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Date post: 31-Mar-2016
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ANNO XLII . N. 48 . DOMENICA 26 FEBBRAIO 2012 EURO 1,50 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50 SPED. IN ABB. POST. - 45% ART.2 COMMA 20/ BL 662/96 - ROMA ISSN 0025-2158 La marcia del popolo No Tav in Valsusa richiama decine di migliaia di persone da tutta Italia e riporta in piazza gli abitanti della valle. Un corteo imponente e pacifico, per dire che l’alta velocità è un progetto inutile e non un problema di ordine pubblico. Ora resistenza passiva di fronte agli annunciati espropri dei terreni. In serata tensione alla stazione di Torino, la polizia carica i manifestanti sulla via di casa PAGINA 3 BERLUSCONI E IL PROCESSO MILLS Prescritto, cioè salvo grazie alle sue leggi Gentili signori. Grazie per esservi iscrit- ti al nostro corso «Diventa moderato in tre lezioni e, se serve, a bastonate». La- sciate che vi presenti i tre relatori e le li- nee guida del loro pensiero. Sergio Marchionne ci spiegherà che essere moderati aiuta. Per esempio aiu- ta a lavorare alla Fiat di Pomigliano. Come fare? Semplice: promettendo in- vestimenti in cambio di un accordo. Poi, firmato l’accordo, fare il gesto del- l’ombrello e scordarsi di aver mai pro- nunciato la frase «venti miliardi di inve- stimenti». In presenza di sindacati mo- derati particolarmente ottusi che se ne scordano anche loro, il gioco può essere ripetuto. O si esporta in Usa o si chiudo- no due fabbriche. Funziona. Davanti a un cazzotto in faccia, infatti, l’estremi- sta pensa: «Ehi, perché mi picchi?», mentre il moderato pensa «Beh, poteva andar peggio, poteva spezzarmi una gamba». Elsa Fornero, ministro del lavoro, sa che la maggior parte dei lavoratori so- no licenziabili anche per motivi discri- minatori, mentre alcuni no perché pro- tetti dall’articolo 18. Estenderlo a tutti, dunque? Siete pazzi? Un vero moderato dirà: prima leviamolo a tutti (fase uno) e poi diamo degli ammortizzatori socia- li (fase due). Quando si scoprirà che per la fase due non ci sono soldi, i moderati che ci sono cascati dovrebbero spararsi in un piede, ma non lo faranno, perché essi detestano i gesti estremi. È un altro pregio dei moderati: sparano sempre a qualcun altro. Mario Monti ci parlerà invece della moderazione per sottrazione. Avendo in programma di comprare 131 caccia- bombardieri, avrebbe potuto dire «An- nulliamo l’ordine». Ma l’estremismo non paga, amici, e così ha deciso che ne compreremo «soltanto» 90. Quando i so- liti fastidiosi estremisti chiederanno: «Che cosa cazzo ce ne facciamo esatta- mente di 90 bombardieri?», i moderati potranno soavemente rispondere: «Ma non siete mai contenti!». Grazie. Il nostro corso finisce qui. La retta? Tranquilli, avete già pagato. Non s’arresta NO AGLI F35 | PAGINA 6 Il movimento pacifista è tornato In oltre 100 città Un processo durato anni è finito nel nulla. Il tri- bunale di Milano ha giudicato prescritto il reato di corruzione in atti giudiziari contro l’imputato Silvio Berlusconi. E’ il triste esito di un sistema giudiziario già malato (180 mila prescrizioni ogni anno), aggravato dalle leggi ad personam, ritagliate su misura per i reati attribuiti all’ex pre- sidente del consiglio. Prescritto, ma non assolto e il dispositivo della sentenza spiegherà (tra 90 giorni) perché il Cavaliere non è innocente, co- me già gridano i suoi sostenitori. Accusa e difesa di riservano di ricorrere contro la sentenza. La notizia campeggia in rete mentre tra i partiti si riaccende lo scontro. |PAGINA 2 SENEGAL | PAGINA 6 Al voto, dopo un mese di proteste e repressione UNA SENTENZA BEN MERITATA Domenico Gallo R ossana Rossanda, da lontano, ripetutamente, ci suggerisce, ci sprona, qualche volta ci sferza. È una fortuna, per tutti noi, avere una tale voce libera, oltretutto cara, di sti- molo e di confronto. A volte, come nell’ultimo, «il manifesto» del 18 feb- braio, «Un esame di noi stessi», viene avanti un discorso puro e semplice di verità. L’esame di se stessi, il tentativo di raggiungere un’autoconsapevolez- za delle proprie ragioni di vita, è una di- mensione alta dell’essere umano, pur- troppo ancora privilegiata, a disposi- zione dei pochi che possono permet- tersela. Dimensione eterna. La moder- nità l’ha poi declinata e assai complica- ta nella forma dell’agostiniano inquie- tum cor nostrum, o nello scetticismo li- bertino alla Montaigne. E tra Otto e No- vecento è andato a cercarla negli abissi insondabili dell’inconscio. Comunque, è indubbio che il fermarsi un momento per chiedersi: a questo punto, chi sono, o che cosa sono diventato, è un buon esercizio di intelligenza di sé e del mon- do. Ancora più necessario, e forse più difficile, quando si tratta di dire: chi sia- mo e che cosa siamo diventati. Ma la smetto subito con queste sup- ponenti considerazioni e passo a vie di fatto. Mi pare che Rossana Rossanda ab- bia fatto un discorso di questo tipo: ha preso le difficoltà recenti e crescenti del giornale per leggerle come metafora delle difficoltà recenti e crescenti, non di quella sinistra come parola ormai «assai vaga», ma di quella precisa sini- stra che ha insistito fin qui a chiamarsi comunista. CONTINUA |PAGINA 5 Una voce libera, che fortuna Mario Tronti AFGHANISTAN | PAGINA 4 È sempre più rivolta anti-americana. Uccisi due funzionari Nato «Senza il manifesto la verità sul caso di mio fratello sarebbe stata sepolta insieme al suo corpo martoriato». È Ilaria Cucchi che oggi "ha scritto per noi"... Oltre a Ermete Realacci: «...per essere all’altezza delle nuove sfide»: E a Fabrizio Cicchitto: «Non condivido quello che scrivete, perciò vi leggo» L a sentenza che ha dichiarato non doversi procedere, essendo prescritto il reato di corruzione dell’ avv.Mills, testimone chia- ve in altri processi, Silvio Berlusconi se l’è pro- prio meritata. Si può dire che l’ha scritta lui con le sue mani, com’è già avvenuto il 30 gennaio 2008 con il proscioglimento per il reato di falso in bilancio, che Berlusconi in modo lungimiran- te aveva fatto sostanzialmente depenalizzare nel 2002. Anche questo proscioglimento è frut- to delle sue fatiche e del lavoro indefesso dei suoi sarti in Parlamento. In verità molti serven- ti si sono attivati per salvare il Cavaliere dall’on- ta di dover rendere conto alla giustizia di quei fatti che il codice penale, per la generalità dei cittadini, considera reati. CONTINUA |PAGINA 2 Alessandro Robecchi SEI NAZIONI | PAGINA 7 Cinque mete a una Lezione irlandese all’Italia del rugby Ieri una mobilitazione come non se ne vedeva- no da tempo, contro la scelta del governo di acquistare 90 nuovi caccia. E oggi si continua SENZA FINE Noi ci siamo e voi? VOI SIETE QUI Come diventare moderati a bastonate FOTO TAM TAM
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Page 1: giornaleda6

ANNO XLII . N. 48 . DOMENICA 26 FEBBRAIO 2012 EURO 1,50

CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50SPED. IN ABB. POST. - 45% ART.2 COMMA 20/

BL 662/96 - ROMA ISSN 0025-2158

La marcia del popolo No Tav in Valsusa richiama decine di migliaia di persone da tutta Italia e riporta inpiazza gli abitanti della valle. Un corteo imponente e pacifico, per dire che l’alta velocità è un progettoinutile e non un problema di ordine pubblico. Ora resistenza passiva di fronte agli annunciati espropri deiterreni. In serata tensione alla stazione di Torino, la polizia carica i manifestanti sulla via di casa PAGINA 3

BERLUSCONI E IL PROCESSO MILLS

Prescritto, cioè salvograzie alle sue leggi

Gentili signori. Grazie per esservi iscrit-ti al nostro corso «Diventa moderato intre lezioni e, se serve, a bastonate». La-sciate che vi presenti i tre relatori e le li-nee guida del loro pensiero.

Sergio Marchionne ci spiegherà cheessere moderati aiuta. Per esempio aiu-ta a lavorare alla Fiat di Pomigliano.Come fare? Semplice: promettendo in-vestimenti in cambio di un accordo.Poi, firmato l’accordo, fare il gesto del-l’ombrello e scordarsi di aver mai pro-nunciato la frase «venti miliardi di inve-stimenti». In presenza di sindacati mo-derati particolarmente ottusi che se nescordano anche loro, il gioco può essereripetuto. O si esporta in Usa o si chiudo-no due fabbriche. Funziona. Davanti a

un cazzotto in faccia, infatti, l’estremi-sta pensa: «Ehi, perché mi picchi?»,mentre il moderato pensa «Beh, potevaandar peggio, poteva spezzarmi unagamba».

Elsa Fornero, ministro del lavoro, sache la maggior parte dei lavoratori so-no licenziabili anche per motivi discri-minatori, mentre alcuni no perché pro-tetti dall’articolo 18. Estenderlo a tutti,dunque? Siete pazzi? Un vero moderatodirà: prima leviamolo a tutti (fase uno)e poi diamo degli ammortizzatori socia-li (fase due). Quando si scoprirà che perla fase due non ci sono soldi, i moderatiche ci sono cascati dovrebbero spararsi

in un piede, ma non lo faranno, perchéessi detestano i gesti estremi. È un altropregio dei moderati: sparano sempre aqualcun altro.

Mario Monti ci parlerà invece dellamoderazione per sottrazione. Avendoin programma di comprare 131 caccia-bombardieri, avrebbe potuto dire «An-nulliamo l’ordine». Ma l’estremismonon paga, amici, e così ha deciso che necompreremo «soltanto» 90. Quando i so-liti fastidiosi estremisti chiederanno:«Che cosa cazzo ce ne facciamo esatta-mente di 90 bombardieri?», i moderatipotranno soavemente rispondere: «Manon siete mai contenti!».

Grazie. Il nostro corso finisce qui. Laretta? Tranquilli, avete già pagato.

Non s’arresta

NO AGLI F35 | PAGINA 6

Il movimentopacifista è tornatoIn oltre 100 città

Un processo durato anni è finito nel nulla. Il tri-bunale di Milano ha giudicato prescritto il reatodi corruzione in atti giudiziari contro l’imputatoSilvio Berlusconi. E’ il triste esito di un sistemagiudiziario già malato (180 mila prescrizioniogni anno), aggravato dalle leggi ad personam,ritagliate su misura per i reati attribuiti all’ex pre-sidente del consiglio. Prescritto, ma non assoltoe il dispositivo della sentenza spiegherà (tra 90giorni) perché il Cavaliere non è innocente, co-me già gridano i suoi sostenitori. Accusa e difesadi riservano di ricorrere contro la sentenza. Lanotizia campeggia in rete mentre tra i partiti siriaccende lo scontro. |PAGINA 2

SENEGAL | PAGINA 6

Al voto, dopo un mesedi proteste e repressione

UNA SENTENZABEN MERITATA

Domenico Gallo

Rossana Rossanda, da lontano,ripetutamente, ci suggerisce, cisprona, qualche volta ci sferza.

È una fortuna, per tutti noi, avere unatale voce libera, oltretutto cara, di sti-molo e di confronto. A volte, comenell’ultimo, «il manifesto» del 18 feb-braio, «Un esame di noi stessi», vieneavanti un discorso puro e semplice diverità. L’esame di se stessi, il tentativodi raggiungere un’autoconsapevolez-za delle proprie ragioni di vita, è una di-mensione alta dell’essere umano, pur-troppo ancora privilegiata, a disposi-zione dei pochi che possono permet-tersela. Dimensione eterna. La moder-nità l’ha poi declinata e assai complica-ta nella forma dell’agostiniano inquie-tum cor nostrum, o nello scetticismo li-bertino alla Montaigne. E tra Otto e No-vecento è andato a cercarla negli abissiinsondabili dell’inconscio. Comunque,è indubbio che il fermarsi un momentoper chiedersi: a questo punto, chi sono,o che cosa sono diventato, è un buonesercizio di intelligenza di sé e del mon-do. Ancora più necessario, e forse piùdifficile, quando si tratta di dire: chi sia-mo e che cosa siamo diventati.

Ma la smetto subito con queste sup-ponenti considerazioni e passo a vie difatto. Mi pare che Rossana Rossanda ab-bia fatto un discorso di questo tipo: hapreso le difficoltà recenti e crescenti delgiornale per leggerle come metaforadelle difficoltà recenti e crescenti, nondi quella sinistra come parola ormai«assai vaga», ma di quella precisa sini-stra che ha insistito fin qui a chiamarsicomunista. CONTINUA |PAGINA 5

Una voce libera,che fortuna

Mario Tronti

AFGHANISTAN | PAGINA 4

È sempre più rivoltaanti-americana. Uccisidue funzionari Nato

«Senza il manifesto la verità sulcaso di mio fratello sarebbe statasepolta insieme al suo corpomartoriato». È Ilaria Cucchi cheoggi "ha scritto per noi"... Oltre aErmete Realacci: «...per essereall’altezza delle nuove sfide»: E aFabrizio Cicchitto: «Non condividoquello che scrivete, perciò vi leggo»

La sentenza che ha dichiarato non doversiprocedere, essendo prescritto il reato dicorruzione dell’ avv.Mills, testimone chia-

ve in altri processi, Silvio Berlusconi se l’è pro-prio meritata. Si può dire che l’ha scritta lui conle sue mani, com’è già avvenuto il 30 gennaio2008 con il proscioglimento per il reato di falsoin bilancio, che Berlusconi in modo lungimiran-te aveva fatto sostanzialmente depenalizzarenel 2002. Anche questo proscioglimento è frut-to delle sue fatiche e del lavoro indefesso deisuoi sarti in Parlamento. In verità molti serven-ti si sono attivati per salvare il Cavaliere dall’on-ta di dover rendere conto alla giustizia di queifatti che il codice penale, per la generalità deicittadini, considera reati. CONTINUA |PAGINA 2

Alessandro Robecchi

SEI NAZIONI | PAGINA 7

Cinque mete a unaLezione irlandeseall’Italia del rugby

Ieri una mobilitazione come non se ne vedeva-no da tempo, contro la scelta del governo diacquistare 90 nuovi caccia. E oggi si continua

SENZA FINE

Noi ci siamo e voi?

VOI SIETE QUI

Come diventare moderati a bastonate

FOTO TAM TAM

Page 2: giornaleda6

pagina 2 il manifesto DOMENICA 26 FEBBRAIO 2012

Luca FazioMILANO

Nulla di fatto. L’ha sfangataun’altra volta. Non è unanovità (altre prescrizioni lo

hanno già salvato all’ultimo minu-to) e in fondo lo sapevano tutti chesarebbe andata a finire così. SilvioBerlusconi forse è un corruttore –solo fra tre mesi saranno pronte lemotivazioni della sentenza – ma inogni caso il reato non esiste più,per cui non può essere condanna-to per corruzione in atti giudizariin merito ai 600 mila dollari che se-condo l’accusa avrebbe versato al-l’avvocato Mills per addomesticarealcune deposizioni in due processi,All Iberian e mazzette alla Guardiadi finanza. Il pm De Pasquale ave-va chiesto cinque anni. Amareggia-to, non vuole commentare.

