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Giugno - ec.europa.euec.europa.eu/translation/italian/magazine/documents/issue21_it.pdf · questo...

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trimestrale transardennese dei traduttori italiani Servizio di traduzione – Commissione europea http://europa.eu.int/comm/translation/reading/periodicals/interalia/index_it.htm 21 Giugno 2002 La Fondazione Maeght SOMMARIO PAG . CULTURALIA: La Fondazione Maeght (Clara Breddy) 2 NOTE TERMINOLOGICHE: Il Prode Anselmo redivivo? (Cristiano Maria Gambari ) 3 BELLA O FEDELE STORIE DI TRADUZIONI: V come Vian (Cristina Cona) 4 NOTE GRAMMATICALI: E se domani ... Considerazioni sui modi verbali nel periodo ipotetico (Elisa Ranucci Fischer) 6 CIBERSPAZIO: I motori di ricerca sono democratici? (Ilaria Ciravegna – stagiaire) 10 CIBERSPAZIO: Ciberlux (Cristina Cona e Daniele Vitali) 12 Comitato di redazione: C. Breddy, C. Cona, R. Gallus, C. Gambari, G. Gigante, C. Gracci, D. Murillo, E. Ranucci Fischer, D. Vitali Collaboratori: Ciravegna Ilaria (stagiaire) Grafica: A. A. Beaufay-D’Amico (Anna-Angela.Beaufay-D'[email protected])
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trimestrale transardennese dei traduttori italiani Servizio di traduzione – Commissione europea http://europa.eu.int/comm/translation/reading/periodicals/interalia/index_it.htm

21 Giugno 2002

La Fondazione Maeght

SOMMARIO PAG .

CULTURALIA: La Fondazione Maeght (Clara Breddy) 2 NOTE TERMINOLOGICHE: Il Prode Anselmo redivivo? (Cristiano Maria Gambari) 3 BELLA O FEDELE STORIE DI TRADUZIONI: V come Vian (Cristina Cona) 4 NOTE GRAMMATICALI: E se domani ... Considerazioni sui modi verbali nel periodo ipotetico (Elisa Ranucci Fischer) 6 CIBERSPAZIO: I motori di ricerca sono democratici? (Ilaria Ciravegna – stagiaire) 10 CIBERSPAZIO: Ciberlux (Cristina Cona e Daniele Vitali) 12

Comitato di redazione: C. Breddy, C. Cona, R. Gallus, C. Gambari, G. Gigante, C. Gracci, D. Murillo, E. Ranucci Fischer, D. Vitali Collaboratori: Ciravegna Ilaria (stagiaire) Grafica: A. A. Beaufay-D’Amico (Anna-Angela.Beaufay-D'[email protected])

culturalia

Se avete già visto la mostra di

Picasso e Matisse a Londra, quella di Van Gogh e

Gauguin ad Amsterdam e non siete ancora stufi di

arte moderna, vi propongo di dirigervi verso la

Provenza, terra di elezione di molti dei grandi

artisti del '900.

Situata sulle colline vicino St. Paul de Vence, la

Fondazione Maeght è un museo veramente

straordinario perchè totalmente in armonia con

l'ambiente naturale che la circonda. Vi troverete

una delle più ricche collezioni di arte del

XX secolo.

Aimé e Marguerite Maeght, mercanti d'arte,

collezionisti e mecenati, si stabilirono a St. Paul de

Vence negli anni '50 e nel 1964 realizzarono il loro

ambizioso progetto incaricando l'architetto

catalano Josep Lluis Sert di disegnare un edificio

che rappresentasse una comunicazione costante fra

interno ed esterno.

LA FONDAZIONE MAEGHT

Con straordinarie forme concave e convesse,

aperture che fanno filtrare una luce indiretta

sapientemente orientata, vasche e fontane e un

vero e proprio giardino incantato, l'edificio

progettato da Sert è il degno contenitore di

opere di Picasso, Braque, Bonnard, Léger,

Chagall, Miró, Klee, Kandinsky, Calder, Arp,

Giacometti e molti altri. Nel parco che

circonda la Fondazione ci accolgono le forme

angolari di Calder, le ombre di Giacometti e il

labirinto di Miró, ma gli interni non sono da

meno.

Le opere che si possono ammirare nel museo

non sono sempre le stesse (escluse le grandi

sculture) perchè la collezione è molto ricca e

l'edificio non puó contenerla tutta. Si applica

quindi un sistema di rotazione e inoltre d'estate

ci sono delle mostre temporanee. Per ulteriori

informazioni rivolgersi allo 0033 0493328163.

