescita di quest'anno del-l'economia francese.Secondo le previsioni del-la Commissione Ue, Pari-gi chiude il 2011 con unaumento dell'1,7% del Pile nel 2012 dovrebbe cre-scere dello 0,4% (controlo 0,6% stimato ad autun-no del 2011). E pensareche la Francia in compa-gnia della Germania sidichiara come paese vir-tuoso e galleggia invecesugli zeri in percentuale.

LISBONA

Il governo taglial’equo canonee aiuta i banchieri

PROTESTA DI LAVORATORISPAGNOLI. SOTTO IL PREMIER

MARIANO RAJOY/REUTERS

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SABATO 25 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 7

Ivo GigliPOTENZA

La Fiat perde in tribunale e nonrispetta le sentenze. L'aziendaha fatto sapere con un tele-

gramma che «non intende avvalersidelle prestazioni lavorative» dei treoperai di Melfi reintegrati in base allasentenza dalla Corte di appello di Po-tenza, accogliendo il ricorso dellaFiom. L’azienda ha chiesto a Giovan-ni Barozzino, ad Antonio Lamorte eMarco Pignatelli di restare a casa.

Secondo Lina Grosso, legale dei tredipendenti di Melfi, «sarà fatto di tut-to per riportare al lavoro i tre operai,anche agendo in sede penale, perchéla Fiat come al solito non rispetta lasentenze». I tre operai percepirannoregolarmente gli stipendi maturati fi-no a questo momento e quelli succes-sivi alla sentenza di giovedì. In parti-colare, per quelli maturati sarà corri-sposta loro la differenza tra il sussi-dio di disoccupazione e il salario do-vuto. Ma che non possano rientrareal lavoro resta un fatto grave. Quan-do un tribunale diede loro ragioneuna prima volta, la Fiat permise ai treoperai di entrare soltanto nella salet-ta della Fiom, ma non di andare sullelinee. Oggi che il sindacato dei me-talmeccanici della Cgil è stato messofuori dalla fabbrica, ai tre l'azienda in-tima di restare a casa. «La Fiat non sismentisce mai. Non rispettare le sen-tenze è, ancora una volta, un esem-pio del suo cattivo rapporto con il Pa-ese e con la magistratura», dice il se-gretario confederale della Cgil, Vin-cenzo Scudiere. La Fiat tiene «apertoun conflitto che andrebbe invece sa-nato per il bene del Paese e dellaFiat».

Non è stato l'unico atto di arrogan-za di ieri della Fiat. Dopo la saletta

della Fiom, anche la bacheca con af-fissa l'Unità scompare dallo stabili-mento Magneti Marelli Weber di Bo-logna, espulsa. Lo ha raccontato larappresentanza Fiom dell'azienda suFacebook: «Magneti Marelli prende acalci nel sedere l'Unità. Ieri la Fiat hacacciato fuori dallo stabilimento an-che lo storico quotidiano che alcuniex delegati Fiom-Cgil, non avendopiù la possibilità di utilizzare la ba-checa sindacale, compravano a spe-se loro e attaccavano in un'altra ba-checa preposta ai giornali». Lì, vicinoalla sala mese, «evidentemente - pro-segue il sindacato davano fastidio lecose che l'Unità scriveva e così dopo60 anni, il quotidiano fondato da An-tonio Gramsci esce dalla fabbrica».Dunque «Marchionne il modernizza-tore insulta non solo la storia del mo-vimento operaio, ma anche la demo-crazia: una ragione in più per esserein piazza il nove marzo. La politicanon sottovaluti questi segnali».

In una intervista al Corriere dellaSera, Marchionne intanto alza il livel-lo di preoccupazione per il lavoro inItalia sostenendo che a rischio dichiusura ci sono adesso due e non

più un solo stabilimento. Questo po-trebbe accadere se la sua strategia diesportare macchine fatte in Italia ne-gli Stati Uniti, grazie all'alleanza conla Chrysler, non desse i suoi frutti.«Abbiamo tutto per riuscire a coglie-re l'opportunità di lavorare in modocompetitivo anche per gli Stati Uniti,ma se non accadesse dovremmo riti-rarci da 2 siti dei 5 in attività» in Ita-lia. Marchionne non fa i nomi, trince-randosi dietro a un paragone cinema-tografico. «Ricorda 'Sophie's choi-ce?” Nel film, alla fermata del treno ilnazista chiede a Sophie uno dei suoidue figli. In caso contrario li avrebbeammazzati tutti e due. Sophie resiste- afferma l'ad di Fiat - ma alla fine de-ve scegliere e passa il resto della suaesistenza con l'incubo di quella deci-sione. Dunque, per favore, non me lochieda». «Il governo dopo l'intervistadi Marchionne, ha ottimi motivi, sevuole fare l'interesse degli italiani edell'Italia, per passare dal propositodi convocare la Fiat ai fatti», commen-ta Giorgio Airaudo, responsabile autodella Fiom. «Gli argomenti - aggiun-ge - sono due: il primo è che la Fiat in-voca un regolatore pubblico nella cri-si dell'auto, cosa che il precedente go-verno non ha fatto. La seconda è dinon escludere di chiudere due stabili-menti su quattro, a partire da Mirafio-ri il cui rilancio è spostato al 2014. Èmolto ambizioso e avventuroso affi-darsi alle esportazioni in Usa per sal-vaguardare gli stabilimenti italiani.Tutto questo va scongiurato».

Dall'intervista «mi sembra giun-gano notizie non buone e preoccu-panti», dice il segretario del Pd PierLuigi Bersani. «Mi sembra che la so-vracapacità produttiva che c'è in Eu-ropa da molti anni ci si è arresi a pa-garla noi perché evidentementenon si pensa di poter competere sulmercato europeo che certamente èmolto difficile».

LAVORO

Nel 2011 le vendite al dettaglio sono tornate di nuovo in calo: dopo un 2010 poco sopra lozero, hanno segnato una caduta dell'1,3%, la peggiore dal 2009. A gelare gli affari hannocontribuito gli ultimi mesi dell'anno e, in particolare, dicembre che ha registrato la discesacongiunturale più forte dal luglio del 2004 (-1,1%) e un ribasso tendenziale pari addiritturaal 3,7%, come non accadeva dai tempi più acuti della crisi. Dietro il calo delle vendite neinegozi rilevato dall'Istat c'è una stretta sui consumi che si fa sempre più decisa, portando lefamiglie a tagliare ogni genere di acquisti, alimentari inclusi. D'altra parte, denunciano i con-sumatori, non potrebbe essere diversamente, visto che il potere d'acquisto è in caduta libera,complice la corsa dei prezzi. Durante l'anno a subire maggiormente i tagli alla spesa sonostati i piccoli negozi (-1,4%), ma non è andata bene neppure alla grande distribuzione(-0,9%). Anzi, nel mese di dicembre sono stati proprio i grandi ad accusare il colpo peggiore(-3,9%) e gli unici a scamparla sono stati i discount (+1,0%), prova che gli italiani risparmia-no anche sulla qualità. Ma, probabilmente, l'indice più chiaro della crisi dei consumi è il calogeneralizzato delle vendite, che non lascia fuori alcuna categoria di prodotti. A dicembre perfi-no gli alimentari hanno segnato una decisa riduzione (-1,7%), ciò la dice lunga su come pos-sa essere andata per il resto dei comparti (-4,4%), in particolare ha sofferto il settore deglielettrodomestici, radio, tv e registratori (-11,3%).

ISTATStretta sui consumi: nel 2011, le vendite al dettagliosono scese dell’1.3%, il dato peggiore dal 2009

La disoccupazione è ormai un allarme sempre acceso nei paesisviluppati: è essenziale che «le priorità delle riforme non spin-gano solo la crescita ma anche l'occupazione». Lo ha detto il se-

gretario generale Angel Gurria presentando il rapporto Ocse. Nume-ri da brivido: sui 200 milioni di disoccupati nel mondo ben 45 milio-ni, «14 in più di dieci anni fa» sono nei paesi sviluppati. Il rapportoentra pesantemente sull'attualità italiana, dando la linea al governoMonti (anzi affiancandolo) su temi come il lavoro, la pensione, le li-

beralizzazioni. «Ammorbidirela protezione del lavoro suicontratti standard», si leggenel rapporto, perché l''Italia«non ha ancora intrapresoazioni significative» e sta «con-siderando una riforma delmercato del lavoro, mirata adammorbidire le tutele sui con-tratti standard» con «una rifor-

ma welfare per migliorare la rete di sicurezza per i disoccupati». I pa-esi Ue in crisi (Spagna, Irlanda, Grecia e Portogallo) guidano la classi-fica delle nazioni che, sotto la spinta delle difficoltà, hanno accelera-to sulle riforme strutturali accogliendo le raccomandazioni dell'Ocsementre l'Italia «avanza» anche se in posizone arretrata. co dietro. Loafferma il segretario dell'organizzazione. Sempre secondo Gurria,«la buona notizia è che le riforme sono fatte, la cattiva è che ci è volu-ta la crisi». Il segretario generale dell'Ocse rassicura di star lavorando«con il premier italiano e i suoi ministri» per rafforzare gli sforzi chesono importanti non solo per essa ma anche per l'Europa e il mon-do. L'instabilità economica e finanziaria dell'Italia, ricorda Gurria, èanche instabilità mondiale. E giù altri consigli o diktat: «Ridurre lebarriere legislative alla concorrenza» in diversi settori, tra cui «le pro-fessioni, il commercio al dettaglio e i servizi locali». Perché il decretovarato a dicembre 2011, sottolinea l'organizzazione, «introducevamisure per liberalizzare il commercio al dettaglio», ma queste misu-re «possono essere in parte sorpassate dalle politiche territoriali del-le autorità regionali». Meno male, par di capire, che ora il governoMonti «ha introdotto misure significative per liberalizzare le profes-sioni liberali e i servizi di trasporto».

Nell'intervista, Mar-chionne raddoppia:adesso a rischio chiusu-

ra sono due fabbriche italiane,non più una. Nomi non ne fa, na-scondendosi dietro la finzione ci-nematografica di “Sophie's choi-ce”, dove una madre sceglie sot-to minaccia di un nazista qualedei due figli deve mandare a mo-rire, per non perderli entrambi.Una metafora di pessimo gusto.

Per non chiudere queste duefabbriche, dice il manager, l'uni-ca strada per la Fiat è esportare(grazie all'accordo con Chrysler)negli Stati Uniti, un mercato tor-nato a tirare al contrario di quel-lo europeo. L'idea è ambiziosa,peccato che il sindacato statuni-tense Uaw abbia già bloccato laproduzione di una Jeep a Mira-fiori, riportandola a casa.

Se andasse male, «dovremmoritirarci da 2 dei 5 siti in attività».Uno è Mirafiori, l'altro probabil-mente Cassino, essendo la fab-brica dove si costruiscono mo-delli di segmento C ormai pro-dotti dal gruppo anche a Belvide-re, in Illinois. In realtà, Marchion-ne da quasi tre anni chiede chein tutta Europa si faccia come ne-gli Stati Uniti per affrontare la so-vracapacità produttiva di cui glioperai, anche se diventasseroflessibili come elastici, non han-no colpa: chiudere fabbriche pertagliare i costi. Come è già suc-cesso a Termini Imerese in Sici-lia per Fiat, ad Anversa per Gm,a Born in Olanda per Mitsubishi,e come vorrebbero fare ancoraOpel e Peugeot-Citroen (e lui, na-turalmente) se non ci fosserol'opposizione dei sindacati, le ga-ranzie sociali che Draghi ritienesuperate, le paure dell'urna a Pa-rigi come a Berlino.

Nell'intervista al Corsera, Mar-chionne ammette di avere in ca-sa Fiat un debito di quasi 27 mi-liardi, incalzato da MassimoMucchetti, giornalista con l'oc-chio lungo nel leggere i bilanci.Ma è bizzarro che un managerdel suo livello di estrazione finan-ziaria confermi di tenere sotto ilmaterasso 20 miliardi di liquidi-tà perché - dice - non si fida deimercati: «E’ la nostra polizza con-tro un credit crunch, il suo costoè il premio assicurativo». Ben700 milioni di interessi all'anno,rivela: è come avere in tasca il de-naro per comprarsi una casa ebuttarne invece per l'afffitto.

Viene il sospetto che Mar-chionne preferisca passare persuo nonno e non dire che tantisoldi potrebbero servire ad altro.Per esempio, a imbarcare un ter-zo polo automobilistico nell'alle-anza, con il quale sbarcare final-mente in Asia da cui il gruppo èpericolosamente assente e condi-videre oneri di sviluppo per i mo-delli più piccoli, quelli destinatia essere prodotti nelle fabbricheitaliane. Il messaggio comunquec'è: nell'intervista, ricorda che

gli Agnelli-Elkann sono pronti adiluire la loro quota.

Per una volta, Marchionnenon usa asprezze, ha il tono dichi cerca consenso. Lancia unappello al governo, chiedendoun «regista» per una politica in-dustriale che non c'è. E in effettisarebbe più che mai necessaria,dato che Marchionne prevedeper i lavoratori italiani – se va be-ne - un futuro da messicani d'Eu-ropa: a lavorare per l'export. Piùche da amministratore delegato,parla da politico, ci chiediamo seattratto su questo terreno in mo-do speculare dalla Fiom e dalsuo segretario Maurizio Landiniche, dice il manager, sta «facen-do una battaglia politica». Mar-chionne dà i voti, «Landini è piùrigido del suo predecessore Gian-ni Rinaldini», senza dire ovvia-mente che Marchionne 1 – quel-lo del salvataggio della Fiat ope-rato anche in accordo con tuttti isindacati e i lavoratori del grup-po tra il 2004 e il 2008 - non è ilMarchionne 2 della fine del con-tratto nazionale. Il manager rac-conta di «incontri riservati conesponenti della Fiom, la sinistrapiù intelligente ha provato a ricu-cire», ma senza esito. Ce ne è an-che per Susanna Camusso: «Si ra-gionava di più con Epifani, forse(lei) parla troppo della Fiat e diMarchionne sui media e troppopoco con noi». Ci suggerisceGiorgio Airaudo, responsabileauto del sindacato dei metalmec-canici della Cgil: «In queste rico-struzioni dei rapporti con laFiom e su quelli fra Fiom e Cgil,ho l'impressione che Marchion-ne non sia stato molto ben consi-gliato». Eppoi anche in AmericaMarchionne ha cambiato interlo-cutori nel sindacato, con qual-che problema. Se il capo di Uaw,Ron Gettelfinger, gli concessetutto alla Chrysler nel 2009, com-presa la rinuncia al diritto di scio-perare fino al 2014, il successoreBob King l'ha lasciato in sala d'at-tesa a far fuoco e fiamme per lafirma del rinnovo del contratto,preferendo incontrare prima i di-rigenti della Gm.

Una lezione di stile. Che per al-tro non manca al capo di Fiat-Chrysler: ha dato l'intervista sulgiornale che possiede al giornali-sta che per primo gli ha fatto iconti in tasca e non gli ha mai ri-sparmiato critiche dure. Se Mar-chionne costruisse macchinecon la stessa classe, chissà che lefabbriche italiane potrebberoavere un futuro migliore.

MELFI · «Restate a casa», intima l’azienda ai 3 operai reintegrati al lavoro da un tribunale

«Fiat non rispetta la sentenza»

Su 200 milionidi disoccupati nelmondo, 45 milioni,«14 in più di diecianni fa», sono qui

Garantito soltantolo stipendio.Airaudo (Fiom): l’advenga convocatodal governo

RAPPORTO OCSE

«Sale disoccupazionenei paesi sviluppati»

SEGUE DALLA PRIMAFrancesco Paternò

COMMENTO

Perché ora sonoa rischio due fabbriche

I TRE OPERAI DI MELFI LICENZIATI E POI REINTEGRATI AL LAVORO/FOTO REUTERS

Page 8: giornaleda5

pagina 8 il manifesto SABATO 25 FEBBRAIO 2012

Michele GiorgioINVIATO A HEBRON (CISGIORDANIA)

Un giovane ucciso a Kalandia.Le due città sante della Pale-stina in fiamme. I territori pa-

lestinesi e l’occupazione israelianatornano in primo piano. Talat Ramia,25 anni, colpito ieri in pieno petto daun proiettile sparato dai soldati al vali-co di Kalandia, tra Ramallah e Gerusa-lemme, si è spento in ospedale. I me-dici hanno fatto il possibile per riani-marlo ma non sono riusciti a salvarlo.

Scontri seguiti a quelli violenti, con35 palestinesi (e alcuni poliziotti israe-liani) feriti, divampati sulla spianatadella moschea di al Aqsa a Gerusa-lemme al termine della preghiera isla-mica. A Hebron, la città dei Patriar-chi, soldati e guardie di frontiera han-no disperso con una pioggia di lacri-mogeni e granate assordanti, due cor-tei organizzati in occasione della gior-nata di lotta per la riapertura diShuhada street, la più importante viadi comunicazione all’interno della cit-tà vecchia di Hebron, chiusa dall’eser-cito israeliano nel 2000.

Causa dell’impennata di tensionea Gerusalemme, sono i ripetuti pro-clami dell’ala più estrema del Likud,il partito del premier israeliano Netan-yahu, e della destra ultranazionalistasull’imminenza di «perlustrazioni»nel recinto di al Aqsa e della moscheadella Roccia, in vista della ricostruzio-ne del tempio ebraico in quel sito.

Proclami, perlustrazioni e «passeg-giate» della destra non sono una novi-tà nella storia recente della Spianatadi al Aqsa. E le conseguenze di questeprovocazioni sono state sempre gra-vi. Nel 1990, venti palestinesi uccisi epoi nel settembre 2000 la «passeggia-ta» tra le due moschee dell’ex pre-mier israeliano Ariel Sharon, all’epo-ca capo dell’opposizione, con il suodrammatico bilancio di morti e feriti,innescò la seconda Intifada palestine-se. Ora un dirigente del Likud, MosheFeiglin, icona del movimento dei co-loni, chiede che Israele prenda il pie-

no controllo della spianata di al Aqsaamministrata dal Waqf islamico.

A Hebron, città della Tomba dei Pa-triarchi/Moschea di Ibrahim, divisain due parti, H1 e H2, dagli accordi fir-mati da Netanyahu e l’ex presidentepalestinese Yasser Arafat, il clima èsempre più irrespirabile. In particola-re nella zona H2, dove 500-600 coloniisraeliani ultranazionalisti si sono in-sediati tra oltre 20mila abitanti pale-stinesi. Poche centinaia di personeche, protette dalle forze armate, im-pongono la loro volontà ai vicini pale-stinesi. L’impossibilità di condurreuna vita normale ha indotto molti re-sidenti arabi ad andare via, gli altri vi-vono nascosti. Una condizione benrappresentata dalla casbah semide-serta e soprattutto da via Shuhada.

Un tempo questa era un’arteria cit-tadina piena di vita, di negozi e di bot-teghe artigiane. Ospitava la stazionedei bus e quella dei taxi, il mercatodella frutta e un antico bagno turco.Ora non c’è quasi più nulla. Resisto-no solo le scuole. A chiedere la chiusu-ra di via Shuhada sono stati «per ra-gioni di sicurezza» i coloni che vivononei sei insediamenti vicini alla strada.