Se il profilo politico e morale del-l’uomo che da venti anni tiene inostaggio il paese doveva (e dovrà)essere tracciato definitivamente inun’aula di tribunale, non solo que-sto non è avvenuto ma ieri è acca-duto esattamente il contrario: l’expresidente del Consiglio è stato pro-sciolto perché il reato è prescritto,definitivamente, anche se la procu-ra di Milano sta valutando una im-probabile impugnazione in appel-lo della sentenza (improbabile, ri-spetto agli esiti). Dopo cinque annidi battaglia giudiziaria condotta sulfilo del cavillo per aggirare i sabo-taggi orchestrati dagli avvocati diBerlusconi, il processo Mills è fini-to: la prescrizione è scattata tra il15 e il 18 febbraio, quindi i giudicihanno considerato l’11 novembre1999 come giorno in cui sarebbe av-venuta la presunta corruzione.

Le reazioni politiche sono piutto-sto scontate. La sinistra dice vergo-gna. Nel centrosinistra, invece, c’èchi si consola, per finta, dicendoche i giudici di Milano comunquenon hanno emesso una sentenzadi assoluzione, ma si capisce chenon è più aria da attacchi a testabassa contro Silvio Berlusconi, con-siderando che è insieme a lui chePd e centristi vari stanno sostenen-do il governo «tecnico» di Monti.

Nel centrodestra, invece, sonotutti molto soddisfatti e astiosi co-me sempre. Fanno finta di dispia-cersi (volevano l’assoluzione conformula piena) e adesso giuranovendetta contro certi magistrati«che andrebbero cacciati», come di-ce il mite Maurizio Gasparri che an-nuncia addirittura «una crociatacontro i giudici». Una novità...

I due avvocati del super prosciol-to, che stavano per essere calpesta-ti da decine di telecamere, si sonodivisi i compiti per le pubbliche re-lazioni. Piero Longo più sbruffone.Niccolò Ghedini, se possibile, piùragionevole. «Una prescrizione aMilano per il presidente Berlusconi

è un successo, perchè gli avversaripolitici diranno che è uno scandalo– ha commentato a caldo Longo – epoi visto che siamo a Milano la pre-scrizione può essere vista comeuna grande vittoria». Ghedini, inve-ce, non è né soddisfatto né dispia-ciuto: «Soddisfatti è una parolagrossa. Noi volevamo l’assoluzioneperchè il fatto non sussiste o pernon aver commesso il fatto». PierLuigi Bersani, conversando con Fa-bio Fazio, gli ha risposto con dosa-to sarcasmo, «se Berlusconi cercal’assoluzione può sempre rinuncia-

re alla prescrizione e credo cheGhedini lo sappia». A proposito del-la prescrizione il segretario del Pdtenta anche un rilancio, «ci siamooccupati di questo e adesso in Par-lamento c’è una nostra propostaper far sì che per i reati di corruzio-ne si allunghino i tempi della pre-scrizione. Il ministro Severino hadetto che fra 15 giorni avanzerà lasua proposta sono interessato a ca-pire cosa farà adesso il Pdl».

Per Nichi Vendola ingiustizia èfatta. «Credo - ha aggiunto - che sia-no stati raggiunti gli obbiettivi che

sono stati perseguiti con determi-nazione dalla lobby parlamentareal servizio di Berlusconi, e cioè sa-botare il processo, o allungare itempi del processo per precipitarenella prescrizione». Quanto ad An-tonio Di Pietro, anche questa volta,è riuscito ad attirarsi le ire di mezzoparlamento. «Resta il fatto che i giu-dici - ha detto l’ex magistrato - nonhanno potuto procedere all’assolu-zione per non aver commesso il fat-to perchè, evidentemente, il fattol’ha commesso eccome».

E lui, il prosciolto eccellente?Mentre i giudici milanesi leggeva-no la sentenza era a Villa Certosa,in Sardegna, ma in serata era a Mi-lano per andare allo stadio (il suoMilan contro la Juve). Chi gli è sta-to vicino in queste ore difficili (cen-tinaia di cortigiani) riferisce di unBerlusconi sollevato per il fatto che«non sia passato il monstrum giuri-dico che avrebbe bloccato la pre-scrizione», ma anche dispiaciutoper il fatto che non ci sia stata l’as-soluzione che tanto «auspicava».

Eleonora Martini

IRadicali lo ripetono - inascoltati - da tempo: ilrecord tutto italiano e assai poco invidiabile deiprocedimenti penali che scadono per prescrizio-

ne del reato costituisce di fatto un’amnistia stri-sciante. Illegale. Con 493 estinzioni per prescrizioneal giorno - circa 180 mila nel 2011 - al Belpaese va iltriste primato europeo.Una situazione però evi-dentemente preferibilea un procedimento diamnistia e indulto deci-so e pianificato respon-sabilmente dalla politi-ca e dalle istituzioni che«consentirebbe nell’im-mediato – per usare leparole pronunciate du-rante la recente controi-nagurazione Radicaledell’anno giudiziario –un taglio drastico dell’ar-retrato di 10 milioni diprocessi pendenti e il ri-pristino di un minimo diStato di diritto».

È una cifra impressio-nante, quella dei procedi-menti interrotti per pre-scrizione dal 1996 al2008: 2 milioni e 58 mila,secondo i dati del mini-stero della Giustizia. Una media di 158 mila all’an-no. Ma negli ultimi anni sembrano addirittura increscita a causa di una ormai irragionevole duratadei procedimenti giudiziari. Che, infatti, è cresciutadal 2006 al 2008 – tanto per fare un esempio – inprocura dai 458 giorni ai 475, in tribunale da 261

giorni a 288, e in Cassazione da 239 a 266. Solo ierila Corte d’appello di Caltanissetta ha condannatoil ministero della Giustizia (con una multa irrisoria,però) per l'irragionevole durata di un giudizio pro-trattosi per oltre 25 anni.

Nulla di nuovo perché se si vanno a spulciare - co-me ha fatto la deputata Radicale Rita Bernardini - lecondanne della Corte europea dei diritti umani (Ce-

du) nei confronti dei 47stati membri dal 1959 al2010, si scopre che l’Ita-lia è seconda nella viola-zione della Convenzioneeuropea con 2121 con-danne, dopo la Turchia(2573) e seguita a ruotada Russia (1079) e Polo-nia (884). «Se poi andia-mo a vedere i giudizi perl’eccessiva lunghezza deiprocedimenti giudiziari– spiega ancora Bernardi-ni – l’Italia balza al pri-mo posto con 1139 con-danne. Al secondo postoc’è la Turchia con 440,poi Polonia con 397 eGrecia con 353». Entran-do nel merito: nel 2010la Cedu affermava chel’eccessiva durata deiprocessi italiani costitui-sce «un grave pericolo

per lo Stato di diritto, conducendo alla negazionedei diritti sanciti dalla Convenzione».

«Ecco perché – conclude Bernardini – noi in-sistiamo con l’amnistia, per uscire dall’illegali-tà del sistema giudiziario, e con l’indulto, perquello delle carceri italiane».

AUTOIMMUNE

CASO MILLS · «Non luogo a procedere», per i giudici il reato è prescritto

Il prosciolto eccellente

Niente sentenza. Berlusconiè un po’ dispiaciuto: «Volevol’assoluzione». Bersani: «Puòrinunciare alla prescrizione»

GIUSTIZIA · Gli altri tre processi milanesi di Mister B.Si potrebbe dire non è finita qui. Perché a Milano ci sono altri tre processi a carico di SilvioBerlusconi. CASO MEDIASET: è il processo sulle presunte irregolarità nella compravenditadei diritti televisivi da parte di Mediaset. L’ex presidente del Consiglio è imputato per frodefiscale, assieme ad altre persone, tra cui Fedele Confalonieri. La prescrizione del reato perBerlusconi dovrebbe cadere tra fine del 2013 e inizio del 2014. La prossima udienza è fissa-ta il 5 marzo con la convocazione dei consulenti della difesa del leader del Pdl.CASO RUBY: Berlusconi è accusato di prostituzione minorile, per presunti atti sessuali com-piuti durante alcune feste ad Arcore con l’allora minorenne Ruby in cambio di denaro e rega-li. Inoltre risponde di concussione per le pressioni che avrebbe esercitato nella notte tra il27 e il 28 maggio 2010 con una telefonata alla questura di Milano per far «rilasciare» lagiovane marocchina trattenuta negli uffici di polizia per via di un furto. CASO UNIPOL: Il 7febbraio scorso Silvio Berlusconi è stato rinviato a giudizio con l’accusa di concorso in rivela-zione di segreto d'ufficio per la vicenda della fuga di notizie sull' intercettazione tra GiovanniConsorte e Piero Fassino ai tempi della scalata alla Bnl. Il processo si aprirà 15 marzo.

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Il merito principale spetta allalegge ex Cirielli del 2005, con laquale la durata della prescrizio-

ne dei reati è stata ridotta per le perso-ne per bene ed allungata per le perso-ne per male. Però il testimone giudizia-rio, avv. Mills, è stato condannato inprimo grado ed in appello per essersifatto corrompere dai soldi di Berlusco-ni e la Cassazione, pur dichiarando laprescrizione, ha confermato la condan-na del corrotto al risarcimento dei dan-ni, in tal modo risultando definitiva-mente accertato che la corruzione eraavvenuta.

Pertanto la prescrizione breve nonbastava per salvare Berlusconi, coimpu-tato con l’avv. Mills nel medesimo pro-cesso. Sono state necessarie ulteriori fa-tiche. Dopo che la Corte Costituzionaleha cassato, nel 2004, il c.d. lodo Schifa-ni, che assicurava l’immunità del Presi-dente del Consiglio più amato dagli ita-liani, è stato necessario far confeziona-re al sarto Alfano un altro abito di impu-nità per il Presidente (il lodo Alfano),che è stato realizzato a tempo di recorded è entrato in vigore nell’agosto del2008, giusto in tempo per ottenere lostralcio della posizione di Berlusconidal processo a carico dell’avv. Mills chesi stava avviando alla conclusione di-nanzi al Tribunale di Milano. Quandoanche il secondo abito è stato straccia-to da una Corte Costituzionale impeni-tente, nell’ottobre del 2009, Berlusconiha perso le staffe di fronte a tanta malacreanza ed ha ordinato ai suoi sarti dicorrere ai ripari. Poiché i vestiti non sipotevano più confezionare, sono stateinventate delle braghe di tela, chiama-te legittimo impedimento che impedi-vano ai magistrati di andare avanti coni processi per non far perdere tempo alPresidente del Consiglio, impegnato –sappiamo come - nella conduzione de-gli affari di Stato. Quando, infine, conperseveranza diabolica, la Corte Costi-tuzionale, nel gennaio 2011, ha neutra-lizzato anche il legittimo impedimen-to, allora non c’è stato più niente da fa-re, e Berlusconi è stato costretto ad an-dare in Tribunale, ma ormai era troppotardi.

Non era mai capitato nella storiad’Italia che un imputato faticasse tantoper sottrarsi alle grinfie della legge, finoal punto da dover cambiare ripetuta-mente le leggi penali e la procedura pe-nale in sintonia con le sue esigenze pro-cessuali di impunità.

E’ stata una fatica di Sisifo, però ne èvalsa la pena. Oggi Berlusconi ben puòdire di averla scritta, questa sentenza,con le sue mani.

Giustizia/PRIMI IN EUROPA PER L’ECCESSIVA DURATA DEI PROCESSI

L’amnistia strisciante e illegaledelle 500 prescrizioni al giorno

MILANO, IL PROCESSO MILLS. NELLA FOTO LA CORTE PRESIEDUTA DALGIUDICE FRANCESCA VITALE /FOTO FRANCESCO CORRADINI-TAMTAM

Oltre due milioni di processiprescritti in dodici anni,

180 mila nel 2011. E il recorditaliano di condanne europee.

La denuncia dei Radicali

DALLA PRIMADomenico Gallo

Ampio schieramento di tele-camere e media, al proces-so di Milano. E poi, dopo lasentenza, in un’ora la notiziadell’ennesima prescrizioneper Silvio Berlusconi fa ilgiro del mondo, dal NewYork Times ai media russi,via tweet, social network esiti online. Il quotidianonewyorkese ha messo subitosul sito un pezzo dall’Italiaintitolato «Cancellato il casodi corruzione contro Berlu-sconi» che prosegue la sua«apparente longeva invulne-rabilità alle condanne». An-che la BBC ha pubblicatosul sito l’esito del processoin cui è coinvolto il fiscalistainglese David Mills, condan-nato invece per essere averfornito falsa testimonianzain cambio di denaro nel1997 e nel 1998. Il titoloBBC: «I giudici cancellano ilcaso di corruzione». Anche ilGuardian parla di «cancella-zione» del caso di corruzione«da parte del tribunale».Il quotidiano francese LeFigaro apre la sua paginaonline con il titolo: «Prescri-zione per Berlusconi, accusa-to di corruzione nel casoMills», e sottolinea che lasentenza di oggi «pone finea un procedimento durataquasi cinque anni». Il quoti-diano francese non si fasfuggire l’occasione per rac-contare che Berlusconi, conindosso una giacca da pilo-ta regalo del suo amico Vla-dimir Putin, ha lasciato lasua residenza di Roma ierimattina per recarsi a Mila-no, ma non per assisterealla lettura della sentenza,quanto alla partita Milan-Ju-ventus. Il sito di informazio-ne russo DTN ha subito twe-ettato la notizia della chiusu-ra del caso di corruzionecontro Berlusconi, insiemeall’emittente Russia Today.L’agenzia di stampa tedescaDpa ha dato ampio spazioalla sentenza di Milano sot-tolineando, come altri mediastranieri, che l'ex premieritaliano non era in aula almomento della lettura.

Page 3: giornaleda6

DOMENICA 26 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 3

Gianluca GobbiSUSA

«Da questa marcia così par-tecipata dobbiamo pren-dere una grande forza per-

ché la lotta è ancora lunga». Il corteoche ieri si è snodato da Bussoleno aSusa è stato tra i più imponenti del po-polo No Tav. Il leader Alberto Perinoavverte: «Quasi sicuramente arrive-ranno martedì mattina per replicareciò che hanno fatto il 27 giugno: cer-cheranno di sbaraccare la baita Cla-rea e di prendere tutti i terreni». Quin-di non è in ballo soltanto l'area chedovrebbe interessare l'ipotizzato can-tiere alla Maddalena di Chiomontema tutta la porzione di territorio circo-stante.

«Qualcuno (il procuratore capoGian Carlo Caselli) dice che la legalitànon è una ciabatta che si infila quan-do fa comodo, noi vorremmo sempli-cemente che fosse uguale per tutti»,continua Perino che si scaglia controchi esercita «il diritto dei più forti, di-sponendo delle armi e muovendosisenza alcun diritto e giustificazione le-gale, perché l'ordinanza del Prefettofa riferimento ad un'altra area». Ven-gono chiamati a raccolta tutti i valsusi-

ni per passare la notte tra lunedì emartedì alla baita Clarea sulla base delprecetto gandhiano per cui «le leggi in-giuste semplicemente si ignorano».

Per Lele Rizzo, del centro socialeAskatasuna, «non è stato un semplicecorteo, ma una delle manifestazionipiù grandi della Valsusa». Gli organiz-zatori quantificano i partecipanti in75mila, visto che il corteo è stato ingrado di occupare sei chilometri emezzo degli otto che costituivano ilpercorso complessivo dal Bussolenoa Susa. Un pensiero particolare è sta-to rivolto, più volte nel corso della ma-nifestazione, alle «persone in carcere,che hanno lottato insieme a noi congenerosità in questi anni» per le qualisi chiede «libertà».