Clara Breddy

Alberto Giacometti Marc Chagall

Vincent Van Gogh

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IL PRODE ANSELMO REDIVIVO ?

note terminologiche

primo momento alquanto sorprendente, ma è ormai ampiamente recepita nel linguaggio

(specializzato ?) comune - si veda Il Sole 24 Ore - ed ha il gran pregio della concisione. Tra l’altro

descrive bene l’idea di questi capitali alla ricerca di un impiego consono alla loro vocazione ma al

tempo stesso leggermente eterodosso, come in un certo senso era quello dei condottieri ai quali si

riferisce la loro denominazione. Senza contare che un lieve tocco di cappa e spada contribuisce ad

alleggerire il carattere dei nostri testi, i quali troppo spesso sono vere e proprie epopee del tedio.

Resta dunque da chiedersi se sia possibile discernere una differenza tra i concetti indicati dalle due

espressioni. La risposta è a mio parere affermativa: mentre il capitale di ventura è alla ricerca di un

impiego, il capitale di rischio l’ha trovato (beato lui: di questi tempi è una fortuna). I fondi di capitali

di ventura forniranno quindi capitali di rischio alle imprese che giudicheranno idonee. La differenza

è

quindi sostanzialmente quella fra qualcosa in potenza e qualcosa in atto: forse non fondamentale in

questo caso (con buona pace di Aristotele e San Tommaso), ma significativa.

Gambari Cristiano Maria

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Nei testi che dobbiamo tradurre ricorrono due espressioni inglesi,

venture capital(s) e risk capital(s), sulle quali val forse la pena di

soffermarsi per quanto ne riguarda sia la traduzione, sia le eventuali

sfumature di significato.

Circa la traduzione per una volta non ci sono sorprese (che anticlimax!):

si tratta infatti rispettivamente di capitale/i di ventura e capitale/i di

rischio. L’espressione capitali di ventura può tutt’al più risultare in un

culturalia

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Talento versatile e iconoclasta, di formazione ingegnere ma di mestiere jazzista, cantante, scrittore, traduttore, autore di numerosi testi musicali, fra cui la celebre canzone pacifista Le Déserteur ("Monsieur le Président, je vous fais une lettre, que vous lirez peut-être, si vous avez le le temps ..."), attore, "patafisico", responsabile di una collana discografica e molto altro ancora, Boris Vian è oggi ricordato soprattutto per i romanzi L'Écume des Jours e L'Automne à Pékin. Praticamente dimenticate sono invece, a mezzo se-colo di distanza, le vicissitudini connesse alla pub-blicazione di una sua pretesa traduzione che a suo tempo suscitò notevoli polemiche. Tutto cominciò nell'estate del 1946, quando Jean d'Halluin, amico di Vian e proprietario della neonata casa editrice Éditions du Scorpion, chiese allo scrittore, appassionato cultore di letteratura poliziesca americana, di indicargli e tradurre per lui qualche giallo d'oltreoceano dalle tinte forti che potesse far colpo sul pubblico e diventare un best-seller, assicurando così un buon lancio pubblicitario alla sua attività: in quegli anni, infatti, la produzione letteraria considerata tipicamente made in USA godeva di notevole popolarità in Francia e poteva contare su un successo quasi automatico. Assillato da problemi finanziari, Vian decise che non poteva lasciarsi sfuggire questa occasione di guadagno, e qualche settimana dopo il manoscritto di un romanzo "tradotto dall'americano" e intitolato J'irai cracher sur vos tombes approdava sulla scrivania di d'Halluin. Nella prefazione Vian forniva alcuni cenni biografici sul presunto autore: un certo Vernon Sullivan che, a causa del razzismo imperante negli Stati Uniti, aveva perso ogni speranza di pubblicare il libro nel suo paese natale e deciso perciò di rivolgersi ad un editore europeo.