Nel 2010 i comitati popolari di He-bron, in accordo con gruppi di solida-rietà internazionali e israeliani, han-no proclamato il 25 febbraio - 18esi-mo anniversario del massacro di 30palestinesi nella Tomba dei Patriar-chi da parte del colono Baruch Gold-stein - giornata di lotta per la riapertu-ra di Shuhada Street e per il libero mo-vimento dei palestinesi ad Hebron. Ein città nell’ultima settimana si sonotenute iniziative e dibattiti. Due cor-tei, con centinaia di attivisti giunti an-che dall’estero e da Israele, ieri hannoprovato a raggiungere via Shuhadaper chiederne la riapertura. Ad acco-glierli però hanno trovato i reparti an-tisommossa della guardia di frontierae soldati: granate assordati, candelot-ti lacrimogeni, getti d’acqua nausea-bonda. Una decina di attivisti feriti inmodo leggero, Altri portati via dalleambulanze

Gli «amici della Siria» che si so-no ritrovati ieri a Tunisi assomi-gliano molto agli «amici della

Libia» che si riunirono a Parigi nel mar-zo scorso. Amici per fare che? Non percercare una mediazione fra i due ban-di che si combattono - ieri in Libia og-gi in Siria - ma per promuovere, conqualsiasi mezzo, un cambio di regime,dipingendo una delle due parti in guer-ra come il bene assoluto (della libertàe della democrazia) e l’altra come ilmale assoluto. Ovviamente non è così(si veda quello che sta accadendo gior-nalmente nella nuova Libia) ma...

Ma il copione è quello. Ed è stato ri-presentato ieri a Tunisi, anche se que-sta volta l’opposizione netta (finora) diMosca e Pechino a un «interventoumanitario» esterno nonché la consa-

pevolezza di tutti gli «amici» che la Si-ria non è la Libia e il suo crollo potreb-be avere effetti domino dirompentiper il Medio Oriente (e oltre, l’Iran),rende forse un po’ più prudenti e con-siglia di tentare ancora la carta dellamediazione.

Così ieri al Palazzo di vetronewyorkese delle Nazioni unite, l’Onue la Lega araba hanno nominato l’exsegretario generale ed ex Nobel per lapace Kofi Annan, africano del Ghana,quale «inviato speciale» per la Siria.Russia e Cina hanno dato il «benvenu-to» alla nomina e al tentativo. Ma il suc-cesso della missione - già difficile - di-penderà dal mandato che l’ex segreta-rio generale ha ricevuto. Se l’unicoobiettivo sarà quello di convincere As-sad e i suoi ad andarsene e ad aprire lastrada al «regime change» eterodirettole già scarse chanches di successo si ri-durrebbero a zero e lui si sarebbe pre-stato solo a un’operazione destinata afallire per potere aprire la strada ad al-tri «inevitabili» passi.

Passi che già ieri si sono intravvistinella sede della conferenza. Il presiden-

te tunisino Moncef Marzouk, aprendoi lavori, ha auspicato «un interventoarabo» in Siria, l’invio di una «forza pe-ace-keeping araba», offrendo magariad Assad e famiglia «l’immunità giudi-ziaria» e anche il luogo dell’esilio (laRussia). Anche il ministro degli esteridel Qatar, Hamad bin Jassin al Thani(non ci crederete...) ha appoggiatol’idea di «una forza internazionale ara-ba» per la Siria. Ancora meglio il mini-stro degli esteri saudita: il principeSaud al Faisal, non solo ha trovato «ec-cellente» la richiesta perorata a Tunisidal Consiglio nazionale siriano (il grup-po d’opposizione basato all’estero mapiù ascoltato dagli «amici») di manda-re agli oppositori anti-Assad armi (cheperaltro già arrivano, stando a quantoaffermano loro stessi, «non diretta-mente da governi stranieri» bensì «daoppositori siriani all’estero»), ma tro-vando «inefficaci» questo tipo di incon-tri e non essendo state accolte le sue ri-chieste di immediati «provvedimentiper un cambio di potere a Damascoperché concentrarsi solo sull’arrivo diaiuti umanitari non basta», ha deciso

di ritirarsi sdegnato dal summit. Ha fat-to sapere che «non parteciperà più ainiziative che non prevedano anche laprotezione del popolo siriano». A cui ilregime saudita tiene moltissimo.

Alla conferenza degli «amici» eranopresenti una settantina di paese, fracui Usa (Hillary Clinton) ed europei, ol-tre amolti arabi (non Cina e Russia). Ilministro degli esteri francese Alain Jup-pé ha precisato che questa volta - alcontrario che per la Libia - la Francianon ha opzioni militari sul tavolo enon ne prevede «senza un mandato in-ternazionale». L’inglese William Ha-gue ha anticipato un prossimo e scon-tato riconoscimento ufficiale del Cnsquale «unico rappresentante legittimodel popolo siriano».

La tv statale siriana ha bollato la con-ferenza come un incontro fra «nemicistorici degli arabi» e «simboli del colo-nialismo». A Tunisi qualche decina disostenitori di Assad ha cercato di entra-re con la forza nell’hotel dove si riuni-vano gli «amici». Respinti dalla polizia.

Non tutta l’opposizione ad Assad pe-rò era a Tunisi. Il "Comitato nazionaledi coordinamento per il cambiamentodemocratico" (il principale gruppod’opposizione all’interno della Siria),presente come osservatore, ha decisodi non partecipare sostenendo che gli«amici» e le loro iniziative escludonoaltre voci del dissenso e aprono la stra-da a un intervento militare esterno, acui il Nccdc è decisamente contrario.

In Siria, ieri altri scontri e altri morti(specie nella città assediata di Homs ea Hama). Domani è fissato il referen-dum sulla nuova costituzione propo-sta da Assad. Propone fra l’altro la finedel regime monopartitico del Baath (alpotere dal ’63), il limite di due mandatiper il presidente della repubblica. No-vità non trascurabili. Ma ormai, conogni probabilità, è troppo tardi. s.d.q.

SOMALIARaid aereo sugli shebaabfra i morti diversi «stranieri»

VENEZUELA

Hugo Chavez a Cuba:nuova operazioneIl presidente Hugo Chavez è partitoieri per l’Avana dove sarà di nuovooperato per rimuove una formazionedi 2 centimetri di diametro e la cuiorigini non è ancora certa, anche se,ha detto in una lunga ed emotiva di-retta tv, «le probabilità che sia di natu-ra maligna sono superiori a quelle chenon lo sia». Ma Chavez si è detto cer-to di «vincere la battaglia». Nel giugnoscorso gli fu rimosso un brutto tumo-re, sempre all’Avana, nella regionepelvica e in ottobre aveva annunciatodi «aver sconfitto il cancro». L’Assem-blea nazionale gli ha dato l’ok per la-sciare il paese ma lui continuerà a go-vernare da Cuba pur avendo delegatoi poteri al suo vice, Elias Jaua. Incogni-te si aprono sulle sue possibilità dipartecipare in piena forza alla campa-gna per le presidenziali di ottobre.

INDIA

Marò italiani: oggila prova balisticaLa prova balistica che sarà realizzataoggi sulle armi a bordo della petrolie-ra "Enrica Lexie" dovrà sciogliere undilemma e «dire se è giusta la tesi del-la magistratura indiana» (omicidio) o«quella dei legali dei nostri militari»(spari di avvertimento). Lo ha dettoieri il sottosegretario agli esteri italia-no Staffan de Mistura, rientrato aNew Delhi dal Kerala dove ha incon-trato le autorità locali ed i marò Massi-miliano Latorre e Salvatore Girone.De Mistura ha ribadito «la consapevo-lezza che le vittime sono pescatori enon pirati».

INTERNAZIONALE SIRIA · Una settantina di paesi riuniti per decidere come sbarazzarsi di Assad, ma non tutta l’opposizione ci sta

Gli «amici» a Tunisi, Kofi a Damasco

Giuliano Battiston

Sempre più pesante, in Afgha-nistan, il bilancio delle manife-stazioni contro la dissacrazio-

ne di alcune copie del Corano, trova-te bruciate all’inizio della settimananella base militare statunitense diBagram, a nord di Kabul. Nel quartogiorno di proteste (foto Reuters), al-le diciassette vittime accertate fino-ra ne vanno aggiunte almeno altredodici. Sette nella sola provincia diHerat, dove ha sede il contingenteitaliano. Gli scontri più duri sono av-venuti nel distretto di Adraskan, do-ve sono morte quattro persone,mentre un migliaio di manifestantihanno cercato di assalire il consola-

to americano nella città di Herat.Scontri anche a Kabul, dove per tut-to il corso della giornata si sono alter-nate manifestazioni in varie partidella città, con un corteo che ha cer-cato di raggiungere il quartier gene-rale della Nato, e nelle province diBaghlan, Khost, Kunduz, Bamiyan,Ghazni e Nangarhar, dove quattro-mila persone hanno bloccato la stra-da che da Jalalabad conduce a Ka-bul. Assaliti anche dei compoundmilitari francesi, norvegesi e ameri-cani. Da parte loro, i tedeschi hannofatto sapere di voler anticipare di unmese la chiusura di una base a Talo-qan, nella provincia di Takhar.

Cresce il numero dei morti, dun-que, e cresce il timore della comuni-

tà internazionale. A nulla sono servi-te le scuse dei giorni scorsi. Dopo ilsegretario alla difesa Usa Leon Pa-netta, due giorni fa anche BarackObama si era scusato per l’accadutocon una lettera indirizzata al presi-dente Karzai, assicurando un’inchie-sta rigorosa e trasparente, mentre ilgenerale John Allen, capo delle forzeIsaf-Nato, ieri è tornato a rivolgersiagli afghani, chiedendo pazienza esostenendo che «lavorare con la lea-dership afghana» e aspettare i risul-tati dell’inchiesta ufficiale «è l’unicomodo per correggere questo grandeerrore e impedire che accada di nuo-vo». Parole respinte al mittente daimanifestanti, della cui rabbia i Tale-ban cercano di approfittare: giovedìl’Emirato islamico d’Afghanistan hapubblicato due messaggi ufficiali.

Con il primo, invitava i giovani af-ghani, specie quelli che lavorano«nell’apparato della sicurezza del re-gime di Kabul, a obbedire ai propriobblighi religiosi e nazionali, penten-dosi dei peccati passati» e «rivolgen-do le armi contro gli infedeli invaso-ri» (2 soldati Usa sono stati uccisi gio-vedì da un militare afghano). Con ilsecondo messaggio, i turbanti invita-vano la popolazione a «non accon-

tentarsi di mere proteste e sloganvuoti», per «colpire le basi militaridegli invasori, i convogli, le trup-pe…Uccidiamoli, colpiamoli, faccia-moli prigionieri», questa l’esortazio-ne dei turbanti neri. L’appello era ri-volto a tutti i membri dell’Ummahislamica, e chiedeva esplicito soste-gno a due influenti scuole teologi-che, quelle di Darul Uloom Deo-band e di Al Azhar.

La risposta non si è fatta attende-re: un portavoce del ministero degliesteri pakistano ha condannato nelmodo più assoluto la profanazionedel Corano, e in alcune città del Paki-stan il partito islamista Jammat-e-Islami ha organizzato proteste, avve-nute anche in Bangladesh e in Male-sia, mentre dall’Iran è arrivata la vo-ce del religioso sciita Ahmad Khata-mi, che con una messaggio radiofo-nico ha fatto sapere che «le scuse so-no un imbroglio. Il mondo deve sa-pere che l’America è contro l’Islam».

Dagli Usa sembra dargli ragione ilcandidato repubblicano alla presi-denza, Newt Gingrich, che ha critica-to Obama per le scuse rivolte a Kar-zai, definendole un «oltraggio» e sug-gerendo che sia «Karzai a scusarsicon il popolo americano».

Il gruppo armato fondamentalista di al Shabaabè in tutta evidenza sotto tiro. Due giorni fa l’an-nuncio del ritiro da Baidoa, la seconda città piùimportante (dopo Kisimayo) sotto il loro control-lo, dopo l’entrata in forze dei militari etiopici edegli uomini del Governo federale transitorio

(«ritirata tattica», avevano giustificato la ritirata). Ieri un attacco aereo ha colpitoun convoglio di Shebaab in una area del Basso Shabelle, 60 km a sud di Mogadi-scio, uccidendone almeno 4, di cui 3 secondo testimoni sembravano stranieri «diorigine europea o asiatica» e uno «un jihadista kenyota». Gli elicotteri hanno spara-to almeno 5 missili sul convoglio. In al Shabaab, che di recente ha annunciato lasua adesione piena a al Qaeda, sembra militino intorno a 200 jihadisti stranieri,alcuni dei quali venuti dagli Usa e dall’Europa. L’attacco aereo di ieri è stato assaipiù contundente di quelli portati finora dalle truppe del Kenya, entrate nel sud del-la Somalia per dare la caccia agli Shebaab. Ci sono gli Usa che hanno una basemilitare nel confinante Gibuti, da dove hanno sferrato attacchi con i droni. Anchela Francia ha una base a Gibuti... Finora però i raid aerei sul sud somalo non sonostati rivendicati da nessuno, anzi smentiti ieri da un portavoce militare kenyota eanche, giovedì, dal segretario di stato Usa Hillary Clinton nella conferenza interna-zionale sulla Somalia di Londra («non una buona idea»). Dove li ha però sollecitatiil premier del Gft somalo Abdiweli Mohammed Ali.

Lega araba eNazioni unitenominano l’exsegretario generaleinviato speciale

AFGHANISTAN · Manifestazioni di protesta contro gli americani e gli occidentali

Dopo il Corano brucia anche il paese: 12 morti

SOSTENITORI DEL PRESIDENTE ASSAD IN UNA STRADA DI DAMASCO/FOTO REUTERS

Palestina/RAGAZZO UCCISO DAGLI ISRAELIANI

Gerusalemme, Hebrontensione alle stelle

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SABATO 25 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 9

Amedeo Ricucci (*)

Che sia il nuovo re di Tripoli losi capisce dal vociare sommes-so di chi fa la fila da ore nell’an-

ticamera del suo ufficio, presidiato daun bel po’ di uomini armati e in uni-forme, che filtrano le varie richiestedel pubblico e stabiliscono l’ordine dientrata di tutti. A sorpresa, invece, Ab-delhakim Belhadj si presenta all’ap-puntamento con noi in borghese econ un look piuttosto dimesso rispet-to al combattente fiero e impettitoche avevamo visto espugnare la cittàa fine agosto. Sembra semmai un no-tabile democristiano d’altri tempi, tut-to pazienza, retorica e salamelecchi.«Abdelhakim Belhadj non è affatto unre – dice di sé, sorridendo sotto la bar-ba corta e curata – è un semplice citta-dino, che ha dato il suo contributo -come tutti i libici - alla Rivoluzionedel 17 febbraio. E voglio rassicurare imedia internazionali: non ho alcunaambizione al comando, mi limito a la-

vorare per garantire una maggiore si-curezza al mio paese in questa diffici-le fase di transizione».

Ma non pensa che lo strapotere del-le milizie armate, spesso in lotta fraloro, sia oggi il principale ostacoloalla sicurezza?È vero, qui a Tripoli ci sono anco-

ra molte milizie armate e questocrea qualche problema. Ma trovotutto sommato che sia fisiologico, vi-ste le dinamiche che hanno caratte-rizzato la nostra rivoluzione. In ogniquartiere, così come in ogni villag-gio e città sono sorti infatti dei grup-pi che si sono organizzati e armatiper combattere il vecchio regime.Oggi sono loro che garantiscono lasicurezza. Spariranno man manoche riusciremo a riassorbire i com-battenti nelle nuove forze armate edi polizia, oppure destinandole adaltri incarichi. Ma tranquillizzatevi:la Libia non rischia nessuna guerracivile. C’è solo qualche scaramuc-cia, fra le varie milizie, e per futili

motivi. Niente di cui preoccuparsi.Lei è stato fra i fondatori del LibyanIslamic Fighting Group (Lifg) che siè opposto con le armi a Gheddafi ne-gli anni ’90. E’ vero che gli ex com-battenti del Lifg hanno avuto un ruo-lo di primo piano nella Rivoluzione,almeno in alcune regioni?Non rinnego affatto il mio passato.

Abbiamo provato con il LIFG a com-battere il regime di Gheddafi e la re-pressione del regime è stata spietata.

Ma erano altri tempi e quei tempi so-no finiti. La rivoluzione del 17 febbra-io è nata invece su basi diverse, nonideologiche. Proprio per questo è di-ventata una vera rivoluzione di popo-lo. Certo, anche i combattenti che sta-vano con il LIFG hanno fatto la loroparte, ma individualmente e non subasi organizzate. Si sono semmai mo-bilitati quartiere per quartiere, cittàper città, come tutti gli altri cittadini li-bici.

Resta il fatto che in Cirenaica, aBengasi e soprattutto a Derna, cisono stati gruppi di combattentiche si ispiravano apertamente al-l’islam più militante…Ripeto, è stato il popolo libico a ri-voltarsi il 17 febbraio e se ci sonostati dei gruppi più religiosi e piùmilitanti questo non autorizza nes-suna a etichettare come estremi-sta quella che è stata una rivoluzio-ne di popolo.Ci sono rapporti di intelligence chedenunciano negli ultimi mesi l’infil-trazione in Libia di diversi membri diAl Qaeda dal Pakistan e dall’Afgha-nistan. Qual è la sua opinione al ri-guardo?Sono tutte chiacchiere. Al Qaeda in

Libia non esiste e non potrà mai ave-re delle basi. Perché il popolo libico èimpermeabile al messaggio ideologi-co che Al Qaeda porta avanti. Chi diceil contrario non conosce la Libia oppu-re vuole screditarci.

Ci sono diversi combattenti libiciche sono partiti per la Siria. Ce loconferma?Anche in questo caso si tratta di

scelte individuali, che non meritanotutta questa attenzione. Il popolo libi-co soffre ed è ovviamente solidale coni fratelli siriani e con la loro rivoluzio-ne. C’è perciò chi ha deciso di andarein Siria e di mettersi a disposizione.Ma non c’è stato alcun supporto logi-stico e nessuna organizzazione di que-ste partenze da parte delle nuove au-torità libiche. Sono scelte personali,che non hanno sponsor.

Un’ultima domanda. Lei e molti altricombattenti del LIFG siete stati am-nistiati nel 2010 e avete lasciato ilcarcere di Abu Salim grazie all’ini-ziativa personale di Saif Al Islam,

nel quadro del suo progetto «riformi-sta». Si sente riconoscente nei suoiconfronti? E cosa ci può dire circa ilsuo processo?Noi non vogliamo vendicarci. Ga-

rantiremo a Saif al Islam le miglioricondizioni per la difesa, in un proces-so che sarà giusto e conforme alle no-stre leggi. È normale e legittimo che sivoglia giudicarlo qui, in Libia, e c’è giàun team al lavoro per raccogliere tutti

gli elementi per valutare le responsa-bilità di Saif Al Islam nei crimini diguerra perpetrati dal regime nei con-fronti del popolo libico. Gli indizi asuo carico sono gravi, ma verranno va-lutati con tutta l’attenzione che serve.

(*) Questi appunti fanno parte diun reportage su “Libia ieri, oggi e do-mani” che la RAI manderà in onda nel-le prossime settimane, all’interno del-la trasmissione «La Storia siamo noi».

