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Giovedì 13 dicembre 2018 - distrettoittico.it · za della nostra terra e della sua gente partendo...

Date post: 14-Sep-2019
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Giovedì 13 dicembre 2018 Foto: www.parcodeltapo.org
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Giovedì 13 dicembre 2018

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Speciale TIPICITÀ POLESANEII

Speciale TIPICITÀ POLESANE III

L’INIZIATIVA

La nostra storiae il nostro futurofra terra, maree innovazioneLe tipicità, i prodotti a chilometro zero, la cura e l’amoreper la propria terra sono diventati negli anni un vero eproprio plus per qualsiasi territorio. Attorno alle tipicità,ai prodotti Dop e Dogc si sono costruite campagne dimarketing territoriale che hanno rappresentato la svoltadal punto di vista turistico ed economico per intere areedel Paese. Certo, servono anni di lavoro e investimenti:ma è una delle strade che non si possono ignorare.Servono prima di tutto idee e voglia di fare impresa,cosa quest’ultima che di certo non manca alla gente delPolesine. Anzi.

A proposito di Polesine, quella che per anni è stataconsiderata una sua pecca, forse il suo punto debole piùgrande, vale a dire l’essere rimasti legati alla terra e almare, non avere intercettato il vento dello sviluppocome invece è successo in altre zone del Veneto, puòrivelarsi in questa fase una ricchezza aggiuntiva. Ilriconoscimento del Parco del Delta del Po come MabUnesco, lo studio per ottenere in Alto Polesine unacertificazione analoga per i comuni della Riviera del Po,l’avere preservato il territorio con le sue caratteristichepiù vere: ecco, questa è una delle grandi scommesse sucui puntare.Perché il Polesine, in teoria, ha tutto per diventare unagrande terra di attrazione. Ha una posizione geograficainvidiabile; ha legami stretti con Venezia (che dal puntodi vista turistico è il massimo che si possa chiedere); haun territorio bellissimo, con delle “gemme” ancora tutteda scoprire dal punto di vista culturale. Ma soprattuttoha i suoi tesori radicati nell’agricoltura e nella pesca. Cisono territori che hanno fatto la loro fortuna puntandosul vino (basti pensare alle colline del Prosecco o alChianti shire); altri sulla produzione casearia (la zonadel Parmigiamo Reggiano, solo per citarne una) e diquesto passo si potrebbe andare avanti per pagine epagine. Ma in pochi possono vantare tante eccellenzeassolute raccolte in una striscia di terra stretta, lunga ebellissima, che va alla Pianura Padana al mare, dalcorso del Po, con il suo fascino unico, fino al Delta, unodei patrimoni più belli di tutta Italia.Un territorio che è ricco e affascinante anche esoprattutto grazie alla presenza dell’uomo, che con lasua azione l’ha difeso dalle acque, l’ha plasmato ma nonl’ha mai stravolto; l’ha reso vivibile e redditizio masempre con un occhio attento alla storia, alla tradizione,alla vita della sua gente. Ecco, in queste paginevogliamo provare a raccontarvi la bellezza e la ricchez-za della nostra terra e della sua gente partendo dallesue eccellenze; da quello che solo qui, e non altrove,potrete trovare perché è rigorosamente “made in Pole-sine”.Fra Adige e Po ci sono alcuni prodotti della terra unici almondo: l’aglio bianco polesano esportato in tutti icontinenti; il radicchio rosso di Chioggia (o Lusia), il risodel Delta... E ci sono prodotti del mare e delle laguneche ci invidiano in ogni dove: le cozze e le vongole diScardovari, il pesce azzurro, oggi anche le e ostricherosa...Attorno a pesca e agricoltura è cresciuto ovviamenteanche un tessuto sociale ed economico che ha un ruoloben maggiore di quello che gli stessi polesani possanoimmaginare. Parliamo di veri e propri distretti (anche setecnicamente il termine - come vedremo - rappresentaun’altra cosa) capaci di farsi conoscere e di fare affari alivello internazionale. Sarebbe bello - e questo è un po’

lo scopo di questa iniziativa editoriale - in primo che glistessi polesani conoscessero fino in fondo il valore dellaloro terra e le sue potenzialità. E poi, che attorno aqueste eccellenze si costruisse una nuova immaginedella nostra terrà, fatta di storia e futuro, di tradizione einnovazione, di bellezze ambientali e di grandi eccellen-ze economiche. E’ una sfida, forse una delle tante per ilnostro Polesine, ma di sicuro una delle più affascinan-ti.Ma per lanciarsi in qualsiasi sfida bisogna conoscerefino in fondo le proprie “carte”. E si deve radicare laconsapevolezza prima di tutto in chi qui ci vive e cilavora. Da questa piccola e forse banale considerazioneè partita l’idea di raccontare in queste pagine i tesori delPolesine e del suo Delta. Sperando in questo modo diavere dato un piccolissimo contributo alla crescita diuna consapevolezza che sta prendendo piede: si puòguardare con grande ottimismo al futuro, quello vero enon quello virtuale, solo se si hanno i piedi ben piantatiper terra. Nella proprio terra, quella delle radici e dellastoria, delle tipicità e di un ambiente che si deve soltantoamare.

I ringraziamenti

La consapevolezza di noi stessie la grande sfida del domani

Quella che leggerete nelle prossime pagine vuoleessere, senza alcuna pretesa di esaustività o dicompetenza tecnica, una piccola guida ragionata allascoperta del Polesine e delle sue grandi ricchezzelegate al territorio e al mare. Diciamo che si tratta diun vademecum per ricordare prima di tutto a noipolesani chi siamo e da dove veniamo. E che nelmondo siamo decisamente più conosciuti di quantonoi stessi possiamo credere. Poi, volendo, trattando-si di un inserto che può essere estratto e conservato,queste pagine potrebbero diventare una sorta di unpiccolo opuscolo ad uso e consumo anche di chi ilPolesine non lo conosce. O di chi arriva alla ricerca disapori, colori, immagini e sensazioni di cui ha lettosolo sulle guide turistiche. Non si può capire fino infondo il Polesine se non si apprezzano i sapori fortidella sua cucina di terra o quelli più tenui maaltrettanto decisi dei suoi piatti di mare. E un

viaggiatore non dovrebbe mai partire da qui senzaportare via con sé, ad esempio, qualche spicchio diaglio bianco polesano o una confezione di riso delDelta.Per la realizzazione di questo inserto ringraziamo chici è stato al fianco e ci ha aiutato nella fase diideazione e di realizzazione: prima di tutto la RegioneVeneto, e poi l’azienda speciale Mercati di Lusia; ilDistretto Ittico e Polesana Pesca.Un grazie per le foto del Parco del Delta del Po al sito

www.parcodelta.org.

A tutti voi, buona lettura. E se dopo avere scorsoqueste pagine vi verrà voglia di fare una gita nel Deltaper ammirare le sue meraviglie e assaggiare i fruttidel suo mare e delle sue valli, o di salire nell’AltoPolesine per toccare con mano il radicchio più buonodel mondo... beh, in questo caso il nostro compito sipotrà dire compiuto.

Foto di Andrea Fantinato grazie a www.parcodeltapo.org

Speciale TIPICITÀ POLESANEIV

Ha origini orientali

L’ottimo radicchio di Chioggia...prodotto anche in PolesinePer parlare degli “ori” del Polesine non potevamo che partireda un prodotto che ha fatto la storia della nostra orticoltura eche riveste un ruolo fondamentale nella cucina veneta eitaliana: il radicchio.