Storie di traduzioni

V C O M E V I A N

Protagonista del romanzo era un giovane mulatto, irriconoscibile all'aspetto come uomo di colore e che quindi poteva facilmente farsi passare per bianco, che per vendicare il linciaggio del fratello ad opera di segregazionisti si trasferiva sotto mentite spoglie in un'altra città dove prima seduceva e poi umiliava ed assassinava due ricche ragazze bianche. Il libro, caratterizzato da quelli che per l'epoca erano senz'altro un linguaggio crudo e scene scabrose, con un'abbondante dose di sesso e violenza, fece scalpore e si vendette a migliaia di copie, ma Vian, pur essendo sospettato da molti di esserne l'autore, continuò a sostenere di essersi limitato a tradurlo. Il romanzo era stato scritto in poco più di dieci giorni, durante le vacanze al mare in Vandea. Vian aveva scelto di produrre lui stesso un testo secondo la formula indicata da d'Halluin, non solo perché cercare un libro adatto e tradurlo avrebbe chiesto troppo tempo e lavoro, ma anche perché era profondamente radicato in lui il gusto del pastiche e della provocazione: J'irai cracher sur vos tombes fu concepito per l'appunto come parodia del poliziesco americano più efferato e brutale, nonché come beffa giocata al pubblico e soprattutto ai critici. Lo pseudonimo abbinava i cognomi di un amico di Vian, Paul Vernon, e di un pianista di jazz americano, Joe Sullivan; il titolo originariamente scelto, J'irai danser sur vos tombes, era stato modificato su consiglio della moglie di Vian, che lo riteneva non abbastanza violento. In quanto alla trama, si trattava di un argomento che stava molto a cuore a Boris Vian: pur non avendo mai messo piede negli Stati Uniti lo scrittore, che per anni si guadagnò la vita come trombettista jazz, aveva conosciuto numerosi musicisti neri americani e sentito molti aneddoti sui pregiudizi razziali negli Stati Uniti; un ruolo importante ebbe anche la sua amicizia con il romanziere Richard Wright (non è anzi escluso che Vian abbia in parte attinto per certi aspetti del suo romanzo al capolavoro di Wright, Native Son). Egli era dunque sensibile ad una problematica sulla quale, all'epoca, ben pochi in Europa erano davvero bene informati. Come se J'irai cracher sur vos tombes non avesse già solleticato abbastanza la curiosità del pubblico, sopraggiunse il fattaccio dell'aprile

bella o fedele

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culturalia

bella o fedele

1947, quando una copia del libro venne trovata in una camera d'albergo a Parigi, accanto al cadavere di una giovane donna che era stata strangolata dal l 'amante, un commesso viaggiatore successivamente suicidatosi in un bosco nei pressi della capitale. Alcuni dei brani più violenti, in cui era descritta l'uccisione di una delle due vittime, erano stati sottolineati. Lo scandalo (amplificato dal fatto che Vian era frequentatore assiduo di Saint-Germain-des-Près, quartiere di boîtes ed esistenzialisti che era ormai sinonimo di vizio e perdizione e la cui vita notturna si trovava circonfusa di un alone quasi luciferino nell'immaginario dei cittadini benpensanti) ebbe naturalmente l'effetto di portare alle stelle le vendite del libro (che entro il 1950 sarebbero arrivate a mezzo milione), ma anche di causare non poche vicissitudini giudiziarie al suo (vero) autore. Già prima di questo colpo di scena infatti il "Cartel d'action sociale et morale", un'organizzazione conservatrice già nota per aver fatto causa a Henry Miller, scrittore "depravato", aveva rivolto la sua attenzione a Vian. Questi si trovò ora costretto ad ammettere la paternità del libro, sia pur a malincuore perché non aveva nessuna voglia né di attirarsi ulteriori critiche, né tantomeno di finire in tribunale: egli compì perfino un estremo tentativo di confondere le acque collaborando ad una versione in lingua inglese, preteso "originale" che avrebbe dovuto provare l'esistenza di Vernon Sullivan. Questo stratagemma fallì miseramente: il processo ci fu, nel 1949 J'irai cracher sur vos tombes fu vietato e Vian si vide infliggere una multa di 100.000 franchi per oltraggio al pudore. Dopo J'irai cracher sur vos tombes uscirono altri quattro polizieschi a firma di "Vernon Sullivan"; nessuno di essi ebbe l'impatto del primo romanzo, ma si vendettero comunque piuttosto bene e indussero diversi editori ad affidare a Vian traduzioni "vere", di autori come Nelson Algren, Peter Cheyney e, per l'appunto, Richard Wright. L'idea della falsa traduzione fece inoltre scuola: Raymond Queneau seguì l'esempio di Vian pubblicando nel 1947 (anch'egli presso le Éditions du Scorpion), con lo pseudonimo "Sally Mara", On est toujours trop bon avec les femmes, un romanzo ambientato a Dublino durante l'insurrezione del 1916.