Ma soprattutto in piazza si è rivista«la Valle», chiamata a raccolta dallaComunità Montana e dall'assembleadei sindaci: sono stati proprio gli am-ministratori con la fascia tricolore alcollo ad aprire la mobilitazione, segui-ti dai bimbi che, chiedendo «più treni-ni», garantiscono quella trasversalità

anagrafica che da 23 anni costituisceuna sorta di marchio di fabbrica delmovimento No Tav. Certo la solidarie-tà dal resto del Paese è stata palpabi-le, testimoniata dagli 80 pullman edai treni che hanno portato manife-stanti da Roma come dalla Toscana,dalle Marche e dalla Sicilia, da Milanoe dal nord est. Le bandiere No Pontemescolate a quelle No Dal Molin finoai cartelli con i redditi dichiarati dalgoverno dei tecnici, sormontati dallascritta «a loro i soldini, a noi i soldati-ni». E quelle dei partiti, Sel, Rifonda-zione Comunista, Verdi, MoVimento5 Stelle e ancora Comunisti italiani eSinistra Critica. Hanno aderito molteassociazioni, da Legambiente a Emer-gency. Presente ai massimi livelli laFiom, con il segretario generale Mau-rizio Landini, il responsabile naziona-le auto Giorgio Airaudo e Giorgio Cre-maschi. Landini ha confessato di veni-re per la prima volta in Valsusa, a diffe-renza della sua organizzazione dasempre vicina ai No Tav e di esserecolpito da quello che definisce un au-

tentico «movimento del popolo, chechiede di essere ascoltato e di contarenelle decisioni che lo riguardano».Quindi il messaggio che arriva dallaValle è che «bisogna costruire un nuo-vo modello di sviluppo, che tengaconto della sostenibilità ambientale enon faccia spendere soldi per opereinutili a chi è colpito da tagli agli sti-pendi e alle pensioni». Del resto, con-tinua Landini, «questo è un Paese incui Trenitalia decide di lasciare a casa800 lavoratori che con i convogli not-turni tenevano uniti Nord e Sud di-cendo che non ci sono risorse, men-tre basta una nevicata per mettere inginocchio il trasporto ferroviario».

Per l'Alta velocità però i soldi si tro-vano, in quali tasche lo spiega il do-cente del Politecnico Massimo Zuc-chetti, tra gli interventi a fine corteo.«In questa storia ho un interesse pri-vato - dice con ironia Zucchetti – miofiglio Stefano ha quattro anni e nonho intenzione che paghi quest'operadannosa, con un project financing al6%, un costo di ventidue miliardi». Ap-plausi dal pubblico dove si erge il car-tello «il cervello terrorizza il manga-nello» mentre nella piazza di Susasventolano a mo' di monito bandieredella Grecia, e gli organizzatori ripon-gono il carro allegorico che ha caratte-rizzato la mobilitazione con la BancaCentrale Europea e tra i personaggipresi di mira i due Mario: Monti e Dra-ghi, considerati dalla piazza fautori diun mondo molto lontano da quelloche si vorrebbe realizzare qui.

Francesca PillaNAPOLI

L’ultimo tweet è di ieri mattinaalle 9: «Regione Campania,rimpasto in giunta alle porte».

Tempo qualche ora e il commissariodel Pdl Nitto Palma ha fatto sapere cheil profilo aperto a suo nome sul socialnetwork è un falso, che il questore diNapoli era già stato informato e chepresto l’ex magistrato avrebbe presen-tato un esposto in procura. Chi ha subi-to immaginato che nella bacheca fakedell’ex ministro della giustizia vi sianooscenità, messaggi irriverenti o soffia-te dall’interno rimarrà profondamentedeluso. Nulla di tutto questo è statoscritto. Dallo scorso 22 febbraio sonosolo stati postati dieci cinguettii piattipubblicati con dichiarazioni arcinotedi Matteoli, Cicchitto, Alfano, Berlusco-ni. Ma chi saranno i nemici di Palma?E perché scaldarsi proprio quando siparla di rimpasto in giunta? In realtàchi lo ha scritto ha colto nel segno vi-sto che la temperatura in consiglio re-gionale è altissima, e i nervi per i disac-cordi tra Caldoro e Pdl sono a fior dipelle. Il partito ha timore delle tramedel governatore e di un possibile ribal-tone alle porte, per questo vuole in-chiodarlo con un cambio di squadra aPalazzo Santa Lucia. Il gruppo Federa-ti per Caldoro ha, infatti, raggiuntoquota 9 consiglieri con l’arrivo di Giu-seppe Maisto, che ha lasciato l’Api perunirsi allo zoccolo duro dei nuovi so-cialisti e dei vecchi dc. Gruppo forma-to da Psi-Mpa e Adc-Dc che ora è di-ventato la terza forza dopo Pd e Pdl.

Caldoro è da sempre ai ferri cortissi-mi con Cosentino che, tanto per ricor-darlo, è accusato nell’indagine sulla P4di aver composto un dossier sui gustisessuali del presidente. Le cose nonvanno meglio con Nitto Palma. La po-ca reciproca tolleranza è venuta fuoricon un recente botta e risposta in cui ilgovernatore ha accusato i parlamenta-ri campani di non fare squadra. Di con-tro il senatore gli ha fatto notare che èlui a non essere in sintonia con il parti-to. Tensioni che gli addetti ai lavori tra-ducono nella volontà di Caldoro dispiazzare tutti, andando a governarecon i democratici e con i “Federati”.

In quest’ottica il rimpasto in giuntapotrebbe essere invece una maniera diinchiodarlo alla fedeltà verso chi gli hafatto avere la poltrona. Il rinnovamen-to però dovrebbe essere quasi totale.Nel mirino dei pidiellini ci sarebbe an-che Guido Trombetti alla guida dell’as-sessorato all’innovazione e ricerca.L’ex rettore della Federico II è conside-rato da sempre uomo vicino alla sini-stra, tanto che gli fu proposto di corre-re al posto di Vincenzo De Luca, malui rifiutò perché voleva nello schiera-mento anche l’Udc. Le trattative sonoin corso e il tweet di ieri potrebbe esse-re il tentativo di far saltare il tavolo. Maanche lo scherzo riuscito di un simpati-co burlone. A correre ai ripari ci hapensato il senatore di area cosentinia-na Gennaro Coronella: «I tentativi dicreare rotture fra il governatore Caldo-ro ed il Pdl sono destinati a fallire. In-sieme stiamo valutando tempi e modiper il rafforzamento della giunta regio-nale». Di sicuro nelle prossime settima-ne il presidente socialista dovrà fareuna scelta. E per il momento non sem-bra scontata.

ITALIA VALSUSA · Decine di migliaia di persone da tutta Italia sfilano insieme ai valligiani riuniti. «Resisteremo ancora»

La marcia che dà forza ai No Tav

SUSA

Giovanni Vighetti, del Movimento No Tav, è proprietario di unodei terreni che forse già nella notte tra lunedì e martedì potreb-bero essere espropriati a seguito dal quelle che il capo della po-

lizia Antonio Manganelli, nel corso dell’audizione alla camera, ha defi-nito «azioni invasive». Come intende comportarsi? «L’intenzione, miae di altri che si trovano nella mia stessa situazione, è di dar vita ad una

resistenza fortemente passi-va: in pratica ci siederemosul nostro pezzo di terra e do-vranno portarci via con laforza». Un elemento sottoli-neato da molti partecipantialla marcia è che già in par-tenza quei terreni non fannoparte dell’area di quello che- sottolinea Vighetti - per ora

resta un «non cantiere» dato che si tratta di «una caserma circondatada cemento e filo spinato». Lo stesso filo spinato trasportato in grandequantità negli ultimi giorni a Chiomonte in vista dell’annunciato allar-gamento della zona controllata dalle forze di polizia.

Intanto i venticinque avvocati che compongono il «legal team» deiNoTav annunciano che impugneranno gli eventuali espropri, se ver-ranno effettuati soltanto mediante un’ordinanza prefettizia, portandoi provvedimenti al Tar del Piemonte per violazione dell’articolo 2 deltesto unico sulla pubblica sicurezza. Due le ragioni: non c’è alcuna ur-genza; e in secondo luogo esistono altri strumenti per provvedere adespropriare i terreni in maniera corretta.

Ma del resto l’europarlamentare dell’Italia dei Valori Gianni Vatti-mo sottolinea che la correttezza manca ovunque perché, denuncia,«l’Italia sta cercando di truffare l’Unione Europea, dato che non haimai aperto un cantiere occupato, solo uno spazio, e non ha mai con-sultato la popolazione, ascoltando unicamente quelli d'accordo sullarealizzazione dell'opera». g.g.

FIRENZE · Seconda morte in cella di sicurezza

ULTIM’ORA

Torino, carichealla stazione

Non si muore solo in carcere ma anche nelle camere di sicurezza utilizzate per gli arrestati inflagranza di reato, secondo la legge «svuota-carceri» della Guardasigilli Severino. Ieri, infatti,per la seconda volta dall’inizio dell’anno, un uomo è morto nella cella di sicurezza della que-stura di Firenze. Si chiamava Rami Chaban, marocchino di 26 anni, era stato arrestato perrapina, lesioni aggravate e tentata violenza sessuale ed era in transito verso il carcere diSollicciano. A mezzogiorno è stato trovato cadavere e sul corpo - che non presenterebbeapparentemente segni di violenza - è stata disposta l’autopsia. Ma la vicenda ha rafforzatola polemica contro l’uso delle celle di sicurezza giudicate dalle forze di polizia «inadeguateper struttura e per carenza di personale». Particolarmente inadatte sembrano però le celledella questura di Firenze, dove un detenuto si suicidò già il 28 gennaio scorso. «È la quartavittima del 2012 nel capoluogo fiorentino connessa con lo stato illegale della giustizia italia-na - denunciano i Radicali Perduca e Buzzegoli – al quale il decreto Severino non ha datopurtroppo risposte capaci di andare alla radice del problema».

In piazza movimenti,partiti e sindacati. Insiemenel precetto gandhianosecondo il quale «le leggiingiuste si ignorano»

Le «azioni invasive»sono previstefra lunedì e martedì.Vattimo: l’Italia statruffando la Ue

PARLA VIGHETTI: NOI SEDUTI, CI SPOSTINO CON LA FORZA

Gli espropriati: ricorsie resistenza passivaDopo l’imponente corteo pacifico

dei No Tav in Valsusa, in seratagli agenti si scaldano alla stazio-ne di Torino, dov’era in partenzaper Milano un gruppo di manife-stanti, 300 secondo le notizie diagenzia. Sempre secondo questefonti ci sarebbe stata una sassa-iola e un lancio di petardi. Neavrebbe fatto le spese un agente,ferito a un occhio, trasportato inospedale con mezzi della poliziaperché l’ambulanza non sarebberiuscita ad avvicinarsi.Ma fonti diverse riferiscono unadinamica opposta. Testimoneoculare, Giorgio Cremaschi, presi-dente del comitato centraleFiom, anche lui di ritorno dal cor-teo. «Ero sul treno delle 19,50per Milano e ho assistito a azioniassolutamente ingiustificate eingiustificabili delle forze dell’ordi-ne che, a un certo punto, pareva-no avere perso la testa arrivandoa prendere manganellate, oltreche le persone, i finestrini deltreno», riferisce. «Ci dovrà essereun’inchiesta. Dopo un’ecceziona-le corteo pacifico e non violenta,questo episodio pare messo lìapposta, e non certo dai manife-stanti, per macchiare una giorna-ta splendida». «Hanno caricato iNo Tav in stazione. È il pervicacetentativo di ridurre il movimentoad un problema di ordine pubbli-co», ha detto Paolo Ferrero, se-gretario Prc, anche lui in Valsusa.«Al corteo non c’erano riusciti».

/FOTO TAM TAM

IL CASO/CAMPANIA

A colpi di tweet fintie ribaltoni veri,scontro Caldoro-Pdl

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pagina 4 il manifesto DOMENICA 26 FEBBRAIO 2012

Giuliano Battiston

Dalle piazze e dalle strade ditutto l’Afghanistan, ieri la rab-bia è entrata in uno dei luo-

ghi più blindati di Kabul, il ministerodegli interni, dove due consiglieri mi-litari americani sono stati uccisi daun afghano, forse un poliziotto.

Sono valsi a poco, gli inviti alla cal-ma del presidente Karzai. Mentre lepubbliche scuse del generale John Al-len, capo delle truppe Nato in Afgha-nistan, del segretario alla difesa UsaLeon Panetta e dello stesso BarackObama sembrano semmai aver ali-mentato ulteriormente la tensione.

Da cinque giorni in ogni angolodel paese si alternano infatti manife-stazioni violente contro la profana-zione di alcune copie del Corano, tro-vate bruciate all’inizio della settima-na nella base di Bagram, uno dei piùimportanti nodi logistici della guer-ra, dove ha sede anche la «Guantana-mo afghana», il Parwan DetentionCenter, la prigione gestita dagli ame-ricani al cui interno sono rinchiusisenza accuse formali circa tremila de-tenuti, di cui a gennaio Karzai hachiesto il passaggio di responsabili-tà, dando origine a un complicatobraccio di ferro con Washington.

La dinamica dei fatti di Kabul nonè chiara, ma l’episodio è stato confer-mato dal portavoce del ministro de-gli interni, Siddiq Siddiqi, e da quellidel comando Isaf-Nato. L’attacco, adue giorni dall’uccisione di altri duesoldati Usa da parte di un militare af-ghano nella provincia di Nangarhar,è stato fortemente condannato dalgenerale Allen, che con una misurasenza precedenti, esemplare delleforti preoccupazioni degli occidenta-li, ha immediatamente richiamatotutto il personale Isaf impiegato neiministeri locali. Anche se per Car-sten Jacobson, portavoce delle forzeIsaf, non c’è alcuna prova del legametra l’uccisione dei due americani e leproteste di questi giorni, sul sito uffi-

ciale dell’Emirato islamico d’Afghani-stan i Taleban si sono affrettati a ri-vendicare l’attacco. Parlano di quat-tro «americani invasori» (non due)uccisi dal «valoroso mujaheddin Ab-dur-Rahman» e dal suo aiutante, e ri-cordano uno degli appelli resi pubbli-ci due giorni fa, in cui chiedevanoagli afghani che lavorano per il «regi-me fantoccio» di Karzai di «ricono-scere il vero nemico e puntare a tuttigli stranieri invasori nel paese».

Ieri gli stranieri sono stati presi dimira anche al di fuori della capitale:nel nord del paese, a Kunduz, centi-naia di manifestanti hanno assaltatoe dato alle fiamme un compound diUnama, la missione delle Nazioniunite, prima di essere respinti dallapolizia locale. Nel corso degli scontridi Kunduz tra i manifestanti e la poli-zia, sono morte almeno quattro per-

sone, altre tre invece nella provinciadi Logar, mentre nel Laghman è fini-ta sotto assedio la casa del governato-re provinciale, Mohammad Iqbal Azi-zi, e altre manifestazioni si sono svol-te nelle province di Sari Pul e Paktia.

Se l’Afghanistan continua a esserein fiamme, e le cancellerie occidenta-li si fanno sempre più preoccupatedella diffusione capillare delle mani-festazioni, che finora hanno portatoa trenta morti circa, la diplomaziacontinua il suo corso. Ieri il premierpakistano Reza Gilani ha rilasciatouna dichiarazione importante, soste-nendo che «è ormai tempo di girarepagina e aprire un nuovo capitolonella storia dell’Afghanistan», perpoi appellarsi «alla leadership tale-ban così come agli altri gruppi afgha-ni, incluso l’Hezb-e-Islami, per parte-cipare a un processo interno afgha-no per la riconciliazione nazionale eper la pace». Mentre gli analisti sichiedono se le parole di Gilani si tra-durranno in azioni politiche conse-guenti da parte di Islamabd, le piaz-ze afghane continuano a bruciare.

Amadi Sonko - Maurizio PolenghiDAKAR

Apoche ore dall’apertura dei seggi per le elezio-ni presidenziali in Senegal la situazione politi-ca è più incerta che mai. Ad aggiungere altra

confusione hanno contribuito ieri le dichiarazioni delcardinale di Dakar, Théodore Adrien Sarr, su una pre-sunta disponibilità del presidente uscente AbdoulayeWade a dialogare con i principali rappresentanti del-l’opposizione prima e dopo le elezioni di oggi. Di chenatura sia questo dialogo, come mai questa possibili-tà sia emersa solo ora, dopo un mese di scontri duris-simi in tutto il paese (otto morti, numerosi feriti, arre-sti illegali, repressioni e intimidazioni) e come sia pos-sibile trovare un accordo a pocheore e soprattutto «dopo» le elezio-ni, sono quesiti che aggiungonoombre sul corretto svolgimentodello scrutinio presidenziale.