Già, ma Chioggia non è in provincia di Venezia? Sì, ma ilradicchio di Chioggia è prodotto - e in grandissima quantità -anche in Polesine, al punto che anche la nostra provinciarientra nell’Indicazione geografica protetta.La zona di produzione del radicchio di Chioggia, tipologiatardivo, ricade, da disciplinare, nelle province di Venezia,Padova, Rovigo, e in particolare nell’intero territorio deicomuni di Cavarzere, Chioggia e Cona in provincia di Venezia;Correzzola e Codevigo in provincia di Padova e Ariano, Loreo,Porto Viro, Rosolina e Taglio di Po in provincia di Rovigo.Come si può vedere, c’è tantissimo Polesine nelle radici diquesto prodotto.Il radicchio di Chioggia, tipologia precoce, invece, vieneprodotto all’interno dei comuni litoranei di Chioggia e Rosoli-na, dove le particolari condizioni climatiche consentono diesaltarne le caratteristiche.Il “radicio de Ciosa” ha le foglie grandi e rotondeggianti, dicolore rosso che compongono quella tipica forma sferica, avolte schiacciata in testa, che richiama proprio la forma dellarosa, da cui il suo nome “vezzeggiativo”, ovvero “rosa diChioggia”.La nervatura centrale delle foglie è bianca, mentre quellesecondarie sono decisamente più evidenti. Il prodotto appar-tiene, come detto, a due tipologie: precoce (con la raccolta cheva da aprile a luglio) e tardiva (da settembre a marzo).Ma il radicchio rosso come è arrivato nel basso Venetotrovando qui un habitat tanto favorevole? Gli storici ritengonoche abbia origine orientale e che sia stato introdotto nei territoridella Repubblica di Venezia verso la fine del Quattrocento pervenire poi coltivato a partire dal XVI secolo in provincia diTreviso. Le varietà di radicchio oggi coltivate derivano daibridazioni spontanee ma anche da una selezione natural.Pensate. Ci sono delle pubblicazioni che risalgono agli anni’30 che documentano la coltivazione di tipologie di radicchio,derivate dalla varietà Rosso di Treviso, da selezioni e provesperimentali avviate dai produttori dell’area litoranea veneta,negli orti lagunari, fra le provincie di Venezia e Rovigo. Ilradicchio di Chioggia assunse importanza commerciale versola metà del XIX secolo e dagli anni ’60 in poi, si diffuse anchein Abruzzo, Emilia-Romagna, Lombardia, Marche e Puglia.La sua peculiarità sta nelle sostanze che gli conferiscono il suocaratteristico colore rosso vivido: le antocianine che esercita-no una funzione protettiva dell’organismo. Mangiando i radic-chi, quindi, queste molecole esercitano un’analoga funzioneprotettiva, all’interno dell’organismo, nei confronti dei radicaliliberi e degli agenti ossidanti che sono all’origine dell’invec -chiamento cellulare.

Le caratteristiche

Ha un sapore amarognoloed è un ottimo antiossidante

Il radicchio di Chioggia ha caratteristiche e qualitàtipiche, potremmo dire anche speciali e assolutamenteuniche. A partire ovviamente da quel suo caratteristicosapore amarognolo legato alla presenza degli guaiano-lidi, molecole “buone” (anzi “buonissime”) che esercita-no una funzione antinfiammatoria, vasoprotettiva ecoloretica, con effetti depurativi ed epatoprotettivi. In-somma: il radicchi fa bene ai reni e al fegato, Ma nonsolo.

Le sue proprietà possono infatti rivelarsi molto utili dopodiete ricche di grassi.Senza dimenticare che il radicchio di Chioggia Igp, è unbuon antiossidante e ha effetti positivi anche sullamemoria.Se viene mangiato crudo, in insalata, trasmette ovvia-mente il massimo delle vitamine, mentre cotto nei piùsvariati modi può soddisfare i palati più esigenti.Il radicchio rosso è un vegetale composto d’acqua,decisamente poco calorico (circa 12 calorie per 100grammi di prodotto), ricco di proteine, potassio, fosforo ecalcio. E’ inoltre molto ricco di fibre, vitamine e sali

minerali. Anche per questo è necessario prestare atten-zione al momento in cui si decide di acquistarlo. Perchémantenga tutte le sue caratteristiche peculiari le foglienon devono essere appassite o bagnate perché ilcontenuto di vitamine dipende in gran parte dalla mag-giore o minore freschezza del prodotto..Il mercato di riferimento per il Radicchio di Chioggia è ilMercato Ortofrutticolo di Rosolina, via Po Brondolo,43.La semina del tipo precoce viene effettuata da iniziodicembre a fine aprile in semenzaio, oppure da iniziomarzo direttamente sui campi; la raccolta avviene traaprile e là metà di luglio. Il tipo tardivo viene inveceseminato in semenzaio dal 20 giugno al 15 agosto odirettamente sul campo da luglio ad agosto per venirepoi raccolto da settembre a marzo.Nelle prime fasi di crescita, la pianta presenta foglieverdi, appena screziate di rosso. Solo in una fasesuccessiva compaiono le grandi foglie rotondeggianti,con la tipica colorazione rosso-colorazione amaranto ele nervature bianche..

“Ha foglie rotondeggianti

grandi e di colore rosso

per le sue molecole che

hanno funzione protettiva

Speciale TIPICITÀ POLESANE V

Cappuccia o gentile: sono queste le due lattughe amarchio Igp, un vero e proprio vanto per la nostraorticoltura di qualità.

La zona di produzione dell’Insalata di Lusia Igp compren-de infatti buona parte del territorio limitrofo al corso delfiume Adige, rigorosamente tra le province di Rovigo ePadova. Ed ha il suo mercato di riferimento a livelloeuropeo a Lus ia . P iù po lesano d i cos ì . . .Ma perché lungo il corso dell’Adige? La qualità delprodotto è frutto in primo luogo delle caratteristiche delterreno. Per un’insalata Igp servono un humus sabbiosoadatto per la coltivazione degli ortaggi, arricchito daimpianti di irrigazione e da una fitta rete di canali. Ilrisultato è una lattuga splendida e unica nel suo genere,ricca di fibre e di sali minerali, e dalle ottime qualitàorganolettiche: gusto, sapidità, croccantezza, turgidità euna fibrosità pressoché assente. Questa, e non un’altra,è l’Insalata di Lusia Igp, che si contraddistingue per unaradice piuttosto corta, mentre le foglie sono di numero,forma e dimensione anche molto variabili a secondadelle varietà botaniche. Insomma: sono le caratteristicheorganolettiche più ancora del colore o della forma a faredi un’insalata una “insalata Igp”.Nelle fasi iniziali di crescita le foglie sono dispostegeneralmente a rosetta, ma poi finiscono con l’avvolgerecompletamente la foglia precedente. Sono due le varietàche si possono fregiare di questo riconoscimento: la“Lattuga cappuccio”, con i suoi cespi tondeggianti e legrandi foglie dal margine liscio; e la “Lattuga gentile”, conun cespo aperto, le foglie di un bel verde brillante e daimargini arricciati. L’Insalata di Lusia Igp è la sola inEuropa ad essere tutelata dal marchio Igp (ovvero diIndicazione geografica protetta), che è stato ottenuto nel2009.Ma come e quando è arrivata in riva all’Adige? La sua èuna storia più che centenaria. Le prime notizie relative aqueste gente di insalata risalgono a inizio Ottocento. Mabisognerà aspettare quasi un secolo per vedere decolla-re a Lusia la produzione di ortaggi e per vederladiventare un’importante attività commerciale oltre cheagricola.Avete mai provato a salire sull’argine dell’Adige e arivolgere lo sguardo verso la campagna di Lusia? Vistadall’alto la pianura appare come un’immensa operapatchwork, con distese di orti, ben tracciati e coltivati, neiquali si alternano il verde di diverse gradazioni degliortaggi e il colore grigiosabbia della terra. E’ un paesag-gio incantevole, tipico del Medio Polesine.

Nella storia

Citata in manoscritti del ‘900è difesa dal Consorzio

In generale, l'insalata è un piatto usato come contorno oantipasto. Il termine deriva dal latino salata, da sal, “sale”.Nel linguaggio comune, per insalata si intende la variantepiù semplice, ossia l'insalata verde, preparata solamentecon verdure crude come la lattuga o la cicoria. Perestensione, però, il termine viene comunemente usatoanche per indicare la materia prima, ossia le verdurestesse.