Ai primi del 1947 Vian aveva scritto nel suo diario: "Je serai content quand on dira au téléphone V comme Vian". J'irai cracher sur vos tombes lo aveva certo reso famoso, ma a costo di dare di lui un'immagine fuorviante e di eclissare nella memoria dei lettori altre opere molto più valide e alle quali teneva infinitamente di più. E continuò a perseguitarlo, letteralmente e tragicamente, fino all'ultimo. Nel 1954 egli si era lasciato convincere a dare il proprio assenso ad un adattamento cinematografico del romanzo, che con gli anni era stato rimaneggiato da produttori e soggettisti al punto da non lasciarne sopravvivere né lo spirito né la lettera. Vian aveva dunque finito per prendere completamente le distanze dal copione, pur uscendo da questo episodio esausto e amareggiato, ma il 23 giugno 1959 non resistette alla tentazione di assistere ad una proiezione privata del film. Negli ultimi tempi si erano molto aggravati i disturbi cardiaci di cui soffriva sin dall'adolescenza e che la sua vita intensa e frenetica non aveva certo contribuito ad attenuare; e quel giorno aveva dimenticato di prendere la solita medicina. Alle prime scene del film si accasciò sulla poltrona, stroncato da un infarto. Era nato nel 1920, e aveva spesso detto agli amici che non sarebbe arrivato ai quarant'anni.

Cristina Cona

Storie di traduzioni

V C O M E V I A N

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Fonti: Philippe Boggio, Boris Vian, Flammarion, Paris 1993 Boris Vian, Préface, J'irai cracher sur vos tombes, Christian Bourgois, Paris 1973 www.toadshow.com.au/rob/vian/spit.htm http://members.tripod.com/~DannyRosenbaum/vian.html http://membres.lycos.fr/bernadac/portraits.htm

note grammaticali

E se domani.... Considerazioni sui modi verbali nel periodo ipotetico

E se domani, e sottolineo se, io non potessi rivedere te,

avrei perduto il mondo intero, non solo te Il periodo ipotetico dell’irrealtà, con cui Mina nei lontani anni sessanta esprimeva le sue paure di donna innamorata, non ha mai posto problemi a noi traduttori: congiuntivo imperfetto o trapassato nella protasi, condizionale presente o passato nell’apodosi. Ma cosa succede quando si passa al periodo ipotetico della realtà, quello cioè in cui l'apodosi è all’indicativo presente o futuro? Quale sarà allora il modo e il tempo della protasi introdotta dal se? Possiamo considerare corrette tutte e tre le soluzioni riportate qui di seguito?

Stando alle occorrenze registrate da Google, la grande maggioranza degli italofoni (9 contro 1) sembrano orientarsi verso i primi due modelli ed evitare il terzo. Ed il loro comportamento linguistico per una volta è perfettamente conforme alle regole della sintassi italiana. Su questo punto infatti le grammatiche e i vocabolari da me consultati(1) sono assolutamente unanimi: nella protasi di un pe-riodo ipotetico introdotta dalla congiunzione se potremo trovare tutti (o quasi) i tempi dell’indicativo, oppure il congiuntivo imperfetto o trapassato, ma mai il congiuntivo presente. Potremo avere quindi:" se non posso rivedere te/se non potrò rivedere te/ se non potessi rivedere te/se non avessi potuto rivedere te", ma non “se non possa rivedere te". Succede però che in alcune nostre traduzioni ci si imbatta in un congiuntivo presente dopo il se ipotetico. Ecco qualche esempio: (2) "Se, in casi formanti oggetto degli orientamenti, i prestatori di servizi decidano tuttavia di non rispettare le norme vigenti nel paese di destinazione (...) si dovrà procedere alla notifica di tali provvedimenti." "La Commissione ha la facoltà di risolvere il contratto mediante semplice notifica (...) se constati abusi, frodi o inadempimento delle clausole contrattuali; (...) se il prestatore di servizi sia dichiarato fallito (...)" "... i controlli devono incentrarsi sui conti degli ultimi anni e risalire agli anni precedenti se vengano individuate irregolarità nel controllo degli ultimi anni ..."