A nulla sono servite le propostedel presidente dell’Unione africa-na, Olusegun Obasanjo, preoccu-pato per il clima di violenza e pocatrasparenza, di rimandare le elezio-ni di due anni, dando mandato a Wade di formare ungoverno di unione nazionale con un primo ministroscelto fra i leader dell’opposizione in grado di transita-re il paese fuori dalla crisi politica iniziata il 23 giugnoscorso, quando lo stesso Wade cercò di modificare lacostituzione senegalese introducendo la figura di vice-presidente - un modo grossolano di piazzare suo fi-glio Karim come successore alla guida del paese.

Dal palazzo presidenziale il ministro degli esteriMadickè Niang ha già proclamato la vittoria di Wadeal primo turno con una percentuale del 53%, aumen-tando ulteriormente i sospetti di possibili brogli elet-torali. Tutte le forze di opposizione hanno speso gli ul-timi giorni di campagna elettorale per invitare i sene-galesi a recarsi in massa ai seggi, in modo da smentirel’ottimismo del governo in carica. Alcune formazionipolitiche si sono spinte più in là, invitando gli elettori

a rifiutare il bollettino elettorale del presidente Wadenei seggi per ribadire ancora una volta l’inconstituzio-nalità della sua candidatura e perturbare le operazio-ni del voto. Inoltre, circa 450 mila certificati elettoralinon sono stati ritirate (il 9% degli aventi diritto al vo-to) e la bassissima percentuale di votanti tra le forzearmate (il 20%), che hanno votato la scorsa settima-na, indicano una disaffezione preoccupante nei con-fronti dei meccanismi di espressione democratica.

Il rischio di vittoria al primo turno dell’attuale presi-dente è alto dato che l’opposizione, frantumata con13 candidati diversi, di cui i favoriti sono ex ministridell’attuale governo, il movimento M23 e Y’en Marre,non sono stati in grado di presentare una reale alter-nativa politica, intrappolati da lotte per la leadership

e dalla campagna sull’illegalità delterzo mandato elettorale di Wade.

Una calma irreale pervade lestrade di Dakar e delle altre cittàsenegalesi, dopo un mese di scon-tri e di manifestazioni repressenel sangue con forti dispiegamen-ti di polizia, con lancio di lacrimo-geni persino all’interno della mo-schea Zawiya El Hadji Malick

(punto di aggregazione della confraternita musulma-na Tidiane, la seconda più grande del Senegal) neipressi del mercato centrale di Sandaga a Dakar.

Molti giovani, i veri protagonisti di questa stagionepolitica in Senegal, hanno dichiarato nelle ultime orel’intenzione di impedire l’espressione di voti a favoredi Wade per fare in modo che la morte di FodéNdiaye, Mamadou Diop, Mamadou Ndiaye, MaraDieng, Ousseynou Seck, El Hadji Thiam, MamadouSy e Banna Ndiaye (oltre ai tanti feriti e i molti incarce-rati ingiustamente) non sia inutile. Tradurre nella pra-tica questa proposta implicherà necessariamente al-tri scontri, a partire da domani.

Bruciano ancora le parole di Wade che si è pronun-ciato una sola volta sulle vittime degli scontri per direche è solo una brezza che non può cambiare nulla.

* unaltromondo.it

SUDAFRICANelson Mandela in ospedalema l’allarme sembra rientrato

INTERNAZIONALE

L'ex presidente sudafricano Nelson Mandela,che ha 93 anni, è stato ricoverato in ospedaleper «dolori addominali» ma le sue condizioninon sarebbero gravi. Secondo la Bbc, l’iconamondiale della lotta al razzismo e alle apar-theid è stato sottoposto ad un intervento chirur-

gico nella notte su sabato, ciò che aveva alimentato voci allarmate. Ma ieri i por-tavoce del presidente della repubblica Jacob Zuma e dell’African National Con-gress hanno smentito l’operazione: «Niente operazione e niente panico. Non èstato un ricovero d’emergenza ma programmato da tempo»; Madiba è «perfetta-mente cosciente, di buon umore e sta bene», «sarà dimesso lunedì» Un portavo-ce della presidenza ha detto che Mandela «è in buone condizioni». Il presidenteZuma ha affermato in un comunicato che Mandela è stato ricoverato perchè idolori all'addome erano «perduranti». La privacy intorno a Mandela è assoluta,non è neppure certo dove sia ricoverato. Forse in un ospedale militare di Pretoriama ai giornalisti che stazionavano in attesa è stato ingiunto di andarsene penal’arresto. Mandela - 27 anni di carcere, liberato nel ’90, primo presidente nerodal ’94 al ’99, Nobel per la pace nel ’93 - si è ritirato dalla vita pubblica 8 annifa. Per l’ultima volta è apparso in pubblico nel luglio 2010 quando presenziòalla finale dei mondiali di calcio al Soccer city stadium di Johannesburg. Lo scor-so anno fu ricoverato per un'infezione acuta alle vie respiratorie.

YEMEN · Il presidente giura, il kamikaze s’immola

Per la prima volta un piccolissi-mo sprazzo umanitario si è aper-to: la Croce rossa internazionale

e la Mezzaluna rossa siriana sono riu-scite a concordare con le autorità diDamasco l’evacuazione di 20 fra don-ne e bambini e 7 feriti da Baba Amr, ilsobborgo di Homs città assediata ebombardata, dove negli scontri fra i go-vernativi e i ribelli (il cosiddetto «Eser-cito siriano libero») migliaia di perso-ne sono intrappolate mentre la città su-bisce un incessante martellamento.

L’evacuazione è iniziata venerdì e ie-ri il portavoce della Cri, Sean Maguire,confermava che a Homs si continuavaa negoziare, insieme alla Mezzaluna si-riana. Un portavoce della Croce rossaa Damasco ha smentito seccamente levoci maliziose che ipotizzavano l’usodi ambulanze della Mezzaluna rossacome trappole dei governativi per arre-stare gente anziché salvarla. «Non c’èassolutamente alcuna differenza fra laCroce rossa e la Mezzaluna rossa, cheè il nostro principale partner nel paesee sta avendo un ruolo essenziale nel-l’evacuazione», ha tagliato corto il por-tavoce Cri.

Un’altra voce, questa volta prove-niente da Beirut, afferma che i duegiornalisti feriti mercoledì nell’occasio-ne in cui furono uccisi l’americana Ma-rie Colvin e il francese Remi Ochlil (icui corpi non sono stati ancora portativia), hanno scelto di non partire con leprime evacuazione per consentire lapartenza dei più necessitati siriani. Ungesto nobile che secondo l’agenzia sta-tale Sana va letta all’opposto: sarebbe-ro «le gang armate» dell’opposizioneche controllano Baba Amr ad aver rifiu-tato di consegnare i due giornalisti feri-ti - la francese Edit Bouvier e il britanni-co Paul Conroy - al personale delle am-bulanze. Come tutto il resto in questaguerra civile, a cominciare dal numerodei morti dell’una e dell’altra parte, an-che questa vicenda è, per il momento,inverificabile.

Sul piano diplomatico, il fresco in-viato speciale per la Siria di Onu e Le-ga araba, Kofi Annan, ha lanciato unappello a «tutte le parti» a cooperareper trovare una «soluzione pacifica» al-la crisi. Quanto mai improbabile, aquesto punto. Tanto più che fra gli«amici della Siria» che si sono ritrovativenerdì a Tunisi molti non vogliono af-fato una soluzione pacifica e invece ar-rivare all’«intervento militare» esterno.

Questa volta non tanto (o non anco-ra?) gli «amici» occidentali (Francia,Gran Bretagna e gli Usa, nonostantel’ira di Hillary Clinton per «lo sconfor-tante e spregevole» veto messo da Rus-sia e Cina in Consiglio di sicurezza), iquali si apprestano tuttavia ad impor-re a Damasco un nuovo giro di sanzio-ni. Ma sì le petro-monarchie del Golfo,con i sauditi in testa che vogliono ar-mare l’opposizione e si sono ritiratidal summit di Tunisi per protesta, e an-che il Consiglio nazionale siriano, cheha auspicato l’intervento militare co-me «unica opzione» per cacciare As-sad. L’altro gruppo di opposizione,quello dell’interno e non dell’esterno,il Comitato nazionale di coordinamen-to per il cambiamento democratico, èinvece contrario a un intervento dal-l’esterno (e per questo ha boicottato ilsummit di Tunisi), ma è il Cns ad ave-re i migliori «amici» sia in Occidentesia nel mondo arabo, anche se dallaconferenza non ha ottenuto il ricono-scimento ufficiale a cui aspirava quale«unico legittimo rappresentante delpopolo siriano» (come fu per il Cnt libi-co a suo tempo): per ora è stato ricono-sciuto solo come «una credibile voce»dell’opposizione (foto Reuters), nonancora come un governo in pectore.

Il vertice degli «amici» si è conclusocosì con una dichiarazione abbastan-za fumosa e rivelatrice dei contrasti in-terni: appello a Damasco di por fineimmediata alla violenza e consentireun accesso agli aiuti umanitari. s.d.q.

AFGHANISTAN · Anche ieri una decina di morti, due funzionari americani uccisi in un ministero di Kabul

La rivolta anti-Usa non si placa

Un pickup-bomba lanciato contro l’entrata di un palazzo presidenziale di Mukalla, capita-le della provincia sud-orientale di Hadramaut, ha provocato una strage ieri mattina: al-meno 26 i morti, quasi tutti soldati della Guardia repubblicana, la branca d’élite delleforze armate yemenite al comando del figlio dell’ex-presidente Ali Abduallah Saleh, Ah-med. Una trentina i feriti. L’attentato, che secondo la tv al Arabyia, sarebbe stato com-piuto da un kamikaze saudita, è stato rivendicato con un comunicato da «al Qaeda nel-la penisola araba» per «vendetta contro i crimin della Guardia repubblicana». Ma al Jaze-era nota che nel sud sono «molto attivi» gruppi separatisti. Poco prima dell’attentato aMukalla, a Sanaa, la capitale più di 500 km lontana, si era svolta la cerimonia di giura-mento del nuovo presidente della repubblica. Abdrabbuh Mansour Hadi ha giurato dopoessere stato proclamato vincitore delle elezioni di martedì scorso in cui era candidatounico. La sua nomina è parte di un complicato e incerto processo di transizione - dopol’uscita di scena di Saleh, al potere per 33 anni - sponsorizzato dalle petro-monarchiedel Golfo con il placet degli Usa (che hanno basi «anti-terrorismo» nelle Yemen). Hadiera il vice-presidente di Saleh, che tornato per l’occasione dagli Stati uniti dove è anda-to a farsi curare la salute, era presente alla cerimonia. Una delle condizioni per la suauscita di scena concordata era la garanzia dell’immunità.

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NIGERIA

I Boko Haramattaccano: almenodiciannove mortia Gombe e Kano

Senegal /OGGI IL PRIMO TURNO DELLE PRESIDENZIALI

Un’opposizione frammentatae rischio brogli, Wade verso il tris

SIRIA/APPELLO DI KOFI

Sprazzo umanitarioa Homs: via donne,bambini e feriti

Dopo un mesedi proteste di piazzarepresse nel sangue,una calma irreale

nelle strade di Dakar

MANIFESTAZIONE CONTRO GLI STATI UNITI A KUNDUZ, DOVE E’ STATO ATTACCATA UNA SEDE DELL’ONU/FOTO REUTERS

Almeno 19 morti in Nigeria do-po una serie di attacchi che leautorità attribuiscono alla settaradicale islamista di Boko Ha-ram (che in lingua hausa vuoledire: «l’istruzione occidentale èproibita»), attivissimo negli ulti-mi mesi. Gli attacchi venerdì.Uno nella città di Gombe, nord-est, un gruppo armato ha attac-cato una prigione federale e lastazione di polizia. Due ore dibattaglia, le autorità affermanoche l’assalto è stato respinto,testimoni dicono di aver vistosul terreno 14 cadaveri (altriparlano di 4). Poco prima unaltro attacco è stato sferratocontro una moschea di Kano, laprincipale città del nord dellaNigeria. I sospetti ricadono an-cora sugli estremisti di BokoHaram. Almeno cinque i morti,fra cui il capo di una milizialocale messa in piedi dal gover-no statale per combattere lasetta islamista radicale.

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DOMENICA 26 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 5

mille per mille

501.383

Un contributo al cambiamentoNon un atto dovuto né l'omaggio adun'amicizia antica ma uno stimolo acambiare per essere all'altezza delle nuo-ve sfide...Ermete Realacci

Non vi condivido, perciò vi leggoCaro direttore, da sempre leggo il manife-sto. Ho condiviso a suo tempo le vostreopinioni sul comunismo reale, mentre peril resto non ho condiviso né condividoquasi nulla di ciò che scrivete. Proprio perquesto è indispensabile per me continua-re a leggervi. Questa è la ragione di fondoper la quale partecipo alla sottoscrizione.Fabrizio Cicchitto

La vostra sfida riguarda tuttiL’eventuale uscita di scena de il manife-sto riguarda tutti noi che in questi lunghidecenni abbiamo lottato per il supera-mento del modo di produzione capitalisti-

co e per cambiare una società conforma-ta sui valori dell’individualismo. Non tro-vare più in edicola le sedici pagine (quel-le attuali), a volte inadeguate ma quoti-dianamente attese, non ci renderà lavita meno monotona ed impoverirà ulte-riormente chi ritiene ancora ragionevoledichiararsi comunista e chi pensa di avergià dato ad una illusione ormai spEntadalle profonde trasformazioni in atto.Questo spiega la solidarietà verso il gior-nale. Solidarietà politica e sentimentaleal contempo. Invio un bonifico di milleeuro. Primum vivere, deinde… un esamedi noi stessi, come chiede Rossana Ros-sanda. L’esame deve riguardare la reda-zione del giornale, ma non solo. E’ l’insie-me della sinistra antiliberista ad esserechiamata in causa, anche perché i muriabbattuti non hanno posto fine alla sto-ria e le sofferenze causate all’umanità

dal capitalismo finanziario non diminui-scono affatto: un miliardo di sotto nutriti.Pietro Mita

Un impegno di padre e figlioCaro Manifesto, mio padre, ex sindaco diCortona, oratore, mai uso alla penna etanto meno al web, mi ha comunicatoche il 15 febbraio ha aderito alla campa-gna millexmille del manifesto. Sin dabambino, quando uscivo dal Liceo, holetto il manifesto. In seguito nella nostraattività politica ha sempre svolto un ruolodi riferimento e di pungolo per essereinformati e essere migliori. Dal dialogoche ho avuto con mio padre emerge lanostra sensazione (collettiva) che il mani-festo sia un bene comune da tutelare, unriferimento per la cultura politica italiana.La sua assenza ci farebbe star male nonsolo per l’aspetto consolatorio, ma anche

e soprattutto per obbedire a quello che ipensatori comunisti consideravano il pri-mo obiettivo, dar voce agli umili, agli op-pressi, dare spazio alla cultura alternati-va e a chi non può avere voce.Daniele e Italo Monacchini

Dall’università di SienaIl manifesto è un giornale con il qualemolti di noi hanno dialogato, discusso,magari anche dissentito, sapendo peròche i nostri interessi in materia di politi-ca e cultura vi avrebbero sempre trovatospazio e che sarebbe stato per tutti noiun termine di confronto e di stimolo. Al-l’idea che debba arrendersi ad un combi-nato legislativo ed economico che, perdi più, si presenta sotto l’aspetto - e l’ali-bi - del risanamento pubblico, pensiamoche si debba contrapporre una volontàdi resistenza, di rilancio del suo ruolo di

giornale di approfondimento politico cul-turale e di dibattito, essenziale per qua-lunque ipotesi di emancipazione dallatutela dei tecnici, dal rassegnato e bal-bettante moderatismo della sinistra (oraanche di governo), dall’improvvisazionedei populismi di varia provenienza.Dalla Facoltà di Lettere e Filosofia diSiena, il sostegno di un primo gruppodi lavoratrici e lavoratori della cultura(docenti, tecnici, dottorandi): RosalbaAnzani, Roberto Bartalini, AdrianaBelletti, Marco Bettalli, Stefano Carrai,Simonetta Grilli, Maria Beatrice Lenzi,Luciano Li Causi, Antonio Melis,Giovanna Mochi, Roberta Mucciarelli,Fabio Mugnaini, Riccardo Putti, LuigiRizzi, Carla Sclarandis, Pier GiorgioSolinas, Massimo Squillacciotti,Natascia Tonelli, Gabriele Usberti,Roberto Venuti

I «CIRCOLI» IN ASSEMBLEACome far nascere e crescere un caso politico

Ho colto nella voce di Valen-tino Parlato, quando mi invi-tava ad intervenire sulla que-

stione, una preoccupazione, che è,penso, di molti compagni e compa-gne. Che comunisti non ci si possa di-re più nei tempi brevi, porta comeconseguenza, come ne ha rapida-mente dedotto Giorgio Ruffolo, chenon ci si possa più dire tali anche neltempo lungo, quando, come si sa, sa-remo tutti morti? È un bel problema.Non si risolve qui. Non si risolverà ne-gli anni immediatamente a venire.Lasciamo alle generazioni del XXI se-colo la questione aperta. Sui nomi disenso, di significato simbolico, io ap-plico quella categoria somma dellapolitica moderna, che è la Prudenza.Non abbandono un nome finchénon ne ho trovato un altro al suo livel-lo di espressività, mutate tutte le cir-costanze. Non dimentichiamo che lanostra parte sta scontando il purgato-rio di aver opposto alla «distruzionecreatrice» del capitalismo la decostru-zione dissolutrice del socialismo.