L’Insalata di Lusia Igp presenta un fusto carnoso e corto, dilunghezza variabile. La varietà cappuccia ha un gustofresco e croccante, mentre la “gentile” ha foglia di coloreverde chiaro e brillante e il margine frastagliato.Le origini dell'orticoltura nel territorio di Lusia risalgonoall'inizio del Novecento con un’attività destinata prevalente-mente al consumo familiare. Si trova menzione dellaproduzione di insalate con la dicitura Latuga o Salata apartire dal 1933. Il successo della produzione però, furapidissimo. Secondo i dati statistici sulla produzione ortico-la degli anni ‘50 del secolo scorso, le insalate si erano infattigià affermate come secondo prodotto in termini quantitativi.L'introduzione della varietà gentile risale invece agli anni

Sessanta, ad opera di alcuni commercianti che la importa-rono dal mercato veronese.Da allora, grazie ad un territorio particolarmente vocato siaper le peculiarità del terreno che per la indispensabilepresenza dell’acqua, la produzione ha subito continuimiglioramenti, anche grazie alla selezione genetica dellevarietà.Per mantenerne inalterati sapore e qualità organolettiche,l'insalata di Lusia Igp va conservata in luoghi freschi, asciuttie al riparo dalla luce. Abbinata a secondi a base di carne opesce è ideale come contorno, ma può fungere anche dapasto completo se abbinato come piatto unico a verduracruda, legumi e cereali in chicchi, tonno sottolio o formaggidi vario tipo. L’Insalata di Lusia Igp è tutelata dal regolamen-to Ce (vale a dire dell’Unione Europea) pubblicato sullaGazzetta Ufficiale il 26 novembre 2009. A farne osservare idettami c’è il Consorzio di tutela dell’Insalata di Lusia Igpche promuove l’applicazione rigorosa del disciplinare, oltrealla promozione del prodotto. Ovviamente il produttore cheaderisce al Consorzio di tutela dell’Insalata di Lusia Igpdeve rispettare scrupolosamente il disciplinare Igp.

“Le due varietà sono

la lattuga cappuccio

e la gentile, entrambe

molto apprezzate

L’ortaggio

Insalata di Lusia, quanta qualitàin Europa è l’unica tutelata Igp

Speciale TIPICITÀ POLESANEVI

L’ortaggio

Ecco l’oro bianco del Polesineincoronato con il marchio Dop

E’ conosciuto come “oro bianco del Polesine”. E ce n’èdavvero motivo. L’aglio bianco è un prodotto prezioso per ilnostro territorio, ed ha una qualità tale da avere ottenutoanche la prestigiosa indicazione Dop. Insomma: è un’eccel -lenza. L’aglio bianco polesano è un ortaggio a bulbo dellaspecie Allium sativum; è una pianta erbacea, bulbosa, peren-ne e a ciclo di coltivazione annuale.

Le sue foglie, lunghe e di colore verde chiaro, sono caratteri-stiche e possono raggiungere una lunghezza totale di 80centimetri e una larghezza fino a 3 centimetri. La pianta èinoltre provvista di radici cordiformi (dalle 40 alle 60) cheaffondano per i primi 30 centimetri di terreno. Ma questo, locapisce anche un bambino, è assolutamente secondario. Laparte più importante e preziosa è infatti il bulbo, che è ricopertoda tuniche nel cui interno stanno numerosi bulbilli (da 8 a 14)a forma di spicchi.Diversi sono i comuni polesani interessati dalla coltivazionedell’aglio bianco Dop: Adria, Arquà Polesine, Bosaro, Canaro,Canda, Castelguglielmo, Ceregnano, Costa, Crespino, Fies-so Umbertiano, Frassinelle, Fratta, Gavello, Guarda Veneta,Lendinara, Lusia, Occhiobello, Papozze, Pettorazza, Pincara,Polesella, Pontecchio, Rovigo, San Bellino, San Martino diVenezze, Villadose, Villamarzana, Villanova del Ghebbo eVillanova Marchesana. Insomma: buona parte del Medio edell’Alto Polesine ha terreni adatti alla coltivazione dell’aglio.Terreni caratterizzati da un clima temperato e asciutto e dallafertilità raggiunta in seguito alle numerose inondazioni edesondazioni dei fiumi che delimitano il Polesine a sud e a nord,il Po e l'Adige. Ed è grazie a questo mix di caratteristiche deiterreni e del clima che l’aglio, in Polesine, è davvero di casa.

Le curiosità

Storia cominciata con i Romaniconsiderato un farmaco naturale

La presenza dell’aglio nel Polesine si fa risalire addiritturaai Romani, i quali con le loro opere di bonifica e riassettodei territori agricoli hanno modificato la conformazioneidrogeologica dell’area. Ne sono testimonianza gli scritticontenuti nella pubblicazione “La Centuriazione dell’Agrodi Adria”, in cui la coltura dell’aglio viene descritta comeuna delle più diffuse già all’epoca. Non è un caso cheVirgilio la citi nelle sue “Georgiche”. Così come non è uncaso che nel periodo medioevale, il Bocchi negli “AnnaliPollicinensi”, testimoni come agli abitanti di Rovigo fosseimposto di coltivare “l’alio loco bono”. Nel XVI secolo sitrova menzione della produzione di aglio come di un’attivi -tà di grande rilevanza per la zona di Selva, designazionestorica riferita ad alcuni comuni dell’attuale zona di produ-zione della Dop. Ma è a metà del Novecento che lacoltivazione dell’aglio assume le dimensioni di una colturaindustriale. Nel corso dei secoli, quindi, attorno all’aglio si èandata formando una notevole attività commerciale, che difatto ha permesso a questo prodotto di entrare con un ruoloda protagonista nel comparto economico. Ancora oggi leprincipali aziende di aglio di qualità si trovano in Polesine.Data la particolare resistenza al freddo, il periodo piùadatto per coltivarlo va dal tardo autunno (indicativamentefra i mesi di ottobre e novembre) fino ad inverno inoltrato.

Ma il successo dell’aglio è dovuto anche e soprattutto allesue caratteristiche organolettiche. Nei secoli è stato visto eutilizzato come un vero e proprio farmaco naturale, tantoda essere chiamato in Polesine “il farmacista del contadi-no”. Tra le proprietà terapeutiche, la più interessante èquella di antiaggregante piastrinico.

“Sono diversi i comuni

della nostra provincia

adatti alla coltivazione

del prezioso prodotto

Speciale TIPICITÀ POLESANE VII

L’ortaggio

L’asparago, vegetale sfiziosoper condire le ricette migliori

Il Delta del Po, connubio di terra ed acqua che l’uomo hasapientemente plasmato nel tempo, offre oggi eccellenzeenogastronomiche conosciute anche oltre confine.Si dice che nel Delta del Po si mangi sempre bene, ed èin effetti vero dato che i piatti tipici che si trovano neiristoranti, osterie, agriturismo o durante le fiere paesanesono basati su ingredienti e ricette semplici legate allatradizione. Il mare ovviamente la fa da padrone in cucina,partendo dalle rinomate vongole veraci e cozze dop diScardovari e Goro. Le lagune del Delta offrono altreimportanti opportunità a tavola. Il riso del Delta Igp, nellesue varianti vialone nano, carnaroli, arborio eccetera, èuna base ideale che valorizza tutti i sapori locali, sia chesi tratti di pesce, che di vegetali come asparagi, zucca oradicchio. Ecco, appunto, gli asparagi. Gli asparagi sonodei deliziosi germogli che segnano l’inizio della primave-ra. L’arrivo della bella stagione, infatti, è spesso assimila-to alla raccolta di questi preziosi beni della terra. Gliasparagi possono essere consumati semplicemente bol-

liti con l’aggiunta di olio e limone, ma anche essereutilizzati in numerose preparazioni culinarie. Sono ali-menti appunto indicativi della bella stagione: non a casoaprile e maggio sono i mesi clou del periodo degliasparagi. Soprattutto in questo momento, quindi, sipossono cucinare le ricette più buone con i prodotti freschie migliori. L’asparago, ortaggio ricco di vitamine K e A, diferro e di fibre, rapisce con il suo gusto delicato ed èindicato nelle diete grazie alle sue ottime qualità benefi-che. Fin dall’antichità è conosciuto e cucinato in moltimodi diversi. Gli asparagi si prestano davvero a tanti tipidi preparazione differenti. Le varianti in cucina che sipossono creare sono numerose e gustosissime. Ecco imigliori piatti con gli asparagi da preparare in casa: risottoagli asparagi, frittata agli asparagi, pasta asparagi ericotta, vellutata di asparagi, tortino agli asparagi, aspara-gi con uova strapazzate e cipollotto rosso, lasagneasparagi e noci, asparagi gratinati, pasta asparagi especk, insalata di asparagi.