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1) E se domani, e sottolineo se, io non potrò rive-dere te avrò perduto il mondo intero, non solo te 2) E se domani, e sottolineo se, io non posso rive-dere te avrò perduto il mondo intero, non solo te 3) E se domani, e sottolineo se, io non possa rive-dere te avrò perduto il mondo intero, non solo te

note grammaticali

"... non è richiesta la presentazione alle autorità doganali di una licenza d’importazione se vengano presentati l’originale e una copia di un documento di esportazione ..." Quest’uso improprio del congiuntivo non è però un tratto esclusivo del nostro "euroletto": lo ritroviamo anche nell’italiano scritto concepito nella madrepatria, e in particolare nel linguaggio amministrativo, legislativo e giuridico. L’esempio più vecchio l’ho scovato nei famigerati "Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista" (Regio Decreto Legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390), dove all’articolo 1 leggiamo: "All’ufficio di insegnante nelle scuole statali o parastatali di qualsiasi ordine e grado e nelle scuole non governative, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorso anteriormente al presente de-creto; ...". E in tempi più recenti: "Nel corso della riunione l'ordine dei punti può essere mutato, ma gli argomenti da trattare possono essere modificati o integrati solo se siano presenti tutti gli aventi diritto al voto, con il loro consenso unanime" (3). "In caso affermativo, barrare la casella e specificare gli articoli di legge per cui sono state pronunciate (questa dichiarazione deve essere effettuata anche se siano stati concessi: amnistia, indulto, condono, perdono giudiziale, ecc.) nello spazio "ANNOTAZIONI INTEGRATIVE" (4).

"Non vanno dichiarati gli immobili comunque esenti o esclusi dall'ICI, anche se siano stati venduti o su di essi siano stati costituiti diritti reali di godimento" (5). "Se siano proposti emendamenti parzialmente soppressivi, ovvero se il testo proposto dalla Commissione sia suscettibile di essere diviso per argomenti distinti, si può procedere a voto per parti separate, su richiesta di un componente" (6) "... i provvedimenti ordinatori previsti dai commi 4 e 5 dell'art. 409 cod. proc. pen., con i quali il giudice indica al pubblico ministero le ulteriori indagini da svolgere o lo invita a formulare la imputazione, non sono impugnabili anche se siano stati adottati in violazione del contraddittorio ... " (7). Ma perché si commette questo tipo di errore? Perché il congiuntivo presente dopo il se non ci disturba particolarmente e ci sembra legittimo o comunque accettabile? La ragione fondamentale è che ci sono contesti analoghi o apparentemente analoghi in cui il congiuntivo è legittimo o addirittura obbligatorio. La protasi di un periodo ipotetico può essere introdotta da se, ma anche da altre congiunzioni o locuzioni (qualora, ove, posto che, a condizione che, a patto che, nel caso che, ecc) seguite in linea di massima dal congiuntivo(8). In alcuni nostri testi in cui ho ritrovato il congiuntivo presente dopo un se ipotetico è addirittura possibile che l’errore sia dovuto ad un’operazione automatica (replace) in cui qualora è stato sostituito con il se, dimenticando poi di cambiare il congiuntivo in indicativo. Spesso poi i contesti in cui compare il se ipotetico sono ricchi di congiuntivi presenti che finiscono per avere un effetto di trasci-namento sul verbo retto dalla nostra fragile congiunzione.

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note grammaticali L'esempio che segue mi sembra particolarmente eloquente: "Dette dichiarazioni, relative all'assenza di cause di ostatività previste dalla normativa in materia di "comunicazioni" antimafia, devono quindi essere assoggettate al regime di cui al citato comma 11 art. 2 l. 191/98 e pertanto potranno essere presentate anche contestualmente alle istanze senza obbligo di autentica ove siano apposte in presenza del dipendente addetto ovvero se siano inoltrate unitamente a copia fototostatica, ancorchè non autenticata, di un documento di identità del sottoscrittore" (9). A questo si aggiunge poi un fenomeno di ipercorrettismo: poiché nell’italiano parlato si tende ad abbandonare il congiuntivo, l’uso di questo modo viene percepito come proprio di un registro più alto e vi si ricorre, qualche volta a sproposito, per “nobilitare” lo stile.