INTERVISTA

Èstato il Guardian a denunciare per primo presunte infiltrazioni di AlQaeda in Libia. L’attuale numero due dell’organizzazione, Abu Yah-ya Al Liby, alias Mohammad Hassan Qaid, considerato da diversi

servizi di intelligence come il vero successore di Osama Bin Laden, è infat-ti un libico, già combattente del Lifg, sodale e amico di Abdelhakim Belha-dj, che combattè al suo fianco ai tempi della jihad in Afghanistan control’occupazione sovietica. Abu Yahya Al Liby punterebbe a fare oggi della Li-bia un nuovo santuario di Al Qaeda, viste le difficoltà incontrate negli ulti-mi tempi nelle zone tribali del Pakistan, sotto la pressione crescente deidroni americani. Non a caso il 5 dicembre scorso Abu Yahya Al Liby si è ri-volto in video ai suoi connazionali, invitandoli a non deporre le armi fin-chè non verrà proclamata la sharia sul territorio libico. E in gennaio 2membri influenti di Al Qaeda sarebbero sbarcati in Libia, per organizzareuna rete affidabile, contando soprattutto sulle cellule del Lifg in Cirenaica,

a Bengasi e soprattutto a Derna.Derna è stata ribattezzata dal-

l’Economist la «capitale mondiale»del terrorismo islamico. Questa pic-cola città costiera conta infatti me-no di 100mila abitanti ma può vanta-re diverse centinaia di combattentiintegralisti, molti dei quali sono statiin Iraq e in Afghanistan. Quando nel2007 l’esercito americano diffuse

una lista dei muhaiddjn stranieri che combattevano a fianco degli insorti, inIraq, si scoprì che dei 112 cittadini libici identificati ben 52 (fra cui diversi ka-mikaze) venivano da Derna. E non è un caso se nel marzo scorso, all’iniziodella rivolta contro Gheddafi, proprio a Derna venne proclamato un «emira-to islamico», sotto l’egida di Abdulhakim Al Hasadi, anch’egli reduce dell’Af-ghanistan, catturato a Pehawar e consegnato agli americani, liberato infinedal carcere libico di Abu Salim nel settembre 2010, assieme al nuovo re diTripoli, Abdelhakim Belhadj. La notizia dell’emirato venne poi smentita,per non indispettire le potenze occidentali che appoggiavano la Rivoluzio-ne del 17 febbraio. Ed oggi a Derna liquidano in tutta fretta ogni domandasull’argomento, limitandosi a ripetere che Derna è solo una città «molto reli-giosa», che vanta una lunga storia di opposizione al regime di Gheddafi.

La porosità dei confini a sud della Libia in questa fase di instabilità po-litica, l’ampia disponibilità di armi rubate dagli arsenali di Gheddafi e lepossibili sinergie con Al Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi) – ma anchecon la nuova guerriglia tuareg in Mali e soprattutto con il gruppo integra-lista dei Boko Haram in Nigeria - sono ulteriori elementi che rendonopraticabile una tale strategia, in un’area peraltro molto vasta e incontrol-labile. Del resto, uno dei leader dell’Aqmi, Mokhtar Belmokhtar, non haavuto nessun problema nel riconoscere pubblicamente di aver recupera-to una parte delle armi trafugate dagli arsenali di Gheddafi. E non biso-gna dimenticare che all’appello mancano sempre 17mila missili Sam 7,terra-aria, capaci di fare grandi danni. Dietro la facciata sempre più pre-sentabile di Abdelhakim Belhadj c’è dunque tutta una galassia integrali-sta in movimento. (Ame. Ric. *)

Alcune nazioni arabe, le potenze occi-dentali, forse la Turchia hanno come so-lo fine il famoso "regime change" che

ha un significato molto diverso dall’autodeter-minazione dei popoli e che in teoria non rien-tra neppure nei compiti dell’Onu. Infiltrazionidi truppe speciali, contractors, esperti di intelli-gence e travaso di armi starebbero già avvenen-do. Qualche dubbio resta se Israele preferisceun Assad in ambasce o un Assad massacratodalla folla aprendo un vuoto di potere dagli esi-ti imprevedibili. L’Onu ha sancito in una risolu-zione che fa testo la Responsabilità a Protegge-re (il cosiddetto RP). Se il governo in carica nonrispetta i diritti fondamentali della cittadinan-za, i paesi terzi hanno il diritto e al limite il do-vere di agire per far cessare gli abusi.

Sappiamo tutti che ci saranno sempre dispari-tà e un trattamento diverso fra grandi e piccolima questo è ancora il meno perché appartieneal realismo della politica internazionale. La dot-trina internazionalistica ha chiarito la perfettacongruenza con questa risoluzione di pressioni,sanzioni, esclusione dal novero della comunitàinternazionale. Resta però valida la Carta sulpunto dell’azione militare. Né gli stati singolar-mente né le coalizioni o organizzazioni regionali

e internazionali possono fare la guerra se nonper motivi strettamente difensivi. Tanto menolo può la Nato, che è un residuato della guerrafredda e che come tale viene percepita anche seportasse ghirlande di fiori. Fausto Pocar scriveletteralmente in un articolo pubblicato nell’ulti-mo numero della rivista dell’Ispi (Quaderni diRelazioni Internazionali) che l’insieme delle nor-me del diritto internazionale vigente induce a ri-tenere che le operazioni militari siano riservateagli "appropriate competent bodies".

Un organismo competente appropriato sareb-

be ovviamente l’Onu. L’Onu ha regole ritenutedefatiganti e inconcludenti ma anche i decreti-legge più urgenti nei sistemi di tipo democrati-co devono essere approvati dal parlamento.D’altra parte, l’Onu ha perso molta della sua cre-dibilità e delle sua stessa legittimità proprio ne-gli ultimi anni. Troppe guerre senza nessunaconvalida e senza controlli sulla conduzioni del-le operazioni. Troppe risoluzioni applicate in

modo unilaterale con forzature di contenuto eintensità o addirittura misinterpretate a fini diparte. L’aggiunta di un’espressione innocua co-me «altre misure» in un testo che fa appello aun’azione combinata contro una situazione in-fausta (come sarebbe avvenuto nel caso dell’ulti-ma risoluzione del Consiglio di sicurezza boccia-ta dal veto di Russia e Cina) è sospetta in quantopuò diventare una breccia per il passaggio sen-za altre mediazioni ai bombardamenti. Torna aproposito ricordare come venne usata dallaFrancia e dalla Gran Bretagna la risoluzione1973 sulla Libia. In questa prospettiva, la natu-ra effettiva del fronte combattente è un fattoresecondario.

Il presidente Assad ha messo in moto unaprocedura di auto-conferma accettando di di-scutere con la parte più disponibile dell’opposi-zione. È inutile scandalizzarsi: è la tattica impie-gata da tutte le potenze impegnate in una guer-ra di repressione. Lo ha fatto la Francia in Alge-ria aggirando il Fln alla ricerca di un’ipotetica"terza forza" e lo stanno facendo gli Stati Unitinegoziando con i taliban «moderati». Non è af-fatto detto che ci siano i margini per un com-promesso accettabile evitando il peggio, ma,pur evitando di idealizzare gli scenari interna-zionali di altre epoche storiche, sarebbe vera-mente triste se nell’era della globalizzazione ladiplomazia fosse ridotta a decidere i modi e itempi di una nuova guerra.

ABDELHAKIM BELHADJ E L’ISLAM INTEGRALISTA

Dietro la sua facciapiù presentabile

Assad cerca l’auto-confermadiscutendo solo con una partedell’opposizione. E allora?Lo ha fatto la Francia in Algeria,lo fanno gli Usa in Afghanistan

TRIPOLI, SFILANO LE MILIZIE ARMATE. SOTTO ABDELHAKIM BELHADJ/FOTO REUTERS

AI CINEMA DI MILANOTHE SPACE CINEMA ODEON

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www.virgilio.it /comebellofarlamore

PER RIDERE DEL SESSO...ANCHE IN 3D! DALLA PRIMA

Gian Paolo Calchi Novati

Libia • Si presenta così Abdelhakim Belhadj, già leader degli islamisti integralisti e guida della rivoltacontro Gheddafi, ora capo militare della capitale libica: «Milizie pericolose, ma niente rischio guerra civile»

L’«Economist» haribattezzato Dernacome la «capitalemondiale» delterrorismo islamico

«No, Belhadj non èil nuovo re di Tripoli»

MEDIO ORIENTE, VENTI DI GUERRA E GLOBALIZZAZIONE

Damasco sulla via di Tripoli

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pagina 10 il manifesto SABATO 25 FEBBRAIO 2012

Andrea Cortellessa

«Itempi ed Einaudi sono maturi peruna collana di cultura giuridico-po-litica». La frase è di Norberto Bob-

bio, che la pronunciò al Consiglio editoria-le del 12-13 gennaio 1949. Al di là del meri-to a interessare – leggendo un libro del ge-nere, quasi il diario di bordo di quella navesu flutti poco tranquilli che sempre è statal’Einaudi – è la dizione in sé: la sua struttu-ra legata appunto al tempo. I tempi sonomaturi… richiama infatti l’espressione sim-metrica, più spesso usata in negativo: perappunto negare la pubblicazione di un de-terminato testo, l’inaugurazione d’una col-lana, l’«apertura» a un certo autore. Comequando nel ’47 – per citare il «caso» più fa-migerato, entro il periodo di questi primi«mercoledì» documentati: in nessuno deicui «verbali», però, se ne trova traccia – aPrimo Levi qualcuno disse che «il momen-to non era opportuno» per la pubblicazio-ne di Se questo è un uomo (che infatti uscìl’anno seguente, nel disinteresse generale,presso la piccola De Silva diretta da FrancoAntonicelli; per essere ripreso da Einaudi –ma con ancora la cautela di collocarlo nel-la collana dei «Saggi» – solo nel ’58). Dirà aposteriori e sine ira, Levi in un’intervistadell’86, che una frase come quella gliel’ave-va detta Natalia Ginzburg.

Ma quali segnali avvertono che i tempisono maturi? Non ci sono regole a priori:quel tanto di esprit de finesse che decide laqualità d’un lavoro culturale è tutto qui.Studiare nel dettaglio il lavoro culturale, ap-

punto, più importante del Novecento italia-no può essere allora una pratica preziosa:dettata non solo, voglio dire, da una disin-teressata passione documentaria. Un orga-nismo così complesso come fu una casaeditrice dalle ambizioni dell’Einaudi nonpoteva che reggersi su una dialettica quan-to mai sfumata di prospettive temporali.Da un lato il lungo termine del Progetto(che, prima di farsi mitologia nelle rievoca-zioni postume, era effetto – com’è sempre,

per paradosso solo apparente – di una con-creta e minuziosa pratica quotidiana), dal-l’altro il bruciare dell’Attualità. Una dicoto-mia espressa da Pavese con una battuta:«le case editrici si misurano a decenni, nona mesi».

Si pensi alla collana forse fra tutte esem-plare, nel periodo in oggetto, i «Gettoni» (fa-miliarmente definiti, nelle riunioni, «colle-zione Vittorini»): che nasce dalle ceneri diuna collana di testi brevi e d’intervento,sempre familiarmente detti «corpuscoli»,cui era stato infine appunto Pavese a op-porsi. Proprio Natalia Ginzburg ne parlò aldirettore designato, nel dicembre del ’49,come d’una «collana “sperimentale”»: de-

stinata a ospitare «tutti i libri italiani di let-tura più difficile, mentre nei “Coralli” terre-mo, con gli stranieri che diano una certa ga-ranzia di successo, gli italiani di lettura piùimmediata e di una certa fama». Dunquela sede per definizione deputata all’investi-mento a lungo termine (sin dal nome lega-ta alla metafisica della scommessa, dell’az-zardo) proseguiva una linea concepita al-l’inizio per quelli che oggi definiremmo in-stant-book… (L’esplicita dicotomia evoca-ta dalla Ginzburg, poi, sta a indicare che lafamosa alchimia tra qualità – da proiettarenei tempi lunghi in cui formare catalogo eparco-autori – e mercato – con cui far qua-drare i conti, invece, nell’immediato – nonera tenuta poi così separata dalle questionidi contenuto: almeno nei contatti informa-li che accompagnavano il rituale settimana-le del think tank.)

Ma la scelta di tempo era fondamentaleanche nelle questioni – per tradizione lepiù spinose, in queste occasioni di rilettura– legate all’ideologia. Al rapporto più o me-no organico col Pci, cioè, e alle scelte chene derivavano nei confronti di autori, e in-teri ambiti culturali, che «organici» non po-tevano essergli considerati. I due casi piùnoti, legati ai nomi di Nietzsche e Heideg-ger, ci raccontano due storie opposte. Se alsecondo si opposero pregiudizialmente,nel novembre del ’49, Antonio Giolitti eCarlo Muscetta («Dopo Jaspers, Kojève eLöwith, un Heidegger sposterebbe decisa-mente il già pericolante equilibrio della col-lana»), la questione del primo risulta benpiù sfumata: alla proposta di Giorgio Colli,

di un’edizione integrale dei frammenti po-stumi da condurre con criteri filologici se-veri ma necessari (preannunciando quellapoi realizzata insieme a Mazzino Montina-ri, negli anni Sessanta, da Adelphi) si rispo-se con l’offerta di due volumi antologiciche fu Colli a rifiutare nell’ottobre del ’50.

Un documento straordinario è il «verba-le» del 23-24 maggio 1951. Uno dei primi,dunque, dopo il trauma del suicidio di Ce-sare Pavese (cui un po’ fa impressione chenessuno faccia cenno, il primo mercoledìdopo il 27 agosto 1950). Era un momentoin cui le briglie il Partito le teneva ben stret-te (all’ufficio romano, a Torino, si alludevacome alla «direzione ideologica»). Proprioil prestigio di Pavese aveva sino ad alloraimpedito che prevalessero quelli definiti«caporali» (come testimonia la resistenzadella «collana viola», quella antropologico-religiosa proprio da lui curata con ErnestoDe Martino che per i «caporali», si capisce,era fumo negli occhi). Lo scontro fu tra i so-liti Giolitti e Muscetta, da una parte, el’astro nascente Giulio Bollati dall’altra,che – spalleggiato da Balbo e Vittorini – siopponeva a ogni «esclusione di principio».In ballo, Bobbio lì presente lo capisce al vo-lo, è la definizione di quella che si comin-cia a chiamare «egemonia», e che divide«due modi assai diversi di concepire la cul-tura oggi in Italia»: «per qualcuno egemo-nia vuol dire governo, direzione della cultu-ra» (così la intende oggi la destra revisioni-sta, infatti, per demonizzarla nel passatocosì perseguendola nel presente) «per al-tri», proseguiva Bobbio, «significa pubblica-re libri di cultura in senso assai vasto (…)che possano affermare la Casa editrice co-me una Casa che pubblica tutti i libri chehanno una certa importanza».

La strada che prenderà Einaudi – col pre-valere graduale della linea di Bollati – fu laseconda. E l’egemonia, infatti, la conquistòdavvero.

CULTURA

Alchimie / NEL CATALOGO INVESTIMENTI A LUNGO TERMINE E IMMEDIATE SCOMMESSE

Tra lento Progetto e Attualità bruciante,sfumate dialettiche di prospettive temporali

INCONTRI

«Caro Giulio», letture d’autoreal Teatro Carignano di Torino

Usciti in concomitanza con il centenariodella nascita di Giulio Einaudi,

«I verbali del mercoledì» testimonianouna fase dell’editoria chiusa da tempo

LEGGENDARIA EINAUDI

Con una serata di letture (poteva essere altrimen-ti?) lunedì 27 febbraio, al Teatro Carignano di Tori-no, la casa editrice Einaudi ricorda il suo fondato-re a cento anni dalla nascita. Chiamati a racconta-re la storia dello Struzzo, con le voci degli scrittoridi oggi (tra loro Andrea Bajani, Ascanio Celestini,Giorgio Falco, Nicola Lagioia, Michela Murgia, Si-mona Vinci, Hamid Ziarati), sono alcuni di coloroche a fianco di Giulio Einaudi hanno contribuito,nell’arco dei decenni, a dare vita alla leggendadello struzzo – un elenco imponente, che va daNatalia Ginzburg a Primo Levi, da Cesare Pavese aFranco Basaglia, passando per Norberto Bobbio,Elsa Morante, Elio Vittorini, Italo Calvino, GianniRodari, Giorgio Manganelli. Figure diverse tra loro,eppure capaci di costruire insieme quel carattere,quella fisionomia – a lungo inconfondibili – dellaEinaudi che, scriveva Calvino all’editore nel novem-bre del ’59 sono «il patrimonio più prezioso di unacasa editrice». Curata dal direttore editoriale Erne-sto Franco con la collaborazione di Mario Marto-ne, la lettura verrà riproposta la mattina dopo alliceo D’Azeglio, la storica scuola torinese che videnascere il nucleo di quella che sarebbe diventatal’Einaudi.

Nella documentazionedelle riunioni einaudianeil diario di bordo di una naveabituata a navigaresu flutti ben poco tranquilli

UnmarchiodacollezioneMariarosa Bricchi

Aottant’anni appena compiuti la Ei-naudi di oggi è una casa editrice cheha poco in comune con quella delle

origini. È questa la prima considerazione– ovvia ma non inutile – che vien da fareleggendo I verbali del mercoledì. Riunionieditoriali Einaudi 1943-1952 a cura diTommaso Munari, prefazione di LuisaMangoni (pp. LXVII-533, euro 40). Dun-que questi verbali sono, prima di tutto, undocumento storico: la testimonianza diuna fase della civiltà editoriale – non soloeinaudiana, ma italiana – diversa da quel-la di oggi, a dispetto del ricorrere delle si-gle. Andiamo per differenze: due sonoquelle, macroscopiche, che risaltano subi-to alla lettura.

Il metodo di lavoro testimoniato dai ver-bali aveva, se altre mai, una costante: parti-re, sempre, non dal singolo libro ma dalprogetto. Il vero, irrinunciabile impegnodelle riunioni del mercoledì era quello ditenere salda la barra di una direzione intel-lettuale – che il marchio, le collezioni e,giù giù, i singoli libri devono declinare e in-verare. In un sistema dove i libri, organiz-zati in legioni e guarnigioni o, fuor di meta-fora, in collane, combattono una battagliaideologica e civile, uno schieramento incampo ordinato e razionale è importantis-simo.

Questa è infine la celeberrima collanolo-gia einaudiana: un sistema dove il conteni-tore è strumento di selezione e garanziadel contenuto, a sua volta costantementesottoposto a verifica di adeguatezza. «Lacasa Einaudi non sbaglia, soprattutto nel-l’impostazione delle collezioni. Può sba-gliare un libro, ma non una grande serie»,scriveva Giulio Einaudi nel 1942, a nean-

che dieci anni dalla fondazione della suacasa editrice. Questa affermazione – orgo-gliosa, pericolosa, fascinosa – è un va-demecum e una chiave di volta: di lì si dira-mano, come da un centro ideale, la vicen-da della Einaudi dalle origini, e le linee gui-da per comprenderla.

Nell’evolversi della storia editoriale ita-liana (ma anche europea e americana) lecose sono andate diversamente. Il ruolodelle collane si è indebolito a vantaggio diuna concentrazione crescente sul libro co-me individuo, disaggregato, nei casi estre-mi, da ogni rapporto – sia esterno o ideolo-gico – con il catalogo. Lo scarto non è soloformale: entrano in gioco, prima ancoradel sistema di rapporti creato da una colle-zione, i criteri di scelta, cioè a dire i percor-si dell’invenzione editoriale, guidati dalcollante di una tensione ideologica perva-siva in una caso, concentrati sul singoloevento più che sull’insieme nell’altro.

Seconda differenza. La spina dorsale del-la Einaudi sono stati la saggistica e i classi-ci. Non la narrativa. Che, nei verbali fino al‘52 compare, sì, ma in netto subordine.Mentre è alle grandi collezioni di storia edi filosofia, di manuali giuridici e tecnici,di politica e di strumenti scientifici chel’editore affida la sua missione sociale e pe-dagogica. Quella furia di costruire il futuro

di cui ha parlato Ernesto Ferrero passavaattraverso la trasmissione di una culturache si voleva condivisa, l’educazione a leg-gere per imparare, l’immagine di una so-cietà intera che si forma; piuttosto che ilpiacere sofisticato, il naufragio fantasticoe privatissimo, la solitudine intellettuale diun uomo che legge un romanzo. Se di nar-rativa si tratta, che sia allora come sono iGettoni: garantita dalla gabbia ferrea di unprogetto e perimetrata dalla compresenzadi fiction e – alla pari – di valore documen-tario.