Le caratteristiche

Ha proprietà diuretichevanta una storia millenaria

Il termine asparago o asparagio (dal greco asphara -

gos, che è dal persiano asparag, ossia germoglio) puòdesignare sia l’intera pianta che i germogli dellapianta Asparagus officinalis L. Appartiene alla fami-glia delle Liliaceae, un'angiosperma monocotiledo-ne. L’asparago possiede particolari proprietà diure-tiche, viene apprezzato dai buongustai e ha allespalle una storia millenaria. È una specie dioica cheporta cioè fiori maschili e femminili su piantediverse: i frutti (prodotti dalle piante femminili) sonopiccole bacche rosse contenenti semi neri. Lapianta è dotata di rizomi, fusti modificati che cresco-no sotto terra formando un reticolo; da essi sidipartono i turioni, ovvero la parte epigea e comme-stibile della pianta. Nel caso di coltura forzata ilturione si presenta di colore bianco mentre in pienocampo a causa della fotosintesi clorofilliana assumeuna colorazione verde. Se non vengono raccolti peril consumo dai turioni si dipartono gambi di lunghez-za variabile da 1 a 1,5 metri; tali gambi vannoraccolti quando ancora essi non hanno raggiuntouna dura consistenza. Le foglie (cladòdi) di questapianta sono minute e riunite in fascetti di 3-6.Diversamente da molte verdure, dove i germogli piùpiccoli e fini sono anche più teneri, gli steli più grossidell'asparago hanno una maggiore polpa rispettoallo spessore della pelle, risultando quindi piùteneri.

“Sa valorizzare prodotti tipicicome il riso del Deltaè ricco di vitamine K e A,ma anche di ferro e fibre

Speciale TIPICITÀ POLESANEVIII

Il cereale

Il riso, tesoro della nostra terraprodotto del Delta a marchio IgpDire riso, significa dire soprattutto Delta. E’ questo infatti il tesorodella nostra terra. Un tesoro che viene coltivato in un’area, il Deltaappunto, che si estende sul cono orientale estremo della pianurapadana fra le regioni Veneto ed Emilia Romagna. L’area èdelimitata ad Est dal Mare Adriatico, a Nord dal fiume Adige e aSud dal Canale navigabile Ferrara-Porto Garibaldi. Ma per quan-to riguarda il nostro territorio, ovvero il Polesine, la coltura del risointeressa in particolare i comuni di Ariano nel Polesine, Porto Viro,Taglio di Po, Porto Tolle, Corbola, Papozze, Rosolina e Loreo. Lecaratteristiche di questi terreni, il clima temperato e la vicinanzadel mare sono i fattori decisivi che caratterizzano la produzione inquesto territorio del riso del Delta del Po. Il riso trova infatti inquesta zona un terreno ideale, essendo l’unica coltivazionepossibile in terreni praticamente semi-sommersi. Le sue caratte-ristiche alimentari sono uniche: ha un'elevata digeribilità e ha unindice di sazietà medio bassa anche se maggiore di quello dellapasta. I minerali più importanti nel riso sono calcio, potassio,fosforo, ferro, rame, silicio, selenio. In effetti, il clima umido e iterreni del Delta sono fondamentali perché possa nascere ecrescere il riso. Anche questo cereale, come molti altri prodottipolesani ha il marchio Igp a testimoniarne il valore. La denomina-zione “Riso del Delta del Po” designa esclusivamente il frutto delriso appartenente al tipo Japonica, gruppo Superfino nelle varietàCarnaroli, Volano, Baldo e Arborio e presenta un chicco grande,cristallino, compatto, con un elevato tenore proteico che puòessere bianco o integrale. Pochi decenni dopo la diffusione delriso nella Pianura Padana, a metà del XV secolo, comparvero leprime documentazioni sulla presenza di coltivazioni in Polesine;in particolare nel territorio del Delta del Po, la produzione estensi-va ed organizzata si sviluppò solo nel XVI secolo, per opera dellafamiglia degli Estensi, che riuscì a sfruttare i terreni acquitrinosiche altrimenti sarebbero rimasti abbandonati. I terreni paludosi sitrasformarono in verdeggianti risaie, dalle quali emergevanosempre più numerosi i “casoni” di canna palustre, le povereabitazioni dei lavoratori delle risaie. Attorno ad essi, nel corso deltempo, si svilupparono piccoli centri che rispondevano alle neces-sità sia della produzione del riso, sia delle esigenze della vita deilavoratori stessi. Quindi il riso e la sua coltivazione hannodeterminato non solo la struttura produttiva del Delta del Po, maanche quella sociale, territoriale ed urbanistica. Le aziende checoltivano riso nel territorio di competenza del Consorzio diBonifica Delta Po sono 47 per un totale di 2400 ettari. Nella zonadel Delta del Po in provincia di Rovigo è attiva dal 1998 l’Associa -zione dei Risicoltori del Delta del Po, con sede a Taglio di Po.

Una dura attività

La mondina, le lavoratriciprotagoniste del trapianto

Un nome che evoca qualcosa che sembra epico. Chenell’immaginario collettivo rappresenta un passato glorioso.La storia del nostro Paese. La “mondina” o “mondariso” è lalavoratrice stagionale delle risaie. In Polesine, le risaie bruli-cavano di giovani donne operose. Donne che sono rimastenella storia e nelle tradizioni popolari. Come le loro canzoni:canti che le donne intonavano per rendere più sopportabile ilduro lavoro. Il lavoro si svolgeva durante il periodo di allaga-mento dei campi, dalla fine di aprile agli inizi di giugno perproteggere le delicate piantine del riso dallo sbalzo termico trail giorno e la notte, durante le prime fasi del loro sviluppo. Sitrattava soprattutto del trapianto in risaia delle piantine.

L’attività delle mondine è stata bracciantile di un tempo che fu,svolta pressoché in via esclusiva da donne (il 75% deglioccupati), poiché non richiedeva forza fisica. Il lavoro eramolto duro poiché veniva svolto, per diverse ore consecutive,con la schiena curva e le gambe immerse in acque melmosee malsane. Era una condizione diffusa nelle campagne diPiemonte, Lombardia, Veneto ed dell’Emilia Romagna, finoalla metà del Novecento. Per fare le mondine, molte giovanidonne partivano da casa per stabilirsi in un altro luogo.L’attività si svolgeva per 40 giorni durante l’anno: dalla finedella primavera, nel mese di maggio, le mondine stavanoimmerse nell’acqua fino al ginocchio, con le braccia e le manibagnate, soffrendo il freddo. Non solo: nei mesi di giugno eluglio dovevano sopportare un caldo eccessivo, le esalazionidelle zone d’acqua, ma anche insetti e vermi. Le gambespesso erano macerate da bagno prolungato, febbri malari-che, alimentazione deficitaria, abitazioni povere rendevano lerisaiole precocemente vecchie. Quel mondo ancora oggirappresenta la storia d’Italia e del Polesine e vale la penaricordarlo, perchè ha portato progresso, produzione e svilup-po economico.

“Ha determinato la struttura

sociale e territoriale

del Basso Polesine

si sviluppò nel XVI secolo

L’INTERVISTA

Mercato di Lusia: più privatoper un futuro di successo

Dalla seconda metà degli anni ‘50 il Mercato di Lusia è unodei fulcri attorno al quale si è mosso, e si muove verso tuttoil mondo, il commercio delle specialità orticole polesane,dall’insalata di Lusia Igp all’aglio bianco polesano. Insieme alMercato di Rosolina parliamo di una massa di prodottimovimentata di circa 35mila tonnellate con più di 60 referen-ze tra cui spiccano le lattughe, i radicchi, l’aglio bianco, icavoli, le cipolle, i pomodori, i meloni, le patate, le melanza-ne, le carote, le angurie, le zucche, i peperoni, le zucchi-ne...