Il se interrogativo/dubitativo può essere seguito dal congiuntivo presente nel pieno rispetto della norma grammaticale (anche se nel parlato tende a subentrare l'indicativo), secondo il modello “non so se/mi chiedo se Carlo venga oggi o domani”, e può essere retto da un verbo (chiedere, ignorare, verificare, accertare, chiarire, stabilire ecc.), ma anche da un sostantivo (il problema, la questione, il dubbio) o da un aggettivo (incerto, dubbio ecc.). Spesso la frase introdotta da questa congiunzione è separata dal suo reggente da molti altri elementi, sicché la sua natura di “dubitativa/interrogativa” può risultare non immediatamente evidente. Si veda ad esempio questo avviso di concorso, in cui il verbo reggente - dichiarare - è separato dal se da ben 16 righe di testo (11): "Nella domanda che, a pena di irricevibilità, deve essere redatta, inviata con le modalità sopraindicate e firmata in originale, i candidati debbono dichiarare, sotto la propria responsabilità, anche penale: a) le generalità e la residenza; b) la data e il luogo di nascita; c) il possesso della cittadinanza italiana; d) il godimento dei diritti civili e politici; e) il possesso dell'idoneità fisica all'impiego; f) il Comune nelle cui liste elettorali sono iscritti ovvero i motivi della non iscrizione o della cancellazione dalle liste medesime; g) il titolo di studio richiesto[...] ; h) se risultino a loro carico condanne penali, indicando in caso affermativo gli articoli di legge per cui siano state pronunciate [...] Altre volte la frase dubitativa introdotta dal se precede la reggente e quindi risulta formalmente molto vicina ad una protasi di periodo ipotetico, come nell'esempio “Se arrivino altre modifiche ancora non si sa”.

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Ma non c'è solo il se ipotetico. Nei versi di Shakespeare "Se sia meglio per l'anima soffrire oltraggi di fortuna, sassi e dardi, o prender l'armi contro questi guai e opporvisi e distruggerli" abbiamo un se con il congiuntivo presente, ma non abbiamo un periodo ipotetico: la frase introdotta dalla nostra ambigua congiunzione è infatti una dubitativa, dipendente dal celeberrimo "È il problema" che chiude il verso precedente del monologo di Amleto nella traduzione italiana di Eugenio Montale (10).

note grammaticali In conclusione, l'uso del congiuntivo presente dopo il se ipotetico ha una sua logica e si può in qualche modo considerare un errore 'dotto'. È però pur sempre un errore, con cui ci discostiamo non solo dalle regole della grammatica, ma anche e soprattutto dall’uso dell’italiano, che in questo tipo di struttura fin dalle origini ha sempre utilizzato l’indicativo presente e tuttora continua a preferirlo: non solo nel parlato, in cui l’indicativo tende semmai ad espandersi anche là dove il purista preferirebbe un congiuntivo, ma anche nei linguaggi 'speciali'. Per convincersene basta sfogliare il codice civile italiano, in cui il nostro se ipotetico è rigorosamente seguito dall’indicativo. L’articolo 1457 ce ne fornisce addirittura tre esempi in sei righe: “Se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell’interesse dell’altra, questa, salvo patto o uso contrario, se vuole esigerne l’esecuzione nonostante la scadenza del termine, deve darne notizia all’altra parte entro tre giorni. In mancanza, il contratto s’intende risoluto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione.” E visto che una volta tanto la norma e l’uso vanno perfettamente d’accordo, non complichiamoci inutilmente la vita e adeguiamoci a quanto l’una e l’altro ci suggeriscono.

Elisa Ranucci Fischer

(1) Luca Serianni, Grammatica italiana, ed. UTET,Torino 1988; Maurizio Dardano e Pietro Trifone, La nuova grammatica della lingua italiana, ed. Zanichelli, Bologna 2001; De Mauro, Il dizionario della lingua italiana, ed. Paravia, Torino 2000; Francesco Sabatini e Vittorio Coletti, Dizionario italiano, ed. Giunti, Firenze 1997. (2) Gli esempi citati provengono da diversi documenti di diverse unità e se ne potrebbero menzionare molti altri. (3) Regolamento generale della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Padova. D.R. n.574 del 21 giugno 2001. (4) Modulo di domanda al Senato della Repubblica - Servizio del Personale. (5) Istruzioni per la compilazione della comunicazione I.C.I. (6) Consiglio superiore della magistratura, Decreto 15 novembre 2001. (7) Ordinanza n. 2231 del 24 aprile 2001 della seconda sezione penale della Corte di cassazione. (8) Le due grammatiche italiane da me consultate non sono concordi nel definire la differenza tra se e qualora in una protasi di periodo ipotetico. Mentre per Dardano e Trifone qualora con il congiuntivo presente sottolineerebbe il carattere di possibilità dell'ipotesi - che verrebbe invece intesa come reale se introdotta dal se con l'indicativo - per Serianni le due congiunzioni sostanzialmente si equivalgono. A pagina 502 della sua grammatica leggiamo infatti: "Qualora. È abbastanza comune, specie nell'italiano scritto e, in particolare, sembra `"prediletta nei testi di tipo eminentemente giuridico-ufficiale" [rif. op. cit.] Può tornare utile per introdurre una subordinata in presenza di un'altra condizionale col se: "se il colpevole volontariamente desiste dall'azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso" (Codice Penale, art. 56; la presenza di due se in successione avrebbe creato qualche impaccio alla scioltezza del passo). (9) L'autocertificazione relativa alle "comunicazioni" antimafia - Prefettura di Firenze PROT. 09801632 CAT. 12 B 16 GAB (10) William Shakespeare, "Amleto", traduzione di Eugenio Montale, ed. Longanesi, Milano 1971. (11) Senato della Repubblica - Avviso di concorso a tre posti di consigliere parlamentare di prima fascia con funzione di bibliotecario - Articolo 1.