Le classifiche di oggi, ma anche sempli-cemente uno sguardo al genere dei libripubblicati, dicono qualcosa di molto diver-so: romanzi, romanzi, romanzi; saggisticadi impostazione narrativa; romanzi-saggie saggi-romanzi. La narrazione vince sul-l’argomentazione. Questo non significache di fronte alla scelta tra «leggere perpensare» e «leggere per non pensare» pre-valga necessariamente la seconda opzio-ne: accanto all’intrattenimento, la narrati-va importante, che sfida e fa riflettere, c’è.Suggerisce piuttosto che il nostro modo ditendere il pensiero passa con più difficoltàattraverso le arcate ragionative della saggi-stica di impianto tradizionale; e si acquat-ta invece con agio nell’articolazione dellestorie. Col risultato di un capovolgimento

di segno delle strategie editoriali: nei cata-loghi della Einaudi di oggi – come di ognieditore che pubblica sia narrativa sia saggi-stica, i romanzi hanno un peso economi-co, e spesso numerico, superiore.

Tensione pedagogica, dunque nei verba-li della vecchia Einaudi, e regole. Ad appli-carle, personaggi che sono entrati, oltreche nella storia, nella leggenda del Nove-cento: Leone Ginzburg e Cesare Pavese,

Elio Vittorini e Giulio Bollati, Natalia Ginz-burg e Italo Calvino. È qui – nel punto esat-to in cui si incontrano il rigore del sistemae i caratteri individuali, rilevati e scolpiti,di coloro che lo praticano – che scatta lamagia che rende la storia editoriale einau-diana così capace di appassionare. La per-sonalità della casa editrice fa aggio sullepersonalità dei singoli autori e consulenti iquali, circolarmente, quella personalitàcontribuiscono ogni giorno a ridefinire.Così che le tensioni (inevitabili, visibilissi-me anche dai verbali) si compongono nel-l’adesione volontaria a un progetto che as-somma e supera i progetti dei singoli.

C’è poi un altro tratto generatore di fa-scino, ed è l’inesausta capacità della Einau-di di raccontarsi, di generare storia, e sto-rie. Ogni casa editrice può vantare insuc-cessi illustri, buone intenzioni e protagoni-sti disposti a rievocare gli uni e le altre. Manessuna ha prodotto una macchina narra-tiva paragonabile a quella einaudiana che,forte di collaboratori e di un catalogo chehanno fatto la cultura degli italiani, da de-cenni alimenta con regolarità il suo stessomito. Vince chi sa costruire una storia, di-cono i teorici dello storytelling.

Ebbene casa Einaudi, mentre col tempocambiava pelle, lavorava a costruire il mi-to del suo passato, che è oggi solidamenteattestato. La leggenda è ormai tanto poten-te da alimentarsi, alla pari, di momenti dif-ficili e di successi, riuscendo a presentare iproblemi finanziari come un risultato tragli altri della ricerca di eccellenza. Un ri-tratto che questi verbali, con lo strabismo

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SABATO 25 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 11

EX PRESS–Franco Voltaggio

Come vorrebbe un consolidato co-stume dei media, si dovrebbe af-fermare che, con la morte di Rena-

to Dulbecco, avvenuta qualche giornofa, il 20 di febbraio, si chiude un capitolodella storia della biologia che – comincia-to con la nascita dell’indagine molecola-re – è culminato con la mappatura delgenoma umano e con il trionfo della bio-medicina. Ma in realtà, lungi dall’essereun momento della storia, la fine di Dul-becco è un evento, tra i tanti, di un futu-ro appena cominciato, poiché non si so-no ancora espresse tutte le potenzialitàdella genetica in medicina, così come lequestioni aperte dalla genomica attendo-no ancora il modo giusto di essere af-frontate.

Il termine certo dimesso di «cronaca»,del resto, meglio si attaglia al personag-gio. Dulbecco non si atteggiava a «scopri-tore della verità» e più modestamenteaspirava alla conquista della certezzascientifica; affabile e semplice con tuttiera universalmente apprezzato per ilsuo garbo e lo stile gentlemanlike dell’at-teggiamento, ma si sarebbe stupito seavesse saputo che tanti lo apprezzavanosoprattutto come un vero signore.

Aveva le sue passioni e tra queste as-sai viva la politica: nel 1943 era entratoin contatto con il mondo della Resisten-za e dopo la Liberazione aveva fatto par-te del Consiglio Comunale di Torino.Più tardi si sarebbe fatto notare per ilsuo pacifismo e per il suo impegno civilecome quando nel 2005, assieme a RitaLevi Montalcini, l’amica di sempre, invi-tò gli elettori italiani a partecipare al refe-rendum popolare per l’abrogazione di al-cuni articoli della Legge 40 sulla feconda-zione assistita.

Interessi e passioni, comunque, maisopra le righe e tutte, gli uni e le altre alui trasmessi dal suo amore per la vita, lacui stella polare era per lui la «certezza»del fare e dell’essere da acquisire conl’assiduo esercizio della conoscenza, re-stando nel ricordo degli altri in modo dafar suo, lui credente, il motto rinascimen-tale «È bello, dopo il morire, vivere an-chora».

Renato Dulbecco era un medico che –laureatosi a Torino nel 1936, a soli venti-due anni, alla scuola di patologia di Giu-seppe Levi (il grande maestro di altri dueNobel, Salvador Luria e Rita Levi Montal-cini) – aveva tentato già nei suoi primianni di ricercatore di affrancare la pato-logia dall’incertezza determinata dall’im-possibilità di ancorare definitivamente ilmetodo di indagine in medicina allaquantificazione propria delle scienze«dure» come la fisica, una disciplina perla quale Dulbecco mostrò sempre unaspeciale predilezione.

Il metodo sperimentale nella ricercamedica era diventato dominante già neldiciottesimo secolo sulla scorta dei pri-mi significativi progressi della sperimen-tazione animale e alla fine del dicianno-vesimo, soprattutto per merito di Clau-de Bernard (1813-1878), la medicina eraormai acquisita quale scienza sperimen-tale. Lo stesso Bernard, tuttavia, pur dan-do assoluto rilievo all’esperienza, si arre-stava davanti a fenomeni che, non facil-

mente inquadrabili nella sperimentazio-ne, parevano rinviabili a «forze vitali»non meglio definibili e che rientravanoin un dominio dell’invisibile oggettopiuttosto di speculazione metafisica chedi scienza.

Certamente il patologo aveva a che fa-re con entità minime dei tessuti, le cellu-le, visualizzabili al microscopio e conagenti patogeni apprezzabili all’osserva-zione microscopica come i batteri, mache cosa «c’era dietro o meglio dentro ibatteri ?». Certo qualche cosa c’era –c’erano i geni – e se ne parlava tanto, manegli anni Quaranta del secolo scorso siignorava quale fosse la struttura delle so-stanze biochimiche di un gene e la loropossibile riduzione a elementi quantifi-cabili. Ma proprio alla quantificazioneera interessato Dulbecco.

Una fortunata congiura delle circo-stanze venne però incontro alle aspira-zioni del giovane ricercatore. Era il 1947.A Torino l’istituto di patologia costituivapur sempre un ambiente stimolante, male ricerche di Dulbecco richiedevano co-sti all’epoca insostenibili in un paese co-me l’Italia, uscito da una guerra rovino-sa e alle prese con il gravoso impegnodella ricostruzione. Fu così che Dulbec-co accolse l’invito di Luria, da anni emi-grato negli Stati Uniti, di raggiungerlo.Dulbecco partì allora assieme alla LeviMontalcini per l’America e si stabilì aBloomington, Indiana, dove per anni la-vorò nella stessa struttura in cui operavaJames Watson, proprio quel Watson chenel 1953 avrebbe pubblicato il modello aelica del Dna.

Dulbecco prese a studiare attentamen-te la genetica delle cellule tumorali, inparticolare dei sarcomi; e, soprattutto apartire dai primi anni Sesanta lavorò atti-vamente alle interazioni tra geni dei tes-suti sani e virus oncogeni, mettendo inevidenza i processi di parassitazione ge-netica da parte dei geni responsabili al-tresì della scomparsa dell’effetto onco-soppressore. Il contributo recato da Dul-becco alla conoscenza del cancro lo con-dusse nel 1975 al Nobel e il Nobel andòanche ai suoi collaboratori americaniHoward Temin e David Baltimore.

Negli Stati Uniti Dulbecco divenne co-sì il capo riconosciuto di un indirizzo del-la patologia contemporanea che ricon-duceva essenzialmente l’eziologia delcancro – come di un gruppo consistentedi altre malattie quali le «rare» – ai disor-dini di natura genetica. Animato da que-sta convinzione, arrivò a promuovere lostudio esaustivo del codice genetico enacque così nel 1986 il Progetto Geno-ma che si prefiggeva di arrivare alla map-patura completa dei geni della nostraspecie.

Adesso ci siamo arrivati , e assai primadi quanto Dulbecco e con lui altri pen-sassero possibile. Ci è arrivato nel 2000lo statunitense Craig Venter, cittadino diun paese in cui grandi capitali e ingentiricerche hanno da sempre privilegiato lagenetica. Con Dulbecco l’Italia aveva lan-ciato il Progetto. Ma certamente il letto-re non si stupirà se gli ricordiamo chenel 1990 il nostro paese se ne sganciò. So-lita causa, naturalmente: mancanza difondi.

CULTURA

Mauro Trotta

«Èla stampa, bellezza. E tunon puoi farci niente», la fa-mosa battuta di Humphrey

Bogart che chiude il film L’ultima mi-naccia da sempre rappresenta al me-glio la funzione più profonda del gior-nalismo, quella di «cane da guardia»della democrazia, pronto a rivelare i vi-zi pubblici e privati dei potenti. E lostrumento più potente per svolgere ta-le compito è senza dubbio rappresen-tato dall’inchiesta. Perché l’inchiestanon si limita a dare notizia di un fatto,ma approfondisce le ragioni che l’han-no causato, lo inserisce in una costella-zione di altri fatti, mette a nudo, spes-so, una rete o un sistema di potere. Masoprattutto un’inchiesta può cambia-re il corso degli avvenimenti o, quantomeno, cambiare il modo di pensaredelle persone, fargli conoscere e capi-

re cose nuove, a volte assolutamenteinaspettate. Dal caso Watergate – cheeffettivamente cambiò la storia - le in-chieste hanno rappresentato momen-ti importanti di una società. Certo,non sempre un reportage giornalisticopuò avere un impatto di tal fatta, mase aiuta a comprendere, a svelare mec-canismi nascosti, a mostrare che nonesiste soltanto l’infotainment, l’infor-mazione-spettacolo, allora può davve-ro essere molto utile.

E davvero molto utile, oltre che inte-ressante, è Opus Dei. Il segreto dei sol-di. Dentro i misteri dell’omicidio Rove-raro(Feltrinelli, pp. 216, euro 14) libroinchiesta di Angelo Mincuzzi e Giusep-pe Oddo. Gli autori sono entrambi in-viati del «Sole-24 Ore» e hanno decisodi indagare su di un caso abbastanzaparticolare, l’omicidio, appunto diGianmarco Roveraro, importante fi-nanziere legato all’Opus Dei. Un delit-

to particolare, oltre che per le sue mo-dalità – la vittima fu dapprima rapita enella sua breve reclusione potè usarepraticamente liberamente il telefono –anche perché il caso risulta chiuso, gliassassini, che hanno pure confessato,sono stati condannati.

Eppure, nonostante la verità giudi-ziaria sia emersa, restano molte om-bre sulle ragioni, i moventi, il contesto.Innanzi tutto non è chiaro il cosiddet-to affare-Austria, l’operazione econo-mica che avrebbe messo in contattoun finanziere importante come Rove-raro – definito addirittura in passatocome l’anti-Cuccia cattolico – con unaserie di strani personaggi, di sicuronon del suo livello culturale, sociale,economico, come, ad esempio, Filip-po Botteri, suo socio nell’affare e suoomicida. Poi, altre ombre emergonodalla galassia di società, di finanziarie,di banche all’interno della quale la vit-

tima si è sempre mossa con competen-ze e capacità. Ripercorrendo, così, rela-zioni, contatti, storie passate e recenti,i due autori, un po’ alla volta, fannoemergere almeno parte della rete eco-nomica e finanziaria legata alla poten-te organizzazione cattolica fondata daJosemaría Escrivá, fatto santo dieci an-ni fa con la causa di canonizzazionepiù rapida della storia, insieme a quel-la per Padre Pio.

Libro interesante e davvero docu-mentato, Opus Dei. Il segreto dei soldisi legge con facilità e interesse perchégli autori si dimostrano davvero bravinel presentare e districare l’intrecciodi associazioni, fondazioni, societàche percorre tutta la storia. Non solo,nei momenti in cui vengono presenta-ti incontri e testimonianze, la scritturaacquista colore e vividezza tali da sem-brare quasi un romanzo. L’unico neodel libro è forse il suo maggior pregio,il fatto cioè che Mincuzzi e Oddo si li-mitino a presentare fatti, senza lanciar-si assolutamente in supposizioni o ipo-tesi, sfuggendo così da un lato a qua-lunque sindrome complottistica, maperdendo probabilmente a livello dimordente ed incisività.

GENETICA · Il ruolo del celebre scienziato scomparso

Dulbecco pionieredi studi in evoluzione

Shakespearee le sue sorelle

Maria Teresa Carbone

Virginia Woolf aveva torto, ci infor-ma Edward Rothstein sul «NewYork Times». Ricordate Una stan-

za tutta per sé, e quella che, sebbenenon sia il personaggio di un romanzo, èuna delle più potenti invenzioni narrati-ve dell’autrice di Mrs Dalloway – lei, Ju-dith, la sorella di Shakespeare, «che ave-va un talento straordinario, era avventu-rosa, creativa e desiderosa di vedere ilmondo tanto quanto il fratello, ma nonfu mandata a scuola» e finì tristementesuicida, perché era rimasta incinta e tut-te le sue aspirazioni erano state soffoca-te? Bene, nulla di simile è mai successo,scrive Rothstein (e fin qui possiamo per-fino essere d’accordo), e nulla di similesarebbe potuto accadere. Ad aprire gliocchi al critico del quotidiano statuni-tense è una mostra in corso fino al 20maggio presso la Folger Shakespeare Li-brary di Washington, una mostra cheviene proprio voglia di andare a vedere– se non avesse il difetto di trovarsi dal-l’altra parte dell’Atlantico – e che si inti-tola, guarda un po’, Shakespeare’s Si-sters, vale a dire «Le sorelle di Shakespe-are». Il sottotitolo spiega poi che prota-goniste dell’esposizione sono le «voci discrittrici inglesi e europee tra il 1500 e il1700». E Rothstein, che forse prima dientrare alla Folger Shakespeare Librarynon aveva mai sentito parlare di Veroni-ca Franco o di Lady Anne Clifford o diAphra Behn, è rimasto folgorato. Al pun-to da prendere una frase piuttosto pru-dente della curatrice, Georgianna Zie-gler, – «queste autrici rimettono in di-scussione l’idea della Woolf secondo laquale le donne di quel periodo non era-no in grado di uscire dai limiti impostial loro sesso» – per sostenere spavalda-mente, sulla base di una cinquantina dinomi (tante sono le scrittrici presentatealla mostra di Washington), che «la Wo-olf non aveva solo torto sul numero del-le donne che scrivevano a quei tempi,ma anche riguardo al modello da leiproposto per accostarsi alla loro storia,un modello di vittimizzazione, oppres-sione e repressione». Certo, il critico am-mette a denti stretti che «queste eranofigure straordinarie», ma subito aggiun-ge che «anche gli scrittori uomini eranostraordinari in un’epoca di analfabeti-smo universale». Per concludere infineche «qui non c’è quasi (il corsivo è no-stro, ndr) segno di oppressione, o di ta-lenti repressi, o di esseri soffocati e umi-liati al punto da contemplare il suicidio.Solo donne di immenso talento,che scri-vevano». La mostra, però, deve esseredavvero bella.

GIULIO EINAUDIIN UNAFOTOGRAFIADI ADRIANOMORDENTI /AGF

DUE MESI DI POESIA A TERAMOPrende avvio mercoledì 29 febbraio la sesta edizione di TeramoPoesia, curiosofestival che, a differenza di tanti altri, si diluisce lungo due mesi, fino al 26 aprile,articolandosi in sei incontri spaziati nel tempo. Si comincia dunque il 29 con isonetti di Trilussa letti da Lillo (privo dell’altra metà del duo, Greg, che l’ha reso

famoso). E poi, a seguire, l’8 marzo Melania Mazzucco e Milena Vukotic leggonoSylvia Plath, il 22 marzo sono in scena Bruno Galluccio, Gabriele Frasca, MarcoGiovenale, il 4 aprile Mariangela Gualtieri è autrice e interprete di «Bestia di gioia»,il 19 aprile è il turno di Valerio Magrelli e Fabrizio Gifuni con Wallace Stevens e il26 aprile si chiude con il Walt Whitman di Edoardo Albinati e Sandro Lombardi.

INCHIESTE · L’«omicidio Roveraro» in un libro per Feltrinelli

I misteri del finanziere legato all’Opus dei

che deriva dal loro trascurare qualunquedato legato alla ventura economica dei libri– considerazioni, sia chiaro, che erano nel-la realtà demandate ad altre sedi – finisco-no per convalidare. Ma il fatto stesso di te-nere separate la valutazione della qualità equella della vendibilità definisce una terzaforma di lontananza dalle pratiche di mol-ta editoria successiva. E rappresenta un al-tro motivo di attrazione.

Somma di tratti che non è esagerato defi-nire archeologici, i verbali catturano dun-que il lettore, ma rischiano anche di depi-starlo. Circola, in fondo, una certa idea dicontinuità: leggiamo ancora molti di quei li-bri, e molti altri, diversi, che si fregiano del-lo stesso marchio. L’interesse ormai acqui-sito per la storia dell’editoria, e il successoparticolare della storia di Einaudi diconoanche di un bisogno, consolatorio, di aggre-gazione: da lì veniamo, in fondo siamo an-cora un po’ così. Non è vero, e lo sappia-mo. Non fingere di ignorarlo, studiare lastoria editoriale del Novecento, appunto,come storia (e questo bel libro permette difarlo egregiamente) è l’unico modo di rico-noscerci capaci di pensare, onestamente, acome scrivere, pubblicare e leggere libri.

UN RITRATTOGIOVANILEDI RENATODULBECCONEL SUO STUDIO

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pagina 12 il manifesto SABATO 25 FEBBRAIO 2012

Annalisa SacchiNEW YORK

Èuna stagione di strani incroci per Elizabeth LeCompte, leggendaria regista di unadelle più celebrate, storiche compagnie del teatro sperimentale americano, ilWooster Group. Una stagione che la vede impegnata nell’allestimento di un

Troilus & Clessidra - all’interno del programma del World Shakespeare Festival che ac-compagnerà le Olimpiadi di Londra 2012 - che pare forsennare gli elementi del più fer-reo tradizionalismo shakespeariano a partire dal luogo del debutto, quello Stratford-upon-Avon che diede i natali al bardo, fino alla committenza, la Royal ShakespeareCompany, e di conseguenza il gruppo di lavoro, quello appunto della Reale Compa-gnia. Elementi sufficienti perché LeCompte abbia raccolto l’invito come una provoca-zione: del resto non è lei regista da arretrare di fronte alla tentazione di far vibrare l’im-pianto della tradizione più monolitica, per chi ricorda il suo recente La Didone, in cuivirò l’opera barocca di Cavalli nei toni di un b-movie di fantascienza di Mario Bava.