E proprio per il mercato, inteso come struttura societaria e digestione, in un prossimo futuro sono previste una serie dinovità importanti dal punto di vista normativo. Complice unobbligo di legge, innanzitutto L’Azienda Speciale per iMercati Ortofrutticoli di Lusia e Rosolina - questo il nomecompleto - passa dal controllo diretto della Camera dicommercio di Venezia e Rovigo a quello di Camera e servizi.L’Azienda speciale viene dunque inglobata dalla societàCamera e servizi, controllata anch’essa dal 100% dallaCamera di commercio, ma che ha solo funzioni tecnico-amministrativo e non “politiche” in quanto braccio operativodella stessa Camera di commercio.Ma si tratterà - come spiega il presidente, Primo VitalianoBressanin - solo di una fase intermedia, visto che oramai daalcuni anni si sta lavorando per individuare forme di gestionealternative, miste pubblico-private, così da favorire lo sgan-ciamento graduale delle strutture mercatali dall’orbita dellaCamera di commercio.Concentrandoci in questa fase solo sul Mercato ortofrutticolodi Lusia (per Rosolina, una struttura più piccola, l’iterprogettuale è differente), “i gestori saranno chiamati a

intraprendere la strada di una sua gestione in forma privatisti-ca”. E’ questo l’obiettivo finale del percorso, come detto in viadi studio e di definizione, che è stato intrapreso dalla Cameradi commercio con il coinvolgimento delle aziende cheoperano all’interno del Mercato di Lusia.“I vantaggi di questo passaggio - spiega ancora il presidenteBressanin - saranno evidenti, a partire da una gestionediretta dell’attività, per arrivare alla messa in campo dioperazioni di marketing territoriale e di commercializzazionedel prodotto”. Il mercato dovrà dunque operare in manieraprivatistica “per promuovere i tanti prodotti di eccellenza delnostro territorio. Oltre agli Igp, che sono la punta di diamantedella produzione, ci sono infatti tutta una serie di prodotticoltivati con protocolli specifici che hanno un proprio mercatoimportante, e che a questo punto per affermarsi hannobisogno di un coordinamento che non sia solo commerciale,ma anche di organizzazione sul... campo. Oltre al marketing,che è ovviamente indispensabile, va infatti migliorata laprogrammazione della produzione, in modo da poter rispon-dere con maggiore puntualità alle logiche della richiesta edell’offerta. In questo il Mercato nella sua nuova accezioneavrà ovviamente un ruolo fondamentale”.Ad oggi “per quanto riguarda radicchio, aglio e insalatal’Azienda Mercati di Lusia ha supportato la presenza allefiere internazionali di Rimini e di Berlino, mettendo in mostraoltre alla produzione anche le grandi capacità e le potenzia-lità del nostro territorio”. Poi c’è la produzione in sensostretto, con il Mercato “che svolge un ruolo di riferimento pertutta l’area di produzione, che va anche oltre i confini delPolesine. Più si riuscirà a fare rete, più ci sarà facilitànell’affrontare e superare le problematiche territoriali. Pen-siamo ad esempio alle piccole aree di produzione orticolache invece, inserite in un contesto di rete, potranno essererecuperate e potenziate. E pensiamo ai terreni oggi destinatiad altre produzioni, magari estensive, che potrebbero esseredestinati alla produzione di qualità”.“Il Mercato di Lusia - conclude il presidente Primo VitalianoBressanin - c’è, ha una propria logica e deve continuare adesistere rafforzandosi. Ora si deve modernizzare e diventareun punto di riferimento per l’intero territorio. Non dimentichia-mo mai che Lusia e il settore orticolo rappresentano unbacino di circa 2mila posti di lavoro, fra commercio, produzio-ne, trasporti... Le aziende registrate nel Mercato sono 200, ead esse ne vanno aggiunte almeno altre 40 che operano amargine. Questo significa che parliamo di non meno 900persone che lavorano in forma diretta nella produzione, a cuiva poi aggiunto tutto il mondo dell’indotto. Insomma: siamo inpresenza di un fenomeno economico importante, che copreun’area territoriale molto vasta, che va ben oltre la zona diLusia con la quale viene identificato, e che è fondamentale (elo sarà sempre più) per l’intera economia del Polesine e peril suo sviluppo nel futuro”.

Made in Polesine

Dop, Igp e Pat: tre marchiper una qualità... garantita

Nelle pagine precedenti abbiamo parlato di prodottidella terra e dell’orto. In quelle che seguono viguideremo alla scoperta dei tesori del nostro mare edelle nostre valli. E parlando di prodotti d’eccellenza cisiamo imbattuti in due sigle: Igp e Dop. Per la cronaca,tra i prodotti della nostra terra ce ne sono tre prodottiIgp e due Dop. Ma cosa significano queste sigle? Ladenominazione di origine protetta, ovvero Dop, è unmarchio di tutela giuridica della denominazione attribui-to dall'Unione europea agli alimenti le cui peculiaricaratteristiche qualitative dipendono dal territorio in cuisono stati prodotti, ovvero dai fattori naturali (clima,caratteristiche ambientali), e dai fattori umani (tecnichedi produzione, artigianalità...) che, combinati insieme,consentono di ottenere un prodotto inimitabile al di fuoridi quella determinata zona. In Polesine i prodotti Dopsono due: l’aglio bianco di cui abbiamo parlato, e lacozza di Scardovari (di cui parleremo fra pochepagine)

Il termine indicazione geografica protetta, ovvero Igp,indica invece un marchio di origine che viene attribuitosempre dall'Unione Europea a quei prodotti agricoli ealimentari per i quali la qualità e la reputazionedipendono dall'origine geografica, ovvero dalla zona incui avvengono produzione e trasformazione. Per otte-

nere la Igp quindi, almeno una fase del processoproduttivo deve avvenire in una particolare area. Chiproduce Igp deve attenersi a rigide regole produttivestabilite nel disciplinare di produzione. In Polesine iprodotti Igp sono l’insalata di Lusia, il riso del Delta delPo ed il radicchio di Chioggia.Oltre a Dop e Igo, in Polesine sono presenti anche 26“Prodotti agroalimentari tradizionali”, ovvero a marchioPat. L’acronimo è meno conosciuto rispetto a Dop eIgp, ma non meno importante in quanto contraddistin-gue i prodotti agroalimentari tradizionali inclusi in unapposito elenco predisposto dal ministero delle Politi-che Agricole e dalle Regioni. Si tratta di prodotti lavoratisecondo antiche ricette e con metodi di lavorazione,conservazione e stagionatura “consolidati nel tempo eomogenei per tutto il territorio interessato”.I Pat polesani sono i più svariati e vanno dal liquorefragolino di Pincara (ottenuto da un’antica ricettatrovata nei laboratori delle distillerie polesane) allacaciotta misto pecora, dal salame da taglio al cotechinodi Trecenta, dalla salsiccia tipica polesana (prodotta inparticolare nel comune di Porto Viro) alle Esse adriesi,dalla pagnotta del Doge (dolce tradizionale di Villado-se) al miele del Delta per arrivare al radicchio bianco ovariegato di Lusia.

“Primo Vitaliano Bressanin

“Il Mercato c’è ed ha una

logica di esistere. Ora si

deve modernizzare e

diventare un punto di

riferimento per il territorio”