Una volta si diceva che per raggiun-gere un certo obiettivo, ci voleva«ben altro». Oggi si dice che bisognaandare «ben oltre». Dietro le voci soli-ste che cantano la canzone dell’anda-re oltre la sinistra, c’è il coro numero-so e chiassoso che ripete il ritornello:non c’è più né destra né sinistra. Nel-la loro lingua, non c’è vuol dire chenon ci deve più essere. Lì abbasso ilvolume e smetto di ascoltare. C’è,pronto all’uso, un altro nome per defi-nire e per far vedere quel campo diforze che sta di fronte all’interesse ca-pitalistico in modo autonomo, centra-to sul mondo del lavoro e con intor-no tutte quelle figure, e quelle doman-de, e quelle questioni, e quelle dimen-sioni, che solo in riferimento ad essoacquistano senso e soprattutto pren-dono forza, come soggettività alterna-tiva? Linke, Gauche, Left, Izquierda:fosse per me, direi di questo sogget-to, politico, solo Sinistra, con un ros-so di bandiera e nessun altro simbo-lo. Tutti capirebbero, senza bisognodi pubblicitari della comunicazione.E comunque non è dal nome e dallabandiera che bisogna ripartire. Primaancora del famoso «che fare», c’è oggidi fronte a noi un inedito «chi esse-

re». Due obiezioni, di fondo. Una.Quelli che si dicono sinistra, oggi, nel-la parte maggioritaria, danno un’im-magine, appunto, molto più vaga,non riconoscibile nel senso forte det-to sopra. Risposta: ma allora non sitratta di cambiare il nome, si tratta dicambiare l’immagine di chi lo porta,ceto politico, programma, azioni, in-tenzioni. Due. Quella rossa Sinistrapotrebbe mai essere partito a vocazio-ne maggioritaria? Risposta: e perché,no? Basta, anche qui, non ascoltarela cantilena: vecchia, residuale, la te-sta rivolta all’indietro, novecentesca,che poi è sempre il massimo dell’in-sulto, e tutto il fuoco di sbarramentodell’egemonia dominante.

Se c’è, qui e ora, nella contingenzae nell’epoca, un bisogno storico è ilbisogno di Sinistra. La crisi, generale,di questa forma di capitalismo lo ri-propone in grande. E questa crisi loripropone sulla spinta del fallimentodi tutto intero un ciclo che si è ap-prossimativamente definito di globa-lizzazione neoliberista, ma che è sta-to in realtà nient’altro che un’età direstaurazione per un comando asso-luto del capitale-mondo su tutti imondi della vita, che nei trent’annigloriosi avevano preso parola di auto-nomia, di rivendicazione, di conflit-to, e di speranza non per l’innovazio-ne ma per la trasformazione. Il falli-mento sta nel risultato di societàsempre più insopportabilmente divi-se tra l’alto e il basso, tra privilegi e

povertà, tra mito del benessere e di-sagio dell’esistenza. Non passa quasigiorno che istituti vari di rilevazionenon ci informino sul divario crescen-te tra redditi di lavoro e profitti di ca-pitale. E allora? È una legge di naturao è un difetto di società? Che cos’è Si-nistra se non, su questo, alzare la vo-ce e chiamare alla lotta? Abbiamo difronte un anno, due anni, decisivi.Qualcosa può accadere nel direttivodi testa dell’Europa. Il signorSarkozy e la signora Merkel potreb-bero non essere più al loro posto dicomando. E il famoso dopo Monti sa-rebbe bello e risolto. L’ambiguo Oba-ma troverebbe alleati più sicuri. Unfronte di resistenza al super potereche la gabbia d’acciaio delle compa-tibilità finanziarie impone ai movi-menti della politica, potrebbe assicu-rare più agevoli percorsi di governo.Perché questo è il vero problema.Non tanto portare al governo le sini-stre, ma rendere praticamente, cioèappunto, politicamente, possibileun governo della Sinistra.

In questo contesto, la discussionese dirci o meno ancora comunisti,non mi sembra proprio la cosa piùurgente. Figuriamoci! Oggi spaventaperfino la parola socialdemocratico,che non ha mai spaventato nessuno,nemmeno i capitalisti, che hanno be-nissimo convissuto con quelle espe-rienze di governo, e che pure, in tem-pi recenti, hanno spinto le terze vie adirsi liberaldemocratiche. Oggi l’uni-co spettro che si aggira per l’Europaè il rischio di default dei loro conti inrosso, derivati, è il caso di dirlo, daun’improvvida gestione dei loro inte-ressi. È qui, in questo anello debole,che bisognerebbe andare a colpirli,se ci fosse in campo una forza ancheper poco con memoria, orgogliosa,

di quello che è stato il movimentooperaio. Ricostruire questa forza, è ilprogramma massimo che ci sta difronte. La cosa semplice, difficile dafarsi, più o meno come il comuni-smo, nelle disperate condizioni attua-li. Abbiamo letto gli atti di un incon-tro, in quel di Londra, sull’idea di co-munismo: ecco, lì, pensatori che par-lano oscuro, non sapendo che fare inpolitica l’hanno buttata in filosofia, ri-cominciando da Platone. Il comuni-smo che riconosco è quello: Manifestder kommunistischen Partei, 1848. Lìcomincia una storia. La fine della sto-ria, per quanto mi riguarda, coincide-rà con la fine di un’esistenza. Nel frat-tempo - viviamo politicamente nelfrattempo - c’è da combattere e possi-bilmente sconfiggere un avversariodi classe. Quando vedo incedere la fi-gura del professor Monti, non hodubbi. Poi, posso anche stringerecon lui un compromesso, provviso-rio. Ma dalla parte opposta: la partedel torto, come recitava un bello slo-gan di quest’altro manifesto, in quan-to parte di una sacrosanta ragione.

Il problema è di far vivere il giorna-le, non quello di cambiare la ragionedella sua vita. La ricostruzione diuna forza politica, di un soggetto uni-tario, per una Sinistra modernamen-te popolare, armata di idee e ricono-sciuta dalle persone, richiederà an-che un giornale unico, di popolo e dicultura. Il manifesto può giocare quila sua di storia: che è quella delle ori-gini, ma anche quella che in questidecenni ha visto generazioni di letto-ri in diretto colloquio con generazio-ni di collaboratori, con diverse idee esensibilità e culture, però, appunto,viste da una parte. È stato il laborato-rio di quello che adesso può esserci.Non è per domani, forse è per dopo-domani. Ma per il dopodomani develavorarci da oggi. E’ un filo, che nonva spezzato, va ricongiunto al prossi-mo punto d’attacco.

L’articolo di Rossana Rossanda acui fa riferimento Mario Tronti è usci-to il 18/2. Sono seguiti gli interventidi Giorgio Ruffolo (21/2), PierluigiCiocca (22/2) e Alberto Burgio (24/2)

SENZA FINE

"Sono Ilaria Cucchi, sorella di Stefa-no Cucchi, morto il 22 ottobre 2009mentre era detenuto in attesa di giu-dizio. Quando ti cade addosso una si-mile tragedia la prima sensazioneche hai è quella di essere sola controtutto e tutti. E la seconda è che nonriuscirai mai a far emergere la verità.Ricordo il manifesto come uno dei po-chi giornali che fin dai primissimiistanti ha iniziato a raccontare di Ste-fano e di quel che gli era successo. E'entrato nelle nostre vite in punta deipiedi, senza arroganza né invadenzaalcuna. Ed ha condotto immediata-mente una vera e propria indagineparallela. Oggi posso dire con certez-za che se non fosse stato per il manife-sto e per Liberazione, la verità sareb-be stata sepolta per sempre insiemeal corpo matroriato di mio fratello."

BOLOGNA. L’agenda degli impegni in teoria è semplice: organizzare cene, incontri, feste per sensi-bilizzare all’acquisto puntuale del giornale e fare abbonamenti. Più complicato fare nascere ecrescere un vero e proprio «caso politico» sul destino del quotidiano comunista. E potrebbe an-che non servire, al pari di un eventuale reintegro di una parte dei fondi per l’editoria. «Perché il

manifesto non andrà avanti comunque – spiega Loris Campetti – se non saremo in grado di ricostru-ire una proprietà collettiva del giornale». Una proprietà che non è solo di chi lo produce, ma anche di

chi lo tiene in piedi. Per primi i circoli del manifesto, che si ritrovano a Bologna per un’affollata assem-blea, alla vigilia dell’arrivo in via Bargoni dei commissari liquidatori. Con grande attenzione, un centinaio di

delegati arrivati sotto le due torri da mezza Italia ascoltano i numeri di una crisi che in sintesi può essere riassunta così: se il manifesto non arri-verà a vendere in edicola almeno 25mila copie, con in parallelo 4-5mila abbonati, gli incassi non basteranno a coprire le spese. E anche l’eser-cizio provvisorio che sta per iniziare, e che permetterà l’uscita del giornale nonostante la liquidazione amministrativa, potrebbe non risolvere lacrisi di un quotidiano unico in Europa. I circoli sono pronti a fare la loro parte. Quello di Bologna dà l’esempio, organizzando (bene) l’apprezzatainiziativa, e vendendo un centinaio di copie del giornale in poco più di un’ora. I tanti amici del manifesto vogliono avere più voce in capitolo,con la sacrosanta richiesta di una compartecipazione ai destini del giornale. Non solo ideale, anche pratica. Specialmente sul web, ideale terre-no di azione per dare quelle notizie territoriali scomode che possono essere poi approfondite e diventare la base di quelle inchieste che, nonda oggi, rappresentano il cuore di ogni quotidiano che si rispetti. Nel giornale di martedì daremo conto del vivacissimo dibattito di Bologna.

AVANTI COSÌ Superata quota 500mila euro, un risultato mica male inappena una decina di giorni di impegno. Ma dobbiamo e possiamo,soprattutto noi, fare di più. La sottoscrizione continua, la campagnaabbonamenti straordinaria anche. E poi ci vediamo in edicola tutti i giorni

Ungiornaleper larossaSinistra

Stefano Benni, Altan, Rosario Amodeo, Guido Rossi, Nicola Cipolla, Gad Lerner, Franca Caffa, Raffaele Florio, Giancarlo Croce, MarcoLuzzatto, Gianni Ferrara, Serena Romagnoli, Nerio Nesi, Maria Carla Barone, Giancarlo Aresta e Alba Sasso, Lino Trentini, Pasqualina

Napoletano, Andrea Amato,Franco Virga ,Daniela Ambrosino, Massimo Angrisano, Aldo Tortorella, Mauro Paissan, Elena Comparini e Luigi Chezzi,Catherine Leclercq, Andrea Camilleri, Emilio Orlando, Filippo Pogliani, Felice Roberto Pizzuti, Caterina Graziadei, Marco Spezia, Paolo Paoli, LorianoBonora, Giuseppe Cottone, Andrea Protopisani, Franco Cavalli, Giorgio Ruffolo, Nino Lisi, Associazione Ivan Bonfanti, Michele Santoro, Giovanni Pa-lombarini, Marino Cofier, Ivano Di Cerbo, Luigi Cavallaro, Maurizio Mori, Severino Cesari, Paolo Berdini, Pier Luigi Parcu, Maria Concetta Gubernale,Stefania Laurenti, Elisabetta Donini, Vieri Razzini e Cesare Petrillo (Teodora Film), Roberto Giachetti, Marco Doria, Mauro Bulgarelli, Vincenzo Vita,Sergio Job, Alberto Fabbri, Filippo Maone, Valerio Comuzzi, Vincenzo M. Siniscalchi, Francesco Vigorito, Roberta De Martino, Patrizia Colosio e Piera

Zani, Sandro De Toni, Pierluigi Panici, Carlo Guglielmi, Tommaso Frattini, Maura Filippini, Claudio Longo, Vittorio Ercolano, Pier Luigi Orsi, Paolo Ciofi, Giorgio Forti, LucianoCanfora, Livio Nicolini, Piero Gilardi, Carla Corti, Giancarlo Valtalina, ComitatiNo Tav, Wilma Cipriani, Salaam Ragazzi dell’Olivo (Milano), Alberto Burgio, Istituto di Ricerca diPsicoanalisi Applicata (Irpa), Anna Maria Paoletti e Mauro Majone, Luciano Guerzoni, Paolo Amati, Giacomo Lacava, Massimo Baccei, Livio Pepino, Paolo Vistoli, Paola Canarut-to, Mario Marinelli, Michele Buono, Umberto Allegretti, Roberto Veneziani, Francesco Daprà, Lucas Fingerle, Alessandro Braga, Luigi Zanda, Luca Carlini, Ezio Menzione, Susan-na Lollini, Enzo Mingione, Federico Monti, Vilma Mazza, Francesco Gargiuolo, Aurelio Picciocchi, Alessandra Pugliese, Sigrid Kreidler, Enrico Pugliese, Arturo Cirillo, AlessandroPicone, Maurizio Gressi, Angelo Rita Liburdi, Maria Immacolata Macioti, Enrica Morliccio, Paolo Calza Bini, Pancho Pardi, Alberto Gentilini, Stuart Woolf, Françoise, Erasmo DeAngelis, Pierluigi Parravicini, Mario Di Bono, Flavio Conti, Pier Domenico Schiavi e Sandra Rusca, Stefano e Silvia Lucchini, Alessandra Alleva e Paolo Augusto Castelli,Enrica Paze, Nora Doria, Presidenza nazionale dell’Arci, Roberto Moscati, Marco Tamburella, Antonio Carattoni, Angelo Proserpio, No Dal Molin (Enzo, Barbara, Nereo,Flavio, Lele, Lanfranco S, Lanfranco T, Francesco M, Elio), Matteo Bosiso, Giacomo Casarino.

CARO MANIFESTO

Nessun caso Cucchisenza di voi

Noi ci siamo • Serve un quotidiano unico, di popolo e di cultura, per ricostruire una forzaanti-liberista riconosciuta dalle persone. Non per le sinistre al governo ma per un governo di sinistra

«Il manifesto» puòdiventare il laboratoriodove culture politichediverse si incontranoper costruirlo

DALLA PRIMAMario Tronti

Mille per mille fa un milione. Di euro. La sottoscrizione lanciata venerdì 10 febbraiosi affianca alla richiesta di comprare tutti i giorni il giornale in edicola. Questi sonoi lettori che hanno finora risposto al nostro appello.