Seppure con esiti spesso incerti, spe-cie in questa fase recente della sua sto-ria, il Wooster Group di LeCompte siconferma dunque, grazie all’estremadisponibilità e apertura verso la speri-mentazione, una delle realtà teatraliper cui la ricerca è un processo non dimaniera, ma capace di mobilitare e in-globare ogni volta gli elementi più di-sparati, in una tensione a fagocitaremondi, immaginari, epoche che lo ren-

de capace di produrre opere strabordanti e cacofoniche, spettacoli pieni di ingressi epercorribili in molteplici direzioni, polifonie di mezzi e di fantasie.

Un teatro antiminimalista per antonomasia. Così, quando l’anno scorso a New Yorksi sparge la voce che LeCompte avrebbe lavorato su tre scarne opere d’ambientazionemarinaresca del primo Eugene O’Neill (ovvero gli Early Plays degli anni ’10 che danno iltitolo allo spettacolo e che raggruppano Bound East for Cardiff, The Long Voyage Ho-me, e The Moon of the Caribbees) la reazione è di generale incredulità, amplificata ulte-riormente dal fatto che la regista decide di abdicare la regia a favore di Richard Maxwelldei New York City Players. Drammaturgo e regista di punta della scena internazionale,Maxwell è tra quegli artisti che mobilitano reazioni forti e completamente antitetichetra pubblico e critica. Campione di un minimalismo ferreo, indifferente alla sperimenta-zione tecnologica in scena – che è invece centrale per il Wooster – «fondamentalista» ri-guardo alla centralità del testo, laddove il Wooster vede nella drammaturgia un elemen-to tutto sommato marginale del lavoro scenico, Maxwell è insomma un elemento alie-no e dirompente nella prassi consolidata del gruppo.

Ma per LeCompte e per Maxwell l’obiettivo qui è comune e supera gli indirizzi e le ten-denze singolari: si tratta, mettendo in scena un trittico di opere minori di uno dei mostrisacri della drammaturgia americana, di mostrare i bordi vergognosi del teatro. Di quel te-atro che è, anche, «recita» in costume che indugia, non senza compiacimento, negli stere-otipi e nei fallimenti dei personaggi, in un certo ridicolo e fragilissimo confrontarsi degliattori con l’abiezione di una lingua impastata in una serie di dialetti che ogni volta sfiora-no la caricatura, di gesti che inciampano nell’irrisolutezza, di moventi ogni volta frustrati.Early Plays è la risposta più radicalmente disarmante che la scena di ricerca niuiorcheseoppone alla domanda «perché fare un lavoro così?», è la risposta che dovrebbe esserel’imperativo – e l’interrogativo motore - della sperimentazione: «perché no?». Tutto valela pena, se la scena, l’immaginario, e la tensione alla ricerca non si sono essiccate.

VISIONI

Gianfranco CapittaROMA

Apochi giorni dalla conclu-sione di una tournée didue stagioni con il suo per-

sonale e scoppiettante Sogno diuna notte d’estate, Carlo Cecchicambia tempo e visioni, e daShakespeare piomba nella con-temporaneità più scabrosa, man-tenendo inalterata la sua mae-stria, il suo personalissimo stileteatrale, la medesima capacità diacchiappare lo spettatore nelprofondo e portarlo, con la ma-gia del teatro, nel cuore sensibiledell’esistenza di ognuno.

Il Sogno era nato da un saggiocon gli allievi dell’Accademia Sil-vio D’Amico che poi l’artista hariadattato, rimesso «in forma»quasi, entrando anche nel castdegli interpreti. Ed è stato unospettacolo meraviglioso, innova-tivo e feroce rispetto alla nostratradizione shakespeariana (luistesso ne aveva realizzato unocirca dieci anni fa al Garibaldi diPalermo), teso e necessario conquelle storie di amanti da ricom-binare per ridare ordine al mon-do, eppur così strettamente in-crociati con la rappresentazioneche i teatranti strafalcioni guida-ti dallo stesso Cecchi danno del-l’amore, dei sentimenti e della lo-ro cornice.

A pochi giorni dalla conclusio-ne di quel Sogno dunque, Cecchine presenta altri due, quasi incu-bi, scritti in questi ultimi sei o set-te anni da due nomi di punta del-la drammaturgia inglese, CarylChurchill e Mark Ravenhill. E co-me abitualmente avviene sullascena londinese, li presenta unodi seguito all’altro, in un doublebill che rispetta la loro autono-mia, ma nello stesso tempo indi-rizza lo spettatore a scoprire in-trecci e dipendenze nelle respon-sabilità e nell’informazione diun mondo globalizzato.

Abbastanza sbronzo da dire tiamo? e Prodotto (al Vascello an-cora stasera e domani, da marte-dì a Milano all’Elfo, dove il 6 mar-zo è previsto anche un incontrocui l’autrice del primo dovrebbepartecipare almeno in videocon-ferenza) sono testi assai diversi,come le situazioni cui si riferisco-no, eppure strettamente connes-si per l’entità e il tono di una co-municazione ipertrofica che do-vrebbe influire e determinare icomportamenti dei singoli, men-tre nei fatti serve mestamente aribadire e portare alle estremeconseguenze una lotta per il po-tere dove più forte risulterà chisviluppa le più ampie ambizioni,fino a far soccombere l’altro.Mentre i rapporti tra i soggettiscivolano dalla tentazione allacomplicità, dalla supremazia al

ricatto alla «resa».Tutta maschile è la coppia di

Abbastanza sbronzo da dire tiamo?, anzi dichiaratamente esfacciatamente omosessuale, an-che se uno dei due si trascina die-tro la «dipendenza» di una mo-glie e due figli cui deve ancoraesplicitare la sua scelta. Del restol’altro freme di passione, e nontrattiene la spinta fisica a coinvol-gere l’altro in un rapporto totale.Con effetti comici per gli approc-ci smodati su un divano borghe-se, ma con risonanze tragiche

via via che, procedendo il corteg-giamento, si fa chiara la metafo-ra che muove e governa quelloscatenato connubio. Uno deidue è americano, l’altro inglese,e gli Usa hanno facile ragione aconvincere (o meglio piegare, ofar franare) la Gran Bretagna el’Europa intera nella propria esal-tata missione imperialista. Cosìche mentre l’americano mette ipiedi (ma soprattutto le mani, eil resto) nel piatto e nel corpo del-l’altro, anche la loro esaltataescalation sessuale procede inuna sorta di rituale giaculatoriosull’evocazione di tutti i luoghi, igolpe, le violenze perpetrate da-gli Usa nel mondo, a partire dal-la guerra fredda in poi. E senzaaccorgersene quasi, anche lospettatore percorre questo rosa-rio di orrori e massacri, attentatie complotti che gli Usa hannocondotto per decenni, fino al-l’identificazione nel nemico uni-co, terrorista e islamico, dopol’undici settembre. Se all’iniziopoteva sembrare la fornicazioneimpudica di Bush e Blair, benpresto è l’intera intelligenza eu-

ropea a soccombere al ricatto astelle e strisce, appena maschera-to (ma neanche tanto) da missio-ne salvifica per l’intero genereumano. Salvo il numero semprecrescente di vittime, dal Cile allademocrazia di intere aree geogra-fiche, che poco importano peròrispetto a quella missione supre-ma. Ovvero la seduzione parteci-pe del neofita, che ne rimarrà let-teralmente steso a terra, dopoaver speso una disponibilità chearriva a momenti a superare l’en-fasi sanguinaria del seduttore.

Insomma si ride molto, ma as-sai amaramente, davanti a Tom-maso Ragno e Carlo Cecchi (en-trambi bravissimi e implacabili)che non si risparmiano, ma checon sublime souplesse ci dannodentro, ai corpi e ai nomi di quel-lo che tutti sappiamo e abbiamosofferto in questi anni di orrorimetodici, ma che fanno ancorpiù paura calati nelle esistenzedi due giovanotti vogliosi.

Caryl Churchill del resto, nonha mai rinunciato lungo il corsodella sua scrittura per il teatro(ma anche per la radio e la tv) acalare nella quotidianità gli orro-ri della politica e del potere. Hascritto, lei poco più giovane diPinter, molti titoli importantiche da noi non hanno avuto lafortuna riscossa in Gran Breta-gna e America. Ha raccontato ledonne e le guerre, l’antisemiti-smo e la supremazia yankee,sempre raccontando vite ed epi-sodi apparentemente comuni,ma scoprendo sempre puntiglio-samente il veleno di ogni liturgiaplanetaria. Anche per questo bi-sogna ringraziare Cecchi di aver-

cela finalmente proposta con ladovuta importanza, e senza na-scondere quel «sapore di Pinter»che lascia sospese tante sue co-struzioni sintattiche (e al premioNobel va una sorta di dedicastampata sul sipario, di alcunisuoi versi spietati sulle guerreamerikane).

Il desiderio del resto, o alme-no la sua suggestione, che tieneavvinti i due uomini, non è di mi-nore intensità di quanto accen-de un regista verso la star chevuole convincere a interpretareuna produzione che senza di leinon verrebbe finanziata. Ovveroil Prodotto che il crudele Ra-venhill si immagina debba rac-contare un amore tanto sessua-to quanto bislacco tra una mana-ger in carriera e un bellone nero(con tanto di coltello e tappetinoper pregare) conosciuto sull’ae-reo. Anche in quest’altra coppia(Cecchi consapevole imbonito-re, lei muta attrice di tanto nomequanto di scarsa reattività, inter-pretata da Barbara Ronchi)l’eros furioso quanto immagina-rio è solo la cornice dello scontroepocale tra occidente e Islam.Nei fumi di quelle visioni turbo-lente appare perfino Bin Laden,ancora non massacrato nel suoquieto compound pachistano.La grande illusione del cinemapuò servire anche a questo, a far-ci scambiare lucciole per lanter-ne, a trasformare i nostri deside-ri piccoli piccoli (e non necessa-riamente piccoloborghesi) in co-smiche panzane, che servirannocomunque a velare la realtà deipoteri e degli interessi che dietrodi loro si mascherano.

Per fortuna che a teatro ognitanto il sipario si alza, e si può al-meno intravedere la verità, an-che se ci viene da ridere di quelle«enormità». E della verità e del te-atro, Carlo Cecchi è davvero ungrande maestro.

ROMA · Delikatessen letterarie fra bigné e profiteroleIN SCENA · Carlo Cecchi al Vascello di Roma con un dittico di drammaturgie inglesi

Imperialismo,sessoe illusioni

WOOSTER GROUP A NEW YORK

«Early plays», una recitacontro ogni stereotipo

Dopo tanti anni è davvero uno spettacolo cult, una prova piuttostofuori dell’ordinario da parte di due attori, che su un palcoscenicotrasformato in un laboratorio dolciario, investe tutti i sensi dello spet-tatore con la poesia, la musica e soprattutto la dolcezza. Non insenso metaforico, ma quella della panna montata e del pan di spa-gna, della crema pasticcera e dei bigné, della charlotte e del profite-role. Programmatico il titolo della dolce seduta: «Pasticceri» (all’Am-bra Garbatella di Roma fino a domenica 4 marzo), sotto titolo «Io emio fratello Roberto». I due autori e interpreti sono Leonardo Capua-no e Roberto Abbiati. La loro vicenda sulla scena è quella di due

fratelli colleghi e complici in maestrie culinarie, mentre citano Cyrano de Bergerac (per via dell’olfattoipnotizzato dalla vaniglia?) e ascoltano musica da una radio, adatta all’ora notturna del loro lavoro. Inuna scenografia che rispetto a quella «generalista» della Cucina di Wesker ha una finalità dichiarataper i soli dessert, impastano e frullano, squagliano e infornano, affettano e guarniscono senza posacose meravigliose che crescono sotto l’occhio del pubblico. Cui alla fine vengono offerte in una simpa-tica condivisione. Assieme alla fatica di un lavoro che ha per fine la dolcezza, e alle emozioni di duecreature che sotto lo zucchero a velo rivelano lo spessore delle proprie esistenze. Una prova di bravu-ra di Capuano e Abbiati, che con grazia «melliflua» parlano di cose serissime. g.cap.

MACERATA LIRICA OPERA FESTIVALLo Sferisterio Opera Festival (Sof) cambia il nome e diventa Macerata OperaFestival: la stagione lirica si aprirà venerdì 20 luglio per concludersi martedì 14agosto e sarà caratterizzata da una serie di eventi che coinvolgerà tutta la città. Ilcartellone - curato dal neodirettore artistico Francesco Micheli, si apre con «La

Traviata» di Verdi (20, 29 luglio, 4 e 12 agosto) nella famosa edizione «deglispecchi» curata dal regista Henning Brockhaus e dallo scenografo Josef Svoboda.. Il 21 luglio andrà in scena «La Boheme» di Puccini (repliche 17 luglio, 5 e 10agosto), regia di Leo Muscato. Sarà poi la volta «Carmen» di Bizet (in prima il 22luglio, repliche 28 luglio, 3 e 11 agosto) con la regia di Serena Sinigaglia.

teatrole novità

Dietro le suggestioni e i toni brillanti del testoscritto da Caryl Churchill emerge pienamentetutto il peso tragico della politica

DA SINISTRA TOMMASO RAGNO E CARLO CECCHI/ FOTO DI LUCA GAVIOLI

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SABATO 25 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 13

Rai1 Rai2 Rai3 Rete4 Canale5 Italia1 La718:05 SEA PATROL Telefi lm Con

John Batchelor, Matthew Holmes, Lisa McCune

18:50 L’ISOLA DEI FAMOSI 9 - LA SETTIMANA Reality show Conduce Vladimir Luxuria

19:35 L’ISOLA DEI FAMOSI 9 Reality show Conduce Vladimir Luxuria

20:25 ESTRAZIONI DEL LOTTO 21:00 TG2 - 20.30 Notiziario

21:05 CASTLE - DETECTIVE TRA LE RIGHE Telefi lm Con Nathan Fillion, Stana Katic, Susan Sullivan, Ruben Santiago-Hudson, Molly C. Quinn, Jon Huertas

22:40 SABATO SPRINT Rubrica sportiva Conduce Sabrina Gandolfi e Paolo Paganini

23:25 TG2 Notiziario 23:40 TG2 DOSSIER Rubrica 00:20 TG2 STORIE - I RACCONTI

DELLA SETTIMANA Rubrica

17:00 DETECTIVE MONK Telefi lm Con Tony Shalhoub, Traylor Howard, Ted Levine

18:00 PIANETA MARE Documenti Conduce Tessa Gelisio

18:55 TG4 - METEO Notiziario 19:35 TEMPESTA D’AMORE

Soap opera Con Martin Gruber, Lorenzo Patané, Dirk Galuba

21:15 IL CLIENTE FILM Con Susan Sarandon, Tommy Lee Jones, Anthony Edwards, Mary-Louise Parker, Anthony LaPaglia, J.T. Walsh, Brad Renfro, William H. Macy

23:45 JACKIE BROWN FILM Con Robert Forster, Robert De Niro, Samuel L. Jackson, Pam Grier, Michael Keaton, Bridget Fonda, Chris Tucker, Lisa Gay Hamilton

01:35 TG4 NIGHT NEWS - METEO Notiziario

15:30 VERISSIMO - TUTTI I COLORI DELLA CRONACA Attualità Conduce Silvia Toffanin con la partecipazione di Alfonso Signorini, Alvin, Jonathan e Daniele Bossari

18:50 THE MONEY DROP Gioco Conduce Gerry Scotti

20:00 TG5 - METEO 5 Notiziario 20:30 STRISCIA LA NOTIZIA

- LA VOCE DELLA CONTINGENZA Attualità

21:10 ITALIA’S GOT TALENT Reality show Conduce Simone Annicchiarico con Belen Rodriguez.

00:30 NONSOLOMODA - 25 E OLTRE... Attualità Conduce Samya Abbary

01:00 TG5 NOTTE - METEO 5 NOTTE Notiziario

01:30 STRISCIA LA NOTIZIA - LA VOCE DELLA CONTINGENZA Attualità

18:00 LA VITA SECONDO JIM Telefi lm

18:30 STUDIO APERTO - METEO Notiziario

19:00 BUGS BUNNY Cartoni animati

19:15 MADELINE - IL DIAVOLETTO DELLA SCUOLA FILM Con Frances McDormand, Nigel Hawthorne, Hatty Jones

21:10 MATILDA SEI MITICA FILM Con Rhea Perlman, Embeth Davidtz, Danny DeVito, Mara Wilson, Pam Ferris, Goliath Gregory

23:00 BLADE: TRINITY FILM Con Wesley Snipes, Kris Kristofferson, Ryan Reynolds, Jessica Biel, Parker Posey, Cascy Beddow, John Ashker

01:05 STUDIO SPORT XXL Rubrica sportiva

02:05 POKER1MANIA Rubrica sportiva

19:03 IL PUNTO SETTIMANALE Attualità

19:27 AGRIMETEO Notiziario 19:30 TG3 Notiziario 20:00 IPPOCRATE Rubrica 20:30 TEMPI SUPPLEMENTARI

Rubrica 20:57 METEO Previsioni del

tempo

21:00 NEWS LUNGHE DA 24 Notiziario

21:27 METEO Previsioni del tempo

21:30 MERIDIANA - SCIENZA 1 Rubrica

21:57 METEO Previsioni del tempo

22:00 INCHIESTA 3 Attualità 22:30 NEWS LUNGHE DA 24

Notiziario 22:57 METEO Previsioni del

tempo 23:00 CONSUMI E CONSUMI

Rubrica 23:27 METEO Previsioni del

tempo

17:45 PASSAGGIO A NORD OVEST Documentario Conduce Alberto Angela

18:50 L’EREDITÀ Gioco Conduce Carlo Conti

20:00 TG1 Notiziario 20:30 RAI TG SPORT Notiziario

sportivo 20:35 AFFARI TUOI Gioco

Conduce Max Giusti

21:10 BALLANDO CON LE STELLE Varietà Conduce Milly Carlucci con la partecipazione di Paolo Belli

00:30 DI CHE TALENTO SEI? Rubrica Conduce Maurizio Costanzo ed Enrico Vaime

01:15 TG1 NOTTE - TG1 FOCUS Notiziario

01:30 CINEMATOGRAFO Rubrica Conduce Gigi Marzullo

02:30 FUNERAL PARTY FILM Con Matthew MacFadyen, Rupert Graves, Peter Dinklage, Daisy Donovan

17:15 PORGI L’ALTRA GUANCIA FILM Con Bud Spencer, Jean-Pierre Aumont, Terence Hill, Mario Pilar, Lorenzo Piani, Maria Cumani Quasimodo, Jacques Herlin

19:00 TG3 Notiziario 19:30 TG REGIONE - METEO

Notiziario 20:00 BLOB Varietà 20:10 CHE TEMPO CHE FA

Attualità Conduce Fabio Fazio

21:30 THE SENTINEL FILM Con Michael Douglas, Kiefer Sutherland, Eva Longoria, Martin Donovan, Kim Basinger

23:30 TG3 Notiziario 23:45 TG REGIONE Notiziario 23:50 UN GIORNO IN PRETURA

Attualità Conduce Roberta Petrelluzzi

00:50 TG3 Notiziario 01:00 TG3 AGENDA DEL

MONDO Rubrica

16:20 TORNEO 6 NAZIONI 2012 IRLANDA - ITALIA Differita Evento sportivo

18:15 FEBBRE DA CAVALLO FILM Con Enrico Montesano, Catherine Spaak, Luigi Proietti, Mario Carotenuto, Adolfo Celi, Fernando Cerulli, Nerina Montagnani

20:00 TG LA7 Notiziario 20:30 IN ONDA Attualità Conduce

Luca Telese e Nicola Porro

21:30 THE SHOW MUST GO OFF Varietà Conduce Serena Dandini con la partecipazione di Dario Vergassola ed Elio e le Storie Tese

00:30 TG LA7 Notiziario 00:35 TG LA7 SPORT Notiziario 00:40 M.O.D.A Attualità Conduce

Cinzia Malvini 01:25 MONDIALE SUPERBIKE

GP DI AUSTRALIA Evento sportivo

Rainews

VISIONI

MORETTI A HOLLYWOOD PARTY

ANTEPRIMA · Nelle sale dal 2 marzo «Posti in piedi in paradiso»

La risata di Verdone:candida, senza furbizia

Cristina PiccinoROMA

I l cda che doveva indicare il nuo-vo direttore del festival del cine-ma di Roma è finito prima di co-

minciare. A attendere i consiglieri,infatti, c’erano sul tavolo le dimis-sioni del presidente della Fondazio-ne cinema per Roma Gianluigi Ron-di. Un «sacrificio» il suo - come hadetto nel dare l’annuncio - a questopunto inevitabile per evitare ulterio-ri ritardi che potevano essere letalialla sopravvivenza del festival.