Speciale TIPICITÀ POLESANE IX

L’INTERVISTA

Distretto Ittico una bella storia

fatta di innovazione e successo

Quando dici Distretto Ittico, le prime cose che ti vengono in mentesono le foto dei pescherecci di Chioggia e di Pila e i coltivatori dicozze della Sacca di Scardovari, nel Delta.Poi, a mente fredda e con i numeri in mano, quello che balza agliocchi è che oggi il Distretto Ittico rappresenta, nel suo complesso,la principale azienda del Delta, e probabilmente di tutto il Polesine.La nostra Fiat, insomma, ma molto più... gustosa.Anche perché - sempre dati economici alla mano - il Distretto Itticodi Rovigo e Chioggia è il primo in Europa per volume d’affari. Cifreimportanti; numeri che segnano il destino economico di un territoriogià di suo vocato per la pesca come è il nostro Delta del Po.Dal 2014 a questa parte, su decisione della Regione a cui spetta ilcompito di sancire i confini, il Distretto Ittico si è dunque estesoanche l’area di Chioggia. Insiste dunque su di un’area che va daChioggia a Scardovari comprendendo i comuni di Chioggia,Rosolina, Porto Viro e Porto Tolle.Ma come detto, al di là dell’estensione, sono i numeri a fare... ladifferenza. Ad oggi il Distretto Ittico conta su circa 3000 impresedella pesca, vale a dire dal pescatore a chi trasforma il prodottoittico fino a chi commercializza il prodotto fresco e a chi effettua itrasporti. Il tutto per una forza lavora che supera gli 8mila addetti edun fatturato annuo complessivo che si aggira sugli 80 milioni.Cifre che da sole bastano - e volendo avanzano pure - per renderel’idea di cosa si stia parlando. Anche perché si tratta di di aziendecertificate e che, grazie a controlli costanti e sistematici,garantiscono la qualità del prodotto.Non è un caso se il focus periodico di Intesa San Paolo sui Distretticollochi quello Ittico di Rovigo e Chioggia in assoluto fra i piùperformanti d’Italia, anche grazie al continuo aumento dell’export ealla ricerca di sempre nuovi mercati.Una ricerca, per fare un solo esempio, che ha visto lo scorso annoil Distretto organizzare ad Albarella l’incontro fra gli operatori venetie un nutrito gruppo di buyer internazionali. Di pari passo allacommercializzazione, poi, il Distretto lavora su ricerca einnovazione, con progetti mirati - in collaborazione con la Regionee con il mondo accademico - sul parternariato internazionale maanche e soprattutto sulla qualità del prodotto. Per esempio inquesto periodo, in collaborazione con l’Università di Padova si stalavorando ad un impianto di stabulazione sperimentale peraumentare la vita del prodotto fresco del mollusco e per interventimirati sull’eliminazione dei virus.Insomma: un gran bel settore questo Distretto Ittico, dove oltre alpescato del Delta ogni giorno arriva il pesce dai grandi mercati pervenire lavorato, conservato e immenso nuovamente sul mercato.Dalle aziende del Delta partono per esempio tutte le sere i mezzicon il pesce fresco per il mercato di Milano, il principale del NordItalia. Ma è solo uno dei mille esempi che si potrebbero fare quandosi parla della piattaforma del fresco più importante d’Italia.I marchi che vengono prodotti dalle aziende che appartengono alDistretto vengono infatti venduti in tutta Italia (compresi i canalidella grande distribuzione organizzata) e all’estero, dove le deliziemade in Polesine sono conosciute e molto apprezzate oramai damoltissimi anni.Oltre al pesce si parla infatti di molluschi di qualità pregiatissima(comprese le ostriche fanno invidia ai francesi di cui parliamo inquesta pagina), che sono uno dei fiori all’occhiello del DistrettoIttico, a cui si aggiungono - come detto - i prodotti ittici di ognigenere e di ogni parte del mondo che hanno in Polesine il propriopunto di commercializzazione e smistamento.Nelle varie aziende del Distretto, solo per dare qualche altronumero, vengono trattati circa 150 prodotti ittici diversi. Come dire:se è sul mercato, qui si trova. E pure a prezzi concorrenziali.Una grande impresa collettiva, dunque, e un modello organizzativoe di sistema innovativo (grazie alle aggregazioni di impresa) notoanche a livello internazionale.In questo senso, quindi, si può davvero dire che il Polesine, quandosi parla di settore ittico nel suo complesso, è davvero al centro delmondo.Da qui l’ottimismo che si respira ai vertici del Distretto per lavalenza raggiunta dal settore all’interno del sistema economiconon solo polesano ma di tutto il Veneto, ma anche per le prospettivedi sviluppo di un settore che grazie anche agli interventi diinnovazione, ricerca e intraprendenza degli operatori di cui siparlava poco fa sembrano garantire un futuro positivo alle impresee a tutta l’area del Delta del Po.

“Il Distretto ittico di Rovigo

e Chioggia è il primo

in Europa per giro d’affari

e dà lavoro a 8mila addetti

La curiosità

L’ostrica che fa invidia ai francesida Scardovari conquista il mondo

Un’ostrica italiana che fa invidia, per gusto e soprattuttopolposità a quelle francesi. Un sogno che è diventato realtà, daalcuni anni nel Delta del Po. Qui, nella Sacca di Scardovari, unalaguna di circa tremila ettari tra il fiume e il mare, da moltissimianni si coltivano cozze e vongole. Uno dei centri più grossi ditutta Italia, la produzione risulta le più pregiate: la cooperativadei pescatori di Scardovari mette in vendita dodici, tredicimilatonnellate di molluschi ogni anno. Qualche anno fa, uno deiproduttori top di ostriche della Francia, Florent Tarbouriech, si èperò affacciato sul Delta scommettendo sulla possibilità diimpiantare anche un allevamento di ostriche. L’ambiente mari-no era simile a quello delle lagune dove vengono prodotte le

conchiglie francesi, dunque perché non provare? L’appello èstato recepito da un brillante imprenditore polesano, AlessioGreguoldo. Le prime ostriche sono state messe in acqua nel2007, esperimenti per capire quale fosse il sistema migliore,successivamente è partita la produzione. I primi carichi sonopartiti per una serie di ristoranti selezionati a Roma (tra cuiBaccano in via delle Muratte) e Milano.Porto Tolle, Chioggia e Scardovari sono state le tappe, aottobre 2017, della troupe di Rai1 del programma “Linea Blu”.La conduttrice del programma, Donatella Bianchi, si era addirit-tura immersa insieme ai coltivatori di molluschi nella sacca diScardovari, per provare l’ebbrezza della pesca nostrana.

Foto di Daniele Soncin grazie a www.parcodeltapo.org

Speciale TIPICITÀ POLESANEX

Vive liberamente nelle valli

L’anguilla che cresce nel Deltaha una carne molto saporita

Un altro prodotto speciale della nostra provincia, conosciu-to e apprezzato anche fuori dai confini polesani. L’anguilladel Delta del Po ha corpo sub-cilindrico allungato, la testalunga con bocca provvista di piccoli denti, l’occhio rotondo,la pinna dorsale fusa con la pinna caudale mentre le pinnepettorali sono corte e tondeggianti. La pelle è viscida per lapresenza di abbondante muco. Durante le migrazioniriproduttive l’anguilla assume una livrea bruno-verdastraquasi nera con ventre argenteo. I soggetti immaturi sonopigmentati di giallo-verdastro. L’anguilla vive liberamente,nelle valli naturali o artificiali, nella zona del Delta dovepenetra naturalmente o viene immessa artificialmentedopo essere stata pescata nelle zone di foce di vari fiumilungo le coste italiane. Sia fresca che in marinatural’anguilla è stata inserita nell’elenco dei Pat veneti.L’anguilla è l’unico pesce allevato di cui non è ancorapossibile la riproduzione controllata. L’allevamento haquindi inizio a partire dallo stadio di ceca o da quello di

ragano, l’anguilla selvatica di 5-50 grammi pescata inambiente naturale. L’anguilla viene allevata nelle valli delDelta del Po Veneto; è comune in molti corsi d’acqua macon popolazioni spesso numericamente ridotte. Si consi-glia di consumare l’anguilla da gennaio a marzo e daottobre a dicembre. Pochi sanno che tutte le anguille chenoi vediamo sono nate nel Mar dei Sargassi, l’unico luogonel quale sembra avvenga la riproduzione; secondo alcuniittiologi, la riproduzione delle anguille e la deposizionedelle uova potrebbe avvenire anche in alcuni altri mari, fracui il Mediterraneo, ma attualmente le conoscenze sonopiuttosto scarse. L’anguilla è il pesce con il più elevatocontenuto in grassi, quindi anche il più calorico: fornisceinfatti oltre 300 Kcal per 100 grammi. Ha però un buoncontenuto di vitamine, proteine e calcio. La sua carne èmolto saporita e viene apprezzata alla griglia, marinata o inumido. Diciamo che l’anguilla è come il nero, perché stabene con tutto!