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pagina 6 il manifesto DOMENICA 26 FEBBRAIO 2012

La sindrome Iran impazza. «Allar-mante rapporto dell’Aiea sul-l’Iran», annunciavano ieri moltiquotidiani e siti italiani ed euro-pei. Si tratta dell’ultimo rapportodell’Agenzia internazionale perl’energia atomica, distribuito ve-nerdì in via confidenziale agli sta-ti membri dell’agenzia Onu per lasicurezza nucleare. Così confiden-ziale che è arrivato ai media, contoni sensazionali: «Tehran triplicala capacità di arricchimento del-l’uranio», «nel programma possi-bili aspetti militari», «sparizionedi uranio "sufficiente ad alimenta-re esperimenti per una testata"».Dunque l’agenzia dell’Onu ha infi-ne trovato le prove che l’Iran vuo-le costruire la bomba atomica? Inrealtà no. Come nei precedentirapporti, l’Agenzia certifica chetutti gli impianti nucleari noti so-no sotto ispezione, non c’è statostorno di materiale atomico daattività pacifiche a usi bellici, néci sono elementi per dire chel’Iran abbia siti e materiali nondichiarati. Naturalmente l’Agen-zia mantiene i suoi sospetti: nonpuò concludere che l’Iran abbiaun programma militare, ma «nonpuò dare credibili garanzie» chetutte le attività siano pacifiche.

Nessuna provaGuardiamo alcuni punti chiavedel rapporto Aiea (da Tehran Bu-reau, sito che ospita alcuni tra ipiù attenti analisti iraniani o sul-l’Iran). L’Iran ha accelerato le atti-vità nucleari - e non ne fa miste-ro. Gli ispettori certificano chel’Iran ha prodotto quasi 5,5 ton-nellate di uranio arricchito a bas-so livello (3,5%) e circa 95,4 chili

al 20%, tutto sotto la sorveglianzaAiea. (Per costruire armi atomi-che andrebbe portato al 90%).Scopo delle due ultime visite de-gli ispettori a Tehran era concor-dare una procedura con cui l’Iranrisponda alle accuse sollevate dal-l’Agenzia in novembre su possibi-li «dimensioni militari» del suoprogramma. Non ci sono riusciti,soprattutto perché l’Iran obiettache l’Agenzia non ha portato nes-suna prova delle sue accuse. Gliispettori così lamentano che gliiraniani non gli hanno ancora per-messo di visitare l’impianto milita-re Parchin, a sud-est di Tehran,dove sono fabbricate munizionidi tipo convenzionale. L’Aiea so-spetta che vi sia stata costruitauna camera di detonazione spe-ciale per test su esplosivi ad altopotenziale, che possono servire ainnescare la reazione nucleare.Parchin non è un sito atomico,quindi l’Iran non è tenuto a farloispezionare: se lo farà, è probabi-le che voglia discuterlo nel qua-dro di un negoziato più ampio.Ingigantire gli allarmi sull’Iran èun gioco da tamburi di guerra.Curioso però: il New York Timesieri andava in senso opposto, conil titolo «L’intelligence Usa nonha indizi che l’Iran stia lavorandoper costruire una bomba».

Giulio Marcon

Tornano i pacifisti. Biella, Al-ba, Cantù, Ciampino, Jesi, Lo-di, Umbertide, Sarzana, Nova-

ra... e poi i grandi centri: Roma, Mi-lano, Napoli, Bologna. Ieri in oltrecento città italiane, 594 associazio-ni, organizzazioni sindacali, enti lo-cali, partiti hanno raccolto l’invitodi Sbilanciamoci, della Rete Disar-mo, della Tavola della pace - con ilsostegno de il manifesto - a pro-muovere una grande mobilitazionecontro i cacciabombardieri F35 e lascelta del governo italiano di spen-dere oltre 10 miliardi per produrneed acquistarne 90 esemplari.

Una mobilitazione si-gnificativa che non si ve-deva da tempo in cam-po pacifista con raccoltedi firme (quasi 40mila),assemblee, sit in, presi-di, flash mob, rappresen-tazioni teatrali, manife-stazioni di studenti, ban-chetti, con gli slogan piùdiversi come a Roma(“Game Over! Dopo ilno alle olimpiadi, il no agli F35”) o aPisa (“Arlecchino, Balanzone e l’F35:ovvero la storia di un caccia che è unflop”). E naturalmente iniziative an-che a Novara - con vicino Cameri, se-de della linea di assemblaggio delcaccia F35- dove in questi mesi si so-no susseguite iniziative e mobilitazio-ni contrarie ai cacciabombardieri.

Oggi la mobilitazione continua: so-no previste oltre trenta iniziative invarie zone d’Italia. Nel frattempo daieri è partita un’importante opera dicontroinformazione: dai siti delle si-gle promotrici si può scaricare un va-damecum pieno di dati e di analisida cui si evince che la vicenda degliF35 (oltre ad essere una scelta sba-gliata) è anche una grande truffa. Ma

la mobilitazione non si ferma qui: lemanifestazioni e i presidi continua-no nelle prossime settimane. Intantosi prepara la consegna della raccoltadi firme a Roma nei prossimi giorni esi aspetta che il presidente del consi-glio Mario Monti decida di ricevere ipromotori di questa mobilitazione.

E proprio a Monti - che in questi100 giorni ha sbandierato la parola ri-gore a destra e a manca- i pacifisti e ipromotori della mobilitazione chie-dono: quale rigore c’è nello spendere10 miliardi di euro per far contentele gerachie delle forze armate e gli af-faristi dell’industria militare, mentreil paese ha drammaticamente biso-gno di soldi per finanziare gli ammor-

tizzatori sociali, il welfare, la scuola,le pensioni? E sempre a Monti – chesi è dichiarato più volte contro le cor-porazioni e i gruppi di interesse rivol-ti a perseguire solo il proprio particu-lare - chiedono ancora: contano dipiù gli interessi della casta dei milita-ri e dei 450 e passa generali e ammi-ragli (in proporzione, più di quelliamericani) o conta di più l’interessegenerale del paese?

La discussione che c’è stata nellecommissioni Difesa di Camera e Se-nato e al Consiglio Supremo di Dife-sa nelle prime settimane di febbraiosul nuovo modello di difesa non la-scia ben sperare.

Il ministro-ammiraglio Di Paolaha detto che invece di 131 F35 ne

prenderemo 90 (e questo è comun-que un primo successo della mobili-tazione) e che dobbiamo ridurre di30mila unità (però in dieci anni) l’or-ganico delle Forze Armate. I soldi ri-sparmiati andranno non alle pensio-ni, alla sanità, alla scuola, ma a mi-gliorare l’operatività e l’efficienzadelle Forze Armate: cioè a compra-re più armi e più sofisticate. E per fa-re che cosa? Per mettersi al serviziodella Nato (la «nostra Stella Polare»,ha detto il ministro mettendoci pu-re le maiuscole) per fronteggiare leinstabilità derivanti - tra l’altro- dal-l’«ascesa delle nuove potenze» (leg-gi: Cina, Russia, India).

Invece di combattere la vera «insta-bilità» nella quale siamoimmersi - quella dellacrisi economica, dellaperdita dei posti di lavo-ro, della caduta dei red-diti, del drammatico di-sagio sociale - i responsa-bili del governo chiedo-no soldi per le Forze Ar-mate per combattere lefuture ipotetiche guerre,tra cui quelle provocate

dal terrorismo internazionale e daiproblemi di «sicurezza cibernetica».I militari italiani, e il suo ministro –come degli Stranamore in sedicesi-mo- sono completamente fuori dallarealtà e non si rendono conto o se nedisinteressano - di quello che sta pas-sando il paese.

I pacifisti scesi in piazza ieri - equelli che saranno nelle piazze ita-liane oggi e nelle prossime settima-ne - chiedono al contrario un ba-gno di realismo al governo e chiedo-no a Monti di non cedere alle impo-sizioni di una lobby agguerrita e as-serragliata nella difesa dei suoi inte-ressi particolari.

Con i 10 miliardi che si spendonoper questi caccia – è stato ricordatopiù volte qui e altrove - si potrebberofare tante altre cose più utili: adesempio finanziare quegli ammortiz-zatori sociali per i quali si dice, nel-l’imminenza della discussione sulmercato del lavoro dei prossimi gior-ni, sembra non ci sia un euro. Oppu-re si potrebbero raddoppiare il nu-mero degli asili nido in Italia, crean-do decine di migliaia di posti di lavo-ro. Per non parlare del finanziamen-to del servizio civile che, senza fondi,nel 2013 rischia l’eutanasia. Si pensiche il costo un solo cacciabombar-diere F35 equivale a 387 asili nido,oppure alla messa in sicurezza di 258scuole o alla copertura di un’indenni-tà di disoccupazione per 17.200 lavo-ratori precari.

Si tratta dunque di porre fine aquesta avventura che è solo un rega-lo ad una lobby ed uno spreco intempi di crisi.

Ridurre le spese militari e disarma-re l’economia è un modo per cambia-re rotta rispetto al passato, prefigu-rando e costruendo un nuovo model-lo di sviluppo, sostenibile, equo eche non ha bisogno di guerre. E’ que-sto un modo per uscire dalla crisi im-boccando una strada nuova: i pacifi-sti che si sono mobilitati ieri ne han-no indicato la direzione.

Tornano i pacifisti.Sulle ali dei caccia F35

Grande mobilitazione nel paeseper contestare la spesa,

da parte del governo, di oltre 10miliardi per produrre

e acquistare 90 aerei. Invece di...

Iran, bufaleatomichedei mediaMarina Forti

L’altarepapaleall’AvanaRoberto Livi

Un carcerechiamatoHondurasGarifuna-Ofraneh*contropiano

Col sudore che cola sotto un solegià inclemente, un gruppo di ope-rai è già al lavoro da giorni permontare il palco su cui papa Be-nedetto XVI il 28 marzo celebreràmessa nella piazza della Rivoluzio-ne qui all’Avana. Proprio di fronteall'altare campeggia il volto stiliz-zato del Che sulla facciata di unalto edificio. La messa, alla qualeassisterà il presidente Raúl, segne-rà la conclusione della breve visi-ta papale dedicata al 500˚ anniver-sario dell'apparizione nell'isoladella Vergine della Caridad delCobre, patrona di Cuba e di tutti icubani. Anche di quelli emigratiall'estero - circa due milioni, il10% della popolazione -, la mag-gior parte negli Usa. Ed è proprioquesto intento di «conciliazione»fra le due sponde dello stretto del-la Florida, separate da più di 50anni di diaspora egemonizzatadagli anticastristi sostenuti dal-l'embargo Usa - una delle sfideprincipali della chiesa cattolicacubana, appoggiata dal Vaticano.Il quale, per vincerla, non faràaffidamento solo sull'immaginedella Vergine mambisa - a cui era-no devoti i combattenti delle guer-re ottocentesche di liberazionedalla Spagna e dunque simbolo diunità e indipendenza nazionale.Si pensa infatti che proprio duran-te la visita a Cuba, il papa annun-cerà la prossima beatificazione dipadre Felix Varela, sacerdote,scrittore, filosofo e politico cuba-no, considerato insieme a JoséMarti uno dei padri della nazionecubana e che per questo morì inesilio in Florida (nel 1853). Anchepadre Varela, come la Virgen de laCaridad del Cobre, è un simboloche unisce i cubani delle duesponde dello stretto di Florida.Per l'occasione, l'arcidiocesi diMiami, capitale dell'anti-castri-smo militante, sta preparando ilpellegrinaggio a Cuba di centina-ia di cattolici cubano-americani. Iquali, questa volta - a differenzadi quanto accadde nel 1998 per lavisita di papa Woytila - sarannobene accolti dalle autorità del-l'Avana. Raúl Castro, infatti, dalmaggio di due anni fa ha instaura-to un proficuo dialogo con i verti-ci della chiesa cubana anche perfavorire un progressivo riavvicina-mento con gli emigrati cubani.

In un periodo di crisi globale ementre il presidente è impegnatoa promuovere profonde riformesociali ed economiche nell'isola,una discreta, ma concreta, parteci-pazione (attraverso investimenti)di una parte dell'emigrazione po-trebbe essere utile sia all'econo-mia dell'isola, sia per aiutare acambiare la politica di embargoperseguita anche da Obama.Nell'agosto dell'anno scorso Raúlventilò la possibilità di attuareuna riforma migratoria «comecontributo al rafforzamento deivincoli della nazione con la comu-nità degli emigranti». Tale riformanon è ancora stata varata, ma ilgoverno sta facendo già passi inquesta direzione: gli emigrantinon sono più considerati «tradito-ri» e i loro beni non sono più sog-getti a confisca.

Lo scorso 14 febbraio è andato afuoco il penitenziario di Coma-yagua, con 355 detenuti mortibruciati. La terza volta in meno diun decennio che spaventosi in-cendi hanno ucciso centinaia diprigionieri, molti dei quali senzauna condanna o solo per averesul corpo i tatuaggi delle maras.Gli incendi nei penitenziari di laCeiba e San Pedro Sula durante lapresidenza di Ricardo Maduro(2002-2006), non sono serviti dalezione sull’aberrante gestionedella giustizia e delle carceri inHonduras. La storia si è ripetuta.La violenza che soffoca il paesenon è casuale. La ristretta élite alpotere è complice del sequestrodell’Honduras, con il solito soste-gno di paesi interessati al saccheg-gio delle risorse naturali e umane.Il golpe del 2009 contro il presi-dente Manuel Zelaya è servito dacatalizzatore delle ignominie pati-te dal popolo honduregno. Sfortu-natamente le elezioni del 27 no-vembre 2009, imposte dall’impe-

ro e da alcuni paesi dell’Unioneeuropea sono servite a legittimarei golpisti e il regime che ha eredi-tato il processo di defenestrazio-ne della democrazia, con alla te-sta il presidente Porfirio Lobo.Las putrefazione degli organismidi sicurezza dell’est del paese, ifurti negli arsenali, il traffico diarmi dagli Usa, la militarizzazionedei cartelli della droga, le incon-trallabili maras (le bande giovani-li figlie del neo-liberismo), sonoparte del mix della violenza cheschiaccia il popolo honduregno.Se fossero confermati gli indizisulla partecipazione delle autoritàpenitenziarie nel disastro, Coma-yagua si convertirebbe in un mas-sacro premeditato, decretando lafine del fallimentare sistema giudi-ziario di quella che attualmente èuna repubblica bananera.L’intero paese si ritrova annichili-to di fronte a un simile massacro.Mentre l’amministrazione Loboosserva con il sorriso stampatosulle labbra e, come fosse un li-bro di George Orwell e del suo«ministero della verità», cerca dinascondere l’Honduras in cui citroviamo soffocati in materia didiritti umani e di crisi economica.Un paese in cui siamo tutti prigio-nieri di un gruppetto di energu-meni, alcuni specializzati nellarepressione e altri nella finzione.Il laboratorio politico che è diven-tato il cosiddetto «triangolo dellamorte» del Centramerica (Guate-mala, el Salvador e Honduras) èservito all’impero per creare unoscenario di guerra, in cui l’insicu-rezza è usata dai mezzi di dis-in-formazione con l’obiettivo di in-culcare nella popolazione la pre-sunta necessità di governi di ma-no dura per sradicare la violenza.Ne è un esempio lampante la re-cente elezione come presidentedel Guatemala di Oscar Pérez,conosciuto come «il macellaiodell’etnia Ixil» durante la guerracivile del 1960-1996. La perditadella memoria storica da partedel popolo è un indicatore gravedell’incapacità di risolvere da solii nostri problemi e della richiestada parte di alcuni gruppetti di unintervento straniero.La violenza esistente nel nostropaese non è casuale. E’ parte diun copione scritto e diretto dalontano con il macabro obiettivodi incendiare non solo le carcericon dentro i detenuti, ma tuttol’Honduras e prolungarne la schia-vitù.