Nell’incontro di mercoledì scor-so con il sindaco di Roma GianniAlemanno, e con lapresidente della re-gione Lazio RenataPolverini, Rondi ave-va chiesto nuova-mente la confermadell’ex direttrice Pie-ra Detassis, almenoper questa edizione,trovando l’opposizio-ne netta di Polverinie Alemanno. Restava-no perciò solo le di-missioni.

Inoltre, secondole dichiarazioni dellostesso Rondi alle agenzie di stam-pa, sembra che la Bnl, principalesponsor della manifestazione roma-na avesse fatto capire a Rondi chepoteva ritirarsi dalla festival se nonsi fosse arrivati al più presto a unasoluzione.

A questo punto, seppure non an-cora ufficializzata, la nomina delcandidato di Polverini e Alemanno,Marco Müller appare scontata.Adesso Adesso dovrà riunirsi il con-siglio dei soci fondatori per nomina-re il nuovo presidente, e il nomeche più certo sembra è quello di Pa-olo Ferrari, ex presidente della War-ner e dell’Anica, che peraltro si ac-corda con la nomina di Müller. Aquel punto si tornerà al cda, nelquale Muller avrebbe dalla sua i vo-ti di regione (Salvatore Ronghi), delrappresentante di Roma Capitale(Michele Lo Foco), del presidente il

cui voto in caso di parità vale dop-pio, e contrari quelli della provincia(Massimo Ghini) e della camera dicommercio (Andrea Mondello).

Polverini e Alemanno, che lo ave-va nominato, ringraziano Rondi, ecosì l’Anica, l’associazione dei pro-duttori cinematografici, che nel cor-so dell’ultimo festival di Berlino, siera schierata apertamente (pure secon prese di distanza al suo inter-no) per Müller.

Durissimi i commenti del centro-sinistra, che dall’inizio si è oppostocon fermezza alle modalità di lottiz-zazione messe in atto rispetto al fe-stival dal sindaco e dalla presidente

della regione. «Co-me era facilmenteprevedibile, il 'Saccodi Roma’ è avvenu-to. Renata Polverinie Gianni Alemannohanno fatto prevale-re la forza sulla ragio-ne - ha detto il sena-tore del Pd VincenzoVita, vicepresidentedella commissionecultura - Si tratta diun atto in puro stileautoritario ... Dobbia-mo reagire».

«È una giornata nera per la liber-tà della cultura a Roma - ha dichia-rato Giulia Rodano, responsabilenazionale cultura di Italia dei Valori- Temo che le dimissioni di Rondi,anzichè salvare la rassegna, metta-no il festival nelle mani di potentiinteressi privati dell'industria cine-matografica. Siamo davanti al re-make di un film già visto lo scorsoanno, quando la Polverini, aveva af-fidato la gestione del Roma FictionFest all'associazione dei produttoritelevisivi».

Solidarietà a Rondi anche dal pre-sidente della provincia Zingaretti,che vede nell’imposizione delle suedimissioni, un «ferita per l’autono-mia della manifestazione e delle isti-tuzioni culturali della città».

Il punto è che l’intera vicenda hamostrato come nel festival romanola politica sia ancora più aggressivache altrove, e che comunque ci siabisogno in generale di rivedere sta-tuti e meccanismi che regolano irapporti tra enti locali, anche se fi-nanziatori principali, e eventi cultu-rali ai quali dovrebbe essere garanti-ta il massimo dell’autonomia discelte dalla politica e anche dall’in-dustria. Peccato che un ottimo di-rettore di festival quale può essereMüller arrivi in un paesaggio tal-mente inquinato, e peccato ancheche lui stesso si sia prestato al giocodella politica con tanta evidenza.Vedremo, se sarà nominato, quali equanti margini di indipendenza al-l’interno della macchina festival riu-scirà a mettere in pratica.

Domenica 26 alle 19 in diretta dalla Sala A - via Asiago,10 -Roma una puntata di «Hollywood Party» su Radio 3 molto spe-ciale. Condotta da Alberto Crespi ed Enrico Magrelli con conla partecipazione di Efisio Mulas, vedrà la partecipazione diNanni Moretti. Regista, attore, produttore, esercente, presiden-te della giuria della prossima edizione del Festival di Cannes:Nanni Moretti sarà il protagonista di questo «speciale » cheinaugura una serie di incontri tra gli ascoltatori e i protagonistidel grande cinema italiano in un avvicendarsi di interviste, cu-riosità, aneddoti e sequenze memorabili. Ancora cinema masulle frequenze di Radiodeejay che sempre nella giornata didomani - in diretta da mezzanotte alle 5, propone una lungamaratona radiofonica dedicata alla alla Notte degli Oscar rea-lizzato in collaborazione con Sky. Linus, Laura Antonini, Nicolae Gianluca Vitiello, Nikki, Federico e Marisa, Vic e tanti altri -saranno on air per raccontare il mondo del cinema riunito alKodak theatre. Nel corso della trasmissione commenti e prono-stici di attrici, attori e registi del nostro cinema: Sabrina Impac-ciatore, Claudio Santamaria, Alessandro Roja, Corrado Fortu-na, Fabio Volo e Gabriele Salvatores.

ROCK · Torna il Banco e si rituffa in un tour

Marco Giusti

Finalmente si ride. Malgrado ilgrande impegno profuso dai no-stri produttori alla ricerca di in-

cassi immediati, per non parlare diuna distribuzione che ha distruttoqualsiasi idea di salvaguardia di un ci-nema di idee, non è stata finora unastagione di grandi successi per il no-stro cinema comico più popolare. Perfortuna che, dopo una serie di re-make, sequel, commedie sexy senzasesso, film natalizi zoppicanti, Postiin piedi in Paradiso, il nuovo film diCarlo Verdone (in uscita nelle sale il 2marzo) ci riporta ai tempi eroici della

commedia all’italiana e delle operepiù riuscite del nostro cinema comi-co. Va detto, però che non tutto è riu-scito.

Dopo una prima parte strepitosa,di grandi tempi comici, la secondamostra qualche momento faticoso,qualche gag è ripetuta o inutile, il per-sonaggio del critico cinematograficopezzente, interpretato dal pur bravis-simo Favino, non è ben definito, an-che se al pubblico dei veri critici è pia-ciuto molto il momento in cui, allaconferenza stampa, si riempie la bor-sa di panini. Anche l’aspetto, serissi-mo, della crisi economica che tuttistiamo vivendo che spinge i tre prota-gonisti a vivere assieme come deglistudentelli, è giusto, nuovo, ma forse

un po’ troppo esasperato. Eppure tut-to questo, alla fine, ci importa poco,visto che il film vive di una sua caricacomica originale e popolare assoluta-mente dilagante. Intanto, Verdone rie-sce a costruire per Marco Giallini, chegià aveva avuto un ruolo di rilievo nelprecedente Io, loro e Lara, un perso-naggio memorabile di figlio di mignot-ta alla Franco Fabrizi-Alberto Sordiche riesce a farci ridere appena aprebocca con tormentoni che non voglio-no lasciarci («Lo sai o non lo sai?», di-ce a una ragazza con una terribile fia-tella, «Aho, porta du stronzi, preparail tavolo che ho il cash...»), per nonparlare del collasso dovuto a una not-te di sesso mercenario («cosa so? Unescort?») con una anziana signora cheha dovuto reggere con ben quattro pa-sticche di viagra («Vorrei vede’ te co’mi’ nonna…», spiega agli amici).

Poi offre a Michela Ramazzotti, chefece esordire da produttore in Zora lavampira", la possibilità di ridefinire ilsuo personaggino di Shirley MacLai-ne svampita del Tiburtino («che?... tevibbra?», «Ah, Jim Morrison... Quellodei Queen no?»), iniziato con PaoloVirzì in Tutta la vita davanti, mentresi lascia per sé il personaggio più tri-ste e sfigato di ex-produttore discogra-fico finito a vendere vinili vintage divecchie glorie del rock in un negoziet-to in periferia. Quando riesce a carica-re i suoi protagonisti, adulti ancora ra-gazzini che dividono la casa, e a farliinteragire fra di loro e poi con il mon-do esterno (la grande scena della fe-sta orrenda a casa della Ramazzotti),Verdone ottiene risultati eccezionaliche da anni non vedevamo nel nostrocinema comico, di solito calibrato sumodelli più elementari. Con rara ge-nerosità per un attore-regista, inoltre,punta più su Giallini, Ramazzotti e Fa-

vino che non sul suo personaggio, alquale lascia però una serie di sguardie di piccole battute di grande finezzache i tanti fan verdoniani riconosce-ranno e ameranno. Del resto, un po’tutto il film funziona anche come ungioco di rielaborazioni e di recuperidi vecchie gag e situazioni del suo ci-nema, ma questo aumenta solo il no-stro piacere. Rispetto al precedenteIo, loro e Lara, che era più strutturato,qui, malgrado qualche smagliatura disceneggiatura, si ride molto di più,grazie anche a una serie di sketch for-se facili e immediati, anche ai limitidel politicamente scorretto, ma digrande presa popolare. Sotto questoaspetto il massimo è la scena del col-po alla soliti ignoti di Verdone e Favi-no a casa di due vecchietti romaniscelti benissimo («Ma a noi che c’han-no da rubba’?»), perfetta rielaborazio-ne verdoniana di un classico della co-micità del nostro cinema. O la già cita-ta orrenda festa a casa della Ramaz-zotti dove Favino e Giallini si imbuca-no affamatissimi con derive a metàtra Bombolo e Chaplin (beh, più Bom-bolo che Chaplin).

Ma al di là delle risate, colpisce ilcandore di Verdone di mostrarsi pertutto il film coi suoi difetti, le sue pau-re, anche le sue ovvietà, lasciandosinudo davanti allo spettatore nella suapiù totale fragilità. Non c’è mai unafurbizia, uno sketch o una battuta chevogliano mascherare qualcosa di di-verso da quello che ha in testa e ha de-ciso di mettere in scena. Anche l’ideadi mettere in scena la nuova povertàitaliana, la crisi, con una storia comi-ca fa parte di questo processo. È il suocandore, dopo tanti anni di cinema,che ce lo rende davvero vicino al pun-to che non possiamo non volergli be-ne.

Il progressive? Non è mai morto come testimonia il ritorno in attività del Banco del Mutuosoccorso che compie quest’anno 40 anni. L’anniversario viene celebrato attraverso untour partito ieri da Palermo e che continua stasera al teatro Cilea di Reggio Calabria, il 23marzo al Vidia Club di Cesena, il 24 marzo al Deposito Giordani di Pordenone, il 6 aprilealla Stazione Birra di Roma e il 14 aprile al Viper Club di Firenze. Il live club tour dellaband sarà anche l’occasione per presentare anticipazioni di un nuovo album in uscita inautunno. ll debutto vero e proprio del gruppo avviene nel 1972, quando fanno ingresso informazione Francesco Di Giacomo (voce), Renato D'Angelo (basso) e Pierluigi Calderoni(batteria), tutti provenienti dalle Esperienze, e il chitarrista Marcello Todaro (dai Fiori diCampo). Il primo album, intitolato semplicemente «Banco del Mutuo Soccorso» esce nel-lo stesso anno. Successivamente, sempre ne '72, viene pubblicato il concept album«Darwin!» seguito l'anno dopo da un altro fondamentale capitolo nella storia della band,il disco «Io sono nato libero». Ad accompagnare in questo tour della memoria progressiveun’altra band che in quegli anni ha riscosso successi, Le Orme.

IN BREVE

Woody Allen,il film «romano»esce il prossimo20 aprile

Tempi comicie interpreti perfettici riportano ai tempieroici dellacommedia italiana

FESTIVAL DI ROMA ·Verso la nomina di Müller

Rondi si dimette, vinconoAlemanno e Polverini

Il film che il regista americanoha girato a Roma la scorsaestate (probabile titolo «A Ro-ma con amore») sarà in sala il20 aprile, distribuito da Medu-sa. Ispirato alle novelle delBoccaccio, il film vede protago-nisti lo stesso Woody Allen conPenelope Cruz, Ellen Page, Gre-ta Gerwig, Alec Baldwin, JesseEisenberg e Roberto Benigni.

PINK FLOYDLA PARTE OSCURADEL MUROSi chiude con l’uscita il 28 feb-braio di «The Wall» la riedizio-ne rimasterizzata con inediti erarità dell’opera omnia dellaband britannica in varie edizio-ni. La Emi ripubblica in varieedizioni, la più lussuosa (e co-stosa) «Immersion, Experiencee LP» di The Wall, comprendel'album rimasterizzato in digita-le, «Is there anybody out there-The Wall live» rimasterizzato indigitale, 2 cd di registrazioniinedite con estratti dai demooriginali, e i demo di «Conforta-bly Numb» e «Run Like Hell». Ildvd include un video dal vivorealizzato durante il tour a ca-vallo tra il 1980 e il 1981, ildocumentario Behind The Wallsulla realizzazione dell'album,il video di «Another Brick InThe Wall pt.2» e un'intervista aGerald Scarfe.

DOPO «HARRY POTTER»J K ROWLINGSOLO PER ADULTILa scrittrice britannica autricedella saga multimiliardaria di«Harry Potter» (450 milioni dicopie vendute) ha annunciatodi essere in procinto di pubbli-care il suo primo romanzo perun pubblico adulto. Lo annun-cia come «molto differente dalmio stile abituale». «La possibi-lità di poter esplorare nuoviterritori - ha spiegato in un’in-tervista alla Bbc la scrittrice -è una prerogativa concessa dalsuccesso di Harry».

DA SINISTRA CARLO VERONDE, MICHELA RAMAZZOTTI E PIERFRANCESCO FAVINO IN «POSTI IN PIEDI IN PARADISO»

IL MALEIl settimanale satirico di Vauro e Vincino cambia casa. Inaugurata ieri infatti la nuova redazionein piazza del Gesù a Roma, nella stessa sede che ospitò la sede storica della Dc. «Siamoentrati in questo palazzo dopo trenta anni di vani tentativi» - ha scherzato Vauro durante laconferenza stampa-show. Da fine marzo «Il male» sarà disponibile anche in pdf, iPhone e Ipod.

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pagina 14 il manifesto SABATO 25 FEBBRAIO 2012

COMMUNITY

"Mobbizzato" per budgetParola mia, non avrei mai creduto diarrivare, a 50 anni compiuti, al puntodi recarmi al lavoro tutte le mattinecon la tristezza nel cuore. Sono inge-gnere elettronico. Da oltre vent’annilavoro in una grande azienda genove-se del gruppo Finmeccanica. Ma, dadue anni a questa parte, dovrei direche "non-lavoro" in questa azienda.Infatti, tutte le mattine entro, mi siedoalla scrivania e, dopo le canonicheotto ore, esco dalla mia azienda. So-no sempre presente, mi pagano ilregolare stipendio ma, di fatto, sonodisoccupato perché da due anni nes-suno mi interpella, nessuno mi da'qualcosa da fare, il mio telefono nonsquilla mai. E tutto questo avvienetutti i giorni, per tutte le otto ore dipresenza in azienda. Ma non si trattadi mobbing intenzionale, perché nonc'è una volontà esplicita di oppressio-ne nei miei riguardi. Peggio, per "ra-gioni di budget" gli impegni vengonocontinuamente procrastinati e, in prati-ca, si attua una non-considerazionedella mia persona, del mio back-ground lavorativo, delle mie compe-tenze, del mio curriculum. Con chi mela posso prendere? Non c'è nessunocon cui prendersela. Semplicemente,la mia azienda mi ignora. Ci sono mo-menti, durante la giornata, che per losconforto, mi chiudo in bagno e mimetto a piangere. Ma è un piantosenza lacrime. E ne ho fatti di tentati-vi per cambiare la situazione. Sto vi-vendo uno stato di prostrazione estre-ma. Se non avessi la mia famiglia, imiei cari, probabilmente avrei accarez-zato l'idea di lanciarmi dal tetto azien-dale. Chissà, forse allora si accorge-rebbero di me.R.R.