E’ fusiforme e snello

Il cefalo del Polesineper i palati di ogni età

Alla scoperta del cefalo. Qualcuno non lo considera un pesce pregiato, e invece...Un pesce dal corpo cilindrico, più compresso in direzione della coda, con il capoallargato e appiattito. Corpo snello, ricoperto di grosse squame; muso corto e boccapiccola con labbro superiore e inferiore, entrambi provvisti di una fila di piccoli denti. Gliocchi sono ricoperti da una membrana trasparente ben evidente negli individui adulti.Sul dorso sono presenti due pinne giallastre, la prima delle quali ha quattro raggispinosi. Il colore del dorso è grigio, con riflessi azzurri e verdastri, mentre i fianchihanno un colore più argentato. In realtà col nome generico di cefalo o muggine siindicano i pesci appartenenti alla famiglia dei Mugilidi, di specie diverse, nonfacilmente distinguibili; quelle più presenti nei fiumi, valli e lagune del delta del Po sono:la meccia o “sievalo” o volpina (Mugil cephalus), raggiunge anche i 60 centimetri dilunghezza, è pescata durante tutto l’anno ed è estremamente apprezzata per il gustodelle sue carni; la bosega (Chelon labrosus), è lunga dai 30 ai 60 centimetri, amavivere nei luoghi fangosi e melmosi, ha carni molto apprezzate e si pesca soprattuttoin autunno; il caustelo (Liza ramada), si pesca soprattutto nella stagione estiva. Lecarni del cefalo sono semigrasse e forniscono un buon apporto di proteine nobili,fosforo e vitamine. Sono adatte a tutte le età e per tutte le diete. Il Cefalo del Polesineè riconosciuto come Pat. Un pesce davvero squisito, ideale sia per i primi che per isecondi piatti.

“E’ apprezzata in diverse

preparazioni, soprattutto

alla griglia, marinata

o anche in umido

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Speciale TIPICITÀ POLESANE XI

Il mollusco

Le vongole veraci, una deliziaad elevato valore nutritivoLa vongola verace è un mollusco, caratterizzato daconchiglia di forma ovale, leggermente troncata nellaparte posteriore, con valve solcate da striature radiali chesi incrociano con solchi concentrici di accrescimento benevidenti. Ha una larghezza variabile di quattro-sei centi-metri. La colorazione esterna della conchiglia è general-mente biancastra o bruno chiara, talvolta giallastra, conpresenza di macchie e striature più scure. La polpaappare turgida, abbondante per quasi tutto il periododell’anno. La pesca viene effettuata rigorosamente me-diante rastrelli azionati a mano, senza l’ausilio di organimeccanici. Il prodotto è interamente conferito nell’impian -to di depurazione molluschi di Scardovari dove vienedepurato, confezionato ed inviato al consumo. La vongo-la ha carni molto magre, contiene una discreta quantità diproteine e garantisce un elevato apporto di fosforo ferroe vitamina A. Anche questo mollusco è indicato daministero e regione tra i prodotti agroalimentari tradizio-nali.La zona di origine delimitata e garantita fa parte del Deltadel Po Veneto e comprende le lagune che ricadono suiComuni di Rosolina, Porto Viro e Porto Tolle per un totaledi circa 5300 ettari; le vongole vengono prodotte tra laterra ferma e lo scanno - lembo di sabbia che divide lelagune dal mare - nelle zone ove la circolazione dell’ac -qua è abbondante. Viene utilizzato il metodo estensivo ela raccolta avviene esclusivamente a mano tramiterastrelli azionati a mano o a piedi; attualmente vieneutilizzato l’idro-rasca, che sfrutta un getto d’acqua perdissotterrare, lavare e insaccare le veraci. I molluschioccupano un ruolo importante nell’alimentazione umana:presentano infatti un elevato valore nutritivo perché sonomagri, sono altamente digeribili, hanno un’alta percen-tuale di proteine, un basso contenuto di grassi e glucidi edun elevato contenuto di acqua. Da sottolineare che ibivalvi cresciuti in questo particolare ecosistema laguna-re presentano qualità organolettiche, come la dolcezzaed il sapore delicato, più spiccate rispetto a quelle deibivalvi cresciuti in mare, oltre ad un più elevato contenutodi glucidi e di proteine.

Ha una splendida colorazione

Il pesce azzurro che vivein branco e abbonda in mare

Pesce azzurro è una denominazione di uso generalee non corrisponde a un gruppo scientificamentedefinito di specie. Si definiscono azzurri quei pescidalla colorazione dorsale blu scuro e ventrale argen-tea. Generalmente abbondano nei nostri mari equesta prerogativa li rende decisamente economici.Tra questi rientrano pesci come l’alice, il cicerello, lacostardella, il lanzardo, il pesce sciabola, la sardina,lo sgombro, lo spratto e il suro. Anche se moltodiversi tra loro, hanno delle caratteristiche comuni:vivono in grossi banchi in mare aperto avvicinandosi

alla costa solo per riprodursi; hanno tutti un colore bluargenteo e un corpo più o meno affusolato che siassottiglia verso la coda; sono piuttosto grassi e perquesto motivo devono essere consumati freschissi-mi.I grassi però, assomigliano a quelli di tipo vegetale esono, cioè, insaturi. Sono, inoltre, ricchi di Omega 3e quindi molto salutari. In Polesine i pesci azzurri piùcomuni sono l’acciuga e la sarda, le cui preparazionimarinate e conservate sono diventate Pat, ovveroProdotti agroalimentari tradizionali.

“La zona di origine è

nelle lagune che ricadono

nei Comuni di Rosolina,

Porto Viro e Porto Tolle

Speciale TIPICITÀ POLESANEXII

Speciale TIPICITÀ POLESANE XIII

Prodotto Dop

La cozza, il pregiato molluscopunta di diamante della pescaUnica, inimitabile, squisita. Tra i gioielli del nostro Polesine c’èsicuramente la cozza di Scardovari: il primo mollusco italianoad aver ottenuto il riconoscimento europeo della Dop che lolega al territorio di produzione e arricchisce il paniere italianodelle Dop di “Pesci, molluschi, crostacei freschi”.L’attività della pesca è sempre stata una delle più importanti perl’economia del territorio del Delta del Po, ma è stato con lanascita e la crescita della molluschicoltura, con l’allevamentodelle vongole e delle cozze, he si è fatto il grande salto diqualità. La miticoltura ha mosso i primi passi nella Sacca diScardovari alla fine degli anni ‘60 e, oggi come allora, l’alleva -mento viene effettuato in appositi impianti che costallanol’intera Sacca e la rendono uno spettacolo unico. La cozza èprodotta esclusivamente nella Sacca di Scardovari, nel Comu-ne di Porto Tolle. La Sacca del Delta dove viene allevato il mitileha una superficie di 3.200 ettari e una profondità media che vada 1,5 a 2 metri. La morfologia della sacca di Scardovari si èstabilizzata sostanzialmente dopo l’alluvione del 1966, e inquegli anni è iniziata la sperimentazione di allevamento inpiccoli vivai, come alternativa alla pesca in mare. Da quelmomento si succedono documentazioni e relazioni scientifichemolto precise sulle caratteristiche del luogo di allevamento edel prodotto stesso, che risulta riconoscibile da fattori ambien-tali e anche umani. Il mollusco acquista una dolcezza peculiaregrazie al basso contenuto in sodio e cresce con carni particolar-mente morbide e fondenti al palato per l’alto contenuto di lipidie in particolare di grassi saturi e monoinsaturi. Queste caratte-ristiche distinguono il mollusco di Scardovari da quelli prodottiin altre zone d’Italia o in mare aperto, e lo rendono unico. E’ unpesce consigliatissimo: da un punto di vista nutrizionale, lecozze sono degli ottimi antiossidanti, sono una fonte preziosadi proteine nobili e di vitamine C e B. Inoltre contengono diversisali minerali come il potassio, sodio, fosforo e zinco che hannoproprietà stimolanti e digestive. In più le cozze vengonoconsiderate cibo afrodisiaco. Contengono molto ferro, quindiadatte a persone con anemia da carenza di ferro. La presenzadi vitamina B e di minerali come iodio e magnesio consentonodi combattere gli stati di affaticamento: la vitamina B, infatti, èmolto utilizzata dagli atleti. Non sono da trascurare le proprietàdi questo mollusco, fa davvero bene al cuore Il suo altocontenuto di potassio aiuta a controllare la pressione e laritenzione idrica. Le cozze contengono 86 calorie ogni 100grammi, hanno un basso contenuto di grassi, sono quindiadatte ad un regime alimentare ipocalorico. E’ indicato ancheper le diete. La porzione ideale è composta da 300 o 400grammi di cozze. La cozza di Scardovari è commercializzatasia congelata che fresca. E’ reperibile soprattutto in primaveraed estate nei mercati ittici di tutta la zona polesana. Ma quel chepiù conta è che viene apprezzata oramai in tutt’Europa.