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Oramai, Internet è uno degli strumenti più diffusi e utilizzati per la ricerca di informazioni, data la grande quantità di pagine presenti sul web. E’ un mezzo facile e alla portata di tutti, che permette di ottenere rapidamente ogni genere di notizia. Nelle loro ricerche gli utenti sono aiutati dai motori di ricerca, senza i quali sarebbe arduo ottenere una risposta corrispondente alle proprie esigenze. Che cosa sono allora questi motori di ricerca? Sono degli enormi database, una sorta di pagine gialle di Internet, che raccolgono e memorizzano le migliaia di pagine che trovano sul web, servendosi di appositi software chiamati spider. Gli spider (detti anche robot o ragni) scandagliano costantemente il web alla ricerca di nuove pagine da inserire nel loro database o per aggiornare quelle già presenti. Una volta trovato un nuovo sito, il robot ne memorizza in parte o tutto il contenuto, e poi prosegue nella sua perlustrazione seguendo i link esterni che puntano ad altri siti. Questo spiega il fatto che spesso lo spider trovi e cataloghi dei siti il cui URL non è stato registrato dal quel motore di ricerca. Alcuni dei più importanti motori di ricerca sono costituiti da un unico database, mentre altri, uno dei più conosciuti è senza dubbio Yahoo!, sono in realtà delle directory (indice dei file), cioè un elenco di siti web (e quindi non di singole pagine). La differenza principale tra motore di ricerca e directory è proprio questa: la directory, che ha una struttura più complessa perché suddivisa in categorie, non registra spontaneamente un URL, ma lo fa solo quando questo le viene segnalato volontariamente dal gestore del sito.

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CIBERSPAZIO

Abbiamo detto, quindi, che l’utente si serve dei motori di ricerca per trovare le informazioni desiderate, inserendo delle parole chiave o delle espressioni utili per recuperare le pagine cercate. Ad ogni ricerca vengono solitamente restituite una o più pagine con una lista di link da visitare, frutto della accurata ricognizione dei software di indicizzazione.

La questione interessante è, a questo punto, capire se esiste una logica nell’ordine di apparizione dei risultati di una ricerca, o se è un evento puramente casuale. Sicuramente uno degli strumenti per fare in modo che le pagine web abbiano una buona visibilità è quello di inserire una lista di parole-chiave, non solo nel testo visibile ad ogni utente, ma anche nella parte invisibile, grazie all’utilizzo dei Meta Tag.

I Meta Tag sono delle “etichette” del linguaggio HTML1, una sorta di marcatori che vengono letti dai motori di ricerca e servono ad associare alcune parole a determinate pagine. Un uso di Meta Tag aiuta a migliorare la posizione di un sito all’interno della lista dei risultati dei motori di ricerca; ma non basta, non è uno strumento infallibile. Molti motori di ricerca hanno quindi cominciato a proporre un servizio di pay for placement2, che permette di diversificare i risultati a seconda di quanto ogni sito è disposto a pagare. Nel tempo si sono sviluppate diverse forme di pagamento per le directory, oltre a quella di posizionamento, che possono essere riassunte in questo breve elenco:

I motori di ricerca sono democratici?