Questioni di dignitàÈ molto bello dimostrare che la pro-pria dignità di lavoratore venga vissu-

ta a testa alta, com’è avvenuto per itre operai della Fiat di Melfi, reintegra-ti in fabbrica dalla Corte di Appello diPotenza. L’ossessione di Marchionneche non ha permesso a decine di lavo-ratori il rientro alla Fiat di Pomiglianoperché iscritti alla Fiom e non alla Uilo alla Cisl, fa capire che questi atteg-giamenti possono diffondere ben altrocaos o paure. Questa nostra societàche arriva a questo punto di rottura,con un capovolgimento dei diritti, sen-za accettare che gli uomini abbianopari dignità, a prescindere dalla tesse-ra di partito o sindacale, ha ridottoall’osso la dignità degli uomini.Salvatore Spavone

La frode del padre di famigliaUna grande frode è far passare il go-verno Monti per un buon padre difamiglia che cerca solo di rimettere iconti domestici a posto. Sono inveceun gruppo cui interessa solo il trime-strale di cassa, i profitti a breve persé e gli altri oligarchi. Gente ben aconoscenza che “la Borsa vola in altoquando il sangue scorre nelle strade”.Gli manca solo la guerra, ma a quellasta lavorando attivamente la Nato. Edopo di loro venga pure il diluvio.Giorgio Carlin Torino

Non facciamoci del maleIn merito all’articolo "Invito a Caselli"di Guglielmo Ragozzino (il manifesto22/2) vorremmo sottoporre alcunenotazioni. Non spetta a noi difendereGian Carlo Caselli: per lui e in sua

“difesa” parlano la sua vita e la suastoria, umana e professionale. Storiapubblica e a disposizione di chiunquela voglia conoscere. Tuttavia oggi dob-biamo sottolineare che è in corso unattacco indegno alla sua persona.Attacco che, per le forme in cui si stasviluppando e per le parole minaccio-se che vengono usate (sui muri e ininterventi su siti e blog), in nessunmodo può essere iscritto nel liberodibattito di idee e di posizioni, sem-pre lecito, anche nelle forme piùaspre. Per quanto riguarda il ruolodella nostra casa editrice, possiamodire che siamo fieri di avere pubblica-to i libri di Gian Carlo Caselli. E cherimaniamo perplessi e sgomenti nelleggere le parole che il vostro giornaleci dedica nell’articolo in questione.Greve è l’ironia sul nome della casaeditrice: «Melampo, molti lo ricorda-no, è il nome del povero cane, corrot-to dalle faine, che Pinocchio sostitui-sce nel pollaio». Ironia che prepara lazampata a «un’obiettiva propagandaall’americana». Rimettiamo in ordine ifatti: il libro Assalto alla giustizia, con-cepito nel corso del 2011 e pubblica-to in dicembre, è una riflessione sullostato della legalità nel nostro Paese. Ilfatto che le presentazioni, già pro-grammate, di questo libro siano stateprese come momento di visibilità daparte di chi ha voluto identificare Ca-selli come il “bieco repressore” è cosada noi non voluta, anzi subita. Tant’èche, per senso di responsabilità, ab-biamo dovuto annullare alcuni incon-

tri pubblici. Il coraggio e l’impegnocivile di Melampo Editore sono rappre-sentati dal nostro catalogo. E voi do-vreste ben conoscere la fatica e ladifficoltà di fare editoria fuori dai gran-di gruppi e dai grandi circuiti finanziaried economici. Abbiamo sempre segui-to con affetto e rispetto il manifesto.Non chiediamo affetto ma rispetto peril nostro lavoro. Fare muro di frontealla barbarie riteniamo passi ancheda questo. In alternativa: continuiamocosì, facciamoci del male.Lillo Garlisi Amministratore delegatodi Melampo Editore

Il ministro Clini precisaGentile direttrice, ieri il suo giornaleha pubblicato un articolo di France-sca Pilla sul tema delle risorse idri-che, articolo che mi riguarda. La gior-nalista cita un mio intervento alla tra-smissione "Piazza Pulita" in cui dicevoche «l'acqua è una risorsa rara, costo-sa, possiamo rendere efficiente il ser-vizio solo attraverso una competizio-ne». Aggiunge Pilla che io avrei avutoun ripensamento su questo principio.Mi sta a cuore segnalare a lei e aisuoi lettori che non c'è contraddizionefra ciò che ho detto nell'incontro con imovimenti contro la cosiddetta "priva-tizzazione" dell'acqua e ciò che hoespresso durante la trasmissione tv.La competizione consente di confron-tare risultati e costi tra i diversi gestoridelle risorse idriche, avendo chiaresia la natura di bene pubblico dell'ac-qua sia l'esigenza di assicurare unservizio efficiente, contestuale constandard di qualità dell'acqua nelrispetto delle norme ambientali nazio-nali ed europee. Lo stato dei serviziidrici italiani, e più in generale la ge-stione del ciclo delle acque, invecemettono in evidenza inefficienze esprechi con costi ambientali ed econo-mici elevatissimi sopratutto in alcuneregioni italiane. Stiamo predisponen-do la norma prevista dal decreto "Sal-va Italia" in materia di acqua. Nell'am-bito di questa norma, abbiamo previ-sto di individuare obiettivi di qualitàper i gestori dei sistemi idrici e delciclo delle acque, obiettivi ai qualidevono essere connessi i livelli delletariffe da applicare per coprire i costi.Chi non rispetta gli obiettivi avrà laresponsabilità di tariffe più elevate,mentre potrebbe ottenere vantaggitariffari chi è in grado di offrire servizicon performance più elevate rispettoagli obiettivi. Una competizione, que-sta, che non genera speculazioni, maal contrario promuove la qualità deiservizi e riduce i consumi di acqua,bene pubblico prezioso e raro.Corrado Clini

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EMILIASabato 25 febbraio, ore 15.30PREMIO CHIARINI Rinviato causa maltem-po l’11 febbraio, si tiene oggi il premio Stefa-no Charini che è stato attribuito quest’anno aVauro Senesi, per - si legge nella motivazione:«il suo impegno attraverso articoli, vignetti einterventi televisivi atti a rompere il muro diomertà e disinformazione che sovrasta laquestione palestinese».■ Polisportiva Gino Nasi, via Tarquinia55, Modena

LAZIOLunedì 27 febbraio, ore 17PALESTINA E DINTORNI Incontro pubblicodal titolo «Dalla parte dei palestinesi: il ritor-no, un diritto. Sabra e Chatila, a trent’annidal massacro nessuna giustizia». Coordina:Bassam Saleh (Comunità palestinese in Ita-lia), interverranno: Gustavo Pasquali (ForumPalestina), Loretta Mussi (Un Ponte per…),Maurizio Musolino (Comitato Per non dimenti-care Sabra e Chatila), Kassem Al Aina (Coordi-natore Ong palestinesi in Libano, ComitatoPer non dimenticare Sabra e Chatila)■ Cdb di San Paolo, via Ostiense152/b, Roma

MARCHESabato 25 febbraio, ore 15CRISI NEI CANTIERI Convegno a tema«Crisi della cantieristica lotte operaie e proget-to per il lavoro». Intervengono delegati operaie rappresentanti della Fiom dei principalicantieri navali italiani. Per una svolta nellapolitica nazionale della cantieristica, parecipail segretario nazionale PdCI Oliviero Diliberto.■ Sala del Consiglio comunale L.go 24Maggio 1, Ancona

PIEMONTESabato 25 febbraio, ore 13NO TAV Il popolo No Tav scende ancorauna volta in strada per ribadire il propriorifiuto al progetto inutile e devastantedella nuova linea ferroviaria Torino-Lione.La manifestazione è stata organizzata incollaborazione con la Comunità Montanae l’assemblea dei sindaci della val Susa eval Sangone per ribadire l’unità del territo-rio nel respingere quest’opera. Sarà un’occasione per rilanciare la mobilitazionee sancire la legittimità della resistenza incorso da mesi contro il cantiere di Chio-monte, area militarizzata.■ Appuntamento presso piazza dellastazione, Bussoleno (To)

UMBRIADomenica 26 febbraio, ore 9.30BIOGAS Convegno nazionale sul biogas ali-mentato a biomasse organizzato dal Comitatoper la difesa dell'ambiente di Costano.Tra gli interventi previsti ci sono quelli delprof. Michele Corti dell'università di Milano,del dott. Luigi Gasparini dell'AssociazioneMedici per l'Ambiente, del dott. Roberto Pelle-grino dell'università di Perugia, dell'avv. Mar-zia Calzoni del Comitato «Territorio e Vita»onlus e del magistrato bolognese Enzo Roi.■ Cinema Esperia, località Bastia Um-bra (Pg)

Martedì 28 febbraio, ore 18IL CASO GUBBIO Affonda la politica, affio-rano «i mostri». Il caso Gubbio, discutiamonein un incontro-dibattito.■ Presso i locali della redazione di«Micropolis» e «SegnoCritico» in ViaRaffaello 9/A (traversa di Via Bontem-pi), redazione di micropolis, vVia Raf-faello 9/A (traversa di Via Bontempi)Perugia

Le segnalazioni vanno tutte inviate alseguente indirizzo e-mail: [email protected]

il manifestoCAPOREDATTORI

marco boccitto, micaela bongi,sara farolfi, massimo giannetti,

giulia sbarigia, roberto zanini,giuliana poletto (ufficio grafico)

DIR. RESPONSABILE norma rangeriVICEDIRETTORE angelo mastrandrea

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONEPRESIDENTE valentino parlatoCONSIGLIERI miriam ricci,emanuele bevilacqua, ugo mattei,gabriele polo (dir. editoriale)

VERITÀ NASCOSTE

La Grecia e le "anime belle"Sarantis Thanopulos

lele

ttere

VUOTI DI MEMORIA

AmbizioniAlberto Piccinini

In questo intervento proponiamo quantosegue: 800.000 disoccupati vengono assun-ti nel settore pubblico dell'economia con

una retribuzione netta di 1.200 euro al mese.L'operazione è finanziata con un'imposta pa-trimoniale sulla ricchezza mobiliare (escluden-do cioè le abitazioni, i terreni ecc.). Prima di en-trare nel merito chiariamo che: a) gli 800.000posti e i 1.200 euro al mese vanno intesi comeordine di grandezza […]; b) le aliquote fiscaliche verranno citate più sotto sono anch'esseun ordine di grandezza medio. È sicuramentepreferibile ricorrere ad aliquote progressive.Analogamente, si potrà pensare anche a una li-mitata tassazione del patrimonio immobiliare[…]. Premessa. L'emergenza economica in cuici troviamo è l'insieme di più emergenze. Unaè quella occupazionale. Gli economisti sericoncordano su questi quattro punti: a) i prossi-mi mesi, o anni, di recessione aggraverannoquesta emergenza; b) una crescita debole, pa-ragonata a quella degli ultimi anni prima dellarecessione, non è sufficiente a risolvere questaemergenza, e forse nemmeno a impedirne l'ag-gravarsi; c) i costi di questa emergenza sonoenormi, e di lungo periodo: in quanto oltre allegravi sofferenze di natura sia economica siapsicologica per i disoccupati (che molti politicitrascurano) comprendono anche la perdita dicapacità lavorative, la disaffezione verso il lavo-ro, e vari tipi di degenerazione del tessuto so-ciale; d) il mercato non è in grado di risolverequesta emergenza. Ne consegue inevitabil-mente quanto segue: a) l'emergenza occupa-zionale va affrontata come tale, cioè con prov-vedimenti di emergenza, che devono durare fi-no a che dura l'emergenza; b) è compito dellostato sostituirsi al mercato per creare occupa-zione; c) le risorse per affrontare questa emer-genza devono essere sottratte al ricatto deimercati finanziari. Infatti un aumento del co-sto del debito implica una riduzione delle risor-se pubbliche disponibili, il che fa aumentare ladisoccupazione; e contrastare la disoccupazio-ne con nuova spesa pubblica implica un au-mento del costo del debito, e così via; d) le ri-sorse necessarie devono quindi provenire dauna fonte consistente e stabile. La via più per-corribile in tempi brevi è la tassazione della ric-chezza mediante un'imposta patrimoniale.

La proposta qui illustrata solleva quattro or-dini di problemi: tecnici, cioè come implemen-tarla; economici, cioè la valutazione degli effet-ti che avrebbe sull'economia; finanziari, cioèdove trovare i soldi per attuarla; e infine politi-ci. È importante, prima di continuare, verifica-re che i soldi ci siano, per dirla un po' brutal-mente. Ci sono. A quanto riferisce la Bancad'Italia, la ricchezza mobiliare netta degli italia-ni, cioè quella costituita da moneta e titoli (enon da abitazioni e altri immobili, e calcolatasottraendo i debiti) è di circa 2.700 miliardi dieuro, di cui almeno il 45% è nelle mani del10% più ricco. Il costo della manovra suggeritaè di poco meno di 12,5 miliardi (includendouna tredicesima mensilità). Ciò implica che ilsuo costo potrebbe essere coperto con un'im-posta patrimoniale media pari allo 0,46%, cioèal 4,6 per mille […]. Per avere un'idea della por-tata di una simile imposta si consideri quantosegue: un cittadino che disponga di una ric-chezza finanziaria di 10.000 euro (un valorepiuttosto basso, dato che il patrimonio includeogni tipo di risparmio, compresi i conti corren-ti bancari) dovrebbe pagare 46 euro all'anno;non c’è motivo per cui non possa essere auto-rizzato a pagare in dodici rate mensili di tre eu-ro e ottantatre centesimi ciascuna. Ci sentia-mo di dire che questo esborso è ampiamentealla sua portata; e lo è quindi, a maggior ragio-ne, quello richiesto ai cittadini dotati di un pa-trimonio maggiore.

La proposta integrale su www.sbilanciamoci.info

La stragrande maggioranza dei greci stareagendo ai sacrifici in modo compostoe, al di là delle apparenze, le manifesta-zioni sindacali si svolgono in forma paci-fica e responsabile anche di fronte arestrizioni pesantissime dei diritti deilavoratori e dei salari. Le invettive dialcuni politici europei nei confronti deigreci sono un segno di intolleranza pre-occupante. Recentemente il presidentegreco Papoulias (ex partigiano) ha datosfogo a un sentimento di insofferenzaprofonda. «Chi è Schaeuble per dileggia-re la Grecia? - ha detto - Chi sono gliolandesi? Chi sono i finlandesi? Abbia-mo sempre avuto l'orgoglio di difenderenon solo la nostra libertà, non solo ilnostro paese, ma la libertà di tutta l'Eu-ropa». Papoulias ha reagito all'afferma-zione del ministro tedesco di Economiache la Grecia è un pozzo senza fondo

dove si buttano soldi e alle ripetutedichiarazioni di esponenti del governoolandese e di quello finlandese che deigreci si poteva fare a meno. Qualcunoin Europa ha parlato di cattiva retorica,ma anche ai greci, nonostante l'appro-vazione generale alle parole del loropresidente, il riferimento generico agliolandesi e ai finlandesi non è del tuttopiaciuto. Avrebbero preferito una chia-mata in causa circoscritta ai governanti.Nella loro cattiva sorte preferisconodetestare la Merkel, non i tedeschi. Nonsembra, tuttavia, che Papoulias inten-desse prendersela con i popoli. La sua

risposta risentita andrebbe interpretataper quello che è: una reazione che ris-pecchia pienamente il tipo di emozioniche la politica di Merkel sta incubandoin Europa. Questa politica, in qualsiasimodo la si pensi, sta portando i grecialla fame. Se Schaeuble conoscesse lastoria europea (cosa che per un politicodel suo livello dovrebbe essere sconta-to) saprebbe che durante l'occupazionenazista, in particolare nell'inverno del1941-’42, centinaia di migliaia di grecisono morti di fame. Attribuire al popolotedesco l'esclusiva responsabilità delnazismo è cosa ingiusta. Se la storia ha

un senso, la responsabilità è di tutti glieuropei. Tuttavia, Schaeuble, che non èun affamatore di popoli, avrebbe dovu-to mostrare maggiore sensibilità: con lasua metafora, manifestamente impro-pria, del pozzo senza fondo, è riuscitosolo a richiamare vecchi fantasmi (maidel tutto superati), ad avvelenare, senzache se ne sentisse il bisogno, un climagià teso. Purtroppo la sua indelicatezzaè un segno dell'opacità delle emozioniche caratterizza il nostro tempo. Riflettel'autoreferenzialità psicologica dei suoielettori, che non è un fenomeno tede-sco ma europeo. C'è una tendenza alla

"padanizzazione" dei popoli, una riedi-zione volgare, su scala collettiva, delle"anime belle". Dove questa tendenza siafferma sfuma il significato stesso di"popolo": ciò che prende forma è uncorpo sociale indistinto aggrappato aimeccanismi virtuosi (veri o supposti)del benessere economico del presentee proiettato psicologicamente a perce-pirli come organismo a se stante e per-manente. Se gli europei devono unirsi èperché la loro storia, che conta duecatastrofi nel secolo scorso, insegnaloro che le "anime belle" cadono sem-pre in piedi finché la propria casa nongli cade in testa. Più ci si allontana dalsenso della storia, più si perde di vistail futuro e il comune sentire, volto alpresente, diventa a lungo andare un'ac-cozzaglia di sentimenti in attesa diesplodere.

chiuso in redazione ore 21.30

tiratura prevista 63.310

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I giornali recano la notizia del suicidio di Bresci. Bresci – cioè – secondo i tele-grammi comunicatemi, - sottoposto da un mese al regime cellulare di SantoStefano, la più terribile delle nostre carceri, si era mostrato da più giorni irre-quieto; da una settimana rifiutava il cibo e pareva in preda a un accesso di furo-re, a cui nell'ultimo giorno parve sottentrare una calma apparente, durante laquale egli con un tovagliolo si strangolava. Il fatto, a chi ha pratica delle carcerie dell'uomo criminale, non ha nulla di singolare. Il Bresci era un criminaloideche, uscendo da una famiglia impoverita e ambiziosa (...) dopo aver soffertouna miseria grandissima, quando già cominciava a sollevarsene, fu colpito dadiscorsi e conferenze anarchici, che coincidevano con delle idee sortegli dalleprimitive sventure. Idee che erano germogliate per la incultura primitiva, e so-prattutto dopo che si era recato in America in un vero focolaio di anarchici (...).Che il senso morale fosse in lui ottenebrato da un fanatismo esagerato, che lorendeva simile a un comune delinquente, lo prova il nessun rimorso, la premedi-tazione del reato, avendo comprato la rivoltella già da molto tempo e, orribiledettaglio, intaccato il proiettile con una forbice perchè riuscisse più micidiale,(...). Era donnaiolo, ma finì con un specie di matrimonio. Non aveva altre ambi-zioni, oltre quella politica, che di essere un fotografo (Cesare Lombroso sulsuicidio dell'anarchico Gaetano Bresci; «La Stampa», 24 maggio 1901)

Sbilanciamoci.infoUna tassa sui patrimonifinanziari per creare800.000 posti di lavoroGuido Ortona, Ugo Mattei, Francesco Scacciati

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SABATO 25 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 15

Roberto Biorcio

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COMMUNITY

La crisi economica avviatacon il collasso finanziariodel 2008-2009 sta rapida-

mente cambiando gli scenari del-la democrazia in Europa. Per fron-teggiare gli effetti della crisi si at-tribuiscono sempre più funzionidi governo ai “tecnici”, che inevi-tabilmente ridimensionano nonsolo il ruolo e la visibilitàdei partiti, ma anche i pote-ri e i diritti politici dei citta-dini. Governi guidati da tec-nici sono al lavoro in Italiae in Grecia, sostenuti da co-alizioni politiche trasversa-li. Ma ancora più importan-te è il ruolo della “troika”formata da Commissioneeuropea, Bce e Fmi che svol-ge un ruolo da “supergover-no”, commissariando di fat-to le politiche economichee sociali dei paesi più in dif-ficoltà dell’Eurozona. L’in-tervento del “tecnico” Ma-rio Draghi ha poi esplicitatoun progetto di trasformazio-ne epocale del Vecchio con-tinente, con l’archiviazionedel “modello europeo” so-prattutto per le protezionisociali e i diritti del lavoro.Tutto questo avviene men-tre, al di là dell’atlantico, il“politico” Obama è accusa-to di voler trasformare gliStati Uniti imitando il mo-dello europeo.

Da dove nasce il poteredei tecnici? Il loro punto diforza è quello di poter im-porre anche politiche impo-polari, perché non hanno lanecessità di conquistare ilconsenso elettorale. Posso-no d’altra parte contare sul-le debolezze e la poca credi-bilità dei partiti: per affron-tare i problemi posti dallacrisi economica l’opinionepubblica sembra più dispo-sta ad affidarsi a una élite ditecnici piuttosto che alle tra-dizionali élite politiche. Si sta an-che affermando un “retorica deitecnici”, ripetuta come un man-tra da Monti, da Draghi e dallaFornero: l’idea di agire nell’inte-resse delle future generazioni, so-prattutto dei giovani che speri-mentano sempre più la disoccu-pazione e il precariato. Una retori-ca che non solo è smentita da tut-ti gli economisti più seri, ma cheha scarsissima credibilità presso igiovani. In Italia il consenso per ilgoverno dei tecnici è elevato so-prattutto fra gli anziani e i pensio-nati, mentre è molto più limitatonelle giovani generazioni; è mol-to forte fra gli imprenditori e i libe-ri professionisti mentre si riducedrasticamente tra i disoccupati.

Come ci si può opporre al pote-re dei “tecnici” e al rigido paradig-ma neoliberista di cui diventanoesecutori? Il dissenso si manifestasoprattutto nella “piazza”, come

dimostrano le ripetute mobilita-zioni che si sono registrare in Gre-cia, Spagna, Portogallo e (in misu-ra per ora limitata) in Italia. Lemobilitazioni hanno però moltedifficoltà ad incidere sui processiin corso perché prive di una rap-presentanza politica. Emerge cosìun diffuso senso di impotenzadei cittadini, una percezione diespropriazione della sovranità po-polare, che si lega spesso con laperdita delle sovranità nazionale.Una opposizione politica alla poli-tiche dei tecnici, della Bce e delFmi viene per ora soprattuttoespressa dalla destra populista eu-ropea: un insieme di partiti già sal-damente insediati nelle istituzio-ni politiche, che hanno un acces-so privilegiato al dibattito pubbli-co e ai media. Queste formazionihanno avuto successo negli ulti-mi venti anni soprattutto gesten-do l’antipolitica e denunciando le

minacce ai diritti e al benesseredelle comunità nazionali attribui-te agli immigrati. Oggi appare an-cora più facile una gestione politi-ca populista della proteste perchéda una parte viene messa in di-scussione la sovranità popolare edall’altra si ridimensionano i siste-mi di welfare locali, chiedendo al-lo stesso “popolo” di pagare i co-sti per risanare i bilanci statali efronteggiare i collassi delle ban-che.