* Garifuna-Organizaciónfraternal negra hondureña

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DOMENICA 26 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 7

Il dopo Monti non è Monti. Ieri loha detto, chiaro come mai, il se-gretario del Pd Bersani. Fino al2013 a questo governo il suo parti-to assicura lealtà e sostegno.Quanto al dopo, invece, «non im-magino che si possa andare alleelezioni proponendo eccezionali-tà. Spero che si possa andare alvoto pretendendo una democra-zia normale, dove ci siano proget-ti alternativi». Messaggio chiaro aisuoi democratici. Amici e non.E i non amici, le minoranze veltro-nian-centriste, non fanno misterodi voler costruire un «partito diMonti» non solo o non tanto percandidare l’attuale premier a suc-cedere a se stesso, quanto per co-struire un’area a trazione centri-sta da presentare unita («federa-ta», dice l’ex Ppi Beppe Fioroni)

alla prossima scadenza elettorale,senza l’ala sinistra costituita daglialleati di Vasto del Pd. Un proget-to da realizzare con un’appositalegge elettorale. E che non potreb-be essere guidato dall’attuale lea-der Pd, fautore di alleanze centri-ste ma anche garante, fin qui, del-la coalizione con Idv e Sel. Perquesto futuribile caravanserragliodi centro-sinistra-destra ci vorreb-be invece «un federatore», megliose fintamente tecnico, meglio seministro di questo governo.E se Monti ripete ormai una voltaal dì che non vuole succedere a sestesso (ieri lo ha detto alla Bocco-ni, annunciano un ritorno al suoruolo nell’Università «presto»),potrebbe essere il ministro Passe-ra a prendere il suo posto. Un’ac-celerazine formidabile, in questadirezione, può venire dalla rifor-ma del mercato del lavoro, al cuivoto positivo - a prescindere daicontenuti - già si dispone un pri-mo drappello di centristi Pd.Ma Bersani ieri ha tracciato unaltra strada, di qui fino al 2013 esoprattutto oltre. Intanto profes-sando incrollabile fede nell’accor-do con le parti sociali. «La Cgilnon si alzerà dal tavolo perché sefallisce quel tavolo si alzerannotutti». E poi rivendicando una can-didatura alla premiership e al go-verno del paese, se non ancoraper sé almeno per la politica. «Nel2013 ci sarà consentito di essereuna democrazia come le altre, divedere un sistema politico rifor-mato? Siamo sempre in emergen-za o dopo l’emergenza c’è un futu-ro per questo paese? Lo chiedoper l’Italia, non per il Pd. Poi lefigure tecniche sceglieranno, daparte nostra c’è grande apertura:quando candidammo Prodi, luiera un tecnico; quando Ciampiera al governo era un tecnico».

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Fornero:Draghivede lungoFrancesco Paternò

Monti finoal 2013, poiarrivederciDaniela Preziosi

Irlanda,una lezionedi rugbyPeter Freeman

Martedì al ministero per il lavo-ro ricomincia il confronto con leparti sociali. Il ministro Elsa For-nero ribadisce di voler tirar drit-to e di aver trovato un altro po-tente alleato: il presidente dellaBce, Mario Draghi. Riferendosialla «frase molto tranchant» delbanchiere sul sistema socialeeuropeo «(è morto») nell’intervi-sta al Wall Street Journal, il mini-stro dice: «No so se questa dia-gnosi così cruda sia vera e dacondividere. Lo Stato sociale co-sì come lo abbiamo condiviso ecostruito ha bisogno di profondarevisione, non per farlo morirema per farlo rinascere su basinuove». Martedì torna al con-fronto tranquilla, «la mia fiduciaè assolutamente salda» e nonritiene che la strada sembri insalita: «Forse è una impressionecolta dall'esterno, ma non è co-sì. Restano assolutamente saldila fiducia, l'impegno e la deter-minazione».. Oddio, qualcosa hapercepito che le cose non sonocome vorrebbe, perché parlandoa Roma a fianco del sindacoGianni Alemanno le scappa che«come ministro non godo di mol-ta simpatia perché devo fare deitagli, ma il mio principio-guida èquello dell'equità».

Non una parolasu MarchionneIl ministro parla molto ma nondice una sola parola sulle ultimeesternazioni dell’amministratoredelegato di Fiat-Chrysler SergioMarchionne, nonostante avessemanifestato l’intenzione di in-contrarlo al più presto. Nulla siasulla preannunciata chiusura didue stabilimenti in Italia se nonfunzionerà la strategia di esporta-re macchine da qui agli Stati Uni-ti, né sul mancato rispetto daparte della Fiat della sentenza direintegro al lavoro dei tre operailicenziati a Melfi. Che verrannopagati per restare a casa. «Le sen-tenze si possono condividere omeno, e in alcuni casi si posso-no impugnare davanti a un giu-dice. Ma si rispettano sempre,altrimenti si dà l'impressione divolersi sottrarre alla legge», hainvece commentato il presiden-

te del Consiglio regionale dellaBasilicata, Vincenzo Folino (Pd):«Ecco perché - ha aggiunto - ladecisione della Fiat-Sata di nonreintegrare i tre lavoratori dopola decisione della Corte d'Appel-lo di Potenza sconcerta e infasti-disce. Se a ciò si aggiungono ledichiarazioni dell'ad Marchion-ne, che in poco tempo è passatodall'annuncio di investimentisignificativi per il progetto Fab-brica Italia alla notizia della pos-sibile chiusura di due stabilimen-ti in Italia, senza fornire nell'unoe nell'altro caso le delucidazioniche tutti aspettavano, il quadrodiventa ancora più preoccupan-te». «Così si calpesta la dignitàdel lavoro», dice Stefano Fassinadel Pd sul mancato reintegro allavoro dei tre operai di Melfi.Mentre sulla scelta di toglieredalla bacheca della Magneti Ma-relli di Bologna il quotidianoL'Unità, «se questa è la moderni-tà di Marchionne - dice Fassina- con cui pensa di diventare com-petitivo, non credo neanche rie-sca a raggiungere risultati». Ildirigente del Pd conferma infineuna notizia: «Sembra che a Pomi-gliano tra i mille riassunti non cisiano quelli iscritti ai sindacati.Non ce lo dice solo la Fiom, maanche altri. Forse è una casualitàma è preoccupante».

Downloadmusicali,che caosStefano Crippa

La Chiesa è spesso alleata del po-tere, invece dovrebbe schierarsisempre con gli ultimi e con i sen-za potere. Lo chiedono in una«Lettera aperta alla Chiesa italia-na» – rilanciata ieri dall’agenzia diinformazioni Adista – 7 parroci ereligiosi, fra cui don AlessandroSantoro della Comunità delle Piag-ge di Firenze e la teologa domeni-cana Antonietta Potente, insiemead oltre 250 cattolici che l’hannosottoscritta.Il malessere e l’insofferenza versole strutture gerarchiche e i com-portamenti di un’istituzione eccle-siastica che sembra assai distantedal Vangelo sono evidenti:«L’esempio che abbiamo dallaChiesa ufficiale è, la maggior par-te delle volte, quello di pretenderericonoscimenti e difendere i pro-pri interessi, immischiandosi inpolitica solo per salvaguardare ipropri privilegi», si legge nella Let-tera aperta. Non vogliamo «esserecollusi e complici», scrivono i reli-giosi che chiedono che la Chiesa«ripensi la propria struttura gerar-chica e i rapporti con la società.Vorremmo che si rifiutasse ogniprivilegio economico e soprattut-to vorremmo che l’economia del-le strutture ecclesiali non fossecomplice della finanza e delle ban-che che speculano con il denaro ascapito del sudore e del sangue diindividui e intere comunità, prati-cando un indebito sfruttamento,non solo delle risorse umane, maanche di quelle naturali».

Fardelli, ma per altriI credenti, denunciano, non sonoconsiderati e trattati nel rispettodella loro autonomia e libertà –quel «popolo di Dio in cammino»proclamato da un Concilio Vatica-no II sempre più soffocato e ripor-tato nel solco della tradizione, dapapa Wojtyla prima e da Ratzin-ger adesso –, bensì gregge obbe-diente da condurre: «La strutturaecclesiale sembra più preoccupa-ta a guidarci che a farci partecipa-re», si legge nella Lettera, «le co-munità cristiane appaiono piùtese a difendere una tradizioneche a vivere una esperienza difede», «ci sentiamo trattati comepersone immature, come se nonfossimo responsabili delle nostrecomunità, ma solo destinatarichiamati a obbedire a ciò che po-chi decidono ed esprimono pernoi». Infatti molto spesso la Chie-sa interviene «attraverso analisi,sentenze e a volte giudizi, chenon ascoltano e non rispettano lericerche e i tentativi che comun-que la società fa per essere piùautentica e giusta. Ci sembranosempre più vere le parole di Gesùnel Vangelo: legano pesanti fardel-li e li impongono sulle spalle dellagente, ma loro non vogliono muo-verli neppure con un dito».Quello espresso dalla Lettera aper-ta è un disagio che emerge sem-pre di più. Dall’interno della stes-sa Chiesa – assai meno monoliti-ca di quanto viene proclamatodalle gerarchie e dai media istitu-zionali –, spesso si levano vocicritiche non di isolati "battitoriliberi" ma di gruppi consistenti dipreti, religiosi e religiose che nonpossono essere etichettati con lacategoria del «dissenso», in vogaqualche decennio fa, ma che so-no pienamente inseriti nel tessu-to ecclesiale e che chiedono rifor-me, anche radicali. Come quelladi un gruppo di preti del Trivene-to, fra i quali Albino Bizzotto deiBeati i costruttori di pace, che adinizio anno fecero un elenco: laChiesa rinunci ai patrimoni, elimi-ni i cappellani militari e l’ora direligione cattolica, dia spazio alledonne e si apra alla democrazia.Insomma sia più evangelica.

Cinque mete a una, 42 a 10. Èuna lezione di rugby quella chel’Irlanda ha rifilato all’Italia al-l’Aviva Stadium di Dublino nellaterza giornata del Sei Nazioni.Gli azzurri hanno retto un tem-po, riuscendo a pareggiare conSergio Parisse la meta con laquale Keith Earls aveva rottol’equilibrio tra le due squadre.Era il 34’ del primo tempo e Ir-landa e Italia erano sul 10 a 10.Poi gli irlandesi hanno impressoun’accelerazione al loro gioco ein chiusura del tempo si sonoriportati avanti (meta di TommyBowe). Da quel momento in poiè stata soltanto Irlanda. Dopol’intervallo i verdi hanno segna-to altre tre volte (Bowe al 20’,Court al 36’ e Trimble al 39’) edominato la partita.John Sexton, il mediano di aper-tura irlandese, è stato micidialetanto dalla piazzola (17 punti euna media di sette su otto) quan-to nella regia del gioco d’attac-co. Paul O’Connell, il gigantescocapitano, ha sciorinato tutto ilsuo repertorio: mestiere, furbi-zia, carattere ed energia infinita.A ogni accelerazione gli irlande-si hanno guadagnato terreno,divorando il campo di gioco eportandosi a ridosso della lineadi meta azzurra; nei raggruppa-menti, soprattutto nelle maul,hanno fatto prevalere la loroesperienza; in mischia hannosofferto all’inizio del match mapoi sono riusciti ad affermare laloro superiore maestria.

Difesa perdenteNon è stata tuttavia una bruttaItalia e ci sono alcuni segnali po-sitivi da registrare, soprattuttonella gestione del pallone nellefasi di attacco. Resta però il fattoche le cose buone si sono vistesoltanto per quaranta minuti eche nell’uno contro uno la dife-sa azzurra è sempre risultata per-dente: molti placcaggi malfatti,troppi metri guadagnati ogni vol-ta dagli avversari. Jacques Bru-nel, a fine partita, non aveval’aria soddisfatta.L’esperimento di Tobias Botesschierato all’apertura è funziona-to a metà: bene nella gestionedella palla (la meta di Parisse,dopo un ottimo lavoro di RobertBarbieri, è in buona parte meri-to suo), buona capacità di alter-nare le opzioni di gioco, maledalla piazzola (2 su 5). Va co-munque rivisto alla prova. Otti-ma la prestazione di Ghiraldini eVenditti, che merita la riconfer-ma anche quando rientrerà Mir-co Bergamasco. Tra quindicigiorni c’è la trasferta a Cardiffcontro il Galles, un’altra partitaproibitiva. Bisogna che la squa-dra la affronti con serenità, conti-nuando a migliorarsi. Se Botes èl’uomo su cui puntare, allora èbene insistere su di lui; poi, afine torneo, si tireranno le con-clusioni.A Londra sfida al cardiopalmatra Inghilterra e Galles. I gallesi,a lungo in svantaggio, hannosegnato la meta decisiva a ottominuti dalla fine e conquistato ilsuccesso: 19-12.

Come sta il mercato musicale?Medici pietosi direbbero «in pro-gnosi riservata». Piuttosto direm-mo si naviga a vista in acquetempestose, con segnali contra-stanti dovuti alle lotte pesantifra le major che si dividono unmercato di consumatori fram-mentato, ridotto ormai sostan-zialmente a tre grandi potenze,Sony, Universal e Warner, e unacostellazione di indipendentiche viaggiano in parallelo.La musica è globale «e di tutti»?Non proprio, anzi anche qui lemaglie vanno sempre più strin-gendosi contro la pirateria. Ulti-ma in ordine di tempo la decisio-ne dell’Alta Corte di Giustiziabritannica che ha riconosciutol’illegalità del file sharing pro-mosso da The Pirate Bay. Sen-tenza motivata dal fatto che glioperatori della web companysvedese «permettono le infrazio-ni di legge che gli utilizzatoricommettono copiando e comu-nicando al pubblico (i contenutidel copyright, ndr), andandoben oltre la semplice funzionedi assistenza o di abilitazione».E anche in Svezia la Corte Supre-ma non ha fatto sconti, respin-gendo una richiesta di riesamedella sentenza di condannaespressa dalla Corte di Appelloper i quattro proprietari di Pira-te Bay, e confermando pene de-tentive e sanzioni pecuniarie.Ma è ovvio che il «pugno di fer-ro» a poco serve.

Digital social forumPiù intelligentemente sull’altrasponda dell’Oceano si infittisco-no i contatti fra i gruppi impren-ditoriali e i social network. Unesempio è il Digital Music Fo-rum East che si è tenuto a NewYork il 22 e 23 febbraio, diventa-to una sorta di «social forum»musicale dove si è discusso sucome un «nuovo mercato» puòessere sostenibile nell’era deldownload. Seminari, incontrispecifici sul tema ma alla finerestano ancora molti punti inter-rogativi. Perché se è vero chemolti puntano ai nuovi modellidi fruizione musicale, e che coin-volgono già Facebook e a breveil motore di ricerca principe,Google, non è facile mettersid’accordo in un universo fram-mentato in mille piattaformediverse.E a conferma della confusionegenerale sull’argomento, un’al-tra grana è esplosa negli ultimidodici mesi, ed è quella legata acome interpretare e calcolare leroyalty sui download di musicadigitale, finora considerati tra il10 e 20%. Sempre più spesso iproduttori e gli artisti – facendoleva su nuove interpretazionidella giurisprudenza, considera-no queste licenze come nuove,non previste dai vecchi contrat-ti, e rivendicano una quota del50%. Ultima in ordine di tempoè la Fbt – la società che fa capoa Eminem – che ha aperto unavertenza contro la Universal rite-nendo di essere in credito perdecine di milioni di dollari. Ed èsolo l’inizio.

La lettura dell’intervista rilasciata da MarioDraghi al Wall Street Journal non lascia dub-bi. Sono i mercati in Europa a dettare la linea

alla Bce e con questo presidente non c’è speranzadi invertire la tendenza. Certe espressioni di Draghisono persino imbarazzanti. Dice il nostro: «Stringe-re la cinghia non ha alternative» perché il solo allen-tamento «scatenerebbe una immediata reazionedei mercati». Conseguentemente Draghi stila uncertificato di morte del modello europeo, chiede diflessibilizzare ulteriormente il mercato del lavoro edifende a spada tratta la attuale politica di AngelaMerkel. Pur riconoscendo che il fiscal compact hal’effetto di frenare la crescita, il Presidente della Bcenon ravvisa l’esistenza di alternative. Quando inchiusura l’intervistatore gli domanda quale sia l’in-dicatore che consulta per primo al mattino, rispon-de «la Borsa», mentre ammette che la questione del-la parità dell’euro gli interessa molto meno.