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CIBERSPAZIO

- Pay for inclusion: il proprietario di un sito paga per essere inserito in una certa directory o in più sotto-categorie di una directory, assumendo così maggiore visibilità; - Pay for clicktrough3: il proprietario di un sito paga una certa somma ogni volta che l’utente visita il suo sito, passando per la directory; - Pay for submission: la directory, dietro compenso, si impegna a revisionare il sito a scadenze brevi e ravvicinate; - Pay for appearance: i siti vengono evidenziati in qualche modo all’interno della directory, tramite accorgimenti grafici; - Pay for display: ogni volta che un sito viene cliccato, appare la pubblicità relativa allo stesso settore. Il sito può pagare affinché non compaia, nel caso in cui la pubblicità sia di un’azienda concorrente. Il primo motore di ricerca che ha adottato una forma di link a pagamento è Go To, ora Ouverture, il quale ha istituito delle vere e proprie aste tra i proprietari dei siti i quali, se vogliono mantenere l’esclusiva su una o più parole-chiave, devono rilanciare continuamente l’offerta. Altri motori hanno seguito l’esempio di Go To: Godado, che utilizza un sistema molto simile a quello di Ouverture; Altavista, che con il suo “Express Inclusion” ha iniziato un programma di pay for inclusion; Yahoo, che ha creato un canale preferenziale, ovviamente a pagamento, per la registrazione dei siti nella propria directory. Il problema dell’indicizzazione a pagamento è che essa produce, come tutte le forme di pagamento,

I motori di ricerca sono democratici?

diseguaglianza, perché mette in luce alcuni siti e non altri, in base a quello che essi sono in grado di pagare.

E tutto ciò fa cadere uno dei dogmi dell’informazione on-line: quello della gratuità e della possibilità per tutti di offrire e di fruire delle stesse informazioni. La maggior parte dei motori di ricerca continua a mantenere il servizio gratuito, ma con notevoli differenze di trattamento. Ad esempio Altavista continua ad offrire il servizio gratuito di registrazione, ma assicura il controllo dei link solo una volta al mese (mentre per i siti registrati a pagamento, la revisione avviene settimanalmente). Ed altri motori di ricerca non differenziano in modo netto i risultati cosiddetti “puri” da quelli a pagamento, creando confusione nell’utente che così non riesce più a distinguere la vera informazione dalla semplice vetrina commerciale.

Anche in questo campo, quindi, si sta andando verso un sistema sempre meno democratico, dove chi ha i mezzi riesce ad emergere e chi ne è sprovvisto, come sempre, soccombe.

Ilaria Ciravegna Stagiaire CID-IT

1 Esempio: <head> <title>Cucina </title> <meta name=”keywords” content=”primi piatti, secondi, contorni, dolci, pesce”> <meta name=”description” content=”Tutto quello che ti occorre per cucinare”> </head> <body> … 2 Questa espressione viene spesso tradotta come “posizionamento a pagamento” 3 Un’analoga espressione per descrivere lo stesso concetto è quella del “pay-per-click”

CIBERSPAZIO

C I B E R L U X

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Informazioni utili: Il sito del comune di Lussemburgo (www.luxembourg-city.lu) presenta informazioni di vario genere (culturali, turistiche, amministrative) sulla città. Per maggiori dettagli su tut-ti i ministeri e le amministrazioni locali si consulti www.etat.lu. Informazioni varie, fra cui attualità, previsioni del tempo e una pagina di "What's On", su www.news.lu. Siti di ispirazione analoga, con vari link, sono http//:cityguide.internet.lu e www.editus.lu, con piccoli annunci, guide telefoniche e informazioni sul tempo libero. Sul sito della RTL c'è l'elenco delle farmacie e delle cliniche con turno di guardia: http//:rtl.lu/services/rtlservice/pharmacies. Trasporti: Per i viaggi aerei: www.luxair.lu/flightinfo/index.htm contiene tutte le informazioni sui voli in partenza e in arrivo. Orari, percorsi e altre informazioni sui mezzi pubblici sono invece consultabili su www.luxembourg-city.lu/vdl/html/autobus/index.html. Turismo: Alberghi lussemburghesi: www.hotels.lu. Un appetitoso mouse su un piatto è il simbolo di www.resto.lu, sito sul quale cercare ristoranti in base alle proprie preferenze di prezzo, cucina, quartiere e altro ancora. Le informazioni turistiche sono su www.luxembourg-city.lu/touristinfo. Svaghi e letture: Il sito del quotidiano Tageblatt è www.tageblatt.lu. Per una guida ai cinematografi lussemburghesi www.cinema.lu. Chi ha voglia di fare una gita in bicicletta trova informazioni sui percorsi sul sito della Lëtzebuerger Vëlos - Initiativ, associazione lussemburghese che fa parte dell'European Cyclists' Federation: www.lvi.lu.

Cristina Cona Daniele Vitali

P.S. Nel precedente Ciberspazio avevo dimenticato di inserire il sito del consolato italiano di Bruxelles. Eccolo: è www.euronet.be/consitbxl e contiene diversi link utili oltre alle solite informazioni consolari e amministrative . (C.C.)


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