La destra populista europea ge-stisce le tensioni sociali contrap-ponendosi non solo al ceto politi-co nazionale ma anche alle oligar-chie economiche e finanziarieche dominano a livello internazio-nale. La polemica contro gli effet-ti della globalizzazione e della cri-si economica è strettamente in-trecciata a quella contro l’UnioneEuropea: si rifiuta ogni tipo di soli-darietà per gli stati in difficoltà, e

si sottolineano i vantaggi di unpossibile abbandono dell’Euro.In alternativa alle pratiche dellademocrazia partecipativa, le for-mazioni populiste valorizzanouna sorta di democrazia plebisci-taria, di fatto realizzata chieden-do un pronunciamento con il vo-to per i loro leader come interpre-

ti dell’autentica volontà po-polare.

I principali partiti di cen-trosinistra europei appaio-no oggi in gravi difficoltà:non sono più in grado di ge-stire i problemi e le nuovedomande prodotte dalla cri-si perché dovrebbero rimet-tere in discussione il para-digma di “neoliberismotemperato” su cui si sonoposizionati negli ultimi ven-ti anni.

I partiti europei di centro-destra si muovono in modomolto diverso: di fronte allescadenza elettorali cercanodi recuperare alcune idee esoprattutto la retorica delladestra populista. Viene inparte rimessa in discussio-ne la divisione del lavoroche si era realizzata di fattoin diversi paesi europei: ipartiti di centrodestra gesti-vano le politiche neoliberi-ste mentre i partiti populi-sti davano espressione alleinsicurezze e alle domandedi protezione dei ceti popo-lari. In Francia Sarkozy cer-ca di presentarsi come “pre-sidente del popolo” pren-dendo le distanze dalle éliteeconomiche che erano sta-te favorite dalla sua politicafiscale. Chiede un affida-mento plebiscitario alla suapersona per salvare la nazio-ne dalla “catastrofe” e altempo stesso manda preci-si segnali all’elettorato delFront National con la pro-messa di frenare l’immigra-

zione, di escludere i matrimoniomosessuali e di riformare la poli-tica riducendo il numero dei par-lamentari.

In Germania, per riconquistarepopolarità, la Merkel cerca di pre-sentarsi come la paladina del “po-polo tedesco” riducendo al mini-mo la solidarietà nell’ambito del-l’Unione. La Grecia e gli stati indifficoltà vengono offerti ai citta-dini tedeschi come possibili capriespiatori per l’indignazione e larabbia popolare. Una strategianel contesto dell’Eurozona moltosimile a quella che la Lega ha pra-ticato in Italia. Il Carroccio ha cer-cato di gestire il malcontento cre-scente delle regioni del Nord ri-lanciando le polemiche contro leresponsabilità delle popolazionidel mezzogiorno, presentando lasecessione come l’unica via perportare la Padania fuori dalle diffi-coltà economiche.

Raffaele K. Salinari

La sentenza della Corte europeadei diritti umani contro le prati-che anti immigrazione dell’Ita-

lia sancisce che la violazione e/o la si-stematica strumentalizzazione dei Di-ritti umani rientra oramai a pieno tito-lo tra le “necessità” strategiche previ-ste dalla gestione dell’attuale fase dicrisi finanziaria. In particolare, “i mer-cati” spingono per reinterpretare le re-gole del Diritto umanitario esistente,quello sancito dalle Convenzioni diGinevra, al fine di crearne un altro, so-stituito dal Diritto di ingerenza umani-taria come si è sviluppato a partiredai bombardamenti durante la guer-ra in ex Jugoslavia per arrivare all’as-sassinio di Gheddafi. Le crisi economi-che sono, in ogni epoca, le fasi che ot-timizzano e forgiano le premesse peri nuovi scenari della dominazione,per un nuovo nomos della Terra. Ilbioliberismo, la forma attuale dellabiopolitica operante in questa fasestorica ha la necessità, per continuarea riprodursi, di controllare ogni for-ma di vita sottoponendola agli impe-rativi del profitto; per fare questo èsommamente necessario “torcere”anche il rispetto dei diritti umani, dan-done di fatto nuove definizioni e so-prattutto applicazioni, in sintoniacon la loro strumentalizzazione. Inquesta ottica la violazione dei dirittiumani, prima in nome della sicurezzae della lotta al terrorismo, oggi in no-me della crisi finanziaria con i suoi ri-svolti internazionali di povertà cre-scente e conseguente instabilità glo-bale, si giustifica come strumento per“ridare fiducia ai mercati”. Le prati-che di Abu Grhaib o Guantanamo,ma anche di Lampedusa, sono la tra-gica realtà del trattamento riservatoagli immigrati ed ai profughi delle“guerre umanitarie” africane; una lo-gica che vede il suo coerente prolun-gamento nei tentativi di abolizioneprogressiva dei diritti del lavoro, neltaglio del welfare, nel mantenimentoostinato delle spese militari, sino adarrivare, come si profila per la Grecia,alla sospensione della democrazia for-male attraverso il rinvio delle elezionipolitiche.

E allora si deve dire con chiarezzache il punto di arrivo attuale, il domi-nio dei mercati su ogni scelta politica,l’espropriazione della società civile diogni possibilità di influenzare scelteche la riguardano nella quotidianità,l’impotenza dei partiti se non ad asse-condare le logiche decise dalle agen-zie di rating, sono tutti frutti avvelena-ti che nascono dall’accettazione della“guerra umanitaria” lanciata ormaivent’anni or sono da Bill Clinton, unodei leaders della “terza via” democrati-ca, ancora tanto in voga nei grandipartiti europei che una volta si richia-mavano alla tradizione socialista o ad-dirittura comunista. Da una partedunque si continua ad ammannire ilvecchio mantra “per la vostra sicurez-za”, che elimina ad una ad una le mo-dalità che permettono ai corpi mi-granti di muoversi liberamente, atta-nagliandoli in pratiche vessatorie edumilianti. Dall’altro, la minaccia deldefault, del baratro economico, deldeclassamento ad opera delle societàdi rating, getta l’ombra del fallimentocollettivo su ciascuno, il fardello del

debito diventa un sorta di psicodram-ma collettivo che esprime una som-ma di fallimenti personali, una banca-rotta di cui ognuno è colpevole colpe-vole se non “stringerà la cinghia” edunque rinuncerà ad un altra fetta didiritti duramente acquisiti.

Il termine di paragone sono sem-pre quelli che stanno peggio, non piùcoloro i quali hanno accumulato im-mense ricchezze. Chi dissente è un av-versario della stabilità che, sempre inun inarrivabile domani, aprirà alla fu-tura “crescita”. Il messaggio dei mer-cati, attraverso i loro tecnocrati, ed ilsostegno di una politica oramai piùche irretita in questo "grande gioco"di macelleria sociale, è dunque chechi ha uno status appena migliore diquello dei poveri, che letteralmentemuoiono di fame, deve ringraziare,ed ingraziarsi, le regole della gover-nance capitalista globale. L’apparatospettacolare dei media unificati vor-rebbe così spingere l’opinione pubbli-ca dei paesi “avanzati” verso la sotto-missione “spontanea” del vivente:niente rivolte, contestazioni, ribellio-ni, diserzioni, ma un quieto gregge dipecore che trova da solo la strada del-l’ovile ogni sera.

Il mondo della guerra umanitaria edella sua crisi, non è dunque soltantoun universo oscuro nel quale il cittadi-no occidentale solvente non deve av-venturarsi ”per la sua sicurezza”, ovevige la legge marziale, ma anche unostato della mente nel quale si sospen-de il giudizio critico, nel quale porredomande significa disturbare chi co-manda e dirige una guerra senza quar-tiere i cui confini sono nebulosi, i ne-mici decisi di momento in momentoin base alle fluttuazione delle borse.L’inutilità, la connivenza e dunque lacomponente antidemocratica di unarealpolitik che abdica alla violazionedei diritti umani in nome della sicu-rezza o dello spread, come ha ricono-sciuto nel caso dell’Italia la Corte eu-ropea dei diritti umani, è tutta nell’ac-cettazione di questa logica, giustifica-ta come inevitabile.

È un fatto che oggi l’idea di gover-nare il modello di sviluppo esistenteaccumula molti più problemi di quel-li che pretende di risolvere, essendo ilmodello liberista ingovernabile senon nel senso della sua progressiva af-fermazione, quindi da rigettare alla ra-dice. E allora, le masse umane che sivorrebbero senza volto, senza storia esoprattutto senza diritti lo sono in re-altà proprio perché de-private con laforza delle condizioni minime dell’esi-stenza. La morte per fame di milionidi bambini non è forse una massicciaviolazione di un diritto umano? Uncrimine contro tutta l’umanità? Inquesto scenario l’umanità delle perife-rie viene utilizzata per raffinare e tara-re in corpore vili le modalità per unpossibile dominio assoluto sui corpidell’umanità intera, una condizioneche ogni giorno che passa ci vieneproposta come unica forma della de-mocrazia.

La tentazionedel populismo in Europa

IL BENPENSANTE

Un’opposizione politica alla politiche dei tecnici,della Bce e del Fmi viene per ora soprattuttoespressa dalla destra populista europea: un

insieme di partiti già saldamente insediati nelleistituzioni politiche, che hanno un accessoprivilegiato al dibattito pubblico e ai media

IMMIGRAZIONE

I DIRITTI UMANIAL TEMPODELLA CRISI

Afghanistan

Un’artista dipinge ungraffito nel quale è raffiguratogruppo di donne in burqa che sierge dal mare a simboleggiarela pulizia, mentre più in bassoc’è un autobus senza ruote epieno zeppo di passeggeri. È uncommento sulla spaventosasituazione dei mezzi di trasportopubblico. Foto Reuters

Graffitidi denunciaIl trasporto pubblico

di Kabul

Questa è la storia di un italiano. Ha pochi capelli,pochi soldi, racconta agghiaccianti barzellette,corteggia tutte le donne sposate che vede. Sparladi tutti i suoi migliori amici, ha due figli deficientie una moglie stupida che è l’amante di unfarmacista di via Nemorense. Come fa letagliatelle la sua mamma non le fa nessuno almondo. Ha fatto l’urologo dilettante per unadecina d’anni, aveva anche il ricettario. Dei suoipazienti, tre sono diventati impotenti, uno èmorto e l’ultimo si piscia addosso in pubblico.Purtroppo ha una pancia da malato di fegato e, alposto del pene, ha un buco nero. Per guarire daquesta anomalia umiliante ha girovagato trapsicologi, dietologi, ladri, truffatori e frati chenon fan miracoli. Fino a che, un giorno

maledetto, a Cesenatico un tale che rantolavainvece di respirare gli ha detto: «Ma perché nonva da Salimbeni, a Faenza? Le cambierà lavita!». Quattro ore dopo stava già per suonare ilcampanello. Non ha fatto in tempo. Ecco alle suespalle il mitico Salimbeni in persona: «Nonparliam di diete, che non ci credo. Mi facci 3tentativi: a Fatima, alla Madonna Nera diCzestochowa e alla Beata Vergine del Carmelo.Se non funziona… lei vuol perdere peso, vero?Vadi subito dal suo macellaio e si facci tagliareuna gamba!». E il poveretto: «Ma… lei è pazzo?».«Certo, non l’ha capito? Mi segua!». E s’è buttatodal quinto piano.

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pagina 16 il manifesto SABATO 25 FEBBRAIO 2012

SUL NIGERLamusica

Mentre al nord soffianoventi di guerra, il fiumepiù importante dell’AfricaOccidentale fa da sfondoal Festival Sur Le Niger.Fianco a fianco molti artistimaliani: Boubacar Traoré,Habib Koité, Rokia Traoré

Valerio CorzaniSEGOU

C’è un gran via vai di piroghe sulfiume Niger. Il corso d’acquapiù importante dell’Africa Occi-

dentale attraversa il Mali da parte a partecon la sua forza benefica, paciosa, tran-quilla e irreversibile. «L’acqua non cono-sce re» recita un proverbio bambara, lalingua di queste parti, non la lingua uffi-ciale perché il retaggio coloniale imponeancora il francese, ma la lingua che tuttiparlano, giovani e vecchi. Il Niger bagnaanche Segou, una cittadina piazzata a tre-cento chilometri a nord di Bamako, sulla

via che porta a Timbuctu. E le piroghefanno continuamente la spola da unasponda all’altra, trasportando sabbia, pe-sce, legna, suppellettili e...turisti. Sonotanti i turisti occidentali che hanno igno-rato gli avvertimenti un po’ allarmisti deiministeri degli esteri dei propri paesi, im-pegnati in un’operazione decisamentemiope di dissuasione. Le bande tuaregche al Nord hanno ucciso e rapito occi-dentali stanno appunto più a Nord e Se-gou è a tutti gli effetti una cittadina tran-quilla, accogliente e colorata, in fibrilla-zione a partire da metà febbraio solo pergli appuntamenti che cadenzano ungrande festival giunto oramai alla sua ot-tava edizione: il Festival Sur Le Niger.

Anche il main stage del festival è unapalafitta sul fiume e gli artisti che si esibi-scono in questo enorme palco è come seoffrissero un tributo alle acque o come serifrangessero il calore del foltissimo pub-blico nel catino di questo grande spec-chio liquido. In questi otto anni tutti ipiù grandi nomi della musica malianahanno calcato il palco sul fiume e l’edi-zione del 2012 non ha fatto eccezioneconvocando stelle fulgide della scena co-me Salif Keita, Boubacar Traoré, HabibKoité, Rokia Traoré. Mancavano i grandinomi della scena tamachek - Tinariwen,Tamikrest, Terakaft - ma ci piace pensa-re che non si sia trattato di una ritorsionenei confronti dei disturbi e delle violenzeprovocate dalla ribellione armata di alcu-ni dei loro confratelli. L’impressione èconfermata peraltro dalle jam che moltigiovani tuareg hanno improvvisato neglispazi pomeridiani e dalla presenza in car-tellone, venerdì 17, di una grande voca-list di Timbuctu, Khaïra Arby, le cui radi-ci arrivano comunque da una famigliamista, per metà songhai e per metà ber-

bera. Khaïra, detta anche «l’usignolo delnord», canta in bambara, sonrai, arabo etamachek e affronta nelle sue canzoni te-mi importanti come la religione, il matri-monio, la pace tra le diverse etnie e lo svi-luppo della democrazia. Una grande per-former e una testimone vivida, collanteessenziale anche dal punto di vista cultu-rale, in un momento in cui la giovane de-mocrazia di questo paese west-africanoè scossa dai tumulti nordegni.

Dopo la Arby è toccato alla musicalità

ricercata, suadente e tropicalista del con-golese Lokua Kanza. Una proposta total-mente acustica con due chitarre, un bas-so e due coriste, meno adatta forse al con-testo festoso del main stage «sur le Ni-ger», eppure capace di inscenare un ma-gnifico spettacolo polifonico, retaggiodelle sue radici mongo e ruandesi. Il per-fezionismo di Lokua Kanza ha lasciatospazio poco dopo al più celebrato griotdi Segou, Abdoulaye Diabaté. Cantante,ballerino, attore e soprattutto griot, Dia-baté è un grande affabulatore che si fa ac-compagnare dagli strumenti tipici dellamusica bambara, calebasse e balafon inprimis, e li coniuga insieme alle chitarreelettriche in uno stile irresistibile e dan-zante. La struttura dei brani è quella tipi-ca di questa musica: una lunga parte ca-ratterizzata da cadenze ossessive, ipnoti-che, declamate da un cantato acido e por-tentoso e una breve chiusa frenetica, ri-

bollente di ritmo. Come se il pezzo si fos-se agitato per impazzire all’improvvisoin una deliziosa maionese subsahariana.

Il festival Sur Le Niger è anche il sognoimprenditoriale del suo direttore artisti-co, Mamou Daffé, un intellettuale illumi-nato che ha deciso di investire sulla cultu-ra e di costruire una serie di spazi che po-tessero far vivere la rassegna e adornarela città tutto l’anno, non soltanto nellafrenetica settimana della kermesse. Cosìalcuni dei concerti del festival e gran par-te delle conferenze si sono tenuti all’inter-no del Centre Culturel Koré. Dibattiti daitemi molto manageriali come le prospet-tive di lavoro attraverso la cultura, lo svi-luppo dell’area di Segou, la salvaguardiadel fiume Niger, la creatività e il cambia-mento dei costumi.

Molte altre cose si celebravano nelQuai des Arts, proprio nel tratto di lungo-fiume che sovrasta il palco più grandedel festival: mercato artigianale e una gal-leria d’arte dove vengono esposte operedi artisti locali come Amahiguéré Dolo eAbdoulaye Konaté. La gente si concentranelle strade sterrate del lungofiume neigiorni del festival, lì si esibiscono le con-fraternite dei Donsow (i cacciatori) e diclown osceni e ambigui come i Koré Du-gaw con le loro maschere colorate, i loroseni posticci, le loro urla stridule e i lorotalking drum. Il Talking Drum la facevada padrone anche nel gruppo di HabibKoité, del senegalese Pape Diouf e so-prattutto nel grande ensemble messo inscena da Baba Sissoko. Una vera orche-stra di quasi 40 elementi con una trenti-na di talking drum che colloquiavano colleader: brani ossessivi, ancora un po'sbrindellati, ma dalle notevoli potenziali-tà. Un’odissea percussionistica, a trattitravolgente. La premessa ideale per scal-dare i «festivaliers» che ogni sera poi sispostavano al Village du festival. Ad at-tenderli puntuale un altro guru della sce-na locale, Cheick Tidiane Seck, sidemandi lusso, guerriero della tastiera, al servi-zio in passato di Fela Kuti, Carlos Santa-na, Mory Kanté. Jam torride, affidate aun’amplificazione a tratti gracchiante ea un portentoso ricambio di musicistiprovenienti dagli altri palchi: i Super Bi-ton di Segou, gli orchestrali del venezue-lano Pibo Marquez, la regale vocalistYah Kouyaté. La gente ballava senza rite-gno fino alle prime luci dell’alba e il fiu-me accompagnava la notte a spegnersisul mattino.

MALI 130 mila profughi, l’allarme Onu

L’ULTIMA SOPRA I KORÉDUGAW,A FIANCODETTAGLIODEL PALCOSOTTO BALLAKÉSISSOKO/FOTO VALERIOCORZANI

60 mila persone all’interno del Mali e altre 69 mila che avrebberotrovato rifugio nei paesi confinanti. Sono i profughi prodotti dalconflitto tra l’Azawad Liberation Movement (Mnla) e l’esercito diBamako, riesploso a metà gennaio con il ritorno dalla Libia dellemilizie tuareg che avevano combattuto per Gheddafi. «Non hannoniente», ha detto il portavoce Onu, Adrian Edwards, sottolineandola necessità di aiuti urgenti. Ci sarebbero inoltre decine di morti,ma le informazioni indipendenti scarseggiano. Medici senza frontie-re e Amnesty international hanno rivolto un appello al governo cen-trale affinché la smetta di bombardare la popolazione civile.

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