Se ci si trasferisce sul Corrierone si può gustareuna fluviale intervista di Massimo Mucchetti a Ser-gio Marchionne. In essa l’Ad della Chrysler-Fiat, ol-tre a sprizzare il solito veleno antiFiom, disegna co-sì il futuro del mercato dell’auto e segnatamentedel suo gruppo: «La Fiat ha scelto di rallentare il lan-cio dei nuovi modelli per la scarsità della domandain Europa». In effetti le ultime rilevazioni ci diconodi un ulteriore crollo delle immatricolazioni delgruppo Fiat nel Vecchio Continente pari a circa il16%, ma dire che si tratta di una scelta voluta e pro-grammata è comportarsi come la volpe nella cele-bre favola di Esopo che non riuscendo ad agguanta-re l’uva sostiene che non è ancora matura (non-dum matura est). Ciò che resta dell’industria auto-mobilistica italiana dovrebbe quindi orientarsi condecisione alle esportazioni oltreoceano. E se nonfunzionano? Chiede ancora Mucchetti. Allora biso-gnerà chiudere due siti produttivi dei cinque rima-sti della Fiat in Italia, risponde Marchionne.

Lasciamo per il momento sullo sfondo la indi-spensabile considerazione che né in Europa, né ne-gli Usa, e neppure nel resto del mondo, la fuoriusci-ta dell’economia reale dalla recessione può avveni-re riproducendo gli stessi modelli produttivi e con-sumistici di prima, come la moltiplicazione dellevetture private in circolazione. E soffermiamoci in-vece sul fatto che precisamente qui che si realizzauna congiunzione fra il «tedesco» Draghi e l«ameri-cano» Marchionne. Il primo è preoccupato solo del-l’andamento dei mercati borsistici, non consideravitale una strategia di crescita economica dell’Euro-zona, stronca perciò qualunque discorso sugli Euro-bond, lascia che la Germania persegua indisturbatala propria politica neomercantile fondata sulleesportazioni e il surplus commerciale, reclama l’ab-battimento di ciò che resta del modello sociale euro-peo e delle difese del diritto del lavoro, non si preoc-cupa infine della parità euro-dollaro, considerandoquindi gradevole un ulteriore indebolimento del pri-mo come in effetti sta avvenendo. Il secondo consi-dera tutte queste condizioni – in particolare l’inde-bolimento dell’euro sul dollaro - perfettamente fun-zionali al proprio disegno di conquista di quote cre-scenti del mercato automobilistico statunitense,concentrandosi su politiche antisindacali di stam-po no union di tipo preroosveltiano. Era già chiaroprima come il marchionnismo fosse la risposta didestra alla crisi dal punto di vista e a partire dalla im-presa. Se non era del tutto evidente come questa sipotesse saldare, con tutte le giunture e gli incastri inordine, con le macropolitiche economiche degli or-gani dirigenti della Ue, queste due interviste sincro-nizzate ce lo svelano senza ombra di dubbio. Il che,almeno, dovrebbe convincerci che la lotta operaia edel mondo del lavoro torna a caricarsi di significatinon solo anticiclici ma antisistemici. A cominciaredallo sciopero e dalle manifestazione indetti il 9marzo dalla Fiom.

chiuso in redazione ore 21.30

tiratura prevista 61.570

PALMA DI MAIORCA

FotofinishContestatoil genero del re

COMMENTO

Draghi e Marchionne,gli alfieri della riscossa

neoliberista

Alfonso Gianni

VIVACI PROTESTEanti-monarchia (rarità perla Spagna) davanti altribunale in cui è statosentito Inaki Urdangarin,duca di Palma, maritodella principessa Cristinae quindi genero del reJuan Carlos, accusato dicorruzione. (foto Reuters)

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pagina 8 il manifesto DOMENICA 26 FEBBRAIO 2012

L’ULTIMA

diViennaAngela MayrVIENNA

Èpossibile produrre diversamente,concepire un sistema economico«a fin di bene», che non infligga de-

vastazioni sociali e ambientali? Partiredal «bene comune» come finalità e an-che modalità dell’attività economica? Aprovarci è il movimento per la «Ge-meinwohloekonomie» - economia bene-comunista sorto in Austria alla fine del2010 per iniziativa di un gruppo di im-prenditori aderenti all’organizzazioneno global Attac. Obiettivo dichiarato è lacreazione di un modello di economia al-ternativa che rovescia il dogma del pro-fitto massimo e della competizione, af-fermando come valori fondanti anchedell’economia, quelli che tutti ricono-sciamo come basilari per la riuscita dellerelazioni interpersonali: la solidarietà,condivisione, benessere comune e re-sponsabilità. Un progetto nobile campa-to in aria, fuori dalla realtà?

«Di fronte all’evidenza del fallimentodel sistema capitalista non si può solostare a guardare, bisogna agire mettendoin campo da subito pratiche alternativecome leva di cambiamento a livello eco-nomico, politico e sociale» ci dice Chri-stian Felber, trentanovenne, autore di«Gemeinwohloekonomie» - (Vienna2010) e suo organizzatore. Cofondatoredi Attac, insegna economia all’universitàdi Vienna, scrittore e anche danzatore. loincontriamo al cafè Westend di Vienna.«In questo periodo di crisi ricevo costan-temente telefonate di persone, imprendi-tori e no, che vogliono cambiare, trovareun senso alla propria attività. Oggi mihanno chiamato da Buenes Aires dove siè formato il primo campo di energia» rac-conta Felber. Campo di energia sono leassociazioni per il bene comune sul terri-torio. Alla rete di economia benecomuni-sta, un cantiere aperto a tutte le esperien-ze e pratiche economiche alternativeaderiscono ormai 500 imprese, piccole emedie in Austria, Germania, Spagna eNorditalia (Sudtirolo), una grande bancaalternativa, la bavarese Spardabank.

Abbiamo visitato la Gugler cross me-dia spa, tipografia e media provider tra-

sversale. La sede è a Melk, cittadina a 90chilometri da Vienna. L’ecologia inizia al-la stazione della cittadina: un servizio bi-cicletta porta all’azienda, per non pro-durre emissioni tossiche. «Quello tipo-grafico è un settore ad alto consumo dienergia e di risorse, renderlo sostenibilerichiede molta ricerca e attenzione» spie-ga Reinhard Herok, delegato alla sosteni-bilità della Gugler. A cominciare dall ’edi-ficio, architettura premiata al massimlorisparmio termico, uffici arredati anchecon criteri sheng fui per il benessere deicollaboratori. Il calore prodotto dallemacchine di stampa offset e digitale vie-ne convertito in riscaldamento. 95 dipen-denti o collaboratori a tempo pieno com-presi i proprietari, la forbice tra stipen-dio massimo e minimo è di 4 a 1, i tipo-grafici retribuiti secondo tariffa sindaca-le «alta a sufficienza» commenta Herok.Molta formazione, anche ambientaledei collaboratori, assemblee mensili.Mangiano nella cantina biologica vegeta-riana, una cuoca assunta a tempo pieno.«Per le cose importanti come il cibo i sol-di ci devono essere» spiega Herok «a noidel resto non interessa massimizzare iprofitti, ci basta guadagnare quel tantoche ci permette di stare bene tutti». Tra iclienti di Gugler ci sono Ong come Gre-enpeace Austria ma anche l’ ufficio vien-nese del Fmi. Scelta dei fornitori secon-do criteri ecologici e sociali. Il fiore all’oc-

chiello e primato mondiale è la stampaintegralmente biodegradabile, cradle tocradle (dalla culla alla culla) c2c, unastampa compostabile senza lasciare al-cun residuo di fango tossico ci illustraHerok «Molte tipografie austriache sonofallite non reggendo la concorrenza del-le vicine Ungheria e Slovacchia, noi pun-tando sulla qualità e strategie a lungo ter-mine andiamo avanti».

Gugler è tra le 60 aziende pioniere cheper la prima volta, nel 2011 hanno elabo-rato un «bilancio benecomunista», che èil vero cuore del progetto di economiaper il bene comune. Come bilancio se-condario, a fini più che altro pubblicita-ri, già molte aziende anche multinazio-nali confezionano bilanci sul presuntobenessere sociale o ambientale che pro-durrebbero. Ma sono bilanci che valgo-no solo fino a che non entrano in contra-sto con il loro bilancio primario, che è ilbilancio finanziario. Il bilancio beneco-munista invece è concepito come bilan-cio primario, il vero obiettivo, quello fi-nanziario secondario, solo strumentale.Il bilancio del bene sociale ed ambienta-le verrà sottoposto ad un audit di valuta-zione. Esiste una prima matrice di mo-dello che incrocia valori (giustizia socia-le, sostenibilità ecologica, partecipazio-ne democratica ecc.) e soggetti (collabo-ratori, clienti, future generazioni, prodot-to o servizio, fornitori ecc) attribuendo

un punteggio a ciascuna voce. Chi è piùsociale, più ecologico più democraticopiù solidale ecc. ottiene più punti. Unpunteggio alto, secondo il nuovo model-lo economico dovrebbe essere incentiva-to e premiato, riconoscendo maggiori di-ritti alle aziende virtuose, vantaggi fisca-li, facilitazioni di credito, precedenza nel-le committenze pubbliche. Un percorsoche funzioni da leva di cambiamento,che va affiancato da altre, politiche e legi-slative avvisa Felber. «Bisogna finalmen-te dare attuazione concreta alla costitu-zione che già prevede il benessere gene-rale come fine dell’attività economica. Ilsistema economico attuale violando i di-ritti fondamentali delle persone è in veri-tà contro la legge». Intanto, racconta, sulterreno pubblico ci sono dei segnali.Due regioni, Vienna e Bassa Austria valu-teranno l’esito degli l’audit dei bilanci be-necomunisti. Lasciando il cafè Westendpassiamo per la Riemergasse al centro diVienna. Qui si trova il più grande dei ne-gozi Gea, scarpe comode in colori bellis-simi, borse, mobili.e materassi. Gea pro-duce e vende in proprio, sede nel Wal-dviertel a nord di Vienna, 125 dipenden-ti. È l’unico produttore di scarpe in Au-stria che è riuscito a sopravvivere, pagan-do stipendi superiori ai contratti colletti-vi, tutti gli altri sono falliti o trasferiti al-l’estero. Paradosso dell’economia bene-comunista.

A. Ma.VIENNA

«Qualche miliardo di debiti miprovocano meno notti inson-ni dell’idea di qualche centi-

naio di migliaia di disoccupati» dicevacon tono lapidario l’ex cancelliere au-striaco Bruno Kreisky, di cui si è celebra-to l’anno scorso il centenario della nasci-ta. Allora quella frase celebre, è rispunta-ta come un fantasma eretico nelle centi-naia di iniziative, serial tv e spettacoli tea-trali dedicati alla sua memoria. Un’inten-sità celebrativa pari solo alla rimozionedell’eredità politica del vecchio cancellie-re.(E della sua biografia, perchè un Bru-no Kreisky che fuggiva dal nazismo nel-l’Austria di oggi difficilmente troverebbeasilo). Tuttavia, se la disoccupazione inAustria oggi è la più bassad’Europa, al 4,1%, lo si deveanche all’effetto di onda lun-ga delle politiche di piena oc-cupazione dei governi a gui-da socialdemocratica. Ma datempo la musica è cambiata.Lo Sparpaket (pachetto ri-sparmio) appena varato dal-la coalizione di governo tra isocialdemocratici (Spoe) delcancelliere Werner Faymane i popolari (Oevp), in sintonia col ritor-nello rigorista europeo, colpisce - mancoa dirlo - le pensioni.

In controtendenza si muove il Comu-ne di Vienna, storico fortino socialdemo-cratico, ora governato per la prima voltada una coalizione rosso verde. Investirecontro la crisi la parola d’ordine. Al muni-cipio incontriamo David Ellensohn, ca-pogruppo dei Verdi. Ci saranno privatiz-zazioni dei servizi pubblici, gli chiedia-mo? «Sicuramente no, è talmente fuoridiscussione che non ne parliamo neppu-re. Noi e la Spoe siamo totalmente d’ac-cordo sulla priorità del sociale, della salu-te, della cultura dei servizi, in questi tem-pi più necessari che mai. La domandache ci poniamo è come incrementarli».Una via è redistribuire le spese: Rimanel’asilo nido gratuito, saranno tagliate in-vece le sovvenzioni alle industrie e per lacostruzione di nuovi garage. Aumentanoda marzo tariffe per parcheggi e multe.In cambio trasporti pubblici meno cari.È l’inizio del ridisegno degli spazi urbania favore dei pedoni e delle biciclette per-seguita dalla vicesindaca verde MariaVassilakou. In fase d’avvio il progetto del-le centrali solari collettive da costruiresui tetti di Vienna. Basta prenotarsi, (inseguito sborsare 500 euro), a tutto il re-sto ci pensa il comune.

I servizi sociali a Vienna hanno una so-lida tradizione, fin dall’esperimento sin-

golare di riformismo radicale che fu la«Vienna Rossa» degli anni 1923-34. Ne èrimasto la vasta rete delle case e delle pi-scine comunali. Comparata con altre cit-tà le liberalizzazioni sono state contenu-te (però vi è stata una spericolata opera-zione finanziaria che ha dato in cross bor-der leasing a una società americana il10% dei vagoni della metropolitana e un20% delle fognature). Contro la politicadi liberalizzazione dei servizi pubblici es-senziali dell’Ue il comune di Vienna haallestito, un ufficio apposito una speciedi trincea anti-Bolkenstein (la direttivaeuropea del 2004). Si chiama Dezernatfuer Daseinsvorsorge (ufficio per la previ-denza esistenziale) riguarda i beni comu-ni come acqua, salute, servizi sociali,smaltimento rifiuti e istruzione. Un dizio-nario della previdenza esistenziale si tro-

va sul sito del Comune. Ec-co per ogni settore un «ar-gomentario contro la libe-ralizzazione» che spiega co-me le caratteristiche deiservizi sociali portino a unMarktversagen, fallimentodel mercato, smontandol’idea che maggiore compe-tizione e più privato miglio-rino l’efficienza: uno deimotivi, il privato non consi-

dera le «esternalità», gli effetti sull’interasocietà oltre che sul singolo individuodei servizi (un accesso universale al-l’istruzione è un vantaggio per l’intera so-cietà diceva già Adam Smith, ricorda ildocumento).

Fondamentale l’ argomentazione sucome la giustizia distributiva, un uso eaccesso universale a beni comuni e servi-zi a prescindere dal reddito, possa garan-tire solo il pubblico, mentre il privato èfunzionale a una logica di servizio mini-mo. L’argomentario sull’acqua mette an-che in guardia da esternalizzazioni di ge-stione dei servizi idrici: comporterebbe-ro una perdita di competenza specificadiretta, col risultato di perderne alla fineanche la capacità di controllo e monito-raggio. Vienna, che ovviamente gestiscedirettamente in house ogni aspetto delservizio idrico, ha sancito nel 2001 nelproprio statuto il carattere pubblico e delservizio idrico e delle foreste che proteg-gono le fonti d’acqua. L’acqua di Viennaproviene dalle montagne della vicina Bas-sa Austria dove il Comune ha acquisito40 mila ettari di territorio lungo le sorgen-ti e falde acquifere, per garantirne la curaambientale, un’attività «antieconomica»che nessun privato potrebbe fornire. «Ga-rantire la qualità e non la massimazionedel profitto - si legge nella “Wiener Was-sercharta” - le misure economiche van-no subordinate al bene comune».

Non solo nuove istituzioniviennesi contro la direttiva UeBolkenstein. Fiorisce in Austrial’«economia benecomunista»,che conta ormai 500 aziende

L’OFFICINA

I BENI COMUNI NON SOLO COMESERVIZI MA ANCHE COME IMPRESA

Per lo Statutocomunaledal 2001il servizio

idricoè pubblico

reportage

«DALLA NATURAALLA NATURA»,IL LOGO DELLEPRODUZIONIDI STAMPAECOLOGICADI VIENNA

IN CITTÀ · Nuovi investimenti su acqua, salute, rifiuti

Un ufficio e un «dizionario»contro le liberalizzazioni