“Fonte preziosa di proteine,

vitamine e sali minerali

Speciale TIPICITÀ POLESANEXIV

I “segreti” del Po

Storione, gigante del Grande fiumeveniva attirato con la musica sacra

Mettetevi comodi, ascolterete una storia mitica. C’era unavolta un gigante. Se vi dicessimo che un tempo, lungo il Poc’erano gli storioni e che il caviale era una vera e propriaspecialità in grado di fare concorrenza a quello russo, cicredereste? Invece è proprio così. E non bisogna neppureandare troppo indietro nel tempo. E’ una storia vera, maavvolta da qualche alone di mistero, interessante e daraccontare alle nuove generazioni. La storia è tantoaffascinante quanto semplice: in Polesine fino allo scop-pio della Seconda guerra mondiale lungo il Po lo storionenon era affatto raro, era estremamente prezioso e venivapescato sistematicamente, con metodi precisi e, a volte,pure fantasiosi. Sembra infatti provato che, come accadein Russia, lo storione venisse attirato nelle reti anche conl’ausilio della musica. Ebbene sembra che in mezzo allebarche che tenevano le reti per la cattura ce ne fosse unacon l’orchestrina e il Polesine era rinomato per l’utilizzodella musica sacra. Le spese di sistemazione del letto delfiume all’inizio della primavera e quelle per l’orchestravenivano divise tra tutti i pescatori, ma poi chi catturava lostorione, con le sue preziose uova se lo teneva. Il pregiatopesce valeva moltissimo e si racconta che qualcuno conla cattura di un solo storione si sia sistemato per diversianni. Con l'arrivo dell’estate, poi, gli storioni, risaliti lungo ilPo in primavera, ritornavano al mare e il fiume si svuotava.E così tutti gli anni, fino allo scoppio della guerra. Quandoqualcosa in quel fragile equilibrio che portava gli storioni arisalire il fiume si ruppe. All’epoca nel bacino padanonuotava l'Aciperser sturio, ovvero lo storione comune, ilpiù diffuso in Europa. Grande, ma non immenso come illadano, era comunque uno dei giganti del fiume. Oggi inItalia sono presenti, in diversi allevamenti, anche altrevarietà di storione, ma quelli autoctoni del Grande Fiumeerano l'Aciperser sturio, l'Huso huso e l'Aciperser naccarii.Qualche nozione storica: secondo l’Enciclopedia italianadel 1936 eccezionalmente nel mare Adriatico si rinvenivaanche l'Aciperser stellatus, quello da cui in altre parti delmondo si ottiene il caviale Sevruga.

“A causa della guerra

e dell’inquinamento

poi la tradizione finì

La Polesana Pesca è un’azienda storica di Porto Viro che è prontaa cambiare pelle per l’ennesima volta. Dopo essere stata per de-cenni tra i punti di riferimento per il commercio all’ingrosso di pescein uno dei distretti ittici più importanti d’Italia, ora si è indirizzataanche verso il trasformato. Un’iniziativa in cantiere da qualche an-no che intende guardare negli occhi la situazione generale relativaalla progressiva minore pescosità dei nostri mari e alle nuove esi-genze del consumatore medio, che in pescheria non ci va più comenon ha più tempo, ne voglia forse, di pulire e lavorare il pesce dacuocere. “Il futuro - sostiene Fabio Padoan, uno dei due contitolari- lo vedo negli allevamenti e nella trasformazione. In oltre vent’annidi fiera a Bruxelles siamo passati dalle cassettine tutto fresco inmostra ad una esibizione per un 70% e forse più di attrezzi e stru-menti per il prodotto confezionato. Una quota quest’ultima destina-ta ad aumentare. Al giorno d’oggi la gente deve poter acquistarepesce pulito, pronto in vaschetta da mettere in padella e che abbiauna certa durata se conservato correttamente in frigorifero. Il no-stro, abbiamo già pronti logo materiali ed etichette, si chiameràFreskò. Un prodotto che andrà in commercio a brevissimo dispo-nendo già di tutte le certificazioni e autorizzazioni ed anche deimacchinari compreso quello per il confezionamento in atmosferamodificata (Atm)”.E non sarà un trasformato qualunque. Tutto il pesce destinato adessere eviscerato, deliscato e sfilettato e posto in vaschette in at-mosfera modificata in Polesana Pesca, nell’immediato futuro, saràbiologico. “Presto saremo certificati per cui compreremo e vende-remo bio”.Parliamo di un cambio di prospettiva nato con un investimentoimportante, circa due milioni e mezzo di euro negli ultimi anni, percostruire ed attrezzare un capannone idoneo ad ospitare persona-le e macchinari specifici. “Con l’ultimo ampliamento siamo arrivati acirca 3500 metri quadrati coperti su 14000 a disposizione dove,volendo, si potrebbe ancora costruire. Ma io non voglio diventareun’industria. Voglio avere una dimensione media, dove poter avereancora tutto sotto controllo. Un’azienda sana e consolidata, ade-guata ai tempi e con i figli miei e quelli dell’altro socio, che già cilavorano, con sempre di più in mano la plancia di comando. Direcente siamo aumentati di quattro unità, e attualmente contiamosu venticinque dipendenti. Con l’apertura della nuova gamma el’avvio del nuovo stabilimento cresceremo di altre sei unità. Unadimensione ragguardevole che non vedo destinata a crescere ulte-riormente”. Ma è anche un settore che deve aggiornarsi per nonperdere competitività e fruire di maestranze all’altezza. E su questo

Fabio Padoan, che è anche presidente della sezione commercio diConfindustria Venezia e Rovigo, ha le idee chiare. “Prima il lavorodel pesce era più facile, meno inquadrato e specializzato. Oggi ilpersonale deve essere inappuntabile e preciso per quanto possibi-le. Ed è quindi sulla formazione, relegata ad onere esclusivo internodelle aziende, che si potrebbe fare di più partendo dalle scuole. Maè tutta la categoria che deve crescere e formarsi, in particolare nellaconoscenza delle lingue. Ci sono aziende che stanno facendo ilcambio generazionale e fanno fatica a dare continuità e ad avereuna prospettiva di lungo periodo aggiornandosi per rispondere allenuove esigenze dei mercati e dei consumatori. Noi ad esempio, daquest’anno abbiamo anche un ufficio interno di qualità, diretto daGianluca Bonazza, per dare maggiore efficienza ai processi inparticolare di tracciabilità ed etichettatura ”. E Polesana Pesca dallanascita nel 1984 di ristrutturazioni aziendali passando dai cinqueagli attuali due soci ne ha conosciute parecchie. Resta il core busin-

ness della commercializzazione fatto di acquisto di pesce fresco intutti i porti d’Italia e non solo, e di vendita all’ingrosso in tutti i Paesid’Europa. Il 65% viene acquistato in Italia e il resto all’estero, so-prattutto allevato. Ed il 65% è destinato all’esportazione. Nuoveanche le strategie di comunicazione e marketing. “ Abbiamo cam-biato il logo polesana dando compimento al rinnovo della comuni-cazione e del packaging aziendale e quindi del marketing. Da pocosiamo partiti col nuovo sito e con le pagine fb”. Quello che non èdestinato a cambiare è la distribuzione e la vendita.“Non abbiamo reti di vendita, trattiamo tutto direttamente. E perquanto riguarda la logistica, è tutta interna con sedici mezzi diproprietà dedicati alla distribuzione in Italia e all’estero. Solo quan-do abbiamo necessità straordinarie posso chiedere l’ausilio di unservice. Ma il 95% trasportiamo e consegniamo con mezzi nostriquasi esclusivamente alla grande distribuzione organizzata. Allaristorazione ci rivolgeremo in piccola parte dall’anno prossimo".

L’eccellenza

Polesana pesca, il grande saltodal fresco verso il trasformato

Polesana Pesca Nuovo packaging per un prodottocompletamente nuovo: l’azienda polesana guarda al futuro esceglie di investire su nuove proposte e nuovi mercati

Speciale TIPICITÀ POLESANE XV

Speciale TIPICITÀ POLESANEXVI


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